Dr. Umberto De Sanctis Università & INFN Roma Tor Vergata ... · magnetico, ne determina il...

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Sommario

•  Pochi cenni storici •  L’invenzione di una nuova scienza •  La stranezza: il mistero si infittisce •  Il modello a quarks •  La rivoluzione di Novembre e il quark charm •  Quarks e leptoni: il Modello Standard •  Ricerche ai moderni colliders: top e Higgs •  Le sfide del futuro

Breve introduzione •  Di cosa è fatto il mondo ? •  Democrito, nel IV secolo a.C., ipotizza che la materia

sia fatta di atomi, dotati di dimensioni, forma, e peso diversi, e vuoto tra essi.Tutte le proprietà della materia che sperimentiamo sono dovute alle interazioni fra essi.

•  Democrito ha ragione. Ma per rispondere alla domanda un po’ più in dettaglio dobbiamo trovare i costituenti davvero elementari della materia, e capire come interagiscono per creare l’incredibile varietà del nostro mondo.

•  Cosa vuol dire “elementare” ?

–  Elementare: semplice, che non ha struttura, che non può essere suddiviso in parti più semplici

–  Elementare: che forma l’ingrediente base di tutto

Particelle e forze •  Se scopriamo che la materia è fatta di un certo

numero di particelle elementari, non abbiamo però spiegato ancora quasi nulla…

•  Serve una precisa comprensione del modo in cui esse interagiscono, come si combinano per creare ciò che ci circonda

•  Scopriremo che le possibili interazioni tra le particelle sono dovute alla propagazione di forze dovute allo “scambio” di altre particelle, dette “vettori” dell’interazione!

•  Gli scambi sono governati da leggi fondamentali: il nostro scopo è di comprenderle

Tre concetti fondamentali: 1 – la classificazione

•  La classificazione è un potente strumento di analisi, utile in tutte le scienze. –  Identificare delle caratteristiche comuni degli oggetti che si

studiano permette di dividerli in classi –  Le caratteristiche di ogni nuovo oggetto identificato possono

essere ipotizzate in base alla sua appartenenza a una classe, per similarità con gli altri elementi già studiati

–  Una eventuale struttura ripetitiva nell’organizzazione interna delle classi può permettere di prevedere l’esistenza di nuovi elementi e indovinarne a priori le caratteristiche, o anche di nuove classi.

•  Nel XIX secolo la chimica “esplode” come scienza

sperimentale, grazie alla classificazione delle sostanze note e lo studio quantitativo delle loro proprietà.

•  Avogadro, Mendelejev, Boyle compresero come la materia era fatta di molecole di vari elementi, dotati di distinte caratteristiche e proprietà, alcune delle quali facilmente calcolabili a partire da leggi macroscopiche già note.

•  L’analisi chimica degli elementi conosciuti spinse molti scienziati del tempo a cercarne un’organizzazione semplice, una classificazione che potesse avere uno schema semplice e potere predittivo.

•  Fu Mendeleev, nel 1869, a fare bingo

per primo.

In una presentazione alla Russian Chemical Society, dal titolo “The Dependence between the Properties of the Atomic Weights of the Elements” ,

Mendeleev dimostrò di aver compreso il legame tra pesi atomici e valenze, ma soprattutto mostrò come la classificazione degli elementi avesse un enorme potere predittivo.

Ecco quello che Mendeleev riesce a mostrare:

•  Gli elementi, se organizzati secondo la massa atomica, mostrano una periodicità nelle loro proprietà fisico-chimiche

•  L’arrangiamento di elementi in gruppi in ordine di massa atomica corrisponde alle loro valenze

•  La classificazione degli elementi nuovi permette di prevedere l’esistenza di elementi ancora non scoperti, e le loro proprietà.

Il merito indiscusso di Dmitri Mendeleev fu di usare il punto 3) per prevedere l’esistenza di nuovi elementi come germanio (eka-silicon) e gallio (eka-aluminum). La classificazione come metodo scientifico è un paradigma di fondamentale Importanza anche per la fisica nel XX secolo, come vedremo.

A dispetto della natura rivoluzionaria della tavola periodica, Mendeleev è soprattutto ricordato per aver definito in maniera scientifica nel 1893 la giusta miscela di acqua e alcol etilico nella Vodka!

Tre concetti fondamentali: 2 – lo sviluppo tecnologico

•  La scienza non può progredire senza il supporto di una adeguata tecnologia

•  La tecnologia non può perfezionarsi senza passi avanti della scienza

•  Se guardiamo alla storia della scienza, scopriamo uno sviluppo logico di questi concetti: le due discipline procedettero a braccetto dall’invenzione della ruota ai giorni nostri.

acceleratori di particelle •  I fisici hanno bisogno di strumenti sempre più costosi per indagare la

struttura intima della materia.

–  I giganteschi acceleratori e rivelatori di particelle di cui parleremo verso la fine di questa lezione sono in effetti giocattoli piuttosto costosi. Ma a cosa servono ?

Gli acceleratori sono i microscopi più potenti che abbiamo per

studiare il mondo fisico subnucleare.

La nostra capacità di studiare il mondo che ci circonda dipende dagli strumenti che utilizziamo!

Cosa c’è dentro ? Per studiare le microstrutture si cerca di ingrandirne l’immagine

con un microscopio –  Vediamo una immagine ingrandita dell’oggetto da studiare

facendoci rimbalzare contro o passare attraverso delle particelle di luce – i fotoni

–  Non si può andare molto al di sopra di qualche migliaio di ingrandimenti: si incontra il limite dovuto alla diffrazione della luce, quando le dimensioni dell’oggetto di cui si cerca un’immagine sono confrontabili con la lunghezza d’onda della luce incidente

–  Con fasci di elettroni si può fare molto meglio, ma anche in quel caso si rimane limitati dallo stesso effetto a circa 2 milioni di ingrandimenti.

–  Ma per studiare come sono fatti gli atomi, serve un ancor maggiore ingrandimento!

•  La risposta è nell’aumentare l’energia del corpo con cui si sonda la materia. Dobbiamo abbandonare l’idea di formare una “immagine”, e utilizzare invece l’interazione fra proiettile e bersaglio per capire la struttura di questo.

•  Per avere proiettili di alta energia, ci sono due strade…

J.J.Thomson e l’elettrone •  Thomson nel 1997 scopre l’elettrone, con un tubo a raggi

catodici inventato pochi mesi prima da Karl Braun. Misurando la deflessione dei raggi in un campo elettrico e magnetico, ne determina il rapporto fra carica elettrica e massa.

•  Esperimento fondamentale, ma lo ricordo solo per mostrare che è il progresso tecnologico, a volte, a rendere possibile una nuova scoperta.

Il tubo a raggi catodici è il fondamentale precursore non solo del televisore che ave(va)te in casa, ma anche degli strumenti che oggi usiamo per sondare la materia, gli acceleratori di particelle.

Ernest Rutherford e la struttura dell’atomo

•  Nel 1907 non c’era ancora la tecnologia necessaria a creare proiettili dell’energia necessaria, ma Rutherford usa ciò di cui dispone: i decadimenti di sostanze radioattive.

•  Nel famoso esperimento da lui diretto, le particelle alfa (nuclei di

atomi di elio, emessi da una sorgente radioattiva) vengono dirette contro una sottile lamina d’oro

•  Con un cristallo scintillante è possibile osservare le particelle alfa

deviate dal fascio, a diversi angoli da esso •  Se gli atomi sono formati da una “pappa” carica positivamente in

cui alloggiano gli elettroni, le pesanti particelle alfa dovrebbero attraversare la lamina indeflessi..

•  Invece, i suoi assistenti Geiger e Marsden scoprono che in rari casi le particelle alfa subiscono “scattering” a grande angolo, alcune addirittura rimbalzando indietro!

A pensarci bene, Lord Rutherford fu un vero genio. Scoprì l’esistenza del nucleo usando… nuclei!

Lo scattering spiega la struttura delle cose! Dell’esperimento Rutherford disse:

“It was quite the most incredible event that ever happened to me in my life. It was almost as incredible as if you fired a 15-inch shell at a piece of tissue paper and it came back and hit you.”

In realtà, quello che si poteva osservare era nient’altro che l’interazione elettromagnetica

fra la carica positiva delle particelle alfa e la forte carica positiva dei nuclei d’oro. Nulla di straordinario, ma pur sempre spettacolare!

Tre concetti fondamentali: 3 – l’indagine spettroscopica Le sostanze chimiche in forma gassosa esibiscono spettri di emissione: se eccitati (ad es. in un campo elettrico) emettono radiazione di particolari lunghezza d’onda. Le diverse lunghezze d’onda sono analizzabili con strumenti che le separino spazialmente – come un prisma, che usa la dipendenza dell’indice di rifrazione della luce dalla frequenza.

Lungh. Fattore schema d'onda comune (Balmer) moltiplicatore ----------------------------------------------------------- 656.3 364.6 9/5 32/(32-22) 486.1 364.6 16/12 42/(42-22) 434.0 364.6 25/21 52/(52-22) 410.1 364.6 36/32 62/(62-22) 397.0 364.6 49/45 72/(72-22)

In molti provano a capire lo schema soggiacente. Alla fine non è un chimico o un fisico, ma Johann Balmer, un matematico svizzero, a scoprire la relazione fra questi numeri, ora noti come “serie di Balmer” dell’atomo di idrogeno.

L’invenzione di una nuova scienza I progressi teorici e sperimentali dell’inizio del XX secolo sono enormi, e non possiamo che citarne alcuni qui:

–  La relatività di Einstein –  La formulazione della meccanica quantistica –  La scoperta del nucleo, del neutrone,

dell’antimateria –  La teoria di Fermi dei decadimenti radioattivi

Negli anni ’30, si conoscono l’elettrone, il protone, il neutrone. Si sa descrivere la luce come formata da fotoni. Tutto pare chiaro e ben ordinato, ma in realtà ci sono almeno un paio di osservazioni che danno di che pensare:

–  L’antimateria: Andersson nel 1933 scopre il positrone nei raggi cosmici

–  Il neutrino di Pauli: una particella ipotizzata per spiegare l’energia mancante nei decadimenti radioattivi

Tuttavia, la misura diventa colma solo quando si scopre l’esistenza dei raggi cosmici, e in essi si scopre il muone.

I raggi cosmici •  Radiazione ionizzante incidente

sull’atmosfera: scoperti da Victor Hess nel 1912 con esperimenti ad alta quota

•  Anderson nel 1933 vi identifica particelle di carica positiva, e tutte le caratteristiche eguali a quelle degli elettroni: antimateria!

•  Per lungo tempo la loro origine viene ritenuta essere fotoni di alta energia, ma si scopre negli anni ’30 che la radiazione primaria è elettricamente carica

•  Nei raggi cosmici viene scoperto il muone – particella penetrante, con caratteristiche simili a quelle dell’elettrone

Il ciclotrone Se esistono altre particelle oltre quelle che costituiscono la materia conosciuta (elettroni, protoni, neutroni, fotoni), deve essere possibile crearle in laboratorio, disponendo di un acceleratore sufficientemente potente!

Infatti, l’equazione di Einstein E=mc2 prevede che in collisioni che liberino sufficiente energia si possano materializzare particelle massive

I progressi tecnologici vengono in aiuto: E.Lawrence costruisce il primo ciclotrone nel 1929.

Il ciclotrone è un disegno primitivo: null’altro che un paio di elettrodi all’interno dei quali le particelle eseguono traiettorie a spirale, accelerati da una differenza di potenziale e tenuti in orbite circolari da un intenso campo magnetico assiale.

Come rivelare le particelle ? Tra gli anni ’30 e gli anni ’60 vengono scoperte dozzine e dozzine di nuove particelle, utilizzando i progressi tecnologici, ovvero la raffinata arte di costruire acceleratori sempre più potenti: il betatrone, il sincrociclotrone, il sincrotrone Lo strumento principe per la rivelazione e lo studio delle reazioni prodotte è invece sempre lo stesso: la camera a nebbia, poi migliorata nella camera a bolle In una camera a nebbia, un vapore sovrasaturo condensa in goccioline microscopiche lungo la traiettoria delle particelle cariche ionizzanti La camera a bolle usa invece un liquido sovrariscaldato da una brusca variazione di pressione in coincidenza con l’attraversamento delle particelle ionizzanti.

Questi rivelatori sono immersi in un forte campo magnetico per misurare la quantità di moto delle particelle a partire dalla curvatura delle tracce:

F = qvxB è la forza di Lorentz che agisce sulle cariche. Essa è sempre ortogonale alla direzione del moto, e causa un moto circolare uniforme. Poiché l’accelerazione è a=v2/R=F/M si ha Mv2/R = qvB da cui si trova subito il raggio dell’orbita: R = mv/qB Misurando P in GeV, B in Tesla, R in metri questa diventa semplicemente: P = mv = 0.3BR

Una precisa misura della curvatura di tutte le tracce rivelate permette di determinare la natura dei processi che hanno avuto luogo nel rivelatore

Lo studio delle reazioni •  Nella collisione di alta energia fra un protone accelerato da un ciclotrone e

un protone di un bersaglio, si può assistere alla produzione di nuovi stati •  La cinematica relativistica permette di calcolare la massima massa dei corpi

prodotti in una collisione: M2 = 2mE ove E è l’energia della particella incidente, m la massa del bersaglio

•  Si trova però che non tutte le reazioni energeticamente possibili si osservano: vi sono delle quantità addizionali che si conservano, oltre all’energia e l’impulso

•  Dallo studio delle reazioni osservate e non, si trova che è necessario ad esempio ipotizzare che il protone e il neutrone posseggano un numero quantico additivo, che si conserva nelle reazioni: il numero barionico. Non si può, ad esempio, creare un protone nella reazione p+p à p+p+p mentre la reazione p+p à p+p+p+anti-p non viola la conservazione del numero barionico – e infatti si osserva.

Fermi e il neutrino Enrico Fermi studiando il decadimento delle sostanze radioattive inventa negli anni ’30 un formalismo con il quale è possibile descriverne gli aspetti fondamentali e calcolare alcune proprietà, come le vite medie delle particelle

Nella sua teoria compare il neutrino, ipotizzato da Pauli nel 1930 per spiegare l’energia mancante nei decadimenti beta A seguito della formalizzazione di Fermi delle “interazioni deboli”, molte reazioni di decadimento trovano una spiegazione economica. Il neutrino, particella priva di massa, non possiede carica elettrica e interagisce solo debolmente con la materia: è a tutti gli effetti invisibile La sua produzione si comprende nei decadimenti in cui compaiono elettroni o muoni: pà µν, µàeνν, Kàπeν

n p

ν e

Leptoni e Adroni •  Elettroni, muoni e neutrini, non prodotti nelle

interazioni primarie prodotte dagli acceleratori, appartengono a una classe diversa dagli adroni, particelle prodotte con grande intensità e soggette a rapidissima disintegrazione: i primi sono detti leptoni, i secondi adroni.

•  Si tratta di una classificazione molto utile, che permette di prevedere l’occorrenza di alcune reazioni, poi osservate, e la mancanza di altre, proibite dalla conservazione di un nuovo numero quantico: il “numero leptonico”.

La classificazione delle particelle

•  Con l’aumentare dell’energia disponibile nelle collisioni prodotte dagli acceleratore, si scopre una messe di nuove particelle –  Tutte instabili, decadono in brevissimo tempo –  Sembrano organizzabili in famiglie, secondo il modo

in cui vengono più frequentemente prodotte, il modo in cui decadono, eccetera. Multipletti… Una parola che dovrebbe far suonare un campanello

–  I primi membri: •  i pioni π+,π-, π0 hanno massa intorno a 140 MeV e B=0; •  i kaoni K+,K-,K0, di massa intorno ai 500 MeV, e pure B=0; •  i barioni Δ-, Δ0, Δ+, Δ++ hanno massa di poco superiore al

GeV e B=1.

Classi di decadimenti –  Il decadimento delle particelle è un concetto utile per

aiutare la divisione in classi: maggiore è la forza dell’interazione responsabile della disintegrazione delle particelle, e più rapidamente essa avviene

•  Interazione forte: le particelle decadono in tempi di 10-20 s e inferiori

–  Esempio: Δ++àpπ+

•  Interazione elettromagnetica: le particelle decadono in tempi intorno ai 10-15 secondi

–  Esempio: il pione neutro π0àγγ

•  Interazione debole: le particelle decadono in tempi di 10-12 secondi e superiori

–  Esempio: i pioni carichi πà µν, i kaoni Kàπeν

…Ma come si misurano tempi di 10-20 secondi????

In effetti, di queste particelle (chiamate “risonanze”) non si misura il tempo di vita media, ma la incertezza nella loro massa (“larghezza”). Il principio di indeterminazione di Heisenberg spiega che il tempo di vita di una risonanza e’ inversamente proporzionale alla indeterminazione nella sua energia Mai provato a suonare una nota molto bassa in un pianoforte per un

tempo molto breve ? Non si capisce che nota sia! La ragione è che non c’è tempo per ascoltare un numero sufficiente di

lunghezze d’onda, e il nostro orecchio non sa dire con precisione qual è il tono…

Dalla misura della larghezza Γ delle particelle si risale alla loro vita media: τ = h/Γ

Prime verifiche del modello a quark: il deep inelastic scattering

Se nei protoni vi è una struttura, si deve poterla mettere in evidenza con lo scattering, proprio come fece Rutherford per scoprire il nucleo. Bombardando protoni con elettroni di alta energia, si studia l’interno dei protoni in maniera molto chiara Di nuovo, si scopre che la produzione di eventi a grandi angoli di scattering è molto maggiore di quanto avverrebbe se il protone fosse puntiforme La struttura interna degli adroni però rimane descritta dal termine “partoni”, perché non vi è ancora evidenza chiara dell’esistenza dei quarks

E i quarks sono sei

•  La scoperta del charm convince tutti: i quarks sono reali •  I corpi elementari sono dunque quarks e leptoni

•  Ma i quarks non sono 4, bensì 6! E qualcuno lo aveva previsto fin dal 1971!

•  Solo con almeno sei quarks si può spiegare una caratteristica dei mesoni K scoperta nel 1964: la violazione della simmetria CP

•  A partire dal 1974, tutti si mettono a caccia dei due rimanenti quarks: il bottom e il top.

•  E anche del terzo leptone carico, chiamato tau.

Il quark b Per trovare il quark b serve maggiore energia: la fornisce il nuovo acceleratore costruito al laboratorio Tevatron Protoni di 400 GeV vengono fatti incidere su un sottile bersaglio di berillio Si cerca un aumento nella produzione di coppie di muoni I muoni sono osservati in due spettrometri separati, e si costruisce lo spettro di massa invariante delle coppie Il picco osservato a 9.5 GeV è la risonanza che si cercava: uno stato legato di due quarks bottom!

E le forze ? •  L’interazione forte, responsabile della stabilità degli adroni, è

descritta da una teoria chiamata Cromodinamica Quantistica. I quarks interagiscono scambiandosi particelle vettori della forza, otto gluoni

•  I gluoni non hanno massa, e scambiano il colore dei quarks (la loro “carica”).

•  Una caratteristica dell’interazione forte è che la sua energia potenziale aumenta linearmente con la distanza, come quella di una molla

•  Ne deriva che non si possono separare i quarks fra di loro!

Se infatti immaginiamo di “tirare” due quarks allontanandoli, dobbiamo esercitare una sempre maggiore forza per separarli Spendiamo dell’energia che a un certo punto è sufficiente alla creazione di due nuovi quarks, che si ricombinano con i precedenti!

L’interazione debole Il modello di fermi del decadimento beta per quanto utile non è sufficiente a spiegare la fenomenologia delle interazioni deboli Alla fine degli anni ’60 nasce il modello elettrodebole di Glashow, Salam e Weinberg: l’interazione elettromagnetica e quella debole vengono concepite come due manifestazioni di un solo meccanismo La teoria GSW è economica, elegante, e nel 1971 viene provata la sua consistenza teorica, una caratteristica detta “rinormalizzabilità”

Le interazioni deboli sono il risultato dello scambio di particelle molto massive, i bosoni vettori W e Z I bosoni vettori hanno capacità di trasformare un quark in un altro, o un leptone in un altro

Il Modello Standard

Il modello GSW, unito al meccanismo di rottura della simmetria elettrodebole ipotizzato da Peter Higgs – una spiegazione teorica del motivo per cui W e Z hanno grande massa mentre il fotone rimane a massa nulla – costituisce quello che chiamiamo Modello Standard. Tre famiglie di quarks, e tre famiglie di leptoni, costituiscono la materia Le interazioni forti sono mediate da gluoni Le interazioni elettromagnetiche dal fotone Le interazioni deboli dai bosoni W e Z

Le ricerche ai moderni colliders

•  Il modello standard è un potentissimo strumento di calcolo, ad altissimo potere predittivo –  I decadimenti, le reazioni di produzione, le leggi di

conservazione, la classificazione delle particelle sono perfettamente spiegate da esso

–  All’inizio degli anni ’80 mancano all’appello i corpi più pesanti, e difficili da produrre: i bosoni W e Z, e il quark top –che continua ad eludere le ricerche fino al 1995

–  Per produrre questi stati servono gadgets più potenti!

Le collisioni “head on” •  L’energia a disposizione per produrre nuova

massa in una collisione a bersaglio fisso non è sufficiente a creare i W e le Z, che sono previste avere masse di 80 e 90 GeV

–  E > M2/2m = (802)/2 = 3200 GeV: impossibile! •  Se invece facciamo collidere elettroni contro

positroni circolanti in senso opposto nello stesso acceleratore, basta avere E=M/2!!

•  La sfida di produrre antiprotoni in numero

sufficiente, e farli circolare nello stesso acceleratore, è raccolta da Carlo Rubbia al CERN

•  Per avere un numero sufficiente di collisioni serve anche focalizzare i fasci il più possibile: viene inventata una tecnologia di “raffreddamento stocastico” da S.Van der Meer

•  I bosoni W e Z sono puntualmente scoperti nel 1983

Luminosità e sezioni d’urto •  Un parametro fondamentale di un collider è la

luminosità, che fornisce il numero di particelle che attraversano un centimetro quadrato in un secondo –  In realtà la sezione dei fasci è di poche decine di

micron quadrati –  Si hanno tipicamente mille miliardi di particelle in

orbita nei due sensi, alla velocità della luce –  La luminosità si calcola dal numero di particelle, la

circonferenza e la sezione trasversale dei fasci •  Esempio: N1=1012 p, N2=1011anti-p, sezione S=10-5 cm2,

d=6000m di circonferenza à L = N1N2c/Sd=2 x1032

A cosa serve la luminosità ? •  A conoscere la frequenza di produzione delle

reazioni fisiche: N=σL –  Bisogna conoscere la sezione d’urto di produzione σ –  La sezione d’urto è un’area “efficace” per produrre

un dato processo •  Sezione d’urto totale di protoni contro antiprotoni: 8x10-25

cm2

•  E’ pensabile come l’area di un antiprotone “vista” da un protone

•  Sezioni d’urto più piccole danno la probabilità che la collisione fra protone e antiprotone dia luogo a particolari reazioni

–  Esempio: σ(p anti-p à t anti-t) = 6 x 10-36 cm2

–  Se L=2x1032 cm-2 s-1, segue che: »  N = 12 x 10-4 s-1 à tre eventi all’ora!

La ricerca del quark top L’acceleratore Tevatron al laboratorio Fermilab di Chicago, costruito negli anni ’80, mira a togliere il primato del CERN di Ginevra nelle ricerche di altissima energia Obiettivo dichiarato, la scoperta dell’ultimo quark, e la misura precisa del bosone W E’ un sincrotrone di 2km di diametro, dotato di magneti superconduttori per curvare le traiettorie di protoni e antiprotoni che vi circolano in sensi opposti all’energia di 900 GeV

La luminosità raggiunta negli anni 90 è di circa 1031. Con le migliorie apportate Per il Run II (dal 2001 in poi) l’energia è stata portata a 980 GeV per fascio (cioè 1.96 TeV nel centro di massa) e la luminosità a 2x1032.

Il rivelatore CDF •  Per rivelare il quark top serve un

rivelatore costruito “attorno” al punto ove si originano le collisioni fra protoni e antiprotoni

•  Per poter ricostruire quello che le collisioni producono, servono molti rivelatori diversi –  Tracciatori: l’evoluzione delle

camere a bolle, in cui elettroni e ioni prodotti dalle particelle cariche in moto in un gas vengono accelerati da un campo elettrico e raccolti da fili sensibili

–  Calorimetri: lastre di piombo o ferro intervallate da scintillatori. Distruggono le particelle misurandone l’energia dal numero di corpi secondari prodotti

Il quark top •  E’ il più massivo dei sei quarks: pesa

quasi 200 protoni! •  Viene prodotto molto raramente nelle

collisioni anche all’energia del Tevatron: una volta ogni dieci miliardi

•  E’ prodotto in coppia con la sua antiparticella, per interazione forte

•  Decade istantaneamente in un quark bottom e un bosone W, emessi a grande energia. –  Il quark b produce un fiotto di particelle

collimate: un jet di adroni –  Il bosone W può creare due quarks à

due addizionali jets, o un leptone e il corrispondente neutrino

I Jets adronici •  I quarks non possono

vivere liberi, a causa della natura della forza forte

•  Se prodotti ad altissima energia, i quarks frammentano in un gran numero di adroni

•  Se ne può comunque misurare l’energia e la direzione studiando i corpi prodotti

I jets sono una spettacolare manifestazione della struttura a quarks dei protoni: il protone va compreso come un oggetto composto, al cui interno tre quarks “di valenza” determinano le caratteristiche (carica, numero barionico…) Oltre ai quarks di valenza esiste un “mare” di coppie virtuali quark-antiquark, più i gluoni che tengono assieme il tutto La collisione di alta energia fra protoni corrisponde allo scattering Rutherford: molto spesso i protoni non interagiscono o quasi, ma se un costituente di un protone colpisce direttamente un quark o un gluone dell’antiprotone, viene emessa energia a grande angolo rispetto ai fasci incidenti.

L’osservazione del quark top •  Ricostruendo eventi con le

caratteristiche previste, si ottiene un segnale, un “picco” di massa invariante

•  E’ la dimostrazione di aver identificato la particella cercata: i processi di fondo (capaci di imitare le caratteristiche del segnale cercato) non provengono dal decadimento di una particella di massa ben precisa

•  La quantità di lavoro necessaria a produrre la scoperta del quark top è straordinaria: anni di progetti e costruzione degli apparati di accelerazione e rivelazione; anni per la raccolta dei dati, e anni ancora per la loro corretta analisi e interpretazione

Il Modello Standard è completo ? La scoperta del quark top nel 1995 riceve grande attenzione dalla stampa internazionale Ma il Modello Standard non è completo. Manca ancora all’appello una particella fondamentale, su cui si basa l’unificazione delle interazioni elettromagnetica e debole: il bosone di Higgs.