Ducato n.4 - 4 marzo 2016

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  • 8/20/2019 Ducato n.4 - 4 marzo 2016

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    Periodico dell’Istitutoper la formazione al giornalismo di Urbino

    Notiziario

    GESTI DI AMOROSI SENSI...

    segue a pagina 8 

    e un capoufficio tocca il sedere alle impiegate non è reato.Quindi deve essere assolto. Sembra assurdo ma è così. Enon lo ha stabilito un Tribunale dell’Arabia Saudita, maquello di Palermo. E sapete qual è la motivazione? L’im-maturità dell’imputato. Si proprio così: “immaturo”. Soloche l’imputato in questo processo non era un giovane invena di goliardate, ma un uomo temprato dalla vita, 65anni, con un importante incarico di responsabilità: dirigel’Ufficio delle tasse, gran brutto mestiere dagli effetti alie-nanti. E allora per rilassarsi un po’, niente di meglio chepalpeggiare le impiegate. Le toccava per sgranchirsi lenocche arrugginite dagli estenuanti accertamenti fiscali.

     Ancora più sconcertanti sono le motivazioni. Il giudiceestensore ha scritto che “nel comportamento del direttorenon è ravvisabile alcun fine di concupiscenza o di soddi-sfazione dell’impulso sessuale” . Capito? Per scaricare latensione del lavoro, invece di strizzare la pallina antistress,toccava il fondoschiena e le tette delle impiegate. Chesarà mai! Solo un gesto di amorosi sensi. E così lo hannointerpretato i giudici che hanno spiegato le ragioni della

    loro decisione: “Non si può parlare di atto sessuale perchèla mano del capoufficio non si è soffermata sui glutei del-l’impiegata”. E qui viene il bello. Chi ha cronometrato ladurata del palpeggiamento? E quando deve sostare lamano sul sedere di una donna per configurarsi il reato diabuso sessuale? E’ certo che le impiegate non hanno ap-prezzato gli amorevoli gesti del direttore. Invece di prestarsiallo scherzo e magari agevolare lo stretching antistress delcapo sbottonando la camicetta, si sono rivolte a un avvocatoe hanno denunciato il giocherellone.

    La sentenza dà atto dell’avvenuto palpeggiamento, maha definito quei gesti “privi di connotato sessuale”, nelsenso cioè che lo fece per gioco e senza trarne piacere.Resta il comportamento prevaricatore di un direttore neiconfronti delle impiegate, ma andremmo oltre il codicepenale.

    La prima considerazione che chiunque farebbe su unadecisione del genere è che ci troviamo di fronte a una sen-tenza maschilista. Ma leggendo bene le cronache scopriamoche a scrivere quella sentenza è stato un giudice donna…

    S

    Quindicinale - Anno 26 - Numero 4

    “Una risonanza al cervello?Si presenti tra 399 giorni”

    ilDucato

    Viaggio virtuale nella sanità, dove per un esame salvavita o un banale controllo si possono aspettare fino a due anni. Anche per questa ragione, nel 2015, un marchigiano su dieci ha rinunciatoalle cure o è stato costretto a rivolgersi al privato. Spendendo anche il doppio rispetto al ticket 

    4 marzo 2016

    a pagina 2 e 3 

    Fermignano

    Le storie di chi lavorava

    nel polo industriale

    Architettura

    La città di De Carlo

    e quel sodalizio con Bo

    Il ricordo

    Ciao Mario Mariotti

    custodediCasaRaffaello

    ilducato.it

    Sul sito servizi, notizie

    e approfondimenti

    Vandalismo

    Graffiti in centroLa pulizia dopola fine delle indagini

    I graffiti che macchiano ilcentro saranno cancellati solo aindagini concluse. Lo hadichiarato il Comune checomunque sta creando ungruppo guidato dall’architetto Alessandrini, responsabiledell’ufficio Decoro e Igieneurbana, che si occuperà dellapulizia. Intanto alla sinagoga, i

    restauratori hanno cancellatogratis le scritte.

    Processo Vichi

    Imputato al giudice

    “Auto impazzita”“La macchina era impazzita,non sono riuscito a evitarel’impatto”. Sono le parole delpensionato di Fossombroneaccusato di omicidio colposoper la morte di Giulia Vichi, labambina di quattro annitravolta da un Suv nel 2013 aPetriano. Il giudice AndreaPierasantelli ha convocato laprossima udienza per il 19aprile, per proseguire l’ascoltodei testimoni.

    Università

    Tesserino magneticoal posto del librettoL’università Carlo Bo, dalprossimo anno, dirà addio allibretto universitario cartaceo. Al suo posto ecco in arrivo iltesserino magnetico. L’idea èquella di seguire l’esempio di

    altri atenei in cui questo badgefunziona anche come cartaprepagata e tessera dellabiblioteca.

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    ilDucato2 L’inchiesta

    Trecentonovantanovegiorni. Più di unanno. Tanto bisognaaspettare per sotto-

    porsi a un’analisi delicata e

    importante, di quelle chepossono salvare una vita: larisonanza magnetica al cer-vello.

    È da questo primo dato,frutto di una telefonata alCentro di prenotazioni unicoregionale, il Cup, che partequesta inchiesta. Un viaggiovirtuale nella sanità di Urbinoper capire quanto tempo civuole per curarsi e per pre-venire. Un viaggio che riservamolte sorprese e una con-clusione amara: se si vuolesapere subito se si è malatio no, meglio andare altroveo pagare.

    “C’è posto nel 2018”. All’800 098 798, il numeroverde del Cup, rispondonosubito. Una voce registratae una musica jazz tiene inlinea per almeno venti mi-nuti. Solo allora si riesce aparlare con un operatore.Così si scopre che a Urbino,per una visita ginecologica,si devono aspettare più disettecentocinquanta giorni.Sono così tanti che è troppopresto per prenotare il con-trollo, perché, spiega l’ope-ratore, non c’è ancora un ca-lendario disponibile. È me-

    glio spostarsi e andare in unospedale vicino: a Pesaro, a40 chilometri, c’è posto, mabisogna avere pazienza e at-tendere novantuno giorni.Con 45 chilometri si arriva aFano, dove finalmente si ot-tiene la visita in una setti-mana. Liste d’attesa più cor-te? No, qualcuno ha disdettol’appuntamento, quindi èmeglio affrettarsi perché ilposto lasciato libero potrebbeprenotarlo qualcun altro.

    “Serve l’urgenza”. Per su-perare l’ostacolo delle lungheliste d’attesa, è meglio chie-

    dere al medico di base unaricetta urgente per fare l’esa-me. Un escamotage, ma an-che un consiglio. È un ope-ratore del Cup a indicarlo

    Per esami o visite a Pesaro, Fano o Urbinol’attesa è lunghissima Chi può permetterselo prenota un controllo a pagamento Chi non può inveceha tre possibilità: chiedere al medico una ricetta urgenteaspettare i tempi previsti o rinunciare alla propria salute 

    come il modo più efficaceper fare una colonscopia intempi brevi. A Urbino, senzapriorità, sono quattrocento-ventisette i giorni che tra-scorrono tra la chiamata el’appuntamento. In questocaso, anche spostandosi, non

    si ottiene nulla: negli altridue ospedali principali dellaprovincia si aspettano più disettecentocinquanta giorni.Un tempo inaccettabile perun esame fondamentale perprevenire gravi malattie,come il tumore al colon.

    “Le passo il privato?”. Inalcuni casi anche un giornoin più di attesa può fare ladifferenza. Quando si devefare una visita delicata si per-de la serenità e la paura cre-sce. e se si parla di cervello ecuore, per esempio, il temponon sembra passare mai. All’ospedale della città ducalesi attendono trecentonovantagiorni per una visita cardio-logica. Una data che non sipuò nemmeno segnare nelcalendario appeso in cucina. Allora si cerca di prendereappuntamento in un ospe-dale vicino, ma anche in que-sto caso si ricevono rispostesconcertanti. Trecentoses-santa giorni per Pesaro, tren-ta in meno per Fano. Se lapreoccupazione per i risultatidella visita è tanta, però, sivuole fare in fretta. Capitache siano gli stessi operatoridel Cup a consigliare di pren-

    dere un’altra via, quella dellavisita privata. Se si decide diseguire il loro consiglio, siattende in linea e dopo unminuto al massimo rispondeun altro call center che pre-nota i controlli in pochi gior-ni. A farli sono gli stessi me-dici del servizio sanitario na-zionale che fanno anche at-tività da privati dentro gliambulatori degli ospedali.

    “Quanto costa?”. Una set-timana e 120 euro sono lasoluzione per un controlloapprofondito al cuore. Unacifra pari a due volte il ticket

    che si pagherebbe al serviziosanitario nazionale. La visitacardiologica, però, non è lapiù costosa. A Urbino unadonna che vuole andare dal

    46giorni l’  ttes mediper una visita ginecologicanel Centro Italia

    30giorni è il tempo m ssimodi attesa per una visita

    raccomandato dalla legge

    Ospedali, liste d’attesa infinitePagare o rinunciare alle cure

    ginecologo può farlo in una

    settimana, con 160 euro. Sele liste d’attesa non fosserocosì lunghe potrebbe sotto-porsi allo stesso controllospendendo 20 euro, otto voltemeno. Per una colonscopiane servono 190, ma si ha lagaranzia di sottoporsi all’esa-me in quattro giorni. Circa ildoppio rispetto a quanto co-sterebbe l’esame rivolgendosialla sanità pubblica. Quelloche lascia davvero senza pa-role è scoprire che a Pesarobasta una settimana per fareuna risonanza al cervello. Alprezzo di 344,19 euro, un ter-

    zo dello stipendio di un ope-raio e 100 euro in più rispettoal ticket. Per curarsi i cittadinisono chiamati a metteremano sempre più al proprio

    portafogli, ma non tutti pos-

    sono permetterselo.“Servono limiti”. La solu-

    zione è abbattere i lunghitempi di attesa. L’associazio-ne Onlus, Cittadinanzattiva-chiede il blocco immediatodell’attività libero-professio-nale quando supera quellaeffettuata in reparto e se, peruna visita con il servizio sa-nitario nazionale, si sforanoi tempi di attesa massimiprevisti dalla legge. Inoltrechiede di effettuare visite an-che di sabato e domenica.“Serve una regolamentazioneunica per i medici che eser-

    citano attività libero-profes-sionale nelle strutture ospe-daliere” dice Monia Mancini,segretario regionale dell’as-sociazione.

      LUCIAGABANI

    MARTINANASSO

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    ilDucato3

    La novità

    Prescrizioni online

    Addio ricetta rossa

    La vecchia ricetta di cartasparisce. Dal primo marzo èentrata in vigore la nuovaricetta elettronica, valida per leprescrizioni di farmaci su tuttoil territorio nazionale. Questosignifica che i medicinali

    possono essere ritirati anchefuori dalla regione diresidenza. Il proprio medico dibase, per effettuare unaprescrizione, si connette dalproprio computer a unapposito portale. La ricetta sicompila direttamente onlineed è identica a quella cartacea,un Nre (Numero ricettaelettronica) è associato alcodice fiscale del paziente edeventuali esenzioni sonoaggiunte in automatico dalsistema. Anche il farmacistaaccede allo stesso portale per

    visualizzare l’impegnativa. Peril completo abbandono dellacarta, però, bisogneràaspettare. Per ora il dottoreconsegnerà al suo assistito uncedolino bianco, unpromemoria da consegnare infarmacia nel caso di problemial sistema informatico o inassenza di connessione ainternet. Nei prossimi mesi ilmeccanismo sarà estesoanche alle prescrizioni diesami e visite specialistiche,visto che la ricetta elettronicasarà accettata anche da

    cliniche, ambulatori eospedali. Tra i vantaggi dellanuova procedura, il risparmiosulla stampa e sulladistribuzione dei vecchiblocchetti di ricette e ilcontrollo sulla falsificazione.“Dietro gli aspetti positivi delladematerializzazione si cela unrovescio della medaglia” -spiega in una nota GiacomoMilillo, segretario nazionaledella Federazione dei medicidi famiglia (Fimmg)- qualcunoha confuso gli studi medici conquelli dei Caf, vista la mole di

    dati anagrafici, codici diesenzione dai ticket, adessoanche quelli di erogabilità eappropriatezza e quant’altrodovremo verificare”.

    “Non mi curo più”. Nell’ultimo anno un marchigiano su dieci ha

    rinunciato alle cure (10,5%). Peggio solo Campania (14,1%) e

    Puglia (12,5%). La media nazionale è più bassa (7,2%). Lo

    dimostrano i dati raccolti in regione dai tribunali dei diritti dei

    malato della onlus Cittadinanzattiva. I costi delle visite mediche a

     pagamento e le lunghe liste d’attesa sono i principali motivi per

    cui i marchigiani rinuncino alle cure.

    Secondo l’ultimo rapporto di Agenas (Agenzia Nazionale per i

    Servizi Sanitari Regionali) la sanità marchigiana merita la maglia

    nera per la trasparenza. Per legge le aziende ospedaliere

    devono dedicare una pagina del loro sito per informare i

     pazienti sui tempi d’attesa. Una possibilità negata a gran parte

    dei marchigiani che, anche per una semplice informazione,

    devono attaccarsi al telefono e aspettare che qualcuno dal

    centralino risponda. Nel 2005 il ministero della Salute ha stabilitodei tempi massimi di attesa: trenta giorni per le visite

    specialistiche, sessanta per gli esami diagnostici. Solo un quarto

    delle aziende sanitarie delle Marche rispetta la legge e pubblica

    le liste d’attesa. “Sono clienti, così li dobbiamo chiamare”, dice

     Alberto Ruggeri, responsabile della libera professione

    dell’ospedale, ed è così che vengono trattate le persone malate.

    Devono mettersi in fila e aspettare il proprio turno, ma non chi ha

    i soldi perché passa avanti percorrendo la via preferenziale e

    così incontrare un dottore in meno di una settimana.

    Stesso posto, stesso medico, stessa visita, l’unica cosa che

    cambiano sono il prezzo e i giorni che dividono la prenotazione

    dalla visita. I medici interni all’ospedale di Urbino visitano in

    intramoenia,. Significa che usano le strutture dell’ospedale per

     vedere i pazienti ma il costo della visita è quello di un libero

     professionista. “I medici devono dare la priorità alle visite

    ospedaliere” spiega Ruggeri .“La legge prevede un limite del

    50%, qui siamo sotto il 30” aggiunge.

    L’attività intramoenia non è una fonte di guadagno rilevante per

    l’azienda ospedaliera. Dei 100 euro pagati dal cliente per una visita, 70 sono il compenso del medico, deg li altri 30 l’ospedale

    ne incassa tra il 15 e i 20 mettendo a disposizione del

     professionista infermieri, macchinari e strumenti della sanità

     pubblica.

    “Clienti in attesa di cure”

    20160 10%euro il costo del ticketnelle Marcheper una visita ginecologica nel pubblicoeuro il costo di una visitginecologica intramoenia la percentu le di marchigiani cheha rinunciato alle cure nel 2015

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    ilDucato4   Fermignano

    FORNACE CALPINO

    L’industria tra passato e presenteLe quattro aziende storichedella“piccolaMilano”delleMarche

    La fornace accese il suo fuoco nel1885 e continuò ad ardere per 100anni. Dopo la Seconda guerra mon-diale, al suo apice, dava lavoro a piùdi 50 operai e per un lungo periodo èstata una delle realtà più innovativedel territorio. Ad esempio si usava ilmetodo Falasconi, che prende il nomedal suo inventore Luigi e che consistevanel muovere continuamente i mattonidurante la cottura risparmiando sul

    carbone.Elso Paradisi, nato nel 1926, ha la-

    vorato per 22 anni nella fornace diCalpino, da quando ne aveva 36. Ilsuo compito era impacchettare i lateriziper la spedizione. “Con il padrone la

    giornata non era mai persa – racconta- anche quando c’era poco lavoro. Lostipendio era abbastanza buono: ioprendevo 50mila lire al mese. Avevamodelle attrezzature all’avanguardia quan-do molte delle fornaci del territorioancora utilizzavano le carriole in legno”.Il lavoro era duro con temperature al-tissime che bruciavano le mani e ivolti.

    La vita all’interno della fornace avevaanche qualche comfort: “Tutti avevamouna fiaschetta con cui andavamo aprendere il vino. Il padrone, per evitareche uscissimo dalla fornace, avevaportato le damigiane al suo interno. Alcune volte qualcuno ha anche bevutoun po’ troppo. Si lavorava tanto, mac’era sempre una grande allegria”.

    La materia prima veniva estratta daiterreni vicini, Cà Spacciolo e Calpino,

    e i laterizi venivano venduti non solonelle Marche, ma anche a Ferrara, Ra-venna, Bologna e Forlì. Oggi, della for-nace, non rimane altro che un capan-none cadente in un campo circondatoda una ringhiera arrugginita.

    Terra infuocata e mattoni“Tanto lavoro, sempre allegri”

    LANIFICIO CAROTTI

    La storia del Lanificio Carotti, la pri-ma grande realtà produttiva del terri-torio, comincia nel 1914 quando Au-gusto Carotti acquistò l’ex cartiera deiconti Castelbarco Albani. La fabbricaera composta da sette ampi saloni: alpiano terra c’erano due turbine idrau-liche che garantivano l’elettricità, neitre saloni del primo piano c’erano ireparti nei quali si cardava, filava etorceva la lana, i locali del secondo

    piano erano invece adibiti a magazzinoe tessitura. Lo stabilimento, che erapartito con pochi operai, nel 1919 necontava già cento. Nel 1946 il numerodegli addetti arrivò a 230 e un annodopo l’azienda creò anche un reparto

    di tessitura nel nuovo stabile costruitosulle rive del Metauro per utilizzarnel’acqua. In quell’anno la storia dellafabbrica incontra quella della quindi-cenne Cellina Benigni, al suo primoimpiego come addetta alla tessitura.Rimarrà in quel posto per 40 anni.Cellina ritorna con la memoria al lungoapprendistato e ai primi, miseri sti-pendi a nove lire l’ora. “L’ovatta nelleorecchie, il rumore assordante del-l’ordito e quella lana così morbida –ricorda quando le chiediamo comefosse il suo lavoro – Ancora oggi micapita di sognare quei telai”. Dentrosi producevano filato e tessuti ma an-che coperte e matasse. Tra i clientiprincipali c’era l’esercito. “Quando ar-rivava un loro ordine – racconta Cellina– dovevamo lavorare anche di notte.L’ambiente era rumorosissimo, per

    parlare dovevamo fare il mimo o aspet-tare il suono della sirena per la pausapranzo”.

     Adesso del vecchio stabilimento nonresta che un rudere imploso su stesso,pieno di calcinacci.

    Rumore e quelle notti a filare“Le nostre coperte all’esercito”

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    60Le

    zien e

    che operano ogginel territorio di FermignanoU

    n tempo erano il cuore pul-sante di Fermignano, oggisono dei ruderi o hanno la-sciato spazio a nuove costru-

    zioni. Si tratta del lanificio Carotti, lafornace di Calpino, il pastificio Cala-sconi e il tabacchificio Donati, quattroindustrie che dal dopoguerra fino allafine degli anni Ottanta hanno reso Fer-mignano la “piccola Milano” delle Mar-che. Basti pensare che negli anniCinquanta le quattro imprese impiega-vano in totale 560 persone su una po-polazione, secondo il censimento Istat

    del 1951, di 4.865 abitanti. In pratica, al-meno un membro di ogni nucleo fami-liare fermignanese lavorava in una dellequattro industrie.

    Grazie alla ferrovia, alla corrente elet-trica – Fermignano dopo Cagli è stato ilsecondo comune della provincia adaver impianti per la sua produzione – eall’aumento costante della popola-zione, nel XX secolo si è trasformato dapiccolo borgo di campagna a polo in-dustriale. “L’insediamento produttivo ènato nel 1963 – racconta Giulio Finoc-chi, ex dipendente regionale e appas-

    sionato di storia locale – quando il Co-mune, assieme all’Università di Urbino,alla Camera di Commercio e al Co-mune di Urbino, ha dato vita al Consor-

    zio industriale del Medio Metauro”.Un’eredità visibile ancora oggi: Fermi-gnano, dopo Pesaro e Fano, è il terzonucleo produttivo della provincia pernumero di imprese, grazie alla pre-senza nel proprio territorio di oltre 60aziende, alcune delle quali operano a li-vello internazionale come Tvs, che pro-duce pentole e padelle e Imab group,specialzzata in arredi.

    PASTIFICIO FALASCONI

    La pasta Falasconi oggi non la tro-verete al supermercato ma per anni ilmarchio è stato una realtà in grado dicompetere con la Buitoni. Il pastificioè nato nel 1897 operando in unaprima fase come mulino, dotato di unimpianto a cilindri e otto operai. Nelperiodo di massimo splendore, arrivavaa produrre 150 quintali di farina e se-molino al giorno. Poi venne il pastificioche, negli anni Cinquanta, dava lavoro

    a circa 80 persone. Possedeva anchel’unico telefono di Fermignano e moltepersone andavano lì per fare dellechiamate.

    Bruno Clementi ha lavorato per 40anni dentro il pastificio. “Ricordo che

    quando sono stato assunto, a 17 anni,di fronte all’azienda c’era la fila di bi-rocci dei contadini che venivano aportare il proprio grano. All’inizio c’erauna sorta di baratto: loro portavano ilgrano e ottenevano in cambio il cor-rispettivo peso in pasta. Con il tempopoi è cambiato: il grano arrivava dallaPuglia e, oltre alla pasta fresca, avevamoiniziato a produrre anche quella al-l’uovo. Ne producevamo 86 tipi diversie io li conoscevo tutti, istruivo i nuovi”.Bruno rinunciò a una carriera di cal-ciatore per rimanere nel pastificio: “IlGenoa mi voleva come portiere – rac-conta Bruno - ma io decisi di rimanere.E poi a Fermignano c’era mia moglie”.L’azienda non si fermava mai. “Aveva-mo tre turni – aggiunge – dalle 6 alle14, dalle 14 alle 22 e dalle 22 alle 6. Dinotte potevamo anche cucinare”. Oggi

    del pastificio Falasconi non rimanetraccia. Il mulino chiuse nel 1953,mentre la ditta vent’anni dopo. Nel1985 l’intero stabile è stato demolitoper lasciar spazio a un complesso re-sidenziale e commerciale.

    La competizione con Buitoni“Per la pasta dissi no al Genoa”

    TABACCHIFICIO DONATI

    La produzione di tabacco a Fermi-gnano era un affare per donne. Il ta-bacchificio iniziò la propria attivitànel 1928 e nel suo punto di massimosplendore contava cento lavoratori,per la maggior parte donne, eccetto ifuochisti. Il tabacchificio era costituitoda due capannoni, posizionati unotra la linea ferroviaria e la strada pro-vinciale e l’altro di fronte al piano delCucco, che ospitavano un semenzaio,

    uno spazio adibito essiccazione, unoalla scelta e uno per riempire le botti.Il tabacco arrivava fresco e veniva fattoessiccare in un capanno pieno di tubimolto caldi. Liliana Sartori oggi ha 86anni e i suoi ricordi del lavoro nel ta-

    bacchificio ritornano attraverso i sensi.“L’odore acido della foglia fresca ditabacco. Il suo colore giallo. La suaporosità. Ho lavorato per 16 anni lìdentro e ancora ricordo quanta polverec’era”. Liliana era un’addetta alla cernitadelle varie qualità. “Quando ho iniziatoera il 1948 – racconta - ero appena di-ciottenne. A seconda dell’annata si la-vorava quattro o sei mesi, otto ore algiorno dalle 8 alle 18 con un’ora emezza di pausa pranzo. Io dividevo iltabacco in quattro qualità, dalla mi-gliore alla peggiore”.Bisognava rag-giungere una quota giornaliera di 35chili di produzione, obiettivo difficilesoprattutto per le lavoratrici più ine-sperte o per le anziane. “Le foglie –racconta Liliana - venivano confezio-nate in pacchetti con cui riempivamodelle botti. La foglia migliore era quella

    più gialla, più porosa e profumata”.Oggi di tutto il complesso, chiuso nel1969, rimane solo un capannone suviale Kennedy. Dove c’era il secondooggi c’è la struttura in abbandono del-l’ex Lar.

    La fabbrica delle donne“Ricordo ancora l’odore acido”

      PAGINE A CURADI  LIBEROREDDOLCE EANDREA PERINI

    560I fermign nesi impiegatinell’industria negli anni ‘50

       F   O   T   O  :   A   R   C

       H   I   V   I   O    P

       R   I   V   A   T   O    G

       I   U   L   I   O    F

       I   N   O   C   C   H   I

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    ilDucato6   Eventi

     A rrivò a Urbino neglianni ’50 e ridisegnòla città. A quasi 11anni dalla scompar-

    sa, la fondazione Ca’ Roma-nino rende omaggio alla fi-gura di Giancarlo De Carlo,architetto genovese che hasegnato lo stile di Urbinonella seconda metà del ‘900.L’11 e il 12 marzo il primo weekend di eventi: maratonedi lettura affidate agli stu-denti universitari e accom-

    pagnate da visite alle operedell’architetto. Sarà anchepresentato il corto L’architettodi Urbino, di Emanuele Pic-cardo, sulla vita di De Carlo. Alle iniziative saranno invitatiatenei italiani e stranieri.L’architetto ebbe un legamespeciale con la città. Tuttopartì dall’amicizia con CarloBo, allora rettore dell’Uni-versità. I due si erano cono-sciuti a Milano durante laguerra. De Carlo rimodellòil profilo della città: sua è lamatita che ha disegnato icollegi nella zona del Colledei Cappuccini, così comel’espansione della città verso

    La matitache ridisegnòla città ducaleUna maratonaper De CarloL’11 e 12 marzo il primo weekend di eventi per ricordare la figura di Giancarlo De Carlo l’architetto genovese che ha cambiato il profilodelle colline di Urbino Dai collegi ai monumenti ai palazzi di Piansevero decenni di trasformazioni 

     MAURO TORRESI

    NICOLAPETRICCA

    In alto, la scala a chiocciola nel dipartimento di Economia. Al centro, tunnel del collegio Tridente In basso, da sinistra, lucernario del collegio, la torre a Economia e scale all’interno del Magistero 

    Lo speciale interattivo sul sito ilducato it

    Piansevero. In mezzo secolodi storia, nuove abitazioni,recupero di edifici storici equartieri, fino al rinnova-mento dell’illuminazionepubblica. Ma anche progettiincompiuti, come l’idea diun nuovo Mercatale, con lapiazza sgombera, la collinadelle Vigne cava e occupatadai bus e un camminamentoda porta Valbona ai collegi.Ma l’idea di scavare la collinanon piacque ai cittadini.

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    Il ricordo di Mario Mariotti, storico custode di Casa Raffaello

    ilDucato7Arte

    Le colline dietro alla GiocondaI due punti da dove ammirarle

    Forse Leonardo si fer-mò proprio su questealture, che dominanola Valmarecchia, e da

    qui prese spunto per dipin-gere il paesaggio che fa dasfondo al suo capolavoro piùcelebre: la Monna Lisa. Da

    oggi sarà possibile osservaredal vivo le colline, i fiumi ele valli alle spalle della “Gio-conda”, grazie a due punti diosservazione installati dallaRegione Emilia Romagna efinanziati dal Gruppo di Azio-ne Locale Montefeltro, all’in-terno del progetto “Monte-feltro, terra della Gioconda”.Si tratta di due ‘vista point’,realizzati nel territorio di Pen-nabilli (Rn): al Roccione e alMonte Costagrande. Da qui,i turisti potranno riconoscerela parte destra del dipinto.E, in particolare, il primo tas-sello in basso mostra la zonadel ponte sul fiume Marec-chia e le case di Pennabilli.

    Secondo le ipotesi delle“cacciatrici di paesaggi” ur-binati, Rosetta Borchia e Oli-via Nesci, sarebbe il paesag-gio del Montefeltro, a cavallotra Emilia Romagna, Marchee Toscana, a fare da sfondoad alcuni tra i più celebriquadri rinascimentali. Conun metodo che ha affiancatol’esperienza della prima, pit-trice e fotografa di paesaggi,con quella della seconda,geomorfologa, fra il 2006 e il2008 le studiose hanno capito

    che è tra i picchi e le rupi

      LEONARDO GRILLI Due nuovi pannelliper aiutare i turisti a scoprire il paesaggio che Leonardo scelse per dipingere la sua opera più famosa 

    calcaree della Valmarecchiae le dolci colline della valledel Metauro che vanno cer-cati gli scenari di alcuni tra ipiù grandi capolavori del Ri-nascimento italiano.

    L’avventura è iniziata conl’individuazione di un primoelemento del fondale che èalle spalle di Federico daMontefeltro, nel Dittico deiDuchi di Urbino di Piero dellaFrancesca che vede comesfondo la vallata del fiume

    Metauro nel territorio del-

    logia informatica il territorioviene rilevato e analizzatocon strumenti diagnostici in-novativi, come l’utilizzo didroni che hanno permessodi effettuare voli ad alta quotaper osservare con lo stesso“punto di vista” dei grandipittori. Da allora sono statinecessari quattro anni diduro lavoro prima di mettereper iscritto e svelare la sco-perta, presentata nel dicem-bre 2012 col saggio edito da

    Electa Codice P, Atlante illu-

    strato del reale paesaggiodella Gioconda. In cui si svelauna nuova verità, supportatadagli studi dello storico Ro-berto Zapperi e dalla paleo-lografa di Urbino Anna Fal-cioni: la Gioconda non sa-rebbe Lisa Gherardini delGiocondo ma Pacifica Bran-dani, dama di Urbino eamante di Giuliano de Me-dici, ospite per un decennioalla corte di Guidubaldo daMontefeltro.

    E proprio dalle scopertepresentate nel libro è nato ilprogetto “Montefeltro VeduteRinascimentali”, realizzatodall’Associazione omonimagrazie al supporto della Re-gione Emilia Romagna e dellaRegione Marche, e di cui faparte anche “Montefeltro,terra della Gioconda”.

    Una nuova forma di turi-smo culturale che, grazie allescoperte delle due studiose,permette di visitare gli sce-nari reali dei capolavori ri-nascimentali. In pratica, unmuseo “itinerante”, immersonei paesaggi vissuti centinaiadi anni fa da pittori comePiero della Franacesca o Leo-

    nardo da Vinci.

    l’antico Ducato di Urbino.Per l’eccezionalità della sco-perta la Borchia ha dato ini-zio a una serie di ricerchestorico-artistiche che, insie-me alle indagini scientifichedella Nesci, porteranno al ri-conoscimento di tutti glisfondi del Dittico.

    Nel 2008 la scoperta piùimportante: il ritrovamentodel paesaggio della Giocondadi Leonardo da Vinci tra Ro-magna, Marche, Toscana e

    Umbria. Grazie alla tecno-

    Nel riquadro uno dei pannelli installati a Pennabilli da cui è possibile osservare lo sfondo della Gioconda

    I l museo di Raffaello ha perso il suocustode più celebre. Il 23 febbraio,Mario Mariotti, 58 anni, è mortoper una crisi cardiaca dopo essersiaccasciato a terra a pochi passi dalluogo di lavoro. Un duro colpo perUrbino e i suoi cittadini, che si sono

    uniti nel cordoglio dei familiari, dellamoglie Lauretta, degli amici e colle-ghi.

    “Quando ho saputo della notiziaper telefono stentavo a crederci, eroscosso – racconta Giorgio Cerboni

    Baiardi, presidente dell’Accademia

    Raffaello dal 2006 al 30 gennaio 2016- Ho sempre avuto una grande consi-derazione di Marco, persona squisitasotto tutti i punti di vista. Disponibile,minuzioso, oserei dire preziosamenteattento. È stato custode del museo

    per oltre due decenni, era già lì quandodiventai presidente dell’Accademia.Il suo lavoro prevede grandi respon-sabilità. Ci vuole occhio vigile e grandeattenzione – sottolinea Baiardi - so-prattutto nelle giornate di grande af-fluenza di pubblico e lui era semprepronto: sguardo puntuale, ma cordialee affettuoso con tutti. Mancherà moltoa tutti, è stato un collaboratore prezioso

    e non sarà facile trovare qualcuno cheabbia la sua stessa dedizione. Approfittoper esprimere alla moglie e a tutta lafamiglia il mio affettuoso sentimentodi cordoglio”.

    “Conoscevo Marco sin da bambino,

    qualche volta abbiamo giocato a calcioinsieme – racconta Roberto Chicarella,vice segretario generale del comunaledi Urbino – ricordo ancora quando daragazzo, a metà degli anni ’70, portavoil giornale L’Unità a casa dei suoi ge-nitori, in via Fontanoni. È una bruttaperdita per tutta Urbino”.

     Anche Anna Bruno, segretaria am-ministrativa dell’Accademia Raffaello,

    ha voluto ricordare così il suo collega:“Marco era un lavoratore infaticabile,si era immedesimato in tutto. Gestivail museo come fosse casa sua. Unacosa è certa: Casa Raffaello non saràpiù la stessa senza di lui”.

      VINCENZOGUARCELLO

  • 8/20/2019 Ducato n.4 - 4 marzo 2016

    8/8

    Tennis a Pesaro

    Coppa Davis, sconti

    per gli universitariGli studenti dell’universitàdi Urbino possono avereuno sconto sui biglietti perl’incontro di tennis diCoppa Davis tra Italia eSvizzera, in programma dal4 al 6 marzo a Pesaro. I posti“gradinata” sono disponibiliper tutte e tre le giornate a8,20 euro anziché i 15previsti in via ordinaria.Sarà sufficiente rivolgersialla biglietteria dell’Adriatic Arena - anche il giornostesso dell’incontro - ed

    esibire il librettouniversitario per acquistareil biglietto a prezzo ridotto.

    Ciclismo

    Urbino si fa in tre

    per la StraducaleIl 26 giugno il circuitofondistico InBici TopChallenge, che riunisce sottoun’unica insegna alcune tra lepiù prestigiose manifestazioniciclistiche amatoriali italiane,fa tappa a Urbino con laGranfondo Straducale. La

    manifestazione urbinateritroverà i percorsi di gara giàaffrontati nel 2013, con ilritorno del Monte Catria e delMonte Nerone. Tre i tragittiprevisti: il più lungo misurerà175 chilometri (per undislivello di 3770 metri), ilmediofondo 130, il terzo 76.L’iscrizione è aperta a tutti gliatleti di età compresa tra i 18 e i70 anni.

    Riforma sanitaria

    Ceriscioli a Gambini

    “Rispetti la legge”“Il sindaco di Urbinodovrebbepensare che le leggivanno rispettate”.Nell'incontro informativo traPd e cittadini del primo marzoal Collegio Raffaello, ilpresidente regionale LucaCeriscioli ha risposto così alleultime critiche del sindaco diUrbino Maurizio Gambini.“Non cambia nulla rispetto aprima” aveva commentato ilprimo cittadino alla decisionedella Regione di posticipare lariforma sanitaria al primo

    gennaio 2017. La leggeprevede la riorganizzazionedegli ospedali di Sassocorvaro,Cagli e Fossombrone.

    Pensionati volontari

    Futuro dell’Auser

    decisione rimandataLa convenzione tra il Comunedi Urbino e l’Auser,l’associazione di pensionativolontari, è scaduta adicembre e non è ancora statarinnovata. Per ora gli associatipossono solo accompagnare i

    bambini a scuola, mavorrebbero tornare aoccuparsi anche dellamanutenzione dei luoghipubblici. La giunta comunalenon si è ancora espressa, masta valutando l’idea di ridurrele aree di competenzadell’Auser per affidarle, tramiteappalto, ad altre ditte esterne.

    Sanità/1

    Violenza domesticacure gratis in arrivoCure gratuite a chi subisceviolenza domestica. IlConsiglio regionale delleMarche ha approvato unamozione presentata daCinque Stelle e GruppoMisto che chiede esenzioni

    dal ticket per le vittime di attidi violenza tra le mura dicasa. “Ora la Regione – hadetto la consigliera Pergolesi- dovrà garantire la gratuitàdi tutte le prestazionisanitarie, dall’ingresso inpronto soccorso al percorsodi sostegno successivo alleviolenze subite”.

    LO SCATTO

    I 40 anni del murales sulla strage di Niccioleta, firmato Urbino

    ASSOCIAZIONE PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO, fondata da Carlo Bo. Presidente:Vilberto Stocchi, Rettore dell'Università di Urbino Carlo Bo. Consiglieri per l'Università: BrunoBrusciotti, Lella Mazzoli, Carlo Magnani; per l'Ordine: Nicola Di Francesco, Stefano Fabrizi,Simonetta Marfoglia; per la Regione Marche: Jacopo Frattini, Alessandra Ciolli; per la Fnsi:Giovanni Rossi, Giancarlo TartagliaISTITUTO PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO: Direttore:Lella Mazzoli; Direttore emerito:

    Enrico Mascilli Migliorini. SCUOLA DI GIORNALISMO: Direttore: Giannetto Sabbatini RossettiIL DUCATO Periodico dell'Ifg di Urbino Via della Stazione, 61029 - Urbino - 0722350581- fax 0722328336 http:// ifg.uniurb.it/giornalismo; e-mail: [email protected] responsabile: Giannetto Sabbatini Rossetti; Stampa: Arti Grafiche Editoriali Srl -Urbino - 0722328733 Registrazione Tribunale Urbino n. 154 del 31 gennaio 1991

    Violenza sulle donne

    Botte alla mogliecondanna di 18 mesiIl tribunale di Urbino hacondannato a 18 mesi direclusione H.L., marocchino di42 anni denunciato nel 2012dalla moglie, anche lei dinazionalità marocchina. Lapena, in quanto inferiore aidue anni, è stata però sospesa.La donna, J.S., più voltepicchiata e minacciata, si èspesso dovuta recare al Prontosoccorso di Urbino per esseremedicata. I giudici hannoriconosciuto i reati dimaltrattamenti in famiglia elesioni, ma non quello diviolenza sessuale.

    Furti/1

    Più auto rubateprimato alle Marche Anche se in Italia il numerodelle auto rubate è in calo,nella provincia di Pesaro-Urbino nell’ultimo anno ifurti sono aumentati del23%. Secondo i numeriforniti dalla Polizia di Stato,infatti, si è passati dai 123furti del 2014 ai 160 del2015. L’andamento, incontrotendenza rispetto aldato nazionale, si riscontrain tutte le Marche - passateda 804 a 945 autovetturescomparse nel 2015 (+15%)- mentre in Italia si è passatidalle 120mila del 2014 alle114mila del 2015 (- 10%). LaFiat Panda il bersagliopreferito dai ladri, a seguirela Fiat Punto e la Volkswagen Golf.

    Furti/2

    Ladro di ramefinisce in manetteLa polizia di Urbino haarrestato un uomo originariodi Fermignano di 29 anni perfurto aggravato. L’uomo erastato sorpreso mentresguainava alcuni cavi di ramedal cantiere di un’abitazionenella frazione di Crocicchia. Gliagenti sono stati chiamati dalladonna che abita nella casa,allarmata dai rumori. Il29enne, già noto alle forzedell’ordine, aveva anche

    tentato di introdursi nellaparte abitata dell’edificio,svegliando gli abitanti dellazona.

    Notiziario  ilDucato

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    Sanità/2

    Big data in corsia?“Italia non è pronta”II Big Data, quei grandi archividi dati da gestire tramitesupporti digitali, sono pronti aentrare nel sistema sanitario.Se ne è parlato il 25 febbraio alconvegno “Le sfide digitali perla performance in sanità”

    tenuto all’università Carlo Bo.Presente anche Dino Amadori,professore dell’Istitutoscientifico romagnolo per lostudio e la cura dei tumori: “Inalcuni istituti di eccellenzasiamo pronti a usare i Big Data.Quello che manca è la lorodiffusione in ambiti piùgeneralisti”, ha detto.

    L’anniversario di un famoso murales e cartesegrete rese pubbliche dopo più di 70 anni. E unnome a legare tutto. Niccioleta, un borgo inprovincia di Grosseto dove nel giugno del 1944 inazisti massacrarono 83 persone. Il murales è

    quello del circolo del Pd di Bagno di Gavorrano,in provincia di Grosseto, realizzato da un gruppodi studenti di Urbino nel giugno del 1976,

    quarant'anni fa. Uno degli episodi dipinti èproprio la strage nazifascista di Niccioleta. Lecarte segrete, invece, sono quelle pubblicate il 16febbraio scorso dalla Camera dei deputati,relative alle indagini della Commissione

    parlamentare sulle stragi nazifasciste esull’occultamento di fascicoli, nascosti in quelloche è stato chiamato l’ “Armadio della vergogna”.