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Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa nº. 2 del 2012 direttore Ugo Canonici Comunicazione La forza della marca Il potere della conoscenza Networking Un’idea per i Direttori d’albergo DM & Comunicazione Organo d’informazione del Club C3 Commercio al dettaglio Marketing d mc & Poste Italiane S.p.A. Sped in a.p. - d.l. 353/2003 conv. l. 46/2004. art1.c.1 - LO/MI - Mensile - 5 Euro Per vendere con fantasia

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Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

nº. 2 del 2012

direttore Ugo Canonici

Comunicazione

La forza della marca

Il potere della conoscenza

Networking

Un’idea per i Direttori

d’albergo

DM & ComunicazioneOrgano d’informazionedel Club C3

Commercio al dettaglio

Marketing

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STRATEGIAMarketing

&Comunicazione

CREATIVITA’Grafica - WebPresentazioni Audiovisivi

EVENTI E MEETINGInOutMotivazione

FORMAZIONEFormazione finanziata

GESTIONE FORNITORIGESTIONE AMMINISTRATIVA

CLUB AZIENDALI

UFFICIO STAMPANewsletter

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CLEIS è una Società di Comunicazione d’impresa specializzata nell’organizzazione di Eventi aziendali.

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per i sistemi di gestione della qualità nella progettazione ed erogazione di servizi di comunicazione d’impresa

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Cleis

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Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresadmc&

Le uscite di dm&c

•n.1 febbraio •n.2 aprile •n.3/4 luglio •n.5 ottobre •n.6 dicembre

www.dmconl ine . i tdm&c è anche in tempo rea le

DMil Direct marketing è una strategia di marketing che utilizza la comunicazione per rivolgersi, con strumenti interattivi, a un pubblico mirato onde ottenere risposte misurabili

Marketing tutte la attività che vengono svolte da un’azienda per giungere alla vendita dei prodotti/servizi offerti (dalla ricerca alle indagini di mercato, dal lancio del prodotto alla post-vendita)

Comunicazione D’impresa un processo che utilizza in modo integrato gli strumenti della comunicazione per far conoscere efficaciemente al mercato l’offerta e determinante il posizionamente

I lettori di dm&c da un’indagine del Dicembre 2011

A QUALI AZIENDE APPARTENGONO QUALE FUNZIONE HANNO IN AZIENDA

Utenti di comunicazione 67,2% Titolari, presidenti, 18,5%amministratori

Direzione pubblicità, 28,2%responsabile Rel. Est.

Agenzie di comunicazione 22,4% e meeting planners

Concessionari, editori 2,7%

Commerciali, marketing 48,9%

Associazioni professionali, 6,3%Pubblica Amministrazione

Varie 1,4%

Media 1,5%

Creativi - direttori 1,8%

Varie Aziendali 1,1%

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EDITORIALE

7 Calma ragazzi! di Ugo Canonici

MARKETING

13 I segreti per vincere di Paolo Carnevale Baraglia - Sabrina Bellodi16 La forza della marca di Antonio Ferrandina19 Protagonista: il team di Barbara Coralli27 Sviluppo personale di Ugo Perugini30 Impegno nel sociale di Axel Lo Guzzo34 Il potere della conoscenza di Salvador Cañones38 Tutto sotto controller di Pietro Arpa42 Privacy di Marco maglio

PENSIERO LIBERO

54 Ragionando su Twitter di Alessandro Lucchini

LA NOTA

8 Una cena social con networking casuale di Guido Montacchini

COMUNICAZIONE CON I CANi

40 Un gesto di affetto? di Davide Canonici

COMUNICAZIONE

10 2012 l’era delle TV connesse di Grazia De Benedetti22 GPS, per vendere con fantasia di Domenico Matarazzo24 La “PC Plus era” di Carlo Cremona32 Stili e strategie di Manuele De Conti

RUBRICHE

44 Fatti & Persone46 Informalibri48 Comunicazione Sociale50 Comunicazione & Benessere52 Club dell’Osso

SommarioAnno 25 - no 2 del 2012

16

50I partner di questo numero:

12

40

pag. 2pag. 55pag. 41

pag. 56

pag. 37

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dmc&Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

Amico lettore, dm&c viene realizzato sia su supporto cartaceo sia su supporto digitale. Se desideri ricevere la Rivista, gratuitamente,

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Va bene che oggi tutto è più veloce. Anzi velocissimo. Va bene che non si può perdere tempo né perdere il passo. Ma c’è un limite.

Penso alla comunicazione. La prima e più semplice interpretazione della parola “comunicazione” è: mettere in comune. Cioè riuscire a far passare quello che ho in testa io nella testa del’interlocutore.Perché questo succeda bisogna utilizzare alcuni “strumenti”. Ebbene è proprio sull’uso che si fa oggi di questi strumenti che ho qualcosa da dire.Le mail. Sono apparse la panacea della comunicazione scritta. Veloci. Utiliz-zate da tutti. Strautilizzate. Risultato? Sembra che nel mare magnum abbiano perso il potere di comunicare. Navigando negli spam anche quelle poche che ti potrebbero interessare rischiano di essere lette velocemente e superficialmente.Si cerca di capire dall’oggetto, si dà una scorsa, ma non c’è tempo. Si cancella o si archivia per dopo. Perché sembra che il rispondere, anche un semplice “no, grazie” sia un imperdonabile rallentamento nella corsa quotidiana.Forse si capisce perché il periodo aureo delle mail venga considerato in discesa. I ragazzi, per esempio, sono già passati agli sms …Le telefonate. Anche qui un eccesso di possibilità d’uso sta portando alla crisi. Col cellulare sei sempre “connesso”. Le telefonate ti raggiungono nel corso di tutta la giornata,in ogni luogo e rischiano di farti perdere il ritmo. E allora: squillo del telefono, brevi convenevoli, motivo della chiamata in 35 secondi netti. Poi la fretta e anche l’incapacità di ascoltare e la smania irrefrenabile di contraddire fanno diventare la conversazione solo l’insieme di due monologhi. Molto spesso ti rendi conto che dall’uno all’altro non “passa” niente. Non c’è tempo per ricapitolare, per esporre meglio, per “mettere in comune”.Gli incontri di persona. Sempre più spesso le conversazioni vengono gestite da una sorta di “pilota automatico” che risponde alla necessità di riempire dei silenzi (avete presente quei tragici secondi in ascensore?). Alcuni esempi.Ti fanno una domanda, ti accingi a rispondere, ma dopo qualche secondo la conversazione va avanti. Forse non è così importante conoscere la risposta. Ti fanno una domanda, tu rispondi. Passano alcuni minuti e ti rifanno la stessa domanda. Tu, temendo di non esserti spiegato, ti impegni di più. Ma passa ancora qualche tempo e ritorna la stessa domanda. Ti prego, fai lo sforzo di ascoltarmi…Terzo esempio. Stai raccontando una cosa. Vieni interrotto per qualche motivo, e alla fine della pausa nessuno ti chiede di proseguire nel tuo racconto per sape-re come va a finire. Non c’è tempo.Grosso modo queste cose raccontate sono veramente successe a me. Spero di non essere il solo perché se no mi devo porre qualche domanda.Comunque, va bene che oggi tutto deve essere più veloce, ma calma ragazzi! no12 - 2012 - dm&c 7

Calma ragazzi !Ugo Canonici

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Editoriale

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Mi è capitato di essere fuori casa per lavoro, in una città poco familiare e di cenare da solo nel ristorante di una catena alberghiera internazionale. Il ricordo di quella cena mi rievoca una certa sensazione di apatia.A Claudio, l’amico di un amico mio, è andata invece diversamente … Era a Parma per lavoro; rientrato in albergo, la sera, alla reception si è sentito proporre: “ se questa sera non ha altri impegni per cena, allo-ra le suggeriamo di fermarsi presso il nostro ristorante. Abbiamo organizzato una cena sul tema ‘la gastronomia parmigiana e il suo influsso sulla pittura’ aperta agli ospiti dell’albergo; questo è il menù, prevede tutte specialità locali; il prez-zo è 25€Euro inclusa la degustazione dei vini indicati; il tema e la cena sarà introdotto da un noto pittore parmigiano contemporaneo, il Sig. Bergonzoni. Avrà inizio con un breve aperitivo alle 20.00 presso la sala Verde al pri-mo piano. E’ necessaria la registra-zione. Posso confermare il suo nomi-nativo?”.Claudio, un po’ sorpreso per l’insoli-ta proposta, accetta con un minimo

di scetticismo; l’alternativa del resto è cenare da solo, magari leggendo le e-mail arretrate sul Blackberry.Claudio, marchigiano di origine, vive e lavora a Milano ormai da anni, sposato, padre di un bimbo di 10 anni; lavora per un’azienda che progetta ed installa insegne lumino-se; si trovava a Parma per verificare l’installazione dell’insegna di una ca-tena locale di negozi. Salito in camera per una rapida rin-frescata, è sceso puntuale.

Inizia la serata

Lo ha accolto una signorina che lo ha indirizzato al buffet dell’aperitivo intorno al quale iniziava a comporsi il gruppo dei commensali. Un inizio molto informale, un rapi-do giro di presentazioni reciproche. Si sono ritrovati in 10 persone, tutti di passaggio per lavoro, di età com-prese tra i 35 e 55 anni, uomini in prevalenza, ma anche signore. L’ambiente è stato subito accoglien-te, cordiale; con naturalezza il grup-po si è seduto a tavola ed ha avuto inizio la cena. Il pittore ha introdotto il tema della

-

Guido Montacchini

Come, con un po’ di fantasia e molto spirito di os-servazione, si può trasformare un momento di no-iosa apatia in una occasione di interessanti incontri

Una buona idea per i direttori d’albergo

Una cena social con networking casuale

La Nota

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serata, mentre l’alternarsi dei piatti seguiva con ritmo calmo. L’esposizione lasciava comun-que spazio a domande, inter-venti, commenti e battute, facendo trasparire le singole personalità intorno al tavolo. Claudio, casualmente si è tro-vato di fronte ad Eugenio.Terminata la piacevolissima cena, alcuni si sono scambiati i biglietti da visita, altri il numero di telefono, altri hanno mugugnato una specie di saluto e sono spariti nelle loro camere.

Quattro chiacchiere

Claudio ed Eugenio sono poi usciti dall’albergo per una boc-cata d’aria. Hanno iniziato a commentare la serata e, chiacchie-rando, a conoscersi meglio.Eugenio, web designer, lavora da casa sulle montagne intorno a Rovereto; molto più giovane di Claudio; carat-tere un po’ chiuso, di montagna, ma molto brillante e creativo; si trovava anche lui a Parma per raccogliere il brief di un nuovo Cliente, un’azien-da della zona che vuole “svecchiare” il proprio sito internet.Da quella sera è nata un’insolita ami-cizia. E’ capitato che Eugenio propo-nesse rivoluzionarie soluzioni grafi-che per alcuni progetti che Claudio stava seguendo e Claudio ha segnala-to Eugenio ad alcuni Clienti che era-no alle prese con il nuovo sito web.E’ stato un incontro tra realtà appa-rentemente lontane, settori distinti, persone diverse accomunate solo dal fatto che si trovavano casualmente nello stesso giorno, nella stessa città per motivi di lavoro e si sono ritrova-ti a partecipare ad una cena “social”.

Una storia vera?

Non è una storia vera, Claudio non lo conosco.Ce ne sono tanti però di Claudio e di Eugenio, in giro per lavoro.

Si incrociano nella hall degli alber-ghi senza nemmeno scambiarsi un saluto. I ristoranti degli alberghi business, anche se estremamente curati nel design, lasciano a volte quel senso di freddezza legato al ricordo di un rapido passaggio.

Una buona ricetta

La ricetta è abbastanza semplice (e di lontana tradizione): un ristoran-te, un relatore/facilitatore, un tema, un minimo di coordinamento per promuovere l’iniziativa e raccogliere le adesioni, un po’ di persone in tra-sferta; mescolare bene e servire. I ristoranti (e gli alberghi) fidelizza-no ed attraggono i clienti offrendo un servizio originale; i clienti che, anche se non sempre concluderan-no l’affare della propria vita grazie a questa occasione, potrebbero tra-scorrere una piacevole cena in com-pagnia e trasformare una noiosa cena in albergo in un piacevole momento sociale, scoprendo anche qualcosa di nuovo, magari in riferimento alla cit-tà dove quasi per caso si son trovati a trascorrere una serata. Per leggere le e-mail c’è ancora tutta la nottata a disposizione. no2 - 2012 - dm&c 9

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Sempre più Smart TV. Anzi, l’evo-luzione è così rapida che i televiso-ri, in grado di connettersi al web e pescare contenuti multimediali, ora si chiamano Connected Tv. Diverse, infatti, le tecnologie: dentro all’ap-parecchio, con un chip e un sistema operativo (Internet Tv), con decoder appositi (Over the Top Tv) o altri de-vice (5 milioni di console, 300mila blue-ray), destinati ad altri scopi.A fine 2011 nelle case degli Italiani oltre 1 milione100mila Smart TV, con la loro importanza aumenta in parallelo il tasso di effettiva connes-sione, dal 10% del 2010 al 30%. A questi Internet TV vanno aggiunti 80mila decoder, destinati a diffon-dersi, secondo una recente indagine del Politecnico di Milano, perché il costo inferiore ne favorisce l’acqui-sto, permettendo agli utenti di resta-re aggiornati. Sebbene nel 2011 l’Information & Communication Tecnology, Ict, si sia ridotto del 3,6% rispetto al 2010, il calo non riguarda tutti i settori.

Dal rapporto Assinform emerge lo slittamento della domanda verso tec-nologie che valorizzano web e con-tenuti: crescita del 92% per le Smart Tv, del 125% per i tablet, oltre il 700% per gli e-book. Il televisore sta diventando una cen-tralina multimediale, congiunzione tra la mobilità delle App e la stabilità della fruizione casalinga.

Il nuovo Internet

-Stiamo passando da un mercato di prodotti a uno di servizi. Vincerà chi offrirà i contenuti migliori e più sem-plici da usare-. dichiarava Steve Jobs due anni fa. Si stanno sovrapponendo varie di-namiche, che cambiano il concetto stesso di Internet. Il “vecchio” è ba-sato sui motori di ricerca e supporta-to dall’advertising, che, pur cresciuto nei ricavi (1,2 miliardi di euro), non è abbastanza interessante per i Me-dia: 7% del mercato e 20% dei New Media.

Grazia De Benedetti

Sempre più rapida rivoluzione nella comunicazione: il sovrapporsi di varie dinamiche cambia il concet-to stesso di Internet. E la tecnologia non è da meno

2012 l’era delle TV connesse

Comunicazione

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A pesca nella rete

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Il “nuovo” raggiunge fasce di popo-lazione non attratte dal Pc, che non è più fulcro; il paradigma di Applica-zioni ne semplifica l’accesso e mol-tiplica le occasioni d’uso; la multi-piattaforma favorisce, accanto alla pubblicità, modelli di business “pay”. Inoltre, lo sviluppo della App “Social TV” di alcuni televisori permette, du-rante un programma, di connettersi ai Facebook, Twitter o Google Talk e passare da uno all’altro. Ci sono anche modalità d’interazio-ne con altri device, come in simulta-nea il programma Rai, Voyager, con contenuti extra e percorsi interattivi. Il “nuovo”, in cui i Social Network vanno assumendo il ruolo di traino, è arricchito da una diffusione perva-siva di Video.Il nuovo Internet si adatta bene al contesto italiano, dove la TV è da sempre la favorita ed è alta sia la dif-fusione di Video, il 73% (20 milioni) dei navigatori, che di Social Network, l’86% (quasi 24 milioni).

Tendenze

-Digitale e device rivoluzionano il modo di fruire i contenuti. -afferma Luca Di Cesare, Managing Director Italia di Smartclip, leader del video advertising in Europa. -Oggi siamo abituati a essere sempre connessi al Web e a interagire con uno schermo. Nel 2012 nel settore Smart TV pre-varranno 5 tendenze: i grandi eventi come propulsori, Social in ascesa, li-bertà di domanda, presenza multica-nale e interattività-.Una recente ricerca di YouGov preve-de che i grandi eventi sportivi 2012, Olimpiadi di Londra e Campionato Europeo di calcio, spingeranno le vendite delle Internet TV, in grado di fornire informazioni extra sulle gare, accedere a contenuti on-demand ovunque (fondamentale!) e collega-re i Social Media, per condividere le esperienze in tempo reale: scambiar-si opinioni durante un programma sta diventando un’abitudine. Il Social TV Trends Report 2011 ri-

vela che oltre tre quarti della gente interagisce con altre tecnologie men-tre guarda la TV. Per esempio, il 43% degli Inglesi commenta su Twitter, Facebook o con i cellulari lo show TV che sta guardando, mentre il 76% naviga in rete, usa una game console o ascolta la radio. Le emittenti TV combineranno video-on-demand, video web e le community, dando al pubblico la possibilità di interagire e prolunga-re l’esperienza, agli inserzionisti un modo innovativo per proporsi. Con l’accesso da un unico dispositi-vo, la fruizione è dove e quando si vuole. Le Smart TV aggiungono una nuova dimensione, con contenuti sempre nuovi e slegati dal palinsesto, e facilitano la vita dello spettatore. Inoltre s’allarga la possibilità di ripe-tere l’esperienza da altri device con un solo click. Gli spettatori potranno votare, accedere a rich-content, blog, tweet e a una infinità di applicazioni, sempre dal televisore. -L’interattività è la chiave, -Sottoli-nea Luca Di Cesare. -il suo valore ag-giunto, arrivato a maturazione indu-striale, inizia a rendere: l’advertising online acquista efficacia e contenuti più attraenti, un vantaggio per frui-tori e inserzionisti.

Occasione per l’advertising

L’attenzione di ogni individuo va conquistata, ormai nessuno si con-centra su un solo strumento di co-municazione. Bisogna proporre il

Sullo sviluppo dei Media in Italia, l’indagine del Poli-tecnico individua alcuni snodi: se i device riusciranno ad ampliare l’utenza del nuovo Web rispetto al vec-chio e quale sarà il loro ruolo; quale il peso e il ruolo dei Social Media (ricavi pubblicitari 2011 raddoppia-ti); quanto possono crescere le offerte pay, compensan-do il calo dei canali tradizionali; se il Video online cambierà il concetto di TV e palinsesto, frammentan-do l’audience e favorendo la Connected TV. Già l’au-mentata offerta di canali sul Digitale terrestre ha seg-mentato il pubblico e inciso in negativo sulla raccolta pubblicitaria. Ora le App, nate per gli Smartphone, si vanno diffondendo agli altri device: oltre il migliaio sulle Connected Tv dei principali produttori, a febbraio 2012. Ampliandosi la fruizione On demand e Catch-up dei contenuti, gli editori TV ne stanno rafforzando l’offerta.

Gli snodi per il futuro

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giusto contenuto sul giusto mezzo. Se i brand sapranno cogliere le pe-culiarità delle nuove piattaforme e proporre campagne di advertising adeguate ai vari media, riusciranno a catturare l’utente con il messaggio giusto in ogni momento. Il brand su più piattaforme consen-tirà di offrire soluzioni adv mirate e ad alto impatto. I video sono l’unico contenuto visualizzabile su qualsiasi piattaforma. Smartclip ha maturato una profonda conoscenza del merca-to del video advertising ed è in gra-do di studiare soluzioni adv di video pre-roll, formato che è già uno stan-dard multiplatform.

Indirizzare i messaggi

Le Smart TV consentiranno di cono-scere il comportamento del pubbli-co, per indirizzare meglio i propri messaggi. Ma editori e inserzionisti non devono cadere nella trappola di trasferire i materiali multimediali che funzionano in TV o sul web tout court alla TV intelligente, sarebbe un errore. Davanti allo schermo non c’è uno spettatore passivo, anzi: si aspet-ta di interagire con i contenuti che propone, con i widget e con la pub-blicità. L’inserzionista deve proporre pubbli-cità video molto interattive e social, altrimenti non potrà dialogare con questo tipo di consumatore. Ecco perché è indispensabile, in fase di pianificazione pubblicitaria, essere consapevoli che, per sfruttare appie-no le potenzialità delle Connected Tv, ci vogliono creatività e contenuti adeguati a questo tipo di piattaforma e al target.-.Il consumatore digitale

Secondo l’indagine del Politecnico, non esiste più un “canale”, bensì un “consumatore digitale”: gli edi-tori devono costruire, all’interno della propria strategia, il giusto mix di offerta, sfruttando le opportunità proprie dei vari canali e facilitando la continuità di fruizione tra loro,

incentrata sull’utente e sul suo com-portamento. Oggi servono competenze diverse: tecnologiche, di marketing digitali, su Social Network e produzione di Video. Ciò spinge a collaborare in si-nergia i diversi attori della filiera. Con l’offerta di contenuti aumen-tano pure gli spazi pubblicitari, che vanno valorizzati, mutando gli sche-mi mentali per raggiungere nuovi soggetti, anche piccoli, interessati a target specifici. La TV, più degli altri, soffre il mol-tiplicarsi di canali, che spezzetta il pubblico e svalorizza l’advertising. Bisogna trovare nuovi investitori e anche nuovi spettatori, attratti dai nuovi contenuti. Una possibile evoluzione viene dal confronto che Luca Di Cesare fa con la casa madre in Germania, dove il mercato del video online vale 100 milioni di euro: -Circa 85 milioni di euro sono equamente divisi tra smartclip e i due canali Tv leader, RTL e Pro7, di cui completa l’offerta. Lavorando con i broadcaster mino-ri, smartclip supporta proprietari di contenuti e publisher online a con-quistare parte del market share-.Il Web si sta rivelando un potente la-boratorio per l’innovazione. Un con-tinuo trasformarsi, da cui non si sa cosa scaturirà. Occorre costruire un’organizzazione flessibile, capace di sperimentare e apprendere dalle esperienze, così da approntare rapidamente nuove stra-tegie. Una commissione ONU prevede lo spostamento di reti dalle TV al Web per il 2015 .

Comunicazione

dm&c - n 2- 201212

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Nello scorso numero di dm&c abbia-mo constatato come attraverso un approccio nuovo alla gestione del marketing, un approccio di Marke-ting interattivo e puntuale, sia possi-bile comunicare indirizzando il sin-golo destinatario con l’informazione giusta, al momento giusto e attraver-so il canale corretto. Tutto ciò è reso possibile dall’ado-zione di alcuni requisiti tecnologici, ovvero:1. Consapevolezza del cliente;2. Processo decisionale centralizzato;3. Gestione cross-channel;4. Attività di marketing integrate.Concludiamo in questo numero l’a-nalisi degli ultimi due requisiti che l’organizzazione di marketing deve conoscere e padroneggiare per tra-sformare una comunicazione di mar-keting in un reale servizio al cliente.

Gestione delle comunicazionicross-channel

Gestire una campagna o un’attività di comunicazione su canali multipli richiede l’adozione di una piattafor-ma di marketing intergata, che possa

dare visibilità dei diversi canali at-traverso i quali il destinatario viene contattato. In passato i sistemi tradizionali di ge-stione delle campagne erano spesso sviluppati per supportare attività di marketing outbound. Oggi però, per decidere cosa acqui-stare, i consumatori si muovono tra i diversi canali a disposizione. Una soluzione di Interactive Mar-keting deve essere quindi in gra-do di operare facilmente attraverso qualsiasi canale di comunicazione, outbound o inbound, e di gestire un dialogo continuativo durante tutte le interazioni necessarie al cliente per raggiungere i propri obiettivi. Una soluzione efficace di Interacti-ve Marketing offre funzionalità che supportano una corretta gestione delle attività attraverso diversi cana-li, incluso:• gestione email in outbound con la creazione di liste personalizzate per l’invio di alti volumi di email, of-frendo alle società che si occupano di servizi di lettershop e fulfillment, file di indirizzi email già pronti, con la possibilità di integrarsi con terze no2 - 2012 - dm&c 13

Paolo Carnevale Baraglia *Sabrina Bellodi **

Interactive marketing vuol dire coinvolgere clienti e prospect in un dialogo di comunicazio-ne continuativo e puntuale, attraverso più canali

Un flusso di comunicazioni legato ai comportamenti

I segreti per vincere

-* Manager of Demand Pro-grams, Digital & Database Marketing IBM Italia

** Demand Program Manager IBM Italia

Marketing

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parti per l’invio di comunicazioni at-traverso qualsiasi canale outbound;• integrazione in inbound per otte-nere informazioni in tempo reale attraverso i canali di contatto con il cliente – come siti web, customer service, punti vendita – e per sotto-porre al cliente offerte commerciali nel corso di una sessione interattiva; in questo modo è inoltre possibile

costruire il profilo del contatto, in modo da avere una visione d’insie-me delle sue preferenze e delle sue attività;• gestione dei contatti e delle lead, ovvero la gestione volta a ottenere, valutare e instradare rapidamente le lead e le risposte al corretto respon-sabile marketing o commerciale.

Attività di marketing integrate

Tutti i viaggi hanno bisogno di basar-si su solide fondamenta ed il viaggio nell’adozione di una strategia di In-teractive Marketing non è differente. Per migliorare l’efficienza, e ottenere un maggiore controllo sui costi e sui processi, anche l’Interactive Marke-ting necessita del fondamentale sup-porto fornito dalle attività di marke-ting operativo. Allineare le risorse agli obiettivi, mi-gliorare i processi di produzione e ot-timizzare la collaborazione – queste

Marketing

Le aziende devono gestire corretta-mente l’invio di email:• sviluppando contenuti appropriati per volgere il target di riferimento;• garantendo un rendering correttoindipendentemente dall’interfaccia;• gestendo la frequenza di invio in li-nea con le esigenze del cliente.Da evitare:• bounce back e blacklist;• violazioni della privacy;• l’invio di email troppo frequente

Le cose da fare

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sono le caratteristiche di cui hanno bisogno le aziende per completare il proprio viaggio verso l’Interactive Marketing.Le aziende possono migliorare l’ef-ficienza e l’efficacia operativa delle

attività di marketing con una solu-zione integrata di marketing che per-mette di:• realizzare attività di budgeting e fo-recasting, che consentano di identifi-care e allocare il budget e di definire gli obiettivi da raggiungere, modifi-cando la pianificazione quando ne-cessario, e valutando l’impatto degli investimenti nel tempo;• integrare le attività di pianificazio-ne e realizzazione delle campagne per unificare, all’interno di un unico ambiente, le risorse che pianificano e quelle che attuano le campagne;• controllare tutti gli aspetti di ge-stione dei costi relativi alle attività di marketing, dalla definizione del cen-tro di costo, alla generazione dell’or-dine, fino al processo di fatturazione;• standardizzare i flussi di lavoro per definire delle best-practice e dei pro-cessi a cui i marketing team devono attenersi;• realizzare le procedure di approva-zione online o in formato elettroni-co, per automatizzare la revisione dei processi, utilizzando regole di busi-ness per instradare le approvazioni, valutare i documenti, assicurarsi che l’approvazione sia stata ottenuta correttamente e tenere traccia delle

verifiche, per essere in linea con le normative.Un buon punto di arrivo

In conclusione non importa a che punto del proprio cammino ver-so l’Interactive Marketing sia un’a-zienda, può comunque raggiungere l’obiettivo adottando la corretta so-luzione tecnologica e la giusta stra-tegia. Quando si raggiunge efficacia, effi-cienza e risultati di business misura-bili, che aiutano a sviluppare un dia-logo significativo con i propri clienti, si aumenta anche la durata del ciclo di vita del cliente stesso – e questo è un buon punto di arrivo.

no2 - 2012 - dm&c 15

Introdurre la tecnologia nell’arte di fare marketing per migliorare i risultati di bu-siness: l’EMM (Enterprise Marketing Ma-nagement)

• I clienti, siano essi consumatori, citta-dini o aziende, hanno aspettative sempre più elevate di interazioni coerenti, perso-nalizzate e rilevanti. Catalizzatori, quali social media, accesso in tempo reale alle informazioni e crescita dei dispositivi mo-bile stanno ridefinendo le aspettative dei clienti.

• Secondo uno studio IBM condotto a li-vello mondiale su oltre 1.700 CMO (Chief Marketing Officer), la maggioranza di loro concorda nell’affermare che questi trend stanno cambiando radicalmente il modo di fare marketing e sono fondamentali per ottere risultati di business di successo.

• I responsabili del marketing devono far fronte a sfide complesse, e l’introduzione della tecnologia nell’arte di fare marketing aiuta ad indirizzarle e risolverle. Con le soluzioni end-to-end EMM (Enter-prise Marketing Management) è possibile trasformare tutti gli aspetti del marketing per stabilire con i clienti un dialogo inte-rattivo con un alto livello di personalizza-zione attraverso tutti i canali di marketing tradizionali, social e digital.

Migliorare i risultati

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La marca, definita solitamente da un nome e/o termine e/o da un simbolo, rappresenta uno dei fattori chiave, di identificazione e differenziazione ri-spetto ai concorrenti. Occorre distinguere più significati del termine «marca»:• marca in senso stretto - si riferisce a un nome, termine, simbolo o dise-gno che ha lo scopo di identificare i beni o i servizi di un determinato venditore;• nome di marca - parole, lettere e/o numeri, ossia ciò che può essere pro-nunciato (brand name) (Emporio Ar-mani);• l’effigie di marca - simbolo, dise-gno, colore o simili (brand mark), vale a dire ciò che non può essere pronunciato e che permette però di riconoscere l’offerta del venditore (l’aquila stilizzata di Emporio Arma-ni, la G di Gucci);• il marchio - una marca che risul-ta legalmente tutelata nel senso che può essere utilizzata da un solo ven-ditore (parole, numeri, disegni, ecc.).Ma quali sono i vantaggi di attribuire una marca al prodotto?L’apposizione della marca consente

di conseguire una serie di vantaggi tra i quali:• identificazione;• riconoscibilità;• distinguibilità;• memorizzazione;• tutela dall’imitazione e contraffa-zione.

Efficacia della marca

In sintesi, è necessario che la marca per essere efficace sia:• originale;• capace di evocare nella mente dei consumatori-obiettivo caratteristi-che e/o benefici del prodotto;• facilmente distinguibile;• facilmente memorizzabile;• facilmente pronunciabile;• adattabile a nuovi prodotti even-tualmente aggiunti alle linee esisten-ti;• coerente con il target;• traducibile in altre lingue.

Otto strategie

In tema di marca le 8 migliori strate-gie di branding sono:

Antonio Ferrandina

Nel processo di lancio di un nuovo prodotto, uno step importante è decidere quale tipo di marca asse-gnare. Le politiche di brand che sono consigliabili

Per ottenere un buon successo

La forza della marca

Marketing

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-www.piano-marketing.blogspot.com

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1. Strategia di marca unica. Usare la stessa marca (marca di fami-glia) per tutti i prodotti. Marche come la Parker per le penne, Buffetti per articoli da ufficio, Philips per i prodotti commercializzati in Europa e Kodak per le apparecchiatu-re fotografiche fanno ricorso a que-sto tipo di modalità. E’ una strategia valida tanto più i prodotti risultano omogenei in ter-mini di destinazione, qualità, moda-lità d’uso, ecc.; la strategia, inoltre, risponde, da un lato, all’esigenza di rendere minima la spesa pubblicita-ria e dall’altro, ove vi sia una relativa certezza circa la qualità offerta, di po-ter trasferire l’immagine di successo già affermatasi o che si affermerà.2. Marche differenti per cia-scun prodotto.Tale strategia consente una maggiore flessibilità nell’azione di marketing e nella fissazione del prezzo, evitan-do che eventuali insuccessi possa-

no com-p o r t a r e r i c a d u t e negat ive sugli al-tri mac-c h i a n -done la r e p u t a -zione.Tale scelta ca-ratterizza

di solito mercati come quello delle acque minerali (Sangemini, Ferra-relle, Fabia- Danone), dei saponi e detersivi (Camay, Dash, Spic e Span, Procter & Gamble) ma chiaramente risulta dispendiosa poiché è necessa-rio promuovere distintamente ogni singola marca.3. Una marca diversa per cia-scuna classe o gruppo di prodotti. Ad esempio Barilla: Pasta Barilla e Mulino Bianco; la finalità in questo caso è quella di caratterizzare in ma-niera ben distinta ciascuna linea ri-spetto ad un dato carattere che può essere quello merceologico o qualita-tivo.

4. Strategia di marca multi-pla.Sviluppare più marche per prodot-

ti che c o m -petono tra loro s i m u l -t a n e a -m e n -te sul merca-to. Tale s t r a t e -gia, pe-r a l t r o dispen-

diosa e di non facile applicazione a causa del rischio cannibalizzazione, è di solito prerogativa delle grandi aziende (fu intrapresa per la prima volta da Procter & Gamble). Si puà scegliere tale strategia per va-rie ragioni. In primo luogo, con-sente di ottenere mag-giori spazi d’esposizio-ne e, nel contempo, rendere il distributore ancor più soggetto alle proprie marche. In secondo luogo, sono pochi i consu-matori che manifesta-no particolare affezione ad una sola marca, poiché i più alternano l’ac-quisto delle marche. 5. Strategia di sfruttamento del brand name o brand mark di successo o di parte di essi.In altri t e r m i -ni si può s f rut tare il brand name o b r a n d mark di p r o d o t t i propri che hanno re-gistrato notevole successo per nuovi prodotti in fase di lancio (es. formag-gino Mio, prodotto di successo, e lat- no2 - 2012 - dm&c 17

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te Mio, nuovo prodotto).6. C o -branding.Tale strate-gia, oggi più che mai par-ticolarmente diffusa, con-sente di com-binare una o più marche, solitamente

complementari, in un unico pro-dotto, al fine di conseguire reciproci vantaggi di immagine e notorietà, derivanti dalla sinergia di impatto cognitivo dei brand. La strategia di co-branding può es-

sere di natura tattica, se la finalità è di comunicazio-ne o promo-zionale, e in questo caso si estende su orizzonti di breve termi-ne, oppure strategica se le prospettive

sono di più lungo periodo. Il co-branding tattico può essere di-stinto in: • co-branding di comunicazione: quando l’associazione di più marche si realizza attraverso una campagna pubblicitaria comune e la contestua-le ripartizione degli stessi costi.

Noto il caso di Indesit che consiglia Finish. • co-branding di promozione: si re-alizza quando una marca è associata

ad un personaggio oppure le marche sono commercializzate secondo una reciproca promozione. Il co-branding strategico può essere: • co-branding di prodotto, consiste nell’associare due prodotti al fine di sviluppare un nuovo prodotto a più elevato valore ag-giunto (es. Braun/Oral B per il lancio di uno spazzolino elettrico, cellulare sony/ericson); • co-branding di componente o in-grediente: consiste nell’associazione di un prodotto che incorpora uno specifico componen-te o ingrediente (AMD, Intel Inside, Celeron, gelati Nestlè Motta all’aran-ciata e al Chinò S. pellegrino o al thé Beltè); • co-branding di licenza d’uso: con-siste nell’uso di un brand di successo associato ad un prodotto merceolo-gicamente distinto (Citroen Dolce & Gabbana); • co-branding di distribuzione: si rea-lizza quando più marche sviluppano e sfruttano una rete di distribuzione comune (Star Alliance) 8. Aggiungere alla marca il cosid-detto pay-off o slogan.Si tratta delle cosiddette firme azien-dali, utilizzate per autodefinirsi e qualificarsi, al fine di meglio distinguersi ed essere memo-rizzati. Si con-siglia di utiliz-zare i pay-off e gli slogan per accompagna-re l’immagine dell’ azienda in ogni comunicazione pubblicitaria. Il pay-off o lo slogan, se scelti in modo particolarmente accurato determinano vantaggi no-tevoli. Infatti, ripetuti come jingle in ogni comunicazione pubblicitaria, possono assumere anche carattere ipnotico e subliminale.

Marketing

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Tutti usiamo il telefono, ma è la professionalità che lo trasforma in uno strumento formidabile al quale affidare il raggiungimento di molti obiettivi. Nell’ambito del lavoro, tutto viene preceduto, fissato, convenuto e sta-bilito da una telefonata.Come tutti gli strumenti, va utiliz-zato secondo metodologie e criteri precisi. Dato che ci stiamo occupando di call center e customer service, va detto che prima di tutto occorre conside-rarli come un ingranaggio della mac-china-azienda e non come una pana-cea né un reparto a se stante e quindi perché funzionino occorre che siano ben organizzati e interagiscano ef-ficientemente con gli altri reparti; spesso invece questo non avviene e addirittura si accollano al call center compiti che dovrebbero essere svolti dall’ufficio amministrativo, con con-seguenze talvolta deleterie, fino alla perdita di clienti. Il secondo punto riguarda il perso-nale operativo: in un buon servizio di Telemarketing o in un buon Cu-stomer Service la selezione e l’adde-

stramento degli operatori hanno un ruolo determinante; se si vogliono ottenere risultati soddisfacenti in termini di ritorno economico e rap-porto con il proprio mercato bisogna ricominciare a considerare indispen-sabile l’investimento per la forma-zione del personale: uno strumento per contenere i costi e aumentare ri-sultati e profitti, oltre che la qualità del contatto.Dal singolo addetto alla struttura di mille operatori, il concetto vale per tutti.

Priorità

La priorità del fattore risorse umane rispetto a quello tecnologico è ormai assodato ma è ancora in essere la ten-denza a puntare tutto su sistemi e software avanzati per raggiungere gli obiettivi dei call o contact center, un errore che sempre più aziende pagano sulla propria pelle, perché le fondamenta sulle quali poggia il successo quando si tratta di contact center, oggi come ieri, restano i te-leoperatori. Vent’anni fa, quando la comunica- no2 - 2012 - dm&c 19

Barbara Coralli

Call center, contact center o crm che sia: lo strumento è il telefono ma è la professionalità che lo trasforma in uno strumento formidabile

Il ruolo imprescindibile della formazione

Protagonista: il team

Marketing

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Barbara CoralliManaging Director e Senior Partner di Studio Telemaco – MilanoOpera da oltre 20 anni nel settore della comunicazione d’impresa.Esperta di Comunicazione PNL per i testi DM, web marketing e script di marketing telefonico.Nel 1988 fonda Telemaco Strategie S.r.l., società pre-valentemente incentrata sul marketing telefonico B2B per azioni di alto profilo Nel 1993 fonda Studio Te-lemaco, più focalizzata su consulenza e formazione per il Customer Care

[email protected]

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zione telefonica professionale era supportata da modesti mezzi tecno-logici, si creavano valore e qualità, mentre i più sofisticati sistemi, senza operatori capaci, non ci fanno rag-giungere gli obiettivi. Il concetto non va frainteso: l’evolu-zione dei supporti ha creato valore aggiunto e moltiplicato applicazioni e opportunità, ma da sola non basta a sostenere la crescita.

Attività complessa

Fondamentale è rendersi conto che l’addetto al contact center è una fi-gura professionale ben definita, con competenze e caratteristiche preci-se rivolte ad un’attività comples-

sa e stressante e quindi non si può prescindere da una selezione e forma-zione competenti e rigorose. All’interno di un call center dovreb-bero esserci due divisioni distinte e anche la sele-zione e la forma-zione dovrebbero essere -almeno in parte- diverse: il Customer Service va gestito separata-mente ed in modo

diverso dal telemarketing, cosa che raramente avviene. Il primo serve a cercare nuovi clien-ti -quindi con caratteristiche più orientate al commerciale- e si pre-sta ad essere eventualmente dato in outsourcing, il secondo serve a dare un servizio e conservare i clienti ac-quisiti -quindi con un’impronta più gestional/amministrativa- e nella maggioranza dei casi è preferibile che sia gestito internamente. Come per gli obiettivi, la predisposi-zione e la formazione/addestramen-to degli addetti (anzi, prima ancora: la selezione) è sostanzialmente diver-sa, tranne che in una cosa: la qualità

del contatto, che si ottiene solo con una formazione adeguata...e qui tor-niamo alla carenza di formazione e -come conseguenza- di formatori competenti: mancando la richiesta, l’offerta rischia di disperdersi.Cosa si intende per formazione “adeguata?”La preparazione del personale opera-tivo è uno degli elementi che “fanno la differenza”

La formazione

Tutti gli addetti -ad ogni livello- de-vono essere ben formati ed addestrati non solo sui prodotti/servizi ma an-che sulle tecniche di comunicazione telefonica. In più, i team-leader devono essere formati sulla gestione di un gruppo: un buon coordinatore deve saper controllare la qualità del contatto, organizzare l’attività e gestire gli strumenti, dare sostegno psicologi-co, motivare, incentivare, aggrega-re il consenso; un buon supervisor deve saper valutare risultati e costi, correggere il tiro, trovare soluzioni, coinvolgere i professionisti quando serve. I coordinatori devono anche avere maturato esperienza sul campo: nei call center, vale due volte il detto “per comandare, bisogna saper fare”.Mettere in pratica le tecniche è la cosa più difficile e quindi un corso di una o anche 3 giornate non pro-duce risultati apprezzabili: per avere risultati, la parte teorica deve essere seguita dall’addestramento on-the-job e questo ve lo può offrire solo chi la mette in pratica con successo tutti i giorni. Il training è fondamentale a tutti i livelli, dall’operatore al supervisor e per essere veramente efficace deve prevedere degli interventi successivi al modulo formativo iniziale, sem-pre più distanziati, fino al raggiungi-mento di un livello di performance adeguato. In seguito, le sessioni di aggiorna-mento manterranno nel tempo la

Marketing

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professionalità acquisita e serviran-no anche a rimotivare e premiare ad-detti e team leader. Questo è un investimento di sicuro ritorno: maggiore efficienza e quin-di minori costi, risultati migliori e quindi aumento del fatturato, che si traducono in incremento dei profitti.

La scelta giusta

Attualmente il mercato della forma-zione per i call center “tira”, di con-seguenza l’offerta si moltiplica, ma spesso con proposte inadeguate: non si può insegnare efficacemente que-sta materia senza aver maturato una significativa esperienza sul campo. Allora basta rivolgersi alle agenzie di telemarketing? Dipende: non tutte svolgono un pro-gramma approfondito di formazione per i loro operatori, a causa di mo-tivazioni ben precise: una scellerata politica dei prezzi, imposta da un eccesso di gioco al ribasso da parte del mercato, ha causato una retribu-zione sempre più bassa degli opera-tori e inoltre questa attività non offre sbocchi professionali di rilievo; ne deriva che chi accetta questo lavo-ro lo vive come ripiego o più spesso come soluzione provvisoria in attesa di migliori opportunità. Questo comporta uno scarso impe-gno nella crescita professionale e una breve permanenza nelle società di telemarketing, il che spinge gli operatori del settore a non investire in formazione interna qualificata. Scegliere bene in tre mosse: 1) lasciar perdere i “tuttologi” , ovve-ro chi fa formazione sui più disparati argomenti e quindi “anche” sulla co-municazione telefonica e la gestione call center; 2) scegliere tra quelle che oltre a far formazione hanno maturato una lunga esperienza di gestione diretta di un call center; 3) valutare il servizio offerto dai sog-getti che hanno passato il 2° vaglio, anche in funzione dei vostri obietti-vi: B2B o B2C? Out o In bound? Da

quanto tempo operano? Che tipo di formazione fanno ai loro operatori? Che programmi formativi utilizza-no?

Un programma ben strutturato

Il programma formativo minimo di base prevede almeno 3 giornate di teoria, con metodi interattivi, eser-citazioni e role playing, seguite da almeno 3 giornate di training on the job e interventi programmati di auditing nei primi tre mesi, oltre a quelli da prevedere quando avver-rà l’inevitabile caduta fisiologica di qualità che interessa soprattutto i call center interni, che comportano un’attività ripetitiva.Un corso ben strutturato ed effica-ce è aziendale, costruito su misura e prevede anche la costruzione di uno script pilotato dal docente.Un buon programma è generalmen-te articolato in tre fasi: la prima è te-orica e verte sulle tecniche di comu-nicazione telefonica che comprenda l’uso del linguaggio sulla base della PNL, la seconda sull’esercitazione pratica in azioni simulate e la terza sull’attività reale assistita dai docenti (training on the job). Questo vale anche per la formazio-ne dei team-leader e supervisor, che oltre ad avere un sezione dedicata alla loro specifica funzione, saranno affiancati dall’esperto nella loro atti-vità. Anche i corsi di aggiornamen-to sono importanti e svolgono una doppia funzione: oltre a mantenere alto il livello di efficienza e qualità, sono un ottimo strumento per fide-lizzare e motivare almeno i vostri migliori elementi: un “premio”, il ri-conoscimento del valore e la manife-stazione di fiducia nelle capacità dei collaboratori.Tutto questo vi sembra esagerato? Non lo è. C’è chi lo realizza da anni con successo e continua a farlo: è un programma sostenibile ed è l’unico modo di avere risultati, redditivi-tà e qualità.L’importante è scegliere bene. no2 - 2012 - dm&c 21

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Quando si parla di GPS si pensa im-mediatamente a comunicazioni te-

lefoniche e ai servizi legati alla guida. Di fatto ogni anno aumen-ta il numero di nuovi ser-vizi cosi come aumentano i settori che di-pendono dal GPS. Questi in-cludono ad esempio so-cietà di ener-gia elettrica, banche e bor-se che necessi-tano di un co-stante flusso di informazio-ni per gestire i carichi di energia o per c o n t r o l l a r e

transazioni ed evitare frodi.In mar-keting negli ultimi tempi l’uso è tal-

mente aumentato che il Congresso Americano ha dovuto promuovere una legge per tutelare la privacy sulla location degli individui.

Una serie di esempi Cio nonostante le opportunità in marketing sono dimostrate dalle campagne di brands come AT&T, American Express e la catena alber-ghiera Westin Hotels & Resorts tra gli esempi più recenti. AT&T ad esempio ha lanciato di re-cente ShopAlerts, un’iniziativa indi-rizzata ai retailers e che consente di inviare SMS o MMS promozionali ai consumatori (con il loro consenso) che si trovano vicino ai punti ven-dita delle aziende che aderiscono all’iniziativa. American Express in-vece ha stretto una partnership con Foursquare.com, specializzata nel promuovere offerte a livello locale. Anche in questo caso l’obiettivo è utilizzare informazioni sul posizio-namento degli individui per conver-tirli in visitatori di un negozio nelle vicinanze e, successivamente, in ac-quirenti.

Domenico Matarazzo

Si parla molto di geomarketing ma nella comu-nicazione interattiva anche il GPS offre nuove e importanti opportunità di tipo commerciale

Dal nostro corrispondente dagli Stati Uniti

GPS, per venderecon fantasia

Comunicazione

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Consumatori abitudinari

Le ricerche in questo settore rivela-no che i consumatori tendono a fre-quentare sempre le stesse zone, quin-di i marketers sfruttano la tendenza per creare associazioni tra il brand e le abitudini giornaliere. Questa associazione inoltre dura nel tempo, infatti è stato rilevato che un individuo può recarsi al punto ven-dita promozionato anche una setti-mana dopo la ricezione del messag-gio. Piu’ creativa e lungimirante é stata invece la campagna del Westin Ho-tels and Resorts che utilizza un’ app sulle condizioni del tempo distribui-ta da Weather.com ed indirizzata agli utenti di iPhone. Se chi accede all’app si trova in una zona con temperature basse o piog-gia, riceve immediatamente la pro-mozione di hotel in zone con il cli-ma caldo.

Casistiche estese

Le casistiche pero’ vanno al di là del-la promozione del punto vendita. Evil Genius Designs punta sul GPS per trasformare in divertimento an-che l’esperienza piú monotona dei consumatori: l’attesa in fila, soprat-tutto in luoghi di leisure, come par-chi di divertimenti o mostre. Get lin Line è uno dei servizi svi-luppati Evil Genius Designs ed usa i telefonini per invitare chi è in fila a partecipare a giochi interattivi. Questi nella maggior parte dei casi sono sponsorizzati da aziende che vogliono promuovere il proprio mar-chio. I giochi includono quiz e giochi in-terattivi in cui è richiesta la posizio-ne dei partecipanti attraverso il GPS. Il gioco viene seguito su un grande

schermo che rende l’attesa meno monotona, inoltre le informazioni, e quindi la partecipazione, sono acces-sibili anche a chi non ha telefonini multimediali.

Una caccia al tesoro La forma di intrattenimento in fase di rapida crescita e che può offrire opportunità creative ai tradizionali concorsi usati in direct marketing, è invece il “geocaching”, ovvero una versione moderna della tradizionale caccia al tesoro. Nel geocaching vi è sempre qualco-sa di nascosto da ricercare, ma le in-formazioni sulla località segreta non sono contenute in una mappa, ma sono in forma di dati su latitudine e longitudine forniti via GPS. I partecipanti inoltre possono opera-re su scala locale o su scala interna-zionale con premi nascosti anche in località esotiche o sott’acqua. Gli stessi utenti possono oggi scat-tare foto con macchine fotografiche con GPS integrato. Le foto possono essere automatica-mente inserite in software GIS (come Arcview or anche Earth Google) e su questa capacità si stanno gia effet-tuando ricerche per capire come si muovono (e come raggiungere) an-che gli individui che si muovono su lunghe distanze. Gli inconve-nienti si verifi-cano quando le indicazioni por-tano in proprie-tà private. Lo stato dell’O-regon ad esem-pio è stato il primo a vietare il geocaching in proprietà pri-vate dopo che molte famiglie hanno denun-ciato intrusioni da parte di persone del tutto scono-sciute vicino alle loro abitazioni. no2 - 2012 - dm&c 23

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In questa seconda parte dell’ABC de-dicato alla Nuova Internet, saranno ripresi alcuni temi riguardanti l’im-

ponente trasformazione in cor-so nella Rete già introdotti nel-la precedente puntata, al fine di valutarne meglio le impli-cazioni e considerare gli effetti che potranno avere non solo sull’economia ma anche sulle nostre attività di tutti i giorni.Come ad esempio la previsione – contenuta nel rapporto “The Digital Manifesto” presentato dal Boston Consulting Group al World Economic Forum

di Davos – secondo la quale entro l’anno 2016 il giro d’affari ruotante attorno alla Rete nei Paesi del G-20 (raggruppanti il 65% della popola-zione e l’87% del PIL mondiale) rag-giungerà i 4,200 miliardi di dollari. Il che significa, in altre parola, che la “Internet economy”, se fosse consi-derata alla stregua del PIL di uno Sta-to, occuperebbe il quinto posto della classifica delle maggiori economie del pianeta, subito dopo Stati Uniti, Cina, Giappone e India.O il fatto che sulle dimensioni e la

velocità del cambiamento in corso risulterà decisiva la diffusione dei di-spositivi mobili: un dato confermato dalle previsioni pubblicate lo scorso marzo dalla IDC, società leader nel-le analisi riguardanti le tecnologie dell’informazione. Secondo l’IDC, infatti, ai 916 milio-ni di smartphone, tablet, netbook e ultrabook venduti nel mondo nel corso del 2011, se ne aggiungeranno altri 1,2 miliardi nel 2012 e questo numero, in continua crescita, rag-giungerà gli 1,84 miliardi nel 2016. Anno in cui l’80% di tutte le connes-sioni a banda larga saranno originate da dispositivi mobili, i quali avranno un ruolo sempre più importante, as-sieme ai social network, nel modo di vivere della maggior parte della po-polazione mondiale.

Più dispositivi per ciascuno

La stessa ricerca prevede inoltre che un numero sempre più elevato di persone userà regolarmente, per con-nettersi alla Rete, due o anche più di tali dispositivi. I dati presentati da Cisco nel suo “Visual Networking

Carlo Cremona

I veri protagonisti del “New Internet”: smartpho-ne, tablet, netbook e ultrabook, e i social network. Cambieranno il modo di vivere della popolazione

ABC Internet

La “Pc Plus era”

Comunicazione

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-(Seconda parte)

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Index” rilasciato lo scorso Febbraio, parlano infatti a questo proposito di 10 miliardi di apparecchiature mobi-li connesse a Internet entro il 2016. Il che, con una popolazione stimata di 7,3 miliardi, consente di attribuir-ne statisticamente 1,4 a ogni abitan-te del globo. Gartner, altra notissima società di analisi dell’ITC, a sua volta ha pre-detto che entro il 2015 le vendite di smartphone e di tablet supereranno quelle dei PC nel rapporto di quattro a uno. E infine, per quanto riguarda il traf-fico dati generato dai dispositivi mo-bili, Cisco stima che nel 2016 quello attuale risulterà moltiplicato di ben 50 volte (!).

Il Web sta morendo ?

I dispositivi mobili, sempre più inte-grati e tra loro sincronizzati da ser-vizi e applicazioni dedicate, stanno aprendo la strada a nuove soluzioni di comunicazione e collaborazione, dando di fatto origine a quella che è stata già battezzata la “PC Plus era”, e inducendo profondi cambiamenti nei modi di interagire con la Rete sia da parte delle persone che delle aziende. Cambiamenti che potrebbero deter-minare, in un futuro neppure troppo lontano, un parziale, se non totale, abbandono dei browser come stru-menti principali di navigazione a favore di quel tipo di applicazioni - o “App” - cui già oggi fanno ampio ricorso gli utilizzatori dei dispositivi mobili.Apple, ad esempio, alla fine dello scorso mese di marzo aveva comuni-cato che dal suo App Store erano sta-te ormai scaricate 25 miliardi di App, mentre 10 miliardi sarebbero quelle scaricate dall’Android Marketplace di Google. Secondo altri studi, già a partire dal giugno 2011 il tempo passato sulle App avrebbe superato quello speso sui browser, a conferma della sem-pre maggiore importanza che stanno

assumendo le applicazioni installate nei dispositivi mobili nelle abitudini dei loro utilizzatori.

Una spinta alla creatività

Un fenomeno che può essere spie-gato anche col fatto che questi di-spositivi, dotati di schermi tattili (“touchscreen”), hanno attirato l’at-tenzione degli sviluppatori più cre-ativi tra quelli oggi esistenti, i quali hanno incominciato a scrivere sof-tware diversi da tutto quello visto finora. Anche perché la maggior parte del-le App della nuova era post-PC sono “native” nel senso che sono scritte per piattaforme del tutto nuove – come l’iOS di Apple o l’Android di Google - che hanno ben poco in co-mune con quelle tradizionali. Facendo nascere una corrente di pensiero secondo la quale le App po-trebbero rendere il Web obsoleto.

Il Cloud Computing

Un aspetto da tener tuttavia presen-te è costituito dal contemporaneo affermarsi del “Cloud Computing”, un’infrastruttura che consente, via Rete, di mettere a disposizione de-gli utilizzatori applicazioni aventi anch’esse caratteristiche e capa-cità elaborative superiori a quelle del Web come oggi lo conosciamo. Inoltre è anche in fase di sviluppo una nuova tecnologia – evoluzione dell’ormai “vecchio” HTML - nota come HTML5, che consentirà di cre-are applicazioni di tipo Web in grado di girare su qualsiasi dispositivo uti-lizzando i browser standard. Si è sviluppata quindi anche una corrente di pensiero secondo la qua-le l’HTML5 salverà il Web, rendendo invece obsolete le App native legate alle nuove piattaforme.In realtà il dibattito HTML5 o App non è soltanto di natura tecnica, poiché il prevalere dell’una o dell’al-tra soluzione potrà avere notevoli impatti su importanti aspetti riguar- no2 - 2012 - dm&c 25

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danti la Rete come, ad esempio, la possibilità di controllarla meglio at-traverso le modalità di distribuzione e di pagamento delle applicazioni.I fautori dell’HTML5 sostengono che i browser continueranno ad essere avvantaggiati perché, consentendo, contrariamente alle App, il pieno accesso alla Rete, possono non solo sfruttarne completamente l’intero-perabilità - ovvero la sua capacità di interagire senza restrizioni con altri sistemi o prodotti – ma al tempo stesso riescono a limitare il potere degli editori, come Apple o più re-centemente anche Google, e degli sviluppatori ad essi collegati. I fautori delle App mettono invece in primo piano la loro facilità di utiliz-zo, anche se la spinta fondamentale verso il loro impiego deriva proprio dagli editori che vedono in esse l’op-portunità di invertire la tendenza al “tutto gratuito” propria della Rete, e la possibilità di introdurre modelli di business alternativi a quelli basati unicamente sulla pubblicità.

Cosa prevedere?

Tuttavia allo stato attuale delle cose è difficile prevedere come si svilupperà veramente in futuro la Rete, e se la rivista Wired, che nel luglio del 2010 aveva pubblicato un numero pro-vocatoriamente intitolato “Il Web è morto”, potrà dire di avere avuto ragione. L’ipotesi più probabile potrebbe es-sere quella che vede un’evoluzione intermedia, dove le App finiranno per coesistere con il Web senza però sostituirlo.

La “New Internet” in Italia

Sorprendentemente, considerata la crisi in corso e i segni negativi che caratterizzano altri settori dell’ITC, una volta tanto, nel caso della New Internet, l’Italia sembrerebbe non occupare una posizione di retroguar-dia, almeno secondo quanto emerge dall’ultima ricerca dell’Osservatorio

New Media & New Internet della School of Management del Politecni-co di Milano. La Nuova Internet - in fase di affran-camento dal Pc (che in Italia non ha raggiunto un livello di penetrazione molto elevato, risultando presente in appena il 60% delle case) e sem-pre più orientata verso l’impiego dei nuovi device, come gli smartphone (21 milioni di italiani possiedono un cellulare “avanzato”) e i tablet (ve ne sono già un milione e mezzo mentre mezzo miliardo sono le App scarica-te), e dei nuovi servizi, come i social network, che stanno prendendo il posto dei motori di ricerca (il 90% di chi accede a Internet nel nostro Paese ha un profilo su Facebook con una penetrazione persino superiore a quella degli Usa) - sembra piacere già tantissimo e sta comunque soste-nendo in modo deciso l’espansione dei settori ad essa più direttamente collegati. Anche perché, come affer-ma la ricerca: “Mentre nessuno è di-sposto a pagare per un articolo o un video sul Web, sugli smartphone e tablet questa disponibilità invece esi-ste.” Cresce infatti la raccolta pubbli-citaria e i relativi fatturati riguardanti gli smartphone (rispettivamente del 70% e del 120%) e tablet (+110% e +150%); raddoppia la pubblicità sui social network (che in Italia hanno quasi 24 milioni di utenti); crescono del 130% i ricavi generati dalle App e cresce dell’80% il valore della pub-blicità sui video online, (trainato dal-le masse degli adepti di YouTube) e triplicano infine le “Connected Tv” (*) –(presenti in oltre un milione di case italiane), mutando le abitudini di “intrattenimento” delle persone e aprendo scenari inediti di business nei settori dell’editoria e della pub-blicità.Certamente il business generato dal-la Nuova Internet è ancora limitato, valendo appena 25 milioni di euro. Ma va anche detto che si tratta di un settore del tutto inesistente appena due anni fa, e che è ancora in fase di decollo.

Comunicazione

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La concentrazione è la capacità di lavorare su un determinato proble-ma o obiettivo, senza essere distrat-ti o in qualche modo condizionati né dall’ambiente esterno, cioè dalle persone che vivono intorno a noi e dal cosiddetto “rumore di fondo”, né dall’ambiente interno, cioè dai senti-menti o dai pensieri che non hanno nulla a che vedere con l’attività che intendiamo svolgere.La concentrazione non è una dote innata. Può essere coltivata e svi-luppata. Cercheremo di fornirvi tre suggerimenti che hanno lo scopo di accrescere le abilità che vi consenti-ranno di ottenere una buona capa-cità di concentrazione, di incremen-tarla nel tempo e, soprattutto, di fare in modo che diventi un vero e pro-prio habitus mentale, al quale ricor-rere con sicurezza ogni volta che ne avete bisogno.

Stabilire una buona concentrazione

Anzitutto, occorre partire dalla quasi ovvia constatazione che una persona si concentra più facilmente se l’ar-

gomento sul quale converge la pro-pria attenzione lo interessa sul serio. Minore è l’interesse, minore sarà la capacità di concentrarsi e mantenere l’attenzione viva e fissa abbastanza a lungo per ottenere risultati soddisfa-centi. In questo caso, quindi, uno dei primi passi è cercare di conoscere a fondo se stessi, i propri desideri, le proprie passioni, ma anche i propri impegni e comportarsi al riguardo in modo coerente. A Vittorio Alfieri, sarebbe-ro servite a ben poco le corde con le quali si faceva legare a una sedia per studiare e scrivere, se non avesse avuto una forte motivazione interna a farlo. Altro passo importante è capire quali sono le circostanze che rappresenta-no la causa più frequente della no-stra distrazione e disattenzione e, dopo averle individuate, trovare i si-stemi adeguati per tenerle a distanza di sicurezza in modo che non creino problemi. Le distrazioni provenienti dall’am-biente esterno sono tutto sommato abbastanza ben individuabili. Se il telefono squilla in continuazio- no2 - 2012 - dm&c 27

Ugo Perugini

Come mantenere viva l’attenzione al proprio lavoro senza essere troppo condizionati da fattori esterni e in-terni, esercitando un attento monitoraggio su se stessi

Migliorare la concentrazione in tre mosse

Sviluppo personale

Marketing

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ne è meglio inserire la se-greteria tele-fonica. Se la posta elettro-nica segnala l’arrivo di e-mail, biso-gna evitare di cadere nel-la tentazione di aprirle: è preferibile, quindi, chiu-dere la fun-zione della posta. Se i vostri col-

leghi o collaboratori hanno l’abitu-dine di entrare nel vostro ufficio, è meglio avvertirli che per un certo pe-riodo di tempo volete essere lasciati tranquilli. Un po’ più complicato è cercare di tenere a bada le distrazioni che pro-vengono dall’ambiente interno, cioè dai vostri pensieri. Alcune sensazioni fisiche, come fame e stanchezza, possono essere control-late, intervenendo semplicemente alla radice del problema: riempire lo stomaco con moderazione e riposa-re o, per lo meno, rilassarsi, prima di mettersi al lavoro. Se ci sono preoccupazioni che sca-turiscono da problemi irrisolti e ai quali non è possibile trovare una soluzione adeguata in tempo, me-glio metterli temporaneamente “tra parentesi”. Evitate di reprimerli ma accettateli prima di allontanarli len-tamente da voi. Non è facile, ma vi sono diverse tec-niche – da quelle respiratorie, alla meditazione, all’autosuggestione, – utili a circoscrivere e isolare men-talmente i “chiodi fissi” che vi tor-mentano, lasciando che essi, almeno temporaneamente, non abbiano al-cun effetto su di voi. Se, durante la vostra attività, soprag-giungono altri pensieri o idee che non hanno nulla a che vedere con ciò che state facendo, non respinge-

teli, piuttosto, annotateli su qualche notes, con il proposito di tornarci in un secondo momento. Chi è capace di concentrarsi, lavora con maggiore efficienza, risparmia tempo e ottiene risultati migliori. Concentrazione crescente

Ci sono diverse idee circa la durata della concentrazione. Alcuni sosten-gono che si possa restare concentrati al massimo 20 minuti, poi è necessa-rio in qualche modo “staccare”. Altri ritengono che si possa arrivare fino a 40 minuti e oltre. Quel che è certo è che in ogni caso per riuscirci occorre una valida moti-vazione. Se questa manca, l’impresa rischia di diventare davvero ardua. Allora, occorre “rivitalizzare” il no-stro lavoro, trovarvi spunti di inte-resse nuovi. Tutto naturalmente dipende dal tipo di attività che dobbiamo affrontare: questo rende difficile dare suggeri-menti generalizzati. Una proposta, però, è quella di solle-citare il nostro spirito critico. Se si tratta di un testo, cercare di analizzarlo a fondo, sottolineando i punti-chiave, evidenziandoli, cer-cando di arrivare al nocciolo della questione, ponendosi continuamen-te delle domande, “stressando” il te-sto il più possibile. Se si tratta di un programma da realizzare, cercare di suddividerlo in varie fasi, in momen-ti successivi e gestibili, per poterne avere il miglior controllo possibile. Insomma, ogni lavoro perché sia più interessante è necessario che venga “caricato” della nostra energia, del-la nostra volontà, della nostra pas-sione, eventualmente anche della nostra rabbia. Altrimenti, se resta amorfo non ci darà nessuno stimolo.Ma, a un certo punto, ci rendere-mo conto che non ce la facciamo più. Che non riusciamo più a tenere concentrato il nostro pensiero. Che qualsiasi cosa contribuisce a “distrar-ci”. Questo significa che è arrivato il momento di “staccare”.

Marketing

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Non siamo macchine, la nostra re-sistenza è limitata. Il suggerimento è, ad esempio, fare una passeggiata. Sarà il sistema più efficace per libera-re la mente, accompagnando la cam-minata, possibilmente a passo svel-to, con una profonda respirazione. Oppure, se volete prendere solo una breve pausa, basterà alzarsi in piedi, muoversi per la stanza, pensando ad altro oppure cambiare il proprio “fo-cus” di interesse, magari dedicandosi temporaneamente a cose più rilas-santi e meno impegnative. Cercare di rendere il proprio lavoro sempre più interessante, affrontan-dolo in maniera critica e propositiva.

Sviluppare una buona abitudine alla concentrazione

Il problema di qualsiasi migliora-mento che riguarda il nostro modo di agire quotidiano è indissolubil-mente legato all’acquisizione di buo-ne abitudini. Questo significa, anzitutto, liberarsi di quelle meno buone. E per farlo occorre un vero e proprio esercizio che va appreso, praticato e svilup-pato. Per arrivare a ottenere qualche risultato bisogna partire da un esame interiore che può essere stimolato da una serie di domande alle quali oc-corre rispondere in modo sincero e corretto.

Qual è la vostra a capacità di concentra-zione? Quanto tempo dura, in media? Per rispondere a queste domande c’è un solo modo. Monitorarsi. Parola piuttosto brutta ma che signi-fica registrare, in diverse circostanze, l’ora di inizio di un’attività, ad esem-pio la lettura, e il momento in cui la mente perde la concentrazione, tra-volta da altri pensieri o interessi. In questo modo, sarà possibile misu-rare in termini di tempo la propria capacità di rimanere concentrati, cosa che potrà tornarci utile per ve-rificare se in futuro saremmo stati in grado di migliorarci.

Qual è il momento migliore della gior-nata in cui riuscite a concentrarvi?

Anche qui bisogna imparare a osser-varsi. Non a caso gli antichi greci sul tempio dell’oracolo di Delfi avevano messo il motto: “Conosci te stesso!”. E se saremo stati attenti, potremmo riuscire a capire in quali ore della giornata il nostro rendimento in ter-mini di concentrazione risulta deci-samente più brillante (ad esempio, la mattina presto, “a mente fresca”?) oppure i momenti in cui vi sono meno occasioni di distrazione. Una volta individuato il periodo per noi più proficuo, occorre verificare se ciò è vero e se il risultato, alla fine, è davvero soddisfacente.

In quali condizioni vi concentrate meglio?

In questo caso, entrano in gioco molti fattori personali, spesso diversi da persona a persona. Ad esempio, qualcuno può concen-trarsi più facilmente di fronte a una scrivania in ordine, oppure quando il proprio tavolo di lavoro gode di una buona illuminazione, o, ancora, se in sottofondo è possibile ascoltare qualche brano musicale. In ogni caso, è evidente che l’am-biente nel quale si lavora deve sem-pre essere accogliente e l’atmosfera intorno a noi altrettanto favorevole. Un clima di tensione non favorisce la concentrazione. L’assillo di dover consegnare un lavoro entro un de-terminato e circoscritto periodo di tempo nemmeno.

Conclusione

Per concludere, possiamo dire che la concentrazione la si può raggiunge-re facilmente solo se lavoriamo con serietà, correttezza e senso di respon-sabilità. Se mancano tali presupposti, anche questo esercizio mentale finisce per diventare una pesante e fastidiosa in-combenza. no2 - 2012 - dm&c 29

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Negli ultimi anni i mutamenti della situazione sociale nei quali operano le imprese, e la sempre maggiore at-tenzione volta al raggiungimento di un vantaggio competitivo nei con-fronti dei propri concorrenti, hanno portato le aziende a cercare nuovi mezzi e moderni strumenti per com-petere sul mercato, al fine di miglio-rare la propria immagine, attraverso la trasparenza e l’onestà, verso i pro-pri consumatori che sono divenuti sempre più numerosi ed esigenti.Tuttavia, indipendentemente dal-le loro dimensioni, tutte le aziende sono legate in maniera inestricabile al tessuto sociale e all’ambientale in cui operano, instaurando tra loro una serie di rapporti caratterizzati da vari gradi e diversi livelli di comples-sità.In quest’ambiente si sono messe in atto pratiche e si sono impiega-ti strumenti sempre più innovativi diventati ormai fondamentali per differenziarsi in un mercato dove le caratteristiche tangibili, pur rima-nendo rilevanti, spesso, non sono sufficienti al fine di attuare una stra-tegia di differenziazione.

Per rispondere a questa esigenza, uno degli aspetti cui si è rivolta l’at-tenzione negli ultimi anni è la cosi chiamata “Corporate Social Respon-sibility” (CSR), nota, in Italia, anche con il nome di “Responsabilità Socia-le d’Impresa” (RSI).

Strumenti diversi

Tra i diversi strumenti di CSR tro-viamo il “Cause Related Marketing” (CRM), in altre parole, rappresenta una strategia di marketing di natura commerciale legata a una causa so-ciale; strumento fondamentale, che permette di rendere visibile l’impe-gno delle imprese nel sociale.Sempre di più le imprese si stanno orientando a portare in essere pro-getti di tale tipo, che possono essere considerati di CRM.Se analizziamo il senso dei due ele-menti che contraddistinguono il CRM e cioè il contributo fornito a una causa sociale e il perseguimento di obiettivi di natura commerciale, si nota che il primo può riguardare un vasto ventaglio di settori sociali d’azione; dalla tutela ambientale,

Axel Lo Guzzo

Il CRM è un’attività commerciale che produce nel breve termine un aumento delle vendite e poi mi-gliora l’immagine e la reputazione dell’impresa

Per avere una marcia in più

Impegno nel sociale

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alle esigenze connesse a emergenze e disastri naturali; dall’impegno nel campo medico, alla lotta alla fame o a comportamenti dannosi dell’uo-mo, e cosi via.

Modi diversi

Tuttavia, il sostegno alla causa può avere luogo secondo differenti modi, sintetizzabili in due fondamenta-li approcci quali il sostegno fornito a uno o più enti “no profit”, il cui mandato abbia essenza sociale, o nel secondo modo, tramite un’azione volta a rispondere senza intermedia-ri a determinati problemi-bisogni, impegnando risorse di varia natura come ad esempio somme di denaro, prodotti-servizi, ma anche compe-tenze di vario tipo, tempo dei propri collaboratori, e cosi via.Nel primo caso, si viene a stabilire una collaborazione che può essere o di carattere temporaneo oppure du-raturo tra l’impresa e l’azienda no profit.Nel secondo caso, invece, l’impresa deve realizzare al proprio interno una struttura organizzativa capace di progettare ed eseguire una campagna sociale, che può prevedere attività di sensibilizzazione su diversi livelli, in-terventi diretti, stanziamento di fon-di ai soggetti impegnati con la causa scelta.A questi due approcci elencati, se ne aggiunge un altro per cosi dire “a metà” e cioè l’impresa può interes-sarsi a una causa sociale servendosi di enti no profit, ma non individuan-done uno nello specifico, piuttosto rivolgendosi al pubblico chiedendo un loro parere a esprimere delle pre-ferenze a riguardo di organizzazio-ni, istituti, fondazioni o soggetti da sovvenzionare oppure domandando agli stessi enti di farsi promotori del-la propria candidatura.Il secondo elemento distinguente il CRM è la ricerca di benefici di natu-ra commerciale per tutti i soggetti coinvolti nel progetto di marketing sociale; l’impresa ne trae beneficio

miglioran-do i propri r i s u l t a t i competitivi e redditua-li, l’ente no profit riceve un aiuto al raggiungimento dei propri obiettivi istituzionali e infine i clienti acqui-stano un bene a cui sono collegate valori intangibili aggiuntivi di carat-tere etico.

La logica “win-win”

Tale logica di operare è anche chia-mata “Win-Win”, ed è considerato quale elemento fondamentale per attuare campagne di marketing im-pegnate nell’ambito sociale.A differenza della sponsorizzazione, il CRM è un’attività commerciale che, in modo quasi spontaneo, pro-duce nel breve termine un aumento delle vendite, ma la sua caratteristica è di perseguire un obiettivo di medio e lungo termine legato al migliora-mento dell’immagine e della reputa-zione generale d’impresa.Al centro di qualsiasi operazione di strategia impegnata nel marketing sociale, vi è, infatti, sempre il con-sumatore che diventa donatore solo indirettamente.

Il ruolo del consumatore

Il consumatore si trova nella possi-bilità di acquistare beni con un plus di valore all’interno del quale vi è la ricompensa motivazionale di aver partecipato al sostegno di una causa sociale. Il CRM, da strumento di natura pre-valentemente strategico, col tempo è diventato uno strumento in grado di sostenere e rafforzare i valori del brand.Questo cambio di visione implica quindi la necessità per le aziende di scegliere con attenzione le cause da supportare in conformità a un set di valori consolidati in linea con quelli aziendali e con quelli dei consuma-tori target dell’azienda. no2 - 2012 - dm&c 31

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Comunicare in modo efficace in si-tuazioni conflittuali non è mai sem-plice. Avere pertanto solidi modelli teori-ci per orientare il comportamento comunicativo non potrà che essere d’aiuto. A questo fine la griglia di gestione declinata secondo la teoria del dupli-ce interesse presentata nel preceden-te numero di questa rivista, propone cinque strategie: la soppressione del conflitto, la riconciliazione o l’acco-modamento, l’evitamento del con-flitto, la ricerca del compromesso e il problem solving. Più o meno opportune secondo il contesto in cui il conflitto si manife-sta, le strategie saranno illustrate at-traverso le tattiche, o classi di mosse comunicative che le caratterizzano. Tutte tranne una, il compromesso, poiché ritenuto da molti autori una forma “pigra” di problem solving.

Tattiche elusive o l’evitamento del conflitto

Le tattiche elusive sono spesso con-siderate negative poiché non risol-

verebbero il conflitto e sarebbero espressione di auto-svalutazione e scarso interesse per i propri obiettivi come per quelli altrui. Tuttavia l’elusione di un conflitto è ritenuta invece opportuna se agìta ponderatamente e in particolari con-testi. Essa, infatti, risulta vincente nel caso la relazione superi per importanza il risultato o quando è necessario tem-po per informarsi o per calmarsi. Le tattiche elusive possono assumere due forme: la rinuncia e l’inazione. La rinuncia consiste nel sospendere la discussione o, in particolari casi, nell’interruzione temporanea della relazione. L’inazione prevede invece che le par-ti coinvolte nel conflitto rimangano in contatto, ma che una di loro non affronti il conflitto.

Tattiche concessive o accomodamento

In un conflitto fare concessioni o essere accomodanti significa permet-tere alla controparte di soddisfare i propri bisogni.

Manuele De Conti

Quando ci si imbatte in situazione conflit-tuali è necessario essere in grado di gestire momenti che possono non essere semplici

Cinque riflessioni su come comportarsi

Stili e strategie

Comunicazione

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-Seconda parte

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C i ò n o n i m p l i -ca la capito-lazione t o t a l e poiché la con-cessio-ne può e s s e r e s o l a -m e n t e parziale o limitata. Utile strategia se poco interessati alla questione, o se meno influenti della controparte, accondiscendere permette di istituire o preservare la relazione. In ogni caso essa implica riconoscere e concedere potere alla controparte. Espressioni che segna-lano la presenza di questa strategia sono: “Nessun problema, come lei vuole”, oppure, “Lei è l’esperto, cosa ne pensa?”. Le tattiche linguistiche utili per que-sta strategia possono essere l’offerta, la promessa, le scuse.

Tattiche controversiali o la sopressione del conflitto

Tattiche finalizzate a sopraffare la controparte, risultano opportune quando deve essere presa una deci-sione velocemente o quando i colla-boratori mancano di esperienza per prendere decisioni tecniche. Le tattiche controversiali indirette si propongono di affrontare la contro-parte indirettamente mediante l’aiu-to delle procedure. Tra queste rientrano la manipolazio-ne a proprio vantaggio delle regole del gioco o l’affidamento a una terza parte capace d’influenzare il compor-tamento dell’antagonista. Tra le tattiche dirette, invece, trovia-mo l’ingraziamento ossia le tattiche con cui una parte cerca di rendere se stessa attrattiva alla controparte nel tentativo di prepararla a richieste fu-ture. Essa consiste nell’adulazione,

nel l ’e -s p r e s -s i o n e di ac-c o r d o v e r s o l’altrui o p i -n i o n e o nella presen-tazione d e l l e proprie

virtù in modo che la controparte le trovi attraenti. A pieno titolo nelle tattiche controversiali ritroviamo la minaccia, ossia l’annuncio dell’in-tenzione di danneggiare la contro-parte se questa fallisce nel soddisfare le richieste. Tattica deterrente, diversamente dall’avvertimento, la minaccia pre-vede che chi la profferisce sia in gra-do di eseguirla.

Tattiche integrative o problem solving

Conformi al fine di riconciliare il conflitto, le tattiche integrative si propongono di condurre le parti in causa a raggiungere i propri obiettivi attraverso l’ottimizzazione. Una di esse è l’espansione della tor-ta: nei conflitti che ruotano intorno alla scarsità delle risorse, la soluzione integrativa può essere raggiunta in-crementando le risorse disponibili. Altre tattiche sono: la compensazio-ne, dove una parte ottiene ciò che desidera e l’altra è ripagata con un bene, o moneta, diversa; lo scambio interessato in cui ciascuna parte cede sulle questioni poco importanti per sé ma molto importanti per la con-troparte; il bridging con cui nessuna delle parti soddisfa le proprie inizia-li richieste, ma progetta una nuova opzione che soddisfi i più importanti interessi di entrambe, arrivando, in questo modo, a una soluzione win-win in cui tutte le parti in conflitto vincono. no2 - 2012 - dm&c 33

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Al giorno d’oggi, il settore del com-mercio al dettaglio sta attraversando una fase particolarmente delicata: il lungo periodo di crisi che stiamo tut-tora vivendo ha reso i consumatori molto più critici e attenti ai propri acquisti, inoltre il boom dello shop-ping online degli ultimi anni sta mettendo a dura prova la capacità dei retailer di attirare clienti all’inter-no dei propri punti vendita.

Scenario difficile

In uno scenario simile, sembra sem-pre più difficile trovare la strategia vincente che permetta di incremen-tare le proprie quote di mercato e sbaragliare la concorrenza, e che al contempo assicuri la massima effi-cienza delle operazioni.Se è vero che non esiste la formula magica per individuare la strategia più efficace, è altrettanto vero che per prendere decisioni commercia-li valide non si può prescindere da una conoscenza accurata di ciò che avviene giorno per giorno all’interno dei propri negozi. Quello delle informazioni legate alle

abitudini di acquisto rappresenta un patrimonio preziosissimo di cui le aziende possono disporre ed è per questo che le insegne più lungimi-ranti si stanno avvalendo delle più accurate tecnologie che permettano loro di raccogliere dati e cifre al fine di mettere a punto funzionalità di business intelligence.

La verità dietro ai numeri

La verità sembra perciò trovarsi solo dietro ai numeri, che però vanno interpretati in modo corretto e com-binati tra loro in maniera strategica. A questo proposito, l’analisi dei soli dati di vendita di ogni store non è sufficiente a misurare le effettive per-formance del punto vendita, e può a volte condurre ad un’interpretazione errata di quella che è la reale situa-zione rispetto alla profittabilità di un negozio in un dato periodo. Per questo, una misurazione mol-to più precisa rispetto ai comporta-menti di acquisto è quella legata al numero dei visitatori che entrano in negozio.Tale dato, incrociato con quello re-

Salvador Cañones *

Solo un’analisi approfondita dei dati di store può garantire vantaggio competitivo, incremen-to delle vendite e crescita del market share

Una fase delicata per il commercio al dettaglio

Il potere della conoscenza

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*Country Manager Checkpoint Systems Italia

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lativo alle vendite, può fornire un’a-nalisi accurata del cosiddetto “tasso di conversione cliente” ossia della capacità dei gestori del pdv di far di-ventare i visitatori che transitano in negozio dei reali acquirenti.

Tasso di conversione

Gli esperti del settore concordano nel dire che, in media, si può re-gistrare un aumento del 5% delle vendite per ogni ulteriore visitatore che diventa cliente su 100 che han-no fatto ingresso nel punto vendita. Per “trasformare” quel visitatore in cliente e quindi per avere un incre-mento delle vendite, si deve mettere in atto una gestione intelligente del mix di risorse a propria disposizione (staff, layout del pdv, disponibilità del prodotto, promozioni, servizi de-dicati etc).In questo senso perciò l’analisi del flusso dei visitatori diventa strategi-ca, in quanto permette di far basare le decisioni operative non sulle spe-culazioni ma sul reale comportamen-to dei clienti all’interno del negozio.Il dato sull’affluenza per esempio permette di pianificare adeguata-

mente il rifornimento dei prodotti nei momenti di maggiori ingressi, in quanto la mancata disponibilità de-gli articoli in negozio può far perdere opportunità di vendita.

Gestione più efficace

Ma l’informazione sul numero di visitatori che transitano all’interno dello store in determinate ore del giorno può essere utile anche per una gestione più efficace dello staff, in modo che quest’ultimo sia mag-giormente presente nei momenti di maggiore affluenza garantendo un’assistenza celere alla clientela, mentre può dedicarsi ad attività di magazzino nei momenti in cui i visi-tatori scarseggiano. E’ noto infatti che le code hanno un effetto negativo sull’esperienza d’ac-quisto ed incoraggiano i consuma-tori ad acquistare altrove, ma anche che una eccessiva presenza di perso-nale in negozio può sortire lo stesso risultato, non lasciando il cliente sufficientemente libero di muoversi all’interno dell’area di vendita. Ancora, è possibile sfruttare i dati sull’affluenza dei visitatori per com- no2 - 2012 - dm&c 35

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prendere quali sono i momenti più salienti per pianificare promozioni e attività di marketing mi-rato e, in seconda battuta, misurare attraverso il tas-so di conversione cliente qual è stata l’efficacia rea-le di tali azioni sull’incre-mento delle vendite. Nel caso di store di gran-di dimensioni con più ingressi e diverse aree dedicate a varie catego-rie merceologiche poi, la scelta del migliore spazio in cui effettuare promo-zioni può essere determi-

nata proprio dall’analisi del flusso di visitatori che transitano attraverso ognuno degli accessi presenti.

Analisi del flusso

Tale analisi tra l’altro consente di porre in essere, se necessario, le azio-ni più opportune per valorizzare un determinato ingresso che non rice-ve la giusta attenzione da parte dei clienti ed in generale per sfruttare al meglio ogni metro quadro della su-perficie di vendita. Ma il dato sul numero di visitato-ri diventa particolarmente utile per quei retailer che dispongono di mol-ti punti vendita dislocati in diverse città e nazioni e con differenti tipo-logie di formato (per esempio piccoli negozi nel centro storico del paese piuttosto che grandi store all’interno

dei centri commerciali). Per le aziende con una presenza di questo tipo infatti, risulta fuorviante comparare le performance di realtà così differenti solo sui dati di fattu-rato, in quanto gli store più grandi o centrali avranno sempre valori più alti rispetto ai negozi piccoli e dislo-cati in posizioni meno vantaggiose. Collegando i dati di vendita con il numero dei visitatori attraverso il tasso di conversione cliente, è possi-bile invece ottenere una misura reale di quanto ogni store stia rendendo, e di quali siano i negozi che stanno sfruttando al meglio le proprie po-tenzialità di vendita. Infine, le informazioni sull’affluenza dei visitatori possono essere un uti-le strumento per ridurre i consumi, grazie alla regolazione dei sistemi di condizionamento in base all’affluen-za reale che viene registrata in nego-zio. Quelle risorse finanziarie così rispar-miate possono essere meglio sfrut-tate per esempio per un’attività di promozione o per altre azioni mirate ad una migliore efficienza del punto vendita.

Cosa succede realmente

Risulta dunque fondamentale sape-re cosa realmente succede all’inter-no del punto vendita, giorno dopo giorno, ora dopo ora. Ciò che noi supponiamo accada spesso risulta essere molto diverso da ciò che real-mente succede. Nel momento in cui si smette di presupporre e si inizia a conoscere davvero, si possono effet-tivamente mettere in atto le decisio-ni commerciali giuste che possono convertire i visitatori in clienti. E se il retailer sarà stato in grado, con tali accorgimenti, di trasformare an-che solo 10 visitatori in clienti effet-tivi, sarà riuscito ad incrementare le proprie vendite ben del 50%. Come dire: è proprio vero che SAPE-RE è POTERE e, per il retail, la vec-chia massima del filosofo Bacone è più che mai valida.

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Già da tempo nei ristoranti e negli alberghi si aggirano “strani figuri” che più o meno (ma spesso molto) palesemente dovrebbero valutare le diverse strutture per poi riportare il giudizio su una delle tante riviste specializzate proposte nel mercato editoriale.Ben altra cosa sono invece i valuta-tori (auditor) che invece collaborano con destinatari diversificati come il settore sanitario, la P.A., i trasporti, le banche, il retail, la grande distri-buzione organizzata e in particolar modo quella specializzata nel fai da te e nel settore bianco (elettrodo-mestici grandi e piccoli) e bruno (elettronica,tv, stereo, videocamere ecc). Un po’ di storia

• Nasce in America ad inizio 900 come forma di investigazione• 1940: nasce il“Mystery Shopping”• Dai primi anni 90 ci sono interes-santi applicazioni in Europa.L’attività di audit in genere viene effettuata da uno o più auditor pre-parati opportunamente a simulare

il comportamento e le azioni di un cliente potenziale o reale, senza far-si riconoscere come auditor dal per-sonale della struttura commerciale, con lo scopo di valutare la qualità delle attività di interfaccia tra cliente e organizzazione.Rappresenta un metodo strutturato e pianificato avente lo scopo di in-dividuare il tipo di percezione ed il grado di soddisfazione del fruitore di un servizio, valutando principal-mente fattori di qualità oggettivi riferiti all’efficacia e all’efficienza di una prestazione, nel suo complesso, inclusiva degli eventuali prodotti eventualmente associati.

Cosa fa un auditor

Due sono le fasi di preparazione e conduzione dell’audit :Preparazione• Raccolta delle informazioni e dei dati relativi alla struttura, al contesto territoriale e all’offerta limitrofa• Predisposizione delle attività e pia-nificazione della verifica, funzione principalmente svolta dal commit-tente.

Pietro Arpa

Una simulazione fatta allo scopo di poter valutare obiettivamente i comportamenti di chi opera in una struttura commerciale nei riguardi della clientela

L’incognito - mistery auditor- chi è costui?

Tutto sotto controller

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Esecuzione• La visita sul cam-po, che può anche interessare l’area in cui viene svolta un’a-zione preventiva di volantinaggio pro-mozionale con rileva-zione della capillarità della distribuzione degli stessi, intervi-stando a campione, se richiesto dal committente, anche i residenti interessati• Verifica degli aspetti relativi ai ser-vizi svolti sul punto vendita correlati alla eventuale azione promo• Verifica degli aspetti strutturali e di pulizia• Interazioni con i veri clienti sul punto vendita sull’azione promo in corso e su aspetti anche più generali• Simulazione di reclami e verifica della gestione degli stessi• Attività post-vendita.

Scopi dell’audit

. Verificare i livelli prestazionali di un servizio e le eventuali disfunzioni. Comprendere meglio le aspettative del cliente. Disporre di informazioni e dati per il miglioramento. Valutare la competenza e l’approc-cio del personale con il cliente. Verificare l’efficacia della formazio-ne effettuata. Organizzare programmi di ulteriore formazioneLa Direzione della struttura oggetto dell’audit deve essere informata sulla metodologia e condividerne le fina-lità. Il personale dell’organizzazione og-getto dell’audit dovrebbe essere con-sapevole e informato che il proprio lavoro può essere oggetto, in ogni momento, di audit condotto in in-cognito.Le risultanze dell’audit non dovrebbero essere utilizzate con-tro il personale, potrebbero essere causa di accusa di comportamento antisindacale.È compito dell’auditor,

nell’utilizzare stru-menti a disposizione durante la rilevazio-ne, organizzare le modalità più oppor-tune per mantenere l’anonimato, secondo il contesto in cui si opera, sia tenendoli assolutamente nasco-sti durante l’audit, sia utilizzandoli aperta-

mente con naturalezza ovviamente non motivando gli scopi finali delle rilevazioni. Le eventuali liste di riscontro utiliz-zate devono essere tenute nascoste, in ogni caso, durante le interazioni con il personale dell’organizzazione oggetto dell’audit in incognito.

Le caratteristiche necessarie

L’audit oltre ai cinque sensi umani deve utilizzare i più diversi strumen-ti tecnologici per raggiungere gli ob-biettivi dell’indagine, comunque tre sono le azioni che sono fondamen-tali : l’osservare, il sentire ed avere tanta pazienzaL’esperienza vissuta dall’audit è spes-so coinvolgente per lo stesso, ma ciò non deve condizionare i comporta-menti del medesimo, questo deve mantenersi su un livello di neutralità soprattutto nei rapporti tra cliente e personale della struttura. La sua posizione di riferente non gli permette di interagire troppo diretta-mente tra le parti. Comunque oggi la sua funzione diventa sempre più rilevante per aiutare le organizzazio-ni commerciali e non, a cercare di raggiungere l’obbiettivo finale ambi-zioso e spesso un po’ trascurato, ma invece estremamente qualificante e strategico per il raggiungimento de-gli obbiettivi per soddisfare i desti-natari finali. Customer satisfaction molto spesso sbandierata ai quattro venti ma poi in pratica abbastanza poco applicata, visti i tanti fattori critici che concorrono al raggiungi-mento della stessa. no2 - 2012 - dm&c 39

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Il gesto del cane di saltare addosso, è una manifestazione sociale parago-nabile alla nostra pacca sulle spalle come cameratesco saluto. Spesso i proprietari accettano di buon grado il cucciolo che salta addosso, senza rendersi conto che, quando il cane diventerà adulto, quello che sembrava un innocente gesto di af-fetto, si potrebbe trasformare in un fastidiosa cattiva abitudine.

Cosa fare con il cucciolo

Nelle occasioni in cui si verifica il comportamento, non enfatizzare i saluti per non agitarlo ulteriormen-te, ricorda che il suo scopo è di avvi-cinarsi al tuo viso.• Quando ti presta troppe attenzioni, ignoralo o allontanalo.• Se corre per saltarti addosso, all’ul-timo momento scansati per non fa-vorirlo• Se corre per saltarti addosso, muo-viti nella sua direzione come per tra-volgerlo eliminando lo spazio utile per alzarsi sulle zampe.• Non accarezzarlo mai quando ha le zampe anteriori sollevate da terra.• Non permettergli di saltare addos-so in continuazione, se è necessario, tocca le zampe di appoggio con il piede al fine di infastidirlo.• Educa coloro che interagiscono con lui, allo scopo di non procuragli inopportuni rinforzi positivi.

Cosa fare con il cane adulto

• le condizioni base devono essere uguali a quelle del cucciolo• il cane deve conoscere il comando seduto e seduto fermo• devi essere molto abile nel capire quando staccherà le zampe anterio-ri da terra per spostarsi, lo scopo è quello di fargli mancare l’appoggio facendolo cadere pesantemente a terra con le zampe anteriori• se è riuscito comunque ad appog-giare le zampe addosso, allontana le mani dal corpo e muoviti per fargli mancare l’appoggio. • dai il seduto fermo ma, se salta di nuovo, ripeti il movimento prece-dente• quando è seduto correttamente, puoi premiarlo con un bocconcino ed una carezza ed una lode vocale

Cosa fare con gli estranei

• devi avere la supremazia del grup-po ed essere il suo capo branco, di solito è un comportamento dei cani adulti dominanti o dei cuccioli che intendono socializzare in assenza di un capo che li controlli• quando tenta di saltare, o presu-mi che stia per farlo, trattienilo per il guinzaglio, fallo sedere e allenta la tensione del guinzaglio, ripeti ogni volta che tenta di alzarsi sulla zampe posteriori.

Davide Canonici

Un gesto di affetto?

Comunicazione con i Cani

E’ un tipico comportamento che rivela un carattere dominante e viene messo in atto allo scopo di sottomettere il soggetto preso di mira

Quando salta addosso

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Quando si discute di privacy in realtà si disegna un confine; cioè ci si pone il problema di definire secondo quali criteri debba essere tracciata la linea ideale che separa l’individuo dalla collettività. In pratica le norme sulla privacy definiscono secondo quali principi debba essere risolto il conflitto di interessi che sorge tra la pretesa del singolo ad essere lasciato solo e l’esi-genza della collettività di conoscere, per finalità determinate, le informa-zioni che riguardano ognuno di noi.

Confini mobili Guardando con realismo all’evolu-zione in questi ultimi quindici anni delle norme sul trattamento dei dati personali dobbiamo constatare che i confini della privacy sono estrema-mente mobili e si modificano con sorprendente facilità, ora restringen-do lo spazio di tutela offerto all’indi-viduo, ora allargandolo oltre misura. Un esempio eclatante di questa ten-denza è offerto dall’evoluzione delle norme che in Italia regolano il tratta-mento dei dati personali per finalità

commerciali. Per molti anni per poter inviare mes-saggi indirizzati ai consumatori era richiesto il consenso espresso dell’in-teressato. Nel corso del tempo questo princi-pio chiaro che rappresenta la massi-ma forma di tutela per l’interessato, rendendo illecite tutte le attività di trattamento delle quali non è stato preventivamente informato e che ha espressamente autorizzato, ha cono-sciuto diverse deroghe fino a giunge-re all’ultima clamorosa riforma re-lativa all’uso dei numeri di telefono presenti negli elenchi telefonici per effettuare telefonate commerciali, ri-cerche di mercato o per promuovere l’invio di materiale pubblicitario. Tale riforma ha sostanzialmente sov-vertito le regole consolidate renden-do legittimo l’uso di questi dati in assenza di esplicito dissenso da parte del cittadino. Si è passati quindi da un sistema ba-sato sull’opt in ad un meccanismo fondato sulla logica dell’opt out. Questo episodio ci porta ad esami-nare quale sia il modo più efficiente attraverso il quale ognuno di noi può

Marco Maglio

La continua evoluzione delle leggi che stabiliscono il trattamento dei dati dei cittadini troverà una regola-mentazione comune, almeno per l’Europa, nel 2014

La linea ideale che separa l’individuo dalla collettività

Privacy

Marketing

dm&c - no2 - 201242

-

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esprimere la sua volontà rispetto al trattamento dei suoi dati.

Il valore del silenzio

La riforma introdotta in Italia attri-buisce valore legale al silenzio, in-tendendo che la mancata opposizio-ne rende possibile il trattamento dei dati per svolgere attività di telemar-keting. È però vivo in Europa il dibattito sul ruolo da attribuire al silenzio. Anche per questo le posizioni criti-che rispetto alla riforma adottata in Italia sono state numerose.Per dare giusto peso a queste critiche appare quanto mai necessario riequi-librare, sotto il profilo strettamente normativo, le asimmetrie esistenti nel rapporto tra cittadini-utenti ed operatori telefonici. Le nuove norme sulle attività di tele-marketing contengono disposizioni che agiscono chiaramente in favore degli operatori commerciali, metten-doli in condizione di poter utilizza-re ogni dato del cittadino che risulti disponibile, mentre fa obbligo all’u-tente che intenda sottrarsi alle tele-fonate commerciali di sottoporsi ad una procedura di opposizione.Ci sono le premesse perché il tema sia ancora oggetto di interventi nor-mativi. Tanto più che entro la fine del 2012 è prevista la riforma profonda della direttiva comunitaria in materia di data protection. Sicuramente quindi il legislatore italiano dovrà tornare ad occupar-si di questi argomenti. Verrà infatti approvato un regolamento, destina-to ad entrare in vigore il 30 giugno 2014, comune a tutti i paesi dell’U-nione, che si sostituirà alle leggi na-zionali cui ci siamo abituati in questi anni. Il risultato sarà rivoluzionario: un solo spazio europeo, una sola leg-ge sulla privacy.

Riforma europea

La riforma europea in discussione ha l’obiettivo di creare un quadro giu-ridico coerente e tendenzialmente uniforme tra i vari Stati Membri, te-nendo conto delle dimensioni inter-nazionali assunte dal fenomeno del-la circolazione dei dati e delle nuove forme di trattamento cui gli stessi possono essere sottoposti.La linea che si sta seguendo in Euro-pa è quella di mantenere i principi previsti dalla Direttiva del 1995, ren-dendoli però più dinamici e adeguati alle nuove tecnologie. In particolare chi tratta dati persona-li dovrà gestire questa attività come un processo da organizzare in base al principio di precauzione, per preve-nire utilizzi abusivi delle informazio-ni trattate. I titolari del trattamento dovranno assumersi l’onere di do-cumentare in una procedura interna tutto ciò che è necessario fare per ri-spettare i principi normativi per es-sere in grado di dimostrare di aver fatto quanto necessario per gestire in modo adeguato questa materia. La privacy futura sarà sempre di più basata su regole organizzative fina-lizzate a prevenire usi impropri dei dati. In questo contesto è probabile che troveranno sempre meno spazio operativo norme basate su consensi presunti e su registri pubblici delle opposizioni.I confini della privacy, al di là della riforma introdotta in Italia con il re-gistro delle opposizioni, quindi sono destinati a muoversi ancora, accom-pagnando la dinamica sociale e l’e-voluzione del costume. Ed è facile prevedere che nel futuro dell’Europa ci saranno regole più rigide anche per l’uso dei dati con finalità di mar-keting, contro una raccolta dei dati personali dei cittadini a loro insapu-ta per proporre prodotti o servizi con tecniche di marketing diretto. no2 - 2012 - dm&c 43

[email protected]

Avvocato in Milano e fondatore di Lucerna Iuris, il primo Network

Giuridico Europeo formato da legali di tutti i paesi dell’Unione Eu-

ropea esperti di questioni di marketing e di comunicazione.

Insegna Diritto dei consumi e del marketing e Diritto della sicu-

rezza Alimentare nelle Università di Milano e Parma. Dopo esse-

re stato Consigliere Delegato di AIDIM (Associazione Italiana del

Marketing Diretto ed Interattivo) per le relazioni istituzionali, le

pubbliche relazioni e gli affari legali, dal 2004 presiede il Giurì per

l’Autodisciplina nella comunicazione commerciale diretta e interat-

tiva e nellevendite a distanza. E’ membro del Consiglio Direttivo di FEDMA (Federazione Europea

del Direct Marketing) in rappresentanza dell’Italia.

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I guerrieri della salute ”M’illumino di Meno” è uno studio che un’intera classe di una scuola di Milano, che ha collaborato al proget-to Philips “Guerrieri della Salute”, ha consegnato agli Assessori della città. Si tratta di un decalogo con semplici accorgimenti per ridurre il consumo energetico e adottare corretti stili di vita per il benessere proprio e dell’in-tero pianeta. L’obiettivo è quello di sensibilizzare i sindaci dei principali comuni italia-ni, oltre naturalmente a tutti i citta-dini, sui temi del risparmio energe-tico per promuovere stili di vita più salutari e comportamenti ecososteni-bili. L’iniziativa “Guerrieri della Salute” coinvolge direttamente i dipendenti Philips che volontariamente decido-no di mettere a disposizione parte del proprio tempo per insegnare ai bambini alcune semplici strategie per vivere meglio e ridurre i consumi energetici diventando così protago-nisti attivi nella difesa della salute e del benessere personale, familiare e dell’intero Pianeta.Tra gli insegnamenti trasmessi ai bambini con modalità ludiche e multimediali, c’è infatti anche quel-la di spegnere la luce quando non è necessaria. Questo semplice accorgimento è sta-to inserito nel decalogo consegna-to agli Assessori, ai quali i bambini hanno chiesto di attivarsi affinché queste semplici regole vengano ap-plicate nella vita di tutti i giorni, a cominciare proprio dalle scuolee da-gli uffici pubblici.I bambini hanno spiegato che spe-gnendo per un’ora la luce nelle aule di tutte le scuole primarie di Milano, per esempio durante l’ora di ginna-stica o durante gli intervalli e le pau-se pranzo, in un anno si eviterebbe l’emissione di 143 tonnellate di ani-dride carbonica, per il cui assorbi-mento sarebbero necessari ben 7.154 alberi (e si potrebbero risparmiare più di 50.000 €).

Lavorare di domenica Apertura degli esercizi commerciali nei giorni festivi: è questo il tema del sondaggio realizzato da PromoQui.it tra i suoi oltre 100mila utenti regi-strati.Dopo la liberalizzazione di orari e chiusure degli esercizi commerciali, inserita nel decreto “Salva-Italia”, l’apertura domenicale dei supermer-cati non è un argomento che lascia indifferenti.Cosa ne pensano gli italiani di un giorno in più per fare la spesa, quello festivo? Dai risultati del sondaggio, particolarmente significativi perché oltre il 90% dei partecipanti ha di-chiarato di essere anche il respon-sabile della spesa e degli acquisti familiari emerge un atteggiamento sostanzialmente positivo all’apertura domenicale dei grandi centri com-merciali e dei supermercati: il 69% è favorevole, il 31% contrario. In pri-mo luogo perché si può fare la spesa quando si ha davvero tempo (per il 47%).In sostanza più che una reale neces-sità è soprattutto un desiderio di co-modità e di disponibilità a priori.Osservando dall’altra parte, cosa dice il lavoratore? Dal sondaggio, emerge che le persone, se dovessero lavorare di domenica, sostanzialmente se ne farebbero una ragione. Lo sostiene il 70% degli intervistati. Di questi il 44% dei partecipanti al sondaggio ha scelto la risposta “Non mi farebbe piacere ma non sarei l’unico; ci sono molte persone, nelle più diverse pro-fessioni, che lavorano anche nel fine settimana” e un altro 26% non vede il problema perché avrebbe comun-que un altro giorno libero.Queste percentuali ci dipingono il quadro di un’Italia lavoratrice dispo-sta a sacrificare anche le ore festive dedicate alla famiglia o ai propri in-teressi pur di lavorare e portare a casa lo stipendio e di un consumatore che accetta con piacere questo proposta, anche se questo avviene in modo di-verso a seconda dell’età.dm&c - no2 - 201244

Fatti & Persone

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e-commerce Da un recente studio risulta che l’e-commerce in Italia ha un valore stimato di circa 19 miliardi di euro nel 2011. I settori principali sono il tempo libero (principalmente gio-chi d’azzardo) che rappresenta quasi metà del mercato (56,9%), il Turismo (24,8%) e le Assicurazioni (5,9%).Le aziende italiane hanno ancora una presenza limitata sul mercato internazionale. Rispetto al passato si avverte una maggiore esigenza di ampliare il bu-siness verso l’estero, non solo per accrescere il proprio fatturato, ma anche per crearsi delle economie di scala sufficienti a contrastare la con-correnza internazionale.La Rete continua ad ottenere perfor-mance migliori rispetto alla distribu-zione tradizionale ed è il canale di vendita che offre ad oggi le maggiori potenzialità in termini di crescita, nonostante la congiuntura economi-ca non favorevole.Il 33% delle aziende non vende i pro-pri prodotti o servizi fuori dall’Italia, mentre il restante 67% è presente sul mercato internazionale con modali-tà differenti. L’attività di vendita all’estero è gesti-ta direttamente dal 54% delle azien-de unicamente attraverso il proprio sito in lingua italiana (24%), o attra-verso siti in più lingue (25%). Il 5% possiede strutture o sedi all’e-stero. Il 13% opera a livello interna-zionale in quanto è parte di un grup-po multinazionale.L’e-commerce rappresenta un canale sempre più strategico per le aziende che desiderano essere competitive e raggiungere il proprio target in modo efficace e differenziato permettendo, attraverso esperienze digitali coin-volgenti e fruibili su più piattaforme, un alto tasso di conversone da uten-te a cliente. Attualmente le aziende stanno spo-stando il budget di marketing e co-municazione dai media tradizionali alla Rete.

Posti di lavoro La Commissione europea ha avviato la campagna “We Mean Business” che intende incoraggiare le imprese a creare un maggior numero di posti di tirocinanti per promuovere le abi-lità e l’occupabilità dei giovani. I tirocini possono agevolare i giovani nel passaggio dal mondo dell’istru-zione e della formazione ad un pri-mo collocamento lavorativo. Tali collocamenti possono anche re-care vantaggi alle imprese consen-tendo loro di identificare i dipen-denti futuri che potrebbero, con il loro apporto di idee fresche, essere elementi chiave per la produttività e la competitività del futuro. Nel 2012-2013 la Commissione re-cherà un sostegno finanziario per un totale di 280 000 collocamenti attra-verso i suoi programmi Leonardo da Vinci e Erasmus a vantaggio di stu-denti dell’istruzione professionale e superiore.Si vuole, in particolare, fare opera di sensibilizzazione sul valore dei collo-camenti internazionali che possono migliorare le abilità linguistiche di una persona nonché aiutarla ad ac-quistare maggiore fiducia in se stessa e ad essere più adattabile. Da studi condotti emerge che i datori di lavo-ro apprezzano sempre di più questo tipo di abilità. Le indagini condotte evidenziano che poche imprese sono consapevoli della possibilità di ospitare un tiroci-nante nel quadro di un programma europeo. La campagna “We Mean Business” intende cambiare questa situazione e dimostrare alle imprese i vantaggi derivanti dai collocamenti internazionali. La campagna dispone di un sito web dedicato che contiene informazioni e link per sapere come organizzare o reperire un collocamento europeo. Negli Stati membri si svolgeranno azioni di sensibilizzazione indiriz-zate alle camere di commercio, alle agenzie di sviluppo regionale, alle organizzazioni di sostegno. no2 - 2012 - dm&c 45

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iNFORMALIBRI

LA NUOVA ERA DELLA COMUNICAZIONEHuman satisfaction, multicreatività, comunità di marcadi Marzio Bonferroni - Tecniche nuove - pag. 364 - 24,90 Euro

La comunicazione d’impresa com’è con-cepita oggi è in sofferenza.Le aziende non sono più in grado di de-stinare budget elevati in un’attività il cui ritorno è sempre più incerto.Questo libro è stato scritto per dimo-strare che il problema sta, innanzitutto, nella logica con cui si concepisce il “con-sumatore” (customer) e lo si bombarda di messaggi.

Il testo sostiene che il “con-sumatore” non esiste, esiste il cliente-persona (human) la cui ricchezza individuale va colta a tutto tondo, soprat-tutto nelle relazioni fra valo-re dell’impresa ed effettive necessità: dalla customer satisfaction alla human sati-sfaction. In questo processo sono coinvolti la multicreatività, prodotto del team multidi-sciplinare dove si uniscono più ambiti (non solamente di marketing) e la comunità di marca che è il mondo ri-conoscibile dell’impresa.Il tema della human sati-sfaction viene affrontato anche attraverso gli autore-voli pareri di una quarantina di imprenditori e manager appositamente interpellati, nonché con capitoli di ap-profondimento firrmati da specialisti.Non è pertanto un volu-me di cruda teoria, bensì una proposta concreta di comportamenti attivi e una provocazione volta a inau-gurare un nuovo mondo di comunicazione di brand e d’impresa.Marzio Bonferroni, nato a Firenze, lavora a Milano. È fondatore e presidente di UniOne - Architetture di comunicazione, società con-

sulenziale e operativa aderente ad As-solombarda. La sua visione della Human Satisfaction ha ottenuto pareri favore-voli da imprenditori, manager e opinion leader, fra cui Philip Kotler. Ha tenuto corsi, seminari e relazioni alla IULM e in altre Università. Ha firrmato per anni la rubrica sulla Human Satisfac-tion per il mensile Mark Up.

dm&c - n 2 - 201246

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FABBISOGNI PROFESSIONALI E FORMATIVI DI UN TERRI-TORIO. UN MODELLO DI ANALISI APPLICATO ALLA PU-GLIA E AL SETTORE AGRO-ALIMENTAREdi Pietro Aimetti, Cristina Erminero - Franco Angeli - pag.192 - 19,00 Euro.

Nei prossimi anni l’economia italiana sarà contraddistinta da una difficile ri-presa: tassi di crescita modesti, calo della produzione con conseguenti riper-cussioni sulla domanda di lavoro e sui relativi valori occupazionali. In tale contesto l’intervento pubblico può fare molto contribuendo a rilancia-re l’economia, non solo con politiche monetarie e non solo a livello centrale.Se l’incontro tra domanda e offerta di lavoro fosse più trasparente, se le risor-se umane fossero allocate in modo più efficiente e rispondessero alle effettive esigenze delle imprese, se il sistema della formazione parlasse con maggio-re intensità con il sistema produttivo si acquisirebbe una maggiore capacità di valorizzare il capitale umano, senza per-mettere la fuga dei cervelli e assicuran-do un notevole incremento nella pro-duttività del lavoro.Tutto ciò si può realizzare se le ammi-nistrazioni pubbliche in accordo con il sistema produttivo promuovono una ef-ficace programmazione locale, a partire da un monitoraggio permanente della domanda di lavoro.Il volume, affronta questo complesso argomento e propone con un modello di analisi strutturato la costruzione di un sistema informativo organico e comple-to del mercato del lavoro e del sistema della formazione. Gli autori, forniscono quindi i singoli “mattoni conoscitivi”, illustrando l’ap-proccio e mostrandone l’applicazione

ad un particolare contesto territoriale e settoriale fornendo gli strumenti opera-tivi al decisore per impostare tempesti-vamente le strategie più efficaci. Pur riferendosi al settore pubblico, il mo-dello di analisi illustrato presenta diversi aspetti interessanti anche per i decisori privati costituendo un punto di partenza per sviluppare alcune riflessioni sui siste-mi di pianificazione aziendale.L’approccio dei ricercatori è quello di va-lorizzare le risorse informative già dispo-nibili, ponendo grande attenzione alla costruzione di un sistema integrato di banche dati, e al contempo progettan-do modelli previsivi in grado di proporre diversi scenari su cui impostare le strate-gie di medio termine. Un testo adatto non solo a chi vuole ap-profondire i temi della formazione e del mercato del lavoro, ma anche a coloro che necessitano di strumenti statistici per la costruzione di nuovi modelli di programmazione nel settore pubblico.

Ugo Canonici

Prefazione di Enrico Bertolino

Comunico…ergo sum

Se è importante saper fare, lo è altrettanto il far sapere.

Utilizzando una buona comunicazione.

Deus Editore s.r.l.

La piccola libreria di Deus Editorewww.miabbono.com/deus

Comunico …ergo sum Sarò Breve

Organizzare eventi aziendali

Scrivere. Una fatica nera.

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Una media di 160 persone, uomini e donne, dai 18 agli 80 anni, studenti, impiegati, liberi professionisti, pen-sionati che con entusiasmo e passio-ne affiancano i nostri bambini e le loro famiglie, all’interno di un pro-getto condiviso con i servizi Socio-Sanitari e gli enti segnalanti.Fare i compiti insieme, insegnare l’i-taliano, l’inglese o l’uso del compu-ter, accompagnare da un terapeuta o al cinema, giocare, sfidarsi a pallone o rincorrersi ai giardini, curare l’orto e raccoglierne insieme i frutti: questi i compiti dei nostri volontari, amici fidati ed affidabili per bambini che devono riscoprire il gusto della vita.

Il valore del proprio tempo

Si può essere volontario donando un po’ del proprio tempo per dedicarlo ai bambini che ci vengono segnalati dai Servizi preposti al loro benessere e recupero.I casi sono segnalati dai Servizi So-ciali, dalle scuole, dalle Comunità di accoglienza, dalle ASL, dalle Unità Territoriali Minorili, da tutte quelle realtà che si occupano dei minori in condizioni di disagio e difficoltà so-ciale e relazionale.Sono bambini e adolescenti, da zero a 17 anni, italiani e stranieri, che vivono in famiglia o che sono stati separati dai genitori e vivono transi-toriamente in comunità. Tutti hanno bisogno del rapporto privilegiato con una persona adulta che sappia cogliere le loro esigenze e aiutarli a superare gli ostacoli e le sfi-

de del loro percorso di crescita. Il nostro volontario è colui che si as-sume, per un tempo determinato e stabilito, questo obiettivo.

L’importanza dei volontari

L’UVI crede fortemente nei suoi vo-lontari perché è grazie al loro lavoro che può raggiungere i suoi obiettivi. La massima attenzione e responsa-bilità nei confronti dei bambini si traduce in un costante impegno for-mativo. I volontari ricevono al loro ingresso una formazione di base focalizzata sulla motivazione e il ruolo del vo-lontario e sull’acquisizione di un pri-mo livello di competenza sulle pro-blematiche minorili. Attraverso programmi semestrali di formazione permanente, tutti i vo-lontari operativi hanno occasione di ampliare le conoscenze e approfon-dire la riflessione sul proprio ruolo. Per coloro che operano in settori spe-cifici è prevista una formazione più mirata. Fondamentale per i volontari è usu-fruire, durante la realizzazione dei loro interventi, della supervisione con le nostre coordinatrici tecniche per supportare meglio la relazione con il bambino.Per tutti coloro che fossero interessa-ti a collaborare con noi, si fisserà un primo incontro informativo ed un secondo incontro motivazionale con una delle nostre psicologhe. Poi i corsi, alla fine dei quali sarà pronto ad essere “Angelo Custode”.

I nostri volontari sono amici fidati e affidabili per bambini

che devono riscoprire il gusto della vita

Professione angeli custodi

Comunicazione Sociale

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UVIUnione Volontari per l’Infanzia e l’AdolescenzaTel. 02.78.12.97Corso Venezia 2/A20121 Milanowww.unionevolontariperinfanzia.orginfo@unionevolontariperinfanzia.org

Informazioni

L’EDITORE

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Page 50: DMC_02_2012

La parola “buonismo” è nel vocabo-lario solo dal 1995 ed ha avuto un rapido successo assumendo con il passare del tempo si-gnificati diversi, lo Zingarelli lo definisce un “atteggia-mento bonario e tollerante che ripudia i toni aspri del linguaggio politico. I “buoni” sono una vera manna e più facili da tener sotto controllo, il “buoni-sta” usa una tecnica raffina-ta e potente: si traveste da buono però non è buono come sembra, sceglie le sue “vittime” nel cerchio delle frequentazioni: colleghi, fa-miliari, amici, vicini e cono-scenti.

Sofisticate strategie

A parole può dire di agire per il nostro bene ma in re-altà, utilizzando una vasta gamma di sofisticate strate-gie, cercherà di prendere il controllo del rapporto ricor-rendo, se occorre, anche a

velate minacce e subdoli ricatti. Talvolta la tecnica consiste nel far

Antonella Lucato

L’inganno delle parole “buoniste”

È importante saper distinguere quando le parole sono usate allo scopo di ingannare. L’intuito è un fido alleato e ci può mettere in guardia

Comunicazione & Benessere

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dm&c - no2 - 201250

Utilizzando una tecnica raffinata di travestimento

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uscir di bocca frasi acide ma intinte nel miele o una mezza frase mali-ziosa e farla arrivare all’orecchio di qualcuno, non scelto a caso ma con lucida intenzione, dar un colpetto alla cattiveria e lasciare che la voce si diffonda da sé, chi si potrà poi in-colpare di aver detto cose ingiuste?Da bocca ad orecchio le parole en-treranno in circolazione e, che siano vere o false, col passa parola prende-ranno in ogni caso consistenza.

Come un serpente

Come un serpente, il “buonista” si mimetizza, ci si rende conto del ve-leno delle sue parole quando ormai han fatto danni. Insicurezza, invidia personale o so-ciale, rabbia, frustrazione, voglia di rivalsa sono spesso un concentrato emozionale alla base della doppiezza usata dal “buonista”. Come scrive Alejandro Jodorowsky, “Il boia non smette mai di procla-marsi vittima ”. Arthur Schopenhauer sovente si scagliò contro la presunta bontà e socievolezza dell’essere umano con-siderando i rapporti umani basati sul tentativo di sopraffazione reciproca, diceva che anche nelle civiltà più raffinate, basta un nonnulla perchè individui in apparenza mansueti si rivelino dei “felini rabbiosi”. “Vi è dunque, nel cuore di ogni uomo, una belva, che attende solo il momento propizio per scatenarsi ed infuriare contro gli altri”?(cfr. Parer-ga e paralipomena, II, 114). Pensare di esser circondati da falsi buoni è tanto triste da non volerlo vedere ma l’inconsapevolezza può

costare un caro prezzo.

Tattica utile

Scegliere di dire parole “buoniste” è una tattica utile in certe situazioni, permette di evitare uno scontro di-retto, un attacco frontale o star lon-tano dai guai. Importante è saper distinguere quando le parole sono usate come tattica, allo scopo d’ingannare. L’intuito ci mette in guardia, è un fi-dato alleato, ci mostra il vero volto delle parole, quando la bontà è so-stanza o solo formale travestimento ma anche quando dietro una reazio-ne aggressiva si cela una buona in-tenzione.

Viva l’intuito

Intelligente, raffinato e sottile, più immediato del pensiero, più affida-bile di certi consigli, l’intuito ci parla attraverso sensazioni che dobbiamo saper cogliere al volo. Come ogni altra abilità, anche la ca-pacità d’intuire può essere allenata, per essere udita ha bisogno di silen-zio e di connessione con se stessi. La voce dell’intuito ammutolisce sot-to la coltre dei “troppo”: troppo fra-stuono ma anche troppo adattamen-to a ciò che è lontano da sé.Quando si rompe un braccio o una gamba si fa di tutto per ripristinare nel più breve tempo la sua funziona-lità. La capacità intuitiva non è visi-bile ma non è meno importante poi-ché quando l’intuito è danneggiato è più difficile percepire il pericolo e più facile scambiare per buono ciò che è solo buonista.

La comunicazione nelle sue diverse forme espressive è il filo con-duttore che accompagna studi, formazioni e attività di una vita. Il Gesto e la Parola, la Relazione tra comunicazione verbale e non-verbale è stato il tema della tesi in Relazioni Pubbliche all’U-niversità Iulm di Milano. Master in linguaggi espressivi, psico-logia della comunicazione e psicosomatica, un’intensa attività di comunicazione in note aziende multinazionali e l’insegnamento in prestigiose Scuole di formazione arricchiscono l’esperienza sino all’approdo alla scrittura. I libri pubblicati, diversi per genere, in comune hanno la ricerca interiore, l’arte sottile di scoprire e conoscere se stessi. Scrive per testate italiane ed internazionali.

Antonella Lucato

no2 - 2012 - dm&c 51

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Anche quest’anno è stato assegnato il Premio Osso, giunto

alla IX edizione. Il premio è destinato a quelle strutture che meglio hanno saputo corrispondere e rispondere alle esigenze e necessità di coloro che organizzano eventi per le proprie Aziende.Ai Soci del Club il compito, sulla base delle rispettive esperienze dirette, di creare un elenco di Hotels, ovvero le nomination, per il miglior hotel congressuale e hotel di design, che successivamente attraverso il nostro sito web sono stati oggetto di valutazione e votazione.Con la consegna del PREMIO OSSO il Club vuole dare un valido e giusto riconoscimento a quelle strutture che nel corso dell’anno si sono meglio “immerse” nelle problematiche di un meeting planner, ovvero la ricerca costante del meglio e della novità, ma anche dare un valido e importante contributo alla valorizzazione del turismo congressuale. Strutture che con il loro lavoro, impegno, professionalità aumentano le opportunità di promozione del capitale e del brand Italia nel mondo.Il turismo rappresenta oltre il 12% del Pil italiano, ed il turismo congressuale occupa una buona parte di esso, contribuendo in misura rilevante alla ripresa del Paese, anche se ancora non si riesce a utilizzare al meglio questa importante risorsa.A votare sono stati esclusivamente gli Addetti ai lavori, e in questo il Club dell’Osso è stato molto impegnato a verificare che a votare fosse esclusivamente chi con il turismo congressuale ci vive e lavora, e quindi

per la IX Edizione del PREMIO OSSO per il miglior hotel congressuale, il primo premio è stato assegnato al Rosa Grand Hotel di Milano. Un hotel che sorprende per la sua struttura originale, i grandi spazi, le trasparenze tra interno ed esterno, materiali innovativi e preziosi. Un progetto estetico ed emozionale. E’ questo il Rosa Grand, hotel di lusso a Milano, ricco di suggestioni. Circondato dai luoghi simbolo della città, a pochi passi dal Duomo e da Via Montenapoleone. Design e creatività italiana contraddistinguono il Rosa Grand che in totale offre 327 camere e suite, 3 ristoranti e bar e 8 sale riunioni. Ovunque, una sofisticata esuberanza con accenti vivaci e originali.Il PREMIO OSSO 2011 per il miglior hotel di design è stato assegnato al Boscolo Hotel di Milano.Inaugurato nell’’ottobre 2009, il Boscolo Milano è il settimo esempio di recupero di edifici storici da parte di Boscolo Group, la prima grande “installazione permanente” di Expo 2015, creata dall’architetto milanese Italo Rota. Dell’antico palazzo, sede di Banca, sono stati mantenuti quasi integralmente la facciata e l’architettura originaria curva, di cui gli spazi interni seguono la forma. Gli elementi che costituiscono la “scenografia” sono una metafora ricca di riferimenti espressivi, culturali e storici. L’insieme configura un mutato rapporto tra l’uomo e lo spazio, e predispone alla dimensione dell’incontro, della socializzazione e della comunicazione artistica.

Assegnato il Premio

Club dell’Osso

dm&c - n 2 - 201252

[email protected]

Demetrio Minutilli

Il riconoscimento a Rosa Grand Hotel di Milano e, per il design, al Boscolo Hotel Milano. Strutture che meglio hanno saputo ascoltare e rispondere alle esigenze dei meeting planner

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dmcFondato nel 1987

dm & comunicazione

Rivista di Direct Marketing, Marketing e Comunicazione d’ImpresaAutorizzazione tribunale n° 300 del 19/04/1991Sped. abb. post. 50% - Anno 25 - n°2 del 2012Prezzo di una copia 5 Euro Abbonamento annuale (6 numeri) 25 Euro - www.miabbono.com/dmc

Direzione, Redazione, Grafica, Amministrazione:Via Spallanzani 10 - Porta Venezia - 20129 Milano tel. +39.02.74.22.22.1 - fax +39.02.74.22.22.23e-mail: [email protected] - www.dmconline.it

Direttore Responsabile: Ugo Canonici ([email protected])Capo Redattore: Sarah CanoniciRedazione: Carlo Cremona, Grazia De BenedettiCoordinamento Redazionale e Grafica: Davide Canonici ([email protected])Editore Incaricato: Bruno Calchera

Collaboratori: Ugo Clima, Pier Giorgio Cozzi, Barbara Coralli, Vittoria A. D’Apice, Manuele De Conti, Antonio Ferrandina, Axel Lo Guzzo, Antonella Lucato, Alessandro Lucchini, Marco Maglio, Domenico Matarazzo, Demetrio Minutilli, Guido Montacchini, Ugo Perugini, Maurizio Quarta, Margherita Ruggiero, Mario Silvano

Pubblicità: Gestita direttamente dall’Editore ([email protected])tel +39.02.74 22 22.1

Iscrizione ROC: 16511Deus Editore s.r.l.: via Turati, 26 - 20121 Milano - P.I. IVA 11422020153

Club C3:Il club per chi opera nel mondo della comunicazione d’impresa, ha come missione una corretta divulgazione della cultura della comunicazione.

dm&c è l’organo d’informazione del Club C3e-mail: [email protected] www.dmconline.it

Gestione data base, confezionamento e postalizzazione

Fotolito e Stampa

Via Pindaro, 17, 20128 MILANOTel. +39 022520071Fax +39 02252007.333

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Qualora non vogliate ricevere più questa pubblicazione potete inviare una mail a [email protected] specificando nell’oggetto “cancellatemi dal data base”.

dmcComitato scientifico

Bruno CalcheraDirettore Generale del Banco Informatico e membro delegato del Tavolo del Terzo Settore della Regione Lombardia. Già Di-rettore U.O. della Comunicazione Istituzionale della Regione Lombardia. Giornalista. Direttore Marketing in case editrici. Consulente alla Comunicazione in Enti pubblici e privati. Im-pegnato in attività del Terzo Settore da più di 30 anni.

Mario Pasquero Dopo esperienze in aziende leader del Largo Consumo (Ferre-ro, Diageo, Paglieri) in ambito Marketing e Commerciale entra in Poste Italiane come Direttore Marketing di Postel e poi nella Capogruppo Poste. Oggi è consulente specializzato in Direct Marketing e Product/Trade Marketing per il Largo Consumo.

Marzia CuronePartner di “Relata”, Agenzia di Marketing e di Comunicazione di Relazione. Presidente del settore Direct Marketing di Asso-comunicazione, Coordinatore del Comitato Interassociativo Marketing Diretto.

Chiara GrosselliResponsabile del Marketing e delle Comunicazioni per l’IBM in Italia, delle Relazioni Esterne e della Fondazione IBM Italia. Collabora con diverse associazioni per sostenere l’imprendito-ria femminile. Ha vinto il Premio “Marisa Bellisario”.

Alessandro LucchiniGiornalista e copywriter, è autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi di business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano.

Bruno Patrito SilvaFondatore e presidente di Direct Channel - con oltre 30 anni di esperienza, maturata prima nell’ambito di prestigiose azien-de leader dell’I.T. e trasformata successivamente in attività im-prenditoriale.

Mario SilvanoPresidente di Silvano Consulting, società di formazione, consu-lenza, marketing operativo, sviluppo quadri commerciali.Dal 1961 tiene corsi in Italia e all’estero. Autore di libri su mar-keting e vendita.

Roberto ValliniGià direttore della Comunicazione di AEM Milano, e vice Presi-dente della FERPI. Giornalista, è stato Portavoce del Presidente della Lombardia Roberto Formigoni, ha pubblicato il libro “Per una Lombardia federale”. E’ Direttore Editoriale e di informa-zione di Telereporter, Odeon Tv e Telecampione.

Michele FaldiDirettore dell’Alta Formazione e delle Alte Scuole dell’Univer-sità Cattolica del S. Cuore. Ha lavorato presso centri culturali ed istituti di ricerca e formazione in Italia e all’estero. Da sem-pre si è occupato di Higher Education.

Maurizio NichettiArchitetto, attore, sceneggiatore, regista di cinema, televisione e cartoni animati. Debutta nella regia cinematografica con RATATAPLAN a cui faranno seguito una decina di lungometraggi. Attivo anche nel teatro di prosa, nel teatro lirico e nel cinema d’animazione.

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La mia prima volta in disaccordo con Michele Serra - L’amaca, Repubblica

del 17 marzo 2012 – mi spinge a una riflessione. Leggo Repubblica da 36 anni. L’Amaca è il secondo caffè, quello che ti gusti. Mai una volta che la pensassi diverso. Stavolta no, Michele. Che vuol dire «sono pochi i 140 caratteri di Twitter»? E allora gli storici 160 degli sms? e i 40 dell’oggetto delle mail? e quella trentina delle aperture di Repubblica, del Corriere, di tutti i quotidiani del mondo? Non ci può stare un pensiero ben formato? Difficile, ok, ma è lì che si vede se sei buono.Che vuol dire «il popolo del web ha di sé un alto concetto, troppo alto, quasi snob»? Non ti pare snob uguale bocciare con tanto sdegno «l’uso frettoloso e impulsivo della parola, la prevalenza dell’emotività sul ragionamento», e sostenere che «brevità più velocità» finirebbero per «scoraggiare un pensiero più strutturato e più adulto»? È vero, quel cicaleccio fatto metodo può fomentare «una tentazione esiziale, che è quella del giudizio sommario, della fesseria eletta a sentenza apodittica, del pulpito facile da occupare con zero fatica e spesso zero autorevolezza». Forse un paio di colonne, o anche più, non possono portare alla stessa monnezza? Se ti son saltati i nervi per l’eccesso di critiche alla carta stampata, ok. Per il diritto di cronaca svendibile così alla portata di cani e porci, capisco. T’han tagliato una gomma? figùrati. Ma temo ti sia invischiato in una polemica inutile. Dai, a mente più fresca ci rifletto ancora, domani e dopo, su ciò che hai scritto. Per favore, fallo anche tu. Con affetto.Fin qui, un mio post su Facebook di qualche giorno fa, dopo aver

letto il disappunto di Serra per Twitter (http://www.repubblica.it/tecnologia/2012/03/17/news/serra_twitter-31698872/ ). In poche ore, raccolgo i commenti di alcuni amici. Ne traggo alcuni spunti, ed ecco pronta questa pagina.Mario Conti. Twitter è delirante. Se vuoi esserci, devi essere sempre connesso. Una frase scatena una rivoluzione. Serra è superato da Twitter come sono superati molti di noi. Ma... c’è un ma. Twitter intercetta il bisogno di sintesi esasperato di questi tempi in cui non c’è tempo. Allora ci fa pensare e dovrebbe anche farci agire. Se non sei chiaro in 140 battute sarai meno chiaro in 14mila. Ma molti giornalisti sono convinti del contrario. Serra compreso. Annalisa Pardini. In Serra non leggo la negazione che in poche battute ci possa stare un pensiero ben formato. Leggo solo che quel cicaleccio sia più facile alla tentazione esiziale del pulpito, e il perché sta proprio nella facilità del mezzo. Leggo migliaia di postarelli tipo “Mi son rotto il cazzo. Chiudo”. “Doccia time”, “Sto meditando”. Io continuo a esser d’accordo con Serra: la parola chiede rispetto. E qualche passo indietro da smisurati ego.Davide Alemani. Twitter è solo tecnologia. Siamo noi a dargli un senso. Sono d’accordo con Mario quando dice che se non sei chiaro in 140 caratteri non lo sei in 14mila. Serra capisce che chi padroneggia quella tecnologia può seppellire quelli come lui. Spinoza.it fa ogni giorno “un’amaca” in meno di 140 caratteri. Alessandro Cinquini. Twitter deriva da to tweet, cinguettare. Vocabolario: “detto di uccelli, emettere un suono BREVE e squillante”. 140 parole sono più che sufficienti per un “semplice” tweet.

Dopo “un’Amaca” di Michele Serra contro la superficialità dei 140 caratteri

Ragionandosu Twitter

Pensiero Libero

dm&c - n.2 - 201254

di Alessandro Lucchini*

*Alessandro Lucchini, giornali-sta e copywriter, Autore di libri sulla comunicazione profes-sionale. Tiene corsi business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano. www.palestradellascrittura.it [email protected]

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