Due Traduzioni Del Desdén

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Rivista di Filologia e Letterature Ispaniche VII 2004 Edizioni ETS

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Ensayo sobre 2 traducciones italianas de "El desdén con el desdén" de A. Moreto.

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Rivista di Filologiae Letterature Ispaniche

VII2004

Edizioni ETS

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JAMES NELSON NOVOA

El ms. 1057 de la Biblioteca Pública Municipal de Oporto: unatraducción castellana desconocida de los Diálogos de amor deLeón HebreoSTEFANO DE MERICH

Un testo picaresco del 1582: il Diálogo de la falsa destreza diJerónimo de CarranzaCHIARA TANAIl Rosario de sonetos líricos (1911) di Miguel de UnamunoADA TEJAIfigenia cruel de Alfonso Reyes: el arte de superar el círculo dela venganzaGIOVANNA FIORDALISOCarmen Martín Gaite e l’autobiografia: frammenti di vita eletteraturaELENA CARPIL’arte retorica come strumento di riformulazione di testi eco-nomiciROSA MARÍA GARCÍA JIMÉNEZDe y desde: dominios comunes y dominios diferenciados

RECENSIONE

ANNA BOGNOLOBernhard König, Novela picaresca y libros de caballerías,Homenaje ofrecido por sus discípulos y amigos, ed. FolkeGernert e Javier Gómez-Montero, nota preliminare di PedroM. Cátedra e Javier Gómez-Montero, Salamanca, SEMYR &CERES, 2003, 225 pp.

LIBRI RICEVUTI

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INDICE

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BLANCA PERIÑÁNPresentazione

GABRIEL ANDRÉSTramoyas textuales. Teatro y relaciones de fiestas valencianasdel siglo XVII

FEDERICA CAPPELLIUn serafín muy melifluo y sonoroso siento parlar: satira anti-culterana in una commedia di Mira de Amescua

ENRICO DI PASTENADue traduzioni italiane de El desdén, con el desdén

BEATRICE GARZELLI

Darlo todo y no dar nada di Calderón: il triangolo Alessandro-Campaspe-Apelle e il gioco dei ritratti

GIUSEPPINA LEDDAVaria presenza degli emblemi nella commedia aurea

DANIELA PIERUCCITravestimenti burleschi della favola ovidiana nel baile dramá-tico del XVII secolo: Júpiter y Calisto e La fábula de Orfeo

MARCELLA TRAMBAIOLIEl primer Lope y el teatro de inspiración ariostesca (con un es-tudio de Los celos de Rodamonte)

SALOMÉ VUELTAUna refundición italiana de Peor está que estaba de Calderón:Quando sta peggio sta meglio de Giovan Battista Boccabadati

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MARGINALIA SU TEATRO AUREO

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1 A questo riguardo, si veda M.G. Profeti, «La recepción del teatro áureo en Italia», inAA.VV., Calderón en Italia. La Biblioteca Marucelliana. Firenze, Firenze, Alinea, 2002, pp.11-42, con relativa bibliografia.

2 Una scheda dell’opera in S. Franchi, Drammaturgia romana. Repertorio bibliograficocronologico dei testi drammatici pubblicati a Roma e nel Lazio. Secolo XVII, Roma, Edizionidi Storia e Letteratura, 1988, pp. 331-332. Devo il ragguaglio alla consueta generosità di Sa-lomé Vuelta, che ringrazio.

3 Probabile adattamento della commedia di Moreto (M.G. Profeti, «Introduzione», inMateriali, variazioni, invenzioni, Firenze, Alinea, 1996, p. 18, n. 35).

DUE TRADUZIONI ITALIANE DEEL DESDÉN, CON EL DESDÉN

El desdén, con el desdén, probabilmente la pièce più nota di AgustínMoreto, fa parte di quella manciata di opere che in certa misura sonoriuscite ad aggirare i noti impedimenti che, dal XVIII secolo in poi,hanno limitato la diffusione del teatro aureo spagnolo nella nostra tra-dizione culturale1. Gli adattamenti e le versioni del testo forse appaio-no numericamente poca cosa se paragonati a un qualsiasi classico delteatro elisabettiano, ma qualora li si rapporti alla fortuna italiana ed eu-ropea della produzione teatrale dei Secoli d’Oro, rivelano un’acco-glienza che può ritenersi soddisfacente: in aggiunta alla moleriana Laprincesse d’Élide (1664), il più celebre «rifacimento» de El desdén, conel desdén, basti ricordare la Donna Diana di Joseph Schreyvogel (Li-psia, 1819) e, ancora in ambito tedesco, la traduzione di Carl AugustDohrn (in Spanische Dramen, vol. III, Berlino, 1843); oppure, tenerepresente l’adattamento curato da George Hyde (Love’s Victory or TheSchool for Pride) e portato in scena presso il Theatre Royal di CoventGarden nel novembre del 1825. In Italia, oltre a un «argomento» dellacommedia rappresentata a Roma nel 1658 in occasione dei festeggia-menti per l’elezione a imperatore di Leopoldo I2, al libretto per melo-dramma di Arcangelo Spagna (Lo sdegno con lo sdegno si vince, 1709)3,e alla rielaborazione tardosettecentesca di Carlo Gozzi (La principessafilosofa, o sia il contravveleno, 1772), si registrano due traduzioni del-l’opera, piuttosto diverse tra loro e separate da circa un centinaio d’an-ni: Sdegno contro sdegno (1858), di Giovanni La Cecilia e Disdegno per

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4 La prima, in AA.VV., Teatro scelto spagnuolo antico e moderno. Raccolta dei miglioridrammi, commedie e tragedie, Torino, Unione Tipografico-editrice, 1858, vol. IV, pp. 302-355; la seconda, in AA.VV., Teatro spagnolo del secolo d’oro, a cura di A. Monteverdi, Tori-no, ERI (Collezione La Spiga), 1957, pp. 241-327.

5 Mi è grato segnalare che per la sua redazione mi sono avvalso di alcuni dati contenutinella tesi di laurea discussa da Paola Guargaglini, e da me diretta, presso l’Università di Pisanell’a.a. 2002-2003.

6 A. Moreto, Comedias escogidas, ed. L. Fernández Guerra y Orbe, Madrid, Rivade-neyra (BAE, 39), 1856; El desdén con el desdén, alle pp. 1-59.

7 E. de Ochoa, Tesoro del teatro español desde sus orígenes (año de 1356) hasta nuestrosdías, Paris, Baudry, 1838, tomo IV, pp. 248-278. Ringrazio calorosamente Giuseppe Gentileper avermi fatto pervenire copia fotografica del testo.

8 Tesoro, cit., tomo I, pp. 13-56. In una delle note alla versione italiana del «Discorso»,La Cecilia (Teatro scelto spagnuolo antico e moderno, cit., I, p. 67) rimanda a Ochoa.

disdegno (1957), a cura di Dario Puccini4. Se la versione dello Spagnanon ha ancora meritato uno studio, quella del conte Gozzi, ancorché almargine rispetto alla sua produzione originale, è stata esplorata in piùd’una occasione dalla critica; una succinta disamina delle due traduzio-ni, disattese quando non sconosciute, costituisce invece l’oggetto dellapresente nota5.

Il lavoro di La Cecilia è compreso nel Teatro scelto spagnuolo antico emoderno, un florilegio in otto volumi di opere teatrali che vanno da Lo-pe de Rueda a Manuel José Quintana, e rappresenta dunque una sortadi canonizzazione de El desdén, con el desdén. Il traduttore, del resto,apre la brevissima prefazione che precede l’opera (p. 301) facendosi ecodi una roboante affermazione: «Quest’è, fuor d’ogni forse, la migliorecommedia che vantar possa il Teatro Spagnuolo». La Cecilia non espli-cita di quale fonte si avvalse. La cronologia lo mise in condizione di usa-re il testo pubblicato nella collezione «Biblioteca de Autores Españo-les» (d’ora in poi, BAE), che migliorò sensibilmente l’edizione di unampio segmento del corpus moretiano e vide la luce nel 18566, un paiod’anni prima dell’uscita del contributo italiano (anche se il primo volu-me di Teatro spagnuolo risale al 1857, con i preliminari che portano ladata di fine aprile di quell’anno). Cionondimeno, La Cecilia non lo fece.I rilievi testuali portano infatti a ritenere che il traduttore si sia servitodella edizione curata da Eugenio de Ochoa (sigla: O) e inserita nel Teso-ro del teatro español7, i cui cinque tomi servirono da fonte per la versio-ne adattata dell’intero Teatro scelto spagnuolo, come testimoniano, tral’altro, le coincidenze di gran parte dei titoli selezionati (ivi compresa lapubblicazione del «Discorso storico sull’origine del teatro spagnuolo»di Moratín8) e delle notizie biografiche che precedono diverse opere.

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9 Con una sola eccezione, spiegabile con ragioni tipografiche.10 Rispettivamente, 10, 8 e 14 in ciascun atto. I casi in cui la distribuzione non corri-

sponde si giustificano con omissioni (I, 8 e I, 9) o errori (III, 5) di La Cecilia.11 Cfr. A) 546+ [indicazione assente] A B : Salón en palacio del conde de Barcelona O :

Gabinete de Diana BAE : Sala nel palazzo del conte di Barcellona LC.B) 1772+ [indicazione assente] A B : Polilla y después Carlos O : Polilla BAE : Polilla so-

lo, poi Carlos LC.La numerazione dei versi (che d’ora innanzi indicheremo per comodità del lettore anche

in aggiunta all’ipotesto di cui si sono serviti i traduttori) rimanda alla mia edizione de El de-sdén, con el desdén, Barcelona, Crítica, 1999 (sigla: Crítica); non segnalo, se non per casi diqualche rilevanza, eventuali discrepanze testuali e di punteggiatura di questa edizione rispet-to a quelle impiegate da La Cecilia e da Puccini. Le sigle A e B rinviano rispettivamente alleedizioni a stampa di Madrid 1554 (in A. Moreto, Primera parte de comedias, Diego Díaz dela Carrera) e Madrid 1677 (in idem, Primera parte de comedias, Andrés García de la Iglesia).

12 Cfr. F. Rico, ed., A. Moreto, El desdén, con el desdén, Madrid, Castalia, 1971, p. 87, v.540 e n.

13 Ad esempio, a Sinone si allude anche ne La entretenida di Cervantes («industrias sehan intentado / del Sinón más entendido», in Ochoa, Tesoro, cit., tomo I, p. 475b), pur senella sua versione La Cecilia non lo menziona (cfr. La burlata, in Teatro scelto spagnuolo, II,p. 76: «Le diligenze che ho fatte toccano con l’impossibile»).

Rispetto al testo de El desdén, con el desdén trasmesso da Ochoa, laversione di La Cecilia (LC) presenta rispondenze significative nel dra-matis personae9, nel numero e nella distribuzione delle scene10, nelleindicazioni dei movimenti11, che comunque il traduttore non si peritatalvolta di integrare. Permane, tuttavia, di difficile spiegazione il rista-bilimento della seguente lettura da parte di La Cecilia, a fronte di unalectio corrotta in O:

540 Sinón A : Simón B O BAE : Sinone LC

Occorre chiarire che, nella tradizione ecdotica de El desdén, il recu-pero della difficilior riportata da A e da alcune sueltas è stato realizzatosolo in anni relativamente recenti12, mentre la pur plausibile lettura diB ha tratto in inganno uno stuolo di editori. In questo caso andrebbepostulato un fortunatissimo intervento ope ingenii del traduttore, forsefavorito dal fatto ch’egli si era già imbattuto, in qualche altro testo delcorpus selezionato da Ochoa13, nel falso disertore greco che favorì l’in-gresso del fatale cavallo di legno entro le mura di Troia. Pare assai im-probabile, d’altro canto, che La Cecilia si sia preoccupato di consultareanche un’altra edizione o qualche stampa antica (come la princeps ouna suelta ad essa correlata). Sono la rilevanza ed il numero degli indiziextratestuali che rimandano ad Ochoa, a contribuire a rendere menoincerta una filiazione altrimenti complicata dall’esiguità dell’apparato

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14 Un altro errore comune ai due testi, in questa attribuzione di battuta:487 CONDE ¿Pues qué medio imaginas [para rendir a Diana]? A B BAE : CARLOS ¿Pues

qué medio imaginas? O : CARLO E qual è questo rimedio? LC.E nel seguente caso, la corruttela dell’ipotesto fuorvia il traduttore: «Si alguno corre-

spondido / se vio, paró en un despeño, / que al que no su tiranía, / le puso [dovrebbe dire:se opuso] el poder del cielo.» (O, p. 258a; Crítica, vv. 861-864).

«Se taluno riamato amò, se qualche coppia trasse talvolta dì lieti, ella potè dirsi salva perun raro prodigio del cielo dai guai di quella cruda passione.» (LC, p. 316).

15 Come si desume anche da talune integrazioni tese ad arricchire le indicazioni di sce-na: segnalazione dell’uscita dei personaggi (ad esempio, alla fine della scena II, 5, p. 333);aggiunte esplicative delle indicazioni implicite nel testo (segnalo l’esempio in corsivo): «Dia-na, Cinzia, Polilla, e Carlos nascosto» (LC, p. 322); precisazioni relative ai movimenti deipersonaggi e alle modalità di recitazione (emblematico il caso della scena II, 8, pp. 335-338). Si tratta di una serie di dati pleonastici per chi assista alla rappresentazione dell’operama di indubbio ausilio per chi legge.

16 Cfr., ad esempio, le seguenti incomprensioni del testo di partenza:A) «[…] mi desazón / tiene más naturaleza […]» (O, p. 250a; Crítica, vv. 17-18).«Eppure è una cosa ben naturale!» (LC, p. 303).B) «Que agradece la razón / siempre en nosotras se infiere» (O, p. 255a-b; Crítica, vv.

583-584).«Non è nimica a ragione la benivoglienza» (LC, p. 311).C) «DIANA Por eso he de hacer empeño / de rendir su vanidad. / CINTIA Yo me holgaré

mucho de ello» (O, p. 259b; Crítica, vv. 1012-1014).«DIANA Per ciò appunto voglio vincer la sua vanità. CINZIA Ed io lo temerei più d’ogni

altro» (LC, p. 318).D) «No me ha visto, o no me ha oído; / Laura, al descuido le advierte / que estoy yo

aquí» (O, p. 268b; Crítica, vv. 1905-1907).«O non m’ha veduta, o non ha udito! Laura, avverti quello stordito ch’io stommi qui»

(LC, p. 336).

critico e dal fatto che ci misuriamo con una traduzione non sempreaderente all’originale14: colpisce, in particolare, la quasi completa cor-rispondenza tra i paratesti (biografia di Moreto e prefazione) di Ochoae di La Cecilia. Quest’ultimo, nel tradurre – senza preoccuparsi di se-gnalarlo – i materiali che precedono la commedia, recupera anche lafrase ricordata sopra («El desdén con el desdén es, sin contradicciones,la mejor comedia que posee nuestra lengua») ma, a rigore, gli deve es-sere attribuito solo l’ultimo paragrafo del prologo che i più avrannocreduto interamente suo.

La traduzione, che La Cecilia realizza in prosa, manifesta interventi didiversa indole, non sempre indolori, volti ad avvicinare l’opera all’oriz-zonte culturale dei lettori del tempo (ché costoro ne furono, sin dal mo-mento in cui venne concepito il progetto editoriale, i destinatari)15. Po-chi esempi, trascelti tra i più significativi, saranno sufficienti ad illustraregli aspetti salienti del lavoro. Al di là di qualche inevitabile svista16, il te-

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17 Si vedano i seguenti casi:A) «Que aunque sea a la codicia / de más precio lo que alcanza, / que lo que se le retira,

/ sólo por la privación / de más valor lo imagina / y da el precio a lo difícil, / que su mesmoser le quita» (O, p. 252a; Crítica, vv. 264-270).

«Cosa ottenuta o di facile acquisto perde ogni pregio a’ tuoi occhi. Se cosa fosse a conse-guirsi impossibile, ti sembreria peregrina» (LC, p. 306).

B) «Desde aquel [A B leggono: que al] albor primero / con que amaneció al discurso / laluz de mi entendimiento, / y [A B leggono: vi] el día de la razón, / fue de mi vida el empleo,/ el estudio y la lección / de la historia […]» (O, p. 257b; Crítica, vv. 828-834).

«Dacché il crepuscolo della ragione rischiarò la mia mente, volsi i miei studii all’istoria[…]» (LC, p. 315).

C) «Siendo una la razón nuestra, / si se venciere la mía, / no es muy segura la vuestra»(O, p. 263a; Crítica, vv. 1382-1384).

«In tal caso potria vincer pur anco la vostra […]» (LC, p. 325).18 Basti un solo esempio: «Yo, aunque a saberlo he venido, / sólo ha sido con pretesto,

/ sin estrañar la opinión, / de saber el fundamento [de la aversión de Diana al matrimonio]»(O, p. 257b; Crítica, vv. 819-822).

«Io, dacchè il seppi, lo credetti un pretesto per velare qualche altro disegno» (LC, p. 315).19 Soprattutto in passi nei quali il periodare di Moreto pare più pesantemente condizio-

nato dalle necessità della misura sillabica:A) «[…] por galantería, / gusto, opinión o violencia / de su hermosura divina» (O, p.

250b; Crítica, vv. 78-80).«[…] ticchio di galanteria, o culto di verace bellezza» (LC, p. 304).B) «Sea amor o sentimiento, / nieve, ardor, llama o ceniza […]» (O, p. 253a; Crítica, vv.

353-354).«[…] e sia neve o calore o fiamma o cenere […]» (LC, p. 307).20 Generalmente, inclinandosi per la paratassi o certa concisione, rispetto alla ipotassi,

anche elaborata, presente nella fonte. Offro un solo campione: «Siendo pues mis alabanzas/ de todos tan repetidas, / sólo en Diana hallé siempre / una entereza, tan hija / de su esqui-va condición, / que siendo mis bizarrías / dedicadas a su aplauso, / nunca me dejó noticia, /ya que no de favorable, / siquiera de agradecida» (O, p. 251a; Crítica, vv. 125-134).

«I miei fasti riempivan a tutti la bocca. Diana sola rimanea insensibile. Ritrosa per indole, ecredendo ch’ogni opra mia altro scopo non avesse fuor quello di ottener la sua grazia, non la-sciassi mai sfuggir motto di benevolenza non già, ma nemmeno d’aggradimento» (LC, p. 304).

21 A) «[…] por si teniendo a la vista / aplausos y rendimientos, / ansias, lisonjas, cari-cias, / su propio interés la vence, / o la obligación la inclina: / que en quien la razón no labra,/ endurece la porfía / del persuadir, y no hay cosa / como dejar, a quien lidia, / con su mismasinrazón; / pues si ella mesma le guía / al error, en dando en él, / es fuerza quedar vencida: /porque no hay con el que a escuras / por un mal paso camina, / para que vea su engaño, /mejor luz que la caída» (O, 252a; Crítica, vv. 226-242).

«[…] se i plausi, le blandizie, le palme a’ suoi piedi deposte domar ponno quell’animoaltero. Miglior insegnamento a colui che s’ostina a camminare nel buio è il lasciarlo cadere,affinché invochi la luce» (LC, p. 305).

sto offerto da La Cecilia rivela certa coerenza di fondo nei suoi procedi-menti caratterizzanti: sintesi17, semplificazione semantica (talvolta nonimmune da reinterpretazioni arbitrarie o improprie)18, riduzione19, sem-plificazione sintattica20, eliminazione di battute o di parti di esse21, sono

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orientate principalmente allo snellimento del testo di partenza. Con ognievidenza, nel traduttore sussiste il convincimento che l’opera di Moretopossa risultare prolissa o di laboriosa decifrazione, in taluni suoi passi,per il lettore italiano. Che sugli orientamenti stilistici secenteschi La Ce-cilia nutra delle riserve, peraltro non dissimili da quelle generalmentediffuse nell’Ottocento, paiono confermarlo talune affermazioni accoltenella parte a lui ascrivibile delle pagine introduttive; affermazioni che fi-niscono per apparire come una «giustificazione» assai singolare: «Lalunghissima parlata di don Carlo potrebbe ai nostri lettori riuscir noio-setta; ma ove si ponga mente al ruzzo che tutti i grandi di quel secoloavean di filosofare, i sottili ragionamenti di quel principe non appaionopiù ammanierati».

C’è dell’altro. La Cecilia coglie sin troppo bene, e persino sottolinea(come si evince anche dalla pur esigua addizione nel seguente passo),quanto a un galán barocco – e alla forma mentis del drammaturgo chegli dà voce – risulti inaccettabile l’intenzione femminile di sottrarsi almatrimonio:

«[A raíz de sus estudios, Diana se muestra] tan estable en su opinión, / que dacon sentencia fija / el querer bien, por pasión de las mugeres indigna; / tanto quesiendo heredera / de esta corona, y precisa / la obligación de casarse, / la renunciay desestima, / por no ver que haya quien triunfe / de su condición altiva.» (O, p.251b; Crítica, vv. 185-194).

«Però ell’è ferma cotanto in suo proposto, che tiene a vile tutte le femmine chesoggiacciono a quella passione, e veggendosi obbligata, com’erede di questa coro-na, a prender marito, il crederesti? preferisce rinunziarla, anzi la disdegna per nonaccordar vittoria ad alcuno de’ suoi amatori» (LC, p. 305).

Ciò non impedisce al traduttore di operare una censura nei casi incui ritiene che il tenore di certe considerazioni, per quanto provenientida un servo, possa ledere l’onorabilità della contessa di Barcellona:

«[…] yo me atreveré a daros un remedio / con que, aunque ella aborrezca supresencia, / se le vayan los ojos hechos fuentes, / tras cualquiera galán de los pre-sentes» (O, p. 254a; Crítica, vv. 483-486).

«[…] io additerovvi un rimedio mercè del quale gli occhi alteri della principes-sa si trasformeriano in due fonti di lacrime» (LC, p. 309).

Nel passo in questione dovette essere l’implicazione erotica dellafacezia di Polilla ad apparire irriverente a La Cecilia, dal momentoche altrove questi si astiene dall’alterare le reiterate allusioni al cibocon cui il gracioso trascrive nel suo orizzonte mentale le strategie diconquista da lui stesso additate al proprio padrone, anch’esse non del

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B) «BEARNE Señor, con tu licencia, / […] / ni del honesto amor, que la procura. / CAR-

LOS El Príncipe, señor, ha respondido / como galán, bizarro y caballero, / que aun en mí, quehe venido / sin ese empeño, sólo aventurero, / a festejar, no haciendo competencia, / dejar deproseguir fuera indecencia. / CONDE Príncipes, lo que siento es empeñaros / […] / vencerimagináis su entendimiento?» (O, p. 254a; Crítica, vv. 459-480).

«BEARNE Perdono, o signore! […] né merita un tal guiderdone l’amore da lei ispirato-mi. CONTE Principi! Io vi esorto […] di che cosa fia d’uopo per iscuoterla (LC, p. 308).

22 Forse più che una mera semplificazione è possibile cogliere anche nella resa della se-guente indicazione di scena:

«Diana y todas las damas en guardapiés y justillos, cantando» (O, p. 267b; Crítica, 1823+).«Diana circondata da tutte le sue dame d’onore in gran gala, che cantano» (LC, p. 335).In effetti, il «guardapiés» (‘veste, tunica’) è indumento elegante e proprio di personaggi

di alta schiatta o di notevoli mezzi acquisitivi, ma occorre tenere presente che il «justillo»(‘corpetto’) poteva considerarsi un capo di abbigliamento intimo; il fatto che Diana e le suedame di compagnia si offrano in tale foggia allo sguardo maschile (nella fattispecie, quellodi Carlos e di Polilla), costituisce una considerevole contravvenzione del decoro che va inve-ce perduta nell’infelice versione del passaggio, più verosimilmente per scelta che per disat-tenzione: di fatto, più avanti l’esplicita osservazione di Polilla («¡Qué bravas van las damasen juardapiés y justillo!», Ochoa, p. 268a) viene omessa (cfr. LC, p. 335), al pari della suc-cessiva battuta di Carlos (nell’originale: «CARLOS ¿Para qué son los adornos / donde hay sinellos tal brío?»).

23 Cfr. «Pónele la daga en la cara» (O, p. 268a; Crítica, 1869+; La Cecilia, p. 336, omette).«Pasan por delante de ellas [Diana y sus damas], llevándole Polilla la daga junto a la ca-

ra porque no vuelva» (Ochoa, p. 268b; Crítica, 1919+) diviene: «[Polilla] conduce Carlo te-nendo l’occhio fisso sul medesimo affinché non miri Diana in volto» (LC, p. 337).

24 «No es mi prevención muy vana, / que esto es echar la botana / por si se sale elpellejo» (O, p. 261b; Crítica, vv. 1190-1192).

«Il mio presentimento non fu falso. Bisogna tirar la botta a bruciapelo» (LC, p. 322).25 Cfr. «POLILLA […] me he hecho médico de amor, / por ir de ruin a rocín» (O,

p. 256a; Crítica, vv. 1190-1192).«POLILLA […] mi son fatto medico d’Amore» (LC, p. 312).26 «¡[…] y da en la albarda el granizo!» (O, p. 269b; Crítica, v. 1985).«La gragnuola ha percosso l’asino e il basto!» (LC, p. 338).

tutto riguardose del decoro di una contessa22.Allo stesso modo, La Cecilia elimina i riferimenti e le indicazioni in

cui Polilla, nella celebre scena che nel secondo atto si svolge nel giardi-no della contessa, appoggia la lama della sua daga sulla guancia del pa-drone per impedirgli di cedere alla malia del canto femminile23. GiàMolière, pur vituperato da Ochoa (e quindi da La Cecilia) nel prologo,aveva trovato disturbante la familiarità con cui in questa sequenza ilservo si rapporta al padrone, spingendosi fino al contatto fisico.

E ancora: l’efficacia dell’idioletto di Polilla risulta un poco svigoritadalla inadeguata resa degli adagi e delle espressioni colloquiali di cui ècostellato24, non mancando casi in cui i proverbi vengono omessi25 o,peggio, tradotti letteralmente26. La stessa comicità si vede sovente svilita,

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27 Si vedano rispettivamente:A) «POLILLA ¿Yo burlar? Esto es templarte; / mas tu desesperación / ¿qué tanta es a

esta sazón? / CARLOS La mayor. POLILLA ¿Cosa de ahorcarte? / Que si no poco te ahoga. /CARLOS No te burles, que me enfado. / POLILLA Pues si estás desesperado, / ¿hago mal en dar-te soga? CARLOS Si dejaras tu locura, / mi mal te comunicara […]» (O, p. 250a; Crítica, vv.25-34).

«POLILLA Io schernirvi? Per pietà! Ma la causa fatemi conoscere della vostra disperazio-ne. CARLO Bando alle ciarle! Ti svelerò le mie pene […]» (LC, p. 303).

B) «DIANA ¿De dónde sois? POLILLA De un lugar. / DIANA Fuerza es. POLILLA No hedicho poco, / que en latín lugar es loco. / DIANA Ya os entiendo» (O, p. 256a; Crítica, vv.659-662).

«DIANA Di dove siete? POLILLA D’un loco. DIANA Eh certamente, di qualche luogo!(LC, p. 312).

C) «Enjuágate, no le tragues [la princeps dice: “Pues enjuágate y no tragues”]» (O, p.262a; Crítica, v. 1264).

«State saldo» (LC, p. 323, che lo accompagna con una nota a pie’ di pagina in cui dàconto dell’impossibilità di tradurre il gioco di parole).

tanto per ragioni forse nuovamente riconducibili al decoro, quanto perl’intrinseca difficoltà del prototesto o per la scarsa arguzia delle solu-zioni adottate27. Ma è il più generale prevalere d’un registro «lettera-rio» e declamatorio dell’intera versione a gravare in modo negativo sul-l’andamento, in origine spumeggiante, della commedia.

Altresì curioso appare il fatto che nel segmento conclusivo del testo,quando, come soleva accadere nelle commedie secentesche, ricorre iltitolo dell’opera (qui, in due occasioni), La Cecilia lo traduca in modofluttuante («Dunque colui che seppe vincer lo spregio collo spregio saràmio sposo»; «E qui finisce lo Spregio contro allo spregio», p. 355 in en-trambi i casi; in precedenza, p. 350: «costui ha opposto allo spregio ildispregio), e comunque diverso dal titolo da lui prescelto (che, lo ricor-diamo, è Sdegno contro sdegno). Quanto si è succintamente indicatoestrapolando alcuni esempi porterebbe a considerare con circospezio-ne l’asserto iniziale di La Cecilia: «La traduzione che qui offriamo èletterale». Tuttavia, sarebbe forse più rispettoso della temperie cultura-le in cui si inscrive l’operato del traduttore, interpretarne i tagli, le cen-sure e il linguaggio declamatorio come conferma d’una diffusa moda-lità di appropriazione del testo teatrale straniero nel XIX secolo.

Il lavoro svolto da Dario Puccini (sigla: PU) presenta un taglio di-verso. Se neanche questi chiarisce la fonte su cui lavora, è tuttavia pos-sibile affermare che si basò con ogni probabilità sul testo pubblicatonella già ricordata «Biblioteca de Autores Españoles» da FernándezGuerra e ristampato nel 1873, nel 1911 e soprattutto nel 1950, piutto-sto che su quello editato da Alonso Cortés nel 1916 (NAC) e ripropo-

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28 N. Alonso Cortés, ed., A. Moreto, Teatro: El lindo don Diego. El desdén con eldesdén, Madrid, Ediciones de «La Lectura», 1916 e 1922; poi, Espasa-Calpe 1937, 1941,1955, 1966 e 1976.

29 El desdén con el desdén, in F. Sáinz de Robles, El teatro español. Historia y antología(desde sus orígenes hasta el siglo XIX), Madrid, Aguilar, 1943, tomo III, pp. 883-970.

30 Indicazioni che solo in parte NAC riprende da BAE. Si consideri anche che nel pri-mo atto PU conta una scena in più rispetto a NAC, in ciò corrispondendo esattamente allesuddivisioni di scena di BAE (9, 10, 13, in ciascuno degli atti).

31 Fernández Guerra non ebbe modo di basarsi su A (cfr. p. xlix della sua edizione),poiché l’unica copia di tale edizione che poté consultare, di proprietà di Agustín Durán, eramutila e conservava solo gli ultimi versi de El desdén; a p. xxxii sostiene di aver collazionatoanche la Primera parte de comedias de Don Agustín Moreto, Benito Macé, Valencia 1676,edizione che oggi sappiamo essere apocrifa (cfr. E. Cotarelo, «La bibliografía de Moreto»,Boletín de la Real Academia Española, XIV, 1927, pp. 459-461). A sua volta, F. Sáinz (in Eldesdén, cit., p. 883, nota) asserisce di essersi basato su B.

sto poi in diverse occasioni28, o sulla edizione, tipograficamente deli-ziosa, della antologia curata da Sáinz de Robles29 (S). Questo stanno adindicare le seguenti varianti:

PU, che comprensibilmente non ha fatto ricorso alle stampe antiche del testo,non proviene da NAC:371 del rigor, la crueldad B NAC : del rigor, de la crueldad A BAE S :

della crudeltà e del disdegno PU1345-1348 Los que aborrecidos son / de la dama que apetecen / no sienten la

desazón / porque cansa su pasión, / sino porque ellos padecen A BNAC : Los que aborrecidos son / de la dama que apetecen / nosienten la desazón / porque causa su pasión, / sino porque ellos pa-decen BAE S : Coloro che sono respinti / dalla dama alla qualeanelano, / non sono tormentati dal cruccio / per colpa della loropassione PU

Il fatto che Puccini non derivi da NAC è confermato anche dallamancata corrispondenza tra l’uno e l’altro, e in più passi, delle indica-zioni dei movimenti di scena30. Il quadro della filiazione in un primomomento risulta complicato dal fatto che sia BAE che S seguono laedizione di Madrid 1677 (B)31. Occorre dunque dimostrare che Pucci-ni non lesse da Sáinz:

911 No neguéis vos el oído / a las verdades del ruego A BAE NAC : Noneguéis vos el olvido / a las verdades del ruego B : No [les] neguéisvos el odio / a las verdades del ruego S : Almeno non rifiutatevi ora/ di ascoltare le nostre preghiere PU

1174 cintas BAE NAC [correzione opportuna] : flores A B : cinta S : al-cuni nastri PU

1228 envidar A BAE NAC : envidiar B S : supplicare PU

DUE TRADUZIONI ITALIANE DE EL DESDÉN, CON EL DESDÉN 231

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32 Ad esempio:A) «Luego si el gusto es después / del agrado y la elección, / y ésta voluntaria es, / ya le de-

be obligación, / si no amante, de cortés» (BAE, p. 9a; Crítica, vv. 1365-1369).«Ma se incoglie talora che la scelta di taluna preceda la vostra inclinazione; se non come

amante, almeno com’uom cortese, avrete contratto un debito di riconoscenza» (LC, p. 325).«Ma se la scelta d’una persona / precede la vostra inclinazione, / se non per amore, alme-

no / per cortesia, voi dovete / sentirvi molto riconoscente» (PU, p. 280).B) «Sacúdanse todos bien, / que no soy sino Polilla; / mamóla vuesamerced. / Y con esto,

y con un vítor, / que pide humilde y cortés / el ingenio […]» (BAE, p. 19c; Crítica, vv.2923-2928).

«Plaudite, o signori! Altro io non sono se non Polilla, che chiede perdono ai cortesi udito-ri» (LC, p. 355).

«Scrollatevi tutti ben bene, / perché io sono Tignola / e chiedo a tutti perdono. E conquesto e con un applauso, / che vi chiede, umile e gentile, / l’ingegno […]» (PU, p. 327).Una più fedele traduzione del passaggio potrebbe essere: «Meravigliatevi tutti, / io non sonaltri che Tignola: / sua signoria ha abboccato! / E con ciò e un “evviva”, / che vi chiede, umi-le e cortese, l’autore […]».

Posto che un errore come l’ultimo conferma la veridicità dell’affer-mazione di Sáinz riguardo al modello seguito, resta da spiegare la coin-cidenza delle didascalie tra la sua edizione e la traduzione di PU, ripe-tutamente in discrepanza rispetto a B. Ne offro solo qualche esempio:

1046+ Vase A B NAC : Vase con las damas BAE S : Esce con le dame PU1477+ Pues vuelta A B : Pues vuelta; (Vúelvese de espaldas) add BAE S :

Bene: mi volto (Si volta di spalle) add PU2208+ Salen todos los galanes con sus damas, y ellos y ellas con sombre-

ros y plumas A B NAC : Cintia, el príncipe, Fenisa, Don Gastón,damas, galanes y músicos, todos con sombreros y plumas; Carlosdetrás. – Dichos BAE : Cintia, el príncipe, Fenisa, Don Gastón,damas, galanes y músicos, todos con sombreros y plumas; Carlosdetrás; dichos S : Cinzia, il principe, Fenicia, Don Gastone, dame,cavalieri e musicanti, tutti con un cappello piumato. Dietro a tuttiCarlo e detti PU

Evidentemente, pur seguendo B, Sáinz riprese la suddivisione in sce-ne e l’aggiunta di didascalie del testo di Fernández Guerra, assecon-dando gli usi dell’editore ottocentesco.

A sua volta, Puccini tenne presente il lavoro di La Cecilia. A rivelar-lo, in modo più chiaro di taluni calchi32, è il fatto che entrambe le ver-sioni coincidano in qualche errore:

A) «Amor, señora, es congoja, / traición, tiranía villana, / y sólo el tiempo le sa-na, / suplicaciones y aloja» (BAE, p. 5a; Crítica, vv. 707-710).

«L’amore è angustia, tradimento, tirannide villana. Solo il tempo e gli scongiurilo ponno sanare» (LC, p. 313).

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33 Per questo dato cfr. Profeti, Calderón en Italia, cit., p. 40.

«L’amore, o signora, è angoscia, / tradimento, dura tirannia, / e soltanto il tem-po lo guarisce, / unito a scongiuri e idromele» (PU, p. 260).

B) «Polilla, amigo, el pesar / me quita; dale a mi amor / alivio» (BAE, p. 5b;Crítica, vv. 1057-1059).

«Polilla! Amico! Il dolore m’uccide! Consolami!» (LC, p. 320).«Tignola, mio amico, il dolore / mi uccide! Dà un po’ di sollievo / al mio amo-

re» (PU, p. 271).C) «Yo no creo lo que miro; / Ve tú al descuido, Fenisa, / y vuelve a dar el avi-

so» (BAE, p. 13a; Crítica, vv. 1931-1933).«Io non credo agli occhi miei! (volgendosi a Fenisa) Fenisa, va tu da quel di-

strattaccio!» (LC, p. 337).«Io non credo più agli occhi miei. / Va tu, Fenicia, da quel distratto / ad avver-

tirlo un’altra volta» (PU, p. 297).

Tuttavia, lungi da chi scrive l’idea di sostenere l’improvvida tesi delplagio da parte di Puccini. Tutt’altro. Disdegno per disdegno, l’unicatraduzione in lingua italiana de El desdén, con el desdén che sia statadata alle stampe nel Novecento33, non opera solo un prevedibile «svec-chiamento» della lingua rispetto al predecessore ottocentesco (un seco-lo – e a maggior ragione quello della diffusione della radio – non tra-scorre invano), ma rivela una superiore fedeltà all’originale, risolvendocon accuratezza e puntualità molti dei problemi prospettati dalla com-media di Moreto.

Risultano dunque assai occasionali le inesattezze, di cui pure offroqualche saggio:

A) «[…] y luego han de pasar estos galanes / delante della y envidando a escote,/ el uno con seis pollas y dos panes, / el otro con un plato de jigote […]» (BAE, p.3b-c; Crítica, vv. 493-496).

«[…] provate quindi, signori, a passare / davanti a lei a turno regolare: / unocon sei polli arrosto e due pani, / un altro con un bel timballo […]» (PU, p. 254).

B) «Si ahora no llega a rendilla / Carlos, sin maña se viene, / pues ya introduci-da tiene / en su pecho la polilla» (BAE, p. 5b; Crítica, vv. 735-738).

«Se il conte Carlo non è capace / di farla capitolare adesso / che le è entrata inseno la tignola, / significa che non ha abilità» (PU, p. 260).

C) «Y ellos mismos son testigos / que van mal, que esta mujer / el alcanzarla hade ser / echando por esos trigos» (BAE, p. 7b; Crítica, vv. 1077-1080).

«E loro stessi si sono accorti / che così non combinano nulla / e che per vince-re quella donna / bisogna parlare a vanvera» (PU, p. 271).

D) «y, como el pez que introduce / su venenosa violencia / por el hilo y por lacaña, / y al pescador pasma y hiela / el brazo que le detiene [dovrebbe dire: conque la tiene] […]» (BAE, p. 10b; Crítica, vv. 1559-1563).

DUE TRADUZIONI ITALIANE DE EL DESDÉN, CON EL DESDÉN 233

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34 Come hanno chiarito edizioni successive, e come, tuttavia, già La Cecilia (p. 329) col-se: «Pari a quel pesce che fa trascorrere la venenosa sua possa lungo il filo, e paralizza ilbraccio del pescatore ch’il tiene […]». Sull’immagine della torpedine, si veda E. Di Pastena,«Por el sedal y la caña, la mano y brazo… hiela. Nota al margen de un topos de historia natu-ral», Anuario Lope de Vega, 5 (1999), pp. 187-195.

35 Cfr. A) «Fiesta tras fiesta no tarda, / y con su desdén tirano / hacer fiestas es en vano,/ porque ella no se las guarda» (BAE, p. 7b; Crítica, vv. 1069-1072).

«Una festa tiene dietro a un’altra: / ma con il tirannico disdegno / di quella donna tuttele feste / sono altrettanti buchi nell’acqua / perché lei neppure se ne accorge» (PU, p. 271).

B) «Y ellos mismos son testigos / que van mal […]» (BAE, p. 7b; Crítica, vv. 1077-1078).«E loro stessi si sono accorti / che così non combinano nulla […]» (PU, p. 271).C) «[…] pero después de vendido, / sólo se come el cogollo» (PU, p. 12b; Crítica, vv.

1857-1858).«[…] ma quando son belli e venduti, / dei cardi mangi solo il grumolo» (PU, p. 294).36 Si veda A. Monteverdi, ed., «Prefazione», in AA.VV., Teatro spagnolo del secolo

d’oro, cit., p. xxxv.

«Come il guizzare violento del pesce si trasmette / attraverso il filo e la canna, /al braccio e al corpo del pescatore, / e pare quasi paralizzarlo […]» (PU, p. 285);qui non si tratta tanto del guizzare quanto della scarica elettrica trasmessa dallatorpedine (altri non è il pesce in questione)34.

Nell’esempio C, in particolare, è facile avvertire l’affioramento di unsermo humilis che se da una parte contribuisce a caratterizzare soprat-tutto la lingua sapida del servo Polilla35, dall’altra partecipa d’una piùgenerale tendenza dell’intera versione di Puccini: con i suoi interventi,il traduttore pare infatti incline a rendere meno lambiccato il ragionareconcettista dei personaggi de El desdén, con el desdén, ricorrendo difrequente a un registro più discorsivo, a costrutti meno letterari, non-ché ad aggiunte dal tono colloquiale:

A) «Y ¿si llega?» (BAE, p. 7a; Crítica, v. 1041).«Se per ipotesi assurda, / dovesse arrivare?» (PU, p. 269).B) «¿[…] y el decir que el desdén era / porque no os había tocado / del veneno

la violencia?» (BAE, p. 10c; Crítica, vv. 1610-1613).«[…] E quella vostra frase sullo sdegno / che è stato in voi sopraffatto / dalla

violenza di quel veleno? / Tutte menzogne? Niente di vero?» (PU, p. 287).

Tale manifesta propensione del testo trova una giustificazione anchenel peculiare canale destinato a veicolarlo. Le versioni di Disdegno perdisdegno e di altri sei «drammi», oltre che di «undici bozzetti dramma-tici» (ovvero intermezzi), vennero infatti originariamente concepiteper un ciclo di trasmissioni radiofoniche consacrate al teatro spagnolodei Secoli d’Oro36. La grammatica del mezzo dové incidere non pocosulla ricerca dell’efficacia linguistica del testo, infine situato a metà

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37 Non si può non concordare con Mario Luzi («Sulla traduzione teatrale», Testo afronte, 3, 1990, p. 98) quando scrive: «Il linguaggio della poesia drammatica contiene ovvia-mente il seme dell’azione ma solo il passaggio dal testo all’attualità scenica rivela fino a chepunto l’azione gli sia intrinseca in ogni parola».

38 Tra i tagli si vedano:A) «Siendo esta fiebre mortal / quien corresponde al amor, / bien se ve que es desleal, /

pues le remedia el dolor / dando más fuerza al mal. / Luego el que amado se viere, / no obli-ga en corresponder, / si daña, como se infiere. / Pues oíd cómo en querer / tampoco obliga elque quiere. / Quien ama con fe más pura […]» (BAE, p. 8a; Crítica, vv. 1320-1330).

«Questa malattia micidiale, / che è appunto la febbre d’amore, / è ingannevole e traditri-ce: / perché attutisce il dolore / raddoppiando la forza del male. / Chi ama di puro e veroamore […]» (PU, p. 279).

B) «Mirad el sangriento labio, / que fino coral vertiendo, / parece que se ha teñido / enla herida que me ha hecho; / aquel cuello de cristal, / que por ser de garza el cuello, / al cielode su hermosura / osa llegar con el vuelo; / aquel talle tan delgado, / que yo pintarle no pue-do, / porque es él más delicado / que todos mis pensamientos» (BAE, p. 16c; Crítica, vv.2481-2492).

«Guardate le sue labbra sanguigne / che, spiccando come puro corallo, / sembra che sia-no state tinte / della ferita fatta al mio cuore. / Guardate la sua fine figura: è tanto sottile edelicata / che neppure posso descriverla, / perché a simile sottigliezza / non giungono i mieipensieri» (PU, p. 315).

39 Tra le riduzioni, mediante sintesi, si veda:«La ocasión de verme entre ellos, / cuando al valor desafían / en públicas competencias,

/ con que el favor solicitan, / ya que no pudo a mi amor, / empeñó mi bizarría / ya en fiestasy ya en torneos, / y otras empresas debidas / al culto de la deidad, / a cuya soberanía, / sinel empeño de amor, / la obligación sacrifica» (BAE, p. 1c; Crítica, vv. 93-104).

«Trovandomi così tra i suoi adoratori, / i quali sollecitano i suoi favori / con sfide e tor-nei ed altri omaggi, / che obbligo è di galanteria / tributare alla bellezza femminile, / mi vidicostretto, non da amore / ma solo da impegno di cavalleria / a mettere in campo la mia abi-lità» (PU, p. 245).

strada tra una versione destinata alla mera lettura e una elaborata perle scene37.

Ad ottenere una maggiore agilità degli scambi di battute, talvoltapiuttosto estese in Moreto, puntano senza meno alcuni tagli38 o ridu-zioni39 operati dal traduttore. In altri passi, si ravvisa certa propensionealla parafrasi, che può essere anche amplificatoria (come nel secondoesempio offerto), e parrebbe avere intenti chiarificatori, pur se nonsempre rigorosamente rispettosi dell’originale:

A) «¡Oh bajeza del deseo! / Que aunque sea a la codicia / de más precio lo quealcanza / que no lo que se retira, / sólo por la privación / de más valor lo imagina /y da el precio a lo difícil, / que su mesmo ser le quita» (BAE, p. 2b; Crítica, vv.263-270).

«Oh, quanto son bassi i desideri! / Maggior valore dovrebbe avere / per chi tan-to desidera e brama / ciò che ottiene, non ciò che gli sfugge, / e invece la fantasia ab-bellisce / ciò che è difficile raggiungere / o magari impossibile toccare» (PU, p. 248).

DUE TRADUZIONI ITALIANE DE EL DESDÉN, CON EL DESDÉN 235

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40 Cfr. A) «Es acaso / hermosa la tiranía?» (BAE, p. 2c; Crítica, vv. 309-310).«È forse / graziosa e bella la tirannia?» (PU, p. 249).B) «Esto la razón discurre; / mas la voluntad indigna, / toda la razón me arrastra / y todo

el valor me quita» (BAE, p. 2c; Crítica, vv. 349-352).«Ecco cosa la ragione m’insegna; / ma la mia spudorata passione / la ragione, il senno mi

oscura / e mi toglie ogni forza e valore» (PU, p. 250).C) «Y sin esperanza alguna / de sosiego en mis fatigas, / yo padezco en mi silencio […]»

(BAE, p. 2c; Crítica, vv. 359-361).«E senza più alcuna speranza / di quiete nei miei affanni, / io soffro e mi tormento in si-

lenzio […]» (PU, p. 250).D) «¿Puede hallar un corazón / más indigno cautiverio / que rendirle su albedrío / quien

no manda su deseo?» (BAE, p. 6a; Crítica, vv. 873-876).«Può un cuore trovare più triste, più disprezzabile prigionia / di consegnarsi all’arbitrio /

di chi non provoca il suo affetto?» (PU, p. 264).41 Si vedano, al riguardo, le considerazioni di C. Samonà, «Nota del traduttore», in Lo-

pe de Vega, La nascita di Cristo, Torino, Einaudi, 1985, p. 104; quelle di M.G. Profeti («Larecepción del teatro áureo en Italia», cit., pp. 25-27) tengono conto anche delle perdite chequesta scelta arreca.

B) «Lo primero es que contigo / ni voluntad tener puedo, / ni la tengo, porquesólo / mi albedrío es tu precepto» (BAE, p. 5b; Crítica, vv. 773-776).

«Sappiate anzitutto una cosa: / che di fronte a voi io non posso / accampare al-cuna volontà / né infatti mai l’accamperò, / perché voi, come padre, agite / sempreper il mio giovamento» (PU, p. 262).

C) «Y porque veáis que es error / que haya en el mundo quien crea / que el quequiere lisonjea, / escuchad lo que es amor […]» (BAE, p. 9a; Crítica, vv. 1301-1304).

«E affinché vi rendiate conto / che non solo chi ama è gentile, / ora vi dirò cos’èl’amore» (PU, p. 278).

Risulta solo in apparente contraddizione con la strategia di renderepiù asciutto qualche intervento dei personaggi la frequenza con cui ap-pare in traduzione, a differenza del testo fonte, il raddoppiamento sin-tattico40; il procedimento pare rispondere ad esigenze metriche, e sipuò collegare alla scelta di Puccini di tradurre in versi, prevalentemen-te endecasillabi sciolti, rinunciando dunque alla preservazione di formee strofe prefissate e dei relativi schemi rimici. Scelta quest’ultima con-divisibile, nella misura in cui determinate forme o combinazioni strofi-che (redondillas, quintillas e romances), fuori dell’alveo dello spagnolosecentesco nel quale furono concepite, rischiano di apparire oltremodoartificiose o esteticamente poco felici41.

La traduzione di Puccini, che non va disgiunta dalla sua diffusioneradiofonica per essere opportunamente valutata, possiede l’indubbiavirtù di conservare in larga misura il buonumore e gli accenti giocosidell’originale:

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42 A) «[…] y, escarmentado en su error, / me he hecho médico de amor, / por ir de ruina rocín» (BAE, p. 4c; Crítica, vv. 656-658).

«Ammaestrato da tutti i suoi inganni / mi son fatto medico d’amore; / ahimè: dalla pa-della alla brace!» (PU, p. 258).

B) «¡Buena va la danza, alcalde, / y da en la albarda el granizo!» (BAE, p. 13c; Crítica, vv.1984-1985).

«Cari miei, la danza procede / a meraviglia, se così presto / le è saltata la mosca al naso»(PU, p. 299).

43 Come nel caso di «breva» e delle sue ulteriori occorrenze nel testo: «Verbi gracia:

A) «DIANA ¿De dónde sois? POLILLA De un lugar. / DIANA Fuerza es. POLILLANo he dicho poco; / que en latín lugar es loco» (BAE, p. 4c; Crítica, vv. 659-661).

«DIANA Di dove siete? TIGNOLA Della luna… / DIANA Ah! Volete dire chevenite / da lontano… TIGNOLA No, voglio dire / che sono un pochino lunatico»(PU, pp. 258-259).

B) «Amor es quita-razón, / quita-sueño, quita-bien, / quita-pelillos también, /que hará calvo a un motilón. / Y las que él obliga a amar, / todas se acaban en“quita”, / Francisquita, Mariquita, / por ser todas al quitar» (BAE, p. 5a; Crítica,vv. 711-718).

«L’amore è proprio uno strappa-senno, / uno strappa-sonno, uno strappa-tut-to, / persino uno strappapeli nell’uovo: / spelacchierebbe anche un calvo. / Equelle che esso costringe ad amare / finiscono senza scampo in aria: / Daria, Rosa-ria, Ilaria, tutte / più sciocche, più leggere dell’aria» (PU, p. 260).

C) «POLILLA Con ese intento / vine yo desde Añover. / DIANA ¿Añover? PO-LILLA Él me crió, / que en este lugar extraño / se ven melones cada año, / y así“Añover” se llamó» (BAE, p. 5a; Crítica, vv. 721-726).

«TIGNOLA Con questo scopo sono partito / da Annovér. DIANA Come dite:Annovér? TIGNOLA Già. Laggiù sono nato e cresciuto. / In quello strano luogonascono / zucche ogni vero e proprio anno: / per questo lo chiamano Anno-vér»(PU, p. 260).

D) «Si es cosa de la cabeza, / dos parches de tacamaca, / y que te traigan laspiernas. / DIANA No tienen piernas las damas. / POLILLA Pues por esta razón me-sma / digo yo que te las traigan» (BAE, p. 11b; Crítica, vv. 1708-1713).

«TIGNOLA Se è mal di capo ci vogliono / due buoni impiastri di resina, / e unabuona frizione delle gambe. / DIANA Ma le dame non hanno gambe. / TIGNOLAProprio per questo motivo dico / che ve le debbono fregare» (PU, p. 290); l’incoe-renza dell’ultima battuta (come rubare quel che non si ha?) potrebbe essere risoltaritoccando quella precedente («DIANA Ma le dame non hanno gambe; / nemmenole sentono») o quella conclusiva («TIGNOLA Ah beh: freghiamocene di fregarle»oppure: «Allora me ne frego di fregarle»).

E) «La verdad, ¿te entra el Carlillos?» (BAE, p. 11b; Crítica, v. 1733).«Insomma, vi sono forse venuti / i grilli-carlini per la testa?» (PU, p. 290), solu-

zione creativa, nella quale tuttavia affiora nuovamente la lontana ascendenza di LaCecilia (il quale a p. 332 aveva tradotto: «Vi sono entrati i grilli in capo?»).

Pare congrua la resa dei materiali paremiologici42, compresi quelliche Moreto adotta implicitamente43 o quei casi in cui, in presenza di

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¿viste una breba en la cima / de una higuera […]?» (BAE, p. 3a; Crítica, vv. 403-405) divie-ne: «Sentite: / avete mai visto pendere una pera / dal ramo di un albero […]» (PU, p. 251).I proverbi sottotraccia sono rispettivamente «La breva dura a pulgaradas madura» e«Quando la pera è matura casca da sé».

44 «Que esto es echar la botana / por si se sale el pellejo» (BAE, p. 8a; Crítica, vv. 1190-1192).

«Che questo è come sturare un otre / per vedere se ne esce un ubriaco» (PU, p. 274).45 Cfr. in particolare la scena del ballo (II, 3, PU, pp. 281-284; BAE, pp. 9b-10a; Crítica,

vv. 1399-1534).46 Com’è noto, di scarsa diffusione editoriale nel nostro paese (cfr. solo S. Boselli, «La

traduzione teatrale», Testo a fronte, 15, 1996, p. 65).47 «[…] non minus interdum oratorium esse tacere quam dicere» (C. Plinius Caecilius

Secundus, Epistulae, ed. R.A.B. Mynors, Oxford, University Press, 1982, VII, vi, 7).

espressioni colloquiali, il traduttore si prende maggiori libertà44; e ade-guato, infine, può dirsi il modo in cui si conservano i passaggi musicali,di gran rilevanza nella stessa ambientazione originale45.

Oltre all’indubbio merito di aver riscattato per il lettore italiano Eldesdén, con el desdén da un lungo silenzio, il lavoro di Puccini mostranel suo complesso una positiva appropriazione del testo di partenza euna buona riuscita nel testo d’arrivo, configurando delle strategie co-municative coerenti, sia a livello testuale che contestuale, data la con-creta circostanza in cui venne inizialmente realizzato il progetto. C’è dachiedersi, tuttavia, anche laddove – immuni dal soggettivo entusiasmodi Ochoa e di La Cecilia – non volessimo considerare El desdén, con eldesdén l’opera principe del teatro spagnolo, se il felice esito a cui ap-prodano le fatiche di Puccini sia ragione sufficiente a giustificare quasimezzo secolo di oblio traduttorio, forse interrotto da qualche episodicaversione per la scena46. Dal momento che, come scrive Plinio il Giova-ne, talora non risulta meno eloquente il tacere del parlare47, ogni rispo-sta è superflua.

Enrico Di PastenaUniversità di Pisa

238 RIVISTA DI FILOLOGIA E LETTERATURE ISPANICHE

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