I Fascismi Europei 1919-45

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Brunello Mantelli I fascismi europei 1919-45 Materiali e proposte di lavoro interdisciplinari LOESCHER EDITORE Mantelli - I fascismi europei, cod. 2667 © Loescher Editore

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Synthetic analysis of the various fascist regimes in Europe before and during WWII - Sintetica analisi dei vari regimi fascisti sorti in Europa prima e durante la Seconda Guerra Mondiale

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Brunello Mantelli

I fascismi europei1919-45Materiali e proposte di lavoro interdisciplinari

LOESCHER EDITORE

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Fascismo e nazismo furono regimi profondamente diversi e tra loro in-comparabili oppure semplicemente due facce di un fenomeno politico chesi estese a macchia d’olio nell’Europa tra le due guerre mondiali? È inter-pretabile il fascismo mussoliniano come una mera forma di autoritarismo?Il Terzo Reich fu lo sbocco quasi ineluttabile di secoli di storia tedesca, op-pure il nazismo non fu altro che una forma particolarmente radicale di fa-scismo? L’antisemitismo fu un’ideologia peculiare al nazionalsocialismo te-desco, oppure una componente razzista e antisemita è strutturalmenteinsita nel fascismo, in ogni fascismo? Senza Benito Mussolini, le sue cami-cie nere e la sua marcia su Roma sarebbero stati pensabili Adolf Hitler e lesue camicie brune, Ante Pavelic e i suoi ustasa, e tanti altri personaggi qualil’austriaco Dollfuss, lo spagnolo Franco, il norvegese Quisling? È legittimo par-lare di un modello politico fascista oppure ogni caso nazionale va conside-rato a sé stante? Il concetto di totalitarismo è ancora utile per leggere i fa-scismi, oppure occulta più di quanto non spieghi?

A queste e molte altre analoghe domande, di natura tanto storiografi-ca quanto etica e politica, mi sono proposto di rispondere sinteticamente inqueste pagine, convinto come sono che sia non solo utile ma necessario, percomprendere la pluralità dei fascismi storici, un approccio comparativisti-co che faccia propria una categoria generale, idealtipica, di «modello po-litico fascista». Generatosi nell’Italia del primo dopoguerra, il modello poli-tico fascista ebbe nei due decenni successivi larga diffusione e influenzò, incontesti storici, sociali, culturali tra loro differenti, personalità, movimenti, par-titi, regimi che certamente si espressero ciascuno con caratteristiche pro-prie, ma che ebbero in comune una visione organicistica della società, unaconcezione gerarchica culminante nel culto di un capo carismatico, l’odioverso la democrazia parlamentare e verso il movimento operaio (ipostatizzatoquest’ultimo nella categoria di «bolscevismo e marxismo internazionale»),una concezione catafratta della nazione, sempre al limite del razzismoquando non francamente coincidente.

Partendo da un’impostazione del genere, che non nega l’esistenza diquesta o quella specificità nazionale, ma che ritiene fuorviante tanto ri-condurre i fascismi a uno schema rigidamente predeterminato, quanto ne-gare le palesi affinità esistenti tra loro, è possibile definire un luogo e untempo storico per i fascismi: l’Europa tra le due guerre mondiali. All’Italia ealla Germania spetta ovviamente uno spazio maggiore, la prima per esse-re stata la culla del fascismo, la seconda per averne portato al parossismola carica di radicalità distruttiva, ma non mancano pagine dedicate agli al-tri casi nazionali, siano essi regimi (Spagna, Portogallo, Austria) o movi-menti (Romania, Ungheria). Adeguata trattazione infine riceve il fenomenodel collaborazionismo (in Francia, Belgio, Croazia, Slovacchia, Norvegia,Paesi Bassi).

È mia profonda convinzione che l’esame approfondito di un passatoche coinvolse tragicamente gran parte dell’Europa sia passaggio ineludibi-le per un suo superamento reale, da intendersi non come banalizzazione, ri-mozione o – peggio ancora – rilettura pacificatoria, ma definitivo tagliodelle radici che lo resero possibile.

Il testo, che offre la possibilità di diversi approcci di studio (letterario,antropologico, artistico, cinematografico, iconico e semiologico) si artico-

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la in sei sezioni. Nella prima vengono definite le caratteristiche di fondo delmodello politico fascista con particolare riferimento al rapporto tra fascistied élite tradizionali, alle politiche economiche, al nesso contraddittorio conil processo di modernizzazione. Alla fine di questa sezione si colloca un’am-pia e dettagliata cronologia europea, fondamentale strumento di lavoro.Nella seconda sezione si analizza il fascio mussoliniano dalla fondazionealla salita al potere, al consolidamento del regime. La terza è dedicata alnazionalsocialismo; viene discusso il complesso rapporto tra società te-desca e regime hitleriano e si approfondiscono le particolari modalità difunzionamento del Terzo Reich. Nella quarta si esaminano gli altri fascismi,dal Portogallo di Salazar alla Spagna di Franco, dall’Austria di Dollfuss alla Slo-vacchia di monsignor Tiso. La quinta prende in esame la seconda guerramondiale e il fenomeno del collaborazionismo, generato dal conflitto e dal-le conseguenti occupazioni attuate dalle potenze dell’Asse; ci si sofferma inparticolare sulla Francia di Vichy, sulla Croazia ustasa e sulla Repubblicasociale italiana. La sesta e ultima sezione presenta una panoramica di con-cetti cruciali per la comprensione del fenomeno e di alcune delle interpre-tazioni storiografiche più significative. Chiude questa sezione una biblio-grafia generale, aggiornata al 2003.

Il metodo di analisi prevede una stretta connessione tra parti esplicati-ve e documenti (brani d’autore, grafici, cartine, immagini): la pagina di sini-stra presenta l’argomento, quella di destra lo illustra. Ogni documento ècorredato da domande di verifica e da suggerimenti interpretativi. Com-pleta il percorso di indagine una scheda sul cinema italiano e tedesco sot-to Mussolini e Hitler.

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LLaa tteennttaazziioonnee ffaasscciissttaa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

FFaasscciissmmoo,, ffaasscciissmmii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2Il modello italiano e i suoi imitatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

DDeeffiinniirree iill ffaasscciissmmoo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4Il modello politico fascista. Valori e riti . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

FFaasscciissmmoo eedd eeccoonnoommiiaa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6È esistita una politica economica fascista? . . . . . . . . . . . . 7

RReeaazziioonnee oo mmooddeerrnniittàà?? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8La dottrina del fascismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

ÉÉlliittee ttrraaddiizziioonnaallii ee mmooddeerrnniizzzzaazziioonnee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10Battaglia del grano e bonifica integrale . . . . . . . . . . . . . . . . 11

CCRROONNOOLLOOGGIIAA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

IIll ffaasscciissmmoo pprriimmiiggeenniioo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20La guerra: il trauma e la memoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

PPeerrcchhéé pprroopprriioo iinn IIttaalliiaa?? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22Fascismo e nazionalismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

LLee ttaarree ddeelllloo SSttaattoo lliibbeerraallee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24Trasformismo: doppiezza o necessità? . . . . . . . . . . . . . . . . 25La politica di Giolitti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

IIll ffaasscciioo aall ppootteerree . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28Le dichiarazioni programmatiche del fascismo . . . . . . . . 29

TTrraa lleeggaalliittàà ee iilllleeggaalliittàà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30Mussolini alla Camera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31Il delitto Matteotti: le colpe del duce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

UUnnaa ddooppppiiaa ppoolliittiiccaa eesstteerraa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34La politica estera strumento imperiale . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

VVoolleerree ee nnoonn ppootteerree…… . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36Come al cinema. Ma i corpi sono veri . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

CCaammbbiiaannoo ggllii eeqquuiilliibbrrii eeuurrooppeeii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38Il «secolo fascista» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39Fragili equilibri e asimmetrie di potere . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

IIll nnaazziioonnaallssoocciiaalliissmmoo tteeddeessccoo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

LL’’aalllliieevvoo ssuuppeerraa iill mmaaeessttrroo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44L’Asse. Propaganda e realtà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4517��

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LLaa ««vviiaa ppaarrttiiccoollaarree»» ddeellllaa GGeerrmmaanniiaa gguugglliieellmmiinnaa . . . . . . . . . . . 46Storiografia e coscienza civile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

UUnnaa sspplleennddiiddaa ddeemmooccrraazziiaa iinnccoommppiiuuttaa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48Difficoltà interne e pressioni esterne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

CCoonnsseerrvvaattoorrii aannttiirreeppuubbbblliiccaannii ee nnaazziissttii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50La fine delle libertà civili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

LLaa nnaazziiffiiccaazziioonnee ddeelllloo SSttaattoo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52Uno stato d’emergenza permanente . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

LLoo ssttiillee ddii ggoovveerrnnoo ddeell FFüühhrreerr . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54Führerprinzip e ruolo del partito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55Le tre leggi di Norimberga . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

GGllii aallttrrii ffaasscciissmmii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

PPOORRTTOOGGAALLLLOO

IIll rreeggiimmee ddii SSaallaazzaarr . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60Semente italiana in terra lusitana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61Un autoritarismo tradizionalista e populista . . . . . . . . . . . 63

BBEELLGGIIOO

IIll rreexxiissmmoo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64Il programma politico di Rex . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

RROOMMAANNIIAA

CCooddrreeaannuu ee llaa GGuuaarrddiiaa ddii ffeerrrroo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66Nazionalismo, ruralismo, antisemitismo . . . . . . . . . . . . . . . 67

AAUUSSTTRRIIAA

IIll cclleerriiccooffaasscciissmmoo aauussttrriiaaccoo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68Corporativismo, gerarchia, subalternità . . . . . . . . . . . . . . . 69

DDaallll’’aauussttrrooffaasscciissmmoo aallll’’AAnnsscchhlluussss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70La Costituzione corporativa del 1934 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71

SSPPAAGGNNAA

GGuueerrrraa cciivviillee ee ffrraanncchhiissmmoo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72La Falange e lo «Stato nuovo» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73La guerra civile spagnola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75

IInniizziiaa llaa lluunnggaa nnoottttee ffrraanncchhiissttaa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76Franchismo e antisemitismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

SSLLOOVVAACCCCHHIIAA

UUnn aallttrroo cclleerriiccooffaasscciissmmoo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78La persecuzione degli ebrei in Slovacchia . . . . . . . . . . . . . 7933��

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GGuueerrrraa ee ccoollllaabboorraazziioonniissmmii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

IILL FFEENNOOMMEENNOO DDEELL CCOOLLLLAABBOORRAAZZIIOONNIISSMMOO

FFaasscciissmmii aauuttooccttoonnii ee ffaasscciissmmii iinnddoottttii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82L’occupazione come detonatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83

IInnvvaassoorrii ee ccoollllaabboorraattoorrii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84Violenza, ideologia, progetti imperiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85

LLee ddiiffffeerreennttii ssttrraatteeggiiee ddeellll’’ooccccuuppaannttee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86Trasformare i polacchi in una massa di iloti . . . . . . . . . . . . 87Distruggere scuole, giornali, seminari! . . . . . . . . . . . . . . . . . 89

CChhii ccoollllaabboorraa ee ppeerrcchhéé . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90Mito ariano e anticomunismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91Biografia di un collaborazionista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93

CCoonnsseerrvvaattoorrii aauuttoorriittaarrii ee ffaasscciissttii rraaddiiccaallii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94L’economia tedesca e i territori occupati . . . . . . . . . . . . . . 95

LLaa ««ccrroocciiaattaa aannttiibboollsscceevviiccaa»»:: llee WWaaffffeenn SSSS . . . . . . . . . . . . . . . . . 96Propaganda e arruolamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97

CCoollllaabboorraazziioonniissttii ee SShhooaahh . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98Antisemitismo e collaborazionismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

LLAA FFRRAANNCCIIAA DDII VVIICCHHYY

TTrraaddiizziioonnee ee oorrddiinnee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102Dittatura e collaborazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103

MMaasscchhiilliissmmoo,, aauuttoorriittaarriissmmoo,, rraazzzziissmmoo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104Antisemitismo di marca vichyssoise . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105Dal reducismo alla collaborazione: la Milice . . . . . . . . . . . . 107

LLAA CCRROOAAZZIIAA DDEEGGLLII UUSSTTAASSAA

FFaannaattiissmmoo rreelliiggiioossoo ee ppoolliittiiccoo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108Ruralismo, conservatorismo, xenofobia . . . . . . . . . . . . . . . 109

LLAA RREEPPUUBBBBLLIICCAA SSOOCCIIAALLEE IITTAALLIIAANNAA

RRiittoorrnnoo aallllee oorriiggiinnii ee ssoovvrraanniittàà lliimmiittaattaa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110L’antisemitismo radicale della RSI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111Dallo squadrismo alle Brigate nere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113

QQuueessttiioonnii ee iinntteerrpprreettaazziioonnii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115

IIll NNuuoovvoo oorrddiinnee eeuurrooppeeoo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116Modelli di dominio tra est e ovest . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117

OOpppprreessssiioonnee,, ssffrruuttttaammeennttoo,, ppeerrsseeccuuzziioonnee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118Strategia di guerra e modalità di sfruttamento . . . . . . . . 11950��

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SSaacccchheeggggiioo ddii bbeennii ee rraazzzziiaa ddii uuoommiinnii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120Ideologia e condotta della guerra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121A caccia di manodopera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123

CCoonnqquuiissttee ee ggeennoocciiddii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124Annientare, deportare e ripopolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125

SScciieennzzaa,, rraazzzziissmmoo ee ffaasscciissmmii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128L’origine dell’antisemitismo fascista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129L’Italia razzista e antisemita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131

PPaarreenntteessii oo rriivveellaazziioonnee?? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132Letture del passato e comprensione del presente . . . . . 133

FFaasscciissmmoo ee ccaappiittaalliissmmoo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134Il ruolo della grande industria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135

BBoonnaappaarrttiissmmoo oo ttoottaalliittaarriissmmoo?? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136Leader carismatici e masse declassate . . . . . . . . . . . . . . . . 137

OOrrddiinnee ffeerrrreeoo oo ccaaooss oorrggaanniizzzzaattoo?? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138Policrazia istituzionale e ruolo di Hitler . . . . . . . . . . . . . . . . 139Il primato della politica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141

BBIIBBLLIIOOGGRRAAFFIIAA GGEENNEERRAALLEE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142

FFaasscciissmmii ee mmaacccchhiinnee ddaa pprreessaa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143

IIll cciinneemmaa ssttrruummeennttoo ddii pprrooppaaggaannddaa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 144

60��

59��

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IInnddiicceeVVIIIIII

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LLaa tteennttaazziioonneeffaasscciissttaa

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Nel periodo tra le due guerre mondiali in parecchi paesi europei vanno alpotere forze politiche che si definiscono o si richiamano in vario modo alfascismo. Gli Stati interessati sono: IIttaalliiaa, PPoorrttooggaalllloo, AAuussttrriiaa, GGeerrmmaanniiaa,SSppaaggnnaa, UUnngghheerriiaa, RRoommaanniiaa, rreeppuubbbblliicchhee bbaallttiicchhee (Lituania, Lettonia, Esto-nia) . In parecchi altri Stati, dove pure il sistema politico rimane basatosulla democrazia parlamentare, sono presenti partiti e movimenti che alfascismo si rifanno o che puntano a ricalcare il suo modello. È il caso dellaFFrraanncciiaa, della NNoorrvveeggiiaa, della FFiinnllaannddiiaa, della PPoolloonniiaa, del BBeellggiioo, dei PPaaeessii BBaass--ssii. È possibile perciò dire che negli anni intercorsi tra la prima e la secondaguerra mondiale nell’intera Europa – con poche eccezioni (Svezia, GranBretagna) – il modello fascista suscita un notevole interesse e appare co-me una strada praticabile.

Non si deve certo cadere nell’errore di ritenereche i fascismi siano tutti identici, non foss’altro per-ché ben diverse sono le condizioni economiche e so-ciali, la cultura, le tradizioni e le vicende storiche diogni singolo paese: ciò vale, ad esempio, sia per l’Italiasia per la Germania, e ancora di più per altri Stati,come l’Ungheria o il Portogallo, le cui economie era-no ancora in grandissima parte dipendenti dall’agri-coltura e in cui l’industria era assai poco sviluppata.Non si può però dimenticare che gli esponenti delleorganizzazioni politiche fasciste si sentivano in va-rio modo affini: ritenevano di stare sviluppando unmmooddeelllloo ppoolliittiiccoo nnuuoovvoo e ccoonnttrraappppoossttoo ttaannttoo aallllaa

ddeemmooccrraazziiaa ppaarrllaammeennttaarree qquuaannttoo aall ccoommuunniissmmoo ddii ttiippoo ssoovviieettiiccoo che si eraaffermato, con la rivoluzione del 1917 e poi con la stabilizzazione dei primi an-ni Venti, nei vasti territori russi; modellavano la propria attività politica su-gli esempi che venivano loro in particolare da Italia e Germania. La pri-ma era stata la culla del fascismo, il primo Stato in cui un movimento fascistaera andato al potere; la seconda era in breve tempo ritornata a essere la mag-giore potenza europea, e sembrava avere realizzato una forma particolar-mente radicale ed efficace di fascismo: il nazionalsocialismo.

Tipici dei fascismi sono certamente l’abolizione del pluralismo politico, lamessa fuori legge delle opinioni non conformi a quelle ufficiali espresse dalgoverno, un rigido controllo della stampa, una prassi di governo autoritariain cui ogni decisione viene dall’alto; se ci limitassimo però a constatazioni diquesto genere, rischieremmo di non essere in grado di distinguere il fasci-smo da altre forme di governo autoritario come il primo e il secondo impe-ro napoleonici; vari tipi di dittature militari; lo stesso comunismo sovietico,in particolare nella sua versione staliniana.

B1

A1

FFaasscciissmmoo,,ffaasscciissmmii

LLaa tteennttaazziioonnee ffaasscciissttaa22

● Osserva la carta: quali caratteristiche hanno in comune gli Stati che hanno mantenuto istituzioni democratico-parlamentari? E che cosa accomuna quelli che hanno subìto una deriva fascista?

● Perché, secondo Gentile (documento B) il fascismo italiano è diventato un modello per altri movimenti natinell’Europa del primo dopoguerra?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

1��

Alcuni testi su Mussolinie il fascismo italiano pubblicati

in Germania nel 1934.

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La carta illustra la diffusione dei fascismi in Europa occidentale, fotografandola situazione politico-istituzionale nel 1937. Segue un brano di uno dei massi-mi studiosi del fascismo italiano, EEmmiilliioo GGeennttiillee. Allievo di Renzo De Felice, Gen-tile ha dedicato numerosi volumi allo studio del regime, giungendo a conclusioniper molti versi originali, tra cui la rivalutazione del ruolo del Partito nazionale fa-scista (a lungo considerato un elefantiaco apparato burocratico) e la sottoli-neatura della spinta totalitaria interna al fascismo. In queste righe lo studiosorichiama il valore esemplificativo che la marcia su Roma e la salita al poteredi Benito Mussolini ebbero su molte altre forze fautrici di soluzioni autoritarie inEuropa. Per tale via Gentile si stacca dal suo maestro, convinto sostenitore dell’unicità del caso italiano,ricongiungendosi con quanti propugnano l’utilità di un’analisi comparativistica dei fascismi.

Il fenomeno fascista ha fatto per la prima volta ilsuo ingresso nella storia con l’avvento al potere delPartito fascista, che ha dato vita a un regime a partitounico, sovrastato dalla figura del capo, mirante all’at-tuazione di un esperimento totalitario definito se-condo i principi, i valori, i miti e gli obiettivi dellapropria cultura politica. Come tale, il fascismo italia-no è diventato un modello per altri movimenti na-zionalisti rivoluzionari antidemocratici, a cominciaredal nazionalsocialismo, che ne seguirono le orme e neutilizzarono l’esperienza come partito e come regime,per creare, ciascuno secondo le proprie peculiarità na-

zionali e ideologiche, un nuovo Stato, un nuovo or-dine e un uomo nuovo […]. È storicamente certo chenon fu la rivoluzione bolscevica ad aprire nell’Europaoccidentale la via al totalitarismo, sulla quale si in-camminò il nazionalsocialismo, ma fu la «marcia suRoma», l’instaurazione del regime fascista e l’inizio diun inedito esperimento di dominio politico; tutto ciòavvenne per impulso autonomo, insito nella naturastessa del fascismo.

(E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, Roma-Bari,Laterza, 2002, p. X)

LLaa tteennttaazziioonnee ffaasscciissttaa 33

��

IIll mmooddeellllooiittaalliiaannoo ee ii ssuuooii

iimmiittaattoorrii

1

La diffusione dei fascismi in EuropaA

La marcia su Roma, un esempio da imitareB

OCEANO

ATLANTICO

MAR NERO

MARE

DEL

NORD

MAR MEDITERRANEO

GRANBRETAGNAE IRLANDADEL NORD

FRANCIA

SPAGNA

PORTOGALLO

NORVEGIA

DANIMARCA

SVEZIA

FINLANDIA

ESTONIA

LETTONIA

LITUANIA

GERMANIA

POLONIA

U R S S

CECOSLOVACCHIA

GERMANIA

ITALIA

ROMANIA

IUGOSLAVIABULGARIA

ALBANIA

GRECIA

TURCHIA

SVIZZERA

BELGIO

PAESIBASSI

UNGHERIAAUSTRIA

LUSSEMBURGO

IRLANDA

Democrazie parlamentariRegimi fascisti o fascistizzanti

MonarchiaRepubblicaTrono vacante

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Ciò che caratterizza i fascismi e ne dimostra la «modernità» – cioè il lo-ro essere non un residuo del passato, ma un fenomeno ben radicato nel XX

secolo, che si sviluppa sulla base delle irreversibili trasformazioni sociali ve-rificatesi nei decenni precedenti la Grande Guerra e da essa accelerate – èil fatto che essi costruiscono ffoorrmmee ddii ggoovveerrnnoo aauuttoorriittaarriioo cchhee ssii ggiioovvaannoo ddiiuunn aappppaarraattoo oorrggaanniizzzzaattiivvoo ddii mmaassssaa ; alle masse cioè viene tolto ogni po-tere (ad esempio, non possono votare se non in forme plebiscitarie e me-ramente coreografiche), ma esse non sono tenute lontane dalla politica,anzi vengono inquadrate nelle maglie del partito e delle sue organizzazio-ni collaterali, strutturate in modo da coinvolgere ogni segmento della societàcivile seguendo l’articolarsi delle generazioni, dei mestieri, dei sessi .Un secondo aspetto tipico dei fascismi è il rriiffiiuuttoo ddii aallccuunnee iiddeeee--ffoorrzzaa pprroo--pprriiee ddeellll’’eettàà ccoonntteemmppoorraanneeaa, sviluppatesi a partire dall’illuminismo e dalla Ri-voluzione francese: l’uguaglianza, l’esistenza di imprescindibili e intocca-bili diritti individuali; il principio di maggioranza e contemporaneamentequello della tutela delle minoranze, la convinzione che la verità nasca dal con-fronto e dallo scontro tra opinioni diverse.

A questo insieme di valori i fascisti ne contrappongono altri radical-mente opposti: la ggeerraarrcchhiiaa (fondata sulla convinzione della naturale ine-guaglianza degli esseri umani, che giustificherebbe perciò una visione ari-stocratica della politica e della società); una ccoonncceezziioonnee oorrggaanniicciissttaa ddeellllaa ssoo--cciieettàà (paragonata a un organismo, in cui a ognuno spetterebbe un posto bendefinito e non modificabile, secondo un modello retorico che risale al ben no-to apologo di Menenio Agrippa di fronte ai plebei in rivolta); la convinzioneche ll’’iinnddiivviidduuoo ssiiaa ssaaccrriiffiiccaabbiillee iinn nnoommee ddeelllloo SSttaattoo (e/o della razza), poichésolo nel suo seno può esistere; un aaggggrreessssiivvoo nnaazziioonnaalliissmmoo che – mentre ne-ga la positività del conflitto politico e sociale all’interno degli Stati – sostienel’inevitabilità dello scontro, tanto politico quanto (ineluttabilmente) arma-to, nei rapporti tra Stato e Stato, ammantato sovente del mito della «nazioneproletaria» in lotta per la propria sopravvivenza e il proprio «spazio vitale»con le nazioni «plutocratiche» e «giudaico-massoniche».

Se rifiuta i valori costitutivi della modernità, il fascismo ne accetta ben vo-lentieri invece gli aassppeettttii tteeccnniiccii ee tteeccnnoollooggiiccii (l’industria, la tecnologia),anzi, se ne serve di buon grado allo scopo precipuo di accelerare la ricosti-tuzione di quell’unità primigenia della stirpe, presunta esistente in un pas-sato più o meno nebuloso e poi corrottasi.

In sintesi, la definizione che ancora oggi pare meglio cogliere la naturadel fascismo è quella di ««rreeggiimmee rreeaazziioonnaarriioo ddii mmaassssaa»», formulata da Pal-miro Togliatti nel 1935; un regime, cioè, che si sforza di negare la moderni-tà (e in particolare i suoi effetti sociali e culturali) servendosi dei suoi mez-zi più tipici.

B2

A2

DDeeffiinniirreeiill ffaasscciissmmoo

LLaa tteennttaazziioonnee ffaasscciissttaa44

● Nei confronti delle masse, quali obiettivi perseguono i regimi fascisti?

● Qual era il senso delle feste popolari sotto il fascismo?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Proponiamo qui due documenti. Il primo è un brano di un volume fonda-mentale del maggiore storico germanista italiano, EEnnzzoo CCoolllloottttii, il cui oggettosono per l’appunto i fascismi europei tra le due guerre. Sostenitore dell’utilitàdi una categoria generale idealtipica di fascismo, da utilizzare come strumen-to per comparare i fascismi storici, Collotti connette nelle righe che seguonole modalità di funzionamento e le caratteristiche dei differenti regimi con losviluppo sociale del paese in cui si sono sviluppati e con il grado di moderniz-zazione economica, politica e culturale che hanno raggiunto. Il secondo testoè tratto da un’opera di EEmmiilliioo GGeennttiillee, storico che abbiamo già incontrato, de-dicata al tentativo, da parte del fascismo mussoliniano, di dare vita a una vera e propria religione civile to-talitaria, che egli ha definito «il culto del littorio», e che avrebbe dovuto forgiare l’«uomo nuovo fascista».

Regimi fascisti veri e proprii e regimi autoritari gra-vitanti verso di essi sono regimi dittatoriali e oligar-chici che hanno comunque bisogno, nell’era della so-cietà di massa, di attivare e di organizzare il consenso at-torno alla piramide dirigente. Solo che questo proces-so avviene in misura e con modalità diverse nelle duediverse varianti: l’organizzazione delle masse è più fer-rea, più rigida, produce la militarizzazione e il con-trollo sociale capillare nelle società industrializzate, aforte concentrazione urbana, con stratificazioni socia-li ben definite, e non soltanto per la necessità di affer-mare il controllo su grandi concentrazioni di classeoperaia, ma perché tende a modellare l’organizzazionedella società secondo le gerarchie e gli schemi di un si-stema aziendale, che al di là della sua funzione pro-duttiva diventa un anello essenziale del controllo sociale.

Per due decenni, sotto il governo fascista, le piaz-ze d’Italia, dalle grandi città ai piccoli paesi, furonotrasformate in un unico, immenso, scenario dove mi-lioni di persone celebravano, con una simultanea co-ralità, scandita da un ritmo continuo, le feste della na-zione, gli anniversari del regime, le vittorie della «ri-voluzione», il culto dei caduti, la glorificazione deglieroi, la consacrazione dei simboli, le apparizioni delduce. Molte altre cerimonie, adunate, parate, mostre epellegrinaggi d’occasione moltiplicavano il ciclo an-nuale dei riti di massa del regime fascista. Popolo epaese furono avvolti in una fitta rete di simboli, che ab-bracciava l’urbanistica e il paesaggio, le macchine e imonumenti, l’arte e il costume, gli abiti e i gesti, im-primendo ovunque e su tutto, dallo stemma dello Sta-to ai tombini di strada, l’emblema del fascio littorio.

(E. Gentile, Il culto del littorio. La sacralizzazione della politicanell’Italia fascista, Roma-Bari, Laterza, 1993, p. VII)

Lo stesso processo si affida viceversa maggiormente aforme più tradizionali di controllo sociale, quali la for-za della religione, l’integrazione dei miti e delle antichegerarchie sociali, laddove non si sono create le condi-zioni di esistenza e di sviluppo di moderni movimen-ti di massa o di forti spinte omogeneizzatrici, qualiquelle dovute a processi produttivi di tipo industrialeo a processi di grande concentrazione urbana. Natu-ralmente, la generalizzazione di questi due diversi tipidi processi va considerata alla stregua di ogni genera-lizzazione, ossia la semplificazione e la riduzione allostato lineare, quasi allo stato puro, di processi che nel-la realtà sono sempre più complessi di quanto non siariflesso nella loro rappresentazione.

(E. Collotti, Fascismo, fascismi, Firenze, Sansoni, 1989, p. 17)

LLaa tteennttaazziioonnee ffaasscciissttaa 55

��

IIll mmooddeellllooppoolliittiiccoo

ffaasscciissttaa..VVaalloorrii ee rriittii

2

A

BInaugurazione di una

distilleria ai Castelliromani, 1938.

Sono presenti i variaspetti dellacoreografia

mussoliniana:i gerarchi circondano

il duce, alle loro spallesi situa la folla,

tra cui alcuni giovanicon stendardi e vessilli

fascisti; unagigantografia

del dittatore dominala scena.

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Per connotare i fascismi appare meno significativo il riferimento alle ppoo--lliittiicchhee eeccoonnoommiicchhee ssttaattaalliissttiicchhee o miranti al controllo totale o parziale del-l’economia che i regimi fascisti misero in atto e i movimenti agitarono amo’ di bandiera. Se si prescinde infatti dalla dimensione della propaganda(pure non priva di significati ma da analizzarsi in un contesto suo proprio),non si può dimenticare che il primo fascismo, quello italiano, non andò af-fatto al potere con un programma di politica economica statalista o pro-tezionista, anzi propugnava al tempo iiddeeee lliibbeerriissttee e affermava di volerefare regredire lo Stato da compiti che non gli sarebbero propri, come l’or-ganizzazione di poste, ferrovie ecc. È la politica legata al nome di Alberto DeStefani (1879-1969), ministro delle Finanze di Mussolini dal 1922 al 1925, eche – per quanto mitigata negli anni seguenti (ad esempio con la fissazio-ne della parità tra lira e sterlina a 90 lire per 1 sterlina nel dicembre 1927) –si prolunga fino all’inizio degli anni Trenta .

In seguito, le misure prese dai regimi fa-scisti in ambito economico (controllo rigi-do del commercio estero; costruzione direti privilegiate di scambio internazionaleattraverso accordi di clearing, che preve-devano cioè scambi di merce sostanzial-mente alla pari, in modo da evitare il de-flusso di valuta; provvedimenti tesi a favo-rire la concentrazione industriale e a ridurreil più possibile la dipendenza dall’estero neisettori delle materie prime e delle fonti dienergia) non si discostarono più di tantodalle politiche economiche attuate da mol-ti paesi industrializzati o semindustrializ-zati in ben altro contesto politico e istitu-zionale.

A dettare le regole della politica economica non fu tanto la volontà po-litica dei regimi fascisti quanto la necessità, indotta dalla crisi del 1929, di fa-re fronte in qualche modo alla frattura e alla sseeggmmeennttaazziioonnee ddeell mmeerrccaattoommoonnddiiaallee, con il connesso calo verticale del volume globale del commercioestero che si verificò in tutti i paesi senza eccezione alcuna. La stessa car-tellizzazione forzata messa in atto dal nazionalsocialismo tedesco, oltre arispondere alle esigenze inderogabili appena richiamate, si configura in fon-do come uunnaa rriipprreessaa ee uunn’’aacccceennttuuaazziioonnee ddii tteennddeennzzee ggiiàà pprreesseennttii in Germanianegli anni precedenti la prima guerra mondiale (quando si iniziò a parlare di«capitalismo organizzato») e poi sviluppatesi ulteriormente (lì come altro-ve) nel corso del conflitto, allorché si arrivò ovunque a forme di spiccatoddiirriiggiissmmoo eeccoonnoommiiccoo sotto l’egida dei comandi militari.

3

FFaasscciissmmooeedd eeccoonnoommiiaa

LLaa tteennttaazziioonnee ffaasscciissttaa66

● Quali erano le linee di fondo della politica di Alberto De Stefani?

● Esiste una dottrina economica tipicamente fascista?

● Quale fu l’origine della politica autarchica?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

3��

Manifesto per l’autarchia,diffuso dopo la decisione della Società

delle Nazioni di applicare all’Italiasanzioni economiche per l’aggressioneall’Etiopia. In realtà la scelta autarchica

non fu meramente una reazionealle sanzioni, ma un’opzione legata

alla crisi del mercato mondiale dopo il 1929.

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IL brano che segue è tratto da un saggio degli storici dell’economia FFrraann--ccoo BBeellllii e VViittttoorriioo SSaannttoorroo. Nel testo vengono prese in esame le caratteristi-che di fondo della politica economica fascista in particolare negli anni Venti,in cui il regime tenne un atteggiamento dichiaratamente liberista e contrarioal dirigismo economico. Furono poi le pressioni degli stessi ambienti indu-striali a spingere il gruppo dirigente fascista verso misure che si riconnettevanopiù direttamente con le politiche economiche messe in atto dagli ultimi governiliberali. La vera svolta avvenne per effetto della crisi generale del 1929, e in quel-l’occasione le decisioni del regime non furono poi così differenti da quelleprese da governi di ben diverso orientamento politico in altri paesi. Il testo di Belli e Santoro è reperibi-le anche on line al sito: http://www.econ-pol.unisi.it/scdbanc/pubbl/bellisantoro.pdf.

Soprattutto in origine, il fascismo non fu porta-tore di un preciso programma economico d’interven-to. Viceversa, almeno sul piano delle intenzioni, ci siproclamava favorevoli a un ritorno al laisser faire, allastregua di reazione all’economia di guerra, e, più ingenerale, contro la progressiva burocratizzazione in-dotta da taluni interventi dello stato liberale.

Da qui la necessità di periodizzazione del venten-nio, per dar maggiore risalto ai principali mutamentidi rotta:

a. il 1925, che rappresenta a un tempo il passag-gio all’organizzazione totalitaria dello stato, e una pri-ma svolta nella politica economica, segnata fra l’altrodall’ingresso nel governo dei ministri Volpi (alle fi-nanze) e Belluzzo (all’economia nazionale) e dagli in-terventi di risanamento finanziario, con particolareriguardo al caso del Banco di Roma;

b. il periodo 1926-1927, che è caratterizzato, inispecie, dall’unificazione dell’emissione in capo allaBanca d’Italia, dall’emanazione della prima leggebancaria e dal risanamento monetario scandito daldiscorso di Pesaro e da «quota novanta»;

c. gli anni 1931-1936, quando, con la costituzio-ne dell’IMI e dell’IRI e con la riforma bancaria, il «ca-pitale finanziario» italiano assume un assetto qualifi-cato dal ruolo organico dello stato nell’intermedia-zione finanziaria, che sopravviverà al regime fino asfiorare l’epoca recente;

d. gli anni che corrono dal 1937 al 1942, nel corsodei quali, con l’autarchia e con l’economia di guerra, siaccentua l’interventismo statale, cosicché le scelte dipolitica economica raggiungono gli antipodi rispettoalle opzioni iniziali.

Già queste prime osservazioni, schematiche e scon-tate, anticipano l’ipotesi che è opportuno parlare di unapluralità di politiche economiche del periodo fascista.

Immediatamente collegato a questa prima que-stione è l’ulteriore quesito se esista una specificità del-

l’economia fascista o se, viceversa, vi sia analogia conle politiche svolte in altri paesi sotto la spinta, prima,del passaggio da un’economia di guerra a un’economiadi pace e, in seguito, della crisi mondiale del 1929 edella conseguente riduzione dell’interscambio inter-nazionale. D’altro canto il problema della specificità sipone altresì dal punto di vista del rapporto continui-tà o cesura, non solo, come già abbiamo accennato,rispetto al liberalismo prefascista, ma anche alla de-mocrazia repubblicana del secondo dopoguerra.

La politica «liberista» della prima, breve, fase del fa-scismo (fino al 1924) si concretizza nell’apparente de-molizione degli istituti giuridici d’intervento econo-mico escogitati in periodo liberale.

Riteniamo che di apparenza si debba parlare inquanto, nelle sue linee di fondo, la legislazione prece-dente non risulta alla fin fine stravolta. Insomma,l’operazione politica che il primo governo fascista por-ta a compimento è quella di appropriarsi di modellipreesistenti, alterandone alcuni tratti talora margina-li, e ponendo, comunque, a capo degli enti economi-ci uomini di propria fiducia […].

[Per quanto riguarda il sistema bancario] lo statofascista in principio pone in essere qualche estempo-raneo tentativo di liberalizzazione: il r.d. 11 gennaio1923 provvede alla soppressione del «Consiglio su-periore del credito», di lì a poco il «Consiglio supe-riore dell’economia» – istituito con r.d. 6 settembre1923 – viene articolato in varie sezioni, fra cui quel-la del «commercio, credito e assicurazioni», con ilcompito, in verità molto modesto, di dare pareri efare proposte in ordine alle materie di competenzadell’Ispettorato generale del credito e delle assicura-zioni private.

(F. Belli - V. Santoro, La legislazione economico-finanziariadel periodo fascista, in A. Mazzacane [a cura di], Dirittoeconomia e istituzioni nell’Italia fascista, Baden Baden,Nomos, 2002, pp. 221-22)

LLaa tteennttaazziioonnee ffaasscciissttaa 77

��

ÈÈ eessiissttiittaauunnaa ppoolliittiiccaaeeccoonnoommiiccaa

ffaasscciissttaa??

3

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Page 16: I Fascismi Europei 1919-45

La domanda principale a cui, dagli anni Venti a oggi, politici, intellettuali estudiosi cercano di rispondere riguarda la nnaattuurraa ddeell rreeggiimmee ffaasscciissttaa, e in par-ticolare il suo rapporto con la tradizione e con la modernità. Il fascismo è untradizionalismo reazionario, il ripresentarsi in pieno XX secolo di idee e con-cetti del passato, oppure è un fenomeno strettamente connesso con lasocietà contemporanea, un modo particolare di organizzare la politica,l’economia, la cultura che (nelle circostanze verificatesi in Italia dopo laGrande Guerra) poté presentarsi agli occhi di una considerevole parte del-le élite dirigenti come una via d’uscita dalle contraddizioni del moderno?

Il fascismo poneva al centro del suo pensiero e della sua azione i princì-pi di ggeerraarrcchhiiaa e di iinneegguuaagglliiaannzzaa; si presentava come un mmoovviimmeennttoo aauuttoo--rriittaarriioo guidato da un ccaappoo ccaarriissmmaattiiccoo la cui legittimità non si fondava su al-cuna designazione dal basso; concepiva la società non come un insiemedi soggetti individuali (citoyens) dal cui confronto nasca una volontà collettiva,ma come un oorrggaanniissmmoo vviivveennttee ssuuppeerriinnddiivviidduuaallee, in cui a ogni parte spettaun compito preciso e non modificabile, come accade al nostro corpo. Ciò po-neva il movimento dei Fasci agli antipodi del pensiero democratico ispira-to ai princìpi della Rivoluzione francese . D’altro canto, il continuo ri-chiamarsi del fascismo alle idee, tipicamente ottocentesche, di nnaazziioonnee e dippaattrriiaa, e la sua dichiarata volontà di coinvolgere, senza esclusioni, tutti igruppi sociali nella macchina politica e statuale che andava costruendo lorendevano diverso da una mera dittatura reazionaria, se per «reazione»s’intende il desiderio di ricostituire un ordine antico che sia stato violato.

Il fascismo non può essere compreso se non sullo sfondo della societàdi massa costituitasi nel corso del XIX secolo e dispiegatasi negli anni a ca-vallo della Grande Guerra; il continuo richiamo della propaganda fascista aivalori di oorrddiinnee e ggeerraarrcchhiiaa era finalizzato non a tenere lontane le massedalla politica, ma a inglobarle in essa in una forma subalterna e priva di au-tonomia. A essere evocato non è l’ordine dell’ancien régime, in cui ciò checonta sono la fedeltà al sovrano e l’accettazione passiva della propria col-locazione nella scala dei ceti sociali, quanto invece llaa ddiisscciipplliinnaa ttiippiiccaa ddeegglliieesseerrcciittii ddii mmaassssaa che si decimarono sui diversi fronti, dall’Isonzo alla Marna,e ll’’aaggiirree ggeerraarrcchhiiccaammeennttee oorrggaanniizzzzaattoo tipico della grande fabbrica milita-rizzata. Sia l’esercito moderno sia la grande fabbrica non possono funzio-nare basandosi solo su una ferrea disciplina, ma richiedono che i propricomponenti siano almeno parzialmente coinvolti, e condividano gli obiet-tivi perseguiti dai gruppi dirigenti. Va da sé che ciò può essere perseguito invari modi; il fascismo è solo uno di essi, ma contraddistinto dalla volontàdi ootttteenneerree iill ccooiinnvvoollggiimmeennttoo ddeellllee mmaassssee sseennzzaa aacccceettttaarree iill ccoonnfflliittttoo ssoo--cciiaallee ee ppoolliittiiccoo che inevitabilmente ne consegue.

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RReeaazziioonneeoo mmooddeerrnniittàà??

LLaa tteennttaazziioonnee ffaasscciissttaa88

● Come devono articolarsi, secondo il fascismo, i rapporti tra individuo e Stato?

● Come viene definito da Giovanni Gentile il XX secolo?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Riproduciamo un brano dalla Dottrina del fascismo, volume1 del 1932 fir-mato da BBeenniittoo MMuussssoolliinnii ma in notevole parte steso da GGiioovvaannnnii GGeennttiillee,filosofo idealista di fama internazionale, propugnatore dell’«idealismo as-soluto» (una lettura dell’hegelismo fortemente influenzata dal pensiero diFichte) e intellettuale di spicco del regime. Fu ministro della Pubblica istru-zione nel 1922-24 e autore della riforma della scuola che porta il suo nome eche regge ancora, sostanzialmente, l’ordinamento della scuola media supe-riore; spiritus rector dell’Enciclopedia Treccani, ne diresse personalmente le se-zioni «Storia della filosofia», «Storia del cristianesimo», e, in seguito, «Filosofiae pedagogia». Il testo è illuminante sui temi del rapporto tra fascismo e modernità. È reperibile on line alsito: http//www.fascismoeliberta.net/kf/LADOTTRINAFASCISTA.html#OLE_LINKBIS.

Di fronte alle dottrine liberali, il fascismo è in at-teggiamento di assoluta opposizione […]. Non biso-gna esagerare […] l’importanza del liberalismo nelsecolo scorso, e fare di quella che fu una delle nume-rose dottrine sbocciate in quel secolo, una religionedell’umanità per tutti i tempi presenti e futuri. […]È sintomatico che un popolo di alta civiltà, come ilpopolo tedesco, abbia ignorato in pieno, per tutto ilsecolo XIX, la religione della libertà. […] La Germa-nia ha raggiunto la sua unità nazionale al di fuori delliberalismo, contro il liberalismo, dottrina che sem-bra estranea all’anima tedesca, anima essenzialmentemonarchica, mentre il liberalismo è l’anticamera sto-rica e logica dell’anarchia […]. Quanto all’unità ita-liana, il liberalismo vi ha avuto una parte assoluta-mente inferiore all’apporto dato da Mazzini e da Ga-ribaldi che liberali non furono. […] Il secolo «libera-le» dopo aver accumulato un’infinità di nodi gordiani,cerca di scioglierli con l’ecatombe della guerra mon-diale. Mai nessuna religione impose così immane sa-crificio. Gli dei del liberalismo avevano sete di san-gue? Ora il liberalismo sta per chiudere le porte deisuoi templi deserti perché i popoli sentono che il suoagnosticismo nell’economia, il suo indifferentismonella politica e nella morale condurrebbe, come hacondotto, a sicura rovina gli Stati. […]

Le negazioni fasciste del socialismo, della demo-crazia, del liberalismo, non devono tuttavia far crede-re che il fascismo voglia respingere il mondo a quelloche esso era prima di quel 1789, che viene indicatocome l’anno di apertura del secolo demo-liberale. Nonsi torna indietro. […] Il concetto di autorità fascista

non ha niente a che vedere con lo stato di polizia. Unpartito che governa totalitariamente una nazione, èun fatto nuovo nella storia. Non sono possibili riferi-menti e confronti. Il fascismo dalle macerie delle dot-trine liberali, socialistiche, democratiche, trae queglielementi che hanno ancora un valore di vita. Mantie-ne quelli che si potrebbero dire i fatti acquisiti dellastoria, respinge tutto il resto, cioè il concetto di unadottrina buona per tutti i tempi e per tutti i popoli.Ammesso che il secolo XIX sia stato il secolo del so-cialismo, del liberalismo, della democrazia, […], sipuò pensare che questo sia il secolo dell’autorità, un se-colo di «destra», un secolo fascista; se il XIX fu il seco-lo dell’individuo (liberalismo significa individuali-smo), si può pensare che questo sia il secolo «colletti-vo» e quindi il secolo dello Stato. […]

Caposaldo della dottrina fascista è la concezionedello Stato […]; per il fascismo lo Stato è un assoluto,davanti al quale individui e gruppi sono il relativo. In-dividui e gruppi sono «pensabili» in quanto siano nel-lo Stato. […] Lo Stato è garante della sicurezza inter-na ed esterna, ma è anche il custode e il trasmettitoredello spirito del popolo così come fu nei secoli elabo-rato nella lingua, nel costume, nella fede. Lo Stato nonè soltanto presente, ma è anche passato e soprattuttofuturo. È lo Stato che trascendendo il limite breve del-le vite individuali rappresenta la coscienza immanen-te della nazione.

(B. Mussolini, La dottrina del fascismo, Milano,Treves-Treccani-Tumminelli, 1932, pp. 15-19)

LLaa tteennttaazziioonnee ffaasscciissttaa 99

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LLaa ddoottttrriinnaaddeell ffaasscciissmmoo

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11.. Si tratta dell’omonima voce dell’Enciclopedia Treccani riprodotta come saggio a sé.

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Un’altra difficoltà d’interpretazione del fascismo si lega al fascino che peroltre un decennio, dal 1922 alla metà degli anni Trenta, promanò dal regimeitaliano e dal suo capo in quasi tutti i paesi d’Europa. PPeerrcchhéé llaa ««tteennttaazziioonneeffaasscciissttaa»» ffuu ccoossìì ffoorrttee ee ssii mmaanniiffeessttòò iinn ccoonntteessttii ccoossìì ddiivveerrssii ttrraa lloorroo?? Per ri-spondere occorre considerare tre aspetti della proposta politica fascista, talida renderla singolarmente attraente agli occhi di parte delle élite intellettualie politiche europee. Prima di tutto, il regime fascista propugna valori reazionari,ma è un ««rreeggiimmee rreeaazziioonnaarriioo ddii mmaassssaa»», cioè vuole coinvolgere larghi stra-ti sociali; in secondo luogo, il regime fascista non è un regime di mera con-servazione, anzi intende caratterizzarsi sul terreno economico e socialecome «rivoluzionario», ma si tratta di una rriivvoolluuzziioonnee ««ddaallll’’aallttoo»», che man-tiene inalterate le gerarchie sociali; in terzo luogo, esso si proclama «mo-derno», anzi, ««ppiiùù mmooddeerrnnoo»» ttaannttoo ddeellllee ddeemmooccrraazziiee oocccciiddeennttaallii qquuaannttoo ddeellccoommuunniissmmoo ssoovviieettiiccoo.

La sua modernità è però misurata su un me-tro meramente quantitativo; vengono cioè presiin considerazione soltanto gli indici di sviluppo delprodotto nazionale lordo, i chilometri di strade co-struite, la cifra totale delle case edificate o delleterre bonificate , l’attività complessiva dellestrutture assistenziali messe in piedi, l’ammonta-re degli armamenti ammassati negli arsenali mili-tari ecc.

Anche prendendo per buoni i dati ufficiali sullaconsistenza delle opere del regime, va sottolinea-ta la volontà di Mussolini e dei suoi adepti di rreeaa--lliizzzzaarree uunnaa mmooddeerrnniizzzzaazziioonnee sseennzzaa mmooddeerrnniittàà,bloccando e inibendo cioè quei processi di seco-larizzazione, sviluppo del senso della soggettività

individuale, rottura dei ruoli sociali tradizionali improntati al paternalismo efondati sulla disuguaglianza tra i sessi e le generazioni, che nelle societàoccidentali più sviluppate – la Gran Bretagna, la Scandinavia, in parte laFrancia, gli Stati Uniti – erano proceduti di pari passo con lo sviluppo dellasocietà di massa.

In conclusione possiamo dire che è stata ll’’uunniioonnee ddii iiddeeee ggeerraarrcchhiicchhee eeaannttiieegguuaalliittaarriiee ccoonn mmooddeellllii oorrggaanniizzzzaattiivvii mmooddeerrnnii compatibili con la massi-ficazione della società e della cultura tipica del XX secolo a rendere cosìattrattivo, soprattutto tra le élite tradizionali, il modello fascista in societàanche molto diverse tra loro.

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ÉÉlliittee ttrraaddiizziioonnaallii eemmooddeerrnniizzzzaazziioonnee

LLaa tteennttaazziioonnee ffaasscciissttaa

● Quale rapporto si instaura, nel regime fascista, tra innovazione tecnica e modernizzazione sociale?

● Rifletti su realtà concreta e uso propagandistico della «bonifica integrale».

● Quale poteva essere sulla popolazione italiana il richiamo di uno slogan come quello di «battaglia del grano»,considerate le condizioni medie di vita di allora?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Cartolina fascista celebrativadell’aviazione, fiore all’occhiello del

regime.

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Come esempio della modernizzazione parzia-le realizzata dal regime fascista italiano, riportiamociò che ha scritto a proposito della bonifica deiterritori paludosi e inadatti all’agricoltura uno deimaggiori esperti di storia agraria del nostro paese,GGuuiiddoo CCrraaiinnzz, docente di Storia contemporaneaall’università di Teramo e autore di numerosi studisulle trasformazioni economico-sociali del nostropaese nel corso del XX secolo. Con la «battagliadel grano» e la «bonifica integrale», che riprende-va istanze già fortemente presenti in età liberale, ilregime intendeva da un lato promuovere l’auto-sufficienza sul piano alimentare, questione di as-soluta rilevanza nella prospettiva di una futuraguerra europea (a cui il fascismo mirava con chia-ra evidenza), dall’altro avviare a risoluzione il com-plesso problema della popolazione bracciantile delNord-Est, fonte di preoccupazioni politiche per lesue tradizioni di lotta. Attraverso la distribuzionedi lotti della terra ricavata dalle bonifiche, Musso-lini e i suoi puntavano a trasformare i bracciantipoveri in piccoli proprietari terrieri, sradicandoli al-tresì dalle province di residenza. Era la cosiddetta«sbracciantizzazione».

La «bonifica integrale» si inserisce nel solco di unaazione bonificatrice plurisecolare. Precedente al fasci-smo è anche il maturare, fra Grande Guerra e primianni Venti, del suo stesso concetto: azione simultaneadi sistemazione idraulica, risanamento igienico e tra-sformazione agraria complessiva di terreni impro-duttivi o malsani, volta a incidere sia sugli assetti ter-ritoriali sia su quelli economico-sociali. Nel modo diintendere questa trasformazione non mancano, nellaprimissima fase, voci e toni diversi […] che trovanopiena espressione nel convegno di S. Donà di Piavedel marzo 1922. Esso disegna le «mappe possibili» del-l’intervento futuro e pone al centro i nodi essenziali: ilrapporto fra intervento pubblico e privato, il nesso frabonifica e trasformazioni, sia del regime fondiario siadei modi di conduzione.

Cadute presto le ipotesi che prevedevano l’inter-vento nel Mezzogiorno di settori del capitale finan-ziario e dell’imprenditoria privata settentrionale, l’esitodi questa prima fase sono il Testo unico sulla bonificadel 1923 e la legge Serpieri del 1924, strumento legi-slativo avanzato che prevede forme di intervento neiconfronti dei proprietari inadempienti. Di qui una vi-

vace opposizione dellaproprietà terriera meri-dionale: essa ottiene, giànel 1925, un primo suc-cesso (un decreto del no-vembre limita infatti dra-sticamente l’efficacia im-positiva della legge) e pro-segue poi, negli anni se-guenti, con uno scontroin cui entrano in gioco differenti soggetti sociali e isti-tuzionali (consorzi e società di bonifica ecc.). In que-sto contesto, nel 1928, giunge la legge Mussolini, che sicolloca all’interno di più ampie politiche di costru-zione del consenso e della campagna ruralistica del re-gime, e prevede sia un rilevante impegno finanziario,di lungo termine, dello Stato, sia l’esecuzione di opereda parte dei privati. Su quest’ultimo, essenziale, puntol’azione successiva di Serpieri subisce una rilevantesconfitta, sancita dal suo allontanamento dal Sottose-gretariato alla bonifica integrale (che aveva retto inin-terrottamente dal 1929 al 1935), mentre la crisi inter-nazionale e poi la concentrazione delle energie finan-ziarie del regime in altre direzioni, a partire dall’av-ventura africana, porteranno a una riduzione dellostesso impegno statale (per altro incentrato, ed esaurito,su una serie di opere prevalentemente infrastruttura-li). In questo quadro, i risultati più rilevanti si hannoove – come nella Bonifica pontina, in cui agisce l’Operanazionale combattenti – gli interessi dei privati sonomeno forti e la ricaduta propagandistica delle realiz-zazioni può invece essere più immediata. Tardivo risultainvece l’«assalto» al latifondo siciliano, formalizzatocon la legge del 2 gennaio 1940, n.1, che istituisce unente, dotato di ampi poteri, per la colonizzazione del la-tifondo siciliano e prevede l’esproprio per i proprieta-ri che non realizzano le trasformazioni fondiarie diloro competenza. Questa legge, destinata a infranger-si contro la vicenda bellica, è comunque promulgata inun contesto in cui lo scarto fra progetti, impegno sta-tale ed effettiva realizzazione è ormai rilevantissimo: al-la fine degli anni Trenta l’attività bonificatrice si eraestesa su quasi 6 000 000 di ettari, ma solo su 1 700 000erano state ultimate le opere pubbliche, e su meno di900 000 erano state completate anche quelle private.Inoltre, soltanto su un terzo di questa pur ridotta su-perficie si potevano registrare notevoli risultati pro-duttivi e più densi insediamenti colonici.

(P. Milza - S. Berstein - N. Tranfaglia - B. Mantelli [a cura di],Dizionario dei fascismi, Milano, Bompiani, 2002, pp. 56-58)

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BBaattttaagglliiaaddeell ggrraannooee bboonniiffiiccaaiinntteeggrraallee

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Armistizio tra l’Italia e l’Austria.Armistizio tra le potenze dell’Intesa e la Germania. È la fine della prima guerramondiale.

Benito Mussolini fonda a Milano il movimento dei Fasci di combattimento.Nasce la Società delle Nazioni.Trattato di Versailles tra l’Intesa e la Germania.Trattato di Saint-Germain-en-Laye tra l’Intesa e l’Austria.Gabriele D’Annunzio occupa con un gruppo di reduci la città di Fiume, assegnata allaIugoslavia dal trattato di Versailles.Germania. Adolf Hitler entra nel Partito tedesco dei lavoratori (Deutsche Arbeiterpartei,DAP), che dall’agosto 1920 diventa Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori(Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei, NSDAP).Italia. Alle elezioni vincono socialisti e popolari. I fascisti raccolgono in tutto 4657 voti.

Trattato del Trianon tra l’Intesa e l’Ungheria.Trattato di Sèvres tra l’Intesa e la Turchia.Trattato di Rapallo tra l’Italia e la Iugoslavia.

Italia. Alle elezioni i fascisti ottengono, insieme ai nazionalisti, una quarantina di seggiall’interno del blocco liberal-conservatore.

Italia. Raduno a Napoli di alcune migliaia di camicie nere. Le squadre fasciste inizianoa convergere su Roma sotto la guida di un quadrumvirato composto da MicheleBianchi, Emilio De Bono, Cesare Maria De Vecchi, Italo Balbo. Luigi Facta, presidentedel Consiglio, propone al re di proclamare lo stato d’assedio e di far intervenirel’esercito (27 ottobre). Su consiglio del maresciallo Armando Diaz e del grandeammiraglio Paolo Thaon di Revel, il re si rifiuta di firmare il decreto (28 ottobre) einvita Mussolini ad assumere la guida di un nuovo governo. La Camera accorda poteri eccezionali a Mussolini; il potere legislativo passa dalParlamento nelle mani del governo. I fascisti assaltano la Camera del lavoro di Torino e la redazione del giornale «L’Ordinenuovo», uccidendo 22 persone.

Italia. Istituzione del Gran Consiglio del fascismo, organo collegiale di direzione delpartito e dello Stato.Vengono legalizzate le squadre fasciste con la formazione della Milizia volontaria perla sicurezza nazionale (MSVN).Germania. Fallisce il putsch di Monaco, promosso da Hitler, che intendeva attuareuna «marcia su Berlino» sull’esempio della marcia su Roma. Hitler viene condannatoa una lieve pena. Durante la detenzione scrive Mein Kampf (La mia battaglia), operain cui espone i princìpi del suo credo politico.

119911883 novembre11 novembre

1199119923 marzo28 aprile

28 giugno10 settembre12 settembre

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13 novembre

1199224427 gennaio

6 aprile10 giugno

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24 giugno

Italia. Il Parlamento approva la legge elettorale Acerbo, che prevede l’assegnazioneal partito di maggioranza relativa di due terzi dei seggi alla Camera.

Annessione di Fiume all’Italia e accordo con la Iugoslavia sui confini.Italia. Successo elettorale del «listone» fascista, che ottiene 374 seggi.A seguito della denuncia in Parlamento di brogli e intimidazioni da parte fascista, ildeputato socialista Giacomo Matteotti viene assassinato. Le opposizioni decidono diboicottare le sedute alla Camera (secessione dell’Aventino), ma, dopo uno sbandamentoiniziale, in pochi mesi Mussolini risolve la crisi a proprio vantaggio.Decreto fascista che introduce una rigida censura sulla stampa e vieta le riunionidell’opposizione.

Italia. In un discorso alla Camera Mussolini si assume la piena responsabilità del delittoMatteotti.Patto di Palazzo Vidoni: il sindacato fascista è l’unica organizzazione riconosciutadagli imprenditori.Francia. Georges Valois fonda il Faisceau, prima formazione politica dichiaratamentefascista sorta al di fuori dell’Italia. In Francia sono tuttavia presenti da diversi annigruppi extraparlamentari e antiliberali quali l’Action française, la Ligue antisémite, laLigue de la patrie française e le Jeunesses Patriotes-La Légion.Italia. Modifiche allo Statuto albertino: al «presidente del Consiglio» si sostituisce il«capo del governo», non più responsabile di fronte alle Camere e con potere dinominare e revocare i ministri.

Portogallo. Dopo un decennio di estrema instabilità politica, con un colpo di Statomilitare va al potere il generale Antonio Oscar Carmona.Italia. Discorso di Pesaro: Mussolini annuncia la rivalutazione della lira nei confrontidella sterlina. I salari saranno tagliati di quasi il 20%.Il Consiglio dei ministri vara una serie di provvedimenti, noti come «leggifascistissime», che prevedono: lo scioglimento dei partiti di opposizione, lacreazione di una polizia politica segreta (OVRA), l’istituzione del Tribunale speciale edel confino, e la restaurazione della pena di morte. I deputati aventiniani sonodichiarati decaduti e il leader comunista Gramsci viene arrestato e condannato aventi anni di prigione.Lituania. Il presidente della repubblica Antanas Smetona attua un colpo di Statocon l’appoggio dei partiti di destra, nazionalista (Lega dei nazionalisti lituani) edemocratico-cristiano; darà vita a un regime autoritario ispirato al fascismoitaliano.

Italia. Viene promulgata la Carta del lavoro, documento programmatico del sistemacorporativo.Romania. Corneliu Zelea Codreanu fonda la Legione dell’arcangelo Michele,movimento fascistizzante e violentemente antisemita. Dal 1930 essa sarà affiancatadal partito politico, più esteso, Guardia di ferro.

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Italia. Approvata dalla Camera la nuova legge elettorale che istituisce una lista unicanazionale compilata dal Gran Consiglio del fascismo.Germania. La NSDAP ottiene solo il 2,6% alle elezioni per il Reichstag, mentre avanzanonotevolmente le sinistre.

Croazia (Iugoslavia). Ante Pavelic, avvocato di Zagabria, fonda il movimentoultranazionalista degli ustasa (ribelli), ricevendo finanziamenti e protezione da parteitalianaItalia. Firma dei Patti lateranensi con la Santa Sede.Finlandia. Nasce il movimento di Lapua, che prende il nome dal comune omonimo;sarà poi noto come movimento lappista. Prevalentemente composto da agricoltori,si contrapporrà frontalmente al movimento operaio caratterizzandosi in sensofascistizzante.Stati Uniti. Crollo degli indici azionari alla Borsa di New York.

Germania. Il Partito nazionalsocialista, con 6 407 000 voti ottiene 107 seggi alReichstag e diventa il secondo partito del paese.

Norvegia. Si forma il governo di minoranza del Partito agrario. Vidkun Quisling, exmilitare ed ex diplomatico fondatore, all’inizio dello stesso anno, del Movimento delpopolo nordico, dal profilo razzista, antiparlamentare e antisocialista, è nominatoministro della Difesa.Grecia. L’Unione nazionalista, formazione di estrema destra vicina al fascismo,fomenta un pogrom a Salonicco, dove viene dato alle fiamme il quartiere ebraicodetto «Kampel». Nella città vivono 50 000 ebrei, in gran parte di origine spagnola.Germania. Costituzione del Fronte di Harzburg tra nazisti, Stahlhelm (associazione diex combattenti di orientamento antirepubblicano), Partito popolare nazionaltedescoe personalità conservatrici. Le SA naziste moltiplicano gli atti di violenza.Paesi Bassi. Viene fondata la Nationaal Socialistische Beweging (Movimentonazionalsocialista, NSB).

Finlandia. Nasce il Movimento patriottico del popolo, che raccoglie militanti deldisciolto movimento di Lapua e intellettuali nazionalisti influenzati dal corporativismoe dal fascismo mussoliniani.Portogallo. L’economista di destra Antonio de Oliveira Salazar è nominato primoministro.Germania. I nazisti diventano il primo partito del Reichstag ottenendo il 37,3% dei votialle elezioni. Complessivamente, però, sinistra e cattolici mantengono quasi tutti iloro suffragi; è a destra che avviene un grande travaso di consensi dalle formazionimoderate verso la NSDAP. Hitler rifiuta di entrare in un governo di coalizione.Gran Bretagna. Oswald Mosley, già parlamentare conservatore e poi laburista, fondala British Union of Fascists (BUF).

1199228816 marzo

25 maggio

119922997 gennaio

11 febbraio23-24 marzo

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5 luglio

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Germania. Viene sciolto il Parlamento a causa dell’impossibilità di formare un governo.Alle elezioni i nazisti perdono due milioni di voti.

Germania. Hitler diventa cancelliere in un governo di coalizione di cui fanno parte,oltre ai nazisti, nazionalisti, cattolici e indipendenti di destra. Si tratta di un gabinettoprivo di maggioranza parlamentare.Germania. Nuove elezioni per il Reichstag. I nazisti raccolgono il 44% dei suffragi, maper avere la maggioranza assoluta in Parlamento Hitler fa dichiarare fuorilegge ilPartito comunista.Portogallo. Plebiscito per sancire l’«Estado novo» di Salazar, che prevede il partito unico.Germania. Apertura, a Dachau (nei pressi di Monaco), del primo campo di concentramento,destinato ad accogliere oppositori politici.Il Reichstag, con l’assenso dei deputati del cattolico Zentrum, vota la legge sui pienipoteri che dà a Hitler il controllo assoluto del paese: il potere legislativo passa dalParlamento nelle mani del governo, così come era accaduto in Italia dieci anni prima.Islanda. Nasce il Movimento nazionalista islandese, di chiara ispirazione nazista.Germania. Viene creata la Gestapo (Geheime Staatspolizei), polizia segreta di Stato,sotto il diretto controllo dei nazisti.Norvegia. Nasce la Nasjonal Samling (NS), partito che si richiama al nazismo, con acapo Vidkun Quisling.Italia. Nascono i Comitati per la universalità di Roma (CAUR), con il compito diorganizzare e riunire attorno al ministero degli Affari esteri il maggior numero dimovimenti nazionalisti, fascisti o corporativisti europei.Concordato tra la Germania ormai nazificata e il Vaticano.Portogallo. È istituita una speciale polizia politica (Polícia de Vigilância e de Defesa doEstado, PVDE, in seguito denominata PIDE).Francia. Marcel Bucard, già membro del Faisceau, fonda il Francisme, movimento chericalca fedelmente il modello mussoliniano.

Austria. Guerra civile tra il governo clericofascista di Engelbert Dollfuss e i socialisti,maggioritari a Vienna. Dollfuss scioglie tutti i partiti tranne il neocostituito, egovernativo, Fronte patriottico.Estonia. Il presidente Konstantin Päts instaura un regime autoritario fascistizzantetramite un colpo di Stato.Polonia. Dall’ala giovanile del Partito nazional-democratico (Endecja), di orientamentonazionalista, conservatore e antisemita, nasce la più nota organizzazione fascisteggiante,il Raggruppamento nazional-radicale, da cui l’anno successivo si distaccherà un’alaancora più estremista, la Falange.Lettonia. Colpo di Stato di Karlis Ulmanis, primo ministro e capo dell’Unione contadina,che instaura un regime autoritario e si proclama vadomis (duce).Hitler incontra Mussolini a Venezia.Austria. Viene emanata una nuova Costituzione che conferisce poteri dittatoriali alcancelliere.Austria. Fallisce un putsch nazista, ma viene assassinato il cancelliere Dollfuss. LaGermania declina ogni responsabilità.

6 novembre

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5 marzo

19 marzo21 marzo

23 marzo

23 aprile26 aprile

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20 luglio29 agosto

11 novembre

11993344 Febbraio

24 aprile

14 maggio

15 maggio

14 giugno10 luglio

25 luglio

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CCRROONNOOLLOOGGIIAA

CCrroonnoollooggiiaa 1166

Il re di Iugoslavia Alessandro I viene assassinato a Marsiglia in un attentato organizzatodagli ustasa, che hanno il loro punto di forza in Italia.

Germania. Le leggi di Norimberga stabiliscono che gli ebrei sono una razza inferiore evietano loro i rapporti con i tedeschi «ariani».Aggressione italiana all’Etiopia. Il conflitto nasce dal bisogno del fascismo di crearsinuovi consensi e di dare sfogo alla crescente pressione demografica e sbocchi alleindustrie nazionali.Belgio. Léon Degrelle, scrittore e pubblicista, fonda il movimento clericofascistaChristus Rex.

Etiopia. Le truppe italiane conquistano Addis Abeba. Vittorio Emanuele III assume iltitolo di imperatore d’Etiopia. La guerra continuerà tuttavia per anni causando altremigliaia di morti, soprattutto per effetto delle repressioni italiane.Belgio. Alle elezioni il movimento Rex ottiene circa il 25% dei voti nella provincia delLussemburgo e l’11,8% a livello nazionale.Spagna. Rivolta militare guidata da Francisco Franco contro il governo del Frontepopolare. Italia e Germania inviano uomini e mezzi agli insorti.Nasce l’Asse Roma-Berlino.Giappone e Germania firmano il Patto anticomintern.

Ha inizio il conflitto cino-giapponese.Romania. La Guardia di ferro ottiene il 15,53% dei voti, diventando così la terza forzapolitica del paese.

Romania. Il re Carlo I sospende la Costituzione, ordina lo scioglimento di tutti i partitipolitici e instaura un regime autoritario fascisteggiante.Austria. Annessione alla Germania nazista (Anschluss) a seguito di violenti disordinifomentati dai nazisti. Il paese diventa una provincia del Reich con il nome di «Ostmark».Italia. È avviata l’introduzione delle leggi antisemite, cosiddette «leggi razziali», chediscriminano pesantemente gli ebrei. Ciò avviene in una fase di antisemitismomontante negli Stati a regime fascista o fascisteggiante (nello stesso annodisposizioni antisemite vengono emanate a Budapest, Bucarest e Varsavia) e nelcontesto del crescente avvicinamento dell’Italia alla Germania.Alla conferenza di Monaco Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia danno il via liberaall’occupazione tedesca dei Sudeti cecoslovacchi.Germania. Notte dei cristalli: dopo un attentato contro un diplomatico tedesco aParigi vengono devastati e saccheggiati sinagoghe, negozi e proprietà di ebrei;vengono arrestate 20 000 persone e si contano decine di morti.

Ungheria. È annunciata la fondazione del Partito delle croci frecciate, dalla fusione dinumerose formazioni fasciste preesistenti.

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9 ottobre

1199335515 settembre

3 ottobre

2 novembre

119933665 maggio

24 maggio

16-18 luglio

21-24 ottobre25 novembre

11993377 7 luglio

20 dicembre

11993388 12 febbraio

12-15 marzo

3 agosto

29-30 settembre

9-10 novembre

11993399 8 marzo

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CCrroonnoollooggiiaa 1177

Boemia e Moravia, già private dei Sudeti, sono occupate dall’esercito tedesco(Wehrmacht) e vengono trasformate in protettorato del Reich tedesco. Ungheria ePolonia approfittano della dissoluzione della Cecoslovacchia per annettersi porzionidi territorio slovacco.Formulazione da parte tedesca di richieste esorbitanti alla Polonia: annessione di Danzicaalla Germania, collegamento extraterritoriale tra Prussia orientale e il resto del Reich. Occupazione tedesca del territorio di Memel in Lituania.Spagna. Caduta di Madrid e instaurazione del regime franchista. L’Italia occupa l’Albania.Germania e Italia firmano il Patto d’acciaio, che impone l’intervento automatico inguerra a fianco dell’alleato che si trovi coinvolto in un conflitto.Ungheria. Le formazioni fasciste ottengono complessivamente 49 seggi su un totaledi 252.Slovacchia. Viene promulgata la Costituzione del nuovo Stato indipendente, il cuipresidente è il sacerdote cattolico monsignor Jozef Tiso, alla guida del Partitopopolare slovacco, formazione ultranazionalista ormai fascistizzatasi.La Germania invade la Polonia: è l’inizio del secondo conflitto mondiale. L’Italia sidichiara alleato non belligerante della Germania.Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla Germania.

Truppe tedesche invadono Danimarca e Norvegia. Inizia l’offensiva tedesca sul fronte occidentale; la Wehrmacht occupa Belgio,Lussemburgo e Paesi Bassi e penetra profondamente in territorio francese.L’Italia dichiara guerra a Francia e Gran Bretagna, schierandosi a fianco dellaGermania.Capitolazione della Francia: il maresciallo Philippe Pétain firma l’armistizio con Germaniae Italia. Darà vita a uno Stato collaborazionista (Stato di Vichy), fascistizzante eantisemita.Norvegia. Le autorità tedesche dichiarano la NS di Quisling unico partito legale nelpaese.Attacco italiano alla Grecia.La controffensiva greca respinge gli italiani in territorio albanese, una parte del qualeviene occupato. L’Italia è costretta a chiedere aiuto alla Germania, trascinando iBalcani nel conflitto.

La Germania dichiara guerra alla Grecia. Il territorio metropolitano greco è immediatamenteattaccato attraverso Bulgaria e Romania. Truppe bulgare si uniscono alla Wehrmacht. Ilporto ateniese del Pireo è distrutto dalla Luftwaffe.Nasce lo Stato indipendente di Croazia dopo l’aggressione alla Iugoslavia da partedelle forze tedesche, italiane, ungheresi e, in un secondo momento, bulgare. La guidadello Stato, solo formalmente indipendente, è affidata agli ustasa di Pavelic.La Germania attacca l’Unione Sovietica («operazione Barbarossa»). In breve i paesibaltici sono occupati dalla Wehrmacht. I movimenti fascisti locali si uniscono alletruppe del Führer nel combattere i sovietici e – con ancora maggior vigore – nel darevita a pogrom antiebraici, collaborando attivamente alla Shoah.

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15-16 marzo

21 marzo

23 marzo28 marzo

7 aprile22 maggio

28-29 maggio

21 luglio

1° settembre

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119944009 aprile

10 maggio

10 giugno

22 giugno

25 settembre

28 ottobre21 novembre

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10 aprile

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CCRROONNOOLLOOGGIIAA

CCrroonnoollooggiiaa 1188

Il Giappone attacca gli Stati Uniti a Pearl Harbor.Germania e Italia dichiarano guerra agli Stati Uniti.

Conferenza del Wannsee: viene organizzato lo sterminio degli ebrei d’Europa, peraltrogià in atto da qualche mese nei territori controllati dal Terzo Reich.Norvegia. Quisling è nominato presidente del Consiglio dei ministri.

Italia. Il Gran Consiglio del fascismo mette in minoranza Mussolini, che viene arrestatoper ordine del re. La guida del governo è affidata al maresciallo Pietro Badoglio.L’Italia sottoscrive l’armistizio di Cassibile con gli Alleati.Annuncio alla radio dell’armistizio. Il testo del discorso, molto vago, lascia le forzearmate senza ordini precisi. I tedeschi occupano gran parte dell’Italia centro-settentrionale. Il regio esercito si dissolve.Prigioniero in un rifugio sul Gran Sasso, Mussolini viene liberato da un commandotedesco.Mussolini annuncia la costituzione del Partito fascista repubblicano (PFR) e lacontinuazione della lotta armata a fianco dei tedeschi.Annuncio della costituzione della Repubblica sociale italiana (RSI). La sede del nuovogoverno è fissata a Salò.

Germania. Attentato a Hitler nel suo quartier generale di Rastenburg. L’azione, e lacontemporanea rivolta di alcuni generali, falliscono. Dopo processi sommari, siconteranno circa 5000 vittime.Italia. Costituzione delle Brigate nere.Ultimo discorso pubblico di Mussolini al Teatro Lirico di Milano.

Il Comitato di liberazione nazionale Alta Italia (CLNAI) emana l’ordine di insurrezionegenerale. Il duce lascia Milano.Fuga e cattura di Mussolini, che viene fucilato assieme ad altri gerarchi. Il giornoseguente si arrendono le truppe tedesche in Italia.Suicidio di Hitler nel bunker della cancelleria a Berlino.A Reims la Germania firma la capitolazione senza condizioni.Capitolazione del Giappone.Si apre a Norimberga il processo contro i maggiori gerarchi nazisti. Le sentenzesaranno pronunciate il 30 settembre 1946; si conteranno una ventina di condanne amorte e lunghe pene detentive.

7 dicembre11 dicembre

11994422 20 gennaio

1° febbraio

11994433 25 luglio

3 settembre8 settembre

12 settembre

15 settembre

23 settembre

1199444420 luglio

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1199445525 aprile

28 aprile

30 aprile7 maggio

2 settembre20 novembre

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IIll ffaasscciissmmooiittaalliiaannoo

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Per tutti gli anni Venti l’Italia, primo paese a conoscere un regime fascista,fu il mmooddeelllloo iinnddiissccuussssoo a cui tutti i movimenti fascisti o fascistizzanti d’Eu-ropa si rifecero, compresi i nazionalsocialisti tedeschi e le altre forze diestrema destra attive nella repubblica di Weimar. Ciò fu dovuto a parecchifattori, alcuni oggettivi: l’Italia era uscita vincitrice dalla prima guerra mon-diale, cosa che le aveva dato uno status di potenza medio-grande; il fortemovimento operaio e socialista che si era sviluppato nel nostro paese dal-l’ultimo ventennio dell’Ottocento in poi era stato sconfitto e distrutto inbreve tempo e apparentemente con grande facilità; altri soggettivi, cioèlegati all’attività politica e diplomatica del regime guidato da Benito Mussolini(cfr. p. 28 e sgg.).

Il fascismo italiano si sviluppò traendo lin-fa e stimoli sia da fenomeni di portata inter-nazionale, sia da fattori tipici del nostro pae-se e della sua storia, su cui ci soffermeremonelle prossime pagine. Tra i primi dobbiamocitare il diffondersi in tutta Europa, negli ulti-mi due decenni dell’Ottocento e nel quindi-cennio precedente la prima guerra mondia-le, di una cultura e di punti di vista fortemen-te critici verso il concetto stesso di democra-zia, di concezioni che riproponevano vviissiioonniiaarriissttooccrraattiicchhee eedd eelliittiissttee ddeellllaa ppoolliittiiccaa, con-

cezioni che spesso si ispiravano alle teorie darwiniane dell’evoluzione, ap-plicate (un po’ incongruamente) alla società e alla politica.

Con la Grande Guerra sembra poi entrare in una crisi irreversibile qua-lunque fiducia in un progresso dell’umanità magari lento, ma inarrestabile;fiducia che accomunava soggetti politici – come le forze d’ispirazione liberalee quelle d’ispirazione socialista – che si contrapponevano politicamentecon asprezza, ma erano unite da alcune convinzioni di fondo, tra cui la fe-de nel progresso. E se da un lato la guerra provoca questa perdita di senso,dall’altro porta a compimento il processo di mmaassssiiffiiccaazziioonnee ddeellllaa ssoocciieettààcontemporanea, che già era progredito nel corso dell’Ottocento, sulla spin-ta dell’alfabetizzazione, dello sviluppo delle comunicazioni di massa (gior-nali, editoria popolare), delle trasformazioni nel sistema dei trasporti (ferrovie)e delle migrazioni di massa. La guerra di trincea mette in contatto soldati-contadini e ufficiali-studenti, funziona a un tempo come una grande scuo-la e un grande oommooggeenneeiizzzzaattoorree ddii iiddeeee ee ppuunnttii ddii vviissttaa . Anche il piùsperduto villaggio ne viene coinvolto, come dimostrano ancora oggi gli in-numerevoli monumenti ai caduti – corredati tutti da lunghi e agghiaccian-ti elenchi di nomi e cognomi – che costellano praticamente tutta l’Europa.

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IIll ffaasscciissmmoopprriimmiiggeenniioo

IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo2200

● La guerra come trauma collettivo nell’esperienza concreta dei soldati: facendo riferimento al brano di Leed e adaltre letture definisci i mutamenti nella psicologia individuale e collettiva che essa indusse.

● Guerra e memoria pubblica: rifletti sui messaggi che trasmettevano i monumenti ai caduti della prima guerramondiale che il regime fascista fece costruire numerosi in tutta la penisola.

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Il primo gabinetto Mussolini rendeomaggio al Milite Ignoto; Roma, 1923.

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Proponiamo un brano dello storico britannico EErriicc JJ.. LLeeeedd, autore di un im-portante e fortunato libro sulla Grande Guerra, in cui al centro non sono gli av-venimenti bellici o le strategie militari, ma l’esperienza concreta dei combat-tenti e le trasformazioni del loro universo mentale forzatamente indotte dalla quo-tidianità della trincea. Servendosi di fonti quali la memorialistica e la letteratu-ra, gli epistolari e le riflessioni di psicologi e antropologi, lo studioso ha cercatodi interpretare gli effetti profondi del conflitto sulla percezione della realtà da par-te di chi ne fu suo malgrado protagonista e delle generazioni successive.

Il soldato era un uomo che aveva vissuto per unperiodo apparentemente senza fine al di là delle cate-gorie sociali e civili, al di là di qualsiasi distinzione distatus che non fosse puramente formale e meccanica.L’esperienza di vivere al di là delle classi, ma nella trup-pa, produsse un innegabile senso di cameratismo incoloro che la condivisero; ma produsse anche l’inca-pacità di collegare l’esperienza sociale della guerra coni problemi sociali e le questioni politiche della societàpostbellica. Non c’è da sorprendersi che coloro chedesideravano fare dell’esperienza di guerra la base perun attacco contro l’ordinamento borghese, liberale,ricorressero alle definizioni più contraddittorie: «na-zionalismo rivoluzionario», «radicalconservatorismo»,«nazionalsocialismo». Queste autoidentificazioni nondovettero sembrare eccessivamente contraddittoriea uomini le cui identità erano state rimodellate daun’esperienza che, pur dando nuovo rilievo a conce-zioni formalistiche ed arcaiche dell’autorità, poté an-che essere vissuta come una sorta di proletarizzazionemilitarizzata, in cui gli uomini furono ridotti al ruolodi anonimi esecutori di meccanismi impersonali didistruzione. Ma il soldato di linea, subito dopo la finedella guerra, si distinse molto di più nel ruolo di «uo-mo della violenza» che in quello di «camerata» e uomocomunitario […].

Se la guerra fu un’esperienza modernizzante lo fuperché alterò in modo fondamentale le tradizionalifonti di identità, le vecchie concezioni della guerra edegli uomini in guerra: la Grande Guerra fu un pun-to nodale della storia della civiltà industriale perchéessa fuse realtà materiali e mentalità «tradizionali» inun modo del tutto imprevisto e spiazzante. Da un la-to la guerra merita il titolo di prima guerra veramen-te moderna, perché in essa e tramite essa la natura e ledimensioni dell’industria moderna furono ribadite neitermini più violenti e inappellabili; d’altro canto, fuuna guerra che mobilitò una logica profondamenteradicata nella cultura europea, una logica che asserival’«alterità» sociale ed esistenziale delle guerra come,appunto, alterità benefica alla vita nella società civile.La convinzione della polarità tra pace e guerra fu, nel1914, il principale ingrediente della diffusa acclama-

zione della guerra come mezzo per trascendere le con-traddizioni sociali ed economiche. Ma la disillusioneche accompagnò l’accorgersi dell’intima analogia tra lesocietà industriali e le guerre che queste conducono[…] contorse, inaridì e confuse la logica su cui eranobasati il significato morale della guerra e la figura delguerriero. La «guerra totale» altro non fu che la nega-zione dell’esistenza di due realtà diverse, due insiemi di-versi di regole, due diversi livelli su cui la vita potesseessere vissuta ed esperita: in guerra i combattenti ap-presero che esiste soltanto un mondo industriale, larealtà del quale plasmava il loro essere in guerra mol-to più che in tempo di pace. Nelle trincee i soldati ap-presero che la distruzione tecnologica e la produzioneindustriale sono immagini speculari l’una dell’altra.

(E. J. Leed, Terra di nessuno. Esperienza bellica e identitàpersonale nella prima guerra mondiale, Bologna, il Mulino,1985, pp. 257-58, 265)

IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo 2211

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LLaa gguueerrrraa::iill ttrraauummaa

ee llaa mmeemmoorriiaa

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L’inaugurazione del monumentoai caduti sul passo del Tonale, 31 agosto 1924.

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L’inevitabile crisi di assestamento postbellica, che colpisce tutti i paesi co-involti nel conflitto, assume in Italia caratteri assai dirompenti per la ccoonn--ttrraaddddiizziioonnee – che nel nostro paese è allora particolarmente evidente – ttrraassttrruuttttuurraa iissttiittuuzziioonnaallee ee ffuunnzziioonnaammeennttoo ccoonnccrreettoo ddeellllaa mmaacccchhiinnaa ssttaattuuaallee;la prima ha ormai assunto un assetto costituzionale-parlamentare, e – a ri-dosso della guerra – si è giunti al suffragio universale maschile; ci sono cioèi presupposti per una democratizzazione. La seconda è improntata a unautoritarismo di fondo.

La contraddizione esplode nel 1914. Mentre la maggioranza del paese èneutralista, la composita minoranza interventista, assai attiva e capace diriempire le piazze , gode dell’appoggio solido e fattivo degli apparati del-lo Stato, della corte, delle gerarchie militari, per i quali la guerra rappresen-ta un ottimo strumento per avviare una ricomposizione nazionale nel sen-so di valori d’ordine e disciplina, barriera e rimedio della decomposizionedel corpo sociale causata, a loro giudizio, dal riformismo giolittiano e dalrafforzarsi del movimento operaio e socialista.

Il fatto che, nelle prime elezioni postbelliche la maggioranza sfugga dal-le mani delle éélliittee lliibbeerraallii ddii iissppiirraazziioonnee rriissoorrggiimmeennttaallee e vada ai due partiti dimassa espressione di culture politiche altre (il Partito socialista di FilippoTurati e il Partito popolare di Luigi Sturzo) crea una situazione di confusionenei ceti dirigenti, i quali progressivamente vedono nel movimento fascista, gui-dato dall’ex socialista Benito Mussolini e composto da una mescolanza con-fusa di ex reazionari ed ex rivoluzionari, nazionalisti arrabbiati ed ex combattentiincapaci di reinserirsi nella vita civile, uno strumento per «rimettere un po’ d’or-dine in casa propria». Nell’ottica di quei gruppi dirigenti e dei loro maggioriesponenti, tutti di estrazione liberale (anche se di diversa tendenza, dal liberaledemocratico Giovanni Giolitti al conservatore Antonio Salandra), una voltaesaurita la propria funzione il fascismo avrebbe dovuto rientrare nei ran-ghi, lasciando nuovamente spazio alle vecchie élite.

Mai calcolo fu più sbagliato. Giunto al potere, iill ffaasscciissmmoo ddiivveennttaa bbeennpprreessttoo uunnaa ddiittttaattuurraa. Ciò non significa che non paghi un prezzo ai vecchigruppi dirigenti, o meglio alle forze sociali di cui essi erano espressione: sei tradizionali leader politici sono costretti a ritirarsi a vita privata, con i cetipossidenti e le loro organizzazioni economiche Mussolini e i suoi vengonoben presto a patti.

Nella stessa ottica, il fascismo cerca un’iinntteessaa ccoonn llaa CChhiieessaa ccaattttoolliiccaa, pun-tando a utilizzare a proprio favore il notevole prestigio di cui essa gode nelpaese e all’estero. Ciò rende, tra l’altro, il fascismo interessante anche perquelle forze, d’impostazione clericale e reazionaria, che sono presenti indiverse aree cattoliche d’Europa (la penisola iberica, l’area danubiana) eche operano contro gli assetti democratico-parlamentari costruiti in quei pae-si dopo la prima guerra mondiale, assetti alla cui costruzione e al cui fun-zionamento avevano spesso dato un notevole contributo i partiti socialisti.

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PPeerrcchhéé pprroopprriiooiinn IIttaalliiaa??

IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo2222

● Perché le vecchie élite liberali non combatterono il fascismo nascente?

● Quali complesse componenti ideologiche confluirono nel nazionalismo?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Riportiamo qui un articolo coevo, dal titolo Lineamenti del nazionalfa-scismo, steso dallo storico e giornalista (fu condirettore de «La Stampa» dal1921 al 1925) LLuuiiggii SSaallvvaattoorreellllii, comparso sulla rivista gobettiana «La rivolu-zione liberale» nel 1923. I toni fortemente polemici si spiegano con l’asprez-za del dibattito e con la durezza dello scontro politico in corso. Salvatorelliavrebbe sviluppato le sue tesi nel volume Nazionalfascismo (1923) e avrebbein seguito steso, con Giovanni Mira, un’importante ricostruzione complessivadel movimento e del regime fascisti, pubblicata con il titolo Storia d’Italia nelperiodo fascista, che ancora oggi resta un essenziale punto di riferimento peri lettori interessati a cogliere il dipanarsi concreto degli eventi. Il testo è reperibile on line al sito:http://www.erasmo.it/liberale/testi/625.htm.

Il nazionalismo italiano nacque alla vigilia dellefeste cinquantenarie del 1911 […]; aveva un conte-nuto esoterico, che poteva solo esser conosciuto e con-templato dagli iniziati ai misteri […].

Questo contenuto […] era di varia origine. C’eraun po’ di Nietzsche, attraverso D’Annunzio […]: cul-to della violenza eroica, negazione del sentimentali-smo umanitario, compiacenza per le pose gladiatorie,disprezzo del volgo servo ed ignaro, del «vile pedo-ne». C’era un po’ di positivismo spenceriano: lotta perl’esistenza, selezione, trionfo del più forte. […] Mac’era anche la divinizzazione tedesca dello Stato, nelquale e per il quale soltanto vivono gli individui eprendono scopo e senso i fatti economici, sociali, re-ligiosi. Infine e sopratutto vi era molto, moltissimonazionalismo francese, […] letto, copiato, imparato amemoria e cucinato in tutte le salse. […]

Questa dottrina nazionalista dai colori variopin-ti e chiassosi era dunque frutto di una mezza cultura,superficiale ed abborracciata; ma nella Beozia delmondo politico italiano era pur sempre qualche cosae produceva un certo effetto, aumentato dalla orgo-gliosa assurance con cui veniva presentata come l’ul-tima parola della modernità originale […]. [E potéasserire] che gli stati sono organismi che nascono,crescono e periscono […]; che la lotta delle nazioni vasostituita alla lotta di classe, perché ci sono le nazio-ni proletarie e le nazioni capitalistiche; che il sociali-smo è sbagliato perché il problema economico nonè di distribuzione ma di produzione; e che l’indivi-duo non ha ragione d’essere che per lo stato, ma d’al-tra parte questo non ha autorità per sé, ma n’è inve-stito dalla nazione […]; e che insomma la nazione ètutto, ma poi, essa, è indefinibile, perché è al disoprao al di fuori di tutto: non è né democrazia, né asso-lutismo, né proletariato, né borghesia, né repubbli-ca, né monarchia […].

Alla vigilia della guerra europea le basi teorico-pratiche del nazionalismo italiano erano definitiva-

mente posate. In politica interna, il partito era innan-zi tutto per l’autorità suprema e assoluta dello Stato-nazione, e quindi contro il liberalismo, la democra-zia, la massoneria, il socialismo […]. Fisionomia schiet-tamente conservatrice, ma di un conservatorismo […]dinamico, che tendeva non a mantenere, come il me-no peggio, i rapporti esistenti tra le forze politiche,ma a rivoluzionarli, in danno dei partiti di sinistra.Conservatorismo che prendeva in prestito dai sov-versivi i gesti, il linguaggio, l’aggressività personale, latumultuarietà piazzaiuola; ma – s’intendeva – non perrinforzare la piazza, sì invece per spodestarla a profit-to dell’assoluta autorità dello stato nazionale. […]

I nazionalisti erano essenzialmente una piccolaminoranza, ben decisa a divenire padrona, ad ogni co-sto, della vita pubblica, violentando la resistenza pas-siva della maggioranza. Occorreva a loro, per questo,la sospensione dei rapporti politici normali, la lottarivoltosa, il colpo di mano a danno dei poteri costi-tuiti. Ed ecco, la propaganda per la guerra intesistafornire a loro l’occasione di tutto questo […]. Tuttavia,da solo esso non bastava all’impresa. Minoranza, cer-cò altre minoranze, decise, come lui, a prepotere. Tro-vò i repubblicani […]; i veri transfughi del sociali-smo, che avevano bisogno di qualche altra cosa perfar fortuna; quei radicali che […] volevano gustare latorta del potere […]. Tutti costoro si trovarono, sisquadrarono, si pesarono, conclusero che si potevamettersi insieme per l’unica vera rivoluzione che va-lesse la pena di fare: la conquista del potere. E così dalnazionalismo nacque il nazional-fascismo, che nellegiornate del maggio radioso seppe persuadere il pae-se, piegare il parlamento […]. Fra la sottomissione delparlamento, la messa in disponibilità della costituzio-ne, la dittatura militare e poliziesca, e, dietro tuttoquesto, «la marcia dei produttori».

(L. Salvatorelli, Lineamenti del nazionalfascismo,in «La rivoluzione liberale», II, 1923, 12, pp. 49-50)

IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo 2233

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FFaasscciissmmooee nnaazziioonnaalliissmmoo

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IIll cceettoo ddiirriiggeennttee dello Stato italiano nato nel 1861 che, da allora, siede su-gli scranni di Camera e Senato e sui banchi del governo è, al di là delle dif-ferenze politiche che lo attraversano, fortemente coeso dal punto di vistadell’estrazione sociale ed espressione di una ffrraazziioonnee eessttrreemmaammeennttee lliimmiittaattaaee oommooggeenneeaa della popolazione, il «ceto possidente».

Data, al momento della nascita dello Stato italiano, la ristrettezza delsuffragio attivo e passivo, i deputati erano tra loro assai simili: al di là delledifferenze di orientamento politico, provenivano dagli stessi ambienti, ave-vano in comune letture, abitudini, frequentazioni. Ciò era ancora più evi-dente al Senato, di nomina regia. Nelle prime elezioni dopo l’unificazione, svol-

tesi il 27 gennaio 1861, ad avere diritto al voto furo-no in tutto 418 695 cittadini, pari all’1,8% della po-polazione del regno, allora di 25 750 000 persone.Ne usufruì poco più della metà, il 57,2%, cioè 239 583elettori. Essi, lo 0,9% degli italiani, mandarono allaCamera ben 85 nobili, tra principi, duchi, conti e mar-chesi, 28 ufficiali, 72 avvocati, 52 tra medici, inge-gneri, professionisti.

Nei decenni successivi, il godimento dei diritti elet-torali attivi e passivi viene, con cautela, esteso, ma ciònon basta a colmare il ddiissttaaccccoo ttrraa SSttaattoo ee ssoocciieettàà ccii--vviillee, aggravato dagli squilibri territoriali (di cui il più gra-ve è la «questione meridionale»). Anche quando, do-po l’avvento al potere della Sinistra storica, aumen-tano nel Parlamento e nel governo i rappresentanti diun ceto medio urbano composto in larga parte di pro-fessionisti, mentre si riduce il peso dell’aristocrazia edella proprietà fondiaria, siamo di fronte non a un go-verno della borghesia, ma a un ggoovveerrnnoo ppeerr llaa bboorr--gghheessiiaa. Il primo salto significativo nella composizionedell’elettorato lo si riscontra alle elezioni del 23 mag-gio 1886, quando gli iscritti nelle liste elettorali diven-

tano 2 430 317, pari all’8,2% della popolazione, nel frattempo cresciuta fino a29 270 000 persone. La percentuale dei votanti resta comunque bassa:58,5%; a eleggere i membri della Camera perciò è appena il 4,8% dei regnicoli.

Al di là degli indubbi mutamenti intervenuti in età crispina e poi nel periodogiolittiano, il ceto politico e di governo dell’Italia liberale non perderà maiquesta caratteristica di oommooggeenneeiittàà iinntteerrnnaa ee sseeppaarraatteezzzzaa ddaallllaa mmaaggggiioo--rraannzzaa ddeell ppaaeessee. Il trasformismo, di conseguenza, non è un mero frutto discarsa fibra morale, quanto piuttosto un modo di governare che privilegia leintese sulle questioni concrete all’interno di una classe dirigente che nonconosce divisioni ideologiche e condivide princìpi, valori e stili di vita . 8

LLee ttaarreeddeelllloo SSttaattoolliibbeerraallee

IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo2244

● Come valuti il trasformismo? Siamo di fronte a una debolezza caratteriale, quasi antropologica, della nazione,oppure a una pratica politica che nasce dalla struttura stessa della rappresentanza così come si configuranell’Italia liberale?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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«Giovanni Bifronte», caricaturadi Giovanni Giolitti tratta dalla rivista

satirica «L’asino» del maggio 1911.

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Riproduciamo una voce sul trasformismo stesa ai giorni nostri da FFuullvviiooCCaammmmaarraannoo, docente presso l’università di Bologna, uno degli storici che piùsi sono occupati della storia politica dell’Italia liberale e autore di numerosistudi sull’argomento, tra cui un’importante Storia politica dell’Italia liberale1861-1900 (1999); nel testo (reperibile on line al sito: http://www.lindice.com/ba-belet.htm) l’autore affronta il fenomeno sia dal punto di vista più propria-mente storico, descrivendo cioè l’origine del concetto e il suo uso nel secon-do Ottocento, sia come metafora utilizzata dal linguaggio politico anche in tem-pi successivi, con connotazioni quasi sempre dispregiative.

Il termine [trasformismo], dal punto di vista sto-rico, indica una modalità di relazione politica tra go-verno e raggruppamenti parlamentari instauratasi inItalia all’indomani delle prime elezioni a suffragio al-largato (1882) e conclusasi dopo la morte dei suoiispiratori, il leader della Destra storica Minghetti(1886) e quello della Sinistra storica Depretis (1887).Il trasformismo intendeva assicurare al governo unanuova maggioranza parlamentare superando le divi-sioni tra i due tradizionali schieramenti liberali. Dalpunto di vista lessicale l’origine del vocabolo rimandaall’idea di «trasformazione» dei partiti, un concettomutuato dal vocabolario scientifico a cui ricorreva lacultura positivistica dell’epoca. Dominava in queglianni la convinzione che anche in politica andasseroseguite le leggi dell’evoluzione e dell’adattamento. Giànel 1862 Depretis riteneva inammissibile «che le mag-gioranze debbano rimanere immutabili […]. Le ideesi maturano coi fatti, e, come la scienza progredisce eil mondo cammina, anche i partiti si trasformano. An-che essi subiscono la legge del moto, la vicenda delletrasformazioni».

Nella sua realizzazione pratica tuttavia il trasfor-mismo mise in luce il ruolo preponderante giocatodal presidente del Consiglio nell’organizzarsi con tut-ti i mezzi la maggioranza. A tale fine venivano impie-gate, come contropartita, le risorse dell’amministra-zione pubblica. Una pratica «affaristica» che fece deltermine «trasformismo» un sinonimo di corruzione edegenerazione dei rapporti nella politica-ammini-

strazione, innescando un perverso processo di identi-ficazione delle maggioranze governative con le istitu-zioni statali.

«Nel Parlamento adunque avviene spesso – disseCrispi – una specie di contratto bilaterale. Il ministe-ro dà le popolazioni in balìa del deputato, purché ildeputato lo assicuri del suo voto […]. Bisognerebbevedere il pandemonio di Montecitorio quando si av-vicina il momento d’una votazione. Gli agenti del Mi-nistero corrono per le sale, onde accaparrare voti. Sus-sidi, decorazioni, strade, tutto si promette».

Tale immagine, già all’epoca, non solo finì per in-globare l’intera esperienza trasformista, ma facilitòl’interpretazione estensiva del trasformismo come ta-ra nazionale (connubio cavouriano, giolittismo, siste-ma di governo democristiano). Con l’istituzionaliz-zazione dei partiti nel dopoguerra l’accezione spre-giativa del termine ha finito per bollare i diversi gradidi opportunismo e tatticismo dei gruppi parlamen-tari ritenuti interessati a preservare un rapporto pa-tologico tra maggioranza e opposizione, al fine di ga-rantire i margini di potere dei partiti e dei parlamen-tari anche a scapito di programmi e ideali. Ultima-mente la parola ha acquisito, mediante i sinonimi «in-ciucio» e «ribaltone», persino sfumature di pessimi-smo antropologico, tanto che Montanelli lo conside-ra «un virus che non ammorba soltanto la politica ita-liana. Ammorba il nostro sangue […] perché il tra-sformismo non è che il surrogato del “carattere” che cimanca».

IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo 2255

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TTrraassffoorrmmiissmmoo::ddooppppiieezzzzaa

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Nonostante, sul finire del XIX secolo, i liberali debbano cominciare a fa-re i conti con due diverse e contrapposte opposizioni (i socialisti e i catto-lici) che danno vita a organizzazioni di massa, essi, favoriti in ciò dal siste-ma elettorale uninominale, non sentiranno mai il bisogno di dare vita a un par-tito borghese vero e proprio. Al contrario, sia pure con modalità assai diversegli uni dagli altri, i leader politici liberali tenderanno sempre più a fronteggiarela pressione dal basso per via burocratica, facendo cioè prevalere le funzionidell’amministrazione su quelle del governo. In questo modo iill PPaarrllaammeennttooppeerrddee llaa ssuuaa cceennttrraalliittàà aa ffaavvoorree ddeellllaa bbuurrooccrraazziiaa. È questo il filo che legal’autoritarismo di Francesco Crispi, il tentativo di rafforzare l’esecutivo at-traverso un vero e proprio colpo di Stato che prende corpo con la crisi del1898, la politica liberalizzatrice di Giovanni Giolitti. Anche le indubbie aper-ture di quest’ultimo, infatti, non si traducono in leggi che innovino il rappor-to tra Stato e cittadini, ma sono semplicemente l’espressione di un atteg-giamento «illuminato» da parte di chi detiene il potere . In altre parole, sela struttura costituzionale dello Stato italiano dal 1861 al 1925 può legitti-mamente essere definita «liberale», le sue istituzioni e le loro modalità di fun-zionamento portano una ppeessaannttee iimmpprroonnttaa aauuttoorriittaarriiaa.

Il 16 novembre 1919 si svolgono le prime elezioni del dopoguerra, con ilsistema proporzionale a scrutinio di lista e il suffragio universale maschile.Quest’ultimo era stato introdotto nel 1913, quadruplicando di colpo gli elet-tori, che dai 2 928 749 del 1904 – pari all’8,1% della popolazione – erano di-ventati 8 672 200, cioè il 23,9% della popolazione: 36 134 000 in tutto. Nel1919 gli aventi diritto sono passati a 10 235 874, pari al 27,7% della popo-lazione, che assomma a 36 930 000 residenti; la partecipazione al votoresta comunque bassa: 58,8% nel 1913, 56,6% nel 1919. In questa tornata elet-torale le forze politiche che traevano la loro legittimazione dal Risorgi-mento perdono la maggioranza: tutte assieme, le diverse correnti liberaliottengono 179 deputati; il Partito radicale, erede della tradizione demo-cratica garibaldina, appena 38. Ad affermarsi sono i socialisti (156 seggi) ei popolari (99 seggi). L’assetto politico che aveva retto per un sessanten-nio entra in un’irrimediabile ccrriissii ddii eeggeemmoonniiaa; si apre una ffaassee ddii iinnssttaabbiilliittààche coincide con un periodo di ccrriissii ssoocciiaallee di notevole portata. Per unalarga parte dei ceti dominanti e degli apparati pubblici, usi a identificare sestessi e la propria cultura paternalistica con il nerbo e l’anima dello Stato, lascorciatoia di un autoritarismo di nuovo tipo, che sappia a un tempo inte-grare le masse e ricondurle all’ordine, appare estremamente attraente.

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IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo2266

● Giovanni Giolitti, demagogo spregiudicato o abile riformatore? Dai una tua valutazione.

● Quali critiche muove a Giovanni Giolitti l’intellettuale democratico Gaetano Salvemini?

● Il voto di scambio: frutto di corruzione o modalità specifica di gestire i rapporti tra centro e periferia tramitemediatori politici?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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poterne ridurre l’attua-zione pratica a una turlu-pinatura (esempio: il suf-fragio quasi universale)[…]. Giolitti ebbe il buonsenso di capire che occor-reva cambiare strada enon continuare, nellenuove condizioni sociali epsicologiche del popoloitaliano, la politica del mulo bendato. Sarebbe stoltonegare quel buon senso. Ma deve rimanere ben chiaroche quando Giolitti sopravvenne a largire quella «con-cessione», gli operai italiani quella concessione se l’eranogià presa da sé, grazie ai loro sacrifici, e di loro volontà.[…] Ma quando avremo dato a Giolitti il merito che glitocca per aver accettato e non frastornato le nuove cor-renti benefiche della vita italiana, stiamo ben attenti anon perdere noi quella testa che egli non perdette nel1901 e 1902, attribuendogli meriti che non ebbe, e,peggio ancora, fare la cospirazione del silenzio sul be-ne che non fece e sul male che pur fece. I bilanci si fan-no mettendo insieme le partite del dare ed avere, e nonuna partita sola […]. Giolitti era quel che nel secoloXVIII sarebbe stato definito un sostenitore del dispotismoilluminato: cioè un conservatore paternalista, che ri-conosceva ai poveri diavoli il diritto di mangiare unpo’ di più, vestire un po’ meglio, e fare il possibile perraggiungere risultati; ma non pensò che i poveri diavolipotessero cambiare le basi della società, in cui eranonati, o dovessero ardire di cambiarle.

(E. Apih [a cura di], Il ministro della malavita e altri scrittisull’Italia giolittiana, Milano, Feltrinelli, 1962, pp. 553-54)

IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo 2277

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LLaa ppoolliittiiccaaddii GGiioolliittttii

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Riproduciamo un brano di un famoso scritto(pubblicato la prima volta su «L’Avanti» del 14marzo 1909) di GGaaeettaannoo SSaallvveemmiinnii – storico, scien-ziato sociale e pensatore politico, figura chiavedella cultura italiana del primo Novecento, socia-lista riformista radicale poi distaccatosi dal parti-to e spostatosi su posizioni liberal-socialiste – in cuipolemizza con asprezza, pur riconoscendonei meriti, con la prassi politica di Giovanni Giolitti,accusandolo di manipolare, tramite la corruzione,la tolleranza verso gli scandali in cui sono coinvol-ti i politici locali, l’azione dei prefetti, la vita politi-ca del Meridione, allo scopo di garantirsi il con-senso dei suoi rappresentanti alla Camera e neglienti locali. Il testo è reperibile anche on line al sito:digilander.libero.it/peb/giolitti-salvemini.pdf.

L’onorevole Giolitti […] approfitta delle miserevo-li condizioni del Mezzogiorno per legare a sé la massadei deputati meridionali; dà a costoro carta bianca nel-le amministrazioni locali; mette nelle elezioni a loroservizio la malavita e la questura; assicura ad essi ed ailoro clienti la più incondizionata impunità; lascia che ca-dano in prescrizione i processi elettorali ed intervienecon amnistie al momento opportuno; mantiene in uf-ficio i sindaci condannati per reati elettorali; premia icolpevoli con decorazioni, non punisce mai i delegatidelinquenti; approfondisce e consolida la violenza e lacorruzione dove rampollano spontanee dalle miserielocali; le introduce ufficialmente nei paesi dove eranoprima ignorate. L’onorevole Giolitti non è certo il pri-mo uomo di governo dell’Italia una che abbia consi-derato il Mezzogiorno come terra di conquista aperta adogni attentato malvagio. Ma nessuno è stato mai cosìbrutale, così cinico, così spregiudicato come lui nel fon-dare la propria potenza politica sull’asservimento, sulpervertimento, sul disprezzo del Mezzogiorno d’Italia;nessuno ha fatto un uso più sistematico e più sfacciato,nelle elezioni del Mezzogiorno, di ogni sorta di vio-lenze e di reati […]. La tattica dell’onorevole Giolitti èstata sempre quella di far la politica conservatrice permezzo dei condottieri dei partiti democratici: sia lu-singandoli e addomesticandoli per via di attenzioni in-dividuali (siamo arrivati già alle nomine senatoriali)sia, quando si tratti di uomini personalmente disinte-ressati, come Turati e Bissolati, conquistandoli con ri-forme le quali non intacchino seriamente gli interessieconomici e politici dei gruppi dominanti nel gover-no (esempio: certe leggine sociali misurate col conta-gocce), oppure tali che l’onorevole Giolitti s’illuda di

Vignetta satiricain cui viene preso

di mira il votodi scambio, di cui

Giolitti si servìampiamente,in particolare

nel Sud: lascheda, inserita

nell’urna,si trasforma

immediatamentein «bustarella».

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Benito Mussolini nel novembre 1921 fonda il Partito nazionale fascista ,nato dalla trasformazione del movimento dei Fasci di combattimento, che siera costituito il 23 marzo 1919 a Milano in piazza San Sepolcro. Nel 1922 il ve-ro obiettivo di Mussolini è rreennddeerree iimmppoossssiibbiillee qquuaalluunnqquuee ggoovveerrnnoo cchhee nnoonnvveeddaa ii ffaasscciissttii iinn ppoossiizziioonnee cceennttrraallee. È una tattica che paga. Il 20 settem-bre, in un discorso pronunciato a Udine, Mussolini fa passi ulteriori per garantirsil’appoggio a un tempo degli imprenditori e della monarchia: abbandonaogni pregiudiziale repubblicana; afferma l’esigenza di «demolire tutta lastruttura socialista-democratica» dello Stato e di spogliarlo «di tutti i suoi

attributi economici: basta con lo Stato ferroviere, con lo Statopostino, con lo Stato assicuratore; basta con lo Stato esercentea spese di tutti i contribuenti». Due settimane dopo, a Trentoe Bolzano, entrano in azione le squadre fasciste che caccianoil sindaco, di lingua tedesca, del capoluogo sudtirolese e co-stringono alle dimissioni Luigi Credaro, senatore del regno,che reggeva con il titolo di governatore la regione appenaannessa. Sua colpa, secondo i fascisti, avere intrapreso una po-litica rispettosa della minoranza di lingua tedesca.

Data così un’ulteriore dimostrazione di spirito «patriotti-co», Mussolini e i suoi sono pronti alla spallata definitiva, e

iniziano a organizzare il grande concentramento di camicie nere nella ca-pitale che, nella retorica di regime, verrà poi trasfigurato in ««mmaarrcciiaa ssuu RRoo--mmaa»». Michele Bianchi, ex sindacalista rivoluzionario e interventista, ItaloBalbo, ras di Ferrara e leader delle squadre, Emilio De Bono, generale del-l’esercito, Cesare Maria De Vecchi, capo del Fascio di Torino e fervente mo-narchico, sono incaricati di predisporre l’azione; viene loro conferita la ca-rica, inventata ad hoc, di quadrumviri.

Il 27 ottobre 1922 Luigi Facta presenta le dimissioni a Vittorio Emanue-le III; l’uomo politico piemontese confida ancora in una soluzione di com-promesso, magari sotto la guida del suo maestro e mentore Giolitti. Nelle stes-se ore le colonne in camicia nera si stavano mettendo in marcia. Nella not-te ministri (dimissionari) e militari discutono sull’eventuale proclamazione del-lo stato d’assedio. La mattina del 28 il re rifiuta di firmare il decreto relati-vo, preferendo seguire le indicazioni favorevoli a un’intesa con i Fasci che glivenivano da prestigiosi generali, come Armando Diaz, maresciallo della Vit-toria, e da importanti esponenti nazionalisti come Luigi Federzoni. Un estre-mo tentativo, che si appoggia sull’ala ultramonarchica del PNF (rappresentatada De Vecchi) e sui nazionalisti, di arrivare a un gabinetto Salandra-Mussolinifallisce di fronte all’aperto pronunciamento della CCoonnffiinndduussttrriiaa iinn ffaavvoorree ddiiuunnaa ssoolluuzziioonnee MMuussssoolliinnii. Nel frattempo il Vaticano si era premurato di son-dare il capo delle camicie nere per sapere quali fossero «i propositi politicidel fascismo verso la Chiesa». In tal modo la gerarchia cattolica notificava,curialmente, la propria neutralità.

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IIll ffaasscciiooaall ppootteerree

IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo2288

● Quale idea di nazione, di Stato e di società emerge dalle dichiarazioni programmatiche del Partito fascista?

● Quanto pesa il nazionalismo nella cultura del fascismo?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Mussolini e i quadrumviriin una cartolina celebrativa

della marcia su Roma.

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Riportiamo qui una scelta dai «Punti programmatici» esposti da BBeenniittooMMuussssoolliinnii al congresso del 7-11 novembre 1921 a Roma, in occasione dellafondazione del Partito nazionale fascista. La costituzione del PNF non fu ac-cettata pacificamente da molti tra i ras dello squadrismo locale, timorosi di ve-dere ridotta la propria sfera d’azione e di trovarsi ingabbiati in una struttura cen-trale assai più rigida della precedente.

Come si vede dal testo, tra i punti caratterizzanti del nuovo partito stannouna concezione organicistica della nazione, una visione dell’economia cheunisce liberismo e corporativismo, uno spiccato nazionalismo con proiezioniimperialistiche nemmeno troppo velate, e una netta contrapposizione a qualsiasi tipo di conflitto sociale.Il testo è reperibile on line al sito: http://www.cronologia.it/ mondo29b.htm.

Il Fascismo è costituito in partito politico per rin-saldare la sua disciplina e per individuare il suo «cre-do». La Nazione non è la semplice somma degli indi-vidui viventi né lo strumento dei partiti per loro fini,ma un organismo comprendente la serie indefinitadelle generazioni di cui i singoli sono elementi trans-eunti; è la sintesi suprema di tutti i valori materiali eimmateriali della stirpe. Lo Stato è l’incarnazione giu-ridica della Nazione. Gli istituti politici sono formeefficaci in quanto i valori nazionali vi trovino espres-sione e tutela. […] Lo Stato va ridotto alle sue fun-zioni essenziali di ordine politico e giuridico. Lo Sta-to deve investire di capacità e di responsabilità le As-sociazioni conferendo anche alle corporazioni pro-fessionali ed economiche il diritto di elettorato al cor-po dei Consigli Tecnici Nazionali. Per conseguenzadebbono essere limitati i poteri e le funzioni attual-mente attribuiti al Parlamento. Di competenza delParlamento sono i problemi che riguardano l’individuocome cittadino dello Stato e lo Stato come organo direalizzazione e di tutela dei supremi interessi nazio-nali; di competenza dei Consigli Tecnici Nazionali iproblemi che si riferiscono alle varie forme di attivitàdegli individui nella loro qualità di produttori […].Va restaurato il prestigio dello Stato Nazionale e cioèdello Stato che non assista indifferente allo scatenarsie al prepotere delle forze che attentino o comunqueminaccino di indebolimento materialmente e spiri-tualmente la compagine, ma sia geloso custode e di-fensore e propagatore della tradizione nazionale, delsentimento nazionale, della volontà nazionale. La li-bertà del cittadino trova un duplice limite: nella li-bertà delle altre persone giuridiche e nel diritto so-vrano della nazione a vivere e svilupparsi […]. L’Italiariaffermi il diritto alla sua completa unità storica egeografica, anche là dove non è ancora raggiunta,adempia la sua funzione di baluardo della civiltà lati-na sul Mediterraneo; affermi sui popoli di nazionali-tà diversa annessi all’Italia saldo e stabile l’impero del-la sua legge; dia valida tutela agli italiani all’estero cui

deve aver conferito diritto di rappresentanza politica.Il Fascismo non crede alla vitalità e ai principi cheispirano la così detta Società delle Nazioni in quantoche non tutte le nazioni vi sono rappresentate e quel-le che lo sono non vi si trovano su di un piede di egua-glianza […]. L’espansione commerciale e l’influenzapolitica dei trattati internazionali devono tendere auna maggiore diffusione della italianità nel mondo. Itrattati internazionali vanno riveduti e modificati inquelle parti che si sono palesate inapplicabili e quindiregolati secondo le esigenze della economia naziona-le e mondiale. Lo Stato deve valorizzare le colonie ita-liane nel Mediterraneo e d’oltre oceano con istruzio-ni speciali, culturali, e rapide comunicazioni […]. LoStato riconosce la funzione sociale della proprietà pri-vata, la quale è, insieme, un diritto ed un dovere. Essaè la forma di amministrazione che la Società ha stori-camente delegato agli individui per l’incremento delpatrimonio stesso […]. Il Partito Nazionale Fascista,propugna un regime che spronando le iniziative e leenergie individuali (le quali formano il fattore piùpossente e operoso della produzione economica) fa-vorisca l’accrescimento della ricchezza nazionale con ri-nuncia assoluta a tutto il farraginoso, costoso ed anti-economico macchinario delle statizzazioni, socializ-zazioni, municipalizzazioni ecc. […]. Il Partito Nazio-nale Fascista agirà:

– perché siano disciplinati le incomposte lotte de-gli interessi di categorie e di classi e quindi il ricono-scimento giuridico con conseguenti responsabilità del-le organizzazioni operaie e patronali;

– perché sia sancito e fatto osservare, sempre e co-munque, il divieto di sciopero nei servizi pubblici concontemporanea istituzione di tribunali abituali com-posti di una rappresentanza della categoria operaia oimpiegatizia e di una rappresentanza del pubblico chepaga.

(E. e D. Susmel, Opera Omnia di Benito Mussolini,XVII, Firenze, La Fenice, 1955, pp. 217-19)

IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo 2299

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LLee ddiicchhiiaarraazziioonniipprrooggrraammmmaattiicchhee

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Il 30 ottobre 1922 Benito Mussolini costituisce il suo primo gabinetto; aapp--ppaarreenntteemmeennttee èè uunn ttiippiiccoo mmiinniisstteerroo ddii ccooaalliizziioonnee ppaarrllaammeennttaarree: oltre al ca-po del governo, che tiene per sé i dicasteri degli Interni e degli Esteri, i ministrifascisti sono due, affiancati da due popolari, due democratico-sociali (liberaliseguaci di Nitti), due nazionalisti, un liberale giolittiano, un liberal-conser-vatore salandrino, due militari di carriera (Diaz e Thaon di Revel), un indi-pendente vicino al PNF (il filosofo Giovanni Gentile). Nei fatti, però, Musso-lini aveva accuratamente evitato di interpellare i partiti o gli stessi gruppi par-lamentari, e si era direttamente rivolto ai singoli personaggi che intendevacooptare. Egli governa in virtù di un’iinnvveessttiittuurraa eexxttrraappaarrllaammeennttaarree, che gli vie-ne dalla congiunzione della forza militare (le squadre) di cui si era spregiu-dicatamente servito; del consenso, mediato da un aggressivo nazionali-smo, di parte del ceto medio; dell’appoggio di poteri sociali e istituzionali for-ti e autonomi (imprenditori, militari, burocrazia).

Di fronte a tutto ciò iill PPaarrllaammeennttoo vviieennee iinn pprraattiiccaa aa ppeerrddeerree ooggnnii ppeessoo eeooggnnii rruuoolloo. Il discorso che Mussolini pronuncia davanti alla Camera il 16 no-vembre, in cui proferisce la famosa frase: «Potevo fare di quest’aula sordae grigia un bivacco di manipoli…», non è indice soltanto dello stile dell’uo-mo, come troppo spesso ci si limita a sottolineare, ma esprime fino in fon-do il ddrraassttiiccoo mmuuttaammeennttoo nneellllee iissttiittuuzziioonnii e nel rapporto tra Stato e socie-tà che si era verificato nel periodo precedente . Di fronte a un esecutivoche trova altrove la sua legittimazione, ggllii oorrggaannii eelleettttiivvii ddiivveennttaannoo uunn iimm--ppaacccciioo, di cui fare a meno se necessario, oppure un orpello, da usare sem-mai come cassa di risonanza.

Il 28 ottobre 1922 (giorno del conferimento delmandato a Mussolini) non avviene, sia ben chiaro,alcuna rivoluzione. Viene invece sciolta, in condizio-ni che tengono naturalmente conto delle novità in-tercorse durante e dopo la guerra, la contraddizionetra struttura costituzionale liberale-parlamentare eprassi istituzionale amministrativo-autoritaria cheaveva caratterizzato lo Stato italiano dalla sua nascita.Ora, a prevalere è il secondo dei due termini. La pras-si di Mussolini capo del governo appare, per così di-re, come un prolungamento di quella del Mussolinileader del PNF. Se allora egli aveva saputo bilanciarel’illegalismo squadrista con le rassicurazioni forniteai detentori del potere burocratico, militare ed eco-nomico, adesso egli mette in gioco alternativamen-te il ppootteerree cchhee ggllii vviieennee ddaall ccoonnttrroolllloo ddeellllaa mmaacccchhiinnaassttaattuuaallee e la ffoorrzzaa cchhee ggllii aassssiiccuurraannoo llee ssqquuaaddrree.

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TTrraa lleeggaalliittààee iilllleeggaalliittàà

IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo3300

● Quale fu il ruolo della violenza nell’ascesa del fascismo?

● Su che cosa fonda il proprio potere Mussolini nel suo discorso del 16 novembre di fronte alla Camera deideputati?

● Su quali elementi retorici è costruito il messaggio politico del futuro duce?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Una squadra di camicie nere nel 1922.

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Citiamo un brano dal discorso pronunciato il 16 novembre 1922 da BBeennii--ttoo MMuussssoolliinnii, in qualità di presidente del Consiglio, di fronte alla Camera deideputati. Incastonata tra minacce (è il discorso del «bivacco di manipoli») e pres-sioni perché l’assemblea conceda al governo i pieni poteri, sta la promessa diporre fine all’illegalismo delle squadre. Il capo del fascismo ribadisce, inoltre, lalegittimazione tutta extraparlamentare del suo governo, riduce la funzionedella Camera a mera sede di ratifica di decisioni prese altrove (vedi l’accennoal programma, che sarebbe stato comunicato ai deputati in seguito), e sotto-linea di poter sciogliere l’assemblea a proprio piacimento, senza passare per al-cuna procedura codificata; in tal modo egli esercita a fondo un indiscriminato potere di ricatto sui par-lamentari, la cui eventuale opposizione sarebbe stata ricambiata con un «tutti a casa».

Il testo del discorso è reperibile on line al sito: http://www.fascismoeliberta.net/kf/Discorso16novembre1922.htm

Signori!Quello che io compio oggi, in quest’aula, è un atto

di formale deferenza verso di voi e per il quale non vichiedo nessun attestato di speciale riconoscenza. Damolti, anzi, da troppi anni, le crisi di Governo eranoposte e risolte dalla Camera attraverso più o meno tor-tuose manovre e agguati, tanto più che una crisi veni-va regolarmente qualificata un assalto e il Ministerorappresentato da una traballante diligenza postale. Oraè accaduto per la seconda volta, nel breve volgere di undecennio, che il popolo italiano nella sua parte miglio-re ha scavalcato un Ministero e si è dato un Governo aldi fuori, al di sopra e contro ogni designazione del par-lamento. Il decennio di cui vi parlo sta tra il maggio1915 e l’ottobre 1922. Lascio ai melanconici zelatoridel supercostituzionalismo il compito di dissertare piùo meno lamentosamente su ciò. Io affermo che la ri-voluzione ha i suoi diritti. Aggiungo, perché ognunolo sappia, che io sono qui per difendere e potenziare almassimo grado la rivoluzione delle «camicie nere», in-serendola intimamente come forza di sviluppo, di pro-gresso e di equilibrio nella storia della Nazione. Mi so-no rifiutato di stravincere, e potevo stravincere. Mi so-no imposto dei limiti. Mi sono detto che la miglioresaggezza è quella che non vi abbandona dopo la vitto-ria. Con trecentomila giovani armati di tutto punto,decisi a tutto e quasi misticamente pronti a un mio or-dine, io potevo castigare tutti coloro che hanno diffa-mato e tentato di infangare il Fascismo. Potevo fare diquest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli, po-tevo sprangare il parlamento e costituire un Governoesclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almenoin questo primo tempo, voluto. […] Da ulteriori co-municazioni apprenderete il programma fascista, neisuoi dettagli e per ogni singolo dicastero. Io non vo-glio, finché mi sarà possibile, governare contro la Ca-mera: ma la Camera deve sentire la sua particolare po-

sizione che la rende passibile di scioglimento fra duegiorni o fra due anni […]. L’aumento del prestigio diuna Nazione nel mondo è proporzionato alla discipli-na di cui dà prova all’interno. Non vi è dubbio che la si-tuazione all’interno è migliorata, ma non ancora co-me vorrei. Non intendo cullarmi nei facili ottimismi.Non amo Pangloss. Le grandi città ed in genere tuttele città sono tranquille: gli episodi di violenza sonosporadici e periferici, ma dovranno finire. I cittadini, aqualunque partito siano iscritti, potranno circolare;tutte le fedi religiose saranno rispettate, con particola-re riguardo a quella dominante che è il Cattolicismo;le libertà statutarie non saranno vulnerate; la legge sa-rà fatta rispettare a qualunque costo. Lo Stato è fortee dimostrerà la sua forza contro tutti, anche control’eventuale illegalismo fascista, poiché sarebbe un ille-galismo incosciente ed impuro che non avrebbe piùalcuna giustificazione. Debbo però aggiungere che laquasi totalità dei fascisti ha aderito perfettamente alnuovo ordine di cose. Lo Stato non intende abdicaredavanti a chicchessia. Chiunque si erga contro lo Statosarà punito. Questo esplicito richiamo va a tutti i cittadi-ni, ed io so che deve suonare particolarmente gradito al-le orecchie dei fascisti, i quali hanno lottato e vinto peravere uno Stato che si imponga a tutti, colla necessa-ria inesorabile energia. Poiché i sermoni – evidente-mente – non bastano, lo Stato provvederà a seleziona-re e a perfezionare le forze armate che lo presidiano: loStato fascista costituirà una polizia unica, perfettamenteattrezzata, di grande mobilità e di elevato spirito morale;mentre Esercito e Marina gloriosissimi e cari ad ogni ita-liano, sottratti alle mutazioni della politica parlamentare,riorganizzati e potenziati, rappresentano la riserva su-prema della Nazione all’interno ed all’estero.

(Susmel, Opera Omnia di Benito Mussolini cit., XIX, 1956,pp. 17-24)

IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo 3311

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MMuussssoolliinniiaallllaa CCaammeerraa

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Il 24 novembre 1922 la Camera, con un’incredibile scelta autolesionista,concede i pieni poteri al governo, fissandone la scadenza al 31 dicembre1923. Sono in parecchi a sperare che, concedendo a Mussolini mano libe-ra, il fascismo possa avviarsi più in fretta all’auspicata «normalizzazione», co-sì da perdere le sue attitudini violente. È un’illusione che dura poche setti-mane: a farla svanire sono gli avvenimenti torinesi che hanno inizio il 18 di-cembre 1922, destinati a passare alla storia con il nome di ««ssttrraaggee ddii TToorrii--nnoo»». In seguito a uno scambio di colpi d’arma da fuoco originato da rancoripersonali, due fascisti vengono feriti a morte. In risposta si scatena la vio-lenza delle squadre di Piero Brandimarte, capo dei Fasci subalpini: la Ca-mera del lavoro viene presa d’assalto, occupata, e mai più resa ai legittimiproprietari; militanti e dirigenti delle organizzazioni operaie sono seque-strati e uccisi; i loro corpi sono lasciati esposti sulla pubblica via. I morti ac-certati sono undici. Le autorità preposte all’ordine pubblico, prefetto, que-store, nulla intraprendono. I colpevoli non solo non vengono puniti, ma ri-vendicano pubblicamente il loro operato.

Sulla scia dei fatti di Torino, si solleva una nuova ondata squadrista.Il ppeerrssiisstteerree ddeellll’’iilllleeggaalliissmmoo mostra che esso non aveva svolto un ruolo me-ramente strumentale: il fascismo non aveva mai puntato nei fatti a di-struggere lo Stato, ma nemmeno si accontentava di metterne sotto controlloi centri decisionali. Piuttosto, mirava a pervaderlo sovrapponendo e

intrecciando le proprie strutture di partito a quelle istituzionali preesistenti.La campagna elettorale del 1924 si svolge in un clima di violenze e in-

timidazioni, con l’aperta complicità del governo. I fascisti ottengonoil 64,9% dei voti. Quando la Camera è chiamata a ratificare

l’esito del voto, il leader del Partito socialista unitario, Gia-como Matteotti ne mette in discussione la validità de-nunciando le violenze fasciste. Il 10 giugno 1924 vienerapito e assassinato .

La complicità di Mussolini nel delittoMatteotti in una vignetta satirica del

giornale clandestino «Il becco giallo».

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IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo3322

● L’intreccio di legalità e illegalità nel primo biennio di governo mussoliniano: che cosa emerge dall’interrogatoriodi Cesare Rossi?

● Perché il delitto Matteotti non segnò la fine politica di Benito Mussolini?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Riproduciamo qui parte dell’interrogatorio di CCeessaarree RRoossssii, ex capo ufficiostampa di Mussolini, membro del direttorio del PNF e facente parte del più stretto en-tourage del capo del governo, in occasione del processo svoltosi dall’autunno1924 alla primavera 1925 per l’omicidio del deputato socialista Giacomo Mat-teotti. Il delitto fu attuato, con la connivenza del duce, da una squadraccia fasci-sta specializzata in azioni particolarmente violente ai danni di oppositori (la cosiddetta«Ceka» fascista) e capeggiata da Amerigo Dumini, sedicente giornalista, uomo dimano, braccio destro di Rossi ma anche trafficante d’armi in grande stile. Di fron-te al rischio di essere «scaricato», e magari additato all’opinione pubblica come uni-co responsabile del misfatto, Rossi («Cesarino» per gli amici) decise di «vuotare il sacco», abbandonando il fa-scismo e il suo leader. Ciò gli sarebbe costato in seguito l’esilio in Francia. Il testo dell’interrogatorio, conservatonell’Archivio di Stato di Chieti, è reperibile on line al sito: http://www.istitutospaventa.it/lavori/Modulo5/ rossi_3.htm.

In seguito all’avvento al potere del Fascismo pa-recchi elementi sovversivi chiedevano al Ministro degliEsteri, On.le Mussolini, i passaporti per sfuggire allerappresaglie ed ai boicottaggi dei fascisti delle provin-ce, oppure più semplicemente per sottrarsi all’umilia-zione della sconfitta subita. Io sostenevo la tesi dellaconcessione […] mentre il Presidente decise il contra-rio affermando che era più opportuno tenere detti si-gnori «sotto il controllo e l’imperio del nostro man-ganello». […]

L’opinione pubblica fuorviata dalle informazionidettate dal Governo […] ha naturalmente bevuta lastoriella di una Ceka, funzionante non solo all’insa-puta del Governo e del Partito, ma addirittura controgli interessi del regime ed al servizio di elementi plu-tocratici di essi nemici […].

Ora sta di fatto che se manca una deliberazioneufficiale circa il funzionamento di detta Ceka, – spe-ro bene non si pretenderà l’esibizione dei verbali diuna decisione del genere né l’approvazione per refe-rendum degli 800 mila iscritti al Partito – se di questoorganismo in via di costituzione non erano stati se-gnati i fini, precisate le modalità, scelta la direzione, stadi certo che l’idea madre, insistentemente era venutaproprio e soltanto da Mussolini […]; la necessità di unorgano di difesa e di vendetta era spiegata dal presi-dente così: «Il regime non dispone di mezzi legali percolpire i suoi nemici perché le leggi esistenti risento-no dello spirito liberale contro il quale è insorto il Fa-scismo. Per colmare queste lacune tutti i governi allostato di transizione hanno bisogno di governi illega-li che mettano a posto gli avversari». Aggiungeva […]che con il possesso degli organi ufficiali dello Statonoi avevamo il modo di mettere lo spolverino su tut-te le violenze illegali. […]

Il contegno del Presidente di fronte al delitto Mat-teotti si può dividere in vari tempi:

1° TEMPO: La sera di mercoledì 11 giugno l’On.Mussolini reduce da Montecitorio, dove aveva comin-

ciato a circolare la voce della scomparsa dell’On. Mat-teotti da casa, con tono sarcastico, esclamò: «I pussistisono inquieti perché non trovano Matteotti e sarà an-dato a …» e qui un’espressione eccessivamente boc-caccesca.

2° TEMPO: Il giorno dopo, giovedì, il presidente difronte alla emozione che prendeva gli ambienti parla-mentari, era più inquieto. Fu allora che, rimasto solo,dopo che se ne erano andati gli On. Rocco e Giunta, glidissi che indubbiamente la cattura era opera di gentenostra e che poteva ben capire a chi alludevo. […]

Al che Mussolini interruppe: «Sfido io, sei troppointelligente» […].

3° TEMPO: Venerdì […] Mussolini pensò di potersalvare la situazione buttandomi a mare e facendo ri-cadere di conseguenza tutte le responsabilità dell’am-biente di cui era sorto il delitto, su di me.

4° TEMPO: Sabato, ottenuto il mio dimissionamen-to da Capo Ufficio Stampa della Presidenza e da mem-bro del Direttorio, di fronte alla preveduta e prevedibilecampagna della stampa, […] perfezionò il suo fraternopiano arrivando addirittura ad ordinare il mio arresto.

5° TEMPO: Se nonché domenica nel pomeriggio io,sorpreso, commosso e sdegnato, per quanto mi capi-tava feci pervenire all’On. Mussolini un biglietto incui ricordavo, grosso modo, le sue responsabilità inmateria di illegalismo e di istigazione, la mia assolutainnocenza, la inanità ed il pericolo del mio sacrificio.

Il Presidente, dopo poco averlo ricevuto, spediva alVillino Bazzi – ove credeva mi fossi rifugiato – il Comm.Fasciolo. Fui viceversa raggiunto da due giornalisti […]e mi dissero che Fasciolo aveva riferito a Bazzi:

1. Che il Presidente voleva assolutamente mante-nere contatti con me.

2. Che era però urgente uscire da Roma perché ilgiorno dopo forse sarebbero state bloccate le portedalla M.V.S.N. chiamata di rinforzo.

3. Che ormai la macchina poliziesca della capitaleera in moto e lui non sapeva come fermarla.

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Negli anni Venti il fascismo italiano attua una doppia politica estera; ri-prendendo gli obiettivi del nazionalismo e dell’espansionismo d’anteguer-ra , punta all’eeggeemmoonniiaa nneell mmaarr MMeeddiitteerrrraanneeoo ee nneellll’’aarreeaa bbaallccaanniiccaa (ciòavrebbe richiesto la revisione dei trattati di pace stipulati dopo la GrandeGuerra), ma allo stesso tempo mantiene bbuuoonnii rraappppoorrttii ccoonn llaa GGrraann BBrreettaaggnnaa,la potenza contro la quale si sarebbe rivolto ogni mutamento dello statusquo. L’Italia non ha la forza per intraprendere da sola una decisa politica re-visionista, in contrapposizione alle altre potenze vincitrici della GrandeGuerra e in urto con la Società delle Nazioni, istituita nel 1919 proprio perimpedire mutamenti violenti. Ne sortisce una linea a dir poco oscillante.

Per avere uno strumento di pressione in più, Mussolini dà aappppooggggiioo ppoollii--ttiiccoo ee ffiinnaannzziiaarriioo aa mmoovviimmeennttii ppoolliittiiccii aaffffiinnii aall ffaasscciissmmoo e accesamente revi-sionisti, come gli ustasa croati, le Heimwehren (milizie patriottiche) austria-che, diverse frange dello schieramento antidemocratico germanico. Unavittoria degli ustasa (ultranazionalisti, antisemiti, fautori di uno Stato auto-ritario) avrebbe significato la dissoluzione della IIuuggoossllaavviiaa, lasciando campolibero agli appetiti del regime fascista verso l’altra sponda dell’Adriatico;un’AAuussttrriiaa in cui il governo tendenzialmente autoritario di monsignor Ignaz Sei-pel e del suo Partito cristiano-sociale avesse operato una sterzata fasci-steggiante sarebbe stata un buon ponte per la penetrazione politica ed eco-nomica italiana nel bacino danubiano, dove già operava per una revisione deiconfini del 1918 l’UUnngghheerriiaa parafascista dell’ammiraglio Horthy (anch’essaappoggiata dall’Italia); la crisi della rreeppuubbbblliiccaa ddii WWeeiimmaarr (fondata sull’inte-sa tra sinistra liberale, cattolici democratici del Zentrum, socialdemocrazia)e l’ascesa al potere della destra tedesca avrebbero mandato in pezzi l’assettoeuropeo definito con gli accordi di Versailles.

Nell’agosto 1923, prendendo a pretesto l’assassinio per mano di unabanda di briganti di una missione italiana incaricata di tracciare il confine traGrecia e Albania, le autorità di Roma accusano il governo di Atene di cor-responsabilità nell’incidente, gli presentano un durissimo ultimatum e ordi-nano alla Marina l’ooccccuuppaazziioonnee ddeellll’’iissoollaa ddii CCoorrffùù, rifiutando la mediazionedella Società delle Nazioni. Parigi e Londra intervengono con durezza, co-stringendo i fascisti a battere in ritirata e a rinunciare alle velleità di annet-tersi le isole Ionie. Mussolini è costretto a prendere atto della propria de-bolezza, anche se la stampa di regime critica aspramente Francia, GranBretagna e Società delle Nazioni.

13UUnnaa ddooppppiiaappoolliittiiccaa eesstteerraa

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● Su quali princìpi è imperniata la concezione fascista della guerra?

● Come viene giustificata, nel pensiero nazional-fascista, la naturalità della guerra?

● Osserva la carta: quali erano le principali direttive dell’espansionismo fascista? Quale spazio geografico eradestinato, nelle ipotesi del regime, a trasformarsi nell’area imperiale italiana?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Immagine della propaganda sulle mireespansionistiche mussoliniane, 1922.

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Pubblichiamo due significativi brani sulle concezioni di politica estera delregime, con particolare riferimento al dilemma pace-guerra. Il primo è trattodall’opera, già citata, Dottrina del fascismo, firmata da BBeenniittoo MMuussssoolliinnii ma ste-sa in gran parte da GGiioovvaannnnii GGeennttiillee; il secondo è del teorico nazionalistaFFrraanncceessccoo CCooppppoollaa, tratto da un suo volume significativamente intitolato Lapace coatta. A integrazione dei testi, la carta mostra le principali direttrici delprogetto espansionistico del regime monarchico-fascista, da cui emerge conchiarezza l’idea imperiale che veniva accarezzata.

Anzitutto il fascismo, per quanto riguarda, in ge-nerale, l’avvenire e lo sviluppo dell’umanità, e a par-te ogni considerazione di politica attuale, non crede al-la possibilità né all’utilità della pace perpetua. Re-spinge quindi il pacifismo che nasconde una rinunciaalla lotta e una viltà di fronte al sacrificio. Solo la guer-ra porta al massimo di tensione tutte le energie uma-ne e imprime un sigillo di nobiltà ai popoli che han-no la virtù di affrontarla. Tutte le altre prove sono deisostituti, che non pongono mai l’uomo di fronte a sestesso, nell’alternativa della vita e della morte. Unadottrina, quindi, che parta dal postulato pregiudizia-le della pace, è estranea al fascismo così come estraneeallo spirito del fascismo […] sono tutte le costruzio-ni internazionalistiche e societarie.

(Mussolini, La dottrina del fascismo cit., pp. 11-12)

Quando tra l’equilibrio delle forze e l’equilibriopolitico si è a poco a poco creato un troppo grandedivario, presto o tardi […] il rapporto si ristabiliscemediante la guerra. Guerra in atto o anche soltantoin potenza; in quanto o l’urto materiale avviene e ilvinto finisce col cedere al vincitore o, senza giungereall’urto materiale, il più debole, che sa di essere tale, perpaura della guerra, cede senza combattere al più for-te. Questo, che può chiamarsi il regime della liberaguerra, è la stessa legge della vita, è il procedimentodella natura e della storia. Il regime della «pace defi-nitiva», cioè della pace universale e perpetua non puòessere quindi che artificiale e coatto, come è appuntoquello che si propone a Ginevra; ed è antinaturale eantistorico.

(F. Coppola, La pace coatta, Milano, Treves, 1929, pp. 55-56)

IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo 3355

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LLaa ppoolliittiiccaaeesstteerraa

ssttrruummeennttooiimmppeerriiaallee

13

No al pacifismoA

Le linee di fondo dell’espansione coloniale e imperiale del fascismoC

Sì alla guerraB

Territori occupati per qualche tempo

Paesi appoggiati dall’Italia in politica estera

Obiettivi dell’imperialismo fascista

Territori acquisiti tra il 1919 e il 1939

«Mare Nostro»

ABISSINIA

Balcani

Corsica

Tunisi

F R A N C I A

SVIZZERA Bolzano

MilanoVenezia

AUSTRIA

Alto AdigeTrieste

UNGHERIA

Roma

Sardegna Napoli

MARTIRRENO

Sicilia

Pantelleria

Malta

Tunisia

L i b i a

Tripoli

Bengasi

FiumeCroazia

Istria

Zara

I UGOSLAVIA

Belgrado

SofiaBULGARIA

R O M A N I A

Bucarest

MAR

ADR

IATICO

GRECIA

Atene

CretaDodecaneso

Rodi Cipro

Palestina

Si r ia

Transgiordania

E G I T T O

Ankara

T U R C H I A

Adalia

MA

R E

GE

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MAR NERO

ALBANIA

Tirana

Corfù

IsoleIonie

M A R

ME

D I T E R R A N E O

Danubio

Nilo

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Dopo Corfù, Roma si adatta a un rruuoolloo ppiiùù ddiimmeessssoo. Mussolini proclama cheil fascismo è un fenomeno tipicamente italiano, non esportabile, e nega divolerne favorire l’imitazione. Viene posto fine al contenzioso con la Iugoslaviaper la questione di Fiume (27 gennaio 1924) e vengono stipulate con Bel-grado intese commerciali; con la Gran Bretagna si raggiungono vantag-giosi accordi per rettifiche di confine tra Somalia britannica e Somalia ita-liana, tra Libia ed Egitto. Con la Francia i rapporti peggiorano, per il rifiuto op-posto da Parigi ad analoghe concessioni e perché la Francia garantiscel’indipendenza degli Stati dell’Europa centrale e dei Balcani costituitisio ingranditisi per effetto dei trattati di pace (Cecoslovacchia, Iugoslavia,Polonia, Romania), ed è un ostacolo ai progetti egemonici italiani.

Appoggiandosi alla Gran Bretagna, l’Italia fascista pare accettare lo sta-tus quo; allaccia relazioni diplomatiche con l’Unione Sovietica (7 febbraio1924), e partecipa al Patto di Locarno (16 ottobre 1925): con la garanzia diGran Bretagna e Italia, Francia e Germania si impegnano al rispetto dei con-fini comuni. Nei due anni successivi, però, il fascismo manifesta nuova-mente tteennddeennzzee aaggggrreessssiivvee: sostiene le rivendicazioni ungheresi verso laTransilvania passata alla Romania; impone un semiprotettorato sull’Albania(1926-27); avanza rivendicazioni verso la costa turca del mar Egeo (1926),rientrate di fronte alla reazione di Grecia e Turchia, e alle ammonizioni diLondra. La sspprrooppoorrzziioonnee ttrraa vveelllleeiittàà ddaa ggrraannddee ppootteennzzaa ee rreeaallttàà costringe ilregime, nel triennio successivo, a tornare a una politica di basso profilo,pur continuando i rapporti con diversi gruppi fascistizzanti, utilizzati comemezzo di pressione sui governi e come carta di riserva per il futuro.

Anche negli anni Venti il fascismo, tuttavia, fa ri-corso alle armi: per la rriiccoonnqquuiissttaa ddeellllaa LLiibbiiaa. La co-lonia, occupata nel 1911, era tornata quasi comple-tamente in mano a notabili locali nel corso della pri-ma guerra mondiale. Nel 1922 il gabinetto Facta ave-va avviato la riconquista della Tripolitania, e avevaraggiunto un’intesa con il senusso (il capo politico ereligioso musulmano al potere in Cirenaica). Nel 1923l’accordo viene denunciato da Mussolini, il quale af-fida a Rodolfo Graziani, generale di provata fedefascista, il comando militare. Per spezzare la resi-stenza ci vorranno dieci anni, durante i quali Grazia-ni disporrà mmiissuurree bbrruuttaallii , come la deportazionedegli abitanti (in gran parte nomadi) in campi di con-centramento, dove decine di migliaia periranno difame e malattie.

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VVoolleerreeee nnoonn ppootteerree……

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● Individua nel testo di Biani le espressioni che tradiscono un profondo razzismo.

● Quale mutamento ha imposto lo sviluppo tecnologico alla dimensione concreta del combattimento? Riflettisulla percezione che ha l’aviatore delle sue vittime.

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Le truppe italiane si avvianoa occupare le oasi di Cufra, in Libia.

Il gruppo di oasi fu primamassicciamente bombardato

e in seguito tutti gli abitanti furonotrasferiti in campi di internamento.

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Proponiamo qui un brano dalle memorie sulla riconquista della Libia dell’aviatoreVViinncceennzzoo BBiiaannii, pubblicate nel 1933 con il titolo Ali italiane sul deserto; con la pre-fazione, assai elogiativa, del gerarca e creatore dell’aviazione fascista Italo Balbo.Come si vede, il racconto intreccia toni da romanzo d’appendice a immagini ditaglio cinematografico; traspare da queste righe un’esaltazione, dai toni futuri-sti, delle macchine (siano esse le mitragliatrici, le bombe, gli stessi aeroplani), mi-sta a un disprezzo razzista delle vittime prive di qualsiasi difesa: uomini, donne,animali sono dipinti quasi come immagini di un videogame ante litteram. Si noti cheBiani non ha nessuna remora a parlarci dell’uso di gas venefici contro quelli che era-no in maggioranza civili in fuga; anzi, l’effetto portentoso dell’yprite (gas vescicante a base di cloro che attaccai polmoni dei colpiti, impiegato massicciamente nel corso della Grande Guerra) viene magnificato.

Il testo è reperibile on line al sito: http://www.pasti.org/salerno.htm.

Una spedizione di otto apparecchi fu inviata su Gi-fa, località imprecisata dalle carte a nostra disposizio-ne […]. Fu rintracciata perché gli equipaggi, navigan-do a pochi metri da terra, poterono seguire le piste deifuggiaschi e trovarono finalmente sotto di sé un for-micolio di genti in fermento; uomini, donne, cam-melli, greggi; con quella promiscuità tumultuante chesi riscontra solo nelle masse sotto l’incubo di un cata-clisma; una moltitudine che non aveva forma, comelo spavento e la disperazione di cui era preda; e su di es-sa piovve, con gettate di acciaio rovente, la punizioneche meritava. Quando le bombe furono esaurite, gliaeroplani scesero più bassi per provare le mitraglia-trici. Funzionavano benissimo. Nessuno voleva essereil primo ad andarsene, perché ognuno aveva preso gu-sto a quel gioco nuovo e divertentissimo. E quando fi-nalmente rientrammo a Sirte, il battesimo del fuocofu festeggiato con parecchie bottiglie di spumante,mentre si preparavano gli apparecchi per un’altra spe-dizione. Ci si dava il cambio nelle diverse missioni. Al-cuni andavano in ricognizione portandosi sempre unpo’ di bombe con le quali davano un primo regalo ai ri-belli scoperti, e poi il resto arrivava poche ore dopo. Intutto il vasto territorio compreso tra El Machina, Nu-filia e Gifa i più fortunati furono gli sciacalli che tro-varono pasti abbondanti alla loro fame […].

Al di sotto era un brulicar di gente che fuggiva intutte le direzioni, invano cercando un rifugio; ché laterra s’era tramutata, d’un attimo, in un campo dimine fatte saltare da una misteriosa potenza, folle e di-struttrice. Si vedevano le bombe staccarsi dalle fuso-liere, in frotte quelle piccole da due chili, isolate le al-tre più grandi da dodici chili; rotolar giù disordina-tamente fino a che non avevano trovato l’equilibriodella traiettoria, e poi precipitare come saette sui cu-muli della gente e sugli ammassi di tende; con unatale precisione che sembrava seguissero l’attrazionemagnetica del bersaglio. Gli occhi degli aviatori, rac-colta la visione dello spettacolo, riprendevano la fissità

scrutatrice della indagine fredda, quando si trattava diguidare di nuovo la propria macchina sul folto dellamassa nemica. Una fila di tende fu spazzata via dauna folata di morte e i loro cenci si confusero a bran-delli di carne sulla terra chiazzata di rosso. Un brancodi cammelli, colpiti in pieno, si abbatterono al suolosull’orlo di un burrone, precipitando dentro, l’unosull’altro. Da quella massa informe ancora agitata daicontorcimenti della rapida agonia, un rivolo di sangueallagò il fondo della valle, come allo zampillare d’unaimprovvisa sorgente. Arrivava su fino in alto l’odoreacre dell’esplosivo bruciato, e l’aria stessa era tutta insommovimento. Gli scoppi si ripercuotevano sulleali con sussulti e sobbalzi che mettevano a dura pro-va i muscoli dei piloti… Una carovana di un centi-naio di cammelli, terrorizzati dalle prime esplosioni,si erano allontanati in gran fretta, […] ma due Romeo,che li avevano visti, volsero da quella parte. Il primopassò sputando addosso alle bestie una spruzzata dipallottole che nella maggior parte andarono a vuo-to, poi l’arma s’incantò e non volle più saperne disparare. Il pilota si arrampicò per aria lasciando li-bero il campo al compagno che sopraggiungeva, ra-sente a terra, dalla coda verso la testa della carovana,mettendo a segno un intero caricatore sui fianchi deicammelli. Molti stramazzarono a terra scoprendo iventri obesi e annaspando nell’aria con le zampe lun-ghissime, unico mezzo a loro disposizione per direche erano dispiacenti di morire. Ma nessuno li com-pianse. Il primo Romeo, anzi, riparato il guasto […],ricalò giù e fece poco più lontano un altro mucchio dicadaveri.

Una volta furono adoperate alcune bombe ad ypri-te, abbandonate dal tempo di guerra in un vecchio ma-gazzino ed esse produssero un effetto così sorprendenteche i bersagliati si precipitarono a depositare le armi.

(V. Biani, Ali italiane sul deserto, Firenze, Bemporad, 1933,pp. 121-22)

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CCoommee aall cciinneemmaa..MMaa ii ccoorrppii ssoonnoo vveerrii

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Il 14 settembre 1930 un fatto inaspettato sconvolge il quadro europeo:con oltre sei milioni di voti, i nazisti diventano il secondo partito del Reich-stag. Una Germania dominata dalla destra nazionalista (revisionista e vici-na al fascismo) rappresenta per Mussolini la leva, a lungo attesa, con cui ssccaarr--ddiinnaarree ll’’aasssseettttoo eeuurrooppeeoo e costruire l’eeggeemmoonniiaa iittaalliiaannaa nel Mediterraneo, neiBalcani, nel bacino del Danubio. Agli occhi del duce, la crisi del 1929 lo fa-vorisce, allontanando gli Stati Uniti dallo scacchiere europeo e costrin-gendo le potenze d’Europa a concentrarsi sullo stato dell’economia. Nel1932, l’ulteriore avanzata nazista nelle elezioni del 31 luglio (con quasi quat-tordici milioni di voti la NSDAP diviene il partito di maggioranza relativa), eun evento apparentemente lontano, l’invasione della Manciuria da partedel Giappone (1931) senza apprezzabili reazioni da parte della SDN e dellepotenze schierate a difesa dello status quo dell’Asia orientale (Gran Breta-gna e Stati Uniti), convincono Mussolini e gli alti quadri del regime che èvenuto il tempo per un’avventura imperiale .

Il 30 gennaio 1933 diventa cancelliere tedesco il capo dei nazisti AdolfHitler, che aveva sempre dichiarato di ammirare e di ispirarsi al capo dei

Fasci, e che avrebbe continuato, fino al 1945, a con-siderare Mussolini il proprio maestro. Il mmooddeelllloo ppoollii--ttiiccoo ffaasscciissttaa faceva nuovamente scuola, questa volta,però, non in paesi di peso e rilevanza limitati (come laLituania di Antanas Smetona, l’Ungheria di MiklósHorthy, il Portogallo di Antonio de Oliveira Salazar),bensì in una delle maggiori potenze europee.

Oltre a considerare la Germania nazista come unfattore di ddeessttaabbiilliizzzzaazziioonnee ddeellll’’aasssseettttoo eeuurrooppeeoo,Roma è convinta di poter utilizzare le preoccupazio-ni di Londra e Parigi nei confronti di Hitler per averemano libera nei propri progetti espansivi. In cambio,pensa Mussolini, egli potrà proporsi a inglesi e francesicome l’unico in grado di esercitare un’influenza mo-deratrice sul nazismo, se non addirittura di frenarnei propositi bellicosi. Accanto a quella del mmeeddiiaattoorree,il duce si tiene aperte altre strade: il fascismo italianoe Mussolini stesso riscuotono simpatie anche da par-te di esponenti di forze politiche ideologicamente as-sai distanti; nemmeno la GGrraann BBrreettaaggnnaa e il suo imperone restano immuni: la British Union of Fascists, fondatada Oswald Mosley, trova consensi non trascurabili(ancorché minoritari); analoghe organizzazioni sor-gono in AAuussttrraalliiaa, NNuuoovvaa ZZeellaannddaa, CCaannaaddaa. Nel di-cembre 1933, a Losanna, si riunisce il primo congres-so nazionale dei fascisti della Svizzera. Tra i gerarchi

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CCaammbbiiaannooggllii eeqquuiilliibbrriieeuurrooppeeii

IIll ffaasscciissmmoo iittaalliiaannoo3388

● Commenta il modo in cui Mussolini, nel documento riprodotto, tratteggia i rapporti tra fascismo ed Europa.

● Quali obiettivi egli prospetta all’Italia? E quali mezzi egli si propone di utilizzare per raggiungerli?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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La cartolina fascista, del 1935, inneggiaal combattimento per la patria.

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IL 25 ottobre 1932 nell’ambito delle celebrazioni del decennale dellamarcia su Roma, BBeenniittoo MMuussssoolliinnii tenne un importante discorso a Milano, in cuienunciò una prospettiva espansionista imperniata sulla diffusione in Europa delmodello politico fascista, definito come la vera alternativa al capitalismo e alcomunismo sovietico. Senza volere attribuire alle dichiarazioni pubbliche deldittatore più rilevanza di quanto esse non abbiano – tenendo conto che sitratta di colui che, all’inizio della propria carriera, aveva teorizzato l’indifferenzadei contenuti rispetto alla continuità dell’agitazione politica – va comunquerilevato che in quegli anni, in cui la crisi economica infuriava, la ricerca di una«terza via» occupava le menti di un buon numero di intellettuali e di uomini politici, e le proposte del fa-scismo trovavano qualche ascolto anche in ambienti assai distanti da esso per cultura e inclinazioni. Iltesto del discorso di Mussolini è reperibile on line al sito: http://www.ilduce.net/discdecennio.htm.

Camicie nere, popolo di Milano, come non ricor-dare le adunate del 1915, di quel «maggio radioso»che è stato il germe della nuova vita d’Italia […].Quando, dieci anni fa, che sono qualche cosa nella vi-ta di un uomo ma un piccolo periodo di tempo nellavita di un popolo, noi muovemmo all’assalto dellavecchia classe politica italiana, che aveva mal gover-nato, soprattutto per mancanza di coraggio e volontà,c’erano degli storici, dei dottrinari, degli osservatori, iquali fecero in quel tempo le più ridicole profezie. Og-gi, con piena tranquillità di coscienza, dico a voi, mol-titudine immensa, che questo secolo decimoventesimosarà il secolo del fascismo. (Applausi). Sarà il secolodella potenza italiana. (Applausi). Sarà il secolo du-rante il quale l’Italia tornerà per la terza volta ad esse-re direttrice della civiltà umana. (Applausi). Perchéfuori dai nostri principi, e soprattutto in tempi di cri-si, non c’è salvezza né per gli individui e tantomeno peri popoli. (Applausi).

Fra dieci anni – lo si può dire. Senza fare i profeti– l’Europa sarà cambiata. Non da ora si sono com-messe delle ingiustizie, anche contro di noi, soprat-tutto contro di noi. (Grida di protesta). E niente di piùtriste il compito che vi spetta di dover difendere quel-lo che è stato il sacrificio magnifico di sangue di tuttoil popolo italiano. Voglio dirlo ancora una volta: l’e-roismo individuale e collettivo del popolo italiano du-rante la guerra è stato sublime. E non teme confronticon nessuno degli altri paesi […].

Noi lo diciamo nettissimamente: siamo fieri del-l’intervento, fieri della guerra, fierissimi della nostra vit-toria. (Applausi). Tra un decennio l’Europa sarà fasci-sta o fascistizzata. (Applausi). L’antitesi Mosca e Nuo-va York non si supera che in un modo, con la dottrinae con la prassi di Roma. Ecco perché noi non contia-mo gli anni, e io credo che se mi guardate attenta-mente voi troverete che io sono diventato forse più

asprigno ancora di quello che non fossi perché nonsono… Io non sono desideroso di tranquillità o dipace ma sono ansioso di nuovi combattimenti e dinuove battaglie. (Applausi). Il giorno in cui riprende-remo la marcia io sento che tutto il popolo italianomi seguirà (Sì), io sento che voi sarete disposti ad ul-teriori sacrifici (Sì), io sento che voi non misurereteil vostro sforzo (No).

Ecco che come non mai, nei suoi 27 secoli di sto-ria, il popolo italiano fu così compatto, così concorde,così deciso. Noi possiamo trascurare oramai i frantu-mi dei nostri nemici, con un gesto di generosità versogli illusi, i retrogradi, i conservatori, i reazionari, i qua-li si erano illusi, con dei mucchi di parole inutili, difermare il moto e la valanga di un popolo. Questo at-to sarà valutato a giusto segno, non mobiliteremo pe-rò tutti i nostri apparati di difesa fino a quando, so-prattutto oltre le frontiere, non si sia sinceramente os-sequienti all’ormai invidiabile fatto compiuto. Ed ora,non c’è più nessun dubbio dopo dieci anni, che il fa-scismo è invincibile, tutte le mete che fremono nelcuore della gioventù italiana sono presenti al mio spi-rito, nessuna è dimenticata. Un giorno, non vicino, civogliono 30 anni per temprare come io desidero l’a-nima di un popolo. Bisogna abituarsi a questa idea:Bismarck ha governato 30 anni la Germania. Un gior-no noi saremo veramente fieri di consegnare i nostrigloriosi gagliardetti alla gioventù che cresce e vigo-reggia sotto i nostri occhi. Noi diremo allora: questi so-no i gagliardetti della rivoluzione, consacrati dal san-gue purissimo degli squadristi. Portateli in alto, di-fendeteli, se necessario con la vostra vita e fate che es-si domani siano baciati dal sole di nuove e più lumi-nose vittorie.

(Susmel, Opera Omnia di Benito Mussolini cit., XXV, 1958,pp. 145-48)

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si parla della possibilità di creare una Internazionale fascista. Come era ti-pico del regime, però, non c’è mai una chiara decisione pro o contro; Mussoliniama riservarsi la possibilità di giocare su più tavoli, tattica che si riveleràcol tempo assai pericolosa. Stupisce, infatti, che il gruppo dirigente fascistanon colga come l’egemonia sulle aree danubiana e balcanica costituisca unoggettivo terreno di contesa tra Roma e Berlino, a cui si aggiunge la fragi-lità economica italiana rispetto alla forza industriale tedesca . Non cu-randosi di ciò, fin dal 1932 l’Italia aveva ripreso la propaganda per la revisionedei trattati di pace, e nel 1934 scatena una campagna di stampa contro laIugoslavia, giocando nuovamente la carta del separatismo ustasa; vengo-no altresì consolidati i legami con le revisioniste Ungheria e Bulgaria. Budapestha rivendicazioni territoriali verso Iugoslavia, Cecoslovacchia, Romania (ri-spettivamente per il Banato, la Rutenia subcarpatica, la Transilvania); Sofiane avanza verso Grecia e Iugoslavia (circa Tracia e Macedonia). La loro in-tesa con Roma mette in pericolo lo status quo.

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● Rifletti sulle profonde radici dell’asimmetria di potere tra Italia e Germania nell’ambito dell’Asse.

● Come giocarono, nell’avvicinamento tra Roma e Berlino, fattori politici, fattori economici e contestiinternazionali?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Oswald Mosley, leader fascista inglesecon una ragazza appartenente

alla British Union of Fascists.

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Presentiamo qui un brano di un mio saggio sui rapporti economici italo-germanici, in cui l’alleanza tra i due maggiori fascismi viene letta nel contestodelle scelte di politica economica fatte tanto a Roma quanto a Berlino. Nel ca-so specifico, la assai minore forza economica dell’Italia rispetto alla Germa-nia contribuiva in modo cruciale a determinare un legame di dipendenza tra laprima e la seconda.

Saltano agli occhi due nette asimmetrie, che qua-lificano il rapporto economico e commerciale fra Ita-lia e Germania negli anni Trenta come tipico di una re-lazione tra sviluppo e sottosviluppo, tale per sua naturada indurre una dipendenza non solo economica maanche – in senso lato – politica. L’Italia esporta in Ger-mania, infatti, principalmente prodotti agricoli desti-nati ad un consumo tendenzialmente di lusso, o co-munque non strettamente indispensabili per il paeseimportatore (tipicamente, frutta e verdura mediter-ranee e loro derivati: olio, vino), semilavorati industri-ali che incorporano tecnologia media e medio-bassa(in primo luogo tessili, tra cui significative quantitàdi fibre artificiali), e – in misura limitata – materieprime di qualche rilevanza (anche militare), come zol-fo e mercurio. Non mancano, naturalmente, prodot-ti industriali a tecnologia avanzata (per il periodo acui ci stiamo riferendo), come per esempio le auto-mobili, ma si tratta di quantità limitate in cifra assolutaed in peso percentuale sul totale dell’export. Tra leprincipali voci dell’export tedesco in Italia, invece, tro-viamo le macchine utensili (un bene di produzionedi cui l’economia italiana non era di per sé in grado difare a meno), semilavorati in acciaio, e – in partico-lare – materie prime di cruciale valore strategico, fra cuiha assoluta rilevanza il carbone. Si tenga presente cheall’epoca dipendevano dal carbone gran parte del si-stema dei trasporti (ferrovie e navigazione), tutta quan-ta l’industria pesante, una quota notevole della pro-duzione di energia elettrica, la disponibilità di gascombustibile per l’industria ed i consumi della popo-lazione (di quella urbana in particolare); si faceva uso,infatti, del cosiddetto «gas di città», ricavato dalla co-kificazione del carbon fossile. Da un punto di vistapuramente economico la possibilità di diversificaregli approvvigionamenti e i mercati di esportazionenaturalmente c’era, ma avrebbe comportato decisionicruciali anche ed in particolare sotto il profilo politi-co, decisioni che avrebbero inevitabilmente assunto, di

fronte alla necessità di schierarsi per il mantenimentoo l’alterazione dello status quo internazionale, un ca-rattere di irreversibilità.

Con l’andar del tempo, inoltre, proprio perché iflussi di import-export con la Germania rappresen-tavano per l’Italia la voce più importante, e progressi-vamente crescente, dell’interscambio complessivo conl’estero mentre la quota rappresentata dall’Italia eradi gran lunga minore nel commercio estero tedesco etale continuava a rimanere, l’interruzione od anchesolo la drastica riduzione dei flussi provenienti dalReich avrebbe fatto piombare l’economia italiana inuna profonda crisi, mentre viceversa quella tedescaavrebbe patito solo disagi non insignificanti ma inogni caso limitati. Questo quadro, già delineatosi conchiarezza tra il 1932 ed il 1934, si preciserà ulterior-mente tra l’autunno 1935 e la primavera 1936; da par-te italiana l’elemento decisivo è l’aggressione all’Etio-pia (ottobre 1935), di cui vanno considerati gli effet-ti tanto sull’economia nazionale quanto sulla struttu-ra del commercio estero, da parte tedesca un ruolochiave viene giocato dal varo del Vierjahresplan (Pia-no quadriennale) nella primavera del 1936. Come ènoto, la decisione presa da Mussolini nel dicembre1934 di avviare la preparazione della guerra contro ilNegus ebbe riflessi immediati e sull’economia reale esulla politica economica dell’Italia. Nel frattempo, inGermania, la politica di riarmo generalizzato condot-ta con decisione dal regime nazionalsocialista dovevafare i conti con le capacità di espansione del sistemaproduttivo tedesco, non certo illimitate. In questo con-testo, i mutamenti indotti nel commercio estero ita-liano dalle sanzioni decise dalla SdN ed il connessorafforzarsi delle misure autarchiche da parte del go-verno di Roma provocano un ulteriore intensificarsidelle relazioni economiche italogermaniche.

(B. Mantelli, Dagli «scambi bilanciati» all’Asse Berlino-Roma,in «Studi Storici», XXXVII, 1997, 4, pp. 1218-20)

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Il 30 gennaio 1933 AAddoollff HHiittlleerr diventa cancelliere (capo del governo)della Germania. In pochi mesi viene ripercorsa la strada che, in Italia, ave-va richiesto a Mussolini più di due anni: nell’estate successiva l’industria-lizzata ed economicamente potentissima Germania ha ormai un ccoommppiiuuttoorreeggiimmee ffaasscciissttaa, che si dà il nome di «Terzo Reich» (Terzo impero, dopo il me-dievale Sacro romano impero della nazione germanica e l’impero guglielmino,nato nel 1871 e crollato nel 1918).

Il netto divario di forze tra Italia e Germania, a favore ovviamente diquest’ultima, fa sì che progressivamente sia il Terzo Reich ad acquistare lafunzione di mmooddeelllloo ppeerr ii mmoovviimmeennttii ee ii ppaarrttiittii ffaasscciissttii eeuurrooppeeii; d’altro can-to i profondi legami economici tra Germania e paesi dell’area danubiano-balcanica, uniti alla precisa volontà egemonica espressa da Berlino, indu-cono quegli Stati, su cui si appuntavano anche le velleità di predominio delfascismo italiano (cfr. p. 34 e sgg.), a entrare sempre più nell’area di in-fluenza tedesca.

Nel 1936 la situazione di relativo isolamento internazionale in cui l’ag-gressione all’Etiopia ha gettato l’Italia e la progressivamente crescente di-pendenza dell’economia italiana da quella tedesca spingono le autorità diRoma a porre le basi per l’aalllleeaannzzaa iittaalloo--ggeerrmmaanniiccaa che prenderà il nome di«Asse Roma-Berlino» (dizione italica; i tedeschi preferiscono scrivere «As-se Berlino-Roma») , che si configura come l’embrione di un blocco diStati fascisti, che si vogliono contrapposti tanto alle democrazie parla-

mentari (Francia, Gran Bretagna, Stati Uni-ti) quanto all’Unione Sovietica. Va da séche la nascita dell’Asse aumenti la ccaappaa--cciittàà ddii aattttrraazziioonnee ddeeii ffaasscciissmmii, l’alleanzaperò è in realtà tutt’altro che paritaria: alsuo interno esiste un partner forte e unaltro debole. Sarà la seconda guerra mon-diale a far emergere fino in fondo i realirapporti di forza.

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LL’’aalllliieevvoo ssuuppeerraaiill mmaaeessttrroo

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● Analizza gli argomenti con cui, nella voce dell’Enciclopedia proposta (testo A), si giustifica l’alleanza tra fascismoe nazismo.

● Metti in evidenza i nessi tra dinamiche economiche e scelte politiche su cui si sofferma il testo B.

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Una stretta di mano che è quasi un inchinodi Mussolini, al termine dell’incontro

tra il duce e Hitler avvenuto nell’aprile 1943in Austria, presso Salisburgo.

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IL primo brano che presentiamo, indicativo di come la propaganda del re-gime presentava l’alleanza italo-germanica, è tratto dall’Enciclopedia De Carlo,pubblicata a Roma nel 1942. L’opera, di cui uscirono solo 2 volumi, era diretta daCCeessaarree MMaarriiaa DDee VVeecccchhii ex quadrumviro e personalità fascista di spicco, appar-tenente da sempre all’ala monarchica del movimento fondato da Mussolini.

Il secondo è tratto, con qualche taglio, da un mio saggio che inquadra losviluppo dell’alleanza nazifascista nel contesto economico internazionaledeterminato dalla grande crisi del 1929, sottolineando come l’avvicinamentotra Italia e Germania fosse nell’ordine delle cose, data la deriva che assunse ladinamica di import-export tra i due paesi. Il saggio è consultabile anche on line, con il titolo L’influenzareciproca di politica ed economia nella costituzione e nello sviluppo dell’asse «Roma-Berlino», al sito:http://www.altronovecento.quipo.it/numero5saggi5.html.

L’Asse: due mani tese in una stretta che garantiscela comune vicenda; una fiera certezza di riscatto con-tro quel trattato di Versaglia, dettato dalle grandi de-mocrazie, che nascondevano sotto l’ulivo della pacecoatta la sadica volontà di vietare alle due Nazioni dimaggiore avvenire, ogni mira di legittima naturaleespansione. Attorno a quel tavolo di mercanti, l’Italiadi Vittorio Veneto conobbe fin d’allora l’ingratitudinee la costante ostilità dei falsi alleati. Essi furono, sì, fe-rocemente intransigenti con la Germania, trascinata nelconflitto dalla sua alleanza con l’Austria, ma furonoforse più subdoli e feroci contro l’Italia, escludendolada ogni effettivo vantaggio: quell’Italia di cui si cal-pestarono subito i diritti, mentre ancora era caldo il

sangue del suo contributo decisivo nella capitolazionedell’Impero austro-ungarico: 1 milione di feriti,500 000 mutilati, 700 000 morti. […] In quel lontano1919, quando veniva abbeverata di fiele e tradita neisuoi vitali interessi l’Italia, mentre era decretata laschiavitù di una nazione come la tedesca, con la illu-sione di opporre insormontabili ostacoli a una possi-bile rinascita germanica, Mussolini e Hitler iniziavanoi primi moti rivoluzionari per arginare la dilagantedissoluzione sociale e insieme per ribellarsi alle enor-mi ingiustizie consumate ai danni dei loro paesi.

(Enciclopedia De Carlo, I, Roma, Istituto dell’EnciclopediaDe Carlo, 1942, p. 321)

Secondo modalità diverse – ma dagli effetti con-vergenti – tanto a Berlino quanto a Roma vengono pre-se decisioni cruciali: in Germania con la decisione didare il via al Vierjahresplan (piano quadriennale) e lasconfitta delle tendenze che favorivano una linea di ri-entro aperto nel mercato mondiale prevalgono i soste-nitori della Großraumwirtschaft, cioè di un vasto spazioeconomico a guida germanica al cui interno i rappor-ti siano regolati tramite rapporti di clearing (cioè dicompensazione materiale, senza passaggi di valuta) bi-laterale e trilaterale, ed in cui cioè la forza relativa diogni singola economia sia il fattore determinante; inItalia con la decisione di regolare il commercio estero at-traverso intese in clearing sottoponendolo contempo-raneamente al sistema delle licenze. Va sottolineata la co-incidenza temporale tra la svalutazione della lira in se-guito alla dissoluzione del «blocco dell’oro» (5 ottobre1936), la sottoscrizione a Berlino, da parte di Ciano evon Neurath dell’intesa politica che una settimana dopoMussolini avrebbe definito «Asse» (23 ottobre), l’aper-

tura di una ulteriore trattativa generale sui rapportieconomici bilaterali (24 ottobre) che si sarebbe con-clusa il 10 dicembre successivo con la firma di un Pro-tocollo confidenziale italogermanico, destinato ad apri-re la strada ai successivi 14 Protocolli segreti per la re-golazione globale dei rapporti economici reciproci cheavrebbero scandito, fino alla crisi del 1943, le relazionitra Roma e Berlino. Proprio nel momento in cui si vadelineando l’alleanza, le due potenze fasciste conosco-no un’evoluzione parallela che le porta a servirsi di unastrumentazione analoga (gestione del valore della mo-neta che prescinde da qualunque ancoraggio a equiva-lenti generali; fissazione dei reciproci rapporti di cam-bio sulla base di intese politico-economiche bilaterali edal massimo trilaterali; controllo rigido del commercioestero), e che porta ad una sorta di «politicizzazione» deirapporti commerciali radicata e profonda.

(B. Mantelli, Politica ed economia nell’Asse Roma-Berlino, inLa nuova storia contemporanea in Italia. Omaggio a ClaudioPavone, Torino, Bollati Boringhieri, 2001, pp. 43-44)

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La Germania del 1933 non era un paese né arretrato né semindustriale, an-zi era – nonostante la sconfitta nella prima guerra mondiale e le conse-guenti perdite territoriali – lo Stato con il più potente apparato industrialed’Europa, e uno dei più forti del mondo. Come mai soccombe, allora, allatentazione fascista? Nel secondo Ottocento la Germania aveva rappre-sentato, nel quadro europeo, una sorta di aannoommaalliiaa, tale che osservatoricontemporanei e studiosi successivi hanno definito il suo approccio allamodernizzazione una «via particolare» (Sonderweg) .

L’impero guglielmino, infatti, fu caratterizzato, oltre che da una poderosaiinndduussttrriiaalliizzzzaazziioonnee e da un tanto precoce quanto impetuoso mmoovviimmeennttoossoocciiaalliissttaa (il più potente e organizzato d’Europa, un punto di riferimentoper tutti gli altri), da una sorta di ddeebboolleezzzzaa ppoolliittiiccaa ddeellllaa bboorrgghheessiiaa, chenon giocò mai un ruolo pari a quello svolto negli Stati europei altrettanto svi-luppati (Gran Bretagna, Francia, Belgio). Le forze liberali si spaccarono mol-to presto in un’ala (minoritaria) favorevole a riforme politiche in direzione diuna maggiore democratizzazione, e una componente (maggioritaria) in cuiprevalsero posizioni conservatrici; nel paese rimase così ddeecciissiivvoo iill ppeessooddeellll’’aarriissttooccrraazziiaa tteerrrriieerraa e della monarchia. La Germania guglielmina nonconobbe mai il passaggio a forme di governo parlamentare (quelle cioè incui il governo deve ottenere la fiducia del Parlamento) ma rimase una mmoo--nnaarrcchhiiaa ccoossttiittuuzziioonnaallee (il Parlamento ha la sola funzione di controllare ilgoverno, la cui nomina però spetta al Kaiser; una volta designato, il cancellierepuò governare senza avere una maggioranza parlamentare); lo stesso suf-fragio universale maschile, concesso negli anni Ottanta del XIX secolo, nonportò in questo quadro a significative trasformazioni.

Non solo, per l’elezione della Camera bassa della Prussia (il Reich gu-glielmino è in realtà un impero federale, composto di una molteplicità diregni, principati, entità statuali che conservano i loro governi e le loro as-semblee, ovviamente con poteri limitati. La Prussia rappresenta, da sola,più della metà del territorio del Reich e comprende i tre quinti dei suoi abi-tanti) rimase sempre in vigore il ssiisstteemmaa ddeellllee ttrree ccllaassssii, cioè un meccanismosecondo il quale gli elettori – i maschi adulti che non usufruissero di alcunsussidio di povertà – erano divisi in tre gruppi (classi) a seconda dell’am-montare delle tasse che pagavano; in ogni distretto elettorale ogni classeeleggeva (indipendentemente dal numero dei suoi membri!) uno o duegrandi elettori. Erano poi questi ultimi a radunarsi e a eleggere a loro voltai membri del Landtag (la Camera elettiva del Land).

Soltanto con la crisi del 1918, quando la caduta verticale dei livelli di vi-ta della popolazione provocò il crollo del fronte interno, il Reich tedescoconobbe una ttuummuullttuuoossaa ddeemmooccrraattiizzzzaazziioonnee.

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● Quale fu l’apporto del nazionalsocialismo alle concezioni nazionalistiche e pangermanistiche preesistenti?

● In che senso il 1945 rappresentò uno spartiacque per la coscienza civile tedesca?

● Come altri paesi giunti in ritardo allo sviluppo industriale (second comers) la Germania oscillò a lungo traimitazione del modello britannico e ricerca di un proprio percorso particolare. Quale rapporto individui traquesta problematica e lo sviluppo di una specifica ideologia nazionalistica?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Riproduciamo, con qualche adattamento, unbrano da un saggio dello storico tedesco WWoollffrraammWWeettttee, a lungo attivo come ricercatore pressol’Istituto di storia militare delle forze armate dellaRepubblica federale e attualmente docente di sto-ria contemporanea presso l’università di Friburgo.Egli espone nelle righe che seguono la funzioneche il concetto di Sonderweg ha assunto nella co-scienza civile tedesca dall’unificazione bismarckia-na del 1871 al secondo dopoguerra, mostrando lostretto legame esistente tra dibattiti storiografici epubblica opinione nell’età contemporanea e met-tendoci di fronte al duplice e opposto significato chela categoria presa in esame ha assunto in fasi di-verse della recente storia tedesca.

Il concetto di «deutscher Sonderweg» («via parti-colare tedesca») gioca un ruolo nella coscienza politi-ca e storica dei tedeschi da almeno due secoli. Nel-l’epoca del nazionalismo, in particolare tra la fonda-zione del Reich nel 1871 e il crollo dello Stato nazio-nalsocialista nel 1945, ad esso veniva attribuita unavalenza positiva, poiché si riteneva che la linea di svi-luppo percorsa dalla Germania fosse superiore ai mo-delli dell’Europa occidentale. Tale «coscienza partico-lare» stereotipata avrebbe dovuto fornire ai tedeschiun orientamento comune, su cui fondare l’identitànazionale. In questa funzione, esso comportava natu-ralmente anche una netta distinzione rispetto alle al-tre nazioni e l’espressione di un orgoglioso senso disuperiorità: «Il mondo sarà rinnovato dalle qualità ti-picamente tedesche» («Am deutschen Wesen soll dieWelt genesen»). Durante l’impero guglielmino, e piùancora nel periodo di Weimar, l’idea di una «via spe-cificatamente tedesca» si congiunse con una marcatatendenza antioccidentale, o più esattamente, con in-teressi antidemocratici e antiliberali. In questo senso,fra le due guerre tale topos rappresentò una vera e pro-pria controideologia che si opponeva al sistema de-mocratico. Nel periodo nazionalsocialista, la «coscienzaparticolare tedesca» assunse connotati criminali, poi-ché la presunta particolarità tedesca venne deformatadall’aggiunta di un razzismo aggressivo. La sopravva-lutazione del popolo tedesco nel segno di un’ideologiarazziale culminò nella concezione del «dominatore»germanico. Essa era accompagnata dalla contempo-ranea svalutazione degli altri popoli, visti come razzeinferiori, come «Untermenschen» («uomini di quali-tà inferiore»). Questa ideologia razzistica e nazionali-stica costituì una premessa decisiva al programma di

conquista e di annienta-mento portato avanti dal-la Germania hitleriana,che non ha corrisponden-ti nella storia mondiale. Ilcrollo dello Stato nazio-nalsocialista del 1945 inseguito alla sconfitta nellaguerra pose fine alla «viatedesca», considerata ori-ginariamente dai nazionalisti come uno sviluppo po-sitivo. Neanche dal punto di vista dei valori fu più pos-sibile, dopo la barbarie nazista, attribuire un valorepositivo alla categoria di «Sonderweg» tedesco. La ce-sura del 1945 portò a tale riguardo un colpo tremendoalla coscienza politica e storica dei tedeschi. La defini-zione di «ora zero», assunta allora come definizionedel momento che si stava vivendo, segnalava la neces-sità inalienabile di un nuovo indirizzo, o più ancora, diun nuovo inizio politico, sociale e morale. Come sem-pre accade in tempi di rivolgimento e di riorienta-mento della coscienza collettiva, fra parecchi storici te-deschi si aprì allora un dibattito che coinvolse l’opi-nione pubblica. Di fronte alla dittatura nazista, allaguerra e allo sterminio di massa, essi si assunsero ilcompito di ripensare e di valutare la più recente storiatedesca, alla ricerca delle cause che avevano reso pos-sibile il nazionalsocialismo. Negli anni immediata-mente successivi al 1945 vi fu così una vivace discus-sione fra gli storici, che coinvolse anche non pochi let-terati tedeschi, sulle «vie senza uscita» imboccate dal-la Germania, che l’avevano portata alla «catastrofe».L’epoca nazista gettava un’ombra su tutta la storia te-desca che aveva immediatamente preceduto il TerzoReich. I due storici più insigni, che subito dopo la finedel conflitto pubblicarono i primi «bilanci» della si-tuazione, animando in tal modo sia il dibattito fra glistudiosi sia quello nell’opinione pubblica, furono Frie-drich Meinecke e Gerhard Ritter. […] Concordemen-te, essi individuarono nell’egemonia prussiana sullaGermania e nella tradizione militaristica prussiano-tedesca i sostanziali punti di partenza della «via senzauscita» tedesca intrapresa dalla Germania; e conside-rarono il «Sonderweg» tedesco non più positivamen-te, ma come un percorso errato, e quindi da giudica-re negativamente. La cesura del 1945, dal loro punto divista – quello dell’immediato dopoguerra – costituivala frattura più profonda mai prodottasi nella storiadella Germania moderna.

(W. Wette, Una particolare via tedesca?, in «I viaggidi Erodoto», 1995, 27, pp. 54-55)

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La rivoluzione del novembre 1918 provoca la fine della monarchia e lanascita della rreeppuubbbblliiccaa ddii WWeeiimmaarr (dal luogo in cui si radunò l’Assemblea co-stituente).

La Costituzione weimariana disegna una repubblica parlamentare, tut-tavia prevede un presidente eletto a suffragio universale il quale detiene, incondizioni normali, un potere quasi solo di rappresentanza; in casi ecce-zionali, però, egli è in grado – in base all’articolo 48 della Costituzione – dinominare un governo abilitato a reggere lo Stato senza necessariamente di-sporre di una maggioranza parlamentare (ggoovveerrnnoo ddeell pprreessiiddeennttee). È unmeccanismo pensato per le situazioni d’emergenza, esso introduce perònella struttura dello Stato un ppootteennzziiaallee aannttaaggoonniissmmoo ttrraa dduuee oorrggaannii ddii--vveerrssii (presidente e Parlamento) entrambi legittimati dal suffragio univer-sale. Ciò avrà conseguenze esiziali.

Gli storici sostanzialmente concordano nel definire la repubblica di Wei-mar come un caso esemplare di ««ddeemmooccrraattiizzzzaazziioonnee ppaarrzziiaallee»»: a una strut-tura costituzionale democratica e socialmente avanzata, e a un quadropolitico plurimo e articolato, in cui il partito maggioritario rimane fino al1932 la socialdemocrazia (SPD), corrispondono infatti una burocrazia e un ap-parato militare ancora profondamente influenzati da una cultura autori-taria e profondamente ostile all’idea stessa di democrazia . Tutto ciò, ac-canto alle difficoltà create dal trattato di pace di Versailles, in particolare lepesanti riparazioni di guerra imposte alla Germania da Francia e Gran Bre-tagna , fa sì che la vita politica della repubblica di Weimar sia caratte-rizzata dalla presenza di ffoorrttii ccoorrrreennttii ffaavvoorreevvoollii aa uunnaa ssvvoollttaa aauuttoorriittaarriiaa,correnti che non si identificano affatto nel solo Partito nazionalsocialista(NSDAP, che anzi costituisce una piccola minoranza fino al 1930) ma trova-no la loro principale espressione nel Partito popolare nazionaltedesco(Deutsch-nationale Volkspartei, DNVP).

D’altro canto, in Germania non era mai stato all’ordine del giorno alcun«ottobre» tedesco che in qualche modo riproducesse la rivoluzione verifi-catasi in Russia nel 1917; l’unica forza politica disposta a far proprie paroled’ordine del genere (il neonato Partito comunista tedesco, KPD) era so-stanzialmente marginale. Nell’ordine delle possibilità era invece la radica-le democratizzazione del Reich e l’annullamento dei poteri delle gerarchiemilitari, dell’alta burocrazia, dei proprietari terrieri d’Oltrelba, e delle con-centrazioni monopolistiche industriali. Se il Partito socialdemocratico in-dipendente (USPD, sinistra socialista su posizioni pacifiste, staccatasi nel1917 dalla socialdemocrazia) era troppo diviso per funzionare come strumentodi un programma del genere, è sulla ssoocciiaallddeemmooccrraazziiaa maggioritaria (MSDP)che grava la responsabilità di aver scelto di agire come ccuussttooddee ddeell vveecccchhiioooorrddiinnee ssoocciiaallee travasato in un nuovo ordine politico.

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UUnnaa sspplleennddiiddaaddeemmooccrraazziiaaiinnccoommppiiuuttaa

IIll nnaazziioonnaallssoocciiaalliissmmoo tteeddeessccoo4488

● In quale contesto avvenne la difficile nascita della repubblica di Weimar?

● Quale fu il peso delle riparazioni di guerra sulla vita politica del primo quinquennio weimariano?

● Osserva la vignetta riprodotta qui sopra: quale percezione puoi ricavare di una parte significativa dellapopolazione tedesca sull’andamento delle trattative versagliesi?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Alla conferenza di Versailles i tedeschivengono trattati come ladri colti

sul fatto in un ristorante:non solo li si costringe a restituire

la refurtiva, ma gli si presentaun salatissimo conto. Nei panni

del poliziotto il primo ministro ingleseDavid Lloyd George, in quelli

del proprietario del ristorante il premierfrancese Georges Clemenceau; seduto

in primo piano, disinteressato,il presidente statunitense

Woodrow Wilson.Caricatura tedesca dell’epoca.

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L’impervio viottolo su cui la repubblica di Weimar fu costretta a incam-minarsi nei suoi primi anni di vita è ben delineato dai testi che seguono, trat-ti da due significative opere storiografiche. Il primo è di DDeettlleevv JJ.. KK.. PPeeuukkeerrtt, at-tento studioso di storia sociale che ha dedicato numerosi saggi alla società te-desca sotto il nazismo. Nel testo da cui è tratto il brano, egli propone un’analisinon meramente fattuale o puramente politica della parabola weimariana, let-ta invece dall’angolo visuale dei processi di modernizzazione che in queglianni investirono poderosamente la società tedesca.

Nel volume da cui è tratto il secondo brano, l’autore, GGuussttaavvoo CCoorrnnii, uno deimassimi conoscitori italiani di storia tedesca, si cimenta in una ricostruzione generale delle vicende del-la Germania dalla prima unificazione del 1871 a oggi, senza trascurare i decenni precedenti del XIX secolo.

La nascita della Repubblica di Weimar non fu ilrisultato di un atto eroico o che perlomeno potesseessere considerato tale nella mitologia nazionale. Essafu piuttosto l’effetto di un complicato e doloroso com-promesso, il prodotto finale di sconfitte e reciprocheconcessioni più che il progetto radioso di un nuovoinizio. Anche in un simile contesto non esaltante sisarebbe comunque potuto vivere se e finché esso aves-se offerto condizioni di vita accettabili. Ma quandoentrarono in crisi simultaneamente il meccanismo diriproduzione economica e l’assetto sociale, la Repub-blica, in cerca di soluzioni politiche, non poté conta-re su quel credito di legittimazione da parte dei suoicittadini che solamente avrebbe potuto agevolare unatenuta di fondo anche in piena crisi. A ciò si aggiunseil fatto che la Repubblica non dovette accollarsi sol-tanto il peso tradizionale della guerra perduta. Anzi,quella particolare variante della continuità storica chela faceva diventare legataria dell’impero guglielminonaufragato si intrecciò con nuovi oneri sociali e di-storsioni che emersero negli anni (e nei decenni) suc-cessivi alla prima guerra mondiale e che la esposeroad una crisi endemica. Guardando le cose retrospetti-vamente, si può dire insomma che i tedeschi azzarda-rono il loro esperimento repubblicano nel momentopiù sfavorevole possibile, ossia quando il sistema socialee politico era comunque esposto a tensioni che spin-gevano verso la rottura.

(D. J. K. Peukert, La Repubblica di Weimar. Anni di crisi dellamodernità classica, Bollati Boringhieri, Torino, 1996, p. 18)

Dopoché la conferenza di pace aveva sancito ilprincipio che la Germania dovesse pagare le ripara-zioni di guerra ai paesi vincitori, iniziò una comples-sa partita politico-diplomatica internazionale, per de-terminarne l’identità. Su questo cruciale problema vierano tra i vincitori due punti di vista distinti. Molti,soprattutto nel governo francese, consideravano le ri-parazioni come uno strumento per strozzare l’econo-mia tedesca e impedirle qualsiasi ripresa. Dato che laforza militare e politica tedesca era considerata unaconseguenza della sua forza economica, si ritenevache, stroncando la Germania sul piano economico,fosse possibile impedirle di nuocere ancora. Altri inveceritenevano che l’economia tedesca non potesse esserestrangolata, se non a patto di danneggiare anche le al-tre economie, comprese quelle dei vincitori. Uno deisostenitori di questa tesi era l’economista britannicoJohn M. Keynes […], la cui posizione era sostenutaanche da influenti circoli economici, finanziari e po-litici americani, interessati ad un rilancio dell’inter-scambio con la Germania. Ma in una prima fase pre-dominò la posizione intransigente, di cui era porta-tore il governo francese […]. La conferenza di Parigi,nel gennaio 1921, fissò il livello totale delle riparazio-ni all’astronomica cifra di 269 miliardi di marchi-oro;una somma che pochi mesi dopo, nella conferenza diLondra, venne ridotta alla comunque irrealistica ci-fra di 132 miliardi. In Germania il governo non eranelle condizioni di poter trattare alla pari sulla deter-minazione delle riparazioni […]; la questione del-l’adempimento divenne il tema cruciale della vita po-litica tedesca. Attorno a essa si fecero e si disfecero igoverni: nei primi anni Venti nessuno durò più di un-dici mesi.

(G. Corni, Storia della Germania. Da Bismarck allariunificazione, Il Saggiatore, Milano, 1995, pp. 183-84)

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Un esempio del paradosso weimariano è costituito dall’elezione, nel 1925,del maresciallo PPaauull vvoonn HHiinnddeennbbuurrgg (1847-1934) a presidente del Reich.Hindenburg, militare di professione, aristocratico e grande proprietarioterriero (Junker) per nascita, aveva comandato le forze armate tedeschenella prima guerra mondiale, ricoprendo di fatto il ruolo di ddiittttaattoorree mmiilliittaarree;era profondamente monarchico e ostile alla repubblica. Diventa il simbolovivente di uno Stato democratico i cui funzionari non condividono i valori del-la Costituzione che dovrebbero servire.

Verso la fine degli anni Venti l’intrecciarsi di instabilità politica (difficol-tà di costituire governi solidi) e di crisi economica (la Germania patisce pe-santemente i contraccolpi della crisi internazionale del 1929) fa intrave-dere ai conservatori la possibilità di restaurare un mmooddeelllloo ssttaattuuaallee aauuttoorrii--ttaarriioo (che, tra l’altro, metta alle corde i socialisti); non pochi sperano di po-tere restaurare la monarchia.

Inizia così un convulso biennio che vede Hindenburg servirsi – costitu-zionalmente a sproposito – dell’articolo 48 (cfr. p. 48): inizia l’epoca dei go-verni del presidente, che si concluderà, all’inizio del 1933, con la consegna delpotere nelle mani di Hitler . Come in Italia dieci anni prima, i conservatorisi erano illusi di poter utilizzare come strumento di restaurazione le forze fa-sciste; anche in questo caso saranno i fascisti ad approfittare delle porteloro aperte dai conservatori, lasciando a questi ultimi soltanto l’alternativa diassociarsi in posizione subalterna alla gestione del potere oppure scompa-rire dalla scena politica. Divenuto cancelliere, Hitler impiega assai meno di dueanni a trasformare il potere semilegale di cui dispone in ddiittttaattuurraa iilllliimmiittaattaa.

Dal gennaio al marzo 1933 mira a conciliarsi la destra tradizionale, leforze armate e la cerchia presidenziale fingendo di far proprie le concezio-

ni nazionalistiche e conservatrici condi-vise da questi gruppi; in realtà, il suo sco-po è di ottenere lo scioglimento del Reich-stag per assicurarsi la maggioranza as-soluta che potrebbe conferirgli i pieni po-teri. Malgrado le intimidazioni di Göring,la scatenata propaganda di Goebbels el’incendio del Reichstag, che permette dimettere fuori gioco i comunisti, lo scoponon viene raggiunto: Hitler deve negozia-re con i cattolici del partito del Zentrumper ottenere, il 23 marzo, il voto della lleegg--ggee ssuuii ppiieennii ppootteerrii, analoga a quella con-cessa a Mussolini dieci anni prima.

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CCoonnsseerrvvaattoorriiaannttiirreeppuubbbblliiccaanniiee nnaazziissttii

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● Come si struttura, negli ultimi anni di Weimar, il fronte antirepubblicano?

● Quali sono i passaggi cruciali del decreto del 28 febbraio 1933, con cui le libertà civili garantite dalla Costituzionesono di fatto abolite?

● Perché il decreto in questione condiziona pesantemente l’autonomia dei singoli Länder federati?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Hindenburg tra Hitler e HermannGöring (allora presidente

del Reichstag) nel marzo 1933.

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Nella serata del 27 febbraio 1933 un grave incendio danneggiò grave-mente il Reichstag, la Camera dei deputati. All’interno del palazzo in fiamme lapolizia trovò l’olandese Marinus van der Lubbe, un marginale dai mille me-stieri. Dichiaratosi anarchico, egli affermò di avere agito per stimolare il pro-letariato alla resistenza. Il giorno successivo, 28 febbraio, il presidente delReich Paul von Hindenburg emanò, su richiesta di Hitler un «decreto per laprotezione del popolo e dello Stato» (cosiddetto «Decreto dell’incendio delReichstag»), che conferì al Führer poteri eccezionali, e fu quindi il primo pila-stro legale della dittatura hitleriana. Vennero sospese le garanzie costituzio-nali a difesa della libertà individuale e decretata la pena di morte per numerosi reati. La storiografia piùrecente tende a dare credito alla confessione di van der Lubbe, ma ribadisce che l’incendio, anche se nonsollecitato dai nazisti, fu da loro strumentalizzato. Riproduciamo qui il testo del decreto, da noi tradot-to. Il testo originale è reperibile on line al sito: http://www.oefre.unibe.ch/law/dns/ausserkraftsetzung.html.

Sulla base dell’articolo 48, comma 2, della Costitu-zione del Reich viene disposto quanto segue, come mi-sura di protezione di atti di violenza da parte comuni-sta che possono rappresentare un pericolo per lo Stato:

ART. 1 Gli articoli 114, 115, 117, 118, 123, 124 e 153 del-

la Costituzione del Reich tedesco vengono privati di ef-ficacia fino a disposizione ulteriore. Sono perciò au-torizzate limitazioni alla libertà personale, al dirittodi esprimere liberamente le proprie opinioni, com-preso il diritto alla libertà di stampa, al diritto di as-sociazione e a quello di adunarsi pubblicamente, in-tromissioni nel segreto postale, telegrafico e telefoni-co, nonché disposizioni di perquisizione domiciliare,di sequestro e di custodia coatta di beni personali an-che oltre i limiti in proposito fissati dalle leggi.

ART. 2Qualora in uno degli Stati federati [Land] non sia-

no prese le misure opportune per garantire l’ordinee la sicurezza pubblici, il governo del Reich può assu-mere temporaneamente le funzioni delle autorità digoverno dello Stato federato in questione.

ART. 3Chiunque detenga autorità nell’ambito degli Sta-

ti federati e dei comuni (e delle associazioni di comu-ni) è tenuto a dare esecuzione, sulla base della pro-pria sfera di competenza, alle ordinanze emanate dalgoverno del Reich sulla base dell’articolo 2.

ART. 41. Chiunque si opponga alle disposizioni emanate

dalle autorità di governo degli Stati federati o dai fun-zionari loro sottoposti in adempimento di questa or-dinanza oppure alle disposizioni emanate dal governodel Reich in ottemperanza all’articolo 2, istighi a fareresistenza o la promuova sarà punito con l’arresto noninferiore a un mese o con una pena pecuniaria da 150a 15 000 marchi, sempre che il fatto non sia passibile,sulla base di altre norme, di una pena più grave.

2. Chi, comportandosi come descritto al comma1, metterà in pericolo il bene comune con rischio del-la vita di esseri umani, sarà punito con la reclusione,qualora esistano circostanze attenuanti con l’arresto,per un periodo non inferiore a sei mesi; se la resisten-za in questione provocherà la morte di un essere uma-no, il responsabile sarà punito con la morte, qualoraesistano circostanze attenuanti con la reclusione noninferiore a due anni. Inoltre potrà essere condannatoalla confisca dei beni.

3. Chi invita o istiga a fare resistenza mettendo inpericolo il bene comune (comma 2), sarà punito conla reclusione, se esistono circostanze attenuanti conl’arresto, per non meno di tre mesi.

ART. 51. Devono essere puniti con la morte i reati di cui

agli articoli 81 (alto tradimento), 229 (diffusione diveleni), 307 (incendio doloso), 311 (attentato dina-mitardo), 312 (inondazione dolosa), 315 comma 2(danneggiamento di strade ferrate), 324 (avvelena-mento con pericolo per la comunità) del codice pe-nale, che prescrive per essi l’ergastolo.

2. Con la morte, oppure con l’ergastolo se già nonè prevista una pena più grave, oppure con la reclusio-ne fino a quindici anni deve essere punito:

a. chi progetti di uccidere il presidente del Reich, oun membro o un delegato del governo del Reich o deigoverni degli Stati federati, o istighi a un assassiniodel genere, si offra o accetti una proposta in tal senso,o concordi con altri azioni di tal fatta;

b. chi nei casi descritti dall’articolo 115 comma 2(sommossa grave) o dall’articolo 125 comma 2 (rotturagrave della pace civile) del codice penale commetta ilfatto con uso di armi o in cosciente e volontaria col-laborazione con qualcuno che sia armato;

c. chi sequestri altre persone (articolo 239 del co-dice penale) allo scopo di servirsi dei sequestrati comeostaggi per obiettivi politici.

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Nel giro di pochi mesi, lo Stato viene nazificato, seguendo un percorso so-stanzialmente analogo a quello attuato, dieci anni prima, dal fascismo mus-soliniano: scioglimento dei governi locali e cceennttrraalliizzzzaazziioonnee ddeell RReeiicchh; ffiinnee ddeeiippaarrttiittii e dei vari raggruppamenti con conseguente proclamazione del Par-tito nazista come partito unico ; pieno ccoonnttrroolllloo ddeellllaa ppoolliizziiaa e sua pro-gressiva fusione con l’apparato SS; detenzione dei democratici, dei comu-nisti e dei socialisti nei primi ccaammppii ddii ccoonncceennttrraammeennttoo. Il tutto coronatodal grande massacro della «notte dei lunghi coltelli» (30 giugno 1934) at-traverso il quale Hitler regola i conti con tutti coloro che ne ostacolavano lapolitica o che erano apparsi suoi rivali all’interno della stessa destra anti-democratica: dalla milizia SA, guidata da Ernst Röhm, al circolo ultracon-servatore attorno a Franz von Papen, che ebbe personalmente salva la vi-ta solo grazie alla protezione di Göring, al generale Kurt von Schleicher,colpevole di aver tentato di costruire nel 1932 un «fronte trasversale» cheandasse dai sindacati socialdemocratici all’ala populista della NSDAP, a GregorStrasser, fino a quell’anno dirigente di spicco del Partito nazista.

Quella purga ha l’approvazione delle forze armate che di lì a qualchesettimana, alla morte di Hindenburg, appoggiano l’accesso di Hitler alle fun-zioni di presidente del Reich che, cumulate con quelle di cancelliere, fanno

di lui il ccaappoo ssuupprreemmoo ddeellllee ttrree aarrmmii (esercito, avia-zione, marina). Fino al 1945, Hitler è così il padronedella Germania con un ppootteerree aassssoolluuttoo , ormaipiù carismatico che istituzionale. Egli si vede qualeuna sorta di profeta investito della ssoovvrraannnnaattuurraalleemmiissssiioonnee ddii rriissaannaarree iill ppooppoolloo tteeddeessccoo, secondo ilmessaggio contenuto nel Mein Kampf.

Salvo eccezioni, il Führer si preoccupa poco o af-fatto dei particolari, accontentandosi di impartire le di-rettive di carattere generale e lasciando che i molte-plici feudi formatisi attorno ai vari gerarchi nazisti di-vengano veri e propri centri di potere le cui tensioni,rivalità e usurpazioni contrassegneranno in larga mi-sura le vicende quotidiane dello Stato nazista.Se Hitler lascia ad altri il compito di gestire l’econo-mia, di redigere le leggi e i regolamenti, di condizionarela vita della Germania giorno per giorno, egli continuatuttavia a essere il ppeerrnnoo ddeell rreeggiimmee: è lui a stabilire ladottrina e gli orientamenti, a determinare quale del-le ipotesi portate avanti (quasi sempre in conflittotra loro) dai suoi paladini sia la più conforme allo spi-rito nazionalsocialista e vada perciò attuata.

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LLaa nnaazziiffiiccaazziioonneeddeelllloo SSttaattoo

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● Come operano le misure decise in base all’obiettivo della Gleichschaltung?

● Attraverso quali misure la legge del 24 maggio 1933 legalizza la dittatura hitleriana?

● Che cosa resta della Costituzione di Weimar dopo l’emanazione di tale norma?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Hitler raffigurato come il salvatoredella Germania. Sulla bandiera

che tiene in mano c’è scritto:«Fedeltà, Onore, Ordine».

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IL primo testo che presentiamo è una scheda (lievemente modificata)tratta da una recente opera di sintesi sui fascismi europei che analizza il pro-cesso di «livellamento» (Gleichschaltung) a cui i nazisti sottopongono le isti-tuzioni della Germania, abolendo brutalmente ogni autonomia locale e terri-toriale. Segue il testo della cosiddetta «legge dei pieni poteri» emanata il 24maggio 1933 con la denominazione di «legge per la risoluzione dell’emer-genza in cui si trovano il popolo e il Reich» (Gesetz zur Behebung der Not vonVolk und Reich), tramite la quale la Costituzione di Weimar è messa in mora esi legalizza la dittatura, attraverso l’attribuzione all’esecutivo dei pieni pote-ri in ambito legislativo. In pratica, il Parlamento viene ridotto a mero organismo di facciata, e cade la tri-partizione dei poteri tipica degli Stati liberali. Il testo originale della legge, qui da noi tradotto, è reperi-bile on line al sito: http://www.oefre.unibe.ch/law/dns/ermaechtigungsgesetz.html.

Con la Gleichschaltung il primo obiettivo del na-zionalsocialismo era l’eliminazione del carattere fe-derale dello Stato e l’annullamento delle autonomiedi cui godevano i Länder insieme allo scioglimentodelle loro assemblee elettive e dei loro governi. Ven-nero sciolti i parlamenti regionali […]; Hitler, in quan-to Cancelliere del Reich, acquisì il diritto di insediarenei singoli Länder suoi fiduciari con il titolo di Reichs-statthalter i quali dovevano sovraintendere ad ogni at-to dei governi regionali; fu eliminato qualunque tipodi rappresentanza elettiva all’interno del Reich; vennesciolto il Reichsrat (Consiglio federale). Il secondo sco-po era la soppressione dei partiti, un processo già am-piamente avviato fin dal 28 febbraio 1933, quando ilPartito comunista era stato messo al bando de facto. Nelmaggio 1933, i suoi beni vennero confiscati. Il Partitosocialdemocratico venne dichiarato nemico del po-

polo e dello Stato e messo fuori legge il 22 giugno1933. Contemporaneamente anche le sedi della DNVP,partito alleato di governo dei nazisti, vennero occu-pate; il 23 giugno i suoi dirigenti annunciarono la ces-sazione dell’attività. I Partiti liberali di sinistra e dicentro a loro volta si sciolsero il 28 giugno e il 4 lu-glio. Infine, nei primissimi giorni di luglio, alla vigiliadella firma del Concordato dell’8 luglio tra Vaticano eHitler, scomparvero i partiti cattolici, il Zentrum e laBayerische Volkspartei. Ormai, in Germania esistevaun solo partito politico, quello nazista, e una legge del14 luglio 1933 lo dichiarò unico legale. Il 2 maggio1933 erano scomparsi i sindacati.

(Milza - Berstein - Tranfaglia - Mantelli [a cura di],Dizionario dei fascismi cit., pp. 277-80)

Il Parlamento del Reich (Reichstag) ha approvato lalegge […] che viene ora promulgata:

ART. 1Le leggi del Reich possono essere decise anche dal

governo del Reich, oltre che tramite la procedura pre-vista dalla Costituzione del Reich. Questo vale ancheper le leggi nominate esplicitamente negli articoli 85comma 2 e 87 della Costituzione del Reich.

ART. 2Le leggi decise dal governo del Reich possono de-

rogare dalla Costituzione, a meno che non abbianoper oggetto specifico le caratteristiche istituzionali delParlamento del Reich e del Consiglio federale. Riman-gono impregiudicati i poteri del Presidente del Reich.

ART. 3Le leggi disposte dal governo del Reich vengono

sottoscritte dal Cancelliere e pubblicate sulla Gazzet-

ta ufficiale del Reich. Salvo non venga diversamentedisposto, esse entrano in vigore il giorno successivola loro pubblicazione. […]

ART. 4I trattati del Reich con potenze straniere che deb-

bano essere oggetto di specifiche norme di legge nonhanno bisogno di essere approvati dai corpi rappre-sentativi coinvolti nell’attività legislativa. Il governodel Reich emana le disposizioni necessarie all’attua-zione dei trattati in questione.

ART. 5Questa legge entra in vigore il giorno della sua

pubblicazione. Essa cesserà di avere effetto dal 1° apri-le 19371. […]

11.. In realtà la legge fu più volte prorogata, restandoin vigore fino alla sconfitta del Terzo Reich nel 1945.

IIll nnaazziioonnaallssoocciiaalliissmmoo tteeddeessccoo 5533

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UUnnoo ssttaattoodd’’eemmeerrggeennzzaappeerrmmaanneennttee

21

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Gli uomini che gestivano la Germania in maniera quasi sovrana erano perun verso legati a Hitler da un rraappppoorrttoo ddii ffeeddeellttàà ppeerrssoonnaallee , dall’altrodipendevano dalla sua approvazione nell’attuazione dei loro piani e per-ciò ognuno mirava a presentarsi come il più fedele esecutore delle diretti-ve (di solito meramente orali e quasi sempre vaghe e indistinte) del Führer.Questo modo di governare portò a una sorta di ««rraaddiiccaalliizzzzaazziioonnee ccuummuu--llaattiivvaa»» in molti ambiti e, in particolare, nei due campi che stavano al centrodella visione del mondo nazionalsocialista, in particolare di quella hitleria-na: la politica razzista e quella espansionista verso l’estero. Dato che Hitlerera solito consentire con quei piani che gli parevano meglio interpretarel’essenza del suo regime e che si presentavano perciò come i più estremi, ognigerarca contendeva all’altro la palma della radicalità.

Per quel che concerne la ppoolliittiiccaarraazzzziissttaa ee aannttiisseemmiittaa, Hitler ispirò inprima persona le varie misure che tra-sformarono l’antisemitismo da diffu-so pregiudizio popolare in lleeggggee ddeell--lloo SSttaattoo, dall’esclusione dei cittadinitedeschi ebrei dalla comunità nazio-nale (boicottaggio dei negozi degliisraeliti nel marzo 1933 e successivaloro esclusione dalla pubblica ammi-nistrazione, grande pogrom del 1938– cosiddetta «notte dei cristalli») finoalla deportazione nei campi di ster-minio e quindi alla distruzione degliebrei d’Europa. Un momento fonda-mentale di questo processo furono lecosiddette ««lleeggggii ddii NNoorriimmbbeerrggaa»»

promulgate da Hitler in margine del congresso della NSDAP nel settembre1935. Contemporaneamente al congresso del partito, il Führer aveva con-vocato, sempre a Norimberga, il Reichstag, dove aveva intenzione di an-nunciare un evento di grande peso, con ogni probabilità un’intesa in politi-ca estera con la Gran Bretagna, con cui nei mesi precedenti erano stati sti-pulati accordi in ambito navale. Caduta quella possibilità poiché oltre que-gli accordi non si era potuti andare, Hitler decise, in modo estemporaneo co-me era sua abitudine, che il coup de théâtre sarebbe stato costituito damisure eccezionali antiebraiche.

La ppoolliittiiccaa eesstteerraa fu al centro degli interessi di Hitler perché costituivail metro con cui valutare la rinascita della nazione germanica, come erastato dichiarato nel Mein Kampf. Tra il 1933 e il 1935 Hitler attuò metodica-mente le linee tracciate nel volume del 1924-25, che peraltro riassumeva

23

22LLoo ssttiilleeddii ggoovveerrnnoo ddeell FFüühhrreerr

IIll nnaazziioonnaallssoocciiaalliissmmoo tteeddeessccoo5544

● Come funzionava concretamente il Partito nazionalsocialista?

● Quale ruolo ricopriva il Führerprinzip?

● Come governava Hitler?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

22��

«Solo Hitler» recita questoemblematico manifesto

della propaganda nazista.

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Proponiamo qui un brano da un saggio di HHaannss MMoommmmsseenn, uno dei piùimportanti storici tedeschi contemporanei che si siano occupati di nazional-socialismo, con particolare attenzione da un lato al rapporto tra regime esocietà tedesca, dall’altro alle concrete modalità di funzionamento della mac-china statuale tedesca nei dodici anni di vita del Terzo Reich. Assieme al col-lega Martin Broszat, per anni direttore dell’importante Istituto di storia con-temporanea a Monaco di Baviera, Mommsen è uno dei principali esponentidella cosiddetta «scuola policratica», che legge cioè il nazismo non secondocategorie totalitarie ma servendosi dei concetti di «caos organizzato» e «ra-dicalizzazione progressiva». Nel testo che segue lo storico si concentra sulle particolari modalità difunzionamento della NSDAP, secondo l’autore riconducibile a una precisa tipologia di partito, quello fa-scista, che avrebbe avuto nel PNF mussoliniano il primo esempio storico.

Secondo Hitler non c’era alcun bisogno di spazidi discussione interni al partito o di strutture delega-te alla costruzione di una volontà politica comuneperché si costituisse una volontà politica unitaria, an-zi darsi un organo di direzione collettivo avrebbe si-gnificato ricadere nel parlamentarismo. Di conse-guenza, venne progressivamente chiuso, ad ogni livel-lo dell’organizzazione, ogni spazio in cui potesse for-marsi un’opinione comune traducibile in una volon-tà politica; al suo posto venne stabilito l’assolutoFührerprinzip. Quest’ultimo, naturalmente – così co-me la nomina dall’alto dei dirigenti dei capi dei grup-pi locali – poté essere imposto solo gradualmente; inlinea di principio, comunque, il partito si strutturòcome una pura organizzazione di propaganda eletto-rale senza avere al proprio interno alcuna possibilità didar vita ad un dibattito politico nonché alla composi-zione di interessi divergenti. Questi, di conseguenza,presero la forma di rivalità personali tra i vari satrapiimpegnati a disputarsi il favore del leader del partito esi trasformarono in conflitti senza fine, che avrebberofinito per svolgersi nella forma di faide private, soloeccezionalmente appianate dall’intervento degli orga-ni disciplinari del partito (Oberster Parteigericht). Que-sto si rispecchiò nella trasformazione dei congressinazionali della NSDAP, che all’inizio si presentavanoancora come assemblee dove si discutevano questionidi contenuto e si prendevano decisioni in proposito, inpuri e semplici riti celebrativi e di propaganda, chenon davano alcun contributo alla formazione della li-nea politica della NSDAP. Ogni sforzo per far nascereun organo rappresentativo accanto all’assemblea ge-nerale del partito, ormai svuotatasi di ogni significato,venne costantemente mandato a monte da Hitler, an-corché egli abbia talvolta dato il proprio consenso –almeno a parole – ad iniziative del genere, come neldicembre 1932 in seguito alla cosiddetta «crisi Stras-ser»1. La sala del senato messa in piedi a questo scopo

con gran pompa nella «Casa bruna» (Braunes Haus –la sede centrale del partito) a Monaco rimase inuti-lizzata. Nonostante le promesse, un senato del partito,che avrebbe dovuto in seguito eleggere il capo supre-mo della NSDAP, non venne mai costituito, ed i lunghisforzi di Alfred Rosenberg e Wilhelm Frick in tale di-rezione restarono senza esito. Ciò che valse per la fasedel movimento, si ripeté nel periodo del regime. Hitler,che rifiutava istintivamente ogni legame con organicollegiali, sviluppò una crescente ostilità nei confron-ti del Consiglio dei ministri del Reich che pure pre-siedeva e lo riunì sempre più raramente, tanto che ilgoverno cessò al più tardi nel 1937 di essere la came-ra di compensazione delle decisioni politiche. Al co-ordinamento delle varie attività di governo si provvi-de tramite incontri dei vari segretari di Stato2 ed at-traverso scambi di informazioni ad hoc in caso di ne-cessità. La stessa cosa avveniva all’interno del partito.Le riunioni dei Reichsstatthalter che iniziarono ad au-toconvocarsi nell’estate del 1933 come contrappesoalle spinte rivoluzionarie che venivano dai ranghi piùbassi del partito vennero soppresse quasi subito; inol-tre, al vertice del partito non esisteva alcun organo di-rigente che avesse una funzione rappresentativa, poi-ché la commissione centrale costituita nel 1932 nonsi riunì mai. Il concetto stesso di una dirigenza nazio-nale della NSDAP era diventato a questo punto un me-ro flatus vocis. Conferenze dei dirigenti distrettuali(Gauleiter), promosse da loro stessi, vennero scorag-giate e alla fine vietate.

(H. Mommsen, La NSDAP: peculiarità di un partito fascista,in «Studi Storici», XXXVIII, 1997, 3, pp. 639-54)

11.. Conflitto apertosi tra Hitler e Gregor Strasser, capodell’organizzazione della NSDAP e principaleesponente della sua ala populista.

22.. Burocrati di carriera, non politici.

IIll nnaazziioonnaallssoocciiaalliissmmoo tteeddeessccoo 5555

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FFüühhrreerrpprriinnzziippee rruuoolloo

ddeell ppaarrttiittoo

22

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– sotto questo aspetto –posizioni largamente diffu-se e ampiamente condivisenegli ambienti della destranazionalista e antirepubbli-cana. Il regime nazista ri-fiutò di accettare il princi-pio della sicurezza colletti-va e decise di abbandona-re la Società delle Nazionie la conferenza per il disar-mo mentre, nel 1935, pro-mosse un’aperta politica dirriiaarrmmoo ripristinando il ser-vizio militare obbligatorio eaffidando a Göring lo svi-luppo della Luftwaffe.

Dal 1936 ebbe inizio lafase di rifiuto delle clauso-le territoriali del Trattato diVersailles, la cui prima tap-pa fu la rriimmiilliittaarriizzzzaazziioonnee

ddeellllaa RReennaanniiaa – attuata dopo che la Società delle Nazioni aveva dimo-strato la propria impotenza non essendo riuscita a opporsi efficacementeall’aggressione contro l’Etiopia perpetrata dall’Italia fascista, e basata sul-la scommessa che la Francia non avrebbe reagito militarmente, previsioneche si dimostrò esatta. Nel 1937, incurante delle opinioni contrarie dei ca-pi delle forze armate e dei diplomatici, Hitler optò per una politica di ccoonnqquuiissttaa,fissando chiaramente i dduuee pprriimmii oobbiieettttiivvii,, ll’’AAuussttrriiaa ee llaa CCeeccoosslloovvaacccchhiiaa.

La pressione tedesca su Vienna si fece praticamente irresistibile, favoritaper di più dal progressivo ritiro della «protezione» italiana. Poco dopo Hitlerfaceva il suo ingresso trionfale a Vienna e il giorno successivo (13 marzo1938) veniva proclamata l’aannnneessssiioonnee ddeellll’’AAuussttrriiaa al Reich. Particolarmen-te rilevanti furono, tra le conseguenze dell’Anschluss, l’intensificarsi dellapersecuzione contro gli ebrei e la «normalizzazione» della vita culturale,che costrinse a emigrare un gran numero di intellettuali, accademici e uo-mini di scienza e di cultura.

IIll nnaazziioonnaallssoocciiaalliissmmoo tteeddeessccoo5566

● I colori della bandiera del Reich hitleriano sono gli stessi dello stendardo del vecchio Kaiserreich bismarckianoe guglielmino. Qual è il significato di questa operazione?

● Perché la seconda legge di Norimberga rappresenta una frattura netta con il concetto di cittadinanzasviluppatosi dalle rivoluzioni americana e francese in poi?

● Qual è l’obiettivo finale delle misure, previste dalla terza legge di Norimberga, che puntano a recidere ognilegame tra ebrei e non ebrei?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Le truppe tedesche entrano in Austriaaccolte festosamente dalla

popolazione nel marzo 1938.

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Proponiamo qui i principali articoli delle cosiddette «leggi di Norimberga»,rese pubbliche in occasione del congresso del Partito nazista svoltosi (comeera usuale) nella città francone, a metà settembre 1935. I tre testi vanno con-siderati come un tutto unico, finalizzato a definire la nazione tedesca come co-munità di sangue e suolo radicata nel proprio passato e quindi a separarlada tutto ciò che venga giudicato estraneo.

Il testo originale delle leggi è reperibile on line al sito:http://www.documentarchiv.de/ns.html, la traduzione qui proposta è nostra.

Legge sulla bandiera del ReichPAR. 1I colori del Reich sono nero, bianco e rosso.PAR. 2Bandiera del Reich e bandiera nazionale è la ban-

diera con la croce uncinata. Essa è parimenti bandie-ra commerciale.

PAR. 3Il Führer e Cancelliere del Reich decide la forma

della bandiera delle forze armate del Reich e di quellain dotazione agli uffici civili del Reich.

Legge sulla cittadinanza del ReichPAR. 11. È membro dello Stato colui che gode della pro-

tezione delle leggi del Reich tedesco, e perciò ha par-ticolari obblighi nei suoi confronti.

2. L’appartenenza allo Stato si ottiene sulla basedelle disposizioni della legge sull’appartenenza al Reiched allo Stato.

PAR. 21. Cittadino del Reich è soltanto il membro dello

Stato che sia di sangue tedesco o affine, e che attraver-so il suo comportamento dia prova di essere dispostoa servire con fedeltà il popolo ed il Reich tedeschi.

2. La cittadinanza del Reich si ottiene tramite ilconferimento dell’attestato di cittadinanza.

3. Solo il cittadino del Reich gode della pienezzadei diritti politici definiti dalle leggi vigenti.

Legge per la difesa del sangue e dell’onore tedeschiSpinto dal riconoscimento che la purezza del sangue

tedesco rappresenta il presupposto per il mantenimen-to futuro del popolo tedesco e pervaso dalla volontà in-flessibile di assicurare il futuro della nazione tedesca, ilParlamento del Reich (Reichstag) ha approvato all’una-nimità la seguente legge, che viene qui resa pubblica:

PAR. 11. Sono proibiti i matrimoni tra ebrei e membri

dello Stato di sangue tedesco o affine. I matrimoniche fossero celebrati nonostante il divieto sono nulli,

anche se essi fossero conclusi all’estero per aggirarequesta legge.

2. La procedura di nullità è di esclusiva compe-tenza della procura.

PAR. 2Sono proibite le relazioni sessuali al di fuori del

matrimonio tra ebrei e membri dello Stato di sangueariano od affine.

PAR. 3Agli ebrei è vietato impiegare come persone di ser-

vizio donne tedesche di età inferiore a 45 anni.PAR. 41. Agli ebrei è vietato esporre la bandiera del Reich

e della nazione ed esibire i colori del Reich.2. È invece loro concesso esibire i colori ebraici.

L’esercizio di tale facoltà è protetto dalle leggi delloStato.

PAR. 5 1. Chi violi il divieto di cui al par. 1, sarà punito

con la reclusione.2. Chi violi il divieto di cui al par. 2, sarà punito

con l’arresto o con la reclusione.3. Chi violi le disposizioni di cui ai parr. 3 o 4, sa-

rà punito con l’arresto fino a un anno e con una penapecuniaria, oppure con una di tali pene.

[…]PAR. 7Questa legge entra in vigore il giorno successivo

alla sua pubblicazione, il par. 3 tuttavia acquisterà va-lidità solo dal 1° gennaio 1936.

Norimberga, 15 settembre 1935, al congresso delpartito dedicato alla libertà.

Il Führer e Cancelliere del Reich Adolf HitlerIl ministro degli Interni del Reich FrickIl ministro della Giustizia del Reich Dr. GürtnerIl sostituto del Führer R. Hess, ministro senza por-

tafoglio

IIll nnaazziioonnaallssoocciiaalliissmmoo tteeddeessccoo 5577

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LLee ttrree lleeggggiiddii NNoorriimmbbeerrggaa

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GGllii aallttrrii ffaasscciissmmii

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Dopo una fase di instabilità politica, nel 1931 la Spagna si era data unaCostituzione repubblicana. La destra, dai monarchici ai fautori di uno Statoautoritario e clericale, agli ammiratori del fascismo – tra cui JJoosséé AAnnttoonniiooPPrriimmoo ddee RRiivveerraa (1906-36) , giovane intellettuale figlio del generale Miguel,che aveva retto il paese dal 1923 al 1930 dopo avere guidato un golpe mi-litare – era forte; le si contrapponeva un’agguerrita sinistra, suddivisa in va-rie formazioni. Unitasi nel Fronte popolare, una coalizione antifascista vin-se le elezioni del febbraio 1936. Poche settimane dopo (26 aprile e 3 mag-gio 1936) un’analoga alleanza avrebbe trionfato in Francia. Il 16 luglio 1936una parte delle forze armate insorse contro il governo repubblicano di Ma-drid. A guidare i ribelli erano quattro generali, tra cui FFrraanncciissccoo FFrraannccooBBaahhaammoonnddee (1892-1975), che avrebbe retto il paese fino alla sua morte.

Apparentemente si trattava di un colpo di Stato militare (pronuncia-miento), evento non infrequente nella storia contemporanea della Spa-

gna, ma dietro a Franco e ai suoi si schierarono tutta la destra ela Chiesa cattolica. Né gli insorti riuscirono a prendere imme-diatamente il potere, né i repubblicani (un fronte ampio e com-posito, dalle forze democratico-liberali agli anarchici) ebbero laforza di schiacciarli: il confronto si trasformò in una gguueerrrraa cciivvii--llee pprroolluunnggaattaa. Per il suo carattere di guerra civile il conflitto spa-gnolo ebbe sviluppi di inaudita asprezza, che traevano origineanche dai profondi conflitti sociali (in primo luogo il problemadella terra) culturali e religiosi ereditati dalla Spagna ottocentesca.

Particolarmente violento fu lo scontro con la CChhiieessaa ccaattttoo--lliiccaa, schieratasi a fianco dei nazionalisti, che interpretò la guer-ra come vera e propria «crociata» contro gli infedeli, non ac-cettando il processo di secolarizzazione in atto né di rimetterein discussione il proprio ruolo egemonico soprattutto nel cam-po dell’educazione. Né meno forte fu la rivendicazione di au-

tonomia da parte delle regioni che si erano considerate oppresse dal cen-tralismo castigliano (in particolare Catalogna e Paesi baschi). Infine, al-l’interno dello scontro tra repubblicani e nazionalisti (questi ultimi sem-pre più omologati verso un regime autoritario, filofascista con la super-visione ideologica del nazionalcattolicesimo), si alimentò anche la ccoonn--ttrraappppoossiizziioonnee ddii sscchhiieerraammeennttii nneellllee sstteessssee ffiillee rreeppuubbbblliiccaannee. Qui non solo ladialettica guerra-rivoluzione, non solo i conflitti interni allo stesso schie-ramento del Fronte popolare, ma anche lo scontro diretto tra comunisti,anarchici e componenti marxiste autonome contribuirono ad acuire ten-sioni che sfociarono in atti di vera e propria guerra intestina, indebolendoulteriormente la compattezza del fronte repubblicano.

30

GGllii aallttrrii ffaasscciissmmii7722

● Che cos’è lo Stato nelle riflessioni di Primo de Rivera?

● Qual è il giusto rapporto tra autorità e libertà secondo il giovane intellettuale fascista?

● Osserva la carta: come si presentava il rapporto di forze tra repubblicani e nazionalisti al momento del golpemilitare?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

30��

SSPPAAGGNNAA

GGuueerrrraa cciivviilleeee ffrraanncchhiissmmoo

I leader della prima formazionespagnola di ispirazione fascista(la Falange) José Antonio Primo

de Rivera (a sinistra), Julio Ruiz de Alda(al centro) e Ramiro Ledesma Ramos

alla testa di un corteo nel 1934.

OCEATLA

TaP

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Lisbona

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Riproduciamo alcuni brani dell’articolo Orientamenti per uno Stato nuo-vo, pubblicato da JJoosséé AAnnttoonniioo PPrriimmoo ddee RRiivveerraa, fondatore del movimento diispirazione fascista della Falange, sul primo numero della rivista «El Fascio» del16 marzo 1933. Nel testo il giovane intellettuale fascista, che sarebbe poi ca-duto vittima della guerra civile, criticava lo Stato liberale e proponeva uno«Stato nuovo» dalle caratteristiche organicistiche. Su questo terreno Primode Rivera avrebbe trovato convergenze con le correnti nazional-sindacaliste,che – sotto la guida di Ramiro Ledesma Ramos e in unione con il gruppo di cat-tolici tradizionalisti capeggiati da Onésimo Redondo – avevano dato vita al-le JONS (Giunte di offensiva nazional-sindacalista), tanto che nel 1934 le due organizzazioni si sarebbe-ro fuse. Dopo ulteriori inglobamenti di forze della destra antirepubblicana, la Falange sarebbe diventa-ta l’organizzazione di massa del regime franchista. Il testo dell’articolo in spagnolo è reperibile on line alsito: http://www.rumbos.net/ocja/jaoc0005.html; la traduzione è nostra.

Riproduciamo anche una carta che mostra la divisione della Spagna al momento della rivolta militarecontro il governo legittimo (luglio 1936).

Lo Stato liberale non crede a nulla, neanche a sestesso. Lo Stato liberale permette che tutto sia posto indubbio, compresa la bontà della sua esistenza. […]C’è solo un limite, la Legge. Questo sì. È lecito pro-porsi la distruzione di tutto ciò che esiste a patto disalvaguardare le forme legali. Ma allora, che cos’è lalegge? Non certo un concetto che fa riferimento a prin-cipi stabili; la Legge è l’espressione della volontà so-vrana del popolo, cioè della maggioranza elettorale.[…] Tutto ciò si esprime in una sola frase: «Il popoloè sovrano» […]. Lo Stato liberale – lo Stato senza fe-de – ha scritto sul frontespizio del proprio tempio trebelle parole: Libertà, Eguaglianza, Fratellanza. Peròsotto il suo dominio non fiorisce nessuna delle tre.

La libertà non può vivere senza far riferimento a unprincipio forte, permanente. Quando i principi cam-biano con il mutare delle opinioni, c’è solo la libertà diandar d’accordo con la maggioranza; le minoranzesono destinate a soffrire e a penare. Almeno presso i ti-ranni medievali le vittime potevano consolarsi con-siderandosi oppresse. […]

Tanto conculcata è la libertà sotto il dominio del-la maggioranza quanto l’eguaglianza. Tanto per inco-minciare non c’è uguaglianza tra il partito dominan-te, che legifera a proprio piacere, e il resto dei cittadi-ni, che ne sopportano le conseguenze. Inoltre, lo Sta-to liberale produce una diseguaglianza più profonda,quella economica. […]

Da ultimo, la fraternità va in pezzi […]. Il suolopatrio si converte in un mero campo di lotta, in cuisi scontrano due o più bande che si contendono il po-tere. […]

Al contrario, tutte le aspirazioni del nuovo Stato sipossono riassumere in una sola parola: Unità. La Pa-tria è una totalità storica, in cui tutti noi ci fondiamo,superiore a tutte le nostre divisioni. In omaggio a que-sta unità devono piegarsi classi e individui, e la co-struzione dello Stato dovrà appoggiarsi ai seguentidue principi:

1. per quanto riguarda il proprio fine, lo Stato do-vrà essere strumento posto al servizio di quella Unità,nel cui seno esso si crea. Nulla che si opponga a una si-mile Unità trascendente e sublime dovrà essere valu-tato come buono, siano molti o pochi a proclamarlo;

2. per quanto riguarda la propria forma, lo Statonon può fondarsi se non sopra un regime di solidarietànazionale, di cooperazione volonterosa e fraterna. Lalotta di classe, lo scontro continuo dei partiti sono in-compatibili con uno Stato del genere.

GGllii aallttrrii ffaasscciissmmii 7733

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LLaa FFaallaannggeeee lloo ««SSttaattoo

nnuuoovvoo»»

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MAR MEDITERRANEO

OCEANOATLANTICO

Duero

Ebro

Tago

F R A N C I A

Ca

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PO

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OG

AL

LO ANDORRA

Zone controllate dai nazionalisti

Zone controllate dai repubblicani

Ammutinamenti di guarnigioni militaricontro il governo legittimo

✦Oviedo

El Ferrol

✦Galizia

Valladolid

✦Salamanca

Gijon

Getafe

✦✦ Avila

Talavera

Madrid

Toledo

✦Cordova

Merida

✦Siviglia

Ronda✦ Granada

MalagaCadice✦

Gibilterra(Gran Bretagna)

Huelva

Badajoz

Lisbona

Alicante

Cartagena

Valencia

✦Teruel

Bilbao

Durango

Guernica

Tolosa

Barcellona

✦Saragozza

Paesibaschi

San Sebastián

Maroccospagnolo

Guadalquivir

Porto

Catalogna

Baleari

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LL’’IIttaalliiaa iinntteerrvveennnnee a fianco deifranchisti (come venivano chia-mati i ribelli), inviando armi in granquantità e soldati (oltre 40 000);llaa GGeerrmmaanniiaa mmiissee aa ddiissppoossiizziioonneeaaeerreeii ee ppiilloottii, nonché armamen-ti di ogni genere. Tra gli amici del-la Repubblica, solo l’Unione So-vietica spedì rifornimenti, pur conle difficoltà dovute alla distanzageografica; Francia e Gran Bre-tagna si attennero alla politicadi non intervento concordatanell’agosto 1936, a cui avevanoaderito formalmente anche Ger-mania e Italia, senza però rispet-tarla (sottomarini italiani attac-carono più volte nel Mediterra-neo mercantili diretti in Spagna).A fianco della Repubblica si mo-bilitò un’estesa ooppiinniioonnee ppuubbbbllii--ccaa iinntteerrnnaazziioonnaallee; in molti paesi sicostituirono ffoorrmmaazziioonnii vvoolloonn--ttaarriiee per combattere con il Fron-

te popolare; aderirono migliaia di persone, tra cui intellettuali e artisti dispicco. Tra i primi a recarsi in Spagna in appoggio ai repubblicani ci furonogli antifascisti italiani e gli antinazisti tedeschi in esilio.

Nella bbaattttaagglliiaa ddii GGuuaaddaallaajjaarraa (marzo 1937) per la prima volta si fron-teggiarono, armi in pugno, italiani fascisti (inquadrati nei reparti della mili-zia mandati in Spagna da Mussolini) e italiani antifascisti dei battaglioni in-ternazionali volontari. Al di là del significato militare della battaglia, essaebbe un grande valore simbolico. Sul fronte che spaccava la Spagna sicontrapponevano i due schieramenti che attraversavano l’Europa e il mon-do: da una parte i fascisti, dall’altra gli antifascisti. A spingere Roma e Ber-lino all’intervento in favore di Franco furono valutazioni politiche, conside-razioni pratiche, istanze ideologiche, tra cui l’antibolscevismo, la volontàdi impedire un rafforzamento dell’influenza franco-britannica nel Mediter-raneo, il desiderio di assicurarsi il controllo delle materie prime di cui la Spa-gna disponeva. La guerra si concluse soltanto nel marzo 1939, con la vviittttoorriiaaddeeii ffrraanncchhiissttii .31

GGllii aallttrrii ffaasscciissmmii7744

● Quali sono i fattori che fecero progressivamente pendere la bilancia dalla parte degli insorti spagnoli?

● Quale ruolo giocò il Portogallo salazarista nel corso della guerra?

● Quando la partita fu definitivamente perduta per le forze del governo legittimo?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

31��

Agosto 1936: soldati repubblicani siarrendono ai franchisti sul colle di

Somosierra, vicino a Madrid.

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Bloccoing

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Le quattro carte riprodotte illustrano l’evoluzione della guerra civile. Nelleprime due carte (in alto), databili rispettivamente al novembre 1936 e all’ago-sto 1937, sono messi in evidenza le linee di rifornimento dei due schieramenti,i bombardamenti effettuati dalle contrapposte aviazioni, le principali batta-glie e i blocchi navali attuati nel Mediterraneo da Italia e Germania, e nell’Atlanticoda Francia e Gran Bretagna, la quale bloccava anche lo spazio marittimo anti-stante Gibilterra. Il blocco non impedì tuttavia alle potenze fasciste di rifornirei franchisti, grazie alla benevole disponibilità del Portogallo salazarista chediventò per loro una sicura retrovia. I repubblicani potevano invece disporresolo di rifornimenti a scadenze irregolari dai Pirenei orientali. Nella terza carta (in basso a sinistra), si ve-de come nel gennaio 1938 i franchisti riuscirono a spezzare in due il territorio ancora controllato dalFronte popolare. L’ultima carta (in basso a destra) fotografa la situazione nel gennaio 1939: quando an-che il settore repubblicano nel Nord-Est venne occupato dai golpisti, costringendo le unità lealiste a ri-parare in Francia, i repubblicani che ancora resistevano nel Sud-Ovest si trovarono totalmente isolati.

GGllii aallttrrii ffaasscciissmmii 7755

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LLaa gguueerrrraa cciivviilleessppaaggnnoollaa

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Duero

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Galizia

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Paesibaschi

Catalogna

ANDORRA

MalagaGranada

Cartagena

Alicante

Valencia

Teruel

Barcellona

Baleari

Saragozza

Guernica

BilbaoOviedo

Valladolid

Avila

Salamanca

Madrid

ToledoMerida

Cordova

Badajoz

SivigliaHuelva

Cadice

Lisbona

Porto

Aiuti tedeschiai nazionalisti

Aiuti italianiai nazionalisti

Ponte aereo franceseper i repubblicani

Aiuti sovieticiai repubblicani

Guadalquivir

FRANCIA

Zone controllate dai nazionalisti

Zone controllate dai repubblicani

Bombardamenti effettuatidai nazionalistiBombardamenti effettuatidai repubblicaniMovimenti di truppee offensive dei nazionalistiMovimenti di truppee offensive dei repubblicani

Duero

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Paesibaschi

Catalogna

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Malaga GranadaCartagena

Alicante

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Barcellona

Baleari

Saragozza

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Valladolid

Avila

Salamanca

Madrid

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Cordova

Badajoz

Siviglia

Huelva

Cadice

Lisbona

Porto

Aiuti tedeschiai nazionalisti

Aiuti italianiai nazionalisti

F R A N C I A

Blocco navaleinglese

Blocco navalefrancese

Blocco navaleitaliano

Blocco navaletedesco

Blocco navaleinglese

Aiuti (discontinui)ai repubblicani

Zone controllate dai nazionalisti

Zone controllate dai repubblicani

Bombardamenti effettuatidai nazionalistiBombardamenti effettuatidai repubblicaniMovimenti di truppee offensive dei nazionalistiMovimenti di truppee offensive dei repubblicani

Duero

Ebro

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Guadalquivir

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Paesibaschi

Catalogna

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Malaga GranadaCartagena

Alicante

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Barcellona

Baleari

Saragozza

GuernicaBilbao

Oviedo

Valladolid

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Salamanca

Madrid

ToledoMerida

Cordova

Badajoz

Siviglia

Huelva

Cadice

Lisbona

Porto

Aiuti tedeschiai nazionalisti

Aiuti italianiai nazionalisti

F R A N C I A

Blocco navaleinglese

Blocco navalefrancese

Blocco navaleitaliano

Blocco navaletedesco

Blocco navaleinglese

Zone controllate dai nazionalisti

Zone controllate dai repubblicani

Bombardamenti effettuatidai nazionalistiBombardamenti effettuatidai repubblicaniMovimenti di truppee offensive dei nazionalistiMovimenti di truppee offensive dei repubblicani

Duero

Ebro

Tago

Guadalquivir

PO

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Galizia

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Paesibaschi

Catalogna

ANDORRA

Malaga GranadaCartagena

Alicante

Valencia

Teruel

Barcellona

Baleari

Saragozza

GuernicaBilbao

Oviedo

Valladolid

Avila

Salamanca

Madrid

ToledoMerida

Cordova

Badajoz

Siviglia

Huelva

Cadice

Lisbona

Porto

Aiuti tedeschiai nazionalisti

Aiuti italianiai nazionalisti

F R A N C I A

Blocco navaleinglese

Blocco navalefrancese

Blocco navaleitaliano

Blocco navaletedesco

Blocco navaleinglese

Rifugiatirepubblicani

Zone controllate dai nazionalisti

Zone controllate dai repubblicani

Bombardamenti effettuatidai nazionalistiBombardamenti effettuatidai repubblicaniMovimenti di truppee offensive dei nazionalistiMovimenti di truppee offensive dei repubblicani

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All’indomani della sua vittoria sui repubblicani, risultò chiaro il compito as-segnato da Franco alla Falange; egli ne aveva adottato inizialmente il pro-gramma, dopodiché nel 1937 – approfittando anche del fatto che praticamentetutti i leader falangisti erano scomparsi nella guerra civile – se ne proclamòcapo supremo e ne decise la fusione con l’organizzazione tradizionalista deicarlisti. Nacque così la FFaallaannggee eessppaaññoollaa ttrraaddiicciioonnaalliissttaa yy ddee llaass JJOONNSS, quan-to di più simile a un partito fascista sia mai esistito in terra spagnola. Al di làdi una retorica populista, si trattava di far rivivere la Spagna tradizionale, perpoi congelare la società iberica nella sua forma restaurata. Era un pprrooggrraamm--mmaa ppaassssaattiissttaa che implicava un malthusianesimo economico e politico che,durante i primi quindici anni del regime, favorì i grandi proprietari, gli agri-coltori medi e la piccola borghesia a spese del mondo degli affari (che tuttaviafu al fianco del regime perché questo manteneva l’ordine e metteva a tace-re le rivendicazioni operaie) e del proletariato urbano; la Falange tuttavianon si ridusse a un semplice partito di governo a vocazione elettorale. For-temente strutturata e gerarchizzata, direttamente legata al detentore delpotere, essa rimase, conformemente ai suoi statuti, «un movimento mili-tante, ispiratore e fondamento dello Stato spagnolo».

Un altro elemento caratterizzante era la presenza, alla testa dello Sta-to, di una gguuiiddaa ccaarriissmmaattiiccaa ddeetteennttrriiccee ddii ttuuttttii ii ppootteerrii e ooggggeettttoo ddii uunn vveerrooee pprroopprriioo ccuullttoo, responsabile del popolo spagnolo del quale incarnava l’unitàe su cui regnava da sovrano assoluto. Nel 1938 Franco assunse il titolo di ca-pitano generale e caudillo (duce) de España y de la Crusada («crociata», co-me venne definito il putsch militare antirepubblicano. Tale definizione pas-sò inalterata nei documenti ufficiali del regime, fino alla sua dissoluzione).

Apertamente simpatizzante per le potenze dell’Asse, la Spagna di Fran-co era però uscita esausta dalla guerra civile, e scelse pertanto una posizionedi nneeuuttrraalliittàà nneellllaa sseeccoonnddaa gguueerrrraa mmoonnddiiaallee, ancorché non fosse in alcun mo-do escluso l’intervento a fianco degli Stati fascisti, almeno finché le sortidel conflitto parvero volgere a loro favore. Dopo l’attacco tedesco all’UnioneSovietica nel giugno 1941, infatti, con il pieno consenso delle autorità el’appoggio della Falange, venne costituita una formazione di volontari spa-gnoli, la cosiddetta «Legione azzurra», che andò a combattere al fronteorientale sotto la bandiera della «crociata antibolscevica».

Nel 1942 il dittatore spagnolo pubblicò, sotto lo pseudonimo di Jaimede Andrade, un volume, dal titolo Raza, in cui esaltò i valori tradizionali del-l’hispanidad, razzismo compreso , e sottolineò il ruolo della casta milita-re. Con l’affermarsi della supremazia dell’alleanza antifascista, le sorti diFranco e del franchismo parvero traballare, ma l’avvitarsi della guerra fred-da offrì loro un’insperata opportunità di ssoopprraavvvviivveennzzaa ee ccoonnssoolliiddaammeennttoo.La dittatura franchista sarebbe durata fino al 1975.

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IInniizziiaa llaa lluunnggaannoottttee ffrraanncchhiissttaa

GGllii aallttrrii ffaasscciissmmii7766

● Quali sono le radici dell’antisemitismo franchista?

● Come si comportò concretamente il regime di Franco nei confronti degli ebrei perseguitati?

● Perché la Spagna non entrò in guerra a fianco di Italia e Germania?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Il generale Franco nel suo studio.Sulla scrivania risalta una fotografia

di Adolf Hitler.

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Una leggenda assai diffusa tende ad accreditare il regime franchista co-me sostanzialmente alieno dall’antisemitismo, anzi si sostiene che sia stata pro-prio l’azione della diplomazia spagnola a salvare dai campi di sterminio migliaiadi ebrei d’Europa. La realtà è ben diversa: come ci ricorda nel suo articolo(qui riportato con lievi modifiche) scritto proprio nel corso di un dibattito su taliquestioni AAllffoonnssoo BBoottttii, docente presso l’università di Urbino e autore di nu-merose opere sulla Spagna contemporanea e sul regime franchista, esistevaun forte antisemitismo e nel franchismo e nello stesso Franco, tanto che sol-tanto nell’avanzato 1943, quando le sorti dell’Asse stavano volgendo deci-samente al peggio, la Spagna del caudillo iniziò ad aprire i propri confini a ebrei in cerca di scampo,contraddicendo platealmente affermazioni assai pesanti che lo stesso dittatore aveva pubblicamente fat-to in precedenza.

Il 31 dicembre 1939, in un discorso alla radio, Fran-co giustificava le discriminazioni razziali introdottein vari Paesi europei adducendo a pretesto la pertur-bazione che arrecava alle loro società il predominiodi «quelle razze contraddistinte dalla cupidigia e dal-l’interesse». E in riferimento alla storia spagnola, pro-seguiva: «Noi, che grazie a Dio e alla chiara visionedei Re cattolici ci liberammo secoli fa di un così pesantefardello, non possiamo rimanere indifferenti di fron-te a questo nuovo fiorire di spiriti cupidi ed egoisti,tanto attaccati ai beni terreni che preferiscono ante-porre il sacrificio dei propri figli a quello dei loro tor-bidi interessi».

Qualche mese dopo, in un solenne discorso pro-nunciato il 17 luglio 1940 nel quarto anniversario del-la sollevazione militare, rivendicava l’espulsione de-gli ebrei del 1492 come «un atto razzista simile a quel-li dei nostri giorni».

Nel discorso di Medina del Campo del 29 maggio1942, poi, affermava che la politica di Isabella la cat-tolica che ispirava il Nuovo Stato franchista era stata«una politica totalitaria razzista» proprio perché cat-tolica.

Franco fu dunque un antisemita. I passi citati lodimostrano senza possibilità di dubbio. Lo fu anche ne-gli anni successivi, come rivelano gli articoli che pub-blicò dal 1946 al 1952 su «Arriba», coperto dallo pseu-donimo di Jakin Boor. E ancor più antisemiti furonoalcuni dei personaggi che ebbe attorno: da SerranoSúñer all’ammiraglio Carrero Blanco.

Ma che atteggiamento assunse nei riguardi dellepersecuzioni antiebraiche durante la Seconda guerramondiale? Si tratta di un tema complesso (anche per-ché la documentazione più compromettente è statafatta sparire dalle autorità franchiste), che è stato datempo studiato da storici spagnoli e di altri paesi conrisultati convergenti. Riassumendoli si può afferma-re che Franco e il suo regime: 1. si mostrarono ini-

zialmente assai poco preoccupati delle persecuzioniantiebraiche; 2. concessero con il contagocce finoall’estate del ’42 i permessi di transito sul territoriospagnolo agli ebrei che ne facevano richiesta; 3. ini-ziarono a mutare atteggiamento e vararono una poli-tica meno restrittiva solo quando le sorti della guerravolsero al peggio per le forze dell’Asse; 4. non impar-tirono precise direttive al proprio personale diploma-tico, che quando si adoperò per proteggere gli ebreinei Paesi occupati dai nazisti lo fece quasi sempre periniziativa personale; 5. salvarono alcune migliaia diebrei da morte sicura dal 1943 in avanti, ma il caratteretardivo di tale politica umanitaria impedì la messa insalvo di molti ebrei prima.

Tanto per citare un documento tra i molti che sipotrebbero esibire, basti ricordare che ancora il 18gennaio del 1943 la Direzione generale per la politicaestera del regime segnalava ai rappresentanti diplo-matici spagnoli delle sedi europee la convenienza dinon accreditare come spagnoli a tutti gli effetti i se-farditi1 spagnoli, mentre i loro beni, sui quali incom-beva la minaccia di confisca, erano da considerarsi ap-partenenti alla «ricchezza nazionale spagnola» e per-tanto da tutelare.

La riscrittura della storia è stata preoccupazionecostante del franchismo. In vari momenti del dopo-guerra, Franco mise in atto un imponente sforzo peraccreditare le differenze e la distanza della dittaturaspagnola dal fascismo e dal nazismo facendo leva an-che sulla diversa condotta assunta nei riguardi degliebrei. Come se tale atteggiamento fosse stato uguale einvariato nel tempo, dal 1939 al 1945.

(A. Botti, Ma Franco perseguitò gli ebrei, in «L’Avvenire»,31 gennaio 2002)

11.. sseeffaarrddiittii, gli ebrei appartenenti ai gruppi delladiaspora che si stanziarono nella penisola iberica.

GGllii aallttrrii ffaasscciissmmii 7777

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FFrraanncchhiissmmoo eeaannttiisseemmiittiissmmoo

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GGuueerrrraa eeccoollllaabboorraazziioonniissmmii

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È necessario innanzitutto distinguere tra quei paesi in cui l’ascesa al po-tere di partiti o movimenti fascisti, o comunque la trasformazione dello Sta-to secondo moduli tipici del fascismo, è avvenuta per spinte interne, e quelliinvece in cui sono state la sconfitta militare e l’occupazione da parte delleforze dell’Asse a innescare una ffaasscciissttiizzzzaazziioonnee iinneevviittaabbiillmmeennttee ssuubbaalltteerrnnaaaallllaa ppootteennzzaa ooccccuuppaannttee. Solo in questo secondo caso si parla corretta-mente di «collaborazionismi», poiché le forze al potere, al di là della loropiù o meno grande consistenza, poterono mantenersi in sella solo grazie al-le armi dei regimi fascisti diventati, da nemici, protettori.

La gestione dei vasti territori occupatidalle potenze dell’Asse durante la se-conda guerra mondiale fu generalmen-te accompagnata dalla presenza di ffoorr--mmee ddiivveerrssee ddii ccoollllaabboorraazziioonnee da parte diautorità amministrative o di movimentipolitici filofascisti e filonazisti all’internodei singoli contesti nazionali e sociali.Una prima considerazione scaturiscedalle modalità stesse dell’occupazioneda parte delle potenze dell’Asse, che de-terminò anche la natura delle forme dicollaborazionismo. Dal punto di vistadegli occupanti, la cooperazione di mem-bri autoctoni dell’amministrazione e dellapolitica rappresentava una risorsa pra-

tica – prima ancora che politica e propagandistica – essenziale per eeccoo--nnoommiizzzzaarree llee ffoorrzzee e al tempo stesso per rreennddeerree ppiiùù aacccceettttaabbiillee llaa lleeggggee ddeellvviinncciittoorree alle popolazioni occupate. In questo senso, è vero che il collabo-razionismo fu strumento e longa manus dell’occupante.

Se la prima radice del collaborazionismo stava nell’esigenza delle potenzeoccupanti di disporre di ausili e di intermediari nei contesti locali in cuioperavano, la seconda consisteva nella disponibilità di elementi della vita po-litica e sociale a lavorare per gli occupanti . Le forze d’occupazione,soprattutto quelle tedesche, ma anche quelle italiane (in Iugoslavia e inGrecia), usarono i collaborazionisti con una certa libertà. Dove fu possibi-le si servirono delle ssttrruuttttuurree aammmmiinniissttrraattiivvee pprreeeessiisstteennttii, la cui continuità as-sicurava un passaggio indolore, per così dire neutro, alla nuova situazione.Tuttavia, trascurarono gli elementi dalla fisionomia politica troppo decisa, pernon essere condizionati da eventuali rivendicazioni autonomistiche da par-te di questi ultimi.

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GGuueerrrraa ee ccoollllaabboorraazziioonniissmmii8822

● Perché l’occupazione da parte della forze dell’Asse funzionò in molti casi come un catalizzatore di una crisipreesistente?

● Come si possono correttamente definire i collaborazionisti?

● Quale ruolo giocò il nazionalismo radicale nelle derive collaborazioniste?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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IILL FFEENNOOMMEENNOO DDEELLCCOOLLLLAABBOORRAAZZIIOONNIISSMMOO

FFaasscciissmmiiaauuttooccttoonniiee ffaasscciissmmii iinnddoottttii

Manifesti di propaganda tedeschiin lingua fiamminga e in norvegese,

affissi nei due paesi occupati,esortano ad arruolarsi nelle SS.

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Riproduciamo qui due brani di EEnnzzoo CCoolllloottttii, il primo dal già citato volumeFascismo, fascismi, il secondo da un’opera collettanea che raccoglie gli atti diun convegno sulle fonti per la storia del collaborazionismo tenutosi a Brescianel 1991. Entrambi mettono a fuoco come il fenomeno del collaborazionismovada considerato il risultato di una profonda e preesistente crisi della co-scienza europea, che precipita per effetto dell’occupazione militare da partedelle forze dell’Asse. Esso assume forme anche assai diverse a seconda dei luo-ghi e dei paesi in cui si manifesta, ma tuttavia, secondo lo storico, è possibi-le individuare al suo interno una serie di elementi comuni, tra cui spiccanol’autoritarismo, il culto del capo, il nazionalismo esasperato, il rifiuto radicale della democrazia, il razzi-smo e l’antisemitismo.

L’esportazione del sistema fascista e nazista fuoridagli stati del fascismo classico non rappresentò unfenomeno di mera imposizione dall’esterno. Ciò checertamente caratterizza gli stati e i regimi che si sonocollocati all’interno del Nuovo Ordine Europeo è laloro natura spuria, nel senso che in nessuno di questipaesi esisteva un potenziale propriamente fascista ca-pace di assumere autonomamente il potere, ma questopotenziale fascista esisteva. L’occupazione esterna hacertamente esercitato una funzione mimetica, ma nonha inventato nulla dal nulla; ha forzato la sistematiz-zazione in chiave fascista di una serie di tendenze epotenzialità non necessariamente né fatalmente de-stinate ad esplodere nel fascismo aperto, ma che dal fa-scismo erano già state largamente fecondate. La sferad’influenza del fascismo fa parte a buon diritto dellastoria del fascismo e amputare il fascismo di questaproiezione esterna, ancorché spuria, significa dimezzareil fascismo e impedirsi di cogliere una delle sue speci-ficità peculiari, che è stata per l’appunto la sua intrin-seca e organica aggressività e il suo espansionismo. Seci precludessimo questo punto di vista rischieremmodi non capire neppure perché si è arrivati alla secondaguerra mondiale. Nessuno dei paesi satellizzati dallepotenze dell’Asse era stato immune da fermenti fasci-sti. Il diffuso movimento dei collaboratori con gli oc-cupanti, il collaborazionismo, non si può intendere senon pensando al retroterra di simpatie per il fascismoche ha rappresentato il terreno politico-culturale sucui si è prodotto il reclutamento dei collaborazioni-sti. Svalutare il collaborazionismo come mera massa dimanovra strumentale al soldo degli occupanti sareb-be un grosso errore di valutazione storica: esso rientracomunque in un terreno di cultura del fascismo.

(Collotti, Fascismo, fascismi cit., pp. 124-26)

Attraverso il collaborazionismo si ha la riprova,più che la rivelazione, di quanto profonda fosse la cri-si con la quale l’Europa fu gettata nella seconda guer-ra mondiale […].

Ciò implica che si tenga conto della diversità del-le problematiche che le diverse aree politico-cultura-li dell’Europa comportano. Nel caso della Francia èparticolarmente evidente l’eredità della crisi della de-mocrazia della Terza Repubblica e della tentazione diun modello fascista. […] Anche Quisling, con la sua ri-forma costituzionale e istituzionale vuole affermareun sistema antidemocratico e allinearsi a un modellodi tipo autoritario, oggi diremmo antipluralistico, cheunificava principio del capo e aristocrazia della raz-za. Nell’uno come nell’altro caso l’occupazione tede-sca era considerata come l’opportunità che si offrivaper operare una radicale trasformazione del sistemapolitico […].

Una considerazione non estranea neppure alla si-tuazione così diversa del rigurgito dei nazionalisminell’area dell’Europa orientale e sudorientale, in cui[…] il «nazionalismo estremo» trovò nella domina-zione nazista, devastatrice dell’assetto preesistente,l’alleato determinante, così nella fase della rottura de-gli equilibrii esistenti come in una prospettiva di piùlunga durata. […] Il nazionalismo e il razzismo, con se-gno specificatamente antisemita, oltre all’avversioneper la democrazia in tutte le sue forme, appartengonoad un bagaglio ideologico che fu comune a tutte leforze che si riconobbero nel collaborazionismo.

(E. Collotti, Il collaborazionismo con le potenze dell’Assenell’Europa occupata: temi e problemi della storiografia,in L. Cajani - B. Mantelli [a cura di], Una certa Europa.Il collaborazionismo 1939-1945, «Annale» n° 6della Fondazione-Archivio «Luigi Micheletti», Brescia,1992, pp. 32-33)

GGuueerrrraa ee ccoollllaabboorraazziioonniissmmii 8833

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LL’’ooccccuuppaazziioonneeccoommee

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Per comprendere e valutare la natura e le modalità con cui si manife-starono nei diversi Stati occupati dalle forze dell’Asse atteggiamenti, com-portamenti e attività politiche collaborazioniste, occorre tenere preventi-vamente conto che lo spazio d’azione del collaborazionismo era rigida-mente predeterminato dalla forma di occupazione di volta in volta scelta dal-la potenza fascista occupante. Bisognerà perciò soffermarsi sulle variessttrraatteeggiiee dd’’ooccccuuppaazziioonnee, posto che la collaborazione poté svilupparsi sololà dove l’occupante fascista e nazionalsocialista le concesse uno spaziopiù o meno grande; ciò dipese essenzialmente dalle scelte politiche di fon-do operate centralmente dalle massime autorità politiche e militari dellapotenza occupante.

Nel caso, più rilevante, del Terzo Reich, tali sceltefurono in stretto rapporto con i progetti e le ipotesi dirriioorrggaanniizzzzaazziioonnee ddeellll’’EEuurrooppaa che la dirigenza nazio-nalsocialista elaborò prima e nel corso della guerra,progetti e ipotesi in cui si intrecciarono strettamen-te le due logiche che guidarono il suo agire: la primamirava al pprreeddoommiinniioo eeccoonnoommiiccoo, la seconda alla ggee--rraarrcchhiizzzzaazziioonnee rraazzzziissttaa .

L’Europa postbellica vagheggiata a Berlino – chea un certo punto verrà designata con il nome di «Nuo-vo ordine europeo» (cfr. p. 116 e sgg.) – avrebbe do-vuto costituire infatti uno spazio geografico in cui daun lato sarebbe stata garantita la supremazia eco-nomica tedesca attraverso il ccoonnttrroolllloo ddii ttuuttttee llee rriissoorrssee

(tanto quelle industriali quanto quelle, di cruciale importanza, agricole) ela ffuunnzziioonnaalliizzzzaazziioonnee ddii ttuuttttii qquuaannttii ggllii aappppaarraattii pprroodduuttttiivvii pprreeeessiisstteennttii aaiipprrooggeettttii iimmppeerriiaallii ddeell rreeggiimmee e dei grandi Konzerne con esso strettamenteintrecciati; e dall’altro distribuzione e caratteristiche della popolazione re-sidente nei diversi angoli del continente avrebbero subìto colossali mutamentifinalizzati all’iinnssttaauurraazziioonnee ddii uunn oorrddiinnee ggeerraarrcchhiiccoo rraazzzziissttiiccaammeennttee ffoonnddaa--ttoo: in alto i popoli di ceppo germanico, in fondo alla scala gli slavi, sui gra-dini intermedi tutti gli altri. Non ci sarebbe stato ovviamente spazio, in que-sto schema, per ebrei e zingari, destinati in quanto tali all’eliminazione.

Per quanto riguarda l’Italia fascista, le fonti mostrano l’identità di ve-dute tra Mussolini e i suoi luogotenenti sulle modalità della conquista imperialefascista, sulle politiche d’occupazione, sulle repressioni . «L’aristocra-zia della nuova civiltà», investita di una responsabilità morale, detentricedi un messaggio di «salvezza», avrebbe combattuto «il drago» plutocrati-co, democratico, comunista e giudaico e nello scontro decisivo tra razzeavrebbe conquistato lo spazio vitale.

B35

A35

IInnvvaassoorriiee ccoollllaabboorraattoorrii

GGuueerrrraa ee ccoollllaabboorraazziioonniissmmii8844

● Definisci gli obiettivi della Germania nazista rispetto all’Europa centro-orientale.

● In quale rapporto si situano il genocidio antiebraico e i piani di riassetto anche demografico dell’Europa da partedelle potenze dell’Asse?

● In quale modo la cultura e l’ideologia del fascismo mussoliniano influenzarono i piani di conquista del regimenell’area balcanica e mediterranea?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Soldati tedeschi a cavallo sfilanonei pressi dell’Arco di trionfo a Parigi,

dopo la caduta della Francia nel 1940.

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Nel primo brano qui proposto, tratto da una voce enciclopedica, EEnnzzoo CCoolllloottttiianalizza i progetti della Germania nazista per una globale ristrutturazione, eco-nomica, sociale, demografica dei territori orientali occupati. Il secondo brano ètratto da un saggio dello storico italo-svizzero DDaavviiddee RRooddooggnnoo, autore del pri-mo studio complessivo sulle politiche di occupazione dell’Italia monarchico-fascista nella seconda guerra mondiale (Il nuovo ordine mediterraneo. Le poli-tiche di occupazione dell’Italia fascista in Europa (1940-1943), Torino, BollatiBoringhieri, 2003). Qui l’autore si sofferma sulla consonanza tra ideologia mus-soliniana, cultura scientifica dell’epoca e mentalità delle gerarchie militari, miscugliomostruoso che lasciò un’eredità di sangue nelle terre invase dal regio esercito.

Il Generalplan Ost, nome desunto da fonti d’ar-chivio, era un piano imponente avviato tra 1940 e1941 nell’ambito delle competenze conferite a Hein-rich Himmler, a fine ottobre 1939, di commissariodel Reich per il consolidamento della stirpe germa-nica. Scopo del progetto era prefigurare il futuro spa-zio orientale nell’ipotesi di vittoria finale della Ger-mania, elaborando le direttive di una politica fonda-ta sulla destrutturazione dell’ordinamento esistenteche prevedeva l’espulsione della popolazione, la ra-dicale modifica dell’assetto sociale e l’insediamentonella stessa area di tedeschi o gruppi etnici a loro as-similabili. […] Nelle sue linee fondamentali il pianorispondeva al criterio di espansione nello «spazio vi-tale» a est, enunciato da Hitler già nel Mein Kampf, eprevedeva, nel corso della sua attuazione, giganteschispostamenti di popolazione. Nel giro di due o tre de-cenni si sarebbero dovute ricacciare a est degli Urali al-cune decine di milioni (non meno di trenta) di ap-partenenti a gruppi etnici non desiderati (eccetto gliebrei, per i quali era già iniziata la deportazione el’annientamento) e ridurre in schiavitù un numero

Secondo la visione veicolata dalla propaganda delregime, il conflitto avrebbe dovuto essere una «guer-ra di conquista verso sfere superiori dello spirito».Non è affatto un caso, né il frutto dell’influenza na-zista, se il fascismo decise di sposare il luogo comune«scientificamente provato» dell’esistenza di razze di-verse. Fu una scelta che avrebbe dovuto servire perforgiare l’uomo nuovo, fornire al popolo un obietti-vo unitario, produrre consenso e coesione, consoli-dare l’unità nazionale ed etnica e poi, per promuo-vere e giustificare «scientificamente» la supremaziasu altri popoli, legittimando la conquista e la domi-nazione […]. Nei confronti del regime, da parte del-le forze armate, vi furono sia un «consenso interes-

sato» sia un «consenso spontaneo» (derivato dallapartecipazione convinta alle basi ideologiche del fa-scismo), sia una forma di «consenso dovuto» (fruttodella lealtà e fedeltà a quel re che aveva trasferito l’al-to comando militare al duce). Vi fu un’affinità tra lamentalità dei militari di carriera e il fascismo deter-minata dai numerosi punti di contatto stabilitisi ne-gli anni della stabilizzazione del regime sul piano delmito e della realtà a favore e contro ideali, valori, nor-me, istituti.

(D. Rodogno, La repressione nei territori occupati dell’Italiafascista tra il 1940 ed il 1943, in «Qualestoria», 2002, 1,pp. 66-68)

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limitato di nuclei etnici (polacchi, bielorussi, ucraini),che sarebbero rimasti sul territorio come iloti della«razza superiore». La maggior parte delle popolazionislave, in particolare i polacchi, era destinata all’espul-sione per lasciar posto ad alcune decine di milioni di«coloni» tedeschi o di popolazioni di stirpe nordico-germanica (in primo luogo norvegesi e olandesi). Ilprogetto prevedeva inoltre la totale agrarizzazionedel territorio, con la creazione di colonie contadine ela distruzione dei grandi nuclei urbani, secondo unaprassi del resto già in atto a Varsavia, e che prestoavrebbe dovuto essere adottata a Leningrado. Se siconsidera che il Generalplan Ost si incrociò nei fatticon la «soluzione finale», si può affermare che esso,come parte organica del progetto di annientamento fi-sico delle popolazioni dell’Est europeo e di «germa-nizzazione» dello spazio, conobbe qualcosa di più diun principio di attuazione e rappresentò certo il pro-posito più ambizioso dell’espansionismo nazista.

(Milza - Berstein - Tranfaglia - Mantelli [a cura di],Dizionario dei fascismi cit., pp. 680-82)

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Schematizzando, possiamo distinguere differenti modelli di gestione deiterritori occupati: l’aannnneessssiioonnee pura e semplice (Sudeti, Austria, parte del-la Polonia, Alsazia-Lorena, Lussemburgo, territori sloveni non occupati dal-l’Italia); la costruzione di ddoommiinnii ddii ttiippoo ccoolloonniiaallee (Protettorato di Boemia eMoravia, Governatorato generale in Polonia ); l’organizzazione di unarreettee ddii ccoonnttrroolllloo amministrativa, militare, economica e di polizia che la-sciasse però sussistere un simulacro di governo nazionale semiautonomo(Francia, a parte il territorio amministrato dagli italiani, Belgio, Paesi Bassi,Danimarca, Norvegia, Croazia, Italia dopo l’8 settembre 1943 e Ungheriadall’estate 1944); l’aammmmiinniissttrraazziioonnee mmiilliittaarree ddiirreettttaa (territori greci non oc-cupati dall’Italia, Serbia, territori occupati dell’Unione Sovietica: Ucraina,Bielorussia, paesi baltici, Caucaso e altre zone cadute in mano tedesca).

All’interno di questa tipologia (per forza di cose sommaria) occorre poi in-trodurre alcune ulteriori distinzioni, da ricondurre o all’applicazione del prin-cipio della ggeerraarrcchhiizzzzaazziioonnee rraazzzziissttaa, o a scelte politiche di opportunità da par-te delle autorità d’occupazione: ai polacchi, ad esempio, venne attribuitouno status nella scala razziale talmente basso da ridurre pressoché a zero

la possibilità che si strutturassero forze autoctonedisposte alla collaborazione politica . Talvolta glioccupanti preferirono appoggiarsi ai ggrruuppppii ccoonnsseerr--vvaattoorrii iinnddiiggeennii, affidando a loro la gestione dell’am-ministrazione e degli apparati pubblici del paese con-quistato, come accadde in Belgio, nei Paesi Bassi, inFrancia e in Danimarca, che a sua volta costituisceperò un caso particolarissimo perché vennero la-sciati sussistere legalmente – anche sotto l’occu-pazione – il Parlamento e i principali partiti politici,escluso quello comunista. In altri casi conferirono ilpotere politico, pur con rigide limitazioni, a ffoorrzzeeiiddeeoollooggiiccaammeennttee aaffffiinnii al fascismo e al nazionalso-cialismo (sono i casi della Norvegia, della Croazia e,in un secondo momento, dell’Italia e dell’Ungheria).

Al di là di queste pur importanti differenze, gliStati qui richiamati vennero comunque sottoposti,senza eccezione alcuna, a una ttrriipplliiccee ssttrruuttttuurraa ddiiccoonnttrroolllloo germanica, costituita da una rappresen-tanza politica del RReeiicchh, una delegazione della WWeehhrr--mmaacchhtt (le forze armate regolari del Reich), un’istanzasuperiore delle SSSS e della polizia, a cui era in parti-colare demandata la lotta contro i movimenti di Re-sistenza.

È opportuno rilevare, inoltre, come una netta di-stinzione separasse le politiche di occupazione at-

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LLee ddiiffffeerreennttiissttrraatteeggiieeddeellll’’ooccccuuppaannttee

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● Quale destino era riservato ai polacchi in un’Europa dominata dal Terzo Reich?

● Su quali basi andava erogata l’assistenza invernale ai ceti più poveri?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Manifesto tedescodi occupazione in Francia.

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Riproduciamo qui parte del verbale di una riunione svoltasi il 31 ottobre1939, appena un mese dopo l’invasione della Polonia da parte della Wehrmacht,nel castello di Cracovia, capitale di quella parte di Polonia che, con l’appella-tivo di Governatorato generale (Generalgouvernement, GG; cfr. p. 89), era de-stinata a diventare una sorta di colonia del Terzo Reich, oltre che un ghetto (perquanto temporaneo) per gli ebrei cacciati dal territorio tedesco. A capo del GG

era stato collocato un giurista di rigorosa fede nazionalsocialista, HHaannss FFrraannkk.Per tutto il tempo in cui rimase in carica Frank tenne scrupolosamente un dia-rio di servizio, che è diventato in seguito una fonte fondamentale per com-prendere le linee applicative della politica nazista verso polacchi, ebrei e – più in generale – verso tut-ti i popoli slavi. Da questo verbale traspare tanto la radicale spinta persecutoria antiebraica, quanto laprecisa volontà di trasformare i polacchi in una massa di schiavi, destinati a svolgere le mansioni piùumili e all’occorrenza sacrificabili.

Il signor governatore generale [Hans Frank] haricevuto l’SS-Obergruppenführer [generale di corpod’armata della SS] Krüger, il generale Becker, l’SS-Brigadeführer [generale di brigata SS] Streckenbache il tenente colonnello Gudewill. Il BrigadeführerStreckenbach ha riferito: Il Reichsführer SS [HeinrichHimmler] vorrebbe che tutti gli ebrei venissero al-lontanati dai territori del Reich recentemente acqui-siti. Entro febbraio circa 1 000 000 di persone do-vrebbero essere in questo modo trasferite nel Gover-natorato generale. Le famiglie ariane (circa 4 000 000di persone) presenti nei territori polacchi occupatidovrebbero essere trasferite nel Reich, là alloggiateseparatamente e in questo modo sradicate etnica-mente. L’inizio dei trasporti di evacuazione è previstoper il 15 novembre. Il signor governatore generale ri-chiama l’attenzione sul fatto che devono essere ap-prontate migliori vie di comunicazione di grandi di-mensioni sia in direzione Est-Ovest sia in direzioneOvest-Est. L’SS-Obergruppenführer Krüger ha spiega-to che dal 15 novembre l’intera rete ferroviaria delGovernatorato generale sarà a disposizione per i tra-sporti di trasferimento. Il signor governatore gene-rale impartisce all’SS-Obergruppenführer Krüger ilcompito di organizzare questi trasporti di profughi. Inseguito a tale riunione è stato ricevuto il responsabi-le per il controllo dei prezzi, che ha presentato unrapporto sulla situazione generale dei prezzi e tra l’al-tro ha richiamato l’attenzione sul fatto che nel Go-vernatorato generale sono necessarie disposizioni sa-lariali e di blocco dei prezzi, e soprattutto prezzi dicalmiere per determinati generi alimentari, ma che aVarsavia, in considerazione dei particolari rapportisociali esistenti, il controllo dei prezzi può essere mes-

so in atto solo per mezzo di un’azione minuziosa dicontrollo. Il signor governatore generale ha spiegatopoi che il Governatorato generale non potrebbe es-sere organizzato come un apparato statale finalizzatoal mantenimento dell’ordine e che in ogni caso peròil rifornimento di viveri per i funzionari tedeschi,spesso molto difficile, dovrebbe essere garantito. Ladifferenza tra la razza dominatrice tedesca e i polac-chi dev’essere messa molto chiaramente in evidenza.Insieme ai funzionari, i cittadini di nazionalità tede-sca dovrebbero essere direttamente assistiti. La NSV

(soccorso invernale nazionalsocialista) è attiva esclu-sivamente per i tedeschi, mentre i polacchi – non siparla nemmeno degli ebrei – devono arrangiarsi, inmodo che «l’anima sociale polacca» possa mostrare lasua efficienza. Il loro vettovagliamento è possibile sol-tanto nella misura in cui se lo guadagnano col lavoro;non sono per nulla abituati al fatto che qualcuno si oc-cupi di loro. L’SS-Brigadeführer Streckenbach ha ri-chiamato l’attenzione sul fatto che il Governatoratogenerale, che al momento ha 10 000 000 di abitanti,in febbraio ne conterà 13 000 000. Il signor governa-tore generale ha precisato a proposito della situazio-ne alimentare che, attraverso la progressiva intensi-ficazione della produzione agricola, dovrebbe esserepossibile garantire l’approvvigionamento complessi-vo del Governatorato generale. Per quanto possibilepotrebbe aver luogo un vettovagliamento provviso-rio in vista dell’approvvigionamento alimentare col-lettivo. Questo obiettivo può però essere realizzatosolo con l’impiego delle forze polacche.

(H. Frank, Das Diensttagebuch des deutschenGeneralgouverneurs in Polen 1939-1945, Stuttgart,Deutsche Verlags-Anstalt, 1975; trad. it. di S. Bianco)

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TTrraassffoorrmmaarreeii ppoollaacccchhii iinn uunnaa

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tuate nell’Europa occidentale, settentrionale e in parte dei Balcani e quel-le messe in pratica nei territori centrali e orientali del continente (e nel re-sto della penisola balcanica, che rappresenta un po’ il confine tra le duemodalità di gestione delle terre invase): da una parte si puntava alla co-struzione di rreeggiimmii ccoollllaabboorraazziioonniissttii, dall’altra si preferì scegliere un mmooddeell--lloo ccoolloonniiaallee o l’amministrazione militare diretta.

Si noti come quest’ultima opzione non dipese soltanto dal contesto mi-litare (il mancato crollo dell’Unione Sovietica prima dell’inverno 1941-42,come era nelle aspettative del Terzo Reich, e il prolungarsi del conflitto sulvastissimo fronte orientale, dal mar Baltico al mar Nero), ma ne fosse espli-citamente prevista l’attuazione anche in caso di una rapida vittoria dellearmi germaniche. Una linea fortificata, sulla direttrice che unisce Arcange-lo, sul mar Bianco, ad Astrakhan, sul mar Caspio, avrebbe dovuto separarelo spazio dominato dal Grande Reich germanico dalle steppe siberiane; a oc-cidente del limes, nel nuovo spazio coloniale che sarebbe giunto fino a Var-savia e Königsberg, un’aristocrazia militare teutonica avrebbe regnato conpugno di ferro sul contadiname slavo.

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● Che cosa decisero di fare le autorità di occupazione della Polonia nei confronti del sistema scolastico e deimezzi di comunicazione di massa preesistenti?

● Perché decisero di chiudere anche i seminari?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Soldati tedeschi esibiscono la bandiera di un reggimento annientatodurante l’avanzata in Unione Sovietica.

Cartolina postale della cittadinapolacca di Lodz, ribattezzata

dall’occupante tedesco Litzmannstadt,nell’ambito del grande progetto

nazista di germanizzazionedei territori orientali.

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Riportiamo un altro brano dal diario di servizio di HHaannss FFrraannkk (cfr. doc. 36,p. 87): dalle parole degli alti funzionari presenti si ricava la precisa volontàdell’occupante di distruggere dalle fondamenta il sistema scolastico polacco,di annientarne le strutture di informazione, di chiudere ogni focolaio in cuipotesse annidarsi un’autonoma cultura polacca (ad esempio i seminari). Com-pleta il testo una carta della Polonia dopo la spartizione del 1939, in cui è inevidenza l’area del Governatorato generale (Generalgouvernement).

Il Reichsminister für Volksaufklärung und Propa-ganda [ministro della Propaganda] dott. Goebbels si èpresentato in compagnia del consigliere ministerialeMüller, del Gauamtsleiter [direttore distrettuale] dott.Fischer, dello Chefadjutant [aiutante superiore] Heu-singer von Waldeck. Inoltre erano presenti il ministroSeyß-Inquart e il Reichsamtleiter [dirigente centrale]dott. Du Prel. Facendo un’introduzione il signor go-vernatore generale ha precisato: dovrebbe essere mes-sa a disposizione dei polacchi la possibilità di ricevereun’educazione tale da mostrar loro la condizione di-sperata del destino del loro popolo. Potrebbero per-tanto rivestire un ruolo importante tutt’al più film dibassa lega o quelli che sottolineano la grandezza e laforza dell’impero tedesco. Sarà necessario che grandiimpianti di altoparlanti trasmettano un preciso ser-vizio di informazioni per i polacchi. Il ministro dott.Goebbels si è detto fondamentalmente d’accordo conle argomentazioni del signor governatore generalecontro l’allestimento di un’industria teatrale, cinema-tografica e cabarettistica polacca. Nelle città e nei mer-cati più grandi verranno allestiti degli impianti fissidi altoparlanti, che a ore prestabilite daranno notiziesulla situazione e trasmetteranno slogan per i polacchi.Il Reichsamtleiter dott. Du Prel ha fatto un resocontosulla situazione giornalistica nel Governatorato gene-rale, in particolare sui giornali di Cracovia e Varsavia,che si ritiene debbano ormai essere soppressi. Il mi-nistro dott. Goebbels ha precisato che l’intero siste-ma delle telecomunicazioni polacche deve esseresmembrato. I polacchi non potranno possedere ap-parecchi radio e potranno fruire solo di giornali dicronaca, in nessun caso di una stampa di opinione.Sostanzialmente non potranno usufruire neanche diteatri, cinema e cabaret, in modo che non venga lorocontinuamente riproposto ciò che per loro è andatoperduto. Se nel caso di grandi città, come Varsavia,emergesse la necessità di togliere dalla strada i polac-chi e si decidesse di farlo servendosi di rappresentazioni

cinematografiche, la cosa dovrà essere vagliata casoper caso. Il Führer ha spiegato solo ieri che è impossi-bile venire in Polonia e pretendere di fare tutto: i po-lacchi dovranno pur costruirsi qualcosa da soli. Non èneppure nostro interesse che agli ebrei venga tagliatala barba e che vengano spidocchiati. Il signor gover-natore generale ha spiegato che le scuole secondariesono già state chiuse. I seminari cattolici, riaperti dal-la Wehrmacht, verranno sostanzialmente chiusi, poi-ché si tratta soltanto di focolai di odio antitedesco.

(Frank, Das Diensttagebuch cit.)

GGuueerrrraa ee ccoollllaabboorraazziioonniissmmii 8899

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DDiissttrruuggggeerreessccuuoollee,, ggiioorrnnaallii,,

sseemmiinnaarrii!!

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MARBALT

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Bydgoszcz

Poznan

Lódz⁄Varsavia Brest-Litovsk

Cracovia

Leopoli

Lublino

Bialystok⁄

Ucraina

Bielorussia

MinskVilna

Kaunas

U R S S

LITUANIA

REICHTEDESCO

R E ICHTE DESCO

ROMANIAUNGHERIA

Berlino

DanzicaKönigsberg

Memel

LETTONIA

CECOSLOVACCHIA

SVEZIA

Praga

Confini della Polonia dopola prima guerra mondiale(Trattato di Versailles, 1919)Confini della Polonia dopola guerra russo-polacca(Trattato di Riga, 1921)

Spartizione della Polonia (1939):

territori amministrati dal Reich(Governatorato generale)

territori annessi dal Reich

territori annessi dall'Urss

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All’estremo dello spettro collaborazionista troviamo gli aallffiieerrii ee vveessssiilllliiffee--rrii ddeell ccoollllaabboorraazziioonniissmmoo iiddeeoollooggiiccoo cioè i membri dei gruppi e partiti modellatisul Partito nazionale fascista o sulla NSDAP e che ad essi si rifacevano per ideo-logie e programmi. Oltre ai raggruppamenti francesi su cui torneremo (cfr.p. 104), i più importanti erano la NNaassjjoonnaall SSaammlliinngg (NS) del norvegese Vid-kun Quisling , la NNaattiioonnaaaall--SSoocciiaalliissttiisscchhee BBeewweeggiinngg (NSB) olandese, gui-data da Anton Mussert , il movimento RReexx di Léon Degrelle nel Belgiofrancofono (cfr. p. 64) e il VVllaaaammsscchh NNaattiioonnaaaall VVeerrbboonndd (VVN) di Staf DeClercq e Hendrik Elias nelle province fiamminghe, il movimento uussttaassaa delcroato Ante Pavelic. In una vasta palude contigua, ma ad essi non ricon-ducibile, si collocavano tutti coloro che assunsero atteggiamenti interme-di, ovviamente assai diversificati l’uno dall’altro: si andava infatti dal com-promesso accettato in mancanza di migliori alternative, alla collaborazio-ne non ideologica ma invece motivata da consonanze puramente politi-che con l’occupante o da interessi materiali (grandi o piccoli che fossero),o ancora dalla convinzione che solo tramite e con l’appoggio dell’invasorefosse possibile la realizzazione di quegli obiettivi politici, economici, socialiche apparivano desiderabili.

Nel collaborazionismo, si fondasse esso sull’ideologia, sull’opportunismo,o sulla condivisione di valori d’ordine, erano presenti infatti visioni politiche,prospettive, motivazioni le più diverse, ancorché tutte fossero cementate

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CChhii ccoollllaabboorraaee ppeerrcchhéé

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● Analizza il miscuglio ideologico su cui si fondano le riflessioni di Quisling, tra anticomunismo, razzismoe disprezzo dell’Oriente.

● Rifletti sulla volontà fascista di difendere il «popolo» dalle trasformazioni sociali e culturali provocatedalla modernizzazione rinchiudendosi nell’esaltazione delle proprie origini. Confronta l’approccio di Quislingsu questo terreno con quello degli altri fascismi che hai incontrato.

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Bandiera presidenziale utilizzata da PhilippePétain, capo dello «Stato francese»collaborazionista sorto all’indomani

dell’occupazione nazista.Nella fascia centrale sono collocate sette

stelle dorate e la «francisque».

Bandiera delle Guardie francesi, bracciomilitare del Parti populaire français di

Jacques Doriot, una delle principaliformazioni fasciste e collaborazioniste

francesi. Al centro del drappocampeggia – stilizzata – la cosiddetta

«francisque», simbolo del fascismofrancese: si tratta di un’ascia bipenne, la

presunta arma prediletta dai Franchi,visti come i fondatori di una «nazione

francese» razzialmente pura.

Bandiera del Vlaamsch Nationaal Verbond,organizzazione fascista attiva nella Fiandra

belga e propugnatrice di uno Statoneerlandese razzialmente puro, che avrebbe

dovuto comprendere i Paesi Bassi e la Fiandrastessa. Come si nota, il vessillo riproduce, in

orizzontale, la bandiera nazista; la svastica èin questo caso stilizzata (e in parte occultata)

in un triangolo dai pesanti contorni neri.

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Proponiamo qui un brano della raccolta di scritti di VViiddkkuunn QQuuiisslliinngg (1887-1945) Russland og vi (La Russia e noi), pubblicata a Oslo nel 1930. Dal testo emer-ge con chiarezza la visione del mondo del fondatore e leader della NS, basatasu un miscuglio di anticomunismo radicale, di razzismo antislavo (nonchéantifinlandese) e di virulento antisemitismo. Il mito nordico-ariano è posto a fon-damento dell’essenza del popolo norvegese, e la storia è concepita come ilteatro di uno scontro perenne tra essenze immutabili: il principio asiatico-orientale, incarnatosi al tempo nel bolscevismo, e quello nordico-europeo. Il rin-novamento del popolo norvegese deve passare attraverso la riscoperta delleproprie radici, in uno slancio fideistico che fa appello al sentimento e alla fede nella razza. Il testo diQuisling è reperibile, nella sua versione in tedesco, on line al sito: http://www.ety.com/berlin/quisling.htm;la traduzione è nostra.

Non si può dubitare che il comunismo abbia tro-vato la sua massima diffusione, se si prescinde dal-l’intelligencija ebraica, presso la barbara razza asiati-ca, a cui appartiene la gran parte del popolino nel-l’Europa centrale e l’assoluta maggioranza della po-polazione originaria slava nell’Europa orientale. Seconsideriamo la diffusione del bolscevismo, del so-cialismo rivoluzionario, vediamo che essa è preva-lente in quei territori della Russia in cui domina ilsangue finnico-asiatico della popolazione slava. Si po-trebbe definire il bolscevismo come un movimentoasiatico-slavo diretto da un cervello ebraico. Ciò ètanto più degno di nota nel momento in cui si è po-tuto riscontrare un analogo fondamento razziale fin-nico-asiatico del bolscevismo in Ungheria, Bulgaria,Finlandia, nonché in Cecoslovacchia, dove i comu-nisti erano assai forti e parimenti potevano far riferi-mento a una significativa deriva razziale asiatica. Inquei paesi come ovunque il bolscevismo si fonda per-ciò almeno in parte sul sangue; soltanto con difficol-tà ha potuto essere sconfitto, prima che la popolazio-ne aprisse gli occhi di fronte ai disastri che erano ac-caduti. Nel nostro paese, il bolscevismo significa invecesolo una perversione intellettuale, che non mette pro-fonde radici e può essere eliminata in modo relati-vamente facile attraverso una pulizia concettuale. Néil marxismo, né il comunismo sono consoni al no-stro modo di essere nordico e al suo radicato tenoreindividualistico. Fin dai tempi più antichi la Russiasi caratterizza come un paese in cui l’essenza nordicae quella asiatica lottano tra loro per il predominio.Questa lotta si estende anche alla nostra patria e alnostro popolo, con il suo temperamento caratteristi-co. Si dice non senza ragione che oggi il maggior an-tagonismo del mondo – anche proprio nel nostropaese – consiste nel duello tra il principio nordico-europeo e quello asiatico-orientale, il bolscevismo.

In questo scontro il marxismo avanza su di un ampiofronte, appoggiandosi a un sistema completamentestrutturato e perfezionato, che comprende tutte lesfere dell’essere e si presenta come una visione delmondo proponibile alle masse. Si tratta di una reli-gione mondiale, in cui la fede in creazioni fantasti-che terrestri sostituisce la fede nei cieli, e a cui si èconsacrato tra l’altro anche un terzo del nostro po-polo. Se noi, come popolo, vogliamo allontanarci daquesta religione barbara e impedire che il marxismoarrivi prima o poi al potere, dobbiamo procedere aun’igiene mentale radicale e generale. Il nostro po-polo deve far propria la convinzione che i suoi fon-damenti vitali stanno nella sua discendenza nordica enel suo modo di essere nordico, nonché in una visio-ne del mondo improntata a una fede vera e respon-sabile. Come ogni altra comunità che si voglia difen-dere da un grave pericolo, deve riscoprire le proprie ra-dici fondanti e lì rinnovare le proprie forze.

Vidkun Quisling durante il processo per tradimento che locondannò a morte nell’ottobre 1945. Esponente del Partitonazista norvegese, collaborò attivamente con i tedeschi e fu

primo ministro di un governo fantoccio.

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MMiittoo aarriiaannoo eeaannttiiccoommuunniissmmoo

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dall’aannttiiccoommuunniissmmoo (termine che ve-niva declinato dai fascisti e dai colla-borazionisti in modo da inglobarvi tut-to quanto il movimento operaio e so-cialista), dall’ooddiioo vveerrssoo llaa ssoocciieettàà ddiimmaassssaa e la democrazia in tutte le sueforme, dal rraazzzziissmmoo verso i non bian-chi, dall’aannttiisseemmiittiissmmoo. Si collaboravacon il Terzo Reich e con il suo juniorpartner fascista mussoliniano per mmii--ccrroonnaazziioonnaalliissmmoo, ma anche in nomedi un eeuurrooppeeiissmmoo nnoossttaallggiiccoo delle ge-rarchie tradizionali, clerico-reaziona-rio e antisemita. Ne sortì un miscugliocomposito, confuso e contradditto-rio ma assai facile da plasmare, nelleforme desiderate, da parte delle istan-ze d’occupazione e delle gerarchiesupreme del Terzo Reich e dell’Italia

monarchico-fascista, le quali riveleranno una luciferina abilità nel servirsi,giocandole spesso l’una contro l’altra, delle sue varie componenti.

Così, ad esempio, nelle zzoonnee ooccccuuppaattee ddeellll’’UUnniioonnee SSoovviieettiiccaa verranno divolta in volta attizzati i nazionalismi dei popoli non russi, esaltate le reciprochedifferenze linguistiche, culturali e religiose, ma non si mancherà di solleticareil nazionalismo grande-russo nostalgico dello zarismo e lo si utilizzerà inchiave antibolscevica. Analogamente nei BBaallccaannii, si punterà a scagliarecroati contro serbi, ed entrambi contro i musulmani di Bosnia, a cui si offri-rà d’altro canto un’ipocrita protezione. È una partita sanguinaria a cui par-teciperanno fino in fondo anche i militari italiani stanziati in Dalmazia e in ter-ritorio croato. In Europa occidentale i micronazionalismi bretone, vallone,fiammingo troveranno tutti sostegno, ancorché limitato e condizionato daparte dell’occupante.

Alla capacità di aderire a ogni più piccola articolazione del tessuto dei po-poli d’Europa, trasformandone ogni particolarità in motivo di antagonismoreciproco, fece da contraltare la propaganda a favore del NNuuoovvoo oorrddiinneeeeuurrooppeeoo e del suo indispensabile corollario: la crociata europea antibol-scevica. Analogamente, il collaborazionismo si nutrì di uummoorrii rruurraalliissttii, par-ticolarmente forti e significativi nei paesi meno sviluppati dell’Europa cen-trale e sud-orientale, come anche di iissttaannzzee nnaazziioonnaall--ssiinnddaaccaalliissttee, va-gheggianti uno Stato nazionale del lavoro che assumesse il corporativi-smo come struttura fondante; spinte queste ultime presenti in misura cospicuain Europa occidentale.

GGuueerrrraa ee ccoollllaabboorraazziioonniissmmii9922

● Quale fu il principale contributo di Mussert e dei suoi all’occupazione tedesca dei Paesi Bassi?

● Osserva con attenzione la grafica degli stendardi riprodotti a p. 90 e appartenenti a diverse forzecollaborazioniste: qual è il significato dei motivi grafici che vi ricorrono?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Manifestazioni di trionfalismo fascistain Romania.

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Presentiamo qui la biografia, tratta da unavoce enciclopedica, di un esponente minore maciò non di meno assai emblematico del collabo-razionismo europeo, l’olandese Anton Adriaan Mus-sert (1894-1946), fondatore e capo carismaticodella NSB.

Figlio di un maestro di scuola, lavorò dapprimacome ingegnere ad Utrecht. Inizialmente vicino al Par-tito liberale, fu influenzato dall’avanzata delle corren-ti fasciste in tutta Europa e, il 14 dicembre 1931, fon-dò la Nationaal Socialistische Beweging (NSB - Movi-mento nazionalsocialista). Inizialmente, nonostanteil nome e il programma del Partito si richiamasseroapertamente al nazismo, la NSB si ispirava all’espe-rienza del fascismo mussoliniano, propugnando unvirulento nazionalismo, la costruzione di un’econo-mia corporativa e un netto rifiuto della democraziaparlamentare, a cui contrapponeva un’organizzazionegerarchica della società, che avrebbe dovuto assume-re a proprio fondamento valori tradizionali come la di-fesa della proprietà privata, dell’impero coloniale olan-dese e della monarchia. Il 1° gennaio 1933 il movi-mento si dotò di un proprio organo di stampa, il «Volken Vaterland» (Popolo e patria), che riuscì a conqui-stare un certo seguito nel paese. […] Tuttavia baseelettorale e rete di militanti erano assai fragili: il ri-cambio tra gli aderenti era molto frequente, il che ren-deva la NSB un tipico movimento di raccolta di grup-pi insoddisfatti e marginalizzati del sistema politicoolandese. Per l’effetto congiunto del miglioramentodella situazione economica e della mobilitazione anti-fascista di consistenti strati dell’opinione pubblica, ilconsenso elettorale calò bruscamente proprio nel 1937,allorché la NSB raccolse appena il 4,2% dei consensialle elezioni parlamentari, scendendo poi sotto il 4% inquelle provinciali del 1939. Nel frattempo, l’esempiodel nazismo tedesco, giunto al potere nel 1933, nonmancò di far sentire i suoi effetti; le correnti radicali al-l’interno della NSB si rafforzarono e il movimento as-sunse posizioni apertamente antisemite. Dopo la Not-te dei cristalli Mussert elaborò addirittura un propriopiano per la «soluzione del problema ebraico», pro-ponendo che gli ebrei d’Europa venissero trasferitinelle tre Guyane (olandese, francese e britannica), do-ve avrebbero potuto costruire un loro «focolare na-zionale». Non essendo riusciti a giungere al potere pervirtù propria, Mussert e i suoi speravano di poter gio-care un ruolo importante con l’occupazione dei Pae-si Bassi da parte della Wehrmacht nel maggio 1940 esognavano di dar vita a uno stato panfiammingo,

unendo ai Paesi Bassi laFiandra belga, in cui ilpotere politico sarebbestato appannaggio dellaNSB e del suo leader. Magli occupanti nazisti de-lusero tali aspettative, pre-ferendo appoggiarsi allaburocrazia tradizionale ecercando di trovare con-sensi in un arco politico assai più vasto di quello co-stituito dagli aderenti alla NSB, forza minoritaria e as-sai screditata proprio per avere accolto a braccia aper-te gli invasori. Solo dopo gli scioperi di Amsterdam,Utrecht, Zaandam e Hilversum del 25 e 26 febbraio1941, promossi dai comunisti come protesta controla prima deportazione di ebrei olandesi e coronati daun notevole successo, fu chiaro che gli occupanti nonavrebbero potuto contare su una sorta di autonazifi-cazione dei Paesi Bassi. Ciò diede un maggior spazio dimanovra alla NSB, ma, nonostante essa fosse, dal di-cembre 1941, l’unica forza politica autorizzata a svol-gere attività pubblica, e il suo capo fosse stato insi-gnito, un anno dopo, del titolo di «Führer del popoloolandese», il ruolo dell’una e dell’altro rimasero sem-pre di secondo piano; Mussert non andò mai oltre lafunzione di consigliere delle autorità d’occupazione, ele sue pressioni perché gli fosse attribuita la carica dicapo del governo furono vane. Analogamente a quan-to sarebbe accaduto anche in altri paesi occupati, ilruolo della NSB e dei suoi militanti fu invece importanteper quanto riguarda la collaborazione poliziesca e mi-litare con il Terzo Reich. Le milizie armate del movi-mento diedero il proprio appoggio al regime di ter-rore instaurato nei Paesi Bassi e alla persecuzione de-gli ebrei olandesi (su 140 000 ne vennero deportati105 000; solo 5000 tornarono dai campi di concentra-mento), e l’apparato diretto da Mussert favorì il re-clutamento di circa 25 000 olandesi nella Waffen SS1.Arrestato dopo la fine della guerra, Anton Mussert fuportato in giudizio per alto tradimento e intelligenzacon il nemico. Condannato a morte, fu giustiziato aL’Aja il 7 maggio 1946.

(Milza - Berstein - Tranfaglia - Mantelli [a cura di],Dizionario dei fascismi cit., pp. 413-15)

11.. WWaaffffeenn SSSS, articolazione militare della SS(cfr. p. 96).

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BBiiooggrraaffiiaa ddii uunnccoollllaabboorraazziioonniissttaa

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Nell’Europa occidentale (e in parte nei Balcani) il Terzo Reich non si li-mitò semplicemente a utilizzare gli apparati amministrativi e polizieschi de-gli Stati invasi, ma favorì l’insediamento di governi che avessero per divisal’amicizia con la Germania nazionalsocialista. Con due rilevanti eccezioni– la Norvegia di Vidkun Quisling e la Croazia di Ante Pavelic – Berlino pre-ferì però che a gestire la quota di potere riservata alle autorità collabora-zioniste fossero non i gruppi dirigenti dei movimenti e dei partiti aperta-mente filofascisti e filonazisti bensì ffrraannggee ccoonnsseerrvvaattrriiccii oo ffrraannccaammeennttee rreeaa--zziioonnaarriiee ddeeii vveecccchhii ggrruuppppii ddiirriiggeennttii. Si creò così una situazione per certi ver-si paradossale: quegli esponenti nazional-conservatori contro cui si eraappuntata, negli anni precedenti la guerra, la polemica delle frange fasci-steggianti e nazional-rivoluzionarie ne scavalcarono – grazie all’appoggiotedesco – i dirigenti e i quadri; a costoro, che si sentivano i migliori amici deinazionalsocialisti, venne riservato un mero ruolo di ffiiaanncchheeggggiiaammeennttoo.

Non senza frustrazioni, risentimenti, mugugni, e reiterati tentativi di farmutare parere alle autorità d’occupazione, essi finiranno con l’accettaredi svolgere aattttiivviittàà ddii ffaattttoo ccoollllaatteerraallii aallllaa ggeessttiioonnee ddeell ppootteerree, impegnandosinella produzione giornalistica e pubblicistica, nell’organizzazione di forma-zioni volontarie che – inquadrate nel settore propriamente militare dellamilizia di partito nazionalsocialista (le Waffen SS, articolazione della SS) –parteciperanno alla guerra sul fronte orientale, e infine prestando la loroopera di ddeellaazziioonnee e d’iinntteerrvveennttoo ssqquuaaddrriissttaa nneell rraassttrreellllaammeennttoo ee nneellllaa ddee--ppoorrttaazziioonnee ddeellllee mmiinnoorraannzzee eebbrraaiicchhee di tutta quanta l’Europa occidentale.

Come abbiamo visto (cfr. doc. 39, p. 93) questa fu la strategia di occu-pazione seguita nei PPaaeessii BBaassssii, dove il leader fascista Anton Mussert ei suoi, in una condizione di minorità politica, confidarono nell’appoggiodell’occupante tedesco per prendere nelle proprie mani il governo del paese,ma Berlino fece altre scelte, più funzionali alle sue esigenze complessive,preferendo servirsi delle élite conservatrici. Tra malumori e caute proteste,ai seguaci di Mussert non rimase che fare buon viso a cattivo gioco, ac-contentandosi di funzioni spesso poco più che onorifiche e prestandosisemmai al ruolo di tirapiedi dei nazisti nello svolgimento di «lavori sporchi»,come la deportazione di gran parte degli ebrei residenti nel paese.

Perché l’occupante fece una scelta del genere? In questi casi prevalse laRealpolitik: a Berlino interessava principalmente che i territori occupati del-l’industrializzata e sviluppata Europa occidentale pprroodduucceesssseerroo aa ppiieennoo rriitt--mmoo ppeerr ll’’eeccoonnoommiiaa ddii gguueerrrraa del Grande Reich , gli fornissero manufatti,derrate agricole, manodopera; ciò richiedeva il regolare funzionamentodegli apparati pubblici e della sfera produttiva, e sarebbe stato garantitomolto meglio da militari, alti burocrati, imprenditori disposti a collaborare, piut-tosto che da gruppi minoritari ultrafascisti che avevano dimostrato di ave-re un seguito tutto sommato assai ridotto tra la popolazione.

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CCoonnsseerrvvaattoorriiaauuttoorriittaarriiee ffaasscciissttiirraaddiiccaallii

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● Quali furono gli effetti dell’ideologia razzista sulle modalità concrete di sfruttamento economico dei territorioccupati?

● Quanto importante fu il contributo dei lavoratori forzati stranieri all’economia di guerra tedesca?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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L’analisi dello storico berlinese DDiieettrriicchh EEiicchh--hhoollttzz, autore di opere fondamentali sull’economiadi guerra della Germania, ci mostra come interes-se prioritario del gruppo dirigente del Terzo Reiche dell’élite industriale che lo affiancava fosse l’uti-lizzo il più possibile razionale delle risorse produt-tive dell’intera Europa occupata, tanto in un’otti-ca a breve termine, finalizzata alla condotta delleoperazioni militari, quanto in una prospettiva di piùlargo respiro, che si proponeva la realizzazione di unprogetto di dominio europeo e, in prospettiva, mon-diale. Di conseguenza, sulle ragioni dell’ideologia fa-ceva premio, per quanto riguardava la gestionedei territori occupati, la concreta affidabilità deigruppi dirigenti politici, burocratici ed economicia cui gli occupanti decidevano di delegare la ge-stione amministrativa delle cose.

L’élite dell’economia tedesca considerava come ap-partenenti alla propria sfera di influenza e di potere iterritori europei conquistati e occupati, e s’impegnò dinuovo nei propri progetti di supremazia, risalenti al-la prima guerra mondiale: agevolò il massiccio svi-luppo di fabbriche, stabilimenti metallurgici, minieree risorse minerarie; sfruttò al massimo le grandi pro-prietà terriere; favorì brevetti e invenzioni; aprì mercatidi sbocco e settori per l’investimento di capitali. Neglianni 1940 e 1941 i principali gruppi industriali delReich e le grandi banche formularono vasti program-mi per il «nuovo ordinamento» dell’Europa, del mer-cato mondiale e del futuro impero coloniale d’oltre-mare. Tali programmi concordavano con i piani stra-tegici della direzione politica e militare sui seguentipunti fondamentali: a. riconquista di quanto perdutodopo la prima guerra mondiale, incluse le colonie; b.campagna militare antisovietica con il duplice scopo diannientare e saccheggiare l’URSS; c. obiettivi bellici divastissima portata, risalenti al primo conflitto mon-diale, ivi compreso il progetto di un «grande spaziomitteleuropeo» sotto il dominio tedesco. La prima fa-se di realizzazione di tale programma fu denominatoGrande Germania. Per quanto concerne la gestionedel «nuovo ordinamento», si delinearono interessi di-vergenti: amministrazione fiduciaria oppure annes-sione immediata tramite «arianizzazione» o accapar-ramento; in altre parole, collaborazione o confisca.Ciò vale anche per le smodate aspirazioni dei gruppiindustriali controllati direttamente dallo stato nazi-sta, in particolare dal Konzern Hermann-Göring-Werke e dalla SS (Piano generale per l’Est). Con il per-

durare del conflitto, i fun-zionari incaricati di gesti-re gli affari economici epolitici nei territori occu-pati si videro costretti acercare una cooperazionea lungo termine, in parti-colare nel settore bellico,piuttosto che una politi-ca di spoliazione, annes-sione e stagnazione a breve termine. Nel 1942, inol-tre, il lavoro coatto di una moltitudine di stranieri di-venne indispensabile al mantenimento dell’economiadi guerra. Il 21 marzo Hitler nominò un dittatore diuomini (promemoria di gennaio del Comando su-premo delle Forze armate, OKW), con il titolo di ple-nipotenziario generale per l’impiego della manodo-pera (Generalbevollmächtigter für den Arbeiseinsatz,GBA). La carica fu attribuita al Gauleiter di TuringiaFritz Sauckel. Il primo e più importante compito cuidovette far fronte fu di «deportare da oriente il mag-gior numero possibile di uomini» (come scrisse Goeb-bels nel suo diario il 1° aprile 1942). In quell’annol’apparato dipendente dal GBA riuscì a ottenere per laGermania forza lavoro sovietica, costituita in preva-lenza da civili, soprattutto donne e ragazze, che furo-no raccolti, con l’appoggio delle Forze armate, nei ter-ritori orientali occupati e poi deportati. Nell’autun-no 1943, di tutta la forza lavoro straniera (circa7 000 000 di individui), il 33% proveniva dall’URSS, il24% dalla Polonia e il 20% dalla Francia. I lavoratoricoatti in genere non avevano alcuna libertà, vivevanoin condizioni di degrado sotto le continue intimida-zioni del terrore nazista, dovevano sopportare una ter-ribile denutrizione, venivano sottomessi alla spietatalegge del randello come alle più rigide e drastiche for-me di sfruttamento ed erano costretti a eseguire i com-piti più umili e pesanti. Al di sotto degli operai spe-cializzati, i capisquadra e i capimastri tedeschi, esiste-va un mondo di subalterni stranieri divisi sulla base diuna gerarchia fondata sul «concetto di razza», che crea-va molteplici sfumature nelle condizioni di lavoro edi vita. In tale situazione di terrore e discriminazionevivevano i «lavoratori stranieri» sotto contratto pro-venienti dagli stati satelliti e alleati, e i lavoratori for-zati civili provenienti dagli stati europei occidentali,settentrionali e sudorientali occupati, dalla Polonia edalla Russia. A questi si aggiungevano i prigionieri diguerra sovietici e i deportati nei campi di concentra-mento.

(Milza - Berstein - Tranfaglia - Mantelli [a cura di],Dizionario dei fascismi cit., pp. 197-205)

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LL’’eeccoonnoommiiaatteeddeessccaa

ee ii tteerrrriittoorriiooccccuuppaattii

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Nel quadro della «crociata antibolscevica» scatenata contemporanea-mente all’operazione Barbarossa (l’attacco all’Unione Sovietica) nell’esta-te del 1941, il Terzo Reich puntò a costruire un’aarrmmaattaa ddii vvoolloonnttaarrii provenientida tutti i paesi d’Europa caduti sotto il suo controllo . Prima di passare auna rapida panoramica del fenomeno, occorre anche in questo caso fare unadistinzione tra ciò che accadde nell’Europa occidentale e lo svolgersi deglieventi nelle aree meridionale e orientale del continente. Nella prima l’ar-ruolamento di volontari – in cui si impegnarono con tutte le loro forze igruppi filofascisti – avvenne prevalentemente sotto la spinta di mmoottiivvaazziioo--nnii ppoolliittiiccoo--iiddeeoollooggiicchhee (l’anticomunismo in primo luogo); nelle seconde a in-grossare le file delle Waffen SS o dei reparti ausiliari della Wehrmacht fuessenzialmente un aggressivo nnaazziioonnaalliissmmoo aannttiirruussssoo e, talvolta, la volon-tà di sottrarsi con l’arruolamento alle tremende condizioni dei campi di pri-gionia che le autorità militari germaniche riservavano ai militari sovieticicaduti nelle loro mani.

Soprattutto verso la fine della guerra, quando cioè l’impellente fabbisognodi uomini indusse il gruppo dirigente nazionalsocialista a lasciar cadere lepreclusioni contro i «non ariani» che in precedenza avevano limitatol’arruolamento di stranieri, il loro numero nelle Waffen SS aumentò note-volmente. Divisioni, reggimenti, o unità minori furono costituite con volon-tari provenienti da Norvegia, Francia, Belgio (si distinse in questo caso tra re-parti formati da valloni francofoni e reparti costituiti da fiamminghi di linguamadre neerlandese), Danimarca, Estonia, Lituania, Lettonia, Croazia, Bosnia(venne organizzata una formazione composta da bosniaci di religione mu-sulmana), Ucraina, Azerbaigian, Turkestan, Georgia e Armenia (anche leunità formate con personale proveniente dal Caucaso vennero oorrggaanniizzzzaatteerriiggiiddaammeennttee ssuu bbaassee nnaazziioonnaallee ee rreelliiggiioossaa insieme), nonché – dopo l’8 set-tembre 1943 – dall’Italia.

La forza delle Waffen SS ammontava, verso la metà del 1944, a un totaledi circa 600 000 uomini, di cui pressoché la metà era originaria di territoriposti al di fuori dei confini del Reich (in questa seconda cifra erano compresi,però, anche i Volksdeutsche, cioè i membri delle numerose minoranze te-desche presenti negli Stati dell’Europa centrale e orientale). Gli italiani chemilitarono nelle Waffen SS furono pressappoco 20 000.

Anche la WWeehhrrmmaacchhtt utilizzò rreeppaarrttii aauussiilliiaarrii ccoommppoossttii ddaa ssttrraanniieerrii, pre-valentemente arruolati tra le nazionalità non russe dell’Unione Sovietica(talvolta in loco, talvolta nei campi di prigionia); erano definiti Ost-Bataillone(battaglioni dell’Est). Posti agli ordini di ufficiali tedeschi, vennero estesamenteimpiegati nella repressione delle insorgenze partigiane.

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LLaa ««ccrroocciiaattaaaannttiibboollsscceevviiccaa»»::llee WWaaffffeenn SSSS

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● Quali furono le motivazioni che spinsero uomini non tedeschi a entrare nelle Waffen SS?

● Nella propaganda per l’arruolamento a quali riferimenti simbolici fecero di prevalenza ricorso gli autori dimanifesti e materiali grafici?

● A quale iconografia consolidata si ispirò l’autore del manifesto belga in cui un milite delle Waffen SS abbatte,servendosi di due rune, un drago di colore rosso, simbolo del comunismo?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

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Manifesto di propaganda norvegeseche invita all’arruolamento nei reparti

delle Waffen SS.

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Proponiamo qui materiali documentari di diversa natura: il primo è una ta-bella che illustra la portata del reclutamento di soldati non tedeschi nelleWaffen SS nell’ultima fase della guerra. Il totale stimato dà una cifra assai al-ta: 350 000 uomini circa, pari all’organico (a ranghi completi) di oltre 7 divi-sioni. Affiancano la tabella due manifesti di propaganda (rispettivamente olan-dese e belga) per l’arruolamento nelle Waffen SS, in cui possiamo notare la pre-senza ossessiva di slogan anticomunisti e antisovietici.

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PPrrooppaaggaannddaaee aarrrruuoollaammeennttii

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L’apporto delle nazionalità non tedesche alle Waffen SS

Stato o gruppo Numero di volontari Unità delle Waffen SS nazionale di appartenenza (stima) in cui prestarono servizio

Albanesi 3000 21ª Divisione SS

Belgi (fiamminghi) 23 000 5ª e 27ª Divisione SS

Belgi (valloni) 15 000 5ª e 28ª Divisione SS

Commonwealth britannico 50 Corpo volontario (inglesi) britannico

Bulgaria 200-1000 Reggimento bulgaro

Croazia 30 000 7ª, 13ª e 23ª Divisione SS(compresi bosniaci musulmani)

Danesi 10 000 Corpo volontario«Danimarca»,11ª Divisione SS

Indiani (dell’India britannica) 3500 Legione volontari

Estoni 20 000 20ª Divisione SS

Finlandesi 1000 Battaglione volontari

Ungheresi 15 000 25ª, 26ª, 33ª Divisione SS

Lettoni 39 000 15ª e 19ª Divisione SS

Olandesi 50 000 23ª e 34ª Divisione SS

Norvegesi 6000 5ª, 6ª, 11ª Divisione SS,Battaglione volontari

Francesi 8000 33ª Divisione SS

Italiani 20 000 29ª Divisione SS (italiana)

Polacchi e ucraini 25 000 14ª Divisione SS

Russi (bielorussi) 12 000 29ª e 30ª Divisione SS

Russi (cosacchi) 40 000 XV Corpo d’armatadi cavalleria SS (cosacco)

Russi (turchestani e tatari) 8000 Formazioni SSturchestane, formazioni SStatare

Romeni 3000 Reggimento granatieridelle Waffen SS (romeno)

Serbi 15 000 Corpi volontari

Spagnoli 200-1000 Compagnia volontari(spagnoli)del 101° Reggimento SS

Svedesi, svizzeri, 3000 5ª e 11ª Divisione SSlussemburghesi

Consistenza totale circa 350 000

(http://www.wssob.com/wss.html)

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Con l’unica eccezione della Danimarca, la cui piccola comunità ebraica fumessa in salvo dalle autorità di governo nella vicina, neutrale, e sicura Sve-zia, in tutti i paesi occupati dal Terzo Reich e dove erano insediati governi col-laborazionisti gli apparati dello Stato, le polizie in primo luogo, svolsero unruolo centrale nello sscchheeddaarree, rraassttrreellllaarree e ccoonncceennttrraarree ggllii eebbrreeii, conse-gnandoli nelle mani dell’istanza nazionalsocialista, la sezione IV b 4 delReichssicherheithauptamt (RSHA) il cui massimo dirigente fu Adolf Eichmann,a cui Adolf Hitler aveva demandato la ««ssoolluuzziioonnee ffiinnaallee ddeell pprroobblleemmaa eebbrraaii--ccoo»» , cioè l’attuazione della Shoah. I delegati di Eichmann provvidero poia deportarli, con destinazione Auschwitz.

Senza la zzeellaannttee ppaarrtteecciippaazziioonnee ddeellllee bbuurrooccrraazziiee dei pae-si occupati, dai poliziotti ai commissari, dagli ufficiali d’ana-grafe ai direttori ministeriali, sarebbe stato impossibile, per leforze tutto sommato limitate che il RSHA aveva a disposizio-ne, realizzare la Shoah in territori stranieri, malconosciuti,dove la gente parlava lingue diverse dal tedesco. Non solo, manon era infrequente (ciò avvenne, ad esempio, nella Franciadi Vichy guidata dall’eroe della prima guerra mondiale PhilippePétain, ma anche nella Croazia governata dagli ustasa) chele strutture dell’amministrazione pubblica controllata daicollaborazionisti non si limitassero (cosa che di per sé sa-rebbe già stata gravissima!) a rispondere positivamente arichieste e pressioni provenienti dagli uffici tedeschi perchévenisse attuata questa o quella misura antiebraica, ma pren-dessero esse stesse in prima persona iinniizziiaattiivvee ppeerrsseeccuuttoorriieeverso i propri concittadini ebrei. L’allievo superava così ilmaestro.

Per comprendere le motivazioni di ciò, occorre pensareche per i gruppi dirigenti e le élite nazional-conservatrici chesi fecero collaborazionisti l’antisemitismo non rappresen-tava una merce d’importazione, ma era profondamente rraa--ddiiccaattoo nneellllaa lloorroo mmeennttaalliittàà e nella loro Weltanschauung; evi-

dentemente nella società gerarchica, tradizionalista, «bene ordinata», cheessi stavano tentando di restaurare, per gli ebrei (tutti gli ebrei in quanto ta-li, indipendentemente da chi fossero e che cosa pensassero) non c’era po-sto. Quale miglior occasione per liberarsene che consegnarli alle camicie bru-ne? Della Shoah i collaborazionisti furono perciò rreessppoonnssaabbiillii aa ttuuttttii ggllii eeff--ffeettttii, in solido con i responsabili del Terzo Reich. Ciò vale per i funzionari diVichy come per i seguaci di Quisling, per gli alti burocrati olandesi come per i dirigenti della polizia belga, per gli ustasa croati come per i qua-dri non solo politici ma anche amministrativi dell’Ungheria, della Romania

e della Repubblica di Salò.Il ccaassoo ffrraanncceessee mostra come talvolta l’antisemitismo dei collaborazio-

nisti e quello degli occupanti entrassero reciprocamente in conflitto perchédiverse erano le modalità di realizzazione, ancorché univoco fosse l’obiet-tivo di fondo: sbarazzarsi degli ebrei. Poche settimane dopo l’emanazioneda parte del governo di Vichy del primo «Statuto degli ebrei» (3 ottobre1940), infatti, le autorità germaniche che amministravano Alsazia e Lorena,territori ora annessi al Reich, avrebbero (22 ottobre) avviato una grande azio-

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CCoollllaabboorraazziioonniissttiiee SShhooaahh

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L’ingresso del ghettodi Lodz, in Polonia.Tra il 1940 e il 1944

moriranno al suo interno160 000 ebrei.

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Proponiamo qui documenti di diversa natura; le prime sono due tabelle frut-to della rielaborazione dei dati sintetici presenti nella più importante operacollettanea sulla Shoah, curata dallo storico tedesco WWoollffggaanngg BBeennzz, direttoredel Centro di ricerca sull’antisemitismo istituito presso l’università tecnica di Ber-lino; il volume tratta dei diversi casi nazionali. Seguono poi, a titolo di esem-pio, due schede sull’attività antisemita di forze collaborazioniste che opera-rono in proprio, senza bisogno di particolari spinte da parte tedesca, tratte(con lievi modifiche) dal sito in lingua italiana www.olokaustos.org, progetta-to e curato da studiosi del tema. I casi presi in esame sono quelli dei PaesiBassi (testo B), Stato soggetto all’occupazione da parte della Wehrmacht, e della Romania (testo C), pae-se invece alleato del Terzo Reich. Questo testo è corredato di una carta della Romania (nei confini as-sunti nel 1941, dopo l’avvio della campagna militare delle forze dell’Asse contro l’Unione Sovietica) do-ve sono indicati i ghetti, i campi di concentramento e gli altri luoghi in cui avvennero massacri di ebrei.

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AAnnttiisseemmiittiissmmoo eeccoollllaabboorraazziioonniissmmoo

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La distruzione degli ebrei d’EuropaA

Cause e luoghi Numero dei decessi dei decessi (stime per difetto)

Costituzione dei ghetti 800 000e privazioni generali

Esecuzioni all’aperto, fucilazioni e operazionimobili da parte di Einsatzgruppen, unitàagli ordini dei responsabili territoriali della SSe della polizia 1 300 000

Campi di sterminio (Vernichtungslager) 2 700 000

Auschwitz 1 000 000

Treblinka 750 000

Belzec 550 000

Sobibór 200 000

Kulmhof (Chelmno) 150 000

Lublino (Majdanek) 50 000

Campi di concentramento (Konzentrationslager) 300 000

Totale 5 100 000

Paese di provenienza Numero delle vittime

Polonia 2 700 000 - 3 000 000

Unione Sovietica 2 100 000

Romania 211 214

Bulgaria 11 393

Cecoslovacchia 143 000

Ungheria 550 000

Germania 165 000

Paesi Bassi 102 000

Francia 76 134

Iugoslavia 60 000 - 65 000

Grecia 59 185

Austria 65 459

Belgio 28 518

Albania 591

Italia (Rodi compresa) 9000

Norvegia 758

Lussemburgo 1200

Danimarca 116

Totale approssimato 5 290 000 - poco più(dati di minima e di massima) di 6 000 000

(W. Benz [a cura di], Dimension des Völkermordes. Die Zahlder jüdischen Opfer des Nationalsozialismus, München,Oldenbourg, 1991, pp. 15-17)

La villa al Gross-Wannsee, nei pressi di Berlino,dove il 20 gennaio 1942 si tenne la conferenza,

presieduta da Reinhard Heydrich, che coordinò lo sterminiodegli ebrei d’Europa, peraltro già in atto da mesi.

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GGuueerrrraa ee ccoollllaabboorraazziioonniissmmii110000

● Quanto importante fu l’apporto dei regimi collaborazionisti alla distruzione degli ebrei d’Europa?

● Esaminando le tabelle, traccia un quadro delle modalità dello sterminio e delle sue localizzazioni geografiche.

● Ci furono differenze nelle modalità persecutorie antisemite attuate nell’Europa occidentale e nell’Europaorientale?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

42��

Il campo di internamentodi Drancy, in cui furonorinchiusi ebrei francesie stranieri di religione

ebraica residenti nel paesedurante il conflitto.

ne di rastrellamento degli ebrei trasferendone 6504 nel territorio non oc-cupato. Era la prima fase di un progetto dai contorni giganteschi: la depor-tazione verso la Francia meridionale di oltre 270 000 ebrei residenti neiterritori facenti parte del Reich nei confini del 1937 (cosiddetto Altreich),nell’Ostmark (ex Austria), e nel Protettorato di Boemia e Moravia (regioni del-la ex Cecoslovacchia).

Lo sviluppo degli eventi, in una fase in cui la ferma intenzione del grup-po dirigente del Terzo Reich di sbarazzarsi di tutti gli ebrei presenti sul pro-prio territorio non si era ancora indirizzata su percorsi genocidi, mostracome a Berlino non si pensasse affatto a una Francia meridionale judenrein,anzi, al contrario, si intendesse scaricarvi quote significative dell’indeside-rata popolazione ebraica. Ciò, tuttavia, si scontrava con la ferma opposi-zione delle autorità di Vichy, desiderose a loro volta di «ripulire» il propriopaese dalla presenza giudaica. La risposta ai trasferimenti coatti fu l’aper-tura di aappppoossiittii ccaammppii ddii ccoonncceennttrraammeennttoo: in quello di Gurs furono rinchiu-se le vittime del rastrellamento del 22 ottobre, e altri accolsero le ondatesuccessive, tanto che alla fine del 1940 dei circa 40 000 internati nellaFrancia meridionale ben il 70% erano ebrei. Di lì a poco la linea di demar-cazione fu sigillata da entrambe le parti: gli occupanti non permettevano piùa ebrei in fuga di passare verso Sud, i seguaci del maresciallo inesorabilmenteli respingevano.

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La polizia olandese, denominata Koninklijke Ma-rechaussee aveva una storia antichissima: era stata fon-data nel 1814 dal re Guglielmo I con lo scopo di man-tenere in tutto il paese l’ordine pubblico. Con l’arrivodelle truppe tedesche la Marechaussee perse il suo ruo-lo e subì un radicale cambiamento. I capi poco affi-dabili politicamente vennero rimpiazzati con filonazistidi provata fede. Durante il periodo che va dal 1940 al1945 un alto numero di poliziotti olandesi venne im-piegato nel campo di concentramento e di transito diWesterbork. Un battaglione di SS olandesi venne in-caricato di controllare gli accessi al campo e di impe-dire le eventuali fughe, contemporaneamente i poli-

In Romania l’inizio del massacro coincise con l’in-vasione dell’Unione Sovietica. Da Bucarest venne di-ramato un ordine di evacuazione per tutti gli ebreiche abitavano lungo la linea di frontiera. Nella città diIasi, che contava una numerosa comunità ebraica, lanotte del 25 giugno 1941 il comandante della 14ª Di-visione dell’esercito rumeno, generale Stavrescu, or-dinò l’arresto di tutti gli ebrei. Circa 6500 uominivennero fucilati immediatamente o durante il sac-cheggio cui venne sottoposto il quartiere ebraico. Do-po cinque giorni, il 30 giugno, circa 4400 ebrei anco-ra in vita vennero caricati su due treni sigillati, senzané acqua, né cibo. Nel caldo terribile dell’estate i tre-ni partirono senza una destinazione precisa poichénon era stato predisposto alcun centro di raccolta al-l’interno. Gli ebrei cominciarono a morire di sete.Così – quando i treni arrivarono a destinazione – isopravvissuti furono meno di un migliaio. Quandole truppe rumene passarono il confine con l’URSS erioccuparono la Bucovina il primo obiettivo fu la cit-tà di Cernauti [Cernovcy], un centro fiorente e po-polato da una comunità ebraica di più di 42 000 per-sone. Le truppe rumene e tedesche vi giunsero il 4luglio 1941; in ventiquattro ore il quartiere ebraicovenne messo a sacco e 2000 ebrei vennero uccisi. Neimesi successivi il concentramento degli ebrei in Trans-nistria fu un’opera interamente rumena, i tedeschilasciarono che a risolvere il problema ebraico fosseroi diretti interessati; in tal modo la regione divenne unterribile, enorme, campo di eliminazione, in cui ilmantenimento dell’ordine era affidato alla gendar-meria rumena. Nelle intenzioni del dittatore Ion An-tonescu gli ebrei dovevano essere distribuiti nei villaggia prevalente popolazione ucraina; ciò significò per

loro compiere delle marce della morte durante le qua-li i più deboli, i più anziani venivano sistematica-mente uccisi. L’intenzione di massacrare gli ebrei del-la Transnistria era d’altronde ufficiale; Antonescu il 16dicembre 1941 aveva dichiarato: «Stiamo aspettandoche venga presa una decisione a Berlino? Stiamo aspet-tando una decisione che ci riguarda? Aspettiamo permetterli in un luogo sicuro? Mettiamoli nelle cata-combe, mettiamoli nel Mar Nero. Non voglio sapereniente. Non importa se moriranno in cento o in mil-le, possono morire tutti».

ziotti della Marechaussee vennero incaricati di man-tenere l’ordine all’interno del campo. Altro incaricoaffidato alla Marechaussee fu la scorta delle colonne diebrei da e verso i treni che arrivavano o partivano daWesterbork. Dopo il novembre del 1942 questo com-pito si rese inutile poiché lo scalo ferroviario venneposto praticamente all’ingresso del campo stesso. Nelgennaio 1943 la Marechaussee sostituì completamen-te il battaglione di SS olandesi che sino a quel mo-mento aveva operato a Westerbork. Così i poliziottiolandesi ebbero il compito di preparare i treni e difarvi salire i prigionieri diretti ai campi di sterminio edi controllare il perimetro del campo.

GGuueerrrraa ee ccoollllaabboorraazziioonniissmmii 110011

GalatiFocsani˘

Odessa

TighinaIasi

Podul Iloalei

Faticeni˘

Chisinau˘

Calarasiˇ ˇ

Soroca

Cernovcyˇ

SargorodˇBar

SpikovPeciora

VapnjarkaTulcinˇ

MogilevScazinet

GoltaBersadˇ

BaltiˇBerezovka

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DomanivkaAcmecetkaˇ

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KhotinBriceni

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Valacchia

R O M A N I ATransilvania

MoldaviaU NG H E R IA

Bessarabia

Bucovina

Polonia(Governatorato

generale)

Transnistria

Ucraina(Commissariato

del Reich)

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Dnestr

Bug

MAR NERO

Altri massacri

Campi

Ghetti

L’efficiente polizia olandeseB

L’artigianale sterminio romenoC

^

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Il 1° dicembre 1943 nacque formalmente, per effetto di un decreto firma-to da Benito Mussolini, la Repubblica sociale italiana (RSI). Il suo dissolvi-mento verrà a coincidere a un tempo con la morte del suo capo, fucilato daipartigiani a Giulino di Mezzegra (Como) il 28 aprile 1945, e con la fine del-la guerra in Europa, avvenuta l’8 maggio seguente in seguito alla resa in-condizionata della Germania. Da un lato, infatti, la RSI è lleeggaattaa iinnddiissssoolluubbiill--mmeennttee aallllaa ssttoorriiaa ddeell ffaasscciissmmoo e alla vicenda personale del suo leader; dal-l’altro può essere compresa soltanto sullo sfondo del ccoonnfflliittttoo mmoonnddiiaalleenneellllaa ssuuaa ffaassee ccoonncclluussiivvaa. Le modalità con cui la «Repubblica di Mussolini»si costituì non furono né uniche né eccezionali, ma la accomunarono a tut-ti quei regimi strutturatisi, dal 1940 al 1944, in paesi invasi dalle armi nazistee fasciste, regimi la cui sorte era strettamente dipendente dalle fortune mi-litari dell’occupante.

Il 15 settembre 1943 un comunicato radio annunciava la rriiccoossttiittuuzziioonneeddeell rreeggiimmee ffaasscciissttaa, in forma repubblicana, del partito, della milizia. Con-temporaneamente, a tutti i funzionari dello Stato, del partito e delle orga-nizzazioni di massa venne ordinato di collaborare con le autorità di oc-cupazione. Otto giorni dopo, il 23 settembre, Mussolini ritornò in Italia. Il 27si riunì, per la prima volta, il nuovo Consiglio dei ministri, i cui membri era-no stati designati nei giorni precedenti. Si trattava, a questo punto, di giu-stapporre alla testa un qualche corpo che avesse una parvenza di sta-tualità, e quindi bisognava affrontare le questioni della ricostituzione diun aappppaarraattoo mmiilliittaarree, della riorganizzazione delle ssttrruuttttuurree bbuurrooccrraattiicchhee, del-la ripresa (per quanto possibile) delle rreellaazziioonnii ddiipplloommaattiicchhee, dell’impo-stazione di una ppoolliittiiccaa eeccoonnoommiiccaa ee ffiinnaannzziiaarriiaa. Non esiste infatti Stato sen-za esercito, burocrazia, diplomazia e facoltà di battere moneta propria.

Tutto ciò in un contesto definito dalla guer-ra e dovendo fare i conti con la macchinad’occupazione tedesca.

Come molti dei gerarchi che attorniavanoMussolini tra Gardone e Salò amavano ripe-tere, il fascismo avrebbe allora vissuto la sua«seconda ondata»; non per caso la Repub-blica si definiva per l’appunto «sociale», e lasua propaganda rilanciava umori anticapi-talisti e antiborghesi, conditi – va precisato –di radicale aannttiisseemmiittiissmmoo . Nei fatti, però,quest’impronta fascista radicale si espressenon tramite una maggiore centralizzazione,bensì attraverso il ssoovvrraappppoorrssii ddii ssttrruuttttuurree ee

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GGuueerrrraa ee ccoollllaabboorraazziioonniissmmii111100

● Analizza le misure antisemite prese dalla RSI immediatamente dopo la propria costituzione, e confrontale conla tesi, assai diffusa, della prevalente, se non esclusiva, responsabilità tedesca nella deportazione degli ebreidall’Italia.

● Leggi le schede sui principali campi di concentramento e transito attivi in Italia dopo l’8 settembre 1943 e confrontale con le informazioni di cui eri già in possesso.

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

47��

LLAA RREEPPUUBBBBLLIICCAASSOOCCIIAALLEE IITTAALLIIAANNAA

RRiittoorrnnooaallllee oorriiggiinnii eessoovvrraanniittàà lliimmiittaattaa

La carta evidenzia la posizionedei principali campi di concentramento

italiani: la Risiera di San Sabba,unico Lager vero e proprio collocato

in territorio nazionale, e i campidi transito di Fossoli di Carpi

e di Bolzano-Gries.

Genova

Torino

MilanoVerona

Venezia

Bolzano

Firenze

CarpiBologna

Bergamo

San Sabba

Fossoli

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Saló

SVIZZERA

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Campi di concentramentoe di transito per deportatiebrei e politici

Linea Gotica (dal giugno 1944)

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Offriamo alla riflessione alcuni documenti sulla radicalizzazione antise-mita verificatasi nelle file del fascismo dopo la sua resurrezione in forma re-pubblicana. Come nel 1938, siamo di fronte a un fenomeno che ha essenzial-mente radici endogene, e non può essere in alcun modo spiegato con pressioniesterne da parte dell’occupante nazista, che non a caso si era premurato, nel-le prime settimane successive all’8 settembre 1943, di agire in prima personacontro gli ebrei residenti in Italia, e solo successivamente all’emanazione del-le disposizioni antisemite qui riportate (documento A) ristrutturò i propri organioperanti in Italia al fine di realizzare il massimo di sinergia possibile con le au-torità salodiane. Seguono tre schede (documento B) dedicate ai maggiori insediamenti concentrazionariesistenti in Italia (la cui collocazione è visibile nella piccola carta riportata a p. 110). Tutti questi testi so-no reperibili on line al sito: http://www.romacivica.net/anpiroma/deportazione/deportazionecampib.htm.

Ordine di polizia n° 5 emanato il 30 novembre1943 dal ministero dell’Interno della RSI1.

1. Tutti gli ebrei a qualunque nazionalità appar-tengano e comunque residenti nel territorio naziona-le debbono essere inviati in appositi campi di con-centramento.

2. Tutti coloro che, nati da matrimonio misto, eb-bero in applicazione delle leggi razziali vigenti il rico-noscimento di appartenenza a razza ariana, debbono

La Risiera di San SabbaLo stabilimento (vicino aTrieste), per la pilatura

del riso, venne costruito nel 1913. Dopo l’8 settembre1943 fu utilizzato dall’occupatore tedesco come cam-po di prigionia per i militari italiani catturati. Versola fine di ottobre i nazisti strutturarono la Risiera co-me Polizeihaftlager («campo di detenzione di poli-zia»), destinandola sia allo smistamento dei deporta-ti nei campi di concentramento e sterminio, sia suc-cessivamente alla detenzione ed eliminazione di par-tigiani, detenuti politici ed ebrei. […] In un edificio aquattro piani venivano rinchiusi in camerate, gli ebreie i prigionieri politici, anche donne e bambini, desti-nati alla deportazione nei campi di Dachau, Ausch-witz, Mauthausen. […] Il numero delle vittime cre-mate in Risiera è di circa 3000-5000 persone (triestini,sloveni, croati, friulani, istriani ed ebrei). Ma un nu-mero ben maggiore di prigionieri sono passati dallaRisiera e smistati nei Lager: più di 25 000.

Il campo di FossoliViene istituito dalle autorità monarchicofasciste

nel maggio 1942 come campo per prigionieri di guer-ra inglesi. Dopo l’8 settembre del 1943 viene occu-

pato dai tedeschi per poi essere ceduto alla neonata RSI

che ne fa un centro di concentramento per ebrei.Dall’8 febbraio del 1944 subentra la gestione da par-te della SS: Fossoli diventa campo di transito per pri-gionieri politici ed ebrei destinati ai Lager. Dalla sta-zione di Carpi vengono deportati, in sette mesi, 2465prigionieri politici e 2458 ebrei; tra questi ultimi, neltrasporto del 22 febbraio Primo Levi. Il 2 agosto 1944,il campo viene abbandonato e trasferito a Bolzano-Gries.

Il campo di Bolzano-GriesIl Polizeiliches Durchgangslager Bozen è la prose-

cuzione del Polizei und Durchgangslager Fossoli; l’avan-zata degli Alleati con il conseguente arretramento delfronte sulla Linea Gotica e l’intensificarsi delle azionipartigiane provocarono il trasferimento del campoverso Nord. Furono almeno 11 116 i prigionieri transi-tati per Bolzano-Gries, che fungeva da centro di rac-colta e detenzione per politici, zingari, ebrei rastrel-lati, e ostaggi catturati nel Centro e Nord Italia. Il Lagerprincipale occupava un’area di circa 2 ettari, e aveva al-le sue dipendenze dei sottocampi, dislocati sul terri-torio provinciale.

essere sottoposti a speciale vigilanza dagli organi dipolizia. Siano pertanto concentrati gli ebrei in cam-po di concentramento provinciale, in attesa di essere ri-uniti in campi di concentramento speciali apposita-mente attrezzati.

11.. MMiinniisstteerroo ddeellll’’IInntteerrnnoo ddeellllaa RRSSII, il dicastero eraguidato da Guido Buffarini Guidi, fascista dellaprima ora e sottosegretario agli Interni dal 1933 al1943.

GGuueerrrraa ee ccoollllaabboorraazziioonniissmmii 111111

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LL’’aannttiisseemmiittiissmmoorraaddiiccaalleeddeellllaa RRSSII

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Page 95: I Fascismi Europei 1919-45

iissttaannzzee spesso in conflitto traloro. È come se fossero con-vissuti, per il breve arco di vi-ta della RSI, dduuee aappppaarraattii ppaarraall--lleellii, il primo costituito dallanormale burocrazia stataleperiferica, il secondo dalle en-tità politiche, poliziesche inparticolare, a cui il fascismorepubblicano aveva dato vitae in cui si esprimeva .

La radice del ccaaooss iissttiittuu--zziioonnaallee tipico della RSI va in-dividuata nella presenza di unpotere autonomo come quel-lo costituito dalla mmaacccchhiinnaadd’’ooccccuuppaazziioonnee tteeddeessccaa; a ciòsi sovrappose una molteplici-tà di istanze fasciste.

Sarebbe difficoltoso accreditare alla RSI le caratteristiche di uno Stato ve-ro e proprio: non aveva il controllo del suo territorio, non disponeva di un pro-prio esercito, non era in grado di battere moneta, non poteva sviluppareuna politica estera né aveva un proprio status internazionale che non fos-se quello concessole dal Terzo Reich. L’unica caratteristica statuale cheancora possedeva era un aappppaarraattoo aammmmiinniissttrraattiivvoo, alla cui autonomia po-nevano però limiti pesanti la macchina d’occupazione germanica e, dalla pri-mavera 1944, il movimento partigiano.

La RSI durò appena venti mesi; il regime monarchico-fascista vent’anni.Nella memoria collettiva del paese, però, ll’’iimmmmaaggiinnee ddeell ffaasscciissmmoo cchhee ssiittrraammaannddòò ffuu qquueellllaa ddeellllaa RReeppuubbbblliiccaa ssoocciiaallee. Ciò vale sia per la maggioran-za della popolazione, che di Mussolini e della sua dittatura elaborò una vi-sione critica o quanto meno distaccata, sia per le minoranze che all’espe-rienza fascista vollero continuare a ispirarsi. Per i primi prevalse la visionedrammatica di un’Italia in guerra, invasa e bombardata, come sinonimo delfascismo in tutta la sua parabola; i secondi trovarono invece maggiori fon-ti d’ispirazione, piuttosto che in un regime basato sul compromesso per-manente con le élite tradizionali, in un fascismo repubblicano ammantatodi retorica radicale, sedicente «sociale», che aveva esaltato le pulsioni eli-tiste, vitaliste, decadenti che gli erano congenite. Non per caso il libro dimemorie di un combattente della RSI, Carlo Mazzantini, si intitola A cercar labella morte, e una delle più note canzoni della Brigata nera scandisce: «Ledonne non ci vogliono più bene / perché portiamo la camicia nera / Hannodetto che siamo da catene / hanno detto che siamo da galera».

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GGuueerrrraa ee ccoollllaabboorraazziioonniissmmii111122

● Qual è il significato profondo della trasformazione del PFR in Brigate nere?

● Che cosa suggeriscono l’iconografia, gli slogan e i canti delle Brigate nere? Quale visione del mondo, quali valorie convinzioni ne traspaiono?

RIFLETTERE SUI DOCUMENTI

48��

Cartolina per l’arruolamentonell’esercito della Repubblica sociale

italiana.

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Page 96: I Fascismi Europei 1919-45

Propugnatore fin dal suo apparire dell’illegalità violenta e del «santomanganello», il fascismo chiuderà sanguinosamente la sua parabola politicaultraventennale facendosi partito della guerra civile. È questo il senso dellatrasformazione, decisa all’inizio dell’estate 1944, del Partito fascista repub-blicano (PFR) in Brigata nera. Nel brano che segue DDiiaanneellllaa GGaagglliiaannii, attenta stu-diosa del fascismo repubblicano e autrice di un’opera fondamentale sulleBrigate nere (Brigate nere. Mussolini e la militarizzazione del Partito fascistarepubblicano, Torino, Bollati Boringhieri, 1999), offre una rapida sintesi dellevicende delle formazioni militarizzate della RSI che più sono rimaste impressenella memoria collettiva come sinonimo di condotta brutale ed efferata. Integra la documentazione il te-sto di una canzone di una Brigata nera toscana.

Il 21 giugno 1944 Mussolini ordinò che dal 1° lugliosuccessivo tutti gli iscritti al PFR di età compresa fra i 18ed i 60 anni costituissero il Corpo ausiliario delle ca-micie nere, che le federazioni del partito si trasfor-massero in brigate il cui comando era da affidarsi aicapi politici locali, che tutta l’organizzazione del PFR

fosse militarizzata con la rinuncia ai compiti assisten-ziali e propagandistici. Non ci sarebbero stati gradi,ma solo funzioni di comando e il corpo, sottoposto al-la disciplina di guerra e agli ordini del capo della pro-vincia sarebbe stato impiegato «contro i sicari ed igruppi di complici del nemico». Le brigate nere nac-quero dunque con lo scopo dichiarato della lotta allaResistenza. A differenza degli altri corpi armati che –almeno sulla carta – asserivano di voler combatterecontro il nemico esterno, le brigate nere dichiararonoapertamente la guerra nel fronte interno, e special-mente contro il nemico interno: «I compiti sono quel-li del combattimento per l’ordine pubblico, per l’or-dine rivoluzionario, per la lotta antiribellistica, per la li-quidazione degli eventuali nuclei di paracadutisti ne-mici», recitava la circolare del 25 luglio del segretario delPFR (Alessandro Pavolini), che specificava: «Nelle azio-ni antiribelli, le squadre non fanno prigionieri». La

mobilitazione delle brigate nere portò a una escala-tion della violenza e a un salto di qualità nella guerra ci-vile: l’estate del 1944 può ben definirsi un’estate di san-gue. Le cifre della mobilitazione dei fascisti nelle filedelle brigate nere sono difficili da stabilire, siamo tut-tavia piuttosto sicuri che, al 20 settembre 1944, gli uo-mini inquadrati fossero 11 620 e che, probabilmente, afine ottobre essi raggiunsero i 16 000. Si trattava, per lamaggioranza, di fascisti convinti e decisi a una guerraspietata con la Resistenza, ma non mancarono giovanie perfino adolescenti persuasi della maggiore volontà dilotta del partito rispetto alle altre strutture della RSI. Ilbrigatista nero rappresentava del resto il modello ma-schile per eccellenza: credente e combattente, doveva es-sere integerrimo, determinato e votato alla morte perMussolini e la causa fascista. La realtà non corrisposesempre al modello (fuorché per la violenza), ma an-cor prima furono gli scopi delle brigate nere (l’impo-sizione del fascismo e del prolungamento del conflitto)a non incontrare l’adesione della popolazione, stancadella guerra e del fascismo.

(D. Gagliani, Brigate nere, in V. de Grazia - S. Luzzatto[a cura di], Dizionario del fascismo, I, Torino, Einaudi, 2002,pp. 199-200)

canta mitraglia la rumba fulminante ché legionari siam di Mussolin.A noi la morte non ci fa paura:ci si fidanza e ci si fa l’amor,se poi ci avvince e ci porta al cimitero s’accende un cero e non se ne parla più.Vogliam morire tutti crocefissi,per riscattare un’ora di viltà,se ci restasse di vita un sol minuto noi lo vivremo per un’eternità.

O battaglion toscanoil bello tu... sei tudi tutta la Repubblicala meglio gioventù.Qualcuno arriccia il nasovorrebbe biasimarma noi non si fa casosi tira a camminar.E con in testa il nostro comandante lo seguiremo lungo il suo cammin

GGuueerrrraa ee ccoollllaabboorraazziioonniissmmii 111133

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Le immagini degli occhiellip. 1 «La reazione al sovversivismo negatore», una delle opere esposte alla Mostra della Rivoluzione fascista nel 1932.

p. 19 Cartolina pubblicitaria di una ditta specializzata in forniture per cartoleria, 1938 circa.

p. 43 Parata nazista nelle vie di Norimberga, 1933.

p. 59 Manifestazione a Milano in sostegno del dittatore spagnolo Francisco Franco, 1939.

p. 81 La prima pagina de «La Stampa» dell’11 giugno 1940 che annuncia l’entrata in guerra dell’Italia.

p. 115 Migliaia di persone inneggiano al nazismo durante la festa del Partito nazionalsocialista a Norimberga nel 1938.

p. 143 Mussolini a Cinecittà durante le riprese del film Scipione l’Africano, 1937.

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