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DOMANDA DI CULTURA: TASSONOMIA E PANORAMICA ITALIANA Marco Causi 1 e Valerio Tuccini 2 1. Introduzione Gli obiettivi di queste pagine sono tre. Primo, fornire un’introduzione metodologica allo studio della domanda di cultura. Secondo, proporre una panoramica delle principali fonti informative e statistiche che si occupano della domanda di cultura in Italia. Terzo, attraverso una lettura dei dati disponibili, descrivere le principali evidenze empiriche e formulare alcune ipotesi interpretative in merito alle caratteristiche della domanda di cultura in Italia. Il paragrafo 2 contiene un inquadramento teorico sulla domanda di cultura. In particolare, si costruisce una tassonomia dei soggetti che “domandano” cultura e si delimita l’oggetto dei consumi e degli investimenti culturali. I paragrafi da 3 a 7 si concentrano sui consumi culturali degli individui (“le famiglie”, adottando il termine in uso nel vocabolario della statistica ufficiale). I paragrafi 8, 9 e 10 si occupano degli altri soggetti che “domandano” cultura: il settore pubblico, le imprese, i soggetti non residenti (quelli che la statistica ufficiale definisce come “il resto del mondo”). 2. Una tassonomia della domanda di cultura Dal punto di vista teorico, l’attenzione posta dagli economisti allo studio delle dinamiche del consumo culturale ha radici lontane. A. Marshall, già alla fine del XIX secolo, intravedeva le peculiarità della domanda culturale le quali, riassunte allora nel concetto elementare del “più si ascolta la musica, più la si apprezza”, costituiranno uno dei maggiori ambiti di confronto e dibattito della letteratura economica. Le caratteristiche dei consumi tradizionali, poste a confronto con quelle dei consumi culturali, infatti, hanno da sempre rappresentato un “problema” per gli economisti, in particolare per le convenzionali teorie di tipo marginalista. Nella teoria del consumo standard l’individuo è un soggetto razionale la cui soddisfazione (utilità) cresce sempre meno all’aumentare del consumo di un determinato bene (utilità marginale decrescente) e i cui gusti sono esogeni, e cioè restano al di fuori dell’analisi economica. I consumi culturali risultano apparentemente inspiegabili o, comunque, fuori schema, per almeno tre motivi: primo, molti beni e prodotti culturali hanno natura pubblica, o almeno collettiva 3 ; secondo, l’utilità marginale non appare necessariamente decrescente all’aumentare del consumo; terzo, i gusti e le preferenze dei consumatori sembrano potersi evolvere e modificare con i consumi. Il tentativo più avanzato di rappresentare i consumi culturali all’interno di un modello che salvaguardi i principi della teoria tradizionale dei consumi è quello di Becker e Stigler (1977), i 1 Università degli Studi Roma Tre. 2 Università degli Studi Roma Tre e Cles srl 3 I beni pubblici sono caratterizzati da due proprietà: la non rivalità (il consumo da parte di un individuo non ne diminuisce l’ammontare disponibile per gli altri) e la non escludibilità (è impossibile, se non a costi proibitivi, escludere dal consumo una parte della collettività). La difesa nazionale è un tipico esempio. Un bene collettivo, rispetto al concetto di bene pubblico, può essere escludibile (per approfondimenti si vedano Stiglitz, 2003, e Brosio).

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DOMANDA DI CULTURA: TASSONOMIA E PANORAMICA ITALIANA

Marco Causi1 e Valerio Tuccini2

1. Introduzione

Gli obiettivi di queste pagine sono tre. Primo, fornire un’introduzione metodologica allo studio della domanda di cultura. Secondo, proporre una panoramica delle principali fonti informative e statistiche che si occupano della domanda di cultura in Italia. Terzo, attraverso una lettura dei dati disponibili, descrivere le principali evidenze empiriche e formulare alcune ipotesi interpretative in merito alle caratteristiche della domanda di cultura in Italia. Il paragrafo 2 contiene un inquadramento teorico sulla domanda di cultura. In particolare, si costruisce una tassonomia dei soggetti che “domandano” cultura e si delimita l’oggetto dei consumi e degli investimenti culturali. I paragrafi da 3 a 7 si concentrano sui consumi culturali degli individui (“le famiglie”, adottando il termine in uso nel vocabolario della statistica ufficiale). I paragrafi 8, 9 e 10 si occupano degli altri soggetti che “domandano” cultura: il settore pubblico, le imprese, i soggetti non residenti (quelli che la statistica ufficiale definisce come “il resto del mondo”).

2. Una tassonomia della domanda di cultura

Dal punto di vista teorico, l’attenzione posta dagli economisti allo studio delle dinamiche del consumo culturale ha radici lontane. A. Marshall, già alla fine del XIX secolo, intravedeva le peculiarità della domanda culturale le quali, riassunte allora nel concetto elementare del “più si ascolta la musica, più la si apprezza”, costituiranno uno dei maggiori ambiti di confronto e dibattito della letteratura economica. Le caratteristiche dei consumi tradizionali, poste a confronto con quelle dei consumi culturali, infatti, hanno da sempre rappresentato un “problema” per gli economisti, in particolare per le convenzionali teorie di tipo marginalista. Nella teoria del consumo standard l’individuo è un soggetto razionale la cui soddisfazione (utilità) cresce sempre meno all’aumentare del consumo di un determinato bene (utilità marginale decrescente) e i cui gusti sono esogeni, e cioè restano al di fuori dell’analisi economica. I consumi culturali risultano apparentemente inspiegabili o, comunque, fuori schema, per almeno

tre motivi: primo, molti beni e prodotti culturali hanno natura pubblica, o almeno collettiva3; secondo, l’utilità marginale non appare necessariamente decrescente all’aumentare del consumo; terzo, i gusti e le preferenze dei consumatori sembrano potersi evolvere e modificare con i consumi. Il tentativo più avanzato di rappresentare i consumi culturali all’interno di un modello che

salvaguardi i principi della teoria tradizionale dei consumi è quello di Becker e Stigler (1977), i

1 Università degli Studi Roma Tre.

2 Università degli Studi Roma Tre e Cles srl

3 I beni pubblici sono caratterizzati da due proprietà: la non rivalità (il consumo da parte di un individuo non ne diminuisce l’ammontare disponibile per gli altri) e la non escludibilità (è impossibile, se non a costi proibitivi, escludere dal consumo una parte della collettività). La difesa nazionale è un tipico esempio. Un bene collettivo, rispetto al concetto di bene pubblico, può essere escludibile (per approfondimenti si vedano Stiglitz, 2003, e Brosio).

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quali hanno elaborato la teoria degli “addictive goods”, che spiega le peculiarità del consumo culturale assegnando una funzione fondamentale al tempo e ai suoi effetti sull’accumulazione del capitale umano. Dal punto di vista statistico-economico, gli operatori che esprimono a vario titolo e sotto diverse forme una domanda di consumo o di investimento culturale all’interno di un paese sono classificabili in quattro categorie: le famiglie, le imprese, la pubblica amministrazione, il resto del mondo (ovvero, i soggetti non residenti; Fig. 1). Fig. 1 – Gli operatori che esprimono domanda di cultura

OPERATORI ECONOMICI CONSUMI INVESTIMENTI

Famiglie

frequenza e acquisto di servizi in musei, spazi espositivi, aree archeologiche, monumenti,

biblioteche e archivi, teatri, festival, spazi per musica dal vivo, consumi di libri e quotidiani,

consumi di musica riprodotta e di prodotti cinematografici e audiovisivi, erogazioni

liberali (*)

acquisto opere d'arte e beni culturali, manutenzione e restauro beni culturali di

loro proprietà, erogazioni liberali (*)

Imprese gestione musei e collezioni di loro proprietà, sponsorizzazioni (*), erogazioni liberali (*)

investimenti per musei e collezioni di loro proprietà, sponsorizzazioni (*), erogazioni

liberali (*)

Pubblica amministrazione

spese correnti per il funzionamento delle istituzioni pubbliche deputate alle politiche per i beni e le attività culturali (stato, regioni, enti locali), mancati introiti derivanti dai regimi di

deducibilità delle erogazioni liberali (*)

spese in conto capitale delle istituzioni pubbliche deputate alle politiche per i

beni e le attività culturali (stato, regioni, enti locali) ), mancati introiti derivanti dai regimi di detraibilità e deducibilità delle

erogazioni liberali (*)

Resto del mondo

frequenza e acquisto di servizi in musei, spazi espositivi, aree archeologiche, monumenti,

biblioteche e archivi, teatri, festival, spazi per musica dal vivo, consumi di libri e quotidiani,

consumi di musica riprodotta e di prodotti cinematografici e audiovisivi

acquisto opere d'arte e beni culturali, manutenzione e restauro beni culturali di

loro proprietà

(*) La collocazione dei queste voci tra i consumi o gli investimenti dipende dalla natura delle attività finanziate. Sono da comprendere tra le erogazioni liberali anche le risorse destinate alla cultura dalle Fondazioni bancarie.

Le famiglie esprimono una domanda di consumo culturale che si esplicita non solo nella frequentazione dei musei, spazi espositivi, aree archeologiche, teatri, festival, spazi per musica dal vivo, monumenti, biblioteche e archivi (il settore culturale “in senso stretto”), e nell’acquisto dei servizi ivi offerti, ma anche nella lettura di libri e di quotidiani, oltre che nella fruizione di musica e di cinema, nelle diverse modalità oggi possibili grazie all’innovazione tecnologica dei prodotti che fanno da supporto ai contenuti. Le industrie culturali (editoria, discografia, cinematografia) compongono, insieme al settore culturale “in senso stretto” (beni culturali e spettacolo dal vivo), il settore culturale in senso proprio, così come definito nella maggior parte dei sistemi statistici nazionali. In alcuni paesi europei, come il Regno Unito, nel settore culturale vengono considerati anche l’informazione e il sistema audiovisivo. In molti casi, tuttavia, le stime aggregate dei consumi, così come rese disponibili dai sistemi statistici nazionali, non distinguono fra i diversi tipi di prodotti o di modalità di fruizione e incorporano i consumi culturali insieme a quelli ricreativi e di intrattenimento.

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Oltre che sotto la forma di consumi, la domanda culturale delle famiglie si presenta sotto la forma di investimenti, nella fattispecie di acquisti di opere d’arte, ovvero di interventi per la tutela e il restauro dei beni culturali di loro proprietà. La domanda di cultura da parte delle famiglie si esprime, infine, anche attraverso le contribuzioni volontarie (dette anche erogazioni liberali oppure donazioni) destinate a soggetti che operano nel settore culturale. La detraibilità fiscale, o deducibilità, di tali contributi, e di quelli erogati dalle imprese, è un tipico strumento di aiuto (indiretto) degli stati al settore culturale, particolarmente diffuso nel contesto anglosassone. Esso viene in generale esaminato come forma (indiretta) di spesa pubblica piuttosto che privata, e nelle pagine che seguono verrà seguita questa convenzione. Tuttavia, è bene ricordare che i contributi volontari dei singoli individui e delle imprese possono esercitare un ruolo importante e molto diverso rispetto al sussidio diretto, tramite contributi pubblici alle istituzioni, sugli assetti organizzativi e sulle modalità di funzionamento delle istituzioni culturali; ciò è stato teorizzato con chiarezza in un importante studio di H. Hansmann (1981). Le imprese esprimono una domanda culturale in forma diretta o in forma indiretta. Nel primo caso, la spesa (consumo) è diretta alla gestione, e l’eventuale investimento, connessi a beni o infrastrutture culturali di proprietà (ad esempio, i musei aziendali). Nel secondo caso, la spesa avviene sotto forma di sponsorizzazioni o di erogazioni liberali, che vengono considerate come spese per consumo o per investimento a seconda della natura dell’attività finanziata. Con le sponsorizzazioni le imprese acquistano, tramite la cultura, un beneficio di tipo pubblicitario, promozionale o di comunicazione i cui contorni sono definiti all’interno di specifici contratti di natura sinallagmatica. Anche con le erogazioni liberali (contributi volontari, donazioni) le imprese acquistano generalmente qualcosa, anche se tale acquisizione non viene incardinata in atti di natura contrattuale. Si tratta di un prodotto più immateriale e di più difficile definizione rispetto a quello reso dai servizi di tipo pubblicitario, promozionale o di comunicazione: esso viene in generale definito con il concetto di “responsabilità sociale d’impresa”, ovvero la capacità dell’impresa di esercitare effetti esterni positivi sul suo ambiente socio-economico e territoriale di riferimento e/o a vantaggio dei diversi portatori di interesse (stakeholders) da cui dipende il buon funzionamento dell’impresa stessa. In Italia, un’importante fonte di domanda collegata a forme di contribuzione diretta e (semi) volontaria è originata dalle Fondazioni ex bancarie, che nella nostra tassonomia ricomprendiamo

nel settore delle imprese. Le Fondazioni ex bancarie sono obbligate per legge4 a destinare i proventi delle loro gestioni patrimoniali, costituite in origine da azioni del settore bancario e oggi, accanto a queste, anche da altri tipi di investimenti, verso alcuni settori “meritevoli”, fra cui la cultura. Pur essendo obbligatori per legge, e non interpretabili quindi come il frutto di una scelta di responsabilità sociale d’impresa, gli interventi delle Fondazioni ex bancarie possono essere ricondotti alla logica delle erogazioni liberali, ovvero delle donazioni, poiché esse hanno origine da obiettivi di tipo etico, connaturati alla natura stessa del soggetto Fondazione, e non da obiettivi di ritorno pubblicitario, promozionale o di comunicazione. Il terzo soggetto che esprime domanda di cultura è la pubblica amministrazione. Attraverso i consumi e gli investimenti pubblici si dà risposta alla natura collettiva, e in alcuni casi a quella di “bene pubblico puro”, di molti beni e attività culturali. Il settore pubblico articola la sua domanda in consumi (spese correnti, ad esempio per il funzionamento ordinario delle attività di tutela,

4 Le fondazioni bancarie sono persone giuridiche private senza fini di lucro, introdotte per la prima volta nell'ordinamento italiano

con la legge n. 218 del 1990 (cosiddetta legge-delega Amato-Carli), con lo scopo di perseguire valori collettivi e finalità di utilità generale.

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conservazione e gestione del patrimonio culturale, ovvero per contribuire al funzionamento dei teatri e dei festival) e investimenti (spesa in conto capitale, ad esempio per le manutenzioni straordinarie e i restauri, ovvero per la realizzazione di nuovi musei, parchi archeologici, teatri, progetti di valorizzazione, ecc.). La domanda pubblica è generata da diversi livelli di governo (stato, regioni, province, comuni) e da diversi enti (ad esempio, le università per le collezioni scientifiche in loro possesso), ciascuno dei quali opera in base alle competenze assegnate dalla legge e in funzione anche della distribuzione fra i diversi livelli e/o enti della proprietà dei singoli beni culturali. Un importante “proprietario” di beni culturali sul territorio nazionale italiano è inoltre la Chiesa. Gli enti ecclesiastici, eredi del mecenatismo espresso dalla chiesa per tanti secoli - al pari dei comuni, eredi del mecenatismo delle civiche istituzioni (ad esempio, Siena) e dello stato, di fatto erede del mecenatismo degli stati pre-unitari e delle rispettive classi aristocratiche (ad esempio, gli Uffizi) – dal punto di vista giuridico non sono soggetti riconducibili alla pubblica amministrazione. Tuttavia, non riteniamo corretto, sul piano dell’analisi economica, attribuire la domanda (di consumo e di investimento) espressa da questi enti all’interno del settore privato (delle famiglie o delle imprese), per due motivi: primo, una parte importante dei beni culturali di proprietà ecclesiastica ha natura di bene collettivo, essendo conservata in luoghi di pubblico accesso, come chiese e musei; secondo, una parte importante del finanziamento di quella domanda deriva dallo stato italiano, sia direttamente (contributi pubblici) sia indirettamente (contributi volontari destinati alla chiesa attraverso il meccanismo dell’otto per mille a valere sull’imposta personale sui redditi ). Infine, una parte della domanda, e della corrispondente spesa, per cultura registrata sul territorio nazionale è da ascrivere a soggetti non residenti. Questa può suddividersi, ai fini dell’analisi, in due componenti, a seconda che i consumi e gli investimenti dei non residenti avvengano sul territorio nazionale (sommandosi quindi, e in qualche modo confondendosi, con le domande originate dalle famiglie e dalle imprese nazionali) oppure si realizzino all’estero e diventino, quindi, esportazioni. La prima componente comprende gli acquisti di biglietti e servizi museali, ad esempio per musei, monumenti, aree archeologiche, e i prodotti dell’industria culturale o dello spettacolo dal vivo effettuati da non residenti sul territorio nazionale. Questa voce comprende anche le sponsorizzazioni e le erogazioni liberali effettuate direttamente da imprese estere sul patrimonio italiano (Es. fondazioni). La seconda componente comprende le esportazioni vere e proprie, ad esempio dei prodotti dell’industria culturale, piuttosto che di opere d’arte contemporanea. Nella prima componente hanno grande rilievo, per i paesi attrattori di turismo culturale come l’Italia, i consumi dei turisti stranieri. I consumi culturali dei turisti, tuttavia, rappresentano solo una quota dei consumi turistici complessivi. Quando le motivazioni dei flussi turistici sono legate alla fruizione culturale, l’insieme dei consumi turistici (trasporto, alloggio, ristorazione, acquisti di altri beni e servizi, ecc.) può essere a buona ragione considerato come un effetto “indotto” dai beni e dalle attività culturali, la cui esistenza agisce da fattore attrattivo per i viaggi dei non residenti. Tali consumi indotti fuoriescono dal campo di analisi della domanda di cultura, pur restando dentro l’interesse dell’economia della cultura, poiché rappresentano, sia pure indirettamente e imperfettamente, uno dei parametri con cui è possibile stimare, con opportune metodologie, il valore connesso all’esistenza di beni culturali su un territorio o generati da progetti o programmi di investimento in materia di tutela, manutenzione e gestione dei beni. Le esportazioni generate dal settore culturale hanno grande importanza, ad esempio, per la bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti, della quale costituiscono una delle voci in attivo, a fronte del perdurante passivo in tante altre voci relative al commercio. E’ diversa la situazione europea, e

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soprattutto quella italiana, a causa della minore internazionalizzazione delle industrie produttrici di contenuti culturali.

3. I consumi culturali delle famiglie

3.1. Fonti statistiche

Obiettivo specifico di questo e dei successivi paragrafi è quello di analizzare i consumi personali e familiari di cultura (primo quadrante del graf. 1). Essi rappresentano la quota-parte generalmente maggiore della spesa effettuata dagli operatori economici. La loro osservazione riveste un ruolo chiave per la valutazione delle dinamiche settoriali e per evidenziare le caratteristiche peculiari del consumo culturale; per questo, gli abbiamo dedicato un approfondimento particolarmente ampio. La struttura e le dinamiche della domanda culturale degli individui sono valutabili e interpretabili attraverso chiavi di lettura diverse di un fenomeno unico - la fruizione culturale - che può essere analizzato almeno sotto 3 profili: a) la spesa, cioè i consumi monetari destinati a beni o servizi assimilabili al settore culturale, quali libri, biglietti per spettacoli e musei, giornali, ecc.; b) l’affluenza e le quantità, cioè il numero di ingressi e/o biglietti per spettacoli o musei, ovvero il numero di copie vendute di libri, giornali, dischi, ecc.; c) la partecipazione, ovvero la propensione alla fruizione dei diversi prodotti culturali da parte degli individui, la quale, oltre a variare nel tempo, è fortemente dipendente da variabili socio-economiche quali l’età, il reddito, il livello di istruzione, i luogo di residenza. L’estrema eterogeneità dei prodotti culturali e delle forme di offerta e consumo rendono le tre tipologie di informazioni fortemente complementari e in ugual misura tutte necessarie a rappresentare e interpretare le dinamiche della domanda di cultura: diverse sono le modalità di accesso ai beni (gratuitamente, a pagamento, in maniera diffusa o in spazi delimitati), diverse le forme in cui si esplicita il consumo (a casa, all’interno di apposite infrastrutture o spazi dedicati, dal vivo o attraverso riproduzioni e copie), diverse ancora le tipologie di consumo (individuale, collettivo, indiretto). Non solo, quindi, è necessaria una lettura integrata e sistematica di tutte le diverse fonti informative disponibili, ma è facile rilevare l’emergere di singoli fenomeni che, pur di rilievo corrente, non hanno ancora ricevuto sufficiente attenzione dal punto di vista dell’informazione statistica, anche alla luce di dinamiche innovative molto accentuate delle modalità di fruizione e delle tecnologie a supporto dei contenuti culturali. Le fonti statistiche e le indagini che consentono di analizzare caratteristiche strutturali e dinamiche della fruizione culturale, in Italia, sono attualmente di varie tipologie: Le Statistiche sulla spesa per consumi culturali, che, a partire dai dati di Contabilità

nazionale e dalle indagini sui Consumi delle famiglie, descrivono i comportamenti di spesa delle famiglie e il consumo di beni e servizi (attività) culturali.

Le Statistiche settoriali, che raccolgono dati sui visitatori di musei, monumenti e aree archeologiche; eventi, mostre e altre manifestazioni; sul pubblico degli spettacoli (dal vivo e cinema) e sui lettori (fruizione di biblioteche, lettura di quotidiani, riviste, libri, ecc.).

Le Statistiche sulla propensione al consumo culturale, che rilevano (attraverso le Indagini multiscopo sull’uso del tempo libero dell’Istituto Nazionale di Statistica - Istat) i dati sulla partecipazione della popolazione alle iniziative culturali (musei, spettacoli, cinema, musica, lettura, ecc.) e le caratteristiche socio-demografiche dei fruitori.

Le altre rilevazioni (occasionali e specifiche), categoria residuale che attiene a quelle indagini realizzate su specifici aspetti della fruizione culturale, indagati attraverso rilevazioni

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episodiche o ricorrenti, dirette ad approfondire comportamenti e preferenze dei visitatori/spettatori, riguardanti aspetti variabili della fruizione (tempi di visita, gradimento dei servizi aggiuntivi, caratteristiche socio-demografiche e preferenze degli spettatori e dei fruitori, ecc.) o a dinamiche di domanda territoriale (o addirittura per singole istituzioni culturali: indagini sul pubblico di un museo, festival, teatro, ecc.).

3.2. La spesa delle famiglie

I consumi culturali misurati in termini di spesa delle famiglie sono una voce di spesa inserita con

metodologia standardizzata a livello europeo (sistema EUROSTAT5) nei dati della Contabilità

Nazionale, elaborati periodicamente dall’Istat.6 Le stime pubblicate attualmente nella Contabilità nazionale sono prodotte secondo gli schemi di conti e tabelle del Sistema europeo dei conti economici integrati (denominato Sec95), predisposto da Eurostat con la collaborazione dei servizi statistici dei paesi membri. All’interno di questi dati si trovano le stime della spesa per consumi suddivisi per categorie merceologiche. In particolare, all’interno della categoria “ricreazione e cultura”, si possono trovare le voci “servizi ricreativi e culturali” e “giornali, libri e riviste”, i cui valori di consumi sono calcolati sia a prezzi correnti che

costanti.7 Quest’ultima versione della rilevazione, in particolare, consente di analizzare la dinamica reale dei consumi (al netto della variazione dei prezzi indotta dall’inflazione) e, implicitamente, permette di ottenere indicazioni circa l’andamento dei prezzi relativi dei beni e dei servizi culturali. Gli italiani, nel 2008, hanno speso circa 64,1 miliardi di euro (tab. 1), in valori correnti, per beni e servizi del settore “ricreazione e cultura”, pari all’7% della spesa per consumi totale (graf. 2). La spesa media pro-capite relativa ammonta a poco più di 1.000 euro l’anno. I servizi ricreativi e culturali (capitolo in cui rientrano le spese per visite museali, spettacoli e altre spese affini) impegnano poco meno di un terzo (39,6%, secondo i dati a prezzi correnti) di questa spesa, mentre le spese per libri, quotidiani e altri prodotti editoriali (compresa la cancelleria) coprono il 21,3%. La spesa per prodotti e intrattenimenti multimediali (hi-fi, tv, fotografia, computer, ecc.) occupa circa il 12% del paniere di spese culturali e ricreative. Tab. 1 - Spesa delle famiglie nel settore ricreazione e cultura (Coicop) - Valori espressi a prezzi correnti, valori concatenati (milioni di euro) e deflatore dei consumi, anno di riferimento 2000 Consumi (prezzi correnti) 1990 2000 2008 Ricreazione e cultura 30.696 53.397 64.134 di cui: Tv, Hi-Fi, computer, fotografia 4.738 7.709 8.067 Altri beni durevoli per la ricreazione e la cultura 2.046 2.954 3.166 Altri articoli ricreativi, piante, animali domestici 5.338 9.705 11.269 Servizi ricreativi e culturali 8.745 18.345 25.400

5 http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/eurostat/home/

6 Il Sistema dei Conti Economici Nazionali descrive in termini quantitativi l'attività economica e finanziaria del Paese, per intervalli di solito coincidenti con l'anno solare (o anche più brevi). Le informazioni si basano sui consuntivi di costo e ricavo; si tratta, in altre parole, di un susseguirsi di conti che mettono in evidenza come si forma, si distribuisce, si impiega il reddito, come si accumula il risparmio, quali sono le forme di finanziamento delle attività e quali le posizioni del paese rispetto al Resto del Mondo, nonché i circuiti, le interdipendenze e le relazioni di comportamento tra i vari settori che operano all'interno del paese. Per costruire le stime di Contabilità Nazionale si utilizzano dati che derivano dalle rilevazioni dell'Istat e molteplici informazioni di fonte esterna, pubblica e privata; tali fonti vengono preliminarmente sottoposte a controlli di coerenza e compatibilità.

7 I valori a prezzi correnti esprimono i valori monetari, mentre i prezzi costanti sono valori aggregati depurati dall’effetto dell’inflazione sul livello dei prezzi. A partire dal 2005 l’Istat ha introdotto un nuovo metodo di trasformazione che sostituisce, nella metodologia di calcolo ma non nel significato, i valori costanti con i valori concatenati. L'indice a catena nasce con l’esigenza di introdurre un indicatore delle variazioni di prezzo o di volume che non tenga solo conto dei valori assunti dalle variabili considerate in due tempi precisi, l’anno corrente e l'anno base, ma che incorpori l'andamento complessivo presentato dal fenomeno nell'intervallo temporale esaminato (cfr. Eurostat, Changes to National Accounts in 2005, Status: 29.04.2005, Luxembourg, 2005).

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Giornali, libri e cancelleria 8.968 12.692 13.634 Vacanze organizzate 861 1.993 2.598 Totale sul territorio economico 404.844 727.205 937.931 Spesa per consumi finali nel Resto del Mondo delle famiglie residenti (+) 4.822 12.632 16.285 Spesa per consumi finali nel territorio economico delle famiglie non residenti (-) 10.229 30.007 31.570 Spesa delle famiglie 399.437 709.830 922.646 Consumi (prezzi concatenati) 1990 2000 2008 Ricreazione e cultura 41.198 53.397 57.915 di cui: Tv, Hi-Fi, computer, fotografia 4.355 7.709 12.484 Altri beni durevoli per la ricreazione e la cultura 3.075 2.954 2.803 Altri articoli ricreativi, piante, animali domestici 7.168 9.705 9.779 Servizi ricreativi e culturali 12.968 18.345 20.368 Giornali, libri e cancelleria 12.478 12.692 11.250 Vacanze organizzate 1.615 1.993 1.936 Totale sul territorio economico 606.363 727.205 759.063 Spesa per consumi finali nel Resto del Mondo delle famiglie residenti (+) 9.039 12.632 15.058 Spesa per consumi finali nel territorio economico delle famiglie non residenti (-) 14.723 30.007 26.047 Spesa delle famiglie 601.683 709.830 747.955 Deflatore dei consumi 1990 2000 2008 Ricreazione e cultura 0,75 1 1,11 di cui: Tv, Hi-Fi, computer, fotografia 1,09 1 0,65 Altri beni durevoli per la ricreazione e la cultura 0,67 1 1,13 Altri articoli ricreativi, piante, animali domestici 0,74 1 1,15 Servizi ricreativi e culturali 0,67 1 1,25 Giornali, libri e cancelleria 0,72 1 1,21 Vacanze organizzate 0,53 1 1,34 Totale sul territorio economico 0,67 1 1,24 Spesa per consumi finali nel Resto del Mondo delle famiglie residenti (+) 0,53 1 1,08 Spesa per consumi finali nel territorio economico delle famiglie non residenti (-) 0,69 1 1,21 Spesa delle famiglie 0,66 1 1,23

Fonte: Istat, Contabilità nazionale

Graf. 2

Spesa per consumi in Ricreazione e cultura nel 2008

(valori correnti; Contabilità nazionale Istat)

Tv, Hi-Fi, computer, fotografia12,6%

Altri beni durevoli per la ricreazione e la cultura

4,9%

Altri articoli ricreativi, piante, animali domes tici

17,6%

Servizi ricreativi e culturali39,6%

Giornali, libri e cancelleria21,3%

Vacanze organizzate 4,1%

Spesa totale per consumi

nel territorio italiano

Spe sa pe r

Ricre azione

e cultura

7,0%

Fonte: Contabilità nazionale, Istat

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Le dinamiche temporali di medio-lungo periodo dei consumi culturali e ricreativi, valutate al netto dei fenomeni inflazionistici grazie alle statistiche a valori “concatenati”, evidenziano la crescita costante e sostenuta principalmente di due componenti: la spesa per consumi e servizi ricreativi in senso stretto, altrimenti inquadrabili come consumi culturali “tradizionali”, e la spesa per consumi tecnologici, definibile quale componente più “innovativa”. Dal 1970 al 2008 (vedi graf. 3), la spesa per beni e servizi culturali e ricreativi ha registrato una costante crescita, superando nettamente, a partire dalla metà degli anni novanta, quella per prodotti dell’industria editoriale. Gli ultimi 8/9 anni rappresentano il periodo di maggiore incertezza, per questo segmento, con andamenti che oscillano tra forti variazioni positive, stasi e repentine contrazioni. Le altre forme di consumo, più o meno direttamente legate alla domanda culturale in senso stretto, segnalano nel lungo periodo un andamento stabile. Valutata a prezzi concatenati (~costanti), anche la componente relativa ai consumi multimediali ha superato, nel corso degli ultimi anni, la spesa per prodotti editoriali, segnalando un progressivo spostamento di una parte dei consumi culturali (in particolare quelli legati alla lettura di giornali, riviste, ecc.) verso forme innovative che, a giudicare dalla permanente ascesa dei servizi ricreativi tradizionali, non sembrano avere esercitato uno “spiazzamento” tout court dei consumi culturali (al contrario, sembrerebbe esistere una relazione di complementarietà tra la crescita dei consumi tradizionali e quella di beni e servizi innovativi per la quale, evidentemente, i secondi possono aver “incitato” e incentivato i primi). Il periodo di maggiore impulso dei consumi di servizi culturali, in effetti, coincide con l’espansione più marcata della diffusione di computer, internet e mezzi di comunicazione nuovi.

Graf. 3 - Spesa per consumi in ricreazione e cultura dal 1970 al 2008

(valori concatenati)

0

5000

10000

15000

20000

25000

1970

1971

1972

1973

1974

1975

1976

1977

1978

1979

1980

1981

1982

1983

1984

1985

1986

1987

1988

1989

1990

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

Articoli audiovisivi, fotografici, computer ed accessori Altri beni durevoli per la ricreazione e la cultura

Servizi ricreativi e culturali Giornali, libri ed articoli di cancelleria

Vacanze tutto compreso

Fonte: Contabilità nazionale, Istat La quota di consumi destinata a tv, hi-fi e computer, rispetto al 1990, è raddoppiata, a prezzi costanti, ma è rimasta pressoché invariata a prezzi correnti, per effetto dell’andamento decrescente dei prezzi soprattutto dei prodotti multimediali, come noto, fortemente soggetti a innovazione e deperimento tecnologico. Quest’ultimo aspetto suggerisce di analizzare le dinamiche del settore anche attraverso l’andamento del deflatore dei consumi, calcolato come rapporto tra valori dei consumi a prezzi correnti e dati a prezzi costanti (concatenati). Questo dato, che fornisce indicazioni circa i

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cosiddetti “prezzi impliciti” di beni e servizi, evidenzia - oltre ai fenomeni accennati in merito ai prodotti multimediali - una tendenza crescente dei prezzi dei servizi ricreativi e culturali - la più marcata, fatta eccezione per le vacanze organizzate (impropriamente incluse tra le spese culturali) - rispetto a tutti gli ambiti di spesa del capitolo generale. Soprattutto, occorre segnalare come i prezzi impliciti della fruizione museale e teatrale siano cresciuti in misura superiore all’andamento medio dell’economia, e come quindi siano divenuti più “cari”, incidendo progressivamente di più nel paniere medio dei consumi degli italiani. Nel complesso, la dinamica evidentemente crescente dei consumi di prodotti culturali e servizi ricreativi (il macro-settore di riferimento della Contabilità nazionale) ha avuto come “traini”, nel lungo periodo, principalmente: a. la domanda museale e dei servizi legati alla fruizione culturale (teatri, mostre, ecc.); b. la spesa per prodotti audiovisivi e multimediali (compreso l’hardware: sistemi hi-fi, tv, dispositivi per la fotografia, ecc.). La lettura di questi fenomeni, integrata dalle dinamiche dei prezzi impliciti, evidenzia come, in un settore ad alta incidenza tecnologica come quello dei prodotti multimediali, a una forte espansione

della domanda abbia corrisposto una contrazione progressiva dei prezzi8; per contro, in un settore più marcatamente “labour intensive”, come quello dei musei e servizi culturali, l’aumento della domanda non ha trascinato con sé la diminuzione dei prezzi, che al contrario sono aumentati in maniera relativa rispetto al resto dell’economia. Sembrerebbero incidere, su queste dinamiche, fattori assimilabili a processi di “cost disease” (Baumol & Bowen, 1966). I dati della Contabilità nazionale riescono a rappresentare solo in parte le dinamiche della fruizione culturale. In primo luogo, poiché misurano solo i consumi “a pagamento” (sono esclusi - a esempio - i monumenti, musei e mostre gratuite, gli spettacoli all’aperto, i concerti gratuiti, ecc.); in secondo luogo, perché racchiudono voci eterogenee, non tutte riconducibili al settore culturale in senso stretto (sono incluse le voci di spesa per computer, vacanze, attività del tempo libero, lotterie, ecc.). La spesa per consumi, proprio in quanto racchiude le componenti in cui si esplicitano le disponibilità a pagare degli utenti, rappresenta pur sempre uno degli aspetti fondamentali da osservare per comprendere le dinamiche della domanda culturale e, per ovviare ad alcune delle criticità relative a commozione e natura dei panieri di spesa. è possibile fare riferimento anche a un’altra fonte di informazioni, sempre relativa alla spesa delle famiglie italiane, rappresentata dall’Indagine sui consumi delle famiglie dell’Istat, realizzata periodicamente su un campione della

popolazione italiana attraverso questionari.9 L’indagine sui consumi delle famiglie si riferisce alla spesa per consumi della popolazione residente. Nel campo culturale, questo aspetto comporta una differenza (notevole) rispetto al dato sulla spesa per consumi stimato in Contabilità nazionale, poiché non include la spesa in territorio nazionale sostenuta dagli stranieri (turisti, visitatori di musei, monumenti, ecc.); comprende, al contrario, la spesa effettuata dagli italiani all’estero per cultura e beni affini. Rispetto ai dati della Contabilità nazionale, l’indagine sui consumi delle famiglie offre, potenzialmente, un dettaglio merceologico superiore, grazie a una dettagliata differenziazione delle

8 Anche se occorre precisare che le rilevazioni di prezzo sui prodotti tecnologicamente avanzati (PC, Multimediali, tv) tendono, per

costruzione, a sottostimare gli incrementi di prezzo, per effetto dell’elevato tasso di obsolescenza.

9 L’indagine rileva i comportamenti di spesa delle famiglie italiane e, insieme alla rilevazione sulle Forze di lavoro, costituisce una delle basi fondamentali del sistema delle statistiche nazionali; a partire dai dati in essa raccolti, infatti, vengono costruite gran parte delle osservazioni statistiche disponibili su tutto il sistema economico e sociale nazionale.

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voci di spesa nei form di rilevazione. 10 Il dato diffuso nelle pubblicazioni Istat contiene tuttavia generalmente una voce più generica, relativa ai consumi dedicati a “Tempo libero e cultura”, all’interno della quale rientrano spese diverse, non del tutto inquadrabili nella sfera culturale (lotterie, sport, ecc.). Il dato relativo all’anno 2008 (ultimo aggiornamento disponibile) informa di una spesa media mensile per beni e servizi di questa natura pari a 106,5 euro a famiglia, una quota pari al 5,3% della

spesa non alimentare e pari al 4,3% dei consumi mensili totali.11 Tab. 2 - Spesa media mensile per Istruzione e Cultura - anni 2003-2008 (euro correnti e quote percentuali su spesa per consumi non alimentari e totali)

CAPITOLI DI SPESA variabili 2003 2004 2005 2006 2007 2008

Cultura e istruzione v.a. 137,9 143,9 134,3 136,3 133,9 131,7 % su non alim. 7,40% 7,50% 6,90% 6,80% 6,65% 6,56% % su tot 6,00% 6,00% 5,60% 5,50% 5,40% 5,30% di cui: Tempo libero, cultura e giochi v.a. 110,7 114,9 110,3 109,8 109,12 106,855 % su non alim. 6,00% 6,00% 5,70% 5,50% 5,42% 5,32% % su tot 4,80% 4,80% 4,60% 4,50% 4,40% 4,30% di cui: Istruzione v.a. 27,3 29 24 26,5 24,8 24,8 % su non alim. 1,50% 1,50% 1,20% 1,30% 1,23% 1,24% % su tot 1,20% 1,20% 1,00% 1,10% 1,00% 1,00% Beni non alimentari v.a. 1.858 1.928 1.941 1.994 2.014 2.009 Spesa media mensile v.a. 2.307 2.381 2.398 2.461 2.480 2.485

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT (I consumi delle famiglie, vari anni) Rispetto al dato di Contabilità nazionale, l’andamento della spesa negli ultimi anni risulta nettamente più debole. Tra il 2004 e il 2008, infatti, la spesa media familiare per beni e servizi dedicati al tempo libero, alla cultura e all’istruzione è diminuita del 4,5%, e l’incidenza relativa sui

consumi non alimentari è scesa di quasi un punto percentuale12. Da questo punto di vista, parte della differenza tra i due andamenti potrebbe essere spiegata dall’incidenza delle spese dei turisti stranieri. Il dettaglio territoriale dell’indagine permette di evidenziare anche profonde differenze di comportamento a livello di macro aree geografiche. La differenza tra la spesa sostenuta da una famiglia del Nord Italia rispetto al resto del Paese (graf. 4) è particolarmente evidente, così come è evidente che nelle regioni del Sud e nelle Isole si spende molto meno che in altre aree per questi consumi (la spesa è in questa area inferiore del 30% circa rispetto alla media nazionale).

10 Attraverso un’elaborazione delle singole voci di spesa indagate attraverso i form di rilevazione (schede in cui giornalmente le

famiglie del campione sono chiamate a inserire ammontare e motivazioni di spesa) è tecnicamente possibile ricostruire un paniere riferibile alle spese più propriamente inquadrabili come consumi culturali (biglietti per spettacoli, concerti, musei, mostre, acquisto di libri, giornali, ecc.). Di fatto, le possibilità di ottenere tali dati sono però limitate, perché l’Istat non li diffonde al pubblico, rilasciandoli solo su specifica richiesta e a pagamento.

11 In questa voce rientra una varietà ampia di consumi (musei e spettacoli, giochi, computer, radio e tv, lotto e lotterie, piante e fiori, animali domestici, svago, attività sportive, ecc.), non del tutto riconducibili alla cultura; escludendo alcune voci palesemente distanti dalla fruizione culturale, si arriva a un valore di spesa mensile pari a circa 81,9 euro. Rispetto al dato di Contabilità nazionale, la spesa pro-capite registrata da questa indagine risulta nettamente inferiore (poco più di 500 euro, considerando una famiglia media di 2,5 componenti) proprio per effetto della diversa composizione dei beni inclusi nelle voci assimilabili a spesa culturale.

12 La metodologia di rilevazione, in particolare le voci, i criteri di aggregazione e le classificazioni di beni e servizi registrati dall’indagine, possono variare piuttosto frequentemente di anno in anno; per questo, può non risultare sempre coerente realizzare confronti intertemporali, perlomeno su voci più dettagliate (sulle dinamiche generali dei consumi invece è possibile e attendibile effettuare confronti anche su anni diversi).

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Graf. 4 - Spesa familiare mensile per tempo libero, cultura e giochi per ripartizione territoriale (*) (euro correnti, anno 2007)

81,96

98,79

106,89

77,44

57,73

48,04

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

100,00

120,00

ITALIA Nord-ovest Nord-est Centro Sud Isole

Note: (*) Il dato 2008 non è stato ancora diffuso con il dettaglio territoriale. La spesa è al netto delle voci: Lotto e lotterie; Animali domestici; Piante e fiori; Riparazioni radio, tv, computer. L’indagine sui consumi delle famiglie consente infine di indagare circa il legame tra condizione professionale, reddito e spesa per consumi culturali: in media, le famiglie di dirigenti e impiegati spendono il 30% in più delle famiglie di operai.

3.3. Le statistiche settoriali: il pubblico dei beni e delle attività culturali

Le informazioni quantitative sul pubblico consentono di analizzare le dinamiche della domanda da un altro punto di vista, quello della capacità attrattiva di musei, monumenti, mostre, biblioteche, spettacoli, concerti e manifestazioni varie. Le statistiche che riportano informazioni sul pubblico provengono da fonti settoriali e si basano prevalentemente sulla rilevazione della bigliettazione (comprensiva degli ingressi a pagamento e di quelli gratuiti, quando registrati); tali dati sono rilevati nel territorio nazionale con una copertura affatto esaustiva rispetto alle risorse accessibili e visitabili. A seconda dell’oggetto della domanda, le principali fonti disponibili sono:

- il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, che attraverso il Sistan (Sistema Statistico Nazionale) rileva periodicamente gli ingressi nei musei, monumenti e aree archeologiche di proprietà statale;

- l’Istat, che realizza a cadenza variabile indagini estese sul patrimonio culturale non statale (musei, monumenti, aree archeologiche e luoghi di interesse culturale);

- la SIAE e l’Osservatorio nazionale dello Spettacolo, che per finalità diverse, registrano il numero di spettatori delle rappresentazioni teatrali, musicali, per concerti e altre forme di spettacolo dal vivo e riprodotto (cinema), oltre allo sport e al ballo;

- altre fonti settoriali che rilevano - periodicamente o occasionalmente - la partecipazione a eventi, mostre, festival, la frequentazione di biblioteche, i lettori di giornali e riviste, ecc.

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3.3.1 Il pubblico dei musei

Il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, in collaborazione con il Sistema Statistico Nazionale, registra sistematicamente i dati annuali (e mensili) sull’affluenza di pubblico presso musei, monumenti e aree archeologiche del territorio italiano con riferimento agli istituti culturali statali. Tab. 3 - Visite e introiti di Musei, Monumenti e Aree Archeologiche Statali negli anni 1996 - 2009

VISITATORI Istituti a Pagamento ANNI

Totale Paganti Non Paganti Istituti Gratuiti Totale INTROITI LORDI

(*) 1996 333 11.366.184 7.074.331 6.589.240 25.029.755 52,7 1997 360 12.008.548 8.104.291 5.949.646 26.062.485 56,2 1998 364 13.871.465 8.289.305 5.568.599 27.729.369 66,0 1999 366 13.492.783 8.486.916 5.315.869 27.295.568 66,0 2000 380 15.488.306 8.236.881 6.450.639 30.175.826 77,0 2001 387 15.729.599 8.178.187 5.635.234 29.543.020 81,0 2002 392 15.045.519 8.226.311 6.996.657 30.268.487 85,8 2003 401 14.432.790 8.502.167 7.516.286 30.451.243 85,3 2004 402 15.160.792 8.720.543 8.345.305 32.226.640 90,1 2005 402 15.529.755 8.468.346 9.050.036 33.048.137 95,9 2006 401 16.367.903 9.191.539 8.993.799 34.553.241 104,2 2007 400 16.246.943 9.634.213 8.561.941 34.443.097 106,0 2008 400 15.602.587 8.726.829 8.771.318 33.100.734 104,0 2009 419 14.614.891 9.025.012 8.692.114 32.332.017 97,1

(*) valori espressi in milioni di euro correnti Fonte: Ministero dei Beni e delle Attività Culturali - Sistan

Nel 2009 - ultimo dato disponibile - i luoghi di cultura statali italiani hanno registrato circa 32,3 milioni di visite (tab. 3), di cui meno della metà a pagamento, per un ricavo totale da bigliettazione di circa 97 milioni di euro. L’andamento di medio periodo della domanda museale statale - rilevato in tab. 3 e graf. 5 a partire dalla seconda metà degli anni novanta - disegna una dinamica di crescita pressoché costante, con poche eccezioni (il periodo tra il 2000 e il 2003, dove il calo delle visite si deve ai riflessi dei noti catastrofici avvenimenti internazionali post-11 settembre, e l’ultimo triennio) del pubblico. Nel periodo di massima espansione, tra il 2001 e il 2006, la domanda museale è aumentata di circa 5 milioni di visite e 25 milioni di euro di incassi da biglietti. Nell’ultimo triennio, la domanda museale ha però subito una forte contrazione, legata soprattutto alla crisi della domanda turistica internazionale legata al ciclo economico negativo a livello globale. La fruizione di musei e aree archeologiche (sempre restando alla sfera statale) si caratterizza per una notevole dispersione territoriale dell’offerta ma, per contro, anche per un’elevata concentrazione delle visite. A fronte di circa 400 istituti, tra musei, aree archeologiche e monumenti statali in tutto il territorio nazionale, solo in 12 siti (di cui 3 ad ingresso gratuito) si registra un volume di pubblico superiore alle 500 mila visite e nei 30 siti più visitati d’Italia, si concentrano quasi i 3/4 delle visite totali.

Graf. 5

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Visitatori di musei, monumenti e aree archeologiche statali dal 1996 al 2009

(ingressi gratuiti e a pagamento)

24.000.000

25.000.000

26.000.000

27.000.000

28.000.000

29.000.000

30.000.000

31.000.000

32.000.000

33.000.000

34.000.000

35.000.000

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Fonte: Ministero dei Beni e delle Attività Culturali

Gli introiti lordi, comprendenti gli incassi da bigliettazione (al lordo di eventuali royalties di competenza dei gestori dei siti), ammontano nell’ultimo anno a circa 97,1 milioni di euro. Escludendo i visitatori gratuiti e gli istituti ad accesso libero, la spesa per visitatore nei musei

statali ammonta a circa 6,6 euro, e appare nettamente in aumento nel corso degli ultimi anni13. Agli introiti da bigliettazione vanno aggiunti i ricavi legati ai servizi per i visitatori (ex servizi aggiuntivi da L. Ronchey), che nel 2008, ultimo dato rilevato, raggiungono un ammontare di circa

42 milioni di euro e 8,6 milioni di clienti (spesa media di 4,8 euro)14. Se per il pubblico dei musei e monumenti statali si conoscono dinamiche temporali oramai piuttosto estese, temporalmente e territorialmente, la domanda relativa ai musei non statali (pubblici e privati) risulta a tutt’oggi un ambito rilevato solo episodicamente. Si deve al 2007/2008

l’indagine più recente, di natura censuaria15, realizzata dall’Istat. Essa ha consentito di osservare le caratteristiche di offerta e domanda relative a musei, monumenti, aree archeologiche e altri luoghi di interesse culturale (castelli, chiese, complessi di archeologia industriale, ecc.) dotati di sistemi regolati di accesso a livello non statale. In tale occasione (i dati sono relativi al 2006), è stato

censita un’offerta di 4.340 siti aperti al pubblico16 in tutto il territorio nazionale.17 Le strutture

13 Si consideri, su questo fronte, la progressiva diffusione dei servizi aggiuntivi in concessione (comprendenti anche il servizio di

bigliettazione, che ha evidentemente inciso sui prezzi medi praticati da musei, monumenti e aree archeologiche.

14 I dati del Servizio di Caffetteria del Museo Nazionale d'Abruzzo - L'Aquila, quelli del Servizio di Ristorazione degli Scavi Vecchi e Nuovi di Pompei (da Marzo 2007), così come quelli del Servizio di Caffetteria e Ristorante del Museo di Palazzo Ducale - Mantova, non sono stati forniti dai rispettivi concessionari. Il servizio di caffetteria del Museo Nazionale d'Abruzzo - L'Aquila è stato disattivato il 20/04/2008, mentre quello di ristorazione degli Scavi Vecchi e Nuovi di Pompei è stato disattivato il 02/06/2008.

15 L’indagine, avviata nel settembre 2007 a 15 anni di distanza dalla precedente, è stata promossa dal Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dello Sviluppo Economico nell’ambito di un progetto denominato “Informazione di contesto per le politiche integrate territoriali – INCIPIT”, volto alla costruzione di un sistema informativo statistico, territoriale e multi-tematico a supporto delle attività di programmazione e di valutazione delle politiche di sviluppo locale.

16 L’indagine ha rilevato anche la presenza sul territorio italiano di circa 300 luoghi momentaneamente non aperti al pubblico (per ristrutturazioni, inagibilità e altre motivazioni).

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museali (comprese gallerie, antiquarium e altre tipologie di sedi espositive), sono circa 3.409, le aree e i parchi archeologici 129 e gli altri luoghi di cultura 802. L’archeologia, le collezioni d’arte antica e contemporanea, l’etnografia e le tematiche scientifiche sono, in ordine di importanza decrescente, i tematismi più rappresentativi nell’offerta museale non statale. Quasi il 60% dei siti censiti rientra nella sfera di titolarità pubblica e, all’interno di questa, le amministrazioni comunali contano circa 2.000 tra luoghi e istituzioni. Rispetto al 1992, anno dell’ultima rilevazione analoga effettuata sul patrimonio non statale, il numero di siti risulta pressoché raddoppiato, in particolare per effetto dell’espansione di musei e luoghi di cultura degli enti locali, notoriamente la componente di offerta più “vivace” nel panorama istituzionale degli ultimi 20 anni. La corrispondente domanda verso il patrimonio non statale è stata quantificata dall’Istat in circa 62,2 milioni di visite relative all’anno 2006 (tab. 4); di questo pubblico, il 56% circa è rappresentato da ingressi a pagamento, dai quali complessivamente è stato generato un introito diretto (da bigliettazione) di 149 milioni di euro.

Tab. 4 - Visite nei musei, monumenti e istituzioni similari non statali per modalità di accesso e aree geografica (anno 2006)

Area A pagamento Gratuite Totali

Nord-Est 9.575.991 5.057.254 14.633.245 Nord-Ovest 5.812.442 4.431.171 10.243.613 Centro 13.172.481 7.147.142 20.319.623 Sud 2.556.574 7.709.039 10.265.613 Isole 3.950.935 2.794.543 6.745.478 Totale 35.068.423 27.139.149 62.207.572

Fonte: Indagine sugli istituti di antichità e d’arte e i luoghi della cultura non statali, Istat L’offerta di musei e luoghi di interesse culturale presente nel territorio italiano (pubblica e privata, statale e non statale) consta quindi nel complesso di circa 5.000 “luoghi”. La copertura territoriale dell’offerta culturale risulta notevole, se si pensa che più di un comune su quattro è dotato di almeno un’istituzione culturale. L’Italia centrale è l’area a maggior concentrazione di offerta; al Nord prevalgono tipologie di offerta museale principalmente legate all’arte, mentre al Sud il carattere archeologico e l’offerta di luoghi all’aperto assume un rilievo maggiore che altrove.

Questo patrimonio è capace di attrarre quasi 100 milioni di visitatori l’anno18 e di generare introiti da bigliettazione pari a circa 253 milioni di euro (2,5 euro per visita). Nonostante questa recente rilevazione censuaria, dunque, il corredo informativo disponibile sul pubblico museale non statale risulta a tutt’oggi molto limitato e si deve ricorrere a fonti aggiuntive di natura non necessariamente censuaria se si vogliono ottenere ulteriori elementi interpretativi e osservazioni di dettaglio. Una interessante rilevazione sul patrimonio non statale si deve, a questo proposito, a Federculture (2009); questa indagine riguarda i visitatori dei musei civici di alcune

17 Rispetto ai 4.340 siti totali, quasi l’80% è rappresentato da strutture museali in senso stretto.

18 Dovendo operare un confronto internazionale (si veda, per questo, l’Annuario della cultura e del turismo del Touring Club Italiano, anno 2008) parziale, per via di problemi definitori e di universo statistico, questo dato porrebbe l’Italia al secondo posto in Europa per numero di visitatori, dopo la Germania che, secondo dati 2005, supererebbe i 100 mln visitatori (i dati relativi a Francia e Spagna, rispettivamente 40 e 50 milioni di visite, si riferiscono a dati meno recenti e incompleti).

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città d’arte italiane e si riferisce al periodo 2000 - 2007 (tab. 5)19. I Musei civici di Venezia sono il sistema più attrattivo, per numero di visite, a livello nazionale, con un volume di pubblico che supera i 2 milioni di ingressi l’anno (2007); segue Roma - con circa 1,3 milioni – che però, sommando i visitatori dei musei statali a quelli delle strutture comunali, risulta essere la città con

la maggiore concentrazione di pubblico (più di 10 milioni di ingressi l’anno)20 insieme a Firenze (5,8 mln). Tab. 5 - Visite nei musei civici di alcuni capoluoghi italiani (anni 2000-2007)

Anni Genova Torino Venezia Milano Bologna Firenze Roma Palermo

2000 226.334 206.872 1.367.387 nd 358.812 570.305 700.308 48.170 2001 228.528 222.632 1.688.732 1.389.224 361.543 588.377 813.669 68.930 2002 266.216 238.919 1.667.881 1.585.203 249.161 609.360 873.085 50.182 2003 201.242 178.773 1.702.007 1.052.820 221.507 537.677 857.870 51.070 2004 410.793 303.734 1.910.515 1.130.315 292.596 582.124 847.142 64.525 2005 382.036 274.628 2.037.574 946.000 245.870 604.002 851.493 nd 2006 402.916 280.411 2.125.186 nd 362.783 580.014 1.243.935 nd 2007 461.368 456.116 2.099.940 nd nd 570.839 1.350.421 nd

TVMA (*) 10,7% 12,0% 6,3% -9,2% 0,2% 0,0% 9,8% 7,6% (*) Tasso di variazione media annua (calcolato sugli anni disponibili per ogni città)

Fonte: Federculture In quasi tutte le città toccate dall’indagine di Federculture, il pubblico dei musei registra tassi di crescita interessanti, variabili tra il 6% e il 12% l’anno, nel periodo 2000-2007; in alcuni casi, il volume di ingressi risulta raddoppiato rispetto al 2000 (peraltro si trattava di un anno in cui, notoriamente, l’afflusso di visitatori, collegato alle celebrazioni del Giubileo, in particolare a Roma, risultava già notevole). Nello stesso periodo, come visto, i visitatori dei musei statali hanno registrato tassi medi di incremento nell’ordine dell’1,9% l’anno, comunque interessanti, ma inferiori, a confermare la maggiore vivacità del settore culturale a livello locale, soprattutto dovuta all’apertura di nuove sedi museali ed espositive (anche temporanee), e al connesso rafforzamento delle politiche di promozione e valorizzazione del patrimonio e delle attività culturali degli enti locali. Altro importante fenomeno settoriale che si è andato intensificando nel corso dell’ultimo decennio - in parte collegato all’espansione della domanda nelle città d’arte - è quello delle mostre e degli eventi espositivi temporanei, realizzati sia in spazi appositamente predisposti, sia all’interno di strutture museali permanenti. Non esistono dati istituzionali sistematici sul pubblico di queste manifestazioni, ma fonti diverse - tra cui il Giornale dell’Arte - riportano classifiche periodiche e dati sulle mostre più importanti svolte nell’anno. L’evento espositivo più visitato del 2009 in Italia (tab. 5), la 53-esima Biennale di Venezia, secondo tali fonti ha registrato un totale di 375 mila

visitatori, per una media giornaliera di 2.223 accessi.21 Tab. 5 - Le mostre più visitate in Italia (classifica aggiornata al 24 febbraio 2010 relativa alle mostre dell’anno precedente)

Titolo della mostra Luogo Visitatori Media giornaliera

19 L’Istat, pur avendo rilevato in maniera puntuale l’affluenza di pubblico negli istituti non statali, non ha reso disponibili i dati

relativi alle singole città derivanti dall’indagine censuaria.

20 La rilevazione di Federculture omette il dato di Napoli che, con riferimento alla sola sfera dei Musei statali, e comprendendo le aree di Pompei ed Ercolano, registra quasi 5 milioni di visite l’anno.

21 La mostra su Caravaggio, al moneto ancora in corso a Roma, alle Scuderie del Quirinale, ha totalizzato una media di circa 5.000 visite giornaliere, dato del tutto atipico per il panorama nazionale degli eventi temporanei.

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53ma Biennale internazionale d'arte Venezia. Giardini, Arsenal 375.702 2.223

Capolavori futuristi alla Collezione P. Guggenheim Venezia. Collezione Peggy Guggenheim 326.726 1.150

Mapping the studio. Artists from F. Pinault Coll. Venezia. Punta della Dogana 287.267 1.288

Edward Hopper Milano. Palazzo Reale 202.127 1.838

Caravaggio Bacon Roma. Galleria Borghese 195.600 1.178

Egitto mai visto Trento. Castello del Buonconsiglio 180.068 866

Fonte: Kataweb Arte – Giornale dell’Arte

Nonostante la crescente vitalità di questo comparto, nel panorama internazionale le mostre realizzate nel territorio italiano non rivestono ancora ruoli da protagoniste: la mostra “The mind of Leonardo”, presentata al Tokyo National Museum nel 2007 (dati dell’Art newspaper), ha infatti registrato una media di 10 mila ingressi giornalieri e, per restare nel continente europeo, la mostra su Cézanne e Ricasso, del Musée d’Orsay, ha accolto circa 5.200 visitatori al giorno.

3.3.2 Domanda di spettacolo e attività culturali

Per valutare le dinamiche di pubblico dello spettacolo dal vivo e del cinema, come accennato in premessa, si deve fare riferimento principalmente ai dati della SIAE (Società Italia Autori ed Editori), che a fini di tutela dei diritti d’autore, raccoglie dati sull’affluenza del pubblico in teatri, cinema e altre attività di spettacolo (comprese attività sportive e ballo); a fini statistici, la SIAE trasmette queste informazioni all’Istat e al Ministero dei Beni Culturali che, da alcuni anni, sono diffuse per mezzo dell’Osservatorio nazionale dello Spettacolo, ufficio del Ministero dei Beni e Attività Culturali, che si occupa di elaborare e analizzare i dati relativi a domanda, offerta e finanziamenti alle attività culturali e di spettacolo. Analogamente ai dati sulle visite museali, le statistiche sullo spettacolo si riferiscono sia all’offerta (nello specifico, al numero di rappresentazioni) sia alla domanda (biglietti e spesa del pubblico),

senza fornire ulteriori dettagli circa le caratteristiche del pubblico.22

Tab. 6 - Spettacolo: Numero di spettacoli, Ingressi e Spesa al botteghino per genere – Anno 2008

Numero Spesa del Genere

spettacoli Ingressi

pubblico Attività teatrale 156.477 22.435.430 444.315.342 Teatro 81.626 14.194.981 214.548.350,38 Lirica 3.122 2.305.356 91.613.788,08 Rivista e Commedia Musicale 2.535 1.652.263 38.434.666,89 Balletto 6.590 1.945.255 29.800.412,20 Burattini e Marionette 2.949 218.639 1.173.225,76 Arte Varia 41.250 1.024.909 59.270.260,63 Circo 18.405 1.094.027 9.474.637,84 Attività concertistica 36.383 11.748.274 288.769.846 Concerti Classici 13.636 3.372.167 45.499.481,24 Concerti di Musica Leggera 18.086 7.694.150 230.042.506,61 Concerti Jazz 4.661 681.957 13.227.858,48 TOTALE 192.860 34.183.704 733.085.188

Fonte: SIAE - Osservatorio dello Spettacolo Nel 2008 in Italia sono stati registrati più di 34 milioni di ingressi (tab. 6) a rappresentazioni teatrali e musicali, per una spesa del pubblico di circa 733 milioni di euro, a fronte di un totale di

22 Il dettaglio territoriale massimo è quello regionale (anche se il dato nazionale è distinto per grandi città e città minori), nel corso

dell’ultimo anno l’Osservatorio ha ripreso a rilevare i dati anche a livello provinciale.

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circa 192 mila rappresentazioni (ciascuna rappresentazione, quindi, ha registrato una media di 177 spettatori e un incasso di 3.801 euro, per una spesa media per spettatore di 21 euro). Il 42% degli spettatori ha assistito a spettacoli teatrali (prosa e generi affini). I generi musicali classici (Lirica, Balletto e concerti di musica classica) hanno registrato complessivamente 7,6 milioni di spettatori, pari al 22% del pubblico totale, quota analoga a quella registrata dai concerti di musica leggera. La lirica è il genere che incassa mediamente di più, con un pubblico medio per rappresentazione di 738 spettatori e circa 39 euro di spesa media per spettatore. Circa il 65% del pubblico (55% delle rappresentazioni) si concentra nelle città capoluogo: è questo un dato che caratterizza fortemente il contesto dello spettacolo dal vivo in Italia, che rispetto ad altri contesti europei o intercontinentali vanta una notevole diffusione di teatri e spazi per lo spettacolo dal vivo anche nelle aree periferiche (in Francia, Usa, Gran Bretagna, ad esempio, la concentrazione urbana dell’offerta e del pubblico è notevolmente superiore).

Graf. 6

Spettacolo dal vivo: biglietti venduti

per genere di spettacolo (2006-2008)

-

2.000.000

4.000.000

6.000.000

8.000.000

10.000.000

12.000.000

14.000.000

16.000.000

18.000.000

Teatro Lirica Concerti Classici Concerti di Musica leggera Balletto Altro

2006 2007 2008

Fonte: SIAE - Osservatorio dello Spettacolo

Tra il 2000 e il 200523 la domanda di spettacolo ha evidenziato dinamiche altalenanti, con una tendenza generalmente crescente. Gli spettatori totali sono aumentati di quasi 7 punti percentuali, frutto soprattutto della crescita registrata tra il 2003 e il 2005, che ha fatto seguito una contrazione della domanda nei 3 anni precedenti. Il teatro di prosa ha registrato le oscillazioni più marcate; la lirica e i concerti di musica classica, anche se con qualche incertezza, segnalano una dinamica espansiva, così come gli spettacoli di danza, ma in misura meno evidente.

23 I dati relativi ai periodi 2000-2005 e 2006-2007 sono stati raccolti e presentati in formati diversi dall’Osservatorio e, per

garantire una effettiva confrontabilità dei dati, è opportuno che siano analizzati separatamente.

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Graf. 7 - Biglietti venduti per spettacoli teatrali e musicali (2006-2008)

0

5.000.000

10.000.000

15.000.000

20.000.000

25.000.000

30.000.000

35.000.000

40.000.000

Teatr

o

Lir

ica

Riv

ista

e C

om

m. M

us.

Bal

lett

o

Bu

ratt

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e M

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e V

aria

Cir

co

Co

nce

rti

Cla

ssic

i

Mu

sica

Leg

ger

a e

jazz

TO

TA

LE

2006 2007 2008

Fonte: SIAE - Osservatorio dello Spettacolo

Nell’ultimo triennio (graf.7) la crescita del pubblico per le attività musicali si è ulteriormente rafforzata, sia per i generi tradizionali – lirica, balletto (+18%) e musica classica (+10%) - sia nella musica leggera. Il teatro ha invece subito una contrazione, legata soprattutto al 2007-2008. Complessivamente, si deve rilevare che dal 2000 al 2008 il pubblico degli spettacoli dal vivo è passato da quasi 28 a poco meno di 35 milioni di spettatori.

Graf. 8 - Cinema: numero di biglietti venduti dal 1997 al 2008

100000

102000

104000

106000

108000

110000

112000

114000

116000

118000

120000

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008

Fonte: SIAE - Osservatorio dello Spettacolo

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La SIAE, insieme allo spettacolo dal vivo, registra anche i dati relativi al pubblico dei cinema, insieme alla spesa per biglietti e al numero di spettacoli proiettati. Nel 2008, ultimo dato disponibile, questo settore ha registrato circa 111 milioni di spettatori, relativi a circa 1,5 milioni di proiezioni. Nel corso degli ultimi 10 anni, il pubblico del cinema ha registrato notevoli oscillazioni; la dinamica intercorsa nel decennio (graf.8), evidentemente, è legata anche alla qualità dei prodotti e alle stagioni cinematografiche. È comunque da osservare come, nello stesso periodo, il numero di spettacoli sia praticamente raddoppiato. Un interessante fenomeno legato all’offerta di attività culturali e all’integrazione delle performing arts con settori di offerta culturale diversi, come i monumenti, i musei o le mostre, è offerto dalla componente dei festival e delle manifestazioni temporanee che, grazie a efficaci politiche di marketing, efficienti livelli organizzativi e un’offerta tematica concentrata e diversificata, hanno attratto negli anni un volume crescente di pubblico che, spesso concentrati in periodi limitati di tempo e in aree circoscritte, si connettono a fenomeni turistici o escursionistici di massa. La “Settimana della Cultura”, evento promosso ogni anno dal Ministero, che prevede l’accesso gratuito a musei, monumenti, l’apertura di siti di solito non accessibili, l’organizzazione di spettacoli, seminari, convegni, nel 2007, ha registrato 1,3 milioni di visite (tab. 7).

Tab. 7 - Spettatori, ingressi e visitatori per eventi culturali straordinari e festival – 2006/2007

Eventi 2006 2007

Settimana della Cultura 1,5 mln ingressi 1,3 mln ingressi Festival del Cinema di Roma 102 mila spettatori 110 mila spettatori Festival dell'Economia di Trento 50 mila presenze 70 mila presenze Festival della Letteratura di Mantova 41 mila spettatori 55 mila spettatori Fiera internazionale del Libro di Torino 300 mila presenze 300 mila presenze Festival della Scienza di Genova 250 mila presenze 250 mila presenze Festival della Filosofia di Modena 100 mila presenze 120 mila presenze

Fonte Federculture

Ancora più interessante è il crescente successo dei festival - dalla Letteratura all’Economia, dalla Scienza alla Filosofia, fino al cinema -, capaci di attrarre flussi consistenti di visitatori, curiosi, appassionati e turisti e di offrire eventi, attività, spettacoli, convegni, incontri con artisti, scienziati, scrittori, tali da alimentare soprattutto la partecipazione giovanile e di generare impatti turistici di rilievo.

3.3.3 Biblioteche e lettura

Per analizzare un’altra importante categoria di consumi culturali degli italiani, quella della lettura, si deve fare riferimento ancora a dati raccolti ed elaborati presso il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. Tali dati, come per i musei, riferiscono unicamente dei frequentatori delle biblioteche statali e rilevano il numero e l’ubicazione delle strutture, i volumi conservati, le opere prese in prestito e consultate e il numero di frequentatori/lettori. Tab. 8 - Biblioteche statali: consistenza del materiale, consultazioni, prestiti e lettori (2003-2007)

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Anni Biblioteche Volumi (stampati) Opere consultate Prestiti

Persone ammesse a

prestito Lettori

2003 46 23.212.172 2.769.652 294.905 224.799 1.620.967 2004 46 23.095.627 2.813.444 301.938 223.054 1.801.028 2005 46 24.013.274 2.491.061 291.046 243.120 1.909.083 2006 46 24.239.714 2.517.506 281.645 249.416 1.658.567 2007 46 24.444.468 2.405.946 275.551 271.533 1.608.565

Fonte: Ministero Beni e Attività Culturali Non si ha in questo caso la minima contezza della quota (notevole) di frequentatori delle biblioteche locali, in particolare civiche, che raccolgono un volume consistente e crescente, secondo

recenti indagini24, di lettori e che in molti contesti cittadini svolgono funzioni che vanno ben oltre

la consultazione di testi25. Rimanendo ai soli dati conoscibili a livello nazionale, nel 2007 le 46 biblioteche statali i presenti nel territorio italiano hanno registrato circa 277 mila prestiti e un totale di poco meno di 1,6 milioni di lettori (tab. 8), un andamento che, rispetto a qualche anno prima, appare nettamente declinante. La distribuzione dei volumi e dei fruitori sul territorio nazionale risulta particolarmente disomogenea, con una evidente concentrazione di volumi e consultazioni al Centro Italia e valori molto più ridotti nel Meridione.

3.4. Le statistiche sulla propensione al consumo culturale

Il numero di visitatori e i biglietti emessi per la fruizione di musei, spettacoli teatrali e cinema, rappresenta un indicatore fondamentale per un’analisi quantitativa della domanda culturale, in quanto permette di valutare l’affluenza di pubblico, e quindi l’interesse verso una determinata attrazione, attività, luogo, prodotto culturale. I biglietti venduti informano sul numero di ingressi presso teatri e musei, ma in alcun modo consentono di valutare il numero di persone che effettivamente vi prende parte, considerando l’eventuale ripetitività della visita, né permettono di indagare sulle abitudini di fruizione della popolazione. Ciò è particolarmente rilevante per la domanda culturale che, come noto, diversamente dai consumi collettivi primari e generali, interessa normalmente una quota ristretta della popolazione. Il numero di partecipanti ai consumi culturali, in questo settore, è generalmente inferiore rispetto al numero di biglietti registrati, poiché la domanda di fruizione è effettivamente espressa da un nucleo ristretto di persone che realizzano un consumo molto frequente e ripetuto. Per valutare l’effettiva diffusione del consumo culturale in una società è dunque necessario fare riferimento anche ad aspetti che riguardano il livello di partecipazione della popolazione al consumo di beni, servizi e intrattenimenti culturali di vario genere.

Le Indagini multiscopo26 sull’utilizzo del tempo libero e sui comportamenti di consumo culturale, prodotte dall’Istat con cadenza variabile (allo stato attuale ogni due anni), mirano a raccogliere informazioni relative alla partecipazione della popolazione al consumo culturale, valutando la

24 Nel solo sistema delle biblioteche civiche di Roma (dati dell’Agenzia per il controllo dei servizi pubblici locali del Comune di

Roma), ad esempio, gli utenti aumentano di 500 mila unità tra il 2000 e il 2006.

25 Il caso della Biblioteca San Giovanni di Pesaro è uno dei più emblematici, sotto questo profilo.

26 Il Sistema di indagini multiscopo, avviato nel 1993, contribuisce a determinare la base informativa del quadro sociale del Paese. Il sistema si articola su sette indagini che coprono i più importanti temi di rilevanza sociale: una indagine a cadenza annuale sugli aspetti della vita quotidiana, una trimestrale sul turismo e cinque indagini tematiche (Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari, I cittadini e il tempo libero, Sicurezza dei cittadini, Famiglie e soggetti sociali, Uso del tempo), effettuate a rotazione in un arco di tempo di cinque anni. A queste vanno aggiunte altre indagini di approfondimento che non hanno una pianificazione programmata ma che vengono realizzate nell’ambito delle suddette aree tematiche.

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propensione di una collettività (sotto forma di tassi percentuali di popolazione) alla fruizione culturale. Attraverso le Indagini multiscopo è possibile analizzare i tassi di partecipazione della

popolazione27 per diversi tipi di attività culturali e di intrattenimento (musei, spettacoli, cinema ma anche TV e radio) e, inoltre, indagare sulle caratteristiche socio-demografiche del pubblico culturale. Associata alla rilevazione dei tassi di partecipazione, infatti, è indagata una serie di informazioni dettagliate su età, condizioni lavorative, zona di residenza e livello di istruzione degli intervistati, così da permettere una segmentazione particolarmente accurata della domanda

culturale.28 Le indagini multiscopo confermano che la fruizione di beni e attività culturali (musei, mostre, teatro, musica) è un’attività che riguarda mediamente un nucleo piuttosto ristretto della popolazione, consegnando tuttavia un quadro articolato, anche in termini di dinamica temporale (graf. 9).

Graf. 9

Propensione al consumo culturale e di intrattenimenti

(percentuale di persone che hanno effettuato un consumo

culturale nell'anno - confronto 2002-2007)

28,1

18,7

9,0

50,0

41,4

94,3

62,8

27,9

21,0

9,3

48,8

43,1

93,8

62,8

musei e mostre (a) spettacoli teatrali (a) concerti di musica

classica e lirica (a)

cinema (a) libri (b) TV (c) Radio (c)

Anno 2002 Anno 2007

Note: (a) persone di 6 anni e più Fonte: Cultura, socialità e tempo libero - Indagine multiscopo (b) persone di 11 anni e più sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” (c) persone di 3 anni e più Le maggiori evidenze che emergono dai dati relativi agli ultimi anni (le indagini, pur con metodologie diverse, si protraggono dal 1993 al 2007), con riferimento alla propensione ai consumi culturali, sono riassunte di seguito:

- la fruizione museale e le mostre, così come il teatro, interessano abitualmente una quota ristretta della popolazione italiana. I musei e le mostre attirano una quota lievemente maggiore, in parte per effetto dell’incidenza delle visite scolastiche (le percentuali riguardano

27 I tassi prendono in esame generalmente la popolazione oltre un certo numero di anni (escludendo più piccoli).

28 L’indagine sulla partecipazione, inoltre, appare particolarmente utile nei confronti a livello internazionale, poiché elude in parte il vincolo della confrontabilità di generi e le difformità definitorie di intrattenimenti e prodotti culturali.

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le persone di 6 anni e più). A fronte di questa ridotta incidenza, si deve rilevare per queste attività un incremento di partecipazione piuttosto netto negli ultimi anni;

- la musica classica e l’opera sono intrattenimenti per lo più a carattere elitario, che riguardano mediamente meno di 1 italiano su 10; il lieve incremento della propensione al consumo registrabile negli ultimi anni, proprio considerato il volume tradizionalmente ristretto del pubblico, appare particolarmente significativo;

- la quota di popolazione che si reca al cinema è pari a circa il 50% della popolazione; - i prodotti dell’industria editoriale (libri e giornali), in Italia, presentano livelli di partecipazione

anomali rispetto alle medie europee, in particolare per la lettura dei quotidiani, attività che in alcuni paesi in Europa raggiunge anche punte del 90% (nel caso dei libri si può notare una ripresa, soprattutto negli ultimi anni, probabilmente legata anche alla pratica diffusa dell’acquisto di libri in abbinamento al quotidiano o al settimanale;

- l’industria multimediale, infine, registra un andamento incerto; se, da un lato, la percentuale di chi ascolta la radio aumenta sensibilmente, negli ultimi anni, si deve rilevare una contrazione degli spettatori televisivi, in apparente contrasto con il senso comune, che

vorrebbe “egemonico” il ruolo della tv nel panorama degli intrattenimenti29. I dati analizzati, dunque, confermano che, a fronte di volumi di spesa e di biglietti venduti piuttosto consistenti, come verificato in precedenza, solo una quota ristretta di popolazione esprime effettivamente una domanda di visita di musei, mostre e di visione di spettacoli e la soddisfa in maniera ripetuta.

Le indagini multiscopo, come accennato, consentono di formulare ipotesi interpretative sulla struttura della domanda culturale anche in merito alle caratteristiche socio-demografiche del pubblico (età, titolo di studio, occupazione, residenza). Ad esempio, esse supportano la tesi secondo cui la domanda culturale si affermerebbe diversamente a seconda dell’età. Nella popolazione più giovane, infatti, si rileva un’incidenza media più elevata (soprattutto per effetto di una fruizione indotta in ambiente scolastico da gite e visite); anche nelle classi di età medie (35-54 anni) si registra generalmente una più consistente partecipazione culturale, mentre la quota di persone attratte dalla visita a musei e mostre diminuisce per le classi più avanzate. Tab. 9 - Persone di 6 anni e più che hanno effettuato un consumo culturale nei 12 mesi precedenti l'intervista per titolo di studio (anno 2007, quote percentuali)

TITOLO DI STUDIO musei e mostre

siti archeologici e monumenti

spettacoli teatrali

concerti di musica classica

Laurea 62,8 51,7 48,2 24,7 Diploma superiore 38,6 31,6 28,5 14,5 Licenza media 22,7 17,0 16,0 7,0 Licenza elemen. - Nessun titolo 15,1 10,2 12,7 3,3 Totale 27,9 21,6 21,0 9,3

Fonte: Indagine Multiscopo sulle famiglie italiane La propensione ai consumi culturali della popolazione, secondo i dati rilevati a livello nazionale, è inoltre strettamente - e positivamente - correlata al livello d’istruzione: all’aumentare del valore del titolo di studio (tab. 9), cresce infatti in maniera netta la propensione alla fruizione di tutti i prodotti culturali (si arriva a distanze particolarmente elevate per i laureati, classe nella quale

29 Anche se in diminuzione, la quota di popolazione interessata all’intrattenimento televisivo ne conferma l’ampia diffusione e il

carattere di massa di questo consumo, diversamente dagli altri che attengono più propriamente alla sfera culturale.

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all’incirca un individuo su due ha visitato un museo, monumento mostra o teatro nell’anno trascorso). Tab. 10 - Persone di 6 anni e più che hanno effettuato un consumo culturale nei 12 mesi precedenti l'intervista per area di residenza (anno 2007, quote percentuali)

AREA DI RESIDENZA musei e mostre monumenti e archeologia spettacoli

teatrali concerti

musica classica

Comune centro dell'area metropolitana 36,1 27,7 30,3 13,6 Periferia dell'area metropolitana 29,4 23,0 24,8 8,5 Fino a 2.000 abitanti 22,3 17,7 12,9 7,1 Da 2.001 a 10.000 abitanti 24,8 19,7 16,3 7,7 Da 10.001 a 50.000 abitanti 24,9 18,8 18,1 8,0 50.001 abitanti e più 30,2 23,6 23,8 11,0

Fonte: Indagine Multiscopo sulle famiglie italiane Un altro fattore in grado di esercitare una forte incidenza sul livello di partecipazione culturale della popolazione è il contesto socio-economico, in particolare connesso al reddito - che è a sua volta in funzione direttamente correlata al livello d’istruzione - e all’area di residenza. La domanda culturale si concentra nelle aree metropolitane e nelle grandi città (tab. 10) dove, per un verso, il livello d’istruzione e il reddito risultano mediamente più elevati, e, per un altro, sono più numerose e accessibili le occasioni di fruizione; anche l’offerta culturale, in questo senso, sembra esercitare

un’influenza positiva sulla formazione della domanda, in concomitanza con altri fattori.30 Tab. 11 - Frequenza della partecipazione a visite ed eventi culturali nel corso dell'anno (2006)

Visita a: 1-3 volte

4-6 volte

7-12 volte

Più di 12 volte

Musei 81,1 12,5 3,6 2,9 Mostre, esposizioni d’arte 81,6 11,7 3,6 3,1 Siti archeologici 84,1 9,0 2,8 4,1 Teatro 78,7 13,3 5,2 2,8 Visita monumenti storici 72,7 17,3 6,0 4,0 Visita centri storici, città d'arte 73,8 17,0 5,6 3,6

Fonte: Indagine Multiscopo sulle famiglie italiane Infine, attraverso le indagini multiscopo è possibile analizzare la frequenza della partecipazione a eventi o visite culturali e, di conseguenza, ottenere indicazioni in merito alla ripetitività dei consumi culturali. Dai dati relativi al 2005 (rilevati a metà anno del 2006) si può notare come la maggior parte dei fruitori esprima un consumo isolato o, al massimo, ripetuto una o due volte (tab.11). Discreta è però la quota di persone che si sono recate presso musei, teatri e mostre molte diverse volte nell’anno, fino a più di 12 visite l’anno. Le statistiche sulla propensione alla fruizione culturale risultano particolarmente interessanti anche perché permettono di effettuare confronti sul piano internazionale, grazie a indagini

strutturate in maniera analoga e diffuse in numerosi paesi europei ed extraeuropei.31 Rispetto ad altre informazioni, il concetto di propensione sembrerebbe avere infatti maggiori potenzialità di

30 Peraltro, data la caratteristica capillarità del patrimonio culturale italiano, questo effetto appare meno intenso che in altri

contesti europei e internazionali.

31 In particolare, l’International Symposium of Cultural Statistics è un programma che si prefigge di raccogliere e armonizzare le informazioni statistiche a livello internazionale (per conto dell’UNESCO); si veda: http://www.colloque2002sympo- sium.gouv.qc.ca/h4v_page_accueil_an.htm

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raffronto, in quanto più scevro da questioni definitorie e metodologiche che, spesso, rendono molti confronti a livello internazionale inattendibili o inesatti. Numerose analisi, in questo senso, oltre a confermare ampiamente le caratteristiche peculiari della domanda culturale rispetto al consumo di altri beni di mercato, sia con riferimento alle tipologie di fruitori che alle modalità di consumo, evidenziano alcune particolarità del contesto italiano. I paesi del Nord Europa, tradizionalmente, registrano una propensione alla fruizione museale più elevata rispetto alle aree mediterranee e, in particolare, verso l’Italia; ciò avviene in corrispondenza di livelli medi d’istruzione tradizionalmente superiori, ma anche in presenza di un patrimonio culturale altamente “musealizzato”: in paesi come l’Italia (o anche la Francia), la fruizione museale coglie solo in parte le eterogenee forme possibili di domanda culturale (si pensi a monumenti all’aperto, al paesaggio, alle aree archeologiche, ai borghi e ai centri storici, luoghi in cui la fruizione è libera). Altro elemento differenziale che emerge dai confronti internazionali è la minor propensione degli italiani alla lettura, sia di libri e riviste sia, soprattutto, con riferimento ai quotidiani. Nel gruppo di paesi dell’Unione Europa a 15, l’Italia registra tassi di frequenza nella consultazione dei quotidiani strutturalmente inferiori di circa 10 punti percentuali.

3.5. Le indagini di campo e le altre rilevazioni

Le numerose fonti di informazione e gli strumenti di rilevazione finora descritti consentono analisi piuttosto dettagliate ed estese delle dinamiche di domanda culturale; la grande mole di statistiche e informazioni qualitative prodotta da vari istituzioni ed enti, tuttavia, non sempre permette una visione di dettaglio delle numerose modalità di consumo culturale, soprattutto quando il livello territoriale indagato diviene maggiormente approfondito, o quando si intenda monitorare tendenze e dinamiche specifiche, legate a comportamenti o caratteristiche particolari dei fruitori. Una misura dell’impossibilità di analizzare in maniera esaustiva le caratteristiche della domanda culturale, nelle sue diversificate forme di consumo e dinamiche di sviluppo, è data in effetti dalla continua proliferazione di indagini quali-quantitative sul consumo culturale derivanti da indagini “di campo” specifiche che, con cadenza più o meno occasionale e a vari livelli territoriali e amministrativi, si occupano di approfondire singoli aspetti della domanda, dinamiche relative a specifiche aree territoriali e altre informazioni utilizzate prevalentemente a supporto delle predisposizione o della verifica delle policy pubbliche di valorizzazione, nella definizione di strategie comunicative e di marketing culturale, ecc. Queste indagini (ad hoc) possono essere di natura eterogenea e di provenienza ancor più varia. Un’approssimativa, quanto non esaustiva, schematizzazione potrebbe distinguere i seguenti ambiti:

- indagini nazionali su specifici aspetti della fruizione (più o meno occasionali); - indagini d’area o territoriali (su aspetti generali o specifici); - indagini su singole istituzioni culturali (su comportamenti del pubblico o sul grado di

soddisfazione). Le indagini di livello nazionale possono essere finalizzate alla conoscenza di specifici aspetti della fruizione culturale o anche al fine di verificare l’effettiva efficacia di una policy. Queste indagini possono essere svolte sia attraverso interviste e rilevazioni campionarie presso il pubblico, sia per mezzo di indagini presso le strutture o le istituzioni. L’Ufficio studi del Ministero dei Beni e Attività Culturali conduce periodicamente indagini e studi finalizzati a descrivere le dinamiche di domanda e le caratteristiche dell’offerta culturale.

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Una delle più estese è quella denominata ”Indagine sui servizi di accoglienza nei musei italiani”,

realizzata nel 2000 (pubblicata nel 200232), attraverso questionari somministrati a un campione di 4.000 visitatori in 12 tra i musei (statali) più visitati d’Italia. La rilevazione ha inteso ricostruire il profilo socio-economico dei visitatori e consentito di osservare fabbisogni, motivazioni e livelli di soddisfazione dei visitatori con particolare riguardo ai servizi di supporto alla visita (servizi aggiuntivi). Tab. 12 - Visitatori dei musei indagati per genere, età e titolo di studio

Numero intervistati quota %

Maschi 1.598 44% Femmine 2.057 56% Totale rispondenti 3.655 100%

15-24 anni 673 19% 25-59 anni 2.248 64% 60 e oltre 571 16% Totale rispondenti 3.492 100%

Elementari 27 2% Licenza media 252 18% Diploma 659 46% Laurea 485 34% Nessun titolo 5 0% Totale rispondenti 1.428 100%

Fonte: Indagine sui servizi di accoglienza nei musei italiani Con riferimento al profilo socio-economico dei visitatori, l’indagine ha evidenziato in particolare che (si veda tab. 12):

- esiste una sostanziale indifferenza della componente di genere nella fruizione (maschi e femmine figurano in misura analoga tra i visitatori);

- gli adulti in età compresa tra i 25 e i 59 anni prevalgono sulle altre classi di età, ma vi è anche una discreta presenza di giovani nel pubblico museale;

- il peso prevalente (60% circa degli intervistati) nelle componenti di visitatori è occupato dagli stranieri;

- il titolo di studio prevalente è compreso tra il diploma e la laurea. Sul fronte delle modalità di visita, inoltre, è emerso che la quasi totalità delle visite avviene in compagnia di amici o parenti (tab. 13); seguono, con pesi analoghi, i gruppi organizzati e le visite individuali (le aree e i musei archeologici hanno registrato un’incidenza lievemente maggiore delle visite individuali).

Tab. 13 - La dimensione sociale della visita per tipo di istituto visitato (anno 2002 - valori percentuali)

Ha effettuato la visita:

Museo d'archeologia Monumento Museo

d'arte Museo storico

Area archeologica Totale

da solo/a 25,4% 10,6% 19,2% 10,7% 24,2% 18,9% con amici/parenti 58,6% 60,5% 67,2% 67,5% 58,4% 63,1% gruppo organizzato 16,1% 28,9% 13,7% 21,8% 17,4% 17,9%

32 Bollo A., Solima L., I musei e le imprese. Indagine sui servizi di accoglienza nei musei statali italiani, 2002, Electa, Napoli.

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totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% Fonte: Indagine sui servizi di accoglienza nei musei italiani

Nei musei in cui è stata effettuata la rilevazione, la visita dura mediamente 100 minuti; quasi il 50% degli intervistati dichiara però di superare le due ore di permanenza (graf. 10) nelle aree espositive.

meno di 1 ora;17,9%

da 1 a 2 ore; 34,7%

oltre 2 ore; 47,4%

0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0% 30,0% 35,0% 40,0% 45,0% 50,0%

Graf. 10 - La durata della visita museale

(percentuale di risposte)

Una parte importante dell’indagine riguarda i servizi aggiuntivi (guide, guardaroba, bookshop, ristoro), come detto. Il ricorso a questa componente di offerta, stando ai dati raccolti, è risultato alquanto limitato, soprattutto a causa di una scarsa visibilità e riconoscibilità dei servizi offerti. I servizi cui gli utenti fanno più frequentemente ricorso (graf. 11) riguardano i supporti “pratici” alla fruizione, come la prenotazione e il guardaroba, e i prodotti collegati all’offerta culturale (il bookshop). Questi ultimi (bookshop, ma anche il bar/ristorante) sono anche considerati tra i più “utili” per migliorare la visita, insieme alle audioguide e alle visite guidate che, però, sono acquistate da quote limitate di visitatori.

Graf. 11 - Percezione dell'utilità ed uso effettivo dei servizi museali

(valori percentuali, anno 2002)

0,0% 10,0% 20,0% 30,0% 40,0% 50,0% 60,0%

Prenotazione

Audioguide

Bar/ristorante

Visite guidate

Bookshop

Guardaroba

è utile è utilizzato

Fonte: Indagine sui servizi di accoglienza nei musei italiani

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Il bookshop è anche il servizio verso il quale gli utenti hanno rivelato la maggiore soddisfazione: 9 su 10 acquirenti di libri, gadget, cataloghi e oggettistica presso i punti vendita museali hanno espresso apprezzamento per il servizio offerto. Livelli di soddisfazione elevati sono stati registrati anche per il servizio di prenotazione e il guardaroba, mentre giudizi meno esaltanti sono emersi sul servizio di audioguide (graf. 13). In generale, comunque, il gradimento medio degli utenti verso tutti i servizi alla visita è risultato piuttosto elevato.

0 20 40 60 80 100

Guardaroba

Prenotazione

Audioguide

Visite guidate

Bar/ristorante

Bookshop

Graf. 12 - La soddisfazione per i servizi alla visita utilizzati

(% di giudizi positivi espressi sul totale utenti dei servizi )

Interessante anche l’esito dei quesiti relativi al giudizio sui costi, a completamento dell’indagine qualitativa sui servizi al visitatore. In questo caso, è emerso con discreta chiarezza un giudizio negativo in merito ai servizi di audioguide (graf. 13), aspetto che evidentemente incide anche sul giudizio complessivo finale di soddisfazione, appena evidenziato, ma soprattutto con riferimento ai servizi bar/ristorante che evidentemente, sfruttando una rendita posizionale, non sono spinti a praticare prezzi troppo concorrenziali.

0 20 40 60 80 100

Prenotazione

Audioguide

Visite guidate

Bar/ristorante

Bookshop

Graf. 13 - Giudizio sul costo dei servizi alla visita (a pagamento)

(% di giudizi positivi espressi )

Fonte: Indagine sui servizi di accoglienza nei musei italiani

Un’altra interessante indagine condotta dal Ministero, nell’ambito del progetto “verifica degli

standard museali”33 si è proposta recentemente (2007) di analizzare i livelli di qualità della

33 Nell’ambito delle attività previste dalle linee guida e dagli standard ex D.M. 10/5/2001 – Atto di indirizzo sui criteri tecnico-

scientifici e standard di funzionamento e di sviluppo dei musei.

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fruizione nei musei statali con riferimento a un esteso campione di istituzioni museali archeologiche, storico-artistiche, etnoantropologiche, case museo, palazzi, ville e castelli di diretta competenza del MiBAC (2009). Attraverso un questionario articolato, avente a oggetto le condizioni di accesso, le dotazioni e i servizi essenziali, i servizi alla visita, la promozione e la conoscenza del pubblico, sottoposto a 158 istituti statali, è stato possibile ricostruire un quadro approfondito ed esteso delle condizioni dell’offerta museale statale. Il quadro emerso dall’indagine è molto eterogeneo. Dovendo sintetizzare i principali elementi, si osserva che: − la maggior parte dei musei indagati è stata istituita negli ultimi 50 anni e presenta una

superficie espositiva non particolarmente estesa; − i musei statali sono aperti mediamente per più di 10 ore al giorno; − la maggior parte delle istituzioni non espleta particolari attività di promozione o

commercializzazione (prenotazione biglietti, relazioni con i tour operator, relazioni con altri musei a fini promozionali o comunicativi);

− a una discreta dotazione di segnaletica e pannellistica nelle strutture fa da contraltarela quasi sistematica carenza di supporti in lingua straniera, una limitata diffusione delle audioguide e degli strumenti multimediali;

− alle attività commerciali (bookshop, caffetteria, ristorante) è riservato uno spazio molto limitato nel panorama di offerta museale.

− quasi un terzo dei musei non supera le 10.000 visite annue; − la maggior parte dei musei non è peraltro dotata di una carta servizi o di strumenti utili a

rafforzare il legame con il pubblico (indagini sulla soddisfazione degli utenti, ecc.). Con riferimento ai servizi aggiuntivi, un altro contributo statistico-informativo utile, seppur ormai datato, è offerto da un’indagine prodotta nel 2000 dal Centro Studi Nomisma (1999), nella quale si analizza, attraverso un censimento presso 207 istituti museali statali, la diffusione e la tipologia dei servizi aggiuntivi. Tab. 14 – La presenza dei servizi aggiuntivi nei musei statali (anno 1999)

Variabili Musei con ingresso a pagamento

Musei con servizi aggiuntivi Incidenza

Istituti 207 54 26%

Ingressi 21.868.345 15.690.133 72%

Incassi biglietti (lire) 127.848.516.300 107.430.785.800 84%

Fonte Nomisma

L’indagine, a 7 anni dalla legge istitutiva (L 14/1/1993, n. 4 - Conversione in legge con modificazioni del D.L. 14/11/1992, n. 433), rilevava una diffusione ancora limitata dei servizi aggiuntivi, attivi in 54 musei statali e una spesa media pro-capite - per visitatore pagante e gratuito - di circa 3,5 euro (allora 6.800 lire) per il biglietto, e di 1,2 euro (2.400 lire) per i servizi, per una media, dunque, di 4,8 euro per visitatore. Secondo l’indagine Nomisma, i negozi di libri e merchandising costituivano la principale fonte di reddito aggiuntivo. Gli operatori, sia rispondendo a un questionario, sia nel corso di interviste dirette, hanno specificato che circa un terzo del fatturato dei negozi era attribuibile all'oggettistica, con punte che superano il 50% in alcuni musei. Nel complesso, l'acquisto di visite guidate risultava piuttosto limitato: soltanto il 5% dei visitatori se ne serviva.

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Un’altra indagine che a livello nazionale si occupa di analizzare la fruizione museale al di fuori delle statistiche ufficiali è l’Indagine annuale sull'affluenza dei visitatori nei musei italiani di maggior interesse turistico, a cura del Touring Club Italiano, che riporta i dati sul pubblico dei maggiori musei italiani, selezionati nel vastissimo panorama di istituti statali, locali, privati ed ecclesiastici (il graf. 14 riporta una composizione della proprietà stimata dallo stesso TCI del 1998), in base alla notorietà e alla capacità attrattiva. L’indagine del Centro Studi TCI, condotta tramite inchiesta diretta presso le strutture, si è rivolta nel 2007 a un campione di 30 musei, totalizzanti 24,5 milioni di visite totali (tab. 15).

Graf. 14 - I musei italiani suddivisi per proprietà

(stima 1996)

Stato

13,0%Regioni

2,0%Province

2,0%

Comuni

43,0%

Università

6,0%

Altri enti

4,0%

Enti ecclesiastici

13,0%

Privati

17,0%

Una quota consistente di pubblico - come rileva il TCI, confermando quanto già osservato sul panorama dei musei statali - si concentra in pochi musei (i primi cinque raccolgono più di 11 milioni di visite). Si conferma, inoltre, la capacità attrattiva esercitata da eventi culturali e mostre temporanee, che rappresentano importanti strumenti catalizzatori di visitatori per le istituzioni museali.

Tab. 15 - I 30 musei più visitati in Italia nel 2007

Musei Visitatori Musei Vaticani 4.310.083 Scavi di Pompei (NA) 2.571.725 Galleria degli Uffizi (FI) 1.615.986 Palazzo Ducale (VE) 1.548.676 Acquario di Genova 1.352.000 Galleria dell'Accademia (FI) 1.286.798 Opera di Santa Croce (FI) 927.976 Bioparco di Roma 898.406 Museo Centrale del Risorgimento Roma 880.000 Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo Roma 843.792

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Galleria Borghese Roma 711.678 Museo di San Marco (VE) 551.000 Museo Nazionale del Cinema Torino 526.811 Musei Capitolini Roma 522.785 Museo delle Antichità Egizie (TO) 510.174 Reggia di Caserta 432.506 Museo Villa Imperiale del Casale Piazza Armerina (EN) 415.446 Palazzo Vecchio-Quartieri Monumentali Firenze 412.144 Cappelle Medicee Firenze 389.103 Museo Naz. Scienza e Tecnologia "da Vinci" (MI) 384.347 Peggy Guggenheim Collection (VE) 378.613 Tesoro di San Pietro (Città del Vaticano) 370.870 Museo Archeologico Nazionale (NA) 357.032 Civico di Storia Naturale (MI) 350.000 Gallerie dell'Accademia (VE) 341.008 Cenacolo Vinciano (MI) 330.678 Scavi di Ostia Antica (RM) 312.625 Palazzo Madama (TO) 312.532 Templi di Paestum (SA) 308.189 Scavi di Ercolano (NA) 301.786

Fonte: Touring Club Italiano

Il quadro delle indagini territoriali specifiche è potenzialmente indefinito, in quanto numerosissime

sono le possibili “letture” del consumo culturale delle famiglie e altrettanto numerosi sono gli scopi e gli operatori interessati alle dinamiche di domanda. Le più rilevanti informazioni statistiche a livello territoriale provengono dalle indagini realizzate in

maniera più o meno sistematica dagli Osservatori culturali regionali34, incaricati istituzionalmente di analizzare le dinamiche della domanda culturale al fine di supportare la programmazione settoriale regionale. Nelle regioni in cui sono da tempo attivi strumenti di monitoraggio di questo tipo, si producono sistematicamente analisi e approfondimenti che rendono disponibili dati a livello locale anche per lo spettacolo dal vivo, le mostre, e informazioni rilevanti anche sul profilo dei visitatori (come le abitudini di visita, le caratteristiche socio-demografiche ed economiche del pubblico, la soddisfazione verso alcuni aspetti dell’offerta), attraverso questionari e interviste dirette. Particolarmente attivi nell’osservazione delle dinamiche della domanda e nella realizzazione di indagini dirette sono gli osservatori culturali regionali di Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Marche (anche la Toscana, per mezzo di uffici interni all’Amministrazione regionale, realizza sistematiche indagini di campo sul profilo dei visitatori e sulle caratteristiche della domanda effettiva e potenziale). Tra le più significative rilevazioni realizzate con cadenza definita, si possono citare: - l’Indagine sul pubblico, condotta dall’Osservatorio della Regione Lombardia sui visitatori dei

musei;

- la Relazione annuale dell’Osservatorio culturale del Piemonte, che oltre a relazionare sulle dinamiche del settore culturale regionale presenta periodicamente i risultati di varie indagini specifiche sul pubblico (soddisfazione, comportamenti, manifestazioni, spesa, ecc.);

34 Gli Osservatori culturali regionali sono strutture variamente inserite nelle amministrazioni regionali o ad esse collegate con

compiti di monitoraggio, analisi e indagine del settore culturale a supporto della programmazione regionale. Fino ad oggi, le regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo si sono dotate di un osservatorio che, a seconda dei casi, si occupa di monitorare l’intero settore o alcune attività in particolare (Osservatori dello Spettacolo, dei musei, ecc.); numerose altre regioni stanno provvedendo all’attivazione di strumenti analoghi, soprattutto nella prospettiva della progressiva acquisizione di funzioni e competenze (nel processo avviato dalla riforma del Titolo V della Costituzione) in ambito culturale.

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- le indagini sulla domanda di spettacoli ed eventi culturali dal vivo sono un ambito di attività particolarmente rilevante dell’Osservatorio Regionale dello Spettacolo dell’Emilia Romagna (gestito dalla ATER);

- infine, la Regione Toscana realizza periodiche indagini sui musei civici e locali, indagando soprattutto gli aspetti relativi all’ organizzazione dell’offerta e il profilo dei visitatori.

Rispetto a un livello territoriale più specifico sono disponibili, provenienti in parte dalle stesse indagini degli Osservatori regionali, in parte da altre istituzioni, numerose rilevazioni sul pubblico riferite a sistemi di offerta culturale d’area, insiemi di musei, reti territoriali. Queste indagini sono finalizzate al supporto di specifiche politiche territoriali (l’avvio di un sistema mussale, la

costruzione di un progetto di valorizzazione territoriale basato su risorse culturali, ecc.)35, marketing culturale o strategie di comunicazione. Indagini specifiche attraverso questionari e sondaggi possono essere realizzate anche da singole istituzioni culturali al fine di conoscere (o tendere a meglio soddisfare) il proprio pubblico (attuale o potenziale). Queste assumono particolare rilievo soprattutto nelle istituzioni di grande rilievo, per

via dell’ormai elevato livello di concorrenza nell’attrazione di pubblico36 cui sono sottoposte queste strutture; così come avviene per le normali indagini di mercato, la conoscenza dell’utenza cui si rivolgono beni e servizi culturali rappresenta una condizione fondamentale per attivare azioni dirette alla fidelizzazione, all’attrazione di pubblico potenziale, alla soddisfazione degli utenti. Attualmente, la maggior parte delle istituzioni culturali più note è attrezzata per rilevare sistematicamente le dinamiche del pubblico e le caratteristiche della domanda.37 Si tratta di una pratica che solo da poco tempo, però, ha raggiunto una minima diffusione, mentre in ambito europeo e soprattutto anglosassone rappresenta uno strumento oramai consolidato di accompagnamento delle policy. Il Roma Europa Festival (REF), ad esempio, conduce da qualche anno un’indagine sul pubblico in base a un questionario strutturato somministrato a un campione casuale di spettatori, contattati nel corso degli spettacoli (500 in totale nel 2006). Il questionario (riportato in appendice) si compone di 16 domande e mira a conoscere le modalità di acquisto e prenotazione dei biglietti, la soddisfazione relativa ai diversi servizi offerti al pubblico e alcune basilari informazioni anagrafiche dei visitatori/spettatori del Festival. Dall’indagine del 2006 sono emersi alcuni interessanti aspetti della fruizione; in particolare, il pubblico del Festival: - è costituito in ugual parte da uomini e donne di età compresa prevalentemente tra i 25 ed i 56

anni, di professione impiegati e insegnanti; - conosce il Festival mediante la stampa o partecipando ad altri eventi culturali, ma lo frequenta

prevalentemente da breve tempo;

- acquista preferibilmente i biglietti il giorno stesso o con breve anticipo (non ha l’abbonamento);

- partecipa prevalentemente con amici o con il partner; - è abbastanza soddisfatto sia dei servizi offerti che della programmazione artistica, tanto da

prevedere di tornare l’anno successivo.

35 Nel 1999, in previsione della costituzione di un sistema di musei civici nell’area di S.Miniato (PI), l’Amministrazione comunale

commissionò un’indagine sul pubblico tesa a verificare le potenzialità di attrazione del sistema e le caratteristiche del pubblico, al fine di calibrare la nuova offerta e dimensionare i servizi da predisporre (Indagine sulla domanda del sistema museale di San Miniato. Rapporto di ricerca a cura di Ludovico Solima - ottobre 2000).

36 L’uso di indagini di questo tipo proviene tradizionalmente dal mondo anglossassone, in cui la soddisfazione del pubblico influisce direttamente sulle finanze delle istituzioni, finanziate prevalentemente attraverso donazioni e sponsor.

37 Si possono visionare, oltre a quelle presentate in questo testo, le analisi di Conforti L., Ercole E.(1999) e Makno Consulting (1998).

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Nell’ambito delle strategie di ampliamento della base di domanda, le istituzioni culturali sempre più frequentemente realizzano indagini anche sul “non pubblico”. Una delle più recenti e interessanti è stata promossa dalla Provincia di Modena (Fitzcarraldo 2006). Attraverso la tecnica dei focus group in 5 istituti superiori di Modena (circa 90 ragazzi tra i 14 e i 19 anni), sono state indagate motivazioni, atteggiamenti e percezioni dei ragazzi nei confronti del consumo museale. Ne emerge un quadro delle principali sensibilità dei giovani verso la fruizione culturale che, sostanzialmente, viene inibita a causa di aspetti quali la forma delle esposizioni, la scarsa interazione individuo-museo, l’apparente chiusura del settore culturale verso i neofiti, mentre risulta più agevolata da forme di esperienza più aperte, originali, contemporanee, quali mostre, eventi, esposizioni multimediali, collezioni e musei legate alla storia recente.

4. La domanda pubblica per la cultura

La domanda proveniente dal settore pubblico costituisce, come noto, una componente fondamentale per il sostegno di un settore caratterizzato da dinamiche produttive e di domanda del tutto peculiari rispetto ai comuni beni di mercato privati. Una ricostruzione organica della spesa pubblica destinata al settore culturale in Italia, a tutti i livelli istituzionali, presenta notevoli complicazioni, in ragione della mancanza di una contabilità economica dedicata e di una spesa di natura multiforme. Un tentativo interessante di ricostruzione complessiva delle spese per consumi e investimenti della P.A. si deve a Leon e Galli (2004) e permette, anche se con riferimento al decennio 1990-2000 una panoramica piuttosto esaustiva dei pesi e delle caratteristiche modulari delle domanda espressa dalla collettività attraverso il settore pubblico. Secondo la ricostruzione di Leon e Galli, lo Stato rappresenta il principale agente di spesa nel settore culturale: circa la metà della spesa pubblica dedicata al settore culturale transita per i livelli statali, in special modo per il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, la cui principale voce di costo è rappresentata da spese per il personale (tab. 16). Tab. 16 - Spesa pubblica nel settore culturale (anno 2000, milioni di euro 2000 e quote percentuali)

Livelli Spesa Quote % Stato 3.242,3 50% Parte corrente 2.198 Conto capitale 1.044 Regoni 984 15% Parte corrente 667 Conto capitale 317 Province 206 3% Parte corrente 150 Conto capitale 55 Comuni 2.039 32% Parte corrente 1.400 Conto capitale 640 Totale consumi pubblici 6.471 100%

Fonte: Leon, Gallli (2004) La ricostruzione di Leon e Galli mette in rilievo altri interessanti elementi, tra cui il peso, rilevante e crescente, della spesa locale, in particolare quella realizzata dalle amministrazioni comunali, che nel 2000 coprivano quasi un terzo della spesa complessiva destinata al settore culturale. Una ricomposizione parziale delle fonti di spesa pubblica destinate alla cultura è offerta dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali che annualmente, attraverso una nota sintetica,

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diffonde i dati principali della spesa pubblica ai vari livelli istituzionali e da Federculture (2009) che, riprendendo in parte tali dati, pubblica nel Rapporto annuale alcune elaborazioni sui dati di spesa; si tratta di ricostruzioni parziali, che tengono conto solo della spesa direttamente realizzata dal MiBAC, per la parte statale, e non considerano gran parte delle spese in conto capitale (per investimenti) e delle spese effettuate da altri enti pubblici, ma tuttavia aggiornata e utile per evidenziare alcune delle tendenze più recenti.

Graf. 15 Incidenza percentuale del bilanco MiBAC sul bilancio delle Stato

0,2

0,22

0,24

0,26

0,28

0,3

0,32

0,34

0,36

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Nel 2009, il bilancio di previsione del MiBAC ammonta a circa 1,7 miliardi di euro, pari allo 0,23% delle risorse statali. La principale voce di spesa del Ministero è rappresentata da spese per il personale (48%). Lo stanziamento annuale delle risorse destinate alla cultura presenta, negli ultimi anni, una dinamica discendente: tra il 2003 e il 2009, infatti, la quota di risorse che lo stato destina alla cultura ha subito una contrazione del 28% (graf. 15). Un importante canale di finanziamento statale è rappresentato dal Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS) che rappresenta lo strumento principale di sostegno al settore delle attività di spettacolo dal

vivo e del cinema38. Per il 2009, il finanziamento (stabilito da Legge finanziaria 2009) al FUS è di 398 milioni di euro, per il 47% destinati alle 13 Fondazioni lirico-sinfoniche e alle altre istituzioni liriche, per il 18% al cinema, per il 16% alla prosa, per il 14% alla musica, per il 2% alla danza (quote residuali sono assegnate ad attività varie). La quota di bilancio statale destinata a sostenere il Fondo Unico per lo Spettacolo nel corso degli ultimi 20 anni si è notevolmente ridotto in termini reali e, dal 2000 in poi, anche in termini monetari (graf. 16).

38 Il FUS è stato creato con l'articolo 1 della legge 30 aprile 1985, n. 163 per fornire sostegno finanziario ad enti, istituzioni,

associazioni, organismi e imprese operanti in cinema, musica, danza, teatro, circo e spettacolo viaggiante, nonché per la promozione ed il sostegno di manifestazioni e iniziative di carattere e rilevanza nazionale in Italia o all'estero. Secondo l'articolo 15 della legge 163/85, il FUS viene rifinanziato ogni anno con la legge finanziaria e viene ripartito tra i vari settori con un decreto del Ministro per i beni culturali.

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Graf. 16 – FUS in euro correnti e costanti: evoluzione 1985-2007

Figura tratta dalla Relazione annuale sull’Utilizzazione del FUS – Osservatorio dello Spettacolo

La spesa regionale destinata alla cultura, secondo il dato più recente (anno 2007), è pari a 1.166 milioni di euro, pari allo 0,6% dei bilanci regionali. Le Regioni che destinano il maggior volume di risorse, in termini assoluti, sono il Trentino, la Sicilia e il Piemonte. Le Amministrazioni provinciali contribuiscono al sostegno del settore culturale in maniera marginale, in termini di contributo assoluto, con un ammontare di risorse che, nel 2007, è stato pari a 279 milioni di euro. Tale importo, tuttavia, incide in maniera rilevante sul bilancio complessivo di questo livello istituzionale (2,1%). Ancora più incidente è l’impegno della amministrazioni comunali, che nel 2007 hanno destinato ai beni e alle attività culturali circa il 3,2% delle risorse pubbliche disponibili a bilancio, per un ammontare complessivo di 2,5 miliardi di euro circa. Nel corso degli ultimi anni, è ravvisabile una tendenza decrescente del contributo dei comuni, in ragione di un regime dei trasferimenti di finanza statale che ha visto ridurre le risorse a disposizione a questi livelli istituzionali (connesso all’abolizione dell’imposta ICI sulla prima abitazione), nonostante questo, i Comuni confermano un ruolo predominante come agenti di promozione e sostegno dell’offerta culturale.

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Graf. 17

Quota di risorse destinata al settore culturale dalle amministrazioni pubbliche

(anno 2007, valori percentuali)

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

3,5

Comuni Province Regioni Stato

Fonte: Rapporto annuale Federculture, anno 2009

Oltre ai canali di finanziamento ordinario, il settore culturale dispone di una serie di fonti aggiuntive e straordinarie di contributo destinate in gran parte a finanziare specifici progetti o iniziative (eventi, festival, restauri, ecc.). Una di queste è rappresentata dalle risorse provenienti dal Gioco del Lotto. Con la legge 662 del 23 dicembre 1996 il Ministero dell'Economia e delle Finanze, attraverso i monopoli di Stato, devolve al Ministero Beni e Attività Culturali una parte degli utili erariali derivanti dal Lotto, finalizzandoli al recupero e alla conservazione del patrimonio. Nel triennio 2007-2009, l’ammontare di risorse assegnato al MiBAC tramite questo canale è stato pari a 353,6 milioni di euro, per il 47% destinato a interventi nel Sud Italia.

4.1 Sponsorizzazioni ed erogazioni liberali: qualche dato

Anche se rappresentano contributi provenienti dal settore privato, per le ragioni anticipate in premessa, le erogazioni liberali e le sponsorizzazioni rientrano a pieno titolo tra gli strumenti di sussidio pubblico (indiretto) al settore culturale e, come abbiamo deciso di trattarli insieme alle risorse destinate da stato, regioni ed enti locali. Configurandosi come un aiuto indiretto, queste due fonti presentano notevoli peculiarità e la loro incidenza può influire fortemente sugli aspetti organizzativi e operativi delle istituzioni che le ricevono.

Graf. 18

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Distribuzione dei contributi delle

sponsorizzazioni al settore culturale (anno 2007)

Spettacolo (teatro)Premi e opere letter.

Musei e gallerie

Festival

Editoria Altro

Mostre

Musica class. e lirica

Restauri e conservaz

Le sponsorizzazioni culturali presentano una discreta rilevanza economica in Italia, come viene rilevato da Leon e Galli (op.cit.), evidentemente a motivo di una particolare visibilità e rilievo simbolico del patrimonio culturale italiano (che rispetto alle arti rappresentate attira in effetti un volume molto superiore di sponsor). Nel 2008, secondo i dati diffusi da Federculture, le sponsorizzazioni destinate al settore culturale hanno totalizzato circa 258 milioni di euro di fatturato, confermando un trend di incremento consistente e progressivo, nel corso degli ultimi anni. Le mostre sono l’attività più attrattiva per gli sponsor, raccogliendo circa un terzo del totale del fatturato; aggiungendo i festival e le altre tipologie di eventi temporanei si raggiunge circa il 50%, a conferma indiretta di un crescente successo di un’area dell’offerta culturale che nel corso degli ultimi anni ha in effetti attirato crescenti flussi di pubblico in musei e aree urbane. Diversamente dalle sponsorizzazioni, le erogazioni liberali sono formalmente slegate dal fine pubblicitario e comunicativo, e si ricollegano a finalità etico-solidaristiche che possono essere ricondotte, nel caso delle liberalità da parte delle imprese, al concetto di responsabilità sociale. La principale fonte che eroga donazioni destinate al settore culturale, in Italia, è rappresentata dalle Fondazioni bancarie. Si tratta di soggetti e di una tipologia di donazione particolare, come accennato in premessa, che tuttavia ha carattere volontaristico, almeno nella selezione dei beneficiari, e può dunque essere ricondotta in questa categoria. Tra i possibili ambiti di distribuzione delle erogazioni bancarie, il settore delle arti, attività e beni culturali rappresenta il principale. Nel 2007, le risorse provenienti dalle fondazioni bancarie hanno raggiunto un volume di 524 milioni di euro, più del doppio dell’ammontare devoluto alla ricerca (secondo canale di maggiore concentrazione delle erogazioni) e pari al 30% circa del totale erogato. Il settore della conservazione e valorizzazione dei beni archeologici e architettonici è quello che raccoglie il maggior volume di risorse, per una media per progetto/iniziativa finanziata di 93 mila euro. Le attività culturali e le performance artistiche sono destinatarie di un volume molto inferiore (cca 30%) e sviluppano una media per iniziativa di 30 mila euro. Dal 2000 (l. 342 Collegato alla legge finanziaria 2001), il Ministero dell’Economia ha disposto la possibilità di completa deducibilità dal reddito alle imprese erogatrici di contributi sotto forma di

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donazioni destinate al settore culturale. Da alcuni anni (dal 2005), l’ammontare complessivo delle erogazioni liberali delle imprese si attesta intorno ai 32 milioni di euro, segnale che sembrerebbe confermare i limiti di una norma che, dalla sua introduzione, ha prodotto un impatto minore rispetto alle attese. In effetti, la soglia massima prevista per la deducibilità, pari a 52 milioni, non è stata mai avvicinata e le imprese, data anche la particolare conformazione del sistema produttivo italiano, hanno tradizionalmente mostrato una maggiore preferenza per le sponsorizzazioni. Rispetto all’anno di introduzione della norma, comunque, il monte risorse destinato dalle imprese a liberalità culturali è pressoché raddoppiato (passando da 16 milioni del 2001 a 32 milioni circa nel 2007). Diversamente da altri contesti europei o anglosassoni, l’ordinamento fiscale italiano non prevede un trattamento analogo delle erogazioni liberali delle persone fisiche, anche se strumenti come il 5 per mille e l’8 per mille – quote dell’imposta sul reddito riservabili, come noto, a varie finalità – possono essere devolute a enti e istituzioni che svolgono attività culturali (una quota dell’otto per mille destinata dai contribuenti allo Stato italiano può inoltre essere destinata a restauri o opere di conservazione del patrimonio). Su questo fronte, osserviamo comunque che dal 2005, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 15 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), è prevista anche una forma di defiscalizzazione delle liberalità devolute alla cultura dai privati cittadini (persone fisiche). L’ammontare destinato, nel 2007, a questo fine è stato molto consistente, pari a circa 20 milioni di euro e sembra destinato ad ampliarsi notevolmente nel corso dei prossimi anni.

5. La domanda culturale degli stranieri (i consumi del “resto del mondo”)

La domanda culturale espressa dagli stranieri si distingue n spese per acquisti di beni e attività di natura culturale effettuati fuori dal territorio italiano e spese sostenute direttamente in Italia, in particolare per l’acquisto di beni (libri, dischi, opere, prodotti vari) o servizi (museali, di spettacolo, ecc.). La dinamica di questa ultima componente,in particolare, assume un rilievo particolare, poiché si collega all’indotto turistico generato dal patrimonio culturale italiano, una importante voce di attivo nella bilancia dei pagamenti. La spesa sostenuta dagli stranieri in Italia per la cultura è tuttavia difficilmente quantificabile: primo perché le spese degli stranieri per l’acquisto di biglietti, merchandising e altri servizi museali o di spettacolo rientrano nel macro paniere delle spese turistiche39; secondo perché non esistono informazioni estese sulla provenienza dei visitatori; terzo perché il turismo culturale è poco indagato, dal punto di vista economico, come fenomeno autonomo (le indagini turistiche faticano a distinguere le motivazioni turistiche e ad assegnare valori di spesa alle varie componenti). L’analisi di alcune dinamiche di domanda turistica può comunque offrire alcuni spunti di interesse. Nel 2008, l’Ufficio Italiano Cambi ha registrato alle frontiere circa 88 milioni di ingressi di stranieri; parallelamente, l’Istat ha censito nelle strutture ricettive d’Italia 41,7 milioni di arrivi

stranieri 40. Sempre secondo l’Istat, il 52% degli stranieri arrivati in Italia (cca 18,7 milioni) si è recato in una

città di interesse storico-artistico41 (Roma, Venezia e Firenze in testa).

39 La spesa adducibile direttamente al settore culturale non può comprendere le spese per soggiorno, ristoro e altre voci di consumi

turistici, anche se strettamente connesse alla visita culturale. Queste spese sono infatti da considerare effettivamente come un’esternalità economica connessa al patrimonio culturale.

40 Il dato Istat, rilevato nelle strutture, non comprende i viaggiatori che pernottano in strutture non ufficiali o sistemazioni non pubbliche (case private, ecc.), mentre il dato UIC registra anche movimenti di natura non propriamente turistica.

41 In questa categoria rientrano in realtà località eterogenee nelle quali prevale, a livello indicativo, la tematica storico-culturale, ma dove possono spesso coesistere altre motivazioni di soggiorno (mare, natura, affari, ecc.).

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Un altro indicatore di un certo rilievo è dato da alcune rilevazioni puntuali sui visitatori museali che in passato hanno stimato, in alcune istituzioni di grande richiamo di pubblico (Pompei, Musei

Capitolini, ecc.), un’incidenza dei visitatori stranieri variabile tra il 50% e il 60%.42 Bibliografia

Baumol, W. J. and Bowen W.G. (1966), Performing Arts: The Economic Dilemma, New York: The Twentieth Century Fund.

Becker G. S. , Stigler G., De gustibus non est disputandum, in «American Economic Review», vol. 67, 1977, pp. 76-90.

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Hansmann H., Nonprofit Enterprise in the Performing Arts, in Bell Journal of Economics, vol. 12, 1981, pp. 341-361.

Centro Studi Nomisma (a cura di) Rapporto sull'applicazione della Legge Ronchey, 1999.

Conforti L., Ercole E., Il pubblico di un teatro musicale: identità e comportamenti. Il Teatro Regio di Torino, Torino, IRES Piemonte, 1999Fondazione Fitzcarraldo, Non vado al museo! Esplorazione del non pubblico degli adolescenti, 2006, Torino.

Grossi R. (a cura di), Crisi economica e competitività, Federculture, 2009, Roma.

Grossi R. (a cura di), Creatività e produzione culturale. Un paese tra declino e progresso. V Rapporto Annuale Federculture, , Allemandi % C, 2008.

Makno Consulting (a cura di), Il Teatro alla Scala e il suo pubblico. Immagine e mercato: i risultati di una ricerca, Milano, Fondazione Milano per la Scala, 1998.

Maresca Compagna A., Di Marco S.C., Bucci E., Musei, pubblico, territorio, Gangemi Editore, Roma, 2009.

Stiglitz J., Economia del settore pubblico, Hoepli, Milano, 2003.

Touring Club Italiano, Indagine annuale sull'affluenza dei visitatori nei musei italiani di maggior interesse turistico, 2008

Ufficio Studi del Ministero Beni e Attività Culturali, Minicifre della Cultura, 2009.

42 Un’indagine piuttosto datata del CISET - “I visitatori di Pompei ed Ercolano. Quale interazione tra turismo e territori?” (1998) –

stimava l’incidenza dei visitatori stranieri a Pompei in più del 60% degli ingressi annuali.