Donne e sviluppo sostenibile - Pari opportunità...2.4.2.2 Congedi parentali e per motivi familiari...

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    Provincia Autonoma di Trento - Servizio Pari Opportunità

    Donne e sviluppo sostenibile

  • 1. IL SISTEMA INTERNAZIONALE DEI DIRITTI UMANI

    1.1 Gli strumenti sui diritti umani giuridicamente vincolanti

    1.2 La Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW - 1979)

    1.2.1 Il percorso1.2.2 Gli argomenti della CEDAW1.2.3 Ratifica universale e ritiro delle riserve1.2.4 Il Protocollo facoltativo CEDAW

    1.3 Gli impegni politici internazionali1.3.1 Le conferenze mondiali delle donne 1975-1985

    1.3.1.1 Città del Messico, 19751.3.1.2 Copenhagen, 19801.3.1.3 Nairobi, 1985

    1.3.2 La Conferenza di Pechino del 19951.3.2.1 Le conferenze preparatorie regionali1.3.2.2 Risultati

    1.3.3 La Sessione speciale dell’Assemblea Generale dell’Onu Pechino +5

    1.4 Gli attori 1.4.1 Organi dei trattati1.4.2 Organi politici delle Nazioni Unite

    1.4.2.1 La Commissione ONU sulla condizione delle donne (CSW)

    1.4.3 Gli organismi tematici delle Nazioni Unite 1.4.3.1 La relatrice speciale sulla violenza contro le donne, le sue cause e le sue conseguenze

    1.4.4 Le Agenzie e gli Alti Commissariati delle Nazioni Unite

    1.4.4.1 L’Alto Commissariato per i diritti umani 1.4.4.2 UNIFEM- Fondo di sviluppo delle Nazioni Unite per le donne 1.4.4.3 INSTRAW- Istituto internazionale di ricerca e formazione per il progresso delle donne 1.4.4.4 Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione 1.4.4.5 Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo

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  • 1.4.4.6 Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia 1.4.4.7 Donne e ambiente, le politiche dell’UNEP1.4.4.8 UNRISD

    1.5 Genere e sviluppo nelle politiche della FAO

    1.6 Le politiche dell’Organizzazione mondiale della Sanità

    1.7 Genere e riduzione della povertà nelle politiche della Banca Mondiale

    1.8 Genere e politiche nell’Organizzazione Internazionale del Lavoro

    1.9 Dal 1992 al 2002: genere, sviluppo sostenibile e altri processi in corso

    BibliografiaSiti consultati

    2. L’UNIONE EUROPEA E LE PARI OPPORTUNITÀ

    2.1 I Programmi di azione comunitari per le pari opportunità tra uomini e donne

    2.1.1 Il quinto programma di azione (2001-2005)

    2.2 Il quadro generale2.2.1 Gender mainstreaming: l’integrazione delle pari opportunità nel complesso delle politiche e delle azioni comunitarie2.2.2 Gli aspetti istituzionali

    2.2.2.1 Il Comitato consultivo per la parità di opportunità tra uomini e donne (Advisory Committee on Equal Opportunities for Women and Men)2.2.2.2 Equilibrio all’interno dei comitati e dei gruppi di esperti istituiti dalla Commissione

    2.2.3 Gli aspetti finanziari2.2.3.1 L’iniziativa comunitaria EQUAL2.2.3.2 L’integrazione della parità tra donne e uomini nel quadro dei Fondi Strutturali2.2.3.3 Promozione delle organizzazioni attive nel settore della parità fra le donne e uomini

  • 2.3 Il principio di non discriminazione fondato sul genere

    2.3.1 Il principio della parità di trattamento tra donne e uomini all’esterno del mercato del lavoro2.3.2 L’onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso

    2.4 Le pari opportunità nel lavoro e nella società2.4.1 Il lavoro

    2.4.1.1 Accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale2.4.1.2 L’attività autonoma2.4.1.3 Parità delle retribuzioni2.3.1.4 L’integrazione delle donne nella ricerca2.3.1.5 Partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini ai processi decisionali

    2.4.2 La dimensione sociale2.4.2.1 Partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini all’attività professionale e alla vita familiare2.4.2.2 Congedi parentali e per motivi familiari2.4.2.3 Protezione delle gestanti, delle puerpere e delle donne che allattano2.4.2.4 Custodia dei figli2.4.2.5 Sicurezza sociale

    2.5 Lotta contro le molestie sessuali e la violenza verso le donne

    2.5.1 Lotta contro le molestie sessuali2.5.1.1 Prevenzione delle molestie sessuali sul lavoro2.5.1.2 Codice di comportamento per la tutela della dignità delle donne e degli uomini sul luogo di lavoro

    2.5.2 Lotta contro la violenza, lo sfruttamento sessuale e la tutela delle donne

    2.5.2.1 Il Gruppo di Esperti sulla tratta degli esseri umani2.5.2.2 La Decisione Quadro del Consiglio relativa alla lotta contro la tratta degli esseri umani2.5.2.3 Azioni in materia di lotta contro la tratta delle donne (anche a scopo di sfruttamento sessuale)2.5.2.4 Il Programma Daphne

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  • 2.6 La dimensione internazione della parità tra uomini e donne nell’unione europea

    2.6.1 L’Unione Europea alla Conferenza di Pechino2.6.2 Promozione della parità dei sessi nella cooperazione allo sviluppo2.6.3 Attività relative alla salute e ai diritti in materia di riproduzione e sessualità nei PVS2.6.4 Programma d’azione per l’integrazione della parità tra i generi nella cooperazione allo sviluppo della Comunità europea

    2.7 Genere, sviluppo e sostenibilità in Europa: il punto

    3. LE PARI OPPORTUNITÀ NEL SISTEMA NORMATIVO ITALIANO

    4. LA POLITICA PROVINCIALE

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    IL SISTEMA INTERNAZIONALE DEI DIRITTI UMANI: UNA LETTURA DI GENERE

    GLI STRUMENTI SUI DIRITTI UMANI GIURIDICAMENTE VINCOLANTI

    La parità dei diritti delle donne è un principio sostanziale dell’ordinamento planetario dei diritti umani. Il Preambolo alla Carta delle Nazioni Unite1 stabilisce come obiettivo fondamentale della comunità internazionale quello di “riaffermare la fi ducia nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, negli uguali diritti degli uomini e delle donne” proclamando come obbligo legale per gli stati membri la cooperazione a livello internazionale, per la promozione e l’incoraggiamento del rispetto per i diritti umani e per le libertà fondamentali di tutti gli individui “senza distinzioni di razza, sesso, lingua o religione” (art. 1 comma 3).A seguito dalla stipula della Carta, le dichiarazioni di intenti della comunità internazionale sono state tradotte in una serie di atti con valore giuridico a tutela dei diritti umani. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (UDHR) fu adottata nel 1948 dai 58 Stati Membri dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Nonostante l’iniziale esclusione dell’universo femminile nella prima bozza della dichiarazione (l’incipit dell’Art. 1 era “tutti gli uomini sono fratelli”), effi cacemente contrastata dalla Commissione sulla Condizione delle Donne, l’UDHR ha un carattere genuinamente universale e proclama il diritto di ognuno a godere dei diritti umani e delle libertà fondamentali che essa stabilisce “senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione” (Art. 2). Pertanto al fi ne di assicurare che venga garantita la “dignità di tutti i componenti la famiglia umana”, come “fondamento di libertà, giustizia e pace nel mondo”, la Dichiarazione fi ssa come priorità l’adozione del principio di non discriminazione, poi tradotto in tutti gli altri strumenti internazionali sui diritti umani. Dal 1948 ad oggi, la Dichiarazione Universale è stata tradotta in più di 200 lingue. Poiché non sottoposta alle procedure di fi rma, ratifi ca e adesione tramite le quali i trattati internazionali assumono valore di norma superiore cui tutte le leggi nazionali devono adeguarsi, la Dichiarazione non costituisce un documento giuridicamente vincolante. Pertanto, per conferire valore di legge ai diritti sanciti della Dichiarazione, sono stati elaborati nei decenni seguenti alcuni Patti, Convenzioni e Protocolli internazionali:

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    essi, nel loro insieme, costituiscono la base su cui poggia il sistema internazionale dei diritti umani. Quando uno Stato li sottoscrive si impegna a garantire a tutti gli individui, nel suo territorio o sotto la sua giurisdizione, senza alcuna discriminazione, tutti i diritti enunciati, e a fornire effettivi strumenti di tutela nell’eventualità di violazioni. Ognuna di queste convenzioni è nota anche con una sigla abbreviata, a partire dal titolo inglese della convenzione.I primi due testi giuridicamente vincolanti - entrambi adottati dalle Nazioni Unite nel 1966 ed entrati in vigore dieci anni dopo - sono:

    - il Patto Internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) che garantisce il diritto alla vita e alla libertà, la libertà dalla tortura, dalla schiavitù, la libertà di espressione, di associazione, di pensiero,di coscienza e di religione, l’uguaglianza di tutti e tutte di fronte alla legge, i diritti della/nella famiglia e nel contrarre matrimonio.- Il Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR) che sancisce i diritti al/del/nel lavoro, la libertà dalla fame, il diritto alla salute, all’istruzione, alla sicurezza sociale, i diritti della/nella famiglia, la tutela della maternità, il diritto a partecipare alla vita culturale2

    Entrambi i trattati affermano con chiarezza che i diritti enunciati al loro interno dovrebbero essere applicabili a tutti gli individui, senza alcuna distinzione, comprese quelle fondate sul sesso. Gli Stati contraenti dovrebbero assumersi l’impegno di assicurare il pari accesso delle donne e degli uomini al godimento di tutti i diritti stabiliti in ogni Patto. Permane, nei testi inglesi originali, l’uso dei pronomi he, him, himself, o dell’aggettivo his, tutti riferiti al genere maschile. Negli anni seguenti, ha fatto particolarmente discutere l’uso di questa espressione al maschile, in particolare laddove riferito al diritto di ciascuna persona al sostentamento per sé e per la propria famiglia; tuttavia gli ultimi testi, ed in particolare la Raccomandazione n. 28 del Marzo 2000 del Comitato Diritti Umani riferita al testo dell’ICCPR, hanno chiarito che l’utilizzo di termini declinati al maschile non può e non deve essere interpretato nel senso di una dipendenza della donna dall’uomo.Il divieto di discriminazione è dunque una norma fondante sin dalla nascita del sistema internazionale dei diritti umani. Esso ha avuto un’ulteriore espansione in due convenzioni internazionali, una addirittura di un anno precedente ai due Patti, l’altra di molti anni più tardi:

    - La Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (CERD-1965), pur non accogliendo riferimenti specifi ci al genere femminile e ai suoi diritti,

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    contiene norme rilevanti per la condizione di molte donne applicabili, in ogni caso, ad individui di entrambi i sessi in pari misura.- La Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW - 1979) (cfr par.1.2)Oltre ad esse, il sistema internazionale dei diritti umani include due convenzioni compiutamente rivolte alla lotta alle discriminazioni:- La Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti (CAT - 1984).- La Convenzione sui diritti dell’infanzia (CRC - 1989) esclude ogni discriminazione tra i sessi rispetto ai diritti in essa affermati. Un buon numero di articoli della Convenzione sono inoltre di particolare rilevanza per le bambine.

    Nel 1990, infi ne, è stata adottata dall’Assemblea generale dell’ONU un’ulteriore convenzione internazionale (la Convenzione internazionale sulla tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei loro familiari MWC – 1990), che tuttavia non ha ancora raggiunto il numero di ratifi che utile alla sua entrata in vigore. Come detto, le Convenzioni (defi nite anche Patti o Protocolli) sono strumenti giuridici internazionali giuridicamente vincolanti: essi hanno valore di legge, cui tutte le leggi nazionali devono adeguarsi attenendosi ai parametri di condotta stabiliti3. Ratifi cando o approvando una Convenzione, uno Stato si impegna a garantire ad ogni persona che si trova nel proprio territorio l’esercizio dei diritti umani da essa defi niti. Le Convenzioni prevedono l’esistenza di organi di controllo (treaty bodies), che verifi cano l’applicazione del trattato in questione, tramite l’esame dei rapporti periodici che ciascuno degli stati che hanno ratifi cato la Convenzione è tenuto a presentare. Questi stessi organismi hanno elaborato testi interpretativi, nella forma di “Raccomandazioni generali” (General Comments) relativi a singoli articoli di un trattato, a materie trasversali a tutto il trattato o a problemi di applicazione e ricorso.Inoltre, alcune convenzioni sui diritti umani hanno Protocolli facoltativi o ulteriori accordi, in aggiunta al testo principale. Questi protocolli possono allargare la tutela dei diritti umani prevista dalla convenzione, o istituire ulteriori meccanismi per garantire l’applicazione del trattato nel suo insieme, in particolare tramite la presentazione di denunce in caso di violazioni. I Protocolli facoltativi dei trattati in materia di diritti umani sono essi stessi dei trattati internazionali, soggetti alla fi rma, ratifi ca o adesione da parte degli stati che hanno sottoscritto il trattato in questione.Ai sette strumenti fondamentali di tutela dei diritti umani, si uniscono una serie di altre convenzioni e protocolli internazionali.

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    1.2

    Molte di esse riguardano materie specifi che, in alcuni casi relative direttamente ai diritti delle donne, come la Convenzione sulla nazionalità delle donne coniugate (1952), la Convenzione per la soppressione del traffi co di persone e dello sfruttamento della prostituzione (1949), o il più recente Protocollo di Palermo contro la tratta di esseri umani, in particolare donne e bambini (2000).Altre convenzioni, invece, fanno parte di categorie organiche di diritti, e in particolare:

    - Le Convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO/OIL) che defi niscono i diritti fondamentali delle lavoratrici e dei lavoratori- Le Convenzioni di Ginevra, che defi niscono i diritti fondamentali delle persone e dei popoli nelle situazioni di confl itto armato (il cosiddetto diritto umanitario)- La Convenzione sui rifugiati.

    LA CONVENZIONE PER L’ELIMINAZIONE DI TUTTE LE FORME DI DISCRIMINAZIONE CONTRO LE DONNE (CEDAW - 1979 )

    La Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW, 1979) è il più importante strumento internazionale giuridicamente vincolante in materia di diritti delle donne. Essa defi nisce “discriminazione contro le donne”: “ogni distinzione, esclusione o limitazione basata sul sesso, che abbia l’effetto o lo scopo di compromettere o annullare il riconoscimento, il godimento o l’esercizio da parte delle donne, indipendentemente dal loro stato matrimoniale e in condizioni di uguaglianza fra uomini e donne, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile, o in qualsiasi altro campo”. La Convenzione indica moltissime misure per eliminare la discriminazione: dal diritto al lavoro ai diritti nel lavoro (art. 11); dai diritti relativi alla salute e alla pianifi cazione familiare (art. 12) all’eguaglianza di fronte alla legge (art. 15), nella famiglia e nel matrimonio (art. 16), nell’educazione e nell’istruzione (art. 5 e art. 10), nella partecipazione alla vita politica (art. 7 e art. 8), nello sport, nell’accesso al credito (art. 13), nella concessione o perdita della nazionalità (art. 9).Gli stati che ratifi cano la Convenzione CEDAW si impegnano non solo ad adeguare ad essa la loro legislazione, ma a eliminare ogni discriminazione praticata da “persone, enti e organizzazioni di ogni tipo”, nonché ad adottare ogni misura adeguata per modifi care costumi e pratiche consuetudinarie discriminatorie.

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    IL PERCORSO

    Immediatamente a seguito della creazione delle Nazioni Unite, furono formulati alcuni trattati internazionali che si occupavano specifi camente di diritti delle donne, come la Convenzione sui Diritti Politici delle Donne del 1952 e la Convenzione sulla nazionalità delle donne coniugate del 1957. Tuttavia, tale prototipo di trattati perse rapidamente rilevanza politica, mentre prevalse l’approccio secondo il quale il miglior modo di tutelare i diritti umani “universali” era l’introduzione nei trattati internazionali di norme generali di non discriminazione, come quelle contenute nell’art. 2 della UDHR, nei due Patti del 1966 (ICCPR e ICESCR) ed in tutti i principali trattati in materia di diritti umani. Queste norme sono state poi ulteriormente rafforzate da una serie di convenzioni ad hoc, come ad esempio quelle dell’ILO e dell’UNESCO e da altri strumenti internazionali di particolare rilevanza per le donne.Nel corso degli anni Sessanta, però, il dibattito internazionale sulla condizione delle donne e l’affermarsi di correnti di pensiero femministe rese chiari i limiti degli strumenti esistenti a tutela dei diritti delle donne, e l’esigenza di elaborarne di più effi caci e vincolanti. Nel 1967, la Commissione Diritti Umani dell’ONU predispose la Dichiarazione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne in seguito adottata dall’Assemblea Generale. La Dichiarazione affrontava la questione di genere in modo esteso ed integrato, ma per sua stessa natura non imponeva agli stati precisi vincoli giuridici, limitandosi a ribadire l’esigenza politica di garantire alle donne una difesa dalle discriminazioni.Ci vollero ancora sei anni prima che la Commissione sulla Condizione delle Donne dell’ONU – CSW (cfr. 1.4.2.1) affrontasse, invitando gli stati a pronunciarsi in merito, la proposta di elaborare una convenzione giuridicamente vincolante, che vietasse le discriminazioni contro le donne a livello planetario. Il dibattito ed il negoziato sui singoli articoli, prima nella CSW e poi nell’Assemblea Generale, richiesero ancora altri sei anni, e videro un’accelerazione solo alla fi ne degli anni Settanta, alla vigilia della Conferenza mondiale sul decennio delle donne (Copenaghen, luglio 1980). L’approvazione da parte dell’Assemblea Generale ONU della Convenzione per l’Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne (CEDAW) avvenne il 18 dicembre del 1979, e segnò una svolta storica nel percorso dei diritti umani delle donne.

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    GLI ARGOMENTI DELLA CEDAW

    La Convenzione CEDAW ribadisce la norma della Dichiarazione Universale contro le discriminazioni in base al sesso, e integra in un testo organico tutti gli altri standard relativi alle donne, o particolarmente signifi cativi per le donne, già contenuti nei trattati internazionali esistenti all’epoca.Nel suo preambolo si ravvisa che, malgrado i numerosi sforzi della comunità internazionale per sostenere l’affermazione dei diritti delle donne in quanto diritti umani e la parità tra i generi, “le donne continuano ad essere oggetto di gravi discriminazioni”. Si afferma, inoltre, che la discriminazione a danno delle donne viola i principi dell’eguaglianza dei diritti e del rispetto della dignità umana, intralcia la partecipazione delle donne alla vita politica, sociale, economica e culturale del loro paese in condizioni di parità con gli uomini, ostacola la crescita del benessere della società e della famiglia e rende maggiormente diffi coltoso il pieno dispiegarsi delle potenzialità delle donne per il bene del proprio paese e dell’umanità.Nel testo la CEDAW non si limita a richiamare le garanzie di parità di fronte alla legge e l’uguale protezione da parte della legge stessa, come già le normative internazionali precedenti. Essa indica una serie di misure mirate ad ottenere una uguaglianza sostanziale fra donne e uomini, indipendentemente dalla condizione familiare, in tutti i campi della vita politica, economica, sociale e culturale. Oltre a ciò, la Convenzione impegna gli Stati che la sottoscrivono ad attivarsi per modifi care gli schemi di comportamento e i modelli culturali in materia di differenza fra i sessi, e si propone di diffondere principi di uguaglianza e non discriminazione nella vita sia pubblica che privata.La Convenzione, insomma, richiede agli stati di eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne, nell’esercizio di tutti i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali. Essa indica anche le misure programmatiche che gli stati devono attuare per raggiungere l’uguaglianza fra donne e uomini. Secondo la CEDAW, gli Stati sono tenuti ad operare per il raggiungimento dell’uguaglianza non solo nella vita pubblica - ad esempio in materia di stato giuridico e partecipazione politica - ma anche nella vita privata, ed in particolare nella famiglia. Nel tendere al raggiungimento degli obiettivi della Convenzione, gli stati sono autorizzati ad adottare misure temporanee - le cosiddette “azioni positive” - da mantenere in vigore fi no a che non sarà pienamente affermata una completa uguaglianza fra donne e uomini.

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    RATIFICA UNIVERSALE E RITIRO DELLE RISERVE

    Dopo la sua adozione nel 1979, il successivo processo di ratifi ca della CEDAW da parte degli Stati fu piuttosto rapido, permettendo l’entrata in vigore della Convenzione il 3 settembre 1981. Gli Stati parte della Convenzione sono fi nora 168, più di due terzi degli stati membri delle Nazioni Unite. Altri 4 Stati hanno aderito alla Convenzione in una fase successiva a quella dell’apertura alle fi rme, con la formula dell’adesione, che impegna nella stessa misura della ratifi ca. L’obiettivo della ratifi ca universale della Convenzione CEDAW non è stato ancora raggiunto, e rimane quindi uno dei temi su cui sono impegnate sia le Nazioni Unite che gli Stati ed i raggruppamenti più sensibili ai diritti delle donne, e naturalmente la società civile organizzata ed i movimenti delle donne in molte parti del mondo.La Piattaforma di Pechino del 1995 (cfr. 1.3.2) pone un ulteriore obiettivo relativo alla CEDAW, legato alla volontà di riconsiderare periodicamente le riserve contrarie all’oggetto e agli scopi della Convenzione al fi ne di ritirarle. La CEDAW, infatti, come quasi tutti i trattati internazionali, consente agli stati la ratifi ca “con riserva”, purché le riserve presentate non siano incompatibili con l’oggetto e le fi nalità della Convenzione stessa. Le riserve alla CEDAW presentate formalmente dagli stati sono numerose, in maggior misura che per qualsiasi altro dei principali trattati internazionali sui diritti umani. Alcune di queste riserve pongono limiti agli obblighi contratti con la ratifi ca della Convenzione in termini vaghi e molto generali, altri riguardano aree di importanza fondamentale per la parità fra donne e uomini, come il diritto di famiglia. Alcune riserve effettivamente appaiono poco coerenti con l’oggetto e le fi nalità della CEDAW ed il tema di un loro ritiro rimane dunque all’ordine del giorno sia dei diversi organi delle Nazioni Unite che del movimento internazionale per i diritti umani delle donne.Il Comitato CEDAW, ad esempio, ha affermato che il capitolo 2 della Convenzione sulle misure concrete che gli stati devono adottare ed il capitolo 16 sull’uguaglianza fra donne e uomini nel matrimonio e nel diritto di famiglia rappresentano norme fondamentali (core provisions) della Convenzione, evidenziando i rischi ed i limiti legati alla quantità di riserve che gli Stati hanno presentato in relazione a tali due articoli.In particolare, in merito al cap. 2, il Comitato CEDAW ritiene che gli stati che ratifi cano la CEDAW siano mossi dalla convinzione che la discriminazione contro le donne debba essere condannata in tutte le sue forme, e che per eliminarla debbano essere adottate le strategie indicate con tutte le specifi cazioni indicate. Secondo il Comitato

    1.2.3

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    1.2.4

    CEDAW, pertanto, né l’esistenza di pratiche tradizionali, religiose o culturali, né di leggi e politiche nazionali incompatibili con questi contenuti, possono giustifi care violazioni della Convenzione su questi punti. Analogamente, il Comitato CEDAW ritiene che le riserve al cap.16, qualsiasi siano i motivi nazionali, tradizionali, religiosi o culturali, per cui esse vengono presentate, siano incompatibili con l’oggetto e il fi ne della Convenzione, e pertanto inammissibili: tutte queste riserve, dunque, dovrebbero essere riviste, al fi ne di una loro modifi ca o ritiro4.

    IL PROTOCOLLO FACOLTATIVO CEDAW

    Lo strumento che ha allineato la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne ai principali testi internazionali in materia di diritti umani e che garantisce la possibilità di denuncia e ricorso in caso di violazione è il Protocollo facoltativo della Convenzione CEDAW. Il Protocollo facoltativo CEDAW è stato adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999, a venti anni dall’approvazione della Convenzione. L’atto uffi ciale di apertura alle fi rme è stato il 10 dicembre dello stesso anno, in occasione della giornata mondiale dei diritti umani. Avendo previsto un numero minimo di ratifi che relativamente basso per l’entrata in vigore, quest’ultima è potuta avvenire il 22 dicembre del 2000 a solo un anno dall’adozione5.Il Protocollo individua due diverse procedure di intervento: - una procedura di denuncia, utilizzabile sia a titolo individuale sia a nome di persone o di gruppi di persone, organizzazioni o associazioni per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e dei i casi di violazione delle norme stabilite dalla Convenzione,- una procedura d’indagine, che conferisce al Comitato CEDAW il potere di condurre indagini sui casi di violazioni gravi o sistematiche dei diritti umani delle donne nei paesi che hanno sottoscritto il Protocollo facoltativo. Il Protocollo prevede la possibilità per gli Stati del cosiddetto opting out, cioè di dichiarare, al momento della fi rma o della ratifi ca del Protocollo, che non si riconoscono le competenze del Comitato defi nite agli art. 8 e 9, relativi alla procedura di indagine. Questa norma indebolisce le potenzialità del Protocollo, contraddicendo di fatto un elemento che viene invece considerato un punto di forza, e cioè che il Protocollo non consente la ratifi ca con riserva.

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    1.3GLI IMPEGNI POLITICI INTERNAZIONALI

    Un ruolo fondamentale nell’avanzamento dell’acquisizione di un punto di vista di genere sui diritti umani è stato svolto non solo dagli strumenti giuridici, ma anche da una sequenza di posizioni, esperienze, dibattiti politici e culturali fatti propri dalla comunità internazionale nel corso degli anni.In questo percorso, un passaggio importante è quello rappresentato, nell’ultimo decennio del secolo scorso, dalle Conferenze mondiali dell’ONU sui temi della globalità, quali i diritti umani (Vienna, 1993), il nesso fra popolazione e sviluppo (Il Cairo, 1994), lo sviluppo sociale (Copenaghen, 1995).Queste Conferenze hanno prodotto importanti Dichiarazioni e Piattaforme d’azione, che defi niscono gli obiettivi politici da raggiungere e, in molti casi, gli strumenti tramite i quali conseguirli. L’acquisizione di un punto di vista di genere su tutti i diritti, e dunque la rilettura dell’intero sistema dei diritti umani in chiave femminile, trova in queste piattaforme punti di riferimento molto signifi cativi.Ciò vale soprattutto, naturalmente, per i risultati delle quattro conferenze mondiali sulle donne, che per venti anni (da Città del Messico nel 1975 a Pechino nel 1995) hanno rappresentato sedi appassionanti di dibattito, di costruzione di reti, di scontro politico, di conquista di nuovi strumenti (cfr 1.3.1 e 1.3.2).A cinque anni da ciascuna conferenza, si sono tenute Sessioni speciali dell’Assemblea Generale (i cosiddetti “+5”: Pechino +5, Cairo +5, ecc.), in cui è stato esaminato lo stato di applicazione delle piattaforme approvate, ed i nuovi obiettivi di cui si è dotata la comunità internazionale per superare gli ostacoli e rendere più effi cace la realizzazione concreta di ciascuna piattaforma. Sugli stessi temi è anche in corso un processo di verifi ca integrata e coordinata (integrated and coordinated follow-up) da parte del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC).Nel corso degli stessi anni Novanta, infi ne, gli stessi contenuti sono stati affermati anche da altri documenti delle Nazioni Unite, quali ad esempio risoluzioni e dichiarazioni dell’Assemblea Generale, della Commissione diritti umani, e di altri organismi ONU. Alcuni di questi testi rappresentano un approccio globale ai diritti umani delle donne; altri affrontano temi specifi ci, che vanno dalle pratiche tradizionali dannose al diritto alla proprietà della terra, dal ruolo delle donne in situazioni di confl itto ai diritti delle bambine, dall’Aids ai crimini d’onore.Nel 2000, infi ne, per la prima volta anche il Consiglio di Sicurezza (l’organo più autorevole, anche se non il più rappresentativo,

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    delle Nazioni Unite) ha adottato un punto di vista di genere nella Risoluzione 1325 sul tema dei confl itti e dell’impegno per la pace.Nessuno di tali documenti ha valore giuridicamente vincolante, ma molti di essi hanno rappresentato importanti strumenti politici, utilizzati sia dai governi che dai movimenti delle donne di tutto il mondo, sia a livello internazionale che nelle proposte politiche a livello nazionale e locale.

    LE CONFERENZE MONDIALI DELLE DONNE 1975-1985

    CITTÀ DEL MESSICO, 1975

    La prima Conferenza mondiale sulla condizione della donna venne organizzata a Città del Messico nel 1975, in coincidenza con l’Anno Internazionale delle Donne proclamato dalle Nazioni Unite. La Conferenza di Città del Messico venne convocata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per concentrare l’attenzione internazionale sull’esigenza di sviluppare degli obiettivi orientati al futuro, strategie effi caci e piani d’azione per il progresso femminile. A questo fi ne, l’Assemblea Generale identifi cò tre obiettivi chiave che sarebbero diventati la base per il lavoro delle Nazioni Unite in difesa delle donne:

    - La piena parità fra i sessi ed eliminazione delle discriminazioni sessuali;- L’integrazione e la piena partecipazione delle donne allo sviluppo; - Un maggiore contributo delle donne nel rafforzamento della pace mondiale.

    La defi nizione di tali obiettivi segnava un cambiamento decisivo nella percezione stessa dell’universo femminile: da oggetto scarsamente attivo di sostegno e assistenza, le donne venivano ora considerate come partners paritari e a pieno titolo degli uomini, con i medesimi diritti di accesso alle risorse e alle opportunità. Tale trasformazione del punto di vista modifi cò anche l’approccio alle tematiche dello sviluppo: si accantonava la convinzione che lo sviluppo fosse propedeutico all’avanzamento e al miglioramento della condizione femminile, per acquisire la nuova certezza per quale nessuno sviluppo sarebbe stato possibile senza una piena partecipazione delle donne.Un aspetto importante della Conferenza di Città del Messico veniva dal fatto che le donne stesse ricoprissero un ruolo di determinante

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    importanza nella costruzione dell’avvenimento: delle 133 delegazioni degli Stati membri partecipanti, infatti, 113 erano capeggiate da donne.Durante la Conferenza furono adottati due importanti documenti: la Dichiarazione di Città del Messico sull’uguaglianza delle donne e sul loro contributo allo sviluppo e alla pace e il Piano mondiale d’azione per il conseguimento degli obiettivi fi ssati dall’Anno internazionale della donna.La Dichiarazione di Città del Messico comprende trenta principi e fa perno attorno al concetto che lo spreco del potenziale di circa la metà della popolazione mondiale costituisca un serio ostacolo allo sviluppo sociale ed economico. Il Piano Mondiale presentava le linee guida che i governi e la comunità internazionale avrebbero dovuto seguire nei successivi dieci anni per perseguire i tre obiettivi chiave stabiliti dall’Assemblea Generale. Esso stabiliva obiettivi precisi per la prima parte del decennio 1976-1985, come ad esempio l’uguaglianza di accesso a tutti i livelli di istruzione, il riconoscimento del valore economico del lavoro delle donne - nell’ambito domestico e nella commercializzazione dei prodotti alimentari - e misure più effi caci per l’educazione sanitaria, la nutrizione, l’istruzione, la pianifi cazione familiare e altri servizi di assistenza. La Conferenza di Città del Messico segnava l’inizio di una nuova epoca negli sforzi globali per promuovere il progresso femminile, lanciando a livello planetario il confronto, il dialogo e la sfi da sulla parità dei sessi: un processo che avrebbe coinvolto deliberazioni, trattative, la fi ssazione di obiettivi, l’identifi cazione di ostacoli e un riesame dei progressi compiuti.Il 15 dicembre 1975, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò il Piano mondiale proposto dalla Conferenza e proclamò il “Decennio Onu per la donna: uguaglianza, sviluppo, pace” per il periodo dal 1976 al 1985, un periodo dedicato all’attuazione effettiva del Piano mondiale d’azione. Nel gennaio 1979, in una successiva risoluzione, l’Assemblea decise che il tema sul quale si sarebbe concentrata la seconda Conferenza mondiale per il decennio sarebbe stato “lavoro, salute ed educazione”.La Conferenza invitava i governi a formulare delle strategie nazionali e a identifi care degli obiettivi e delle priorità nei loro tentativi di promuovere una partecipazione paritaria delle donne. Entro la fi ne del decennio delle Nazioni Unite per le Donne, 127 Stati Membri avevano risposto a tale sollecitazione istituendo una qualche forma di meccanismo nazionale, di istituzioni che si occupavano di promuovere politiche, ricerche e programmi diretti a favorire il progresso delle donne e la loro partecipazione allo sviluppo. All’interno del sistema

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    delle Nazioni Unite, in aggiunta alla già esistente Agenzia (ora Divisione) per il Progresso delle Donne, la Conferenza di Città del Messico portò alla creazione dell’Istituto Internazionale per la Ricerca e la Formazione per il Progresso delle Donne (International Research and Training Institute for the Advancement of Women — INSTRAW) e del Fondo delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Femminile (United Nations Development Fund for Women —UNIFEM) per garantire la cornice istituzionale per la ricerca, la formazione e le attività operative nell’area delle donne e dello sviluppo.Nello stesso anno a Città del Messico si tenne anche una Conferenza parallela delle organizzazioni non governative (ONG), chiamata “La tribuna”, alla quale parteciparono 4.000 donne (i delegati alla Conferenza uffi ciale erano 1.200). Fra le donne riunite in questa sede emersero differenze molto nette, che rifl ettevano le realtà politiche ed economiche dei tempi. Le donne che appartenevano al blocco dell’Est, ad esempio, erano maggiormente interessate alle questioni della pace, mentre le donne occidentali mettevano l’accento sull’uguaglianza e quelle provenienti dalle nazioni in via di sviluppo davano priorità alla questione dello sviluppo. Ciononostante, il Forum ha avuto un ruolo importante nel fare incontrare donne e uomini che appartenevano a differenti culture e avevano esperienze personali diverse, per scambiare informazioni e opinioni e mettere in moto un processo che avrebbe contribuito a unifi care il movimento femminile, che, entro la fi ne del Decennio della Donna, sarebbe divenuto realmente internazionale. Il Forum ebbe inoltre un ruolo fondamentale nell’aprire le Nazioni Unite alle organizzazioni non governative, che portarono la voce delle donne nel processo decisionale dell’Organizzazione.

    COPENHAGEN, 1980

    La seconda Conferenza mondiale di Copenhagen del 1980 vide la partecipazione di 145 rappresentanti riuniti per riesaminare e valutare il Piano d’Azione Mondiale elaborato durante la Conferenza del 1975. Una pietra miliare del percorso intrapreso a Città del Messico era stata l’adozione, nel Dicembre 1979, della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne - CEDAW (“la carta dei diritti femminili”), uno degli strumenti più potenti in favore dell’uguaglianza femminile, da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (cfr. 1.2). Durante la Conferenza di Copenhagen 51 paesi fi rmarono la CEDAW.

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    A Copenaghen fu adottato, sebbene non votato all’unanimità, il Programma d’azione per la seconda metà del decennio, che citava una pluralità di fattori responsabili della discrepanza fra i diritti legali nominalmente garantiti e la possibilità reale delle donne di esercitare tali diritti, tra cui:

    - la mancanza di un suffi ciente coinvolgimento da parte degli uomini, nel migliorare il ruolo delle donne nella società;- una insuffi ciente volontà politica; - il mancato riconoscimento del valore dei contributi femminili alla società; - la mancanza di attenzione in fase di pianifi cazione a quelle che sono le particolari esigenze delle donne;- una scarsità di donne nelle posizioni elevate ai fi ni del processo decisionale;- l’insuffi cienza dei servizi necessari a supportare il ruolo delle donne nella vita nazionale, quali cooperative, centri per l’assistenza quotidiana e facilitazioni creditizie;- la generale scarsità delle risorse fi nanziarie necessarie; - la mancanza di consapevolezza fra le donne circa le opportunità che erano a loro disposizione.

    Per affrontare questi problemi, il Programma di Azione di Copenhagen invitava, fra le altre cose, ad adottare misure nazionali più energiche per garantire la titolarità e il controllo delle proprietà da parte delle donne, come pure i miglioramenti nei diritti delle donne al patrimonio ereditario, alla custodia dei fi gli e alla perdita di nazionalità. La Conferenza alternativa delle donne - il Forum delle ONG - fu organizzata da un Comitato promotore di cui facevano parte 34 organizzazioni non governative internazionali riconosciute dall’ECOSOC (il Comitato Economico e sociale dell’Onu); vi parteciparono 8.000 donne, tra cui molte africane. L’azione del Forum fu orientata a tessere e rinsaldare i contatti tra migliaia di donne e associazioni femminili attraverso l’organizzazione di legami internazionali all’insegna della parola chiave networking, mettersi in rete.

    NAIROBI, 1985

    La terza Conferenza mondiale delle Donne dell’Onu, a Nairobi, aveva lo scopo di valutare i risultati del decennio delle Nazioni Unite per le Donne rispetto ai fi ssati obiettivi dell’uguaglianza, dello sviluppo e della pace, nonché di approvare delle strategie di attuazione per il progresso delle donne fi no all’anno 2000.La situazione si rivelò immediatamente poco confortante: i dati

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    raccolti dalle Nazioni Unite dimostravano che nonostante i tentativi compiuti per diminuire la discriminazione, aveva benefi ciato di reali miglioramenti solo una piccola minoranza della comunità femminile mondiale. I progressi intervenuti nella situazione delle donne nei paesi in via di sviluppo potevano essere considerati, nella migliore delle ipotesi, marginali. In breve, gli obiettivi stabiliti per la seconda metà del Decennio delle Nazioni Unite per le Donne non erano stati raggiunti.La Conferenza rivolse un appello alla comunità internazionale affi nché fossero applicate le leggi già approvate per la parità delle donne e le possibilità di istruzione e formazione fossero rese effettive ed effi caci e si riconoscesse che la categorie delle donne e quella dei bambini sono tra le più esposte a diventare vittime della povertà, della carestia, dell’apartheid, dei confl itti armati, della violenza familiare e dell’emarginazione, dovuta alla condizione di rifugiati, emigranti o minoranza etnica. La Conferenza si concluse con l’adozione del Piano d’Azione intitolato Strategie future d’azione per il progresso delle donne e misure concrete per superare gli ostacoli alla realizzazione entro l’anno 2000, degli scopi e degli obiettivi del Decennio (il documento è stato pubblicato in italiano dalla Commissione Nazionale Parità).La Strategie sviluppate e adottate all’unanimità dai 157 governi partecipanti ponevano una nuova questione: esse dichiaravano che qualsiasi tema era un tema femminile. La partecipazione femminile all’assunzione di decisioni e alla gestione di tutti gli affari umani veniva riconosciuta non soltanto come un loro legittimo diritto ma anche come una necessità sociale e politica che avrebbe dovuto essere incorporata in tutte le istituzioni della società.Il cuore del documento era rappresentato da una serie di misure per raggiungere l’uguaglianza a livello nazionale. A tale proposito, i governi dovevano stabilire le proprie priorità, basate sulle proprie politiche di sviluppo e sulle risorse disponibili.Per quanto riguardava tali misure, venivano identifi cate tre categorie fondamentali:

    - Azioni costituzionali e legali,- Uguaglianza nella partecipazione sociale,- Uguaglianza nella partecipazione politica e nell’assunzione delle decisioni.

    Secondo il punto di vista per il quale qualsiasi argomento era un tema femminile, le misure raccomandate dalle Strategie di Nairobi coprivano un’ampia varietà di soggetti: dall’occupazione alla sanità, dall’istruzione ai servizi sociali, dall’industria alla scienza, dalle comunicazioni all’ambiente. In aggiunta, venivano proposte delle linee guida per le misure nazionali volte a promuovere la

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    partecipazione femminile, destinate ad incrementare misure di pace, come pure ad assistere le donne in situazioni di particolare diffi coltà.Conseguentemente, la Conferenza di Nairobi invitava i governi a delegare le responsabilità per le questioni femminili a tutti gli uffi ci e programmi istituzionali. Inoltre, a seguito della Conferenza, l’Assemblea Generale chiese alle Nazioni Unite di istituire, laddove non esistessero già, dei punti focali sulla questione femminile in tutte le aree di lavoro dell’Organizzazione.La Conferenza di Nairobi ha lanciato un approccio di più ampia portata alla questione del progresso femminile, il quale riconosce che l’uguaglianza delle donne, lungi dall’essere una questione isolata, interessa ogni sfera dell’attività umana. Di conseguenza, il punto di vista femminile e l’attivo coinvolgimento delle donne in tutte le questioni, non soltanto nelle tematiche femminili, era necessario se si intendeva raggiungere gli obiettivi stabiliti per il Decennio delle Donne.Con oltre 14.000 rappresentanti di organizzazioni non governative – di cui il 60% provenienti dai Paesi del Sud del mondo -che partecipavano al parallelo Forum (articolato in 1.800 eventi fra seminari, gruppi di lavoro e attività varie), molti si riferiscono a questa Conferenza come alla “nascita del femminismo globale”. Il movimento delle donne, diviso dalla politica mondiale e dalle realtà economiche alla Conferenza di Città del Messico, era ora diventato una forza internazionale unifi cata sotto lo stendardo dell’uguaglianza, dello sviluppo e della pace.

    LA CONFERENZA DI PECHINO DEL 1995

    LE CONFERENZE PREPARATORIE REGIONALI

    La conferenza di Pechino ha avuto una fase preparatoria attraverso cinque conferenze regionali intergovernative alle quali hanno preso parte migliaia di partecipanti fra ministri, alti funzionari, esperti delle Nazioni Unite e delle organizzazioni non governative. L’obiettivo di tali conferenze preliminari era di consentire ai rappresentanti dei governi e agli osservatori non governativi di analizzare i problemi e valutare la condizione femminile nelle cinque macroregioni del pianeta sulla base delle Strategie adottate a Nairobi nel 1985. Ogni conferenza regionale ha contribuito al programma di Pechino adottando un piano d’azione che rifl ette le preoccupazioni

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    1.3.2.1

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    ed i problemi ma anche i nuovi settori strategici in vista di iniziative future. Ovviamente, le priorità identifi cate sono diverse a seconda delle regioni, ma alcune problematiche fondamentali sono comuni: disoccupazione, violenza, sottorappresentazione delle donne nella vita politica ed economica. La Conferenza preparatoria della Regione occidentale si svolse a Vienna tra il 17 ed il 21 ottobre 1994 alla presenza di rappresentanti di Stati europei (dell’Ovest e dell’Est), di alcuni Stati indipendenti del Commonwealth, del Nord America e di Israele. Essi adottarono una Piattaforma d’azione regionale che impegnava i governi e le organizzazione multilaterali ad intervenire per il miglioramento della condizione femminile nei processi globali di ristrutturazione delle relazioni economiche, sociali e culturali. La Piattaforma sottolinea il ruolo critico della regione nord americana/europea in rapporto alle altre regioni del pianeta a causa del suo impatto politico ed economico a scala mondiale: essa ha perciò una responsabilità decisiva nella promozione della donna, nella sua partecipazione ai processi decisionali e nel suo ruolo nelle nuove prospettive di sviluppo La Piattaforma contiene una dichiarazione-preambolo e un impegno di missione, descrive le strutture regionali d’azione e individua sette “aree d’interesse peculiare”: insuffi ciente promozione e protezione dei diritti umani; femminilizzazione della povertà; insuffi ciente consapevolezza dei contributi delle donne all’economia nel contesto dello sviluppo sostenibile e insuffi ciente promozione del loro potenziale; insuffi ciente eguaglianza di genere sul lavoro e nelle opportunità economiche, insuffi cienza delle politiche e delle disposizioni atte a conciliare lavoro e responsabilità familiari; insuffi ciente partecipazione delle donne alla vita pubblica; insuffi cienza nelle statistiche e metodologie atte a fornire stimoli alle politiche e all’attività legislativa oltre che ad assicurare eguaglianza di trattamento fra uomini e donne; insuffi ciente cooperazione intra/interregionale in materia di genere.La Piattaforma sollecita azioni per promuovere e assicurare: la piena realizzazione di tutti i diritti umani della donna; lo sradicamento della povertà femminile; il riconoscimento del pieno contributo delle donne alle loro economie nazionali e allo sviluppo sostenibile; pari trattamento fra uomini e donne lavoratrici e l’armonizzazione del lavoro con le responsabilità familiari; piena partecipazione delle donne alla vita politica; sistemi statistici e di ricerca sul genere; la solidarietà e la cooperazione intra/interregionali per la tutela e la promozione delle donne. Il percorso di avvicinamento a Pechino ha visto anche la partecipazione della società civile internazionale: al Forum non governativo di Vienna

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    parallelo alla Conferenza circa 1.200 donne della regione occidentale si incontravano per esaminare gli aspetti intrecciati dell’eguaglianza, dello sviluppo e della pace e il loro impatto sulla vita delle donne. Le partecipanti hanno sottolineato l’enorme divario, in termini di risorse disponibili e di diritti goduti dalle donne, fra i vari stati e all’interno degli stessi. Esse hanno identifi cato le aree prioritarie di azione per la promozione della donna nella regione: favorire la piena realizzazione dei diritti umani di ogni donna; promuovere e applicare una forma di sviluppo socioeconomico che avvantaggi le donne della regione e del mondo; creare società senza violenza che garantiscano sicurezza e benessere agli individui e alle comunità a tutti i livelli.Il Forum ha evidenziato una sensibilità internazionalista, attenta ai rapporti Nord-Sud, agli intrecci economia-ambiente e politica-diritti umani. I lavori del Forum hanno prodotto una documento di richieste a governi occidentali di cui vengono riportati alcuni stralci:

    […] Le nazioni industrializzate consumano il 75% delle risorse mondiali con il 20% della popolazione. La crescita economica insostenibile nella regione ECE mina i livelli di vita delle donne e le prospettive di livelli di vita sostenibili ed equi nella regione e nel mondo, incrementando il divario fra ricchi e poveri, all’interno e fra i paesi. Il Forum delle ONG chiede che i diritti delle donne, lo sviluppo sostenibile, e la riconversione dei modelli di produzione e consumo diventino aree di interesse peculiare.

    […] Povertà, mancanza di casa, esclusione sociale sono in primo luogo il risultato delle condizioni socio-economiche. Le donne dei ceti poveri, incluse le donne di colore, indigene, immigrate e rifugiate che svolgono attività mal pagate e così creano ricchezza nell’Europa del Centro, dell’Est, dell’Ovest e in Nord America, chiedono ai governi partecipanti alla Conferenza di calcolare al doppio o al triplo il valore del loro lavoro.

    […] Donne anziane: è richiesta un’analisi attenta degli effetti di una duplice discriminazione, quella legata al genere e quella legata all’età. Le donne anziane dovrebbero essere pienamente integrate nella pianifi cazione perché: il loro numero è in rapida crescita nelle società occidentali; l’aspettativa di vita delle donne è maggiore di quella degli uomini;

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    le donne anziane hanno problemi speciali che devono essere riconosciuti.

    […] I governi dovrebbero riconoscere che le ONG indipendenti e le singole donne giocano un ruolo essenziale come osservatori e difensori dei diritti umani, per il quale devono poter esercitare il diritto - riconosciuto dai trattati internazionali - alla libertà di espressione e di associazione.

    [...] Le donne migranti e rifugiate sperimentano tutte le forme di violenza nella vita pubblica e privata, il che è acuito dalla distruzione delle tradizionali strutture di sostegno e dall’inaccessibilità e/o mancanza di appropriati servizi culturali e linguistici. Esse hanno diritto a servizi di assistenza adeguati e al lavoro in un ambiente sano. No alle leggi anti-migrazione.

    [...] La partecipazione delle donne alla vita politica è insuffi ciente e occorrono meccanismi legislativi per garantire la rappresentanza della diversità femminile in termini di razza, classe, età, disabilità.

    RISULTATI

    La IV Conferenza mondiale delle Donne si è tenuta dal 9 al 15 settembre 1995 a Pechino, nel cinquantesimo anniversario della fondazione delle Nazioni Unite. Le parole chiave della conferenza, “punto di vista di genere”, “empowerment”, “mainstreaming”, sono entrate defi nitivamente nel dibattito femminista, e anche — con risultati alterni — in quello dei governi.Alla Conferenza dei governi hanno partecipato 5.307 delegate e delegati uffi ciali, e 3.824 rappresentanti delle ONG. Erano inoltre presenti 3.200 operatori dei media e 4.041 giornalisti provenienti da 124 paesi. Di questi, 841 erano cinesi, 1.468 provenivano da 18 paesi asiatici, 1.210 dall’Europa e dall’Australia, 268 dall’Africa, 134 dai paesi del Medio Oriente e 829 dagli Stati Uniti e dal Canada. Contemporaneamente, al Forum delle ONG di Huairou partecipavano 31.000 donne, rappresentanti di più di 2.000 organizzazioni di 200 diversi paesi.La Conferenza di Pechino ha adottato due documenti. Il primo è la Dichiarazione di Pechino di cui si riportano di seguito ampi stralci:

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    […] Constatiamo che la condizione delle donne ha compiuto signifi cativi progressi in certi settori importanti nel corso degli ultimi dieci anni, ma che tali progressi non sono stati uniformi e che le disuguaglianze tra donne e uomini persistono e grandi ostacoli permangono, con gravi conseguenze per il benessere di tutti gli esseri umani

    […] Constatiamo ugualmente che questa situazione è esacerbata dall’aumento della povertà, che affl igge la maggior parte della popolazione mondiale, in particolare le donne e i bambini, e che ciò ha origini in contesti nazionali e internazionali,

    […] Ci consacriamo

    […] al fi ne di sostenere ulteriormente il progresso delle donne e l’accrescimento del potere di azione (empowerment) per le donne di tutto il mondo, e concordiamo nel ritenere che questo richiede che siano prese subito misure urgenti in uno spirito di determinazione, speranza, cooperazione e solidarietà, che ci porterà avanti nel prossimo secolo.

    Riaffermiamo il nostro impegno per

    […] Garantire la piena realizzazione dei diritti fondamentali delle donne e delle bambine in quanto parte inalienabile, integrante e indivisibile di tutti i diritti umani e libertà fondamentali

    […] Siamo persuasi che

    il rafforzamento del potere di azione delle donne e la loro piena partecipazione su basi paritarie a tutti i settori della vita sociale, inclusa la partecipazione ai processi decisionali e il loro accesso al potere, sono fondamentali per il raggiungimento della uguaglianza, dello sviluppo e della pace;

    […] I diritti delle donne sono diritti fondamentali della persona;

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    […] Parità di diritti, di opportunità e di accesso alle risorse, uguale condivisione di responsabilità nella famiglia tra uomini e donne e una armoniosa collaborazione tra essi sono essenziali per il benessere loro e delle loro famiglie così come per il consolidamento della democrazia;[…] La pace a livello locale, nazionale, regionale e mondiale può essere raggiunta ed è inestricabilmente legata al progresso delle donne, perché esse sono un motore fondamentale di iniziative, per la soluzione di confl itti e per la promozione di una pace durevole a tutti i livelli;[…] Siamo determinati a:

    […] Promuovere l’indipendenza economica delle donne, in particolare per mezzo della occupazione, ed eliminare il perdurante e crescente peso della povertà sulle donne, affrontando le cause strutturali della povertà per mezzo di cambiamenti nelle strutture economiche che assicurino a tutte le donne — in particolare a quelle che vivono in aree rurali — pari accesso, in quanto protagoniste essenziali dello sviluppo, alle risorse produttive, alle opportunità e ai pubblici servizi;

    […] Promuovere uno sviluppo durevole al servizio degli individui, in particolare una crescita economica sostenuta, sviluppando l’istruzione di base, l’educazione permanente, l’alfabetizzazione e la formazione, nonché l’assistenza sanitaria di base per donne e bambine;

    […] Prendere iniziative concrete a favore della pace per il progresso delle donne e, riconoscendo il ruolo fondamentale svolto dalle donne nei movimenti per la pace, lavorare attivamente per un disarmo generale e completo, sotto lo stretto ed effi cace controllo internazionale, e sostenere i negoziati per la conclusione, senza ulteriori rinvii, di un trattato universale, multilaterale ed effettivamente verifi cabile per la proibizione degli esperimenti nucleari, che possa contribuire al disarmo nucleare e alla prevenzione della proliferazione delle armi nucleari in tutti i suoi aspetti;

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    […] Raddoppiare gli sforzi per assicurare l’uguale e pieno esercizio di tutti i diritti umani e libertà fondamentali per tutte le donne e le bambine che affrontano diffi coltà molteplici, per ciò che concerne la loro acquisizione di poteri e il loro progresso, a causa di fattori quali la loro razza, età, lingua, etnia, cultura, religione, handicap, o perché sono donne indigene;

    […] Siamo determinati a:

    [..] Assicurare l’accesso delle donne, in condizioni di parità, alle risorse economiche, in particolare alla terra, al credito, alla scienza e alla tecnologia, alla formazione professionale, all’informazione, alla comunicazione e ai mercati, come strumenti per far progredire le donne e le bambine e attribuire loro poteri, anche attraverso lo sviluppo delle loro capacità, per godere dei benefi ci che derivano dal pari accesso a queste risorse, tra l’altro, per mezzo della cooperazione internazionale […]

    Il secondo documento approvato dalla Conferenza di Pechino è la Piattaforma d’Azione, il testo politico più rilevante in materia di genere e diritti umani delle donne. Obiettivo della Piattaforma, in piena conformità con gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite e con il diritto internazionale, è il rafforzamento del potere di azione (empowerment) di tutte le donne, attraverso l’accelerazione del processo di applicazione delle Strategie future per il progresso delle donne (Nairobi 1985) – i cui traguardi sono in gran parte ancora da raggiungere - e la rimozione di tutti gli ostacoli che si frappongono alla attiva partecipazione delle donne a tutte le sfere della vita pubblica e privata, per mezzo di una piena e completa partecipazione ai processi decisionali di natura sociale, culturale e politica.Secondo la Piattaforma “l’uguaglianza tra donne e uomini appartiene alla sfera dei diritti umani ed è una condizione necessaria per la giustizia sociale, ma è anche un requisito essenziale e fondamentale per l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace. Una collaborazione rinnovata, basata sull’uguaglianza tra donne e uomini, è la condizione necessaria per uno sviluppo durevole al servizio degli individui. Un sostegno di lungo periodo è essenziale affi nché donne e uomini possano lavorare insieme per se stessi, per i loro fi gli e per la società, in modo da

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    poter affrontare le sfi de del ventunesimo secolo”.E ancora: “Il progresso delle donne e il raggiungimento della uguaglianza tra donne e uomini sono un aspetto dei diritti umani e sono una condizione per la giustizia sociale: non devono essere considerati isolatamente come un obiettivo che riguarda esclusivamente le donne. Essi costituiscono il solo modo per costruire una società sostenibile, giusta e sviluppata. L’acquisizione di potere da parte delle donne e la parità tra donne e uomini sono condizioni necessarie per raggiungere la sicurezza politica, sociale, economica, culturale ed ecologica ambientale di tutti i popoli”.

    La Piattaforma di Pechino mette in luce alcune preoccupazioni e aree di particolare urgenza: la comunità internazionale, i singoli governi, la società civile - incluse le organizzazioni non governative del settore privato - sono chiamati ad assumere iniziative strategiche nelle seguenti aree di crisi:

    - Il perdurante e crescente peso della povertà sulle donne;- L’accesso disuguale, la disparità o la scarsità di opportunità educative e di formazione professionale qualifi cata a tutti i livelli;- L’accesso disuguale, la disparità e l’inadeguatezza nell’assistenza sanitaria e nei relativi servizi;- La violenza contro le donne;- Le conseguenze dei confl itti armati o di altro genere sulle donne, incluse quelle che vivono sotto occupazione straniera;- La disuguaglianza nelle strutture economiche e politiche, in tutte le forme di attività produttive e nell’accesso alle risorse;- La disuguaglianza tra donne e uomini nella distribuzione del potere decisionale a ogni livello;- I meccanismi inadeguati a ogni livello per promuovere il progresso delle donne;- Il non rispetto dei diritti fondamentali delle donne e la loro inadeguata promozione e protezione;- La stereotipizzazione delle immagini delle donne e la disuguaglianza nell’accesso e partecipazione delle donne a tutti i sistemi di comunicazione e in particolare ai mezzi di comunicazione di massa;- Le disuguaglianze tra uomini e donne nella gestione delle risorse naturali e nella salvaguardia dell’ambiente;- La perdurante discriminazione e la violazione dei diritti fondamentali delle bambine.

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    All’interno della Piattaforma, per ciascuna delle 12 aree di crisi, i problemi vengono analizzati e gli obiettivi strategici sono proposti assieme ad azioni concrete da adottarsi da parte dei diversi attori per raggiungere tali obiettivi.

    LA SESSIONE SPECIALE DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU PECHINO + 5

    Durante la 23ª Sessione speciale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite “Donne 2000. Uguaglianza di genere, sviluppo e pace per il 21° secolo” - svoltasi a New York dal 5 al 10 giugno e nota informalmente come “Pechino +5” — i governi hanno ribadito il proprio impegno per promuovere azioni in grado di concretizzare la Dichiarazione e la Piattaforma della quarta Conferenza mondiale sulle donne (Pechino 1995).Accanto ai signifi cativi progressi fatti nell’attuazione degli accordi del 1995, i/le delegati/e ammettevano la presenza di ostacoli considerevoli e adottavano una Dichiarazione politica (Risoluzione I) e un accordo sulle “Ulteriori azioni e iniziative per attuare la Dichiarazione e la Piattaforma d’azione di Pechino” (Risoluzione II).Accanto al sempre più convinto riconoscimento delle differenti dimensioni della povertà maschile e femminile, la Sessione speciale conveniva sul progressivo accentuarsi della disuguaglianza economica tra uomini e donne. Secondo l’Assemblea la globalizzazione ha certamente offerto ad alcune donne opportunità economiche migliori e una maggiore autonomia, ma ne ha ulteriormente emarginate molte altre.Dalle principali conclusioni e raccomandazioni è possibile desumere i seguenti orientamenti:

    - occorrono iniziative per incrementare la partecipazione delle donne alle decisioni in materia di politica economica, attività per lo sviluppo, prevenzione e soluzione dei confl itti; occorre inoltre incoraggiare l’ingresso delle donne in politica;- occorre aumentare l’alfabetizzazione degli adulti del 50% entro il 2015 e fornire l’istruzione elementare obbligatoria e gratuita a tutti i ragazzi e le ragazze; i programmi di studio devono affrontare il tema degli stereotipi di genere considerati come una delle cause della successiva segregazione nel mondo del lavoro;- occorrono provvedimenti legislativi più energici contro tutte le forme di violenza domestica, fra cui lo stupro e gli abusi sessuali coniugali; la violenza contro donne e ragazze è una violazione dei diritti umani;

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    - occorrono leggi, politiche e programmi educativi per sradicare pratiche tradizionali nocive quali le mutilazioni dei genitali, i matrimoni precoci e forzati, i delitti “d’onore”, e per eliminare lo sfruttamento commerciale del sesso, la tratta di donne e bambine/i, l’infanticidio delle bambine, i crimini di origine razziale e le violenze dovute a questioni di dote;- ridurre la mortalità e morbilità materna è una priorità; le donne devono avere accesso immediato a servizi sanitari materno-infantili, cure ostetriche e post partum e deve essere garantito il trasporto per e l’assistenza di servizi sanitari specialistici qualifi cati se necessario;- tra le varie priorità sanitarie c’è la prevenzione delle gravidanze indesiderate e la prevenzione, diagnosi e cura del cancro della mammella, della cervice dell’utero e delle ovaie, dell’osteoporosi e delle malattie a trasmissione sessuale compreso l’HIV/Aids;- “non sono state ancora completamente attuate” le raccomandazioni della Piattaforma d’azione che impegnano i governi a far fronte alle conseguenze degli aborti a rischio quale priorità per il servizio sanitario pubblico, e a ridurre il ricorso all’aborto attraverso la diffusione e il miglioramento dei servizi di pianifi cazione familiare;- “I servizi e programmi educativi per consentire agli/lle adolescenti di affrontare in maniera positiva e responsabile la propria sessualità sono ancora insuffi cienti”; occorre fornire ai/lle giovani “educazione, informazioni e servizi accoglienti, di facile accesso e non discriminatori affi nché possano affrontare concretamente i propri bisogni in materia di salute sessuale e riproduttiva”;- occorrono programmi specifi ci “per incoraggiare gli uomini ad adottare un comportamento sessuale e riproduttivo sicuro e responsabile, e dotarli degli strumenti concreti per prevenire le gravidanze indesiderate e le malattie a trasmissione sessuale, tra queste l’HIV/Aids”;- donne e uomini dovrebbero avere accesso universale e paritario per tutto l’arco della vita ai servizi pubblici essenziali per la salute, vale a dire acqua potabile, servizi igienici, nutrizione e sicurezza alimentare e programmi di educazione sanitaria.

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    GLI ATTORI

    La comunità internazionale affi da ad una serie di organismi, uffi ciali e non, il compito di promuovere l’esercizio effettivo dei diritti umani, di verifi care il rispetto degli impegni presi dagli stati, di punire le più gravi violazioni. Contemporaneamente, un ruolo essenziale nella promozione dei diritti umani viene svolto dalla società civile: sono attivi, ormai, migliaia di movimenti, associazioni, sindacati, che nel linguaggio dei diritti umani vengono tutti defi niti con l’espressione “organizzazioni non governative”. Fra queste, le organizzazioni delle donne hanno un ruolo di primo piano.

    ORGANI DEI TRATTATI

    I principali patti e convenzioni dispongono di un comitato di controllo, che ne monitora e garantisce l’applicazione. Il lavoro del comitato di controllo consiste sia nel contribuire all’interpretazione di una specifi ca convenzione, che nell’analizzare e, quindi, rispondere, ai rapporti presentati dai vari paesi sul modo in cui essi applicano la convenzione. La maggior parte dei comitati di controllo presenta poi il proprio rapporto direttamente all’Assemblea Generale dell’ONU, una volta ogni uno o due anni. Tramite questo sistema di rapporti, gli Stati garantiscono la trasparenza sulla propria condotta in materia di diritti umani.I/le componenti di un comitato di controllo su una convenzione devono provenire da paesi che abbiano ratifi cato tale convenzione. All’interno dell’organismo essi non rappresentano il proprio paese ma, al contrario, svolgono il proprio lavoro a titolo individuale, sulla base delle competenze che possiedono in materia di diritti umani.Due dei comitati di controllo in questione hanno il potere aggiuntivo di raccomandare ricerche o inchieste specifi che. Il Comitato contro la tortura può portare avanti un’inchiesta riservata, in cooperazione con lo Stato interessato, basata sul sospetto attendibile che quel paese ricorra sistematicamente alla tortura. Anche il Comitato sui diritti dell’infanzia può raccomandare di portare avanti ricerche su argomenti specifi ci legati ai diritti dell’infanzia.

    1.4

    1.4.1

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    DOCUMENTI

    Convenzione Comitato N° componenti

    Patto internazionale sui diritti civili e politici

    Comitato Diritti Umani 18 membri

    Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali

    ECOSOC, che nel 1987 ha istituito il Comitato per i diritti economici, sociali e culturali

    18 membri

    Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne

    Comitato sull’eliminazione delle discriminazioni contro le donne

    23 membri

    Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale

    Comitato sull’eliminazione delle discriminazioni razziali

    18 membri

    Convenzione internazionale contro la tortura e gli altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti

    Comitato contro la tortura 10 membri

    Convenzione sui diritti dell’infanzia

    Comitato sui diritti dell’infanzia 10 membri

    TAB.1.1 CONVENZIONI DOTATE DI COMITATI DI CONTROLLO

    La Convenzione CEDAW prevede l’istituzione di un Comitato sull’eliminazione delle discriminazioni contro le donne. Composto da esperte nel campo dei diritti delle donne, provenienti da 23 paesi ed elette a scrutinio segreto da una lista di candidature presentate dagli stati parte, esso ha il compito di verifi care lo stato di applicazione delle norme contenute nella Convenzione. Nelle elezioni si tiene conto dell’esigenza di garantire equità sia nella distribuzione geografi ca delle elette, sia nella presenza all’interno del Comitato di civiltà e ordinamenti giuridici diversi. Le 23 componenti del Comitato svolgono le loro funzioni a titolo personale, non in qualità di delegate

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    o rappresentanti del proprio paese d’origine.Ci sono due aspetti in cui il Comitato è diverso dagli altri organismi ONU che hanno il compito di verifi care l’applicazione di trattati o convenzioni internazionali. In primo luogo, sin dalla sua costituzione nel 1982, tutte le sue componenti sono sempre state donne, tranne in un caso. In secondo luogo, mentre la maggior parte degli organismi ONU preposti alla supervisione dei trattati sono composti prevalentemente di giuristi, il Comitato CEDAW comprende esperte di svariate discipline: ne hanno fatto parte economiste, diplomatiche, sociologhe. Entrambi questi fattori hanno contribuito ad una interpretazione dinamica e creativa delle proprie funzioni da parte del Comitato.Ogni stato che ratifi ca la Convenzione o vi aderisce ha l’obbligo di presentare al Comitato CEDAW dei rapporti periodici, in cui vengano illustrate le azioni compiute dallo stato in questione per dare applicazione alle norme in essa contenute. Il primo Rapporto va presentato entro un anno dalla data di ratifi ca, e successivamente i rapporti vanno presentati ogni quattro anni. Le Raccomandazioni Generali fi nora adottate dal Comitato non sono state rivolte a singoli stati; esse hanno invece proposto a tutti gli stati parte le misure specifi che che possono essere messe in atto per adempiere agli obblighi previsti dalla Convenzione CEDAW. Durante il suo primo decennio di lavoro, il Comitato ha emesso Raccomandazioni brevi e dai contenuti generali. Nella decima sessione si è invece deciso che a partire dal 1992 sarebbero stati elaborati commenti su articoli specifi ci della Convenzione, o su tematiche trasversali a diversi articoli, a partire da quanto emerso nell’esame dei rapporti nazionali, dalle informazioni fornite dal Segretariato, dalle agenzie specializzate e da altri organismi ONU, nonché dalle informazioni fornite dalle ONG e dalle persone interessate.Su questa base, il Comitato ha deciso di approfondire, nell’ultimo decennio del secolo, i seguenti temi: violenza per motivi legati alla differenza di genere (1992); famiglia (1993); partecipazione politica delle donne (1994 e 1997); salute (1999); intreccio fra discriminazione di genere e discriminazione razziale (2001).A partire dal 22 dicembre 2000, il Comitato CEDAW ha assunto un nuovo compito: esaminare le denunce di violazione presentate dalle donne (singolarmente o in gruppi) in base al Protocollo facoltativo di supporto alla Convenzione.

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    DOCUMENTI

    ORGANI POLITICI DELLE NAZIONI UNITE

    Le Nazioni Unite, i cui membri sono gli Stati sovrani, non sono un governo mondiale e non legiferano. Esse, tuttavia, provvedono ai mezzi e agli strumenti per supportare la risoluzione dei confl itti internazionali e formulano politiche appropriate su questioni di interesse comune per la comunità mondiale.L’ONU ha sei organi principali. Cinque di questi - l’Assemblea Generale, il Consiglio di Sicurezza, il Consiglio Economico e Sociale, il Consiglio di Amministrazione Fiduciaria e il Segretariato - si trovano presso la sede generale di New York. Il sesto - la Corte Internazionale di Giustizia - ha sede a L’Aia, in Olanda.

    LA COMMISSIONE ONU SULLA CONDIZIONE DELLE DONNE (CSW)

    La Commissione sulla Condizione delle Donne (Commission on the Status of Women, CSW) è una delle Commissioni funzionali del Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC) delle Nazioni Unite. Istituita nel 1946 come organismo parallelo alla Commissione sui Diritti Umani, nel corso degli anni ha dato un importante contributo all’elaborazione delle tematiche dell’eguaglianza, dei diritti umani delle donne, e di un punto di vista di genere sui diritti umani: ad esempio sia la Convenzione sull’Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione Contro le Donne (CEDAW), che il suo Protocollo facoltativo, sono risultati del lavoro della CSW.La CSW è composta da 45 rappresentanti dei governi e da 45 osservatori dei governi, ed il Dipartimento ONU sulla Promozione delle Donne (Division for the Advacement of Women -DAW) opera come sua segreteria. La Commissione si riunisce una volta l’anno, a marzo, per due settimane6, e lavora su rapporti, ricerche e raccomandazioni relative ad una vasta gamma di questioni legate ai diritti umani delle donne. I paesi che non fanno parte della Commissione partecipano comunque a tutte le fasi del dibattito e del negoziato, con diritto di parola ma non di voto; le ONG che godono di status consultivo presso l’ONU possono partecipare alle riunioni della Commissione in qualità di osservatori. La modalità decisionale, stabilita nel 1996 e riconfermata nel 2001, è quella delle conclusioni concordate (agreed conclusions), cioè testi negoziati fra le delegazioni di governo e non sottoposti a votazione, ma adottati per consenso. Le risoluzioni, invece, possono essere o adottate per consenso o sottoposte a voto, a seconda dei casi. Fra i poteri della Commissione, c’è quello di ricevere comunicazioni

    1.4.2

    1.4.2.1

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    35fascicolo secondo

    di individui e gruppi relativamente a episodi di discriminazione nei confronti delle donne. Questa procedura non consente di intraprendere alcuna azione sulla base di denunce individuali, ma si pone invece l’obiettivo di individuare modelli e tendenze emergenti, per elaborare raccomandazioni sulle scelte politiche, allo scopo di risolvere problemi diffusi. Dopo la IV Conferenza mondiale delle donne, la Commissione ha assunto, oltre agli altri suoi compiti, anche quello di valutare l’applicazione della Piattaforma d’Azione di Pechino, in base al mandato defi nito nella parte fi nale della Piattaforma stessa. Nel 2000 la CSW ha funzionato da Comitato Preparatorio della Sessione Speciale Pechino +5, e in seguito ha affrontato temi legati a nuove conferenze mondiali (razzismo e AIDS) ed elaborato un nuovo programma di lavoro, su tematiche globali come la lotta alla povertà, i diritti umani, il ruolo delle nuove tecnologie.

    GLI ORGANISMI TEMATICI DELLE NAZIONI UNITE

    I relatori speciali ed i gruppi di lavoro sono esperti indipendenti che hanno il compito di promuovere e proteggere i diritti umani, esaminandone le violazioni e raccomandando le misure da prendere per prevenire tali abusi e porvi rimedio. I relatori speciali ed i gruppi di lavoro tematici si occupano della situazione dei diritti umani in tutti i paesi, anche in quelli che non hanno ratifi cato trattati sui diritti umani.La Commissione diritti umani stabilisce il mandato di ciascun organismo tematico tramite una risoluzione. All’interno della cornice del proprio mandato, i relatori speciali ed i gruppi di lavoro:

    - cercano e raccolgono informazioni credibili da fonti governative, inter-governative e non governative;- relazionano alle sessioni annuali della CHR (Commissione Diritti Umani);- raccomandano le misure da prendere per prevenire tali violazioni e rispondere ad esse.

    Alcuni dei relatori e relatrici speciali si occupano specifi camente di donne (violenza contro le donne (cfr. 1.4.3.1) e pratiche tradizionali nocive per la salute di donne e bambine), altri (forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza; vendita di bambini e sulla prostituzione e la pornografi a minorili; intolleranza religiosa; diritto alla libertà di opinione e di espressione; tortura; ecc.) hanno iniziato a introdurre nel proprio lavoro una prospettiva di genere.

    1.4.3

  • 36

    DOCUMENTI

    LA RELATRICE SPECIALE SULLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE, LE SUE CAUSE E LE SUE CONSEGUENZE

    La relatrice speciale sulla violenza contro le donne è stata nominata nel 1994, con il mandato di cercare e ricevere informazioni sulla violenza contro le donne, le sue cause e le sue conseguenze, e di raccomandare misure per eliminare questa violenza e le sue cause e per porre rimedio alle sue conseguenze. Anche se il mandato di molti altri organismi tematici copre particolari forme di violenza contro le donne, questo mandato è applicabile all’intera gamma di abusi violenti contro le donne, nella vita pubblica e privata. Tra tutti gli organismi tematici, questa relatrice speciale ha portato avanti l’analisi più approfondita del rapporto tra il genere, i ruoli socialmente costruiti di uomini e donne e cause e conseguenze delle violazioni dei diritti umani. Oltre che dalla Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), il principale mandato formale è costituito dalla Dichiarazione dell’ONU sull’eliminazione della violenza contro le donne (1993), la più esplicita affermazione di norme internazionali sulla violenza contro le donne. Nell’art.1 essa defi nisce la violenza contro le donne come qualsiasi atto di violenza basata sul genere che determina o può determinare danni o sofferenze fi siche, sessuali o psicologiche per le donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia che riguardino la sfera pubblica che quella privataLa relatrice speciale ha strutturato le attività sotto il suo mandato in base a tre categorie generali di violenza, defi nite nella Dichiarazione del 1993: violenza in famiglia, violenza nella comunità e violenza perpetrate o tollerate dallo Stato.Le raccomandazioni generali della relatrice speciale relativamente alla prevenzione di diverse forme di violenza ed alle risposte a queste violenze, ed anche le sue raccomandazioni in merito a situazioni nazionali specifi che, si sono concentrate su:

    - il ruolo del sistema giudiziario, comprese la defi nizione dei reati, le norme a carattere probatorio e di altra natura previste dalla procedura penale, le misure per proteggere le donne dalle rappresaglie, le sentenze per reati di violenza contro le donne, e la formazione della polizia e della magistratura;- i servizi ed i risarcimenti per le vittime, compresi i rifugi, l’assistenza sanitaria e legale, la formazione professionale e la possibilità di azioni legali previste dal diritto civile;- il ruolo dei gruppi e delle associazioni non-governative, compresa la necessità che il governo collabori con i gruppi

    1.4.3.1

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    37fascicolo secondo

    di donne nel fornire servizi, elaborare proposte di legge ed una politica per prevenire e monitorare la violenza contro le donne;- la raccolta dati e la ricerca sulla violenza contro le donne;- la creazione di assetti istituzionali effi caci a livello locale e nazionale, comprese centrali di polizia e centri che forniscano servizi sanitari e sociali, oltre a raccogliere le denunce, entrambi con personale esclusivamente femminile;- il bisogno di programmi educativi per trasmettere valori che prevengano la violenza contro le donne.

    I rapporti e le analisi della relatrice speciale forniscono uno strumento per defi nire strategie approfondite di prevenzione e risposta alle diverse forme di violenza contro le donne. Il mandato della relatrice speciale non nega la necessità di integrazione dei diritti umani delle donne degli altri organismi tematici ma, al contrario, le informazioni su violenze con una specifi cità di genere che ricadono nel mandato di uno o più degli altri organismi tematici possono essere inoltrate a quegli organismi, in aggiunta alle informazioni inviate alla relatrice speciale sulla violenza contro le donne.

    LE AGENZIE E GLI ALTI COMMISSARIATI DELLE NAZIONI UNITE

    L’Alto Commissariato per i diritti umani e l’Alto Commissariato per i rifugiati – entrambi con sede a Ginevra – provvedono sia all’attuazione di programmi di sviluppo, che si traducono in una progressiva concretizzazione dei diritti umani affermati nei principali trattati e convenzioni, sia alla tutela e protezione delle vittime di eventuali violazioni. Dalla Conferenza di Pechino (1995) in poi, l’attenzione all’interno di questi organismi per la condizione femminile e per interventi con una prospettiva di genere è notevolmente aumentata.

    Il rispetto e l’affermazione dei diritti umani sono anche parte integrante del lavoro delle principali agenzie e fondi delle Nazioni, alcune delle quali specifi camente dedicate alle donne (UNIFEM, INSTRAW) o da sempre attente alla differenza di genere (UNFPA, OMS), altre invece più recentemente avviate a una revisione del proprio operato in una prospettiva di genere (UNDP, UNICEF).

    L’ALTO COMMISSARIATO PER I DIRITTI UMANI

    L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito nel 1993 la carica di Alto commissario per i diritti umani (risoluzione 48/141),

    1.4.4

    1.4.4.1

  • 38

    DOCUMENTI

    con lo scopo di promuovere e proteggere l’effettivo godimento da parte di tutti dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali. L’Alto commissariato è il principale organismo delle Nazioni Unite responsabile per le attività nel campo dei diritti umani: esso è nominato dal Segretario generale per una durata di quattro anni, con la possibilità di un secondo mandato.L’Alto commissariato collabora con la Commissione sulla condizione delle donne – CSW (cfr. 1.4.2.1) e con il Fondo delle Nazioni Unite per le donne - UNIFEM (cfr. 1.4.4.2) al processo di revisione dei diritti umani universali in un’ottica di genere e alla piena integrazione dei diritti umani delle donne nel lavoro dei comitati di monitoraggio dei diversi trattati, così come richiesto dalle organizzazioni delle donne nelle Conferenza mondiale sulle donne di Pechino (1995). I comitati di monitoraggio dei trattati devono includere la condizione delle donne e i diritti umani delle donne nelle loro analisi e delibere, utilizzando dati disaggregati per sesso. Gli stati devono essere incoraggiati a includere nei propri rapporti periodici informazioni sulla situazione delle donne de jure e de facto.Sono state sviluppate diverse iniziative fi nalizzate a rafforzare la capacità dell’OHCHR di fare fronte ai bisogni e alle preoccupazioni delle donne. Tra queste, un progetto speciale portato avanti in collaborazione con la DAW ed il CSW fi nalizzato a integrare un punto di vista di genere in tutti gli aspetti del Programma per la Cooperazione Tecnica dell’OHCHR. L’interesse per la questione di genere da parte dell’Alto Commissariato per i diritti umani è ribadito esplicitamente dalla stesura nel maggio 2000 del documento-rapporto “Consolidare le conquiste, e andare avanti: i diritti umani delle donne a cinque anni da Pechino”

    UNIFEM - FONDO DI SVILUPPODELLE NAZIONI UNITE PER LE DONNE

    L’Assemblea generale ha istituito nel 1984 il Fondo di sviluppo delle Nazioni Unite per le donne come organismo autonomo, strettamente associato all’UNDP, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo. Esso ha lo scopo di promuovere l’empowerment politico ed economico delle donne nei PVS. L’attività dell’UNIFEM mira ad assicurare la partecipazione delle donne a tutti i livelli del processo di pianifi cazione e gestione dello sviluppo e sollecita affi nché i bisogni e gli obiettivi delle donne siano presi in considerazione da tutte le altre agenzie e organi delle Nazioni Unite nei rispettivi settori di intervento, a livello nazionale, regionale e globale.I principali settori di intervento dell’UNIFEM sono:

    1.4.4.2

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    - promozione dei diritti umani delle donne per eliminare ogni forma di violenza sessista e trasformare lo sviluppo in un processo più pacifi co, equo e sostenibile;- miglioramento delle capacità economiche delle donne, come imprenditrici e produttrici, con particolare attenzione ai nuovi assetti del commercio e allo sviluppo delle tecnologie dell’informazione;- incremento della presenza femminile nelle strutture politiche e di governo, in modo da rendere le donne maggiormente partecipi delle decisioni che incidono sulle loro vite.

    INSTRAW - ISTITUTO INTERNAZIONALE DI RICERCA E FORMAZIONE PER IL PROGRESSO DELLE DONNE

    L’Istituto è stato fondato dal Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite nel 1976 in seguito a una Raccomandazione della prima Conferenza mondiale sulle donne di Città del Messico (1975). Dal 1983 ha sede a Santo Domingo. L’Istituto è un organismo autonomo, fi nanziato con contributi volontari, nato per stimolare il miglioramento della condizione femminile nei PVS attraverso la ricerca, la formazione, la raccolta e la diffusione di informazioni. Nel 1999, l’INSTRAW ha ricevuto un mandato supplementare per caratterizzare le sue attività attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie informatiche e di comunicazione. L’INSTRAW ha preparato un Piano Strategico per il periodo 2004-2007 che prevede il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

    - Ricerca applicata: condurre ricerche circa le politiche esistenti che tengano conto della prospettiva di genere per valutarne l’implementazione e le lacune; incoraggiare l‘applicazione delle lezioni imparate e la riproduzione delle migliori pratiche e ritrasmetterle nelle politiche locali, regionali e mondiali- Condivisione e diffusione dell’informazione: sviluppare una amministrazione effi cace della conoscenza in materia di genere e diffusione dell’informazione per sostenere i governi e la società civile negli sforzi per integrare le prospettive di genere nelle politiche e nei programmi- Approcciare nuove questioni emergenti attraverso il rafforzamento delle capacità sul gender mainstreaming basato sulle lezioni apprese dalla ricerca applicata e dalla gestione delle conoscenze e l’utilizzo di nuove tecnologie- Sviluppo istituzionale dell’INSTRAW: costruire una istituzione duratura che sia solida ed innovatrice.

    1.4.4.3

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    DOCUMENTI

    FONDO DELLE NAZIONI UNITE PER LA POPOLAZIONE

    Il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNPFA) è nato nel 1967 per svolgere attività nel campo della popolazione, in stretta relazione con il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP). Il Fondo è stato profondamente rinnovato in seguito alla Conferenza mondiale su popolazione e sviluppo, svoltasi al Cairo (Egitto) nel 1994. Dal 1995 il comitato esecutivo del Fondo ha infatti stabilito che il suo programma di assistenza doveva orientarsi principalmente all’assistenza alla salute riproduttiva e altre questioni legate alla popolazione nei confronti dei PVS e dei paesi con economie in transizione. Contemporaneamente doveva impegnarsi per aumentare, attraverso le sue attività, la consapevolezza globale dei problemi connessi alla popolazione, con partico