Don Giovanni Minzoni - Memorie (1909 - 1919)

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Preceduto da un'ampia Introduzione, il volume ci presenta il diario integrale e restaurato del giovane sacerdote romagnolo assassinato dai fascisti (Ravenna 1885-Argenta 1923), attraverso le sue pagine di Diario, dal 1909 al 1919. Dall'ordinazione sacerdotale alle prime esperienze pastorali, dal brusco contatto con la realtà in fermento alle crisi spirituali ed esistenziali, passando per la prima guerra mondiale, in Sanità nelle Marche prima, Cappellano Militare «al fronte», poi; da Caporetto al Piave, dalla trincea alle medaglie, fino all'ultima vittoriosa avanzata del 1918, dall'incontro con D'Annunzio al ritorno in Romagna. Il libro raccoglie i documenti pubblicati per la prima volta negli anni Sessanta da Lorenzo Bedeschi, debitamente confrontati con gli originali, più un cospicuo numero di pagine inedite recentemente rinvenute. Il volume è frutto di un lavoro di ricerca, decifrazione e controllo durato vari anni ed è corredato da un utile indice dei nomi.

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MFS MONTEFALCONE STUDIUM

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Coordinamento editorialeGiuliana Manfredi

RedazioneSara Vighi

Progetto graficoBosioAssociati, Savigliano (CN)

CopertinaEmanuela Nosari

In copertinaRitratto di don Minzoni in divisa militare (post 1919) [Ferrara, CDS-CEF]

e alcuni dei suoi taccuini

ISBN 978-88-8103-752-0

© 2011 Edizioni Diabasisvia Emilia S. Stefano 54 I-42121 Reggio Emilia Italiatelefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047

www.diabasis.it

Il volume esce grazie al lavoro di ricerca e all’impegno determinante dell’Istituto Storico di Ravenna

e con il contributo di

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Don Giovanni Minzoni

Memorie1909-1919

A cura diRocco Cerrato e Gian Luigi Melandri

D I A B A S I S

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A monsignor Salvatore Baldassarri e a don Lorenzo Bedeschi,interpreti autorevoli della testimonianza di don Minzoni.

Questo libro nasce anche nel vivo ricordo di Alessandro Scansani, fondatore e direttore di Diabasis, che con entusiasmo e convinzione

ne ha condiviso la realizzazione editoriale

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Memorie. 1909-1919A cura di Rocco Cerrato e Gian Luigi Melandri

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Introduzione

L’uccisione di don Giovanni MinzoniLe edizioni delle MemorieGli studi minzoniani dopo la pubblicazione delle MemorieLa nuova edizioneLa Prima guerra mondiale

Nota di lavoro alle Memorie di don Giovanni Minzoni

Don Giovanni Minzoni, Memorie. 1909-1919

Anno 1909Anno 1910Anno 1911Anno 1912Anno 1913Anno 1914Anno 1915Anno 1916 Il mio diario di guerra Anno 1917Anno 1918Anno 1919

Documenti iconografici

Indice dei nomi

Ringraziamenti

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Abbreviazioni

AC: Archivio ComunaleACD: Archivio Centro di Documentazione, ex Distretto Militare, BolognaAET: Archivio Enzo Tramontani, RavennaAISREC: Archivio Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea in Ravenna e Provincia, presso Centro “Archivi del Novecento”, RavennaAOM: Archivio Ordinariato Militare, RomaASCAI: Archivio Sezione Club Alpino Italiano “Bruno Soldati”, Argenta (FE)AVI: Archivio Vittoriale degli Italiani, Gardone Riviera (BS)CDS-CEF: Centro di Documentazione Storica, Centro Etnografico Ferrarese, Comune di FerraraCSC: Centro Studi Cristiani “Don Giovanni Minzoni”, Argenta (FE)FDM: Fondo Don MinzoniISREC: Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea in Ravenna e Provincia, Alfonsine (RA)SME: Stato Maggiore dell’Esercito, ROMA

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Introduzione

L’uccisione di don Giovanni MinzoniNella notte del 23 agosto 1923 viene ucciso dai fascisti don Giovanni Min-

zoni, arciprete della Chiesa di S. Nicolò ad Argenta, un ampio borgo agricoloche fa parte della provincia di Ferrara e della diocesi di Ravenna. Ha trentottoanni, essendo nato a Ravenna il 29 giugno 1885. È diventato sacerdote il 18 set-tembre 1909. Inviato, nello stesso anno, come cappellano ad Argenta, ne è di-venuto arciprete nel 1916, eletto dai capifamiglia della parrocchia. Dopo poco,nello stesso anno, è stato chiamato alle armi, prima come soldato nella Sanitàpoi come cappellano militare nella Brigata “Veneto”; incarico conservato finoal 1919, quando, finita la Prima guerra mondiale, ritorna in parrocchia. L’omi-cidio, causato da un intreccio peculiare di scelte politiche e di motivazioni re-ligiose, costituisce un evento rappresentativo e rivelatore della situazione sto-rica del momento. L’uccisione si inquadra nell’azione del durissimo squadri-smo degli inizi. Le condizioni ambientali e la tumultuosità della vita politicadefiniscono il contesto e offrono vari elementi per la comprensione e l’interpre-tazione del grave delitto. Per una sua giusta e motivata lettura è bene collocarel’episodio all’interno della molteplicità delle componenti e della complessitàdei processi che distinguono il primo dopoguerra in Italia. Le testimonianzeche descrivono le province e le diocesi di Ravenna e Ferrara in quegli anni sonovarie e tutte significative. La situazione che si era venuta delineando nelle dueprovince influenza certamente il delitto, anzitutto per quella preminente con-trapposizione fra forze popolari e l’incipiente movimento fascista. Essa si con-figura secondo coordinate quasi opposte e contrarie a quelle che successiva-mente definiranno le relazioni fra Chiesa e regime. In un memoriale inviato dalpresidente della Giunta diocesana di Ravenna, il 23 gennaio 1923, alla Presi-denza nazionale dell’Azione cattolica è scritto che:

la situazione in quasi tutta la Romagna si va facendo talmente grave da dirsi, per quel cheriguarda la nostra provincia, quasi disperata. Siamo in piena persecuzione, che non èpiù solo rivolta contro organismi economici bianchi e organizzazioni politiche, ma con-tro l’azione e la nostra libertà religiosa1.

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Una serie di episodi avvengono nello stesso periodo e rivelano l’atteggia-mento del primo fascismo nei riguardi del mondo cattolico romagnolo.

A Faenza viene intimato a don Aldo Vernocchi di sciogliere il gruppo scoute di consegnare ai dirigenti del Fascio le chiavi del locale concesso all’Associa-zione dall’Amministrazione comunale. Il 15 gennaio 1923, presente il parrocodon Giacomo Zannoni e un altro sacerdote, don Lorenzo Salvatori, don Aldosubisce percosse da parte di alcuni fascisti nella sacrestia della locale parrocchiadi S. Agostino2. Nell’aprile successivo i fascisti assaltano una processione a Forlìe poche settimane dopo, a Ravenna, organizzano manifestazioni per impedireche i bambini si rechino in parrocchia a ricevere la prima comunione e la cresimadall’arcivescovo in visita pastorale3. Analoga la situazione anche in Emilia. Scon-tri fra gruppi di giovani cattolici e fascisti avvengono a Bologna nel marzo 1921,durante i festeggiamenti per il 50° della Gioventù Cattolica. Un gruppo di scoutviene aggredito a Finale Emilia. Fenomeni questi che trovano una loro correttalettura se si considerano le caratterizzazioni generali che il movimento fascistaassume fin dal suo apparire. L’arditismo squadrista si incontra con i reduci dellaguerra 1915-1918. Il contesto sociale è quello espresso da giovani borghesi che,promossi ufficiali di complemento per guidare le masse nella Prima guerra mon-diale e congedati ora, dopo la vittoria, si sentono abbandonati, senza arte néparte, nella provincia italiana. Figli di una classe media che disprezza se stessa,sono trascinati da un’ondata antidemocratica. L’euforia postbellica va in cercadi eroi che sappiano esaltare il ruolo politico del reducismo. Seguendo una sug-gestione di Gobetti si è portati a pensare che il primo fascismo si sviluppi in Ita-lia come espressione di un movimento immaturo, per nulla coinvolto nelle esi-genze del processo democratico, ma erede solo della funzione che la forza e laviolenza avevano esercitato nella situazione bellica. I reduci dal fronte si ritro-vano reazionari e rivoluzionari ad un tempo, carichi di odio per la società che ri-tengono mercantile e pronti a mettere a ferro e a fuoco le istituzioni del proleta-riato contadino. Il clima politico e l’eredità culturale del tempo di guerra ali-mentano e incoraggiano l’uso della violenza. Lo squadrismo fascista vive e si svi-luppa nel sistema di potere autoritario ereditato dalla Grande guerra. Questamodalità sociale e politica si intreccia poi in Romagna con un comportamento dipiù lungo periodo, che unisce l’impegno politico a un atteggiamento aperta-mente anticlericale4. Le imprese del movimento fascista si qualificano e prospe-rano come momenti ed espressioni di questo contesto. Le cause e le modalitàdell’uccisione di don Minzoni fanno parte di questo quadro generale e rivelano

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ANNO 1909

27 marzo 1909In questo mio povero giornale, più volte incominciato, ed altret tante volte

stracciato, faccio una nota breve, la quale mi deve ricor dare questo giorno so-lenne e fatale della mia ordinazione al Suddiaconato!

Quanti bei propositi, quanti slanci di zelo e d’apostolato, quante riformemorali; Dio mio! come mi sento buono e felice… e fino a quando? Questa do-manda che mi sorge incessantemente dall’intimo della coscienza mi rattrista;Signore, voi solo mi potete dare la forza di divenire santo. Santo? Sì voglio diven-tare santo!

Qual grazia non sarebbe mai quella di poter giungere all’ultimo giorno dimia vita e potere dal mio letto di agonia ricordarmi di questa sera memorandae sentire la voce della coscienza ripetermi le parole: Euge serve bone et fidelis,intra in gaudium Domini tui1.

Questa mattina dopo l’Ordinazione, ò parlato con la mia cara sorella2; nonavevamo parole per parlare, il cuore ce l’impediva. Io non ho potuto pronun-ziare che queste parole: «Prega per me, chè ora sono tutto del Signore»; ella vo-leva rispondere ma il pianto glielo ha impedito; piangevamo entrambi. Signorequel pianto era troppo eloquente e sincero perché tu non l’abbia gradito; fa’che si converta in un fermo proposito di combattere le tue battaglie e di cavareda questa fragile creatura un apostolo, un santo!

31 marzo 1909Ho scoperto in me un grave difetto, il quale mi impedisce il pro gresso nel

bene e nel miglioramento della mia vita interiore ed è la mancanza di fortezzamista a superbia. Conosco qual’è la via da battersi, sento un vivo desiderio di

1 Vangelo secondo Marco, 25, 21.2 Don Minzoni aveva due sorelle. Questa è la prima, Ida; la seconda si chiamava Gigina. La famiglia

Minzoni in origine era composta da: Pietro Minzoni (1848-1905) e Giuseppina Gulmanelli (1857-1927)più i figli Ida (1876), Natale (1879), Guido (1882), Giovanni (1885), Maria Luisa (1893, vissuta pochimesi) e Maria Luigia (1896).

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fare del bene, di divenire un santo; ma quando sono all’atto pratico, quandopenso che debbo compiere tanti piccoli atti occulti di abnegazione e di sacrifi-cio, allora il mio amor proprio si fa vivo e dice: «queste sono inezie che non me-ritano», ed io debole e vigliacco, credendomi un superuomo, ascolto un simileconsiglio… Ma quand’è adunque che comprenderò che per fare un’opera gran-diosa occorrono tante piccole unità e quanto più l’opera è perfetta tanto piùqueste unità debbono essere piccole ed armoniche?

… Ho sempre dinanzi alla memoria le parole tremende che l’Ar civescovo ciindirizzò il giorno dell’Ordinazione, quando andammo a fargli visita; «Se pen-sassi – ci disse – che diventaste tanti Murri, io pregherei il cielo che vi fulminassein questo istante!».

Povero don Romolo! Tempo fa era per me una persona così cara; l’avevocontinuamente sulle labbra. Quante lotte non ho sostenute con i così detti “re-trogradi” a difesa di questo giovane prete precursore di idee nuove ed animavitale della giovane coscienza italiana… Ora non è più così! Egli è un membrostaccato della grande famiglia; è un condannato!…

… Io certo non conosco tutta la storia dolorosa della sua crisi e per essere giu-sto e sereno voglio concedergli delle atte nuanti e non poche; pure la sua ultimalettera me lo ha rivelato con la maschera dell’ipocrisia, ho compreso come egli siaun uomo che ama il potere ed il plauso; che conscio del suo ingegno disprezzatutto ciò che a lui non ai piega, piegandosi poi alla sua volta egli alla doppiezzapur di avere il trionfo… E se mi ingannassi? Dio volesse che ciò fosse vero!3

Più volte io mi sono chiesto: ma questo nuovo movimento dove tende? è eglidel tutto cattivo?

Sembra di vivere nel caos! I partiti sovversivi progrediscono vertiginosa-mente; il nostro vecchio partito non si muove od almeno con un movimentodirei quasi retrogrado; i nostri giovani appunto, perché troppo rivoluzionari,sono condannati; l’autorità, non so per quali cause, va ognor più perdendo delsuo prestigio; Dio mio ma dov’è adunque la tavola di salvezza?

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3 Minzoni da giovane parteggia per Romolo Murri (1870-1944). La lettera citata è quella che Murriinvia al suo arcivescovo dopo aver ricevuto la notifica della scomunica e dopo l’avvenuta elezione a depu-tato nel Collegio di Monte Sampietrangeli. Dopo la sospensione a divinis di D.R. Murri, in «Rivista di Cul-tura», n. 7, 1° giugno 1908, p. 97; R. Murri, La mia posizione nella Chiesa e nella Democrazia, Roma, s.d. (ma1909); M. Guasco, Il caso Murri dalla sospensione alla scomunica, Urbino 1978. Minzoni dimostra unacerta perplessità nella valutazione complessiva di questa esperienza: rimprovera a Murri ipocrisia e bramadi potere, ma continua ad interrogarsi sulla validità e sulle prospettive del suo movimento.

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Non so se il mio giudizio sia errato, ma a mio modo di vedere il movimentomoderno, oltre avere le sue cause analoghe alle origini del Rinascimento, misembra che ne abbia pure il medesimo svolgi mento e quindi vada studiato coimedesimi criteri.

6 aprile 1909– Seguito – Io mi domando: questo movimento è buono o cattivo; v’è spe-

ranza di soffocarlo come si può soffocare, sradicare un’erba cattiva?Io penso che sia stolto il credere che questo movimento si possa disvellere.

Se noi uomini dell’ordine pensassimo di far ciò, commet teremmo un grave er-rore; poiché questo movimento è una conti nuazione, una nuova fase dello svol-gimento del pensiero umano, del progresso che la civiltà va conquistando at-traverso ad una rivoluzione ora latente e tal’altra violenta: volere quindi reagirenon sarebbe altro che aumentare la pressione e quindi il pericolo di una fataleesplosione!

A noi seguaci di Cristo spetta un grave compito quello cioè di studiareprofondamente la genesi di questo movimento, di modellarlo sulle basi del Van-gelo e poi intraprendere ancor noi la nostra mar cia ascensionale, fidenti nel Diodella verità e del progresso. La storia imparziale saprà apprezzare il nostro la-voro e dirà, come ora si dice del Rinascimento, che il vero movimento fu il mo-vimento cristiano, l’unico che seppe gettare germi fecondi nel cuore e nellamente dell’uomo del sec. XX.

E pensando al nostro clero, certo v’è poco da lusingarsi, che sappia corri-spondere alla sua attuale missione. Giovani troppo spinti ed indipendenti equindi unità disgreganti; vecchi intransigenti pessi misti e quindi zavorra troppopesante; sacerdoti interessati solo del l’oggi e della tavola, questi, mio Dio sonogli alter Christus! che devono rinnovare la società!

Sono pessimista? Questo è l’augurio che faccio a me stesso, ma temo di noningannarmi!

8 aprile 1909… Non so come spiegare questo fenomeno: vi sono dei momenti in cui la

fantasia mi si accende in un modo tale, per cui l’intelletto mi mette dinanzi certiargomenti così lucidi e belli che io stesso ne rimango meravigliato; peccato poiche poco dopo mi dimentichi non solo il ragionamento fatto, ma il soggetto

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rità della religione. A noi credenti che tanta colluvie di ciechi ci deve rattristarepensando ai nostri fratelli che ne sono povere vittime, ma dobbiamo al mede-simo tempo trarne un argomento di fede, argomento che per chi ben lo com-prende è ben più eloquente di tanti altri.

… Domani voglio vincere questo maledetto nervoso, al quale ho giuratoeterna guerra.

10 settembre 1909Quante cose, quante piccole beghe non ho avuto in questi 20 giorni! …Oggi termina la mia vita di Seminarista.12 anni di Seminario tramontati; si chiude un periodo della mia vita – il più

bello! – per aprirsene uno nuovo, che mi è ignoto; al quale ho teso con tutte leenergie della mia anima, fra mille lotte! Dio mio! se potessi fotografare, ripro-durre la mia coscienza in questa evoluzione, in questa formazione, in questoorientamento verso il Sacerdozio.

Mi sono interrogato se ho fatto il mio dovere in questi lunghi anni di Semi-nario; e la coscienza francamente mi ha risposto: non sempre! Ed è vero, po-tevo essere migliore; in certi periodi della mia vita avrei dovuto essere più uomo,avere più coscienza del mio dovere!

Qual cumulo di energie potrebbe e dovrebbe accumulare un giovane in Se-minario.

Non aver fatto il proprio dovere è un gran rimorso!In questi giorni l’Arcivescovo ci ha tenute molte conferenze sulla vita sacer-

dotale; io ho preso nota di tutto, ma ciò è ben poco: conviene agire. Signoredammene la forza, fammi sentire imperiosa la voce del dovere.

Questa sera hanno recitato i piccoli; abbiamo ottenuta una sera discreta:hanno fatto bene quei biricchini e Sua Eccellenza è rimasta pienamente soddi-sfatto. Quanto bramerei nei miei primi anni di Sacerdozio di passare la mia vitafra i giovani.

14 settembre 1909Da vari giorni sono in esercizi: mi ci trovo tanto bene, ma sono un po’ dissi-

pato; voglio però sperare che col cessare di tante piccole faccende il mio spiritosi concentri un po’ di più e cosi meglio si disponga al giorno ineffabile.

I predicatori sono bravi; ho riveduto vari miei amici, giovani sacerdoti; v’èpure mio Zio prete: povero vecchio, chissà qual gioia avrà nel cuore.

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Facendo l’esame di coscienza ho avuta una distrazione. I nostri nemici, pen-sano, combattono accanitamente la nostra religione ed in ispecie la confessioneperché essi dicono dà luogo a scandali e non produce frutti; infatti vi sono cri-stiani corrotti, moltissimi poi uguali agli atei.

Prima di rispondere, noto che essi da un fatto par ticolare inferiscono ad unaconclusione generale; poi io così loro ragiono: ogni cosa per quanto ottima, cadee si corrompe se corrotta è la volontà dell’uomo.

Prendete qualsiasi sistema, istituzione, religione, ebbene se l’uomo ve lavuole far passare per cosa pessima è presto fatto. Un socialista non agisce se-condo il programma suo, un padre di famiglia abusa della sua autorità, un sacer-dote corrompe la morale di cui è custode ed allora si à uno sfacelo generale.Quale ne è la conclusione logica? È questa che per giudicare di una cosa è erro-neo basarsi su fatti e testimonianze che non sono l’espressione fedele di ciò chedobbiamo giudicare, anzi ne sono l’opposto.

Se noi invece giudicheremo la cosa oggettivamente o anche in una persona cheincarna in sé l’ideale, l’anima della cosa medesima allora si che potremo dare ungiudizio, istituire un paragone. E allora la Chiesa trionfa, poiché a confessione di mi-gliaia di increduli (i rivoluzionari di Francia, Gaetano Negri, Lombroso) vi dirannoche i più grandi uomini dell’umanità furono i Santi. La società presente alea, nelsuo continuo lamento e nell’elogio che fa dei nostri vecchi di antica fede non rendeuna prova di più che la Chiesa, la vera Chiesa, è qualche cosa di grande e di ideale?

Il confessionale! Mio Dio ma si è mai trovata istituzione più umana, più con-sona alla libertà, alla dignità umana di questa? No certamente.

Il pensare che a questo tribunale Dio vuole che l’uomo venga liberamente, edinanzi ad un uomo che lo rappresenta come giudice inesorabile, fa la sua liberaaccusa e poi il sacerdote come padre buono lo ammonisce, lo punisce dolce-mente, gli fa fare propositi di essere più sincero, più leale, più giusto colla societàe poi lo rimanda redento (sì redento qualora l’individuo vi si sia accostato consincerità) senza il marchio dell’infamia, senza il peso e l’umiliazione di una penapubblica, di un duro carcere che avvilisce ma non redime una natura umana.

La confessione! Ma chi è che non si confessi in questa vita; tutti o inavverti-tamente o forzatamente; due estremi nocevoli; solo quella voluta da Cristo è laretta perché cosciente, ma libera; perché umiliante ma redentrice!

Se le coscienze moderne studiassero meglio questo fenomeno, qual forza,quale nuova energia non troverebbero nella confessione per la futura società; so-cietà di spiriti liberi ma retti!

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Quante persone del mondo riconoscendola per una del teatro l’avrà pedi-nata credendola una perduta; quante per sone di Chiesa l’avranno rifuggitacome un demonio… men tre invece è un’anima santa, una martire!

Ho pregato per lei e pregherò perché sento quanto ella sia più buona di me;perché ha scosso il mio spirito salutarmen te; oggi ho in parte in mente che sia labontà, quali sono le anime veramente buone; che cosa sia il confessionale; chi ilsacerdo te… Grazie anima santa cui mi sono subito sentito legato nei vincoli delbene e del dolore… prega per il Sacerdote che t’ha assolto ed io pregherò per te!

4 ottobre 1910Crisi! Da vari giorni sono schiavo del nervoso o meglio di una mestizia che

mi snerva ed eccita nella mia coscienza un rimorso vago: sono cattivo! - Sì losono perché non studio più indefessamente, perché le mie pratiche di religionenon le faccio con spirito vivo e retto; sento di essere però cattivo per un’altra ra-gione non ho volontà di lavorare, di gettarmi in mezzo al mare delle difficoltàpur di fare un po’ di bene; non ho il coraggio virile di affrontare certi problemiche tra vagliano la mia povera coscienza. Ad esempio mi succede questo feno-meno: quando vedo o so che in chiesa vi sono certe persone che per me rappre-sentano il tipo ideale della donna cristiana io mi ci trovo volentieri e provo unbenessere spirituale che mi eccita a pregare. È sensualismo o non piuttosto unbisogno naturale e santo del cuore dell’uomo anche se sacerdote? L’educazionedel Seminario che à piegato l’ani mo, educata la coscienza ad essere pura colfuggire la donna considerandola unicamente come fomite e causa di bassi sen -timenti non è forse un’educazione in parte falsa ed irreale? Non si dovrebbeeducare piuttosto il giovane a vedere nella donna non la femmina, ma la donna;non l’Eva seduttrice, ma la Maria pura? persuadendo il giovane a fuggire ladonna egli non affronta in alcun modo il problema ma lo sfugge, non tempral’animo alla prova, ma studia tutti i mezzi per sfuggire un essere buono e purocome noi e allora dove è la vita? Per essere puri ed onesti sembra che bisognarinunziare a tanta parte della vita. E ciò si verifica in gran parte nel sa cerdote;il contatto frequente, per ragioni di ministero, con donne di ogni età e condi-zione ed inoltre la legge o meglio il voto di purità sono e saranno una tortura delsuo cuore fin ché non lo si educhi ad amare la donna come una creatura pura esanta, circonfusa dall’aureola della castità se giovane, adorna del raggio santodella maternità se sposa; insomma finché egli non si sia abituato a vedere nelladonna una ma dre, una sorella; allora non si difenderà dalla donna come da un

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essere infame e seduttore, ma vi andrà incontro persuaso di potere educare isuoi sentimenti più nobili, certo di vivere di un affetto che nobilita e fortifica…Dopo tutto perché amia mo Maria, perché preghiamo con pensiero tanto castodinanzi ad una bella immagine della Madonna? Perché – mi si ri sponderà – èl’espressione dell’eterno femminino cristiano, divino. Ora se è buona cosa,santa cosa figgere inebriare tutto il nostro io in questo ideale femminile che ciparla solo attraverso i colori, simbolo debole di una realtà grandiosa, non losarà pure se alla tela, se al simbolo sostituissimo la realtà, la creatura che à unabellezza pura, una coscienza santa? Ecco il dubbio che mi tormenta; mentreda un lato la natura, la mia coscienza mi dice essere ragionevole la cosa; la miaeducazione sembra rimproverarmi; mentre da una parte ho l’esempio elo-quente di S. Francesco e S. Chiara, dall’altra ò il fatto, ripetutomi le mille voltein Seminario, di S. Luigi che non osò di figgere gli occhi neppure su sua madre.Come de cidermi? La mia coscienza è vuota di risposta… Ho qui di nanzi lasoave Madonna del Gran Duca… la fisso… la prego di sciogliere il mio dubbio:nulla! Perché?… forse perché sono cattivo!

30 ottobre 1910Da due settimane lavoro come un cane per ricostruire il teatro sociale; tutto

il giorno a smartellare su in palco e alla sera pure per dirozzare questi buoni figlidel popolo. Questa sera abbiamo avuta la prima adunanza per costituirci in so -cietà con uno statuto e programma proprio. Qui giovani entusiasti si sono get-tati di buon animo a questo inizio di vita che non deve esaurirsi non solo sullascena ma deve espandersi nella realtà della vita. Abbiamo quindi fatto il propo-sito di essere sempre primi in ogni iniziativa di bene e di risveglio di vita.

Avanti e coraggio!

Novembre 1910 57

Questa sera abbiamo avuto la prima recita: Il Galeotto! È riuscita bene, ma-gnificamente, al disopra delle aspettative, ed io stesso ho dovuto persuadermiche i miei giovani ànno fatto prodigi. Una folla numerosissima s’è stipata nel sa-lone ed ha applaudito e chiamato alla ribalta coloro che credevano non sapes-sero neppure parlare l’italiano; meglio così que st’esempio servirà persuaderequanto può l’uomo, specie il giovane, quando sa volere!

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57 Non è precisato il giorno.

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ANNO 1915

3 marzo 191581

Non posso non ricordare nel mio giornale un avvenimen to troppo importantedella mia vita. Il 18 febbraio mi sono messo in letto per indisposizione; dopo pochigiorni mi è scop piata una violenta bronco-polmonite che per la cura dei me dici eper la Grazia di Dio ho felicemente superata. Che bel morire quando si sa di essereamati dalle persone e in fondo al cuore si à la viva fede nel mondo avvenire!

Sarei morto tanto volentieri; non so il perché, ma la morte non mi spa-ventava.

18 marzo 1915Oggi ho veduta la prima rondine! Un tepido tramonto, un guizzo di ron-

dine su per il cielo; una chiazza di viole sul ciglio del ruscello è sufficiente perfare sussultare il cuore di un giovane. È tutta una primavera di forze, di aspira-zioni e di palpiti che si fondono all’unisono!

19 marzo 1915Festa di S. Giuseppe.Ieri sera dopo aver confessato per molto tempo ed essere uscito dal confes-

sionale stanco, ho sentito in fondo al cuore un senso recondito di felicità, un de-siderio intenso di vita migliore. E se questo stato d’animo ho pensato fra me e medovesse poi svanire, per cedere il posto a quel solito senso di sfiducia e di dissi-pazione che da tempo mi pervade?

Allora mi sono ricordato le belle pagine lette nelle Sorgenti di P. Gratry ed hofatto il proposito di iniziare la pratica della meditazione scritta; poi di fare unesame di coscienza un po’ più sincero, reale e non superficiale.

Che cosa mediterò? Il mio cuore, il mio pensiero, i miei affetti, le mie azioni- in una parola tutto il mio povero io.

Cercherò di fotografarmi giorno per giorno e così mi vedrò costretto, se nonvoglio deteriorare, a porre mano ad una vera e reale riforma.

81 Nell’originale minzoniano appare “3.14.15”. Probabilmente si tratta di una banale inversione di cifre.

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Dunque queste righe non saranno un giornale ma uno studio psico-reli-gioso di me stesso – mi analizzerò e dove mi vedrò deficiente spero di porrerimedio.

Oggi scriverò freddo, alieno dallo Spirito evangelico, non fa nulla, percor-rerò la via degli umili e dei pubblicani – uno solo è il mio desiderio: avviarmiverso alla Vita.

La dolce e soave figura di S. Giuseppe par mi sorrida, mentre stringe al suoDivino Infante!

20 marzo 1915Sono giunto a sera tarda e non ho ancora gettato giù una riga di meditazione.Che debbo meditare?Nessun pensiero speciale mi si è affacciato alla mente; però debbo constatare

che più volte fa giorno, quando la tentazione mi solleticava a trascurare i mieidoveri, mi è sovvenuto che ho fatto il proposito di condurre una vita più intima,più buona, più sincera.

Più sincera. Che bella parola; parola che mi inonda il cuore di santa letizia.Sovente spingo il mio occhio nell’avvenire sino all’ultimo girono di mia vita

e penso: se al tramonto del mio vivere potrò coraggiosamente voltarmi a consi-derare il dramma della mia vita e potrò vedermi nelle varie fasi della vita vissutacon una coscienza che possa ripetere umilmente, dolorosamente anche: sonostato sincero nel mio operare; oh! come affronterò serenamente la morte! Tuttoè incerto nella mia vita – la durata, la forma, le sue fasi! una sola cosa in essa ècerta: il punto doloroso e misterioso della sua fine; ebbene sia questo precettoil perno fisso su cui cercherò di svolgere questa mia esistenza incerta, enigmaticaed allora il presente fuggevole e l’avvenire incerto avranno per la mia coscienzauna veduta certa, una finalità fissa che sarà come il ponte di unione con l’immu-tabile, l’eterno.

21 marzo 1915Stamane ritorno fra i miei fanciulli del Ricreatorio82. Ho un bisogno intenso

di rivederli. So che alcuni si sono rallentati nella frequenza e pensare che sonoi più grandicelli! Speriamo che non ci sfuggano. Andrò loro con tutto il mio

Anno 1915 197

82 Il Ricreatorio di Argenta fu una delle prime realizzazioni di don Minzoni. Con quella del TeatroSociale di cui parla nel novembre 1919, esso consisteva in alcuni spazi (sale e cortile) per lo svago dei fan-ciulli e dei ragazzi della parrocchia.

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87 Don Francesco Strani, nato nel 1884, ordinato nel 1907, cappellano a Berra (FE) tra il 1908 e il 1916,chiamato alle armi dal 1916 al 1918, parroco di Berra dal 1921 al 1927, allorché abbandonò il sacerdozio.Cfr. Preti della diocesi di Ravenna Cervia (1900-2000), a cura di A. Preda e G. Trevisan, Ravenna 2005.

ANNO 1916

Il mio diario di guerra

Cagli, 18 novembre 1916 – «Il diario di una recluta»

Sono solo seduto sul mio letto, e scrivo appoggiato alla mia cassetta di militare. Fuori fra le gole delle montagne, già alle cime ricoperte di neve, soffia la bu-

fera. L’acqua sbatte sulle vetrate che sembrano lamentarsi sotto la pressione delvento mugulante ed il torrente che scorre ai piedi dell’ospedale s’ingrossa escorre impetuoso e rumoreggiante.

Ho gli abiti da militare inzuppati d’acqua, il cambiarmi non mi è possibile,ma me ne sto solo a riandare un po’ questi mesi di vita militare.

Partii per le armi il 1° Agosto dell’anno in corso e alcuni giorni prima dellapartenza preparando e ordinando le mie cose mi venne l’idea di prendere mecoquesto quaderno per tracciarvi all’occasione alcune memorie della nuova vitamilitare.

Il mio “Diario” l’ho lasciato a casa perché un po’ troppo voluminoso, ho presoquesto Notes in cui tempo addietro avevo tracciato alcuni pensieri e propositi.

Scriverò tutta la mia vita militare? Forse no, però sento che qualche cosa èbene che fermi sulla carta.

Troppe emozioni, esperienze, contrasti si subiscono: il trascurarli completa-mente sarebbe male, come è vano affidarli alla memoria.

In questi giorni ricorderò i mesi trascorsi; poi se arrivo a pareggiarmi cer-cherò più che essere rievocativo di trarre qualche riflessione dai fatti che mi ac-cadono attorno.

Le prime battuteDunque il 1° Agosto mi presentai al Distretto di Ferrara ed essendo stato

ascritto alla 7a Compagnia di Sanità fui mandato ad Ancona. Speravo di esseremandato a Bologna ma invano: quindi rassegnato e allegro partii assieme ad unmio carissimo compagno Sacerdote Don Francesco Strani87. Quando ripassai

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88 Bidoni, personaggio interpretato dal comico Primo Cuttica (1876-1921) in decine di film. Mas-sinelli, maschera creata e interpretata dall’attore dialettale milanese Edoardo Ferravilla (1846-1916).Tontolini, personaggio interpretato dall’attore francese naturalizzato italiano Ferdinand Guillaume(1887-1977), conosciuto anche con il nome d’arte di Polidor. Tontolini fu uno dei primi clown delcinema italiano mentre Ferdinand Guillaume fu uno dei grandi artisti del periodo d’oro del cinemamuto italiano dei primi anni del XX secolo e in particolare uno dei primi protagonisti delle comichepoi denominate slapstick e probabilmente ispiratore per i grandi del genere, quali Charlie Chaplin,Buster Keaton, Fatty, ecc.

208 Memorie di don Giovanni Minzoni

dalla stazione di Argenta la mia famiglia, i miei giovani e conoscenti erano là persalutarmi. Scesi un momento, baciai i miei cari, alcuni miei ragazzi, risalii sulterrazzino del treno in moto e con la mano che salutava e gli occhi pieni di la-crime diedi un caldo, affettuoso addio alla mia cara parrocchia. Stetti là comeuna statua con gli occhi sbarrati a contemplare il mio piccolo mondo che sem-pre più rimpiccioliva all’occhio, ma ingigantiva nel cuore…

Ad Ancona ci presentammo al Comando al pomeriggio del giorno seguente:era una giornata afosa, il sudore mi colava per tutto il corpo.

In meno di una ora ci vestirono e ci equipaggiarono. Il chiedere e fare osser-vazioni non valeva.

Ci misero fuori dal magazzeno con tutto l’affardellamento. Io non sapevoraccapezzarmi: ma un «arrangiati» imperativo mi scosse e dovetti divenire mi-litare in meno di un quarto d’ora. Mi vestii in tela, feci uno zaino mostruoso,riempii il tascapane, feci un fagotto dei miei abiti da sacerdote e pronto ad essereirreggimentato. In un cortile del Comando erano già raccolte le reclute della Sa-nità arrivate due giorni prima. Ci mischiammo ad essi; al dialetto riconoscemmomolti romagnoli, dalla fisionomia molti sacerdoti: quindi subito si scambiarono[sic] qualche parola e si cominciarono le risate per la mise nuova: eravamo tanteriproduzioni di Bidoni, Massinelli e Tontolini88! Fra quel vocio di oltre 600 per-sone si sentì un comando: i caporali ci misero in ordine e senz’altro si partì perla caserma con zaino, fagotti e valigie. Camminammo non so quanto sotto gliocchi curiosi della gente che vedeva il nostro impaccio e fiutava l’odore di re-clute. Arrivammo trafelati all’ex Ospedale Civile e su per una scaletta giun-gemmo in due immensi stanzoni pieni di sacchi o paglia sciolta. Era sera, pochecandele rischiaravano gli ambienti, un rumore da inferno dantesco si scatenavaovunque, il raccapezzarsi era impossibile.

I graduati se la svignarono per non aver noie e lasciarono che da noi ci asse-stassimo. Io ed il mio compagno, avemmo per misericordia un pugno di paglia

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364 Gabriele D’Annunzio (Pescara, 1863 – Gardone Riviera, 1938), negli anni della Prima guerra mon-diale, a Venezia, aveva affittato la Casa (o Casetta) Rossa, appartenuta al nobiluomo austriaco Fritz Hohen-lohe, il quale, con lo scoppio del conflitto, aveva dovuto abbandonare l’Italia. L’edificio si trova a pochipassi dal Canal Grande, a fianco di Palazzo Corner (sede attuale della Provincia e della Prefettura). Primadi D’Annunzio la Casetta Rossa accolse altri ospiti illustri, quali lo scultore Antonio Canova (che qui avevaanche il suo studio), lo scrittore e poeta francese Henri de Régnier, lo scrittore e poeta austriaco RainerMaria Rilke. Nel 1916 D’Annunzio perse l’occhio destro a causa di un ammaraggio forzato nelle acque diTrieste e dovette trascorrere 7 lunghi mesi di convalescenza nella Casetta Rossa. Il poeta abruzzese vi sog-giornò in compagnia della figlia Renata ed incontrò numerosi personaggi contemporanei.

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4 febbraio 1919Stamane sono partito per recare al poeta D’Annunzio la medaglia d’oro del

Reggimento. Lo ritroverò in Venezia? Speriamo.A Gorizia mi sono fermato per fare un atto di procura da inviare all’amico

Guido. Un notaio gentilissimo in poco tempo me l’ha preparato. Avevo con meper testimoni il Maggiore Lambertini e Guido Righetti. Per fare i bolli e compe-tenze mi sono occorse 7 corone circa £ 3! Se lo sapessero i nostri Signori notaid’Italia ne rimarrebbero scandalizzati; protesterebbero per nascondere la pro-pria vergogna!

A Mestre è salito un Maggiore di Territoriale, un venezian de Venezia, ilquale chiedendo scusa, scusino, scusate, ha fatto caricare nel nostro scomparti-mento il suo violino e dieci cassette! Per fargli posto io e gli altri cinque viaggia-tori siamo stati costretti salire sul sofà e tenerci stretti ai portabagagli. La scenaera buffa! E mentre noi ce ne stavamo così arrampicati per lasciar caricare le 10cassette egli dolce e calmo ripeteva: «Scusate, scusino, vedo che do loro un po’d’incomodo». Guai poi se aveva l’idea di darcene molto!

Sono giunto a Venezia alle 11, a fatica ho trovato alloggio. Ho dormito al-l’Hotel De Russia assieme ad un Tenente, avvocato di Udine. Mi à parlato delFriuli, me ne ha fatta la storia, ne à esaltate la razza e la lingua; à asserito che Ve-nezia trae la sua storia dal Friuli; che aveva per capitale Aquileia, città di mezzomilione d’abitanti, culla di civiltà e d’arte ed à sostenuto che il Friuli à più del ro-mano specie sulla razza e sul dialetto – lingua di ogni altra regione italiana.

5 febbraio 1919Alle 13 e mezzo sono andato alla Casina Rossa abitazione del Poeta364. È in

un calle solitario, quasi eremitico. Nel salotto eravamo io e due signori. D’An-nunzio è venuto dopo pochi minuti assieme a sua figlia Renata e il genero, un te-

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365 Renata Anguissola in Montanarella nacque nel 1893 a Resina (NA) dalla relazione fra d’Annunzioe Maria Gravina Cruyllas, moglie del conte Guido Anguissola. Renata, figlia molto amata dal poeta che lachiamava affettuosamente “Cicciuzza”, durante la permanenza alla “Casetta rossa” conobbe il tenentedi vascello Sivio Montanarella, che sposò nell’agosto del 1916 e da cui ebbe 8 figli. Renata morì nel 1976e fu sepolta nel cimitero del Vittoriale a Gardone Riviera (BS).

366 Si veda la lettera riportata nell’inserto fotografico.367 G. D’Annunzio, La riscossa, Milano 1918.368 Il 14 e il 15 gennaio 1919 D’Annunzio pubblicò sulla «Gazzetta di Venezia», su l’«Idea Nazio-

nale» e sul «Popolo d’Italia» la sua Lettera ai Dalmati, poi stampata a Venezia in un volume di 42 pa-gine, con xilografie di De Carolis. Con essa il poeta diede inizio alla sua politica interventista che sfo-ciò clamorosamente nell’“impresa” di Fiume (settembre 1919 – gennaio 1921). Sul tema si vedano: V.Martinelli, La guerra di D’Annunzio, Udine 2001; G. Canziani, A Fiume con D’Annunzio. Lettere

430 Memorie di don Giovanni Minzoni

nente di Vascello365. Era in maglia d’aviatore. Ci à stretta la mano e subito inmodo famigliare à intavolata la conversazione mentre ci faceva servire il caffè esigarette. Con quei signori, uomini di teatro à concertato il piano di far darequanto prima la sua Nave recentemente musicata alla Fenice. Bisogna darenuova vita a Venezia e con la Nave auspicheremo alla rinascita artistica della no-stra regina del mare nostrum; ora veramente nostro.

Sbrigata la cosa mi ha chiesto: «E lei Sig. Cappellano che ha di bello dadirmi?» Allora io mi sono alzato in piedi e con opportune parole gli ò offerta lamedaglia che era in astuccio su cui avevamo fatto imprimere:

all’altissimo poetaal valoroso soldato

Gabriele D’AnnunzioIl 255° Fanteria.

Il dono era accompagnato da una bella lettera del Sig. Colonnello (trascri-vere la lettera)366.

Il pensiero l’à commosso. À ammirato, ha letto, e poi con entusiasmo quasiinfantile à fatto ammirare la cosa ai presenti mentre egli mandava esclamazionidi commento. Mi ha fatto tante domande in forma così famigliare che quasiquasi mi è parso di essere una sua vecchia conoscenza.

«Lei à detto, fra le altre cose, lei è un cappellano decorato; permetta che ledia un mio ricordo».

È uscito ed è ritornato con due suoi opuscoli di guerra: La Riscossa367, in cuiaveva scritto: “A Don Giovanni Minzoni. Questo libro di ardore a chi arde. Ga-briele D’Annunzio” e la Lettera ai Dalmati368, “A Don Giovanni Minzoni, prodesoldato di Cristo e d’Italia. Gabriele D’Annunzio”.

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Ringraziamenti

Con la speranza di non dimenticare qualcuno, con la certezza di essere molto debi-tori verso tanti si ringraziano:

L’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea in Ravenna e Provinciaper la fiducia che ci ha accordato e che ci ha confermato nell’arco di questi anni dilavoro. Per condurre a termine l’impegno ci siamo potuti avvalere delle notevoli qua-lità del personale dell’ISREC, che con acume, pazienza e ironia ci ha accompagnato esostenuto: in particolare Alessandro Luparini, Serena Sandri e Marco Serena;

La Banca di Credito Cooperativo Ravennate e Imolese, che ha sostenuto economica-mente la realizzazione del volume;

Dobbiamo gratitudine particolare all’amico Enzo Tramontani, che con generosità hafornito all’Istituto Storico di Ravenna i documenti inediti dai quali si è partiti per pro-gettare questa edizione delle Memorie minzoniane. Inoltre, sono state molto preziosele osservazioni e le integrazioni che, con profonda conoscenza della storia dei catto-lici ravennati, egli ha saputo elargirci;

Associazione “Don Giovanni Minzoni” e Centro Studi Cristiani “Don Giovanni Min-zoni” di Argenta (FE), per la cordiale e fattiva collaborazione (in particolare ManuelaMazzanti e Nicola Palumbi);

Archivio Centrale dello Stato di Roma (Carlo Maria Fiorentino e Patrizia Mariotti),Archivio di Stato di Cesena (Anna Rosa Bambi),Archivio di Stato di Forlì (Fiorenza Danti),Archivio di Stato di Ravenna (Ilaria Gamberini e Manuela Mantani),Archivio Arcivescovile di Ravenna (Don Giovanni Montanari e il personale tutto),Archivio Comunale di Ferrara (il personale della Sezione Fotografica, soprattutto En-rico Paltronieri e Stefania Ricci), Archivio dello Stato Maggiore dell’Esercito – Bologna;

Biblioteca Classense di Ravenna (Paola Rigon),Biblioteca Oriani di Ravenna (Mirko Bonanni e Alberico Stanghellini),Biblioteca Malatestiana di Cesena,Biblioteca Civica Gambalunga di Rimini (Oriana Maroni);Comune di Brisighella (RA): Ufficio Anagrafe,Comune di Cesena: Ufficio Anagrafe (Valeria Zignani),Comune di Ravenna: Ufficio Anagrafe,

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Ringraziamenti 489

Comune di San Canzian del Friuli (GO): la bibliotecaria Isabella Piotto, la guida Gior-gio Cian, il perspicace e generoso ricercatore Diego Mauchigna,Comune di Asiago (VI): Ufficio del Turismo,Comunità Montana Spettabile Reggenza dei Sette Comuni (Asiago);

Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea (Elisa-betta Zonca),Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli e Venezia Giu-lia di Trieste (in particolare l’amico, grande esperto della Prima guerra mondiale enon solo…, Fabio Todero),Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara (Anna Quarzi),Istituto “Santa Teresa del Bambin Gesù” di Ravenna (suor Paola),Ordinariato Militare di Roma,Ufficio Informazioni Bibliografiche dell’Università di Padova (gentilissima Maria Te-resa Melatti),Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito – Roma;

Benedetta Bolognesi, della sezione CAI “Bruno Soldati” di Argenta,Argento Marangoni, partigiano, medico e sindaco con la passione per la Storia,Giulia Melandri, per la trascrizione di testi,Mara Rossetti, per l’intelligenza enigmistica e la paziente tenacia nella decifrazionedella calligrafia minzoniana.

Le nostre rispettive Famiglie, per l’affetto paziente con il quale hanno sostenuto que-sto lungo impegnativo lavoro.

Infine, esprimiamo sentita gratitudine per la casa editrice Diabasis.

Rocco Cerrato, Gian Luigi Melandri

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Page 25: Don Giovanni Minzoni - Memorie (1909 - 1919)

Queste Memorie

di don Giovanni Minzoni

in parte già pubblicate

per la prima volta

rivelando tratti

di una figura di grande attualità

sono pubblicate

nel carattere Simoncini Garamond

su carta Arcoprint delle cartiere Fedrigoni

dalla tipografia Sagi di Reggio Emilia

per conto di Diabasis

nel mese di luglio

dell’anno

duemila

undici

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