Dispensa Scuola Famiglia

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resoconto quasi totale della serata del 30 gennaio 2009. organizzazione CIGD Villa Carcina

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Davide Bonera Pedagogista

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ANDREA NON SEMPREVA A SCUOLAVOLENTIERITra Famiglia e Scuola: piccole storie

di una collaborazione mai finita!30 gennaio 2009

PROGETTO “NESSUNO FUORI 2” L. 23/99Centro Inizi ati va Genitori Democratici

Comune di Villa Carci na – Ass. Ser vizi all a Persona

Istituto Comprensi vo “T. Oli velli”

La Vela – Soc. Coop. Onl us

Sommario

Premessa.......................................................................................................................................1Troppa distanza tra insegnanti e genitori!....................................................................................1Andrea: “schema di lavoro… cooperativo” .................................................................................3Oltre il Patto di Corresponsabilità educativa …dal “Contratto” all’Alleanza .............................4E l’organizzazione scolastica? .....................................................................................................5Verso l’alleanza possibile: attenzione e attenzioni ......................................................................6La serata è conclusa .....................................................................................................................8Saluto finale ...............................................................................................................................10Crediti.........................................................................................................................................10

PremessaVorrei dare inizio alla serata mettendovi1 alla prova attraverso l’analisi di una situazione critica. Avviando lenostre serate, ci siamo abituati a prendere in considerazione situazioni concrete, eventi quotidiani chepossono capitare a chiunque e con i quali siamo chiamati a fare i conti.La situazione critica è attinente (guarda caso) a tale Andrea, che… non sempre va a scuola volentieri.

Andrea ha 12 anni e alcune volte non va a scuola molto volentieri. Negli ultimi tempi i docenti si sono resiconto che il suo rendimento è decisamente peggiorato, anche per quanto riguarda gli aspetti organizzativi:non porta il materiale, è disordinato, non annota i compiti.Le insegnanti di Lettere e Inglese, rispettivamente Marta e Maria, valutata la situazione con altri docenti,decidono di convocare i genitori per comprendere meglio la situazione e affrontarla nel migliore dei modipossibile.All’appuntamento si presenta Olga, la madre di Andrea.

Proviamo ora a mettere in scena questo colloquio e poi ci prendiamo il tempo per ragionare su cosaemerge.

Troppa distanza tra insegnanti e genitori!

Ringrazio gli attori che si sono prestati alla simulazione e provo ad annotare alcune considerazionisull’incontro.

1 L’autore si rivolge ai genitori intervenuti alla serata.

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In genere, quando si assiste ad un incontro tra due persone, specie quando queste sono chiamate acollaborare dal punto di vista educativo, un modo molto semplice per valutarne l’efficacia èchiedersi quanto le persone coinvolte, a seguito della comunicazione, hanno modificato il propriomodo di vedere le cose abbracciando quello dell’altro. Questo dato, apparentemente banale,richiama il significato profondo della comunicazione e della sua importanza.Applicando questa valutazione alla nostra esercitazione veniamo assaliti da un senso discoraggiamento.Tanto il genitore, quanto gli insegnanti hanno avviato la comunicazione con una serie di idee e uncampionario di argomenti da portare all’altro che difficilmente hanno modificato nel corso deldialogo. In altre parole, hanno cominciato a parlare, ma nessuna delle parti ha ascoltato; hannocominciato a dialogare, ma nessuna delle parti ha cambiato il proprio modo di vedere la faccenda,tant’è che gli interlocutori non sono riusciti a raggiungere una visione comune, nè a tentare unasoluzione condivisa del problema. In altre parole, non sono riusciti a risolvere il problema diAndrea.Ma entriamo meglio nei dettagli contenutistici dell’esercitazione.Il genitore si è presentato all’appuntamento con visibili timori e un generale atteggiamento diresistenza. Come spesso succede nella realtà, anche da parte di Olga la convocazione viene vissutanon come un segnale importante di alleanza, o di richiesta di collaborazione, ma per le modalità concui viene proposta, come messa alla prova o peggio come esame delle sue capacità genitoriali.Per un genitore il fatto di essere convocato a scuola rappresenta una situazione di stress, perché aprescenari emotivi talvolta intensi e di difficile controllo.L’atteggiamento resistente di Olga, messo in evidenza anche dalla postura “chiusa” e distante, nontrova certo motivi per venire meno di fronte al comportamento degli insegnanti.I professori che accolgono Olga sono freddi: si limitano ad un convenzionale “buongiorno” e nonbrillano per senso di ospitalità. Piuttosto che prendersi il tempo per mettere a proprio agio Olga (cheè visibilmente a disagio) iniziano a sciorinare i motivi della convocazione, a consegnare il problemaben confezionato, indagando le sue origini e pretendendo che venga risolto a casa con un maggioreimpegno genitoriale. Questo atteggiamento magari non rispecchia l’intenzionalità dei docenti, ma(ed è questo che conta) tali sono i vissuti di Olga e tale è la ricaduta relazionale.Ergo, come sopra si diceva, Olga se ne va dal colloquio con qualche senso di colpa in più, unapessima immagine dei docenti e la ferma convinzione che deve impegnarsi ad essere molto piùrigida e punitiva nei confronti di Andrea.Da parte loro, i docenti confermano che le problematiche dipendono quasi esclusivamente dallerelazioni familiari e che, segnalando la faccenda alla madre, il loro compito educativo sì è pressochéesaurito.Analizzando più approfonditamente i contenuti della comunicazione circa le problematiche diAndrea, è facile constatare come esse non siano state di fatto prese in considerazione.Non sono emerse ipotesi (si badi bene: ipotesi, non soluzioni) per esempio sul perché Andrea siadisordinato o male organizzato e non si è analizzata l’eventuale escalation di questi comportamenti:Andrea non è stato messo al centro di un confronto pedagogico, ma è stato utilizzato (quasiesclusivamente) come “campo di battaglia” per fazioni che talora attaccano e talaltra difendono.E’ come se nel corso del colloquio non fossero a confronto due stili educativi che cercano diintegrarsi, ma due diverse “visioni” della stessa persona, che devono predominare l’una sull’altra.

Prima di proseguire mi sembra molto eloquente riproporre la rivisitazione dell’originale “finestra diJohari”, un simpatico schema per comprendere i segreti e il valore della comunicazioneinterpersonale2.

2 Sarebbe affascinante approfondire in questa sede lo schema di Johari, ma… non c’è tempo e, comunque, è molto piùintrigante lasciare spazio alla curiosità…

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Andrea: “schema di lavoro… cooperativo”

Seppur con uno sforzo di fantasia, immaginiamo che la finestra rappresenti Andrea.Di lui ci sono aspetti che sono contemporaneamente noti tanto alla famiglia quanto alla scuola(quadrante A), si tratta per esempio di dati anagrafici, aspetti estetici, voti e valutazioni. C’è poiun’area che possiamo dire nota solo alla famiglia (quadrante B), aspetti del comportamento riferitialle relazioni familiari, atteggiamenti e competenze extrascolastiche, tutto il mondo, insomma, cheAndrea vive all’esterno della scuola e che quasi mai “entra” nella scuola stessa. Il quadrante Crappresenta l’Andrea “scolastico” con tutte le implicazioni e le conseguenze.Questa eccessiva schematizzazione non deve spaventarci; si tratta solo di un artificio per mostrare(e non potrebbe essere altrimenti) che Andrea, come tutte le persone, gioca ruoli diversi a secondadei contesti nei quali fa esperienze di relazione con gli altri. Capita spesso di incontrare genitori cheriferiscono che il proprio figlio a casa si comporta benissimo, mentre a scuola è considerato unoscalmanato. Viceversa, assistiamo in alcuni casi alla situazione opposta con bambini ben organizzatie ligi in contesti extracasalinghi, lavativi e disordinati nelle relazioni domestiche.Ma la cosa più interessante dello schema è il quadrante D, che rappresenta una serie di informazioniche non sono note né alla scuola, né tanto meno alla famiglia e neppure ad Andrea stesso.Dal momento che scuola e famiglia collaborano e si scambiano informazioni, riversando cioèinformazioni dai quadranti B e C nel quadrante A, è inevitabile che quest’ultimo aumenti diestensione, riducendo automaticamente l’area non nota (il quadrante D).L’aumento dell’area del quadrante D equivale al fatto che Andrea aumenta la conoscenza di sé ed èquesto il più importante servizio educativo che scuola e famiglia possono esercitare cooperando.

L’esercitazione ci ha portato a constatare quanto il mondo della scuola e quello della famiglia sianotristemente lontani dal raggiungimento di un livello ottimale di cooperazione3.

3 Quando vengono scritti questi interventi, è buona norma che l’autore (qualsiasi esso sia) accentui gli aspetti negativi,piuttosto che le aree luminose, delle tematiche che va trattando. Questa consuetudine ha lo scopo di assetare il lettore eportarlo a desiderare di liberarsi dalla propria situazione sempre negativa e mai funzionante per aspirare ad altro. Sitratta ovviamente di un puro artificio retorico, per altro ben conosciuto e ampiamente utilizzato dai più famosi oratori,che persegue l’unico scopo di tenere attaccati al testo i lettori che vanno così alla ricerca di una soluzione. La realtàdelle cose è ben altra: le difficoltà scuola famiglia ci sono, ma non sono insormontabili; come per altro il tanto agognato

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Se avessimo presentato lo schema di Johari all’inizio della serata, invitando gli attori a giocare conesso con l’obbiettivo di diminuire l’area del quadrante D, la simulazione avrebbe seguito un corsomolto diverso. Olga e gli insegnanti avrebbero avviato la comunicazione con meno resistenze, menopresunzioni, meno giudizi e meno consigli… limitandosi (si fa per dire) a scambiarsi conoscenzenote “solo a sé”. Inevitabilmente si sarebbero raggiunte maggior intesa e cooperazione al servizio diAndrea4.Se lo schema di Johari può favorire un approccio sereno e costruttivo alla comunicazionescuola/famiglia, è bene ricordare che un ottimo livello di cooperazione si costruisce ancheattraverso aspetti formali e di carattere organizzativo.

Oltre il Patto di Corresponsabilità educativa …dal “Contratto” all’Alleanza

Per favorire la comunicazione educativa tra scuola e famiglia, sono stati redatti documenti, definitinella maggior parte dei casi “patti”, che hanno lo scopo di sancire la volontà di queste agenzieeducative di collaborare.Queste prassi hanno un preciso riferimento legislativo…Promuovendo la costruzione di “patti educativi”, il legislatore ha inteso offrire indicazioni concretee strumenti importanti per la costruzione di rapporti democratici e simmetrici tra genitori edinsegnanti, seppur nella netta distinzione di peculiarità e competenze.Anche Villa Carcina ha il suo patto!Esso dettaglia molto bene quali sono le competenze della scuola rispetto all’educazione deglistudenti e sancisce una serie di obblighi/impegni che tutte le parti (docenti/scuola, genitori/famigliae studenti) devono impegnarsi a rispettare e portare a termine per il mantenimento del patto stesso.Leggendolo si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad un documento contrattuale che descrive ilrapporto tra famiglia e scuola e attraverso il quale è facile ritrovare i propri diritti e doveri.Tale documento, pur essendo certamente utile nel chiarire le reciproche competenze e nel segnare iconfini di azione delle due parti, non è comunque privo di aspetti critici.In primo luogo, è importante ricordare che il documento rappresenta uno strumento di alleanza enon l’Alleanza in quanto tale. La sottolineatura può apparire banale, ma quante volte in educazionela fatica di elaborare un documento di tale portata ‘esaurisce’ la tensione verso un processo cheproprio questa grande fatica deve avviare!In secondo luogo, non è infrequente che spesso documenti di tale significato rischino di trasformarsiin lettera morta, perché annunciano sistemi di valori e prassi che sono così idealmente perfette dacozzare con la realtà quotidiana che li rende propositi… irrealizzabili.Infine, il documento in sé non offre indicazioni concrete su come mantenere e rinforzare tale patto ,se non la generica constatazione che ognuno debba fare la propria parte, e quindi è inadeguato peraffrontare situazioni di emergenza, dove pare necessario esprimere competenze di collaborazionepiù sofisticate.Ecco che, per esempio, di fronte a situazioni di emergenza educativa (come il caso di Andrea), il“documento/patto” non viene nemmeno preso in considerazione, né tanto meno utilizzato comepiattaforma di lavoro.Semmai, il riferimento ad esso, come succede nei contratti, è occasione per sollevare le reciprochecarenze, mettere in evidenza i punti deboli delle capacità educative, in una sorta di gara a chi ha‘sbagliato di più’, a chi è meno capace di educare e di solito soccombe chi si sente solo, chipercepisce se stesso come meno ‘attrezzato’.

“livello ottimale di cooperazione” non esiste in senso statico (almeno in questa vita), ma è sempre un processo… infieri.4 Mi è capitato di proporre la finestra di Johari come schema di lavoro cooperativo a gruppi di genitori con la propostadi applicarlo nelle loro relazioni con la scuola. Il riscontro è stato ottimo e ha portato ad un importante miglioramentodella qualità delle relazioni stesse.

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Questo aspetto rappresenta una delle contraddizioni più evidenti di questo sistema, perché, a benvedere, genitori ed insegnanti non sono delle controparti arroccate ciascuna sulle proprie posizioni etese a difendere il proprio feudo. Anche perché le competenze ‘territoriali’ e gli interessi non sonoin contrasto, ma coincidono e sono cuciti dal medesimo valore: il bene del figlio e dell’alunno.Quando si scopre che l’oggetto/soggetto dell’incontro tra genitori ed insegnanti è unico eirripetibile, seppur con sfaccettature diverse, che le parti desiderano entrambe la stessa cosa e chenon si stanno contendendo la ragione dei fatti, la logica dell’incontro si modifica ed il rapporto nonassume più la natura di un contratto, ma quello di un’alleanza.Se il rapporto scuola famiglia è regolato solo dalle circolari ministeriali, atti formali, comunicazioniscuola/famiglia e dalle disposizioni del legislatore (che comunque sono prassi necessarie per moltiaspetti), prevarrà un rapporto forse formalmente “corretto”, ma sostanzialmente c’è il serio rischioche si diffondano lontananza e diffidenza reciproche.I docenti di Andrea e la madre, per superare la situazione di crisi, devono fare qualcosa di più:passare da un’idea di contratto ad un proposito di alleanza.

E l’organizzazione scolastica?

Una prima considerazione per cercare di spiegare le difficoltà verso la costruzione di una alleanzasoddisfacente chiama in causa il tema generale dell’organizzazione e della gestione scolastica.Molte difficoltà, si è detto e si dice, possono essere dovute alla inadeguata organizzazionescolastica, e quindi alle circolari applicative poco chiare, alle leggi che sarebbero sbagliate e mosseda ideologie distorte e via di seguito.Pertanto ci si aspetta una massiccia e profonda riforma istituzionale come panacea di tutti i mali.All’interno di questa logica di pensiero non si collocano solo i riformisti di turno, ma anche icontroriformisti, accomunati dalla convinzione che l’impianto legislativo e il sistema organizzativosiano i primi aspetti da curare e salvaguardare. E’ frequente che questo atteggiamento consolidiposizioni spesso ideologizzate e settarie che offrono soluzioni quasi sempre parziali. Ma non èquesto il punto.Molte osservazioni a proposito del sistema organizzativo scolastico sono indispensabili anche per ildibattito educativo: attraverso il miglioramento dell’istituzione si possono evitare e limitare certedisfunzioni. Riflettiamo per esempio sull’istituto dei colloqui e su quanto sia importante garantiredal punto di vista organizzativo la possibilità che i genitori incontrino i docenti e che questi possanoavere il tempo necessario per curare i contatti con la famiglia e spiegare l’andamento scolasticodello studente.Ma questo non garantisce che i colloqui siano un istituto perfetto e perfettamente funzionante.Spesso si sottovaluta che le persone vengono prima delle istituzioni e che i rapporti dicollaborazione, se possono essere facilitati o ostacolati dalle caratteristiche dell’organizzazione,sono in parte dovuti ai valori e alle decisioni di chi opera in esse.Non dimentichiamoci quindi che sono le persone che possono “fare andar bene “ le istituzioni. In talsenso (e squisitamente dal punto di vista educativo) non possiamo assolutamente confermare cheseppur avendolo utilizzato, il colloquio sia stato per Olga un momento molto positivo.Pensiamo poi a grandi educatori del passato, o anche agli eroici insegnanti del presente, che si sonotrovati a combattere e/o resistere contro l’organizzazione per affermare innovazioni educative e unfare pedagogico assolutamente divergente rispetto al sistema istituzionale nel quale operano.Possiamo concludere che una buona organizzazione scolastica crea i presupposti, ma non esauriscecompletamente il tema dell’alleanza.Non occupandomi in modo specifico di sistemi organizzativi, non posso esprimere un pareredefinitivo, ma ritengo di poter affermare che anche aspettando la migliore riforma possibile, e anchese questa trovasse un giorno il suo compimento, non si creda che il tema dell’alleanza educativa si

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esaurisca e che genitori e insegnanti non debbano quotidianamente affaticarsi per ricercare unamaggiore sintonia tra le parti.

Verso l’alleanza possibile: attenzione e attenzioni

Ripercorrendo la simulazione iniziale, della quale ci siamo impegnati a mettere in evidenza gliaspetti esclusivamente negativi, possiamo per analogia o per contrasto sottolineare una serie diattenzioni che se contemplate, potrebbero favorire un buon livello di collaborazione.

I Attenzione: un pizzico di assertivitàNon c’è che dire, Marta e Maria (le docenti) hanno espresso, anche se in forma diversa, uno stilecomunicativo (e un atteggiamento) piuttosto… volitivo. Esse cercavano il più possibile di tenerebanco e di comandare la comunicazione, preoccupandosi del fatto che le loro opinioni o ‘sentenze’giungessero nel più breve tempo possibile e senza sconti al povero mittente5. Da parte sua, Olga hamantenuto per tutta la comunicazione un atteggiamento sommesso, tragicamente e passivamenteconciliante.Due modi opposti di gestire la comunicazione, che spesso non portano a conoscersi e collaborare.Lo stile della comunicazione dovrebbe essere da ambedue le parti il più possibile assertivo, tendentecioè ad un giusto equilibrio tra la forza con la quale è necessario esprimere i propri concetti e lapacatezza nell’accogliere i concetti dell’altro.Si tratta di una qualità (quella dell’assertività) che si può apprendere e coltivare, ma che presupponealcuni passaggi cognitivi ed emotivi molto importanti. In primo luogo è bene definire che cosa sivuole dire, successivamente curare il modo con cui si dice, ponendo attenzione anche su qualemessaggio arriva e su come viene compreso dall’altro.Non c’è nulla da dire sulle buone intenzioni di Marta e Maria e sul desiderio di sollecitare in Olgamaggiori presenza e attenzione alle faccende scolastiche di Andrea, ma l’impeto da loro mostrato esoprattutto lo scarso livello di ascolto delle fatiche di Olga, hanno portato la loro comunicazione afallire miseramente, incrementando in Olga un personale senso di inefficacia e una sfiducia neiconfronti dell’istituzione scolastica.“Mi sono sentita giudicata”, “mi sono sentita poco accolta”, “è solo colpa mia”, “la fanno facileloro”: queste e altre locuzioni passano per la testa di Olga alla fine del colloquio e non sono certopensieri che favoriscono la costruzione di una collaborazione coi docenti!

II Attenzione: un pizzico di ottimismoIl risultato più evidente della simulazione è che i pensieri di Olga allontanano sempre di piùl’ipotesi di una possibile cooperazione. La mamma di Andrea si porta via una pessima opinione diMarta e Maria, opinione che di solito si traduce in pregiudizi e luoghi comuni quali: “con tutti isoldi che prendono…”, “invece di insegnare, perdono il tempo a fare le maestrine anche aigenitori”, ecc.Suggeriamo allora ad Olga che la costruzione e la tenuta di un’alleanza sono dovute alla certezzache anche i docenti agiscono, nel modo e nella misura in cui è loro possibile, per il comuneobiettivo: fare in modo che i ragazzi vadano volentieri a scuola e imparino con soddisfazione.E’ incredibile affermarlo, ma solamente il miglioramento scolastico di Andrea può permettere ladistensione tra docenti e genitori.Ma vi sembra giusto: un moccioso di 12 anni che pensa solo a se stesso diventa l’arbitro del bello ecattivo tempo tra un gruppo di adulti!

5 Dalla simulazione è emersa un’immagine piuttosto caricaturale dei docenti. Questa non corrisponde alla realtà, anchese della realtà mette in evidenza alcuni caratteri generali. Se lo stesso copione fosse stato interpretato da insegnanti,piuttosto che da genitori, probabilmente non sarebbe emersa un’immagine così accentuata di difetti! (Ce ne scusiamocon i lettori, specie se appartenenti alla categoria dei docenti).

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Difficile suggerire ad Olga, evitando il rischio di apparire banale, che dovrebbe sforzarsi dicancellare dalla testa i ‘pensieri cattivi’ e rimodulare i pregiudizi…Eppure pare che un passaggio cognitivo necessario sia proprio questo: sforzarsi di trovare gli aspettipositivi dell’altro.Nella condizione di Olga, pare impossibile riuscire ad effettuare quel passaggio mentale, eppure lastrada è proprio quella e tutti i genitori che hanno osservato Olga possono trarne alcuniinsegnamenti.In tal senso sarebbe bello che, al di là dell’andamento scolastico dei figli, i genitori ogni tanto siincontrassero coi docenti e si facessero i complimenti. Sarebbe interessante sperimentare situazioninelle quali gli adulti non si incontrano solo per affrontare i problemi degli studenti e nemmeno perdirsi che il ragazzo è bravo, piuttosto per comunicarsi che… gli adulti coinvolti funzionano.Sarebbe interessante finalizzare gli incontri alla conoscenza reciproca fine a se stessa e non infunzione dei figli/studenti.Costruire una relazione “al di là dei figli” ma “per i figli” può sembrare contraddittorio. Vediamolacosì: genitori e docenti si incontrano a causa dell’andamento dei figli e per questa ragione sono‘obbligati’ ad incontrarsi. Il funzionamento dell’intervento educativo in favore dei figli non puòprescindere dal funzionamento dell’incontro scuola famiglia, che quindi viene prima. In tal sensol’introduzione e l’applicazione di un atteggiamento empatico sono quanto mai necessari.

III Attenzione: un pizzico di empatiaProseguiamo questo viaggio in compagnia di Olga e delle sue fatiche alla ricerca del’alleanzaperfetta con le docenti.Tutte le buone alleanze oltre alla necessità di essere alimentate da assertività e speranza, hannobisogno di un atteggiamento empatico.I genitori si sono mai chiesti (e lo hanno mai chiesto) come gli insegnanti ‘tengono la classe’? Sisono mai informati coi diretti interessati circa i modi di intendere la disciplina e l’uso dellepunizioni, di dare significato ai voti e ai compiti a casa? Si sono mai sforzati di comprendere labiografia professionale degli insegnanti e le motivazioni del loro agire educativo? I genitori si sonomai posti nell’ottica di partecipare alla ‘filosofia educativa’ che sta dietro ogni comportamento deldocente, comprendendola nelle sue ragioni più vere e valoriali?Un atteggiamento di questo tipo potrebbe suscitare nei docenti alcune comprensibili resistenze per ilfatto di sentirsi vagamente indagati. Ma tutto dipenderà dalla capacità del genitore di manifestare leproprie intenzioni che saranno orientate al confronto e alla conoscenza e non all’indagine e algiudizio.Tutto ciò può sembrare un percorso faticosissimo e lo è, ma non dobbiamo dimenticare chel’empatia6 (perché è di questo che si sta trattando) è un atteggiamento naturale delle persone, forsesoffocato dai ruoli e dal regime di funzionamento sociale, ma pur sempre naturale e quindi destinatoa contagiare le loro azioni.

IV Attenzione: un pizzico di conoscenza in piùOlga, come molti genitori, si porta appresso un’immagine stereotipata degli insegnanti, che di solitooscilla tra il superman tutto fare e il burocrate parassita.Ma quali sono le caratteristiche che fanno di un insegnante un insegnante, appunto?Per quanto ci sforziamo di attribuire al ruolo dell’insegnante infinite competenze e onnipotenzeeducative, tanto che è frequentissimo il meccanismo della delega, in realtà il suo campo di azione èben circoscrivibile entro quattro tipi di conoscenze, che, scusate il gioco di parole, è bene che igenitori conoscano7.

6 Cfr. “Educare all’empatia”, dispensa n. 5, incontro del 16 maggio 2008.7 Questo paragrafo è particolarmente ‘ispirato’ dalla lettura di articoli e saggi di altri autori, dei quali però non ricordocon precisione nomi e opere. Mi scuso con gli interessati e resto a disposizione per le ratifiche necessarie.

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Conoscenza della materia. Va da sé che il docente deve ben conoscere la disciplina che si apprestaad insegnare, tanto da riuscire a far ‘innamorare’ di essa gli allievi.Conoscenza del metodo. Altro elemento tecnico e di studio che di solito i docenti apprendonodurante il percorso di studi universitari e risponde non già a quello che insegno, ma a come loinsegno.Conoscenza di sé. E’ fondamentale per ogni persona (figuriamoci per chi si appresta ad educare!)avere una percezione chiara dei propri punti di forza e di debolezza, che equivale al sapersiascoltare e comprendere, ad accettarsi per migliorare.Conoscenza di un proprio ideale di ruolo. E’ la conoscenza che ci dice quanto l’insegnate sisenta in cammino per migliorare il proprio lavoro come fonte di realizzazione di sé e quindi dibenessere. E’ la sintesi dei desiderata e dei sogni che gli insegnanti hanno circa il proprio ruolo.L’elevata cura di queste quattro conoscenze determinano il docente perfetto!Se Olga vuole costruire l’alleanza, è bene che si informi circa il livello di conoscenza degliinsegnanti di Andrea riferito a queste quattro aree.

V (e ultima) Attenzione: schivare le trappoleTutti i percorsi sono lastricati di trappole che spesso bloccano le persone, la comunicazione eminano alla base le migliori intenzioni di alleanza. Ci sono trappole che sono peculiari dei genitori ealtre che lo sono degli insegnanti. In questa sede ci limiteremo a sottolineare quelle che sono emersedurante la simulazione e che riguardano tutti gli attori coinvolti.Scarica barile. Trappola molto frequente tanto tra i genitori quanto tra gli insegnanti, che porta adattribuire sempre alla controparte le responsabilità di una situazione. Nella nostra simulazioneabbiamo avuto la possibilità di assistere alla versione “docenti” per cui le responsabilità del nonfunzionamento di Andrea sembrano di esclusiva proprietà dei genitori. Magari è vero, ma ilmeccanismo dello scaricabarile, come abbiamo più volte ricordato, confina Olga in una situazionedi disagio e priva di supporto che la manda in crisi.Lamentarsi e basta. Un altro modo per resistere al cambiamento è quello di limitarsi alla lamentelasenza formulare richieste e passare a forme di azione sociale come per esempio “il lasciarsicoinvolgere” dai rappresentanti o dai docenti… Di solito la lamentela e basta è un ottimo alibi perfarsi esonerare ed autoescludersi dai processi di cambiamento.Coltivare i pregiudizi con la stessa passione con la quale si coltiva l’orto. E’ carnefice e vittima delpregiudizio chi afferma che i genitori sono tutti assenti...o che gli insegnanti sono tutti fannulloni...,estendendo all’intera categoria giudizi che sarebbero magari adatti a pochi di essi. Abbiamo inpassato riflettuto sul tema del pregiudizio8 e siamo giunti alla conclusione che se in prima battuta ilpossesso di un pre-giudizio può rappresentare un punto di partenza orientativo, l’ostinazione attornoad esso e la rigidità nel coltivarlo portano a non intravvedere le diversità delle persone e a nonapprezzare il positivo esistente da entrambe le parti.Bastare a se stessi perché mia figlia/o va bene a scuola. La trappola nella quali tutti i genitorisperano di cadere (sigh). Esiste di questa trappola anche una versione tipica degli insegnantiquando, per esempio, la classe funziona e scatta un meccanismo di autoreferenzialità esagerato epoco democratico.Fare lo struzzo perché mio figlia/o va male a scuola. Per molti genitori questa non rappresenta unatrappola, ma, ahimè, una calda coperta che protegge dal rigore dell’inverno. Anche di questatrappola esiste una versione specifica per insegnanti. Il sintomo più eloquente: tenere tutto quelloche succede rigorosamente tra le mura della classe!

La serata è conclusa

Concludiamo la serata proponendo alcune esercitazioni per fare prove di alleanza.

8 Cfr. “Educare all’empatia”, dispensa n. 5, incontro del 16 maggio 2008

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Si tratta di alcuni giochi proposti nel corso di laboratori finalizzati alla costruzione di una solidaalleanza scuola famiglia e portati all’attenzione del progetto “Nessuno Fuori” da Claudio Girellidurante il laboratorio “Genitori e figli: compagni di banco” al quale parteciparono anche alcuniinsegnanti.Gioco di Johari. Genitori ed insegnanti, in sedi separate, compilano i propri riquadri di competenzaponendo attenzione a scrivere il numero maggiore di aspetti che conoscono dello studente/figlio.Successivamente si riuniscono e condividono i propri lavori. Elaborando uno schema comune igiocatori faranno confluire nel riquadro A il numero maggiore di informazioni9.Gioco del protocollo relazionale. Genitori ed insegnanti compilano in sede separata lo schema diseguito riportato avendo cura di indicare quali sono le condizioni, i modi d’essere e di agire chetanto insegnanti quanto i genitori mettono nella relazione e che possono favorire od ostacolare lacollaborazione. Nella fase successiva i partecipanti si confrontano sugli elaborati e cercano diriflettere sulle sollecitazioni scritte.In genere è un esercizio che favorisce molto l’esplicitazione dei punti di vista negativi e deipregiudizi, ma offre anche la lettura dei punti di forza di questa relazione sui quali vale la penariflettere al fine di rinforzarli.

Ciò che favorisce lacollaborazione

Ciò che ostacola lacollaborazione

Insegnanti

Genitori

Gioco del protocollo relazionale: indicare negli appositi spazi lecondizioni, i modi d’essere e di agire che ostacolano ofavoriscono la collaborazione.

Gioco della situazione idealeGenitori ed insegnanti provano a compilare il seguente schema a partire dalle situazioni quotidianedi collaborazione scuola/famiglia che sentono di dover migliorare.

Situazionequotidiana

SituazioneIdeale

Cose che lafavoriscono

Cose che laostacolano

Azioni permigliorare

INCONTRI

INFORMALI

COLLOQUI

AVVISI

ECC..

9 Come abbiamo scritto in precedenza, la rivisitazione dello schema di Johari non è solo un’esercitazione ludica, ma unmodo di pensare la collaborazione secondo la quale la vera conoscenza di sé di uno studente/figlio si realizza solo con ilcontributo congiunto di genitori ed insegnati.

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Saluto finale

Scuola e famiglia, genitori ed insegnanti sono uniti dalla medesima tensione a volere il bene deifigli/studenti e le diversità di carattere, di luogo e di compiti non devono diventare fonti diincomprensione. La condivisione del valore reciproco deve spingere a cercare di capirsi, a superarele difficoltà e a costruire l’accordo.

Crediti

Un sentito ringraziamento a tutte le persone che in vario modo e a vario titolo si sono rivolte inquesti mesi allo Sportello di Consulenza pedagogica, contribuendo con i loro racconti esuggerimenti alla stesura di questa dispensa.Un augurio a tutti coloro, compreso il sottoscritto, che talvolta sono ‘travolti’ dai pregiudizi, mache, nonostante questo, lavorano per la costruzione di una solida alleanza scuola/famiglia. Grazie.