Due sonetti di Aldo Fabrizi¬ 26 gennaio 2010 RUGANTINO Pagina 3 Er lupo strascinava ’na pecora...

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D opo venti anni torna la destra alla Moneda: Sebastian Piñera si impone su Eduardo Frei nelle elezioni presidenziali in Cile. Si vota nel Massachusetts per attribuire il seggio senatori- ale tenuto per quarantasette anni da Ted Kennedy. I sondaggi davano per scontato il suc- cesso della democratica Martha Coakley, ma nelle ultime settimane sono salite notevolmente le quotazioni del repubblicano Scott Brown, che se vincesse toglierebbe a Barack Obama per un solo seggio la maggioranza qualificata che oggi impedisce nella camera alta l’ostruzionismo alla opposizione. I democratici contano infatti su sessanta senatori: se uno solo passasse ai repubblicani sarebbero al di sotto della soglia di sicurezza, in un momento molto delicato in cui la nuova amministrazione è impegnata nel difficile e insidioso terreno della riforma sani- taria e del cambiamento nella politica sociale. La visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma un quarto di secolo dopo quella storica di Giovanni Paolo II ha rappresentato un evento di notevole rilievo, preceduto e accompagnato da discussioni sulla figura di Pio XII prossimo alla beatificazione e sul suo ruolo nel periodo delle persecuzioni antisemite in Italia e soprattutto in Germania. Il rabbino capo Riccardo Di Segni ha sottolineato che il silenzio non sfugge al giudizio, ma in generale il clima di dialogo è stato rafforzato nel segno della comprensione e della amicizia. Si guarda al futuro anche nell’isola di Haiti colpita da un grave terremoto che ha mietuto migliaia di vittime. Sono tuttora in corso i tentativi di salvare tra le macerie quante più persone possibile e due ex presidenti americani, George W. Bush e Bill Clinton, sono impegnati sul posto nell’opera di ricostruzione. Si pensa al futuro Lillo S. Bruccoleri Io te vorebbe dì: – Sei tanto bella che Venere de Milo ce sfigura perché ciài er portamento e la figura più mejo assai de quarsisia modella. – Io te vorebbe dì che tu sei quella che domini in qualunque congiuntura pe’ grazzia, tatto, brio, fama, cultura e brilli più che qualunqu’artra stella. Ché tu sei brava, onesta, intelliggente, e sai cantà, ballà, sonà, scorpì, dipigne e scrive prose e poesie in modo veramente sorprendente... Io tutto questo te vorebbe dì, ma nun so’ bôno a dì tante bucie. Elio Spasiano Io te vorebbe dì... TESTATA ORIGINALE DEL 1887, IDEATA DA EDOARDO PERINO Anno 123° NUMERO PROGRESSIVO 12821 MARTEDI’ 26 GENNAIO 2010 Spedizione in abbonamento postale 45 per cento - Art. 2, comma 20, lettera b), legge n. 662 del 1996 SVENAMENTI Un anno euro quaranta E se pò avé in premio un bel libro da leggécce drento, che cià poco sonno Internet: www.rugantino.it Mail: [email protected] SETTIMANALE SATIRICO POLITICO Baccaja ogni martedì Tanto a Roma che fora costa UN EURO C’è poco da rugà, sémo o nun sémo? (G.G. Belli) 100 La dieta Doppo che ho rinnegato pasta e pane, so’ dieci giorni che nun calo, eppure resisto, soffro e seguito le cure... me pare un anno e so’ du’ settimane. Nemmanco dormo più, le notti sane, pe’ damme er conciabbocca a le torture, le passo a immaginà le svojature co’ la lingua de fòra come un cane. Ma vale poi la pena de soffrì lontano da ’na tavola e ’na sedia pensanno che se deve da morì? Nun è pe fà er fanatico romano; però de fronte a ’sto campà d’inedia mejo morì co’ la forchetta in mano! Magnà e dormì So’ du’ vizietti, me diceva nonno, che mai nessuno te li pò levà, perché so’ necessari pe’ campà sin dar momento che venimo ar monno. Er primo vizio provoca er seconno: er sonno mette fame e fa magnà, doppo magnato t’aripija sonno, poi t’arzi, magni e torni a riposà. Insomma, la magnata e la dormita, massimamente in una certa età, so’ l’uniche du’ gioje de la vita. La sola differenza è questa qui: che pure si ciài sonno pòi magnà, ma si ciài fame mica poi dormì. Due sonetti di Aldo Fabrizi (recitati nello spettacolo di Ronanostra al teatro di Spinaceto)

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Dopo venti anni torna la destra alla Moneda:Sebastian Piñera si impone su Eduardo Frei

nelle elezioni presidenziali in Cile. Si vota nelMassachusetts per attribuire il seggio senatori-ale tenuto per quarantasette anni da TedKennedy. I sondaggi davano per scontato il suc-cesso della democratica Martha Coakley, manelle ultime settimane sono salite notevolmentele quotazioni del repubblicano Scott Brown, chese vincesse toglierebbe a Barack Obama per unsolo seggio la maggioranza qualificata che oggiimpedisce nella camera alta l’ostruzionismo allaopposizione. I democratici contano infatti susessanta senatori: se uno solo passasse airepubblicani sarebbero al di sotto della sogliadi sicurezza, in un momento molto delicato incui la nuova amministrazione è impegnata neldifficile e insidioso terreno della riforma sani-taria e del cambiamento nella politica sociale.La visita di Benedetto XVI alla sinagoga diRoma un quarto di secolo dopo quella storica diGiovanni Paolo II ha rappresentato un evento dinotevole rilievo, preceduto e accompagnato dadiscussioni sulla figura di Pio XII prossimo allabeatificazione e sul suo ruolo nel periodo dellepersecuzioni antisemite in Italia e soprattutto inGermania. Il rabbino capo Riccardo Di Segni hasottolineato che il silenzio non sfugge algiudizio, ma in generale il clima di dialogo èstato rafforzato nel segno della comprensione edella amicizia. Si guarda al futuro anchenell’isola di Haiti colpita da un grave terremotoche ha mietuto migliaia di vittime. Sono tuttorain corso i tentativi di salvare tra le maceriequante più persone possibile e due ex presidentiamericani, George W. Bush e Bill Clinton, sonoimpegnati sul posto nell’opera di ricostruzione.

Si pensa al futuro

Lillo S. Bruccoleri

Io te vorebbe dì: – Sei tanto bellache Venere de Milo ce sfiguraperché ciài er portamento e la figurapiù mejo assai de quarsisia modella. –

Io te vorebbe dì che tu sei quellache domini in qualunque congiunturape’ grazzia, tatto, brio, fama, culturae brilli più che qualunqu’artra stella.

Ché tu sei brava, onesta, intelliggente,e sai cantà, ballà, sonà, scorpì,dipigne e scrive prose e poesie

in modo veramente sorprendente...Io tutto questo te vorebbe dì,ma nun so’ bôno a dì tante bucie.

Elio Spasiano

Io te vorebbe dì...

TESTATA ORIGINALE DEL 1887, IDEATA DA EDOARDO PERINO

Anno 123°NUMERO PROGRESSIVO 12821MARTEDI’ 26 GENNAIO 2010

Spedizione in abbonamento postale45 per cento - Art. 2, comma 20,lettera b), legge n. 662 del 1996

SVENAMENTIUn anno euro quaranta

E se pò avé in premio un bel libro daleggécce drento, che cià poco sonno

Internet: www.rugantino.itMail: [email protected]

SETTIMANALESATIRICO POLITICOBaccaja ogni martedì

Tanto a Roma che fora costa UN EUROC’è poco da rugà, sémo o nun sémo?

(G.G. Belli)

100

La dieta

Doppo che ho rinnegato pasta e pane,so’ dieci giorni che nun calo, eppureresisto, soffro e seguito le cure...me pare un anno e so’ du’ settimane.

Nemmanco dormo più, le notti sane,pe’ damme er conciabbocca a le torture,le passo a immaginà le svojatureco’ la lingua de fòra come un cane.

Ma vale poi la pena de soffrìlontano da ’na tavola e ’na sediapensanno che se deve da morì?

Nun è pe fà er fanatico romano;però de fronte a ’sto campà d’inediamejo morì co’ la forchetta in mano!

Magnà e dormì

So’ du’ vizietti, me diceva nonno,che mai nessuno te li pò levà,perché so’ necessari pe’ campàsin dar momento che venimo ar monno.

Er primo vizio provoca er seconno:er sonno mette fame e fa magnà,doppo magnato t’aripija sonno,poi t’arzi, magni e torni a riposà.

Insomma, la magnata e la dormita,massimamente in una certa età,so’ l’uniche du’ gioje de la vita.

La sola differenza è questa qui:che pure si ciài sonno pòi magnà,ma si ciài fame mica poi dormì.

Due sonetti di Aldo Fabrizi(recitati nello spettacolo di Ronanostra al teatro di Spinaceto)

Pagina 2 RUGANTINO Martedì 26 gennaio 2010

La sora Inese era un’anziana donnetta coun carattere simile a quello de un agnello,data la dorcezza che aveva dimostrato inogni occasione. Sempre pronta a spenne laparola giusta ar momento giusto, ossiaammalappena quarchiduno ciavesse bisognode conforto. Faceva eccezione a tale compor-tamento solo quanno se doveva confrontà coSpartaco, er de lei, purtroppo, conzorte, erquale, ar contrario de la moje, ciaveva uncaratteraccio; ner senzo che nun spennevamai gnente pe nisuno, ar punto che parecchivicini se credeveno che fosse addiritturamuto. Er giorno de cui devo riccontà lacroneca, invece, pareva che je se fusse sciortaimprovisamente ‘na favella da avvocato. Maforzi è mejo che inizzio dar principio. Era ‘nagiornata de quelle che a Roma fanno vede lisorci verdi a chi cià er coraggio de sortì inmaghina. Pioveva da ventiquattr ’ora eSpartaco ciaveva avuto quer coraggio decuiparlavo. Ma quanno rientrò a casa se vedevalontano un chilometro che quarche cosa j’eraannata pe storto. Mostrava un grugno piùnero de li nuvoloni che spasseggiaveno surcelo de la città. E puro si er grugno nun fussestato abbastanza significativo (ammazza, so’partito a la Manzoni) lo diceva chiaramentela sfirza de littanie che barbottava, co riferi-mento evidente a parecchi santi saliti in gro-lia a la pace eterna, ma soprattutto a lidefunti ignoti, corpevoli solamente de nunesse più vivi pe abbottaje la faccia de cazzot-toni.– Li mortacci loro! Tu guarda si che ha dasuccede a un poro disgrazziato che nun sepò permette nimmanco de annassene in giroquanno piove. Che cazzo de città è ‘sta città!–Inzomma cose de tar genere.– Sì, ma io mica so’ come ‘sta massa depecoroni! Io je scrivo subbito e je faccio arim-pone la carica! Je la manno pe traverzo!Tanto che dovrà rassegnà le propie dimis-sione! –Inese, che conosceva la bestia, nu’ je detteimportanza. Sapeva che prima o dopposarebbe stato lui a riccontaje tutto. E aspettò.Doppo un’oretta defatti:

– Ineseeee! Ineseeee!– Che c’è, amore mio?– Senti, nu’ me chiamà amore mio che mefai incazzà deppiù de quello che già so’!– Vabbè, che c’è Spartacù?– Ah, ma allora me lo fai apposta? Me chi-amo Spartaco? Sì? Allora chiameme Spartacoe falla fenita co tutti ‘sti diminutivi der cazzoche nun me piaceveno nimmanco quannoeravamo fidanzati. Figurete mo che so’ quar-ant’anni che te sopporto.– Sapessi quanto me pesa puro a me.Chiedevo tanto pe sapé si posso fà quarchecosa.– Sì, quarche cosa la pòi fà. Mettete a sede,statte zitta e senti si va bene ‘sta lettera.– Che lettera?– Quella che ho scritto ar sinnico.– Daje! La tua è ‘na mania. Lo capischi o noche er sinnico cià cose più importanti da fà enun pò perde tempo appresso a le stronzatetue?– È propio questo er punto! J’ho scritto sitra le cose che cià da fà ce mette puro quelleche je dico io, così scanzamo la possibbilitàche me succeda un’antra vorta quello chem’è successo oggi.– Ma perché, che t’è successo?– Ho spaccato du’ gomme de la maghina.– E che je frega ar sinnico de le gomme tue?– Je deve fregà pe forza in quantoché hochiesto rimborzo der danno subbìto acausa... de la pioggia. Ce stava ‘na poz-zanghera, io passavo, ma la pozzanghera erain reartà un pozzo profonno mezzo metro...Inzomma, senti che j’ho scritto.– Famme sentì. Daje, leggi.– E aspetta, me devo da mette l’occhiali,sinnò nun ce vedo nimmanco a biastimà.– Mbè, lì magara t’aranci abbastanza bene,visto che finora nun hai fatto antro.– Io nimmanco t’arisponno. Allora senti:

Ar sinnico Alemanno

Sor sinnico, scusate si aripricoun discorzetto fatto tante vorte.Io nun so’ avvezzo a chiacchierà pe sporte,spece si sto a discore co un amico.

V’ho dato er voto e questo ve lo dicoperché pe raddrizzà le cose storte,qui a Roma, era richiesto un omo forte,ma voi parete moscio come un fico.

Trovà ’na strada sana è ‘na chimeraperché ce stanno, a dilla francamente,più buci de ’na forma de groviera,

che poi nun so’ bucetti, so’ bucioni!e si nun l’atturate prontamentefenimo per rimpiagnese Vertroni.

Che dichi, pò annà?– Potrebbe, ma ce sta un piccolissimo parti-colare.– Sarebbe?– Sarebbe che Alemanno ‘sta lettera nu’ laleggerà mai.– La leggerà, la leggerà.– Si lo dichi tu!– Ahò, macché ciai intenzione de portàjella?– Eh, si ciavessi ‘sto potere da mo che mesarebbe libberata de te. –E questa fu l’unica occasione in cui Ineseodiò co tutt’er core la dorce metà.

Aristide Bruni

Li stornelli de la settimanaER VENERDI’

In tanti qui aspettamo e venerdì,la montagna già ce chiama co l’amichi.È l’ora d’ammollà pensieri quip’annà a giocà senza che t’affatichi.L’aria fresca farà bene,ma in città chi ciarivene?È chiaro e tonno:ciò voja de scià finché nun sfonno!

HAITI

Er teremoto ha sfranto ’na nazzione,se fa er bilancio triste de li morti;è disperata quela situazzioneco la gente che nun cià più conforti.Ma l’Uropa ha destinatotanti sordi a quelo Stato.Strigni li denti!L’aiuti so’ partiti tanto urgenti.Canta Tito Tazio

Io nu’ me presto più, visto l’andazzo,a sostené ’sta serta de marpioni;sarà che me so’ rotto li cojonide tutti li giochetti de palazzo:

tante promesse e nun s’ariva a un cazzo,tante speranze e solo delusioni,ner mentre noi, che stamo zitti e boni,compramo le stronzate a tant’ar mazzo.

Presempio mo ce so’ le reggionalie, p’allaccià ’no straccio d’alleanza,se fionneno a cercasse come squali.

Dice: – T’atturi er naso! – Eh, co ’ste sorte,Ignazzio mio, de manichi de panza,che vòi atturà? La puzza è troppo forte!

Er Berzajere

Martedì 26 gennaio 2010 RUGANTINO Pagina 3

Er lupo strascinava ’na pecora rubbata,

ma incontra el leone che je se l’è fregata.

A distanza fa er lupo: – Che giustizzia dich’io!

Te porti a forza via quelo che era mio. –

Ma ridenno el leone: – Defatti, perché, dico,

co giustizzia l’avevi avuta da ’n amico! –

MORALE

Li propotenti e ladri se incorpano tra loro,

quanno fanno questione su ’no sporco lavoro.

Favola 227

ER LUPO E EL LEONE

Autori classici latini e greciEsopo tradotto in romanescoda Carpaggio (disegno di Pericle Filipponi)

E so po, l’in ven to re del la fa vo la, fio rì in tor no al VI se co lo a van ti Cri sto. Le sue fa vo le (ol tre quat tro cen to) ciso no giun te at tra ver so com pi la zio ni di e tà bi zan ti na. Il ge ne re let te ra rio da lui in ven ta to è sta to ri pre so dava ri au to ri, tra cui Jean de La Fon tai ne (1621-1695). Il no stro Tri lus sa (Car lo Al ber to Sa lu stri, 1873-1950)ha ri mo der na to la fa vo la con clu den do la con u na mo ra le tut ta sua che si di stac ca da quel la tra di zio na le.

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Ventisei è moneta, ossia varsente,e chi ce l’ha ce gode e se consola,da sì che monno è monno è strapotentee, in genere, te mette sempre gola!...

È ’n traffico che s’usa tra la gentee moneta vordì ’na gran parola;pe’ questa se diventa: delinquente,brigante o ladro fino, d’arta scòla!...

Er su’ valore è mille oppuro un sordoe er poveraccio che se trova a dietasarà, de ’sta moneta, sempre ingordo!

Fa perde addirittura la capocciae, a dilla francamente, la monetasta dapertutto meno che in saccoccia!...

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È la data d’un giorno soprumanoche aspetta co’ impazzienza l’impiegatoe ce paga, co’ tutto ch’è arabbiato,li buffi fatti drento ar mese sano!

È un nummero abbastanza smentuvatoperché, de lui, se parla qui e lontano,ma spece, poi, dar popolo romano,che l’ha, cor ventisette, battezzato!...

Lo giochi a solo oppuro in compagnia;co’ l’ottanta fai ’n ambo e, sarvognuno,cor ventitré fai ’n terno sciccheria!

Sta sempre in bocca a tutti e, ’nce se crede,si vai pe’ nominallo a quarchidunote senti dì: – ’Mbè, mettetece a sede!...

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’Sto nummero, presempio, a ditte er vero,nun m’ha attirato gnente simpatia,è gesuita, farso, boja, spia...e, in concrusione, abbasta a dì ch’è nero!...

’Na vorta, ar tempo quanno ch’io nun c’ero,era potente e pieno d’arbaggia,capace de quarsiasi bojeriaa chi diceva franco er su’ pensiero!

Fa lega puro co’ la confessione,ma, cor progresso tanto strapotente,se confessa sortanto er miccaccione!...

Perché, oramai, la magna e santa pacchiaj’è finita e je resta solamentel’unico soprannome de... cornacchia!

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’Sto nummero sarebbe lo strozzinoe significa er tale, o que’ la tale,che co’ troppo o co’ poco dio quatrinose so’ formati quarche capitale!...

S’in caso piji cento, è naturaleche, er cento, te lo cresce un ber tantinoe si ar pagà nu’ resti puntüaleciaggionta e’ resto, te ne vai vicino!

Se chiama strozzo e, ar pruccivile, usura,ma è raro si rieschi, a ’n usuraro,de daje quarche bòna impiommatura!...

Che dichi, Nì?... Nu’ resti persuasa?...Pe’ me sarebbe un terno paro paro,come de buggiarà er padron de casa!...

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Er trenta è propiamente que’ l’insettoche fa ribbrezzo a tutte le perzone,ch’è nero, poi, più peggio der carbonee lega co’ quarsiasi animaletto!...

Ar bagarozzo – vorgarmente detto –nun c’è da stacce a fà ’na descrizzione;abbasta a dì ch’è tanto mai zozzoneda fatte schifo più der verminetto!...

Ar pruccivile, ’st’animale quise chiama scarafaggio e ’sto ber cosose ficca dapertutto, ’nc’è che dì!...

Poi ritrovallo in tutto er monno sano;però ’st’insetto nero e assai schifosocià er covo grosso drento ar Vaticano!...

Libbrode li sogni

(sesta parte)

di Giuseppe De Angelis

VOCE ROMANARIVISTA BIMESTRALE DI CULTURA, POESIA, DIALETTO, ARTE E TRADIZIONI POPOLARI

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Pagina 4 RUGANTINO Martedì 26 gennaio 2010

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Registrazione al tribunale di Roma n. 18082 del 12 aprile 1980

La collaborazione di norma non è retribuita. Il materiale

inviato non si restituisce.

Stavorta li poveti romaneschivanno cercanno casa dapertutto;li vedi decramà felici e freschiversi salati più de ’gni prociutto.

Fatte un giretto e subito li peschia magnà pasta e beve vino asciutto;spece sti tempi qui carnacialeschije fanno effetto bello, gnente brutto.

Tra ’n’accademia e un centro nominatoogni momento è sempre tanto bònope dà sollazzo e gusto ar letterato.

È propio un genio, sì, fenomenale;manco je serve dasse un po’ de tono.Pe lui e pe l’antri è sempre carnovale.

Cosimo der Quadraro

Poeti gradiatori: botta e risposta

Poveti a lo sbarajo

– Vienghino a vedé, egreggi cittadini,e certo aresteranno soddisfatti;qui nun ci suono chiacchiere ma fatti,chi acquista spende bene i suoi quattrini.

Lo possono addoprare anche i bambini,salda cristalli, porcellane e piatti,passapertù, cornici pe’ ritratti,pippe di schiuma e articoli più fini.

Si quarchiduno avessi quarche oggetto,io je lo sardo gratise pe’ prova. –Uno se fece avanti co’ rispetto,

cacciò ’na carta e disse tale e quale:– Vedêmo si ’sto mastice ce giova?Provete un po’ a sardamme ’sta cambiale!

Si ogni sospiro ch’esce da sto pettopijasse forma e diventasse un fiore,co’ tanti fiori fatti da sto còresto vicolo sarebbe un giardinetto.

Si ogni sospiro diventasse un gettode note che vibbrassero sonore,la sinfonia più bella dll’amorerisonerebbe in tutto er vicoletto.

Sta vita, a mollichella a mollichella,se stempera nell’aria che respiri,che si un sospiro mio fusse una stella

sto vicolo sarebbe un firmamento.Ma li sospiri resteno sospirie li sospiri vanno via cor vento!

ROMANITA’Rivista fondata nel 1947 da Oberdan Petrini

e pubblicata da Mirella MiliaccaVia Stefano Oberto, 59 - 00100 Roma - Tel. 06 7213009

Sito web: www.romanita.org

Si ce scrivi e ce pij gusto - tu pe’ noi sei quello giusto

NERONEMensile dell’associazione Roma Rimane Roma

Via Vignale, 7/b - Tel. 06 6247344 - Fax 06 61529154S’impara più cor fà che cor dì!...

... e sul nostro sito web: www.romanesco.it

Er mestiere der ciarlatanodi Cleto GAbriele Ferrari

Sospiridi Roberto Ortenzi

Quadri

– Te piace ’sta pittura ottocentesca?Dame e marchesi in posa naturale! –Me dice er pupo, co ’na faccia fresca:– Puro a quer tempo, c’era er carnevale?

Ufo

S’avverteno presenze misterioseche sfrecciano ner celo? So’ li «ufo»!So’ anni che se dicheno ’ste cose,ma sarà vero? Io so’ arquanto stufode stà a guardà lassù tra tanti spazzipe’ vede si viè un’«ufa» e me sollazzi!

Nello Governatori