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FUORI LUOGO DROGHE & DIRITTI NUOVA SERIE ANNO 7 NUMERO 4 SUPPLEMENTO MENSILE DE IL MANIFESTO 29 APRILE 2005 IN EDICOLA L’ULTIMO VENERDÌ DEL MESE Infuria negli Usa la battaglia per la canapa medica: proponiamo la testimonianza giura- ta di Lester Grinspoon alla Corte Suprema nel caso “Ashcroft contro Raich”, l’ultimo atto della guerra sporca della Casa Bianca ai pazienti. Con un articolo di Massimiliano Verga. Ancora sulla marijuana, Peter Cohen segnala la revisione della letteratura scien- tifica a cura di Zimmer e Morgan, nella versione italiana appena uscita. In occasione dell’audizione sulle droghe che si è tenuta il 21 aprile a Bruxelles, Giusto Catania e Joep Oomen mettono l’accento sul ruolo ine- dito della società civile nell’elaborazione delle politiche europee. Di ri- duzione del danno si è discusso nella conferenza internazionale di Belfa- st, come ci racconta Maurizio Coletti. Sempre sulla limitazione del danno due articoli, di Marina Impallomeni e Mario De Luca, dedicati agli interventi nel Lazio. Giustizia. Sandro Margara analizza criticamente il protocollo del carcere per tossicodipendenti di Castelfranco Emilia; Patrizio Gonnella spiega come un atto di clemenza sulle carceri sia la precondizione per una seria riforma strutturale; Roberto Moretto e Carla Zurra mostrano le conse- guenze socialmente drammatiche dell’eventuale approvazione della “Cirielli”. Ricerca. Claudio Cappuccino dà conto di un nuovo studio sul consumo controllato di oppiacei. Infine, Maurizio Baruffi fa il punto sulla recente assemblea annuale del Forum Droghe e invita tutti i lettori a iscriversi. IN QUESTO NUMERO fuori luogo .it BUONI A NULLA CAPACI DI TUTTO Il fatto che la proposta Fini sulla droga non sia ancora diventata legge non ha impedito conseguenze gra- vi. Il governo Berlusconi si è sempre mosso “come se” la proposta fosse già norma, forse anche l’approva- zione del parlamento è considerata un balletto da Prima Repubblica. Si va dalla repressione con i cani an- tidroga nelle scuole, all’atteggiamento codino delle forze di polizia e della magistratura con l’intensifica- zione degli arresti e delle punizioni. L’accanimento si concentra sulla marijuana, la pianta maledetta, e la criminalizzazione provoca tragedie. Il 24 marzo a Pantelleria un giovane di 23 anni si è suicidato dopo es- sere stato denunciato per la coltivazione di sette piantine. A gennaio si è impiccato un maestro elementare di 53 anni che si curava con le piantine del suo orto e che perciò era stato messo al bando dall’insegnamento. Un anno fa era toccato a Cristian Brazzo di Vigodarzere, nel profondo nord, fermato con tre grammi di ca- napa. Tutti morti innocenti, colpevolmente dimenticati. La legge funziona davvero. alle pagine 2 e 3 L’Assemblea di Forum droghe Il 16 aprile si è tenuta l’assemblea na- zionale di Forum Droghe. Franco Cor- leone è stato confermato presidente dell’associazione. Nel direttivo entrano Hassan Bassi, Giuseppe Bortone, Claudio Cippitelli, Cristian Di Vito, Susanna Ronconi, Nunzio Santalucia, Fabio Scaltritti, Sergio Segio, Michele Vittori. Tesoriere è Maurizio Baruffi, coa- diuvato da Riccardo Mastrorillo e Lore- dana Tariciotti. Alla direzione di Fuoriluo- go è confermata Grazia Zuffa, con la condirezione di Cecilia D’Elia, al sito Leonardo Fiorentini. A Giorgio Bignami, Paolo Crocchiolo e Franco Marcomini è stato affidato il compito di riorganizzare il comitato scientifico. Nominato un co- mitato per ripensare il giornale e il sito, ne fanno parte la redazione insieme a Mariella Orsi, Patrizia Meringolo, Maria Grazia Giannichedda e Maria Stagnitta.

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FUO

RIL

UOG

ODROGHE&DIRITTI

NUOVA SERIEANNO 7

NUMERO 4SUPPLEMENTO

MENSILEDE

IL MANIFESTO

29APRILE2005IN EDICOLAL’ULTIMO VENERDÌDEL MESE

Infuria negli Usa la battaglia per la canapamedica: proponiamo la testimonianza giura-ta di Lester Grinspoon alla Corte Supremanel caso “Ashcroft contro Raich”, l’ultimo atto della guerra sporca dellaCasa Bianca ai pazienti. Con un articolo di Massimiliano Verga. Ancorasulla marijuana, Peter Cohen segnala la revisione della letteratura scien-tifica a cura di Zimmer e Morgan, nella versione italiana appena uscita.In occasione dell’audizione sulle droghe che si è tenuta il 21 aprile aBruxelles, Giusto Catania e Joep Oomen mettono l’accento sul ruolo ine-dito della società civile nell’elaborazione delle politiche europee. Di ri-duzione del danno si è discusso nella conferenza internazionale di Belfa-st, come ci racconta Maurizio Coletti. Sempre sulla limitazione del danno

due articoli, di Marina Impallomeni e Mario De Luca, dedicati agli interventinel Lazio.

Giustizia. Sandro Margara analizza criticamente il protocollo del carcereper tossicodipendenti di Castelfranco Emilia; Patrizio Gonnella spiegacome un atto di clemenza sulle carceri sia la precondizione per una seriariforma strutturale; Roberto Moretto e Carla Zurra mostrano le conse-guenze socialmente drammatiche dell’eventuale approvazione della“Cirielli”.Ricerca. Claudio Cappuccino dà conto di un nuovo studio sul consumocontrollato di oppiacei. Infine, Maurizio Baruffi fa il punto sulla recenteassemblea annuale del Forum Droghe e invita tutti i lettori a iscriversi.

IN QUESTO NUMERO

fuoriluogo.itBUONI A NULLACAPACI DI TUTTOIl fatto che la proposta Fini sulla droga non sia ancora diventata legge non ha impedito conseguenze gra-

vi. Il governo Berlusconi si è sempre mosso “come se” la proposta fosse già norma, forse anche l’approva-

zione del parlamento è considerata un balletto da Prima Repubblica. Si va dalla repressione con i cani an-

tidroga nelle scuole, all’atteggiamento codino delle forze di polizia e della magistratura con l’intensifica-

zione degli arresti e delle punizioni. L’accanimento si concentra sulla marijuana, la pianta maledetta, e la

criminalizzazione provoca tragedie. Il 24 marzo a Pantelleria un giovane di 23 anni si è suicidato dopo es-

sere stato denunciato per la coltivazione di sette piantine. Agennaio si è impiccato un maestro elementare

di 53 anni che si curava con le piantine del suo orto e che perciò era stato messo al bando dall’insegnamento.

Un anno fa era toccato a Cristian Brazzo di Vigodarzere, nel profondo nord, fermato con tre grammi di ca-

napa. Tutti morti innocenti, colpevolmente dimenticati. La legge funziona davvero. alle pagine 2 e 3

L’Assemblea di Forum drogheIl 16 aprile si è tenuta l’assemblea na-zionale di Forum Droghe. Franco Cor-leone è stato confermato presidentedell’associazione. Nel direttivo entranoHassan Bassi, Giuseppe Bortone,Claudio Cippitelli, Cristian Di Vito, Susanna Ronconi, Nunzio Santalucia,Fabio Scaltritti, Sergio Segio, MicheleVittori. Tesoriere è Maurizio Baruffi, coa-diuvato da Riccardo Mastrorillo e Lore-dana Tariciotti. Alla direzione di Fuoriluo-go è confermata Grazia Zuffa, con lacondirezione di Cecilia D’Elia, al sitoLeonardo Fiorentini. A Giorgio Bignami,Paolo Crocchiolo e Franco Marcomini èstato affidato il compito di riorganizzareil comitato scientifico. Nominato un co-mitato per ripensare il giornale e il sito,ne fanno parte la redazione insieme aMariella Orsi, Patrizia Meringolo, MariaGrazia Giannichedda e Maria Stagnitta.

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Le lettere vanno indirizzate a:redazione fuoriluogo c/o il manifestovia Tomacelli, 146 – 00186 Romafax 0669294908e-mail: [email protected] Supplemento mensile

de il manifesto29 aprile 2005FUORILUOGOLETTERE

LA CANAPA CURA - L’INTOLLERANZA UCCIDEConosco numerose storie di malati che utiliz-zano la cannabis per alleviare i sintomi delleloro patologie. Malati clandestini, malati fai date, esposti alle logiche del mercato clandestinoo ai rischi dell’autocoltivazione.Fra i tanti malati, mi preme ricordare un uomodi 53 anni, maestro elementare amato daglialunni e molto stimato dai genitori di questi,affetto da alcuni disturbi. Intollerante ai far-maci, dopo aver sperimentato positivamentel’efficacia della cannabis e vista l’inaffidabilitàe i costi del mercato nero, si era messo a colti-vare nel proprio orto una ventina di piante dicanapa a vario contenuto di Thc. Aveva lascia-to i farmaci antidepressivi, gli antidolorificiecc. e usava le sue piantine. Faceva impacchi,decotti, inalazioni o fumava.Una soffiata alle forze dell’ordine, fatta a suodire dalla confinante con il suo orto, ha com-portato il carcere e la sospensione dall’inse-gnamento. Al processo sono stato sentito co-me perito della difesa ed ho dimostrato la va-lidità scientifica della terapia seguita dalmaestro.Un giudice illuminato e coraggioso ha ritenu-to di dover assolvere il maestro non conside-rando criminoso il fatto.Il maestro era rientrato a scuola ma, in attesadel processo di appello, non era stato restitui-to ai suoi alunni, bensì dirottato al lavoro di bi-blioteca. Così era gradualmente scivolato inuna ingravescente depressione, patologia conla quale si era già confrontato in passato. Ungiorno la confinante del suo orto ha allertato leforze dell’ordine avendo intravisto una sago-ma umana appesa al soffitto nella casa delmaestro.Si è suicidato? O forse è stato ucciso da unalegge che uccide?Una tragedia tanto più dolorosa perché na-sce dall’assurdo accanimento contro una so-stanza che è uno dei farmaci più sicuri cheesistano. La canapa è infatti una medicinacon una caratteristica particolare: non ha unadose letale. Non esiste una dose, per quantoalta, che possa condurre sicuramente a mor-te la persona che l’assume. Anche gli effetticollaterali hanno una bassa incidenza e peri-colosità in paragone a farmaci e sostanze diuso comune. L’acido acetilsalicilico, l’aspiri-na, che pure è uno dei farmaci più utili e si-curi, tuttavia ha al suo attivo ogni anno unapercentuale di morti. La cannabis contieneuna molecola ben conosciuta, il Thc (tetrai-drocannabinolo), la molecola psicoattiva epertanto incriminata, ed altri 60 cannabinoi-di, poco o nulla conosciuti, le cui proprietàfarmacologiche sono tutte da scoprire.Aids, cancro, sclerosi multipla, paraplegia, te-traplegia, nevralgie, sindrome premestruale,depressione, schizofrenia, glaucoma, epilessia,alcolismo, dipendenza da eroina, rettocoliteulcerosa, insonnia, stato ansioso. Per ognunadi queste patologie ci sono persone che utiliz-zano questa pianta traendone beneficio senzao con scarsi effetti collaterali. Se naturalmentesi esclude il tragico effetto collaterale del pre-giudizio e dell’intolleranza.

Nunzio Santalucia, tossicologo medico

AIUTATECI!Aiutateci! Noi siamo discriminati da chi gesti-sce il business della droga, annesso al recu-pero dei consumatori di sostanze illecite. Lecomunità di San Patrignano, Papa Giovanni,Don Gelmini, comandano loro, a Rimini. Nonaccettano chi riesce a uscire dal tunnel senzail loro intervento e senza la punizione. Noi ve-niamo discriminati, ci ostacolano nell’inseri-mento, non accettano possibili alternative al-la loro proposta di recupero e alle loro lineed’intervento. Nemmeno il confronto è possi-bile con gente bigotta che crede di avere la ve-rità in tasca!La nostra associazione, dal nome La NuovaStrada, aveva incominciato una collaborazio-ne con VolontaRimini per un programma sullaprevenzione nelle scuole, come intervenire,che messaggio dare, ma dopo due incontril’Associazione Centro di Amicizia non ne vole-va sapere di confrontarsi su tematiche di ca-rattere scientifico-epidemiologico: dati emersidopo numerosi studi sul problema, svolti dacommissioni ministeriali di molti paesi euro-pei e non. Vogliono dare un messaggio terro-ristico, non reale, comparando tutte le so-stanze allo stesso livello di pericolosità. Co-me viene recepito un messaggio del genereda un adolescente, consumatore di spinelli?Un’altra cosa che vogliono sostenere è cheil metadone è una droga di stato. Noi invececonsideriamo il metadone un farmaco chesalva molte persone dalla schiavitù. Dopoqueste mie parole ci hanno tagliato fuori dalprogetto, facendoci un “bidone”, cancellan-do la riunione senza avvertire! “Peggio deitossici.”È ora di piantarla con il potere delle comunità!

Enrico CastroniVice Presidente Associazione

“La NuovaStrada” – Rimini

IL VALOREDELLA MEMORIA

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MILLION MARIJUANA MARCHSarà aperta da un grande striscione in ricordo diGiuseppe Ales, il ragazzo di Pantelleria che a so-li 23 anni si è tolto la vita sotto il peso della cri-minalizzazione dopo essere stato trovato in pos-sesso di poche piante di canapa per uso perso-nale, l’edizione di quest’anno della Million Marijuana March che si terrà sabato 7 maggioa Roma. Anche quest’anno si manifesta con-temporaneamente in circa 200 città del mondosu di una piattaforma di tre punti uguale in tuttoil pianeta: fine delle persecuzioni per i consuma-tori di cannabis, accesso immediato all’uso te-rapeutico, diritto a coltivare una pianta che cre-sce libera in natura.La Million Marijuana March è nata nel 1999,promossa dal sito americanowww.cures_not_war.com. Per l’Italia questa è laquinta edizione dal 2001, anno della campagnadi autodenuncia di massa “Signor giudice hopiantato un seme”. L’appuntamento è alle ore16 a piazza Esedra. La Street Parade raggiun-gerà il Colosseo dove i carri-sound daranno vitaad una festa che si protrarrà fino a mezzanotte,nel tratto di via dei Fori Imperiali che va dal Co-losseo fino all’incrocio con via Cavour. Sempre il7 maggio, in occasione di quest’evento, usciràUpperground, foto catalogo della omonima mo-stra collettiva antiproibizionista, pubblicato daManifestolibri, con interventi vari sul proibizioni-smo, schede informative sulle sostanze e, in al-legato, “siamo fatti così”, Dvd prodotto da Md-ma e Polivisioni.

È attivo da pochi giorni il sito italiano ufficialedella MMM www.millionmarijuanamarch.info do-ve è possibile comunicare adesioni e l’eventua-le partecipazione di carri-sound all’evento, trami-te l’indirizzo e-mail: [email protected] for Peace coprirà l’evento per l’interagiornata del 7 maggio con una trasmissione sa-tellitare che potrà essere ascoltata in Europa,nord Africa, Turchia e Russia. Sono previsti in-terventi delle varie realtà europee che parteci-pano a livello mondiale con musica e spettacoli.Il progetto prevede possibili ponti radiofonici conle emittenti di tutto il mondo. Per partecipare sipuò inviare materiali audio a Radio for Peace,via della Beverara 125m, 40100 Bologna (in for-mato cd) oppure per posta elettronica a [email protected].

MO/VI/MENTI ANTIPROIl 20-21 maggio prossimi, la rete Mdma - Movi-mento Di Massa Antiproibizionista organizza aGenova, presso il Laboratorio Buridda,MO/VI/MENTI ANTIPRO. Usi consapevoli in/di-pendenti. Il programma, non ancora definitivo,si preannuncia ricco di argomenti e spunti di ri-flessione. Eccone alcuni.Sostanze e consumi. Si parte dalle sostanzeper affrontare le diverse dimensioni del consu-mo oggi: uso ludico, occasionale, abuso, dipen-denza, policonsumi. Una realtà molto sfaccetta-ta che si cerca di affrontare in modo lucido espassionato, tenendo conto della sua comples-

sità e mettendone in luce i vari aspetti.Proibizionismo e controllo sociale. Legislazioneproibizionista e pratiche del controllo sociale;dal discorso giuridico (analisi del progetto di leg-ge Fini) ai risvolti più strettamente repressivo-pe-nali: dalla guerra alla droga al carcere per i con-sumatori. Con uno sguardo ai flussi del narco-traffico.Comunità terapeutiche. L’intento è coinvolgerele comunità ed i loro operatori entrando nel me-rito delle strategie di riduzione del danno e deidiversi modelli possibili in alternativa a San Pa-trignano, contro la coercizione ed il punizioni-smo.La comunicazione sulle “droghe”. Laboratoriocon la partecipazione di giornalisti, pubblicitari,semiologi, personaggi dello spettacolo ecc. Sivuole analizzare le strategie comunicative cor-renti per individuare i possibili elementi di unacomunicazione “altra”.Esperienze europee a confronto. Per una mes-sa in rete ciò che si muove a livello europeo,dalle sperimentazioni legislative alle politichepiù innovative partendo dalle esperienze prati-che di riduzione del danno.Tavola rotonda finale. Plenaria di confronto e di-scussione generale per rilanciare proposte, sca-denze, appuntamenti. Hanno già dato la loro di-sponibilità: Paolo Cento (verdi), Titti De Simone(Prc), Daniele Farina (Leoncavallo), Don AndreaGallo (comunità San Benedetto al porto), Leo-poldo Grosso (Gruppo Abele), Vittorio Agnoletto(europarlamentare Prc). Info: 339 3641575

Sono uno studente di sociologia che si appresta a preparare la tesi sulconsumo di sostanze stupefacenti, volevo sapere se avete informazio-ni sul cobrat e se potreste pubblicare qualcosa sul prossimo numero diFuoriluogo.Vi ringrazio sinceramente per il vostro lavoro di controinformazione.Ce n’è bisogno.Ciao

Giona

CIPPITELLIRISPONDEDel Kobrett sappiamo veramente poco. Da anni ci ostiniamo a inserire tale stu-pefacente in ogni questionario sulle droghe, ma con esiti assai scarsi. Sappia-mo che si vende in palline di colore marrone, avvolte nella stagnola, e che il Ko-brett (o cobrett, cobretto, cobrette) è destinato, nella larga maggioranza dei ca-si ad essere fumato, sniffato o, più raramente, iniettato. Si tratta di un oppia-ceo, una pasta di bassa qualità ricavata dalla lavorazione dell’eroina e spessomiscelata con derivati della cannabis. La letteratura su questa sostanza di abu-so è praticamente inesistente, al contrario dei periodici allarmi lanciati dallepiù diverse agenzie, e i conseguenti eco giornalistici. Possiamo parlare del Ko-brett come di una droga (ancora) molto legata ad un determinato contesto, laCampania, anche se provengono notizie di consumatori assistiti da servizi ubi-cati in altre aree del paese. Il napoletano, e in particolare i quartieri più poverie degradati, sembra essere particolarmente investito dal consumo di Kobrett,anche a causa del prezzo assai contenuto: sono infatti i tossicodipendenti conmeno risorse a ricorrervi. I danni correlati a tali abusi sono i medesimi dell’e-roina, con l’aggiunta di tutti i possibili rischi derivanti da un prodotto estre-mamente residuale, che può contenere qualsiasi tipologia di additivi e coloran-ti. Sarebbe davvero interessante una ricerca socio-antropologica in grado di ag-giungere qualche informazione di senso in merito a tali consumi, magari giu-stapposta ad uno specifico programma di analisi chimica del composto Kobrettrealizzata dai laboratori delle forze dell’ordine o da istituzioni sanitarie comel’Istituto superiore di sanità.

Claudio CippitelliPresidente Cnnd - Coordinamento nazionale nuove droghe

ANCORA UN OPPIACEO

fuoriluogo.it

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3Supplemento mensilede il manifesto29 aprile 2005 FUORILUOGOEDITORIALI

Fuoriluogomensile di Forum Droghenuova serie anno 7, numero 4chiuso in redazione il 22/4/05supplemento de il manifestodel 29/4/05

Direzione:Grazia ZuffaCecilia D’EliaCoordinamentoredazionale:Marina [email protected]:Beatrice Bassini

Claudio CappuccinoLeonardo Fiorentini(webmaster)Enrico Fletzer Patrizio GonnellaGiovanni NaniSusanna RonconiSergio SegioMaria Gigliola Toniollo

Comitato editoriale:Stefano Anastasia, Andrea Bianchi, Giorgio Bignami, Giuseppe Bortone, Gloria Buffo, Massimo Campedelli,Stefano Canali, Giuseppe Cascini,

Luigi Ciotti, Maria GraziaCogliati, Peter Cohen,Antonio Contardo, Franco Corleone, PaoloCrocchiolo, Daniele Farina,Matteo Ferrari, Andrea Gallo, Maria Grazia Giannichedda,Betty Leone, Franco Maisto, Luigi Manconi,

Patrizia Meringolo, Toni Muzi Falconi, Mariella Orsi, Livio Pepino,Tamar Pitch, Anna Pizzo,Toy Racchetti, ErsiliaSalvato, Nunzio Santalucia, Luigi Saraceni, Uwe Staffler,Stefano Vecchio,Maria Virgilio

Direttore responsabile:Maurizio BaruffiSegreteria di redazione:tel. e fax 06.69921052E-mail: [email protected] grafico:Andrea MattoneDisegni: Onze

Impaginazione:Sagp, RomaSito web: www.fuoriluogo.itRealizzato col contributo diLeonardo Previ e SaraSecomandi di Methodos s.p.a.Editore: Forum Droghe

c/o Crs via Nazionale 75, 00184 RomaE-mail: [email protected]. n. 25917022Pubblicità: Poster pubblicità s.r.l.via Tomacelli, 146 00186 Romatel. 06/68896911fax 06/68308332

Stampa: Sigraf spa, via Vailate 14Calvenzano (Bg)Registrazione:Trib. Roma: n. 00465/97 del 25/7/97Iscrizione al Registronazionale della Stampa:n. 10320 del 28/7/00

La maglia rosadi Forum Droghe

IL VALORE DELLA LEGGEUna collettività può vivere solo grazie aun sistema di leggi. Scritte o non scritte,l’importante è che esse siano riconosciuteda tutti (o quasi) come giuste, ragionevo-li, e da rispettare nell’interesse comune.Più il riconoscimento del valore della leg-ge è condiviso, maggiore è la coesione so-ciale e maggiori sono armonia e ordine,due dei più grandi beni sociali. Da sem-pre, tuttavia, le classi dominanti hannousato le leggi anche come strumenti dipotere e di controllo sociale. La storia èpiena di leggi contro l’adulterio, la con-traccezione, l’omosessualità, la prostitu-zione, per non parlare di aborto ed euta-nasia. Alcune sono specificamente rivoltecontro componenti minoritarie o debolidella società (ad esempio, leggi che emar-ginano le popolazioni indigene, il dirittodi famiglia in molti paesi islamici). In altricasi si tratta di norme paternalistiche, checonsiderano il cittadino incapace di bada-re a se stesso e di scegliere cosa fare dellapropria vita. Tra queste ultime spiccano le leggi chevietano attività voluttuarie, come il giocod’azzardo o l’uso di tabacco, alcool o altre“droghe”. La loro caratteristica principaleè definire come reati dei comportamentiche, seppur discutibili, non causano dan-ni riconosciuti come tali da una vittima (almassimo, si tratterebbe di vittime consen-zienti).Come già diceva Spinoza tre secoli fa:«Tutte le leggi che possono essere violatesenza causare danno ad alcuno sono irri-se». Molti cittadini, e in particolare i piùgiovani - per cui la trasgressione è partedel processo di crescita e autoaffermazione- sono pronti a violare le leggi vissute comeingiuste limitazioni della libertà personale,o come espressione di una moralità “diparte” (“l’uso di marijuana è un reato”) elo fanno tranquillamente e senza sensi dicolpa. E per lo più senza incorrere in san-zioni perché raramente i “reati senza vitti-me” vengono denunciati.Potremmo fermarci qui, e pensare chenessuna società è perfetta, e che questi fe-nomeni vanno accettati come inevitabili.Purtroppo non è così. Leggi di questo tipo non solo sono ingiu-ste e inapplicabili, ma costituiscono unasubdola minaccia per l’ordine sociale.Perché se nella mentalità collettiva si fastrada l’idea che certe leggi possono esse-re impunemente violate, e con buona ra-gione, allora è lo stesso concetto di Leggea essere minato alla base. Con conseguen-ze alla lunga imprevedibili.

a cura di Claudio Cappuccino

PERCHÉ SONOANTIPROIBIZIONISTA

MAURIZIO BARUFFI

Un anno da vivere appassionatamente. È quello cheaspetta Forum Droghe dopo l’assemblea di Firenzedel 16 aprile. Lo scenario tratteggiato dai numerosiinterventi che hanno arricchito il dibattito fiorentinoè articolato. Usando una metafora ciclistica potrem-

mo dire di essere arrivati al “tappone dolomitico”, dove si decideil Giro d’Italia. La prima valutazione politica è relativa al risultato del voto ammi-nistrativo. Le nuove maggioranze regionali dell’Unione dovrebbe-ro garantire maggiore ascolto, anche nell’impostazione delle politi-che socio-sanitarie sulle tossicodipendenze, alle voci della riduzio-ne del danno e di chi sostiene un approccio sperimentale e innova-tivo. Per questo è necessario che da subito vengano attivati i rap-porti con le nuove amministrazioni e i consiglieri regionali eletti chehanno sottoscritto il documento proposto ai candidati da Antigonee Forum Droghe. Ricordiamo gli obiettivi delle politiche che si pos-sono sintetizzare nello slogan “dal penale al sociale”: il rilancio diuna rete di servizi con offerte differenziate rispetto alle varie esigen-ze delle persone tossicodipendenti; un incremento dei servizi a bas-sa soglia e nuove sperimentazioni nel campo della riduzione deldanno; il sostegno alle comunità che condividono tale filosofia; l’at-tuazione della riforma Bindi sulla sanità penitenziaria, che devepassare al Servizio sanitario nazionale; la definizione di politicheper il reinserimento delle persone private della libertà; l’esercizio co-stante delle ispezioni in carcere da parte dei consiglieri regionali; l’i-stituzione di un Garante regionale per i diritti dei detenuti.”

C’è poi il tema della Conferenza governativa sulle tos-sicodipendenze convocata dal governo per il mesedi settembre a Pescara. L’assemblea ha assunto inmerito una posizione netta. Nessuna partecipazionedelle associazioni e dei cartelli contro la proposta Fi-

ni, a meno che non venga sospesa la sua discussione fino a che nonvengano resi noti gli esiti della Conferenza. Nel dibattito è emersacon forza la preoccupazione per un possibile scenario di accelera-zione dell’iter legislativo: la droga potrebbe diventare un momen-to di coesione ideologica per la traballante coalizione. In ogni casoè fondamentale la preparazione di momenti di dibattito alternati-vi, con protagoniste anche le nuove Regioni di centro sinistra; incaso di acuirsi dello scontro parlamentare, questi momenti si tra-sformeranno in una vera e propria contro conferenza.Un altro fronte di lavoro assai importante, dove il Comitato scien-tifico dell’associazione e la direzione di Fuoriluogo saranno impe-gnati duramente, è quello della ricerca e della divulgazione scien-tifica. Non si contano infatti gli esempi di articoli e pubblicazioniche fanno riferimento a lavori scientifici di dubbia qualità e checontribuiscono alla demonizzazione delle sostanze, in modo par-ticolare della marijuana. Costruire alleanze e consapevolezza suquesto fronte fra i ricercatori, giornalisti, in particolare giornalistimedico scientifici, è l’obiettivo di chi non si rassegna a subire l’as-salto dei manipolatori superficiali che sfruttano gli spazi offerti daimedia per diffondere informazioni parziali, false e inadeguate.La recentissima pubblicazione del libro di Zimmer e Morgan su“miti e fatti della marijuana” con l’editore Vallecchi (cfr. PeterCohen a pag. 8) è l’occasione per promuovere nelle città, nellescuole, sulle televisioni e nelle radio, dibattiti e incontri che ve-dano la nostra associazione protagonista. Un Giro d’Italia, pertornare al ciclismo, di presentazioni che diano vigore alla vitaassociativa e ai numerosi gruppi locali che stanno crescendonelle diverse città. ■

SANDRO MARGARA

Cosa succede a Castelfranco Emilia e più precisamentenel suo carcere-casa di lavoro? Proprio all’inizio di pri-mavera - 21 marzo scorso - si è riunito il meglio della po-litica che lotta contro la droga per lanciare il progetto diusare l’antico carcere (ha fatto a tempo ad avere qualche

detenuto politico antifascista durante il noto ventennio) come isti-tuto a custodia attenuata, gestito insieme ad operatori di comunitàterapeutiche, fra le quali l’unica che si è fatta viva (secondo le mienon estese letture giornalistiche) è quella di San Patrignano. Nonera proprio una novità perché, tre o quattro anni fa, era circolatolo stesso annuncio senza ulteriori sviluppi.Questa volta le cose sembrano più serie perché si è parlato di verae propria inaugurazione, penso con tanto di taglio del nastro. È an-che circolato il testo di un progetto, sulla cui istruttiva lettura me-rita soffermarci. Fermo restando che di realizzazione effettiva nonsi parla ancora.Prima, però, un passaggio breve. La ristrutturazione dell’istitutodi Castelfranco è partita nel 1998, con un suo progetto, che era sta-to condiviso da tutti gli enti territoriali e organismi operativi inte-ressati. Si era parlato anche allora di custodia attenuata per unaparte della capienza disponibile (quella totale sembrava eccessi-va), riservando la restante ai detenuti tossicodipendenti della Ca-sa circondariale di Modena, che, periodicamente, dovevano esse-re sfollati chi sa dove, perché contribuivano al sovraffollamentocostante di quel carcere: da questi detenuti potevano poi venirepiù agevoli inserimenti nella parte dell’istituto a custodia attenua-ta. Con questi propositi venne pensata ed eseguita la ristruttura-zione, che credo sia ormai conclusa da anni.E allora passo alla lettura del progetto. Una prima osservazione.Ci si diffonde in più punti sulla collaborazione con gli enti territo-riali e i servizi pubblici. Perché gli stessi hanno protestato per lamancata informazione e il mancato coinvolgimento, tanto più gra-ve per i servizi pubblici, che hanno ormai la competenza per leg-ge, riconosciuta anche attraverso il passaggio del personale, sullaassistenza e la cura delle dipendenze? La collaborazione, tanto ri-chiamata, sembra solo progettata. Non sarebbe stato meglio chealmeno la inaugurazione aspettasse un momento?

Fa piacere vedere ricordato, nel testo del progetto, l’art 95del Dpr 309/90, secondo il quale la esecuzione della pe-na detentiva nei confronti dei tossicodipendenti deve es-sere svolta in istituti idonei per lo svolgimento di pro-grammi terapeutici, ma la norma è rispettata aggiun-

gendo un’altra custodia attenuata all’esiguo numero di quelle esi-stenti (per non più di mille detenuti) e lasciando gli altri tossici –17-18.000 circa – nelle condizioni ben note? E, inoltre: per le altrecustodie attenuate, le risorse per programmi specifici sono prati-camente azzerate: non pare che ci sia grande entusiasmo per que-sti istituti e allora diventa sospetto quello per Castelfranco, con lainaugurazione in pompa magna.Fa un po’ sorridere, ma con una certa amarezza, l’avere indicato lalegge Bossi-Fini come quella che dà ai tossicodipendenti la possi-bilità di scontare la pena o in carcere o in comunità terapeutica.Come è noto, questa legge riguarda la immigrazione. Ci si è con-fusi con il progetto Fini di modifica del Dpr 309/90, che è però unprogetto da poco all’inizio del suo percorso parlamentare, contra-stato da progetti legislativi di segno opposto e che ha visto una op-posizione molto larga della maggior parte del mondo dei servizi edelle comunità che si occupano delle dipendenze. Lo sbaglio nel-

Il patto d’acciaiodi Castelfranco

Dedicato a Giancarlo Arnao

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M a u r i z i o C o l e t t i

Belfast: una città dura, difficile. Qui èlà, i segni di divisioni ancora aperte.Su una facciata di un edificio accan-to all’hotel, un gigantesco muraleavverte che si sta entrando in una zo-na “lealista”. Pat mi dice che la recep-tion per i partecipanti si terrà pressol’hotel Europa ed aggiunge: «il piùbombardato del mondo», nel sensoche, negli anni più drammatici della

guerra tra cattolici e protestanti, è stato fatto oggetto dinumerosissimi attentati.

Il clima, questo clima, passa anche nella Conferen-za dell’Ihra (International Harm Reduction Association), sipercepisce il senso di una battaglia per difenderele posizioni, le esperienze, i risultati le prospettivedegli approcci basati sulla riduzione del danno. Èfortissimo il sentimento di indignazione e di rea-zione contro le posizioni del governo degli Statiuniti che sta cercando di annullare gli sforzi fatti,attraverso una pressione senza precedenti sulleagenzie internazionali delle Nazioni unite. L’o-biettivo è di cancellare ogni riferimento alla ridu-zione del danno e allo scambio di siringhe, comestrategia di prevenzione dell’Aids. L’Unodc (l’a-genzia Onu di Vienna) ha già ceduto e sono scom-parsi nei documenti ufficiali tutti i riferimenti (cfr.M. Jelsma e G. Zuffa in Fuoriluogo, febbraio 2005 eil sito www.tni.org). In un clima da “fortino”, sipercepiscono comunque alcune indicazioni forti e chiare:

1. La lotta all’Aids è lontana dall’essere vinta; enon solo per le dimensioni della tragedia in alcuni paesiafricani, ma anche in paesi orientali ed in alcune nazionidell’ex impero sovietico. In questo campo, la riduzionedel danno è strumento indispensabile.

2. I consumatori di sostanze vivono, in alcune par-ti del mondo, situazioni al limite dell’impossibile che ne-gano la loro dignità di esseri umani. È difficile accettareche in Thailandia esistano tentativi organizzati di elimi-nazione fisica dei consumatori e che in altre parti del mon-

do il solo possesso di sostanze sia punito in forme e modidel tutto inaccettabili.

3. In generale, si insiste sulla questione dei dirittiumani e di quelli dei consumatori, in particolare. Analisirigorose condotte in molti paesi dimostrano falle notevo-li, scarsità di attenzione al problema, rischi gravissimi peri consumatori e misure inadeguate per proteggerli. I con-sumatori di sostanze corrono ancora troppi pericoli e que-sto non solo in paesi dalle democrazie traballanti od ine-sistenti.

4. Un grande spazio è stato dato al movimento deiconsumatori organizzati che lottano per vedersi ricono-sciuti diritti basilari, per modificare e rendere più ade-guate le legislazioni nei loro paesi e migliorare le loro con-dizioni.

5. Esiste un movimento crescente in paesi che solo

recentemente hanno visto instaurarsi e crescere i proble-mi correlati con il consumo di droghe: i paesi dell’ex Eu-ropa orientale come la Russia (presente con una numero-sa delegazione e testimonianze dirette in un a sessione ge-nerale) ed i paesi del Medio Oriente (una interessantissi-ma sessione è stata dedicata alla situazione ed alle pro-spettive di intervento in Iran). E poi, la Cina ed altri paesiorientali.

6. Grande attenzione e spazio sono stati dati all’in-treccio tra il mondo della prostituzione, dei/delle sexworkers, e quello delle sostanze; all’interno, un importan-

te ruolo da giocare per le misure di riduzione dei danni.Ma la conferenza non ha affrontato solo le politi-

che, ma anche i trattamenti e gli interventi con un tagliorigoroso e scientifico. Non ho ascoltato nessuno che nonportasse dati, statistiche, valutazioni a supporto di propo-ste, prese di posizione, indicazioni. Un grande interesse èstato dedicato alla ricerca in sé, altrettanto alle necessitàformative e di aggiornamento per gli operatori del setto-re (incluso alcuni poster, rigorosi e suggestivi, sul temadel burn-out) ed, ancora alle esigenze di un lavoro di rete(polizia, servizi sociali, medici di base, farmacisti).

Segnalo, infine, due aspetti che considero critici:1. La pressoché totale assenza di delegazioni di

numerosi paesi europei. In generale, mancavano sia l’Eu-ropa del Sud, sia la Germania, sia alcuni paesi del NordEuropa. A contrappunto di questa assenza, una stragran-

de maggioranza di presenze dai paesi anglofoni:Regno Unito, Australia, Canada e Stati Uniti so-prattutto. Anche se forse ha influito il sovrapporsidi un altro evento importante come la prossimaConferenza latina sulla riduzione del danno (dal30 giugno al 2 luglio a Barcellona) – a cui moltioperatori ed esperti del Sud Europa parteciperan-no, è ugualmente utile chiedersi le ragioni di as-senze così visibili proprio nell’occasione in cuil’assise annuale di Ihra si celebrava in Europa. For-se, un problema di culture differenti? Di difficoltàlinguistiche?

2. È mancato vistosamente un confrontocon altri approcci, dando la sensazione di un ri-schio di autoreferenzialità. Ad esempio, non si è

affrontato il ruolo della riduzione del danno all’interno,ad esempio, di una strategia dei quattro pilastri (lotta altraffico, prevenzione, trattamento, riduzione del danno).Piuttosto, è prevalsa l’immagine, la proposta onnicom-prensiva di harm reduction “a scapito” di altre strategie.

La prossima Conferenza si terrà in Canada, a Van-couver, dal 30 marzo al 4 aprile 2006 ed avrà come temacentrale il ruolo e le possibilità dell’intervento basato suipari. ■

Maggiore informazione sul sito: www.harmreduction2006.ca/

4 FUORILUOGOITALIAMONDO

Supplemento mensilede il manifesto29 aprile 2005

BELFAST, 16A CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLA RIDUZIONE DEL DANNO

A EST QUALCOSA SI MUOVE

la citazione della legge è grave, ma quellodi considerare un progetto come già vinco-lante per la amministrazione è ancora piùgrave. La citazione sbagliata è, però, illumi-nante: la rondine della custodia attenuatanon fa primavera, nonostante la coinciden-za del giorno inaugurale, perché il pacchet-to preparato con il progetto Fini moltipli-cherà i tossicodipendenti in carcere, confi-dando nella punizione e nella galera tera-peutica, inesorabilmente sempre più ugua-le a quella della quasi totalità dei detenutioggi: ozio e inerzia in cella per 20 ore su 24:la galera rende liberi.Un motto tira l’altro. Torniamo alla custo-dia attenuata del progetto per trovare plu-risottolineata l’importanza e la possibilitàdel lavoro. Un pochino più di attenzione al-la legge non sarebbe stata male. Si può usci-re fuori con pene non superiori a 4 anni conl’affidamento in prova dell’art. 94 del Dpr

309/90, non, come dice il testo del progetto,con il lavoro all’esterno dell’art. 21 Ordina-mento penitenziario. Con questa norma(salvo casi particolari, per i quali i 4 anni so-no sempre non pertinenti) si può uscire fuo-ri per lavoro con qualsiasi pena da espiare.Ma, appunto, il lavoro resta al centro. Tantoche non vengono menzionate altre attivitàtrattamentali e, particolarmente, quelle re-lative alla osservazione e agli interventi sul-la persona, centrali, invece, nei programmidi buona parte delle comunità, nelle quali,comunque, il lavoro fa parte della terapia enon è retribuito. Qui si parla di retribuzio-ne, di cooperative sociali, di legge Smura-glia, ma, a prescindere dal fatto che l’appli-cazione della legge Smuraglia è abbastanzaonerosa e non si è sentito parlare del suo ri-finanziamento, in presenza di una parteci-pazione alla gestione delle comunità, nonprevarrà alla fine il lavoro non retribuitoche le caratterizza?Un’altra osservazione, piuttosto fondamen-

tale. Quale sarà il rapporto con le comunità,che dovrebbero partecipare alla gestione?Bisognerebbe riflettere sulla convivenza diun regime detentivo con un regime comu-nitario. Fra i due regimi si può stabilire unrapporto di contrasto o di convivenza o disovrapposizione. La gestione di tale rappor-to non è facile, anche perché dovrebbe te-nersi sempre conto del fatto, ribadito sulpiano legislativo, come si è ricordato, chel’assistenza ai tossicodipendenti in carcere èoperata dai servizi pubblici competenti, chese ne occupano qualche volta di più e qual-che volta di meno, ma che, comunque, de-vono dire la loro. Qui si prevede, addirittu-ra che partecipino al progetto più comunità.Quelle menzionate hanno modalità di inter-vento diversissime, ma l’unica di cui si èparlato concretamente è San Patrignano,per la quale, giudicando a occhio, ci si puòaspettare un rapporto di sovrapposizione:alla gestione detentiva, si sovrappone un’al-tra gestione non molto diversa, che si ag-giunge alla prima: con tanti saluti alla atte-nuazione della custodia. In questo quadro,

altri segnali non sono incoraggianti: peresempio la formazione degli operatori fatta,anche qui, dal carcere e dalla comunità: deiservizi pubblici, competenti per legge a da-re le linee del trattamento, non si parla. Nonsi parla di programmi terapeutici presso iservizi pubblici, ma solo in comunità. E quici si può chiedere: ma chi pagherà l’acco-glienza in comunità se i servizi pubblici so-no relegati sullo sfondo? Certo, a San Patri-gnano non si paga: il partner ideale dellaamministrazione resta quello.Il patto con la comunità, poi, è di acciaio: inpermesso si va in comunità, in comunità siattua il programma, in comunità si resta afine pena, se si pensa che non siamo ancoraa tiro.Molte ombre, dunque, in questo progetto.Si può solo sperare che anche questo facciaparte degli annunci che, in questa materia,si susseguono da due anni per sostituire lastrategia della punizione a quella dell’ab-bandono, più semplice e altrettanto rovi-nosa.

Sandro Margara

I consumatori corrono ancora troppi pericoli, e non solo in democrazie

traballanti. Fortissima l’indignazioneper le pressioni degli Usa sull’Onu

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IL PATTO D’ACCIAIO DI CASTELFRANCO

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5Supplemento mensilede il manifesto29 aprile 2005 FUORILUOGOITALIA

MONDO

J o e p O o m e n *B R U X E L L E S

Agiugno l’Ue adotterà il Pianod’azione sulle droghe 2005-2008.Finora il processo di elaborazio-ne di questo Piano si è svolto aporte chiuse: nessun osservatoreesterno è stato ammesso alle riu-nioni in cui i rappresentanti de-gli stati membri e la Commissio-ne europea discutono il testo.Lo scorso ottobre l’Osservatorio

di Lisbona (Emcdda), l’istituto di ricerca che riceve 7,5 mi-lioni di euro all’anno per valutare la situazione delle dro-ghe nell’Ue, ha pubblicato una valutazione del Piano d’a-zione 2000-2004. Questi risultati sollevano dubbi molto for-ti circa l’efficacia del Piano stesso. La prevalenza del consu-mo di droghe non è scesa, la loro reperibilità non è dimi-nuita e, quanto ai reati connessi alle droghe e ai danni perla salute, dai rapporti dell’Emcdda è impossibile sapere sele cose siano migliorate o peggiorate.

La bozza del nuovo Piano d’azione, resa nota dallaCommissione a febbraio, ripropone sostanzialmente glistessi obiettivi del piano precedente. Secondo la Commis-sione, il piano «si rivolge in particolarea quelle aree che, come la valutazioneha messo in luce, necessitano di ulterio-ri progressi». Questo significa che si stacontinuando con un approccio la cuiinefficacia è stata dimostrata dallo stes-so istituto creato per informare le auto-rità sugli effetti delle loro politiche.

Ci sono molti motivi per esserepreoccupati degli effetti della politicasulle droghe nella società europea. Inprimo luogo, le leggi antidroga porta-no alla criminalizzazione di milioni dicittadini, senza alcuna evidenza chequesto sia un modo efficace di ridurreil danno causato alla sicurezza pubbli-ca. In secondo luogo, nelle condizioniattuali il consumo spesso avviene in modi irresponsabili enon sicuri che creano un danno significativo alla salute deiconsumatori e al territorio.

Le autorità sembrano voler ignorare che le loro po-litiche non funzionano, invece di basarsi sulle evidenze re-lative alla loro efficacia. In società democratiche, non dob-biamo continuare a portare avanti politiche che sappiamoinefficaci.

A livello locale, la drug policy europea presentaaspetti positivi. In molte città le istituzioni hanno datoascolto alle persone che sono in contatto quotidiano con lerealtà della strada, che conoscono l’effetto delle politichesulla vita delle persone. Gli amministratori hanno iniziatoa capire che le politiche basate sul dogma della proibizionesono controproducenti, e hanno abbracciato la riduzionedel danno. Dai rapporti pubblicati annualmente dal-l’Emcdda, appare evidente che misure quali lo scambio si-ringhe, le terapie a mantenimento, le stanze del consumo ela distribuzione controllata di eroina sono la vera ragionedei successi finora ottenuti. D’altro canto in paesi dove an-cora si stenta ad accettare la riduzione del danno, come adesempio i paesi baltici, ci troviamo di fronte a un’allarman-te epidemia di Hiv/Aids. Per contrastarla, l’Ue deve per-seguire la riduzione del danno come elemento cruciale del-

le politiche sulle droghe.È importante sottolineare che la

riduzione del danno non è stata pro-mossa dai politici o dalle autorità madai cittadini, che spesso hanno lavoratoin modo sotterraneo con il rischio di in-

correre nei rigori della legge. Questi cittadini, consumatorio operatori, sono i veri architetti di una nuova drug policyeuropea, ed è tempo che le autorità ne prendano atto. Pro-prio per la stigmatizzazione delle droghe e dei consumato-ri, il rinnovato approccio a questa questione non potevaprovenire che dal basso, dall’interno della società, comemodo di risolvere un trauma nascosto. Dapprima a livelloindividuale, tra gli stessi consumatori, poi tra i loro fami-liari e amici, nei loro contesti, poi a livello dei governi loca-li, regionali e nazionali, e infine a livello sovranazionale.Oggi siamo giunti a quest’ultimo livello.

Sin dal 1986, quando nel Parlamento europeo sonoiniziate le prime riflessioni su una politica sulle droghe eu-ropea, è stato sottolineato che i cittadini devono essere coin-volti nell’elaborazione delle politiche. Purtroppo, negli ul-timi vent’anni il Consiglio europeo e la Commissione nonlo hanno mai fatto. Di conseguenza l’attenzione dell’opi-nione pubblica e persino dei parlamentari è stata tenutalontana dagli esiti negativi delle politiche attuali, ed è man-cato un dibattito sulle lezioni che da essi possiamo trarre.

Oggi l’Europa è ancora coinvolta in una guerra al-la droga, o per meglio dire una guerra ad alcune droghe, oancor meglio: una guerra ad alcune persone che usano al-cune droghe. Ma come ormai dovremmo avere imparato,

le guerre non servono a risolvere i pro-blemi sociali. La domanda non è se ledroghe siano pericolose. Naturalmen-te, tutte le droghe possono esserlo. Ladomanda è se la società tragga dallaproibizione un vantaggio o uno svan-taggio.

Per rispondere a questa do-manda è necessario ascoltare la vocedei cittadini: quella dei consumatori inpaesi candidati come la Bulgaria, doveil possesso di meno di un grammo diqualunque droga illegale, compresa lacannabis, può portare a una pena di 15anni di reclusione; degli operatori sani-tari, che cercano di restituire piena cit-tadinanza ai consumatori in quanto

obiettivo cruciale del loro trattamento; degli scienziati chehanno prodotto migliaia di pagine contenenti evidenze sulricorso alle foglie di coca o alla canapa per garantire la si-curezza alimentare globale e lo sviluppo sostenibile; di pa-renti che hanno constatato come le leggi sulle droghe ab-biano trasformato i loro cari in criminali.

Approvando il Rapporto Catania, il Parlamentoeuropeo ha compiuto un primo passo verso questo obietti-vo. Il rapporto è un grande risultato per raggiungere unconsenso politico su quella che dovrebbe essere la direzio-ne chiave di politiche delle droghe intelligenti: ridurre ildanno, creare spazio per gli usi positivi delle sostanze e, last but not least, coinvolgere la società civile nel processodecisionale.

Chiediamo perciò al Parlamento europeo di conti-nuare a monitorare il Piano d’azione per fare in modo chequesto, nella versione finale, rifletta le raccomandazionidel Rapporto Catania. Non avrebbe senso aver fatto votareil Parlamento su un testo così importante, senza poi tener-ne conto nell’implementazione delle politiche. Rifiutare ditenere conto di questo testo significherebbe negare al Par-lamento europeo il suo scopo principale, e questo, in unmomento in cui i cittadini europei sono chiamati a votareper una nuova Costituzione. Ciò darebbe un esempioestremamente negativo del modello di democrazia chel’Unione europea intende offrire. ■

* Encod. Intervento pronunciato nel corso dell’audizione pubbli-ca sulle droghe della Commissione giustizia e libertà civili delParlamento europeo che si è tenuta il 21 aprile a Bruxelles

Piano d’azione dell’Unione europea, la parola alle associazioni

VOCI DAL FRONTEGIUSTO CATANIA

L’audizione del 21 aprile sul Piano d’azione europeosulle droghe, organizzata a Bruxelles dalla Commis-sione Libertà pubbliche del Parlamento Europeo,può segnare una svolta nel rapporto tra le istituzionicomunitarie e le associazioni che operano dal basso.

La Commissione Europea, nella redazione del documento chesarà ufficiale a giugno, non ha sentito il bisogno di confrontar-si con gli operatori così come veniva chiesto esplicitamente dalParlamento europeo nella raccomandazione sulla strategia an-tidroga 2005-2012 e non ha neanche ritenuto di recepire le in-dicazioni che lo stesso Parlamento ha approvato il 15 dicembrescorso.Siamo davanti a una scissione delle responsabilità democrati-che: da un lato la rappresentanza democratica dei cittadini eu-ropei (il Parlamento) e le organizzazioni sociali operanti neiterritorio chiedono il cambio di strategia, si mobilitano con unaraccolta di firme (già ventimila quelle raccolte da Encod!), ri-tengono prioritario abbandonare le logiche proibizionistiche erepressive per costruire una strategia che abbia un approccioscientifico e che insista sulla depenalizzazione del consumo,dia una centralità alla riduzione del danno e avanzi ipotesi al-ternative alla “war on drugs.”I governi, invece, e le loro emanazioni istituzionali (consiglio ecommissione europea), che sempre di più appaiono imper-meabili alle richieste collettive e si mostrano impregnati di as-siomi ideologici reazionari, scelgono di perseguire in mododottrinario e con un’imbarazzante testardaggine le strategiefallimentari che non hanno prodotto alcun risultato e che anzihanno segnato il fallimento di tutti gli obiettivi proposti dal-l’Unione europea e dalla stessa agenzia dell’Onu.

Le stesse istituzioni comunitarie, come l’Osservato-rio di Lisbona, non riescono più a occultare i nu-meri di un fallimento complessivo delle strategieadottate dagli Stati membri e le prossime relazionisull’Europa a venticinque inesorabilmente segne-

ranno la sconfitta definitiva di un modello culturale e di unaimpostazione politico-ideologica assolutamente inefficace.Per queste ragioni penso che bisogna porsi due obiettivi a me-dio termine: uno sul livello europeo ed internazionale e l’altroper l’Italia.Il primo ha tempi un po’ più lunghi e ha come sbocco il 2008quando il piano dell’Onu, predisposto da Pino Arlacchi e pro-seguito pervicacemente da Antonio Maria Costa, giungerà aconclusione e saremo costretti finalmente a fare le nostre valu-tazioni sugli effetti fallimentari che la strategia delle Nazioniunite ha prodotto su scala planetaria, e contemporaneamenteverificheremo il primo triennio del piano d’azione dell’Unioneeuropea, sperando che nel frattempo tra i governi europei,compresa l’Italia, si sia modificato il segno politico.Il secondo obiettivo, oltre ad essere importante in sé, pertantoè propedeutico alle strategie internazionali: infatti bisogna pro-durre un’offensiva politico-culturale per costruire un pro-gramma di governo alternativo in Italia che abbia tra i puntiqualificanti la questione delle droghe, evitando gli errori dei re-centi governi di centro-sinistra che si sono limitati a qualchebuona dichiarazione d’intenti che non ha prodotto un realecambio di impostazione e di strategia. La base di partenza anche per l’Italia può essere la risoluzionedel Parlamento europeo approvata il 15 dicembre scorso; in-fatti il rapporto, di cui sono stato relatore, è stato votato da tut-ti i parlamentari europei che aderiscono ai partiti dell’Unione.L’audizione del 21 aprile a Bruxelles può rappresentare un ot-timo metodo per coinvolgere i numerosi opera-tori del settore e avviare un’offensiva politico-culturale che produca un coinvolgimento dimassa perché l’allargamento del consenso sullestrategie anti-proibizioniste è elemento priorita-rio per vincere questa importante partita. ■

FL Il rapporto Catania su:www.fuoriluogo.it

Le politiche antidrogaattuate dall'Ue non sono efficaci, e i pochi risultati positivi sono stati ottenuti soprattuttocon pratiche di riduzionedel danno attuate dagli amministratori locali

Un fallimento non più occultabile

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6 Supplemento mensilede il manifesto29 aprile 2005FUORILUOGOCANAPA

L e s t e r G r i n s p o o n *

La cannabis è una so-stanza notevolmentesicura. Sebbene noninnocua, è sicuramen-te meno tossica dellamaggior parte dellemedicine convenzio-nali che potrebbe so-stituire se fosse dispo-nibile legalmente. No-

nostante sia stata usata da milioni di personeper migliaia di anni, la cannabis non ha maicausato una morte per overdose. La preoccu-pazione più seria è il danno respiratorio se lasi fuma, ma questo può essere facilmente af-frontato aumentando la potenza della canna-bis e ricorrendo alla tecnologia per separarele particelle di materia presenti nel fumo dimarijuana dai suoi principi attivi, i cannabi-noidi (mediante vaporizzatori). Quando avràriottenuto il posto nella farmacopea statuni-tense che perse nel 1941 dopo l’approvazionedel Marihuana Tax Act (1937), la cannabis saràtra le sostanze meno tossiche ivi presenti. Og-gi il pericolo maggiore del consumo di can-nabis è la sua illegalità, che infligge a personegià sofferenti molta ansia e una spesa elevata.

Un farmaco storicoTra il 1840 e il 1900, in riviste mediche ame-ricane ed europee, sono stati pubblicati piùdi cento articoli sugli usi terapeutici dellacannabis. Era raccomandata come stimolan-te dell’appetito, miorilassante, analgesico,sedativo, anticonvulsivo e per trattare la di-pendenza da oppio. Un professore della fa-coltà di medicina di Calcutta, W. B. O’Shau-ghnessy, fu il primo medico occidentale adosservarne le proprietà curative. Egli som-ministrò la cannabis agli animali, si convin-se che era sicura, e iniziò a usarla con pa-zienti sofferenti di rabbia, di reumatismi, diepilessia e di tetano. In un rapporto pubbli-cato nel 1839, scriveva di aver riscontratoche la tintura di canapa (una soluzione dicannabis assunta oralmente) era un analge-sico efficace. Era anche impressionato dallesue proprietà miorilassanti e la definì «un ri-medio anticonvulsivo del più grande valo-re». Nel 1890 J. R. Reynolds, un medico bri-tannico, sintetizzò trent’anni di esperienzacon la Cannabis indica, trovandola utile neltrattamento di varie forme di nevralgia,

compresa la nevralgia trigeminale (un dolo-roso disturbo neurologico facciale), e ag-giunse che era utile nel prevenire gli attacchidi emicrania. La trovò utile anche per certitipi di epilessia, per la depressione e a volteper l’asma e la dismenorrea.

Nel 1890 l’uso medico della cannabisera in declino. Si riteneva che la potenza deipreparati a base di cannabis fosse troppo va-riabile, e che le risposte individuali alla can-nabis assunta per via orale risultassero inco-stanti e imprevedibili.

Un’altra ragione per la quale furonofatte poche ricerche sulle proprietà analgesi-che della cannabis fu l’aumento generaliz-zato di oppiacei, verificatosi dopo che l’in-venzione della siringa ipodermica negli an-ni ‘50 dell’Ottocento consentì di iniettare so-stanze solubili come antidolorifici ad azionerapida; i prodotti della canapa non sono so-lubili in acqua e quindi non possono facil-mente essere somministrati per via iniettiva.Verso la fine del XIX secolo, lo sviluppo disostanze sintetiche come l’aspirina, il clora-lio idrato e i barbituricicontribuì anch’esso al de-clino dell’uso medicodella cannabis. Ma que-ste nuove sostanze pre-sentavano, e presentanoancora oggi, svantagginotevoli. Più di mille per-sone negli Stati Unitimuoiono ogni anni peremorragia indotta dall’a-spirina, e i barbiturici, na-turalmente, sono moltopiù pericolosi.

Ci si sarebbe po-tuto aspettare una atten-zione ai cannabinoidi daparte di medici alla ricerca di migliori anal-gesici e ipnotici, ma il Marijuana Tax Act del1937 impedì questo tipo di sperimentazioni.Esso imponeva una tassa sulle transazionidella marijuana: chiunque volesse importa-re, produrre, vendere, prescrivere ecc. lamarijuana, doveva registrarsi, annotare letransazioni e pagare delle tasse particolari aseconda delle finalità specifiche. Chi non os-servava la legge era soggetto a pesanti mul-te o al carcere per evasione fiscale. Anche se,evidentemente, il Marijuana Tax Act era stu-diato per impedire l’uso non medico di ma-rijuana, esso rese così difficile procurarsi lacannabis che nel 1941 questa fu rimossa dal-la farmacopea e dal ricettario nazionale de-gli Stati Uniti. Il Boggs Act del 1951 stabilì pe-ne detentive obbligatorie e grosse multe perla violazione di qualsiasi legge federale sul-le droghe, e il Narcotic Control Act del 1956aumentò quelle pene.

La riscoperta della canapa medicaTuttavia, negli anni ‘60 si cominciò a risco-prire il valore medico della cannabis, quan-do apparvero, in pubblicazioni non speciali-stiche, lettere di persone le quali avevanoscoperto che la cannabis poteva alleviare l’a-sma, la nausea, gli spasmi muscolari o il do-lore, e volevano condividere queste scoper-te con i lettori che già usavano quella droga.Nel frattempo la preoccupazione del legisla-tore sull’uso ricreativo della cannabis au-mentava, e nel 1970 il Congresso approvò ilComprehensive Drug Abuse Prevention andControl Act (chiamato anche Controlled Sub-

stances Act), che dividevale sostanze psicoattive incinque tabelle e collocavala cannabis nella Tabella I,la più restrittiva.

Negli ultimi ventianni, alcuni pazienti han-no potuto ottenere la ca-napa medica legalmente.A partire dagli anni ‘70trentacinque stati hannoapprovato normative cheavrebbero permesso l’usomedico di cannabis senon fosse stato per la leg-ge federale. In realtà mol-ti di questi stati, col per-

messo del governo federale, avviarono spe-ciali programmi di ricerca sull’uso di canna-bis per pazienti sottoposti a chemioterapiaper cancro. Questi progetti dimostrarono lavalidità sia della marijuana fumata che delThc (tetra-idro-cannabinolo) assunto per viaorale.

Nel 1986 la Fda (Food and Drug Ad-ministration) approvò il Thc per via orale(Marinol) come farmaco su prescrizione.Nel 1976 il governo federale aveva introdot-to il programma Individual Treatment Investi-gational New Drug Program (comunementechiamato «Compassionate Ind»), che fornivala cannabis ad alcuni pazienti i cui medicifossero disposti a sottoporsi alla proceduranecessaria per fare domanda (che richiede-va la compilazione di molte carte e la perdi-ta di molto tempo). Alla fine, circa una qua-rantina di pazienti ricevettero la cannabisprima che il programma fosse interrotto nel

1992, e ancora la ricevono sei superstiti delprogramma: le uniche persone in questopaese per le quali questa medicina non è vie-tata.

Lo stimolo più efficace al movimen-to per la marijuana medica venne dalla sco-perta che la marijuana poteva prevenire lasindrome di deperimento fisico da Aids.Non sorprende che la Physicians Associationfor Aids Care sia stata una delle organizza-zioni mediche che in California hanno ap-poggiato l’iniziativa per impedire i procedi-menti penali contro i pazienti che usano lamarijuana.

Ho condotto un’ampia disaminadella letteratura concernente gli usi medicidella cannabis. Nel mio libro Marihuana, TheForbidden Medicine, presento testimonianzein prima persona del modo circa l’efficaciadella canapa nell’alleviare i sintomi dellachemioterapia per cancro, della sclerosimultipla, della osteoartrite, del glaucoma,dell’Aids e della depressione, oltre a sintomidi patologie meno comuni come il morbo diCrohn, la gastroparesi diabetica, e disturbida stress post-traumatico. I resoconti dei pa-zienti illustrano non solo le proprietà tera-peutiche della cannabis ma anche l’inutile,ulteriore dolore e l’ansia imposti alle perso-ne malate che sono costrette procurarsi lacannabis illegalmente.

Il trattamento del cancroLa cannabis ha molti utilizzi nel trattamentodel cancro. Come stimolante dell’appetito,può contribuire a rallentare la perdita di pe-so nei malati. Può anche elevare il tono del-l’umore. Ma l’uso più comune è la preven-zione della nausea e del vomito associati al-la chemioterapia da cancro.

L’idea che la cannabis potesse essereusata nel trattamento del cancro nacque al-l’inizio degli anni ‘70 quando alcuni giovanipazienti sottoposti a chemioterapia riscon-trarono che fumare marijuana riduceva lanausea e il vomito. Uno studio del 1988(Vinciguerra et al.) su 56 pazienti che nonavevano ricavato beneficio dai prodotti an-tiemetici standard, trovò che il 78% di loro siliberava dei sintomi fumando marijuana. Iltetra-idro-cannabinolo orale (Thc) si è dimo-strato efficace laddove le sostanze standard

Negli Usa l’uso medico della marijuana, ben notogià nell’800, declinò conl’invenzione della siringaipodermica e il ricorsomassiccio agli oppiacei.Nel 1941 fu ufficialmentetolta dalla farmacopea

Storia medica della cannabis, una pianta dai rischi limitati e dai molti benefici

UNA RICCHEZZADA SFRUTTARE

* Dalla testimonianza giurata resa da Lester Grin-spoon nel caso “Ashcroft contro Raich” presso laCorte Suprema degli Stati Uniti per conto diNorml (National Organization for the Reform of Ma-rijuana Laws) e di The Norml Foundation.

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Ashcroft contro Raich. Un caso politico, non solo giudiziario

LA GUERRA SPORCADELLA CASA BIANCAM a s s i m i l i a n o V e r g a

Entro la fine di giugno, la Corte Suprema degli Stati Uniti è chiamataa pronunciarsi sul caso Ashcroft vs. Raich, che vede coinvolte duepazienti californiane – Angel Raich e Diane Monson – e il Diparti-mento della Giustizia Usa. Il pomo della discordia, ancora una vol-ta, è l’uso di marijuana a scopo terapeutico.Trattandosi di una vicenda complessa, occorre procedere per gradie delineare brevemente i diversi aspetti che la caratterizzano.Il Controlled Substance Act. Innanzitutto: che cosa dice la legge fe-derale? Negli Usa, il possesso e l’uso di marijuana sono disciplinatidal Controlled Substance Act (Csa) del 1970. La marijuana è inserita in

Tabella 1 insieme alle sostanze, come l’eroina, a cui non è riconosciuto alcun valore tera-peutico e che presentano «un alto rischio di abuso anche sotto stretto controllo medico». Sitratta dunque di sostanze che non possono essere prescritte. Ai fini del nostro discorso, oc-corre però ricordare che mentre la prescrizione viola il Controlled Substance Act, una racco-mandazione (cioè il “semplice” parere professionale di un medico) non dovrebbe essere con-traria alla legge federale. Tuttavia, proprio il caso Ashcroft vs. Raich dimostra che il condi-zionale è d’obbligo.

La Proposition 215. Dopo la rivalutazione medica della marijuana negli anni ‘70del secolo scorso, all’inizio degli anni ‘90 compaiono i primi Cannabis Buyers’ Clubs, ovveroassociazioni di pazienti nate allo scopo di fornire marijuana ai malati. La nascita dei Clubsprecede la storica “svolta” californiana del 1996, anno in cui viene approvata la Proposition215, che riconosce il diritto di possedere e coltivare marijuana per scopi terapeutici, se «l’u-so si dimostra appropriato ed è stato raccomandato da un medico». In breve, la legge ca-liforniana si centra sulla “necessità medica” quale tutela fondamentale per i pazienti in ca-so di controversia legale. La strada californiana viene successivamente adottata da diversistati. Attualmente sono 11 gli stati che tutelano, sebbene in misura diversa, i pazienti cheusano marijuana dietro raccomandazione medica.

La Commerce Clause. Veniamo al caso: quali sono i punti d’attrito? Tutto ruota in-torno a due domande. Il Controlled Substance Act vale sempre e comunque (quindi, ancheper l’uso medico di marijuana, come sostiene Ashcroft)? Oppure, se la coltivazione e il pos-sesso sono per uso medico personale, tutelato dalla legge statale, viene meno la sua “so-vranità”? Nel caso specifico, tuttavia, la questione non tocca soltanto le proprietà terapeu-tiche della cannabis (negate da Bush & C.), ma coinvolge direttamente anche la CommerceClause della Costituzione Usa. In breve, questa clausola garantisce piena autonomia aglistati sul commercio interno ai loro confini, ma consente al governo federale di intervenirein caso di commercio tra stati. Secondo il governo Usa la coltivazione e la cessione (notare:gratuita) di marijuana ai pazienti, pratiche riconosciute dalla legge californiana, rientrereb-bero nella fattispecie prevista dalla Commerce Clause, essendoci la presunzione che non sitratti soltanto di un fatto “interno”, ma potenzialmente di traffico di droga. Questo giusti-ficherebbe l’intervento federale.

Il caso in breve. È utile ricordare i passaggi salienti della vicenda giudiziaria. Nel2002, Raich e Monson chiamano in giudizio il governo federale dopo i raid di cui sonostate vittime entrambe. Le due pazienti chiedono alla corte federale del loro distretto diimpedire questi raid. La Corte rifiuta. Ma nel dicembre del 2003, la Corte d’Appello diSan Francisco (9th Circuit) accoglie invece le loro richieste, sottolineando l’incostituzio-nalità del ricorso al Controlled Substance Act da parte del governo federale, in quanto laCommerce Clause non può essere invocata perché le pazienti coltivano marijuana per usopersonale all’interno dei confini dello stato e senza infrangere le leggi della California. Difatto, questa decisione garantisce anche tutti i pazienti degli stati sotto la giurisdizionedella Corte d’Appello di San Francisco, ovvero Alaska, Arizona, California, Hawaii, Ne-vada, Oregon, Washington (7 degli 11 stati con leggi sulla marijuana medica). Nell’apri-le 2004, Ashcroft & C. si appellano alla Corte Suprema e il caso, da Raich vs. Ashcroft, di-venta Ashcroft vs. Raich. Il 29 novembre 2004 viene fissata l’udienza per ascoltare le “ra-gioni” del governo e quelle della difesa, in attesa della sentenza, appunto prevista per lafine di giugno.

I precedenti. Si tratta del terzo caso sulla “marijuana medica” che giunge alla Cor-te Suprema. Per ora, per così dire, siamo 1 a 1. Nel 2001, infatti, la Corte dichiarò illegale perla legge federale la distribuzione di marijuana, anche se a fini terapeutici e anche se appro-vata dalla legge di uno stato. Il caso vedeva coinvolta la Oakland Cannabis Buyers’ Coopera-tive. Tuttavia, in quell’occasione, il giudice non prese in esame anche la questione dell’usoda parte dei pazienti californiani, ma si occupò soltanto della distribuzione. Da notare chela Raich era coinvolta anche in questo caso.

Nel 2003, invece, nel caso Conant vs. Walters, la stessa Corte Suprema, dando tortoall’amministrazione Bush, confermò la sentenza di un giudice federale con la quale si im-pediva agli agenti federali di svolgere indagini sui medici che raccomandavano marijuana.Si trattò di una vittoria importante per la tutela della libertà medica di agire secondo scien-za e coscienza. Sulla questione si è pronunciato anche il Medical Board della California nel2004, che ha definito la marijuana «an emerging treatment modality» e ha escluso il ricor-so a provvedimenti disciplinari per i medici che la raccomandano ai loro pazienti. ■

Supplemento mensilede il manifesto29 aprile 2005 FUORILUOGO 7

non lo erano, ma fumare genera un sollievopiù rapido e prevedibile perché provoca piùvelocemente l’innalzamento della concen-trazione di Thc nel sangue fino al livello ne-cessario. Inoltre potrebbe essere difficile perun paziente che soffre di nausea assumeremedicine per via orale. In effetti, ci sono for-ti evidenze che la maggior parte dei pazien-ti sofferenti di nausea e vomito preferiscefumare la marijuana piuttosto che assumereil Thc oralmente.

È possibile che gli oncologi siano sta-ti all’avanguardia nel riconoscere il poten-ziale terapeutico della cannabis. Nella pri-mavera del 1990, due ricercatori seleziona-rono a caso più di 2000 membri della Ameri-can Society of Clinical Oncology e spedironoper posta un questionario anonimo per ave-re il loro parere sull’uso della cannabis perla chemioterapia. Quasi la metà di essi ri-spose. I ricercatori dovettero riconoscereche si trattava di un gruppo auto-seleziona-to, con conseguente rischio di bias nelle ri-sposte, tuttavia i risultati di questa indaginepermettono una stimaapprossimativa dell’opi-nione degli specialistisull’uso del Marinol(dronabinol, Thc sinteti-co orale), e sulla marijua-na fumata. Solo il 43%dichiarava i farmaci an-tiemetici disponibili le-galmente (compreso ilMarinol) adeguati pertutti i loro pazienti o perla maggior parte di loro;e solo per il 46% questifarmaci erano esenti daseri effetti collaterali. Il44% aveva raccomanda-to l’uso illegale di cannabis ad almeno unpaziente, e la metà l’avrebbe prescritta adalcuni pazienti se fosse stato legale. In me-dia, essi consideravano la marijuana fuma-ta più efficace del Marinol e grossomodo al-trettanto sicura.

Marijuana versus MarinolGli oncologi sono legalmente autorizzati asomministrare il Thc sintetico (Marinol)orale in capsule, ma inalare la cannabis può

rendersi necessario per svariate ragioni. Perprima cosa, il Thc orale è soggetto alle va-riazioni della biodisponibilità (quantità diprincipio attivo assorbito dall’organismo,ndt). Questo significa che due pazienti, puravendo assunto la stessa dose, possono an-che assorbirne proporzioni diverse, e un da-to paziente può rispondere diversamente ingiorni diversi, a seconda della condizionedel tratto intestinale e di altri fattori. Inoltre,gli effetti della cannabis fumata sono perce-piti quasi immediatamente, perciò i pazien-ti possono fumare lentamente e assumeresolo la quantità che gli serve per l’effetto te-rapeutico. I pazienti che ingeriscono il Ma-rinol possono scoprire, magari dopo un’ora,di avere assunto una dose eccessiva, o alcontrario troppo piccola per alleviare i sin-tomi. In ogni caso, un paziente che soffra diforte nausea e che vomiti costantemente po-trebbe trovare quasi impossibile ingoiare lacapsula senza rigettarla. Inoltre, in alcunipazienti il Marinol provoca ansia e un sensodi disagio.

In teoria, si potrebbero sfruttare tut-te le proprietà terapeutiche della cannabisse i singoli cannabinoidi fossero isolati e re-si disponibili separatamente come farmaci,come si fa con il Thc. Ma sarebbe un proce-dimento enormemente complicato. Nella ri-cerca, si dovrebbero valutare il potenzialeterapeutico e la sicurezza di oltre sessantasostanze, sintetizzare tutte quelle risultateutili, e confezionarle come pillole o aerosol.Poiché alcune di queste sostanze probabil-mente agiscono in sinergia tra loro, sarebbeinoltre necessario prendere in esame variecombinazioni. Comunque, nessuna societàfarmaceutica fornirebbe le risorse necessa-rie per un progetto simile perché la cannabisnon può essere brevettata. È una pianta con-tenente molte sostanze chimiche e non unasola, e nessun farmaco presente nell’attualefarmacopea viene somministrato attraversoil fumo.

Chi si oppone alla cannabis medicaspesso obietta che le evidenze a favore, an-che se forti, provengono solo dai resocontidi singoli casi e dall’esperienza clinica. È ve-ro che, finora, ci sono pochi studi (controlla-ti e a doppio cieco) che soddisfino gli stan-

dard della Food and DrugAdministration, ancheperché sono stati semprefrapposti ostacoli sia le-gali, che burocratici e fi-nanziari. Sappiamo co-munque di più sulla can-nabis che sulla maggiorparte dei farmaci prescri-vibili. Inoltre, spesso le ri-sposte terapeutiche indi-viduali non risaltano ne-gli esperimenti di grup-po, e peraltro i resocontidei singoli casi e l’espe-rienza clinica sono la fon-te di molta parte delle no-

stre conoscenze sui farmaci. Come ha osservato il dottor Louis

Lasagna, non sono stati necessari esperi-menti controllati per riconoscere il poten-ziale terapeutico del cloralio idrato, dei bar-biturici, dell’aspirina, dell’insulina o dellapenicillina. Né è con esperimenti simili chesi è scoperta l’utilità del propranolo per l’i-pertensione, del diazepam per l’epilessia e

aGli oncologi sono stati tra i primi a riconoscere le proprietà antiemetichedella pianta, che per molti pazienti in chemioterapia si rivela più efficace del Marinol, il Thc sintetico reperibile in farmacia

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P e t e r C o h e n

La traduzione italiana del libro MarijuanaMyths, Marijuana Facts, che gli statuni-tensi Lynn Zimmer e John P. Morganhanno dato alle stampe nel 1997, èun’ottima iniziativa di Fuoriluogo edell’editore Vallecchi, che lo proponeora al pubblico italiano con il titoloMarijuana: i miti e i fatti. I due autorihanno esaminato l’ampia letteraturascientifica relativa a molte credenze

diffuse circa gli effetti della marijuana. Hanno analizzato unagrande quantità di articoli scientifici (nella versione originale lenote bibliografiche occupano una settantina di pagine), che so-no riusciti a sintetizzare in poco più di 200 pagine nella tradu-zione italiana.

L’ampiezza della panoramica offerta da questi autori èdavvero incredibile. Conosco una sola opera, unica nel suo gene-re, che si avvicini a questo risultato: il rapporto della Commissio-ne Nolin sulla marijuana del Senato canadese, pubblicato nel2002.

Prendendo in esame i rapporti go-vernativi su politiche a breve termine, checostituiscono la base delle nostre attualipolitiche sulla marijuana (e su altre drogheillecite), non possiamo non concludere chei governi hanno qualcosa da imparare daZimmer e Morgan. La lezione più impor-tante consiste nel come affrontare ciascunadi queste vecchie teorie sulla marijuana, enel come affrontare la serie infinita di nuo-vi “problemi” che vengono sollevati intor-no all’uso ricreativo di questa pianta.

La scelta dei venti “miti” sulla ma-rijuana riflette la situazione negli Stati Uni-ti della metà degli anni ‘90, e idealmentedovrebbe essere aggiornata ogni cinqueanni. Il motivo è che nascono continua-mente nuove idee sugli “effetti negativi”della marijuana. Queste idee si traduconoin una stringa di innovazioni che producecontinuamente nuovi miti. L’ultimo èquello secondo cui la marijuana causereb-be la “schizofrenia”, un mito creato da ri-cerche pubblicate negli ultimi due anni. Nel periodo in cui scri-vevano gli autori questo mito non era considerato molto impor-tante. Essi discutono invece quello, oggi menzionato raramente,secondo cui la marijuana determinerebbe “sindrome amotivazio-nale” o “follia”. Secondo altri miti discussi nel libro, la marijuanadanneggerebbe i polmoni più del tabacco, porterebbe a fare usodi altre droghe illegali, sarebbe criminogena, nuocerebbe al siste-ma immunitario. Quasi tutti i miti discussi faranno suonare uncampanello nella mente di molti lettori.

Uno dei problemi insormontabili per il pubblico nel suoinsieme e per la classe di governo è che analizzare una mole co-spicua di ricerche scientifiche è per loro un compito impossibile.Semplicemente, queste persone non sono in grado di reperire glistudi esistenti. E, cosa ancor più importante, non sono in grado digiudicarne la rilevanza o la qualità dal punto di vista scientifico.

Da questo punto di vista il libro di Zimmer e Morgan è ri-velatore. Permettetemi di fornire solo un esempio del perché leg-gere il libro è intellettualmente così appagante. Nel capitolo 13 gliautori discutono gli effetti della marijuana sulla gravidanza. Unadelle teorie sostenute è che la marijuana lederebbe la capacità in-tellettiva dei bambini nati da genitori consumatori di marijuana.

Zimmer e Morgan organizzano la letteratura su questamateria, discutono i modi in cui essa viene tradotta in una quan-tità notevole di progetti di ricerca, poi mettono a confronto le in-terpretazioni dei risultati e la trasformazione di queste interpre-tazioni in conclusioni.

Per il lettore profano è possibile, forse per la prima volta,

seguire il percorso dall’ipotesi originale alla ricerca, alla rilevazio-ne dei dati, e alla relazione di tutto questo con il “mito”. Per mol-ti lettori profani, e per i politici, l’intero processo mitopoietico po-trebbe diventare trasparente. Questo offre una sorta di back-ground generale su come guardare i nuovi miti, che appaionoquasi con la stessa frequenza delle stelle nei manuali di astrono-mia.

Questo apprendimento è forse il miglior servizio che il li-bro ci rende. Naturalmente la letteratura aumenta continuamen-te, e altrettanto vale per la quantità di informazioni sulla cannabiso altre droghe che mirano a spaventare i consumatori. Dopo ave-re letto il libro di Zimmer e Morgan, il pubblico italiano disporràdi un nuovo strumento su come guardare le vecchie e le nuoveteorie e, speriamo, su quali domande debbano essere formulatesulla “ricerca” a cui ci si appella per giustificare la teoria stessa.Avere un atteggiamento critico nei confronti di ciò che dicono gli“esperti” o i politici è vitale per una discussione sana.

Quasi tutti ignorano che la scienza moderna non è più“pura”. Il finanziamento della ricerca scientifica è oggi una que-stione profondamente politicizzata, e gli scienziati devono chie-dere fondi per fare ricerca a grandi istituzioni statali. La conces-sione del finanziamento da parte di queste istituzioni dipende

dalla prossimità delle questioni scientificherispetto alle politiche statali sulle questioni inballo. Se gli scienziati vogliono fondi per pro-getti che potrebbero mettere a rischio le poli-tiche statali, questi fondi vengono rifiutati.Ciò significa che gli articoli scientifici devonoessere letti con le doppie lenti: le lenti delloscienziato, e le lenti del politico che guardaalla rilevanza politica o al danno politico dicerti risultati. Molta ricerca moderna sulledroghe è pagata dalle istituzioni che investo-no pesantemente nella proibizione, come ilNida. Questo avviene anche in Italia, il chesignifica che molto lavoro scientifico, sempli-cemente, non esisterebbe se non fosse per ilsuo valore propagandistico.

Nell’edizione originale del 1997 dellibro mancano due articoli che arricchisconola versione italiana, rispettivamente di Fran-co Corleone e Grazia Zuffa. Corleone discu-te le idee del sociologo britannico Jock Youngsu come il consumo di droga divenga unsimbolo di devianza negativa. Egli estende

questa analisi sociologica criticando aspramente la attuale politi-ca delle droghe italiana voluta da Fini, e afferma che l’attuale go-verno di destra si rifà a una politica «dello stato etico che preten-de di imporre i propri valori con il carcere o con la cura coatta inuna rinnovata logica istituzionale manicomiale travestita da co-munità».

Alla disamina dei rapporti scientifici pubblicati dopo l’e-same di Zimmer e Morgan, Zuffa aggiunge la sua visione sul ruo-lo della scienza del dibattito politico sulle droghe. Formula inter-rogativi come «Dobbiamo saperne ancora di più?» e in una breveanalisi del ruolo della scienza nel dibattito politico dimostra chemolte ricerche scientifiche sulle droghe provengono da laborato-ri. Questo ci aliena dalla realtà del consumo di droghe, trasfor-mando così la nostra fede nella scienza in “scienza come fede”. E,last but not least, si dedica a sviluppare una analisi critica del con-cetto di dipendenza. Naturalmente, tale analisi è molto impor-tante se vogliamo capire come concetti quali “dipendenza” riflet-tano un modo di vedere il consumo di droghe come un drago po-licefalo. Questo drago “necessita” che i nostri politici si comporti-no come degli eroi, o meglio, come cavalieri senza macchia e sen-za paura in sella al loro destriero, con il compito di ucciderlo. Il te-ma è vecchio almeno quanto la storia di Don Chisciotte.

In breve, leggete il libro e il divertimento è assicurato! ■

Lynn Zimmer e John P. Morgan, Marijuana: i miti e i fatti, Vallecchi 2005,pagine 304, euro 19. Con una prefazione di Franco Corleone e un saggioconclusivo di Grazia Zuffa. Traduzione di Marina Impallomeni

Supplemento mensilede il manifesto29 aprile 2005FUORILUOGOCANAPA8

I ricercatori americaniZimmer e Morgan hanno

esaminato con curamigliaia di ricerchemettendo a punto

un prezioso strumentodi documentazione

MARIJUANA, IN LIBRERIA UN TESTO CARDINE CHE SFATA LUOGHI COMUNI E TEORIE PSEUDO-SCIENTIFICHE

PREGIUDIZI IN FUMOdell’imipramina per l’enuresi; originaria-mente, questi farmaci erano originariamen-te approvati per altri scopi.

La cannabis e la sperimentazione medicaNel metodo sperimentale noto come “espe-rimento randomizzato sul singolo pazien-te”, i trattamenti attivi e quelli placebo ven-gono somministrati in modo casuale in al-ternanza o in successione. Diversi pazientimi hanno detto di essersi assicurati dell’ef-ficacia della cannabis effettuando questiesperimenti su se stessi, alternando periodidi consumo a periodi di astensione. Sonoconvinto che la reputazione della canapacome farmaco si debba in parte a simili«esperimenti» condotti da molti altri pa-zienti.

Alcuni medici potrebbero giudicareirresponsabile incoraggiare l’uso di una me-dicina sulla base dei resoconti su singoli ca-si, liquidati a volte come evidenze mera-mente «aneddotiche», che prenderebbero inconsiderazione i successi manifesti, maignorando i fallimenti manifesti. Questo sa-rebbe un problema serio se la cannabis fosseuna droga pericolosa. Ma tutti i tentativi ne-gli anni tesi a dimostrare la pericolosità del-la canapa hanno in realtà dimostrato il con-trario. La cannabis è più sicura e ha minorieffetti collaterali della maggior parte dei far-maci prescrivibili; crea molta meno dipen-denza o è soggetta a minor abuso di moltesostanze attualmente usate come miorilas-santi, ipnotici e analgesici.

Sulla base delle migliori informazio-ni mediche disponibili, è evidente che lacannabis dovrebbe essere resa disponibileanche se solo pochi pazienti potessero trar-ne beneficio, giacché i rischi sono così limi-tati. Ad esempio, come ho detto, molti pa-zienti malati di sclerosi multipla trovano chela cannabis riduce i loro spasmi muscolari eil dolore. Qualche medico potrebbe non es-sere sicuro che un paziente del genere possaavere più beneficio dalla cannabis che daifarmaci standard come il baclofene, il dan-trolene e il diazepam – tutti farmaci che so-no potenzialmente pericolosi o creano di-pendenza ; ma è più che certo che non si ve-rificherà alcuna reazione tossica grave allacannabis. Perciò il beneficio potenziale èmolto maggiore di qualsiasi rischio poten-ziale.

Negli ultimi anni, l’utilità medicadella cannabis è divenuta evidente ad unnumero sempre maggiore di medici e pa-zienti, e sono aumentate le persone con unaesperienza diretta della sostanza. Perciò og-gi la questione non è l’efficacia della canapacome medicina, ma come renderla disponi-bile ai pazienti.

La posizione del governo secondocui la cannabis non avrebbe una applicazio-ne medica riconosciuta non è razionale, da-ta la messe di informazioni che ne confer-mano l’efficacia in campo medico. Per dipiù, il governo ha a lungo ostacolato la ri-cerca sulla cannabis. Se il governo degli Sta-ti Uniti non avesse opposto ostacoli alla ri-cerca, ritengo che saremmo almeno cin-quant’anni più avanti nella diffusione dellacannabis per le persone ne hanno bisognoper ragioni mediche.

Lester Grinspoon

RICCHEZZA DA SFRUTTARE� continua da pagina 7

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Supplemento mensilede il manifesto29 aprile 2005 FUORILUOGOGIUSTIZIA

CARCERE 9

PATRIZIO GONNELLA

Ora lo chiamano no condizionato. Così LaRussa e i suoi amici di Alleanza Nazio-nale hanno ribattezzato il loro no allaclemenza, dopo che Pannella ha riapertoil dibattito sulla questione amnistia-in-

dulto. Condizionato a che? Condizionato alla pre-ventiva approvazione di un’altra legge, la ex Ciriel-li-Vitali. Diventata famosa con il nome di salva Pre-viti, ben presto ha mostrato, il suo volto più truce diammazza-Gozzini. La Cirielli-Vitali, già approvatain un ramo del Parlamento, è una proposta di leggesulla recidiva. Prevede pene elevate per i recidivi,automatismi nella loro applicazione, riduzione al-l’osso dei benefici penitenziari. Ci si ostina contro isoliti ignoti, ossia immigrati, tossicodipendenti,marginali vari. Una legge del genere, se approvata,farebbe scoppiare le galere italiane. Sia il ministroCastelli che il suo vice Vitali, nel frattempo neo-pro-mosso da semplice deputato a sottosegretario allagiustizia, rivendicano questo “auspicabile” risulta-to. In una trasmissione radiofonica a Radio Radica-le il sottosegretario ha sostenuto che l’articolo 27della Costituzione si applica solo una volta, per cuiper il recidivo il carcere non può e non deve averealcuna finalità rieducativa. Dire pertanto che l’am-nistia e l’indulto vanno preceduti da una legge delgenere significa dire più o meno: “mettiamone ingalera a più non posso e poi, siccome siamo buoni,ne facciamo uscire qualcuno”.

Si tratta di una presa in giro. Alleanza nazio-nale – con l’eccezione del ministro Alemanno– ha affossato il dibattito sull’amnistia senzaavere il coraggio di rivendicarlo. Forse nonvogliono apparire duri e forcaioli come quel-

li della Lega. Forse pensano che così chiuderebberoogni possibile contatto con i radicali in vista delle fu-ture elezioni politiche. Forse temono un anatema, delpapa. Intanto, quest’ultimo scorcio di legislatura po-trebbe essere il più pericoloso per chi tiene a cuore idiritti delle persone. Chiusi in un angolo dal voto re-gionale, i nazional-alleati potrebbero tentare di recu-perare consenso riproponendosi con forza mediaticacome il partito dell’ordine e della sicurezza. La pro-posta di legge Fini sulle droghe e la ex Cirielli sulla re-cidiva potrebbero subire un’accelerazione. Rispetto aquesto quadro, si tratta di resistere, fare melina, fareostruzione. I sistemi penale e penitenziario potrebbe-ro non riprendersi più. L’Unione, qualora dovessetornare al governo, si troverebbe le prigioni stracolmee il codice penale modificato. Una riforma del codiceRocco, necessaria e non più differibile, sarebbe benpiù complicata. La Fabbrica di Prodi dovrebbe sin daoggi lavorare per un nuovo codice penale nel segnodella riduzione dei reati, della mitezza e della diver-sificazione delle san-zioni, così da arrivarenel 2006 ad avere untesto su cui iniziare ildibattito parlamenta-re. In questo frangenteun provvedimento diamnistia e indulto ge-neralizzati renderebbetutto più facile. Nonsarebbe solo un attostraordinario di cle-menza, bensì la pre-condizione per una se-ria riforma strutturale.

L'aumento dei detenuti tra i potenziali effetti della "Cirielli"

FORTISSIMI COI DEBOLIR o b e r t o M o r e t t o * e C a r l a Z u r r a * *

Il disegno di legge 2055, la cosiddetta legge “Ci-rielli”, apre scenari inquietanti sul futuro del car-cerario italiano. All’attenzione dell’opinione pub-blica è completamente sfuggito il fatto che taleproposta, oltre a dimezzare i tempi necessari allaprescrizione del reato per gli incensurati e a stabi-lire che gli ultra70enni scontino la pena presso illoro domicilio (da qui il nome di “salva-Previti”),muta completamente l’applicazione del Codicepenale a chi incensurato non è, cioè ai recidivi.

Nell’area penale i recidivi rappresentano una compo-nente oramai storicamente sedimentata con percentuali supe-riori al 60%. Nel sistema penitenziario italiano, i tossicodipen-denti, gli extracomunitari, i disagiati psichici e le “nuove po-vertà” rappresentano quasi l’80% della popolazione detenutaed è su questi “detenuti di serie B” che si riverserà l’inaspri-mento della risposta penale alla recidiva. Non è affatto irreali-stico prevedere che, entro un semestre dall’entrata in vigore diquesta sciagurata legge, agli attuali 60.000 detenuti “contenu-ti” negli Istituti italiani se ne verranno a sommare almeno al-tri diecimila.

Il ddl 2055, ora all’esame del Sena-to come S 3247, è composto di 10 articoli,che aggravano quasi tutti l’attuale legisla-zione penale. Così è per l’articolo 2, 1° com-ma, che concerne il divieto della concessio-ne delle attenuanti generiche ai recidivi.Attualmente le attenuanti generiche sonouna possibilità, per il giudice, di riequili-brare minimi e massimi edittali spropor-zionati alla reale pericolosità sociale di ta-luni tipi di reato. Ad esempio: con la nuo-va legge il furto di autoradio verrebbe san-zionato con una condanna minima di 4 an-ni e mezzo. L’articolo 3 prevede che ai reci-divi non possano essere concesse le atte-nuanti prevalenti o equivalenti alle aggra-vanti; nella pratica si traduce in un aumento automatico dellapena irroganda.

L’articolo 4 sottrae al giudice la discrezionalità nell’ap-plicazione dell’aumento di pena nei casi di recidiva.

L’articolo 5 prescrive che, sempre ai recidivi, l’aumen-to di pena per il reato continuato od in concorso non può es-sere inferiore ad un terzo della pena per il reato più grave; fi-nora la legge indicava solo l’aumento massimo e lasciava alladiscrezionalità del magistrato (che valutava appunto tutte lecircostanze del reato) la determinazione del quantum di penadi aumento.

L’articolo 6 (il famigerato “salva-Previti”) diminuisce iltempo necessario a prescrivere un reato rendendolo equiva-lente al massimo della pena edittale (ora la prescrizione, per idelitti, è suddivisa in 4 fasce: 5, 10, 15 e 20 anni) e prescrive chel’aumento (a causa delle varie cause interruttive) massimo deltempo necessario a prescrivere (ora è della metà), per l’incen-surato si limiterà ad un quarto, per il recidivo sarà di due ter-

zi e per il delinquente abi-tuale o professionale rad-doppierà.

L’articolo 7 al 1°comma innalza, per i reci-divi, la frazione di penada scontare prima di po-ter richiedere i cosiddetti“permessi premio”, con-cessi comunque a discre-zionalità del magistratodi sorveglianza; al 2°comma prescrive che ilcondannato ultra70ennepossa espiare presso il

suo domicilio tutta la pena (di qualsiasi entità!) purché nonsia recidivo (estrema rete di salvataggio per Previti e com-pagni di merende!); al 3° comma riduce da quattro a due an-ni la pena residua che il condannato (malato, anziano, mi-nore dei 21 anni o madre di un bambino) potrebbe espiare inregime di detenzione domiciliare; il 4° comma rende impos-sibile la concessione ai recidivi della detenzione domiciliareche finora chiunque, sotto i due anni di pena residua e nonrientrando nelle condizioni di cui al comma precedente po-teva chiedere; il 5° comma innalza, sempre per i recidivi, lafrazione di pena da scontare prima di poter richiedere l’am-missione al regime di semilibertà; il 6° comma estende a tut-ti i detenuti colpevoli di evasione il divieto di un successivoaccesso alle misure alternative alla detenzione (norma fino-ra riservata solo ai condannati per gravi reati); il comma 7infine, prescrive che i recidivi possano usufruire solo unavolta dell’affidamento in prova, della semilibertà o della de-tenzione domiciliare (fino ad oggi non c’era limitazione, de-cideva volta per volta il Tribunale di Sorveglianza).

L’articolo 8 prevede che ai tossicodipendenti recidivil’affidamento in prova terapeutico non possa essere concessopiù di una volta (oggi due volte).

L’articolo 9 vieta che ai recidivi siaapplicata la “legge Simeoni” che conceded’ufficio, in attesa che il tribunale di sor-veglianza si pronunci nel merito, la tem-poranea sospensione dell’esecuzione del-la pena qualora si richieda una misura al-ternativa alla detenzione.

Al 30 giugno 2004 i detenuti (e ledetenute) ristretti nelle carceri italiane era-no 56.532 di cui ben il 35,64 % (20.151) an-cora in attesa della sentenza definitiva equindi, secondo il dettato costituzionale,presunti innocenti; già oggi, a fine anno, lepresenze sfiorano le 60.000 unità e con unamedia annua di più di 300.000 condannepenali non è incredibile ipotizzare che inpochi mesi non solo s’impennerà il trend

degli ingressi in carcere, ma anche che i mancati (o ritardati) ac-cessi alle misure alternative alla detenzione, determineranno unulteriore affollamento del circuito penitenziario italiano.

Consideriamo che la maggior parte degli imputati ècolpevole di “reati bagatellari” (di scarso allarme sociale) o diviolazioni conseguenti alla proibizione delle droghe (e qui faràaggio, se approvato, il disegno di legge Fini equiparante ledroghe leggere – cannabis e suoi derivati – a quelle “pesanti”,che già comprendono anche Lsd ed ecstasy) e che costoro so-no quasi tutti recidivi. Alla stragrande maggioranza degli im-putati (i recidivi) non si applicherà la sospensione dell’esecu-zione della pena (la “Simeoni”); d’ora in avanti un furto d’au-to verrà sanzionato penalmente con diversi anni di carcere; altossicodipendente recidivo (e quando mai si è visto un tossi-codipendente che non lo sia!) che rivende qualche dose di dro-ga per “guadagnare” il proprio fabbisogno giornaliero ver-ranno comminate condanne superiori agli otto anni di reclu-sione; dulcis in fundo, tutti i detenuti tossicodipendenti, se inpassato hanno già usufruito, con qualunque esito, di un affi-damento in prova terapeutico non potranno richiederne unsecondo etc.

Già oggi il circuito penale italiano, con poco meno di60.000 detenuti – e con oltre 100.000 persone che scontano laloro pena nel “carcere diffuso” (arresti domiciliari, comunitàterapeutiche, semilibertà etc.) – versa in quelle vergognosecondizioni che, bene o male, tutti conosciamo e nel quale par-lare di risocializzazione o di reinserimento sociale rimane unamera dichiarazione d’intenti.

Con queste premesse quanti saranno, a fine 2005, i cit-tadini a vario titolo (e forma) detenuti? ■

*Centro assistenza legale servizi a bassa soglia, Torino**Collaboratrice gruppo Prc, consiglio regionale Piemonte

Vien i avant i padano

«Così come gli aveva chiesto il ministro della Giustizia Ro-berto Castelli, Giuseppe Magni, l’ex consulente per l’edi-lizia penitenziaria di via Arenula indagato per concorso incorruzione e istigazione alla corruzione dalla procura diRoma per presunte irregolarità negli appalti delle carceri,smentisce tutto» (Il Messaggero, 11 aprile 2005).Da consulente a consigliato.

( m a r a m a l d o )

La clemenza cheserve a governare

L'inasprimento dellarisposta penale ai recidivisi riverserà su disagiati psichici, extracomunitari,tossicodipendenti e nuovipoveri, che costituiscononell'insieme quasi l'80% della popolazione detenuta

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Supplemento mensilede il manifesto29 aprile 2005FUORILUOGORIDUZIONE

DEL DANNO10

M a r i n a I m p a l l o m e n iR O M A

Un reticolo di stradine, case di due-tre piani che saturano il paesaggio in ordinesparso. Un po’ più in là la via Casilina, percorsa ogni giorno da migliaia di mac-chine che vanno e vengono incessantemente. Siamo alla Borghesiana, estremaperiferia est di Roma, qualche chilometro fuori del grande raccordo anulare.Il centro Aldea è nato nel 2000 grazie all’Agenzia per le tossicodipendenze delComune di Roma, che lo finanzia interamente, ed è gestito da un’associazionetemporanea d’impresa composta da Comunità Capodarco Roma Onlus (ca-pofila), Cooperativa Il Cammino, Associazione La Tenda, Associazione Noi eCapodarco. Di giorno, dalle 11 alle 19, può ospitare fino a dieci-quindici uten-ti. Alle 19 inizia il «notturno», che si conclude la mattina successiva alle 9. I po-

sti letto disponibili sono otto, ma bisogna prenotarsi con almeno un giorno di anticipo e comunque non èconsentito pernottare più di cinque notti consecutive. Gli utenti devono arrivare entro le 20, poi si cena.

Qui far rispettare le regole della convivenza è importante. Prima di mettersi a tavola, la sera, tuttidevono aver fatto la doccia. Ognuno ha una mansione da svolgere: c’è chi aiuta in cucina, chi lava i piat-ti, chi pulisce le camere da letto e così via. È rigorosamente vietato «farsi» all’interno del centro, ma anchenelle strade circostanti.

«I nostri utenti sanno che devono rispettare un codice comportamentale ben preciso» mi spiega ilcoordinatore, Franco Di Chirico. «In passato abbiamo avuto dei problemi con i vicini, soprattutto i primitempi. Non volevano che i tossicodipendenti per entrare da noi passassero nella loro strada, ma abbiamorisolto aprendo un cancello laterale. Insomma, serve un continuo lavoro di mediazione. E i nostri utentisanno che non devono assolutamente consumare sostanze quando sono da queste parti».

Lo scambio siringhe è un aspetto abbastanza marginale rispetto all’attività del centro anche per-ché, mi spiega Franco, «siamo lontani dai punti di consumo». Il posto è parecchio fuorimano e l’utenzanon è necessariamente di quartiere, perciò «c’è una certa autoselezione delle persone».

Franco mi spiega che l’utenza tende a essere «circolare». Molti uten-ti sono senza fissa dimora e, quando trovano posto, dormono a turno neiquattro centri notturni per tossicodipendenti di Roma (Aldea, Villa Marai-ni, Magliana ‘80, Tartaruga) in una sorta di circuito chiuso orizzontale. Ciòapre una contraddizione rispetto alla vocazione di «pronta accoglienza» diun progetto come questo, il cui obiettivo principale è ridurre i danni ma an-che facilitare l’accesso a servizi di altro tipo. Il ricambio nel corso degli annic’è stato, ma è riconducibile soprattutto ai ricoveri ospedalieri, alle morti, alcarcere. «Quello che manca sul territorio non è la pronta accoglienza, mal’accoglienza per periodi più lunghi» dice Franco. Per contrastare questacircolarità dell’utenza, il centro Aldea cerca di mettere in contatto i frequen-tatori del centro con i servizi presenti su tutto il territorio cittadino, dal Sert,al dipartimento di salute mentale, ai servizi municipali.

Mentre parliamo si avvicina a noi Maria (un nome fittizio). Non hala residenza e quindi non ha nemmeno il medico di base. Vorrebbe tantoaverla, Franco la rassicura: se ne occuperanno. Per ottenere la residenza Ma-ria deve incontrare un assistente sociale del municipio. «In genere l’appun-tamento viene dato dopo due-tre mesi» mi spiega Franco preoccupato. «Noi non disponiamo di alcun ca-nale preferenziale rispetto al privato cittadino a parte le relazioni personali che ci siamo costruiti. Ma peruna persona in stato di necessità, un’attesa del genere equivale a un’eternità. Chissà se da qui ad alloraMaria frequenterà ancora il nostro centro?».

Per Mauro Faiella, referente del progetto, in un territorio «difficile» come questo c’è bisogno di met-tere in campo politiche sociali condivise tra le diverse istituzioni. E c’è un grosso problema di risorse in-sufficienti. «Il municipio delle Torri dispone di 7-8 assistenti sociali su un territorio grande, diversificato,cresciuto sull’abusivismo, che conta oltre 200.000 abitanti. I disagi sono tantissimi: ci sono immigrati, mi-nori con tassi tra i più alti di dispersione scolastica, famiglie monoparentali con basso reddito, portatori dihandicap, disoccupazione. Fino a poco tempo fa qui mancavano anche le farmacie, non c’è un cinema».

Nonostante le difficoltà, il centro Aldea punta molto sulla costruzione di relazioni significative.«Secondo noi per creare una buona relazione l’assistenza primaria è molto importante, e il fatto che il cen-tro sia di piccole dimensioni ci aiuta da questo punto di vista. Ci teniamo a offrire una prestazione di altaqualità: creare un’atmosfera conviviale davanti a un piatto ben cucinato facilita molto la relazione. A noigli utenti dicono cose che in servizi di altro tipo non dicono».

La conferma me la dà Antonio, un utente. «Vengo qui tutti i giorni e mi trovo bene, ho un buon dia-logo con gli operatori. A loro riesco a dire cose che magari non dico a un assistente sociale». Perché? «Lo-ro capiscono i problemi di chi vive in strada, vedono di più la realtà». Antonio mi racconta che non fa piùuso di eroina da undici anni. È sieropositivo. «Prendevo il metadone e intanto mi facevo con l’eroina, poiun giorno un mio amico è morto di overdose. Allora ho deciso: sono andato a casa di un amico e mi sonochiuso dentro. Ho smesso così, tutto da solo».

Claudio invece è in cura con il metadone. «Sto tentando di togliere anche quello» dice. In passato halavorato per sei anni alla facoltà di ingegneria a Trento. «Poi ho avuto dei problemi» dice. È molto contentoche all’Aldea si dia importanza all’igiene personale: in altri centri fare la doccia non è obbligatorio come qui,specifica. «Tra utente e operatori c’è un rispetto quasi familiare, ti senti a casa e tutti si adoperano per farti sta-re bene». Già, stare bene. Un desiderio legittimo, penso dopo aver salutato tutti, mentre vado via. ■

Centro Aldea, Via Giarre 113 – 00133 Roma. Tel. 06 2070578

BASSA SOGLIA

L'esperienza del Centro Aldea, periferia est della capitale

SULLA STRADALo stato del sistema dei servizi nel Lazio

UN NUOVO INIZIOPER LA REGIONE

M a r i o D e L u c a *

Iprogrammi di riduzione del danno attivati nella Regione Laziosono stati quasi tutti avviati e finanziati dal Fondo nazionalelotta alla droga e dal 1999, con la regionalizzazione e trienna-lizzazione del Fondo, sono stati programmati su tutto il terri-torio regionale.Il Fondo regionale riservò, in quegli anni, un terzo delle risor-se all’avvio di interventi e servizi esplicitamente orientati allestrategie di riduzione del danno. Da allora molte cose sono ac-cadute, ma ciò che più ha condizionato lo sviluppo e la stabi-lizzazione degli interventi è stato l’arrivo al governo regionale

della giunta di centrodestra nel 2000. La giunta Storace si è caratterizzataper un grande immobilismo ed ha bloccato, senza sostituirlo, il processo distabilizzazione, di integrazione e di sistema da implementare dopo l’avviodei piani sanitari nazionali e, soprattutto della riforma del sistema dei ser-vizi e delle prestazioni (legge 328). Spesso il non fare produce più danni delfare male. Infatti appare a dir poco surreale il percorso dei progetti attivaticon il Fondo nazionale lotta alla droga. La Regione in questi anni ha conti-nuato a prorogare operando selezioni successive ed ha allestito, ad ottobre2004 un ultimo bando centralizzato che per ora giace negli uffici regionali,ignorando sia il piano sanitario che quello sociale. Per ultimo in una deli-bera della giunta regionale del Lazio di fine anno (pubblicata nel Bollettinoufficiale Regione Lazio del 30/12/2004) si quantifica il fondo in 4.154.264euro riducendolo, in barba a tutte le norme di circa il 50%; era fino al 2003di 8.000.000 euro.

Tra mille difficoltà e con una grave sensazione di precarietà leesperienze di riduzione del danno hanno continuato il loro lavoro esono state sostenute, a Roma, anche dall’intervento dell’Agenzia co-munale per le tossicodipendenze che ha attivato e mantenuto in pie-di numerosi servizi di accoglienza diurna e notturna a bassa soglia diaccesso.

L’insieme di questi servizi ha sperimentato pratiche e messo apunto procedure di integrazione tra l’aspetto sanitario e quello socia-le ed ha spesso reso effettivo il sempre auspicato incontro tra opera-tori dei servizi pubblici ed operatori dei servizi del privato sociale.Molti di questi servizi hanno anche retto agli strumentali attacchi disingoli consiglieri di maggioranza e di rappresentanti locali di An te-si a screditare, trasferire o chiudere i centri a bassa soglia, ma soprat-tutto i Sert territoriali approfittando di situazioni ambientali di effet-tivo disagio.

L’evoluzione dei fenomeni e la sistematizzazione delle praticheha prodotto un forte accumulo di conoscenze che consentirà di presen-

tare i servizi di riduzione del danno attivati con le carte in regola ad un even-tuale appuntamento di stabilizzazione. Segnaliamo, a titolo d’esempio, la dif-fusione in questi servizi della centralità del lavoro di supervisione. Molti ser-vizi rivolti alle persone hanno, tra le loro componenti più qualificanti, il la-voro svolto in équipe. Questo tipo di lavoro impone l’esaltazione delle com-petenze individuali e l’omogeneizzazione delle professionalità attraversouna costante attenzione agli interessi ed ai bisogni degli utenti del servizio.Spesso le risorse professionali degli operatori ed i loro punti di vista nella ge-stione dei casi sono differenti ed il gruppo di lavoro deve essere pronto ad af-frontare il conflitto e governarlo in funzione dei compiti del servizio. Gli in-contri sistematici delle équipe sono dunque il luogo privilegiato per la ge-stione dei casi e la corretta conduzione del servizio. La supervisione si poneal servizio di queste esigenze e contribuisce con specifiche azioni allo svilup-po delle competenze professionali delle équipe stesse.

Tutto questo per dire della maturità e dello spessore che i servizihanno assunto in questi pur difficili anni. Sono maturi i tempi, e speriamoci siano le sensibilità, per poter inserire questi servizi, con gli opportuni ag-giornamenti, nel sistema stabile dei servizi essenziali e nel sistema dell’in-tegrazione socio-sanitaria prevista sia dal piano sanitario regionale, dal pia-no socio-assistenziale regionale che dal piano regolatore sociale del Comu-ne di Roma.

Nella Regione Lazio siamo perciò alle soglie di un nuovo inizio perla costruzione di un sistema per le dipendenze che tenga conto dei muta-menti sociali, culturali, legislativi e soprattutto della difficile situazione diprecarietà in cui sono state relegati servizi ed interventi che hanno attrattol’attenzione di tanti operatori in tutto il territorio nazionale. ■

*Referente regionale dipendenze, Cnca Lazio

Dice Antonio: “Vengoqui tutti i giorni e mitrovo bene, ho fiducianegli operatori, a lorodico cose che magarinon direi all’assistentesociale perché sento chemi capiscono meglio”

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FUORILUOGOEROINA 11

C l a u d i o C a p p u c c i n o

Nessuno pensa di potersi fareun’idea dell’alcool osservan-done gli effetti sugli alcolizzatiall’ultimo stadio. Eppure lamaggior parte di noi (inclusipolitici, medici, giornalisti e ri-cercatori) ha dell’eroina un’i-dea basata soltanto sulla figu-ra, o sulla caricatura, del dro-gato irrecuperabile. Per l’alcool

non cadiamo nella trappola solo perché lo conosciamo be-ne e molto probabilmente ne usiamo un po’ anche noi.Sappiamo bene che l’alcolizzato è l’eccezione e non la re-gola, e che quindi non può essere l’alcool di per sé la “cau-sa” dell’alcolismo. Ci è però più difficile estendere questaconsiderazione a sostanze che non solo non conosciamo,ma che soprattutto non sono socialmente accettate.

Ciò vale per l’eroina, questo prototipo del “mostrodroga”, forse più che per qualunque altra sostanza proibi-ta. La maggior parte di noi dà per scontato che l’eroina siauna droga che non solo «fa delle cose alle persone», mache anche «fa fare delle cose alle persone contro la lorostessa volontà»; che sia una sostanza ultimately addictive(«fondamentalmente capace di provocare dipendenza»),per cui il suo uso diventerà inevitabilmente intensivo,continuativo e distruttivo, con gravi conseguenze sulla sa-lute, sul comportamento e sulla posizione sociale del con-sumatore.

Questa opinione diffusa, e il tragico quadro che es-sa propone, è stata messa in discussione più volte, senzaperaltro che le osservazioni controcorrente siano state pre-se in seria considerazione. Ma la realtà si può ignorare orimuovere, non abolire: in qualche modo, ogni tanto, con-tinuerà testardamente a saltar fuori. Ed ecco che un recen-te studio scozzese, condotto da due ricercatori della Glasgow Caledonian University, riprende con forza questodiscorso sulle persone (quante? nessuno lo sa) che usanoeroina con moderazione, per così dire “al bisogno”, senzacadere nella dipendenza e – questo è il punto importante,ancorché incredibile e inaccettabile per i più – senza parti-colari problemi.

Il fenomeno dell’uso non dipendente di oppioidi èin realtà noto da sempre, anche se il suo studio scientificonon è mai stato approfondito. Probabilmente ciò è avve-nuto sia per l’obiettiva difficoltà di contattare questi con-sumatori, che in genere si tengono accuratamente nel-l’ombra per evitare guai, sia per la mancanza di interessespecifico dei ricercatori e soprattutto dei finanziatori dellericerche (per lo più legati alle agenzie antidroga, che perprincipio vorrebbero negare ogni possibilità di uso con-trollato delle sostanze proibite).

Norman Zinberg ha offerto forse il modello inter-pretativo più interessante dei fenomeni di uso di sostanze,incluso l’uso controllato di una sostanza “speciale” comel’eroina. Egli ha proposto di considerare l’uso di droghecome il risultato dell’interazione di tre gruppi di fattori: lecaratteristiche farmacologiche della droga in esame (drug);le caratteristiche psicologiche del soggetto come strutturadella personalità, valori, aspettative, motivazioni, ecc.(set); e le caratteristiche dell’ambiente fisico e sociale in cuila sostanza viene usata (setting). Sembra in realtà che i pri-mi a parlare dell’importanza del set e del setting siano sta-ti Richard Alpert e Timothy Leary fin dai primi anni ‘60,quelli della loro infatuazione per la psilocibina e l’Lsd.Norman Zinberg e John Robertson (Drugs and the public,1972) e Andrew Weil (The natural mind, 1972) fecero pro-pria questa intuizione, e successivamente Zinberg la ela-borò come vera e propria teoria dell’uso di droga (vedi Nida Research Monographs n. 30, 1980, pp. 236-244; e so-

prattutto Drug, set, and setting: the basis for controlled intoxicant use, Yale University Press 1984).

Purtroppo la complessità di questa interpretazioneè stata molto spesso ignorata a favore di una più semplice(e solo apparentemente più “scientifica”) interpretazioneneuro-psico-farmacologica, basata sul recente grande svi-luppo degli studi sul cervello e sui neurotrasmettitori, an-che se l’attraente schematismo di questa interpretazionenon si adatta facilmente all’enorme varietà dei comporta-menti umani.

Tornando al citato studio scozzese, gli autori sonoriusciti a contattare con il passaparola ben 126 persone (94uomini e 32 donne) che assumono da tempo eroina e chenon sono mai state in contatto con centri per il trattamen-to delle dipendenze o con la giustizia; 85 di esse sono poistate intervistate una seconda volta, in media dopo 15 me-si, per verificare se nel frattempo fossero intercorsi cam-biamenti. Con 41 persone si è invece perso il contatto.

La prima sorpresa è stata che questi consumatoridi eroina «occulti» presentavano un livello di istruzione,uno stato occupazionale ed altre caratteristiche socio-fa-miliari in linea con la popolazione generale e molto su-periori a quelle generalmente incontrate nelle ricerche

sull’eroina. Il 74% aveva un lavoro stabile (il 27% di altolivello), l’11% studiava a tempo pieno, il 64% aveva un ti-tolo di studio superiore e solo il 5% non aveva alcun tito-lo di studio. Il 57% aveva una relazione affettiva durevo-le, il 33% con figli.

La maggioranza di loro ha almeno sperimentatoaltre droghe come cannabis, ecstasy, amfetamine, cocainae Lsd. In media, usano eroina da sette anni, e hanno co-minciato all’età di ventuno anni circa; 35 possono esseredefiniti consumatori “leggeri” (fino a 25 giorni di uso neidue anni precedenti), 34 moderati (da 25 a 50 giorni), 25medio pesanti (20-200 giorni), e 29 pesanti (oltre 200 gior-ni). Questi sottogruppi non presentano differenze perquanto riguarda età, sesso, occupazione, livello di istru-zione, problemi di salute fisica o mentale, familiari, lavo-rativi o scolastici. In generale, i consumatori leggeri dieroina tendono a usare una maggiore varietà di sostanzenon oppioidi rispetto ai consumatori pesanti. Alla secon-da intervista, 17 soggetti su 85 hanno riferito di non averpiù usato eroina dopo la prima intervista: 7 su 17 hannoperò usato altri oppioidi, e solo due hanno detto di non vo-ler più usare eroina in futuro.

Il modello di consumo “tipico” per il 57% del cam-pione era: «uso un po’ di eroina, poi aspetto, poi ne uso an-cora», mentre per il 21.5% era «uso l’eroina continuativa-mente, finché non ne ho più». La frequenza media di usoera di circa 10 giorni al mese. Riguardo al “livello di di-pendenza riferito”, il valore medio assegnato all’eroinaera di 4,7 punti, inferiore a quello assegnato ad altre so-stanze quali il tabacco (8,3), l’alcool (5,6), la cannabis (5,6).Il valore per l’eroina è risultato anche nettamente inferiorea quello riferito in altre ricerche da consumatori di eroinain trattamento (10,3) o non in trattamento (6,6).

Il 55% degli intervistati ha detto di considerare lapropria salute buona (7% molto buona), il 38% soddisfa-cente, e solo il 7% cattiva (1% molto cattiva). Il 30% deiconsumatori ha riferito di aver avuto problemi di salute le-gati all’uso di droghe, ma solo il 4% considerava l’eroinada sola causa di problemi di salute (il 7% l’eroina insiemead altre sostanze).

Diciannove intervistati hanno riferito «problemifamiliari» associati all’uso di droghe (in un caso, rottura diuna relazione durevole; in genere solo «preoccupazione»dei familiari). Alla seconda intervista, undici persone han-no riferito problemi familiari (in tre casi problemi seri; ne-gli altri otto, sostanzialmente, “tensioni familiari”). Settan-taquattro persone avevano avuto problemi con il lavoro ogli studi: ma solo due avevano perso il lavoro e uno avevadovuto lasciare l’università. In quattordici casi l’eroina dasola, e in dieci casi l’eroina in combinazione con altre so-stanze, è stata considerata una causa di problemi di lavo-ro o studio. Alla seconda intervista, ventitrè persone han-no riferito problemi di questo tipo, in dieci casi attribuibi-li all’eroina.

Gli autori mettono tutta la cautela possibile nell’in-terpretare i dati. Non tutti questi casi possono infatti esse-re veramente classificabili come «uso controllato» (di eroi-na o più in generale di droghe), dato che alcuni consuma-tori si sono autodefiniti «dipendenti» e incapaci di auto-controllo, ed altri che pure mantengono un consumo mo-derato di eroina hanno riferito effetti negativi legati all’u-so di altre sostanze, alcool in particolare.

Gli autori sottolineano inoltre che i fattori psicolo-gici appaiono almeno altrettanto importanti di quelli far-macologici nel determinare il modello di consumo, e chesulla base di questi dati, come di altri precedenti, non sipuò più sostenere che l’uso di eroina debba necessariamen-te condurre alla perdita di controllo e alla dipendenza. Ri-tengono però necessarie ulteriori ricerche su questa popo-lazione «occulta», sia per meglio definire il concetto di«uso controllato» di sostanze, sia per meglio verificare laconsistenza di quello che essi propongono di chiamare,più che «uso controllato», «uso non intrusivo di eroina»(nel senso di uso «che non influisce significativamente inmodo negativo sulla vita personale e sociale»).

Dove e quando una ricerca simile in Italia? ■

D. Shewan, P. Dalgarno. “Low levels of negative health and socialoutcomes among non-treatment heroin users in Glasgow (Sco-tland): Evidence for controlled heroin use?”, British Journal ofHealth Psychology 10: 1-17, 2005.

Scozia, un nuovo studio su 126 assuntori di eroina non in trattamento presso i servizi

DROGATI E INTEGRATI

Il 74% degli intervistati ha un lavoro stabile, più della metàsegue un modello di consumo

definito "leggero" e "moderato”

I versamenti possono essere fatti negli uffici postali o attraverso bonifico bancario sul conto corrente postale n. 25917022intestato a Forum Droghe. Per il bonifico è necessario indicare le coordinate bancarie: CAB 7601-8 ABI 03200-3

euro 30,00 socio ordinario

60,00 socio sostenitore

12,00 studenti e disoccupati

150,00 associazioni

QUOTE ASSOCIATIVE 2005

Fini non si ferma: è l’ora del movimento!È in corso al Senato la discussione sul disegno di legge proibizionista e punitivo di GianfrancoFini e sulla proposta alternativa del cartello Dal penale al sociale. Forum droghe intende essereprotagonista di una campagna forte di opposizione. Per questo occorrono idee, energie e soldi.

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