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Disturbi dello Spettro Autistico: definizione clinica, nosografica e problemi di comorbidità

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Disturbi dello Spettro Autistico:�definizione clinica, nosografica �

e problemi di comorbidità �

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DISTURBI PERVASIVI DELLO SVILUPPO

  Categoria che comprende un gruppo di disturbi che condividono alcuni aspetti generali: una compromissione peculiare delle funzioni comunicative, interattive e immaginative.

  Hanno un esordio nella prima infanzia e accompagnano il soggetto per tutto il suo ciclo di vita.

  Hanno un’ampia espressione fenotipica.

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Autismo

Sdr Rett

Sdr Asperger Dist. Disintegrativo

DPS nas

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epidemiologia autismo �Prevalenza Media

 1966-1993: 4.7 su dieci mila  1994-2004: 12.7 su dieci mila

 Nel 30% dei casi si osserva funzionamento cognitivo nei limiti della norma.

 Nel restante 70% è presente un ritardo cognitivo di diverso grado:

- 30% lieve-medio - 40% grave gravissimo.

(Elaborata da Fombonne, 2005)

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epidemiologia autismo �

Condizioni mediche associate

 Nel 5.5% si ritrova associata una condizione medica nota.

 Tali condizioni sono più frequenti nei casi di ritardo mentale medio/grave (> 16%).

(Elaborata da Fombonne, 2005)

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Epidemiologia ASD�

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“autistic disturbances of affective contact”.

Undici bambini che presentavano caratteristiche cliniche quali:

 Difficoltà nell’interazione,  Tendenza all’isolamento,  Anomalie della comunicazione,  Resistenza al cambiamento,   livello intellettivo adeguato o “isolotti di capacità-abilità”  Estrema variabilità di presentazione del disturbo

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 A tutt’oggi non esiste un marker biologico che permetta la diagnosi di questo disturbo

la diagnosi di autismo è basata esclusivamente sulla valutazione di comportamenti.

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L’esordio deve manifestarsi entro i 3 anni di età e prevedere un ritardo o funzionamento anomalo in almeno una delle seguenti aree:

a) interazione sociale, b) linguaggio usato nella comunicazione sociale, c) presenza di comport. ristretti e stereotipati.

d) gioco simbolico o di immaginazione.

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 Deficit del contatto di sguardo.  Difficoltà ad apprendere le regole più o meno esplicite di

interazione sociale.  Quando chiamato “non si gira né risponde”.  Non richiede la partecipazione dell’altro nelle sue attività,

né lo rende partecipe delle sue attività.  Utilizza l’altro in maniera strumentale (richiede, non

condivide).  Non richiede la compagnia di altri bambini, sembra preferire

di stare da solo, si isola.  Difficoltà a decifrare e interpretare cosa gli altri pensano o

sentono.

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DEFICIT e ATIPIE della COMUNICAZIONE

 Riguarda sia la comprensione sia la produzione.

 La comunicazione preverbale (sguardo, mimica, gesti) è assente o viene utilizzata in maniera impropria e limitatamente al soddisfacimento di richieste particolari.

 Ridotto utilizzo del canale corporeo, della mimica.

 Mancata acquisizione delle competenze linguistiche previste dal livello di sviluppo.

 Il linguaggio è utilizzato per richiedere e non per comunicare.

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DEFICIT e ATIPIE della COMUNICAZIONE

 Alcuni non riescono ad acquisire alcuna espressione verbale.  Altri acquisiscono il linguaggio in ritardo ed in modo atipico

(per es., spesso il linguaggio ecolalico, quasi sempre scatenato da stimoli ambientali, è per molti l’unica modalità di utilizzo del codice verbale).

 Alcuni presentano invece un progressivo sviluppo del linguaggio, che può addirittura diventare particolarmente fluente e articolato. Tuttavia, esso risulta qualitativamente inadeguato.

 La comprensione è, spesso, più compromessa della produz.  La comprensione è contestuale, letterale e legata al

concreto (incapacità di riconoscere i nessi impliciti del linguaggio, comprendere i conflitti tra intenzione ed espressione che sono tipici di motti di spirito, doppi sensi, metafore, bugie).

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COMPORTAMENTI, INTERESSI E ATTIVITÀ RISTRETTI, RIPETITIVI E

STEREOTIPATI  Dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti

e stereotipati anomali.  Sottomissione del tutto rigida ad abitudini o rituali specifici.  Preoccupazioni eccessive che assumono l'aspetto di idee

ossessive.  Intense reazioni di angoscia per cambiamenti anche di poco

rilievo nell'ambiente.  Manierismi motori stereotipati e ripetitivi (battere o

torcere le mani o il capo, o complessi movimenti di tutto il corpo).

 Persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti.

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  i criteri sono stati stabiliti per bambini a partire dai 3 anni e quindi bambini molto piccoli potrebbero non arrivare a soddisfare tutti i criteri necessari per la diagnosi.

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ESORDIO e OSSERVAZIONE DEI SINTOMI

 In più del 50% dei casi i genitori si preoccupano entro il primo anno di vita.

 In quasi il 90% dei casi i genitori si preoccupano entro il 2° anno di vita.

 Generalmente viene osservato un ritardo di linguaggio, il disturbo dell’interazione e/o si sospetta che il bambino sia ipoacusico .

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ESORDIO e OSSERVAZIONE DEI SINTOMI

 Tra i 10 e i 18 mesi è possibile individuare alcuni segni che possono indirizzare a una consultazione (ridotto utilizzo dello sguardo, giochi sociali, scarso interesse per gli altri,scarsa imitazione, ridotta comunicazione non verbale).

Fattori che influenzano una “segnalazione precoce”:  Familiarità per disturbi neuropsichiatrici

 Presenza di altri bambini/fratelli  Ritardo cognitivo

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 i criteri diagnostici sono gli stessi, indipendentemente dal fatto che siano applicati a

bambini di tre anni o ad adulti di 20 anni, e

indipendentemente dal grado di ritardo mentale associato.

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Livello Cognitivo nei ASD

75%

75 40

25%

Volkmar et al., 1999

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AUTISMO e RITARDO MENTALE  Nel 75% dei casi è associato un RM di grado variabile.

 La presenza di RM in associazione non permette di spiegare i deficit e le atipie a carico della comunicazione e dello sviluppo sociali.

 Tali deficit e atipie non sono compatibili con quanto atteso per l’età di sviluppo.

 I soggetti con autismo presentano un profilo cognitivo estremamente disomogeneo.

 La presenza del RM influisce sulla prognosi.

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Sintomi specifici o aspecifici?

 Deficit comunicativo  Stereotipie  Ecolalie  Ritardo sviluppo simbolico  Isolamento

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DIAGNOSI DIFFERENZIALE

  Altri disturbi generalizzati dello sviluppo   Ritardo Mentale   Disturbi specifici di linguaggio   Mutismo elettivo   Schizofrenia   Disturbi ansiosi (fobie)   Disturbo dell’attaccamento reattivo   Disturbi della regolazione

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1.  uno stesso sintomo può far parte di quadri diversi

2.  l’età cronologica del soggetto

3.  l’età di sviluppo del soggetto

4.  la stabilità e modificabilità del sintomo e del quadro clinico in generale

Nel processo diagnostico si deve sempre considerare:

Il rapporto tra EC e ES

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COMORBIDITÀ

 Disturbi Ossessivo-Compulsivi

 Disturbi d’Ansia e dell’Umore

 Disturbi dell'Apprendimento

 Deficit di Attenzione.

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AUTISMO: COMORBILITÀ �

 Epilessia:si verifica in circa il 30-40% dei casi, può insorgere in epoca adolescenziale (crisi parziali complesse e tonico-cloniche generalizzate)

 Patologie di origine genetica (Sclerosi Tuberosa, X fragile)

 Patologie Metaboliche

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DIAGNOSI �OSSERVAZIONE CLINICA

ESAME NEUROLOGICO

VALUTAZIONE PSICHIATRICA DEL BAMBINO

OSSERVAZIONE DI GIOCO

Osservazione diretta del bambino Fonti di informazioni diversificate

processo diagnostico in più incontri Non avere fretta

Diagnosi Differenziale

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DIAGNOSI �  Inquadramento nosografico (criteri DSM IV TR)‏   Strumenti specifici di valutazione   Valutazione profilo di sviluppo e funzionale   Strumentale: identificazione di altre patologie associate

all’autismo *****

Clinica osservazione del bambino colloqui con i genitori somministrazione test/scale specifiche per Autismo e ASD scale per la valutazione globale

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OSSERVAZIONE CLINICA �e DI GIOCO �

1)  IDENTIFICAZIONE TRIADE SINTOMATOLOGICA

2)  VALUTAZIONE DEI COMPORTAMENTI CON SIGNIFICATO DIAGNOSTICO

3)  VALUTARE IL LIVELLO DI SVILUPPO NELLE LINEE EVOLUTIVE: Area percettivo-sensoriale; Area cognitiva; Area interattivo-relazionale

4)  VALUTARE IL LIVELLO DI SVILUPPO NELLE LINEE EVOLUTIVE: Area grosso-motoria; Area fine-motoria; Area ludico-simbolica

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ESAMI STRUMENTALI �TAC RMN Indagini metaboliche:

Non esistono alterazioni tipiche utili per la diagnosi

Quasi sempre negative, tranne nei casi in cui l’autismo si associa ad altre patologie

(minoranza dei casi)‏

O quando ci siano stati altri eventi concomitanti (Es.Sofferenza perinatale)

EEG: spesso presenza di alterazioni talvolta associate ad EPILESSIA

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TEST E QUESTIONARI SPECIFICI �Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS)‏ (Lord et al., 2000) Adatto all’utilizzo a partire dai 2 anni (anche per bambini

non verbali), fino all’età adulta. L’ADOS è basata sull’osservazione diretta

Autism Diagnostic Interview - Revised (ADI-R) (Lord et al, 1994) complementare all’ADOS. Intervista semistrutturata per genitori, con domande relative ai comportamenti appartenenti alla triade sintomatologica e al tipo di gioco.

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Childhood Autism Rating Scale (CARS) – (Schopler et al., 1988) valutazione del comportamento autisticoraccogliendo informazioni in contesti vari e da fonti multiple, 15 aree di sviluppo. Uso: dai 2 anni di età.

Autism Behavior Checklist (ABC) (Krug, Arid, Almond, 1980) Scala di valutazione: comportamenti "problema", divisi in 5 categorie: linguaggio, socializzazione, uso dell’oggetto, sensorialità e autonomia, a partire dai 18 mesi.

Gillian Autism Rating Scale (GARS) (Gilliam, 1995). checklist per genitori. Utilità: diagnostica e riabilitativa. Uso: dai dai 3 ai 22 anni)‏

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ALTRI STRUMENTI VALUTATIVI

Psycho-Educational Profile (PEP-R) (Schopler et al., 1989) scala di valutazione per bambini di età mentale dai 6 mesi ai 7 anni, che permette di

ricavare indicazioni mirate all'ottenimento di un profilo di sviluppo dettagliato ed alla pianificazione di un programma di intervento specifico ed individualizzato.

Vineland - Adaptive Behavior Scales (VABS) (Sparrow et al., 1984)‏

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AUTISMO �

sindrome definita in termini esclusivamente

comportamentali

via finale comune di situazioni patologiche di svariata natura e con diversa etiologia

(Baird et al., 2003)

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AUTISMO �

EZIOPATOGENESI

•  basi neurobiologiche → anatomia patologica

•  fattori causali →etiologia

•  modelli interpretativi clinici → patogenesi

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EZIOPATOGENESI �  Studi anatomo – patologici: invasivi, + rari

  Microscopio elettronico : - Alterata Struttura neuronale - n° di dendridi > della norma - Deficit di pruning?

  Neurotrasmettitori anomalie quantitative e/o qualitative, a livello:

- recettoriale - neurotrasmettitori

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EZIOPATOGENESI �FATTORI CAUSALI: CAUSE GENETICHE

  Tecniche di indagine: studi sui gemelli, indagini genetiche sui nuclei famigliari; (Autism Genome Project Consortium, 2007)‏

  I gemelli monozigoti hanno probabilità maggiori rispetto ai gemelli Eterozigoti di essere entrambi affetti da autismo.

  genitori di un bambino autistico rischio di avere un altro figlio autistico da 50 a 100 volte > rischio popolazione generale

  comorbidità con autismo di condizioni patologiche ereditate geneticamente ( Sindrome da X Fragile Sclerosi Tuberosa)

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EZIOPATOGENESI �Modalità di trasmissione genetica sconosciuta

Modalità più probabile: Eredita poligenica → eterogeneità sintomatologia autistica

  non c’è “il gene” dell’Autismo, ma esistono piuttosto una serie di geni → vulnerabilità verso la comparsa del disturbo (Bailey et al.,1996; Szatmari et al., 1998; Folstein et al., 2001).

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EZIOPATOGENESI �FATTORI CAUSALI: CAUSE ACQUISITE

  Assenza di una significativa associazione fra una delle possibili noxae patogene e l’autismo (Gillberg et al., 1992).

  studi che indicano > incidenza di patologie perinatali in popolazioni di soggetti autistici rispetto a gruppi di controllo:

→ ipotesi: ridotta competenza a nascere nei soggetti con disordini geneticamente determinati

→ > predisposizione sofferenza pre- perinatale (Gillberg, 1992).

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EZIOPATOGENESI �FATTORI CAUSALI: CAUSE ACQUISITE

  Infezioni pre o perinatali>>>non chiara evidenza causale

  Complicanze di vaccino anti morbillo-rosolia-parotite>>>non chiara evidenza

  Ipotesi metaboliche

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EZIOPATOGENESI �

modelli interpretativi clinici → patogenesi

1.  Teoria Socio-Affettiva 2.  Teoria della Mente 3.  Coerenza Centrale 4.  Funzioni Esecutive

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Teoria Socio-Affettiva �(Hobson,1989) �

L’essere umano ha una predisposizione innata ad interagire con l'altro (Hobson, 1993)

AUTISMO: un'innata incapacità, biologicamente determinata, di

interagire emozionalmente con l'altro DETERMINA

→ incapacità di imparare a riconoscere gli stati mentali degli altri → compromissione dei processi di simbolizzazione →deficit del linguaggio → deficit della cognizione sociale.

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Teoria della Mente (ToM) �(Baron-Cohen et al., 2000).�

PRECURSORI ToM nei primi anni di vita   sguardo referenziale,   Attenzione condivisa   gioco di finzione

Capacità di ToM   leggere progressivamente le emozioni, i desideri e le credenze

  sistematizzarli in un sistema di conoscenze

  giungere ad effettuare delle rappresentazioni mentali degli altri: (metarappresentazioni).

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DEFICIT COERENZA CENTRALE (Frith et al., 1994; Happé et al., 1996).

COERENZA CENTRALE abilità di sintetizzare in un tutto coerente,

ovvero in un sistema di conoscenza, le molteplici esperienze

parcellari che investono i nostri sensi

DETERMINA Il bambino autistico rimane ancorato a dati

esperenziali parcellizzati → incapacità di cogliere il significato dello stimolo nel suo complesso.

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AUTISMO: EZIOPATOGENESI �

3.  MODELLI INTERPRETATIVI CLINICI 3.  Deficit delle Funzioni Esecutive.

serie di abilità che risultano determinanti nell’organizzazione e nella pianificazione dei comportamenti di risoluzione dei problemi (Pennington et al., 1996)

deficit cognitivo di natura “generale”

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Deficit delle Funzioni Esecutive. �Le FE sono

Una serie di abilità che risultano determinanti nell’organizzazione e nella pianificazione dei

comportamenti di risoluzione dei problemi (Pennington et al., 1996)

*****

Domini cognitivi tra loro correlati ma

distinguibili che Cooperano allo scopo del Problem Solving (Hughes, 1998)

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Deficit delle Funzioni Esecutive �

  la capacità memoria di lavoro   Flessibilità cognitiva   Flessibilità attentiva   la capacità di formulare mentalmente un piano di azione;   la capacità di non rimanere rigidamente ancorati, nella

formulazione della risposta, ai dati percettivi che provengono dal contesto;

  la capacità di inibire risposte “impulsive”;   la capacità feedback

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Deficit delle Funzioni Esecutive �DETERMINA

(comportamenti autistici)   l’impulsività, per l’incapacità di inibire le risposte

inappropriate;

  l’iperselettività, per l’incapacità di cogliere il tutto senza rimanere ancorato al particolare;

  la perseverazione, per l’incapacità di ridirezionare in maniera flessibile l’attenzione.

(Ozonoff, 1997; Pennington et al., 1996).

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MODELLO DI LETTURA INTEGRATO: MODELLO DEL DEFICIT FRONTALE �

Una causa x danneggerebbe, a livello embrionale,

le strutture anatomiche del cervello,

nei momenti critici successivi si determinerebbe

un difettoso assemblamento anatomo-funzionale,

nel cui snodo fondamentale vi sarebbero i lobi frontali.

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Funzione dei lobi frontali�

Da studi su adulti con lesioni frontali,in particolare la corteccia prefrontale

(PFC), hanno evidenziato il ruolo di queste strutture:

“dettano le regole dell’intera attività cognitiva e comportamentale”

(Beschin, 2003)‏

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Funzione corteccia prefrontale : FE �

 Funzione autoregolatrice del comportamento  Funzione di conoscenza delle proprie abilità  Uso della mediazione verbale sul

comportamento  Flessibilità nella soluzione dei problemi  Funzione di organizzazione temporale del

comportamento  Intervento sulla programmazione e

pianificazione dell’azione

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Funzione corteccia prefrontale � Intervento sulla programmazione e

pianificazione dell’azione  Intervento su alcuni meccanismi

dell’attenzione  Azione sulla working memory  Intervento sul controllo delle interferenze  Funzione integrativa tra attività percettive,

cognitive ed emozionali

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Le FE nei disturbi di sviluppo � Le FE sono alterate in molti patologie (ADHD, Autismo, PKU)

 Alterazione delle FE è il risultato comune di molti disturbi di sviluppo

  Il tipo di FE che è coinvolto varia nelle diverse patologie

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SINDROME DI ASPERGER   Prevalenza: 2,5 casi su 10 mila

  Atipie dell’interazione sociale, comportamenti, attività, interessi ristretti e stereotipati

  Inoltre può essere presente: un ritardo dello sviluppo motorio e/o goffagine motoria; quadri neuropsicologici del DANV.

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SINDROME DI ASPERGER

  Si differenzia dall’autismo perché:   a) non è presente ritardo mentale associato   b) non vi è un ritardo del linguaggio clinicamente significativo

nei primi anni   c) QIV>QIP   d) Prognosi migliore

  La diagnosi differenziale dovrebbe essere fatta, oltre che con l’autismo ad alto funzionamento, con i disturbi di personalità e in particolare con quello Schizoide.

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DISTURBO DISINTEGRATIVO DELL’INFANZIA

(Heller nel 1908)   Prevalenza: 0,1 – 0,6 casi su 10 mila   Sviluppo normale fino a tre anni   Perdita delle competenze precedentemente acquisite: - Area comunicativa - Area sociale/interattiva - Area immaginativa/simbolica   Tale perdita è totale, continua e si associa a deterioramento

cognitivo, comportamenti simil autistici.

  Si può associare, o meno, a danno neurologico evidente.   La prognosi è peggiore rispetto all’autismo.

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SINDROME DI RETT (Rett, 1966)

 Incidenza: 1 su 15 mila  Colpisce > le femmine  Diagnosi clinica e diagnosi genetica (70%)

  Sviluppo apparentemente normale nei primi sei mesi   Microcrania Acquisita

  Perdita progressiva delle abilità manuali (aprassia)   Presenza di movimenti stereotipati

  Difficoltà nella motricità grossolana (atassia)   Grave ritardo cognitivo

(Andamento caratterizzato da alternanza di fasi)

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Disturbi Pervasivi dello Sviluppo �

NAS�

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I disturbi pervasivi atipici�(1980) �

 Categoria “sottosoglia”.

 Difficoltà a carico dell’interazione sociale e della comunicazione associata alla presenza di interessi ristretti e stereotipati.

 La definizione di questi disturbi prevedeva che la sintomatologia fosse simile a quella dell’autismo ma non sufficiente da raggiungere e superare la soglia per poter parlare di autismo.

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Revisioni del DSM �

  Il termine di autismo atipico è stato sostituito con quello di DPS Non Altrimenti Specificati (DPS NAS) senza, tuttavia, alterarne il concetto generale. (1987)

 Escono dai DPS nas la Sindrome di Asperger, il Disturbo disintegrativi dell’infanzia e la Sindrome di Rett. (1994)

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La versione Text Revised del DSM-IV (APA, 2000) �

 DPS NAS utilizzato quando è presente un severo e pervasivo deficit a carico :

dell’interazione sociale reciproca E

a carico della comunicazione verbale e non, associato o meno

alla presenza di interessi ristretti e stereotipati”.

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Clinica DPS nas � Si caratterizzano per la presenza di sintomi comuni agli altri

disturbi pervasivi ma tali sintomi sono o in numero minore o di minore gravità;

  I bambini con questi quadri clinici presentano una maggiore mobilità e trasformabilità clinica rispetto all’autismo;

 Tendono a persistere nel tempo uno o più nuclei di difficoltà e di atipie soprattutto a carico della social cognition;

 Gli individui con quadri NAS hanno un funzionamento globale superiore a quello riscontrato nella maggior parte dei casi di autismo;

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Clinica DPS nas �

  I sintomi, pur sviluppandosi nei primi anni di vita, non sono tali da permettere una diagnosi di autismo o di uno degli altri DPS.

  Possono essere affiancati da disturbi a carico della comunicazione, del comportamento, della regolazione delle emozioni e dello sviluppo cognitivo.

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DPS NAS possono essere affiancati da: �

"  Disturbi a carico della comunicazione,

"  Disturbi del comportamento,

"  Disturbi della regolazione delle emozioni,

"  Disturbi dello sviluppo cognitivo.

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Modelli Diagnostici

secondo DSM-IV e ICD 10

Diagnosi di sviluppo

determinazione del profilo di sviluppo e organizzazione del disturbo.

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DIAGNOSI �OSSERVAZIONE CLINICA

ESAME NEUROLOGICO

VALUTAZIONE PSICHIATRICA DEL BAMBINO

OSSERVAZIONE DI GIOCO

Osservazione diretta del bambino Fonti di informazioni diversificate

processo diagnostico in più incontri Non avere fretta

Diagnosi Differenziale

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DIAGNOSI �  Inquadramento nosografico (criteri DSM IV TR)‏   Strumenti specifici di valutazione   Valutazione profilo di sviluppo e funzionale   Strumentale: identificazione di altre patologie associate

all’autismo *****

Clinica osservazione del bambino colloqui con i genitori somministrazione test/scale specifiche per Autismo e ASD scale per la valutazione globale

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OSSERVAZIONE CLINICA �e DI GIOCO �

1)  IDENTIFICAZIONE TRIADE SINTOMATOLOGICA

2)  VALUTAZIONE DEI COMPORTAMENTI CON SIGNIFICATO DIAGNOSTICO

3)  VALUTARE IL LIVELLO DI SVILUPPO NELLE LINEE EVOLUTIVE: Area percettivo-sensoriale; Area cognitiva; Area interattivo-relazionale

4)  VALUTARE IL LIVELLO DI SVILUPPO NELLE LINEE EVOLUTIVE: Area grosso-motoria; Area fine-motoria; Area ludico-simbolica

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ESAMI STRUMENTALI �TAC RMN Indagini metaboliche:

Non esistono alterazioni tipiche utili per la diagnosi

Quasi sempre negative, tranne nei casi in cui l’autismo si associa ad altre patologie

(minoranza dei casi)‏

O quando ci siano stati altri eventi concomitanti (Es.Sofferenza perinatale)

EEG: spesso presenza di alterazioni talvolta associate ad EPILESSIA

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TEST E QUESTIONARI SPECIFICI �Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS)‏ (Lord et al., 2000) Adatto all’utilizzo a partire dai 2 anni (anche

per bambini non verbali), fino all’età adulta. L’ADOS è basata sull’osservazione diretta

Autism Diagnostic Interview - Revised (ADI-R) (Lord et al, 1994) complementare all’ADOS. Intervista semistrutturata per genitori, con domande relative ai comportamenti appartenenti alla triade sintomatologica e al tipo di gioco.

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Childhood Autism Rating Scale (CARS) – (Schopler et al., 1988) valutazione del comportamento autisticoraccogliendo informazioni in contesti vari e da fonti multiple, 15 aree di sviluppo. Uso: dai 2 anni di età.

Autism Behavior Checklist (ABC) (Krug, Arid, Almond, 1980) Scala di valutazione: comportamenti "problema", divisi in 5 categorie: linguaggio, socializzazione, uso dell’oggetto, sensorialità e autonomia, a partire dai 18 mesi.

Gillian Autism Rating Scale (GARS) (Gilliam, 1995). checklist per genitori. Utilità: diagnostica e riabilitativa. Uso: dai dai 3 ai 22 anni)‏

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ALTRI STRUMENTI VALUTATIVI

Psycho-Educational Profile (PEP-R) (Schopler et al., 1989) scala di valutazione per bambini di età mentale dai 6 mesi ai 7 anni, che

permette di ricavare indicazioni mirate all'ottenimento di un profilo di sviluppo dettagliato ed alla pianificazione di un programma di intervento specifico ed individualizzato.

Vineland - Adaptive Behavior Scales (VABS) (Sparrow et al., 1984)‏

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Modelli Diagnostici

secondo DSM-IV e ICD 10

Diagnosi di sviluppo

determinazione del profilo di sviluppo e organizzazione del disturbo.

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Modello categoriale vs dimensionale �

 Nei sistemi nosografici di tipo categoriale non vi sono riferimenti ai livelli di gravità dei diversi sintomi.

  Il modello dimensionale risponde all’esigenza di descrivere, secondo un approccio developmental, i DPS.

  Il modello dimensionale ha il merito di considerare la presentazione del quadro clinico in base alla gravità, e di prevedere la possibilità che esistano delle situazioni cliniche di “passaggio o di sovrapposizione”.

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Disturbi dello Spettro Autistico (ASD) � 1979 Wing e Gould

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“distaccati” � Mancata ricerca di contatto sociale a meno di non dover

soddisfare i propri bisogni;

  le difficoltà nell’interazione sociale reciproca sono evidenti nel gruppo dei pari.

 E’ presente un importante disturbo della comunicazione non verbale e verbale.

  Il contatto di sguardo è evitante.

 Sono assenti i gesti comunicativi, la mimica facciale appropriata, l’attenzione condivisa e il gioco simbolico.

 Sono presenti comportamenti stereotipati

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“Passivi” �

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“Attivi ma bizzarri” � Sviluppa comportamenti sociali ma atipici e unidirezionali.

 Storia di ritardo di linguaggio, ma acquisisce competenze linguistiche superiori a quelle osservate nei due gruppi precedenti.

 La comunicazione è orientata a soddisfare i propri bisogni piuttosto che a condividere o commentare qualcosa.

 La produzione verbale è caratterizzata da numerose frasi ripetitive, stereotipate o limitate a pochi specifici interessi.

 Frequenti sguardo evitante, l’assenza o atipia dei gesti comunicativi e la presenza di goffagine motoria.

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Prognosi:�

 Legata a: - tipologia di DPS - gravità “autismo” - eventuale RM - comorbidità

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per fare una terapia efficace �è necessario: �

A) Conoscere:   il tipo clinico   il profilo di sviluppo   le caratteristiche personali   le potenzialità spontanee   la variabilità dei comportamenti del bambino vs tutti i singoli interagenti B) Valutare   regolarmente la prognosi a breve e lungo termine

..e..   l’efficacia rispetto agli obiettivi dichiarati rispetto ai tempi medi

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terapia �  Gli individui con ASD hanno una estrema eterogeneità interattiva,

neuropsicologica, comportamentale, emozionale.

  Un intervento terapeutico precoce è fondamentale ma, altrettanto importante, è un intervento che consideri l’evoluzione del disturbo autistico.

  La finalità principale dell’intervento deve essere quella di favorire lo sviluppo maturativo e l’adattamento attivo dell’individuo autistico all’ambiente.

  Il bambino autistico può e deve capire come si fanno cose diverse con persone diverse.

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terapia � La terapia non può prescindere da una approfondita conoscenza

delle caratteristiche clinico-comportamentali dell’autismo e dell’individuo e deve essere condotta a diversi livelli, ed è, quindi, molto importante il coinvolgimento delle diverse figure di riferimento che ruotano intorno all’individuo.

 Gli obiettivi terapeutici devono essere realistici, e riconsiderati regolarmente al fine di evitare interventi non mirati al singolo bambino e alla specifica fase evolutiva in cui si trova.

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modello comportamentale   Ha come obiettivo principale quello di modificare il comportamento,

attraverso metodiche quali le sollecitazioni, la riduzione delle sollecitazioni, il modellamento, l’adattamento e il rinforzo.

  Questo approccio terapeutico permette all’individuo l’acquisizione di diverse “abilità”, tuttavia il rischio è un apprendimento di tipo condizionato.

  L’individuo con autismo, infatti, acquisisce una serie di abilità ma non la capacità di estenderle a situazioni simili ma differenti (difficoltà a generalizzare), ovvero si apprende il comportamento e non la strategia.

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modello comportamentale   I risultati migliori si osservano negli individui con autismo nelle forme pure, e

quindi con un buon funzionamento cognitivo, o nei casi in cui è presente una buona capacità imitativa.

  Il rischio è una passivizzazione degli apprendimenti superiori e una tendenza ad acquisire comportamenti, capacità e competenze, in modo ecoico senza che l’individuo si senta realmente parte attiva.

  Questo modello terapeutico può essere utile nell’aiutare l’individuo nell’acquisizione di diverse autonomie, ma dovrebbe essere comunque sempre supportato da altri interventi.

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modello cognitivo   Permette l’acquisizione di strategie e di stabilire delle relazioni tra piano e

programma.

  A tale proposito, è fondamentale mostrare progressivamente il maggior numero di variabili, in modo da favorire una stratificazione gerarchica tra piano e controllo di quest’ultimo.

  Questo approccio è centrato sull’utilizzo di un linguaggio interattivo (verbi, metazione, affetti e scambio interattivo verbale) e, pertanto, è importante la conoscenza del livello di sviluppo dell’individuo, del profilo funzionale e, ovviamente, della comprensione verbale per poter progettare un intervento realistico.

  E’ necessario, inizialmente, valutare “cosa sa fare” l’individuo, quindi fornire variazioni e variabilità al piano, attraverso un gioco interattivo.

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modello cognitivo   All’interno di questo modello si deve inserire un approccio di tipo

neurocognitivo, integrato ed interattivo, fondato su:  Un lavoro specifico sullo sviluppo della CV intesa come “capacità di essere

attento” al linguaggio dell’altro, di comprenderne non solo il significato letterale ma anche le intenzioni, gli affetti e la tonalità.

 Un lavoro mirato a favorire la comparsa di modalità comunicative, che non utilizzi un linguaggio troppo, o troppo poco, elevato ma che consideri il reale livello di sviluppo dell’individuo.

 L’introduzione di un terzo elemento che permetta una maggiore rappresentazione di spazi, affetti e persone al fine di ridurre, per quanto possibile, la “confusione” esistente tra mondo interno ed esterno.

 La conoscenza delle diverse fasi dello sviluppo della permanenza sull’oggetto attraverso un lavoro sull’interazione madre-bambino, mirato e congruente.

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terapia farmacologica   Ad oggi non esiste una terapia farmacologica specifica per la cura

dell’autismo, pertanto i farmaci possono essere utilizzati su alcuni aspetti comportamentali, al fine di migliorare la qualità della vita degli individui con autismo e di agire da supporto ad un intervento riabilitativo.

I farmaci vengono, generalmente, somministrati: A) per ridurre o migliorare sintomi comportamentali, quali isolamento,

iperattività, stereotipie, rituali, etc., e come conseguenza possono favorire un aumento delle capacità di concentrazione e delle competenze interattive sociali;

B) per migliorare la percezione delle oscillazioni emotivo/affettive (ansia e tristezza), lo sviluppo dell’esplorazione, intenzione e direzionalità e per ridurre alcuni aspetti confusivi.

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terapia farmacologica   A tale proposito, vengono utilizzate diverse classi di farmaci quali:i

neurolettici, gli SSRI, i noradrenergici, gli antiepilettici con funzione di stabilizzatori dell’umore.

MA la scelta del farmaco non si deve basare solo sui comportamenti o sintomi, ma

deve prendere in considerazione i diversi nuclei psicopatologici, le competenze emergenti e i sintomi bersaglio.

  Una terapia farmacologica può essere di supporto in una particolare fase dello sviluppo dell’individuo con autismo e, in una fase successiva, potrà non essere più utile; pertanto, è importante pensarla, sempre e comunque, legata ed integrata ad un intervento riabilitativo mirato.

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Conclusioni �  I modelli terapeutici non devono, e non possono,

essere applicati in modo indiscriminato ad ogni individuo con autismo e in ogni fascia di età.

 L’approccio migliore è quello che integra i diversi modelli, sfruttandone i punti di forza, attraverso: la conoscenza della storia naturale dell’autismo, delle caratteristiche specifiche dell’individuo e la formulazione di obiettivi specifici, graduali e differenziati per livelli e fase evolutive.

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grazie �