Dret e Ledros ottobre 2012
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Transcript of Dret e Ledros ottobre 2012
OTTOBRE 2012 Anno IX numero 10
Pag.ina 1
dret e ledrôs Scomençant di chi
IGA ora ASP “La Quiete”
Ottobre piovoso,
campo prosperoso.
D’ottobre compra il porco che d’agosto ha già due lune.
“Per san Francesco(4/10)
la nespola nel cesto”
“A san Bruneto (6/10) il vino nel fiascheto”
A santa Teresa(15/10) i tordi a distesa”
Affresco di ignoto XV sec. Chiesetta di S.Pietro Magredis di Povoletto (UD)
A sante Terese (1/10) prepare la tese”
“ Ai dodis (12/10) al è sant Serafin:
cjastinis e bon vin”
“Sant Luche (18/10), sant Bovo cun sant Florian,
protezeit la stale dut l’an!”
“Sut o bagnât, par sant Luche che al sedi semenât”
“ Sant Simon ( 28/10)
al da la clâf al so paron”
cui dedichiamo questi bellissimi versi tratti da “MARI” (1) di Giovanni Lorenzoni:
Si a che l’amore e l’affetto per un nipote, può tutto:
“NONO E NEVÔT” (2)
Il nono, vécio
ma simpri in gamba, vivarôs, dret
come un pichét om navigât c’al à stentât sot dai todèscs e talianòs… propit di chei
che erin ‘ne volte, e che a so mût l’a àncie gioldût, che ‘i à plasût simpri di dî
o stuarte o drete la barzelete, dopo misdì
al ûl sta in pâs: l’impie il sigar, al ciol i ociai e il Gazetìn
e po al si met cujèt, cujèt, su la poltrone in tal tinèl, fin c’al ti fâs ‘ne durmitine
…………….
Ma plancucin un biel frutìn, un pipinùt
di nancie un an che pa la man senze fadie al tire vie,
cu’ la manute al vierz la puarte al sburte, al cuche, al viôt so nono e da…ta…da cun lui l’ûl là.
Al si sgiìpie, al si sfadie su pai bregons,
si tire su,
al sbrisse jù; po sui zenoi al si comede
ma nol sta fer:i fâs colà
dal nâs i ociai, l’ûl vé il ciapiel, i sgrife il cuel, dut ce c’al tòcie l’ûl meti in bòcie e…da…ta…da, dut un dafà. Il nono al tâs, al lasse fâ in sante pâs, al si console, al riduzze,
fin che il frutìn i fâs pissìn
sul Gazetìn…
Corin i ains. Si pene e si zavarie par tirà su cun sest la nidiade. Qualche rue sul zarvieli, une passade di blanc sul cjâf no contin, ce ti parje?
La fontane de vite ‘e bute fuart. La cjase no je mai senze speranze. E ven su intor ‘ne gnove fiolanze i fîs dai fîs, pal nestri bon confuart.
Pieri Somede dai Marcs
M arte dì 2 o tto b re 20 12
si celebra la ottava
“FESTA NAZIONALE DEI NONNI”
(1) Passano gli anni. Si pena e ci si affanna/ per crescere bene la “nidiata”./Qualche
ruga sulla fronte, una spruzzata/ di bianco sul capo non contano, cosa ne dici?/ La fontana della vita versa molto./La casa non è mai senza speranza/E cresce attorno una nuova figliolanza,/i figli dei figli, a nostro buon conforto.
2) Il nonno, anziano/ ma sempre in gamba,/pieno di vita, dritto/ come un picchetto,/
uomo vissuto/ che ha tribolato/ sotto i tedeschi/ e i trapiantati…/proprio di quelli / che c’erano una volta,/ e che a modo suo/ ha anche goduto,/che gli è piaciuto/ sempre dire/ o bene o male /la barzelletta,/dopo mangiato/ vuol stare in pace:/accende il sigaro,/ prende gli occhiali/ e il gazzettino/ e poi si mette/ tranquillo, tranquillo,/ nel soggiorno,/fin che schiaccia/ un pisolino…/ma pian pianino/ un bel bambino,/un bambolotto/ di nemmeno un anno/ che senza fatica/ tira via dalla mano/ con la manina/ apre la porta/ spinge, /sbircia,/vede suo nonno// e da…ta…da…/vuol andare con lui,/sgambetta, si aggrappa / sui pantaloni,/si tira sù,/cade giù; poi si aggiusta/ sulle ginocchia/ ma non sta fermo:/ fa cadere/ gli occhiali dal naso,/fa cadere/ gli occhiali dal naso/vuol avere il cappello,/gli graffia il collo,/tutto ciò che tocca/ vuol metterlo in bocca/ e… da…ta…da…/ tutto un da farsi. / Il nonno tace,/lascia fare/ in santa pace,/si consola,/ ridacchia,/fin quando il bambino/ gli fa pipì/ sul Gazzettino…
Traduzioni:
…E arriva ottobre, il mese che concludeva formalmente l’annata agraria
dei cui guadagni, pagate le varie prediali e le riparazioni degli attrezzi, rimaneva ben
poco. Il pochissimo danaro era custodito e gestito gelosamente dal capofamiglia.
Poiché il valore dato ai prodotti della terra ed alle derrate, era superiore a quello
dato al danaro stesso, con quella poca liquidità, si procedeva agli acquisti alimentari
che, in effetti, erano ben poca cosa.
Sale, pepe, spezie acquistate inte buteghe dai Coloniâi, poi un quintino di olio di semi,
un quarto di zucchero impacchettato nella preziosa carta blu, che avrebbe ricoperto
l’abbecedario, sarde sotto sale, sgombro, tonno sott’olio e acciughe, consumate con
molta parsimonia, ogni sacrosanto venerdì…
Per il resto, tutto era reperito con il baratto.
In questi mesi autunnali le castagne, soprattutto le dolci canelutis, le mele, tra
cui le gustose seuke delle Valli, le perette ruggini della Carnia -da cotte petorâi- erano
scambiate con granella di mais o di frumento, sempre alla pari.Tutti i raccolti non in
esubero, erano riposti in luoghi asciutti, ad esclusivo uso della famiglia.
A fine ottobre, tutto il pavimento del granaio era ricoperto da uno spesso strato
di pannocchie e, quelle più belle di mais bianco-vitreo, il dente cavallo e l’orange dal
bel giallo intenso, invece, pendevano a trecce dalle capriate come stalattiti lis riestis. Tal camaron, stanzone occupato dai bachi fino alla terza muta, sotto un soffice strato
di paglia, ecco le insostituibili patate. Accanto ad esse, lo strato di baccelli di fagioli che,
prima di venire sbucciati, completavano l’essiccazione. “Fasui e patatis
a ingrassin lis fantatis” Appese alle pareti, le trecce delle cipolle, bianche e rosse e quelle dell’aglio.
A completare questo panorama, ben separate sul pavimento, le zucche melone
e ornamentali, le castagne, le mele e le pere avute, come già detto, col baratto.
Doni, questi, che emanavano profumi e odori che regalavano sensazioni di
appagamento e di riconoscenza verso la natura. MM
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