Dostoevskij Ella Liberta

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8/2/2019 Dostoevskij Ella Liberta http://slidepdf.com/reader/full/dostoevskij-ella-liberta 1/14  1 F. M. DOSTOEVSKIJ (1821- 1881) Memorie del sottosuolo ( 1865) Delitto e castigo ( 1866 ) L’idiota ( 1869 ) I demoni ( 1872 ) I fratelli Karamazov ( 1880 ) IL FILOSOFO DEL MALE E DELLA LIBERTA’ Dostoevskij, nella letteratura contemporanea, è forse l’artista che più acutamente ha intuito il carattere infinitamente problematico dell’uomo e del suo destino nel mondo. Per questo motivo i suoi grandi romanzi presentano un eccezionale interesse per la filosofia. La prima opera di Dostoevskij che affronta tematiche filosofiche è Memorie del sottosuolo, del 1865. Quest’opera è ricca di spunti filosofici e costituisce una dura presa di posizione, in nome dell’individuo e della sua libertà, contro gli ideali della modernità. La reazione al positivismo razionalistico è spinta fino agli eccessi della più totale irrazionalità .Dostoevskij rifiuta con forza la filosofia positivistica e materialistica, allora dominante anche in Russia giudicandola un insieme di “chiacchere logiche “ fondate su un’antropologia errata .Per Dostoevskij la razionalità esprime solo la dimensione superficiale dell’uomo ( il venti per cento di tutte le sue facoltà ); mentre la dimensione profonda dell’uomo ( simile a ciò che Freud chiama inconscio ) non è razionale e non sarà mai totalmente razionalizzabile. La “ mente euclidea “, cioè la razionalità scientifica del pensiero moderno , vuole razionalizzare la società e il mondo : ma è destinata all’insuccesso, perché – afferma Dostoevskij – l’uomo talvolta “ama appassionatamente anche la distruzione e il caos “ e “può desiderarsi addirittura il male e cose assurde e stupidissime “. Nel cuore dell’uomo ci sono antitesi profonde, insuperabili, che producono il fenomeno dello “sdoppiamento “; esso si rende evidente in chi è profondamente malvagio e in chi ha particolarmente sofferto . Il fenomeno dello sdoppiamento viene descritto, da un punto di vista psicologico , nel romanzo “ Il sosia “ ; da un punto di vista ontologico, invece, nei romanzi della maturità , attraverso personaggi come Smerdjakov , che è il “doppio “ di Ivan  nei “ Fratelli Karamazov “ ( 1880 ), o come Stavrogin nei “Demoni “ ( 1872 ) che ha due “doppi “ : Petr  Verchovenskij e Satov . C’è nell’uomo un vorticoso processo dialettico, che mai si ferma : esso è la vita stessa. E la ragione che vuole imporre schemi astratti, prefissati, diventa una pericolosa nemica . “Questo due più due fa quattro non è la vita, bensì il principio della morte . Dostoevskij nega anche che l’uomo aspiri veramente alla felicità e che sia disposto sempre ad agire secondo il proprio tornaconto: a volte preferisce la libertà oltre ogni interesse e convenienza; perciò sceglie l’irrazionale, l’arbitrio, il dionisiaco : “ Si può benissimo voler qualcosa a dispetto del proprio interesse “. La volontà è autonoma e pretende di avere il diritto di affermare la propria stupidità ; Dostoevskij si domanda e propone : “ Non sarebbe il caso di dare un calcio a tutta questa ragionevolezza nell’unico intento di mandare al diavolo tutti i logaritmi e di tornare a vivere a nostro modo ? “

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F. M. DOSTOEVSKIJ (1821- 1881) 

Memorie del sottosuolo ( 1865)Delitto e castigo ( 1866 )L’idiota ( 1869 ) I demoni ( 1872 )I fratelli Karamazov ( 1880 ) 

IL FILOSOFO DEL MALE E DELLA LIBERTA’

Dostoevskij, nella letteratura contemporanea, è forse l’artista che più acutamente ha intuitoil carattere infinitamente problematico dell’uomo e del suo destino nel mondo. Per questomotivo i suoi grandi romanzi presentano un eccezionale interesse per la filosofia.La prima opera di Dostoevskij che affronta tematiche filosofiche è Memorie delsottosuolo, del 1865. Quest’opera è ricca di spunti filosofici e costituisce una dura presadi posizione, in nome dell’individuo e della sua libertà, contro gli ideali della modernità. Lareazione al positivismo razionalistico è spinta fino agli eccessi della più totale irrazionalità.Dostoevskij rifiuta con forza la filosofia positivistica e materialistica, allora dominanteanche in Russia giudicandola un insieme di “chiacchere logiche “ fondate suun’antropologia errata .Per Dostoevskij la razionalità esprime solo la dimensione

superficiale dell’uomo ( il venti per cento di tutte le sue facoltà ); mentre la dimensioneprofonda dell’uomo ( simile a ciò che Freud chiama inconscio ) non è razionale e non saràmai totalmente razionalizzabile.La “ mente euclidea  “, cioè la razionalità scientifica del pensiero moderno , vuolerazionalizzare la società e il mondo : ma è destinata all’insuccesso, perché – affermaDostoevskij – l’uomo talvolta “ama appassionatamente anche la distruzione e il caos “ e“può desiderarsi addirittura il male e cose assurde e stupidissime “.Nel cuore dell’uomo ci sono antitesi profonde, insuperabili, che producono il fenomenodello “sdoppiamento “; esso si rende evidente in chi è profondamente malvagio e in chi haparticolarmente sofferto . Il fenomeno dello sdoppiamento viene descritto, da un punto divista psicologico , nel romanzo “Il sosia “ ; da un punto di vista ontologico, invece, nei

romanzi della maturità , attraverso personaggi come Smerdjakov , che è il “doppio “ di Ivan  nei “ Fratelli Karamazov “ ( 1880 ), o come Stavrogin nei “Demoni “ ( 1872 ) che ha due“doppi “ : Petr  Verchovenskij e Satov .C’è nell’uomo un vorticoso processo dialettico, che mai si ferma : esso è la vita stessa. Ela ragione che vuole imporre schemi astratti, prefissati, diventa una pericolosa nemica .“Questo due più due fa quattro non è la vita, bensì il principio della morte . Dostoevskijnega anche che l’uomo aspiri veramente alla felicità e che sia disposto sempre ad agiresecondo il proprio tornaconto: a volte preferisce la libertà oltre ogni interesse econvenienza; perciò sceglie l’irrazionale, l’arbitrio, il dionisiaco : “ Si può benissimo volerqualcosa a dispetto del proprio interesse “. La volontà è autonoma e pretende di avere ildiritto di affermare la propria stupidità ; Dostoevskij si domanda e propone : “ Non sarebbe

il caso di dare un calcio a tutta questa ragionevolezza nell’unico intento di mandare aldiavolo tutti i logaritmi e di tornare a vivere a nostro modo ? “

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L’uomo del sottosuolo  afferma il principio di libertà individuale di fronte al male e allasofferenza. Pensatore solitario, anticipatore dei “filosofi dell’arbitrio ” dei romanzisuccessivi, egli affronta con lucidità diabolica il diritto dell’uomo anche di sprofondare nel“sottosuolo ” (tana, miseria, male, sofferenza) e detesta l’utopia di una società giusta,libera dal dolore. Definisce le idee dei progressisti “tranelli e menzogne”, afferma il proprio

diritto a seppellirsi nella sua tana, ad arrovellarsi nell’angoscia, a farsi scoppiare il fegatodalla rabbia. Perché l’uomo, egli sostiene, non sempre agisce secondo una logicautilitaristica, anzi spesso va contro i propri stessi interessi, contro la propria felicità operfino contro la propria pace. Parrebbe ovvio che l’uomo non possa coscientementedesiderare ciò che è contrario ai suoi interessi, eppure l’uomo è così inafferrabile eimprevedibile che non potrà mai entrare in un sistema scientificamente organizzato per ilsuo bene senza iniziarne subito la distruzione per affermare anche contro i suoi interessi,la propria individualità.L’uomo del sottosuolo è uno sconcertante ragionatore. Tutti i futuri rivoltosi di Dostoevskijsaranno dei diabolici ragionatori. Egli afferma e nega. Inventa le “battute” di un ipoteticointerlocutore, di un ipotetico lettore, che in realtà sono il pensiero parlato del suo alter ego

carico di inebriante disprezzo verso se stesso. Certo, l’inerzia del sottosuolo acuisce lacoscienza del proprio pantano spirituale, anche se ciò non serve affatto per uscirne. Anzi,sospinge a crogiolarcisi e a farsene persino un vanto, a riportare a galla le proprieturpitudini. Per vanità ci si può anche accusare di delitti. L’uomo del sottosuolo passadunque il suo tempo a crogiolarsi negli oscuri meandri della psiche, ad analizzareimpietosamente le proprie contraddizioni, a sezionare gesti, comportamenti , pensieri. Ungrumo denso, torbido, contorto di autolesionismo e autocompiacimento: sa perfettamentedi essere diffidente e suscettibile come un pigro, cinico, inconcludente, vendicativo,vigliacco, ma certamente più intelligente di tutti quelli che gli stanno intorno. In luicoesistono una incessante volontà di umiliarsi e una luciferina smania di emergere. Nelsottosuolo “sordido e puzzolente” l’uomo si immerge in una rabbia “fredda, velenosa esoprattutto eterna”. La sua malattia è una sola e inguaribile: ipertrofia della coscienza . E’una malattia che paralizza, rende inerti. Nel magma velenoso ogni azione si scontra conuna reazione, ogni mossa trova la contromossa. Tutti gli esseri immediati, se sono attivi èperché sono stupidi o limitati. In loro trionfa la ragione con le sue leggi rigide del due piùdue fa quattro, trionfa l’esteriorità, la maschera. Ma l’uomo autentico non è così, l’uomoautentico è quello che sa affondare completamente nella propria coscienza libera eirrazionale, che non conosce le leggi del mondo, non conosce gli schemi astrattidell’intelletto. Il sottosuolo è disarmonia radicale tra ciò che” è intimo e informe e ciò cheha smercio sociale, disarmonia che alimenta nell’uomo una perpetua e morbosa irritabilità,un costante senso di irrequietezza e risentimento”(Cantoni). Sottosuolo  è scontro

incessante tra pulsioni diverse, tra ordine e disordine, tra regole e caos, tra serenità etumulto, tra costruzione e distruzione, tra fantasmi eroici e meschinità quotidiane.Sottosuolo  è negazione, è distruzione, è rifiuto di ogni fissità convenzionale, èmaledizione della solitudine. Il sottosuolo  con il suo dedalo ambiguo resta una tappafondamentale nella narrativa dostevskijana : d’ora in poi tutti i personaggi di un cero pesosoffriranno più o meno acutamente di questa “malattia”, vi affonderanno per perdersisenza speranza, senza soluzione, oppure per risorgere rigenerati. Ma per risorgere, peruscire dalla palude della propria coscienza contorta bisogna incamminarsi versol’accettazione dell’altro, del prossimo, con un atto d’amore e di umiltà, e poi versol’accettazione dell’Altro, del Cristo. Un cammino, una meta di fronte a cui tutti sitroveranno, da Raskol’nikov ai Fratelli Karamazov.

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Il mito della società perfetta

L’uomo è affascinato dal mito della società perfetta, che identifica nel massimo dellarazionalizzazione. Per Dostoevskij questo mito attrae proprio perché è un mito. Quandoesso si trasforma in realtà, tutto il fascino scompare e quella società non piace più :l’uomo

non accetterà mai di vivere in una “società-alveare “; la vita in un formicaio non fa per lui .Il “ Palazzo di cristallo  “ [ inaugurato a Londra il 1 maggio 1851 ospitava nell’immensastruttura a vetrate l’Esposizione universale che aveva lo scopo di rivelare le operedell’industria di tutte le Nazioni ] è un edificio che “gli piace soltanto da lontano e da vicinonient’affatto “; né gli piace essere trasformato in un “tasto da pianoforte  “: infatti “ ogniazione dell’uomo sembra consistere solo in questo: “nel dimostrare continuamente a sestesso di essere un uomo e non un tasto ". Infine nel “Diario di uno scrittore “, egli scrive:“ L’uomo non ha la sua formula come le api e le formiche “.

Il mito del progresso

Un altro mito dell’uomo moderno denunciato da Dostoevskij è il “progresso “: esso si basasu una concezione della storia prodotta da un razionalismo ingenuo che domina la culturaoccidentale e che non fa i conti con l’uomo reale, con la sua capacità di distruggere, con ilsuo desiderio di non uniformarsi, con la sua irrazionalità. La ragione e la scienza – chehanno originato il mito del progresso e che ne costituiscono il fondamento – hanno sempreavuto nella vita dei popoli una funzione servile e secondaria ( sono stati utilizzati per ilpotere , il benessere, ecc. ).

Il male

Forse pochi filosofi hanno sentito e compreso come Dostoevskij la forza straordinaria delmale, che vince sulle speranze, sugli ideali, sulla vita, sulla storia dell’uomo. Le pagine piùfamose dei romanzi di Dostoevskij sono quelle in cui egli si cimenta nella descrizionedella malvagità umana .Pur non avendo mai affrontato in modo sistematico il problema del male , Dostoevskijoffre nei suoi scritti, una serie di riflessioni che permettono una schematizzazione dellesue idee . Egli giunge a distinguere due tipi fondamentali di male .Il primo è un male di tipo empirico . Esso è il più comune: riguarda le passioni, i vizi e i

difetti degli uomini. Verso questo tipo di male lo scrittore ha un interesse soprattuttopsicologico, come dimostra nella magistrale descrizione di molti personaggi dei suoiromanzi. E’ interessante notare il fatto che non c’è, da parte sua, nessun atteggiamento ditipo moralistico; anzi, appare evidente una profonda comprensione e partecipazione (d’altra parte egli stesso si riteneva un uomo pieno di vizi e un grande peccatore ).Possiamo aggiungere che in lui è certamente presente anche la convinzione che moltospesso il male è un’espressione della libertà dell’uomo e del suo desiderio diautorealizzazione.Questo tipo di male, oltre ad essere individuale, è talvolta anche sociale, e può diventareuna caratteristica di una classe o di un intero popolo. Anche in questo caso il giudizio diDostoevskij, in sostanza, non cambia.C’è, poi, il male di tipo ontologico . Esso si colloca molto più in profondità, e attira in modostraordinario l’attenzione del filosofo. Questo tipo di male non è spiegabile, a differenza del

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male empirico , con motivazioni psicologiche o sociali; dunque Dostoevskij non cerca dispiegarlo, ma di descriverlo. Il male ontologico si manifesta in forma, sia individuale, siacollettiva.Per quanto riguarda il male ontologico  di tipo individuale , Dostoevskij ci presenta lefigure dei “doppi ”: coloro che hanno subìto profonde fratture e lacerazioni nella coscienza

e, in particolare, quelli in cui “la passione per le idee” spinge a manifestare fenomeni chepossono far pensare ad una “possessione demoniaca”. Nei confronti di questi personaggiDostoevskij assume un atteggiamento di timore per il fascino spirituale che essisprigionano, e che si spande su quanti li circondano. Egli ne teme la forza interioreenorme, che li rende capaci di dominare gli altri, di trasformarli, di traviarli. Essi esprimonopiù o meno esplicitamente, talvolta a parole, più spesso con il loro comportamento, ilsenso dell’affermazione : “Dio non esiste, perciò tutto è lecito”. Con loro non sono efficaciné la ragionevolezza, né la pazienza, né le buone intenzioni. Il personaggio che piùincarna questo tipo di male è Stavrogin , nel romanzo I demoni .Anche questo tipo di male, però, non è invincibile: a volte è la vita stessa, attraversofallimenti e delusioni, a portare ad un ripensamento ; altre volte sono la sofferenza

interiore del “ posseduto “, o la nausea, il vuoto, l’insoddisfazione, che lo spingono sulla viadella guarigione spirituale.Dostoevskij sostiene che il male ontologico  di tipo collettivo  è il più terribile. Esso èlegato ad alcune idee e alla loro dialettica ; prima di tutto a una delle idee che stanno allabase della cultura moderna: quella che di solito è indicata come “umanesimo nonreligioso”, e che Dostoevskij definiva con termini molto decisi e con grande chiarezza :“religione dell’Uomo-dio. Questa “nuova religione “, che si fonda sulla negazione di Dio esulla conseguente deificazione dell’uomo, possiede – secondo lo scrittore russo – ungrande fascino. Un po’ alla volta essa inculca nelle menti l’idea che l’uomo è in grado dicompiere, con la sola arma della propria razionalità, un cambiamento radicale. Nellanuova società, che sorgerà dalla distruzione di quella attuale, l’uomo vivrà la pienezzadella libertà e la piena realizzazione di sé.Per molto tempo non se ne avvedono le reali conseguenze ; poi, pian piano, essa penetrae condiziona tutta l’atmosfera della vita collettiva, cambia i valori, cambia i sentimenti e irapporti, fino a trasformare la società intera in qualcosa che appare al filosofo russo unapossessione diabolica collettiva . Si sviluppa in sostanza una dialettica, che partendo dallapromessa della massima libertà dell’uomo e della piena realizzazione di sé, porta almassimo della schiavitù, ad una tale oppressione, quale la storia non ha mai conosciuto.

IL TEMA DELLA LIBERTA’ :La leggenda del Grande Inquisitore 

La leggenda del Grande Inquisitore  costituisce il quinto capitolo del libro quinto deiFratelli Karamazov e rappresenta il vertice del pensiero di Dostoevskij.Dostoevskij ci porta all’improvviso, senza preavviso alcuno, a Siviglia, ai tempi dellaSanta Inquisizione. Ogni giorno c’è un autodafè. Ogni giorno qualche eretico viene portatoal rogo. Su quelle piazze, per quelle strade, fra quella folla devota, devotamente eccitata,si scorge un viso nuovo. Ma conosciutissimo. Non sarà mica lui ? Ma sì, è proprio lui. E’ ilCristo che è tornato in terra, a Siviglia. Se ne rende conto anche il Grande Inquisitore . Cheè alto, che è altero, che è severo. Che è vecchissimo. Ha novantanni (pressappoco). E’

imponente. Il Grande Inquisitore di Siviglia dà disposizioni perché il Cristo redivivo vengasbattuto in carcere, immediatamente. In carcere va a trovarlo, più tardi.

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Ha inizio il confronto. Il dialogo. Che è però un monologo. Parla solo il Grande Inquisitore .Che dice a Gesù di Nazareth. Perché sei tornato in terra ? Che cosa sei tornato a fare ?Non ti basta quello che hai già combinato in vita ? Hai messo in testa agli uomini delle ideefalse, degli ideali troppo alti. L’amore ? Ma figuriamoci. Gli uomini non hanno nessunavoglia di amarsi l’uno con l’altro.La libertà  ? Ma figuriamoci. Gli uomini non hanno

nessuna voglia di libertà. Gli uomini hanno bisogno di sentire la pancia piena. Gli uominihanno bisogno di potere (di esercitarlo, di sentirlo ). Gli uomini hanno bisogno di misteri, dimiracoli.Come va a finire questo confronto notturno, gotico-melodrammatico, non si deve dire. Nonsi deve anticipare. Ma se pensiamo che il Grande Inquisitore pensa di mandare ancheGesù al rogo, con gli eretici, pensiamo giusto.Dietro la Leggenda del grande Inquisitore c’è una pagina molto nota dei Vangeli. Quellache racconta le tentazioni di Gesù nel deserto. Ad essa il Grande Inquisitore  implicitamente si riferisce mentre parla a Gesù, che ascolta tacendo. Si trova in Matteo, inMarco, in Luca. Il diavolo facendo vedere a Gesù tutti i regni della terra gli disse: “Ti daròtutta questa potenza e le ricchezze di questi regni, perché a me sono stati dati e io li do a

chi voglio. Se tu ti inginocchierai davanti a me, tutto sarà tuo “(Luca :4, 1-13). Era unaproposta indecente. Erano proposte indecenti quelle del diavolo dice in buona sostanza ilGrande Inquisitore a Gesù. Ma perché non le hai accettate ? Avresti dovuto accettarle. Gliuomini vogliono proprio quello. Tanto pane, tanto cibo per la pancia piena. Tanto potere.Per poter salire in cima al tempio di Gerusalemme e guardare dall’alto tutti i regni dellaterra. Tanti miracoli. Tu non conosci gli uomini. Hai proposto loro degli ideali “spirituali” aiquali sono palesemente, irrimediabilmente inadeguati.Noi, invece. Noi della Chiesa organizzata lo sappiamo come sono fatti. E ci comportiamodi conseguenza. Che cosa sei tornato a fare in terra ?Chi è il Grande Inquisitore ? E’ certamente , per Dostoevskij, la Chiesa organizzata,burocratizzata. Ancora: è certamente, per lui, il socialismo realizzato. Ai suoi tempi,appena sognato: ma riconoscibile già nei suoi prevedibili effetti. E’, per tutti i lettori dellaLeggenda , la Realpolitik. Il culto machiavellico-gesuitico della realtà effettuale. L’idealismoumanitario va bene nelle prediche evangeliche: nella vita ci vuole la Realpolitik. Questal’opinione del Grande Inquisitore : machiavellico, gesuitico, realpolitico.La Leggenda esprime a un livello di eccezionale profondità filosofica la dialettica libertà-felicità, e si risolve in un inno alla libertà e a Cristo.Essa consente di analizzare il pensiero di Dostoevskij in relazione a due problemiimportanti : il rapporto con il cattolicesimo e il rapporto con il socialismo.

Dostoevskij e il cattolicesimo

A una prima lettura, La Leggenda  sembra trattare dell’Inquisizione spagnola e dellaChiesa cattolica. Agli occhi di Dostoevskij il cattolicesimo, nella figura del papa, avevatradito Cristo, cedendo alla tentazione demoniaca del potere terreno per il bene dell’uomo.Questa colpa storica della Chiesa cattolica fa sì che il cattolicesimo si configuri come verae propria eresia. La notizia della fine dello Stato della Chiesa, avvenuta nel 1870 con laconquista di Roma ( 20 settembre ) da parte delle truppe italiane, riempì lo scrittore russodi profonda soddisfazione. Egli previde il rapido declino dell’istituzione papale, fino alla suascomparsa. Ma previde anche che il papa, abbandonato dai potenti della Terra, prima disoccombere del tutto, avrebbe cercato di riconquistare il potere perduto, modificando il

cristianesimo in senso socialista e alleandosi con il démos, con le nuove forze socialiemergenti.

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L’incontro fra il Grande Inquisitore e Cristo, nella Leggenda , diventa il confronto fra dueopposte concezioni dell’uomo.La prima – quella dell’ Inquisitore/Anticristo, rappresentante per eccellenza della Chiesacattolica – consiste nel ritenere che gli uomini, a parte alcune eccezioni, siano deboli ebisognosi d’aiuto, e che il fardello della libertà, della responsabilità, del peccato sia troppo

pesante per loro. Essi desiderano sopra ogni cosa la sicurezza economica (non ci sonopeccatori, ma affamati ), e che qualcuno tolga loro il peso di ogni responsabilità.La seconda – quella di Cristo – pone la libertà dell’uomo come valore supremo. Per questoEgli è accusato dall'Inquisitore di non amare gli uomini, di non tener conto delle lorodebolezze e delle loro miserie, di avere un’opinione troppo alta di loro. La maggior partedegli uomini sono “ribelli, ma ribelli deboli “ : perciò si sono rivoltati contro di Lui e si sonoschierati con l’Inquisitore – non più discepolo di Cristo ma dell’Anticristo - che si dimostracomprensivo verso la loro natura debole e li aiuta, togliendo loro il peso dellaresponsabilità e garantendo il pane e la giustizia sociale. Per il loro bene e per la paceuniversale l’Inquisitore aveva accettato il grande peso del potere. Alla fine del dialogoCristo, che ha ascoltato in silenzio l’Inquisitore, viene invitato ad andarsene. Risponde con

un bacio e si allontana.Il Grande Inquisitore della Leggenda rappresenta dunque coloro che si sono autoinvestitidi autorità di fronte agli altri uomini, e più precisamente rappresenta la Chiesa cattolica cheha rivendicato la propria autorità in nome di Cristo, ma ha tradito ciò che – secondoDostoevskij – vi è di più essenziale nel Suo messaggio, snaturandolo da appello allalibertà dell’uomo in autoritario richiamo ad una passiva ubbidienza. La Chiesa cattolica siè fondata sul potere, sul mistero e sul miracolo per guidare a suo arbitrio gli uomini ridottial rango di un gregge docile e sottomesso, ben felice di trovare nel pastore chi risolva isuoi dubbi e lo assolva dai suoi peccati. Nella “Leggenda ” si esprime quindi tuttal’avversione che Dostoevskij provava per la Chiesa cattolica quale istituzione che avevastrumentalizzato Cristo riducendolo ad un simbolo del potere sia religioso che politico.

Dostoevskij e il socialismo

I lettori di Dostoevskij si accorsero subito che, nella Leggenda , dietro alla condanna delcattolicesimo stava un’analisi originale e profonda del socialismo. Egli stesso avevaaffermato nel romanzo I demoni che il socialismo è una derivazione dell’eresia cattolica,della quale accetta l’ideale del bene al potere dopo averne rifiutato totalmente ladimensione trascendente. Ciò spiegherebbe – secondo Dostoevskij - perché la GrandeRivoluzione del 1789 era scoppiata in Francia, paese cattolico per eccellenza, e perché la

maggior parte dei teorici del socialismo era francese.Fra gli intellettuali russi ( intelligencija ) contemporanei di Dostoevskij era in corso unadiscussione molto accesa e appassionata intorno al socialismo, che, spesso, eraconsiderato come una redenzione del popolo oppresso e una punizione-espiazione delleclassi privilegiate e sfruttatrici, con in testa lo zar. Negli anni Sessanta nacquero le primeorganizzazioni terroristiche di ispirazione populista, e molti rivoluzionari erano pronti adedicare tutta la vita all'ideale rivoluzionario.

Le opere dei teorici rivoluzionari furono studiate con grandissimo interesse da DostoevskijParticolare importanza ebbe la figura di Bakunin. La sua posizione è riassumibile in unafrase : “Il pathos della distruzione è un pathos creativo “. La dottrina di Feuerbach su Diocome idea alienante lo aveva entusiasmato. Per lui il nemico dell’uomo era il Potere, cheper natura non poteva essere che opprimente. Il Potere, a sua volta, si esprimeva nelle

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strutture dello Stato ( scritto sempre con la maiuscola ), il quale aveva in dio ( parola cheegli invece scriveva sempre con la minuscola ) il suo maggior sostegno. Quindi la lotta perl’affermazione, per la libertà, per la realizzazione dell’uomo veniva a coincidere con la lottacontro Dio (antiteismo) e contro lo Stato (anarchia). Bakunin era solito parafrasareVoltaire, che aveva affermato :” Se Dio non ci fosse, bisognerebbe inventarlo “, con le

seguenti parole :” Se dio ci fosse , bisognerebbe abolirlo”. La sua idea di Dio era tratta dalVecchio Testamento ; egli se lo raffigurava crudele e vendicativo. Anche verso GesùCristo il suo atteggiamento era duro e violento, egli se lo raffigurava come un vagabondoperditempo, degno di essere messo in prigione. Influenzato da Feuerbach, Bakunin avevavoluto dare un suo contributo ai tentativi di dimostrazione della non esistenza di dio. Il suoragionamento era :”Se dio esiste, l’uomo è uno schiavo, quindi dio non esiste”. Bakuninaveva numerosi seguaci in Russia, che propagandavano le sue idee e le sue opere connotevole successo, soprattutto fra i giovani. Uno di questi era Necaev , autore delCatechismo del rivoluzionario , opera cui si era ispirato Dostoevskij per scrivere I demoni.Dostoevskij scrisse La Leggenda  anche pensando ai seguaci di Bakunin : per farcomprendere che la loro idea di Dio era errata, che il Dio del cristianesimo non solo non è

un pericolo per la libertà dell’uomo, ma ne è il sostegno e il garante contro il potere politico( “Date a Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare”) e contro le tentazioniinsite nell’uomo stesso ( l’asservimento al potere “per il pane “ e il rifiuto dellaresponsabilità, collegata alla libertà). Gesù Cristo, il Dio-uomo, che invece di venire “inpotenza” sceglie la “strada della croce”, vuole un rapporto con l’uomo fondato sulla propriadebolezza e sulla di lui libertà. Egli sceglie di essere debole di fronte al potere dello Stato(rappresentato da Pilato), perché vuole - anzi, esige - dagli uomini una scelta libera, comebase del rapporto fra lui e loro. E il Grande Inquisitore gli rinfaccia come colpa di nonessere sceso dal patibolo, davanti a tutti, per rendere manifesta la propria potenza, così gliuomini sarebbero stati costretti a credere in lui. La concezione di Dostoevskij è dunquel’opposto di quella di Bakunin : “Se Dio non esiste , l’uomo è destinato ad essere schiavo”, e cade vittima della tentazione del Grande Inquisitore e dell'Anticristo. Non sonogli uomini a pretendere la libertà contro Dio, ma Dio a pretenderla da loro contro le lorodebolezze. Anzi, coloro che rifiutano Dio, anche se credono di farlo per il bene dell’uomo,finiscono inevitabilmente per asservirlo, come vuole dimostrare La  Leggenda . Gesù Cristoè il garante dell’amore di Dio per l’uomo come essere libero: è il garante del fatto che Dioconsidera la libertà dell’uomo un valore supremo.

Secondo Dostoevskij, il socialismo ha due livelli di manifestazione: uno superficiale e unoprofondo .Il livello superficiale riduce il socialismo alla questione operaia, al problema della giustiziasociale e all’affermazione dell’uguaglianza fra tutti gli uomini.Il livello profondo pone il problema dell’ateismo, e la questione della “Torre di Babele”: ildesiderio dell’uomo di dare la scalata al cielo per portarlo sulla Terra, di rifiutare Dio e direalizzare con le sue sole forze un uomo nuovo ed una società perfetta, senza ingiustiziesociali, senza violenze, senza guerre.In questo modo Dostoevskij sottolinea il carattere religioso del socialismo, con il fascino ela capacità di colpire la fantasia e il sentimento. La dottrina socialista afferma di fondarsiesclusivamente sui principi della scienza e della ragione, e per questo si dichiara atea

:”Ma la ragione e la scienza hanno adempiuto sempre nella vita dei popoli solo un ufficio,secondario e servile, e così lo adempiranno fino alla fine dei secoli. I popoli si

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compongono e si muovono secondo un’altra forza, che comanda e domina ; questa forzaè la forza dell’insaziabile desiderio di arrivare alla fine”. Si tratta di una religione senza Dio,ma con una forte componente escatologica.Come seguace di Cristo, Dostoevskij si sente sfidato dalla dottrina socialista. E’ talmenteconvinto che quella concezione dell’uomo sia sbagliata, da accettare la sfida: si impegna a

descrivere veramente la futura società socialista, se realizzata in coerenza alle premesseteoriche.A suo avviso il socialismo contrasta con le esigenze naturali dell’uomo, e quindi non potràrealizzarsi spontaneamente; sarà necessaria una rivoluzione, la quale ricorrerà ad unaviolenza così grande, che l’umanità non ne ha mai viste di simili : “Verranno mozzatecento milioni di teste di borghesi “.Nella società socialista la lotta sarà rivolta contro le differenze spirituali più che controquelle economiche; tutti saranno controllori e controllati, sarà favorita al massimo ladelazione. Siccome una società del genere è innaturale, essa potrà reggersi solo colterrore. Sigalev , un personaggio dei Demoni, che, partendo da Platone, Rousseau eFourier – considerati tre ingenui precursori delle idee socialiste - espone una sua teoria

sociale, fra l’altro afferma :”Partendo da un’assoluta libertà, concludo con un assolutodispotismo. E aggiungo che tranne la mia soluzione della formula sociale non ce ne puòessere nessun’altra”.Molto probabilmente – concludeva Dostoevskij – il sistema socialista sarà accolto perchégli uomini, in maggioranza, sono come bambini, e preferiscono avere il pane assicurato el’uguaglianza sociale, piuttosto che affrontare i rischi, le incertezze della libertà e dellaresponsabilità personale. Il socialismo diventa una risposta alla dialettica libertà-pane.La risposta alla decadenza dell’Occidente e alle prospettive del socialismo può venire – per Dostoevskij – solo da Cristo e dalla spiritualità del popolo russo. Egli, infatti, vede inCristo, “così come era stato conservato nel cuore del popolo russo”, il supremo difensoredella libertà e della dignità dell’uomo. Ciò lo spingeva a prevedere che – mentrel’Occidente avrebbe subito l’esperienza della rivoluzione e di un regime socialista e quindisarebbe sprofondato nella barbarie e negli orrori di una violenza infinita – la Russia sisarebbe salvata, ed avrebbe riportato la civiltà di Cristo all’Europa e all’intera umanità.Tradendo l’essenza del messaggio di Cristo, la Chiesa cattolica aveva spianato la viaall’avvento dell’Anticristo, che nel mondo moderno si era concretizzato nell’idolatria dellascienza e nell’ideologia socialista, che avevano imposto una concezione materialisticadell’uomo. La scienza aveva sostenuto di essere in grado di analizzare compiutamentel’essere umano, misconoscendo la sua natura autocreativa e infinita, e su questa base ilsocialismo aveva preteso di formulare un progetto definitivo di assetto sociale in grado diassicurare la felicità dell’umanità nei secoli dei secoli, progetto che nelle Memorie del 

sottosuolo viene presentato sotto le allegorie del “ palazzo di cristallo ” o del“formicaio ”. Il socialismo aveva voluto fondare la società umana non sulla libertà esull’amore, unico cemento – secondo Dostoevskij – in grado di realizzare un’autenticafusione tra gli uomini e d’impedire il bellum omnium contra omnes, bensì su una saggia eoculata pianificazione che tenesse conto e soddisfacesse le esigenze e i bisogniscientificamente accertati dell’uomo. La cura dell’amministrazione della futura societàpianificata doveva venire affidata alle mani di governanti illuminati incaricati di farintendere la ragione, con le buone o con le cattive, alla massa sterminata degli incolti e deiretrogadi, destinati a costituire il materiale su cui sarebbe stato effettuato il “ sacroesperimento “ del socialismo realizzato. In tal modo la scienza e il socialismo procedevanomano nella mano sulla strada che avrebbe condotto all’affermazione definitiva della

Ragione, che avrebbe chiarito l’enigma dell’uomo, adeguandolo alle “verità” accertatedalla scienza e realizzando la sua felicità nella dimensione sociale grazie all’edificazione di

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una società perfetta – appunto il “palazzo di cristallo ”- destinata a sfidare i secoli e imillenni.Ma questa era anche la strada indicata dal Grande Inquisitore , che voleva sollevarel’uomo dal fardello della libertà, garanzia della sua creatività e infinità, per assicurargli lasquallida esistenza di un gregge deresponsabilizzato che avrebbe visto nei suoi

governanti coloro che lo avrebbero liberato dal tormento della ricerca della verità e gliavrebbero assicurato la soddisfazione dei suoi bisogni materiali. Questo equivaleva,secondo Dostoevskij, a cedere alle tentazioni a cui il demonio aveva sottoposto Cristo neldeserto, proponendogli di edificare il suo regno nel mondo soddisfacendo i bisognimateriali dell’uomo ( “comanda a queste pietre di diventare pane “), basandosi sulmiracolo ( “gettati giù dal più alto pinnacolo del tempio”) e sul potere ( “se mi adorerai io tidarò tutti i regni della terra “). Cristo aveva respinto l’offerta del demonio affermando che ilsuo regno non era di questo mondo, ma la Chiesa di Roma, tradendo il Suo messaggio,l’aveva accettata, optando per la dimensione materiale dell’uomo e ignorando quellaspirituale, e in tal modo aveva aperto la strada al razionalismo e al socialismo atei che sierano dimostrati più coerenti della Chiesa nel perseguire l’ideale di un regno fondato sulla

dimensione materiale dell’uomo.

Dostoevskij e Nietzsche

I due pensatori hanno molti aspetti in comune: entrambi prendono in maniera netta ledistanze dalla cultura dominante; entrambi sono pensatori “ tragici  ”, non credono nelprogresso positivista, e non accettano la visione dell’uomo su cui è fondata la fiducia intale progresso, perché la giudicano superficiale, ingenua e lontana dalla realtà. Entrambi

sono grandi antropologi e psicologi; entrambi hanno esplorato zone nuove della psicheumana; entrambi hanno posto il problema del Dio-uomo e dell’uomo-dio.Le vicinanze – ma anche le differenze profonde – tra i due pensatori emergonosoprattutto dall’analisi di alcuni personaggi dei romanzi di Dostoevskij.

Napoleone come problema filosofico

Consideriamo – per iniziare – l’opera Delitto e castigo ( 1866 ) e il suo protagonistaRaskol’nikov. Delitto e castigo è il primo grande romanzo polifonico, secondo la celebredefinizione di Bachtin : un romanzo cioè dove tutte le “voci”dei personaggi hanno il lorospazio, la loro autonomia, in una pluralità che viene rispettata fino in fondo, senza alcun

tentativo di fusione o di superamento dialettico nella totalità di una sola coscienza. Delittoe castigo è un grande romanzo di idee: le idee per Dostoevskij non sono formazionipsicologiche individuali, con “domicilio permanente” nella testa di un solo personaggio.Sono intersoggettive, sono fatti vivi che si concretano nel punto d’incontro fra due o piùcoscienze, posseggono non astrattezza teorica, bensì contraddittorietà e poliedricità in uncostante confronto con l’epoca in cui i personaggi vivono.C’è innanzitutto l’”idea” centrale di Raskol’nikov : l’omicidio è permesso. Primo dei grandiribelli (seguiranno Ippolit  nell’Idiota ( 1869 ), Stavrogin  nei Demoni, e soprattutto Ivan Karamazov  ) Raskol’nikov  è un solitario : raskol’ in russo significa scisma, scissione.Raskol’nikov si allontana dalla società dei suoi simili, si abbandona alla seduzione dellecostruzioni mentali. E’ la tentazione di Lucifero : stabilire per sé una legge diversa dagli

altri, agire contro il “gregge”, sentirsi autorizzati alla diversità. La morale umana esistesoltanto per le persone comuni, materiale della Storia. I dominatori, invece, sono esenti

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da qualsiasi obbligo, possono violare tutte le leggi, hanno il diritto di commettere ogni sortadi delitti. “Uomo” nel vero senso della parola è solo il dominatore, mentre tutti gli altri sonospregevoli “pidocchi ”. “Se per esempio al mio posto si fosse trovato Napoleone e nonavesse avuto, per cominciare la carriera, né Tolone né l’Egitto né il passaggio del MonteBianco, ma avesse avuto al posto di tutte queste belle, monumentali imprese, puramente

e semplicemente una qualche ridicola vecchietta che bisognava uccidere per rubarle ildenaro dal baule, ebbene si sarebbe egli risolto a questo se non ci fosse stata altra viad’uscita ?”Dunque, quando è necessario per i suoi fini, il dominatore può uccidere senza riguardi il“pidocchio”. Superuomo contro pidocchio. Ma il superuomo alla fine viene sgretolato daltormentoso meccanismo del sottosuolo : e rimane solo, indifeso, abietto, un pidocchioomicida.Non gli resta che una via, se rifiuta quella rapida ma vile del suicidio . la via della croce,ossia della piena responsabilità, dell’umile accettazione della legge comune a tutti gliuomini. E’ Sonja che gli dà, simbolicamente, la propria croce da portare al collo.All’ideologia “napoleonica ” si contrappone il gesto cristiano della prostituta Sonja . Per lei la

legge morale vale per tutti nello stesso modo. Nessuno ha il diritto di raggiungere la felicitàcon il delitto, il peccato, perché il peccato resta peccato chiunque lo commetta. La felicità,che non è terrena, individuale, ma soprannaturale, si raggiunge solo con la sofferenza, ilsacrificio di se stessi, l’umile dedizione al prossimo. Una fede, quella di Sonja, che nonconosce dogmi, precetti, canoni imposti dall’esterno (dalla Chiesa, dalla morale corrente) :una fede attiva, che si esplica fra gli uomini, non fra le pareti del tempio, che non siidentifica con alcuna realtà storica, anche se prende come modello la figura paradigmaticadel Cristo. L’”idea” di Raskol’nikov e il gesto di Sonja , nella loro totale contrapposizione,sono le colonne portanti del romanzo : e il gesto silenzioso di Sonja agirà sull’idea gonfiadi parole di Raskol’nikov , corrodendone la luciferina arroganza, piegandolaall’”accettazione della croce ”.Il problema analizzato in Delitto e castigo è dunque un caso particolare di omicidio, unomicidio filosofico . L’argomento è il seguente . esistono uomini che si pongonoconsapevolmente al di sopra degli altri e della morale tradizionale , essi pretendono diincarnare il destino della loro epoca ; sicuri di sé, usano gli altri per i loro scopi, e nonhanno scrupoli né titubanze. Si tratta – in altre parole – della questione dell’esistenza diuomini superiori e di uomini inferiori, espressa così da Raskol’nikov : “ Gli uomini sidividono in ordinari e straordinari. Quelli ordinari devono vivere nell’obbedienza e nonhanno il diritto di violare la legge, perché essi sono appunto ordinari. Quelli straordinarihanno invece il diritto di compiere delitti di ogni specie e di violare in tutti i modi la leggeper il semplice fatto di essere straordinari”. Gli uomini superiori, che hanno in mano il

proprio destino e quello della propria epoca, sono al di sopra delle leggi della morale.Questi uomini sono rari. Infrangere le leggi e i vincoli morali è per loro un diritto e nellostesso tempo un dovere, perché distruggono il presente in nome di qualcosa di meglio.Essi si sentono i padroni dell’avvenire : perciò i loro valori soggettivi sono più importantidei valori oggettivi, ai quali devono sottomettersi gli uomini “normali”. La figura a cui è fattoesplicito riferimento è quella di Napoleone, fenomeno storico così straordinario da renderenecessaria una valutazione filosofica.A questo punto il protagonista del romanzo vuol sapere a quale categoria di uomini eglistesso appartenga : se ai dominatori, come Napoleone, o ai dominati. Il mezzo che utilizzaper scoprire la propria natura è il delitto, cioè la forma più grave di trasgressione morale.Come sua vittima sceglie una vecchia usuraia, la persona più malvista e inutile che egli

conosca. Ma dopo l’omicidio, Raskol’nikov  comincia a tormentarsi, a non darsi pace,finché deve convincersi che la prova dei fatti non gli è stata favorevole. Non si pente per

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quanto commesso : il suo rammarico è solo per il fatto di non aver saputo reggere il pesodell’azione compiuta. Egli ha trasgredito le regole della morale e della ragione, hacompiuto un’azione che doveva riscattarlo dall’inerzia e dall’umiliazione del sottosuolo, etuttavia non ha acquistato il diritto di uscirne, di considerarsi al di sopra della spregevolemassa. Il suo fallimento come superuomo, e l’incontro con Sonja ,la prostituta cristiana, gli

daranno la possibilità di tornare all’umano, a quella dimensione che aveva rinnegato.Napoleone subisce la stessa sorte : sconfitto in battaglia, relegato a Sant’Elena, egliritorna all’umano, come dimostra il suo testamento. La sua non è stata – secondoDostoevskij – solo una sconfitta politica, ma ancora più grande . ontologica, religiosa.Anche Nietzsche indica Napoleone come esempio dell’uomo eccezionale, e lo definisce“sintesi di non-uomo e di superuomo “ che incarna l’ideale aristocratico nel XIX secolo.Nietzsche contrappone la grandezza di Napoleone all’”istinto del gregge “, un istintotalmente diffuso tra gli uomini, soprattutto fra quelli del suo secolo, da colpire anche coloroche sono chiamati a comandare.Naturalmente per Nietzsche non c’è il ritorno all’umano : l’ubermensch non conosce ilpentimento nemmeno di fronte alla sconfitta ; egli può sentire la disperazione e la

solitudine, ma accetta questa condizione come facente parte della propria natura, esopporta anche il peso del fallimento. Una volta che ha preso il posto di Dio, l’oltreuomonon può resuscitare il Dio metafisico che è morto.

L’ateismo e le sue conseguenze 

Un personaggio di Dostoevskij vicino al tema nicciano della “morte di Dio ” – e allo stessoNietzsche – è Kirillov , del romanzo I demoni : egli pone al centro della sua riflessione lanegazione di Dio, e le conseguenze che questo fatto epocale avrà sugli uomini. ComeNietzsche, il quale nel famoso aforisma 125 della “ Gaia scienza “ afferma che la morte diDio ha come conseguenza la divinizzazione dell’uomo e la nascita dell’oltreuomo, così ilpersonaggio di Dostoevskij sostiene :” Per me non c’è idea più alta di quella che non c’èDio. E’ con me la storia dell’umanità. L’uomo non ha fatto altro che inventare Dio pervivere senza uccidersi : in ciò consiste tutta la storia universale fino ad oggi “. E ancora :“Se non c’è Dio, io sono dio […] Capire che non c’è Dio e non capire nello stesso tempod’esser diventato tu stesso un dio è un’assurdità “. Egli , infine, rende ancora più chiaro ilsuo pensiero con queste parole :” Se Dio c’è, tutta la volontà è sua e sottrarmi alla suavolontà io non posso. Se no, tutta la volontà è mia, ed io sono costretto a proclamarel’arbitrio [ cioè la libertà assoluta ].Possibile che nessuno, su tutto il pianeta, avendolafinita con Dio, osi proclamare l’arbitrio ? Io voglio proclamare l’arbitrio . Sia pure da solo,

ma lo farò “.L’”arbitrio”- la libertà assoluta – può essere esercitato a differenti livelli : da quello minimo,che consiste nel sopprimere gli altri, a quello massimo, che sta nel sopprimere se stesso enell’eliminazione dell’ostacolo più grande a questa realizzazione, cioè la paura del dolore edella morte.Il controllo della scienza sulla natura consente all’uomo moderno di non temerne più lemanifestazioni, anche le più straordinarie : dovrebbe, quindi, venire meno la causa che haprodotto la nascita della superstizione e della religione. Eppure l'’uomo moderno rimanereligioso : Nietzsche dice che ha ucciso Dio, e non si è reso conto di aver compiuto questogesto decisivo per la propria storia. Questa mancata presa di coscienza – secondoDostoevskij – si spiega con il perdurare nell’uomo della paura della morte, rivelatasi molto

più profonda di quanto si sospettasse. Finché la paura del dolore e della mortedomineranno l’uomo – sostiene Kirillov – egli non sarà libero e Dio, che non c’è ci sarà.

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Dominare quella paura equivale dunque a fare definitivamente scomparire la religione, avincere la battaglia per l’ateismo e per la deificazione dell’uomo. L’uomo ama la vita, cheperò si concede al prezzo di dolore e di paura; qui sta l’inganno. Per questo non è ancoracomparso il vero uomo. “Vi sarà un uomo nuovo, felice, superbo. A chi sarà indifferentevivere o non vivere, quello sarà l’uomo nuovo. Chi vincerà il dolore e la paura, quello sarà

Dio. Mentre l’altro Dio non sarà”. Coerente fino in fondo con il suo ragionamento, ilgiovane Kirillov , ingegnere, persona buona, sensibile e generosa, compirà il gesto fataledel suicidio per liberare se stesso e l’umanità dalla paura e da Dio.Anche quella di Kirillov è una rivolta, come lo è stata quella di Raskol’nikov , di Ippolit e diIvan Karamazov , che griderà appunto “Tutto è permesso ”. Sono rivolte titaniche sotteseda una disperata solitudine, da una disperata assenza d’amore, da una categorica volontàdi autodistruzione.Scrive Dostoevskij nel Diario di uno scrittore : “Il suicidio, quando sia perduta l’idead’immortalità, diventa un’assoluta e inevitabile necessità per ogni uomo che si sollevi nelsuo sviluppo anche solo un pochino al di sopra delle bestie “.Ancora una volta la sensibilità di Dostoevskij, così vicina a quella di Nietzsche nel cogliere

il carattere drammatico della scoperta della “morte di Dio”, si differenzia dalle conclusionidel filosofo tedesco, per il quale la fine di Dio non è la fine dell’immortalità, ma iltrasferimento dell’immortalità e dell’eternità dall’illusione metafisica alla realtàdell’oltreuomo.Dostoevskij sviluppa questo tema della “ morte di Dio “ attraverso un altro personaggio“nicciano “,Ivan Karamazov , uno dei tre fratelli protagonisti del romanzo omonimo. Egli formula unagrande idea : “ Se Dio non esiste, tutto è lecito, tutto è permesso “. Questa tesi di Ivanviene ulteriormente sviluppata : bisogna distruggere l’idea di Dio nell’umanità. Infatti, unavolta che l’umanità abbia rinnegato Dio, tutta la vecchia concezione del mondo cadrà dasé, la vecchia morale sarà rifiutata e tutto si rinnoverà. “Gli uomini si riuniranno perprendere alla vita tutto ciò che essa può dare, ma unicamente per la felicità e la gioia diquesto mondo. L’uomo si esalterà in un orgoglio divino, titanico, e apparirà l’uomo-Dio”. Lamorale è una barriera alla libertà dell’uomo, è per l’uomo un sistema di schiavitù. Ma con ilrifiuto di Dio tutto diverrà lecito. La negazione di Dio sarà per l’uomo la propriadivinizzazione.Questa la teoria di Ivan . Il suo discepolo, il fratellastro Smerdjakov  , ritiene di poterlamettere in pratica contro l’odiato padre Fedor Karamazov , che non ha mai volutoriconoscerlo come figlio e lo ha accolto in casa come servo. Così decide di ucciderlo.Dell’omicidio è accusato l’altro figlio Dmitrij , che verrà processato e condannato per unacolpa non commessa. Ma Smerdjakov , in un incontro privato con Ivan, dopo di aver

confessato di essere l’artefice materiale del delitto, lo accusa di essere il vero responsabiledel parricidio. Messo di fronte alle conseguenze dei propri insegnamenti e alle proprieresponsabilità, il giovane Ivan impazzisce.Io vi insegno l’oltreuomo e l’oltrepassamento della morale – così predicava Zarathustra -Nietzsche - ;ma di fronte ai discepoli che lo seguivano e ascoltavano il suo insegnamento si indignavaperché non riuscivano a staccarsi dal maestro. La “morte di Dio” e la fine della morale puòaversi solo con l’assunzione piena e totale di tutte le proprie responsabilità da partedell’individuo.Su questo c’è accordo fra Nietzsche e Dostoevskij : fintanto che c’è bisogno di un“maestro “ o di una Chiesa protettrice e rassicurante, l’uomo non può dirsi libero. La follia

del maestro, dell’oltreuomo, dell’uomo di fede, è la condizione inevitabile di fronte alla“saggezza “ del gregge, alla sua “normalità “ e alla sua “morale “.

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L’idiota, ovvero il mistero dell’uomo buono 

Nietzsche spiega con l’”istinto del gregge “, cioè con l’incapacità di essere padroni di sé, le

azioni “irresponsabili “ che spesso gli uomini commettono : lo spirito nobile non è néviolento né malvagio. Dostoevskij, invece, è convinto che esistano uomini che sono portatialla malvagità; ma si trova d’accordo con Nietzsche nel tratteggiare l’immagine dell’uomobuono , riconoscibile, ad esempio, nella figura medievale del cavaliere povero, immagine diCristo.La presenza del male fra gli uomini – una presenza di cui Dostoevskij non dubita mai – trasforma però lo spirito nobile da folle in idiota . La bontà non può sfuggire allecontraddizioni della natura umana e al male che è presente in essa : alla fine l’uomobuono è destinato al fallimento. Da queste considerazioni nacque uno dei romanzi piùfamosi di Dostoevskij : L’idiota, incentrato sulla figura del principe Myskin , il cavalierepovero del XIX secolo, che vuole il bene di tutti e si adopera a questo fine, ma incontra

continue difficoltà e contraddizioni insormontabili che vanificano i suoi sforzi. Talvolta siviene a trovare in situazioni imbarazzanti o scopre addirittura il ridicolo. Le sue intenzionibuone producono spesso conseguenze negative per le persone che ama e che cerca diaiutare. Alla fine egli fallisce completamente, e viene travolto dal suo fallimento. ScriveDostoevskij in una lettera : “ L’idea centrale del romanzo è di descrivere un uomonaturalmente buono. Nulla ci può essere di più difficile al mondo, e specialmente ora. Tuttigli scrittori che hanno intrapreso la descrizione del tipo positivo perfetto, hanno dovutoarrendersi, sempre. Perché questo compito è smisurato. Perché il perfetto è un ideale benlungi dall’essersi formato .Nel mondo c’è un essere positivamente buono, Cristo, così chel’apparizione di questo essere smisuratamente, illimitatamente buono, è naturalmente unmiracolo sconfinato. Ricorderò soltanto che fra gli uomini buoni, nella letteratura cristiana,il solo compiuto è Don Chisciotte. Ma egli è buono esclusivamente perché nello stessotempo è anche ridicolo“.Due riferimenti precisi, quindi: Cristo e Don Chisciotte. Myskin l’idiota : “idiot” in russo ha ildoppio significato di idiota e di “folle di Dio”. Myskin è mite, malato (di epilessia), indifeso,passivo, paziente. Il suo rapporto con gli altri nasce non dalla ragione, ma dalla fede, forzamisteriosa, irrazionale, potente, che è dalla parte dei deboli. Ma il mondo intorno non ècosì: strumentalizza i deboli, li schiaccia, li piega ai propri giochi. La comprensione cheMyskin ha delle cose e delle persone è ampia, libera, onnicomprensiva, si basa su un tipodi intelligenza che ignora le norme della morale codificata; è l’intelligenza del sentimento,dell’intuizione, intelligenza “primaria” che funziona non secondo la logica angusta, gretta,

avida degli altri: ecco perché “idiota”. Lo scontro tra la sua intelligenza “primaria” e quella“secondaria” di tutti gli altri è catastrofico. Le sue reazioni non sono mai etichettate, maiprevedibili, e perciò sconvolgono. Irrompono senza preavviso in meccanismi calibrati,sconvolgono equilibri che si reggono sull’ipocrisia e sul tornaconto, concetti a luisconosciuti. Sconvolgono e insieme attirano proprio perché diverse. Per Myskin  ladiversità diventa un tramite con gli altri: tutti lo cercano, tutti hanno bisogno di lui, perchésanno che sta “fuori”, che in lui non c’è inganno, non c’è menzogna, non c’è interessepersonale o sociale. Ha una sorta di straordinaria verginità, di purezza infantile come seogni gesto, ogni parola si manifestassero in lui per la prima volta.Tutto il romanzo porta il segno della morte. La vita che sfugge diventa un valoreimpagabile: il tempo si dilata e vorrebbe perdere la propria scansione inesorabile. I

pensieri più complessi sulla morte occupano quasi totalmente la “spiegazione” di Ippolit .Ippolit ha diciotto anni, è malato di tisi, gli viene comunicato che ha poche settimane di

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vita. Lo assale un odio impotente: decide di uccidersi, mette per scritto le motivazioni delsuo gesto e le legge a Myskin e ai suoi ospiti. Parla degli incubi che stravolgono la suapace notturna, parla soprattutto della rabbia sorda contro il destino “che aveva deciso dischiacciarmi come una mosca, certo senza nemmeno sapere perché lo facesse”, contro lagente intorno a lui che sperpera la vita. A Ippolit  è negata anche la consolazione della

carità. Nelle pagine della spiegazione, visioni frammentarie, idee isolate, immaginimostruose. Vede, appesa a una parete una copia del “Cristo morto” di Holbein (lo stessodi fronte a cui Myskin aveva esclamato: “Lo sai che osservandolo a lungo si può ancheperdere la fede ?”) e ne è anche lui sconvolto. “Nel quadro non c’è traccia di bellezza; ènel pieno senso della parola il cadavere di un uomo che prima ancora di essere statocrocifisso ha sopportato un supplizio orrendo, ferite, torture, percosse dalle guardie e dallaplebe quando portava la croce e quando cadde sotto il suo peso e infine per sei ore lostrazio dell'estremo supplizio. La natura appare, contemplando quel quadro, in forma diun’immensa bestia, muta e implacabile, oppure, come una di quelle immense macchine dinuovissima costruzione, che assurdamente, senza rendersi conto di quello che fa, afferra,schiaccia e inghiotte, sorda e calma. Il quadro sembra dare appunto l’impressione di

quella forza, oscura, potente, assurda ed eterna, cui tutto è sottomesso e vi domina vostromalgrado “. Lentamente si fa strada la rivolta, il rifiuto. E la religione quale consolazioneoffre ? La vita viene data e tolta dalla volontà di una potenza superiore, che non chiede anessuno il consenso. Perché dunque bisogna accettare questo dono ? Perché bisognadocilmente piegarsi alle leggi imperscrutabili della Provvidenza ? Perché l’uomo deveessere responsabile di ciò che va oltre la sua comprensione ? A questi interrogativirisponde con una disperata affermazione : “ Io morrò, fissando quella sorgente di forza edi vita che è il sole, io non accetterò questa vita ! La natura, con la sua sentenza di tresettimane, ha limitato a tal punto la mia attività, che probabilmente il suicidio è ancoral’unico atto che io possa compiere dal principio alla fine per mia propria volontà. Unaprotesta può avere talvolta un valore non insignificante”.