DROGHE DIRITTI IN QUESTO NUMERO - ristretti.it · Bortone lancia la manifestazione nazionale del 21...

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FUORI LUOGO DROGHE & DIRITTI NUOVA SERIE ANNO 6 NUMERO 1 SUPPLEMENTO MENSILE DE IL MANIFESTO 30 GENNAIO 2004 IN EDICOLA L’ULTIMO VENERDÌ DEL MESE Continuiamo l’analisi del disegno di legge Fini con un articolo di Sandro Margara che ne critica l’impianto fortemente centralista, mentre Maria Grazia Giannichedda e Franco Marcomini ragionano sulla filosofia manicomiale che pervade tutti gli interventi nel sociale del governo, dalla psichiatria, alle dro- ghe. Con un editoriale di Grazia Zuffa. Sul piano della mobilitazione, Giuseppe Bortone lancia la manifestazione nazionale del 21 febbraio, mentre Riccardo De Facci dà conto della presa di posizione del Cnca contro il disegno di legge. Il dibattito sulle “safe injecting rooms” decolla sul British Medical Journal, e in- tanto a Torino una “stanza” è stata gestita per cinque mesi dai consumatori stessi (prima che la polizia la chiudesse). Ce lo raccontano Susanna Ronconi e gli operatori pari. Joep Oomen ci informa che dal 16 al 25 marzo si terrà l’incontro annuale della Commissione sulle droghe dell’Onu. Se negli Usa, come spiega Rodney Skager, i programmi di prevenzione so- no infondati scientificamente, in Colombia le fumigazioni continuano: l’ap- pello di Mama Coca è lanciato da Maria Mercedes Moreno. Giorgio Bignami e Claudio Cappuccino trattano un tema che ci sta parti- colarmente a cuore: la terapia del dolore. Il primo lo fa attraverso una let- tura del film “Le invasioni barbariche”, il secondo raccontandoci le tra- versie di alcuni medici americani “rei” di avere prescritto oppioidi. Segnaliamo infine gli editoriali di Giuliano Pisapia ed Eligio Resta e un articolo di Tony White sull’intreccio tra economie legali e illegali. IN QUESTO NUMERO fuori luogo .it Imitare Ferrara Il Consiglio provinciale di Ferrara dice no al disegno di legge Fini e difende il risultato referendario del ‘93, chiedendo al governo di «non disperdere e non sacrificare sul- l’altare dell’ideologia il patrimonio di esperienze e di risultati degli ul- timi dieci anni» in un ordine del giorno approvato alla fine dello scorso anno. Nel documento si af- ferma, tra l’altro, che l’intenzione del governo «è in netto contrasto con le tendenze di gran parte dei Paesi europei», che «indicano nel- la riduzione del danno uno dei pila- stri della loro politica antidroga». Il documento rileva inoltre che «l’in- tenzione del Governo è in contra- sto con le indicazioni emerse da ben tre Conferenze governative»: Palermo, Napoli e Genova. CITTÀ APERTA Sabato 21 febbraio Roma vivrà una storica giornata. Con partenza alle 15 da Piazza della Repubbli- ca si svolgerà la prima manifestazione nazionale contro la proposta Fini e la svolta repressiva del go- verno sulle droghe. Sarà un evento di mille colori ma dai contenuti chiari contro la criminalizzazio- ne dei giovani e per la completa depenalizzazione del consumo; contro lo strangolamento dei Sert e delle comunità libere e solidali, a favore della riduzione del danno; contro la carcerizzazione di mas- sa per la liberazione dei tossicodipendenti detenuti. Il centro storico della capitale avrà un’aria più libera e più pulita: meno ossido di carbonio e più profumo. Centomila persone hanno manifestato due settimane fa contro la Moratti, altrettante dovranno dire NO allo stato etico. Dio, patria, famiglia e tolleranza zero: lo slogan lanciato da Bush nel discorso sullo stato dell’Unione trova entusiasti so- stenitori nei nostrani eredi del male assoluto. Che si alzi nel corteo la voce della ragione che riunirà un vasto arco di forze politiche e sociali: “Giusto o sbagliato non può essere reato”. Che la festa inizi con musica e danze! alle pagine 5, 6, 7 e 8

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FUO

RIL

UOG

ODROGHE&DIRITTI

NUOVA SERIEANNO 6

NUMERO 1SUPPLEMENTO

MENSILEDE

IL MANIFESTO

30GENNAIO2004IN EDICOLAL’ULTIMO VENERDÌDEL MESE

Continuiamo l’analisi del disegno di legge Finicon un articolo di Sandro Margara che ne critical’impianto fortemente centralista, mentre MariaGrazia Giannichedda e Franco Marcomini ragionano sulla filosofia manicomialeche pervade tutti gli interventi nel sociale del governo, dalla psichiatria, alle dro-ghe. Con un editoriale di Grazia Zuffa. Sul piano della mobilitazione, GiuseppeBortone lancia la manifestazione nazionale del 21 febbraio, mentre Riccardo DeFacci dà conto della presa di posizione del Cnca contro il disegno di legge.Il dibattito sulle “safe injecting rooms” decolla sul British Medical Journal, e in-tanto a Torino una “stanza” è stata gestita per cinque mesi dai consumatoristessi (prima che la polizia la chiudesse). Ce lo raccontano Susanna Ronconie gli operatori pari.

Joep Oomen ci informa che dal 16 al 25marzo si terrà l’incontro annuale dellaCommissione sulle droghe dell’Onu.

Se negli Usa, come spiega Rodney Skager, i programmi di prevenzione so-no infondati scientificamente, in Colombia le fumigazioni continuano: l’ap-pello di Mama Coca è lanciato da Maria Mercedes Moreno.Giorgio Bignami e Claudio Cappuccino trattano un tema che ci sta parti-colarmente a cuore: la terapia del dolore. Il primo lo fa attraverso una let-tura del film “Le invasioni barbariche”, il secondo raccontandoci le tra-versie di alcuni medici americani “rei” di avere prescritto oppioidi.Segnaliamo infine gli editoriali di Giuliano Pisapia ed Eligio Resta e unarticolo di Tony White sull’intreccio tra economie legali e illegali.

IN QUESTO NUMERO

fuoriluogo.itImitare FerraraIl Consiglio provinciale di Ferraradice no al disegno di legge Fini edifende il risultato referendario del‘93, chiedendo al governo di «nondisperdere e non sacrificare sul-l’altare dell’ideologia il patrimoniodi esperienze e di risultati degli ul-timi dieci anni» in un ordine delgiorno approvato alla fine delloscorso anno. Nel documento si af-ferma, tra l’altro, che l’intenzionedel governo «è in netto contrastocon le tendenze di gran parte deiPaesi europei», che «indicano nel-la riduzione del danno uno dei pila-stri della loro politica antidroga». Ildocumento rileva inoltre che «l’in-tenzione del Governo è in contra-sto con le indicazioni emerse daben tre Conferenze governative»:Palermo, Napoli e Genova.

CITTÀ APERTASabato 21 febbraio Roma vivrà una storica giornata. Con partenza alle 15 da Piazza della Repubbli-

ca si svolgerà la prima manifestazione nazionale contro la proposta Fini e la svolta repressiva del go-

verno sulle droghe. Sarà un evento di mille colori ma dai contenuti chiari contro la criminalizzazio-

ne dei giovani e per la completa depenalizzazione del consumo; contro lo strangolamento dei Sert e

delle comunità libere e solidali, a favore della riduzione del danno; contro la carcerizzazione di mas-

sa per la liberazione dei tossicodipendenti detenuti. Il centro storico della capitale avrà un’aria più

libera e più pulita: meno ossido di carbonio e più profumo. Centomila persone hanno manifestato

due settimane fa contro la Moratti, altrettante dovranno dire NO allo stato etico. Dio, patria, famiglia

e tolleranza zero: lo slogan lanciato da Bush nel discorso sullo stato dell’Unione trova entusiasti so-

stenitori nei nostrani eredi del male assoluto. Che si alzi nel corteo la voce della ragione che riunirà un

vasto arco di forze politiche e sociali: “Giusto o sbagliato non può essere reato”. Che la festa inizi con

musica e danze! alle pagine 5, 6, 7 e 8

Le lettere vanno indirizzate a:redazione fuoriluogo c/o il manifestovia Tomacelli, 146 – 00186 Romafax 0668841224e-mail: [email protected] Supplemento mensile

de il manifesto30 gennaio 2004FUORILUOGOLETTERE

UN PUNTO DI VISTA ORIGINALEFuoriluogo ha rappresentato in questianni un indispensabile strumento diinformazione, analisi e dibattito pertutti coloro interessati al tema dellesostanze psicoattive. Un punto di vi-sta originale, sempre caratterizzatodalla tensione a un approccio scien-tifico, rispettoso della dignità dellepersone coinvolte nel consumo, at-tento alla ricerca e alla sperimenta-zione nazionale e internazionale. Unostrumento che ha dato voce a centi-naia di operatori, di amministratori econsumatori che in Fuoriluogo hannotrovato un luogo dove indirizzare ri-flessioni, esperienze e scoperte.Pensiamo che il panorama di riferi-mento della policy community impe-gnata nelle politiche pubbliche sulledroghe risulterebbe gravemente im-poverito dalla fine delle pubblicazionidi Fuoriluogo, venendo a mancareuna voce indispensabile alla crescitae all’aggiornamento culturale e politi-co del settore.

Claudio Cippitellipresidente dell’Associazione Parsec

IN RICORDO DI GIANCARLO ARNAOFuoriluogo è per noi non solo un pre-zioso strumento di informazione at-traverso cui far valere i nostri diritti,ma rappresenta anche l’eredità delgrande lavoro di Giancarlo Arnao, allacui memoria siamo legati da affetto ericonoscenza. Per questo esprimia-mo a Fuoriluogo la nostra solidarietàe intendiamo impegnarci affinchépossa continuare a uscire regolar-mente in edicola.

GICA - Galassia Intervento Creativo Antiproibizionista

UNO SGUARDO SULL’EUROPACi uniamo all’appello per la prosecu-zione delle pubblicazioni di Fuoriluo-go. Per gli operatori dell’AssociazioneLa Tenda Fuoriluogo è un appunta-mento. È il modo per connettersi alleesperienze e dalle sensibilità di altrioperatori. È anche il modo per allar-gare lo sguardo alle esperienze del-l’Europa e di molti altri paesi. Ci man-cherebbe tantissimo, infine, il respiropolitico che nel nostro quotidianospesso incrociamo, ma non sempre

comprendiamo. Abbiamo bisogno diquesta voce e siamo impegnati permantenerla in vita. Saluti e tenacia.

Associazione Onlus La Tenda,via del Frantoio, 58 - 00159 Roma

TENETE DUROCiao, grazie per quello che fate. Vi in-vio 30 euro, tenete duro.

Massimo

SCONGIURIAMO LA CHIUSURACiao ragazzi!Siamo riusciti a scongiurare la chiu-sura del giornale? Noi come SinistraGiovanile di Nova Milanese (Mi) ab-biamo fatto una piccola donazione di50 euro, e informato, nel nostro pic-colo, con le nostre piccole risorse.Siamo con voi, un saluto.

Sinistra Giovanile sezione Nova Milanese

UNA COLLABORAZIONEAPPASSIONATASpett.le Redazione di Fuoriluogo, co-mincerò col presentarmi: mi chiamoMatteo Colombi, ho ventisei anni e so-no laureato da un anno in giurispru-denza; fresco di laurea ho cominciatoa svolgere la pratica forense in Bolo-gna (dove vivo) collaborando con duediversi studi legali che si occupanoprincipalmente di diritto penale.Tralasciando i complimenti che indub-biamente Vi meritate per l’eccellentelavoro che state svolgendo – stante ledifficoltà economiche che comprendoVi perseguitano – vengo alla ragioneper cui scrivo la presente e-mail.La materia degli stupefacenti – sociolo-gicamente, storicamente e culturalmen-te – mi ha sempre interessato. Tanto piùora che i reati connessi a questa mate-ria sono il “pane quotidiano” del mio la-voro di praticante avvocato.Condividendo la gran parte delle ideedi cui Vi fate ogni giorno portavoce,con la presente sono a offriVi una col-laborazione “appassionata” e “quali-ficata” in materia. Anche se in ritardocolgo l’occasione per farVi gli auguridi un felice 2004.

Matteo Colombi

PERCHÉ?Perché quando parlo di antiproibizio-nismo, di raves, di uso controllato didroghe pesanti, di possibile e sano di-vertimento e goduria grazie all’uso diectasy due o tre volte l’anno, di comel’alcool sia più dannoso di quest’ulti-ma, di demonizzazione dell’eroina edi tutte le altre droghe illegali, di per-sone che sono riuscite a vivere/lavo-rare bene usando (non abusando)eroina, di cultura che ci insegna a dro-garsi con alcool fin da quando i nostrinonni (ho 28 anni) ci davano panezucchero e vino, ebbene perché tuttequelle persone che sono fortementecontro quella legge Fini, sono personeche dicono di odiare ogni restrizionedi libertà, persone giovani, anche co-loro che hanno provato, nessuno ca-pisce? Sono pochissime le personeche credono nell’uso consapevole econtrollato. Sono pochissime. Anchecoloro che usano sembrano vestirecome scusa questa credenza. Quellipoi che hanno usato in passato... enon mi riferisco agli ex-storici. Perchéè così difficile far capire a persone in-telligenti e non ottuse che prendereuna sbronza può essere disastroso epuò far male tanto quanto usare altredroghe “illegali” pesanti? Perchéquando dico che non siamo tutti al-coolizzati (anche se siamo tutti alcoo-listi, passatemi la generalizzazione) èsolo grazie alla nostra conoscenzadell’uso di alcool ormai radicata nelnostro dna ma che quest’ultima dro-ga non è meno disastrosa del tantodiffamato ed odiato e mostruoso op-pio, molte persone mi ridono in fac-

cia? Perché quando parlo di antiproi-bizionismo, tema droghe, le personemi guardano come se fossi il peggiorappresentante di quello stereotipo didrogato degli anni Ottanta? Ogni voltafinisco, mi logoro nel tentare di spie-gare che chi vuole usare dovrebbe es-sere libero di farlo con il solo diritto edovere di essere informato. Ma hotrovato solo pochissime persone chemi hanno capito. Proprio oggi ho avu-to, dopo aver letto Fuoriluogo, una di-scussione con una persona. È attivi-sta nel social forum di una piccolacittà toscana, commercio equo e soli-dale centro sociale laureata in psico-logia, ma appena ho iniziato a parlar-le del mio fascino per raves, street ra-ves, feste tecnho questa mi ha attac-cato dicendo che quel giornale cheavevo letto incita all’uso, che se lolegge un ragazzo di 17 anni che ha vo-glia di provare si convince subito e simette a cercare una di quelle feste il-legali. E se gli va male si brucia il cer-vello. E poi a che cosa servono queglioperatori che ti analizzano la droga,che ti dicono di bere acqua, di nonmixare, di non esagerare e tutto il re-sto? Io faccio questo lavoro e sapeteche quella appena descritta è la rea-zione più comune tra le persone chenon frequentano ambienti di culturaantiproibizionista? Sapete che anchein discoteche dove c’è gente che sicala 5-6 paste a notte, proprio loro av-volte, ci accusano di incitamento al-l’uso? Ci dicono che siamo i peggiodrogati... Allora cosa devo pensare?

Francesco

CAMPAGNA DI SOTTOSCRIZIONE STRAORDINARIA

GIARDINI DI MARZOQuesto numero è già un miracolo, che si ripeterà anche per febbraio e marzo: que-sto grazie a voi che avete aderito alla nostra campagna. Il prossimo numero pub-blicheremo le cifre raccolte e, se la legislazione sulla privacy lo consente, anche inomi dei sottoscrittori. A marzo, faremo un’assemblea dell’associazione e del co-mitato editoriale per discutere le prospettive più a lungo termine. Nel frattempo,non siamo stati con le mani in mano: stiamo lavorando a progetti editoriali di di-vulgazione dei contenuti della battaglia di Fuoriluogo, in particolare di docu-mentazione contro la proposta di legge Fini. Destinatarie alcune amministrazio-ni locali illuminate e il sindacato. Se questi progetti andranno in porto, e se que-sta campagna continuerà, avremo assicurata la vita del giornale fino alla fine del-l’anno, facendo al contempo qualcosa di utile per lo scontro che ci aspetta (che ciauguriamo lungo e vittorioso). Il vero problema è che questo nuovo lavoro edito-riale, oltre il giornale, costituisce una grande fatica per un’associazione fatta tut-ta di volontari. La nostra attività principale deve rimanere quella “ordinaria”diFuoriluogo, perciò vi chiediamo ancora un aiuto per la diffusione locale. Trove-rete su queste pagine e sul sito le istruzioni per ritirare le copie e diffonderle. Il 21febbraio ci sarà una grande, ci auguriamo, manifestazione nazionale. Speriamoche siano tanti i lettori disposti a distribuire il giornale e a raccogliere contributiper la sottoscrizione straordinaria.

Grazia Zuffa

I versamenti possono essere fatti negli uffici postali o attraverso

bonifico bancario sul conto corrente postale n. 25917022intestato a Forum Droghe. Per il bonifico è necessario indicare

le coordinate bancarie: CAB 7601-8 ABI 03200-3

Servono soldi!Davvero. Non vogliamo chiudere

I PANKREAS IN CONCERTO PER FUORILUOGOUn ringraziamento particolare va a quanti stanno organizzandoiniziative in sostegno di Fuoriluogo, e a tutti coloro che vorrannopartecipare e sostenerci. Segnaliamo perciò con particolare piace-re il concerto dei Punkreas al Bloom di Mezzago (Milano), chesuoneranno per raccogliere fondi sabato 14 febbraio alle 22.30. Martedì 10 febbraio a Legnano (Milano), si terrà una serata anti-proibizionista dal titolo “Piantiamola”, con la proiezione del film“L’erba proibita” e un intervento di Flaco dei Punkreas sulla storiadella proibizione della canapa. Il ricavato della sottoscrizione dellaserata verrà donato a Fuoriluogo. Appuntamento alle ore 21 pressoil Circolone di Via S. Bernardino. Organizzano: Collettivo Mafaldadi Nerviano, Movimento Antifascista di Cerro, Circoloasterics diLegnano, associazione culturale “La libreria che non c’è” di Legna-no e Officina Shake di Castellanza. Info: [email protected] serata in sostegno di Fuoriluogo si è tenuta anche a Caserta il24 gennaio. L’iniziativa è stata organizzata da Forum casertanodroghe, neroenonsolo, Arci.

DISTRIBUZIONE MILITANTEChi desidera sostenere Fuoriluogo può farlo incaricandosi della distribuzionemilitante nella propria città. Le rese vanno ritirate presso il distributore nei gior-ni immediatamente successivi alla pubblicazione in edicola (ultimo venerdì delmese), previo accordo con il distributore stesso. Vi invitiamo perciò a scriver-ci per avere l’indirizzo del distributore di zona e la procedura da seguire per ilritiro: [email protected]. Questo vale per le tutte le città eccetto Roma, Firenze e Udine dove lerese vengono già raccolte e sono dunque disponibili in sede. Per chi abi-ta a Roma: [email protected]. Per chi abita a Firenze o Udine:[email protected].

3Supplemento mensilede il manifesto30 gennaio 2004 FUORILUOGOEDITORIALI

Fuoriluogomensile di Forum Droghenuova serie anno 6, numero 1chiuso in redazione il 26/01/04supplemento de il manifestodel 30/01/04

Direzione:Grazia ZuffaCecilia D’EliaCoordinamentoredazionale:Marina [email protected]:Beatrice Bassini, Claudio

Cappuccino, LeonardoFiorentini (webmaster)Enrico Fletzer, Lucio GamberiniPatrizio GonnellaGiovanni NaniSusanna RonconiSergio SegioMaria Gigliola Toniollo

Comitato editoriale:Stefano Anastasia, Andrea Bianchi, Giorgio Bignami, Giuseppe Bortone, Gloria Buffo, Massimo Campedelli,Stefano Canali, Giuseppe Cascini,

Luigi Ciotti, Maria GraziaCogliati, Peter Cohen,Antonio Contardo, Franco Corleone, PaoloCrocchiolo, Daniele Farina,Matteo Ferrari, Andrea Gallo, Maria Grazia Giannichedda,Betty Leone, Franco Maisto, Luigi Manconi,

Patrizia Meringolo, Toni Muzi Falconi, Mariella Orsi, Livio Pepino,Tamar Pitch, Anna Pizzo,Toy Racchetti, ErsiliaSalvato, Nunzio Santalucia, Luigi Saraceni, Uwe Staffler,Stefano Vecchio,Maria Virgilio

Direttore responsabile:Maurizio BaruffiSegreteria di redazione:tel. e fax 0684241224 0684080238E-mail: [email protected] grafico:Andrea MattoneDisegni: Onze

Impaginazione:Sagp, RomaSito web: www.fuoriluogo.itRealizzato col contributo diLeonardo Previ e SaraSecomandi di Methodos s.p.a.Editore: Forum Droghe

via Salaria 222, 00198 RomaE-mail: [email protected]. n. 25917022Pubblicità: Poster pubblicità s.r.l.via Tomacelli, 146 00186 Romatel. 06/68896911fax 06/68308332

Stampa: Sigraf spa, via Vailate 14Calvenzano (Bg)Registrazione :Trib. Roma: n. 00465/97 del 25/7/97Iscrizione al Registronazionale della Stampa :n. 10320 del 28/7/00

Il ritornoallo stato padrone

La virtù pubblicadella grazia

ARROGANZA DEL POTERE/2Arroganza del potere non è solo quella divoler imporre le proprie opinabili opi-nioni su ciò che è o non è “droga”, o suciò che un libero cittadino può fare o nonfare della propria vita, anche senza fardanno ad altri.Arroganza del potere è stata l’inutile ecrudele persecuzione dei “drogati” e deimedici che volevano aiutarli, messa inopera da personaggi come H. J. Anslin-ger, e sempre sostenuta da politicanti egiornalisti senza scrupoli, fino alle limpi-de figure contemporanee dei RonaldReagan e dei Bettino Craxi. Passando perle forche e i plotoni d’esecuzione di Cina,Vietnam, Iran e Arabia Saudita.Arroganza del potere è stato ed è rifiuta-re di ammettere un colossale errore, unodei più grandi della storia, e aver mante-nuto in vigore, e anzi inasprito fino alleestreme conseguenze, leggi che hannofatto enormemente più male di qualun-que droga, ai consumatori di droghe e ainon consumatori tutti. Arroganza del po-tere è non ammettere che i “morti di dro-ga” sono dovuti, quasi tutti, non alle dro-ghe in sé ma al proibizionismo che le hatrasformate in sostanze pericolosissime.Arroganza del potere è non voler am-mettere che il disastro della diffusionedelle droghe fra i giovanissimi è essen-zialmente un prodotto di queste leggi.Perché prima del proibizionismo, le dro-ghe erano farmaci, e si compravano infarmacia. Quelli che cominciavano ausarle, e in alcuni casi perseveravanonell’uso, o passavano all’abuso (comun-que una minoranza), erano personeadulte o anziane, in genere anche malate.Mentre i giovani allora non avevano ilminimo interesse per queste cose, mica sisentivano malati!Arroganza del potere è non ammettereche la delinquenza piccola, grande egrandissima legata alla droga, l’inquina-mento dell’economia mondiale con fiumidi denaro sporco, la corruzione di interepolizie e interi governi, la devastazionecon i diserbanti di gigantesche coltivazio-ni “illegali” (e i diserbanti non si fermano,poi vanno nella terra e nei fiumi di tutti),sono solo conseguenze tanto direttequanto perverse del proibizionismo.Però, a pensarci bene, non si tratta solo diarroganza del potere. Si tratta di un veroe proprio abuso del potere. E purtroppo,in questo mondo che va alla rovescia, an-che del potere conquistato con metodidemocratici e in nome della democrazia.

a cura di claudio [email protected]

PERCHÉ SONOANTIPROIBIZIONISTA

GIULIANO PISAPIA

Un drammatico ritorno al passato la riforma, o meglio, la con-troriforma Fini sulle droghe: equiparazione delle droghe leg-gere a quelle pesanti; riproposizione della “dose media gior-naliera”; carcere per i consumatori; negazione della libertà te-rapeutica. Una svolta punitiva in aperto spregio del referen-

dum del 1993 che aveva abrogato proprio quelle norme che oggi il cen-trodestra intende reintrodurre nel nostro ordinamento. Ancora una voltasi privilegia l’aspetto repressivo a discapito di quello preventivo e riabili-tativo; si insiste nella risposta di carattere penale rispetto a scelte persona-li e/o a questioni sociali. E ciò malgrado il fallimento, in tutto il mondo, ditali politiche che, lungi dall’aiutare chi abusa di sostanze stupefacenti,hanno determinato un drammatico aumento dei tossicomani, dei reaticonnessi alla tossicodipendenza, dei morti per droga nonché un rafforza-mento della criminalità organizzata. Scelta drammaticamente pericolosa,dunque. E in aperto contrasto con l’orientamento della comunità scienti-fica sempre più orientata verso quella politica di “riduzione del danno”che ha dato, ovunque è stata sperimentata, effetti estremamente positivi. Il Governo, per motivi meramente ideologici o peggio elettoralistici, nonsolo ha dolosamente ignorato le positive esperienze di altri Paesi europei,ma continua a dimostrare la preordinata e pervicace volontà di azzerare irisultati delle conferenze governative sulle droghe (Palermo,1993; Napo-li, 1997; Genova, 2000) che avevano finalmente, seppur timidamente, ini-ziato un percorso alternativo a quello meramente repressivo. È tipico di uno stato autoritario, del resto, sanzionare una condotta chenon danneggia terzi: la risposta di uno stato laico, e non etico, dovrebbeessere, invece, quella di puntare innanzitutto alla dissuasione, il cui pre-supposto non può che essere una corretta informazione (che certo nonconsiste nell’equiparare l’hashish all’eroina, le cosiddette droghe legge-re a quelle pesanti). Anche i pochi aspetti teoricamente positivi della“proposta Fini” – es. la possibilità di affidamento al servizio sociale, incaso di trattamento terapeutico, anche per pene fino a sei anni (rispettoagli attuali quattro) – sono d’altra parte ispirati da una logica inaccetta-bile, che privilegia le comunità private rispetto ai servizi pubblici. La cre-scente tendenza alla privatizzazione – dalla scuola alla sanità, dalla cul-tura ai servizi pubblici – arriva, con la proposta del governo, a privatiz-zare anche il trattamento della tossicodipendenza, primo passo verso laprivatizzazione delle carceri.

Ma vi è di più! È inammissibile, in uno stato di diritto, il violentoattacco alla libertà e pluralità terapeutica previsto dal disegnodi legge governativo: si vieta, ad esempio, qualsiasi trattamen-to metadonico che non sia a scalare, imponendo di fatto una“cura di stato”, con gravi conseguenze penali per i medici che

intraprendono un trattamento individualizzato (è ascientifico anche soloipotizzare una terapia identica per soggetti rispetto ai quali ben differenti so-no i motivi e le cause che hanno determinato la tossicodipendenza). È senza dubbio incoraggiante, però, in questo contesto, l’immediata rea-zione di tutta l’opposizione parlamentare, della gran parte degli esperti,delle associazioni di volontariato, dei soggetti che di tale tema si occu-pano quotidianamente. E, soprattutto, che non ci si sia limitati alla criti-ca ma che – sin dalle prime anticipazioni sul progetto/ecatombe di Fini– l’opposizione parlamentare abbia depositato una proposta alternativai cui punti cardine sono una corretta informazione, la prevenzione e il re-cupero, la non punibilità dell’uso personale, il rafforzamento delle mi-sure alternative al carcere e delle politiche di riduzione del danno. L’im-portante, ora, è che nessuno abbassi la guardia. E che, quando questo ob-brobrio – politico, giuridico e sociale – sarà discusso in Parlamento, for-te e compatta si levi la voce di tutti coloro che non intendono accettareche si metta sullo stesso piano il consumatore e il trafficante, chi delladroga è dipendente e chi su tale dipendenza specula e si arricchisce, levittime e i carnefici. ■

ELIGIO RESTA

“Virtù che è stata talvolta per un sovrano ilsupplemento di tutti i doveri del trono”: co-sì, in una delle tante pagine di Beccaria chesi dovrebbero mandare a memoria, vienedefinito il potere di “esercitare” la grazia.

Esercitare, non concedere, una grazia, perché da essa si al-lontani il senso di uno scambio occulto, dall’alto verso ilbasso, in cui alla magnanimità si faccia corrisponderelealtà ed obbedienza, come raccomandavano vecchie tec-niche di governo e usi spregiudicati della ragion di stato.Ed era virtù indispensabile, aggiungeva Beccaria, quantopiù ci si trovasse di fronte a un’imperfetta legislazione do-ve le pene “non fossero dolci ed il metodo di giudicare re-golare e spedito”.Se non fosse paradossale bisognerebbe parlare allora di“dovere” di esercitare la grazia; paradossale perché il do-vere presuppone rispondenza a una regola che impongadi adottare un provvedimento secondo fini e procedurepreviste dalla legge, ma soprattutto perché si riferisce adun atto, la grazia, appunto, che è discrezionale nel suo es-sere emanazione di un potere inappellabile.Così nella tradizione costituzionale moderna il “potere digrazia” è affidato all’istanza suprema di un’autorità, non diun governo, che è posta al di sopra delle parti. Anzi, propriola costituzionalizzazione del potere di grazia, ha accentuatoil suo carattere eccezionale e “gratuito”. Presuppone unacondanna e non delegittima il sistema giudiziario, anzi, pro-prio perché ne riconosce tutta la validità, opera con questaex-ceptio; ed è gratuito perché si colloca fuori da ogni logicadi scambio tra vita e sottomissione o deferenza (perciò lapretesa di esigere da Adriano Sofri la domanda in cambiodella grazia appare solo una forma pretestuosa di accani-mento personale). Del resto è il linguaggio comune che se-dimenta tutti questi sensi: si parla di “stato di grazia”, di“riacquistare la grazia” e, sempre, la grazia (da charis) si pre-senta come il contrario dell’inesorabilità di un destino, ap-punto, di una pre-destinazione. La grazia è revoca di un de-stino proprio in virtù della reintroduzione di un “principiosperanza”; lo è soprattutto nella penalità moderna con lasua specifica economia del tempo per cui si è per tutto iltempo della punizione (a volte un’intera vita) quello che ungiudice ha detto che si è fatto in un attimo. Sappiamo daWalter Benjamin che il giudice non condanna a una colpama a un destino.

Il “dovere della grazia”, allora, diventa necessario eserci-zio di una virtù pubblica di fronte a singole vite che ne-ghino – con la loro esemplarità, il loro presente, la loro di-gnità – l’inadeguatezza di un destino; ma è necessarioanche di fronte al senso costituzionale di una pena che

non sia né astratta né guidata dal quel dispendio (depense) an-tieconomico di retribuzioni che nascondono vendette. È fuori dal gioco l’argomento dell’uguaglianza; lo è nel be-ne e nel male, tanto che si pensi a quanti non tocca la gra-zia, sia che si pensi, al contrario, a quanti non è toccata lapunizione. La grazia revoca questa ma conferma la puni-zione; ribadisce il senso della legge spesso con i suoi rigo-ri, le sue irrazionalità, i suoi pre-giudizi e le sue pre-desti-nazioni. In questo senso il diritto che cede il posto alla gra-zia non è “cedimento”, ma riaffermazione, per quel pocoche ci è rimasto, di qualche virtù illuminista. ■

Dedicato a Giancarlo Arnao

4 Supplemento mensilede il manifesto

30 gennaio 2004FUORILUOGOITALIAMONDO

J o e p O o m e n *

Nel 1961, quando fu firmata la pri-ma Convenzione Onu sulle dro-ghe – ossia la base legale per laproibizione globale sulle droghe– fu annunciato che il mondo sa-rebbe stato libero dalla droga en-tro 25 anni. Nel 1988, dopo averfirmato la terza Convenzionesulle droghe, l’Onu promise chele droghe sarebbero state elimi-

nate dal pianeta entro il nuovo millennio. Dieci anni dopo,durante la sessione speciale dell’Assemblea generale dell’O-nu sulle droghe, è stata fissata la scadenza del 2008 per rag-giungere la «riduzione significativa» della pro-duzione e del consumo di droghe illecite. Comel’Office on Drugs and Crime dell’Onu riconosce, ri-spetto a dieci anni fa non ci siamo avvicinati af-fatto a un mondo libero dalla droga. Al contrario.Di cosa parleranno dunque i rappresentanti di 54stati durante il prossimo meeting annuale dellaCnd (Un Commission on Narcotic Drugs), che siterrà dal 16 al 25 marzo a Vienna? Stabilire unanuova scadenza per il 2020?

Se il meeting annuale della Cnd fosse ciòche dovrebbe essere – cioè una riunione di esper-ti per mettere a punto risposte efficaci al proble-ma globale delle droghe – potremmo aspettarcidiscussioni accese tra i paesi che nella prassi han-no rinunciato all’ideale di un mondo libero dalladroga (la maggioranza dei paesi europei, il Ca-nada, l’Australia e un numero crescente di paesi in via di svi-luppo) da una parte, e una coalizione piuttosto variegata dipaesi che appaiono pronti a continuare la battaglia finchél’ultimo seme di canapa, coca e oppio non sarà stato distrut-to, dall’altra. In confronto al 2003, quando il meeting della

Cnd si è svolto nel pieno della guerra in Iraq, la posizione in-ternazionale del leader indiscusso di quest’ultimo gruppo, ilgoverno Usa, si è indebolita. Ci si potrebbe perciò aspettareche i governi europei avvertano minori limitazioni nel di-fendere le politiche che vengono applicate nelle strade euro-pee, come la decriminalizzazione e la riduzione del danno, eche comincino lentamente a preparare il terreno per discute-re lo smantellamento delle Convenzioni Onu e favorire la ne-cessaria decentralizzazione delle politiche delle droghe.

Comunque, quanto potremo vedere a Vienna que-st’anno sarà una futile riaffermazione di politiche contropro-ducenti e di impegni irrealistici. E questa volta ciò non saràdovuto a una pressione dagli Stati uniti per mantenere lo sta-tus quo. Oggi, in molti paesi europei, i governi conservatoriprivi di una prospettiva sulle droghe a lungo termine sfrut-

tano ben volentieri la questione perdimostrare il loro impegno nei con-fronti della legge e dell’ordine. Ov-viamente questo è difficile da rea-lizzare nella pratica, dato che sem-pre più persone si sono abituate alfenomeno della droga e non lo con-siderano come un comportamentodeviante di per sé.

Anche in Olanda e in Dani-marca, negli anni ‘70 due dei paesipiù progressisti in campo sociale, leautorità stanno cercando di re-in-staurare una politica che è stata ri-fiutata dalla precedente generazio-ne. Un buon posto per capire l’at-tuale dilemma in cui si trova la po-

litica delle droghe è Christiania, un quartiere nel centro diCopenhagen che fu occupato 33 anni fa e dove mille perso-ne vivono, lavorano e conducono uno stile di vita alternati-vo. Nel mezzo di questa città liberata è nato sotto la luce delsole un mercato di cannabis chiamato Pusherstreet, che è di-

ventato la versione di Copenhagen dei coffeeshops olandesi.Con l’arrivo di un nuovo governo danese nel novembre2001, i raid della polizia su Pusherstreet sono aumentati equesto ha portato all’estendersi di un’area di illegalità intor-no alla zona. Questo ha a sua volta provocato sentimenti diinsicurezza del vicinato, il cui atteggiamento verso Christia-nia è sempre stato estremamente positivo. Dopo avere vintouna disputa legale contro Christiania nel novembre delloscorso anno, il governo danese avrà la possibilità legale disgomberare la zona entro la fine del maggio 2004. Si profilaun’estate calda.

Secondo le cifre dell’Emcdda (l’Osservatorio euro-peo sulle droghe di Lisbona, ndr), la Danimarca è uno deipaesi con il più alto consumo di cannabis in Europa. Anchese in Danimarca ci sono molti altri canali di approvvigiona-mento, il mercato all’aperto di Christiania ha contribuito acreare una realtà che contraddice le Convenzioni Onu e il lo-ro ideale di un mondo libero dalla droga. Comunque, la so-cietà danese è sufficientemente pragmatica da capire che leleggi devono essere adattate alla pratica e non viceversa. Ec-co perché l’esistenza di Pusherstreet continua a essere un ri-ferimento importante nel dibattito sulle droghe in Europa, el’esito della disputa attuale è molto più rilevante di quello adesempio, del meeting di Vienna.

Lo slogan di quest’anno dell’agenzia Onu sulle dro-ghe è: «Parliamo di droghe». Ma se il discorso ufficiale aVienna continua a basarsi su un’utopia, il vero dibattito ri-guarda la creazione di spazi per politiche che si basino su va-lori umani quali la riduzione del danno e l’accettazione di unfenomeno che ha accompagnato il genere umano sin dalleorigini. C’è da sperare che almeno le amministrazioni locali,che sono più vicine alla realtà e sanno che la proibizione didroghe è un problema più grande delle droghe stesse, trovi-no il coraggio di prendere la parola e dichiararsi esse stessedisertori della guerra alla droga. ■

*Encod – www.encod.org

Dal 16 al 25 marzo l’incontro annuale della Commissione sulle droghe dell’Onu

ESERCIZI DI RETORICA

Ancora impegni non credibili per “un mondo libero dalla droga”: è la promessa del summit di Vienna, e l’Europa dei conservatori si accoda.Il caso della libera città di Christiania a Copenhagen

M a r i a M e r c e d e s M o r e n o *

La Dichiarazione universale dei di-ritti umani e diverse Convenzioniinternazionali sull’ambiente im-pongono che la vita e l’ambientedei popoli siano rispettati. La pri-

ma rivoluzione verde degli anni ‘70 ci ha por-tato i pesticidi e, attraverso questi, ha soppian-tato le pratiche agricole tradizionali di milionidi contadini. Dopo trent’anni di uso intensivo,numerosi studi dimostrano gli effetti nocividei pesticidi sulla salute umana, sulle falde ac-quifere e sui terreni. Nei paesi democratici, l’u-so indiscriminato di pesticidi è consideratouna minaccia alla salute pubblica. Nei paesi inguerra, l’uso di pesticidi, come ha dichiarato ilgoverno colombiano – per eliminare la piantadi coca e mettere così fine al “terrorismo” – at-traverso le fumigazioni aeree con misture chi-miche delle terre abitate da milioni di contadi-ni colombiani e che nutrono le popolazioni co-lombiane, è un atto di guerracontro la popolazione civile.

In Colombia, nella re-gione caraibica, le fumigazioniaeree contro la cannabis furonoeffettuate in un primo tempo

nel 1978 con il paraquat (un pesticida alta-mente nocivo, ndr) e, come previsto, le colti-vazioni di cannabis passarono in altri paesitra cui gli Stati uniti, paese dove le fumigazio-ni aeree contro la cannabis sono state rapida-mente abbandonate. Nondimeno gli Usa,contro tutte le considerazioni umanitarie, fi-nanziano e sostengono logisticamente le fu-migazioni aeree in Colombia da oltre 25 anni.

Le fumigazioni costringono le perso-ne a lasciare le loro case, ma queste non otten-gono giustizia perché il governo, se ricono-scesse che le fumigazioni sono la causa del lo-ro allontanamento da casa, dovrebbe ancheammettere di avere applicato misure di guer-ra (chimica) contro il suo stesso popolo. Leprospettive sono angosciose e Uribe ignora lalegge: egli – senza alcun dubbio – non ha ri-spettato la sentenza del 2003. Questa stabiliscela sospensione temporanea delle fumigazioniin attesa di studi circa i loro effetti sulla saluteumana e sull’ambiente, e ordina che il gover-

no rispetti il Piano digestione ambientale.

L’ammini -strazione Uribe so-stiene che l’87% delRoundup della Mon-

santo (Roundup è il nome commerciale delglifosato, un erbicida brevettato dalla stessaMonsanto, ndr) sarebbe usato in agricolturatradizionale. Pur essendo comunque nocivo,in agricoltura tradizionale il glifosato non è ge-neralmente mescolato con altre sostanze chi-miche e poi ripetutamente irrorato dal cielosullo stesso campo, a volte dopo che gli elicot-teri hanno mitragliato la zona da sottoporre afumigazione. I bambini colombiani nati e cre-sciuti sotto questa pioggia chimica con ogniprobabilità risentiranno per sempre delle con-seguenze. Le testimonianze ci sono, tutto ciòche serve ora è che le istanze politiche interna-zionali ascoltino e sostengano i popoli sotto-posti a questa barbara misura.

Abbiamo il diritto minimo di preten-dere di non essere trattati come scarafaggi e dichiedere che venga applicato il “principio diprecauzione”. In un paese in cui i reclamivengono presentati raramente, dal 1999 al2003 l’Ombudsman, solo in tre regioni, ha re-gistrato oltre 8.000 reclami di cittadini sugli ef-fetti tossici delle fumigazioni. Sia la “Defen-soria del Pueblo de Colombia” che l’Ombud-sman hanno messo in guardia il governo sul-la irresponsabilità, sulla dubbia efficacia e sul-la illegittimità di questa misura.

Attualmente, il Consiglio di Stato stadecidendo sull’appello del governo in meritoalla sentenza che ha ordinato la sospensionedelle fumigazioni.

Oggi, la seconda rivoluzione verdeimpone gli Ogm e promette – attraverso i suoiprodotti agro-chimici e l’acquisto obbligatoriodelle sementi – di porre fine all’agricoltura tra-dizionale in un mondo che non ha ancora mi-surato la misura delle sue ricchezze naturali.

Le popolazioni e la biodiversità dellaColombia subiscono da molto tempo le irro-razioni chimiche, e le sostanze chimiche spe-rimentate diventano sempre più pericolose.Per mettere fine a questa follia, l’organizza-zione colombiana Mama Coca ha promossoun appello umanitario, una campagna mon-diale negli Usa e in Europa per informare l’o-pinione pubblica delle sofferenze e delle de-vastazioni provocate dalle fumigazioni. Ne-gli Usa, numerosi parlamentari hanno presoposizione contro le fumigazioni e anche ilParlamento Europeo ha espresso il suo dis-senso su questa misura estrema. Abbiamo bi-sogno del sostegno di tutti i cittadini per chie-dere la fine delle fumigazioni. ■

* Mama Coca, Bogotà, Colombia.

FL Firma anche tu l’appello di MamaCoca, il link su:www.fuoriluogo.it

FERMIAMO LE FUMIGAZIONI IN COLOMBIA

G i u s e p p e B o r t o n e

“Giusto o sbagliato non può essere reato”: sulla base di questo slogan essenziale un vastoarco di forze politiche e sociali ha convocato per sabato 21 febbraio, a Roma, una mani-festazione nazionale contro il progetto di legge Fini e l’approccio repressivo del gover-no sulle droghe. La data che era stata proposta inizialmente (il 14 dello stesso mese) vie-ne così modificata evitando la sovrapposizione con la manifestazione per le unioni civi-li del movimento gay, organizzata per il giorno di San Valentino.È stato sottoscritto un breve appello il quale afferma fra l’altro che l’azione di contrastonei confronti della proposta governativa «impone la mobilitazione dei più ampi settoridella società civile, degli operatori, dei consumatori di sostanze». Viene sottolineata neldocumento la pericolosità del duplice attacco che si profila nel progetto di legge appro-

vato dal governo e destinato ad essere discusso dal parlamento: un attacco che mira da una parte a criminalizzare lo stiledi vita di una parte consistente della popolazione; e dall’altra punta a marginalizzaredi fatto (ancor più di quanto non accade già oggi) il lavoro dei servizi come i Sert, leunità di strada, le strutture del privato sociale impegnate in attività di terapia, riduzio-ne del danno e prevenzione: in ogni caso «pratiche non coercitive» come si legge fral’altro nella parte del documento che riguarda appunto i servizi. In positivo, vengonochiaramente indicati «i concetti di riduzione del danno, di promozione della salute e dicorretta informazione», distinguendo fra consumo, abuso e dipendenza e richiedendo«anche oltre l’attuale legislazione» la «completa depenalizzazione del consumo».

Il raggruppamento delle forze che hanno sottoscritto l’appello, già nel mese didicembre, ed hanno successivamente promosso la manifestazione del 21 febbraio nonintende in alcun modo contrapporsi ad altri cartelli e schieramenti che già stanno ope-rando per una controffensiva politica e culturale nei confronti delle proposte del cen-tro destra in materia di droghe. Fra i sottoscrittori dell’appello figurano numerosissimicentri sociali di varie zone del paese nonché le reti antiproibizioniste più note e diffusecome l’Mdma e il Gica. Tra le forze sociali e politiche che hanno partecipato all’inizia-tiva è necessario ricordare il Forum droghe, Antigone, la Lila, la Cgil Nazionale, Arci,Rifondazione Comunista, i Verdi, i Ds di Roma, il Partito dei comunisti italiani di Ro-ma, la sinistra giovanile Ds, i Giovani comunisti e i Giovani verdi, la rete europea Encod. Tra i raggruppamenti che orga-nizzano gli operatori del privato sociale hanno promosso l’appello e la manifestazione il Cnca del Lazio, Parsec, l’associa-zione “la Tenda”. Con la partecipazione attiva di tutti questi soggetti si è svolta il 23 gennaio, nella sala della Protomotecadel Comune di Roma, un’assemblea contro il progetto Fini: nel corso di essa sono intervenuti, fra gli altri, l’ex direttore delDap Alessandro Margara, l’assessore Luigi Nieri, il consigliere comunale Maurizio Bartolucci, il segretario generale dellaCgil di Roma e del Lazio Stefano Bianchi, Grazia Zuffa direttrice di Fuoriluogo, Lorena Splendori operatrice Sert della Fun-zione pubblica Cgil, Mario De Luca responsabile per le tossicodipendenze del Cnca del Lazio. Moderatrice degli interventiè stata Loredana Mezzabotta, consigliera regionale, la quale ha annunciato l’adesione dei Ds a livello nazionale alla mani-festazione del 21 febbraio a Roma. Quanto alla manifestazione, che partirà da Piazza della Repubblica alle ore 15, è neces-sario sottolineare il suo duplice carattere: di evento ludico da una parte, con performance spettacolari e musicali che ac-compagneranno tutto il corteo e caratterizzeranno la sua conclusione in una delle piazze del centro storico di Roma; e ditestimonianza politica, culturale e professionale, dall’altra, con l’intervento finale di operatori pubblici e privati, impegnatinel territorio sui diritti e sui bisogni dei consumatori di sostanze e degli utenti dei servizi. ■

5Supplemento mensilede il manifesto30 gennaio 2004 FUORILUOGOPROPOSTA

FINI

BOLOGNAOggi, (ore 11-20) in Piazza Rave-gnana, appuntamento davanti aFeltrinelli con Freak Antoni e Fran-co Berardi Bifo per percorrere «lagalleria dei drogati illustri presen-ti nella libreria Feltrinelli, moltoprobabilmente il 70% dei titoli».Domani (dalle 11 alle 20) in viaIndipendenza, sotto la statua diGaribaldi all’Arena del Sole, pro-seguirà la raccolta di firme per l’a-pertura di coffeeshops a Bolo-gna. Promuovono l’iniziativa: Li-vello 57, Teatro Polivalente Occu-pato, Link, Radio K Centrale, Fe-derazione Verdi, Sottotetto.

BORGO SAN LORENZODomani il cartello “Dal penale alsociale” promuove un incontro-dibattito sul disegno di legge Finia Borgo San Lorenzo (Firenze)presso la Sala del Consiglio Co-munale (dalle 9.30 alle 13). Sa-ranno presenti tra gli altri Stefa-

no Tagliaferri (Conferenza Sinda-ci Mugello), Franco Corleone (Fo-rum droghe), Riccardo De Facci(Cnca). Organizza: ConferenzaSindaci Mugello.

ROMAIl 1° febbraio il Gica organizza laParata Periodica Antiproibizioni-sta. Appuntamento al Faro delGianicolo alle 17. Si prosegue poia Campo de’ Fiori fino alle 24 conspettacoli di arte di strada, ban-chetti di canapai, smart shop eassociazioni.

FERRARAIl 2 febbraio presso la Cameradel Lavoro, P.tta Verdi 5, ore 21,dibattito sul disegno di legge Finie proiezione del video “SiamoFatti Così”. Partecipano Giusep-pe Bortone (Cgil nazionale), Gian-ni De Giuli (Mdma), Grazia Zuffa(Fuoriluogo). Promuovono: Arci,Cgil, Circomassimo Arci Gay+Le-sbica, Ds, Forum Droghe, Fgci,

Forum permanente per la Pace,Giovani Comunisti, Giovani Verdi,Comunisti italiani, Prc, Riforma-tori per Ferrara, Sinistra giovani-le, Verdi.

LEGNANOIl 10 febbraio, serata antiproibi-zionista presso il Circolone di ViaS. Bernardino (ore 21) con laproiezione del film “L’erba proibi-ta” e un intervento di Flaco deiPunkreas. Il ricavato della sotto-scrizione andrà a Fuoriluogo.Info: [email protected]

MEZZAGOTerza edizione di “Cannabisstreets: le infinite vie della cana-pa” al Bloom di Mezzago (Mi). Il14 febbraio, alle ore 22.30, con-certo dei Punkreas. Il ricavatodella serata andrà a Fuoriluogo. Il19 febbraio, ore 21.30: “I Finidel decreto. La nuova propostadi legge sulle droghe”. Incontrocon Francesco Maisto (magistra-

to) e don Andrea Gallo (comunitàSan Benedetto al Porto, Geno-va). Coordina Maurizio Baruffi, di-rettore di fuoriluogo.it. Il 22 feb-braio, ore 16.30, proiezione delvideo “Siamo fatti così”. Fuoriluo-go sarà presente con uno standdi materiale informativo. Il Bloomè in via Curiel 39.

MILANOIl 17 febbraio, alle ore 21 serataantiproibizionista in preparazionedella manifestazione nazionale diRoma presso la Camera del La-voro, Corso di Porta Vittoria 43.Info: [email protected]

TORINOIl cartello “Dal penale al sociale”promuove un incontro-dibattitosul disegno di legge Fini il 18 feb-braio a Torino (ore 16). Con LivioPepino (Md), Franco Corleone (Fo-rum droghe), Susanna Ronconi.Info: [email protected] [email protected]

EDUCARE OGGICOME ALLORA

confinizero

Il 21 febbraio manifestazione nazionale a Roma

TUTTI IN PIAZZA

“Giusto o sbagliato nonpuò essere reato”, questosarà lo slogan del corteocontro la proposta delgoverno punitiva sulle droghe. Un evento ludicoe politico che riuniscetanti partiti e movimenti

R i c c a r d o D e F a c c i *

Il disegno di legge Fini sulla droga, più che una ri-sposta ai bisogni reali, come una legge dovrebbeessere, sembra essere una legge manifesto (comequelle sull’immigrazione, sulla prostituzione ecc.)ad alta enfasi ideologica e gestione quasi esclusi-vamente politica. Nessun spazio per i bisogni rea-li delle persone, nessun ascolto di chi da anni la-vora in questo campo, cancellati le evidenzescientifiche e i percorsi realizzati in dieci anni.La proposta di nuova legge appare pervasa da

un’ansia punitiva e di affermazione “etica”, che non sembraassolutamente considerare i dati reali dei fenomeni, l’evo-luzione dei vari stili di consumo, abuso e dipendenza; so-prattutto non si confronta con le criticità di un sistema di in-tervento attualmente in difficoltà (sia Sert che enti ausiliari),con risorse sempre più ridotte e una riduzione progressivadegli operatori coinvolti. Un testo datato, che ha scelto dinon confrontarsi con le esperienze e le buone pratiche pre-senti, e con gli enti e le organizzazioni che ormai da anni sioccupano di tossicodipendenze.

Il Cnca (Coordinamento nazionale delle comunità diaccoglienza), il più grande coordinamento degli enti che la-vorano nelle tossicodipendenze, insieme alla maggioranzadi chi lavora nel campo delle dipendenze o è in contatto conil mondo giovanile, educatori, insegnanti, genitori, ha svi-luppato in questi anni un enorme lavoro educativo di atten-zione ai percorsi di crescita, di autotutela, di prevenzione ditutti i rischi legati ai consumi, e, ove necessario, di presa in ca-rico e accoglienza nelle nostre strutture. Sono ormai moltissi-mi i servizi di ascolto, il lavoro di strada con i gruppi giova-nili, i progetti di prevenzione oltre alle numerose esperienzecomunitarie e non solo, di presa in carico e trattamento o direinserimento socio lavorativo; assai diffuse le unità di stra-da, i drop in e le sperimentazioni di aggancio precoce e di ri-duzione dei rischi per l’abuso e il consumo problematico. Madi tutto ciò la proposta di legge sembra non tener conto e co-me primo approccio propone l’inasprimento delle pene. Conl’idea di punire soprattutto i giovani consumatori, per obbli-garli a “curarsi”, a entrare in comunità, per tutti i tipi di con-sumo o di sostanza, in maniera indifferenziata e generica.

Noi sappiamo che la realtà è un’altra: già le quasi300.000 segnalazioni effettuate alle prefetture per la legge 309sulle dipendenze per possesso e consumo, avvenute in que-sti anni, ci parlano soprattutto di storie “normali”, di ragazziche studiano, lavorano, vivono percorsi “normali” comemolti loro coetanei; le spaventose cifre del carcere, con un ter-zo di detenuti tossicodipendenti, e il 50% di ingressi in pri-gione per reati in violazione della legge 309 del ‘90, ci diconoche anche per chi fa fatica a vivere la punizione non né unaalternativa reale.

Non possiamo che essere profondamente contrari,sia alla proposte della legge che all’impianto ideologico chel’ispira, in base alla nostra priorità di sempre: mettere l’al-tro, in quanto persona, al centro delle nostre azioni per av-viare un cammino insieme e arrivare a una vera scelta con-divisa di cambiamento, ove utile o necessario.

Noi riteniamo che non ci sia bisogno di punire dipiù, ma di saper educare, ascoltare, accompagnare con unamaggior responsabilità sociale.

A oltre dieci anni dall’appello “Educare non puni-re”, contro la svolta punitiva della legge del ‘90, il Cnca la-vora oggi nella stessa direzione, per rilanciare un cartello diorganizzazioni, enti, associazioni scientifiche, semplici ope-ratori, cittadini, politici. Un cartello che, a partire da un li-vello nazionale possa poi coinvolgere sui vari territori tuttii nostri gruppi e le organizzazioni disponibili, per contra-stare e denunciare una legge che non possiamo assoluta-mente condividere. ■

*Cnca – Coordinamento nazionale comunità di accoglienza

6 Supplemento mensilede il manifesto

30 gennaio 2004FUORILUOGOPROPOSTA FINI

S a n d r o M a r g a r a

Il disegno di legge Fini ha tre caratteristi-che: è contro chi usa stupefacenti, anchemarginalmente e occasionalmente, è con-tro i servizi pubblici socioassistenziali sul-le dipendenze, è incostituzionale e, fuoridella competenza dello Stato, invade ingran parte, la potestà legislativa delle Re-gioni.Qui mi voglio soffermare sul terzo aspet-to: l’invasione della sfera di potestà legi-

slativa delle regioni, introdotta con l’art. 117 Costitu-zione: una riforma (2001) a cui non abbiamo presobene la mano (e forse le tirate sulla mitica devolutiondi Bossi non ci aiutano).

La materia che ci interessa, della prevenzionee dell’intervento sulle dipendenze, sta fra il sanitarioe il sociale.

Per il primo aspetto, il comma 3 dell’art. 117indica la tutela della salute fra le materie di “legisla-zione concorrente”, nelle quali (v.comma 3 in fine)«spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo cheper la determinazione dei principi fondamentali, ri-servata alla legislazione dello Stato».

Per il secondo aspetto – il sociale – si applicail comma 4: «Spetta alle Regioni la potestà legislativain riferimento ad ogni materia non espressamente ri-servata alla legislazione dello Stato».

Ora, la legisla-zione sugli stupefacen-ti, presenta due versan-ti ben distinti: l’uno èquello della prevenzio-ne e del contrasto relati-vi alla produzione e almercato dello spacciodegli stupefacenti e allaconseguente punizionedi chi pone in essere lecondotte relative: certo,la definizione di questecondotte può estenderequelle punibili anche achi fa uso di stupefacen-ti e, in tal caso, ci saran-no riflessi sull’altro ver-

sante; il quale è quello relativo alla prevenzione e agliinterventi nei confronti di coloro che usano gli stupe-facenti e, in particolare, di coloro che hanno un rap-porto di dipendenza dagli stessi: questa è attività ditutela della salute e della situazione sociale, gestita,infatti, da organi che appartengono alla organizza-zione sanitaria o anche a quella sociale.

Va osservato subito che l’attenzione riservatadal disegno di legge Fini al primo versante è minimaper il resto, salvo che per la punizione dell’uso di so-stanze. Anche la sua presentazione, sia in sede di an-nunci ripetuti e di conclusiva redazione delle modifi-che alla legislazione vigente, da un lato intervienenella legislazione penale con ricadute pesanti sul ver-sante sanitario e sociale e, in secondo luogo, entrapienamente nello stesso con tutta una serie di dispo-sizioni che toccano chiaramente l’ambito della orga-nizzazione e del contenuto degli interventi attinential versante della tutela della salute e della riabilita-zione sociale.

Quali, in materia sanitaria, i principi fonda-mentali che lo Stato ha enunciato? Prevenzione e su-peramento delle dipendenze dagli stupefacenti, pro-cessi di inclusione sociale delle persone dipendenti.Non a caso il comma 6 dell’art. 1 viene soppresso daldisegno di legge: era quello che riguardava indirizzoe coordinamento delle attività di competenza delle re-gioni, che il vecchio testo chiamava «amministrative»,ma che non possono più essere considerate tali, per-

ché ora regolate dalla po-testà legislativa delle re-gioni. Si è già rilevatoche, invece, gli interventisociali appartengono inmodo esclusivo alle re-gioni.

Posta questa pre-messa, si possono for-mulare più rilievi su varipiani al disegno di leggein questione.

Primo piano deirilievi: una esasperata af-fermazione centralista,concentrata presso laPresidenza del Consi-glio, che sostituisce gli

Servizi di curae custodia

Il testo di legge è incostituzionale perché invadein gran parte la potestà legislativa delle regioni

AUTONOMIESOTTOATTACCO

GRAZIA ZUFFA

Per cogliere appieno la svolta del governo sul versantedei servizi, è utile partire dai trattamenti previsti per iconsumatori che provengono dal circuito penale. È lìche si coglie appieno il senso della cura, in una propo-sta di legge che giustifica l’inasprimento punitivo qua-

le via maestra per la terapia “espiativa”.Cruciale è perciò l’articolo 89: nel testo attuale della legge, essosancisce che non possa essere disposta la custodia cautelare incarcere «quando imputata è persona tossicodipendente che abbiain corso un programma di recupero», presso i servizi pubblici o lecomunità. Nella rielaborazione governativa, si stabilisce che ilprogramma si svolga sempre in regime di arresti domiciliari. Inol-tre, nel caso in cui «sussistano particolari esigenze cautelari», ilprogramma può essere svolto solo «in struttura residenziale»,leggi comunità. Ancora: è il giudice a stabilire non solo i controlliper accertare la prosecuzione del programma, ma anche «gli ora-ri e i giorni in cui (il tossicodipendente) può assentarsi per l’at-tuazione dei programmi». Insomma, alla (pur ambigua) “alter-nativa terapeutica”, si sostituisce tout court la “detenzione tera-peutica”.Come nota Alessandro Margara in queste stesse pagine, moltecomunità non accettano persone agli arresti domiciliari. O sareb-be meglio dire: non le accettano le comunità i cui programmi ten-dono al reinserimento delle persone, e non a isolarle, in nome diesigenze di pura contenzione. Per fare un esempio: in molte co-munità, la prima forma di responsabilizzazione degli ospiti è lagestione della struttura con conseguenti uscite a rotazione per fa-re gli acquisti. O per partecipare a qualche corso professionale, omagari a qualche evento sociale o culturale, così come avvienenella vita “normale”. Insomma, la libertà (di movimento) è tera-peutica, ed ecco perché la detenzione in comunità è incompatibi-le, o estremamente difficoltosa. Di fatto, i detenuti sono esclusi dabuona parte della vita dei pari, e quanto questa discriminazionesia “terapeutica”, è facile immaginare.

Con ogni evidenza, non è la cura delle persone che staa cuore al legislatore, quanto la garanzia che questesiano ben sorvegliate. Perciò sono privilegiate le co-munità, rispetto ai servizi territoriali. Non tutte le co-munità, ripeto, bensì quelle a vocazione custodiale. E

che costituiscono, guarda caso, il punto di riferimento ideale, po-litico e clientelare del governo. La sovrapposizione fra logica car-ceraria e terapeutica è completa: non è un caso che alla comu-nità/carcere, si affianchi la novità del carcere/comunità. Così ilprivato entra trionfalmente, anche in Italia, nella gestione degliistituti penitenziari. La svolta del governo sta nell’abbandonare laretorica trattamentale, ridotta appunto a niente più che retorica.Perché “le alternative” alla pena non sono affatto alternative, maassomigliano tanto a quelle istituzioni segreganti auspicate dallacontroriforma psichiatrica del governo, come ci spiega MariaGrazia Giannichedda (a pag. 8). Si ritorna insomma alla logicamanicomiale, della “cura e custodia”, appunto.L’impronta di segregazione sociale che presiede alla legge risaltaancora di più, se si pensa che il target dei nuovi utenti è costituitodai giovani consumatori di droghe leggere. È una platea assai va-sta, visto che in Europa, così come negli Usa, circa la metà deglistudenti delle superiori sperimenta la canapa. Nella stragrandemaggioranza, si tratta di giovani che studiano, o che si avviano atrovare un lavoro, inseriti socialmente, perlopiù. Ragazzi “nor-mali”, si potrebbe dire. Che di sicuro “normali” non saranno più,quando dovranno abbandonare la scuola per un soggiorno “ob-bligato” in comunità, o troveranno ostacoli nel lavoro o nel tem-po libero, grazie alle sanzioni del Prefetto (più severe di prima enon più evitabili). È proprio la “normalizzazione” di certi tipi diconsumo, compatibili con la vita sociale, che la legge vuole con-trastare, “invalidando” i consumatori, con punizioni vere o ma-scherate. Cade il velo della “riabilitazione” per il “ragazzo droga-to e emarginato”, e la proposta Fini mostra il viso truce dell’auto-ritarismo puro, senza l’orpello ipocrita della “solidarietà”. ■

Vien i avant i padano

«Io sostengo sempre che non si possaessere garantisti un giorno e forcaioli ilgiorno dopo», ha dichiarato RobertoCastelli, ministro della Giustizia, non-ché presidente onorario della Associa-zione liberi padani escursionisti. Lui, in-fatti, rifiuta la grazia a Sofri nei giornipari e anche in quelli dispari.

( m a r a m a l d o )

stanze» è problema che inte-ressa il versante socio-sani-tario e il disegno di legge,ignorando le competenze re-gionali, stabilisce le modalitàe procedure diagnostiche. Equi va notato un punto: chesi sottolineano gli aspetti«medico-legali e tossicologi-co-forensi» di tali accerta-menti: l’idea di fondo è che sivuole accertare la dipenden-za fisica, non quella psichica,

che è la decisiva?Artt 89, comma 2,

91, comma 2, 94, comma 1:si regolano certificazionedella dipendenza e conte-nuto dei programmi e pro-cedimenti diagnostici rela-tivi: non è competenza del-lo Stato;

art. 123: la relazionesull’andamento dei pro-grammi terapeutici vieneredatta secondo il decretodel ministro della salute: qui siamo in piena attivitàsocio-sanitaria e competenza regionale;

art. 96, comma 3: si conferma che l’attività so-ciosanitaria in carcere è gestita dal servizio pubblico,ma poi gli obiettivi di tale attività vengono fissati dagliorgani centrali dello Stato e sono ancora questi che, sen-

za alcun ruolo del servizio pubblico, fanno convenzioniper l’attuazione di programmi terapeutici in carcere;

artt. da 104 a 106bis: a prescindere dal fatto che lacompetenza in proposito dovrebbe essere delle regioni,non si trova alcuno spazio partecipativo per le stesse equesto quando anche il sistema scolastico ha una orga-nizzazione regionalizzata, nella quale è significativo ilruolo di regioni e provincia;

art. 122: entra largamente nella materia dell’in-tervento terapeutico ed è eviden-temente critico e cerca di scorag-giare sia i tempi dell’interventometadonico o di altri prodotti, siagli interventi di riduzione deldanno. ■

7Supplemento mensilede il manifesto30 gennaio 2004 FUORILUOGO

stessi ministeri: questa organizzazione si articola inuna serie di organi descritti negli artt: da 1 a 1sexies,tutti rigorosamente centrali. Leggete la composizionedi questi organi, che pure si interessano in buona par-te del versante sociosanitario: nessun cenno alla par-tecipazione di regioni e servizi pubblici.

E ancora: art. 2, comma 1, lettera a): è il mini-stero della Salute che «definisce... gli indirizzi per leattività di prevenzione del consumo e delle dipen-denze... e per la cura e il reinserimento sociale deisoggetti dipendenti...». Ciò avviene «di intesa» anchecon le regioni. Ma la potestà legislativa è di queste ul-time! Per vero, esiste un organismo di riflessione econfronto su prevenzione e cura delle dipen-denze: ed è la conferenza nazionale triennale sutali argomenti: nel nuovo testo nessun cenno al-la intervenuta potesta legislativa delle regioni(comma 8 dell’art. 1). Tale conferenza, scadutida tempo i tre anni, aspetta di essere convocata.

Secondo piano dei rilievi. Va preso inconsiderazione un problema: ma la legislazio-ne penale può ignorare che c’è un versante so-cio-assistenziale di competenza delle regioni,può condizionare e pregiudicare l’azione diquesto? Credo che la risposta debba essere ne-gativa. E i punti essenziali sono tre:

il primo è il divieto dell’uso degli stupe-facenti e la punibilità dello stesso (art. 72 e 73):prescindendo dalla incostituzionalità (è controil referendum del 93), ci si è chiesti in che modopuò convivere con l’intervento socio-assisten-ziale sulle dipendenze?

il secondo: per le sanzioni amministrative delprefetto (art.75) e ancora peggio per quelle del que-store (art. 76), vale l’interrogativo precedente. Signifi-cativo che, per questi provvedimenti, gli accertamen-ti sono limitati alle sostanze e sono condotti da orga-ni di analisi sulle stesse (commi 3 e 10 dell’art.75): lapersona interessa poco. L’invito al programma tera-peutico è fatto dal prefetto, su tali basi;

il terzo riguarda le norme relative alla cu-stodia cautelare in carcere: l’originario divieto del-la stessa, salve «esigenze cautelari di eccezionale ri-levanza», già abbastanza annacquato da disposi-zioni successive (si possono calcolare in circa 7.000i detenuti non definitivi in carcere), si complicamolto. Il disegno di legge Fini sostituisce al divieto

una semplice facoltà del giudice di non applicare lacustodia cautelare in carcere, ma prevede, come al-ternativa alla stessa, la custodia cautelare agli arre-sti domiciliari. Cosa significa? Che gran parte dellecomunità non accettano persone in arresti domici-liari e che, per un’altra disposizione del disegno dilegge, gli arresti domiciliari saranno prevalente-mente condizionati dall’inserimento in una comu-nità residenziale. Due considerazioni: la prima, chenon sarà facile uscire dal carcere; la seconda, che lascelta della comunità è obbligata e non è affatto det-to che quella individuata sia la più idonea per l’in-teressato.

Il terzo piano dei rilievi riguarda il chiarosconfinamento del disegno di legge nelle materie chesono riservate alla potestà legislativa delle regioni. Sipuò fare un florilegio degli sconfinamenti.

Art. 113: siamo per definizione nelle compe-tenze delle regioni, ora competenze legislative. Il di-segno di legge ci lavora a piene mani. Ma non è com-petenza dello Stato: e non lo è anche la parificazionedelle strutture private al servizio pubblico. La colla-borazione c’è stata da sempre, ma la parificazione si-gnifica ipotizzare un organo centrale che dirige ecoordina: e così si viola l’art.117 Cost.. Vedi anchel’art. 114: qui versiamo in materia sociale di compe-tenza esclusiva delle regioni.

Art. 78: «il tipo, il grado e l’abuso delle so-

Diversi i rilievi al provvedimento,da un esasperato centralismoconcentrato presso la Presidenza delConsiglio ai ripetuti sconfinamentinelle competenze regionali inmateria socio-assistenziale

Gli assessori alla sanità di tutte le re-gioni hanno respinto il disegno di leg-

ge governativo sulle droghe, e, se il giudi-zio sarà confermato dagli assessori allepolitiche sociali, com’è probabile, questasarà la posizione ufficiale che le Regionisosterranno di fronte al governo nellaConferenza Stato Regioni. Gli argomentidella condanna del provvedimento gover-nativo sono contenuti in un documentopredisposto all’unanimità dai tecnici regio-nali il 14 gennaio scorso. L’appunto prin-cipale è di comprimere l’autonomia regio-nale, ignorando la riforma della secondaparte della costituzione varata tre anni fa,la legge quadro sul fondo sociale(328/2000), nonché l’accordo Stato Re-gioni del 1999 e il decreto legislativo229/1999 circa il riordino dei servizi perle tossicodipendenze. Sulla base di que-ste normative, infatti, la programmazionee l’organizzazione dei servizi spetta alleRegioni e non allo stato centrale, come in-vece stabilisce la proposta di legge gover-nativa. In particolare, il Fondo antidroga,già passato alle Regioni, e confluito nelFondo sociale, sarebbe nuovamente scor-porato, senza alcuna chiarezza circa laquota riservata alle Regioni; inoltre, que-ste sarebbero tagliate fuori dalle campa-gne nazionali di prevenzione. Più grave an-cora, il governo ipotizza l’aumento del ri-corso a trattamenti alternativi conseguen-te alla maggiore pressione punitiva: conun aumento dei costi, presumibilmente acarico delle Regioni, senza che queste ab-biano la possibilità di entrare nel merito.Perciò il documento proponeva di respin-gere in toto la legge, in quanto non emen-dabile.In un’intervista rilasciata a Redattore So-ciale, Mila Ferri, responsabile dell’area di-pendenze della Regione Emilia Romagna,segnala un altro equivoco del provvedi-mento: l’equiparazione fra servizi pubblicie privati, che vengono messi in competi-zione secondo una logica di mercato de-stinata a distruggere la collaborazioneche si è in questi anni instaurata.

REGIONI

UNA CONDANNA SENZA APPELLO

FL La presa di posizione degli operatori regionali su:www.fuoriluogo.it

Supplemento mensilede il manifesto

30 gennaio 2004FUORILUOGOPROPOSTA FINI8

M a r i a G r a z i a G i a n n i c h e d d a

In commissione affari sociali della cameraè appena approdato il nuovo testo dellacontroriforma psichiatrica (ddl n.152) chedovrebbe essere discusso in marzo, aquanto annunciato dalla relatrice BuraniProcaccini (Fi). Il nuovo articolato glissasulla prescrizione di strutture, in osse-quio all’autonomia delle regioni che ave-vano contestato il testo precedente. Restaconfermato invece l’attacco radicale ai di-

ritti della persona e alle garanzie sul trattamento psi-chiatrico, con l’istituzione di forme di trattamento ob-bligatorio di medio e lungo periodo in strutture «resi-denziali con assistenza continuata» (Sra), anche priva-te, per persone con «evidenti alterazioni psichiche ecomportamentali» e per «i malati destinati agliospedali psichiatrici giudiziari».

Contro questa evenienza si è formato, a par-tire dal testo del 2001, un fronte di dissenso vasto einedito nella sua composizione, che include associa-zioni di psichiatri e psicoterapeuti dei più diversiorientamenti, la quasi totalità delle associazioni difamiliari, gran parte del mondo associativo e delnon profit, nonché esponenti autorevoli della mag-gioranza. L’elemento che accomuna questo variega-to dissenso non è tanto l’idea basagliana che “la li-bertà è terapeutica”, ancora ostica ai più. È piuttosto il ri-fiuto della segregazione assistenziale, ovvero della crea-zione di istituzioni esplicitamente finalizzate a offrire, an-che in forma obbligatoria, assistenza, residenza e riabili-tazione (cos’è una riabilitazione obbligatoria?) per perso-ne definite croniche, disabili, gravi. Preoccupa inoltre l’as-sociazione “disturbi psichici e comportamentali”, chiari-ta, nel suo significato, dalla proposta di inviare nelle Sra lepersone destinate ai manicomi giudiziari.

Un passo indietro rispetto ai manicomi, hanno

detto in molti, definendo “pre-pineliane” queste isti-tuzioni, dal nome del medico francese Pinel cui la sto-ria della psichiatria attribuisce la liberazione dei follidalle catene del carcere e la consegna della follia allamedicina, e quindi all’utopia della guarigione. I mani-comi, è noto, hanno poi usato proprie catene, fisiche echimiche, che tutt’ora la psichiatria non disdegna, enon hanno mai guarito nessuno, ma la psichiatria e ilpiù vasto mondo “psy” non offrono solo manicomio, eanche questo è ben noto. Perciò fa scandalo, e offendela gran parte degli psichiatri, questa sfacciata ripropo-sizione della pericolosità sociale del malato di mente ela sua disperante consegna a una galassia di conteni-tori assistenziali, con ore d’aria nel verde e fatue «atti-vità occupazionali». Il tutto naturalmente pagato condenaro pubblico, quello che si sottrae o si lesina ai ser-vizi di salute mentale comunitari, ai progetti di riabili-

tazione, alle reti sociali, in cambio di istituzioni che vi-vono sulla certificazione del disagio e sulla segrega-zione di chi lo patisce.

Potremmo riflettere a lungo sull’idea di salute, dipolitiche sociali, di professioni sanitarie e sociali, e anchedi società e di umanità che stanno alla base di un pro-getto come questo, e potremmo anche rintracciare evi-denti consonanze con quanto il centrodestra proponeper le tossicodipendenze, con quanto fa sui problemi dianziani e disabili, o con la cultura che sottende il proget-

to di trasformare in parcheggio assistenziale anche il“tempo pieno” della scuola dell’obbligo. Riflessioni tut-te che vanno fatte, per capire a fondo e combattere dav-vero questa destra, che sta in parlamento ma anche nel-la società, accanto a noi e talvolta fra di noi, che pure invia di principio vogliamo altro.

Sto pensando ad A.M., un giovane uomo abba-stanza matto, un po’ insufficiente mentale e purtroppoper lui grosso e forte, che sta da quattro anni legato in unservizio pubblico di Roma dove lavorano diverse bravepersone, che infatti non lo hanno finora deportato in unodei contenitori compiacenti di cui abbonda il privatoprofit della regione Lazio, la cui giunta sta in queste set-timane disponendo un contestato accordo che rivalutale rette delle cliniche private, anticipando nei fatti ciò chela controriforma vorrebbe istituzionalizzare. A.M. costamoltissimo oggi, in un servizio che gli fa male. Si do-

vrebbe portarlo fuori di lì, e con gli stessi sol-di, e qualche supporto di Comune e Provin-cia si potrebbe costruire un progetto perso-nalizzato. Il quadro normativo c’è, oltre la“180” è la legge n.328 del 2000 sulla riorga-nizzazione dell’assistenza, uno dei prodottibuoni del centrosinistra al governo. Ma dovesono gli strumenti di attuazione della 328?Quante regioni, quante Asl, quanti servizihanno in questi anni risposto alla cultura di-sperata e disperante del contenitore assisten-

ziale, del parcheggio, della segregazione costruendo iprogetti e i budget personalizzati? Certo, oggi è più dif-ficile con le attuali politiche di tagli ma il problema difondo è che occorre rompere le inerzie dei servizi e ma-gari le comodità del personale, e cambiare la testa e glistrumenti degli amministratori, e anche in luoghi e congente di centrosinistra la cosa non è affatto facile. Manon c’è altra strada per battere la destra, in parlamento enella società, e per governare domani in modo davverodiverso. ■

F r a n c o M a r c o m i n i *

La casa nella quale si voglionosequestrare tutte le libertà, nel-la veste di una persona che an-novera il fascismo sia nel suopatrimonio personale, come si-

stema di valori, che in quello culturale epolitico, batte la gran cassa mediaticasuonando un motivetto che recita in que-sto modo: 1. il consumo di droghe è illeci-to, 2. applicheremo la linea dura: o carce-re o comunità, 3. finirà la linea permissivacara alla sinistra. Questa proclamazionevirtualmente rassicura l’opinione pubbli-ca e converge con le posizioni di uno spa-ruto gruppo di luoghi residenziali, atten-ti più all’impatto di immagine che allaconcretezza dei risultati. Contempora-neamente si profilano presunti espertiche individuano una teoria quanto menobizzarra, ma pericolosa nei confronti del-le droghe. Hanno scoperto che i consu-matori di droghe, che loro chiamano tos-sicodipendenti dimostrando un rigore

scientifico assimilabile alle chiacchiere dabar, sono affetti da una vulnerabilità bio-logica che ineluttabilmente declina versouna incapacità decisionale che imponel’obbligatorietà della cura.

Su questo aspetto vantano unamole di lavori scientifici, soprattutto nelcampo della genetica, delle neuroimma-gini e della psichiatria nell’ambito specifi-co della doppia diagnosi. Dimenticanotuttavia un’evidenza scientifica che è no-ta a tutti coloro che amano la libertà dellascienza rispetto alla cortigianeria compia-cente che assicura vantaggi se si paluda-no di scientificità le grossolane opinionidei principi di turno. Molto semplice-mente, ogni abitudine, ogni comporta-mento consolida modelli neurobiologiciche rimangono inscritti nel patrimoniomnestico e che nel caso specifico dei deli-cati meccanismi che sovrintendono lamodulazione emozionale del rapportopiacere, sofferenza, dolore assumono unaforza reiterativa che attiene ai modellipersonali e culturali che cercano di me-

diare tra soddisfacimento del bisogno ecostruzione del desiderio.

Nulla di strano e nulla di patolo-gico, ma espressione autentica ed esisten-ziale di un soggetto che per un momentoo per sempre desidera sottrarsi a quelladevastante condizione obbligatoria di homo economicus, con il suo insieme cinicodi gioco di interessi che osano chiamarevalori e che devastano l’intimità dellapersona in una prospettiva anedonica edanestetica di fronte alla quale i presuntiesperti o giullari farebbero bene ad inter-rogarsi vista l’entità dell’evidenza scienti-fica sia nel campo neuro fenomenologicoche in quello cognitivo comportamentale.Sia chiaro, le droghe possono fare male.Tutte le droghe e prima fra tutte l’alcol dalquale il monopolio liberista trae profittilegali e indecenti. Ma questa non è una ra-gione sufficiente per ridurre, patologiz-zando, il diritto del singolo, e quindi lasua libertà, di sperimentarsi nella ricercatra piacere e sofferenza. Anche la malattiamentale è prima di tutto sofferenza esi-

stenziale che non può essere sequestratanei manicomi, ma gestita amorevolmentein un rapporto empatico che per sua na-tura evita il giudizio, ma fa vibrare in sé lacomprensione dell’altro. Dire decisamen-te no alla proposta Fini significa pertantodare un contributo fondamentale a evita-re una manicomializzazione che non ri-durrà i consumi di droghe, ma ne au-menterà i danni rinforzando quel terrenodi omertà che piace tanto alle mafie, conle quali secondo un virtuoso ministro diquesto governo dovremmo imparare aconvivere. Noi dobbiamo imparare a con-vivere con i consumatori di droghe e conle loro domande di senso che la droganon risolve, ma indica in modo parados-sale. Potremo ridurre i danni e forse an-che i consumi solo se sapremo trovare al-tre strade esistenziali a quelle domandenon certo immorali ed illegittime, ma in-scritte nel codice etico di ciascuno. ■

* Responsabile alcologia, Dipartimento per ledipendenze Padova

Riprende l’iter parlamentare della controriforma psichiatrica

LUOGHI DI SEGREGAZIONE

IL CONSUMATORE E’ UN MALATO, GLI ESPERTI DA BAR IN SOCCORSO DEL GOVERNO

UN DISTILLATO DI FILOSOFIA MANICOMIALE

Offende la sfacciata riproposizione dellapericolosità sociale del malato di mente,evocata anche per il tossicodipendente

9Supplemento mensilede il manifesto30 gennaio 2004 FUORILUOGORIDUZIONE

DEL DANNO

* * *

Nel periodo che va dal 28 marzo al 13 agosto 2003 alcuni consuma-tori di sostanze hanno potuto sperimentare l’uso di una injectingroom o narcosala (luogo predisposto al consumo di sostanze per viainiettiva) nata spontaneamente in un caseggiato abbandonato al-l’interno di un parco.Il parco era già utilizzato da tempo come luogo dove consumaresostanze con il conseguente abbandono, sul territorio, di siringhe,fiale, carte, fazzoletti sporchi di sangue, ecc. I consumatori hannoiniziato, a un certo punto, a utilizzare un caseggiato che noi chia-meremo “le stanzette”. Scelto, secondo il racconto dei consumato-

ri, sia per la sua ubicazione (vicino alla somministrazione del metadone) sia perché consenti-va di usare lontani dagli occhi indiscreti, presentava aspetti positivi per chi consumava ma an-che per chi non era più obbligato ad assistere a riti “poco piacevoli”. Era però un luogo spor-co e puzzolente, pieno di rifiuti di ogni sorta, materassi marci, calcinacci, siringhe, tamponi,carta, fango, anche se comodo e ormai familiare a tutti.

Durante lo svolgimento del consueto lavoro di strada siamo venutia conoscenza di questo luogo. Le pessime e quindi inaccettabili condizioniigieniche ci hanno spinti, come operatori sanitari, a ripulire queste stanze,

disinfettarle, rifornirle di alcune se-die, un tavolo, un bidone per l’acqua,cestini per la carta e contenitori per lesiringhe usate con contapezzi. Inoltreabbiamo lasciato a disposizione deifrequentatori il Narcan (farmaco sal-vavita in caso di overdose da eroina).Tutto questo nella certezza che i con-sumatori avrebbero continuato a uti-lizzare il luogo indipendentementedalla sua condizione igienico-sanita-ria. In breve tempo abbiamo assistitoal sempre maggiore utilizzo dellestanzette: all’inizio solo qualcuno ci andava poi, per ilnaturale tamtam della piazza, il numero dei passaggi èandato aumentando (123 siringhe trovate nel contenito-re nei primi 12 giorni del mese di agosto).

Purtroppo, il 13 agosto, le porte delle stanzettesono state saldate in modo da renderle inagibili.

Nella sua breve vita questo luogo è stato gestitodagli stessi consumatori, con una presenza degli opera-tori pari. (...) Tre sono gli aspetti più importanti che ab-biamo rilevato. Per prima cosa balza agli occhi la mino-re visibilità dei consumatori, con conseguenze positivesulla vita del parco e sull’area davanti alla somministra-zione del metadone. I ragazzi hanno spostato il consu-mo da luoghi più visibili (cespugli, gruppi d’alberi, mu-retti), a luoghi meno visibili (le stanzette). Sono di con-seguenza diminuite le siringhe abbandonate e sono au-mentate quelle smaltite correttamente: dalle 328 siringheraccolte all’interno del parco nei mesi di febbraio/mar-zo alle 220 raccolte nei mesi di aprile, maggio, giugno,luglio. Le siringhe trovate nell’apposito raccoglitore so-no aumentate da 35 nel mese di marzo a 185 nel mese diluglio. Tutto ciò è avvenuto anche grazie alla collabora-

zione dei consumatori stessi i quali, entrati nell’ottica che lasciare il parco pulito fa bene a tut-ti, sono stati attenti nel riprendere chi sporcava o abbandonava siringhe in giro.

Un secondo aspetto importante è dato dal fatto che utilizzare sostanze in un luogo pro-tetto e quindi senza l’ansia legata alla paura di essere visti o riconosciuti, aumenta le possibi-lità di pratiche più corrette e meno dannose d’iniezione. Non a caso in quel periodo sono di-minuite le persone che lamentavano problemi di fuorivena o d’infezioni. Un terzo aspetto,non meno rilevante, è che queste stanzette hanno permesso di avvicinare ulteriormente glioperatori alla piazza. (...) Gli operatori pari erano diventati un punto di riferimento per tutti ifrequentatori delle stanzette, facilitando così il passaggio d’informazioni riguardanti la pre-venzione e la riduzione dei danni correlati all’uso di sostanze. Ora tutto questo sembra ormai

lontano e ci ritroviamo con le stanzette chiuse, con il ri-schio che tutto il lavoro fatto venga vanificato e con unaconseguente ricaduta negativa sul parco, sui consuma-tori e sulla cittadinanza nel suo complesso.

*** P. Bertotto, R. Franzin, S. Gesualdo, L. Marini, D. Previati

TOSSICI SICURIE STANZE FAI DA TE

IL BRITISH MEDICAL JOURNAL SULLE SAFE INJECTION ROOMS

UNA MISURA VALIDADI SANITÀ PUBBLICAS u s a n n a R o n c o n i

Il dibattito sulle injecting rooms decolla anche sul British Medical Journal(Bmj), sull’onda del confronto serrato in atto nel Regno unito attorno allescelte di sviluppo delle politiche sulle dipendenze. Il “casus belli” è l’op-posizione da parte del ministero degli Interni alle conclusioni di una com-missione tecnica designata dallo stesso ministero per vagliare le prioritànelle politiche di riduzione del danno, anche in relazione a problemi dispesa. La Commissione – che ha lavorato sugli studi prodotti in Australia,Germania e Olanda – è giunta alla conclusione che «uno studio pilota divalutazione delle injecting rooms va attivato senza indugio, e qualora i ri-sultati siano positivi, il programma vada esteso a tutto il paese». Il mini-

stero, al contrario, intende privilegiare i servizi medici per l’iniezione di terapie (eroi-na prescritta o metadone), servizi in cui le sostanze sono prescritte e somministratedal personale medico. Un nodo problematico appare, infatti, quello del non control-lo della qualità delle sostanze di strada e quello del ruolo dei professionisti nelle

injecting rooms, problemi evidentemente non presenti nei centri doveci si inietta sostanze che sono terapeutiche. Una contrapposizionesbagliata, sostengono in un articolo apparso sull’ultimo numero delBmj (gennaio 2004) Nat M. J. Wright, consulente dei servizi per tossi-codipendenti senza dimora e Charlotte N. E. Tompkins: i due tipi diservizi hanno finalità diverse e soprattutto target diversi.

I centri per le terapie per via iniettiva sono mirati al tratta-mento di singoli utenti con precedenti storie di fallimenti terapeutici,ma che intendono stare in terapia; le injecting rooms raggiungono unapopolazione spesso di strada, consumatrice attiva, esposta a gravi ri-schi, overdose prima di tutto. È, insomma, un intervento di salutepubblica, che come tale non può essere “giocato contro” interventi in-dividuali di tipo terapeutico. Lo stesso concetto, del resto, esprime,sempre sul Bmj, John Strang, direttore del National Addiction Centredel King’s College di Londra che, pur dicendosi maggiormente favo-revole a investire denaro pubblico sulle terapie, riconosce la specifi-cità degli obiettivi delle injecting rooms: «sono servizi aperti al pubbli-

co, come un pub o un bar, dove consumatori sconosciuti consumano sostanze sco-nosciute e dove il consumo è meno rischioso grazie alla supervisione di operatori re-sponsabili di intervento immediato in caso di rischio overdose. (...) Le injecting roomsnon sono servizi mirati a singoli consumatori, sono servizi di salute pubblica». A so-stegno delle loro tesi, Wright e Thompson ricordano, oltre la duplice finalità di salu-te per chi consuma e di sicurezza per la comunità sociale, anche che i rischi paventa-ti – illegalità per gli operatori e aumento del consumo – non sono reali: i primi sa-rebbero fuori legge solo se iniettassero direttamente la sostanza, e per quanto con-cerne eventuali esiti indesiderati, nessuno degli studi condotti a livello internazio-nale li ha evidenziati, mostrando anzi anche un ruolo delle injecting rooms di avvio apercorsi terapeutici. Del resto, ricordano, sono gli stessi argomenti portati, negli an-ni ‘80, contro i programmi di scambio siringhe, che poi si sono dimostrati uno degliinterventi più efficaci.

Gli articoli possono essere scaricati da www.bmj.com. ■

ATorino, in un edificiodeserto, per 5 mesii consumatori hannogestito una narcosalaaiutati da operatori pari.Col risultato di menosiringhe abbandonate epiù pratiche sicure

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Torino & dintorni: qui di injecting roomssi parla. Ma non solo, non solo parole. Ol-tre il cattivo – e poco coraggioso – esitodella commissione che il sindaco Chiam-parino aveva incaricato per capire l’op-portunità di sperimentare una injectingroom in città (vedi Fuoriluogo, febbraio2003), gli operatori, spinti verso una ne-cessaria innovazione dal contatto quoti-diano con i proprio utenti, hanno provatoad andare avanti: elaborando – la Asl 5 –un progetto per l’istituzione formale diuna injecting room attraverso il bandoper i fondi regionali della legge 45/99(non approvato), svolgendo un’inchiestadi fattibilità presso una delle circoscrizio-ni cittadine più toccate dal problema (Ri-cerca sulle injecting rooms del Coordina-mento regionale basse soglie, ne scrive-remo nel prossimo numero) che ha mes-so in evidenza attenzione, disponibilità eaccordo da parte di molti interlocutori, econfrontandosi con le pratiche “naturali”dei consumatori (Progetto “Un parco pertutti”, Asl 5). Di questa ultima espe-rienza – purtroppo finita con la pocosensata muratura del varco d’accesoalla “injecting room naturale” nel parco– pubblichiamo il resoconto degli stessioperatori, professionali e “pari”, che dailoro quattro mesi di sperimentazionetraggono importanti insegnamenti. (s.r.)

FL Speciale pratiche in retesu: www.fuoriluogo.it

ciassettenni hanno riportato il consumo di ecstasy, l’ulti-ma sostanza contro cui è stata adottata dal Congressouna legislazione speciale. Sappiamo inoltre dalle ricer-che che la maggioranza degli adolescenti che provano lamarijuana lo fanno solo una volta o due durante gli an-ni della scuola media secondaria. Questo modello valeanche per l’alcol, anche se le percentuali sono molto piùalte, in parte perché molti più ragazzi provano l’alcol.Una minoranza di adolescenti (il 20%) riferisce livelli ostili di consumo problematici. Questo ci dice che la gran-de maggioranza (8 su 10) degli adolescenti sono più cau-ti di quanto non pensino molti adulti, anche se il dato sulconsumo problematico non è del tutto insignificante.Può sembrare una osservazione eretica, in un clima na-zionale di demonizzazione delle droghe e di chi le con-suma, eppure dovrebbe avere un peso rilevante sulla

politica delle droghe. Sfortunatamente, le attuali politi-che di “tolleranza zero” ignorano i differenti stili di uso,e puntano invece sulla prevalenza complessiva comemisura significativa dei consumi giovanili. In altri ter-mini, qualsiasi forma di consumo è vista come abuso, siache avvenga una tantum, o occasionalmente, o sia inve-ce frequente.

Da molto tempo i giovani accettano l’alcol e lamarijuana come parte normale della vita adolescente.

Già 15 anni fa, in uno studio del 1988, New-comb e Bentler avevano concluso che l’usosperimentale di alcol e di droghe illecite eraun comportamento “normativo”, ossiaconforme alla norma, per i ragazzi ameri-cani. In altri termini, l’uso di alcol e di altredroghe era così comune, che era compresoe accettato anche da chi non le usava e sce-glieva l’astinenza. Significava anche che lagran parte dei ragazzi traeva informazionisull’alcol e sulla marijuana dagli amici odalla propria esperienza, informazioni chesi rivelavano assai divergenti rispetto aquelle imparate a scuola con la prevenzio-ne. Oggi, la situazione è la stessa, ed è la ra-gione per cui dare solo informazioni nega-tive si rivela controproducente quando ciòcontraddice l’esperienza di prima manodegli adolescenti. Ed è perciò che la pre-venzione nelle scuole e gli spot televisivi“politicamente corretti”, con una visionecompletamente negativa della droga, falli-scono. Infatti, molti giovani ci dicono checon la marijuana si hanno esperienze posi-

tive: ci “si diverte” e “si lega con gli ami-ci”. È quanto si ricava anche dalla Ca-lifornia Student Survey, una ricerca sull’u-so di droghe fra i giovani: alla domanda“perché pensi che i tuoi compagni provi-no la marijuana?”, le risposte più fre-

10 Supplemento mensilede il manifesto

30 gennaio 2004FUORILUOGOSCUOLAPREVENZIONE

R o d n e y S k a g e r *

Negli Stati Uniti, la persisten-za del consumo di alcol e didroga fra i giovani, insiemealle falle della ricerca chepretende di convalidare gliattuali programmi di pre-venzione sulla droga, fannopensare che questi sianotutt’al più di utilità margi-nale. Non a caso questa ri-

cerca è chiamata da più parti “pseudoscienza”. Pur tut-tavia, le agenzie federali americane che sponsorizzanoquesti programmi, come la Life Skills Education e ProjectStar, ignorano il coro delle critiche.

Nonostante si cerchi, con la prevenzione nellescuole, di indottrinare i bambini in età precoce, il con-sumo di alcol e marijuana comincia ad aumentare giànelle scuole medie, come mostrano le ricerche, e conti-nua a crescere per tutti gli anni delle medie superiori.Quasi il 70% dei giovani americani prima dei 15 anniha provato l’alcol almeno una volta, e più di un terzoha bevuto di recente (entro i 30 giorni precedenti). Il45% ha provato almeno una droga illecita, e uno su cin-que l’ha usata di recente. Circa l’80% dei giovani entrol’ultimo anno della media superiore ha provato l’alcol,e il 50% ha bevuto di recente. Un po’ più della metà haprovato almeno una droga illecita, e un quarto l’hausata di recente. Quasi la metà ha provato la marijua-na, e un po’ più del 20% l’ha usata di recente. Non c’èstato alcun calo significativo né dell’alcol né della ma-rijuana nei dieci anni in cui il governo federale ha con-sacrato i nuovi programmi “scientificamente fondati”,fra le materie di insegnamento.

Di positivo, c’è che la gran parte dei giovani con-siderano le droghe illecite altre dalla marijuana come as-sai pericolose, e pochi le usano. Negli ultimi 15 anni, so-lo il 10%, o anche meno, di adolescenti più grandi ha ri-ferito l’uso di altre droghe illecite e la maggioranza solouna volta o due. Solo il 6% dei quindicenni e il 9% dei di-

quenti sono “per divertirsi” e “per vedere che cosa siprova”. Gli adulti, consumatori di bevande alcoliche,probabilmente darebbero le stesse risposte ad una do-manda simile sull’alcol.

La prevenzione sulla droga nelle scuole si fon-da su tre presunti deficit degli adolescenti. Il primo èche i ragazzi delle scuole superiori abbiano ancora bi-sogno di messaggi negativi sulle droghe, nonostantene siano inondati fin dalle elementari. I giovani sonoscettici e considerano questi messaggi preventivi a sen-so unico come un altro po’ di propaganda della tolle-ranza zero: sfortunatamente questo giudizio investesia i messaggi precisi che quelli imprecisi. Essi cono-scono già quelli negativi, ma pensano che ci siano an-che quelli positivi, almeno per chi usa le sostanze in-tossicanti in maniera moderata.

Il secondo assunto discutibile è che solo unapiccola minoranza dei “pari” abbia provato la droga,mentre la maggioranza disapproverebbe questi “de-vianti”: un “fatto” che i ragazzi dovrebbero conoscere.Il che è vero alla scuola elementare, ma non è affatto ve-ro nelle scuole superiori, dove l’uso moderato non èconsiderato deviante. Quando si chiede ai sedicenni difare una stima sui consumi fra i loro coetanei, i due ter-zi di loro dice che la metà o più hanno provato la ma-rijuana.

Allo stesso modo, gli adolescenti dissentonosull’uso di droga, quale copertura delle disfunzionipsicologiche dei giovani consumatori. Quando passa-no alla scuola secondaria, i più giovani vengono a sa-pere che anche alcuni fra gli studenti più bravi neglistudi o nello sport fumano regolarmente. Dice uno diquesti ragazzi: «Giochi a calcio e scopri che alcuni deipiù grandi “fumano” prima di giocare e stanno megliodi te». E un altro: «Le canne ci sono alle feste: puoi fu-mare o meno, nessuno ci fa caso».

Invece, gli attuali programmi di prevenzioneinsegnano che solo una piccola minoranza dei pari haprovato la marijuana e che questo comportamento èdisapprovato dalla maggioranza: pensare che i giova-ni possano crederci, significa non aver mai parlato conloro. L’arroganza degli esperti che hanno formulatoquesti programmi riflette una mancanza di rispetto perl’intelligenza e l’esperienza di vita dei ragazzi: che sitraduce in uno spreco di molti milioni di dollari a spe-se dei contribuenti americani.

Il terzo assunto discutibile è che i ragazzi provi-no la droga su pressione dei pari, il che comporta inse-gnare loro a “resistere” ai compagni. Ma la maggioran-za dei ragazzi nega di aver provato l’alcol o la marijua-na dietro diretta e personale pressione dei coetanei.Uno studente universitario ricorda così la sua primavolta: «Ho visto i miei amici che se la spassavano, cosìho fatto come loro». Non è che i giovani “cedano” allapressione degli amici, piuttosto essi assorbono le nor-me sociali senza che ci sia bisogno che i coetanei liistruiscano o li mettano in imbarazzo.

Eppure la pressione dei pari è un principio da-to per scontato dagli adulti. È comodo credere che sia-no i ragazzi a spingere al consumo altri ragazzi, senzachiamare in causa il clima culturale più vasto. Dopotutto, l’America è molto ben disposta verso le sostanzeche alterano la coscienza, compreso l’alcol, ampiamen-te commerciato, e i farmaci. L’idea che gli adolescentifacciano ciò che noi proibiamo loro perché hanno deideficit di sviluppo e “non capiscono” ancora, è conso-lante, forse. Ma sfortunatamente questi tre assunti dideficit giovanili sono sbagliati. ■

[1 - continua]*Docente presso l’Istituto di educazione e informazione del-l’Università di California-Los Angeles (Ucla)

L’INFONDATEZZA SCIENTIFICA DELLA “DRUG EDUCATION” AMERICANA

LORO MERITANO RISPETTO

I programmi di prevenzione nellescuole si basano sull’errato assuntodei deficit di sviluppo dei giovani,frutto dell’arroganza di esperti chesottovalutano la loro intelligenza

USA

INEFFICACI I TEST ANTIDROGA NELLE SCUOLE

Al contrario di quanto sostiene il presidente Bush, il più grandestudio mai condotto negli Usa a livello nazionale sui test anti-droga per gli studenti delle scuole secondarie partecipanti adattività extracurriculari, rivela che non c’è alcuna differenza –in termini di consumo di sostanze – tra gli studenti delle scuo-

le che effettuano i test antidroga e di quelle che non li effettuano. Lo studio ha riguardato 76.000 studenti in tutto il paese. La pratica del“drug-testing” presenta vari problemi. Oltre a risultare umiliante per glistudenti, essa mina il rapporto fiduciario tra alunni e insegnanti e sco-raggia la partecipazione alle attività extracurriculari. Inoltre i test anti-droga incidono pesantemente sui budget scolastici. In media, un pro-gramma scolastico di test antidroga costa infatti dai 20 ai 60 dollari a stu-dente, o all’incirca 30.000 dollari all’anno: approssimativamente la stes-sa cifra che un insegnante guadagna in un anno.La ricerca, apparsa sul Journal of School Health (Aprile 2003, Vol. 73, No. 4,pp. 159-164), si intitola “Relationship between student illicit drug use andschool drug-testing policies” ed è stata condotta dai ricercatori dell’Istitutoper la ricerca sociale dell’Università delMichigan con un parziale finanziamen-to del Nida (National Institute of DrugAbuse).

Fonte: Drug Policy Alliance

FL La ricerca su:www.fuoriluogo.it

Supplemento mensilede il manifesto30 gennaio 2004 FUORILUOGOTERAPIA

DEL DOLORE

“Le invasioni barbariche”, un film che affronta alcuni temi di coscienza civile

DROGHE COMPASSIONEVOLI

11

G i o r g i o B i g n a m i

Il film franco-canadese di Denys Arcand Le invasioni barbariche è in prima su-perficie una commedia cinico-brillante assai ben riuscita, quasi una pochadenella gaudiosa tradizione francese della belle époque, grazie alle mille e millebattute e trovate che si susseguono a ritmo incalzante non rispettando nulla enessuno. Ma sotto questa veste intensamente ludica il filmriesce a fare un efficace contrabbando di significativi messag-gi che riguardano alcuni dei più gravi problemi della nostracivile società del duemila. Un primo messaggio, al quale possiamo solo accennare inquesta sede, è una critica spietata delle due opposte dege-

nerazioni dei sistemi medico-sanitari: cioè da un lato quelli a gestionepubblica, equi in linea di principio, ma spesso degradati sino a condur-re nei riguardi degli assistiti un vero e proprio giuoco di massacro (comeè avvenuto in Canada dopo un primo periodo di buon funzionamento);d’altro lato quelli privatistici di marca neo-liberistica statunitense, dovechi non paga profumatamente è perduto (in questa categoria rientrano,come è noto, quasi cinquanta milioni di cittadini nord-americani, pernon parlare delle difficoltà crescenti di moltissimi altri le cui garanzie sivanno progressivamente erodendo; e qui ci vorrebbero portare Berlu-sconi e Tremonti).

Un secondo messaggio illustra ciò che è stato recentemente af-fermato dal direttore della Scuola di medicina e cure palliative di Milano, Michele Gal-lucci: «La morte delle persone è troppo importante per lasciarla gestire ai medici» (la ci-tazione è da un intervento al dibattito su “Terapie del dolore e cure di fine vita” alla Fie-ra delle buone pratiche di cittadinanza tenutasi a Forlì; v. Una città, N. 116, ottobre 2003,pp. 20-21). In altre parole, curare laqualità di vita di questi soggetti non èpiù faccenda da medici, poiché lescelte fondamentali non competonopiù a loro, bensì ai soggetti stessi in-sieme a coloro con i quali essi hannopiù stretti legami affettivi. Nel film èvolutamente estremizzata la grandio-sa mobilitazione di risorse economi-che e umane attraverso la quale il fi-glio del morituro – giovane tycoondella finanza ricco a palate, efficiente,spregiudicato –, dopo un iniziale qua-si-rifiuto opposto all’appello dispera-to della madre ormai da tempo in rot-ta con il padre, riesce a strappare que-sto secondo al suo disperato e solita-rio rifiuto di morire, assicurandogliuna “buonissima morte”, finalmentein pace con gli altri e con se stesso.

In questo quadro viene tratta-ta in maniera particolarmente intelli-gente e sensibile la questione delladroga: il figlio, infatti, si convince chel’eroina, rispetto ai prodotti dell’arse-nale farmacologico legale, può esserepiù efficace per garantire non solouna migliore analgesia, ma anche unmaggior benessere psicologico. (Quiva fortemente sottolineata la corret-tezza di tale convinzione, confortatada fior di studi controllati e dalle pras-si largamente adottate in Inghilterradove la diamorfina – cioè l’eroina –viene spesso usata in preferenza allamorfina e ad altri oppiacei; e questo,data la sua maggiore efficacia e ma-neggevolezza, dati i minori effetti col-laterali, dato infine il più elevato gra-do di accettazione e soddisfazione neisoggetti trattati e nei circostanti, tecni-ci e non). Lo spettatore a questo pun-to scende nel girone infernale delladroga illecita in cui è rimasta intrap-

polata la protagonista giovane del film, la quale viene arruolata come procuratrice esomministratrice di eroina. Per farla breve, questo passaggio difficile e altamente ri-schioso produce non solo l’effetto positivo originariamente perseguito (a detta di unopsicofarmacologo e clinico con più diretta esperienza di chi scrive, sono straordinarie lesequenze in cui il tremendo malessere cede progressivamente a un pur malinconico be-nessere, sino alla scena della “buona morte” quando ormai il paziente è al limite e sce-

glie, in accordo con gli altri, che è giunto il momento della propria euta-nasia), ma anche un altro risultato non programmato e non meno posi-tivo: cioè la decisione della giovane tossica, motivata e riportata allarealtà dall’esperienza corale di assistenza al morituro e di scambio con icircostanti, di tentare lo svezzamento incominciando col passaggio dal-l’eroina al metadone.

Così sintetizzata, questa storia potrebbe puzzare di telenovela:ma andate a vedere il film, se non lo avete già visto, e constaterete chenon è così, grazie al modo in cui la vicenda viene dipanata dal registacon l’ausilio di un gruppo straordinario di attori. La logica da telenove-la viene del resto negata nel finale sobrio, segnato da una diffusa e deli-cata tristezza, quasi a concludere con sano pessimismo che la pausa del-l’impegno collettivo a sostegno del morituro, una volta richiusa la pa-rentesi, nell’attuale contesto sociale “postmoderno” non può guarire lepersone dalla loro alienata solitudine, né indurli a rinunciare alla lorostrumentale ipocrisia nei rapporti con gli altri. Ma qui dobbiamo fer-marci poiché stiamo travalicando i limiti di competenza, di spazio e di

finalità di questo intervento: cioè la finalità di evidenziare come i messaggi più efficaciin materia di droga, e in particolare quelli più idonei a smontare le mistificazioni proi-bizioniste, non si trovano necessariamente nei discorsi strettamente scientifici o politicidegli addetti ai lavori. ■

La morte delle personeè troppo importante per lasciarla gestire ai medici,questo il senso della storiache fra l’altro rivaluta l’eroina come farmaco capace di offrire maggiorbenessere psicologico

C l a u d i o C a p p u c c i n o

Da alcuni anni, in Usa come neglialtri paesi civili, gli specialisti e leassociazioni mediche raccoman-dano quello che prima del proibi-zionismo tutti sapevano, e che si

può dedurre tranquillamente dai migliori te-sti di farmacologia. E cioè che nella terapia deldolore cronico, anche di natura non maligna,non si possono ignorare gli oppioidi (codeina,morfina, ecc.). Non solo essi sono più efficacidegli altri analgesici (i famosi Fans), ma a dif-ferenza di questi, possono essere usati quoti-dianamente per mesi o anni, in piena sicurez-za e senza danni per nessun organo.

Purtroppo, se da un lato i pazientihanno paura degli “stupefacenti”, dall’altroi medici hanno paura a prescriverli. E conbuone ragioni. Infatti, dal gennaio all’otto-bre 2003, 441 medici americani sono statisanzionati per irregolarità nelle ricette di op-pioidi. Quasi sempre ci si è limitati a sospen-sioni dalla professione o revoche dell’auto-rizzazione a prescrivere narcotici. Ma inmolti casi, i medici sono finiti sotto processopenale. In particolare, sono finiti sotto tiromolti medici che, secon-do la Drug EnforcementAdministration (Dea),avevano prescritto controppa facilità un farma-co chiamato Oxycontin.

L’Oxycontin è un

preparato di ossicodone a lento rilascio: unacompressa (da 10 a 80 mg) si assorbe in 12ore. In pochi anni è diventato l’oppioide piùprescritto in Usa per il dolore cronico, e in-dubbiamente non sono mancati i fenomenidi “abuso”. Compresse di Oxycontin, chia-ramente ottenute prendendo in giro i medi-ci, sono finite sul mercato nero, e ci sono sta-ti molti casi di morte per overdose. Infatti,polverizzando la pillola, la polvere si puòsniffare o iniettare come l’eroina. Tutta la do-se, invece che in 12 ore, è in questo caso as-sorbita insieme: chiaro che, se non si sa quel-lo che si fa, è facile lasciarci la pelle.

In due anni, secondo la Dea, 464 per-sone sarebbero morte per abuso di Oxycon-tin, e i giornali più pronti a sfruttare in ognioccasione il tema “droga” hanno gridatoogni volta allo scandalo. Morale: i mediciche avevano prescritto l’Oxycontin a genteche poi l’aveva rivenduto sul mercato nerosono stati regolarmente accusati di “spacciodi droga”, e quelli indirettamente coinvoltiin casi di morte sono stati accusati di omici-dio. Anche se (secondo un articolo scientifi-co) solo 12 delle 464 morti denunciate sonosicuramente attribuibili in modo diretto a

un’overdose di ossicodo-ne, e anche se nello stessoperiodo si sono avuti circa16.500 morti per uso inap-propriato di comuni anal-gesici da banco.

Cito solo alcuni dei

casi più drammatici. Il dottor Deonarine po-trebbe addirittura essere condannato a mor-te se l’accusa di omicidio di primo gradofosse confermata. Il dottor Hurwitz ha evi-tato il rischio di condanna a morte, ma ri-schia l’ergastolo. La dottoressa Bordeaux ri-schia fino a 100 anni di prigione, e il dottorMoore, della stessa clinica, si è suicidato do-po essersi rifiutato di testimoniare contro icolleghi. La dottoressa Hassman, incastratacon un trucco, rischia 28 anni. Il dottor Weit-zel è stato condannato a 15 anni per omici-dio, ma fortunatamente è stato assolto inappello. Il Dottor Fisher è stato assolto dal-l’accusa di tre omicidi per mancanza di pro-ve: ma ha perso la sua clinica. Il dottor Knoxe collaboratori sono stati appena assolti da30 accuse gravissime, ma i loro guai non so-no ancora finiti. «Knox e i suoi sono dei ve-ri eroi», ha detto S. Reynolds, direttrice del-la Pain Relief Network. «Hanno resistitocontro un potere schiacciante, puntandosulla verità e sulla giustizia. E di questi tem-pi, ciò richiede un grande coraggio». Al dot-tor Graves è invece andata male: accusatodella morte di quattro pazienti, sta scontan-do 63 anni (63, avete letto bene) di carcere.Non è bastato a difenderlo il fatto che il far-maco era stato usato per iniezione e non perbocca come prescritto. ■

N.B. Questo sta succedendo negli anni 2001-2010,dichiarati dal Congresso Usa “Decennio della Ri-cerca e del Controllo del Dolore”.

FL Per saperne di più: www.mapinc.org/oxycontin.htm www.painreliefnetwork.orgwww.stopthedrugwar.org

COME L’AMERICA DI BUSH “FACILITA” LA TERAPIA DEL DOLORE

12 Supplemento mensilede il manifesto

30 gennaio 2004FUORILUOGOL’ARTICOLO

A n t h o n y W h i t e *

All’inizio degli anni ‘90 fu fatta una valutazione del turnover an-nuale del narcotraffico globale, allo scopo di accertare quanto de-naro connesso alla droga potesse essere reso disponibile per il ri-ciclaggio nei sistemi finanziari, e da allora la cifra risultante di 400miliardi di dollari è stata sempre citata in quanto rispecchiante difatto i profitti annuali del traffico. Più recentemente, il Fondo mo-netario internazionale ha stimato che l’ammontare totale di de-naro generato dalla criminalità circolante globalmente possa ar-rivare a 1.600 miliardi di dollari, di cui buona parte sarebbe da ri-condurre alle droghe illecite.

Qualunque sia l’accuratezza di queste valutazioni, la questione che io porrei è setali somme, evidentemente imponenti, contribuiscano a un’economia illegale che sia difatto distinguibile e separabile dalla cifra, qualunque essa sia, che ne costituisce una le-gale. Come può un’economia essere illegale? Numerosi governi, nel corso della storia,sono stati dipendenti, almeno in parte, da alcune fonti di introito discutibili tra cui la pi-rateria, il commercio di schiavi, i saccheggi sotto forma di colonialismo, e anche l’offer-ta di droghe. Alla fine, il business non è semplicemente business, e i soldi non sono sem-plicemente soldi?

Come sappiamo, la maggiore produzione illecita di oppio e coca avviene in zo-ne di conflitti in corso o comunque recenti, dove il governo nazionale non ha il pienocontrollo o è inviso a settori significativi della sua popolazione locale, mentre l’offerta didroghe di per sé, in zone di grande consumo, è spesso legata alle culture delle gang o afazioni criminali di immigrati. Nondimeno, coloro che hanno seguito i trend globali del-le droghe negli ultimi anni avranno osservato un generale assestamento dei mercati il-legali, che appaiono in grado di fare fronte facilmente a improvvise penurie o ecceden-ze di offerta, e al cui interno i prezzi di strada in ri-basso sono prevalenti rispetto a quelli in aumento.Per la verità, il mercato sembra essere andato avan-ti mentre la politica globale sulle droghe ha segna-to il tempo, e i profitti realizzabili con le droghe il-lecite sono come sempre enormi.

In molte regioni geografiche, le fasce più al-te della criminalità sono oggi dominate da figureimmensamente ricche e spesso dotate di buoneconnessioni politiche, i cui imperi sono sostenuti daun mix di attività lecite e illecite, e quelle illecite, aloro volta, sono un mix e non sono legate solo alledroghe. Le aspirazioni di questi personaggi sonopiù o meno uguali a quelle di qualunque altro uo-mo d’affari, tra cui il potere, la posizione sociale e gli status symbol. Considerando i lo-ro enormi margini di profitto, i loro esborsi sono relativamente piccoli e i loro rischi d’im-presa – in particolare le azioni giudiziarie nei loro confronti, le condanne e/o il seque-stro dei loro beni – sono minimi. L’acquisizione da parte loro di affari e proprietà puòcontribuire a generare occupazione e a rigenerare zone depresse, e l’acquisto di prodot-ti di lusso può incrementare le entrate fiscali e il commercio locale. Si aggiunga qualchesovvenzione ben piazzata ai politici e attività benefiche di alto profilo, e molti di questiindividui potranno godere di un rispetto considerevole a livello locale e ottenere carichepubbliche o sponsorizzare la campagna di un aspirante politico che, se eletto, li tratteràcon un occhio di riguardo.

Almeno in termini di giustizia naturale, sembrerebbe sbagliato che dei criminalidebbano giungere in cima ai gradini della scala sociale, ma quanti sono gli individui chein qualunque società, arrivati in cima, possono reggere bene all’esame del modo in cuihanno raggiunto la loro posizione? Dobbiamo concludere, suppongo, che la giustizia èservita, dato che circa 800.000 persone sono attualmente detenute nelle prigioni statuni-tensi per reati di droga e 450 donne giamaicane che facevano da corriere della droga –ciascuna delle quali costa al contribuente britannico tra 35.000 e 50.000 dollari all’annodi detenzione – stanno scostando lunghe pene nel Regno unito.

In gran parte del mondo sviluppato il narcotraffico è diventato uno strumentopotente di mobilità sociale, in ambienti in cui le differenze sociali o l’endemica corruzio-ne sociale soffocano comunque tale mobilità. Un contadino svantaggiato può non do-vere più faticare per un’intera vita nella speranza di una vita migliore per i suoi figli onipoti. Se è pronto a rischiare, egli spesso può avere tutto, e averlo subito. Le condizioni

locali, forse aggravate da influenze esterne, possono in ogni caso lasciarlo in pratica conpoca scelta se non quella di cimentarsi in qualche misura nel narcotraffico. In Afghani-stan, ad esempio, il rendimento per ettaro della terra destinata al papavero da oppio at-tualmente surclassa quella del grano di circa il 4.000% e il Fondo monetario internazio-nale ora stima che l’oppio rappresenti tra il 40% e il 60% del prodotto interno lordo delpaese.

Naturalmente, molte persone traggono giovamento finanziario dal narcotraffi-co. I miliardi di dollari che gli Usa hanno pompato nel Plan Colombia, ad esempio, cer-tamente saranno stati una benedizione per alcuni fornitori di attrezzature militari, e gliazionisti della Monsanto, immagino, saranno soddisfatti delle sue cifre di vendite perle grandi quantità di prodotti chimici con cui continuano a essere irrorati i campi dellaColombia. Dubito che le promesse di «un mondo libero dalla droga entro il 2008» chefurono fatte alla sessione speciale dell’Assemblea Generale dell’Onu nel 1998 fosseromusica per le orecchie dei produttori di strumentazioni per i test antidroga, ma saran-no stati rassicurati dal sostegno pubblico che l’attuale zar antidroga Usa e il direttoreesecutivo dell’Unodc (Un Office on Drugs and Crime) hanno dato per i controlli campio-ne da effettuarsi sui bambini a scuola.

Se diamo per buona la valutazione di 400 miliardi di dollari che ho fornito pri-ma, allora l’ammontare totale dei soldi della droga che possono essere circolati nellaeconomia globale negli ultimi dieci anni, da soli, potrebbero essere valutati, teorica-mente, nella strabiliante cifra di 4.000 miliardi di dollari. Giustamente si osserva chel’afflusso di grosse somme di denaro derivanti da attività criminali è dannoso per i pae-si in via di sviluppo perché ha un effetto di “implosione” sulle loro economie, facendoaumentare l’inflazione e i tassi di interesse e creando una falsa impressione di capacitàproduttiva legale. In molti di questi paesi, comunque, qualsiasi separazione dell’eco-nomia illegale da quella legale potrebbe portare al crollo di quest’ultima, tanto sono in-trecciate. Così, qualunque tentativo di “decriminalizzare” tale economia dovrebbe

prendere necessariamente la forma di un proces-so graduale di svezzamento. Nel caso dei soldidella droga, questo obiettivo potrebbe forse esse-re meglio realizzato attraverso una strategia ra-gionata e strutturata finalizzata a ridurre gradual-mente il valore delle droghe illecite e dunque ac-crescere la praticabilità di forme di sussistenza al-ternative legali.

Mi auguro che si considerino con spiritoaperto le misure che potrebbero concorrere a talestrategia, quale la regolazione del mercato (comeper l’alcool e il tabacco) offrendo fonti legali di of-ferta per i tossicodipendenti e riducendo il dannolegale ai semplici consumatori. Non posso, natu-

ralmente, essere sicuro che tale strategia avrebbe successo, ma posso garantire con cer-tezza pressoché assoluta che le attuali politiche sulle droghe non l’avranno.

Le droghe illecite sono un palloncino che l’affannarsi delle forze rigidamente proi-bizioniste ha contribuito a gonfiare fino a una dimensione grottesca, per cui oggi a NewYork o a Londra un grammo di oro si vende per 10 dollari, un grammo di platino per cir-ca 20 dollari, e un grammo di cocaina pura per poco meno di 200. Per le ragioni che ho il-lustrato, questo palloncino deve essere sgonfiato dolcemente, ma sgonfiato affinché, adesempio, la coltivazione di raccolti alternativi legali diventi più appetibile economica-mente in aree come l’Afghanistan e la Colombia, e la linfa vitale del cosiddetto “narcoter-rorismo” sia bloccata. Le attuali strategie sulle droghe, per quanto meritevoli a numerosilivelli, hanno semplicemente l’effetto di accrescere il valore delle droghe illecite. Solo ri-muovendo dal mercato gli osceni profitti, può imporsi un qualunque senso reale di razio-nalità e proporzionalità per quanto riguarda la questione delle droghe in sé.

Fare scendere il prezzo, e dunque il valore, di una merce da un prezzo assurda-mente alto a uno realisticamente basso non è impossibile. In passato, questo è stato fat-to in relazione a merci che vanno dalle spezie alla cioccolata, sebbene naturalmente inquei casi non ci fosse il fattore della illiceità. Perciò, perché non farlo anche nel caso del-le droghe? Chi mai potrebbe opporsi a un simile approccio? Chi? Purtroppo sono unasorta di teorico della cospirazione per natura, e quindi mi vengono alla mente possibi-lità di tutti i tipi. Ma questa è un’altra storia. ■

*Responsabile della Riduzione dell’offerta presso l’Undcp (United Nations Drug Control Programme) dal 1997 al 2000.

I profitti annuali del narcotraffico sono stimati globalmente in 400 miliardi di dollari

UN MERCATO CHE HABISOGNO DI REGOLE

In molti paesi in via di sviluppo l’intreccio tra economie legali e illegali è talmente forteche serve una strategia ragionata per ridurregradualmente il valore delle droghe illecite