Donare Pace e bene ottobre 2010

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Sped.A.P. - Art. 2 - Comma 20/C - Legge 662/96 - Divisione corrispondenza - Direzione Comm.le Imprese Ancona - N.8 / 2010

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Rivista santuario San Giuseppe da Copertino

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SOMMARIODONARE PACE E BENE N.8/2010

EDITORIALE

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Avviso ai lettori - Ai sensi dell’art. 11 del decreto le-gislativo 30/60/2003 n° 196 (Codice della Privacy) Lainformiamo che i suoi dati sono conservati presso l’ar-chivio della ASSOCIAZIONE “DONARE PACE E BE-NE”, quale titolare del trattamento. L’elenco di tutti iResponsabili del Trattamento è, altresì, a completa di-sposizione presso la sede dell’Associazione.I suoi dati saranno trattati in modo lecito e secondocorrettezza, raccolti e registrati per il solo scopo dellapresente pubblicazione, aggiornati, completi e non ec-cedenti rispetto alle presenti finalità, conservati per unperiodo di tempo non superiore a quello di durata dellapresente pubblicazione. Premesso che il conferimentodei dati ha natura facoltativa, ai sensi dell’art. 13 delD.lgs. 196/2003 Lei ha diritto di conoscere, aggiornare,cancellare ad opporsi all’utilizzo dei suoi dati mediantecomunicazione scritta a Associazione “Donare Pace eBene”, Piazza Gallo, 10 - 60027 OSIMO AN.L’Associazione fin d’ora garantisce e si obbliga ad assi-curare, nel rispetto dell’art. 31/196, quanto segue:“I dati personali oggetto di trattamento sono custoditie controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisi-te in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e allespecifiche caratteristiche del trattamento, in modo daridurre al minimo, mediante l’adozione di idonee e pre-ventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o per-dita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso nonconsentito o non conforme alle finalità della raccolta.”Accettando quanto sopra, ed in assenza di contraria co-municazione scritta, si autorizza l’Ente alla raccolta, co-municazione, trasferimento dei propri dati personali, aisoggetti, nei limiti e per le finalità indicate nella presen-te informativa.

«DONARE pace e bene», Santuarios. Giuseppe da Copertino, 60027 Osimo (An).Casella Postale n. 78 - Tel. (071) 71.67.26 - 71.45.23;e-mail: [email protected] ■ Pubblicazioneomaggio agli associati-devoti del santo, particolarmenteinvocato dagli studenti come loro protettore durante gli esa-mi. ■ Periodico mensile a carattere religioso, assisten-ziale, culturale ■ Sped. in abb. post. art. 2 comma 20 c.- Legge 662/96 - Divisione corrispondenza - DirezioneComm.le Imprese, Ancona - n. 8 Ott-Nov 2010 -Dir. Resp. p. Fermino Giacometti - Redazione: p. Ro-berto Brunelli ■ Proprietà-Editrice: Associazione “Donarepace e bene” Sant. s. Giuseppe da Cop., piazza Gallo, 10,Osimo-An / Cod. F. 93029380420 ■ Stampa: Errebi Fal-conara (An) - Fotoservizio SIR/Siciliani - Approv. eccle-siastica - Autor. del Trib. di Ancona n. 17 del 20.06.92■ ccp. 6601 Associazione “Donare pace e bene”,Santuario s. Giuseppe da Copertino / Osimo (An)■ Quota associativa 15 € (sostenitore 30 €) ■

3 Guidami, Luce gentile

CHIESA E SOCIETÀ

4 La speranza di santi

6 Dipende anche da te

PELLEGRINI DELLA PAROLA

10 Al banchetto di nozze

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VITA DEL SANTUARIO

20 Amici di san Giuseppe

23 Voci di preghiera

23 Operiamo il Bene insieme

SCUOLA E VITA

8 Favorire uno sviluppo sano

SAN GIUSEPPE DA COPERTINO

12 Ritorno a Copertino

14 Comanda che io venga da Te

AMICI DI DIO

16 La prima santa americana

L’OASI DELLA PREGHIERA

18 Nel suo Nome

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EDITORIALE DONARE PACE E BENE N. 8/2010

guidami,luce gentile roberto

brunelli

Racconta Beda il Venerabile nella suaStoria d’Inghilterra che un giorno Gre-

gorio Magno vide arrivare a Roma alcunimercanti di strano aspetto. Il Papa siinformò da quale terra venis-sero, e gli fu detto che prove-nivano dalla Britannia, i cui abi-tanti erano ancora pagani.Gregorio sospirò profonda-mente e disse che era doloro-so che uomini di così bella ap-parenza esteriore fossero prividella grazia interiore. Poi chie-se come si chiamasse la lorogente, e gli fu risposto che sichiamavano Angli. «Giusto»,esclamò Gregorio, «infatti han-no volto angelico e convieneche siano coeredi degli Angeli nei Cieli».Un gioco di parole, Angli/Angeli, che deciseil destino di quella nazione. Da quel giornoinfatti una delle principali preoccupazionidi papa Gregorio fu quella di evangelizzarel’Inghilterra, inviando missionari e pregan-do perché la predicazione evangelica inquella terra lontana desse frutto. Quellepreghiere furono esaudite, e in breve l’In-ghilterra divenne cristianissima, piena dichiese e monasteri, e naturalmente, anchedi beati e di santi. Dopo tante belle stagio-ni arrivò nel 1534 una tragica tempesta: ilRe Enrico VIII, invaghito della sua amanteAnna Bolena, ruppe con il papa che non gliconcesse il divorzio dalla prima moglie. Se-guirono altre mogli e molti martiri, tra cuiil grandissimo Tomasso Moro, cristiani veriche preferirono perdere la testa piuttostoche la loro coscienza. Seguirono per i cat-tolici secoli di persecuzione, perdita deidiritti e dei beni. Ma giunse il giorno di unanuova primavera. Un giovane pastore an-

glicano, il più intelligente e preparato, veroamante della Luce e della Verità, scoprìstudiando gli scritti dei Padri, che la veraChiesa era quella di Roma. La sua scelta fu

conseguente alla scoperta fat-ta, anche se era “solo controtutti”: si fece cattolico, venneconsacrato sacerdote e poinominato cardinale. Tanti se-guirono il suo esempio. OraBenedetto XVI, che è un suoamico, lo ha proclamato Beato.E siccome tutti, come il giova-ne John Henry alla ricerca del-la Verità, abbiamo bisogno dellaLuce vera, preghiamo spessocon le sue stesse parole:

Guidami, luce gentile,tra la tenebra, guidami tu!

Nera è la notte, lontana la casa, guidami tu!

Reggi i miei passi; cose lontane non voglio vedere,

mi basta un passo.Così non fui mai; né ti pregai così,

per la tua guida.Amavo scegliere la mia strada;

ma ora guidami tu!Amavo il giorno chiaro, l’orgoglio mi guidava,disprezzavo la paura:

non ricordare quegli anni.Sempre mi benedisse la tua potenza,

ancor oggi mi guideràper paludi e brughiere,

per monti e torrenti,finché svanisca la notte

e mi sorridano all’alba i volti d’angeliamati a lungo e perduti ora”.

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La sceltadi Newman fu

conseguente allascoperta fatta,

anche se era “solo contro tutti”:

si fece cattolico, emolti seguirono il

suo esempio

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CHIESA E SOCIETÀ

la speranza di santi

DONARE PACE E BENE N. 8/2010

benedettoXVI

Cari giovani amici, non capita spessoad un Papa — in verità nemmeno a

qualsiasi altra persona — l’opportunità diparlare contemporaneamente agli studentidi tutte le scuole cattoliche dell’Inghilterra,del Galles e della Scozia. E dal momentoche ora io ho questa possibilità, c’è qual-cosa che mi sta davvero molto a cuore didirvi. Ho la speranza che fra voi che oggisiete qui ad ascoltarmi vi siano alcuni deifuturi santi del ventunesimo secolo. La co-sa che Dio desidera maggiormente perciascuno di voi è che diventia-te santi. Egli vi ama molto piùdi quanto voi possiate immagi-nare e desidera per voi il mas-simo. E la cosa migliore di tut-te per voi è di gran lunga ilcrescere in santità. Forse alcu-ni di voi non ci hanno maipensato prima d’ora. Forse al-cuni pensano che essere santinon sia per loro. Lasciatemispiegare cosa intendo dire.Quando si è giovani, si è solitipensare a persone che stimiamo e ammi-riamo, persone alle quali vorremmo asso-migliare. Potrebbe trattarsi di qualcunoche incontriamo nella nostra vita quotidia-na e che teniamo in grande stima. Oppurepotrebbe essere qualcuno di famoso. Vivia-mo in una cultura della celebrità ed i gio-vani sono spesso incoraggiati ad avere co-me modello figure del mondo dello sporto dello spettacolo. Io vorrei farvi questadomanda: quali sono le qualità che vedetenegli altri e che voi stessi vorreste mag-giormente possedere? Quale tipo di per-sona vorreste davvero essere? Quando viinvito a diventare santi, vi sto chiedendo dinon accontentarvi di seconde scelte. Vi sto

chiedendo di non perseguire un obiettivolimitato, ignorando tutti gli altri. Avere sol-di rende possibile essere generosi e faredel bene nel mondo, ma, da solo, non èsufficiente a renderci felici. Essere grande-mente dotati in alcune attività o professio-ni è una cosa buona, ma non potrà maisoddisfarci, finché non puntiamo a qualco-sa di ancora più grande. Potrà renderci fa-mosi, ma non ci renderà felici. La felicità èqualcosa che tutti desideriamo, ma unadelle grandi tragedie di questo mondo è

che così tanti non riesconomai a trovarla, perché la cerca-no nei posti sbagliati. La solu-zione è molto semplice: la verafelicità va cercata in Dio. Ab-biamo bisogno del coraggio diporre le nostre speranze piùprofonde solo in Dio: non neldenaro, in una carriera, nelsuccesso mondano, o nelle no-stre relazioni con gli altri, main Dio. Lui solo può soddisfareil bisogno più profondo del

nostro cuore. Dio non solo ci ama conuna profondità e intensità che difficilmentepossiamo immaginare: egli ci invita a ri-spondere a questo amore. Tutti voi sapetecosa accade quando incontrate qualcunodi interessante e attraente, come deside-riate essere amici di quella persona. Spera-te sempre che quella persona vi trovi asua volta interessanti ed attraenti e vogliafare amicizia con voi. Dio desidera la vo-stra amicizia. E, una volta che voi siete en-trati in amicizia con Dio, ogni cosa nellavostra vita inizia a cambiare. Mentre giun-gete a conoscerlo meglio, vi rendete con-to di voler riflettere nella vostra stessa vi-ta qualcosa della sua infinita bontà. Siete

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Ho la speranzache fra voi cheoggi siete qui ad ascoltarmi vi siano alcunidei futuri santi

del ventunesimo secolo.

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CHIESA E SOCIETÀ DONARE PACE E BENE N. 8/2010

attratti dalla pratica della virtù. Incomincia-te a vedere l’avidità e l’egoismo, e tutti glialtri peccati, per quello che realmente so-no, tendenze distruttive e pericolose checausano profonda sofferenza e grandedanno, e volete evitare di cadere voi stessiin quella trappola. Incominciate a provarecompassione per quanti sono in difficoltàe desiderate fare qualcosa per aiutarli. De-siderate venire in aiuto al povero e all’affa-mato, confortare il sofferente, essere buo-ni e generosi.Quando queste cose iniziano a starvi acuore, siete già pienamente incamminatisulla via della santità. C’è sempre un oriz-zonte più grande, nelle vostre scuole cat-toliche, sopra e al di là delle singole mate-rie del vostro studio e delle varie capacitàche acquisite. Tutto il lavoro che fate è po-sto nel contesto della crescita nell’amiciziacon Dio, e da quell’amicizia tutto quel la-voro fluisce. In tal modo apprendete nonsolo ad essere buoni studenti, ma buonicittadini e buone persone. Mentre prose-guite con il percorso scolastico dovetecompiere delle scelte circa la materia delvostro studio e iniziare a specializzarvi invista di ciò che farete nella vita. Ciò è giu-

sto e conveniente. Ricordate sempre peròche ogni materia che studiate si inseriscein un orizzonte più ampio. Non riducetevimai ad un orizzonte ristretto. Il mondo habisogno di buoni scienziati, ma una pro-spettiva scientifica diventa pericolosamen-te angusta, se ignora la dimensione etica ereligiosa della vita, così come la religionediventa angusta, se rifiuta il legittimo con-tributo della scienza alla nostra compren-sione del mondo. Abbiamo bisogno dibuoni storici, filosofi ed economisti, ma sela percezione che essi offrono della vitaumana all’interno del loro specifico campoè centrata su di una prospettiva troppo ri-stretta, essi possono seriamente portarcifuori strada.Una buona scuola offre una formazionecompleta per l’intera persona. Ed unabuona scuola cattolica, al di sopra e al di làdi questo, dovrebbe aiutare i suoi studentia diventare santi. Cari amici, vi ringrazioper la vostra attenzione, vi prometto dipregare per voi e vi chiedo di pregare perme. Spero di vedere molti di voi il prossi-mo agosto, alla Giornata Mondiale dellaGioventù a Madrid. Nel frattempo, cheDio benedica tutti voi!

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CHIESA E SOCIETÀDONARE PACE E BENE N. 8/2010

...dipende anche da teMessaggio dell’Arcivescovo di Ancona-Osimo agli studenti

edoardo menichelli

Aquanti operano nel delicato campodella scuola.

Come ogni anno desidero entrare neiluoghi della vostra formazione culturaleal momento in cui sta per iniziare unnuovo tempo scolastico.Sono consapevole che non ho diritto disedermi sulle cattedre scolastiche: tutta-via nella fedele obbedienza a Cristo Si-gnore che ha inviato gli apostoli, oggi an-che me, ad insegnare ed ammaestrare(Mt 28,30) scrivo questi pensieri nellasperanza che essi diventino occasioneutile per la crescita culturale e spiritualedi quanti li vogliano accogliere.Innanzitutto, ritengo sia necessario ri-

comporre e ricostruire "la stima" per lascuola. La scuola è indispensabile stru-mento formativo; la scuola è obbligatopassaggio per la crescita di ogni persona;la scuola è il luogo del confronto cultu-rale tra generazioni e storie diverse. Sti-mare la scuola è un obbligo morale chedeve essere assunto e fatto proprio dallefamiglie, dalle istituzioni e dalla politica.Inoltre deve crescere la convinzione chela scuola trova efficacia e amore se la so-cietà la considera come qualcosa di pro-prio: insomma, ognuno dovrebbe dire: "lascuola mi appartiene".

Illustro tutto ciò con tre pagine di Vange-

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CHIESA E SOCIETÀ DONARE PACE E BENE N. 8/2010

lo che consegno idealmente agli studenti(la parabola dei talenti - Mt 25,19-28), aidirigenti e agli insegnanti (la paraboladella seminagione -Mt 13,3-9) e alle fami-glie (l'adolescenza di Gesù - Lc 2,51-52).

1. Cari ragazzi ognuno di noi ha ricevutodei doni circa la libertà, l'intelligenza, l'a-more, ecc.Questi doni sono "il corredo" specificoche appartiene all'essere "persona".Questo corredo è per noi e per la storiache siamo chiamati a costruire con gli altri.Far fruttificare i talenti è compito moraledi cui dobbiamo rendereconto a Dio che ce li hadati e alla storia umanache attende il nostrocontributo di qualità.Vi auguro di meritaresempre il titolo di "servobuono e fedele" e maiquello di "servo malvagioe pigro" riservato a coluiche non aveva fatto frut-tificare i talenti. Crescetenella consapevolezza chela scuola è fatica.

2. Stimati dirigenti e insegnanti, l'arte de-licata e difficile che vi siete assunti è benparagonabile all'opera del seminare.Davanti non si ha un terreno unico, sucui il seme cade: come dice il Vangelo c'èil "terreno strada", il "terreno sassoso", il"terreno buono".Questa è l'umanità che si ha davanti eche qualche volta svilisce la fatica e l'im-pegno dell'educatore.Resta tuttavia la munificenza e la larghez-za del buon seminatore che più cheguardare al risultato preferisce la via del-la generosità e del rischio della fruttifica-zione.Abbiate il coraggio di oltrepassare la ten-tazione dell'inutilità che spesso legittima-mente si fa strada dentro il vostro fatico-

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so servizio e assumete il ruolo di chi èvicino, paziente, sostiene e spera con fi-ducia.3. Care famiglie, più propriamente caripadri e madri, la scuola appartiene anchea voi e la scuola attende la vostra colla-borazione.Il rapporto tra scuola e famiglia è forteperché insieme consegnate , in un patto direciproca fiducia, il tesoro prezioso dei fi-gli al fine di aiutarli con percorsi diversi acrescere "in età, sapienza e grazia davantia Dio e davanti agli uomini" (Lc 2,52).Stabilite una alleanza rispettosa con la

scuola, tale da eliminare incom-prensioni e disistima, dimodochénon si svaluti l'autorevolezza del-l'impegno degli insegnanti né si in-debolisca il vostro ruolo di insosti-tuibili accompagnatori dei figli.Rifuggite dall'idea che una scuolava bene o non va bene solo in rap-porto alla quantificazione numeri-ca dello studio: ogni figlio non ènato "grande" deve diventare"grande".

Infine una parola a quanti nellascuola hanno un compito collate-

rale eppur sempre importante: mi riferi-sco al personale ausiliario che spesso co-stituisce un cuscinetto di sicurezza e si faconfidente di tanti giovani.Anche voi, carissimi, siate capaci di orien-tare ogni conoscenza verso il bene; siatesentinelle vigilanti e gentili.

Su tutti stenda la protezione San Giusep-pe da Copertino, le cui Sacre Spoglie so-no custodite nell'omonimo Santuario adOsimo. Egli è il Patrono degli studenti enessuno si vergogni di invocarlo e di visi-tarlo: sono certo che aiuterà a possede-re la vera sapienza che mette insiememente, cuore e vita.28 agosto 2010S. Agostino, Dottore della chiesa

La scuola trovaefficacia e amore

se la societàla considera

come qualcosadi proprio:insomma,

ognuno dovrebbe dire:

“la scuolami appartiene”

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DONARE PACE E BENE N. 2/2006

favorireuno sviluppo sanoisabella

zucchi

Spesso ci si può chiedere come genitori 'come'si fa a favorire uno sviluppo sano nei propri figlie rispondere non è una question e semplice. So-no numerosi i fattori che possono provocarecrescite sofferenti. Ma sono tanti anche i fattoripredisponenti ad uno sviluppo sano: proviamoa focalizzarne i fondamentali.

Quando il bambino nasce ha già unaparte di storia evolutiva in sé: il perio-

do prenatale è ricco di passaggi importantie di impostazioni che riguarda-no l'inizio della vita nel mondo.E' noto che, innanzitutto, i genicostituiscono una variabilecruciale per la formazionestrutturale della persona e so-no connessi con l'esperienzacon un rapporto di reciprocitàinscindibile, per cui il progettopersona che dal concepimentocomincia ad avviarsi si sviluppacon una continua e non svin-colabile interazione geni-espe-rienza e questo cammino sisvolge in parte nel periodoprenatale. Alla nascita, il bambi-no si presenta con la sua realtà psicofisicae con un bagaglio di informazioni che sononella sua memoria e che entrano subito afar parte del suo processo di sviluppo,mentre nel contempo comincia a registra-re tante altre informazioni, ad apprendere,a memorizzare, a conoscere, a fare 'espe-rienza' del mondo che man mano incon-tra. Ogni genitore vorrebbe per suo figliouna crescita sana, uno sviluppo tale che loporti a realizzarsi, a stare bene. E questostar bene non vuol dire che non si incon-trano problemi, conflitti, difficoltà di variogenere, ma significa disporre di strumentiche aiutano ad affrontarli, gestirli, anche ri-solverli, strumenti che derivano dal tipo di

sviluppo che una persona ha sperimentatoe maturato durante l'epoca evolutiva. Eccoperché mi sembra importante dedicare unpo' di spazio a quei fattori predisponentiallo sviluppo sano che studi, ricerche e l'e-sperienza di chi lavora in questo settoreha evidenziato. La persona inizia il suo per-corso di crescita dalla nascita e viene acontatto con diversi sistemi, cominciandoda quello che deriva dalla propria costitu-zione, dal temperamento, e poi dal sistema

famiglia, dalla scuola, dal luogoin cui vive, dagli amici, dal con-testo sociale e culturale in cuicresce, in poche parole sonotante le variabili che incidonosul processo di maturazionedella persona e quindi focaliz-zare alcuni aspetti positivi puòessere utile a tutti coloro chesi trovano a svolgere il ruolo dieducatori, in particolare, comegenitori.Tra i principali fattori che favo-riscono uno sviluppo sano diun bambino verso il suo diveni-re 'adulto' troviamo i seguenti:

- la resilienza, questa parola riguarda la ca-pacità di saper affrontare e gestire in mo-do attivo le difficoltà della vita, nel sensoche anche se si deve fronteggiare un pe-riodo difficile, si è in grado di resistere,reagire adeguatamente e recuperare ilproprio stato di equilibrio. La resilienza èun fenomeno che oggi viene studiato inparticolare, perché ancora c'è molto dacomprendere circa questa capacità che al-cuni spontaneamente mostrano di avere esi cercano le strade per promuoverla neisoggetti in età evolutiva attraverso l'avviodi programmi e progetti che possano facili-tare non solo nel bambino, ma anche nellasua famiglia, nella scuola e nella comunità

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SCUOLA E VITADONARE PACE E BENE N.8/2010

Star bene nonvuol dire che non

si inco ntrano problemi,

difficoltà, ma significa disporre

di strumenti che aiutano

ad affrontarli, gestirli,

anche risolverli

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SCUOLA E VITA DONARE PACE E BENE N. 8/2010

di appartenenza, esperienze e spazi cheportino ad acquisire strumenti utili per su-perare eventi stressanti (Spalletta, 2010;Cyrulnik e Malaguti, 2005; Zucchi, 2002);- l'intelligenza emotiva, ovvero educare ilbambino ad una corretta comprensione diciò che vive, guidarlo ad acquisire padro-nanza, autocontrollo, a saper essere tolle-rante e a capire il vissuto emozionale pro-prio e degli altri, stimolando quella che vie-ne chiamata empatia, cioè sentire l'altro,mettersi nei panni dell'altro, senza peròconfondersi. Questi atteggiamenti favori-scono lo sviluppo dell'attenzione, della di-sponibilità, della capacità di relazionarsicon gli altri comunicando in modo efficace(Spalletta, 2010);- stimolare le risorse naturali, in altre pa-role cercare di essere attenti alle abilitànaturali che il bambino manifesta e rinfor-zarle, aiutandolo a risolvere i problemi cheincontra, senza sostituirsi ma offrendo unaguida rassicurante e coerente, sollecitan-dolo ad affrontare le inevitabili lotte dellavita con fiducia. E' molto importante che ilbambino crescendo comprenda il valoredell'impegno, della programmazione, deiprogetti di vita; purtroppo spesso nelmondo di oggi non è facile trasmetterequanto sia fondamentale imparare ad orga-nizzarsi nella quotidianità con questi crite-ri, perché incombe l'impazienza, la fretta di

avere subito successo, senza fatica;- educare a stili di vita sani, nel senso di av-viare il bambino all'acquisizione di com-portamenti appropriati relativamente alsonno, all'alimentazione, all'attività fisica(Spalletta, 2010). Si può obiettare che cre-scendo molte buone 'abitudini' vengonoperdute, anche a causa dei diversi impattiche il bambino avrà nelle età successive,ma in ogni caso è un fattore che non puòessere trascurato e che resterà comeesperienza nella sua memoria. Per chiude-re queste brevi considerazioni, vorrei ri-cordare l'esperienza relazionale nei primitempi di vita ha un'importanza significativa:il temperamento del bambino che nasceinizia subito ad interagire con l'ambienteed è il tipo di interazione che risulta daquesto rapporto che può predisporre aduna maggiore possibilità di sviluppare queirequisiti che sono protettivi per la crescitadel bambino, perché sono come anticorpiche aiutano a reagire efficacemente controle prove difficili della vita.

B ibliogra fiaCyrulnik B., Malaguti E., (a c. di), Costruire laresilienza, Erickson, 2005.Spalletta E., Personalità sane e disturbate, So-vera, Roma, 2010.Zucchi I., Counseling psicografodinamico,Lingraf, Urbania, 2002.

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PELLEGRINI DELLA PAROLADONARE PACE E BENE N. 8/2010

al banchetto di nozzele sorelle

clarisse delmonastero

santa speranza

Vi è mai capitato di partecipare adun matrimonio? E di essere invitati

al pranzo o alla cena di nozze? Credoproprio di sì…e di sicuro ben più diuna volta! Ricordo con simpatia i ban-chetti di matrimonio fino a qualche an-no fa: finita la celebrazione eucaristicasi saliva in macchina e si sfrecciava ver-so il ristorante per "conquistare" laporta di accesso alla sala del ricevi-mento, porta rigorosamentee tradizionalmente chiusa inattesa dell'arrivo degli sposi.Era fondamentale guadagna-re quella posizione per ave-re un buon colpo d'occhiosulla sala stessa, studiare iltavolo migliore, "rubarlo" achi era in attesa vicino a tescattando, come un veloci-sta degno di olimpiade, all'a-pertura della porta: allora,noncuranti di tacchi a spillo,vestiti lunghi o corti, spacchio strascichi e, soprattutto, noncurantidegli sposi che venivano irrimediabil-mente travolti, "si occupava" il tavolo,lo si segnava con borse, maglie, stole equant'altro per far sedere amici, zii, cu-gini, conoscenti o lontani parenti concui si voleva condividere più stretta-mente il momento della festa e che,confidando nella tua abilità, non pren-devano parte alla gara ma rimanevanonelle retrovie.Negli ultimi anni tanto è cambiato:niente risse, nessuna corsa, nessun af-fanno! Ora, nei pressi della "magicaporta", ciascuno (chi sbadigliando, chiincrociando le dita, chi strabuzzandogli occhi) cerca il proprio nome scrit-

to su cartelloni più o meno grandi, piùo meno colorati e decorati che raffigu-rano la piantina della sala ed assegna-no, secondo le disposizioni date daglisposi, posto e compagnia al tavolo.Fortunatamente non funziona così albanchetto di nozze a cui il Signore ciinvita e ci chiama ogni giorno!Sì! Ogni giorno perché è ogni giornoche il Signore rinnova il suo patto d'a-

more con noi!L'evangelista Luca, nella pa-rabola degli invitati a nozzeche ci presenta al capitolo14 del suo Vangelo (Lc 14,7-11), non ci parla di un Gesùche intende dare a tutti le-zioni di galateo e di buonemaniere a tavola, nemmenoinsegnamenti su come com-portarsi se invitati ad unafesta di nozze. Gesù ci parladi un banchetto, di invitati,di posti a sedere, di uno

sposo: un banchetto, però, in cui nonesistono primi posti a tavola da con-quistare con le nostre sole forze enemmeno posti preassegnati quasi lanostra vita fosse già tutta stabilita, se-gnata e senza nessuna possibilità disvolta, un banchetto in cui non bisognacorrere per cercare di arrivare primadegli altri in modo da soffiar loro ilposto e nemmeno un banchetto in cui,in definitiva, del posto non ci interessanulla perché altri hanno già deciso pernoi e non possiamo farci granchè.E' un banchetto per il quale lo sposo tichiede il vestito bello, il vestito dellafesta, il vestito che non metti per pri-meggiare sugli altri invitati e farli sfigu-

Il Signore nonchiede che

concorriamo adalcuna gara perarrivare primi,

non invita a faredella nostra vita

una corsa ai primi posti

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PELLEGRINI DELLA PAROLA DONARE PACE E BENE N. 8/2010

rare ma il vestito che il Signore ti donaperché ogni giorno tu possa ricono-scerlo ed incontrarlo nella unicità, nel-la pienezza e nella autenticità della tuavita. Il Signore non ci chiede di guadagnarenulla con forza: non chiede che con-corriamo ad alcuna gara per arrivareprimi, non invita a fare della nostra vitauna corsa ai primi posti, una gara adeliminazione diretta in cui l'altro è av-versario e potenziale pericolo per lanostra visibilità, non ci chiede una fedeche cerca la gloria, che vive dellosguardo, dell'ammirazione o della sti-ma dell'altro.Il Signore ci chiede di riconoscere lasua gloria, il peso che Lui e solo Lui hanella nostra vita. E' Lui il protagonistadel banchetto, lo sposo, è a Lui soloche siamo chiamati a volgere lo sguar-do. Uno sguardo che parte proprio dalfondo della sala della festa, dall'ultimotavolo: perché è proprio a partire daquest'ultimo tavolo, è proprio il rico-noscerci, nell'umiltà, piccoli, incerti nelcamminare, bisognosi di amore e man-canti nell'amore che ci permette dicercare il volto dell'Amato, che per-

mette a Lui di scoprirci, di venirci in-contro, di prenderci per mano, ognivolta e sempre, e condurci al primoposto nella sua sequela, di accompa-gnarci, fiduciosi nell'abbandono, nel no-stro pellegrinaggio verso il Regno.Uno sguardo che cerca da lontano, tratanta gente, tra tanto vociare, tra tuttoil frastuono che ci circonda, quellosguardo che, solo, ci permette di vede-re oltre, al di là di tutti quegli ostacoliche potrebbero ostruire la visuale, po-trebbero ostacolare il nostro andareverso di Lui. Uno sguardo che chiede autenticità,che chiede trasparenza, lo sguardo diun Dio che vuol fare esperienza di noi:un Dio che non si prenota, che non sioccupa, che non ci aspetta al primoposto ma che viene a prenderci all'ulti-mo, un Dio che ci viene incontro intutto quello che "ci viene incontro" eche ci viene a prendere là dove siamo,nella totalità di ciò che siamo.Questo Dio è il vero sposo che ci invi-ta a nozze, che ci invita a far festa, checi chiama alla vita, che ci regala l'eter-nità.

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SAN GIUSEPPE DA COPERTINODONARE PACE E BENE N. 8/2010

ritorno a copertinola vita di san Giuseppe da Copertino / 8

vincenzogiannelli

Al mattino ringraziò quei pastori gen-tili, s'informò se stava sulla buona

strada e si rimise in marcia. Aveva fattoun'ora di strada e quattro miglia, quandoall'improvviso un galoppo sfrenato glirapì l'attenzione; e una voce che avevadel ferrigno tuonò dà lontano: "Ferma,spia! Ferma, spia!". Si voltò atterrito e isuoi occhi, annebbiati dal disperato ter-rore, videro un cavallo che si era ferma-to, una nuvola di polvere, un cavaliere,una spada sguainata. "Ferma, spia, ché tivoglio passar le viscere con questa spa-da! ". Sotto la barba una faccia orribile lofissava; la visiera alzata scopriva due oc-chi in cui covava la tempesta. "Non sonouna spia - piagnucolò - vado a trovaremio zio, frate di San Francesco, che pre-dica alla Vetrana". Ora anche il cavalloansava e rignava. II cavaliere fece fischia-re la spada: "Ti passo da parte a parte, senon cammini dritto, senza voltarti indie-tro". Mosse i piedi tremando come unafoglia impaurito per quello che gli pote-va capitare. Poi sentì solo il rumore deibattiti del cuore ed ebbe l'irresistibilevolontà di voltarsi. Cavallo e cavaliereerano scomparsi. Giuseppe credette finoalla morte di aver visto il demonio.Il resto della strada lo passò a meditareper quale mai strano motivo il demonioavesse voluto spaventarlo, e proprio lui.Forse era su la buona via. Alle porte diAvetrana si sentiva già consolato e spe-ranzoso. Andò dritto a trovare suo zio. IIPadre Francesco rimase senza parole alvedersi davanti un nipote in simili condi-zioni, e per di più quel nipote. Lo imma-ginava lontano e dai cappuccini, per ria-versi subito dallo stupore. Lo accolse"con poco buon occhio" e con "faccia

severa". "Che fai qui? dove vai? che no-vità è questa? ". Giuseppe, ormai rasse-gnato al peggio, raccontò una storiamolto breve: "Li Padri Cappuccini mihanno levato l'abito perché non sonobuono da niente; non so vangare, li rom-po tutti i vasi, si ché quasi disperati mihanno mandato via dalla Religione"."Non mi meraviglio - predicò lo zio -perché ti conosco bene anch'io. Ma c'èdi peggio. Tuo padre è morto e avendofatto quelle cambiali di mille ducati, èuscito il Braccio Regio. Se ritorni a Co-pertino, verrai messo in prigione". Giu-seppe si sentì ancor più perso alla noti-zia della morte del papà e delle conse-guenze che ne derivavano. Lo zio veden-dolo in quello stato, ne ebbe compassio-ne e gli permise di rimanere con lui sinoal termine della predicazione e poi tor-nare insieme a Copertino. Appena arrivati a Copertino, lo zio glidisse di ritornare a casa. Dal convento diSan Francesco Giuseppe scivolò di na-scosto a casa, a pochi passi di distanza.Aveva il cuore in gola nel presentarsi allamadre così, senza mestiere, con i suoiinutili 17 anni, ancora al punto di parten-za con la sistemazione e in un momentodisgraziato come quello. Per la primavolta in vita sua, Giuseppe disse unagrossa bugia "Li Padri Cappuccini mihanno cacciato perché piangevo la mor-te di mio padre!". Ma questo non bastòper evitargli i rimproveri della mammaFranceschina, era un buono a nulla e peri suoi peccati nemmeno Dio lo avevavoluto. Chiese ai parenti frati di acco-glierlo ma ne ebbe solo rifiuti. Nel frat-tempo si era sparsa la voce tra i paesaniche Giuseppe era rientrato e cresceva

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SAN GIUSEPPE DA COPERTINO DONARE PACE E BENE N. 8/2010

in lui il timore che le guardie venissero aprenderlo per arrestarlo. Così pensò dirifugiarsi nel convento della Grottelladove viveva l'altro zio, il Padre GiovanniDonato Caputo, che già da alcuni annilavorava alla ricostruzione materiale emorale del convento.Lo zio era una persona molto nota, lasua serietà lo portava a non poter acco-gliere una persona, foss'anche il nipote,sotto il peso di vari impedimenti, comela dimissione da un altro Ordine, la mi-naccia di prigione, e soprattutto il debitopaterno. Giuseppe chiese solo che lo ri-cevesse come fratello laico, magari comeoblato. Suo zio gli chiuse la bocca defi-nendolo "ignorante" e (si riferiva agli ul-timi avvenimenti) anche "di poca costan-za e leggerezza", "incapace ed indegno diessere annoverato fra i suoi religiosi".Oltre tutto, l'età per ricevere oblati erastata fissata dal papa, Clemente VIII, in 22anni. Il Sacrista della Grottella, "uomomolto devoto ed esemplare", fu l'incon-scio esecutore della volontà divina, con

un suo gesto di compassione. Dinanzi aquella, che egli aveva giudicata, durezza equasi crudeltà dello zio, dinanzi alla di-sgrazia del giovane che pure desideravacosì ardentemente diventare religioso epregava con tanta applicazione, si com-mosse. Si accordò sottovoce con Giu-seppe, convincendolo a seguirlo in soffit-ta. C'era un bugigattolo addossato almuro della Chiesa, che poteva servire alcaso.Lo avrebbe provveduto del poco cibo,senza che il superiore e gli altri frati distanza o di passaggio potessero avernesospetto. L'avrebbero piuttosto immagi-nato alla macchia. E il pane mancante eracome dato ad uno dei poveri che bussa-vano alla porta del convento. Pratica-mente prigioniero di quella incredibileavventura, a Giuseppe non restava chepregare e contare il trascorrere deltempo nella speranza che qualcosa avve-nisse. Così passò l'ardente estate a pre-gare la Madonna della Grottella perchéil Signore ascoltasse le sue invocazioni.

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SAN GIUSEPPE DA COPERTINODONARE PACE E BENE N. 8/2010

comanda che io venga da tela levitazione nei santi cristiani / 1

albertofanton

Apartire dall'Ottocento - secoloche ha segnato una sorta di rina-

scita e di larga diffusione dell'esoteri-smo - vi è stato un forte interesse peril fenomeno fisico della levitazione, uti-lizzato spesso dai medium come segnodi autenticità delle loro sedute media-niche. La meraviglia indotta da tale fe-nomeno era così forte che "esercizi dilevitazione" saranno poi presentati co-me richiamo nei giochi circensi: si pen-si al classico numero del mago-illusio-nista che solleva in orizzontale il cor-po della valletta di turno in uno stato

di semi-trance, con le membra rigide e- per sincerare la folla della levitazione- fa passare un cerchio lungo l'asseorizzontale del corpo levitato. Questaè probabilmente la levitazione di cuianche noi, ai nostri giorni, siamo spet-tatori e a cui porgiamo il nostro plau-so. Tale fenomeno, tuttavia, ha originiantiche e interessa alcune esperienzereligiose. Da quanto mi consta, nell'e-braismo (si pensi alle narrazioni del li-bro del profeta Ezechiele: 3,12-14 o ilcap. 11), nel mondo islamico (si pensialla danza dei dervisci), nel buddhismo,

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abbiamo episodi più o meno certificatistoricamente di tale fenomeno.Il termine "levitazione" viene dal latinolevitas, che significa "leggerezza". Conquesto termine si cominciò soprattut-to nell'Ottocento a designare un feno-meno consistente nell 'elevazionespontanea del corpo nello spazio, vin-cendo una forza fisica - la legge di gra-vità - senza alcun appoggio o causa na-turale visibile che lo sostenga. Solita-mente, tale "elevazione" si verifica inmomenti di estasi. Volendo porre ulte-riori sottodistinzioni, quando l'eleva-zione è piccola si afferma che essa èun'estasi ascensionale; sel'elevazione porta a grandialtezze, si dice volo estatico;se la persona in estasi correvelocemente rasoterra, masenza toccarla, si definiscecorsa estatica. La levitazio-ne non riguarda solo le per-sone, ma anche gli oggetti.Per rimanere nell'ambitodel cristianesimo, ricordia-mo due illustri episodi, lega-ti alla presenza eucaristicanel pane consacrato: il mira-colo dell'ostensorio di Favernay (Fran-cia, 26-27 maggio 1608) e il miracolodel SS.mo Sacramento a Torino nel1453, che portò poi all'erezione dellabasilica del Corpus Domini, sempre aTorino.Ma in questi articoli mi limiterò a de-scrivere alcune figure di santi cristianiche sono stati oggetto di fenomeni dilevitazione, alla ricerca di alcune co-stanti che possano aiutarci in un possi-bile discernimento su tali fenomeni. Vorrei iniziare con il Principe degliApostoli, san Pietro. Propriamente par-lando non è forse definibile come levi-tazione, ma certamente il "camminaresulle acque" si avvicina al nostro feno-meno, essendo pure esso una sfida allalegge gravitazionale e alla densità deicorpi (Mt 14, 22-33): Subito dopo [laprima moltiplicazione dei pani] ordinòai discepoli di salire sulla barca e di

precederlo sull'altra sponda, mentreegli avrebbe congedato la folla. Conge-data la folla, salì sul monte, solo, a pre-gare. Venuta la sera, egli se ne stava an-cora solo lassù. La barca intanto distavagià qualche miglio da terra ed era agita-ta dalle onde, a causa del vento contra-rio. Verso la fine della notte egli venneverso di loro camminando sul mare. Idiscepoli, a vederlo camminare sul ma-re, furono turbati e dissero: "È un fanta-sma" e si misero a gridare dalla paura.Ma subito Gesù parlò loro: "Coraggio,sono io, non abbiate paura". Pietro glidisse: "Signore, se sei tu, comanda che

io venga da te sulle acque".Ed egli disse: "Vieni!". Pietro,scendendo dalla barca, si mi-se a camminare sulle acquee andò verso Gesù. Ma perla violenza del vento, s'im-paurì e, cominciando adaffondare, gridò: "Signore,salvami!". E subito Gesù ste-se la mano, lo afferrò e glidisse: "Uomo di poca fede,perché hai dubitato?". Appe-na saliti sulla barca, il ventocessò. Quelli che erano sulla

barca gli si prostrarono davanti, escla-mando: "Tu sei veramente il Figlio diDio!". Qui è interessante evidenziarenon tanto lo svolgimento del fatto,quanto il dialogo tra Cristo e Pietro: ciòche sorregge Pietro sul velo dell'acquaè la sua fede in Cristo, ciò che lo rendetanto leggero da poter essere capace dicamminare sull'acqua è l'aver fiducia inGesù. E ciò che spinge Pietro a formu-lare quella richiesta non è la ricerca divivere un qualcosa di anomalo, ma l'es-sere vicino a Cristo ("comanda che iovenga da te"). Credo che in questo epi-sodio si delineano due elementi essen-ziali che possiamo ritrovare nei feno-meni di levitazione dei santi, in quei casiovviamente in cui l'origine è da Dio: lafede in Cristo e il desiderio di esserglivicino. Sono elementi di cui vale la penaricordare nel prosieguo della nostraanalisi.

Ciò che rendePietro tanto leggero da

poter essere capace di

camminare sull’ acqua è

l'aver fiducia in Gesù

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AMICI DI DIODONARE PACE E BENE N. 8/2010

la primasanta americanala vita di Elisabetta Anna Seton

paologulisano

Elisabetta Anna Seton è il primo esem-pio di santità riconosciuta in quella

grande nazione – gli Stati Uniti d’Ameri-ca- che tuttavia è sempre stata se nonapertamente ostile quantomeno molto di-stante dal Cattolicesimo. Era nata a NewYork il 28 agosto 1774 e apparteneva aduna delle famiglie più in vista di New York,i Bayley. Suo padre era un medico moltonoto, totalmente preso dal lavoro e dal-l’insegnamento. Rimase orfana della ma-dre molto giovane, il padre si risposò edElisabeth era rimasta una ragazza piutto-sto sola. Così a 19 anni fu felicedi andare sposa al primogenitodi un ricco discendente di unafamiglia scozzese, William Seton,e così colmare la sua sete di af-fetto. Ben presto la loro casa fuallietata dalla nascita dei figli, 5in neanche dieci anni. Tuttavia laloro felicità fu offuscata dallamorte del suocero, vero pilastrodelle fortune economiche della famiglia,dal rovescio degli affari dovuta anche alleripercussioni della guerra tra Francia edInghilterra e dal manifestarsi sempre piùgrave della tubercolosi del marito. Elisa-beth, con forza e determinazione, si presecarico della situazione anche nel compitodi seguire l’amministrazione dei beni e dicercare di salvare il salvabile dal totale fal-limento. La salute del marito intanto peg-giorava, così che accettò il consiglio deimedici di trovare un clima più mite pertentare di recuperarla. Nel 1803 deciserocosì di partire alla volta dell’Italia. Gli affa-ri del marito infatti avevano fatto loro co-noscere tempo prima una famiglia di Gub-bio, i Filicchi, di cui i Seton erano diventatiamici. Arrivarono via nave a Livorno in ot-tobre, ma dal momento che a New York

era scoppiata un’epidemia di Febbre Gial-la, i Seton furono costretti ad una quaran-tena in un lazzaretto della città tirrenica.La profonda fede di Elisabetta, che alloraera ancora anglicana, come il marito, lasua assidua lettura delle Scritture, l’inten-sità della preghiera la sostennero, mentreinghiottiva le lacrime e nascondeva il pro-prio sgomento davanti alle stanze spogliein cui vennero rinchiusi. In questa provaElisabeth si dimostrò una donna forte, to-talmente affidata a Dio, tesa ad accompa-gnare il marito verso l’eternità man mano

che si rende conto che nonaveva scampo: usciti dopoun mese dalla quarantena,vennero condotti a Pisa e,dieci giorni dopo William,stremato dalla tubercolosi,ma ancora in grado di segui-re la moglie nelle sue pre-ghiere, morì il 27 dicembree il giorno dopo venne se-

polto a Livorno nel cimitero inglese. Elisa-beth accettò con profonda rispondenzaalla volontà del Signore la morte del mari-to; con la figlia Anna Maria fu accolta,ospite gradita, nella casa di Filippo Filicchicircondata di mille attenzioni. Fu portata avisitare diverse città, tra cui Firenze, doverimase particolarmente avvinta dalla fedeespressa non solo dalla bellezza dellechiese e dallo splendore delle opere d’ar-te, ma dal fervore della preghiera dei fe-deli. Vennero meno in lei gli atavici pregiu-dizi verso i cattolici; e si fece strada ilpensiero della conversione dall’anglicane-simo. Una cosa soprattutto mancava allasua fede: l’Eucarestia e la trovò sotto losguardo dell’immagine della Madonna nelSantuario di Montenero. Era pronta perentrare nella Chiesa cattolica, ma i Filicchi

“Siate figliefedeli

della Chiesa, siate vere

figliedella Chiesa!”

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AMICI DI DIO DONARE PACE E BENE N. 8/2010

preferirono che il passaggio avvenisse do-po il suo rientro nel suo ambiente a NewYork, affrontando l’opposizione dei paren-ti, le difficoltà delle prospettive ancheeconomiche cui sarebbe andata incontro, idubbi e il profondo conflitto interiore cuiavrebbe dovuto esporsi e la “morte socia-le” nei confronti della bella società di cuifaceva parte per entrare nella “feccia” deipoveri e pochi immigrati irlandesi che al-lora componevano la comunità cattolicadella città.Il 4 marzo del 1805 rinunciò alla confes-sione episcopaliana e si convertì, con im-mensa gioia al cattolicesimo. Si acuì lamessa al bando da parte dei parenti e co-noscenti, le difficoltà economiche preme-vano. La volontà di Dio le si manifestò at-traverso un missionario francese, il PadreDubourg, fuggito dagli orrori della Rivolu-zione e che insieme ad altri a Baltimoraaveva potuto far crescere la comunità cat-tolica: potrà aprire lì una piccola scuolaper l’educazione delle bambine. Nel 1808Elisabeth Seton lasciava la città nativa as-sieme ai figli giunse a Baltimora. Qui ma-turò la sua decisione di consacrarsi al Si-gnore nella vita religiosa, insieme ad altrequattro giovani che si erano unite a lei:nasceva la prima congregazione degli Stati

Uniti, chiamata le Figlie della Carità nellospirito delle regole di S. Vincenzo de Paoli.Dopo aver aperto una scuola femminile aBaltimora, la Santa ed altre consorelle fe-cero progredire rapidamente la congrega-zione. Il 17 gennaio 1812 le nuove suoreottennero l’approvazione per applicare,come loro regola, quella delle Suore di S.Vincenzo de’ Paoli. Madre Seton dirigeva,istruendo le sue figlie in santità ed avvian-dole come pioniere a fondare istituti eopere di carità. Le scuole parrocchiali, lagrande intuizione che sarà lo strumentoessenziale del forte sviluppo della Chiesacattolica degli Stati Uniti. Ma istituì ancheil primo orfanotrofio cattolico a Filadelfianel 1814, che preparò l’apertura del pri-mo ospedale cattolico (Baltimora,1823).Nel 1817 le sue figlie furono chiamate an-che a New York dove, nell’area dove at-tualmente è il Central Park, aprirono ungrande istituto scolatico: la città che l’ave-va rifiutata, riceveva i frutti della sua con-versione. Madre Seton, dopo una vita spe-sa al servizio del Signore, si spense a 48anni, il 4 gennaio 1821. La tubercolosi, cheda anni minava la sua salute, negli ultimimesi si era aggravata. Circondata dalla suaComunità, sussurrò: “Siate figlie fedeli del-la Chiesa, siate vere figlie della Chiesa!”.

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OASI DELLA PREGHIERADONARE PACE E BENE N. 8/2010

nel suo nomesuor annachiara

Nel vangelo di Giovanni non c'è unvero e proprio insegnamento sulla

preghiera come nei Vangeli sinottici, civiene invece soprattutto descritta lapreghiera di Gesù come atteggiamentocostante "Io sono nel Padre e il Padre èin me" (14,11), fotografati alcuni mo-menti, come il rendere grazie prima del-la moltiplicazione dei pani (6,11), e ri-portate alcune preghiere come quellaprima della risurrezione di Lazzaro: "Pa-dre, ti rendo grazie perché mi hai ascol-tato. Io sapevo che mi dai sempre ascol-to…" (11,41), o la bellissimapreghiera del cap.17.Ma, leggendo bene, un inse-gnamento in realtà c'è, cheGesù ripete diverse volte du-rante il lungo discorso d'ad-dio ai discepoli, ed è una pro-messa straordinaria, una del-le maggiori promesse delquarto Vangelo: "Qualunquecosa chiederete nel mio no-me, la farò" (14,13). E nonviene specificato l'oggettodella preghiera, ma dice "qua-lunque cosa". Incredibile! Ècome se ci venisse data inmano una sorta di "lampadadi Aladino" o i numeri sicura-mente vincenti al lotto: sicuramentequalcosa che non ci fa restare indifferen-ti! La garanzia dell'esaudimento sembraquindi essere data dal chiedere "nel no-me di Gesù".Gli ebrei nella preghiera ricordavanospesso i patriarchi, nella speranza cheDio sarebbe stato commosso dal ricor-do di quegli uomini santi. Noi semprecominciamo la nostra preghiera nel no-me del Padre, del Figlio e dello SpiritoSanto" e concludiamo le orazioni liturgi-

che "Per Cristo nostro Signore". La pro-messa di Gesù non è certo un talisma-no, non siamo così ingenui da pensareche basti pronunciare il nome di Gesùper vedere magicamente esaudita la no-stra preghiera, ricordando bene che"Non chiunque mi dice: "Signore, Signo-re", entrerà nel regno dei cieli, ma coluiche fa la volontà del Padre mio che è neicieli. In quel giorno molti mi diranno: "Si-gnore, Signore, non abbiamo forse pro-fetato nel tuo nome? E nel tuo nomenon abbiamo forse scacciato demòni? E

nel tuo nome non abbiamoforse compiuto molti prodi-gi?". Ma allora io dichiareròloro: "Non vi ho mai cono-sciuti…". (Mt 8,21-23). Miimpressiona sempre tantoquel "non vi ho mai cono-sciuti" detto a chi, apparente-mente, sembra vivere per lui!Cosa manca? E cosa significaallora pregare e chiedere"nel nome di Gesù"? Farequalcosa nel nome di un al-tro, nella nostra esperienzapratica, significa fare le sueveci, rappresentare la suapersona, fare qualcosa al suoposto in quanto mandati da

lui, con la sua stessa autorità. E ci verràdato credito in quanto si presupponeche fra noi e chi ci manda ci sia un rap-porto di amicizia, di fiducia o di intimità.Pregare nel nome di Gesù, significa allo-ra pregare con la forza di Gesù, per co-mando di Gesù, per l'autorità di Gesù,nella persona di Gesù, inseriti in Gesù,rivestiti di Gesù, per la mediazione diGesù. Significa chiedere ciò che lui chie-derebbe, pensare come lui penserebbe,volere ciò che lui vorrebbe, in qualche

Pregarenel nomedi Gesù,significa pregare

con la forzadi Gesù,inseriti

in Gesù, rivestitidi Gesù,

per lamediazione

di Gesù

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OASI DELLA PREGHIERA DONARE PACE E BENE N.8/2010

modo essere noi prolungamento dellasua presenza, per il nostro rimanere inLui e Lui in noi, così come "il Padre cherimane in me compie le sue opere". Pertre volte nel vangelo di Giovanni, Gesùpronuncia questo insegnamento sul pre-gare nel suo nome.Al cap. 14, parlando del suo esodo or-mai prossimo, Gesù assicura che "chicrede in me, anch'egli compirà le opereche io compio e ne compirà di più gran-di di queste, perché io vado al Padre".Proprio perché possiamo anche noicompiere le Sue opere, prolungare neltempo e nel mondo la Sua presenza, civiene assicurato che qualunque cosachiederemo Gesù stesso lo farà, Lui cheresta presente nei suoi, con un legameanalogo a quello che unisce il Figlio alPadre, l'Inviato all'Inviante. "Perché il Pa-dre sia glorificato nel Figlio". Per unebreo la parola "gloria" significava piùsemplicemente "peso, onore, magnifi-cenza, maestà, splendore, …"; dunquedare gloria a Dio significa per noi rende-re la presenza di Dio nel mondo semprepiù importante, "dare peso"a Dio, e pos-siamo farlo attraverso le nostre opere:"Vedano le vostre opere buone e renda-no gloria al Padre vostro che è nei cieli"(Mt 5,16). È bello pensare che proprio

attraverso di noi, suoi discepoli, Gesùcontinua a rivelarsi e a mostrare il suovolto e la sua presenza nel mondo, lungoil corso della storia. Allo stesso modo,proseguendo nel discorso, la stessa pro-messa dell'esaudimento della preghieraè legata al nostro portare frutto: "…ioho scelto voi e vi ho costituiti perchéandiate e portiate frutto e il vostro frut-to rimanga; perché tutto quello chechiederete al Padre nel mio nome, ve loconceda" (15,16), e possiamo compren-dere cosa significhi portare frutto per-ché Gesù ha appena parlato del tralcioche resta unito alla vite. Il frutto chepossiamo portare è in definitiva quelloche il Signore Gesù, vera vite, porta at-traverso di noi. Una terza volta Gesù ri-pete la medesima promessa, aggiungen-do "Chiedete e otterrete, perché la vo-stra gioia sia piena. … chiederete nelmio nome e non vi dico che pregherò ilPadre per voi: il Padre stesso infatti viama, perché voi avete amato me e avetecreduto che io sono uscito da Dio". (Gv16,24.26.27) Chiediamo dunque qualun-que cosa nel suo nome, perché possia-mo fare opere più grandi di Lui, portarefrutto e avere una gioia piena, noi chesiamo amati dal Padre perché abbiamoamato e creduto in Gesù.

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AMICI DI SAN GIUSEPPEDONARE PACE E BENE N. 8/2010

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AMICI DI SAN GIUSEPPE DONARE PACE E BENE N. 8/2010

Pellegrini da Sant’Anastasia, Otran-to, Meledugno e Copertino;Giovani francescani si rifocillano; Festa del malato e Ciclopellegri-naggio Osimo-Fossombrone

gli amici di San Giuseppe

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VITA DEL SANTUARIODONARE PACE E BENE N. 8/2010

Le foto della festaLa Celebrazione Solenne di San Giuseppe è stata presieduta da S.E. Card. Sergio Sebastia-ni. L’Arcivescovo Edoardo Menichelli ha guidato la Processione del 17 settembre e cele-brato la S. Messa per ricordare l’80 anniversario della fondazione dell’Avis in Osimo

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VITA DEL SANTUARIO DONARE PACE E BENE N. 8/2010

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Giua Anna Maria, Aldrovandi Simone,

Formoso Maria, Vitali Rosati Chiara, Ca-

fagna Alessandro...

● Per le MEDICINE NECESSARIE AL-

LA CURA DI UN LEBBROSO assistito

nel lebbrosario di S. Francesco a

Solwezi e per i MINIAPPARTAMENTI

destinati ai lebbrosi guariti nel villag-

gio di Chibote (oasi di pace) in Zam-

bia, hanno contribuito con € 11,00:

Rapacciuolo Giovanni, Franzosi Contardi

Agnese, Perretta Itala, Mauri Margherita,

Drimaco Sabina, Marino Gennaro e Pina,

Calandra Rosa, Driussi Anna, Zurli Fran-

cesco, Callori Benedetta ...

● Per i BAMBINI handicappati, per i

POVERI senzatetto e i denutriti, per i

MALATI abbandonati.... assistiti nel-

le nostre missioni hanno inviato il lo-

ro contributo assistenziale di € 11,00:Gentile Angela, De Angelis Antonietta,Gaiani Francesca, Tanza Luigi, Villa Augu-sta, D’Ambrosio Margherita, Forzaglia Ma-ria, Cerza Maria, Pan Rina, Giordano Giu-seppe, Ossorio Del Prete Lucia, PerrettaItala,Coruzzino Fabiola ...■ Illuminati dall’esempio del santo,gli STUDENTI, uniti con i loro paren-ti, pregano SAN GIUSEPPE da CO-PERTINO per la sua protezione neglistudi e negli esami:Principato Salvatore, Rossi Maria Rita eSilvia, Tacqui Antonietta, Somigli Lorenzo,Morini Viviana, Farris Giada, Marino Fi-lippo, Pea Roberta e Federica, GualtieriLucia, Colombo Piera, Andanti Andrea,Guarnieri Carmen, Costa Simonpietro, Bi-nucci Alessandro e Filippo, Giannone An-gela, De Domenico Umberto, GuzzardellaGreta, Cinquemani Domenico, Ciresi Au-rora, Biga Rocco Matteo e Lorenzo, CodaAlessia, Maggi Maria Bambina, D’Ales-sandro Anna, Cola Anna Maria, Vastarel-la Luisa Alessia, Totaro Teresa...

■ Per onorare la vitalità della testimonian-za di voi associati nel nome del Santo, tra-scriviamo i nominativi di alcuni che sisono uniti alle “opere di bene” collegatealla nostra Associazione.

● Associati-devoti che inviano unaloro libera offerta per essere iscrittialla S. MESSA QUOTIDIANA che noireligiosi celebriamo alle ore 7.00 sulla tom-ba del Santo. Con tale iscrizione partecipa-no al “bene spirituale” dell’Eucaristia a be-neficio ■ di se stessi ■ di persone care ■in suffragio delle anime dei loro defunti.

● DIPLOMI d’iscrizione sono stati ri-

lasciati a coloro che hanno inviato

un’offerta non inferiore a € 20,00: De Matteis Anna Maria, Capocasale Irma,

Grazie per il vostro buon cuore!Il Signore vi benedica per la vostra generosità. Attraverso il bene che fate, molti fratellisono sollevati dalle sofferenze e dall’abbandono sperimentando la solidarietà e l’amoredi Dio. San Giuseppe vi ottenga le più grandi benedizioni.

Voci di preghieraRiportiamo in questa rubrica alcune preghiere che i giovani,dopo la visita a san Giuseppe da Copertino, lasciano scrittepresso la sua tomba.

Caro san Giuseppe da Copertino, anche la mia famigliae' di umili condizioni e per questo i miei figli hanno delledifficolta' nello studio poiche' devono superare ostacolipiu' alti degli altri che provengono da famiglie agiate e piu'acculturate, per tali motivi ti supplico di intercedere

presso Dio e presso la Madonna di aiutare mio figlio Mario a riuscire negli studi e ar-rivare alla laurea senza difficolta' per poter mettere il suo talento a disposizione dicoloro che ne hanno bisogno.

Mi chiamo Teresa. Ho intrapreso il mio cammino universitario con le ansie e le in-ceretezze che questa impresa comportava. Non sapevo dell'esistenza di un Santoprotettore degli studenti; poi un giorno la mia madrina di cresima mi ha "presentato"San Giuseppe da Copetino... Ho continuato i miei studi con Lui e la Sua protezione!E' stato un grandissimo traguardo per me, una grande soddisfazione personale ma unorgoglio che ho voluto regalare alla mia famiglia per ricompensarli di tutti i sacrificifatti per me solo per l'amore di vedermi conquistare la vetta di quella montagna. Maavevo un grande debito: portare la copia della mia tesi lì a Osimo. Ieri ce l'ho fatta! E'stata un'emozione pazzesca arrivare in quel posto e consegnare la mia promessa conil cuore! Dio mi accompagni sempre nella vita e mi dia la forza di non allontanarmimai da Lui...

Operiamo il Bene insieme

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«DONARE PACE E BENE»Santuario s. Giuseppe da Copertino - Piazza Gallo,10 - 60027 Osimo (An) - Tel. 071 71.67.26

e-mail: [email protected] - www.sangiuseppeosimo.itCC Postale N° 6601

IBAN: IT 59 X 06195 37490 000000000182 CARILO - OSIMO (AN)