Documento politico LINK Napoli 2011

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Il documento politico del I congresso provinciale di Link Napoli

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Link Napoli ad un anno dalla sua nascita: bilancio e prospettive

Napoli è stata una di quelle città che, uscendo dall’esperienza dell’Unione degli Universitari, ha dato un contributo fondamentale per la costruzione, a livello nazionale, di Link Coordinamento Universitario e della Rete della Conoscenza.La dinamica napoletana è stata, però, complessa e ha subito momenti di forte crisi proprio nel momento in cui si stava realizzando uno degli obiettivi che insieme alle città di Roma, Bari e Siena ci eravamo dati. In prossimità delle elezioni del CNSU del 2010 una parte della neonata Link Napoli ha deciso di tornare indietro sui suoi passi ritornando a far parte dell’Unione degli Universitari. Questo evento ha indebolito fortemente, non soltanto in termini di radicamento, ma soprattutto di motivazione la nostra associazione locale. Questo non ha però fermato la voglia di alcuni compagni di ricominciare, anche da zero, l’esperienza del sindacato studentesco a Napoli. Con le elezioni del maggio 2010 all’Università L’Orientale siamo riusciti a coinvolgere un gruppo di studenti e a creare gli stimoli giusti per costruire un’organizzazione che si pone l’obiettivo di essere egemonica negli atenei napoletani.Alle elezioni all’Orientale abbiamo avuto un ottimo riscontro, riuscendo a prendere solo una 50ina di voti in meno rispetto alla lista storica dell’Orientale: siamo riusciti a raccogliere l’insoddisfazione di molte studentesse e molti studenti verso un modo di fare rappresentanza autoreferenziale e poco vicina alle istanze studentesche. Abbiamo eletto un gruppo di consiglieri di facoltà e una consigliera d’amministrazione su due. L’anno accademico 2010/11 si è aperto con la discussione in Parlamento della Legge Gelmini e con l’attacco ai diritti del lavoro (caso Fiat). La nostra associazione è stata tra i promotori del forte movimento che ha invaso le piazze di tutta Italia fino al 22 dicembre. Siamo stati a livello nazionale protagonisti di un movimento più consapevole e più radicale di quello dell’Onda. Come associazione, sia a Napoli che a livello nazionale, abbiamo posto la necessità di darci degli obiettivi e di andare oltre la semplice contestazione della Legge, attraverso la costruzione dell’AltraRiforma. Siamo stati e siamo ancora convinti che qualsiasi battaglia si mette in campo nasce indebolita se non riesce ad avere la forza di un’idea di cambiamento costruita dal basso. E’ evidente che a Napoli non siamo riusciti ad incidere molto, come invece è successo in altre città, sulle dinamiche del movimento. Questo principalmente per due motivi: il primo è che Link a Napoli non aveva ancora una struttura forte e delle pratiche consolidate essendo così giovane; il secondo è che Napoli è stata per troppo tempo la città dell’autorganizzazione, quell’area che contesta ogni forma di rappresentanza e che, in maniera poco democratica si impone nelle assemblee di movimento, provano a mettere in un angolo tutto ciò che ha a che fare con la rappresentanza.Non per questo ci siamo posti in un angolo, ma siamo sempre stati in prima linea, in tutti i cortei e le assemblee, portando come contributo quello di un rapporto del movimento degli universitari con la protesta degli studenti medi e dei ricercatori della Rete 29 aprile.Il 17 novembre è stata una delle date nelle quali, insieme all’Unione degli Studenti e alla Rete 29 aprile, siamo riusciti a caratterizzare la manifestazione con i nostri contenuti e le nostre pratiche, rivendicando l’AltraRiforma e il protagonismo studentesco. Abbiamo sperimentato insieme ad altre realtà l’esperienza di Uniti contro la Crisi, percorso nazionale che vedeva impegnata una costellazione di associazioni e movimenti in difesa dei beni comuni: la Fiom, i centri sociali, uniriot (ora Unicommon), Link e UdS. A Napoli l’esperimento ha funzionato fino allo sciopero della Fiom-Cgil del 16 ottobre. Subito dopo, con l’esplosione della mobilitazione contro la Legge Gelmini il percorso si è dapprima fermato, per poi proseguire guidato da pochi soggetti, escludendo, di fatto, la Rete della Conoscenza. Giudichiamo quel percorso come qualcosa che aveva del potenziale ma che non ha saputo rimanere fedele alla sua aspirazione di unità e pariteticità. Riteniamo fondamentale per il futuro essere tra i promotori e i garanti di percorsi di unità tra studenti e lavoratori perché la crisi che stiamo vivendo può avere risvolti autoritari e un futuro fatto

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di eliminazione dei diritti. Proprio le considerazioni relative a quanto poco si era riusciti ad incidere nel movimento napoletano, che riteniamo molto al di sotto rispetto alle altre città per partecipazione e qualità, ci ha reso consapevoli della necessità di una maggiore organizzazione, di un maggior radicamento e di una migliore, più approfondita e consapevole analisi interna.C’è da sottolineare che il percorso di costruzione di Link Napoli si è svolto per la maggior parte all’interno dell’Università L’Orientale. Un’associazione come la nostra deve porsi come priorità la costruzione di basi associative nella principale università di Napoli: la Federico II. Ad oggi l’associazione, oltre all’Orientale, ha la sua unica base a Monte Sant’Angelo, nella facoltà di Scienze MM FF NN. Nel resto delle facoltà abbiamo contatti sparsi che vanno coordinati e messi a sistema anche in vista delle prossime elezioni, che si terranno presumibilmente tra dicembre e gennaio, quando entreranno in vigore i nuovi statuti. Il lavoro che abbiamo fatto alla Federico II è stato molto diverso da quello fatto all’Orientale. Esistendo realtà molto simili alla nostra a Lettere e a Giurisprudenza, abbiamo evitato di creare basi di Link, invitando i nostri compagni ad impegnarsi all’interno di quei movimenti. Con il Movimento di Lettere e Filosofia, ma soprattutto con il Movimento di Giurisprudenza abbiamo più volte collaborato e costruito insieme delle iniziative (con quest’ultimo abbiamo condiviso il programma e l’organizzazione delle elezioni), ma crediamo sia importante per il prossimo anno riuscire a trovare una sinergia più forte e un rapporto più continuativo.A dicembre 2010 si sono tenute le elezioni alla Federico II e Link ha presentato liste a Scienze Politiche, Scienze MM FF NN e Ingegneria e abbiamo sostenuto il Movimento di Giurisprudenza. Purtroppo abbiamo eletto solo qualche consigliere di facoltà e corso di laurea a Scienze MM FF NN. L’inesperienza delle nostre basi alla Federico II, unita all’impegno nella mobilitazione autunnale e alla complessità delle dinamiche elettorali in questo ateneo sono state le cause principali del risultato negativo ottenuto da Link alla Federico II. Gli errori fatti devono portare l’associazione ad un più serio e continuativo lavoro all’interno delle Facoltà dalla Federico II per promuovere la rappresentanza sindacale degli studenti.Alcune date importanti hanno inciso positivamente sulla crescita di Link a Napoli.Andando in ordine cronologico, dopo l’autunno siamo stati impegnati nel Comitato per il 9 aprile a Napoli, data di mobilitazione nazionale contro la precarietà. In quel contesto, insieme all’UdS, abbiamo rinsaldato i rapporti con alcune realtà universitarie (movimento di Giurisprudenza e Movimento di Lettere e Filosofia) e abbiamo, per la prima volta condiviso analisi e pratiche con il Coordinamento di Lingue, Resta – rete degli studenti di architettura e con l’UdU Sociologia.Siamo riusciti a mettere in campo la pratica dell’alternativa con questi gruppi, precisando - nell’appello studentesco per il 9 aprile – che ciò che ci unisce non è soltanto l’individuazione di un problema comune – in questo caso la precarietà e la mancanza di prospettive – ma soprattutto la volontà come generazione di prendere parola e scrivere un presente ed un futuro diverso da quello che hanno deciso per noi. Questo presente abbiamo iniziato ad immaginarlo tutti insieme scrivendo la piattaforma rivendicativa regionale sulle questioni della formazione e del welfare.Altra data che ci ha visto impegnatissimi è stato lo sciopero generale del 6 maggio. Insieme all’UdS abbiamo caratterizzato quella data e i giorni precedenti con azioni di rivendicazione di un nuovo welfare che sapesse rispondere alle sfide del nostro tempo e alle esigenze di una generazione senza futuro. Abbiamo occupato simbolicamente il Museo Nazionale, la Metropolitana e la Circumvesuviana per rivendicare cultura gratis e il diritto alla mobilità. Durante il corte abbiamo attaccato per la città pezzi di puzzle con su scritto casa, diritti, lavoro, reddito, ecc: i pezzi di welfare che vogliamo conquistare d’ora in avanti.Ultima iniziativa che ci ha visto protagonisti è stata la tornata elettorale all’Orientale per il

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rinnovo del Consiglio degli Studenti. Purtroppo Link – sindacato universitario è stata l’unica lista ma non per questo il nostro impegno nella campagna elettorale è venuto meno. Abbiamo ricoperto tutti i posti del Consiglio degli studenti. La nostra azione quotidiana deve proseguire verso una maggiore fiducia degli studenti nello strumento della rappresentanza, come è successo a scienze politiche in cui l’affluenza è stata maggiore dell’8% al contrario di Lingue e Lettere dove si è raggiunto poco più dell’1%. Intanto siamo impegnati nella Commissione Statuto all’Orientale in cui si sta cercando di disinnescare il progetto di smantellamento della formazione pubblica e della sua dequalificazione portato avanti dalla contestatissima Gelmini. In quella sede rivendichiamo più rappresentanza agli studenti e più potere decisionale con strumenti innovativi quali il referendum studentesco e l’assemblea studentesca con blocco della didattica.Il prossimo anno dobbiamo riuscire ad essere ancora di più organizzazione, intesa come gruppo di compagni che riescono a coordinarsi tra di loro in maniera più sistematica e a svolgere un lavoro continuo individuando, all’interno dei coordinamenti delle singole facoltà le priorità dell’associazione. Il modello che risulta vincente in questo momento – come dimostrato all’Orientale – è quello di un lavoro e di un’analisi che dal basso (i gruppi di facoltà e di ateneo) va ad orientarsi verso l’alto (il coordinamento provinciale). Ruolo del coordinamento provinciale sarà quello di fornire l’intera associazione degli strumenti di analisi che potranno declinarsi in maniera differenziata a seconda del contesto di facoltà. Ci doteremo, se il coordinamento lo riterrà opportuno, di gruppi di lavoro tematici e di momenti di formazione in cui svolgeranno un ruolo strategico i compagni che hanno avuto più esperienza o che sono all’interno degli organi di governo dell’Università. Ovviamente ciò non toglie l’impegno di ogni singolo militante nel portare contributi di analisi all’intera organizzazione. Link, insomma, deve essere si organizzazione ma deve strutturarsi come rete orizzontale che sappia mettere a sistema gli stimoli di tutti i militanti.

Il contesto napoletano: la precarietà al sud

“Non vi stupirete, credo, se dedico questo messaggio soprattutto ai più giovani tra noi, che vedono avvicinarsi il tempo delle scelte e cercano un'occupazione, cercano una strada. Dedico loro questo messaggio, perché i problemi che essi sentono e si pongono per il futuro sono gli stessi che si pongono per il futuro dell'Italia.”

Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana - 31/12/2010

Con questa parole Giorgio Napolitano ha aperto il suo discorso di fine anno all’Italia, anno contrassegnato da una forte crisi economica che ha messo a dura prova un Paese già in bilico.Ne è un segno evidente il fatto che addirittura il Capo dello Stato ha denunciato la situazione di precarietà dell'Italia intera.In un paese in cui ci viene negato il diritto al lavoro, in cui perdurano accordi a dir poco ridicoli e i cui rappresentanti sono intenti a raggiungere i propri interessi e non quelli dei cittadini, come dobbiamo comportarci per avere ciò che è dovuto?Si, perché secondo il primo articolo della Costituzione Italiana il nostro è un paese fondato sul lavoro, che dovrebbe quindi essere prerogativa inviolabile di ogni cittadino italiano.Ed invece aumenta sempre più il tasso di disoccupazione e con esso anche quello del precariato; infatti secondo la stima dell'Istat segnalata nel Rapporto 2010 presentato il 23 maggio 2011 "nel 2010, e' occupato circa un giovane ogni due nel Nord, meno di tre ogni dieci nel Mezzogiorno".A causa della troppa retorica della politica odierna, molte persone sentono parlare quotidianamente di precarietà, senza sapere cosa effettivamente sia. La precarietà non

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è un fenomeno astratto, non è una situazione ipotetica; con il termine “precariato” si intende l'insieme dei soggetti che vivono una condizione lavorativa che rileva la mancanza di continuità del rapporto di lavoro e, di conseguenza, la mancanza di un reddito adeguato su cui poter contare. Questa condizione incide sulla vita quotidiana dei soggetti colpiti, che non sono liberi di poter pianificare la propria vita presente e futura. E' vergognoso ammetterlo, ma purtroppo, nel ventunesimo secolo bisogna ancora fare un ulteriore specificazione per la situazione della donna che, ancor meno tutelata, è troppo spesso costretta a dover scegliere tra la maternità e la carriera.Un'altra distinzione è necessaria farla, come ci dimostrano chiaramente i dati dell'Istat, per il Sud Italia: gli avvenimenti dell'ultimo anno allo stabilimento della FIAT di Pomigliano, ci possono far prendere coscienza della terribile situazione in cui riversa Napoli e tutto il territorio campano.Noi studenti, laureandi e laureati, siamo demotivati perché proiettati già all'idea di un futuro di precarietà in un Paese dove sempre più la laurea è semplicemente "un pezzo di carta"... ma allora chi meglio di noi può ribellarsi a tutto ciò? Chi più di noi DEVE ribellarsi a tutto ciò? Le proteste, le manifestazioni, i cortei del caldissimo autunno appena superato non sono che l'inizio di una chiara e forte voglia di cambiamento da parte di tutti noi giovani.Noi, con la nostra associazione vogliamo far capire a tutti che non basta essere coscienti di ciò che sta accadendo, non basta lamentarsi della situazione in cui riversa l'Italia, non basta chiedersi dove andremo a finire, ma bisogna agire! E sopratutto bisogna prendere coscienza del fatto che noi, uniti, possiamo realmente e concretamente cambiare le cose!Tuttavia non si può nascondere che esista, in tutto il cosiddetto “mondo ricco” (Europa occidentale e Nord America), un nuovo problema, economico, ma prima ancora umano, esistenziale, che colpisce soprattutto la fascia più giovane della popolazione: è la condizione di precarietà lavorativa in cui versano milioni di soggetti che si affacciano al mercato del lavoro.Oggi,le piazze spagnole e francesi sono teatro delle più dure rivolte giovanili.L'ultima riguarda i giovani liceali e universitari che si sono ribellati al Cpe, quel decreto governativo sul primo impiego che permette alle aziende di licenziare, senza addurre giustificazioni, i giovani sotto i 26 anni di età, entro i primi due anni di prova.I giovani con alta scolarizzazione, diplomati e laureati, anche con ottimi voti e con profili professionali tecnico-scientifici in teoria appetibili dalle aziende, faticano a trovare lavoro, o, se lo trovano, si tratta di un lavoro a tempo determinato, spesso non corrispondente alle aspettative e inadeguato agli studi portati a termine.Per giunta, i bassi salari corrisposti non permettono ai giovani di emanciparsi dalla famiglia di origine e di concepire e realizzare un proprio progetto esistenziale: comperarsi un'abitazione, sposarsi, fare figli, godersi il tempo libero, costruirsi una carriera.È molto difficile, seguendo i dibattiti televisivi, leggendo i giornali o persino saggi specifici sull'argomento farsi un'idea meno che approssimativa delle cause del fenomeno.Gli stessi esperti, spesso economisti di chiara fama, avanzano congetture non di rado contraddittorie.Ancora maggiore è l'incertezza sui possibili rimedi.È innegabile che gli ultimi decenni abbiano visto l'affermarsi di una globalizzazione dell'economia e dei mercati, che ha creato un immenso serbatoio di manodopera a disposizione delle aziende.Chi entra nel mercato del lavoro oggi non deve misurarsi soltanto con un mercato interno o tutt'al più con un mercato ristretto tra i Paesi sviluppati, ma deve competere con una forza lavoro, proveniente dai Paesi in via di sviluppo, istruita, tecnicamente preparata e per di più disposta a lavorare a costi più bassi. Un ingegnere di Bangalore o di Shangai o di Varsavia, per dire, è brillante e produttivo quanto un collega italiano o francese, ma costa molto meno. Ed è così per un biologo, un avvocato, un medico, o per qualsiasi altro

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professionista. La cosiddetta delocalizzazione permette alle aziende di scegliere il luogo del pianeta più favorevole alla produzione di qualsiasi bene o servizio.Le politiche di liberalizzazione dei mercati, poi, che promettevano benefici per tutti, stanno portando di fatto ad un accresciuto divario fra ricchi e poveri.I top manager delle grandi multinazionali guadagnano cifre astronomiche (e ingiustificate), mentre i dipendenti delle stesse vedono ogni anno diminuire il potere di acquisto dei loro salari.Un dirigente è bravo quando "snellisce" la propria azienda, quando cioè licenzia i dipendenti e questo purtroppo avviene anche nel caso di utili crescenti.Ogni operazione di licenziamento viene salutata da un incremento del valore dei titoli azionari dell'azienda ristrutturata. La Borsa è diventata il nuovo tempio della società contemporanea; la finanza conta più della produzione, i quattrini più degli uomini. Il capitalismo sembra intenzionato a divorare se stesso, come aveva profetizzato nell'Ottocento Karl Marx.Il nostro contesto è chiaro: il Mezzogiorno d'Italia è ormai abbandonato a sé stesso, con una classe dirigente apatica e senza senso del futuro. È quanto emerge dal recente studio elaborato dalla Luiss sul Sud "Generare classe dirigente". Negli ultimi 20 anni ben 230.000 giovani diplomati e laureati meridionali hanno lasciato i loro territori, ma non sono stati sostituiti da altrettante forze giovani e preparate. Quindi al sud restano i peggiori. Occorrerebbe contrastare tale triste fenomeno con tante iniziative organiche che attraggano nel Meridione forze sane imprenditoriali provenienti dall'esterno.Questo autunno ha dimostrato per esempio che è ancora possibile imporre temi sociali all'agenda politica pubblica. Adesso più che mai è necessario imporre le nostre alternative concrete all’intera classe politica: in primis, quella del reddito diretto ed indiretto, sperando che il 9 Aprile e lo sciopero generale siano un primo passo per la costruzione di un'alleanza stabile con tutti i soggetti che portano avanti battaglie contro la precarietà esistenziale nel nostro paese.Siamo oggi nel 2011 e non possiamo permettere che avvenga ciò che era stato previsto già duecento anni fa! E' giunto il momento di mobilitarsi, di prendere in mano la situazione, di reagire! Vogliamo riprenderci il nostro futuro e non permetteremo a nessuno di ostacolaci!

Diritto allo studio in Campania: superare il vecchio sistema assistenziale verso l'autonomia sociale dei soggetti in formazione

"Diritto allo Studio" è sulle bocche di noi studenti, lo rivendichiamo con forza, per necessità e come espressione dei nostri sogni, per la costruzione di un futuro che comincia dalla costruzione di noi stessi.Il secondo comma dell'art.3 della Costituzione italiana sostiene la libertà e l'uguaglianza sostanziale dei cittadini per un pieno sviluppo della persona umana attraverso la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale, la Costituzione lo garantisce, Noi a gran voce lo reclamiamo. Si legge nell'art. 34, "La scuola è aperta a tutti" e si disciplina l'applicazione reale dei mezzi per una cultura libera e accessibile a tutti: " I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso"."Diritto allo Studio", ma sarà questa l'espressione giusta? La nostra Repubblica promuove davvero tale diritto? Lo Stato dovrebbe garantire la possibilità di accesso alla pluralità degli individui mettendo a disposizione gli strumenti per garantire il libero accesso ai saperi, ma si propone nella realtà di essere un diritto successivo e per pochi lasciando ai molti l'onere da guadagnarsi con le proprie forze il proprio "Diritto allo Studio".

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Si parla come sempre di un diritto concesso come nella concezione hobbesiana in cui ogni diritto era concesso dal sovrano, il quale si riservava la possibilità di reclamarlo in ogni momento.Siamo possessori di diritto in quanto è lo Stato a porlo in essere, ma il diritto allo studio non può essere concesso, deve essere garantito, non come semplice supporto per pochi, ma condicio sine qua non affinché ai "capaci e meritevoli" venga garantita la possibilità di costruire una condizione migliorativa per il proprio futuro, di modo che la parola "merito" possa essere arricchita nella sostanza con l'abbattimento di una situazione di fatto di discriminazione e disparità delle opportunità.Reclamiamo un'idea di Università che si ponga l'obiettivo di essere vera garanzia del diritto all’istruzione finalizzato allo sviluppo dell’intera società e non ad interessi mercificabili, perché non abbiamo semplicemente il diritto di studiare, ne abbiamo più che altro il dovere, per imparare a sfamarci di quel pensiero critico e leggere realmente il mondo che ci sta intorno. Se davvero l’università è la sede istituzionale del rinnovamento sociale e culturale, aperta a tutte le classi sociali, allora non possiamo assolutamente permettere che altri la dirigano e la monopolizzino dall’esterno.In Italia viene sancito per la prima volta il principio del diritto allo studio universitario nel 1948 con l'entrata in vigore della Costituzione, disciplinato nell'art. 34; con la legge 642 del 1979 invece vengono trasferite le funzioni amministrative del diritto allo studio alle regioni, situazione che di fatto ha comportato una disparità di trattamento per gli studenti da regione e regione.Sono molti anni ormai che in Campania i dati relativi alla copertura delle borse di studio negli atenei napoletani è molto sconfortante: nell’anno accademico 2006/07 tre su quattro degli aventi diritto sono “idonei non beneficiari” e ciò significa che non hanno ricevuto la borsa di studio nonostante rientrassero nei requisiti di reddito e di merito previsti dai bandi di concorso.La legge 21/2004 sul diritto allo studio universitario non viene finanziata con un solo euro dalla Regione Campania, ma trova i suoi pochi fondi solo dalla tassazione studentesca (i 62 euro della tassa regionale) e dai fondi del MIUR.La situazione purtroppo non migliora sul fronte alloggi, anzi: a fronte di una popolazione di 20.000 studenti fuori sede, i posti letto in strutture pubbliche sono soltanto 237 e chi viene escluso da questa graduatoria a dir poco “elitaria” ha come prospettiva l'affitto in nero, pressoché l'unica via per trovare un posto letto a Napoli. Per gli studenti forse il primo dei compromessi della realtà in cui viviamo, appartamenti fatiscenti a prezzi di mercato che non tengono conto della reale qualità abitativa offerta.Il servizio ristorazione segue lo stesso fil rouge: una volta c'erano le mense universitarie; da qualche anno, con l'intenzione di ridurre i costi, sono state chiuse per far spazio alle convenzioni con esercizi privati. Questa scelta col tempo si è rivelata infelice, non solo perché si sono persi degli importanti centri di aggregazione, ma anche perché in questo modo non si riesce a coprire l'elevatissima domanda, costringendo spesso gli studenti a rinunciare a quello che è un loro diritto.L'ultimo tassello per completare il quadro drammatico del dritto allo studio in Campania è rappresentato dalla mobilità: la giunta Caldoro ha da poco tagliato i fondi per il Consorzio Unico Campania, eliminando de facto le agevolazioni sul costo degli abbonamenti per gli studenti ed allontanando dalla possibilità di affrontare un percorso di studi gli studenti provenienti da famiglie meno abbienti.Seppur non strettamente legato al diritto allo studio in senso proprio, la questione delle biblioteche può rientrare in tale ambito. Per gli studenti, fuori sede e non, i locali delle biblioteche rappresentano oltre che luoghi di formazione, posti di aggregazione e di scambio, ma soprattutto la possibilità concreta di un luogo fisico dove poter studiare dato che non sempre per gli studenti è facile trovare spazi.Tanti i problemi, unica la soluzione: stanziare i fondi necessari a colmare le lacune che questa città nutre nei confronti degli studenti che la scelgono. Purtroppo però, se prima

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era un miraggio, adesso è un vero e proprio miracolo: il 14 Ottobre 2010, il Governo approva una manovra finanziaria in cui il fondo per il Diritto allo Studio Universitario (DSU) risulta tagliato dell'89,4% in due anni, dai 249 milioni di euro del 2009 ai 26 del 2011. E non dimentichiamo la promessa fatta dal Governo: per l'anno prossimo è previsto uno stanziamento di soli 13 milioni di euro. Le prospettive di vita per il Diritto allo Studio Universitario, in barba ai sopra citati articoli della Costituzione, sono tutt'altro che rosee.E la Gelmini? La Ministra ha ben pensato di compensare le sicure mancanze del DSU con il "Fondo per il Merito", che dovrebbe erogare prestiti d'onore agli studenti universitari che, in caso di eccellenza, dovrebbero diventare vere e proprie borse di studio: una trovata all'americana che sottende l'idea che il costo dell'istruzione debba gravare fondamentalmente sui singoli perfettamente in linea con la legge 240 e le politiche del governo Berlusconi. Indignati, non ci resta che capire le modalità con cui verranno erogate, sulle quali al momento aleggia un velo di mistero.Crediamo in un concetto di "Diritto allo Studio" che sia vero motore di sviluppo della società e garante dei diritti di ogni individuo; di un diritto allo studio che sia effettiva realizzazione di formazione e di possibilità; crediamo in servizi che siano davvero per gli studenti e che come tali favoriscano e tutelino il loro percorso universitario e formativo.Riteniamo necessario oltre che doveroso un allargamento della fruizione dei diritti da parte degli studenti.L'obiettivo primario è la copertura totale delle borse di studio per "gli idonei" assegnate dalle agenzie per il diritto allo studio degli atenei napoletani. Quest'obiettivo, tenuto conto dei criteri dell'art.16 del DPCM aprile 2001, risulta essere non così impossibile da raggiungere. Infatti il 50% dei fondi elargiti dal MIUR tengono conto dei soldi investiti dalle regioni per finanziare la legge sul diritto allo studio, in questo caso, la L.21/2004; il 15%, poi, viene somministrato in riferimento dei posti alloggio pubblici esistenti a Napoli (che ora sono soltanto 237).La questione degli alloggi pubblici è anch'essa situazione di fondamentale importanza per la qualità della vita di studenti e non. Napoli dispone di un patrimonio immobiliare inutilizzato che potrebbe garantire la realizzazione di politiche di social housing, le quali avrebbero oltre che il merito di rendere la città accessibile anche a chi non si trovi in condizioni economiche sufficienti per poter sostenere i costi della vita, soprattutto il beneficio di portare ad un bilanciamento dei costi del mercato degli affitti. Una situazione concorrenziale tenderebbe a omogeneizzare i prezzi e ad abbassarli notevolmente, ci troveremmo così ad ottenere il giusto rapporto qualità prezzo, non più costretti per necessità a subire il "monopolio" dell'interesse personale dei locatari e a poter pretendere un'offerta di qualità superiore delle condizioni abitative. Un nuovo e straordinario traguardo sarebbe a questo proposito l'abbattimento del problema dell'evasione fiscale con gli affitti a nero che per Napoli rappresenta un problema di grande rilevanza.La questione delle biblioteche segue a ruota la creazione di uno spazio vitale di studenti e cittadini, perché la possibilità di poter vivere tali luoghi, nei modi e nei tempi a questi più congeniale, contribuisce ad una qualità di vita migliore. Sapere di poter studiare fino a sera in una biblioteca pubblica o di uscire per una passeggiata e avere la possibilità di poter andare a leggere qualcosa, dà l'idea di una città che ci appartiene un po' di più.Così allo stesso modo si potrebbe pensare a favorire la mobilità degli studenti con sconti per studenti e giovani sui costi degli abbonamenti. Occorrerebbe garantire allo studente e non, costi che siano a misura delle proprie esigenze, anche al fine di rendere la città più tranquilla, perché una città più vissuta è una città dove ci si sente più sicuri. Sicché costi più bassi per studenti e giovani e sconti maggiorati per quelli con reddito ISEE inferiore a 12.500 euro. Ulteriore passo sarebbe un servizio di ristorazione che prescindesse da convenzioni di esercizi privati, ma che tornasse a essere "mensa universitaria" nel suo originario senso, per un servizio migliore qualitativamente e luogo fisico di incontro e di ritrovo.Crediamo fortemente che la direzione che i Governi nazionali stanno percorrendo in

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questo ultimo decennio (se non più) sia assolutamente fallimentare poiché crediamo che la Conoscenza è una risorsa strategica nazionale e, essendo la spinta primaria del progresso scientifico/tecnologico, è l'unico investimento che permetterà di superare la crisi mondiale, proprio come hanno compreso Stati Uniti e Germania. Per far ciò lo Stato deve mettere tutti gli studenti nelle condizioni di arrivare ai gradi più alti dell'istruzione, in conformità a quanto sancito dal su citato articolo 34 della Costituzione Italiana, e promuovere l'autonomia economica dalla famiglia per poter avere la libertà di autodeterminare il proprio percorso di vita attraverso l'istituzione del reddito di formazione, sia diretto che indiretto (diritto all’abitare, mense pubbliche, diritto alla mobilità, comodato d’uso di libri di testo, ecc.).

L'Università napoletana post Gelmini: privati di qualità e di diritti

L'Università cambia e noi con essa. Cambia forma e sostanza e noi veniamo a fare parte di un processo di mutamento che porta i nostri Atenei a svuotarsi di senso.Stanchi di vederci portar via pezzi di diritti e la qualità della formazione, costruiamo nelle nostre teste un'idea di Università nuova, un'utopia possibile che parte da noi e dai nostri sforzi. Affolliamo piazze e riempiamo assemblee con la forza dei nostri corpi, ma soprattutto con la forza delle nostre idee, portando contenuti e proposte alternative ad un concetto di “saperi” che ci viene imposto dall'alto. Facciamo parte di un processo di smantellamento dell'Università che fa parte di un più ampio attacco ai diritti e ad una concezione pluralista di democrazia.Tale situazione ha visto la sua accelerata dapprima con la legge 133/08, la risposta da parte degli studenti è stata immediata, si è alzata l' Onda e il leitmotiv della contestazione era “noi la crisi non la paghiamo”, l'urlo dell'Onda era “l'Università chiude” perché la prospettiva offerta, era di Atenei svuotati di servizi, di didattica e di ricerca, il più ingente dei tagli nella storia della nostra Repubblica. La legge n.133 legge di conversione recante il titolo "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria" prevedeva di realizzare «per il bilancio dello Stato economie lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro per l'anno 2009, a 1.650 milioni di euro per l'anno 2010, a 2.538 milioni di euro per l'anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012» con la precisazione che «una quota parte delle economie di spesa venisse destinata, nella misura del 30 per cento, ad incrementare le risorse contrattuali stanziate per le iniziative dirette alla valorizzazione ed allo sviluppo professionale della carriera del personale della Scuola a decorrere dall'anno 2010, con riferimento ai risparmi conseguiti per ciascun anno scolastico». La legge n.133 all'articolo 66 comma 13, fra l'altro, prevede le modalità con le quali il sistema universitario statale partecipa agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica.In questi ultimi anni tale situazione si è andata notevolmente aggravando e il Fondo per il Finanziamento Ordinario delle Università, la principale fonte di entrata per le Università statali, ha subito notevoli tagli dal 2008 ad oggi: per il 2008 l'FFO è stato di 7.418 milioni di euro, nel 2010 c'è stato un taglio del 7,92% con un FFO pari a 6.831 milioni di euro e nel 2011 sono stati stanziati solamente 6.148 milioni euro, quindi con un abbassamento del 17,12% rispetto al 2008. Analogo scenario si è avuto rispetto al diritto allo studio dove vi è stato uno stanziamento per il 2009 di circa 246 milioni di euro, nel 2010 solo 99 milioni sono andati per il diritto allo studio e 76 milioni per l'anno 2011. La legge del 9 gennaio 2009 n.1 disciplina disposizioni circa il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca. Fra gli interventi “riparatori” operati da tale legge, si prevede il blocco delle assunzioni per le università che superino il tetto del 90% di FFO per le spese relative al personale, ma la sua

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ratio non prevede che vengano colpiti gli atenei con i conti in rosso, bensì tutti quelli che spendono troppo per i dipendenti.Si viene così a delineare una situazione di necessità nella quale per far fronte alle oggettive esigenze di personale tecnico-amministrativo, si ricorre continuamente all’escamotage dei Co.Co.Co, precarizzando sempre più il pubblico impiego. Il risultato è stato che se fino al 2008 era possibile “assumere” precari senza alcun vincolo di spesa, con la Manovra economica si interviene ponendo dei vincoli economici: si potrà assumere per una quota pari al 50% di quanto speso nel 2009 e per gli Atenei che non sforano il 90% del FFO, le assunzioni dovranno rispettare il 50% del turn-over.Il 22 settembre 2010 viene emesso il Decreto Ministeriale n.17 che innalza i requisiti necessari per l'attivazione annuale dell'offerta formativa degli Atenei con conseguenze preoccupanti per il futuro. Il DM 17 porterà, unito al blocco del turn-over, alla chiusura di corsi di laurea oppure alla proliferazione del numero programmato. La cosa che contestiamo di questi provvedimenti è il fatto che la didattica venga giudicata esclusivamente su criteri quantitativi e non qualitativi.La legge del 30 dicembre del 2010 n. 240, la così detta legge Gelmini si propone di regolare le norme in materia di organizzazione delle Università, di personale accademico e reclutamento, nonché una funzione delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario. Nella sostanza, però, tale legge si sostanzia come una riforma a costo zero, senza oneri per lo Stato, nella quale viene sancito l'ultimo attacco all'essenza pubblica dell'Università. La nuova governance degli Atenei prevede entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge, l'adozione di nuovi statuti contenenti disposizioni circa la previsione dei propri organi accademici, un accentramento dei poteri nelle mani dei rettori, unica figura a non decadere una volta approvati i nuovi statuti. Notevoli poteri vengono acquisiti anche dal Consiglio di Amministrazione a discapito del Senato accademico, il quale viene svuotato delle sue funzioni. Il CdA guadagna la competenza a disciplinare nei confronti di professori e ricercatori. Mantiene la competenza riguardo l’approvazione del bilancio, vigila sulla sostenibilità finanziaria delle attività di programmi di sviluppo, ha competenza a deliberare l'attivazione o soppressione di corsi e sedi, oltre che la competenza a conferire l’incarico di direttore generale al quale sono conferiti compiti di gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo.Fattore di notevole importanza è la sua composizione, il CdA è costituito dal Rettore, dai Rappresentanti degli Studenti (rimane invariata la legge che li determina nel numero minimo del 15% del totale, anche se nelle commissioni statuto la componente dei docenti sta provando in molti casi a non farla rispettare); tra i 2 e i 3 esterni. Questi potranno essere privati o enti, ciò costituisce uno dei problemi più rilevanti della legge Gelmini perché apre le porte ad esterni su decisioni che competono la didattica e la ricerca delle nostre università completando il processo di privatizzazione in atto già da qualche anno. Uno dei primi effetti manifestatesi a seguito della Legge Gelmini è la sottoscrizione di un accordo di programma sottoscritto dai sette rettori delle università campane unitamente al ministro Gelmini e al Presidente della Regione Caldoro che darà vita ad una federazione degli atenei della nostra regione. Le modalità che hanno reso possibile quest’accordo sono lo specchio di ciò che accade a livello nazionale con decisioni imposte dall’alto, senza tener conto delle componenti che vivono e animano l’università, trend che caratterizzerà, di questo siamo certi, anche quello che sarà il Comitato “direttivo” delle Università Campane, il CUC, del tutto privo della rappresentanza di alcune componenti universitarie (ricercatori, dottorandi, docenti associati e ordinari) e con una rappresentanza degli studenti generica (non è possibile, infatti, evincere dall’accordo i termini di tale rappresentanza né in termini di numeri né in termini di elezioni). Grave è l’assenza degli studenti nel processo decisionale che vedrà un profondo sconvolgimento della didattica quanto dell’organizzazione. La scomparsa di molti corsi di laurea e di diverse cattedre, il cui valore non è quantificabile, a dispetto di quanto la

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Ministra Gelmini asserisce, sono conseguenze inaccettabili frutto dei provvedimenti della Gelmini e della retorica della produttività e della razionalizzazione. Il risultato di questo iter ci porta sempre più verso i caratteri dell'Università privata, i pesanti tagli all'Università pubblica causano un aumento delle tasse, e la composizione del CdA, con la previsione di membri esterni comporta la possibilità da parte di quest'ultimi di influire nelle decisioni in merito a questioni riguardanti l'Ateneo. Viene a delinearsi una situazione complessa nella quale non possiamo però permetterci di cadere nella trappola di chi vorrebbe farci scegliere tra privatizzazione e conservazione, tra la difesa dell'ordine baronale che da sempre contestiamo e l'imposizione di un dominio aziendale altrettanto iniquo. Si promuovono precarietà, vengono attaccati i nostri diritti, e ci avvia sempre più verso lo smantellano del welfare e la privatizzazione dei beni comuni, l'imperativo per noi, come associazione, come studenti e come giovani è di contrapporre all'offensiva governativa, un'opposizione che guardi avanti e che rilanci la sfida per il futuro. Il nostro deve essere un impegno costante che mini l'attacco alla rappresentanza e alla partecipazione studentesca,saper rispondere con nuovi modelli di partecipazione democratica, ed opporre un nuovo welfare studentesco che sappia garantire a tutti l'accesso al sapere. Per questo da subito ci siamo impegnati nel costruire e promuovere una nuova idea di università, attraverso lo strumento dell'AltraRiforma, progetto che va nella direzione della ri-pubblicizzazione dell'Università. La mobilitazione del mondo della conoscenza, l'indisponibilità dei ricercatori, non solo hanno svelato quanto grave fosse la crisi dell'università pubblica, ma soprattutto tale protesta ha aperto uno spazio di speranza, uno spazio di vittoria possibile.

Antifascismo e Multiculturalismo

“[...]si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.”

Art.1 Legge n. 645 del 1952 (legge Scelba)

All'interno dei movimenti, delle assemblee, delle discussioni nelle nostre facoltà si parla spesso di neofascisti e antifascismo. Ma l'argomento, poiché storicamente lontano dalle nuove generazioni, ormai distanti dalla seconda guerra mondiale e da quei conflitti ideologici, fa emergere spesso perplessità, il che ci porta a dover analizzare e declinare certi termini in maniera attuale e pregnante. “Antifascismo” è ancora un termine attuale? Per rispondere a questa domanda bisogna anzitutto capire cosa vuol dire “fascismo”, da cosa nasce e quali sono i suoi tratti peculiari. Il fascismo, con i suoi tratti conservatori e nazionalisti, nasce come risposta allo spaesamento della popolazione di fronte all'avanzare distruttivo del capitalismo globale, che distrugge le identità collettive nazionali, zonali e individualizza le masse. Da qui, coi suoi tratti socialisteggianti di aggregazione attorno ai temi della patria, dell'odio verso lo straniero, dell'esaltazione della propria razza e via discorrendo, il fascismo, circa 70 anni fa, ha distrutto e imbarbarito il nostro paese. Con la resistenza e la guerra civile che ne è scaturita, il nostro paese pian piano ha saputo ricostruire uno stato che si basasse, appunto, sulla contrapposizione a quel modello ideologico totalitario, antidemocratico,

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escludente e razzista che era il fascismo.La nostra stessa Costituzione è nata dalle ceneri del fascismo e antifascista si definisce tutt'oggi. Da anni, però, assistiamo al ritorno sulla scena politica e studentesca dei "fascisti del terzo millennio", di gruppi (per lo più studenti) che inneggiano ai temi della patria e dell'esaltazione nazionale. Guardando al fenomeno nell'ottica complessiva della politica italiana, comprendiamo che senza più punti di riferimento, i giovani tendono ad avvicinarsi a tali gruppi, i quali hanno l'obiettivo di essere "collante sociale" di questo paese con la conseguente crescita di pericoli o estremismi che possono derivare. La "bella faccia" dei fascisti del nuovo millennio si scontra con le aggressioni agli immigrati, agli omosessuali, agli studenti "di sinistra" che dilagano oramai nel nostro paese mostrando il lato più feroce e reale della politica fascista."Né di sinistra, né di destra", lo dicevano anche i fascisti anni e anni fa, ed è anche a causa della classe politica, servile e impermeabile alle esigenze sociali, se non sembra cambiato niente e se non riflettiamo sul tema dell'antifascismo oggi. Antifascismo è innanzitutto una prassi, che va praticata ogni giorno.Parole come democrazia, collegialità, rispetto, uguaglianza tra gli individui senza prevaricazioni o limiti di luoghi o razza, fratellanza, fanno tutte parte di ciò che non è fascismo. Da qui bisogna partire per capire quello che deve essere l'agire antifascista. Alcuni gruppi politici studenteschi praticano termini quali "antifascismo militante", lotta, blocco antifascista e via dicendo che in base a qualche retaggio post-guerra fredda credono che la pratica antifascista si faccia solo con la violenza e con una politica muscolare. Sarebbe uno sbaglio e un controsenso voler sconfiggere la cultura e l'ideologia fascista con la violenza stessa, consona ai cosiddetti fascisti: sarebbe come voler sconfigge il fascismo col fascismo stesso! Una tale politica non li indebolirebbe e, anzi, sarebbero legittimati perché vittime.Per combattere qualcosa bisogna opporre e proporre schemi e modelli culturali completamente opposti di agire e fare pratica politica. Una cultura che non contempli e che sia impermeabile a temi fascisti! Altrimenti si cade nella pura contrapposizione tra “fazioni politiche di giovani”, con il fine ultimo di scannarsi a vicenda, non riuscendo a costruire insieme un salto di qualità verso una vera cultura antifascista. Ciò non deve significare un venir meno a quelli che sono i principi della Resistenza e alla lotta partigiana, ma rappresentare una maturità della nostra associazione, come di tutto il movimento, di sapersi adattare alle sfide storiche che viviamo oggigiorno. Agire in prospettiva di ciò che si desidera! Ad esempio riportare al centro del dibattito studentesco e di quello pubblico il tema dell'immigrazione e agire da sentinella dell'integrazione multietnica. Non ci nascondiamo: i cambiamenti sociali portano sempre con sé una percentuale di popolazione che si oppone irrazionalmente a tali fenomeni, l'immigrazione è uno di questi. Compito nostro è, quindi, legare alla pratica dell'antifascismo quello del rifiuto di ogni singola forma di razzismo e violenza, contrapponendovi una cultura dell'uguaglianza che metta al centro la fratellanza tra le popolazioni, la solidarietà verso chi proviene da situazioni di forte disagio ed è costretto ad emigrare dalla terra d'origine. Dobbiamo comprendere che la mescolanza sociale, il multiculturalismo saranno tratti futuri della nostra società, grazie alla maggiore facilità negli spostamenti, alla globalizzazione e all'apertura delle frontiere nazionali. Vivere in una società multietnica ci impone quindi di prestare attenzione e sensibilizzare l’opinione pubblica su ciò che accade oltre il nostro naso e il nostro paese. Dobbiamo riuscire a legare le nostre esigenze a quelle che vivono i nostri coetanei, ragionando su scala mondiale, "internazionalizzando" le nostre esigenze, le nostre sensibilità e quindi le nostre lotte verso questo sistema globale. E' solo da questo passaggio che può nascere una cultura che vada oltre la singola opposizione. E’ solo con uno sguardo sempre attento e un lavoro costante sulla memoria storica del nostro paese che riusciamo a fare in modo che certi principi siano sempre attuali, che veramente gli studenti e la società tutta interiorizzi tali principi e che siano essi la base su cui costruire

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nuova cultura antifascista!

Orgogliosi delle differenze. Questione di genere e lotta all’omofobia: il rapporto politico con iKen

E' argomento controverso l’approccio alla questione di genere e alla carta dei diritti in ogni settore. Mentre l'Europa estende i diritti civili e garantisce la tutela della dignità dell'individuo, l’'Italia sembra invece promuovere sessismo e discriminazione. Mentre in altri paesi è sentita dall’intera comunità l’esigenza di garantire la libertà sessuale al pari di ogni altra e si promuovono moderne politiche di tutela ed estensione dei diritti, nel nostro persiste una chiusura anacronistica verso di esse.La proposta di legge contro l'omofobia e la transfobia, ormai arenata, rimane un progetto necessario in un contesto in cui, da un lato, le persone sentono il bisogno di rendere manifesta la propria sessualità e, dall'altro, fenomeni di bullismo e soprusi sono sempre più frequenti.Ancora troppe le aggressioni, troppa l'ignoranza e il silenzio. Un silenzio, quello degli spettatori del mondo LGBT, che non è assenso, ma generato dalla paura e dalla intolleranza. Proprio l'invito alla “tolleranza”, nell’accezione negativa che il termine ha acquisito nel tempo, è l' errore delle iniziative orientate alla tutela delle alterità. Il punto di arrivo della sensibilizzazione deve essere la familiarità con questi argomenti e i loro protagonisti; il superamento del pregiudizio e delle convenzioni; lo sradicamento di un pensiero confuso e spesso violento che tende ad associare omosessualità e transessualità a manifestazioni patologiche, piuttosto che a volti eterogenei della sessualità. Un’efficace politica di “familiarizzazione” deve includere un programma di formazione scolastica rivolto a tutti gli studenti, a partire dai più piccoli. L’educazione sessuale e civica nelle scuole, ma anche l’insegnamento delle scienze naturali, dovrebbe introdurre l’esistenza di un “terzo genere”, approfondire le problematiche legate all'identità e tener conto della presenza dei nuovi nuclei familiari: coppie di fatto e famiglie omo-genitoriali. Solo seguendo tale percorso, che si inserisce nell’ambito del già consolidato impegno di alcune associazioni LGBT, si potrà creare un’atmosfera di maggiore vivibilità e sicurezza affinché non siano più indifferenza e violenza a costituire il rapporto tra questa minoranza (non piccola) e la comunità intera.Questo percorso politico non può prescindere dalla collaborare con l’associazione iKen, che da poco ha aperto a Napoli e ad Avellino un nuovo sportello di sostegno e rivendicazione dei diritti delle persone LGBT. E’ con loro e con l’Unione degli Studenti che stiamo costruendo il Campania Pride 2011 che si terrà a Napoli, con la collaborazione di numerose associazioni attive nelle tutela dei diritti inviolabili dell’uomo. Sappiamo che il cambiamento radicale della nostra cultura, spesso macchiata di omofobia e transfobia alimentata dai vari governi di destra o di una finta sinistra che si sono succeduti, parte dalle nuove generazioni, parte dai luoghi della formazione. È per questo che Link - coordinamento universitario ha l’obbligo e la necessità di costruire dei nuovi spazi e momenti di aggregazione in cui sviluppare una cultura della convivenza, fondamentale per creare un cammino condiviso verso il progresso civile.

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Le pratiche del sindacato: conflitto, rappresentanza e mutualismo

La nostra associazione nasce per coniugare le istanze di lotta di base dei movimenti studenteschi con l’azione più strutturata di ispirazione sindacale. Riuscire a portare negli organi di governo delle università le vertenze degli studenti significa dare sbocco a queste istanze e caricarle degli strumenti garantiti dalla rappresentanza. Dobbiamo quindi svolgere un compito assai difficile: organizzare percorsi di lotta che siano in grado di coinvolgere il maggior numero di realtà studentesche dai collettivi, alle giovanili di partiti e al tempo stesso riuscire a dare rappresentanza istituzionale a queste vertenze. Nel territorio napoletano la pratica dell’autorganizzazione, che non prevede nessun tipo di rapporto istituzionale, sebbene riesca a sviluppare conflitti non riesce a trasformarli in vertenze strutturate, dinamiche di lotta e non mareggiate isolate che poi si ritirano senza lasciare traccia. L’esperienza dell’onda a Napoli si è esaurita anche per questo motivo. Oggi il movimento studentesco ha fatto proprie pratiche di conflitto e posizioni ben più radicali dell’Onda e che noi condividiamo nel merito ma non nel metodo. Pensiamo infatti che un movimento studentesco organizzato debba riuscire a comunicare le proprie istanze a una platea quanto più vasta possibile attraverso strumenti comunicativi che non ne snaturino il messaggio ma al tempo stesso non lo esauriscano in puro metodo ideologico. Dobbiamo insomma riuscire a rilanciare l’esperienza di Genova, dove le posizioni radicali e altermondiste venivano declinate con linguaggi e pratiche di lotta in grado di aggregare nella stessa piazza i preti Comboniani e i Centri sociali. Affianco a queste dinamiche di conflitto “allargato” la rappresentanza diventa una chiave di volta che può condurre a risultati concreti le singole vertenze e al tempo stesso riuscire a creare una rete di esperienze di lotta sindacale che sia in grado di fornire strumenti e pratiche alle vertenze nazionali. La pratica sindacale ha quindi una duplice valenza: da un lato allargare il terreno del conflitto e dall’altro riuscire a caricarlo di tutti gli strumenti istituzionali di cui disponiamo. All’interno di questo nostro ruolo strategico dobbiamo delineare i rapporti con l’area antagonista napoletana, con i collettivi e i movimenti, sapendo che sebbene possiamo con loro condividere piazze e rivendicazioni, non possiamo attivare un confronto positivo sul tema del sindacato. Dobbiamo perciò riuscire a superare i collettivi arrivando direttamente allo studente medio attraverso pratiche e linguaggi che possano essere quanto più possibile di ampio respiro. E’ questo il caso dell’altra riforma o dell’ottima campagna contro l’aumento del costo dei trasporti dove siamo riusciti a bypassare i salotti dei movimenti e a instaurare un dialogo diretto, ma al tempo stesso radicale nei contenuti, con gli studenti. Parlare quindi a tutti: movimenti, associazioni, singoli studenti, collettivi autorganizzati, disobbedienti ecc...ma senza dimenticare il ruolo di coordinamento sindacale che ci caratterizza e che rifiuta perciò ogni settarismo. Costruire insomma dinamiche positive sull’esempio del “movimento dei movimenti”, che sappiano imporsi su più livelli, da quello del conflitto a quello della rappresentanza mantenendo la nostra autonomia dal movimento anche se ne condividiamo totalmente temi e contenuti.

Uniti per una società migliore: il rapporto con il sindacato dei lavoratori

Link – coordinamento universitario è un’organizzazione che riesce a fondere in sé sia una natura di forte movimento su temi come il diritto allo studio e contro la smantellamento dell’università pubblica, ma è anche un’associazione che ha un’ispirazione di stampo sindacale, che purtroppo tende a diminuire la sua efficacia quanto più questo governo rafforza il suo stampo dittatoriale e diventa quindi completamente sordo alle istanze di

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studenti e lavoratori. Ed è proprio questa caratteristica che ci avvicina al mondo dei sindacati dei lavoratori e, in particolare, date anche le decisioni prese sull’accordo separato, non può che farci guardare alla Cgil come primo interlocutore. Il rapporto con la Cgil è sempre stato per la nostra associazione un rapporto di confronto e rispetto reciproco, forti anche di una autonomia economica che ci permette di dialogare in assoluta libertà e autonomia politica.Il nostro rapporto con il sindacato non deve però limitarsi ad una condivisione puramente teorica delle piattaforme politiche messe in campo per la salvaguardia e l’ampliamento dei diritti degli studenti come dei lavoratori, ma deve rappresentare un percorso quotidiano di lotta che porti ad obiettivi concreti, che faccia del sindacato un vero strumento di conquista dei nostri diritti.Per fare ciò bisogna pensare anche a dei percorsi più specifici da portare avanti con le singole categorie. Tra queste ci sono sicuramente:

- la Filt (Federazione Italiana Lavoratori Trasporti), con cui possiamo pensare di allargare il conflitto sul tema dei trasporti pubblici in Campania, di confrontarci e sostenere la lotta di tutto il personale che ha visto, dopo i tagli della Regione Caldoro, un ridimensionamento drastico del settore dei mezzi pubblici;

- la Flc (Federazione Lavoratori della Conoscenza), con cui sia a livello nazionale che locale abbiamo deciso di portare avanti un percorso anche più specifico sul tema dell’AltraRiforma;

- la Fiom (Federazione Impiegati Operai Metallurgici), che non solo sosteniamo nelle rivendicazioni di piazza, ma con cui continuiamo a portare avanti il percorso di “Uniti contro la crisi”, nato proprio questo autunno subito dopo il grande sciopero del 16 ottobre.

Inoltre Link, come tutto il movimento studentesco di quest’anno, ha cercato di spingere la Cgil verso la convocazione dello sciopero generale che abbiamo chiesto a gran voce a dicembre quando siamo scesi in piazza per bloccare il DDL Gelmini sull’università e per sfiduciare questo governo. Uno sciopero che però è arrivato solo il 6 maggio, data che se da una parte non ci ha permesso di bloccare il nostro paese nel giorni più caldi di conflitto, dall’altra ci ha agevolato nel mantenere alto il conflitto su alcuni temi per l’intero anno accademico.Ma le critiche che abbiamo mosso al sindacato non riguardano solo lo sciopero generale in sé, quanto la capacità che deve avere in questo momento il più grande sindacato dei lavoratori di generalizzare le lotte, ponendo un’attenzione particolare al fenomeno del precariato, che in quanto giovani e in quanto soggetti in formazione viviamo ogni giorno sulla nostra pelle. Abbiamo provato a farlo il 9 aprile gridando in piazza che “il nostro tempo è adesso”, chiedendoci come si possa davvero coinvolgere in un percorso di rivendicazioni i giovani precari che vivono una condizione di paradossale stabilità della loro instabilità, con contratti a tempo determinato e con scadenze brevissime. E nel momento in cui riusciremo ad avere un confronto con realtà del mondo del precariato più stabili quali possono essere i metodi di rivendicazione per coloro che secondo la legge non hanno neanche diritto allo sciopero? La questione resta irrisolta, ma va affrontata subito e in modo determinante.Infine, resta fondamentale per noi condividere con il sindacato dei lavoratori un percorso specifico sul tema del Welfare Studentesco e del Reddito dei Soggetti in formazione. Dobbiamo fare in modo che il sindacato si interroghi e avvii con noi un percorso più intenso di rivendicazioni studentesche, che individui nel mondo della conoscenza, nell’istruzione pubblica e quindi nei luoghi della formazione la base per produrre un cambiamento radicale della nostra società.

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Verso la Rete della Conoscenza in Campania: il rapporto con Link Fisciano e Link Benevento e l’Uds Campania

Sin dalla nascita la nostra organizzazione ha visto un soggetto politico sempre più presente e attivo nel movimento studentesco, capace non solo di creare conflitto nelle scuole e nelle piazze, ma di trasformare quel conflitto in vere e proprie conquiste storiche nella rivendicazione dei diritti degli studenti e delle studentesse. Un soggetto, quello dell’Unione degli Studenti, che anche a Napoli porta con sé 17 anni di storia e da cui la nostra organizzazione, nata da poco più di un anno ha sempre qualcosa da imparare. Nonostante questo, la grande capacità dei referenti territoriali e nazionali e dei tanti militanti che da subito hanno visto in Link uno strumento concreto di cambiamento della nostra società partendo dalle università, ha portato la nostra organizzazione ad essere uno dei centri propulsori dell’analisi e delle rivendicazioni del mondo della conoscenza. Ci siamo da subito posti l’obiettivo di creare una rete che tenesse dentro tutti i soggetti in formazione: studenti medi, universitari, dottorandi, ricercatori. Una rete che portasse al centro del dibattito la Conoscenza, come strumento primario ed indispensabile per il cambiamento della società tutta. Nasce così due anni fa a Terni la Rete della Conoscenza, che ci vede attivi in prima linea proprio insieme all’Unione degli Studenti. Ma la realizzazione di una struttura così ampia e incisiva nelle dinamiche nazionali non può prescindere da un duro lavoro che va fatto su tutti i territori in cui le due associazioni sono presenti. A Napoli l’Unione degli Studenti è un soggetto molto radicato, che riesce ad essere propulsore di un movimento che riguarda tutta la Campania. Inoltre, da anni ormai realtà come l’Uds Avellino, Salerno e Caserta sono realtà consolidate che fanno dell’Uds Campania il primo soggetto con cui condividere piattaforme politiche di Rete.Link Napoli, inoltre, può contare sul radicamento e lavoro esemplare dei compagni di Link Fisciano, che ci aiutano a portare avanti le campagne sul Referendum per l’acqua pubblica, contro il nucleare e il legittimo impedimento che si terrà il 12 e 13 giugno e sulla proposta di un Referendum Studentesco da svolgere all’interno delle singole facoltà, come strumento di democrazia diretta da applicare nelle nostre università, quando il parere di tutti gli studenti e le studentesse diventa necessario per prendere determinate decisioni.Anche il rapporto con Link Benevento diventa fondamentale quindi in un’ottica di Rete della Conoscenza campana, ma abbiamo bisogno di un lavoro maggiore di condivisione con i compagni di Benevento, sperando che una strutturazione più precisa della loro realtà possa portare un contributo maggiore sia nella loro città, che in Campania e a livello nazionale.Le campagne di Rete che portiamo avanti da mesi sono sicuramente quelle sulla questione di genere, la lotta all’omofobia e transfobia e la campagna “Liberi di Viaggiare” contro i tagli al consorzio Unico Campania e il relativo aumento del costo del biglietto, insostenibile sia per studenti medi che universitari, che invece dovrebbero essere agevolati nel trasporto pubblico in quanto soggetti che si stanno formando e la cui formazione porterebbe inevitabilmente ricchezza e sviluppo al nostro paese. Per non parlare della necessità di tutti e tutte di potersi spostare liberamente per far vivere la nostra città giorno e notte e impedire così che diventi terra di nessuno, abbandonata al degrado e alla delinquenza. Rivendichiamo così in Campania proprio quegli sconti sui trasporti pubblici che l’amministrazione Caldoro ci ha tolto, ma che l’Uds aveva faticosamente conquistato nel 2005 insieme alla legge regionale sul Diritto allo Studio.Il nostro lavoro all’interno della Rete della Conoscenza, a partire da oggi, deve essere però quello di strutturare una campagna più ampia e articolata su Welfare Studentesco e Reddito dei Soggetti in Formazione, trasformando l’analisi condivisa a livello nazionale in esperienze pratiche sul territorio campano.

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I beni comuni, il Referendum e l’altro mondo possibile

Lo straordinario movimento che si è creato attorno al referendum del 12/13 Giugno, con una raccolta di firme record per l’acqua pubblica, con più di un milione e 400mila firme, dimostra che il terreno della riappropriazione dei beni comuni è indispensabile per contrastare le politiche liberiste e uscire dalla crisi sociale ed economica che stiamo vivendo.L’acqua è il fondamento di ogni altro diritto. Oggi oltre 1 miliardo di persone sono prive di acqua e la situazione può peggiorare se l’obiettivo dell’azione politica non diventerà quello di fornire acqua potabile a chi ne è privo, riducendo così lo spreco e l’erosione delle risorse. La privatizzazione dell’acqua è incompatibile con questi obiettivi, perché significa affidarne la gestione alle grandi multinazionali e trasformare un bene essenziale in merce soggetta alle logiche di mercato, non più diritto, ma profitto di pochi. I processi di privatizzazione del servizio idrico hanno portato solo all’aumento delle bollette, anche perché ai privati è garantito il 7% di surplus, e a un peggioramento del servizio, dal momento che le aziende non hanno più alcun interesse a ridurre sprechi. Il possibile ritorno al nucleare in Italia è accompagnato da rischi inaccettabili, soprattutto dopo la tragedia di Fukushima che dimostra tragicamente come il “nucleare sicuro” non esista; ci sono inoltre il problema dello smaltimento quasi impossibile delle scorie, del costo del nucleare e della militarizzazione del territorio attorno ai siti, tutto ciò unito al conseguente blocco della ricerca sulle fonti di energia rinnovabile.Il legittimo impedimento è una norma che viola in modo lampante l’articolo 3 della Costituzione, stabilendo un principio di “inuguaglianza” davanti alla legge, garantendo l’immunità al presidente del consiglio e introducendo l’idea di un’amnistia permanente che garantirà l’immunità legale ai potenti con processi che verranno rimandati all’infinito.Per questi motivi la nostra associazione si schiera totalmente a favore del referendum del 12/13 Giugno.Il semplice schierarsi a favore del movimento per il Si al referendum però non basta, occorre anche definire il ruolo che vogliamo assumere all’interno di questo movimento, che deve essere quello di allargare quanto più possibile l’idea di bene comune, estendendola al lavoro, alla democrazia, alla cultura, alla scuola, all’università, al reddito e al diritto di cittadinanza, alle politiche di accoglienza. La discussione sui beni comuni ci permette infatti di rilanciare “quell’altro mondo possibile” che 10 anni fa ha visto nascere in modo dirompente il movimento dei movimenti, un mondo in cui ristabilire la funzione sociale e collettiva del lavoro e dei diritti, per contrastare le leggi del mercato imposte dai poteri forti. Noi vogliamo una gestione solidale e sostenibile di tutti i beni comuni, e queste parole d’ordine vanno portate all’interno dei movimenti per i referendum e in tutti i luoghi di lotta, perchè ci permettono di unificare le vertenze costruendo un discorso unitario che tenga assieme le rivendicazioni del movimento studentesco con quelle del mondo sindacale, del mondo ambientalista, dei precari e del movimento per il reddito.Gli ultimi anni hanno infatti visto fiorire tantissimi movimenti e associazioni: da quello studentesco a quello dei precari, da quello NO TAV ai movimenti di lotta alle mafie, fino ai tanti comitati anti discarica e anti inceneritore. Tutte realtà che però non sono mai riuscite a creare realmente una rete per dare maggior spinta ad ogni singola vertenza. Il movimento per il referendum è riuscito invece a superare questo limite, mettendo assieme movimenti, associazioni, partiti, spesso anche diversissimi tra loro: dal mondo cattolico alle realtà antagoniste. Alla base di questo successo c’è l’identificazione di un percorso e di un impegno politico chiaro, che è diventato l’elemento su cui costruire alleanze e rapporti di collaborazione. La nostra associazione si impegna fin da ora a proporre reti e alleanze partendo dall’impegno sulla difesa dei beni comuni. Questo è il ruolo che vogliamo nel movimento, costruendo dei Coordinamenti permanenti per i beni comuni, gruppi di lavoro con tutti i soggetti che intendano costruire una rete che vada ben oltre il 12 e 13 Giugno.

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