Due poetesse del Cinquecento: Vittoria Colonna e Veronica Franco

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Due poetesse del Cinquecento: Vittoria Colonna e Veronica Franco A cura di Debora T. e Sara T. - 2003 1

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Due poetesse del Cinquecento: Vittoria Colonna e Veronica Franco A cura di Debora T. e Sara T. - 2003. 1. Vittoria Colonna e Veronica Franco. 2. Vittoria Colonna:. Biografia. - PowerPoint PPT Presentation

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Due poetesse del Cinquecento:

Vittoria Colonna e Veronica Franco

A cura di Debora T. e Sara T. - 2003

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Vittoria Colonna e

Veronica Franco

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Vittoria Colonna:

Biografia

Nacque nel 1490 e fu promessa a Francesco d’Avalos, marchese di Pescara, per ragioni di convenienza politica. Tra i due sorse un amore fortissimo. Vittoria rimane nella storia per la sua virtù e per la sua bellezza. Alla morte del marito, nel 1525, soffrì a tal punto da ritirarsi in convento a scrivere poesie. È dall’infelicità della perdita del suo amato, che scaturiscono i suoi versi. Passò il resto della sua vita cercando conforto nella fede in Dio; morì a Roma nel 1547. È ricordata per le sue raccolte di versi e per il suo comportamento esemplare in un momento storico, il Rinascimento italiano, dominato da lotte per il potere e tradimenti.

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Vittoria Colonna e Michelangelo

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Vittoria Colonna, negli anni trenta, era a Roma ed è in quel

tempo che entra in relazione con Michelangelo Buonarotti.

Vittoria aveva anche altre amicizie con persone note come

per esempio il Bembo, ma quella con Michelangelo era la più

importante. La loro relazione era molto spirituale e la

corrispondenza cha avevano era molto intensa; le poesie che

scrivevano erano molto spesso dedicate l’uno all’altro.

Vittoria

strinse con lui una forte e duratura amicizia; una prova è il

fatto che, il 5 febbraio del 1547, quando Vittoria morì,

Michelangelo era accanto al suo letto.

. Così

finiva una delle amicizie più famose del ’500.

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Le sue rime

L’opera più importante di Vittoria Colonna è il suo “Canzoniere”,

composto da quasi 350 sonetti. Le “Rime”, pubblicate nel 1544, hanno il

chiaro intento di magnificare l’eroica figura del marito; sono ispirate da

riflessioni religiose e morali che rispecchiano internamente, anche nello

stile, la sua virtuosità e rigorosità. In questo “Canzoniere” troviamo due

grandi temi della poesia cinquecentesca: l’amore e la religione. Le rime di

Vittoria Colonna sono dunque composte da 2 parti, armoniosamente

legate fra loro:

Poesia Amorosa

Poesia Religiosa

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Poesia Amorosa

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Scrivo sol per sfogar l'interna doglia, di che si pasce il cor, ch'altro non vole, e non per giunger lume al mio bel sole, che lasciò in terra sì onorata spoglia.

Giusta cagione a lamentar m'invoglia: ch'io scemi la sua gloria assai mi dole; per altra penna e più saggie parole verrà chi a morte il suo gran nome toglia.

La pura fè, l'ardor, l'intensa pena mi scusi appo ciascun, grave cotanto che nè ragion nè tempo mai I'affrena

Amaro lagrimar, non dolce canto, foschi sospiri e non voce serena, di stil no, ma di duol mi danno il vanto.

Questa parte comporta soprattutto dei compianti per il defunto marito. L’autrice sottolinea il valore terapeutico della poesia: le prime rime hanno un tono grave per il dolore della morte dell’amato, ma col passare del tempo esso si placa e il tema diventa la lode del defunto e delle sue virtù. Un esempio:

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Poesia Religiosa

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La sua poesia amorosa ha preso una svolta definitiva verso la poesia religiosa intorno agli anni ’40. In essa Vittoria Colonna ha deciso di trascendere ogni residuo di passione umana a favore di un amore esclusivo per il Salvatore. Un esempio:

Poi che 'l mio casto amor gran tempo tenne l' alma di fama accesa, ed ella un angue in sen nudrio, per cui dolente or langue volta al Signor, onde il rimedio venne,

i santi chiodi omai sieno mie penne, e puro inchiostro il prezïoso sangue, vergata carta il sacro corpo exangue, si ch'io scriva per me quel ch'Ei sostenne.

Chiamar qui non conviene Parnaso o Delo Ch'ad altra acqua s'aspira, ad altro monte si poggia, u'piede uman per sé non sale;

quel Sol ch'alluma gli elementi e'l Cielo prego, ch'aprendo il Suo lucido fonte mi porga umor a la gran sete equale.

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Veronica Franco:

Biografia

Veronica Franco ha a lungo catturato l’immaginazione come un simbolo femminile della sensualità, dell’eleganza, della bellezza e dell’indipendenza. Nacque a Venezia nel 1546 e vi morì nel 1591. Fu cortigiana come la madre e grande poetessa. Nel 1580 fu imprigionata e subì un processo da parte dell’Inquisizione, ma venne prosciolta grazie alla sua brillante autodifesa in dialetto veneto. Se oggi è possibile leggere i suoi versi è grazie soprattutto a Domenico Venier. Tra i due vi fu infatti una fitta corrispondenza che venne pubblicata nel 1580 in un epistolario.

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Le sue rime

Marco Venier, contribuì decisamente all’affermazione letteraria della

cortigiana. La sua celebrità giunse al culmine nel 1574, quando il re Enrico

III di Francia volle trascorrere una notte d'amore con lei, che, come atto dì

gratitudine, gli indirizzò una lettera con due sonetti. Sempre nel 1575 riunì

diciotto capitoli da lei composti nel volume delle Terze rime dedicato a

Guglielmo Gonzaga duca di Mantova. Ne1 1580 compose le cinquanta

Lettere familiari a diversi, indirizzate al cardinale di Ferrara. Con la Franco

la poesia italiana del Cinquecento pervenne ad acquisire il gusto di un

realismo erotico capace di riscrivere e di rinnovare i canoni del petrarchismo

bembiano. Quattro sono i capitoli fondamentali:

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S'esser del vostro amor potessi certa -

Questa la tua fedel Franca ti scrive -

D'ardito cavalier non è prodezza -

Quel che ascoso nel cor tenni gran tempo

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S'esser del vostro amor potessi certa

In questo primo capitolo, Veronica non rinuncia ad accentuare le prerogative del mestiere esercitato, usando una tecnica che esalta, in modo intrigante e con straordinaria immediatezza, le qualità amatorie possedute. Un breve tratto:

S'esser del vostro amor potessi certa

per quel che mostran le parole e 'l volto,

che spesso tengon varia alma coperta;

se quel che tien la mente in se raccolto

mostrasson le vestigie esterne in guisa

ch'altri non fosse spesso in frode còlto,

quella tema da me fora divisa,

di cui quando perciò m'assicurassi,

semplice e sciocca, ne sarei derisa:

«a un luogo stesso per molte vie vassi»,

dice il proverbio; ne sicuro è punto

rivolger dietro a l'apparenzie i passi.

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Questa la tua fedel Franca ti scrive

In questo secondo capitolo, Veronica tratta il sospiroso motivo della lontananza dall'amante che si sottrae agli effetti più prevedibili sortiti dal ricongiungimento col partner. Un breve tratto:

Questa la tua fedel Franca ti scrive,

dolce, gentil, suo valoroso amante;

la qual, lunge da te, misera vive.

Non così tosto, oimè, volsi le piante

da la donzella d'Adria, ove 'l mio core

abita, ch'io mutai voglia e sembiante:

perduto de la vita ogni vigore,

pallida e lagrimosa ne l'aspetto,

mi fei grave soggiorno di dolore;

e, di languir lo spirito costretto,

de lo sparger gravosi afflitti lai,

e del pianger sol trassi alto diletto.

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Fine