DROGHE DIRITTI IN QUESTO NUMERO - Ristretti · FUORI LUOGO DROGHE & DIRITTI NUOVA SERIE ANNO 7...

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FUORI LUOGO DROGHE & DIRITTI NUOVA SERIE ANNO 7 NUMERO 7 SUPPLEMENTO MENSILE DE IL MANIFESTO 29 LUGLIO 2005 IN EDICOLA L’ULTIMO VENERDÌ DEL MESE Per ricordare Alexander Langer a dieci anni dalla sua scomparsa, proponiamo un suo scritto sulla “conversione americana” di Betti- no Craxi e la svolta punitiva sulle droghe alla fine degli anni ’80, illuminan- te anche in relazione al presente. Vogliamo infatti “non abbassare la guar- dia”, come ci invitano a fare Franco Corleone, che fa il punto sull’iter del di- segno di legge Fini, e Leopoldo Grosso che lancia una nuova tappa di “Stra- da facendo” per ottobre. Con una riflessione di Paolo Crocchiolo circa il principio della laicità dello Stato. Il Piano d’azione Ue 2005-2008 sulle droghe, adottato recentemente, ripropo- ne pressoché identici gli obiettivi precedenti nonostante i risultati insoddisfa- centi. Meglio guardare agli svizzeri, che auspicano la regolamentazione del- le sostanze, superando la distinzione fra le- gali e illegali. Ne scrivono rispettivamente Marina Impallomeni e Matteo Ferrari . Cocaina. Continua l’approfondimento sui modelli di consumo, con una in- chiesta nei servizi di Torino e in comunità terapeutica, con gli articoli di Claudio Cippitelli, Susanna Ronconi, Fabio Scaltritti. Un rapporto indipendente denuncia: a partire dagli anni ’90, l’accanimento del governo Usa contro il consumo di marijuana è cresciuto in modo espo- nenziale. Ne scrive Massimiliano Verga. Riduzione del danno. Grazia Zuffa tira le somme della III Conferenza latina di Barcellona, mentre Maria Teresa Ninni visita una narcosala della città cata- lana. Chiude Stefano Canali con una riflessione sul concetto di dipendenza. IN QUESTO NUMERO fuori luogo .it I TEOCON E I BOTTEGAI La bancarotta del governo è sotto gli occhi costernati di tutti i cittadini. L’agonia durerà fino ad apri- le prossimo quando si voterà per un nuovo parlamento. Il disegno di legge sulle droghe forse non vedrà la luce e d’altronde il fallimento della stagione della propaganda è clamoroso: Fini ha molla- to, il Dipartimento è acefalo dopo la deposizione dei tre zar, la Conferenza triennale sulle tossicodi- pendenze è rinviata. Alfredo Mantovano, seguito a ruota dal senatore Pedrizzi, i teocon, vede la dro- ga come cavallo di battaglia per rilanciare An sui “valori”, ma il vecchio democristiano Carlo Gio- vanardi, da abile bottegaio, vorrebbe portare a casa almeno una bandierina (lo stralcio della legge) e l’apertura di Castelfranco Emilia, ghiotta occasione per larghe elargizioni agli amici di sempre. In- tanto i danni del vento repressivo precedono la legge, i dati della Relazione al parlamento parlano chiaro: la persecuzione dello spinello ha colpito nel 2004 ben 67.551 consumatori, mentre sono in car- cere 21.439 soggetti per reati connessi alla legge sugli stupefacenti (i classici “poveracci”, visto che i trafficanti non raggiungono il 2% dei condannati). Che aspettiamo a fermarli? alle pagine 3 e 5 Il 20 settembre inizia la campagna d’autunno Il ministro Giovanardi ha annunciato alla Consulta che la Conferenza nazio- nale sulle tossicodipendenze, previ- sta a Pescara dal 20 al 22 settem- bre, si svolgerà invece il 5, 6 e 7 di- cembre a Palermo. Si tornerà nella città che fu sede della 1 a conferenza in cui fu lanciata la politica di riduzio- ne del danno. Il movimento dovrà es- sere presente per contestare la politi- ca del governo e presentare un’alter- nativa a pochi mesi dalle elezioni poli- tiche. Intanto il 20 settembre i cartel- li che si oppongono alla svolta proibi- zionista saranno a Pescara per l’in- contro “INdipendenze. Uno spazio di discussione pubblica” organizzato dal- la regione Abruzzo e il 22 a Roma per un confronto con le forze politiche. Per informazioni: www.fuoriluogo.it

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FUO

RIL

UOG

ODROGHE&DIRITTI

NUOVA SERIEANNO 7

NUMERO 7SUPPLEMENTO

MENSILEDE

IL MANIFESTO

29LUGLIO2005IN EDICOLAL’ULTIMO VENERDÌDEL MESE

Per ricordare Alexander Langer a dieci annidalla sua scomparsa, proponiamo un suoscritto sulla “conversione americana” di Betti-no Craxi e la svolta punitiva sulle droghe alla fine degli anni ’80, illuminan-te anche in relazione al presente. Vogliamo infatti “non abbassare la guar-dia”, come ci invitano a fare Franco Corleone, che fa il punto sull’iter del di-segno di legge Fini, e Leopoldo Grosso che lancia una nuova tappa di “Stra-da facendo” per ottobre. Con una riflessione di Paolo Crocchiolo circa ilprincipio della laicità dello Stato.Il Piano d’azione Ue 2005-2008 sulle droghe, adottato recentemente, ripropo-ne pressoché identici gli obiettivi precedenti nonostante i risultati insoddisfa-centi. Meglio guardare agli svizzeri, che auspicano la regolamentazione del-

le sostanze, superando la distinzione fra le-gali e illegali. Ne scrivono rispettivamenteMarina Impallomeni e Matteo Ferrari.

Cocaina. Continua l’approfondimento sui modelli di consumo, con una in-chiesta nei servizi di Torino e in comunità terapeutica, con gli articoli diClaudio Cippitelli, Susanna Ronconi, Fabio Scaltritti.Un rapporto indipendente denuncia: a partire dagli anni ’90, l’accanimentodel governo Usa contro il consumo di marijuana è cresciuto in modo espo-nenziale. Ne scrive Massimiliano Verga.Riduzione del danno. Grazia Zuffa tira le somme della III Conferenza latinadi Barcellona, mentre Maria Teresa Ninni visita una narcosala della città cata-lana. Chiude Stefano Canali con una riflessione sul concetto di dipendenza.

IN QUESTO NUMERO

fuoriluogo.itI TEOCON E I BOTTEGAILa bancarotta del governo è sotto gli occhi costernati di tutti i cittadini. L’agonia durerà fino ad apri-

le prossimo quando si voterà per un nuovo parlamento. Il disegno di legge sulle droghe forse non

vedrà la luce e d’altronde il fallimento della stagione della propaganda è clamoroso: Fini ha molla-

to, il Dipartimento è acefalo dopo la deposizione dei tre zar, la Conferenza triennale sulle tossicodi-

pendenze è rinviata. Alfredo Mantovano, seguito a ruota dal senatore Pedrizzi, i teocon, vede la dro-

ga come cavallo di battaglia per rilanciare An sui “valori”, ma il vecchio democristiano Carlo Gio-

vanardi, da abile bottegaio, vorrebbe portare a casa almeno una bandierina (lo stralcio della legge) e

l’apertura di Castelfranco Emilia, ghiotta occasione per larghe elargizioni agli amici di sempre. In-

tanto i danni del vento repressivo precedono la legge, i dati della Relazione al parlamento parlano

chiaro: la persecuzione dello spinello ha colpito nel 2004 ben 67.551 consumatori, mentre sono in car-

cere 21.439 soggetti per reati connessi alla legge sugli stupefacenti (i classici “poveracci”, visto che i

trafficanti non raggiungono il 2% dei condannati). Che aspettiamo a fermarli? alle pagine 3 e 5

Il 20 settembre inizia la campagna d’autunnoIl ministro Giovanardi ha annunciatoalla Consulta che la Conferenza nazio-nale sulle tossicodipendenze, previ-sta a Pescara dal 20 al 22 settem-bre, si svolgerà invece il 5, 6 e 7 di-cembre a Palermo. Si tornerà nellacittà che fu sede della 1a conferenzain cui fu lanciata la politica di riduzio-ne del danno. Il movimento dovrà es-sere presente per contestare la politi-ca del governo e presentare un’alter-nativa a pochi mesi dalle elezioni poli-tiche. Intanto il 20 settembre i cartel-li che si oppongono alla svolta proibi-zionista saranno a Pescara per l’in-contro “INdipendenze. Uno spazio didiscussione pubblica” organizzato dal-la regione Abruzzo e il 22 a Roma perun confronto con le forze politiche.Per informazioni: www.fuoriluogo.it

Le lettere vanno indirizzate a:redazione fuoriluogo c/o il manifestovia Tomacelli, 146 – 00186 Romafax 0669294908e-mail: [email protected] Supplemento mensile

de il manifesto29 luglio 2005FUORILUOGOLETTERE2

L’ONU E LA PREVENZIONE HIVL’epidemia da Hiv continua a crescere.L’Unaids stima che nel 2004 siano stateinfettate 4,9 milioni di persone. In questoquadro drammatico, gli Usa sono stati re-centemente costretti a desistere dal loroattacco sistematico alle pratiche di ridu-zione del danno durante il 17° meetingdel Programme Coordinating Board dell’U-naids (Ginevra, 27-29 giugno). I rappre-sentanti del governo americano, che del-l’Unaids è il principale finanziatore, ave-vano tentato di bloccare in tutto il mondoi programmi di scambio siringhe per tos-sicodipendenti “cassandoli” dal docu-mento strategico Intensifying HIV Preven-tion. Nelle fasi finali del meeting hannopoi accettato di rivedere la loro posizione,chiarendo però che non finanzierannoquesto tipo di programmi. A Ginevra, la necessità dei programmidi scambio siringhe nella lotta all’Aids èstata difesa tra gli altri dal ministro bri-tannico per lo sviluppo internazionaleGareth Thomas. A maggio, più di centoorganizzazioni americane avevano in-viato una lettera all’ambasciatore Ran-dall Tobias, coordinatore Usa per la lot-ta all’Aids, chiedendogli di rappresen-tare correttamente le istanze provenien-ti dalla società civile. Sulla stessa linea lalettera inviata a Condoleeza Rice dal de-putato democratico californiano HenryWaxman e un editoriale del New York Ti-mes (Maia Szalavitz, 27/6/05).

AFGHANISTANSecondo l’agenzia Onu per la lotta alladroga Unodc, nel 2004 gli ettari coltiva-ti a papavero da oppio sono aumentatiglobalmente del 16% rispetto al 2003.Tuttavia la produzione sarebbe aumen-tata solo del 2% grazie alle avverse con-dizioni meteorologiche sia in Afghani-stan che nel sud-est asiatico, le due prin-cipali regioni di produzione. L’aumentodelle colture si è verificato interamentein Afghanistan, interessando tutte le 34province. Gli ettari coltivati nel paese,nel 2004, sono stati 131.000, una cifra re-cord equivalente al 67% del dato globa-le. Nel 2003 gli ettari erano stati 80.000.I dati aggiornati sono contenuti nelWorld Drug Report 2005, presentato il 29giugno. «Fortunatamente – recita il rap-porto – nell’altra grande regione di pro-duzione dell’eroina, il sud-est asiatico,la coltivazione è in calo dal 1998». Nel2004 la superficie destinata al papaveroda oppio in Myanmar (Birmania) sareb-be scesa del 23%, mentre nel Laos sareb-be scesa del 43%.L’Unodc calcola che la produzione glo-bale di oppio nel 2004 sia stata di 4.850tonnellate. Di queste, 4.200 tonnellatesono state prodotte in Afghanistan, conun aumento del 17% rispetto al 2003.Sempre secondo l’Unodc la produzionedi oppio in Pakistan, Thailandia e Viet-nam è rimasta relativamente bassa.

MAPPA MONDON

onostante legga Fuoriluogo tutti i mesi non ho an-cora notato una qualche buona critica al modellodei nostrani servizi per le tossicodipendenze enon mi sembra ci sia ancora una qualche propo-sta per modernizzare e ridimensionare queste

strutture, adeguandole alla situazione attuale. Dopo non la-mentiamoci se di fronte a tanto spreco di risorse e consape-vole inerzia, proprio da una parte di società che si definisceprogressista e antiproibizionista, si alzano proteste chiamatereazionarie perché dicono che questo sistema è marcio e i Sertvanno chiusi. Ma è talmente evidente che così la loro esisten-za non ha più senso, che se si continua a guardare dall’altraparte qualcuno approfitterà della situazione e raderà tutto alsuolo, compreso quello che di buono è stato fatto.Insomma, si rischia di giocare solo di rimessa, senza strategiedi attacco. Fra un paio d’anni, se continuiamo così, noi con-sumatori saremo davvero tutti confinati ai domiciliari o ai la-vori forzati nelle comunità, molti operatori dovranno cam-biare mestiere e i Sert saranno roba da anti-quariato.Perché nessuno ha il coraggio di dire che iSert vanno modificati, riformati e ridimen-sionati? Sono la sola persona che nota chesono diventate istituzioni antiquate, lente,gonfie di burocrazia e di procedure inutili?Pensiamo a come è gestito il farmaco meta-done, ad esempio. Ma è giusto tenere perdecenni tanta gente in mantenimento, ma-gari a dosi massicce? In alcuni casi lo sarà si-curamente, non sono certo contro il metado-ne, che fra l’altro ho preso per tanto tempo,e non voglio suscitare un vespaio, ma pertante persone le alternative ci sarebbero ec-come, e almeno da parte degli operatori an-drebbe ogni tanto chiesta una verifica, pro-posto uno scalaggio, un passaggio al subu-tex, o altro. O è preferibile trattenere l’uten-za a mantenimento per trent’anni, la famosa “ritenzione intrattamento”? Se non quello della completa astinenza comepropagandato dai moralisti integralisti, si potrebbero trovarealtri obbiettivi, su misura per ognuno, spingendo alla mag-giore consapevolezza personale e al volersi più bene. Di fron-te a un consumo che sempre meno è limitato agli oppiacei, laterapia farmacologica dovrebbe essere secondo me il più pos-sibile leggera, sia per gli utenti più anziani, spesso portatoridi patologie importanti, che per i giovani, che non sanno diandare incontro ad una intossicazione molto lunga e subdolacome quella del metadone.

Ripensare l’utilizzo del farmaco Considerare la dipendenza una malattia cronica da curare atempo indeterminato con un farmaco mi sembra poi abba-stanza pericoloso oltre che riduttivo. Ammesso che si tratti“solo” di malattia, quando e se lo diventa.Sostituire l’eroina di strada con un farmaco sicuro dovrebbeessere solo il primo passo verso la conquista dell’equilibriointeriore, non la meta da raggiungere, secondo me. Non capi-sco perché un’affermazione tanto semplice sia diventata untabù tale da esser diventata il cavallo di battaglia dei super-proibizionisti, possono strumentalizzare solo loro?Inoltre varrebbe la pena di risolvere annose questioni lasciatealla buona volontà dei singoli Sert: la privacy degli utenti in te-rapia, mai rispettata, l’affido, l’impossibilità di reperirlo neipronto soccorso ospedalieri nei giorni in cui il servizio è chiu-so, il rifiuto da parte di molti ospedali di effettuare disintossi-cazioni.Tutti i casi di doppia diagnosi – molti dei quali gonfiati da psi-

chiatri frustrati in cerca di nuove etichette – non fanno altroche dire che il rifugiarsi in sostanze d’abuso è un sintomo disofferenza a livello psicologico, che l’individuo cerca di ri-muovere in qualche modo. Allargando molto il discorso nessuna delle sostanze andreb-be in teoria proibita, ma regolamentata e prescritta come tut-ti i medicinali che hanno effetti collaterali e danno assuefa-zione, ma questo è il solito discorso che i muti fanno ai sordi.

Valorizzare il sapere dei consumatoriCi sono tantissime persone che hanno fatto uso di sostanzeanche per lunghi periodi e poi hanno smesso, o in altri termi-ni, ci sono ex-tossicodipendenti usciti dal mitico tunnel in va-ri modi e vari tempi, chi attraverso i servizi chi in modo au-tonomo, chi eliminando totalmente ogni sostanza e chi pas-sando a un uso saltuario non problematico. A quanto ho vi-sto, non solo questa eterogenea categoria di persone, alla qua-le appartengo, paga a prezzo assai caro tutte le conseguenze

che derivano dalla tossicodipendenza, a li-vello personale, familiare, sanitario, sociale,repressivo, lavorativo eccetera, ma non puòneanche mai sperare che tutti gli sforzi fattiper cambiare stile di vita, per recuperare ladignità e il rispetto per se stessi e per gli al-tri, vengano mai riconosciuti e valorizzatida qualcuno. Pacche sulle spalle sì, tante, ma fatti gli affarituoi e vai a farti un giro. Insomma la nostraopinione non è richiesta e non è gradita, anzise qualcuno si permette di esprimere un giu-dizio o lanciare un’idea, avendo vissuto certiproblemi in prima persona, nella miglioredelle ipotesi cade nel dimenticatoio, o cosapiù probabile viene boicottata. Se ti lamenti ot’incazzi per qualcosa e hai a che fare col Sertpoi, rischi di compromettere i rapporti contutti gli operatori – è efficientissimo il tam

tam della giungla – e di farti guardare storto finché non dai lo-ro l’occasione di farti un dispetto. Come all’asilo insomma,manco la Asl fosse una comunità pedagogica. Vedo che ci si inventano ricerche e studi sugli argomenti piùdisparati, ma mai – e dico mai – mi è capitato di vederne unache spieghi dove come e perché, nonché quando e a fare co-sa, sono finiti i protagonisti della lunga storia della dipen-denza. Capita che tanti “ex” siano oggigiorno persone tran-quille con una vita normale, rispettabili e rispettate, che ven-gono valorizzate e ascoltate nei più disparati ambiti e situa-zioni, dagli ambienti professionali al mondo della scuola, in-somma dovunque, basta che stiano a grande distanza da chisi occupa del problema tossicodipendenza a qualsiasi livelloistituzionale. Se osano mettere il becco qui – nel tema “droga”– ecco che improvvisamente si ritrasformano nei tossiconiimmaturi e isterici, che blaterano frasi senza senso e senzafondamento. Il succo del discorso è che i consumatori, gli utenti, chiamia-moli come ci pare, non sono ascoltati e tantomeno rappresen-tati in nessuna occasione, sono una controparte silenziosa, dasempre considerata solo un problema da risolvere e non unarisorsa disponibile. A suo tempo è stato timidamente fattoqualche tentativo in tal senso (come le varie associazioni diutenti Sert), poi ci si è stufati di fare i Don Chisciotte e ognu-no se ne è andato per la sua strada, a macinare rabbia e delu-sione il più possibile lontano dalle varie istituzioni. Peccatoperò, chissà quante storie ci sarebbero state da raccontare, for-se ai ragazzi sarebbero servite di più degli spot e dei vari “cisei o non ci sei?” e “just say oooh!”.

Angela Massari, Rimini

SERT E METADONE, ROBA DA ANTIQUARIATO

Abbiamo scelto di non ri-spondere subito pubblica-mente alle osservazionidella lettrice, sia nel meri-to delle scelte editorialidel nostro giornale, chedel funzionamento deiSert e delle prospettive te-rapeutiche. Questo perchévogliamo che questo scrit-to apra un dibattito, il piùampio possibile, fra glioperatori, ma soprattuttofra i consumatori. La paro-la è ai lettori e alle lettrici.

APPUNTAMENTO A SETTEMBRE Nel mese di agosto FUORILUOGO non sarà in edicola. Vi auguriamo perciò buone vacanze e vi diamo appuntamento a venerdì 30 settembre con il manifesto

3Supplemento mensilede il manifesto29 luglio 2005 FUORILUOGOEDITORIALI

Fuoriluogomensile di Forum Droghenuova serie anno 7, numero 7/8chiuso in redazione il 25/7/05supplemento de il manifestodel 29/7/05

Direzione:Grazia ZuffaCecilia D’EliaCoordinamentoredazionale:Marina [email protected]:Beatrice Bassini

Claudio CappuccinoLeonardo Fiorentini(webmaster)Enrico Fletzer Patrizio GonnellaGiovanni NaniSusanna RonconiSergio SegioMaria Gigliola Toniollo

Comitato editoriale:Stefano Anastasia, Andrea Bianchi, Giorgio Bignami, Giuseppe Bortone, Gloria Buffo, Massimo Campedelli,Stefano Canali, Giuseppe Cascini,

Luigi Ciotti, Maria GraziaCogliati, Peter Cohen,Antonio Contardo, Franco Corleone, PaoloCrocchiolo, Daniele Farina,Matteo Ferrari, Andrea Gallo, Maria Grazia Giannichedda,Betty Leone, Franco Maisto, Luigi Manconi,

Patrizia Meringolo, Toni Muzi Falconi, Mariella Orsi, Livio Pepino,Tamar Pitch, Anna Pizzo,Toy Racchetti, ErsiliaSalvato, Nunzio Santalucia, Luigi Saraceni, Uwe Staffler,Stefano Vecchio,Maria Virgilio

Direttore responsabile:Maurizio BaruffiSegreteria di redazione:tel. e fax 06.69921052E-mail: [email protected] grafico:Andrea MattoneDisegni: Onze

Impaginazione:Sagp, RomaSito web: www.fuoriluogo.itRealizzato col contributo diLeonardo Previ e SaraSecomandi di Methodos s.p.a.Editore: Forum Droghe

c/o Crs via Nazionale 75, 00184 RomaE-mail: [email protected]. n. 25917022Pubblicità: Poster pubblicità s.r.l.via Tomacelli, 146 00186 Romatel. 06/68896911fax 06/68308332

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Non abbassare la guardia

A FIN DI BENEUna notizia: «Modena, 2 luglio 2005. Fa-bio, 43 anni, padre di due bambini, è sta-to trovato morto in un albergo della città.Overdose di eroina. Fabio era stato ospitedi una comunità fino a pochi giorni pri-ma, ma da tempo aveva comunicato lesue difficoltà a continuare. Già in occasio-ne di una precedente ricaduta aveva chie-sto di passare a un programma con co-pertura farmacologica, ma ciò non rien-trava fra le opzioni terapeutiche di quellacomunità. Quindi, per favore, fuori!».Se c’è una cosa che mi ha sempre fatto in-cazzare, sono i morti per overdose di eroi-na, che in teoria non dovrebbero nemmenoesistere, e che sono praticamente tutti sullacoscienza dei proibizionisti. Ci vorrebbe unLibro Bianco che mettesse insieme i mille emille casi di “overdose”, e li sbattesse infaccia ai politici con qualche commento,per una volta, chiaro e forte. Perché nonconta niente che i morti da eroina in questiultimi anni siano diminuiti. Ogni singolamorte per overdose (o per mancanza di cu-re: non dimenticherò mai, tra i tanti, il po-vero Marco C.) è un assassinio, e qui si con-tinua impunemente a uccidere.43 anni, padre di due bambini! Propriouna bella soddisfazione, un gran successoterapeutico, averlo «aiutato a non drogarsipiù»! E mi pare di sentirli: «Oh come ci di-spiace!... Abbiamo fatto tutto il possibile!»Certo, tutto il possibile, eccetto che cercaredi sapere e di capire.Perché gli oppioidi, inclusa l’eroina, anchequando sembrano usati come “droghe”,sono prima di tutto “farmaci”, e non è giu-sto che siano presi – che debbano esserepresi – in un modo che può danneggiare oaddirittura uccidere. Certe persone hanno bisogno di oppioidiesattamente come i diabetici hanno biso-gno di insulina. Per spiegare questo fatto,si possono fare diverse ipotesi e più o me-no profonde analisi psico-sociologiche. Masolo i fanatici di un’ideologia astratta eavulsa da ogni osservazione della realtàpossono pensare che ogni e qualsiasi usodi ogni e qualsiasi “droga” (escluse ovvia-mente quelle che usano loro) sia vizio, cri-mine, malattia o intollerabile debolezza. Certo a vedere come va il mondo, questomondo che noi – Uomini con la maiuscola,della specie, modestamente, Homo sapiens,che ci pavoneggiamo di essere a immaginee somiglianza di Dio – siamo riusciti acreare alla fine del secolo dei più grandiprogressi della Storia, c’è poco da meravi-gliarsi, anche di queste cose.

a cura di claudio cappuccino

PERCHÉ SONOANTIPROIBIZIONISTA

FRANCO CORLEONE

L’esame del disegno di legge del Governo per una svoltaproibizionista e punizionista della politica delle droghe èimpantanato al Senato. Non certo per responsabilità del-l’opposizione che con sobrietà ha messo in luce attraversoemendamenti di merito e non ostruzionistici le contraddi-

zioni più pesanti del provvedimento.L’impasse nell’ultimo mese si è determinato per la mancanza del pa-rere della Commissione Bilancio che finora inutilmente ha richiesto alsottosegreterio all’Economia Maria Teresa Armosino di fornire laquantificazione dei costi e le possibilità di adeguata copertura del-l’articolo che estende l’assistenza socio-sanitaria ai tossicodipendentiin strutture pubbliche o private convenzionate e della norma che pre-vede la possibilità di effettuare immediate analisi delle sostanze stu-pefacenti sequestrate in laboratori specializzati. Solo allora le com-missioni di merito, Giustizia e Sanità, potranno riprendere l’illustra-zione degli emendamenti (ferma all’articolo 50) e passare al voto del-le proposte di modifica per consegnare il testo all’Aula.La previsione realistica è che Palazzo Madama non potrà approvare lariforma prima della fine dell’anno. La Camera dei deputati inizierebbecosì la seconda lettura nel gennaio del 2006, praticamente alla vigilia del-lo scioglimento del Parlamento in vista delle nuove elezioni politiche.Si comprende così la ragione della sconsolata confessione del mini-stro Giovanardi che ha dichiarato che la legge sulla droga non trovaspazio nei lavori parlamentari e sarà quindi difficile arrivare a unasua approvazione entro questa legislatura. L’ira di Gasparri si è ma-nifestata immediatamente con la riaffermazione della assoluta prio-rità per Alleanza nazionale dell’approvazione della nuova legge sul-la droga, con la minaccia che «senza la quale altri provvedimenti nonmeriterebbero la nostra attenzione». Addirittura Storace, ministrodella Sanità, pretenderebbe una prova di coesione della maggioranzaattraverso il voto di fiducia.

Il fallimento della strada della propaganda fa esplodere le con-traddizioni all’interno della maggioranza e occorrerà vigilareper evitare colpi di coda o scorciatoie pericolose. La palla devepassare inevitabilmente al nuovo Parlamento e da subito alleRegioni che già oggi hanno competenze programmatiche e co-

stituzionali per individuare politiche avanzate. Su impulso del presi-dente Vendola, le regioni l’11 luglio hanno indicato una linea di im-pegno comune sull’immigrazione e per il superamento dei Centri didetenzione temporanea. Questo esempio dovrebbe costituire un mo-dello per individuare un’efficace politica di riduzione del danno sul-la base delle più avanzate esperienze europee attraverso anche speri-mentazioni scientificamente fondate.È indispensabile porre nell’agenda della politica la questione dellapolitica delle droghe e dell’intervento sulle tossicodipendenze a par-tire dai contenuti della proposta di legge presentata alla Camera e alSenato dall’opposizione in tutte le sue componenti.La Relazione al Parlamento presentata al Parlamento il 28 giugno hail segno caratterizzante della lettura ideologica proibizionista, l’ela-borazione e l’interpretazione dei dati è sfrontatamente funzionale aldisegno terapeutico-repressivo. Le considerazioni di Giovanardi sono desolanti: mostra preoccupa-zione per il processo di “normalizzazione” del consumo e lancia l’al-larme perché la diffusione delle sostanze illegali presso tutte le cate-gorie sociali e a quanti mantengono apparentemente buoni livelli diintegrazione rischia di minare le basi stesse della democrazia. Ovvia-mente viene rilanciata, contro le indicazioni anche del Piano d’azionedell’Unione europea una politica dei tre pilastri: prevenzione, repres-sione e recupero dimenticando il quarto, più importante, della ridu-zione del danno. ■

PAOLO CROCCHIOLO

Irecenti referendum sulla procreazione assistita, ben-ché risoltisi in un nulla di fatto, hanno avuto il meritose non altro di richiamare l’attenzione di milioni diitaliani sulle problematiche connesse alla laicità dellostato. È utile ricordare a tale proposito che, mentre la

sfera pubblica dovrebbe riferirsi esclusivamente al benesse-re dei cittadini e quindi al soddisfacimento dei loro bisogni(dettagliatamente elencati nei 30 articoli della dichiarazioneuniversale dei diritti umani), la sfera privata attiene allescelte delle persone, riguardanti in particolare la sessualità el’alimentazione (in senso lato, anche come assunzione di so-stanze sotto qualsiasi forma); che poi, biologicamente, cor-rispondono ai due istinti fondamentali della riproduzione edell’accrescimento. Le abitudini di vita sessuali ed alimen-tari possono comportare, in certe circostanze, rischi ed in-convenienti da cui le autorità pubbliche hanno il dovere dimettere in guardia i cittadini mediante un’informazioneimparziale e corretta, inserita sostanzialmente nel contestodell’educazione sanitaria; fatto questo, però, lo stato do-vrebbe astenersi dall’intromettersi nelle scelte attinenti lasfera privata, almeno fintantoché queste non confligganocon i diritti di terzi o comunque non si configurino comereati (ad esempio, in caso di violenza sessuale o di inciden-ti stradali). È invece tradizionalmente prerogativa delle ideologie e so-prattutto delle religioni fornire ai propri adepti indicazioni piùo meno vincolanti nel campo della morale privata. Rientranoin questo quadro molte problematiche della sfera sessuale (laforma di matrimonio, che di per sé potrebbe essere etero- odomosessuale, mono- o poligamico, il divorzio, la prostituzio-ne), di quella bioetica (l’eutanasia, l’aborto, la fecondazione as-sistita), ma anche quelle riguardanti l’assunzione di sostanze,psicotrope e non (l’oppio, gli alcolici, il maiale etc.).

Generalmente, lo stato non ha, o quanto menonon dovrebbe avere, nell’ambito delle sceltepersonali, il diritto di tradurre i pregiudizi mo-rali o, peggio, i tabù propri dell’una o dell’altraideologia o religione in leggi vincolanti per tut-

ti i cittadini. In altri termini, per tutto ciò che esula dalla di-chiarazione universale dei diritti umani, concordata e sot-toscritta da tutti gli stati membri delle Nazioni Unite, do-vrebbe vigere il principio: né imporre né vietare, ma garan-tire piuttosto che ogni cittadino abbia il diritto di regolarsiautonomamente in base alle proprie convinzioni. D’altra parte, il fatto che i principi etici di base della dichia-razione universale dei diritti non corrispondano ad un’eti-ca assolutista, non significa che corrispondano ad un’etica,com’è ritornato di moda dire oggi, relativista. Considerando attentamente quanto detto, ne consegue chepurtroppo non esiste ancora, a tutt’oggi, uno stato vera-mente laico, in quanto anche quelli che apparentemente losono (come la Francia o i paesi scandinavi, per non parlaredegli Usa) in realtà attuano politiche, ad esempio nel cam-po delle droghe, della bioetica o della sessualità, tipiche diuno stato etico, impongono cioè di fatto indiscriminata-mente all’insieme dei cittadini i cosiddetti valori (non uni-versali ma specifici di una determinata tradizione) interfe-rendo in tal modo, indebitamente, nelle loro scelte private,pur se queste non danneggiano minimamente i diritti uma-ni e civili del resto della popolazione. ■

Droghe e laicità

Dedicato a Giancarlo Arnao

M a t t e o F e r r a r iB E L L I N Z O N A

Dopo un anno di stallo nel di-battito sulla riforma della leg-ge sugli stupefacenti, la Com-missione federale per le que-stioni di droga ha presentatoil rapporto “psychoaktiv.ch”,che apparirà a novembre in li-breria con il titolo “Da unapolitica delle droghe illegali auna politica delle sostanze

psicoattive” (ISBN 3-456-84267-8) e sarà scaricabile dawww.psychoaktiv.ch a partire da settembre 2005. Insintesi, si propone di esplicitare una politica delle di-pendenze basata su quattro elementi: ricercascientifica, tutela della salute, realtà sociale ecoerenza dell’azione pubblica. La futura politicasvizzera, secondo la commissione consultivadel governo, dovrà comprendere tutte le sostan-ze psicoattive, legali o meno, e valutare se e co-me misure di regolamentazione della gestionedelle sostanze legali siano applicabili a sostanzeoggi illegali e viceversa.

Secondo gli esperti svizzeri, l’attuale poli-tica non poggia su di una visione coerente, ma ècentrata su singole sostanze. In una politica dellesostanze psicoattive, la distinzione tra mercato le-gale e illegale non è pertinente: le misure sono daadattare alle sostanze in funzione di criteri ogget-tivi, la promozione della salute deve essere garantita e icittadini informati su effetti, possibilità di dipendenza efattori di rischio e protezione legati alle sostanze.

Il rapporto premette che l’aspetto temporale ètroppo spesso negletto: l’analisi storica mostra come lesocietà hanno sinora appreso a gestire le sostanze psi-coattive e i problemi di dipendenza. Le conclusioni e leraccomandazioni del rapporto non si limitano pertan-to a un orizzonte temporale a breve termine, ma han-no ampia portata e la loro realizzazione dovrà essereconcepita a lungo termine (orizzonte indicato: 2015).

Il rapporto rileva che non è mai esistita una so-cietà esente da sostanze psicoattive e non si sa com-piutamente come esse acquisiscano statuto di medica-mento, prodotto ricreativo, droga legale o illegale. Unaragione risiede di certo nell’influenza del contesto so-ciale ed è pertanto fuorviante considerare separata-mente il consumo delle sostanze psicoattive. Il loroconsumo evidentemente non costituisce solo un ri-schio, poiché per l’individuo tale rischio può venirecompensato dal beneficio, reale o percepito, che traedal consumo.

L’attuale concezione dello Stato poggia sulla re-sponsabilità individuale e l’intervento statale è pertan-to legittimo solo quando le conseguenze sociali e sani-tarie del consumo assumono una certa ampiezza. Gli

specialisti svizzeri propongono quindi di aggiungereuna dimensione supplementare, differenziando traconsumo non problematico, consumo problematico edipendenza. È evidente che le misure di riduzione deldanno in materia di consumo di alcol, per esempio,possono concentrarsi sulle conseguenze di un consu-mo problematico, quale la condotta in stato d’ebbrez-za. Per contro, nessuna terapia è necessaria per perso-ne il cui consumo di alcol è poco problematico e non nedipendono.

La riduzione dei rischi individuali e collettivi

deve essere parte integrante della politica delle dipen-denze e la sua efficacia tenuta continuamente sottocontrollo: il commercio delle sostanze psicoattive vatrasformato in mercato regolamentato.

L’attuale legge svizzera sugli stupefacenti si ba-sa sull’assunto che ogni consumo di canapa sia proble-matico e ciò la discredita. Da tempo la popolazione èconsapevole che questo principio è errato e la maggiorparte degli specialisti addirittura ritiene che la mag-gioranza dei consumatori di canapa adotti modelli diconsumo poco problematici e poco rischiosi.

Una depenalizzazione del consumo di canapanon significherebbe che lo Stato non prenderà più alcu-na misura in quanto la sostanza è inoffensiva! In un mer-cato regolamentato, le misure statali guadagnano in pre-

cisione ed efficacia proprio grazie alle possibilitàdi regolamentazione. La repressione non è piùcompito esclusivo di giustizia e polizia: essa ser-ve quale quadro per l’applicazione delle misuredi regolamentazione. Dal lato dell’offerta, lavendita di sostanze psicoattive può essere rego-lamentata in modo differente secondo il poten-ziale di rischio e l’importanza sociale: venditanon regolamentata, vendita regolamentata manon sottoposta ad autorizzazione, vendita sotto-posta ad autorizzazione, vendita su prescrizionemedica, divieto di vendita.

Coerentemente, il rapporto “psychoak-tiv.ch” propone di rafforzare gli individui, le isti-tuzioni sociali e la funzione di gestione dello Sta-

to, che dovrà essere abilitato a una gestione mirata e dif-ferenziata. Secondo le sostanze, l’ente pubblico eserci-terà la sua funzione tramite tasse, monopoli statali, con-cedendo licenze, limitando i punti di vendita e il con-trollo del loro accesso, la qualità dei prodotti e l’infor-mazione. Questa gestione avrà il duplice scopo di con-trollare efficacemente il commercio, ostacolando merca-ti illegali paralleli, e di ridurre il consumo problematico.

Si può pensare a obblighi di dichiarare qualità econcentrazione delle sostanze in vendita (per la cana-pa, il tenore di Thc) oppure a divieti mirati di venditain certi luoghi o a certe persone, che permettono di me-glio tutelare i giovani. Queste disposizioni possono ve-nire applicate tramite pene severe che ne sanzioninol’infrazione. Già in vigore nell’ambito delle droghe le-gali, questi strumenti si sono rivelati efficaci, a condi-zione d’essere applicati sistematicamente.

La futura legislazione, conclude il rapporto, do-vrà essere coerente, credibile e basata sulla tutela dellasalute e della società. Dovrà poter reagire a evoluzioni abreve termine, favorire alleanze con altri paesi e, a livel-lo nazionale, definire obiettivi a lungo termine per la po-litica delle sostanze psicoattive. I dettagli delle regola-mentazioni dovranno, nella misura del possibile, esserefissati in modo flessibile a livello governativo. Inoltre, sipropone di unire le tre commissioni consultive sulledroghe, sul tabacco e sull’alcol in un’unica Commissio-ne per le questioni legate alle sostanze psicoattive.

A livello parlamentare, è stato nel frattempoproposto di affrontare un progetto di revisione dellalegge federale sugli stupefacenti che riprenda quantonella proposta governativa del 2001 non aveva suscita-to discussioni. In particolare, saranno inserite nella leg-ge le misure di riduzione del danno, il trattamento abase d’eroina, la ricerca scientifica e l’approccio pre-ventivo al consumo di tutte le sostanze, siano esse le-gali o meno. L’apertura sulla canapa, invece, vera cau-sa dello stallo legislativo, sarà ripresa solo in un secon-do tempo e costituirà un vero banco di prova per unasocietà che intenda valutare pro e contro di una rego-lamentazione di questo commercio. ■

4 FUORILUOGOITALIAMONDO

Supplemento mensilede il manifesto

29 luglio 2005

SVIZZERA, UN RAPPORTO DELINEA LE POLITICHE SULLE SOSTANZE PSICOATTIVE PER IL DUEMILA

La distinzione fra droghe legali e illegalinon è pertinente: lo Stato guadagna in

prestigio se decide di regolare le sostanzea seconda del potenziale di rischio

ORIZZONTI DI GLORIA

Nel giugno 2003, Tony Blairriceveva un rapporto redatto

da Lord Birt circa l’impatto dellestrategie antidroga: deldocumento è stata autorizzata ladiffusione solo due anni piùtardi, e solo molto parzialmente(52 pagine delle 105 di cui sicompone lo studio). Le altresono state secretateappellandosi ad esigenze disicurezza, poiché contengonoinformazioni provenienti dalleagenzie di repressione. Ma ciònon ha impedito che i contenutiriservati filtrassero alla stampa,tanto che il Guardian ne hapubblicato un ampioresoconto, a firma di AlanTravis, dal suggestivo titolo“Una rivelazione: come èfallita la guerra alla droga”(5 luglio ‘05). Dunque, tanta

riservatezza ha poco a chevedere con la sicurezzanazionale, sembrerebbe, e moltoinvece con l’ipocrisiagovernativa, secondol’intramontabile costume dinascondere la spazzatura sotto iltappeto. Veniamo ai dati del disastro,messi nero su bianco nellepagine “segrete”. Un grossotrafficante afghano ha margini diprofitto intorno al 58%, assai piùampi di due aziende leader comeLouis Vuitton (col 48%) o Gucci(col 30%). Ciò significa che igrossi trafficanti possono

tranquillamente assorbire i costidell’attività repressiva: che, alpiù, può produrre unatemporanea diminuzione disostanze illegali nelle strade, manon può minacciare l’agibilità ela convenienza del businessdroga. Per impensierire davvero itrafficanti, e diminuiresignificativamente l’offerta aiconsumatori, bisognerebbe che isequestri della poliziaintercettassero dal 60 all’80%delle droghe in circolazione,mentre attualmente nonriescono a superare il 20%. A

dimostrazione di ciò, «ilconsumo di cocaina ed eroinaè cresciuto, i prezzi sonocalati, e la droga continua aessere disponibile per iconsumatori», recita il

documento. Il giro d’affariannuo, sempre per la cocaina el’eroina, è calcolato in 4 miliardidi sterline; mentre il costoannuale dei reati commessi dai280.000 consumatori“altamente dannosi” stimati siaggira intorno ai 16 miliardi disterline. Il rapporto Birt nonlascia via di scampo né prefiguraalcuna possibilità di vittoria perla war on drugs, perchéincrementare la repressione nonsarebbe una soluzione. Anzi. Iconsumatori più problematicisarebbero spinti a delinquereancora di più, per procurarsi ledroghe più costose. Meglio alloraavere il coraggio di preparare lapace, è il primo pensiero cheviene alla mente. Ma, come sisa, il coraggio, se uno non cel’ha, non se lo può dare.

REGNO UNITO, CENSURA DI GUERRA

FL Il rapporto originale su:www.fuoriluogo.it

5Supplemento mensilede il manifesto29 luglio 2005 FUORILUOGOITALIA

MONDO

M a r i n a I m p a l l o m e n i

Secondo l’Osservatorio europeo sulle droghe di Lisbona (Emcdda), dei sei obiet-tivi previsti dalla Strategia antidroga dell’Unione europea 2000-2004, quattronon sono stati raggiunti. Un dato che dovrebbe far riflettere: dalla riduzione deiconsumi alla circolazione delle sostanze sul mercato illegale, dalla riduzione delcrimine a quella del riciclaggio di denaro sporco e del traffico illecito dei pre-cursori, l’Ue finora non ha cavato un ragno dal buco con le politiche fin qui at-tuate. Eppure quegli obiettivi vengono oggi riproposti sostanzialmente immu-tati nel nuovo Piano d’azione sulle droghe 2005-2008, adottato dal Consigliodell’Ue lo scorso 27 giugno.«L’obiettivo finale – si legge nel piano d’azione adottato a fine giugno – consiste

nel ridurre in maniera significativa la grande diffusione del consumo di droga nella popolazio-ne». Senza dubbio siamo lontani dai toni trionfalistici di Pino Arlacchi che nel 1998, nella sessio-ne plenaria dell’Onu sulle droghe di New York, prometteva «un mondo libero dalla droga entroil 2008»; tuttavia l’obiettivo appare più ideologico che realistico.

Un approccio assai più concreto lo si può avere spostando lo sguardo sugli unici due obiet-tivi del Piano d’azione 2000-2004 che secondo l’Osservatorio di Lisbona sono stati raggiunti al-meno in parte: la riduzione dei danni alla salute e dei de-cessi connessi al consumo di sostanze; e l’aumento dei pa-zienti sottoposti a trattamento. Non a caso, questi due obiet-tivi sono entrambi legati all’attuazione di politiche sanitariespesso promosse dalle amministrazioni locali, e a pratichedi riduzione del danno. Questo importante risultato vieneimplicitamente riconosciuto dal nuovo Piano d’azione, chetra gli obiettivi previsti per la riduzione della domanda in-clude appunto la «disponibilità di servizi per la riduzionedei danni e l’accesso agli stessi». A rigore, le pratiche di ri-duzione del danno non dovrebbero annoverarsi tra gliobiettivi di «riduzione della domanda», come invece acca-de nel documento europeo: il segno forse di un compro-messo, che tuttavia segnala la difficoltà di trovare una for-mulazione capace di mediare tra i venticinque stati membri

e, comunque, la volontà di smarcar-si dalle politiche repressive che daqualche anno a questa parte gli StatiUniti stanno rilanciando con parti-colare virulenza, come dimostra adesempio la lettera riservata inviatadal direttore dell’Unodc AntonioCosta all’allora Vicesegretario diStato Usa Robert Charles (cfr. Fuori-luogo, febbraio 2005) in cui le politi-che di riduzione del danno vengonoattaccate frontalmente.

Il timido tentativo di andare, a livello europeo, verso politiche ra-gionevoli – ma siamo ancora lontani dalla piattaforma avanzata delineatanel rapporto Catania e approvato dal Parlamento di Strasburgo lo scorsodicembre – è segnalato anche da una novità importante: per la prima vol-ta ci si prefigge lo scopo di dotarsi di strumenti di misurazione e valutazio-ne delle azioni messe in campo dagli stati membri per ridurre domanda eofferta. A questo scopo, si prevede un “progress report” annuale sulle 46azioni, da presentarsi al Consiglio. Inoltre, nel 2008 la Commissione dovràprodurre, con l’aiuto dell’Osservatorio di Lisbona e dell’Europol, una va-lutazione d’impatto in vista del Piano d’azione 2009-2012. «Per quanto ri-guarda l’obiettivo finale – recita il documento – va da sé che la strategia eil piano d’azione non sono fine a se stessi; anche nel caso in cui venisserorealizzati tutti gli obiettivi in essi contenuti, dovremmo considerarli un fal-limento se il risultato pratico non consisterà in una riduzione quantifica-bile del problema droga nelle nostre società, che è ciò che i cittadini euro-pei si attendono». Qui il termine chiave è naturalmente “quantificabile”,se è vero che finora in molti paesi si è proceduto con criteri estremamentealeatori, e sono soltanto pochi quelli che basano le loro politiche su evi-denze di efficacia. Ancora una volta, vale la pena di ripetere che la cosid-detta “riduzione dei consumi” poco significa dal punto di vista della tute-la della salute. Non è tanto il numero deiconsumatori (la prevalenza, in termine tec-nico) che conta, quanto i modelli di consu-mo, più o meno rischiosi. Se ci fosse accor-do su questo, già sarebbe un bel passoavanti. ■

Varato il piano d’azione europeo sulle droghe

PAROLE VUOTESTRADA FACENDOSI RIPARTEPER PERUGIA

FL Firma la petizione di Encodper il rapporto Catania:www.encod.org

UNIONE EUROPEA

GUIDA ALLA LETTURADEL DOCUMENTOIl Piano d’azione sulle droghe del-l’Unione europea 2005-2008:• è stato elaborato dalla Commis-sione europea sotto la supervisio-ne di Franco Frattini, commissarioper la sicurezza, la libertà e la giu-stizia;• è stato adottato lo scorso 27 giu-gno dal Consiglio dell’Ue, l’organi-smo composto dai governi dei 25paesi membri; • è un documento attuativo dellaStrategia antidroga 2005-2012,approvata dal Consiglio dell’Ue neldicembre 2004, che prevede duepiani d’azione: il primo dal 2005 al2008, il secondo dal 2009 al2012;• contiene 46 «obiettivi», ciascunodei quali è accompagnato da una«azione» corrispondente. La primasezione è dedicata al «coordina-mento» tra gli stati membri (obietti-vi 1-6); seguono le due sezioni piùcorpose, «riduzione della doman-da» (obiettivi 7-17) e «riduzione del-l’offerta» (obiettivi 18-27); il docu-mento si conclude poi con la sezio-ne sulla «cooperazione internazio-nale» (obiettivi 28-38) e con quellasu «informazione, ricerca e valuta-zione» (obiettivi 39-46).

L e o p o l d o G r o s s o *

L’espandersi e l’aggravarsi dei fenomenidi emarginazione e di esclusione inmolti settori sociali, e non solo più in al-cuni ambiti marginali “tradizionali”,impongono una riflessione in grado diandare al di là delle disavventure delmomento politico contingente e delleattuali risposte, sbagliate o mancate. Con l’obiettivo di affrontare alcune trale più importanti problematiche spesso

oggetto di abuso ideologico o di miope taglio della spesa, ilGruppo Abele e la Regione Umbria, in collaborazione con ilCnca (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza) econ il Cantiere delle riviste, indicono a Perugia, per il 28/29/30ottobre 2005, un’iniziativa di confronto e di elaborazione diproposte invitando tutte quelle realtà associative, di servizio e

istituzionali, che non intendono sacrificare i dirittidelle persone più deboli vulnerabili ad illusorie am-bizioni di rilancio economico neoliberista o a malin-tese esigenze di sicurezza.

In continuità ed in ampliamento dell’evento“Strada Facendo”, organizzato in un tendone da cir-co dal Gruppo Abele a Torino nel settembre 2002, l’i-niziativa di ottobre a Perugia, non si configura comeconvegno, ma come laboratorio di idee e di proposte.L’incontro si articola in dieci sezioni di lavoro con l’o-biettivo di elaborare altrettanti documenti tematici dasottoporre al confronto ed alla discussione nell’ulti-ma giornata, con Romano Prodi e gli amministratoridelle Regioni e delle città interessate nella costruzio-ne del welfare regionale e locale.

Nella riunione preparatoria, che si è tenuta aRoma il 5 luglio, con il primo gruppo delle organiz-zazioni aderenti all’iniziativa, le problematiche emer-se come prioritarie per la riflessione delle sessioni dilavoro risultano:1. il carcere, tra sovraffollamento, legislazione penalee applicazione delle misure alternative;2. le dipendenze;3. la prevenzione, tra informazione, educazione epromozione di opportunità;4. la disabilità fisica e psichica;

5. la popolazione dei senza dimora;6. la problematica psichiatrica e le politiche di inclusione so-ciale;7. l’immigrazione tra diritti umani, decostruzione dei cpt, l’ac-coglienza, e la questione “sicurezza”;8. la tratta degli esseri umani;9. la cooperazione internazionale;10. i giovani e la precarietà del lavoro.

L’incontro non vuole ridursi solo al confronto tra tecni-ci, professionisti, ricercatori, amministratori e volontariato, percui è particolarmente gradita la voce dei gruppi autorganizza-ti e di coloro che vivono i problemi in prima persona.

Entro la fine di settembre sarà disponibile il program-ma definitivo ed il materiale preparatorio di ciascuna sessione.Per ognuna di esse lavorerà uno specifico gruppo di coordina-mento, che avrà anche il compito di predisporre le relazioni distimolo al lavoro e la conduzione del seminario. Durante l’in-contro una persona avrà cura di redigere il rapporto dei con-tributi portati dalla discussione per presentare successivamen-te in plenaria la sintesi propositiva su ogni argomento.

L’appuntamento di Perugia si terrà al Palazzetto delloSport e in altri locali per i lavori delle sessioni. L’affluenza all’i-niziativa è resa più accessibile grazie alla scelta da parte dellaRegione Umbria di creare opportunità di alloggiamento a co-sto contenuto. ■

*Gruppo Abele

Quasi tutti gli obiettivi dellastrategia Ue 2000-2004 nonsono stati raggiunti, a dettadello stesso Osservatorio diLisbona: eppure il nuovo

documento, adottato a giugnodal Consiglio, li ripropone

pressoché identici per il 2008

6 Supplemento mensilede il manifesto

29 luglio 2005FUORILUOGOCOCAINA

CLAUDIO CIPPITELLI

Cento euro il grammo. Se insisti, e insistono tutti, ottanta eu-ro. Che vuole dire quaranta euro per mezzo grammo, ventiper un quartino. Cheap and popular. Ecco quanto costa labamba, il cocco, insomma la cocaina, nel campeggio di unodegli eventi musicali più importanti e internazionali dell’e-

state, Arezzo Wave. Non si tratta di uno special price, un saldo, un’occa-sione irripetibile. Chiedo a un amico, un operatore di unità di strada,il prezzo della cocaina a Trani, Puglia, diverse centinaia di chilometripiù a sud: ottanta euro, è la risposta. Nello stesso momento, e senzadover insistere, in luoghi diversi della penisola si può acquistare co-caina a un prezzo accessibile a moltissimi. Sembra un prezzo imposto,come quello che propongono i più importanti marchi del mercato glo-bale delle merci. E come tutti i brand, anche la cocaina sembra assu-mere significati, sembra rispondere a bisogni, sembra soddisfare esi-genze assai diverse. Nonni e nipoti indossano le stesse maglie tessutein Cina, calzano le stesse scarpe fatte in Vietnam, si riparano dal solecon i medesimi cappelli prodotti a Taiwan: stessa roba, ma su corpi di-versi, oggetti uguali, stesso prezzo, ma desiderati da persone che cerca-no, attraverso essi, cose diverse. Che ne sappiano noi? Che ne sa la giovane operatrice che, da dietroun banchetto, allunga insuline (leggi:siringhe) a un gruppetto di ta-rantini, nervosissimi e aggressivi, pronti all’ennesimo buco di coca?Che pensa il medico, mentre solleva le gambe ad una ragazza distesanello spazio chill out? E il suo collega, che si è portato da Roma farma-ci per le mucose nasali, frutto di lunga esperienza in équipe di ridu-zione del danno, che ne sa dei desideri di chi cura? Che ne sa chi devegarantire prevenzione, evitare incidenti, tessere relazioni, tentare dioffrire ai consumatori spazi di sosta e pensiero tra un giro di giostra e l’al-tro?

Ne sappiamo poco. In particolare sappiamo poco di quellache forse è la sostanza più performante presente sul mer-cato. Seguendo lo schema proposto da Günter Amendt nelsuo ultimo libro, No drugs, no future, ad una società che pre-tende alte performance (non solo sul lavoro ma anche nei

rapporti sociali, con i figli e in famiglia, con se stessi) l’industria e ilmercato rispondono con farmaci che sembrano sempre più adeguati.E il mercato illegale anche. Dice un ex assuntore: «La cocaina? È unadroga colta, cerebrale, niente a che vedere con le sostanze che danno ri-sposte tutte fisiche, come le amfetamine: non è una sostanza per il cor-po, è una sostanza per la persona: la coca non ti dà più potenza, piùenergia, più forza. Quello che offre la cocaina è la sensazione di essereadeguato,magnifico, anche se non sei all’altezza. E poi si sposa con l’al-cool. Amfe +alcool è un mix, coca e alcool è il max». Il mercato si ade-gua, quando può, al bisogno. Per cultura e convinzione personale, pen-so che nessuno riesca a imporre ciò che non è desiderato. E costruiredesideri non è propriamente un’attività semplice. Esempio: chi ha im-posto la ketamina? Chi ha imposto l’ecstasy? O meglio, chi ha impostoil trittico techno-notte-ecstasy? Oggi parlare di droghe è parlare di as-setti della società, di pulsioni societarie, dove gli attori sociali sono tan-ti e giocano ruoli spesso ambigui. Oggi in Europa ridurre il consumodi psicoattivi ad un tema tra gli altri, da dibattere all’interno delle po-litiche di welfare è, a mio avviso, un errore. Come ricercare le rispostenella mitica, e sempre meno presente in natura, “comunità locale”.

Saper chiedere. Susanna Ronconi su Fuoriluogo di giugno po-ne la questione, rispetto ai consumi di cocaina, su “quanto nesappiamo”. Sul medesimo fascicolo Grazia Zuffa, per ripor-tare alcune evidenze scientifiche sul tema, è dovuta ricorrerea ricerche realizzate ad Amsterdam e ad Anversa. Temo che il

gap cognitivo sia preceduto da una disabitudine, a volte incapacità ediffidenza, verso la ricerca. Ma senza ricerca, senza evidenze scienti-fiche, l’intervento assume troppo spesso caratteristiche casuali: puòessere utile, inutile o dannoso. Nel breve questionario somministratoanche quest’anno presso i campeggi di Pistoia blues e Arezzo Wave, ab-biamo chiesto ai frequentatori (tra l’altro) di indicare da uno a dieci illivello di gradimento delle sostanze: provate a indovinare quale dro-ga, oltre i cannabinoidi, si attesta, nella maggioranza dei casi, tra ot-to e dieci. ■

Alto gradimentoscarsa conoscenza

S u s a n n a R o n c o n i

Il plurale è d’obbligo, si tratta di «cocai-ne», non di «cocaina». Per i mercati, cheanche a Torino sono tanti, e offronomerci assai diverse, tanto da far diredella cocaina di strada che non dovreb-be nemmeno chiamarsi così, come han-no ripetuto i consumatori a un focusgroup organizzato al Drop in della Asl3, «è più speed o metanfetamina»; pergli stili di consumo, dall’iniezione al

crack e per i consumatori, dall’eroinomane vecchiamaniera, al giovane professionista, al consumatoredella notte. E, infine, per i rischi correlati e per le do-mande che arrivano ai servizi. E per parlare di co-caina a Torino bisogna infatti parlare con servizi di-versi e con operatori diversi. Il Coordinamento deiservizi a bassa soglia del Piemonte ha di fronte ilproblema cocaina consumata con l’eroina (e con l’al-cool) da circa dieci anni e ciclicamente cerca di rin-novare le proprie conoscenze utilizzando gli stru-menti dell’osservazione, del dialogo con gli utenti edel confronto tra consumatori. Per cercare di capirestili e mix, e per trovare nuove modalità di riduzio-ne del danno e di sostegno, dal momento che l’usodi strada, per via iniettiva, della cocaina ha portatocon sé nuovi problemi.

La cocaina della strada«Dal 2002 hanno ripreso a salire le sierocon-

versioni da Hiv, ai servizi a bassa soglia si presenta-no più fuorivena e altre complicanze legate al consu-mo per via iniettiva che sembravano, fino a tre oquattro anni fa, in regresso – dice Gabriella Rocca,medico della Asl 4 e responsabile di “Dis-pari”, pro-getto di riduzione del danno condotto da operatori

pari (011 2485050) – e sono evidenti maggiori diffi-coltà cognitive». Dis-pari ha effettuato una ricercaper capire non solo chi e come consuma cocaina, econ quale percezione del rischio, quali altre sostanzevengono associate, ma anche le ragioni di questoconsumo e l’eventuale correlazione con i trattamen-ti, soprattutto con quello metadonico: l’osservazioneempirica di molti operatori di bassa soglia, infatti,tradizionalmente parla di un fenomeno di viraggio,dall’eroina alla cocaina, in presenza di terapie meta-doniche protratte. Argomento, questo, di un con-fronto a volte serrato tra bassa soglia e ambulatori,dove l’oggetto del contendere è il dosaggio del far-maco e la possibilità dell’utente di negoziarlo. Sonostati intervistati 181 consumatori in metadone, reclu-tati sia nelle sedi di somministrazione che sulla stra-da: il 51% usa cocaina e eroina, il 21% continua a usa-re solo eroina e il 13% solo cocaina: il nesso metado-ne-cocaina sembra, qui, meno evidente di quantovenga percepito. Tuttavia, osservando le variazionidel consumo durante la terapia, il 57% non ha au-mentato il consumo, si è stabilizzato; ma del rima-nente 43%, il 22% ha aumentato l’uso di cocaina,mentre un valore più basso (solo il 5%) ha aumenta-to l’uso di eroina. Da notare che ben il 15% ha au-mentato l’alcool, un dato sottostimato, secondo Roc-ca, «perché dell’alcol la percezione del rischio è mol-to bassa, e tendono a non segnalarne l’uso, ma risul-ta spesso fortemente correlato alla cocaina». Le per-sone che hanno cominciato con l’eroina e ora consu-mano cocaina lo fanno prima di tutto «perché piacedi più» (44%), molto meno perché «sente meno l’e-roina» (23%). È interessante notare come i risultati diquesta ricerca confermino la percezione empirica de-gli operatori sul ruolo sempre più importante delmercato nelle scelte dei consumatori: ben tre delle ra-gioni portate per il consumo di cocaina hanno a che

Torino, un’inchiesta fra i servizi alla ricerca delle differenti tipo

PER TUTTI I GUS

Supplemento mensilede il manifesto29 luglio 2005 FUORILUOGO 7

fare con questo: perché «la qualità dell’eroina è peg-giorata» (34%), perché la cocaina «costa meno» (8%)ed è «più facile trovarla» (7%). Cosa che la dice lun-ga sul mercato a Torino, che ha prodotto “cocaine”per tutti i gusti e per tutte le tasche. «Quella di stra-da costa meno dell’eroina – dice Gabriella Rocca – esi presenta simile: in palline colorate, e bisogna an-che scaldarla per poterla iniettare. Sembra propriouna strategia di marketing...». Tanto che se capita chequalcuno di questi consumatori incontri lacocaina del mercato “alto”, va incontro acrisi anche molto pesanti, fenomeni di pa-ranoia, «sentirsi dietro quattro occhi», comeha raccontato un utente. «Una volta se chie-devi 30 euro di cocaina ti ridevano dietro –racconta un consumatore del Drop in – og-gi anche se hai 15 euro ti porti a casa qual-cosa...». È una questione di marketing, ag-giunge: «Sono i neri ad avere il mercato diquesta cocaina-anfetamina, poi hai bisognodi calmarti e allora loro hanno la white... Èun gioco di mercato».

La percezione del rischio è, secondola ricerca Asl 4, piuttosto bassa, anche se il 44% èconsapevole che l’uso di cocaina ha prodotto unpeggioramento nelle loro condizioni di salute: i mo-tivi di preoccupazione sono legati soprattutto ai sin-tomi del “down”, all’ansia, all’effetto troppo breve ealla scarsa qualità della sostanza. Quest’ultima, se-condo alcuni consumatori, è responsabile del fattoche «arriva prima la paranoia, alla prima pera, conla cocaina di una volta dovevi fartene prima di ave-re questi sintomi!». In misura assai minore, si temo-no danni fisici, sintomi psichiatrici, overdose, com-pulsività, tachicardie e infarto. A sentire la voce deiconsumatori del drop in, invece, la percezione deirischi è piuttosto forte: riportano soprattutto gli ef-

fetti negativi in termini di aggressività e di conse-guenza di crisi nelle relazioni personali: «Per me èstato un disastro, arrivi a prendertela anche con latua compagna, la cosa più importante che hai...». Lasfida, per la riduzione del danno, è ancora il rischiolegato alla pratica iniettiva, su cui – al contrario diquanto per anni avvenuto per i consumatori di eroi-na – gli operatori scontano molte difficoltà: gli in-contri tra consumatori per lavorare sui fattori pro-

tettivi sono poco affollati, non funzionano. E anchepensare di invitare ad una via di assunzione menorischiosa non è facile: è ancora il mercato che lo im-pedisce. «Se volessi fumarla non potrei – dice unconsumatore del Drop in – essendo così anfetamini-ca, se voglio basarla non ci riesco, non cristallizza, ri-mane una pappetta, anche se usi ammoniaca o bi-carbonato, niente da fare...». Al contempo, numeri-camente sono pochi i casi che si presentano ai servi-zi con seri problemi correlati alla cocaina, ma c’è dadire che quelle che vi arrivano, sono situazioni com-plesse e molto problematiche.

Per incontrare i consumatori che non sono incarico ai Sert, e che non usano eroina bisogna guar-

dare altrove. Sul web, per esempio: la stessa Asl 4ha varato un servizio di informazione e consulen-za che utilizza Internet (www.webcocare.it): èanonimo, e soprattutto non è identificato con unSert, anche se è un Sert che lo gestisce. «Collegan-dosi a questo le persone hanno accesso ad un’am-pia gamma di possibilità – spiega Augusto Con-soli, responsabile dei Sert della Asl 4 – ricevono di-verse informazioni sulla sostanza (storia, dannipsichici e fisici...), possono fissare un appunta-mento per un colloquio faccia a faccia, ma anchemettersi in contatto con il personale dell’equipe dilavoro, iniziando una comunicazione via e-mail».

Quelli che.... mai in vena Anonimato e discrezione funzionano: dal-

l’aprile 2004 al marzo 2005 il sito ha avuto circa15.600 contatti, e la via privilegiata di comunica-zione è l’e-mail. Tra i servizi on line, anche un testper autovalutare il proprio grado di coinvolgi-mento nel consumo: tra circa 1300 utenti così in-tervistati, risulta che 17,2% dei soggetti dichiara diusare tutti i giorni, il 28,3% più volte alla settima-na, il 21,5% nel weekend, il 15,9% più volte allasettimana e il 17% occasionalmente; rispetto allamodalità d’uso l’89,5% dichiara di utilizzare la so-stanza per via endonasale, il 5,5% di fumarla e il3,3% di utilizzarla per via endovenosa. Circa il38% usa cocaina da oltre tre anni. Tra coloro che,dopo un primo contatto web, hanno avuto un in-contro vis a vis, «la maggior parte ha un buon im-piego – dice Consoli – una discreta disponibilità di

denaro, e non sono giovanissimi, l’età media è 32anni. Si sono avvicinati alla cocaina per uso ricrea-zionale, perdendo, a poco a poco, il controllo dellasituazione. Spesso chi ricorre a questo tipo di so-stanza presenta tratti depressivi, elementi di intro-versione e di antisocialità che la sostanza, inizial-mente, aiuta a superare. In alcuni casi sono stati ri-levati tratti paranoici, forse precedenti l’uso di so-stanza. In questi casi la cocaina porta ad un’amplifi-

cazione di tali elementi». La doman-da portata dai consumatori è spessoquella dell’astinenza, ma vi sono an-che casi in cui «in maniera menoesplicita, l’idea di base è quella di ar-rivare non tanto ad una remissionedell’uso ma ad un maggior controllodi questo». Ma quando scatta per lo-ro il campanello d’allarme? DiceConsoli che spesso «capita che la per-sona perda l’aspetto ludico legato al-l’uso, passando ad un uso solitario.Questi sono i primi stimoli che indu-cono domande. Molte volte l’uso di

cocaina è proprio collegato alla condivisione di mo-menti con gli altri, il fatto di perdere questo aspetto,di aver bisogno e voglia di isolarsi porta le personea domandarsi cosa sta succedendo. E in genere siavverte, insieme a questo, la sensazione di non averpiù tanto il controllo dei propri comportamenti, chesenza sostanza non si possa fare nulla».

Quello di un servizio separato e anonimo èun problema registrato anche dall’altro servizio to-rinese dedicato ai consumatori problematici di co-caina, Onda1, della Asl 1, che ha una sua sede auto-noma e mantiene i contatti con gli utenti attraverso

A sentire la voce dei consumatori deldrop in, la percezione dei rischi è forte,

specie per l’aumento di aggressività, mala vera sfida è ridurre la pratica iniettiva

�continua a pagina 8

ologie di uso

STI E TUTTE LE TASCHE

F a b i o S c a l t r i t t i *

Le accoglienze in Comunità sono un buon osservatorio per re-gistrare alcuni significativi mutamenti nei consumi. La Co-munità in oggetto è quella di San Benedetto al Porto, che hala sede dell’accoglienza a Genova ma effettua colloqui perl’inserimento con persone provenienti dalla Liguria (45%),dal Piemonte (45%) e dal resto d’Italia (10%). Ovviamente lapopolazione è di per sé selezionata e non è possibile identifi-carla con la “popolazione con problemi di dipendenza”: co-loro che si rivolgono a noi hanno già una certa motivazione esono tutti inviati da servizi per le dipendenze. Sono quindi

persone già inserite in un trattamento pressoun servizio pubblico.

Il mutamento rilevato (e che necessite-rebbe una indagine approfondita), è quellodella migrazione dei consumi da una sostanzaall’altra. Capire le ragioni per cui molte perso-ne che consumano eroina da molti anni diven-tano poi abituali consumatori di cocaina po-trebbe essere utile sia per affrontare meglio ledomande di astinenza che per realizzare unamigliore prevenzione primaria e secondaria.Ma non è così semplice. Si intrecciano infattidiversi fattori per cui la complessità viene am-plificata dalla scarsa trasparenza del fenome-no. Uno di questi è, a mio parere, la modalità di somministrazione del metadone.Senza mettere in dubbio l’assoluta importanza e la validità di questo farmaco co-me strumento di “aggancio”, trattamento e prevenzione, non si può fare a meno diosservare come almeno la metà delle persone intervistate durante i colloqui di ac-coglienza raccontino di una migrazione verso la cocaina avvenuta in un periodo incui assumevano metadone.

Alcune di queste poi si spingono ad affermare che il metadone, nel loro caso,li ha “costretti” a ricercare un’altra sostanza che avesse modalità di assunzione ana-loghe, anche se con effetti diversi.

È vero che queste affermazioni non possono essere generalizzate, ma non sipuò fare a meno di notare che in alcuni casi gli episodi di consumo di cocaina, rive-lati dall’utente agli operatori dei Sert o scoperti attraverso l’esame delle urine, sianotrattati con un aumento del dosaggio di metadone.

Quali le ragioni? Il metadone è l’unico strumento a disposizione o si pensa chequesto farmaco abbia proprietà di contenimento e di stabilizzazione, al di là della so-stanza utilizzata? Forse, ma non ne sono sicuro, la risposta va cercata più nelle mo-dalità di somministrazione che nelle proprietà farmacologiche.

Un’altra importante ragione dello spostamento verso la cocaina risiede sen-za dubbio nella strategia di un mercato (quello delle sostanze illegali) che ha sapu-to riciclare una sostanza che fino a 10 anni fa era ancora considerata di élite e il cuiconsumo rappresentava uno status symbol per alcuni gruppi e in alcuni contesti so-ciali. Oggi nelle piazze è possibile procurarsi una dose di cocaina (o almeno così vie-ne chiamata) con somme variabili tra i 12 e i 20 euro. È diffusa come l’eroina, se nondi più, ed è spesso mescolata ad altre sostanze. Non dà una vera dipendenza fisicae asseconda l’illusione di un consumo “gestito” anche quando questo avviene più

volte durante una giornata. La mia impres-sione è che questa sostanza, e i comporta-menti compulsivi che promuove, possieda-no una maggiore potenza nel far emergeredisturbi latenti del comportamento e dellapersonalità. E anche in questo caso ritornail metadone somministrato come stabiliz-zatore dell’umore o in alternativa a psico-farmaci (più efficace e socialmente più ac-cettato dalla popolazione tossicodipenden-te). Non è quindi facile stabilire un rappor-to causale tra queste ragioni (e altre da ap-profondire) e il fenomeno del consumo dicocaina ma sarebbe importante per noi

comprendere meglio il significato di questi comportamenti. Peraltro, nella nostra comunità, è maturata la convinzione che in diversi ca-

si sarebbe più opportuno trattare persone con dipendenza da eroina con l’eroinastessa: le risultanze delle sperimentazioni condotte in molti paesi europei lo di-mostrano con chiarezza. Purtroppo, in Italia, dobbiamo ancora oggi misurarci conun proibizionismo ideologico e moralizzante che non vuole considerare i tossico-dipendenti persone (con piena dignità e diritti) e le sostanze stupefacenti farmaci(con proprietà terapeutiche ed effetti da gestire). Siamo disponibili a qualsiasi con-fronto aperto, laico e trasparente che si ponga come primo obiettivo quello di ge-stire (e non reprimere) un fenomeno come quello del consumo delle sostanze psi-coattive, valorizzando contemporaneamente le capacità e le competenze dei di-retti interessati: i consumatori. ■*Comunità San Benedetto al Porto, Genova

Supplemento mensilede il manifesto

29 luglio 2005FUORILUOGOCOCAINA8IL FENOMENO DEI POLICONSUMI DALL’OSSERVATORIO DI UNA COMUNITÀ TERAPEUTICA

DALL’EROINA ALLA COCA

linea telefonica e cellulare sempre attivo (335 7850556, [email protected]). Onda1 significa, in realtà, Operatori nuovedroghe Asl 1, perché «all’inizio, nel 2001, di questo avrem-mo dovuto occuparci, di ecstasy e anfetamine – diconoAndrea Bellini e Paolo D’Elia, che seguono il progetto –ma ci siamo presto trovati a doverci misurare soprattuttocon la cocaina». Infatti, ciò che si legge dall’osservatorio diOnda1, è che si arriva alla cocaina inalata o fumata con unviraggio dopo circa un anno e mezzo di uso di anfetaminee ecstasy, e quando si arriva al servizio – dopo una latenzadi 3-4 anni – queste sostanze non ci sono più, fanno ormaiparte della loro “storia di consumo”. Gli utenti sono gio-vani, il 50% ha tra i 19 e i 24 anni, il 34% tra i 25 e i 30, so-no socialmente integrati, lavorano, hanno titoli di studiomedio bassi, vivono in famiglia e sembrano “tenere” suf-ficientemente il controllo del consumo, «almeno fino aquando non appaiono due diverse tipologie di problemi –dicono Bellini e D’Elia – i debiti, fino a 5mila euro e oltre,il fattore che fa sì che le famiglie si accorgano che c’è qual-che problema, e problemi di salute, soprattutto disturbidell’umore, depressione, psicosi, allucinazioni, problemicardiaci e di respirazione». Arrivano al servizio soprattut-to accompagnati dalle famiglie o inviati dai medici di ba-se. Quest’ultimo dato è interessante, nell’esperienza tori-nese, e premia gli sforzi fatti per il coinvolgimento di una

figura che si dimostra – a giudicare dall’efficacia degli in-vii – determinante nel rapporto con una popolazione inte-grata e che non desidera essere visibile. «La rete è stata unfattore vincente, con i medici abbiamo fatto informazionee anche un percorso formativo che è stato molto frequen-tato e apprezzato», dicono gli operatori. Questi consuma-tori usano per il 57% eroina basata (crack) e per il restante43% la inalano: dipende dalla qualità. «La qualità è varia-bile – dicono Bellini e D’Elia – comprano su diversi mer-cati, dagli africani e dagli italiani. Avolte rivendono nel gi-ro amicale. Quando la cocaina è abbastanza pura preferi-scono basarla, e consumano spesso prima alcool, visto co-me una sorta di “attivatore” della serata». Tuttavia, molti,nel momento in cui il consumo si fa problematico, nonconsumano più in compagnia, ma da soli, in casa: anzi,proprio questa solitudine viene descritta come il momen-to apicale della crisi. Al servizio vanno in media per 4 o 5mesi, magari se ne vanno e poi tornano nei momenti diconsumo “alto”: chiedono supporto psicologico e medico.E anche un aiuto con le famiglie e i partner, che fanno fati-ca spesso a reggere soprattutto i momenti di aggressività:per loro, c’è un gruppo ad hoc. Anche perché la tenuta del-le reti sociali attorno al consumatore di cocaina è fonda-mentale perché continui (o riprenda) a “tenere” insieme lasua vita e il controllo sulla sostanza.

Susanna Ronconi

� continua da pagina 7

PER TUTTI I GUSTI E TUTTE LE TASCHE Vien i avant i padanoAll’indomani dell’approvazione della legge “Meduri”, cheregala soldi e promozioni ai dirigenti penitenziari, uncommento entusiastico è venuto dai diretti beneficiati, ilsindacato dei direttori e dirigenti penitenziari. E si capi-sce il perché. Anzi i milioni di perché, corrispondenti ai5,2 milioni di euro in più all’anno stanziati per gli aumen-ti di stipendio. Un plaudente comunicato, firmato dal se-gretario nazionale del sindacato Enrico Sbriglia, profittaper accusare i governi di centrosinistra per non aver pre-stato ascolto alla «sensibilità diffusa che vuole ordine esicurezza», per non aver costruito nuove carceri e peraver consentito le politiche di riduzione del danno «chetante vittime ha mietuto e sta mietendo nella tristerealtà della tossicodipendenza».Vi sembrano affermazioni sopra le righe per un direttoredi penitenziario (quello di Trieste), ancorché segretariosindacale? Allora dovete sapere che lo stesso è ancheassessore comunale di Alleanza nazionale, per giuntanella stessa città. Alla vigilia del G8 di Genova, Sbrigliascrisse un articolo al riguardo sul quotidiano di An che siconcludeva con queste parole: «Se vis pacem, para bel-lum». Come si sa, la guerra contro i manifestanti c’è poistata. Con questo clima e tali rappresentanze sindacaliè facile immaginarsi che se ne stia ora preparando unacontro i detenuti e i tossicodipendenti.

( m a r a m a l d o )

Almeno la metà delle persone intervistatedurante i colloqui di accoglienza riporta

il passaggio alla nuova sostanzanel periodo in cui assumeva il metadone

Supplemento mensilede il manifesto29 luglio 2005 FUORILUOGOCARCERE 9

M a s s i m i l i a n o V e r g a

Recentemente è stato pubblicato uninteressante rapporto, dall’emble-matico titolo The war on marijuana:the transformation of the war on drugsin the 1990s (La guerra alla marijua-na: la trasformazione della guerra al-la droga negli anni ‘90). Gli autori so-no due ricercatori del SentencingProject di Washington, un’organiz-zazione non-profit che da vent’anni

si occupa di sviluppare programmi alternativi in materia dipolitica criminale.

Il rapporto offre una lucida – e quanto mai opportuna– analisi della politiche di law enforcement statunitensi tra il1990 e il 2002. Il titolo è già una chiara sintesi delle conclusio-ni: da un decennio a questa parte, la guerra alle droghe negliUsa si è trasformata in una guerra dichiarata alla marijuana.Merita dare conto dei punti salienti del rapporto, sia perché sitratta di uno studio non governativo, sia perché è uscito (for-se, non casualmente) pochi giorni dopo il consueto rapportodi metà anno del Dipartimento della Giustizia.

Sotto questo profilo, occorre ricordare che negli Usaogni 138 abitanti, uno è in carcere, con evidenti discrimina-zioni a seconda del colore della pelle. Apprendiamo, infatti,che ogni 100 giovani neri, 12 sono in carcere, una condizioneche riguarda soltanto l’1,7% dei giovanibianchi. Da segnalare anche un incrementodel 2,3% della popolazione carceraria rispet-to al 2003. Cifre in linea con le conclusionidel Sentencing Project, sebbene vi sia unanetta frattura sulle motivazioni.

Vediamo gli aspetti del rapporto,dunque. Sono sostanzialmente due.

Primo: rispetto al 1990, nel 2002 gliarresti per droga sono aumentati del 41%. Visono stati, cioè, 450 mila arresti in più, il 79%dei quali per semplice possesso. Con riferi-mento alla marijuana, nei 12 anni “coperti”dal rapporto, sono state arrestate quasi7.300.000 persone. Tuttavia, soltanto il 14%per traffico, mentre ben l’86% per semplicepossesso. Sempre con un occhio alle cifre (significative più diogni commento), gli arresti per marijuana sono quasi la metà(il 45%) del milione e mezzo di arresti effettuati ogni anno ne-gli Usa. Tra le città più repressive, spicca New York: gli arre-sti per marijuana sono aumentati dell’882% (non è un erroredi stampa!); quelli per semplice possesso del 2.461% (idem!).È anche interessante notare che l’andamento degli arresti permarijuana, aumentati del 113%, è in controtendenza rispetto:a) agli arresti “in generale”, che sono diminuiti del 3%; b) alcosiddetto Index I crimes (che raccoglie tutti i crimini più “vio-lenti), anche sceso del 24% nel periodo considerato; c) agli ar-resti per altre droghe, eroina e cocaina, anch’essi in netto calo.Il commento degli autori del rapporto non lascia dubbi. L’ac-canimento verso la marijuana è il frutto di “decisioni seletti-ve” in tema di law enforcement, non essendoci giustificazionisul fronte dei consumi di altre droghe, che nonsono diminuiti, anzi. Ed è il frutto di “decisioniselettive” anche verso i consumatori, a scapitodell’impegno nel contrastare i trafficanti.

Secondo aspetto: la politica Usa ha unaevidente matrice razzista. Se il Dipartimento del-la Giustizia non può nascondere questo dato, ilSentencing Project lo denuncia a chiare lettere. Gliafroamericani, che sono il 14% dei consumatoridi marijuana, sono infatti oggetto del 30% degliarresti.

Entrando più nel dettaglio, le “politicheselettive” Usa hanno un impatto negativo e im-mediato su almeno tre fronti.

Innanzitutto, quello dei consumi. L’accanimento re-pressivo non rappresenta un deterrente per i consumi, anzi.Beninteso: non che la repressione sia giustificata in caso con-trario, ma se ottiene esattamente l’opposto di quanto si pre-figge, viene da chiedersi dove si siano nascosti i federaliquando è stata distribuita l’intelligenza. Da recenti indaginisui consumatori, emerge infatti che i consumatori “regolari”,cioè chi ha fatto uso di marijuana almeno un volta nell’ultimomese, sono triplicati dal 1990 al 2002, passando dal 2,2% al6%. Da notare che quest’ultimo valore è identico a quello re-gistrato nel 1975.

Vi è poi la già ricordata matrice razzista delle politicheUsa. Il 74% dei consumatori “regolari” è bianco e non ispani-co (“non-hispanic whites”); soltanto il 14% è nero (“black”).Ma, appunto, un terzo degli arrestati per marijuana è “black”,ovvero è netta la frattura tra i comportamenti reali e le politi-che di controllo sociale. L’unica spiegazione possibile per i ri-cercatori – non un semplice sospetto, in verità – è appunto chevi siano delle “decisioni selettive”, ossia che le politiche di re-pressione siano volutamente mirate a colpire una parte benprecisa della popolazione. Del resto, citando uno studio ine-dito condotto nel Maryland, il Sentencing Project non nascon-de certo l’indice rivolto contro le forze di polizia, che infattiaccusa di agire con chiara discrezionalità, sapendo dove an-dare per un “arresto facile” che dia un po’ di gloria.

Una nota, infine, sulle implicazioni di tali politiche perquanto concerne la spesa sociale (verrebbe da chiedersi: qua-

le?) sostenuta dall’amministrazione Usa.Un primo dato è che le politiche contro lamarijuana costano circa 4 miliardi di dol-lari all’anno. Un secondo dato è che ilbudget per le politiche di law enforcement“generali” è aumentato del 107% dal 1990,passando da 4,6 miliardi di dollari a 9,5miliardi. Come rileva il rapporto, questecifre rappresentano un costo già in termi-ni assoluti. Tuttavia, la loro rilevanza au-menta se ragioniamo in termini relativi.Infatti, il costante aumento della spesa de-dicata alla guerra alla droga può essere so-stenuto sostanzialmente in tre modi: conun aumento delle entrate (cioè, più tasse);togliendo risorse ad altri ambiti della spe-

sa sociale; oppure privilegiando alcune voci all’interno dellepolitiche di law enforcement, a scapito di altre. Secondo il Sen-tencing Project, quest’ultima è la brillante mossa dell’ammini-strazione Usa, che ad esempio preferisce occuparsi dei con-sumatori o dei piccoli trafficanti, anziché occuparsi del gran-de traffico o, più in generale, di reati più gravi del consumo dimarijuana.

Alla luce dei risultati ottenuti, il rapporto mette chia-ramente a nudo gli sprechi del governo Usa. Soltanto Walters,l’attuale zar antidroga statunitense, la pensa in maniera diver-sa. Come ha recentemente sostenuto, infatti, la guerra alla ma-rijuana è più che giustificata, visto che un “growing body of evi-dence” dimostra che la marijuana è la causa di gravi patologiementali, in particolare schizofrenia. Vale a dire, la repressionecome forma di prevenzione. Costi quel che costi. ■

L’ESTATE DELLE CARCERIL’estate si fa caldissima per i quasi 60.000 de-tenuti delle carceri italiane – 18.000 in più del-la capienza massima prevista – nelle quali simuore ormai tutti i giorni (l’ultimo suicidioregistrato è del 14 luglio, quando un detenu-to si è impiccato nel carcere di Cremona). Ealle porte vi è, minacciosa, la proposta di leg-ge “ex-Cirielli” sulla recidiva che, qualora ap-provata, farebbe esplodere e implodere il si-stema penitenziario. In occasione della di-scussione su un’altra proposta di legge – laMeduri sulla dirigenza penitenziaria – il Sap-pe, sindacato autonomo della polizia peni-tenziaria, non famoso per gesta e pensieri li-berali, ricorda una situazione carceraria «sul-l’orlo del collasso», caratterizzata, tra l’altro,da 600 agenti ausiliari di polizia penitenzia-ria che a fine anno saranno licenziati, da car-ceri sovraffollate e fatiscenti, e da carriere delpersonale di polizia «statiche e mortificanti».Sempre il Sappe sostiene che, mentre i trasfe-rimenti per assistenza ai familiari disabilivengono rifiutati e non si valutano provvedi-menti di amnistia, i suicidi di detenuti au-mentano come aumentano le evasioni. Inmezzo a questo bailamme, per i detenuti unanotizia buona e una cattiva: quella buona è lasentenza della Corte costituzionale che ga-rantisce l’estensione dell’indultino anche achi sta usufruendo di una misura alternativaalla detenzione; quella cattiva è che la Cortedi Cassazione ha sentenziato che un detenu-to in Aids conclamato può restare in carcerefinché risponde positivamente alle cure.Questo lo scenario. Su questo sfondo, andia-mo incontro ai giorni più difficili di ogni an-no per la vita delle carceri. Ad agosto in car-cere, come per le strade di tutte le città d’Ita-lia, fa caldo. Con la differenza che bambini –ce ne sono ancora una settantina sotto i treanni che vivono in cella con le loro madri –anziani e malati non possono rifugiarsi al fre-sco dei supermercati, come ci aveva suggeri-to di fare l’ex ministro della salute Sirchia. Adagosto in carcere ci sono meno operatori, ilvolontariato è quasi assente, la politica al piùlo ricorda da lontano in dibattiti pieni di pa-role e poveri di voti su improbabili provvedi-menti di amnistia. A ferragosto dello scorsoanno andammo in visita al carcere romano diRegina Coeli, dove da alcuni giorni i detenu-ti stavano portando avanti una pacifica pro-testa. Eravamo con una delegazione di cui fa-cevano parte il garante dei detenuti del Co-mune di Roma e un assessore comunale.Fummo lasciati ad aspettare per ore, al chiu-so di una stanza, mentre – si seppe poi – unatrentina di detenuti dimostranti veniva tra-sferita in tutta fretta. Anche quest’anno tor-neremo in visita in molti istituti dal nord alsud della penisola. Non ci sarà giorno in cuinon leggeremo le segnalazioni che ci arrive-ranno all’indirizzo che trovate qui sotto. Invi-tiamo tutti i parlamentari e i consiglieri re-gionali a utilizzare le loro prerogative e a en-trare in carcere più volte possibile. Ogni visi-ta, ogni ispezione può allontanare cattive in-tenzioni.

[email protected]

IL VASO DI PANDORA

L’accanimento del governo Usa contro il consumo di marijuana

DENTRO LA GUERRA

Un recente rapporto offreuna lucida analisi dellaescalation di repressionesulla canapa nel corsodegli anni ’90. In dodicianni sono state arrestateoltre 7 milioni di persone,l’86% per solo possesso

AUGURI DI BUON LAVORO Stefano Anastasia è il nuovo presidente per i prossimi tre anni della Conferenza Nazio-nale Volontariato Giustizia. Anastasia, che succede a Livio Ferrari, è stato tra i fondato-ri e poi presidente di Antigone, dal 1999 fino al 2005. «Guidare la Conferenza è unaresponsabilità molto impegnativa, in un momento in cui i volontari operano in carcerein una situazione estremamente difficile, condizionata da un numero di persone dete-nute e da un sovraffollamento delle strutture penitenziarie senza precedenti», ha affer-mato Anastasia. La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia riunisce tutte le princi-pali organizzazioni di volontariato operanti nel campo della giustizia e delle carceri.

Supplemento mensilede il manifesto

29 luglio 2005FUORILUOGOCLAT 3BARCELLONA10

GRAZIA ZUFFA

Barcellona, sabato, 1 luglio, giornata di chiusura di Clat 3 (la ter-za edizione della Conferenza latina sulla riduzione del danno):la sessione plenaria inizia con oltre un’ora e mezzo di ritardo,perché, all’orario previsto, l’enorme sala è desolatamente vuo-ta (ma anche a mattinata inoltrata la panoramica non miglio-

rerà di molto, fino al melanconico declino di un pomeriggio caldo e di-stratto). Non è un banale incidente organizzativo, da addebitarsi allacoinvolgente movida notturna catalana. Al contrario, è una piccola spiadella crisi della Clat: non solo di pubblico, o almeno di pubblico interes-sato, ma soprattutto di politica.Eppure, proprio la qualità della partecipazione e l’ampiezza del dibatti-to avevano segnato in positivo le precedenti edizioni del 2001, sempre aBarcellona, e del 2003, a Perpignan. La riduzione del danno “latina” siera posta sin dall’inizio mete ambiziose, ben oltre la pur importante ri-cognizione e validazione delle pratiche e dei servizi. Cruciale il tentati-vo di collocare le innovazioni sociosanitarie nello scenario delle politichepubbliche, e dei conflitti fra differenti modelli: finalmente la riduzionedel danno assurgeva ad approccio (complessivo) di contrasto alla droga,alternativo a quello proibizionista, uscendo dall’equivoca “neutralità”,fra proibizionismo e antiproibizionismo, tanto cara a molti esponenti delmondo anglosassone (a cominciare dallo statunitense Ethan Nadel-mann). La cui cautela trovava una spiegazione, se non una giustificazio-ne, nel contesto delle politiche “dure”, tradizionalmente seguite nei pae-si d’origine; mentre, a sud delle Alpi, l’ambiguità offriva a politici e ani-me belle il destro di salvarsi l’anima , archiviando la piaga del penale,pur senza rinunciare alla litania della “solidarietà al tossico” (l’Italia de-gli anni ‘90 ne è stata un ottimo esempio). In questo ambito, va ricorda-ta la tensione di Barcellona I sulla “identità latina”: non tanto per riven-dicare una diversità ideologica, quanto per ragionare sulla peculiaritàdel diritto penale “mite” mediterraneo. Oppure, l’attenzione di Perpi-gnan al contesto globale, al cui interno le droghe trovano una colloca-zione non secondaria: come lo scontro fra paesi europei e Stati Uniti, sul-la scena del meeting Onu di Vienna 2003, aveva appena mostrato.

Torniamo alla Barcellona di quest’anno: la conferenza si è ri-confermata un interessante osservatorio per seguire l’evolu-zione qualitativa delle pratiche più innovative: ne sono unesempio le sessioni dedicate ai trattamenti con eroina e allesafe injection room, dove la Spagna ha fatto la parte del leone

(lapidario il commento di Stefano Carboni della Lila: «Dieci anni fa noiitaliani avevamo tutto da insegnare, mentre adesso...»). Ma del “sale”politico delle precedenti edizioni si è perso la traccia. Chi voleva fare ilpunto sulle politiche “miti” europee alla luce del recente allargamentodell’Unione e della controffensiva americana di “nuova intransigenza”è rimasto deluso. E la verifica dietro l’angolo della strategia Onu «di eli-minazione delle coltivazioni illegali» nel 2008 a malapena è stata men-zionata (se non da Joep Oomen della rete europea Encod e qualche al-tro). Incredibilmente, della nuova campagna di criminalizzazione dellacanapa, condotta dall’Unodc di Antonio Costa, quasi niente si è detto,neppure nelle sessioni alla canapa dedicate. Perciò, il “caso italiano”,della svolta neoproibizionista del centrodestra, è rimasto tale, anche seFranco Corleone si è sforzato di inquadrarlo nello scenario politico piùlargo. Così come Vittorio Agnoletto ha messo il dito sulla dialettica fragli (scarsi) poteri del Parlamento europeo e quelli (sovrabbondanti) delConsiglio dell’Unione, per meglio illuminare quanto sia erta e acciden-tata la via europea ad una politica globale alternativa sulle droghe. Masono state voci isolate, di italiani isolati. Anche linguisticamente, vistoche l’unica lingua latina non prevista e di cui era assente la traduzioneera l’italiano. Anche questo fastidioso particolare non può essere deru-bricato a scelta tecnica per carenza di fondi: se non si ha chiaro l’enormeimpatto politico che avrebbe per l’Europa il ritorno dell’Italia ad una leg-ge penale “dura”, è segno che il movimento di riforma della politica del-le droghe non abita più qui, nella bella città catalana.È un giudizio troppo netto? Ci auguriamo di cuore di essere smentite alprossimo appuntamento. Che questa volta dovrebbe tenersi in Italia, sidice. Potrebbe essere un’ottima occasione per rilanciare l’Europa della ri-duzione del danno, proprio alla vigilia della importante scadenza delpiano Onu del 2008. Cominciamo a darci da fare. ■

Il movimentonon abita più qui

M a r i a T e r e s a N i n n i

Negli anni ‘80 ho vissuto per parecchio tempo a Barcellona: era unacittà affascinante e lo era ancor di più per me che arrivavo da unaTorino austera, che non si è mai distinta per vivacità e vita nottur-na; inoltre eravamo in pieno negli “anni di piombo”. La Spagna invece sembrava risvegliarsi da un lungo “sonno”, conun sacco di voglie, mai sopite, che chiedevano legittimità di espres-sione; non era ancora stata tirata a lucido per atleti e turisti: conser-vava i suoi gioielli, ma dovevi scoprirli poco a poco, capitandociper caso e restando senza fiato di fronte a cose che pensavi di averperso per sempre.

E poi c’era la vita del barrio chino e delle calles vicino al porto, dove si incontravano, or-mai da secoli, tutte le “marginalità” classiche di una grande città e per di più di porto. CalleEscudeller, una traversa delle ben più famose Ramblas accoglieva, giorno notte, ragazze chelavoravano alla barra americana (così si chiamavano le entraineuse dei locali notturni), i loroprotettori, alcuni camellos (spacciatori) e molti drogadictos a caccia di una papelina di caballo (eroi-na) o perica (cocaina).

I consumatori italiani partivano in comitive verso quell’Eldorado di sostanze a pocoprezzo e di miglior qualità, spesso li incontravi sulle Ramblas, sempre più magri e mal messi,alla ricerca di qualche peseta. Dopo la grande abbuffata tornavano in Italia e al metadone chepermetteva loro di scendere a patti con una “scimmia” esigente.

In Spagna non esistevano servizi specifici per le tossicodipendenze, c’era solo qualchemedico privato che dietro compenso poteva prescrivere metadone: era la stessa situazione del-l’Italia prima del 1975. Ho sempre seguito con un misto di curiosità e rispetto quello che av-veniva in casa dei nostri vicini: i servizi che nascevano, le politiche di riduzione del danno che

facevano la loro apparizione e così via... Quando all’ultimaClat di Barcellona è stata presentata l’esperienza della nar-cosala in città non ho potuto evitare di andare a darci un’oc-chiata.

Che dire? La prima parola che mi viene da dire è: co-raggio. Coraggio di intervenire in una situazione tragica,senza far finta che i problemi non esistano (la Spagna ha,praticamente, i nostri stessi vincoli legislativi); coraggio del-l’amministrazione pubblica di farsene carico (il servizio ègestito dal Comune); coraggio nell’ubicarlo nel centro dellacittà a due passi delle Ramblas, dietro al museo marittimodove fa bella mostra la caravella di Cristoforo Colombo; eper ultimo, ma non certo per importanza, il coraggio deglioperatori che ci lavorano.

Sala Baluard, questo il nome della narcosala, dal luo-go in cui si trova (sala baluardo questa la traduzione). Scen-

dendo Las Ramblas verso la statua di “Colon” (Colombo) e il mare, alla propria sinistra si al-larga una piazza costeggiata dalle antiche mura, e lì, una porta si apre, anonima. Ti accorgi chesuccede qualcosa dalle persone che stazionano fuori e da qualche vicino che ha messo un len-zuolo alla finestra per protestare e che, paradossalmente, riesce a sortire l’effetto contrario:qualcuno potrebbe passare e non accorgersi che lì c’è la famosa narcosala.

La struttura è piccolissima, 60 metri quadrati in cui succedono tantissime cose: unastanza con sei posti per il consumo per via iniettiva e distribuzione di materiale sterile, un mi-cro-spazio dove potersi prendere un caffè e riposare un momento, un’infermeria, una doccia,un guardaroba dove le persone possono trovare qualcosa di pulito da mettersi. E poi, alcuninumeri per dare una qualche idea della sala “Baluard”: è aperta 24 ore al giorno per 365 gior-ni l’anno, vi lavorano 40 persone, suddivise in cinque equipe, c’è un passaggio di circa 420 con-sumatori al giorno, l’80% delle sostanze consumate è rappresentato dalla cocaina, fino a 40 do-si di metadone sono distribuite in pronto soccorso.

Isabel, l’educatrice che ci ha accolto e fatto visitare la struttura, ci ha raccontato la sto-ria della sala “Baluard”, di come a partire dal 2000 l’associazione che la gestisce avesse de-ciso di intervenire in quello che all’epoca era il maggior luogo di consumo di Barcellona:Can Tunis, a due passi dal centro della città, ma ben nascosto, in una zona completamentedegradata, in attesa di un piano di ristrutturazione. Can Tunis ha rappresentato la primatappa: tutti i giorni un’equipe montava e smontava un tendone, poi sono arrivati due auto-bus. Isabel ci racconta il degrado di quel luogo di consumo: un tappeto di siringhe usate, im-mondizia, se qualcuno si “abbioccava” dopo essersi fatto, rischiava di essere morso dai to-pi... Isabel ci racconta un mondo che conosciamo bene, ma per noi, ancora senza soluzione.Quando è iniziata la ricostruzione di Can Tunis, il Comune si è posto il problema delle 4.000persone che lì consumavano: per una volta, invece di investire in repressione ha pensato al-la sala Baluard. Piccola, troppo piccola, con poche risorse e in attesa di finanziamenti che lepermettano di ingrandirsi e magari, moltiplicarsi in altri quartieri della città: ma comunqueuna realtà che dovrebbe fare riflettere, soprattutto i nostri molto poco coraggiosi ammini-stratori italiani. ■

IL CORAGGIODEGLI ULTIMI

Sala Baluard, questo ilnome della narcosalache il comune ha apertovicino alle Ramblas:un locale piccolissimoaperto giorno e notte,dove transitano ognigiorno circa 420 utenti

FUORILUOGOSTORIA 11

A l e x L a n g e r *

Durante una recente visita negli Stati Uniti, pochi giorni primadelle elezioni presidenziali, il leader dei socialisti italiani è sta-to colto da un’ispirazione sulla quale ha riflettuto a voce altadavanti alla stampa: è tempo che anche in Italia si ponga fineall’epoca dell’arrendevolezza e del lassismo, ha detto. Colpi-to dagli usi americani e dalla corrispondente amministrazio-ne della giustizia, si è pronunciato a favore di una riforma deldiritto penale italiano in materia di consumo di droghe. Nonè più ammissibile l’indulgenza verso i trafficanti di stupefa-centi, per questo reato la pena adeguata sarebbe l’ergastolo.

Ma anche nei confronti dei tossicomani e deiconsumatori ci vuole la mano pesante, l’assun-zione di sostanze illecite va senz’altro punita.La legge vigente del 1975, per la quale non èperseguibile il possesso di una “modica quan-tità” di droga – che ovviamente è un concettoelastico, ma protegge chi detiene la sostanzaper uso personale – per il capo dei socialisti ita-liani necessita di una riforma urgente. Permet-tendo l’assunzione di droga si mostrerebbeun’indifferenza sociale e perfino etica che vani-fica ogni lotta seria alla tossicodipendenza equindi anche al narcotraffico. Solo l’intransi-genza e sanzioni più severe possono portare al-

la svolta necessaria per la soluzione del problema.L’illuminazione americana di Craxi ha provocato non

poco scompiglio e imbarazzo in Italia. Una delle prime rea-zioni è venuta dal figlio Bobo, il giovane socialista con alte ca-riche di partito per ragioni dinastiche, il quale ha argomenta-to le sue riserve. Anche il vice di Craxi, Claudio Martelli, chenegli ultimi tempi si è in più occasioni distinto per posizionilibertarie e non convenzionali (contro l’energia nucleare, con-tro interventi di polizia e giudiziari), è rimasto interdetto.Proprio un sottosegretario socialista si era a suo tempo im-pegnato attivamente per una certa liberalizzazione della le-gislazione sulle droghe, e nel 1981 il Partito socialista avevasostenuto (senza successo) il referendum del radicali per l’a-bolizione dell’ergastolo.

Nel giro di pochi giorni tutto lo schieramento con-servatore ha dovuto adeguarsi alla conversione americanadi Craxi, e addirittura scavalcarlo, non senza provocarequalche malessere. La democristiana Rosa Russo Jervolinoper esempio, ministro per gli Affari sociali (che aspira a unruolo simile a quello di Rita Sussmuth in Germania) ha di-chiarato di non essere disposta a formulare o appoggiareproposte di cambiamento della legge. E l’idea di punire i tos-sicodipendenti non ha avuto neppure l’approvazione delleassociazioni dei familiari, di solito favorevoli alla disintossi-cazione forzata.

Craxi ha dovuto alla fine rettificare le proprie affer-

mazioni. Ha detto di essere stato male interpretato e si è pronunciato in termini più ge-nerici e vaghi per un inasprimento delle leggi, chiarendo che non pensava necessaria-mente a pene detentive, ma per esempio al ricovero forzato in comunità terapeutiche oa sanzioni pecuniarie. In ogni caso il legislatore doveva rendere esplicita la condanna dlconsumo di droga, e non minimizzare l’assunzione di una pur “modica” quantità. Nel-l’arco di pochi giorni l’intera dirigenza del partito lo ha seguito su questa strada (o hascelto il silenzio); anche da Bobo Craxi e da Martelli sono venuti segnali di sottomissio-ne e di riconoscimento. Da altri partiti è venuto consenso. Com’è accaduto altre volte(nel referendum contro i tagli alla scala mobile del 1985, o di recente per l’abolizione delvoto segreto in parlamento) Craxi ha soffiato davanti a sé come foglie al vento i demo-cristiani e altri partiti minori, e per di più sul loro terreno.

Una contestazione decisa è venuta soprattutto dai radicali, che con Marco Pan-nella sono apertamente favorevoli alla legalizza-zione, per tagliare le gambe allo spaccio e alla cri-minalità legata all’astinenza. La Lega internazio-nale antiproibizionista di Pannella si richiama alfallimento del proibizionismo sugli alcolici negliStati Uniti degli anni tra le due guerre, e chiede lalegalizzazione e la distribuzione controllata di so-stanze stupefacenti. Poiché un terzo dei detenuti sitrova in carcere per reati connessi alla droga (perprocacciarsi la dose), i radicali chiedono una depe-nalizzazione simile a quella dell’aborto. Di terapieimposte non vogliono sentir parlare, come la mag-gior parte delle comunità terapeutiche che funzio-nano (purtroppo poche), delle quali tuttavia qual-

cuna si è pronunciata per la linea restrittiva di Craxi.Tra i comunisti regna l’incertezza su come convenga rispondere a Craxi. Si re-

clama l’intervento dello stato per fermare e punire duramente la mafia della droga,invece che le sue vittime. Una buona parte della base ortodossa del partito, però, sutale questione sotto sotto è d’accordo con Craxi, che per tutto il resto è uno dei ne-mici giurati dei sinceri comunisti. Ma il segretario socialista ha saputo trovare anco-ra una volta un tallone di Achille dei comunisti, e ora rigira il coltello nella piaga. In-fatti già al tempo della votazione sul carcere a vita per i delitti più gravi, il Pci si erapotuto decidere solo con grandissimo imbarazzo e ritardo per una posizione rifor-matrice, che dalla stragrande maggioranza degli iscritti non fu capita e ancor menoseguita.

A Craxi comunque è riuscita una mossa tattica, che però rischia di alienargli lesimpatie di molte persone di orientamento progressista e di molti yuppie liberali fra isuoi sostenitori. Il segnale che ha lanciato non è da sottovalutare. In una società che avent’anni dalla scossa del 1968 comincia a rimuginare sul proprio permissivismo ec-cessivo, e i cui valori oscillanti non trovano ancora alternative credibili, capaci di orien-tare larghi strati della popolazione, la tentazione di restaurazione e di irrigidimenti re-pressivi è davvero forte.

Una vera risposta, ma oltremodo difficile e capace solo lentamente e faticosa-mente di farsi strada, è passata negli ultimi mesi per un momento sotto la luce dei ri-flettori. Vicino a Trapani, in Sicilia, c’è una libera comunità terapeutica di tossicodipen-denti, creata da uno dei più noti ribelli del movimento del Sessantotto: Mauro Rosta-gno, già di Lotta continua. Due mesi fa Rostagno è stato ammazzato dalla mafia. Si eraspinto troppo avanti nella pubblica denuncia dei trafficanti. La sua comunità di Samangli sopravvive tra grandi difficoltà. All’insegna della volontarietà, e a dispetto di tuttele durezze. ■

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LA CONVERSIONE AMERICANA DI CRAXI SULLE DROGHE ALLA FINE DEGLI ANNI OTTANTA

Un’iscrizione per l’estate

In una società che a vent’anni dal ‘68comincia a rimuginare sul proprio

permissivismo eccessivo, la tentazionedi irrigidimenti repressivi è molto forte

Questa corrispon-denza del dicembre1988 per il mensiledi Francoforte Kom-mune è tratta dal vo-lume Lettere dall’Ita-lia, a cura di Clemen-te Manenti, ed. i libridi diario, disponibilein edicola. La pubbli-chiamo per l’acutaanalisi anche in rela-zione alla nostra at-tualità e per ricorda-re un amico che die-ci anni fa decise diprendere congedodalla vita, schiacciatoda pesi insostenibili,lasciandoci un com-miato straziante:«Non siate tristi,continuate in ciò cheera giusto».

I CROCIATI ANTIDROGA

12 Supplemento mensilede il manifesto

29 luglio 2005FUORILUOGOTOSSICODIPENDENZA: DALLA MALATTIA DELL’ANIMA ALLA PATOLOGIA DEL CERVELLO

UN MODELLO INGENUOS t e f a n o C a n a l i *

L’inarrestabile marcia della medicalizzazione ha raggiunto da tempola sfera dei comportamenti d’abuso. L’idea che la tossicodipenden-za sia una malattia psichiatrica biologicamente determinata sembraormai un’ovvietà. Si sostiene che la dipendenza debba essere consi-derata una patologia del cervello in quanto produce cambiamentinelle strutture e nelle funzioni cerebrali. L’immagine che spesso vie-ne usata è quella che nella tossicodipendenza sembra scattare unasorta di interruttore nel cervello come risultato di un consumo suf-ficientemente protratto di una droga. Inizialmente il consumo è vo-lontario, ma, quando l’interruttore viene premuto, l’individuo entra

nello stato di dipendenza caratterizzato dall’uso e dalla ricerca compulsiva della sostanza.Traspare in argomenti come questo l’idea che la dipendenza sia direttamente ed

esclusivamente causata dalla sostanza e dalle interazioni che essa ha sul substrato nervoso.Un’idea che collide con le più banali evidenze. Queste dimostrano, infatti, che una buonaparte di questi cervelli cui è scattato l’interruttore sono in grado di liberarsi dall’uso com-pulsivo per lunghi periodi, alcuni per sempre, ponendo in atto in modo deliberato strate-gie per limitare progressivamente il consumo e tecniche per evitare le ricadute. In questacondizione, certi cervelli manifestano forte desiderio di assumere la sostanza di cui eranodipendenti ma riescono comunque ad astenersi, altri cervelli con l’interruzione del consu-mo sembrano improvvisamente liberarsi di ogni pulsione. L’idea dell’interruttore che scat-ta meccanicamente in risposta al consumo prolungato di una sostanza d’abuso, tanto ri-presa nel dibattito scientifico e divulgata a livello popolare, è allora senz’altro inadeguata adar conto della complessità e dell’eterogeneità delfenomeno.

Ma cerchiamo di esplicitare meglio la logicaimplicita in questo tipo di modello ingenuo delladipendenza come malattia del cervello. Esso sugge-risce che i mutamenti nel cervello in risposta all’e-sposizione reiterata verso una sostanza d’abuso so-no necessari e sufficienti a spiegare l’insorgenzadella dipendenza. È quindi fondamentalmente unmodello monocausale, a dispetto del fatto evidenteche la dipendenza è una condizione complessa e ri-ferita a più domini di fenomeni, da quello biologicoa quello psicosociale, comunque rappresentati inmodificazioni delle funzioni cerebrali. Questa as-sunzione, quindi, che pur intende fondarsi sulleneuroscienze, tende ad ignorare le stesse acquisizioni della neurobiologia, sulla comples-sità, la plasticità e l’apertura dei processi cerebrali verso l’ambiente, verso gli stimoli di va-ria natura. Per queste ragioni tale modello rende difficile, ad esempio, spiegare come mai isoggetti sottoposti a cure antidolorifiche con oppiacei non sviluppano uso compulsivo purmanifestando alcuni sintomi della dipendenza fisiologica; oppure per quali ragioni in ta-luni soggetti l’uso di una sostanza si instauri tenda a diventare compulsivo piuttosto rapi-damente.

Il modello sembra inoltre contemplare una sola direzionalità causale: dalla sostan-za, ai cambiamenti fisiologici nel cervello, al comportamento. Esso trascura del tutto la ca-pacità del cervello di elaborare ogni stimolo, compresi i simboli e i valori che analizza e trat-ta, compreso il comportamento che esso stesso produce e regola, in modificazioni funzio-nali ulteriori a partire dal riaggiustamento dei processi di neurotrasmissione sino al livellodella regolazione dell’attività dei geni delle cellule neuronali. Il modello ingenuo escludecosì, la via causale “all’ingiù” che renderebbe invece possibile l’interpretazione della com-plessità della dipendenza, l’incorporazione teorica del livello psico-sociale, in termini bio-logici, neurochimici.

È senz’altro certo, come solennemente affermato dal modello di dipendenza comemalattia, che l’uso prolungato di sostanze produca mutamenti nel cervello. Ma questa as-serzione ci dice veramente poco di significativo. Ogni stimolo prolungato si riflette in tra-sformazioni anatomiche fini, in modificazioni più o meno ampie della fisiologia del siste-ma nervoso. Sarebbe interessante a questo proposito studiare gli effetti a lungo termine sul-l’individuo e a livello sociale della cronica e prolungata esposizione ai programmi idioti cheormai tutte le televisioni trasmettono. Allo stesso modo, l’accertamento dei siti nervosi e deimeccanismi d’azione delle sostanze d’abuso, come l’identificazione del funzionamento edella farmacologia del sistema cerebrale del piacere e del rinforzo – struttura centrale dellabiologia dell’abuso – danno una rappresentazione solo parziale anche delle stesse basi bio-logiche della dipendenza. Il funzionamento dei recettori neuronali su cui agiscono le so-stanze e del sistema di ricompensa cerebrale è influenzato dai processi di numerosi sistemifunzionali correlati e mutualmente modulati, dalla regolazione genetica della sintesi dineurotrasmettitori e recettori, alla mediazione emotiva, all’elaborazione cognitiva degli sti-moli interni ed ambientali. Una modulazione integrata a più livelli la quale dà conto dellavariabilità e della complessità del fenomeno e che solo nel suo complesso si può collegare

alle manifestazioni comportamentali della dipendenza. Questa natura complessa,plurifattoriale, multidimensionale spiegherebbe come mai nonostante gli eccezio-nali progressi nella comprensione della farmacologia del sistema nervoso non siastata ancora trovata una cura specifica per questa “malattia” e darebbe conto del-l’apprezzabile efficacia di interventi di tipo cognitivo comportamentale o addirit-tura di approcci pseudo-religiosi al problema, come quelli propri di alcune comu-nità di recupero o degli Alcolisti Anonimi.

La medicalizzazione della dipendenza ha imposto e sta imponendo unaprospettiva estremamente parziale nell’osservazione e nell’analisi di tale fenome-no, ha introdotto una sistematica distorsione percettiva e cognitiva che Patricia e Ja-cob Cohen hanno definito “illusione clinica”. I medici infatti conoscono e quinditendono a considerare soltanto i consumatori cronici che cercano o che sono co-stretti al trattamento, ignorando o sottovalutando l’uso non problematico. Del restoin regime di proibizione è difficile o di fatto impossibile condurre indagini sul cam-po volte a delineare il quadro della natura e delle dimensioni del consumo non pro-blematico di sostanze psicoattive.

L’illusione clinica inoltre condiziona pesantemente la ricerca. Ciò avvienesia attraverso i meccanismi interni alla scienza, nei vincoli che il paradigma della di-pendenza come malattia impone alla messa a punto dei protocolli sperimentali e al-l’interpretazione dei dati; sia nei fattori esterni, nel privilegiare o nel rendere prati-camente esclusivo il finanziamento delle ricerche coerenti a questa matrice teorica.

Il condizionamento è tale che nessuna o scarsa considerazione viene riser-vata agli studi che non sono coerenti alle prescrizioni e alle descrizioni del paradig-ma della dipendenza come malattia anche quando sono accurati, ripetuti e condot-

ti su una popolazione significativa comequelli realizzati sugli eroinomani veterani delVietnam, che dimostravano la capacità dei re-duci di liberarsi piuttosto agevolmente dalladipendenza all’eroina al ritorno in patria.

Un altro spiacevole effetto collateraledella medicalizzazione della dipendenza dasostanze è quello del ruolo cruciale assegna-to ai medici nell’indirizzo e nella gestionedella politica sulle droghe. I medici tendonoovviamente ad enfatizzare la dimensionebiologica, farmacologica e clinica rispetto allevariabili sociali ed economiche comunquedeterminanti nella dimensione e nella naturadel fenomeno a livello epidemico e dell’indi-

viduo. Gli esperti medici sul tema e gli attori scientifici ed economici dell’approcciomedicalizzato (dai consulenti e specialisti alle industrie farmaceutiche), inoltre, piùo meno consapevolmente ed onestamente, propendono ad affermare l’esigenza ditale orientamento e la sua maggiore efficacia rispetto agli altri approcci al problema,hanno l’ovvia inclinazione ad accentuarne le dimensioni: affermano in tal modo lanecessità loro esistenza e tutelano i loro interessi economici, professionali, lo status,il ruolo sociale, il potere conquistato attraverso il lavoro sul tema delle droghe.

L’affermazione e il diffuso recepimento del modello di dipendenza comemalattia si devono verosimilmente al fatto che esso rimuove lo stigma, la colpa e ilbiasimo sociale che hanno da sempre accompagnato gli eccessi nel consumo di unasostanza e la sregolatezza in genere. I comportamenti che una volta erano conside-rati perversione, vizio morale vengono trasformati in disfunzione psicopatologica,scostamento dalla norma fisiologica, squilibrio elettrochimico.

È probabile che la riduzione dell’abuso cronico di una sostanza al piano bio-medico abbia incoraggiato le persone – in questo caso pazienti e non peccatori vi-ziosi – ad ammettere il problema e cercare una soluzione. Tuttavia, occorre non sot-tovalutare il potenziale iatrogeno di una definizione nosologica così controversa edella sua ancor più problematica divulgazione. La conoscenza e le rappresentazio-ni della malattia contribuiscono a formare negli individui, talora a creare dal nulla,l’esperienza e il repertorio dei sintomi, ne influenzano l’evoluzione e il decorso. Ciòè vero soprattutto nel campo dei disturbi del comportamento, dove l’identità delquadro morboso rimane talora incerta, ovvero inafferrabile, essendo la sua natura,il suo vissuto, il suo stesso substrato nervoso ampiamente influenzati dalla morale,dal sapere, dalle aspettative e dai pregiudizi delle persone.

Molti studi concordemente hanno rilevato il negativo impatto della creden-za di essere “malato di dipendenza” sul recupero e sulla remissione dei sintomi neifumatori, negli alcolisti, nei consumatori cronici di sostanze d’abuso illecite. Questaè un’evidenza che deve far riflettere nella formazione e nella divulgazione dei mes-saggi sulla tossicodipendenza ai fini di informazione e prevenzione, oggi in largaparte tarati sul modello della dipendenza come malattia. ■

*Insegna Storia della medicina e Bioetica all’Università degli Studi di Cassino

Le evidenze scientifiche dimostrano che i tossicodipendenti sono in grado di liberarsi dall’uso compulsivo per lunghi periodi, alcuni per sempre

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