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AGRITURISMO Profili civilistici e tributari dell’agriturismo Nell’ambito della politica agraria e dei nuovi modelli di sviluppo dell’agricoltura il fenomeno dell’agriturismo si pone come misura di diversificazione delle attività del settore agricolo e di quelle affini, diretta a favorire lo sviluppo e il riequilibrio del territorio agricolo e a fornire fonti alternative di reddito. Nell’attuale Piano di sviluppo rurale, riferito al periodo 2007/2013, si parla di misura di diversificazione (codifica 311) volta a promuovere “forme idonee di turismo nelle campagne”. Infatti, in armonia con i programmi di sviluppo rurale sia dell’Unione Europea che dello Stato e delle Regioni, l’agriturismo mira a realizzare un settore innovativo nell’ambito del mercato turistico, che fornisca una particolare offerta fondata sulla personalizzazione del servizio, volta ad amplificare il valore di scambio tra ospite e struttura. Finalità della normativa attuale. L’agriturismo è attualmente disciplinato dalla legge 20 marzo 2006 n. 96 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 63 del 16/03/06) che ha sostituito integralmente, abrogandola, con effetto dalla data della sua entrata in vigore (31 marzo) la previgente legge quadro sull’agriturismo n.730 del 1985. Le finalità della nuova legge sono in sostanza rivolte a: (artt.1, 11 e 13) - tutelare, qualificare e valorizzare le risorse specifiche di ciascun territorio; - favorire il mantenimento delle attività umane nelle aree rurali; - favorire la multifunzionalità in agricoltura e la differenziazione dei redditi agrari; - favorire le iniziative a difesa del suolo, del territorio e dell’ambiente da parte degli imprenditori agricoli, attraverso l’incremento dei redditi e il miglioramento della qualità della vita; 1

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AGRITURISMO

Profili civilistici e tributari dell’agriturismo

Nell’ambito della politica agraria e dei nuovi modelli di sviluppo dell’agricoltura il fenomeno dell’agriturismo si pone come misura di diversificazione delle attività del settore agricolo e di quelle affini, diretta a favorire lo sviluppo e il riequilibrio del territorio agricolo e a fornire fonti alternative di reddito. Nell’attuale Piano di sviluppo rurale, riferito al periodo 2007/2013, si parla di misura di diversificazione (codifica 311) volta a promuovere “forme idonee di turismo nelle campagne”.Infatti, in armonia con i programmi di sviluppo rurale sia dell’Unione Europea che dello Stato e delle Regioni, l’agriturismo mira a realizzare un settore innovativo nell’ambito del mercato turistico, che fornisca una particolare offerta fondata sulla personalizzazione del servizio, volta ad amplificare il valore di scambio tra ospite e struttura.

Finalità della normativa attuale.

L’agriturismo è attualmente disciplinato dalla legge 20 marzo 2006 n. 96 (pubblicatasulla Gazzetta Ufficiale n. 63 del 16/03/06) che ha sostituito integralmente, abrogandola, con effetto dalla data della sua entrata in vigore (31 marzo) la previgente legge quadro sull’agriturismo n.730 del 1985.Le finalità della nuova legge sono in sostanza rivolte a: (artt.1, 11 e 13)

- tutelare, qualificare e valorizzare le risorse specifiche di ciascun territorio;- favorire il mantenimento delle attività umane nelle aree rurali;- favorire la multifunzionalità in agricoltura e la differenziazione dei redditi agrari;- favorire le iniziative a difesa del suolo, del territorio e dell’ambiente da parte degli

imprenditori agricoli, attraverso l’incremento dei redditi e il miglioramento della qualità della vita;

- recuperare il patrimonio edilizio rurale tutelando le peculiarità paesaggistiche;- sostenere e incentivare le produzioni tipiche, di qualità e le connesse tradizioni

enogastronomiche;- promuovere la cultura rurale;- favorire lo sviluppo agricolo e forestale.

Tutti obiettivi volti a valorizzare le risorse del territorio nazionale mediante la promozione dell’agriturismo italiano sui mercati nazionali e internazionali, nel quadro di un programma triennale che, secondo il disposto dell’art. 11 L. 96/06, viene predisposto dal Ministero delle politiche agricole e forestali d’intesa con le regioni, le province autonome e le associazioni agrituristiche maggiormente rappresentative.

Per perseguire tali finalità si richiede un particolare impegno delle regioni e delle associazioni di categoria nello sviluppo di attività di studio, ricerca, sperimentazione, formazione professionale e promozione (v. art.11 cit.) ed è affidata al Ministero delle politiche agricole e forestali un’opera di coordinamento ed indirizzo del settore mediante l’utilizzo e la rielaborazione dei dati forniti dalle relazioni annuali inviate dalle regioni a norma dell’art. 13L. cit..E’ stata, inoltre, prevista l’istituzione, presso il Ministero delle politiche agricole e forestali, dell’Osservatorio nazionale dell’agriturismo con cui collaborano le associazioni di operatori agrituristici più rappresentative a livello nazionale con il compito di elaborare le informazioni

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provenienti da regioni e associazioni. Ciò consente la pubblicazione annuale di un rapporto nazionale sullo stato dell’agriturismo contenente proposte per lo sviluppo del settore. Purtroppo l’Osservatorio non ha avuto ancora modo di manifestare le sue potenzialità in quanto la prima riunione tra Ministero delle politiche agricole e Forestali e le regioni si è svolta il 12 Febbraio 2009 e, per il momento, è stato soltanto ufficializzato il percorso per l’operatività dell’Osservatorio.

Aspetti di carattere generale ed evoluzione normativa

Se ci soffermiamo sulle caratteristiche dell’agriturismo, termine che nella sua accezione semantica, designa il turismo agreste o di campagna, identifichiamo principalmente un’attività di ricezione ed ospitalità, consistente in servizi di alloggio, somministrazione di pasti e bevande ed attività ricreative e culturali in rapporto di connessione e complementarietà rispetto all’attività agricola che deve comunque rimanere principale e prevalente. Lo stesso legislatore (art. 9 L.96/2006) stabilisce che l’uso della denominazione “agriturismo” e dei termini attributivi derivati, sia riservato esclusivamente a tali attività.

Lo sviluppo dell’agriturismo è riferibile ad un’epoca abbastanza recente (inizi degli anni ’70 quando qualche agricoltore decide di “riconvertire” la propria attività che risulta sempre meno redditizia) ma per molto tempo è stato poco conosciuto e relegato nell’ambito di un turismo minimale e sommerso, affidato all’iniziativa di singoli agricoltori con limitate capacità, poca esperienza imprenditoriale nel settore turistico e con tecniche di penetrazione sul mercato poco sofisticate. Successivamente, l’esigenza di un maggior sostegno all’agricoltura, sia nell’ottica di una potenziale integrazione dei redditi degli agricoltori che della necessità di conservazione del patrimonio rurale delle campagne, ha sviluppato una maggior attenzione verso questa forma di turismo portando il legislatore ad identificare una forma di turismo ufficiale e parallelo a quello del turismo tradizionale con caratteristiche sue proprie e rispondenti alle esigenze di una parte della domanda turistica.

Il legislatore italiano ha sentito la necessità di regolamentare la materia con la L. 5 dicembre 1985, n.730 con la quale per la prima volta è stata disciplinata l’attività agrituristica. Tale legge, recepita nel corso degli anni dalle singole leggi regionali, è stata successivamente abrogata dalla Legge n. 96 del 20 febbraio 2006, che ha introdotto una serie di condizioni che disciplinano in maniera più analitica il fenomeno dell’agriturismo. In proposito, però, specie con riferimento ad alcune norme di dettaglio, risulta opportuno tenere in considerazione che la Corte Costituzionale ha ritenuto fondate alcune delle questioni di legittimità sollevate dalle regioni Toscana e Lazio. Le questioni di legittimità sono state sollevate per gran parte degli articoli ( 4, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14) per violazione degli artt. 117 e 120 della Costituzione, per le quali il legislatore avrebbe travalicato i limiti di competenza del potere legislativo Statale, in materie come l’agricoltura e il turismo, attribuite alla competenza legislativa residuale delle regioni.Con sentenza n. 339 del 12 ottobre 2007 la Corte Costituzionale ha considerato illegittime alcune parti degli artt. 4, 5, 6, 8 e 13, in particolare

- i commi 3 e 4 dell’art. 4 ( che dispongono che l’attività agricola è comunque prevalente se la ricezione e la somministrazione pasti e bevande interessano un numero non superiore a 10 ospiti e se l’impresa rispetta nella somministrazione di pasti e bevande il principio secondo

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il quale sono utilizzate quote significative di prodotti propri e, a determinate condizioni, di prodotti di regioni limitrofe),

- i commi 4 e 5 dell’art.5 (che prevedono l’uso della cucina domestica per la somministrazione di un numero massimo di 10 pasti e la necessità del solo requisito dell’abitabilità per l’idoneità dei locali con un numero massimo di 10 posti letto);

- i commi 2 e 3 dell’art.6 (che contengono le nuove disposizioni in materia di procedimento ed obblighi amministrativi – autorizzazioni, variazioni etc. - ed in particolare la norma in base alla quale per dare inizio all’attività di agriturismo è sufficiente la comunicazione al comune);

- art.8 (relativo alla comunicazioni al comune sia dei periodi di svolgimento dell’attività che, entro il 31 ottobre, delle tariffe che si intendono praticare l’anno seguente);

- comma 2 dell’art. 13 (laddove la disposizione non prevede il coinvolgimento delle regioni per l’istituzione dell’Osservatorio nazionale dell’agriturismo presso il Ministero delle politiche agricole e forestali).

Al momento, quindi, a fronte della sentenza della Corte Costituzionale, sono venute meno le norme della legge n.96/2006 in materia, ad esempio, di procedimento amministrativo richiesto per aprire e gestire l’attività di agriturismo e circa il concetto di prevalenza dell’attività agricola con particolare riferimento all’apporto di una quota significativa di prodotto proprio e di una ulteriore quota di prodotti di aziende agricole della zona.

In realtà il problema è superato per quelle regioni in cui è stata emessa la legge regionale, che doveva essere emanata, secondo il disposto dell’art.14, entro sei mese dall’entrata in vigore della legge n.96 (fine di settembre 2006), perché la disciplina di dettaglio è stata fornita da tali norme, ma per il Piemonte, che non ha ancora emanato la legge regionale, si pone il problema del coordinamento con la precedente legge regionale n. 38 del 23 marzo 1995, che recepiva le disposizioni della legge nazionale del 1985 abrogata a far data dall’ entrata in vigore della legge n.96 (31/03/06).Per concludere, quindi , ed esemplificare, non è possibile avviare l’agriturismo, come prevede la legge 96, con la sola comunicazione al comune di inizio dell’attività ma resta necessario il provvedimento di autorizzazione del sindaco, rilasciato entro 90 giorni dalla richiesta di autorizzazione presentata dall’imprenditore agricolo al Comune, corredata dal parere favorevole del competente Servizio di igiene dell’Unità Sanitaria Locale e di tutti i documenti attestanti i requisiti per l’abilitazione all’esercizio dell’attività secondo il disposto degli artt. 6 e 7 della legge regionale n.38 del 23 marzo 1995.

Attualmente il legislatore regionale sta predisponendo un emendamento al collegato alla finanziaria 2009 che preveda :

- che la Giunta regionale emani un regolamento di disciplina dell’agriturismo, conforme ai principi della L. n.96/2006, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge finanziaria regionale,

- l’abrogazione espressa della L. regionale n. 38/95, - il mantenimento in vigore degli articoli da 1 a 6 della legge regionale n.38 fino alla data di

entrata in vigore del regolamento della Giunta Regionale.

Tutto ciò per rendere armonico il quadro normativo e non creare vuoti legislativi in attesa di una più opportuna e specifica legislazione che potrà essere rappresentata dal T.U. sul turismo.

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La volontà del legislatore regionale di emanare un Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo, che ricomprenda anche l’agriturismo ha reso sicuramente più complesso il lavoro e ne ha rallentato i tempi.

I rallentamenti normativi non hanno impedito, però, un costante trend di crescita dell’agriturismo in termini di fatturato, di numero di nuove aziende ( stime del 2006 ne individuano circa 15.000 in Italia) e di evoluzione strutturale. Attualmente, infatti, la gran parte delle aziende risulta dotata di strutture di ristorazione e una percentuale significativa dispone di attrezzature per il turismo equestre e per il campeggio rurale. Addirittura, l’art. 11 della nuova legge, allo scopo di promuovere le attività di turismo equestre, al comma 2, dispone espressamente che le regioni possano incentivare l’acquisto e l’allevamento di cavalli da sella, nell’ambito delle aziende agrituristiche, e l’allestimento delle relative attrezzature di ricovero e di esercizio e che possono, altresì, incentivare gli itinerari di turismo equestre, opportunamente segnalati in collaborazione con i circoli ippoturistici.Per entrare nel dettaglio possiamo dire che l’offerta dei servizi del settore viene esemplificata dall’art.2 della legge n.96/2006 che inserisce nel novero delle attività agrituristiche l’ospitalità data in alloggi e spazi aperti per campeggiatori (art.2, c.3 lett.a- L.n.96/2006), la somministrazione di pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti propri e di altre aziende agricole della zona, compresi i prodotti a carattere alcolico e superalcoolico, con preferenza per i prodotti tipici e caratterizzati dai marchi DOP, IGP, IGT, DOC e DOCG o compresi nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali PAT (art.2, c.3, lett.b L. cit.) l’organizzazione di degustazioni di prodotti aziendali, ivi inclusa la mescita di vini, alla quale si applica la legge 27/07/1999, n.268 (art.2, c.3, lett.c- L. cit.), l’organizzazione di attività ricreative, culturali didattiche e sportive anche all’esterno dei terreni aziendali, purché nell’ottica della valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale (art.2, c.3 lett.d- L. cit.).L’azienda agrituristica, può inoltre offrire particolari servizi o optionals, quali campi da tennis, piscine, campi da golf, corsi d’equitazione e passeggiate a cavallo, escursioni, noleggio di biciclette, attività venatoria, attività istruttive e artigianali. Inoltre la nuova legge assimila all’agriturismo le attività dei pescatori relative alla fornitura dei pasti, l’ospitalità e le attività connesse compresa la pesca – turismo (art. 12 L. n.96/2006).

Tutte queste attività possono rientrare nell’ambito dell’agriturismo solo a determinate condizioni.

Inquadramento giuridico- requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti per lo svolgimento dell’attività agrituristica

La particolarità della normativa italiana in materia di turismo rurale è quella di aver definito l’agriturismo come attività agricola connessa . In questo modo viene riconosciuta la peculiarità dell’agriturismo rispetto alle altre forme di turismo rurale. L’Italia è l’unico paese dell’Unione Europea che ha una specifica normativa che disciplina l’agriturismo intendendolo come ospitalità svolta nell’azienda agricola, in modo da valorizzare le risorse legate all’attività agricola. Negli altri paesi dell’Unione Europea questo particolare tipo di ospitalità viene compreso nel più generale settore del turismo rurale, del quale fanno parte i piccoli alberghi di campagna, le case private o i piccoli alberghi gestiti dai residenti nei paesi, per i quali, il fatto che la loro attività venga svolta in campagna non prevede alcuna modifica delle caratteristiche giuridiche e delle autorizzazioni previste per tutte le altre forme di gestione del turismo.

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Diversamente, nel nostro ordinamento giuridico è imprescindibile la connessione con l’attività agricola. Questo significa che l’agriturismo può qualificarsi come tale solo in presenza di precise condizioni di natura soggettiva ed oggettiva.

Requisiti soggettiviPerché si possa parlare di agriturismo, le attività di ricezione ed ospitalità di cui abbiamo parlato devono essere esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 C.C., singolarmente, associati tra loro o in forma di società di capitali o di persone attraverso l’utilizzazione della propria azienda. L’imprenditore agricolo, cioè chi esercita coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento del bestiame e attività connesse (cioè attività esercitate dall’ imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prevalentemente prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco, o dall’allevamento di animali …) deve essere iscritto alla camera di commercio ed aver avviato l’azienda da almeno un anno. Questo limite minimo di tempo si deduce dal disposto dell’art.1 L.r. n.38 /95 laddove indica tra le finalità dell’agriturismo l’incremento dei redditi aziendali dei produttori agricoli. In conseguenza, poiché per determinare un reddito è necessario almeno l’arco temporale di un anno si ritiene che non possa essere valutata la redditività dell’azienda se non è trascorso almeno un anno dall’inizio dell’attività agricola.

Ai sensi del comma 2 dell’art. 2 della legge 96/2006 il personale addetto allo svolgimento dell’attività agrituristica può essere il seguente:

- l’imprenditore agricolo e i suoi familiari che risultano collaboratori dell’impresa familiare ai sensi dell’art. 230 bis C.C. (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo);

- lavoratori dipendenti dell’imprenditore agricolo a tempo determinato, indeterminato e parziale.

Tali soggetti sono considerati lavoratori agricoli ai fini della vigente disciplina previdenziale, assicurativa e fiscale.

Può esercitare l’attività agrituristica anche l’Imprenditore agricolo professionale, figura introdotta dal D.lgs. n.99 del 2004, che gode di vantaggi fiscali e contributivi al pari delle persone fisiche qualificate come coltivatori diretti.La qualifica di IAP sussiste in presenza del possesso di conoscenze e competenze professionali adeguate (art.5 Reg. CEE n.1257/1999), dell’esercizio delle attività proprie dell’imprenditore agricolo- definite dall’art. 2135 del C.C. – direttamente o come socio di società per almeno il 50% del proprio tempo complessivo, il reddito globale di lavoro deve provenire per almeno il 50% dalle attività agricole, escludendo da tale calcolo i redditi assimilati a lavoro dipendente. Anche gli enti di tipo associativo possono essere considerati Imprenditore agricolo professionale se il loro statuto prevede quale oggetto sociale l’esercizio delle attività prestate dall’imprenditore agricolo in modo esclusivo. Tali enti devono, inoltre, essere in possesso dei seguenti requisiti:

- società di persone: almeno un socio persona fisica (o i soci accomandatari, in caso di società in accomandita semplice) deve essere qualificato IAP

- società cooperative: almeno un quinto dei soci deve possedere la qualifica di IAP- società di capitali: almeno un amministratore deve possedere la qualifica di IAP

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Sono, invece, esclusi dall’esercizio dell’attività agrituristica, a meno che non siano stati riabilitati:

- coloro che hanno riportato nell’ultimo triennio, con sentenza passata in giudicato, condanna per uno dei delitti previsti dagli artt. 442, 444, 513, 515 e 516 del codice penale, o per uno dei delitti in materia di igiene e di sanità o di frode nella preparazione degli alimenti previsti da leggi speciali

- chi è sottoposto a misure di prevenzione ai sensi della L.27 dicembre 1956, n.1423, e successive modificazioni, o è stato dichiarato delinquente abituale.

Requisiti oggettivi

La legge n. 96/2006 ha demandato l’individuazione di criteri, limiti e obblighi amministrativi per lo svolgimento dell’attività agrituristica alle amministrazioni regionali.Esse stabiliscono i criteri per la valutazione del rapporto di connessione delle attività agrituristiche rispetto alle attività agricole, che devono però rimanere prevalenti, con particolare riferimento al tempo di lavoro necessario all’esercizio delle stesse attività.In sostanza anche agli effetti della nuova legge quadro sull’agriturismo possono essere ritenute ancora valide le argomentazioni enunciate dal ministero dell’agricoltura e foreste con circolare n.10 del 27 giugno 1986, sotto il vigore della previgente normativa (L. n.730/85), secondo la quale l’attività agrituristica deve comunque avere un preciso ruolo di connessione con un’azienda agricola in esercizio, che consenta la traduzione pratica del principio di complementarietà rispetto all’attività agricola tradizionale, la quale deve restare comunque prioritaria.Il rapporto di connessione e di prevalenza acquisisce caratteristiche diverse a seconda del tipo di attività svolta dall’azienda agrituristica.Ad esempio, in materia di somministrazione di pasti e bevande è necessaria la prevalenza dei prodotti propri e di prodotti di aziende agricole della zona, ivi compresi i prodotti a carattere alcoolico e superalcoolico, con preferenza per i prodotti tipici e caratterizzati dai marchi DOP, IGP, IGT, DOC e DOCG o compresi nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali ( secondo le modalità indicate nell’art. 4, comma 4: quota significativa di prodotto proprio e quota di aziende agricole della zona, cioè collocate in ambito regionale o in zone omogenee contigue di regione limitrofe, che devono essere prevalenti – la parte rimanente deve prevalentemente provenire da artigiani alimentari della zona e comunque riferirsi a produzioni agricole regionali o di zone omogenee contigue di regioni limitrofe. In caso di obiettiva indisponibilità di alcuni prodotti in ambito regionale o in zona limitrofa omogenea e di loro effettiva necessità ai fini del completamento dell’offerta enogastronomica, è definita una quota limitata di prodotti di altra provenienza, in grado di soddisfare le caratteristiche di qualità e tipicità. Qualora per cause di forza maggiore, non sia possibile rispettare tali limiti deve essere data comunicazione al comune in cui ha sede l’impresa, e il comune, verificando il fatto, autorizza temporaneamente l’esercizio dell’attività.). Poiché l’art. 4, c.4 è stato considerato costituzionalmente illegittimo, al momento restano applicabili le norme della Legge regionale n.38/95 (pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti propri – prodotti e lavorati nell’azienda agricola, ricavati da materie prime dell’azienda agricola anche tramite lavorazioni esterne, nonché quelli ricavati da cooperative e consorzi di aziende agricole operanti in ambito locale o regionale di cui l’azienda fa parte), per un massimo di sessanta persone comprese quelle ospitate – limite superabile per le scolaresche in visita all’azienda.

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Per quanto concerne le attività ricreative o culturali , di cui all’art.2, c.3, lett.d), la legge dispone che possano svolgersi autonomamente rispetto all’ospitalità e alla somministrazione di pasti e bevande, solo in quanto realizzino obiettivamente la connessione con le attività e le risorse agricole aziendali, nonché con le altre attività volte alla conoscenza del patrimonio storico, ambientale e culturale.Per completezza si precisa che già nella legislazione previgente, l’art. 3 D.lgs. 18/05/2001 n.228, aveva aggiunto l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di ippoturismo, finalizzate ad una migliore fruizione e conoscenza del territorio, nonché la degustazione dei prodotti dell’azienda agricola, ivi compresa la mescita del vino, ancorchè svolte all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell’impresa.

Le attività ricreative e culturali per le quali tale connessione non si realizza possono svolgersi esclusivamente come servizi integrativi e accessori riservati agli ospiti che soggiornano nell’azienda agricola, e la partecipazione , anche facoltativa a tale attività non può pertanto dare luogo ad autonomo corrispettivo.

L’attività agricola deve rimanere prevalente, con particolare riferimento al tempo di lavoro necessario e non deve mai venire meno il rapporto di complementarietà rispetto all’attività agricola tradizionale.

Aspetti fiscali

PremessaIn sostanza, in caso di esercizio dell’agriturismo, sussistono in capo all’imprenditore due attività: quella agricola di coltivazione dl fondo e vendita ordinaria di prodotti, e quella commerciale (agrituristica) di concessione di ospitalità retribuita e di somministrazione di alimenti ai turisti.La coesistenza delle due attività non impedisce che, al fine del riconoscimento delle diverse qualifiche di imprenditore agricolo, nonché della priorità nell’erogazione dei contributi, e ad ogni altro fine che non sia di carattere fiscale (es. Tarsu, abitazioni rurali etc.), il reddito dell’attività agrituristica è considerato reddito agricolo. Ai fini fiscali l’impresa agrituristica non è compresa tra le attività agricole menzionate nell’art.32, comma 2 del D.P.R. 917/86 ma risulta assoggettata alle norme fiscali che disciplinano il reddito d’impresa (art.55 e seg. TUIR).Naturalmente l’agriturismo deve essere ricondotto in tale ambito in ogni caso,anche nell’ipotesi in cui il contribuente applichi i criteri forfettari di determinazione del reddito e dell’IVA secondo le modalità previste dall’art. 5 L.413/91 che vedremo di seguito.

Imposte sui redditi

Regime forfettario

Il reddito derivante dall’esercizio dell’attività agrituristica, si considera ai fini delle imposte sui redditi quale reddito d’impresa, cioè reddito derivante dall’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una delle attività indicate nell’art.55 D.P.R.917/86.In concreto, l’art. 5 della legge n. 413/91 ha previsto un particolare regime forfettario di determinazione del reddito dell’agriturismo, che consiste nell’applicare al totale dei ricavi derivanti dall’attività agrituristica, al netto dell’IVA, una percentuale di redditività pari al 25%

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del relativo ammontare, senza tener conto dei componenti negativi di reddito registrati ed inerenti all’attività.I ricavi da prendere in considerazione sono solo quelli conseguiti nel periodo d’imposta, così come stabilito dall’art. 109 del TUIR.Il regime forfettario è applicabile ai redditi realizzati da imprenditori individuali, società di persone e assimilate, enti non commerciali che svolgono attività di agriturismo.Restano esclusi con la conseguenza che si applicherà il regime ordinario le società di capitali, le società cooperative, le società di mutua assicurazione, gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali. In ogni caso ai soggetti che esercitano l’attività di agriturismo non sono applicabili i parametri presuntivi di compensi e ricavi né gli studi di settore per la determinazione induttiva del reddito.

Regime ordinario

Il regime forfettario previsto dall’art.5 della legge 413/91, pur essendo il regime naturale per i soggetti a cui è applicabile, non è obbligatorio. Di conseguenza, l’imprenditore agricolo che decide di iniziare l’attività agrituristica può valutare la convenienza di optare per il regime ordinario.L’opzione, regolamentata dal D.P.R. n.442 del 1997, non deve essere necessariamente espressa, ma può desumersi anche dal comportamento assunto dal soggetto che adempie correttamente gli obblighi dall’inizio del periodo d’imposta o dell’attività (cd. comportamento concludente). L’opzione per il regime ordinario deve essere poi comunicata nella prima dichiarazione annuale IVA successiva alla scelta operata. La mancata formalizzazione non rende inefficace la scelta, ma sarà suscettibile di sanzione. L’opzione è vincolante per almeno un triennio, oltre il quale può essere revocata con le stesse modalità.

Regime dei contributiI contributi stanziati dalle regioni nell’ambito del Piano di sviluppo rurale (quello attuale si riferisce al periodo 2007 – 2013 dove l’agriturismo si identifica come misura di diversificazione 311) per favorire la diversificazione dei redditi mediante attività quali appunto l’agriturismo, il turismo verde, le fattorie didattiche e simili vengono nella maggior parte dei casi qualificati dallo stesso ente erogante quali contributi in conto capitale. Ad esempio, in applicazione delle disposizioni del Regolamento CEE 1257 del 17/05/99 e specificatamente in applicazione della misura di diversificazione “P” – finalizzata a sviluppare attività plurime o fonti alternative di reddito- prevista dal piano di sviluppo rurale 2000 – 2006 della Regione Piemonte – sono stati corrisposti contributi in conto capitale per interventi di costruzione e riattamento di strutture per agriturismo ed iniziative ad esso connesse. In tali casi l’ufficio, in sede di controllo ha recuperato a tassazione l’importo corrisposto e non dichiarato con riferimento al periodo d’imposta in cui è stato incassato, quale sopravvenienza attiva ai sensi dell’art. 88, comma 3 TUIR 917/86.In proposito la Corte di giustizia Europea si era espressa nell’ottobre del 2007 dichiarando che tale norma (art.88) non contrasta con la normativa comunitaria in quanto nulla osta ad una disciplina nazionale che includa i contributi, anche versati dai Fondi strutturali comunitari, nella determinazione del reddito imponibile.A tale decisione si è successivamente conformata anche la Corte di cassazione, con sentenza n. 2082 del 30/01/2008, stabilendo che i contributi in conto capitale costituiscono sopravvenienze attive in quanto concorrono a formare il reddito complessivo del percipiente.

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Di recente, la Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate del Lazio, in data 12/02/2008, in risposta ad interpello presentato ai sensi dell’art.11, L.212/2000, ha ritenuto che la qualificazione del contributo erogato nel piano di sviluppo rurale 2000/2006, per consentire la diversificazione del reddito mediante l’esercizio dell’attività di agriturismo, seppure qualificato dalla regione come contributo “in conto capitale” non possa essere fatto rientrare acriticamente nell’ambito del disposto dell’art. 88 TUIR citato. In particolare si ritiene che la definizione dell’”aiuto” da parte del piano di sviluppo rurale 2000/2006 come contributo in conto capitale non sia sufficiente in quanto nel caso di specie, trattandosi di contributo concesso per la ristrutturazione del fabbricato rurale e per l’acquisto di arredi debba essere considerato fiscalmente un contributo “in conto impianti”.In conseguenza se nel primo caso il contributo assume rilevanza fiscale secondo il principio di cassa, nel secondo è sottoposto a un diverso trattamento tributario. In particolare:

- nel caso in cui il costo d’acquisto del bene, cui inerisce il contributo, è contabilizzato al netto dello stesso, il contributo concorre alla formazione del reddito sotto forma di minori quote d’ammortamento deducibili nei periodi d’imposta di durata del processo di ammortamento;

- nel caso in cui, invece, il costo d’acquisto del bene, cui inerisce il contributo, è contabilizzato al lordo dello stesso, il contributo - da computare tra i componenti positivi del conto economico – concorre alla formazione del reddito d’impresa sotto forma di quote di risconto passivo (ricavi sospesi da rinviare agli esercizi successivi) proporzionalmente corrispondenti alle quote di ammortamento dedotte in ciascun esercizio.

Imposta regionale attività produttive

Secondo quanto prevede il D.lgs. 446/1997, presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata, diretta a produrre o scambiare beni o a prestare servizi, indipendentemente dalla sua natura giuridica e fiscale. L’imprenditore agricolo che svolge l’attività agrituristica è soggetto all’applicazione dell’IRAP, come è previsto per i soggetti che esercitano in modo continuativo attività commerciali, professionali o artistiche.Ai fini della determinazione della base imponibile occorre distinguere a seconda che il soggetto che esercita l’attività di agriturismo utilizzi o meno il regime forfettario previsto dall’art. 5 L.413/91.

Regime forfettario

L’imprenditore agrituristico determina la base imponibile sottraendo dall’ammontare dei corrispettivi soggetti a registrazione ai fini IVA questi elementi: gli acquisti inerenti all’attività soggetti alla registrazione ai fini IVA, i contributi per assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro, le spese relative agli apprendisti e ai disabili, le spese per il personale assunto con contratto di formazione lavoro. L’imposta è determinata applicando all’imponibile l’aliquota percentuale prevista a livello regionale. L’imprenditore agricolo che esercita l’attività agrituristica in regime forfettario può comunque optare per la determinazione della base imponibile IRAP secondo i criteri previsti per le imprese commerciali (opzione per il regime ordinario IRAP).

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Regime ordinario

Se l’imprenditore agricolo non si avvale del regime forfettario, determina l’IRAP utilizzando i criteri previsti per le imprese industriali, commerciali e di servizi. Di conseguenza la base imponibile è ottenuta come differenza tra i componenti positivi e negativi di reddito, partendo dallo schema di conto economico previsto dall’art. 2425 del CC, tenendo conto di alcune regole particolari, di deducibilità ed imputazione, stabilite dalla legge per alcune tipologie di costi, o più in generale, di voci del conto economico (es. indeducibilità delle spese per prestazioni di lavoro e degli interessi passivi, irrilevanza delle componenti straordinarie di reddito etc.).

Opzione per il regime ordinario IRAP

L’imprenditore agricolo che esercita l’attività agrituristica in base al regime forfettario può comunque optare per la determinazione della base imponibile IRAP secondo i criteri ordinariamente previsti per le imprese commerciali. L’opzione, regolamentata dall’art. 9 del D.lgs n.446 del 1997, non deve essere necessariamente espressa ma può desumersi anche dal comportamento assunto dal soggetto che adempie correttamente i relativi obblighi dall’inizio del periodo d’imposta o dell’attività.L’opzione per il regime ordinario deve poi essere comunicata nella prima dichiarazione annuale IRAP successiva alla scelta operata. L’opzione, valida ai soli fini IRAP, è valida fino a revoca con un periodo minimo di quattro anni, comporta l’osservanza degli obblighi di cui all’art.18 DPR 600/73, integrando le scritture contabili previste ai fini IVA con gli elementi utili a fini reddituali.

Imposta sul valore aggiunto

Anche ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, l’art.5 della L. n.413 del 1991 prevede un particolare regime forfettario di determinazione dell’imposta: i soggetti esercenti attività d’agriturismo determinano l’IVA riducendo del 50% l’imposta relativa alle operazioni imponibili, a titolo di detrazione forfettaria dell’imposta relativa agli acquisti ed alle importazioni.

Agli effetti dell’IVA, a differenza di quanto avviene ai fini delle imposte sui redditi, il regime forfettario si applica a tutti i soggetti che esercitano l’attività agrituristica, ivi comprese le società di capitali, le società cooperative e gli enti commerciali.Anche ai fini IVA, come per le imposte sui redditi, il regime forfettario non è obbligatorio: l’imprenditore agricolo che decide di iniziare l’attività agrituristica può valutare la convenienza di optare per il regime ordinario. Se ad esempio l’imprenditore agricolo si trova ad iniziare una nuova attività agrituristica sostenendo ingenti spese di approntamento dei locali (esclusi interventi di ristrutturazione sui fabbricati destinati ad abitazione), degli arredi ecc. può avere interesse a detrarre l’IVA sugli acquisti in maniera ordinaria, poiché l’importo relativo è verosimilmente superiore a quello corrispondente al 50% dell’IVA sulle operazioni imponibili effettuate.L’opzione, così come avviene in tema di imposte sui redditi, può desumersi anche dal comportamento concludente e deve essere comunicata nella prima dichiarazione annuale IVA successiva alla scelta operata. La mancata formalizzazione non rende inefficace la scelta, ma è suscettibile di sanzione. L’opzione è vincolante per almeno un triennio, oltre il quale può essere revocata con le medesime modalità.

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L’esercizio dell’attività agrituristica non rientra nel regime speciale IVA previsto dall’art.34 del DPR 633/72 per i produttori agricoli. Perciò, in caso di esercizio congiunto dell’attività agricola (con applicazione del regime speciale di cui all’art.34) e dell’attività in regime forfettario, l’imprenditore agricolo è obbligato a tenere la contabilità separata ai sensi dell’art.36, comma 4, del DPR n.633/72. Ciò comporta che il passaggio dei beni dall’attività agricola a quella agrituristica (cd. passaggi interni) venga fatturato separatamente e registrato in registri separati; che le liquidazioni periodiche IVA siano separate; che le due attività vengano inserite in distinti quadri della dichiarazione annuale IVA.

L’unico caso in cui non sussiste l’obbligo di tenere la contabilità separata è quando l’imprenditore agricolo sceglie l’applicazione dell’imposta nei modi ordinari per entrambe le attività (agricoltura e agriturismo).

Certificazione dei corrispettivi

Per quanto concerne i passaggi interni di beni tra attività agricola e agrituristica si applicano le disposizioni previste, per l’esercizio di più attività, dallo stesso art. 36, comma 5, del DPR n.633/72 (tali passaggi interni tra attività separate non concorrono alla determinazione del volume d’affari IVA ai sensi dell’art.20 del DPR n. 633/72, ma sussiste l’obbligo di emettere fattura soggetta ad imposta con riferimento al valore normale dei beni trasferiti).

Riguardo, poi, al trattamento tributario – ai fini IVA – applicabile alle prestazioni di pernottamento e alloggio rese da aziende agrituristiche, si rileva che l’art. 48 della L. n.342 del 21/11/2000, con la modifica apportata al n.120) della Tabella A, parte III ha stabilito l’applicazione dell’aliquota IVA del 10% alle “prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle strutture ricettive di cui all’art.6 della legge 17 maggio 1983 n.217 (legge quadro per il turismo ora abrogata e sostituita da DPCM 13 settembre 2002) e successive modificazioni …”, mentre in precedenza l’aliquota ridotta era fruibile esclusivamente per le “prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle aziende alberghiere e nei parchi campeggio”.In ogni caso sia la precedente normativa (per la precisazione della risoluzione n.88/2002 dell’Agenzia delle Entrate che equipara le prestazioni rese dalle strutture alberghiere alle prestazioni di alloggio rese dalle aziende agrituristiche) che quella introdotta dall’art. 48 L. n.342/2000 hanno reso applicabile agli “alloggi agrituristici” l’aliquota agevolata del 10%.

Per concludere le certificazioni delle prestazioni dell’attività agrituristica devono avvenire, in ogni caso, alternativamente, mediante rilascio di ricevuto o scontrino fiscale ai sensi del DPR 696/96.

Fabbricati destinati all’attività agrituristica

La legge n. 96 del 2006, oltre a disporre che per lo svolgimento dell’attività di agriturismo possono essere utilizzati gli edifici o parte degli stessi già esistenti nel fondo (art.3 comma1) ha confermato la ruralità dei fabbricati adibiti ad uso agrituristico, nel senso che i relativi locali sono assimilabili ad ogni effetto alle abitazioni rurali (art.3, comma 3). Ciò comporta, ai fini delle imposte sui redditi, che tali fabbricati non producano reddito proprio (art.42 del TUIR) e sia

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invece tassato il reddito fondiario del terreno sul quale si trovano i fabbricati (reddito agrario e reddito dominicale).Il legislatore demanda poi alle regioni la disciplina per gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso dell’imprenditore agricolo ed al fine dell’esercizio delle attività agrituristiche, fermo restando comunque il rispetto delle specifiche caratteristiche architettoniche e paesaggistiche(art.3, comma 2).Per quanto riguarda le questioni igienico sanitarie, l’art.5 L.96/2006 dispone che i requisiti degli immobili da utilizzare per l’attività agrituristica sono stabiliti dalle regioni, che terranno conto delle particolari caratteristiche architettoniche e di ruralità degli edifici, specie con riguardo all’altezza e al volume rispetto a luci e aperture.Infine la conformità alle norme vigenti in materia di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche dovrà essere assicurata con opere provvisionali.

Ai fini dell’IVA si richiama il n.21 bis della Tabella A Parte II , allegata al D.P.R. n.633/72, il quale prevede l’aliquota agevolata del 4% per le cessioni, effettuate dalle imprese costruttrici, delle costruzioni rurali destinate ad uso abitativo del proprietario del terreno o di altri addetti alle coltivazioni dello stesso, all’allevamento del bestiame e alle attività connesse, ancorché trattasi di costruzioni non ultimate, purché permanga l’originaria destinazione e sempre che ricorrano le condizioni di cui all’art.9, c.3 lett. c) (esclude le cat. A/1 A/8) ed e) (riferito a terreno non inferiore a 10.000 mq, censito a catasto terreni con attribuzione di reddito agrario) D.L. n.557/93, convertito in legge n.133 del 1994 e successive modificazioni (DPR n.139/98 e D.L. n.262/2006, convertito in L.286/2006 e modificato dalla L.296 del2006).

L’aliquota sarà invece del 20% se la cessione avviene da impresa non costruttrice o se concerne un fabbricato rurale non abitativo.

Il successivo n. 39 della tabella A, riferendosi alle prestazioni di servizi relative a contratti di appalto per la realizzazione delle costruzioni di cui al n. 21 bis), riconosce la stessa agevolazione (aliquota del 4%) purché ricorrano i requisiti richiesti dall’art. 9 D.L. 557/93 sopra citato.

Il n.24) della Tabella A) parte II prevede l’aliquota agevolata del 4 per cento anche per la cessione di beni, escluse le materie prime e i semilavorati, forniti per la costruzione dei fabbricati di cui allo stesso n.21), il beneficio si applica anche nel caso in cui i lavori siano eseguiti in economia.In sostanza l’agevolazione è concessa solo se si tratta di prodotti cosiddetti “finiti”.

Si applica l’aliquota ordinaria al 20% negli altri casi.

Ai fini di quanto esposto, per costruzioni rurali, si devono intendere, già secondo la risoluzione del 3/4/1976: i locali destinati all’abitazione del lavoratore o della famiglia, ma anche i locali adibiti a stalle o depositi per la custodia delle macchine, degli attrezzi, delle scorte per la coltivazione nonché alla conservazione dei prodotti agricoli. Nello stesso senso si è espressa l’amministrazione finanziaria nel 1998, in materia di accatastamento dei fabbricati rurali dove il comma 3 bis dell’art.2 del DPR 23/3/1998 n.139 (norme per la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali) stabilisce che “… deve, altresì, riconoscersi carattere rurale alle costruzioni strumentali all’attività agricola destinate alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli, alla custodia delle macchine, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione, nonché ai fabbricati destinati all’agriturismo”.

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Nello stesso senso, ma in maniera più dettagliata, si è espressa l’agenzia delle Entrate con risoluzione n.111 del 22/05/2007 e l’Agenzia del Territorio con una completa disamina dei requisiti necessari per il riconoscimento della ruralità dei fabbricati con circolare n.7 del 15/06/2007.

Con riferimento alla disciplina degli interventi per il recupero del patrimonio esistente ad uso dell’imprenditore agricolo (naturalmente ai fini delle attività agrituristiche, nel rispetto delle specifiche caratteristiche tipologiche e architettoniche, nelle rispetto delle specifiche caratteristiche paesaggistico ambientali di cui all’art. 3, comma 2 L. 96/2006), si rivela che il n.127 quaterdecies) della tabella A, parte III, prevede l’applicazione dell’aliquota IVA del 10 per cento per le prestazioni di servizi relative ai lavori di restauro e ristrutturazione edilizia, ritenendosi che la stessa misura dell’aliquota possa essere applicata anche agli interventi di recupero previsti dall’art. 31, comma 1, lettere b), c), d) ed e) della L.457/78, concernenti le costruzioni rurali di cui all’art.42 del TUIR (al termine del consiglio dei ministri Ecofin del 10/03/09 l’Italia ha ottenuto che l’IVA agevolata al 10% sulle ristrutturazioni edilizie diventi permanente).Un particolare problema era sorto circa l’applicabilità alle costruzioni rurali esistenti dell’aliquota del 4% prevista dall’art.59 L. n.457/78 con riferimento alle attività di cui all’art.31 L.cit. effettuate nei confronti di immobili urbani in stato di degrado. La locuzione del titolo IV della suddetta legge che parla di “Norme generali per il recupero del patrimonio urbanistico esistente” , riferendosi a tutto il patrimonio edilizio in genere, non esclude le costruzioni rurali.Con la circolare n. 40 del 9/6/90 il Ministero delle finanze, in linea con la dottrina che era andata consolidandosi, ha sostenuto espressamente che l’aliquota agevolata del 4% poteva applicarsi anche alle costruzioni rurali, come definite dall’art. 39, ora 42 del TUIR purché le manutenzioni siano state correttamente autorizzate dal comune e si riferiscano ad immobili in stato di degrado.

L’IVA relativa ai costi sostenuti per gli interventi di recupero (restauro, risanamento e ristrutturazione, manutenzione ordinaria e straordinaria) sui fabbricati utilizzati nell’ambito dell’impresa agrituristica è detraibile soltanto se si tratta di immobili ad uso non abitativo e se l’impresa ha optato per il regime ordinario.

Con una recente risoluzione del 16 corrente mese, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata sui lavori per la realizzazione di una piscina, ad uso dei clienti, all’interno della propria struttura.In tal caso l’impresa agrituristica può detrarre l’IVA se ha optato per il regime ordinario, se la piscina è utilizzata come bene strumentale e se possiede le caratteristiche tecniche previste dalla legge regionale (Umbria) e, alle stesse condizioni, può dedurre i costi ai fini II.DD.

- se la piscina è costruita su terreno di proprietà mediante la deduzione delle quote di ammortamento;

- se la piscina è costruita su terreno di terzi, le spese sono da inquadrare tra le “altre immobilizzazioni immateriali” rientrando tra gli oneri pluriennali disciplinati dall’art.108, comma 3 del Tuir.

Tenuta della contabilità

L’imprenditore agricolo che esercita l’attività di agriturismo avvalendosi del regime forfettario previsto dall’art.5 della L.413/91 ottiene il vantaggio di semplificare la tenuta della contabilità.Infatti, ai sensi dell’art.18 ter del DPR n.600 del 1973, è obbligato a tenere unicamente i seguenti registri previsti ai fini IVA:

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- registro dei corrispettivi (art.24 del DPR 633/72) , in cui devono essere riportati gli incassi giornalieri riferiti all’attività agrituristica

- registro degli acquisti 8art.25 DPR 633/72), in cui devono essere riportate, in data anteriore alla liquidazione periodica o alla dichiarazione annuale, nella quale viene esercitato il diritto alla detrazione, le fatture e le bollette doganali relative ai beni e servizi acquistati nell’esercizio dell’attività agrituristica. In questo registro devono essere annotati anche i passaggi interni di beni dall’attività agricola a quella agrituristica.

Se l’imprenditore agricolo sceglie il regime ordinario, deve tenere i registri normalmente previsti per i soggetti imprenditori che esercitano attività commerciale.

Dichiarazioni fiscali

Dichiarazione d’inizio attività

Chi intraprende l’esercizio di un’impresa, di un’arte o di una professione nel territorio dello stato deve darne comunicazione all’ufficio locale dell’ Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dall’inizio dell’attività.A tale obbliga è tenuto anche l’imprenditore agricolo che inizia l’attività agrituristica, utilizzando i modelli AA9/7 (persone fisiche) e AA7/7 (soggetti diversi dalle persone fisiche) che devono essere presentati direttamente presso l’ufficio o trasmessi per via telematica.

Imposte sui redditi

Occorre distinguere a seconda che il soggetto sia una persona fisica o un soggetto diverso.

Persona fisica

Il reddito derivante dall’attività di agriturismo deve essere dichiarato utilizzando il quadro RD del modello Unico persone fisiche in caso di persona fisica che determina il reddito in modo forfettario. Se viene scelta la determinazione del reddito imponibile in modo analitico, attraverso l’adozione del regime semplificato o del regime ordinario, devono essere utilizzati rispettivamente il quadro RG o RF.

Soggetto diverso da persona fisica

Se il soggetto che esercita l’attività di agriturismo non è una persona fisica, dichiara il reddito realizzato nel quadro RG in caso di contabilità semplificata ed il quadro RF in caso di contabilità ordinaria. Se si tratta di società di persone e assimilate ed enti non commerciali, che determinano il reddito secondo il criterio forfettario, devono barrare la casella “attività di agriturismo”.In ogni caso, le società semplici che esercitano attività agrituristica utilizzando il regime forfettario, determinano il reddito compilando il quadro RD, sez. III del modello Unico società di persone.

IVA

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Per illustrare le modalità di compilazione della dichiarazione IVA occorre distinguere se l’impresa agrituristica abbia o meno stabilito di determinare forfettariamente l’IVA.

IVA determinata forfettariamente

Il soggetto non deve effettuare alcuna opzione e deve compilare il quadro VG, sezione 4, rigo VG 40 del Modello IVA 2009.L’importo dell’IVA ammessa in detrazione, da inserire nel rigo VG40, è determinato applicando la percentuale del 50% all’imposta relativa alle operazioni imponibili indicata nel quadro VE, rigo VE41.

IVA determinata non forfettariamente

Se l’impresa agrituristica ha stabilito di determinare l’IVA secondo le regole ordinarie, la stessa deve esercitare l’opzione compilando il rigo VO32, casella 1, del modello IVA 2009.L’opzione è vincolante per un triennio ed è valida fino a revoca. La casella 2 del rigo VO32 deve essere4 compilata per comunicare l’eventuale revoca dell’opzione effettuata in anni precedenti. La determinazione dell’IVA dovuta segue in tal caso le regole ordinarie.

IRAP

Per illustrare le modalità di compilazione della dichiarazione IRAP occorre distinguere se l’impresa agrituristica utilizzi o meno il regime forfettario previsto dall’art.5 L.413/91.

Regime forfettario

L’imprenditore agrituristico deve utilizzare la sezione III del quadro IQ. I soggetti che esercitano congiuntamente l’attività agricola e di agriturismo per la quale si avvalgono del regime forfettario, possono compilare la sezione III del quadro IQ cumulando i dati delle due attività. Tuttavia trattandosi di attività che generano presupposti impositivi autonomi, non è possibile effettuare eventuali compensazioni tra risultati positivi e negativi. In questo caso è necessario compilare due quadri IQ.

Regime ordinario

L’imprenditore agrituristico in questo caso deve utilizzare la sezione I del quadro IQ.Questa sezione deve essere utilizzata anche dall’imprenditore agricolo che esercita l’attività agrituristica decidendo di optare per la determinazione della base imponibile IRAP secondo i criteri ordinariamente previsti per le imprese commerciali. In quest’ultimo caso va barrata l’apposita casella “Produttori agricoli opzione”. Nel caso invece si voglia revocare l’opzione deve essere barrata la casella “Produttori agricoli revoca” e compilata la sezione III.

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Riferimenti normativi, giurisprudenziali e di prassi:

- Codice Civile, artt.230 – bis, 2135, 2445;- Codice Penale, artt. 442,444, 513, 515, 517;- D.P.R. 22 ottobre 1972, N.633;- D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600;- D.P.R. 22 dicembre 1986, n.917, artt. 32, 42(costruzioni rurali), 55, 56, 56 bis, 71- D.lgs. 15 dicembre 1997, n.446;- L. 31 dicembre 1991, n.413, art.5;- L. 5 dicembre 1985, n. 730;- Risoluzione Agenzia Entrate n. 65 del 16/03/09;- Circolare n. 10 del 27/06/1986 (le cui argomentazioni sono ancora valide nell’ambito della

nuova legge quadro);- L. regionale/ Piemonte 23 marzo 1995, n. 38- Regolamento (CE) n. 1257/1999- P.S.R. (Piano di sviluppo Rurale) 2000 – 2006 – Regione Piemonte – ai sensi del

Regolamento (CE) 1257/1999;- L. 27/03/2001 n.122 (inserimento tra le attività agrituristiche di alcune attività ricreative,

culturali e didattiche).- D.lgs. 18/05/2001 n.228 (modifica l’art. 2.135 C.C. (nuova definizione di imprenditore

agricolo) – circolare 44 del 15/11/04;- Regolamento (CE) n. 1698/2005- L. 20 febbraio 2006, n.96 - legge quadro-- Sentenza Corte Costituzionale 8/10/2007- P.S.R. (Piano di sviluppo Rurale) 2007 – 2013 – Regione Piemonte – ai sensi del

Regolamento (CE) 1698/2005.- Fabbricati rurali:- D.L. n.557/93, art.9 convertito in L. n.133/94- D.P.R. 23/03/1998 n.139 art.2- D.L. n.262/2006 convertito in L. n. 286/2006 e modificato dalla L. n.296/2006;- Risoluzione Agenzia Entrate n. 111 del 22/05/2007;- Circolare n. 7 del 15/06/2007 Agenzia del Territorio;

Acquisti: normativa IVA D.P.R. 633/72

n.21 bis tabella A parte II – aliquota 4% (acquisto da impresa costruttrice per uso abitativon.24 tabella A parte II – aliquota 4% (acquisto beni per costruzioni, anche in economia, fabbricati rurali di cui al 21 bis) n.39 tabella A parte II – aliquota 4% (appalti per costruire fabbricati rurali di cui al 21 bis)

Corrispettivi : normativa IVA D.P.R. n.696/1999 obbligo di rilascio di ricevuta o scontrino)n. 120 Tabella A parte III aliquota 10%art. 6 L. 17/05/1983 n. 217 (legge quadro per il turismo) aliquota da applicare alle strutture.La L.342/2000 modifica il n. 120 della tabella A parte III ma l’aliquota da applicare resta del 10%Risoluzione n.88/E del 15/03/2002

Interventi di recupero: normativa IVA D.P.R. 633/72

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n. 127 quaterdecies tabella A parte III – aliquota 10% per servizi relativi a lavori di restauro e ristrutturazione edilizia, compresi gli interventi di recupero previsti dall’art. 31, c.1 lett. b), c), d) ed e) e art. 59 L. 5/08/1978 n.457 concernenti costruzioni rurali di cui all’art. 42 T.U.I.R.Circolare n. 4 del 4/06/1990.

Documentazione contabileArt. 18 ter D.P.R. 600/73

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