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0 Bilancio 2011 Bilancio 2011 a cura di Antonio Gigliotti Fiscal Focus

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Bilancio 2011

Bilancio 2011

a cura di Antonio Gigliotti

Fiscal Focus

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Bilancio 2011

Indice

1. Le scritture di fine esercizio: completamento, integrazione, rettifica

e ammortamento

pag. 4

2. Fiscalità anticipata e differita pag. 12

3. Gestione delle perdite d’esercizio pag. 49

4. Novità nel riporto delle perdite fiscali pag. 60

5. ACE: incentivo alla capitalizzazione pag. 67

6. Irap: nuove regole di deducibilità dal reddito d’impresa pag. 84

7. Le nuove regole di deducibilità del TFM amministratori pag. 93

8. Cessione del contratto di leasing pag. 103

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Bilancio 2011

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Bilancio 2011

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Bilancio 2011

Capitolo 1

Le scritture di fine esercizio: completamento, integrazione,

rettifica e ammortamento

Le scritture di esercizio sono rilevate in contabilità generale in base al-la manifestazione

numeraria (aspetto originario), indipendentemente dalla competenza economica rispetto

all’esercizio in corso.

Sono inoltre da rilevare al 31.12 di ciascun anno dei costi e dei ricavi che sono di pertinenza

dell’esercizio appena concluso ma che sono conosciuti solo successivamente.

Sono quindi necessarie tutta una serie di scritture: di rettifica, completamento, integrazione e

ammortamento che vanno a determinare secondo principi contabili corretti il risultato

economico.

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Bilancio 2011

1. Scritture di completamento Le scritture di completamento rilevano componenti di reddito, interamente di competenza

dell'esercizio, la cui registrazione è differita alla fine del periodo amministrativo perché solo

allora ne diventa certo o liquido l'ammontare.

Tali variazioni origineranno modificazioni nella consistenza di taluni valori finanziari, quali il

denaro in cassa, i c/c bancari e postali, i crediti verso clienti, ecc. Tra questo tipo di scritture

troviamo le rilevazioni di:

Interessi maturati sui c/c bancari e postali;

Interessi maturati nei confronti di clienti e fornitori;

Fitti attivi e passivi;

Cedole con scadenza 1/1.

Una particolare scrittura di completamento può è quella che in sede di valutazione dei crediti

verso la clientela procede alla eliminazione contabile dei crediti di cui risulti accertata la

definitiva inesigibilità. Ci sarà una rilevazione di una perdita su crediti se si tratta di

perdite sorte nell’esercizio o di una sopravvenienza passiva qualora risalgano ad

esercizi precedenti e non trovino copertura nell’apposito fondo rischi. Un altro esempio

di scrittura di completamento è quella che raggruppa i conti correnti bancari per tipologia di

saldo.

Dopo la rilevazione delle competenze di fine periodo, i conti accesi alle singole banche

esprimeranno un saldo a credito o un saldo a debito dell’azienda e pertanto saranno

raggruppati a seconda del segno nel conto banche c/c attivi o banche c/c passivi.

Similmente, dopo la rilevazione della liquidazione IVA relativa all’ultimo mese trimestre

dell’anno, il conto erario c/IVA evidenzierà un saldo che dovrà essere trasferito:

al conto debiti IVA v/Erario, se si tratta di un saldo a debito;

al conto crediti IVA v/Erario, se si tratta di un saldo a credito.

Con la stessa filosofia sarà collocato al conto debiti verso istituti di previdenza o al conto crediti

v/istituti di previdenza l'eventuale credito o debito verso istituti di previdenza a seconda del

segno che assume lo sbilancio tra gli anticipi per conto dell’INPS e i contributi da versare.

2. Scritture di integrazione

Le scritture di integrazione “immettono” nel sistema dei valori di bilancio alcuni componenti di

reddito la cui manifestazione monetaria avrà luogo nel futuro o nei futuri esercizi, ma che sono

di competenza del periodo che si chiude. Tali valori di reddito sono misurati da valori finanziari

presunti: ratei, crediti e debiti da liquidare, fondi per oneri futuri e fondi rischi. Di seguito

alcuni esempi:

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Bilancio 2011

I ratei attivi e passivi: i ratei sono valori finanziari presunti che misurano quote di

costi o ricavi che si manifestano monetariamente in via posticipata ma che,

proporzionalmente al tempo decorso, sono di competenza dell’esercizio. Si avranno

pertanto ratei passivi, in quanto la loro rilevazione sia effettuata in via posticipata, sui

seguenti costi: interessi passivi su mutui, interessi passivi su riporti, interessi passivi su

obbligazioni emesse e fitti passivi di locali a uso magazzino o adibiti ad uffici. Si

avranno, invece, ratei attivi quando siano a rilevazione posticipata, relativamente ai

seguenti ricavi: interessi attivi su capitali dati a prestito, interessi attivi su titoli a

reddito fisso, interessi attivi per dilazione di pagamento e fitti attivi di fabbricati di

proprietà dati in locazione.

Il TFR maturato nell’esercizio: il TFR per l’azienda è un debito a formazione

progressiva che, dati il meccanismo di calcolo e l’incertezza del momento in cui avverrà

il pagamento, può considerarsi un debito da liquidare. Il calcolo della quota di TFR

maturata nell’esercizio deve essere effettuato in base alle disposizioni contenute

nell’art. 2120 del Codice Civile, le quali prevedono che essa comprenda:

o La quota annua;

o La rivalutazione dei debiti per TFR.

(L’incremento del debito per TFR sarà al netto del recupero contributivo dello 0.50%

delle retribuzioni lorde liquidate nell’esercizio).

Fatture da ricevere e da emettere: si riferiscono ad operazioni già avvenute, per le

quali, tuttavia, non si è ancora emesso o ricevuto il relativo documento in base al quale

avviene di norma la loro contabilizzazione. Casistiche:

o Nelle vendite con fatturazione differita le merci risultano già consegnate, ma la

relativa fattura sarà emessa entro la fine del successivo mese di gennaio,

naturalmente il ricavo di vendita sia di competenza dell’esercizio che si chiude.

o Nel caso di acquisti in attesa di fattura siamo di fronte a merci già consegnate

per le quali non si è ancora ricevuta fattura; poiché tali merci figureranno tra le

rimanenze o sono già state vendute si impone la contabilizzazione a fine

esercizio (in modo analogo si rileveranno i costi di competenza per consumi di

energia elettrica, acqua, gas, e altri servizi).

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Bilancio 2011

Altri debiti e crediti da liquidare: oltre alle fatture si possono avere note di accredito

da emettere nei confronti di clienti per abbuoni concessi, per resi di merci o per premi

da liquidare e note di accredito da ricevere da fornitori per le medesime cause. E ancora

in relazione alle vendite o agli acquisti per i quali siano stati pattuiti sconti di quantità

(premi) da commisurare al volume annuo delle negoziazioni, si dovranno rilevare i

premi da liquidare ai clienti a da ricevere dai fornitori:

Fondi per rischi e oneri: il principio della competenza economica impone di

considerare alcuni costi e perdite che sono di pertinenza dell’esercizio in corso perché in

esso risiede la loro causa generatrice. Tali costi e perdite sono contabilmente misurati

da valori finanziari presunti che prendono appunto il nome di fondi per rischi ed oneri. I

fondi per rischi e oneri sono valori finanziari presunti che rappresentano la previsione di

future perdite o di futuri esborsi che si ricollegano all’incerto verificarsi di eventi

sfavorevoli in corso alla fine dell’esercizio.

Si possono ricordare i seguenti:

TIPOLOGIE DI FONDI RISCHI E ONERI

Fondo imposte: serve per fronteggiare il rischio di decisioni sfavorevoli in merito a controversie già in atto con gli uffici fiscali;

Fondo responsabilità civile: fronteggia il rischio per l’azienda possa essere chiamata a risarcire i danni da essa causati a terzi e non coperti da assicurazione;

Fondo per controversie legali: pone a carico dell’esercizio gli oneri che potrebbero derivare da cause legali;

Fondo rischi su cambi: relativo alle eventuali perdite previste in relazione al complesso delle partite attive e passive in valuta estera.

Fondo rischi su crediti: si ricollega al rischio generico di inesigibilità dei crediti, da precisare che:

I crediti ritenuti sicuramente inesigibili vengono annullati, rilevando in contro partita una perdita su crediti oppure, se risalgono ad esercizi precedenti, utilizzando contabilmente il conto fondo rischi su crediti ove esista e sia sufficiente;

I crediti di dubbia esigibilità vengono totalmente o parzialmente svalutati, rilevando una variazione economica negativa nel conto svalutazione crediti e accreditando il conto fondo svalutazione crediti;

I crediti di normale inesigibilità, per i quali sussiste sempre il rischio generico, danno luogo alla costituzione o all’adeguamento del fondo rischi su crediti.

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Bilancio 2011

3. Scritture di rettifica

Con le scritture di rettifica si rinviano al futuro costi e ricavi che, essendosi già manifestati

sotto il profilo finanziario, sono già stati rilevati. Nell’ambito di queste scritture considereremo:

Le rimanenze di magazzino: nell’aspetto contabile sono complessi di costi d’esercizio che

si rinviano al futuro come rettifica indiretta e indistinta dei costi di acquisizione e di gestione

delle merci, degli imballaggi e degli altri materiali di consumo. Questa rettifica costituisce un

insieme inscindibile di componenti negativi di reddito, accorrerà una:

1. Valutazione delle rimanenze: deve essere effettuata al costo di acquisto ovvero al

valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore (il valore di

realizzazione si identifica generalmente con il prezzo di vendita al quale, in normali

condizioni operative, i beni potrebbero presumibilmente essere ceduti sul mercato,

dedotti gli oneri ancora da sostenere per il realizzo). Per costo di acquisto si intende il

costo di fattura addebitato dal fornitore e i costi accessori direttamente imputabili

all’acquisto e sostenuti per portare i beni nel luogo e nello stato in cui si trovano.

Esistono vari metodi per la valutazione delle rimanenze:

METODO SIGNIFICATO

METODO DEL

COSTO MEDIO

PONDERATO

Assumere come costo la media ponderata dei costi

di acquisto, integrati dei costi accessori

METODO FIFO

Si ipotizza che le merci vengano vendute secondo

l’ordine con cui sono state acquistate, sicché

Le rimanenze risultano idealmente costituite dalle

quantità più recenti e sono vendute al costo

effettivo degli ultimi acquisti

METODO LIFO

Si ipotizza le merci che vengono vendute per prime

siano quelle acquistate per ultime

Le rimanenze si ritengono idealmente

rappresentate dalle quantità acquistate in epoca

più remota e la valutazione è pertanto effettuata

al costo effettivo degli acquisti più lontani.

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Bilancio 2011

2. Rilevazione delle rimanenze: dando luogo al rinvio di un complesso indistinto di costi

d’esercizio che in tal modo verranno rettificati. Si avrà, pertanto, la rilevazione di un

componente positivo di reddito cui si accompagna l’inserimento di un elemento attivo

del patrimonio di funzionamento.

ESEMPIO rimanenze - ricavi

RI = 100

RF = 120

RF – RI = 20 > RICAVI variazione +

A2 VALORE DELLA PRODUZIONE

RI = 100

RF = 70

RF – RI = -30 < RICAVI variazione -

A2 VALORE DELLA PRODUZIONE

ESEMPIO rimanenze - costi

RI = 100

RF = 120

RF – RI = 20 < COSTI variazione -

B11 COSTI DELLA PRODUZIONE

RI = 100

RF = 70

RF – RI = -30 > COSTI variazione +

B11 COSTI DELLA PRODUZIONE

Rilevazioni contabili - rimanenze finali merci:

-------------31/12/2011----------------

d Merci (SP C I 4) a Merci c/RF (CE – B11)

-------------01/01/2012----------------

d Merci (SP C I 4) a Bil. Apertura

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Bilancio 2011

Al 01/01/2012, dopo le scritture di apertura si gireranno i conti patrimoniali accesi alle

rimanenze iniziali nei conti di reddito “Variazioni rimanenze di…”, i quali rappresenteranno le

esistenze iniziali del periodo d’imposta appena cominciato

-------------02/01/2012----------------

d Merci c/RI (CE - B11) a Merci (SP – C I 4)

I risconti attivi e passivi: scaturiscono dalla manifestazione e rilevazione anticipata di

determinati costi o ricavi che maturano in base al tempo e che a fine esercizio si

riconoscono parzialmente di competenza futura. Si avranno dei risconti attivi qualora

abbiano liquidazioni anticipata e coprano un periodo di tempo che si estende a due o più

esercizi, relativamente ai seguenti costi: fitti passivi, interessi passivi, oneri di sconto di

effetti commerciali, oneri di assicurazioni di ogni genere. Si avranno risconti passivi,

sempre che abbiano manifestazione anticipata e siano proporzionali al tempo, i seguenti

ricavi: fitti attivi, interessi attivi.

L’ammortamento è un procedimento tecnico - contabile con il quale si attua la ripartizione dei

costi pluriennali nel tempo in funzione del loro presunto concorso alla produzione d’impresa.

Sulla base dei programmi di utilizzazione dei beni materiali e immateriali, sarà necessario

predisporre un piano di ammortamento, ovvero occorre definire:

Valore da ammortizzare: è rappresentato dal costo di acquisizione diminuito del

presunto valore di recupero, cioè del ricavo che si prevede di conseguire, al termine del

periodo di utilizzo, cedendo il bene a terzi.

Durata dell’ammortamento: significa prevedere la durata utile del bene, cioè il

periodo di tempo per il quale esso sarà utilmente impiegato nei processi aziendali. A tal

fine sarà necessario tenere presenti molteplici fattori: l’obsolescenza, l’inadeguatezza

delle dimensioni, i mutamenti dei mercati. La durata dell’ammortamento è la durata

economica , cioè il tempo di prevista vita utile dei beni.

Criterio di ripartizione: si riferisce alla modalità in cui, una volta definiti il valore da

ammortizzare e la vita utile del bene, si perviene a stabilire l’entità delle quote da

addossare ai vari esercizi.

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Bilancio 2011

L’ammortamento ha la funzione di definire il valore residuo del bene da iscrivere nel

bilancio, valore che esprime l’ipotetico contributo che tali fattori a lento ciclo di utilizzo daranno

alle produzioni future.

Rilevazioni contabili - esempio amm.to automezzo

---------------------31/12/2011----------------

d Automezzi (CE - B10) a F.do amm.to autom.

(SP – rettifica diretta del cespite )

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Capitolo 2

Fiscalità anticipata e differita

L'adozione di corretti principi contabili esige che nel bilancio le imposte sul reddito d'esercizio

(IRES e IRAP) siano computate e rilevate analogamente agli altri oneri sostenuti dall’azienda

nella produzione del reddito, e quindi nel rispetto del principio della competenza.

In altri termini, come affermato dal principio contabile 25 dell'OIC, “nel bilancio devono essere

recepite le imposte che, pur essendo di competenza di esercizi futuri sono esigibili con

riferimento all'esercizio in corso (imposte anticipate) e quelle che, pur essendo di competenza

dell'esercizio, si renderanno esigibili solo in esercizi futuri (imposte differite)”.

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Bilancio 2011

Il D.Lgs 6/2003 che ha recepito la legge delega 366/2001 ha riformato il diritto societario e

con esso la parte del codice civile dedicata al bilancio d’esercizio.

Tra le novità più rilevanti vi è l’inserimento, nelle norme del nostro codice civile, di una prassi

contabile già invalsa da anni, che è quella di imputare le imposte per competenza (essendo

anche essi costi come tutti gli altri) e dunque inserire, in contabilità generale, le imposte

anticipate e differite. Per la verità anche prima dell’introduzione di norme specifiche

relativamente alla fiscalità differita ed anticipata sia l’art. 2423 c.c. (rappresentazione veritiera

e corretta) che l’art. 2423-bis (principio di competenza) obbligavano l’estensore oculato di

bilancio ad inserire la fiscalità cosiddetta “latente”1 per cui si è solo ufficializzato un

comportamento invalso da tempo.

Nel presente lavoro si cercherà di verificare come si deve operare ai fini del bilancio alla luce

delle nuove norme passando in rassegna anche il principio contabile n. 25 e quello

internazionale (IAS) n. 12.

1. Le differenze permanenti e temporanee

Alla luce dell’obiettivo prefissato nella legge delega 366/2001 di disinquinare il bilancio

d’esercizio attraverso l’eliminazione del secondo comma dell’art. 2426 si è passati dal principio

definito “della dipendenza rovesciata”2 a quello “della dipendenza parziale”3. Si è arrivati, cioè,

alla determinazione di eliminare dal bilancio d’esercizio le interferenze dovute alla differente

norma tributaria rispetto a quella civilistica.

Pertanto i principi da seguire nella redazione del bilancio d’esercizio sono solo ed

esclusivamente quelli dettati dal Codice Civile e le cui norme sono contenute nella sezione del

codice relativa al bilancio d’esercizio.4

Pertanto la prassi contabile diffusa di tener conto delle normative di tipo fiscale per

strutturare le scritture contabili che poi confluiscono nel documento finale denominato

“bilancio d’esercizio” devono essere definitivamente abbandonate.

Tale comportamento tenuto dagli operatori contabili è dettato sia da una logica di

semplificazione – si segue la norma fiscale nei casi in cui differisce da quella civilistica in

contabilità generale e non si rispetta il prospetto di raccordo che è la dichiarazione dei redditi –

che da una scarsa conoscenza, a volte, delle differenti norme civilistiche e fiscali.

1 Termine sicuramente improprio che il sottoscritto autore utilizzerà in questa sede come sinonimo di imposte anticipate e differite 2 È il principio secondo cui il risultato civilistico viene inquinato dalla normativa fiscale che impone o consente delle norme tributarie al fine di ottenere un’agevolazione fiscale. 3 È il principio secondo cui il risultato civilistico costituisce la base per addivenire al reddito fiscale che verrà determinato attraverso delle variazioni in aumento o in diminuzione del reddito o della perdita civilistica dovute a norme fiscali disallineate rispetto a quelle civilistiche. 4 Le norme sono quelle che vanno dall’art. 2423 all’articolo 2435-bis.

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Il disallineamento tra le norme civilistiche e quelle tributarie comporta una discrasia fra il

reddito derivante dal bilancio d’esercizio e l’imponibile fiscale. Vi sono norme di tipo sostanziale

che, seppur diverse tra le due normative, non inquinano il bilancio, in quanto si risolvono

esclusivamente attraverso le variazioni in aumento o in diminuzione del reddito civilistico. Vi

sono, viceversa, altre norme – per lo più di tipo sovvenzionale – che attraverso la discrasia di

cui sopra comportano una anticipazione o un differimento della tassazione rispetto al principio

di competenza economica dettato dall’art. 2423-bis c.c.

Le differenze di cui sopra possono essere “permanenti” o “temporanee” a seconda che

le stesse siano definitive oppure possano essere recuperate - se anticipate – o tassate – se

differite - in esercizi successivi5.

Costituiscono differenze “permanenti”

Quelle componenti positive o negative che sono definitivamente non imponibili o non

deducibili ai fini fiscali.

Un esempio di differenza permanente positiva è dettata dall’art. 89 del TUIR in tema di

dividendi6, mentre un esempio di differenza negativa è quella dettata – a contrario – dall’art.

101 del TUIR in tema di minusvalenze da valutazione delle partecipazioni (denominate

comunemente svalutazioni)7. Tali differenze avendo i caratteri di intassabilità perenne (per i

componenti positivi) o di irrecuperabilità perpetua (per i componenti negativi) non

comportano mai l’insorgenza di un’imposizione differita o anticipata.

5 La differenza è temporanea quando vi è il recupero dell’imposta anticipata o differita attraverso una variazione, in esercizi successivi, di segno opposto che l’annulla. 6 Per la parte pari al 95% che è esente se il dividendo è distribuito a società di capitali. 7 Si tenga presente che l’art. 101 del TUIR permette la deducibilità delle minusvalenze realizzate, per cui quelle da svalutazione sono sempre indeducibili.

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Costituiscono, invece, differenze “temporanee”

quelle componenti positive o negative che per effetto della discrasia esistente tra le due

normative vengono assoggettate a tassazione o si rendono deducibili in un esercizio

differente rispetto a quello in cui sorge la competenza economica dettata dal codice civile.

Pertanto, quando la differenza tra il risultato civilistico (costi e ricavi sottoposti al principio

della competenza economica) e l’imponibile fiscale (costi e ricavi che seguono le norme del

TUIR) viene ad essere recuperato in un esercizio d’imposta successivo in modo da trovare un

perfetto riallineamento nel reddito dell’esercizio in cui termina la discrasia temporanea8

abbiamo l’obbligo di iscrizione delle imposte anticipate o differite.

Tali differenze hanno la caratteristica di essere generate dall’applicazione di norme

tributarie che in deroga alle disposizioni civilistiche dettano diversi criteri di

deducibilità o di tassabilità, sono destinate ad annullarsi in esercizi successivi a quello in cui

si generano e non comportano alcun effetto distorsivo.

Le differenze temporanee possono dar luogo, come visto a imposte differite (denominate

anche differenze temporanee imponibili) ed a imposte anticipate (denominate anche differenze

temporanee deducibili).

Le prime si hanno quando, in esercizi successivi, generano delle variazioni in aumento del

reddito imponibile9, mentre le seconde si hanno quando implicano, negli esercizi a venire, delle

variazioni in diminuzione del reddito imponibile10.

8 Al termine di tale esercizio la sommatoria dei redditi intercorrenti dal momento in cui è sorta la differenza temporanea a quello in cui termina diviene identico sia da un punto di vista civilistico che fiscale. 9 Un esempio è dato dalle plusvalenze da realizzo rateizzabili di cui all’art. 86, comma 4 del TUIR. 10 Un esempio è dato dalla limitazione all’accantonamento al fondo rischi su crediti dettato dall’art. 106 del TUIR.

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Bilancio 2011

2. Le novità del codice civile concernenti le imposte anticipate e differite

Sono numerose le modifiche introdotte dal D.Lgs. 6/2003 per dar conto, nell’ambito degli

schemi del bilancio (Stato patrimoniale, Conto economico e nota integrativa), degli importi

relativi alla contabilizzazione delle imposte latenti11.

Nell’ATTIVO dello Stato Patrimoniale, alla macroclasse C) Attivo circolante, II – Crediti, è

stata aggiunta la voce 4 ter) denominata “Imposte anticipate”. Tale voce è stata tenuta

separata da un’altra innovazione allo Stato patrimoniale apportata dalla riforma tributaria

che è la voce 4 bis) Crediti tributari per la differente natura delle “Imposte anticipate”.

Infatti, queste ultime non sono qualificabili tecnicamente come crediti12 riscuotibili, quanto

piuttosto come maggiori imposte13 da computare nel Conto Economico in futuro.14

Nel PASSIVO dello Stato Patrimoniale è stata integrata la dizione della voce B) Fondi per

rischi ed oneri 2) per imposte con la precisazione “anche differite”. La scelta operata dal

Legislatore appare corretta in quanto le imposte differite servono ad imputare un costo

(imposte) per competenza ma devono essere accantonate in quanto non sono debiti certi ed

immediatamente esigibili e pertanto non possono confluire nella voce del passivo D 12)

debiti tributari.

11 Tale definizione: “imposte latenti”, utilizzata dal sottoscritto autore, deve essere intesa come sinonimo delle imposte anticipate e differite che sorgono per effetto della discrasie tra le normative civilistica e fiscale. In realtà dall’emanazione del principio contabile n. 25 le imposte non sono più latenti dovendo essere riportate nel bilancio d’esercizio ma la locuzione mi è comoda per evitare di dover ripetere che si tratta di imposte anticipate e differite. 12 Qualche autore definisce tale voce un costo di tipo pluriennale che confluirà nel conto economico quando la normativa fiscale permetterà la deducibilità del costo che ha comportato la tassazione anticipata. Pertanto, e la tesi è solo parzialmente condivisibile, tale voce poteva essere più utilmente collocata nella voce B.I.7 che concerne le altre immobilizzazioni immateriali. Secondo l’opinione personale del sottoscritto tali costi sono sospesi e, dunque, sono rinviati ai futuri esercizi attraverso una scritturazione di “risconto in senso lato” assolvendo alla stessa funzione del conto “fatture da emettere”. Sono una sorta di magazzino virtuale, come i risconti attivi del resto, ma non possono essere inseriti in tale voce in quanto manca la comunanza di tale costi a due o più esercizi. 13 Seguendo il principio della competenza economica al momento del riconoscimento fiscale del costo già imputato civilisticamente vanno inserite le imposte per competenza che, precedentemente erano state sospese. 14 Per tale motivo non è stata inserita la locuzione “Crediti per ….”

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Bilancio 2011

Pertanto devono essere accantonate ad un fondo per oneri futuri che verrà ad essere utilizzato

al momento in cui la differenza temporanea inizia ad elidersi per poi definitivamente riallinearsi

con la normativa tributaria.

Nel Conto Economico viene integrata la voce 22) Imposte sul reddito dell’esercizio, con

la precisazione “correnti, differite ed anticipate”. Si tenga conto che non vi è alcuna

suddivisione tra le voci summenzionate, però a parere del sottoscritto, se si vuole ottenere una

maggiore chiarezza si potrebbe specificare:

a) correnti;

b) differite;

c) anticipate.

All’art. 2427 c.c. concernente le informazioni da dare nella Nota integrativa, è stato riscritto il

punto 14 che, nella previgente normativa, prevedeva un’informazione particolareggiata delle

rettifiche di valore e degli accantonamenti di valore operati esclusivamente in applicazione di

norme tributarie.

Come già visto la lettera a) dell’art. 6 della L. 366/01, ha eliminato le interferenze fiscali

abrogando il secondo comma dell’art. 2426 c.c., per cui la formulazione del punto 14 è stata

sostituita dalla previsione di informazioni circa le modalità di calcolo delle imposte anticipate e

differite.

In realtà bisogna predisporre un apposito prospetto contenente la descrizione delle

differenze temporanee che hanno comportato la rilevazione di imposte differite ed

anticipate, specificando l’aliquota applicata e le variazioni rispetto all’esercizio precedente, gli

importi accreditati o addebitati a Conto economico o a patrimonio netto, le eventuali voci

escluse dal computo e le motivazioni al riguardo.

Inoltre, il prospetto deve contenere l’ammontare delle imposte anticipate contabilizzato in

bilancio attinente a perdite d’esercizio o di esercizi precedenti e le motivazioni dell’iscrizione,

l’ammontare non ancora contabilizzato e le motivazioni della mancata iscrizione.

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Bilancio 2011

Tabella 1 – Imposte anticipate

Descrizione differenza temporanea

Aliquota Importo Variazione es. precedente

VOCI ESCLUSE MOTIVAZIONI

La quota parte delle attività per imposte anticipate che derivano da perdite fiscali riportabili, è pari a € _________ ed è iscritta in bilancio in quanto esiste la ragionevole certezza del recupero, tramite l’esistenza di adeguati redditi imponibili futuri.

La medesima tabella va riportata in nota integrativa per le imposte differite, con l’unica

differenza che la descrizione per ciò che concerne le perdite pregresse è valida solo delle

imposte anticipate.

3. La fiscalità anticipata e differita Il principio della competenza economica di cui all’art. 2423-bis è uno dei punti di riferimento

del redattore di bilancio e deve sempre essere perseguito per tutti i costi d’esercizio, comprese

le imposte.15

Si tenga conto che, solo nell’ipotesi in cui il risultato civilistico è identico all’imponibile

fiscale o nel caso in cui sono presenti solo differenze definitive tra le norme civilistiche e fiscali

si avranno esclusivamente imposte correnti che corrisponderanno esattamente al debito

tributario.

Nelle altre ipotesi, sicuramente più numerose, in cui il risultato ante imposte e l’imponibile

fiscale non coincidessero per la presenza di differenza temporanee, le imposte da iscrivere in

bilancio sono date da:

15 Non si dimentichi anche il corollario della correlazione dei costi ai ricavi d‘esercizio che comporta uno spostamento dei primi nel bilancio nel quale vi sono i ricavi afferenti.

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Bilancio 2011

+ Imposte correnti (calcolate sul reddito ante imposte e sulle differenze definitive)

- Imposte anticipate (calcolate sulle differenze temporanee passive)

+ Imposte differite (calcolate sulle differenze temporanee attive)

= Imposte di competenza16

Le imposte differite o anticipate sono determinate dalla differenza tra il risultato prima

delle imposte desunto dal bilancio civilistico e l’imponibile fiscale. Pertanto nell’ipotesi in cui il

reddito civilistico prima delle imposte fosse superiore al reddito imponibile17 si originerà quella

che viene denominata “fiscalità differita”.

Nell’ipotesi inversa, in cui il reddito ante imposte sia inferiore all’imponibile fiscale18

emergeranno delle imposte anticipate rispetto al principio di competenza temporale.

Alla luce di quanto sopra dovrà essere cura dell’estensore del bilancio d’esercizio, al

momento del calcolo delle imposte d’esercizio da imputare per competenza, verificare la natura

- permanente19 o temporanea20 - delle singole differenze intercorrenti tra l’utile di esercizio

ante imposte ed il reddito imponibile in modo da stanziare le stesse in maniera corretta.

Dopo aver ricordato che le imposte anticipate devono essere contabilizzate in modo

prudenziale e l’allocazione in bilancio può avvenire solo quando vi sia la ragionevole certezza di

conseguire utili futuri,21 se in un esercizio vi sono sia differenze che comportano l’iscrizione di

imposte anticipate, che differenze che comportano l’iscrizione di imposte differite, si può

operare la compensazione giuridica.

4. Documento n. 25 OIC – Le passività per imposte differite e le attività per imposte anticipate Prima di passare ai paragrafi del documento in oggetto che concernono l’argomento trattato si

vuole sottolineare come si riporta fedelmente quanto stabilito dal principio contabile nazionale.

4.1 Definizioni e caratteristiche

Le imposte sul reddito hanno la natura di oneri sostenuti dall'impresa nella produzione del

reddito, conseguentemente, per il principio della competenza, nel bilancio sono recepite le

imposte che, pur essendo di competenza di esercizi futuri sono esigibili con riferimento

16 Per un eventuale approfondimento dei temi trattati nel presente lavoro cfr. S. Giordano, Il manuale completo delle scritture contabili, ed. Maggioli, 2006 17 Per successiva tassazione dei componenti positivi – vedi il caso della rateizzazione delle plusvalenze – o per anticipazione della deducibilità dei componenti negativi – vedi il caso degli ammortamenti anticipati – rispetto al periodo in cui sono stati iscritti in bilancio secondo i criteri civilistici. 18 Ciò si verifica qualora i componenti negativi di reddito sono dedotti successivamente o i componenti positivi sono tassati in esercizi precedenti rispetto a quelli della loro iscrizione in bilancio. 19 Che darà luogo ad imposte correnti 20 che darà luogo ad imposte anticipate o differite. 21 Vedi comunicazione Consob del 30 luglio 1999 n. 99059010.

20

Bilancio 2011

all'esercizio in corso (imposte anticipate) e quelle che, pur essendo di competenza

dell'esercizio, si renderanno esigibili solo in esercizi futuri (imposte differite).

La loro contabilizzazione deriva dalle differenze temporanee22 tra il valore attribuito

ad un’ attività o ad una passività secondo criteri civilistici ed il valore attribuito a

quell'attività o a quella passività ai fini fiscali.

Le differenze temporanee concorrono nel loro complesso a determinare la base di calcolo

delle imposte anticipate e differite.

Dette differenze, tenuto conto della legislazione fiscale vigente al momento della stesura di

questo documento, sono originate prevalentemente da differenze tra il risultato prima delle

imposte da bilancio civilistico e l'imponibile fiscale, che hanno origine in un esercizio e si

annullano in uno o più esercizi successivi23. Si tratta di ricavi e costi o di parte di essi che

concorrono a formare il reddito fiscale in un periodo d'imposta diverso da quello nel quale

concorrono a formare il risultato civilistico.

Le differenze temporanee si distinguono in:

▬ differenze temporanee tassabili;

▬ differenze temporanee deducibili.

Le prime hanno segno positivo in quanto danno luogo ad ammontari imponibili differenti

negli esercizi a venire, generando passività per imposte differite, ne sono esempi:

▬ i componenti positivi di reddito tassabili in esercizi successivi a quello in cui vengono

imputati al conto economico civilistico (come le plusvalenze su beni patrimoniali e

strumentali24, gli adeguamenti di valore di partecipazioni valutate con il metodo del

patrimonio netto e i dividendi rilevati per competenza);

22 Nello IAS 12 tali differenze sono chiamate "temporary differences". Precedentemente, lo IAS 12 trattava le differenze temporali tra reddito imponibile e risultato civilistico prima delle imposte ("timing differences"). In base alla legislazione fiscale vigente al momento della stesura di questo documento tutte le "timing differences" sono ricomprese nelle "temporary differences". 23 Differenze tra il valore di una attività o di una passività secondo criteri civilistici e quello a fini fiscali possono sorgere anche a seguito di operazioni di acquisizione e conferimento di aziende e di fusioni o scissioni. 24 Attualmente determinate plusvalenze concorrono a formare il reddito, per l'intero ammontare nell'esercizio in cui sono state realizzate ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, o a un anno per le società sportive professionistiche, a scelta del contribuente, in quote costanti nell'esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto (art. 86, comma 4 del TUIR). Per cui se nell'esercizio X si consegue una plusvalenza di 100, non avente carattere straordinario e quindi iscritta nella voce A.5 - Altri ricavi e proventi del conto economico, e si opti per la rateizzazione della stessa ai fini fiscali, nella dichiarazione dei redditi dell'esercizio X si avrà una ripresa in diminuzione per 80, mentre nel bilancio di esercizio si dovrà effettuare un accantonamento per imposte differite per 29,8 (80 x 37,25%, pari alla somma tra 33% IRES e 4,25% IRAP), con le seguenti rilevazioni contabili: - imposte sul reddito dell'esercizio a debiti tributari 7,45 - imposte differite a fondo imposte differite 29,8 in tal modo l'ammontare delle imposte (correnti e differite) a conto economico (37,25) è pari a quello che si avrebbe avuto se non si fosse optato per la rateizzazione della plusvalenza (100x 37,25%). La medesima contabilizzazione si avrebbe in caso di plusvalenza straordinaria soggetta a tassazione ai fini IRAP, mentre in caso di plusvalenza straordinaria non soggetta a tassazione ai fini IRAP cambierebbe solo l'aliquota per il calcolo delle imposte differite (33%, anziché 37,25%).

21

Bilancio 2011

▬ i componenti negativi di reddito deducibili fiscalmente in esercizi precedenti a quello in

cui verranno imputati al conto economico civilistico.

Le seconde hanno segno negativo in quanto danno luogo ad ammontari imponibili,

nell'esercizio in cui si rilevano, generando attività per imposte anticipate, ne sono esempi:

▬ i componenti negativi di reddito deducibili ai fini fiscali in esercizi successivi a quello in

cui vengono imputati al conto economico civilistico a seguito di norme fiscali che

prevedono:

▬ limitazioni per accantonamenti a fondi del passivo e per rettifiche di valore , come: la

svalutazione dei crediti25 (art. 106, comma 1 TUIR), i rischi contrattuali su opere,

forniture e servizi di durata ultrannuale (art. 93, comma 2 del TUIR), l'ammortamento

dei beni materiali (art. 102, comma 2 del TUIR), l'ammortamento dei beni immateriali e

dell'avviamento (art. 103, commi 1 e 3), l'ammortamento finanziario dei beni

gratuitamente devolvibili (art. 104, comma 3), i rischi su cambi (art. 110), i lavori ciclici

di manutenzione e revisione di navi e aeromobili (art. 107, comma 1), i costi di

ripristino o di sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili (art. 107, comma 2), gli

oneri derivanti da operazioni a premio e concorsi a premio (art. 107, comma 3) e gli

altri accantonamenti non previsti da norme tributarie26 (art. 107, comma 4);

▬ una deducibilità parzialmente differita, come ad esempio nel caso delle spese di

manutenzione imputate a conto economico, eccedenti il 5% del costo dei beni materiali

ammortizzabili (art. 102, comma 6) e delle spese di rappresentanza (art. 108, comma

2), o facoltativamente differita , come gli adeguamenti, per sopravvenute modificazioni

normative e retributive, del fondo di indennità di fine rapporto e dei fondi di previdenza

del personale dipendente (art. 105, comma 2), le spese relative a studi e ricerche (art.

108, comma 1 del Tuir) e le spese di pubblicità e propaganda (art. 108, comma 2); o

▬ una rilevazione per cassa , come le imposte deducibili (art. 99, comma 1) e i contributi

ad associazioni sindacali e di categoria (art. 99, comma 3);

In ciascuno dei quattro esercizi successivi, nella dichiarazione dei redditi verrà effettuata una ripresa in aumento per 20, con conseguente utilizzo nel bilancio d'esercizio del fondo imposte differite per 7,45, fondo imposte differite a debiti tributari 7,45, per cui l'ammontare delle imposte a conto economico (su tale rigiro di differenza temporanea) sarà pari a zero. 25 Si ipotizzi che nell'esercizio X vengano svalutati dei crediti per 100 e che fiscalmente la svalutazione non sia deducibile, in quanto eccedente i limiti previsti dall'art. 106, comma 1 del Tuir e non sussistendo gli elementi certi e precisi richiesti dal medesimo T.U.. Nella dichiarazione dei redditi relativa a tale esercizio la svalutazione sarà ripresa in aumento nella determinazione dell'imponibile, tuttavia, in previsione della deducibilità della perdita nei futuri esercizi, saranno stanziate le imposte anticipate (nella misura del 33%, in quanto le perdite su crediti non sono deducibili ai fini IRAP), per cui le registrazioni contabili saranno le seguenti: - svalutazione dei crediti a crediti 100 - imposte sul reddito a debiti tributari 33 - attività per imposte anticipate a imposte anticipate 33 quindi il carico di imposte a conto economico sarà pari a zero. Nell'esercizio in cui si manifesteranno le condizioni che ne permettono la deducibilità fiscale, l'ammontare delle perdite su crediti, già iscritte a bilancio nell'esercizio X, sarà portato in diminuzione nella relativa dichiarazione dei redditi; per allineare il carico fiscale al risultato prima delle imposte si dovranno poi utilizzare le imposte anticipate presenti in bilancio, effettuando la seguente registrazione: - imposte anticipate a attività per imposte anticipate 33. 26 E' il caso di tutti gli accantonamenti a fondi rischi ed oneri la cui deducibilità fiscale non è immediata.

22

Bilancio 2011

▬ i componenti positivi di reddito tassabili in esercizi precedenti a quelli in cui vengono

imputati al conto economico civilistico.

Le attività per imposte anticipate derivano, oltre che dalle differenze temporanee deducibili

(determinanti un minor carico fiscale futuro), anche dal riporto a nuovo di perdite fiscali27.

Le attività per imposte anticipate e le passività per imposte differite non devono essere

contabilizzate qualora relative a differenze tra imponibile fiscale e risultato del bilancio

d'esercizio prima delle imposte, che non si riverseranno in esercizi successivi28.

Inoltre, le attività per imposte anticipate non sono contabilizzate qualora non vi sia

la ragionevole certezza del loro futuro recupero.

Le passività per imposte differite passive non sono contabilizzate qualora esistano scarse

probabilità che tale debito insorga; potrebbe essere il caso delle riserve e dei fondi in

sospensione d'imposta per i quali sussistono fondati motivi per ritenere che non saranno

utilizzati con modalità tali da far venir meno il presupposto di non tassabilità.

A tale proposito occorre però precisare che non si ritiene corretto non stanziare le imposte

differite relative ad ammortamenti anticipati sulla base della motivazione che, continuando ad

effettuare nuovi investimenti in immobilizzazioni, negli esercizi futuri si genereranno sempre

ammortamenti anticipati in modo tale che le relative differenze temporanee non si

riverseranno mai.

4.2 Rilevazione

Sono rilevati nello stato patrimoniale e nel conto economico gli effetti derivanti dalle

differenze temporanee determinatesi come sopra descritto.

Le imposte differite sono calcolate sull'ammontare cumulativo di tutte29 le differenze

temporanee tra il valore di un’ attività o di una passività, incluse le voci del patrimonio netto30,

27 Vedasi il successivo paragrafo 4.2. 28 Tali differenze, denominate differenze "permanenti" nella precedente versione dello IAS 12, si originano in presenza di costi parzialmente o

totalmente indeducibili a fini fiscali (quali: i costi non inerenti (art. 109, comma 5 del TUIR), le liberalità non deducibili (art. 100, comma 4), le liberalità deducibili per la parte eccedente il limite di deducibilità previsto (art. 100, commi 1 e 2), gli interessi passivi indeducibili (artt. 96, 97 e 98) e la parte non deducibile delle spese di rappresentanza (art. 108, comma 2), o da componenti positivi di reddito fiscalmente esenti, in tutto o in parte, (quali: i componenti positivi esenti (art. 91, comma 1, lettera a) e i componenti positivi soggetti a ritenuta alla fonte (art. 91, comma 1, lettera b) o dall'inclusione nell'imponibile fiscale di componenti negativi di reddito non considerati come costi nel bilancio d'esercizio (quali: le partecipazioni agli utili per opere e servizi spettanti ai promotori, soci fondatori, lavoratori dipendenti e agli associati in partecipazione, che sono deducibili anche se non iscritti a conto economico (art. 95, commi 5 e 6). 29 Tale metodo è noto come "allocazione globale"; precedentemente lo IAS 12 consentiva anche il metodo della "allocazione parziale", ora non più consentito, che prevedeva la possibilità di non calcolare le imposte differite sulle differenze temporanee se esisteva la ragionevole certezza che le stesse non si sarebbero riversate entro un certo periodo (almeno tre anni). 30 Le voci del patrimonio netto per le quali possono sorgere differenze temporanee sono rappresentate dalle riserve in sospensione d'imposta.

23

Bilancio 2011

secondo criteri civilistici e il valore riconosciuto a quell'attività o a quella passività a fini fiscali,

applicando l'aliquota in vigore al momento in cui le differenze temporanee si riverseranno.

L'onere fiscale dell'esercizio è rappresentato quindi da:

- gli accantonamenti per le imposte liquidate e da liquidare per l'esercizio;

- l'ammontare delle imposte che si ritiene risulteranno dovute o che si ritiene siano state

pagate anticipatamente in relazione a differenze temporanee sorte o annullate

nell'esercizio in corso;

- le rettifiche nello stato patrimoniale ai saldi di imposte differite per tener conto sia delle

variazioni delle aliquote che dell'istituzione di nuove imposte.

Non è consentito utilizzare altri metodi di contabilizzazione.

4.2.1. Calcolo della tassazione differita

Le imposte differite e le imposte anticipate sono conteggiate ogni anno sulla base delle

aliquote in vigore al momento in cui le differenze temporanee si riverseranno, apportando

adeguati aggiustamenti in caso di variazione di aliquota rispetto agli esercizi precedenti,

purché la norma di legge che varia l'aliquota sia già stata emanata alla data di redazione del

bilancio.

Qualora siano previste differenti aliquote fiscali da applicarsi a differenti livelli di reddito, le

imposte differite e anticipate sono calcolate utilizzando le aliquote medie attese nei periodi in

cui le differenze temporanee si riverseranno. Nel caso in cui risultasse particolarmente

difficoltoso determinare l'aliquota media per gli esercizi futuri, è accettabile utilizzare l'aliquota

effettiva dell'ultimo esercizio.

Le attività derivanti da imposte anticipate non possono essere rilevate, in rispetto al principio della prudenza, se non vi è la ragionevole certezza31 dell'esistenza negli esercizi in cui si riverseranno le differenze temporanee deducibili, che hanno portato all'iscrizione delle imposte anticipate, di un reddito imponibile non inferiore all'ammontare delle differenze che si andranno ad annullare. In presenza di tali condizioni, la rilevazione è obbligatoria.

31 La ragionevole certezza è comprovata da elementi oggettivi di supporto, quali piani previsionali pluriennali attendibili.

Ai fini IRAP le differenze temporanee su cui calcolare le imposte differite sono diverse da

quelle IRES, a causa della specificità delle norme IRAP in materia di imponibilità e di

deducibilità; conseguentemente occorre effettuare calcoli separati delle imposte differite ai

fini IRES e ai fini IRAP.

24

Bilancio 2011

RAGIONEVOLE

CERTEZZA DI UN REDDITO

IMPONIBILE

ESERCIZI SUCCESSIVI

RILEVAZIONE

SI OBBLIGATORIA

NO NON CONSENTITA

L'ammontare delle imposte anticipate iscritto in bilancio è rivisto ogni anno in quanto

occorre verificare se continua a sussistere la ragionevole certezza di conseguire in futuro

redditi imponibili fiscali e quindi la possibilità di recuperare l'intero importo delle imposte

anticipate.

Non è ammessa, in alcun caso, l'attualizzazione delle attività per imposte anticipate e delle

passività per imposte differite32.

L'iscrizione nello stato patrimoniale dell'attività per imposte anticipate è effettuata solo se

esistono i presupposti per il suo riconoscimento, conseguentemente un'imposta anticipata non

contabilizzata in passato in quanto non sussistevano i requisiti per il suo riconoscimento, viene

iscritta nell'esercizio in cui tali requisiti emergono.

4.2.2 Perdite fiscali

La perdita fiscale per un periodo d'imposta può essere normalmente portata a diminuzione

del reddito imponibile di esercizi futuri33. Il beneficio fiscale potenziale connesso a perdite

riportabili non ha natura di credito verso l'erario, quanto piuttosto di beneficio futuro di incerta

realizzazione, dato che per utilizzare tale beneficio è necessaria l'esistenza di futuri redditi

imponibili, entro il periodo in cui le perdite sono riportabili.

Conseguentemente il beneficio fiscale potenziale connesso a perdite riportabili non è

iscritto a bilancio fino all'esercizio di realizzazione dello stesso, salvo che sussistano

contemporaneamente le seguenti condizioni:

32 A riguardo lo IAS 12 al paragrafo 54 afferma: "La determinazione attendibile del valore attualizzato delle attività e delle passività fiscali differite richiede una dettagliata programmazione dei tempi di annullamento di ogni differenza temporanea. Molto spesso tale programmazione è impraticabile o molto complessa. Di conseguenza, non è appropriato richiedere che le attività e passività fiscali differite siano attualizzate. Consentire, ma non richiedere, l'attualizzazione comporterebbe attività e passività fiscali differite non confrontabili tra imprese diverse. Perciò, il presente Principio non richiede né consente l'attualizzazione delle attività e delle passività fiscali differite". 33 Per la vigente legislazione ciò è possibile solo ai fini IRES e entro il quinto periodo d'imposta successivo a quello in cui la perdita si è verificata, salvo le perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta per le quali non sussiste alcun limite di tempo.

25

Bilancio 2011

- esiste una ragionevole certezza di ottenere in futuro imponibili fiscali che

potranno assorbire le perdite riportabili, entro il periodo nel quale le stesse sono

deducibili secondo la normativa tributaria;

- le perdite in oggetto derivano da circostanze ben identificate, ed è

ragionevolmente certo che tali circostanze non si ripeteranno.

Se sussistono tali condizioni, il risparmio fiscale connesso a perdite riportabili sarà quindi

iscritto nello stato patrimoniale tra le attività per imposte anticipate (Voce C.II. 4 ter),

avendo come contropartita a conto economico un accredito della voce 22 Imposte sul

reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate.

Un'imposta anticipata derivante da perdite riportabili ai fini fiscali, non contabilizzata in

passato, in quanto non sussistevano i requisiti per il suo riconoscimento, è iscritta nell'esercizio

in cui tali requisiti emergono.

Qualora nel passivo di stato patrimoniale siano presenti imposte differite, relative a

differenze temporanee tassabili in esercizi successivi, che si riverseranno nel periodo in cui le

perdite riportabili saranno utilizzabili ai fini fiscali, il beneficio futuro connesso a tali perdite

sarà portato a deduzione dalla passività per imposte differite fino a concorrenza di tali

differenze temporanee. Il confronto è fatto tra perdita fiscale e differenze tassabili in futuro.

4.3 Esposizione in bilancio

Le imposte differite sono indicate nel conto economico in un'apposita sottovoce della voce

22 - Imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate34, in quanto dette

imposte, come quelle correnti sono considerate, costi dell'esercizio. Le imposte anticipate sono

iscritte nella stessa voce con segno negativo in quanto concorrono con tale segno ad

identificare l'importo delle imposte sul reddito iscritto alla voce 22.

34 Il Principio contabile 1 - Serie Interpretazioni, "Classificazione nel conto economico dei costi e ricavi secondo corretti principi contabili", afferma che la voce 22 del conto economico deve essere suddivisa in due sottovoci: 22a - Imposte correnti e 22b - Imposte differite . 35 Si veda il Principio contabile 1 - Serie Interpretazioni, "Classificazione nel conto economico dei costi e ricavi secondo corretti principi contabili", nota n. 7, pag. 29.

Qualora il fondo imposte differite accantonato in esercizi precedenti si riveli esuberante,

l'eccedenza è imputata a rettifica dell'importo della voce 22b Imposte differite35, salvo il caso

in cui il fondo imposte differite sia stato costituito direttamente da patrimonio netto.

26

Bilancio 2011

Le attività per imposte anticipate e le passività per imposte differite sono compensate se la

compensazione è consentita giuridicamente. Qualora dalla compensazione emerga un credito

occorre valutare la recuperabilità dello stesso, come previsto nel precedente paragrafo.

E' necessario inoltre distinguere tra debiti e crediti per imposte correnti e le

passività e le attività per imposte differite.

Non è consentito portare le attività per imposte anticipate e le passività per imposte

differite a riduzione del valore degli elementi dell'attivo e del passivo cui sono correlate36, in

quanto in contrasto con la clausola generale della chiarezza e con la norma che vieta i

compensi di partite.

Ad esempio, qualora sia necessario stanziare un fondo per oneri relativamente a costi di

competenza dell'esercizio, ma che avranno deducibilità fiscale in esercizi futuri, non è

consentito accantonare il fondo al netto dell'effetto fiscale positivo che si avrà nell'esercizio in

cui si manifesteranno i costi. Lo stanziamento è invece effettuato per l'intero ammontare dei

costi di competenza, rilevando le imposte anticipate correlate, se sussistono i presupposti per il

loro riconoscimento.

Le passività per imposte differite sono indicate nello stato patrimoniale alla voce B 2 Fondi per

rischi ed oneri per imposte anche differite.

Le attività per imposte anticipate sono indicate in un'apposita voce tra i crediti dell'attivo

circolante C.II.4.ter Imposte anticipate, pur non trattandosi di un credito vero e proprio, non

sussistendo infatti il diritto ad esigere un dato ammontare dall'Erario.

36 Con questo documento si puntualizza che la prassi adottata in passato non è più consentita.

27

Bilancio 2011

4.3.1 Imposte differite imputate direttamente a patrimonio netto

Le imposte differite relative a operazioni che hanno interessato direttamente il patrimonio

netto, senza transitare da conto economico, sono contabilizzate nel fondo imposte differite

tramite riduzione della posta di patrimonio netto creatasi a seguito dell'operazione stessa. Tali

fattispecie a titolo esemplificativo sono costituite da:

- rivalutazione di beni iscritti nell'attivo di stato patrimoniale a seguito di specifiche leggi37;

- riserve e fondi in sospensione di imposta;

- conferimenti di aziende in regime di sospensione di imposta.

5. Documento n. 12 IASB – Rilevazione delle passività e delle attività fiscali differite

Anche in questo caso si vuole fare una premessa prima di lasciare al lettore le disposizioni

contenute nel principio IAS sulle imposte. Tale principio su cui si fonda il documento nazionale

n. 25 è di ostica comprensione perché è tradotto in italiano dalla lingua madre in cui è stato

scritto e, in secondo ordine perché valevole per una serie di legislazioni nazionali differenti. La

creazione di un paragrafo apposito vuole solo dare una panoramica completa di tutte le norme,

nazionali ed internazionali, sull’argomento.

Differenze temporanee imponibili

15. Per tutte le differenze temporanee imponibili deve essere

rilevata una passività fiscale differita, a meno che la passività

fiscale differita derivi:

(a) da avviamento il cui ammortamento non sia fiscalmente

deducibile;

(b) dalla rilevazione iniziale di un'attività o di una passività in

un'operazione che:

(i) non sia un'aggregazione di imprese; e

(ii) al momento dell'operazione, non influisca né sull'utile

contabile né sul reddito imponibile (perdita fiscale).

37 Normalmente le leggi che obbligano o consentono di effettuare rivalutazioni monetarie (L. 576/75; L. 72/83; L. 408/90; L. 413/91; L. 342/2000) prevedono che in contropartita alla rivalutazione dei beni venga iscritta una riserva nel patrimonio netto non soggetta a tassazione, se non in caso di liquidazione della società o di distribuzione della riserva stessa; conseguentemente le imposte differite sono contabilizzate nel momento in cui si prevede che una delle due fattispecie si realizzi.

28

Bilancio 2011

Tuttavia, per le differenze temporanee imponibili derivanti da

investimenti finanziari in società controllate, filiali e società

collegate, e da partecipazioni in joint venture, deve essere rilevata

una passività fiscale differita secondo quanto previsto dal

paragrafo 39.

16. E' implicito nella rilevazione di un'attività che il suo

valore contabile sarà recuperato sotto forma di benefici

economici che l'impresa otterrà negli esercizi successivi.

Quando il valore contabile dell'attività eccede il relativo valore a

fini fiscali, l'importo dei proventi imponibili eccederà l'importo che

sarà consentito dedurre fiscalmente.

Questa differenza è una differenza temporanea imponibile e

l'obbligo di pagare negli esercizi successivi le imposte sul

reddito risultanti è una passività fiscale differita.

Nel momento in cui l'impresa recupera il valore contabile

dell'attività, la differenza temporanea imponibile si annulla e

l'impresa realizza un provento imponibile. Questo rende probabile

che i benefici economici defluiscano dall'impresa sotto forma di

pagamenti fiscali. Perciò, il presente Principio richiede la

rilevazione di tutte le passività fiscali differite, a eccezione di

alcuni casi descritti nei paragrafi 15 e 39.

Esempio

Un'attività che costa 150 ha un valore contabile di 100.

L'ammortamento cumulato a fini fiscali è 90 e l'aliquota d'imposta

è il 25 %.

Il valore ai fini fiscali dell'attività è 60 (costo di 150 meno

l'ammortamento fiscale di 90). Per recuperare il valore contabile

di 100, l'impresa deve realizzare ricavi imponibili di 100, ma potrà

dedurre solo ammortamenti fiscali per 60. Di conseguenza,

l'impresa pagherà imposte sul reddito di 10 (25 % di 40) quando

recupererà il valore contabile del bene. La differenza tra il valore

contabile di 100 e il valore ai fini fiscali di 60 rappresenta una

differenza temporanea imponibile di 40. L'impresa, quindi, rileva

una passività fiscale differita di 10 (25 % di 40) che rappresenta

29

Bilancio 2011

le imposte sul reddito che essa pagherà quando recupererà il

valore contabile del bene.

17. Alcune differenze temporanee si manifestano quando

proventi od oneri vengono inclusi nell'utile contabile in un

esercizio ma determinano il reddito imponibile di un

esercizio differente.

Queste differenze temporanee sono spesso segnalate come

differenze temporali. Quelli che seguono sono esempi di

differenze temporanee di questo tipo che sono differenze

temporanee imponibili e che perciò danno luogo a passività fiscali

differite:

(a) i proventi per interessi sono inclusi nell'utile contabile in

proporzione al tempo trascorso ma, in alcuni ordinamenti,

possono concorrere a determinare il reddito imponibile al

momento dell'incasso. Il valore ai fini fiscali di qualsiasi credito

rilevato nello stato patrimoniale con riferimento a tali proventi è

zero perché i ricavi non influiscono sul reddito imponibile fino al

momento dell'incasso;

(b) l'ammortamento utilizzato nella determinazione del reddito

imponibile (perdita fiscale) può differire da quello utilizzato per

determinare l'utile contabile. La differenza temporanea è

rappresentata dalla differenza tra il valore contabile del bene e il

suo valore ai fini fiscali che è il costo originario del bene meno

tutte le deduzioni relative a quel bene consentite dalle autorità

fiscali nella determinazione del reddito imponibile dell'esercizio in

corso e di quelli precedenti. Si manifesta una differenza

temporanea imponibile, e si traduce in una passività fiscale differita,

quando l'ammortamento fiscale è accelerato (se l'ammortamento

fiscale è meno rapido dell'ammortamento contabile si crea una

differenza temporanea deducibile che si traduce in un'attività fiscale

differita); e

(c) i costi di sviluppo possono essere capitalizzati e ammortizzati

negli esercizi futuri nella determinazione dell'utile contabile, ma

dedotti nel calcolo del reddito imponibile nell'esercizio in cui essi

sono sostenuti. Tali costi di sviluppo hanno un valore ai fini fiscali

30

Bilancio 2011

pari a zero dato che essi sono già stati dedotti dal reddito

imponibile. La differenza temporanea è la differenza tra il valore

contabile dei costi di sviluppo e il loro valore ai fini fiscali pari a

zero.

18. Si manifestano differenze temporanee anche quando:

(a) il costo di un’ aggregazione di imprese che costituisce un’

acquisizione è allocato alle attività e passività identificabili,

acquisite con riferimento ai loro fair value (valore equo) ma a fini

fiscali non viene fatta alcuna rettifica equivalente (vedere

paragrafo 19);

(b) le attività sono rivalutate ed ai fini fiscali non viene fatta

alcuna rettifica equivalente (vedere paragrafo 20);

(c) l'avviamento, sia positivo sia negativo, emerge al momento

del consolidamento (vedere paragrafi 21 e 32);

(d) il valore ai fini fiscali di un'attività o di una passività in sede di

rilevazione iniziale differisce dal suo valore contabile iniziale, per

esempio quando l'impresa beneficia di contributi pubblici non

imponibili relativi alle attività (vedere paragrafi 22 e 33); o

(e) il valore contabile di investimenti finanziari in società

controllate, filiali e società collegate, o di partecipazioni in joint

venture, si differenzia dal valore ai fini fiscali dell'investimento o

della partecipazione (vedere paragrafi 38-45).

Aggregazioni di imprese

19. In una aggregazione di imprese che costituisce una

acquisizione, il costo dell'acquisizione è attribuito alle attività e

passività identificabili acquisite in base ai loro rispettivi fair value

(valore equo) al momento dell'operazione di scambio. Si

manifestano differenze temporanee quando i valori ai fini fiscali

delle attività e delle passività identificabili acquisite non sono

influenzati dall'aggregazione di imprese o sono influenzati in

modo diverso. Per esempio, quando il valore contabile di

un'attività è aumentato fino al suo fair value (valore equo) ma il

valore ai fini fiscali dell'attività resta uguale al costo sostenuto dal

proprietario precedente, si manifesta una differenza temporanea

31

Bilancio 2011

imponibile che si traduce in una passività fiscale differita. La

passività fiscale differita che ne deriva influisce sull'avviamento

(vedere paragrafo 66).

Attività iscritte al fair value (valore equo)

20. I Principi Contabili Internazionali consentono che certe attività

siano iscritte al fair value (valore equo) o che siano rivalutate

(vedere, per esempio, IAS 16, Immobili, impianti e macchinari,

IAS 38, Attività immateriali, IAS 39, Strumenti Finanziari.

Rilevazione e Valutazione, e IAS 40, Investimenti immobiliari). In

alcuni ordinamenti, le rivalutazioni o altre rideterminazioni del

valore di un'attività al fair value (valore equo) influiscono sul

reddito imponibile (perdita fiscale) dell'esercizio corrente. Di

conseguenza, il valore ai fini fiscali dell'attività è rettificato e non

emerge alcuna differenza temporanea. In altri ordinamenti, la

rivalutazione o la rideterminazione del valore di un'attività non

influisce sul reddito imponibile dell'esercizio della rivalutazione o

della rideterminazione del valore e, di conseguenza, il valore ai fini

fiscali dell'attività non è rettificato. Nonostante ciò, il recupero

futuro del valore contabile si tradurrà in un afflusso di benefici

economici imponibile per l'impresa e l'importo che sarà fiscalmente

deducibile differirà dall'importo di tali benefici economici. La

differenza tra il valore contabile di un'attività rivalutata e il suo

valore ai fini fiscali è una differenza temporanea e comporta una

passività o un'attività fiscale differita. Questo è vero anche nel

caso in cui:

(a) l'impresa non intende cedere l'attività. In tali casi, il valore

contabile rivalutato dell'attività sarà realizzato attraverso l'utilizzo

e questo produrrà proventi imponibili che eccedono

l'ammortamento consentito a fini fiscali negli esercizi successivi;

(b) le imposte sulle plusvalenze sono differite se i corrispettivi

della cessione dell'attività sono investiti in attività analoghe.

Avviamento

21. L’avviamento derivante da una aggregazione aziendale è

valutato come l’eccedenza di (a) rispetto a (b):

32

Bilancio 2011

a) la sommatoria di:

i) il corrispettivo trasferito valutato in conformità all’IFRS 3, che

in genere richiede il fair value (valore equo) alla data di

acquisizione;

ii) l’importo delle partecipazioni di minoranza nell’acquisita

rilevato in conformità all’IFRS 3; e

iii) in un’aggregazione aziendale realizzata in più fasi, il fair value

(valore equo) alla data di acquisizione delle interessenze

nell’acquisita precedentemente possedute dall’acquirente.

b) il valore netto degli importi, alla data di acquisizione, delle attività

acquisite e delle passività assunte identificabili valutate in conformità

all’IFRS 3.

Nella determinazione del reddito imponibile, molti ordinamenti

non consentono di dedurre dal reddito imponibile le riduzioni del

valore contabile dell'avviamento. Inoltre, in tali ordinamenti, il

costo dell'avviamento spesso non è deducibile quando una

controllata cede la propria attività aziendale. In tali ordinamenti, il

valore riconosciuto fiscalmente dell'avviamento è pari a zero.

Qualsiasi differenza tra il valore contabile dell'avviamento e il

valore riconosciuto fiscalmente pari a zero, rappresenta una

differenza temporanea imponibile. Tuttavia, il presente Principio

non consente la rilevazione della conseguente passività fiscale

differita, in quanto l'avviamento è valutato come valore residuo e

la rilevazione della passività fiscale differita ne incrementerebbe il

valore contabile.

21A Le successive riduzioni della passività fiscale differita,

non rilevata in quanto derivante dalla rilevazione iniziale

dell’avviamento, sono anch’esse considerate come derivanti dalla

rilevazione iniziale dell’avviamento e pertanto non vengono

rilevate, in base alle disposizioni del paragrafo 15(a).

Per esempio, se l’avviamento CU100 rilevato a seguito di una

aggregazione aziendale ha un valore riconosciuto fiscalmente pari

a zero, il paragrafo 15(a) dispone che l’entità non può rilevare la

conseguente passività fiscale differita. Se l’entità rileva

successivamente, per tale avviamento, una perdita per riduzione

di valore pari a CU20, l’importo della differenza temporanea

33

Bilancio 2011

imponibile relativa all’avviamento si riduce da CU100 a CU80, con

conseguente decremento nel valore della passività fiscale differita

non rilevata. Il decremento nel valore della passività fiscale

differita non rilevata è anche esso riferito alla rilevazione iniziale

dell’avviamento, e pertanto il paragrafo 15(a) ne vieta la

rilevazione. [6]

21B Le passività fiscali differite derivanti da differenze

temporanee imponibili connesse all’avviamento sono,

tuttavia, rilevate nella misura in cui non derivino dalla

rilevazione iniziale dell’avviamento.

Ad esempio, se a seguito di una aggregazione aziendale un’entità

rileva un avviamento di CU100 che è deducibile fiscalmente a un

tasso annuo del 20% a partire dall’anno dell’acquisizione, il valore

riconosciuto fiscalmente dell’avviamento è pari a CU100 all’atto

della rilevazione iniziale e a CU80 alla fine dell’anno di

acquisizione. Se il valore contabile dell’avviamento alla fine

dell’anno di acquisizione rimane invariato a CU100, ne consegue

una differenza temporanea imponibile pari a CU20 alla fine

dell’anno. Poiché tale differenza temporanea imponibile non è

connessa alla rilevazione iniziale dell'avviamento, la conseguente

passività fiscale differita è rilevata

Rilevazione iniziale di un'attività o di una passività

22. Al momento della rilevazione iniziale di un'attività o di una

passività può emergere una differenza temporanea, per esempio

nel caso in cui parte o tutto il costo di un'attività non sarà

fiscalmente deducibile. Il criterio di contabilizzazione di tali

differenze temporanee dipende dalla natura dell'operazione che ha

condotto alla rilevazione iniziale dell'attività o della passività:

a) in una aggregazione aziendale, un’entità rileva qualsiasi

passività o attività fiscale differita e ciò incide sul valore

dell’avviamento o dell’utile derivante da un acquisto a prezzi

favorevoli che la stessa rileva (si veda paragrafo 19);

b) se l'operazione influenza l'utile contabile o il reddito imponibile,

l'entità rileva qualsiasi passività o attività fiscale differita e rileva

34

Bilancio 2011

nell'utile (perdita) d’esercizio l'onere fiscale o il provento fiscale

differito che ne derivano (cfr. paragrafo 59);

c) se l'operazione non è una aggregazione aziendale, e non

influenza né l'utile contabile né il reddito imponibile, l'entità, in

assenza delle esenzioni previste dai paragrafi 15 e 24, rileverebbe

la passività o l'attività fiscale differita e rettificherebbe del

medesimo importo il valore contabile dell'attività o della passività.

Tali rettifiche renderebbero meno trasparente il bilancio. Il

presente Principio, quindi, non consente all'entità di rilevare la

passività o l'attività fiscale differita, né in sede di rilevazione

iniziale né successivamente (cfr. il prossimo esempio). Inoltre,

l'entità, man mano che il bene è ammortizzato, non contabilizza le

successive variazioni di valore della passività o attività fiscale

differita non rilevata.

Esempio illustrativo del paragrafo 22, lettera c)

L'entità intende utilizzare un bene che costa 1.000 per tutta la sua

vita utile, che è di cinque anni, per poi cederlo a un valore residuo

di zero. L'aliquota fiscale è del 40%. L'ammortamento del bene

non è fiscalmente deducibile. Alla sua dismissione, l'eventuale

plusvalenza non sarà imponibile e qualsiasi minusvalenza non sarà

deducibile.

Man mano che l'entità recupererà il valore contabile del bene essa

realizzerà un reddito imponibile di 1.000 e pagherà imposte per

400. L'entità non rileva la passività fiscale differita risultante di

400 perché essa deriva dalla rilevazione iniziale del bene.

Nell'anno seguente, il valore contabile dell'attività è 800.

Realizzando un reddito imponibile di 800, l'entità pagherà imposte

per 320. L'entità non rileva la passività fiscale differita di 320

perché essa deriva dalla rilevazione iniziale del bene.

35

Bilancio 2011

23. Secondo quanto previsto dallo IAS 32, Strumenti Finanziari:

Esposizione nel Bilancio e Informazioni integrative, l'emittente di

uno strumento finanziario composto (per esempio, un titolo a

reddito fisso convertibile) classifica la componente di debito dello

strumento come una passività e la componente patrimoniale

come patrimonio netto. In alcuni ordinamenti, al momento della

rilevazione iniziale il valore ai fini fiscali della componente di

debito è pari al valore contabile iniziale della somma delle due

componenti. La risultante differenza temporanea imponibile

emerge dalla distinta rilevazione iniziale della componente

patrimoniale e di quelle di debito. Perciò, l'eccezione di cui al

paragrafo 15 (b) non è applicabile. Di conseguenza, l'impresa

deve rilevare la risultante passività fiscale differita. Secondo

quanto previsto dal paragrafo 61, l'imposta differita è addebitata

direttamente al valore contabile della componente patrimoniale.

Secondo quanto previsto dal paragrafo 58, le successive

variazioni della passività fiscale differita devono essere rilevate

nel conto economico come onere (provento) fiscale differito.

Differenze temporanee deducibili

24. Per tutte le differenze temporanee deducibili deve

essere rilevata un'attività fiscale differita se sarà probabile

che sarà realizzato un reddito imponibile a fronte del quale

potrà essere utilizzata la differenza temporanea deducibile, a

meno che l'attività fiscale differita derivi da:

a) non rappresenta una aggregazione aziendale;

b) al momento dell'operazione non influenza né l'utile contabile

né il reddito imponibile (perdita fiscale).

Tuttavia, per differenze temporanee deducibili relative a

investimenti finanziari in società controllate, filiali e società

collegate, ed a partecipazioni in joint venture, deve essere

rilevata un'attività fiscale differita secondo quanto previsto dal

paragrafo 44.

25. E' implicito nella rilevazione di una passività che il valore

contabile sarà estinto negli esercizi futuri attraverso un

36

Bilancio 2011

deflusso dall'impresa di risorse economiche. Quando le

risorse escono dall'impresa, parte o tutto il loro ammontare può

essere deducibile nella determinazione del reddito imponibile di

un esercizio successivo a quello nel quale è stata rilevata la

passività. In tali casi, esiste una differenza temporanea tra il

valore contabile della passività e il suo valore ai fini fiscali. Di

conseguenza, emerge un'attività fiscale differita riguardo alle

imposte sul reddito che saranno recuperabili negli esercizi

successivi quando, nella determinazione del reddito imponibile,

sarà consentito dedurre quella parte della passività.

Analogamente, se il valore contabile di un'attività è inferiore al

suo valore ai fini fiscali, la differenza darà luogo a un'attività

fiscale differita con riferimento alle imposte sul reddito che

saranno recuperabili negli esercizi successivi.

Esempio

L'impresa rileva una passività di 100 per costi di garanzia

accantonati. I costi di garanzia del prodotto non saranno

fiscalmente deducibili fino a che l'impresa non sosterrà il costo.

L'aliquota fiscale è del 25 %.

Il valore ai fini fiscali della passività è pari a zero (il valore

contabile di 100, meno l'importo che sarà fiscalmente deducibile

riguardo a quella passività negli esercizi successivi). Estinguendo

la passività per il suo valore contabile, l'impresa ridurrà il suo

reddito imponibile futuro di un importo di 100 e, di conseguenza,

ridurrà i suoi pagamenti fiscali futuri di 25 (25 % di 100). La

differenza tra il valore contabile di 100 e il valore ai fini fiscali pari

a zero rappresenta una differenza temporanea deducibile di 100.

Perciò, l'impresa rileva un'attività fiscale differita di 25 (25 % di

100), a condizione che sia probabile che essa realizzi negli esercizi

futuri un reddito imponibile sufficiente per beneficiare di una

riduzione dei pagamenti di imposta.

26. Quelli che seguono sono esempi di differenze temporanee

deducibili che si traducono in attività fiscali differite:

(a) nella determinazione dell'utile contabile si possono dedurre i

costi connessi alle prestazioni previdenziali

37

Bilancio 2011

in concomitanza con i servizi prestati dal dipendente, ma nella

determinazione del reddito imponibile essi possono essere dedotti

quando le contribuzioni sono pagate dall'impresa al fondo o

quando i benefici previdenziali sono pagati dall'impresa. Tra il

valore contabile della passività e il suo valore ai fini fiscali esiste

una differenza temporanea; il valore ai fini fiscali della passività

solitamente è pari a zero. Questa differenza temporanea

deducibile si traduce in un'attività fiscale differita poiché i benefici

economici affluiranno all'impresa come deduzione dai redditi

imponibili quando le contribuzioni o i benefici previdenziali

saranno corrisposti;

(b) i costi di ricerca sono rilevati come costo nella determinazione

dell'utile contabile nell'esercizio nel quale essi sono sostenuti ma

può non esserne consentita la deduzione nella determinazione del

reddito imponibile (perdita fiscale) fino a un esercizio successivo.

La differenza tra il valore ai fini fiscali dei costi di ricerca, che è

l'importo che le autorità fiscali consentiranno come deduzione

negli esercizi futuri, e il valore contabile pari a zero, è una

differenza temporanea deducibile che si traduce in un'attività

fiscale differita;

c) con alcune eccezioni, un’entità rileva le attività acquisite e le

passività assunte identificabili in una aggregazione aziendale ai

rispettivi fair value (valori equi) alla data di acquisizione. Quando

una passività assunta è rilevata alla data di acquisizione ma i

costi correlati non possono essere dedotti nella determinazione

dei redditi imponibili fino a un esercizio successivo, sorge una

differenza temporanea deducibile che si traduce in un’attività

fiscale differita. Un’attività fiscale differita sorge anche quando il

fair value (valore equo) di un’attività identificabile acquisita è

inferiore al relativo valore riconosciuto fiscalmente. In entrambi i

casi, la risultante attività fiscale differita influisce sull’avviamento

(vedere paragrafo 66); e

(d) alcune attività possono essere rilevate al loro fair value

(valore equo), o possono essere rivalutate, senza che, a fini

fiscali, sia fatta una rettifica equivalente (vedere paragrafo 20). Si

manifesta una differenza temporanea deducibile se il valore ai fini

fiscali dell'attività eccede il suo valore contabile.

38

Bilancio 2011

27. L'annullamento di differenze temporanee deducibili si traduce

in deduzioni nella determinazione dei redditi imponibili degli

esercizi successivi. All'impresa, tuttavia, affluiranno benefici

economici sotto forma di riduzione dei pagamenti di imposte solo

se essa realizzerà redditi imponibili sufficienti affinché le

deduzioni siano compensate. L'impresa, quindi, rileva attività

fiscali differite solo quando è probabile che saranno realizzati

redditi imponibili a fronte dei quali possano essere utilizzate le

differenze temporanee deducibili.

28. E' probabile che sarà disponibile un reddito imponibile a

fronte del quale possa essere utilizzata una differenza

temporanea deducibile quando ci sono differenze temporanee

imponibili sufficienti di cui si prevede l'annullamento in

riferimento alle medesime autorità fiscali e al medesimo soggetto

d'imposta:

(a) nello stesso esercizio in cui si prevede l'annullamento della

differenza temporanea deducibile; o

(b) negli esercizi nei quali una perdita fiscale derivante

dall'attività fiscale differita può essere riportata indietro a esercizi

precedenti o avanti a esercizi futuri.

In tali casi, l'attività fiscale differita deve essere rilevata

nell'esercizio nel quale emergono le differenze temporanee

deducibili.

29. Quando ci sono differenze temporanee imponibili insufficienti,

in riferimento alle medesime autorità fiscali e al medesimo

soggetto di imposta, l'attività fiscale differita può essere rilevata

nella misura in cui:

(a) sia probabile che l'impresa abbia redditi imponibili sufficienti,

con riferimento alle medesime autorità fiscali e al medesimo

soggetto di imposta, nello stesso esercizio in cui si annullerà la

differenza temporanea deducibile (o negli esercizi nei quali una

perdita fiscale derivante dall'attività fiscale differita può essere

riportata a esercizi precedenti o futuri). Nel valutare se essa

realizzerà un reddito imponibile sufficiente negli esercizi

39

Bilancio 2011

successivi, l'impresa deve ignorare gli importi imponibili derivanti

da differenze temporanee deducibili che ci si attende si

verificheranno negli esercizi futuri, perché l'attività fiscale differita

derivante da queste differenze temporanee deducibili richiederà

essa stessa l'esistenza di un reddito imponibile futuro per poter

essere utilizzata;

(b) sono disponibili opportunità di pianificazione fiscale che

consentano di realizzare un reddito imponibile negli esercizi

appropriati.

30. Le opportunità di pianificazione fiscale sono azioni che

l'impresa può intraprendere allo scopo di creare o incrementare il

reddito imponibile in un particolare esercizio prima che venga

meno la possibilità di riportare a nuovo una perdita fiscale o un

credito d'imposta. In alcuni ordinamenti, per esempio, il reddito

imponibile può essere creato o incrementato:

(a) scegliendo di assoggettare a tassazione i proventi per

interessi o al momento della maturazione o a quello dell'incasso;

(b) differendo alcune deduzioni dal reddito imponibile;

(c) vendendo, ed eventualmente riutilizzando in un leasing

finanziario, beni il cui valore è aumentato, ma per i quali il valore

ai fini fiscali non è stato rettificato per tener conto di tale

incremento di valore; e

(d) vendendo un bene che produce reddito non imponibile (quale,

in alcuni ordinamenti, un titolo di stato) allo scopo di acquistare

un'altra attività finanziaria che produca reddito imponibile.

Anche quando le opportunità di pianificazione fiscale consentono

di anticipare reddito imponibile da un periodo successivo a uno

precedente, l'utilizzo di una perdita fiscale o di un credito

d'imposta portati a nuovo dipende sempre dall'esistenza di un

reddito imponibile futuro di origine diversa dalle differenze

temporanee che si origineranno in futuro.

31. Quando l'impresa ha una storia recente di perdite, essa deve

tener conto delle indicazioni contenute nei paragrafi 35 e 36.

40

Bilancio 2011

Avviamento

32A Se il valore contabile dell’avviamento derivante da una

aggregazione aziendale è inferiore alla sua base imponibile, la

differenza genera un’attività fiscale differita. L’attività fiscale

differita risultante dalla rilevazione iniziale dell’avviamento deve

essere rilevata come parte della contabilizzazione di una

aggregazione aziendale, nella misura in cui sia probabile la

disponibilità di reddito imponibile a fronte del quale possa essere

utilizzata la differenza temporanea deducibile.

Rilevazione iniziale di attività o passività

33. Un caso in cui si verifica che un'attività fiscale differita emerge

al momento della rilevazione iniziale di un'attività, si ha quando

un contributo pubblico non imponibile relativo a un bene sia

dedotto per determinare il valore contabile del bene ma, a fini

fiscali, non sia dedotto dal valore ammortizzabile del bene (in

altre parole dal suo valore ai fini fiscali); il valore contabile del

bene è inferiore al suo valore ai fini fiscali e questo origina una

differenza temporanea deducibile. I contributi pubblici possono

anche essere esposti come ricavo differito, nel qual caso la

differenza tra il ricavo differito e il suo valore ai fini fiscali pari a

zero rappresenta una differenza temporanea deducibile.

Qualunque sia il metodo di esposizione in bilancio scelto

dall'impresa, per i motivi esposti nel paragrafo 22 l'impresa non

può rilevare l'attività fiscale differita risultante.

Perdite fiscali e crediti d'imposta non utilizzati

34. Un'attività fiscale differita per perdite fiscali o crediti

d'imposta non utilizzati va riportata a nuovo nella misura in cui è

probabile che sia disponibile un reddito imponibile futuro a fronte

del quale possano essere utilizzati le perdite fiscali e i crediti

d'imposta non utilizzati.

35. I requisiti per la rilevazione di attività fiscali differite derivanti

41

Bilancio 2011

dal riporto a nuovo di perdite fiscali e di crediti d'imposta non

utilizzati sono i medesimi applicabili alla rilevazione di attività

fiscali differite derivanti da differenze temporanee deducibili.

L'esistenza di perdite fiscali non utilizzate, tuttavia, è un

indicatore significativo del fatto che potrà non essere disponibile

un reddito imponibile futuro. Pertanto, quando l'impresa ha una

storia di perdite recenti, essa può rilevare un'attività fiscale

differita derivante da perdite fiscali e crediti d'imposta non

utilizzati solo nella misura in cui essa abbia differenze

temporanee imponibili sufficienti o esistano prove convincenti del

fatto che sarà disponibile un reddito imponibile sufficiente a fronte

del quale possano essere utilizzati le perdite fiscali e i crediti

d'imposta non utilizzati. In tali casi, il paragrafo 82 richiede

l'indicazione dell'importo dell'attività fiscale differita e la natura

delle ragioni che giustificano la sua rilevazione.

36. L'impresa, nel valutare la probabilità che sarà disponibile un

reddito imponibile a fronte del quale le perdite fiscali e i crediti

d'imposta non utilizzati possano essere utilizzati, deve prendere

in considerazione i seguenti criteri:

(a) se l'impresa abbia differenze temporanee imponibili sufficienti,

con riferimento alle medesime autorità fiscali e al medesimo

soggetto di imposta, che si tradurranno in importi imponibili a

fronte dei quali le perdite fiscali e i crediti d'imposta non utilizzati

possano essere utilizzati prima della loro scadenza;

(b) se è probabile che l'impresa abbia redditi imponibili prima

della scadenza delle perdite fiscali e dei crediti d'imposta non

utilizzati;

(c) se le perdite fiscali non utilizzate derivino da cause

identificabili che è improbabile che si ripetano; e

(d) se esistano per l'impresa opportunità di pianificazione fiscale

(vedere paragrafo 30) in base alle quali si avrà reddito imponibile

nell'esercizio nel quale possono essere utilizzati le perdite fiscali e

i crediti d'imposta non utilizzati.

Se non è probabile che sia disponibile reddito imponibile a fronte

42

Bilancio 2011

del quale potranno essere utilizzati le perdite fiscali o i crediti

d'imposta non utilizzati, l'attività fiscale differita non viene

rilevata.

Nuova valutazione delle attività fiscali differite non rilevate

37. A ogni data di riferimento del bilancio, l'impresa deve

effettuare una nuova valutazione delle attività fiscali differite non

rilevate in bilancio. L'impresa deve rilevare un'attività fiscale

differita precedentemente non rilevata nella misura in cui è

divenuto probabile che un futuro reddito imponibile consentirà di

recuperare l'attività fiscale differita. Per esempio, un

miglioramento delle condizioni commerciali può aumentare la

probabilità che l'impresa sia in grado di realizzare nel futuro

sufficiente reddito imponibile affinché l'attività fiscale differita

soddisfi i criteri per la sua rilevazione contabile esposti nei

paragrafi 24 o 34. Un altro esempio si ha quando l'impresa

effettua una nuova valutazione delle attività fiscali al momento di

un'aggregazione di imprese o successivamente (vedere paragrafi

67 e 68).

Investimenti finanziari in società controllate, filiali e

società collegate, e partecipazioni in joint venture

38. Le differenze temporanee si manifestano quando il valore

contabile di investimenti finanziari in società controllate, filiali e

società collegate, o di partecipazioni in joint venture (vale a dire

la quota della controllante o dell'investitore nelle attività nette

della controllata, filiale, collegata o partecipata, compreso il

valore contabile dell'avviamento) differisce dal valore

dell'investimento o della partecipazione se conosciuto ai fini fiscali

(spesso coincidente con il costo). Tali differenze possono

manifestarsi in casi differenti, quali, per esempio:

(a) l'esistenza di utili non distribuiti di controllate, filiali, collegate

e joint venture;

(b) variazioni dei tassi di cambio esteri quando la controllante e la

sua controllata hanno sede in Paesi differenti; e

(c) riduzioni del valore contabile di un investimento in una

43

Bilancio 2011

collegata al suo ammontare recuperabile.

Nei bilanci consolidati, la differenza temporanea può essere

differente dalla differenza temporanea associata a

quell'investimento nel bilancio proprio della controllante se nel

suo bilancio essa riporta l'investimento al costo o a un valore

rivalutato.

39. L'impresa deve rilevare una passività fiscale differita per tutte

le differenze temporanee imponibili riferibili agli investimenti

finanziari in società controllate, filiali e società collegate, e a

partecipazioni in joint venture, salvo che siano soddisfatte

entrambe le seguenti condizioni:

(a) la controllante, l'investitore o il partecipante alla joint venture

siano in grado di controllare i tempi dell'annullamento delle

differenze temporanee; ed

(b) è probabile che, nel prevedibile futuro, la differenza

temporanea non si annullerà.

40. Poiché una controllante stabilisce le politiche dei dividendi

della sua controllata, essa è in grado di stabilire i tempi

dell'annullamento delle differenze temporanee riferibili a

quell'investimento (incluse le differenze temporanee che derivano

non solo dagli utili non distribuiti ma anche da eventuali

differenze cambio). Inoltre, sarebbe spesso impraticabile

determinare l'ammontare delle imposte sul reddito che si

dovrebbero pagare quando la differenza temporanea si annulla.

Perciò, quando la controllante ha stabilito che, nel prevedibile

futuro, quegli utili non saranno distribuiti, essa non deve rilevare

una passività fiscale differita. Le medesime osservazioni si

applicano agli investimenti finanziari in filiali.

41. Le attività e le passività non monetarie di un'entità sono

misurate nella valuta funzionale (cfr. IAS 21 Effetti delle

variazioni dei cambi delle valute estere). Se il reddito imponibile o

la perdita fiscale dell'entità (e, quindi, il valore ai fini fiscali delle

attività e passività non monetarie) è determinato in una valuta

44

Bilancio 2011

differente, le variazioni nel tasso di cambio danno origine a

temporanee differenze che risultano in una passività fiscale

differita rilevata o (subordinatamente al paragrafo 24) in

un'attività. L'onere/provento fiscale differito risultante è

addebitato o accreditato a conto economico (cfr. paragrafo 58).

42. Un investitore in una società collegata non controlla quella

entità e, di solito, non si trova nella condizione di stabilire la sua

politica dei dividendi. Perciò, in assenza di un accordo che

richieda che gli utili della collegata non siano distribuiti nel

prevedibile futuro, l'investitore rileva una passività fiscale differita

derivante dalle differenze temporanee imponibili riferibili alla sua

partecipazione nella società collegata. In alcuni casi, l'investitore

può non essere in grado di determinare l'importo delle imposte

che sarebbero dovute nel caso in cui recuperi il costo del suo

investimento nella società collegata, ma può stabilire che sarà

maggiore o uguale a un certo importo minimo. In tali casi, la

passività fiscale differita è valutata a tale importo.

43. L'accordo tra le parti di una joint venture di solito regola la

ripartizione degli utili e stabilisce se le decisioni riguardanti tali

argomenti richiedono il consenso di tutti i partecipanti o di una

particolare maggioranza. Quando il partecipante alla joint venture

è in grado di controllare la ripartizione degli utili ed è probabile

che, nel prevedibile futuro, gli utili non saranno distribuiti, non

deve essere rilevata la passività fiscale differita.

44. L'impresa deve rilevare un'attività fiscale differita per tutte le

differenze temporanee deducibili derivanti da investimenti

finanziari in società controllate, filiali e società collegate, e da

partecipazioni in joint venture, nella misura in cui, e solo nella

misura in cui, è probabile che:

(a) la differenza temporanea si annullerà nel prevedibile futuro; e

(b) sarà disponibile un reddito imponibile a fronte del quale possa

essere utilizzata la differenza temporanea.

45

Bilancio 2011

45. L'impresa deve tenere conto delle indicazioni contenute nei

paragrafi da 28 a 31 nel decidere se deve essere rilevata

un'attività fiscale differita per differenze temporanee deducibili

riferibili al suo investimento in società controllate, filiali e società

collegate, e alla sua partecipazione in joint venture.

6. Esemplificazione di imposte anticipate e differite

Nel presente paragrafo si riporta un prospetto nel quale sono contenute le più

significative discrasie tra la norma civilistica e quella fiscale. Nella prima colonna sono

specificate ai fini di quali imposte devono essere considerate le differenze. Nel caso in cui la

discrasia tra norma civilistica e fiscale valga solo ai fini RES le imposte anticipate o differite

devono essere calcolate con l'attuale aliquota del 27,50%, nel caso in cui la discrasia valga

solo per l'IRAP, il calcolo va fatto al 3,90%, mentre se vale per entrambe le imposte il calcolo

va eseguito ad una aliquota cumulativa del 31,40%.

La Legge Finanziaria per il 2008 reca un sostanziale riordino della tassazione sulle imprese

attraverso una serie di interventi la cui "filosofia " di fondo appare piuttosto chiara.

Le linee guida sono, da un lato, quella della riduzione dell'aliquota legale dell'IRES al

27,5%, riduzione quanto mai necessaria per promuovere la competitività del sistema tributario

italiano e, dall'altro, quella dell'ampliamento della base imponibile. Ampliamento attuato

mediante rilevanti modifiche alla disciplina del reddito d'impresa che si sostanziano in

interventi di natura strutturale finalizzati, in modo non equivoco, anche alla razionalizzazione e

alla semplificazione della base imponibile.

Analoghe considerazioni possono essere formulate in merito alla riduzione dell'aliquota

IRAP al 3,9% e alla contestuale modifica delle regole di computo del valore della produzione

rilevante agli effetti del tributo, laddove la base imponibile dei soggetti IRES sarà più

incisivamente legata ai valori del conto economico, rendendosi autonoma dai criteri di

determinazione del reddito d'impresa che sino ad oggi hanno comportato complesse

"interferenze " nel calcolo del valore della produzione (cd. triplo binario IRAP).

Nella seconda colonna sono riportate tutte le norme del Testo Unico delle Imposte sui

Redditi (D.P.R. n. 917/86) per un eventuale approfondimento delle stesse. Se la colonna

riporta la dizione "IRAP" sta a significare che la discrasia nasce direttamente da tale normativa.

Nella terza colonna si riporta la descrizione della discrasia che dovrebbe dare l'idea da

quale evento sorge la differenza. Ovviamente per capire meglio la singola differenza si rimanda

alla norma di riferimento ed ai commenti della dottrina.

Infine, l'ultima colonna evidenzia se l'ipotesi dà luogo ad imposte anticipate o differite o

se, alternativamente, potrebbe dar luogo ad una delle due indifferentemente a seconda del

segno della differenza con la norma civilistica. Nelle parti in cui non vi è scritto nulla la

differenza è definitiva e pertanto dà luogo a differenze permanenti negative (se vi è uno

46

Bilancio 2011

svantaggio fiscale) o a differenze permanenti positive (se, invece, vi è una norma favorevole al

contribuente dal punto di vista fiscale).

Le differenze permanenti e temporanee

Differenze ai fini

di: Norma fiscale

Descrizione Tipo di differenza

Ires Art. 84 Perdita d'esercizio recuperabile in futuro Imposta anticipata Ires ed Irap Art. 85 Adeguamento parametri e studi Ires ed Irap Art. 85 Corrispettivi non annotati Ires ed Irap Art. 85,

c. 2 Assegnazioni di beni ai soci

Irap Art. 85, c.1 c)

Cessioni di azioni

Irap Art. 85, c. 1 d)

Cessioni di strumenti finanziari

Irap Art. 85, c. 1 e)

Cessioni di obbligazioni

Ires ed Irap Art. 86, c. 4

Plusvalenze patrimoniali Imposte differite

Ires ed Irap Art. 87 Plusvalenze esenti (91%) Ires ed Irap Art. 88,

c. 2 Indennità da risarcimento assicurativo Imposte differite

Ires ed Irap Art. 88, c. 3 b)

Sopravvenienze attive da contributi Imposte differite

Ires ed Irap Art. 88, c. 4

Versamenti a fondo perduto

Ires ed Irap Art. 88, c. 5

Cessione contratto di leasing

Ires Art. 89, c. 2

5% dividendi Imposte differite

Ires ed Irap Art. 89, c. 2

Dividendi esclusi (95%)

Ires ed Irap Art. 90, c. 1

Redditi fabbricati non strumentali

Ires ed Irap Art. 90, c. 2

Spese relativi agli immobili

Ires Art. 91 Proventi esenti Ires ed Irap Art. 92,

c. 5 Variazione delle rimanenze Imposte anticipate/differite

Ires ed Irap Art. 93, c. 2

Maggiorazioni contrattuali Imposta anticipata

Ires ed Irap Art. 93, c. 3

Rischio contrattuale oltre il 2%

Ires ed Irap Art. 94 Valutazione delle partecipazioni Imposta anticipata Irap Art. 95,

c.1 Spese per prestazioni di lavoro

Irap Irap Personale distaccato presso terzi Ires ed Irap Art. 95,

c. 5 Compensi amministratori (lavoro autonomo) Imposta anticipata

Irap Art. 95, c. 5

Compensi amministratori (no lavoro Autonomo)

Ires ed Irap Art. 96 Interessi passivi Ires ed Irap Art. 97 Pro-rata patrimoniale Ires ed Irap Art. 98 Interessi indeducibili da thin cap Ires ed Irap Art. 99,

c. 1 Imposte indeducibili o non pagate Imposta anticipata

Ires Art. 99, c. 1

ICI

Ires ed Irap Art. 99, c. 3

Contributi ad associazioni sindacali Imposta anticipata

47

Bilancio 2011

Irap Art. 100, c. 1

Opere e servizi ai dipendenti

Ires Art. 100, c. 1

Opere e servizi ai dipendenti - oltre i limiti di cui all'art. 100

Ires Art. 100, c. 2 a

Erogazioni liberali eccedenti i limiti

Irap Art. 100, c. 2 b

Erogazioni liberali

Ires ed Irap Art. 101, c. 1

Minusvalenze esenti realizzate

Ires ed Irap Art. 101 Minusvalenze non realizzate Ires ed Irap Art. 101,

c. 3 Imm. Fin. In imprese controllate - parte eccedente il costo

Ires Art. 101, c. 5 a

Perdite su crediti fiscalmente non certe Imposta anticipata

Irap Art. 101, c. 5 b

Perdite su crediti

Ires ed Irap Art. 102, c. 1, 2

Ammortamento beni materiali Imposte anticipate/differite

Ires ed Irap Art. 102, c. 3

Ammortamento anticipato Imposte differite

Ires ed Irap Art. 102, c. 5

Beni < 516,46 Imposte differite

Ires ed Irap Art. 102, c. 6

Manutenzione > 5% Imposta anticipata

Irap Art. 102, c. 7

Interessi su canoni leasing

Ires ed Irap Art. 102, c. 9

Spese telefonini (50%)

Ires ed Irap Art. 103, c. 1

Ammortamenti dei beni immateriali Imposte anticipate/ differite

Ires ed Irap Art. 103, c. 1

Ammortamento marchi Imposte anticipate/ differite

Ires ed Irap Art. 103, c. 3

Ammortamento avviamento Imposta anticipata

Ires ed Irap Art. 104 Amm. Finanziario se amm. Civ. < durata concessione

Imposta anticipata

Ires Art. 105 Accantonamento di quiescenza e previdenza Imposta anticipata Irap Art. 105 Accantonamento di quiescenza e previdenza Ires Art. 106 Svalutazione crediti Imposta anticipata Irap Art. 106 Svalutazione crediti Ires ed irap Art. 107,

c. 1 Spese per lavori ciclici navi Imposte differite

Ires ed irap Art. 107, c. 2

Acc. Spese ripristino beni gratuitamente devolvibili

Imposta anticipata

Ires ed Irap Art. 107, c. 3

Acc. Oneri per operazioni a premio Imposte differite

Ires ed Irap Art. 108 Spese per studi e ricerche Imposte anticipate/ differite Ires ed Irap Art. 108 Spese di pubblicità Imposte anticipate/ differite Ires ed Irap Art. 108 Spese di rappresentanza (4/15) Imposte anticipate Ires ed Irap Art. 109,

c. 1 Costo non di competenza fiscale

Ires ed Irap Art. 109, c. 1

Mancanza del requisito della "certezza" Imposta anticipata

Ires ed Irap Art. 109, c. 4, b

Costi deducibili extracontabilmente Imposte differite

Ires Art. 109, c. 5

Spese eccedenti la quota deducibile

Ires Art. 109, c. 7

Interessi passivi di mora Imposta anticipata

Ires Art. 109, c. 7

Interessi attivi di mora Imposte differite

Ires ed Irap Art. 109, Remuner. Titoli partecipativi

48

Bilancio 2011

c. 9, a Ires ed Irap Art. 109,

c. 9, b Remunerazione ass. In partecipazione

Ires ed Irap Art. 110, c. 7

Operazioni con soggetti non residenti

Ires ed Irap Art. 110, c. 10

Operazioni con paradisi fiscali

Ires ed Irap Art. 164 Spese indeducibili relative auto Ires ed Irap Art. 167 Utili distribuiti da paradisi fiscali

Irap Irap Interessi impliciti sui ricavi Irap Irap Interessi impliciti sui costi

49

Bilancio 2011

Capitolo 3

Gestione delle perdite d’esercizio

Il D.L. 06/07/2011, n. 98, convertito in L. 15/07/2011, n. 111, è intervenuto modifi cando

alcune disposizioni che regolano le modalità di determinazione del reddito imponibile dei

soggetti IRES.

Una di tali modifiche è rappresentata dalla rivisitazione della disciplina del riporto delle perdite

fiscali recata dall’art. 84 del D.P.R. 917/1986 allo scopo di introdurre delle misure di sostegno

alle imprese che, in ragione dell’attuale crisi economico-finanziaria, si trovino nella condizione

di avere ingenti volumi di perdite fiscali pregresse.

50

Bilancio 2011

1. Premessa

L’Agenzia delle Entrate è recentemente intervenuta fornendo alcuni chiarimenti in merito alle

novità introdotte dalla c.d. “Manovra correttiva” in materia di riporto ed utilizzo delle perdite

per i soggetti IRES, in base alle quali è prevista non più una limitazione “temporale” di

utilizzo delle stesse (nei 5 anni), ma una limitazione “quantitativa” pari all’80% del

reddito di ciascun periodo.

In particolare, le precisazioni attengono:

- all’ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione delle nuove disposizioni;

- agli effetti delle nuove regole per le società in regime di trasparenza e consolidato fiscale.

Va evidenziato che, secondo l’Agenzia, la nuova disciplina è applicabile anche alle perdite

“pregresse”, ossia a quelle realizzate anteriormente al 2011.

2. La nuova disciplina di riporto delle perdite

L’art. 23, comma 9, DL n. 98/2011 c.d. “Manovra correttiva” ha modificato l’art. 84, commi 1 e

2, TUIR, prevedendo che le perdite fiscali conseguite in un periodo d’imposta possono

essere computate in diminuzione dei redditi dei periodi successivi:

in misura non superiore all’80% del reddito imponibile di ciascun periodo

d’imposta, per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare;

entro il limite del reddito imponibile di ciascun periodo d’imposta successivo e per

l’intero importo che trova capienza in tale ammontare se relative ai primi 3 periodi

d’imposta dalla data di costituzione, sempreché si riferiscano ad una nuova attività

produttiva.

In merito, i novellati commi 1 e 2 del citato art. 84, dispongono che:

1. “La perdita di un periodo d'imposta, determinata con le stesse

norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere

computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta

successivi in misura non superiore all'ottanta per cento del

reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che

trova capienza in tale ammontare …

2. Le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta dalla data

di costituzione possono … essere computate in diminuzione del

reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi entro il

limite del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero

51

Bilancio 2011

importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di

essi a condizione che si riferiscano ad una nuova attività

produttiva”.

Si rammenta che anteriormente a tale modifica le perdite erano riportabili non oltre il 5°

periodo successivo (salvo il riporto illimitato se conseguite nei primi 3 periodi d’imposta dalla

data di costituzione riferite ad una nuova attività produttiva).

Tipologia perdita

Normativa ante DL n. 98/2011

Normativa post DL n. 98/2011

Perdita dei primi 3 periodi d’imposta dalla data di

costituzione

Riporto illimitato Utilizzo nel limite del reddito imponibile di ciascun periodo

d’imposta successivo

Riporto illimitato Utilizzo nel limite del reddito imponibile di ciascun periodo

d’imposta successivo

Perdita dal 4° periodo d’imposta dalla

data di costituzione

Riporto entro il 5° periodo d’imposta

successivo Utilizzo nel limite del reddito imponibile di ciascun periodo

d’imposta successivo

Riporto illimitato Utilizzo nel limite dell’80% del reddito imponibile di ciascun periodo d’imposta

successivo

In base alla nuova disposizione le società non sono più soggette ad alcun limite temporale

di riporto delle perdite con l’effetto che viene meno il rischio di “perdere” le perdite; tuttavia,

nelle annualità di conseguimento di un reddito, potendo le perdite abbattere non più dell’80%

dello stesso, ciò si traduce nell’assoggettamento a tassazione del 20% di quanto conseguito.

Relativamente alla novità in esame, l’Agenzia delle Entrate è recentemente intervenuta

fornendo, con la Circolare 6.12.2011, n. 53/E, una serie di chiarimenti di seguito analizzati.

3. Soggetti interessati

Nella citata Circolare n. 53/E è stato specificato che la disciplina in esame, riguardando

esclusivamente il riporto delle perdite d’impresa di cui all’art. 84, TUIR. La nuova disciplina

interessa quindi:

spa, sapa e srl;

società cooperative e società di mutua assicurazione;

società europee (Regolamento CE n. 2157/2001) e società cooperative europee

(Regolamento CE n. 1435/2003) residenti in Italia;

enti pubblici e enti privati diversi dalle società, trust, residenti in Italia che svolgono

esclusivamente o principalmente attività commerciale;

società ed enti di ogni tipo, trust, con o senza personalità giuridica, NON residenti in Italia;

La disciplina NON riguarda invece:

52

Bilancio 2011

imprese individuali e società di persone in contabilità ordinaria per le quali trova

applicazione, il limite ex art. 8, comma 3, TUIR, del riporto entro il 5° anno successivo per

l’intero importo che trova capienza nei redditi conseguiti (salvo il riporto illimitato se

conseguite nei primi 3 periodi d’imposta dalla data di costituzione);

enti non commerciali che esercitano attività d’impresa, ex art. 73, comma 1, lett.

c), TUIR, per effetto del rinvio al citato art. 8 ad opera dell’art. 143, comma 2, TUIR.

4. Limite all’utilizzo delle perdite Come evidenziato dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 53/E in esame la nuova

disposizione “risponde alla duplice esigenza di escludere, da un lato, un limite temporale

alla riportabilità delle perdite, e di introdurre, dall’altro, un limite quantitativo «di

periodo» all’utilizzo delle stesse”.

Infatti, ora, pur non essendo previsto alcun limite temporale di riporto, le perdite

possono essere utilizzate per un ammontare non superiore all’80% del reddito

imponibile di ciascun periodo d’imposta, per l’intero importo che trova capienza nel reddito

conseguito.

In merito, la stessa Agenzia precisa che tale “limitazione quantitativa … non fa venire

meno la possibilità di utilizzo integrale delle perdite, in quanto la finalità dell’intervento è

solo quella di «modulare» l’ammontare complessivo delle perdite compensabili in

ciascun periodo d’imposta”.

Esempio

La Alfa srl nell’anno “n+1” presenta un reddito pari a € 20.000 e perdite pregresse per €

18.000 (originate nell’anno “n”).

Anno Reddito Perdite Perdita

utilizzabili

Reddito

imponibile

Perdita residua

riportabile

n --- 18.000 --- --- 18.000

n+1 20.000 ---

16.000

(20.000 x

80%)

4.000

(20.000 -

16.000)

2.000

(18.000 -

16.000)

In base al nuovo regime la società nell’anno “n+1”:

può utilizzare le perdite disponibili (18.000) nel limite di € 16.000 pari all’80% del

reddito conseguito (20.000);

53

Bilancio 2011

deve assoggettare a tassazione il 20% del reddito pari a € 4.000 (20.000 -

16.000).

La perdita non utilizzata, pari a € 2.000, è riportabile negli anni successivi, senza limiti di

tempo.

5. Perdite maturate nei primi 3 periodi Come accennato, il comma 2 del citato art. 84, dispone che le perdite realizzate nei primi 3

periodi d'imposta dalla data di costituzione possono, “con le modalità previste al comma 1”,

essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi:

entro il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi;

per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi

purché si riferiscano ad una nuova attività produttiva.

A tale proposito l’Agenzia Circolare n. 53/E in esame ha specificato che nella nuova

formulazione del citato comma 2:

- non è più prevista la disposizione che sanciva il riporto “senza alcun limite di tempo”; tale

precisazione risulta infatti superflua, stante la possibilità di riporto illimitato delle perdite a

prescindere dall’anno di formazione delle stesse (nei primi 3 periodi ovvero

successivamente);

- il rinvio operato alle “modalità previste al comma 1” non “attiene alla misura delle perdite

utilizzabili” con la conseguenza che le perdite maturate dai soggetti interessati nei primi 3

periodi d’imposta sono utilizzabili senza alcun limite quantitativo, ossia senza subire la

limitazione all’utilizzo nella misura dell’80% del reddito.

Esempio

La NewCo srl, costituita nel 2009, ha maturato perdite per € 50.000 nei primi 3 periodi

d’imposta (2009, 2010 e 2011) e per € 10.000 nel 2012.

La società potrà utilizzare le perdite relative al:

- 2009 – 2010 – 2011, per intero e senza limiti temporali;

- 2012, nel limite dell’80% del reddito conseguito.

54

Bilancio 2011

6.Perdite nel regime di trasparenza 6.1 Regime di trasparenza ex art. 115, tuir Come noto, l’art. 115, TUIR, disciplina il regime di trasparenza nell’ambito delle società di

capitali, e, in particolare delle società di capitali i cui soci sono altre società di capitali. Infatti il

comma 3 prevede che:

“Le perdite fiscali della società partecipata relative a periodi in cui è

efficace l'opzione sono imputate ai soci in proporzione alle rispettive

quote di partecipazione ed entro il limite della propria quota del

patrimonio netto contabile della società partecipata. Le perdite

fiscali dei soci relative agli esercizi anteriori all'inizio della

tassazione per trasparenza non possono essere utilizzate per

compensare i redditi imputati dalle società partecipate”.

In base a tale disposizione, pertanto, le perdite realizzate nei periodi antecedenti a

quello di esercizio dell’opzione per la trasparenza possono essere utilizzate

esclusivamente dal soggetto in capo al quale le stesse sono maturate al fine di “abbattere” i

redditi dallo stesso prodotti.

Ciò comporta quindi che, come evidenziato nella Circolare n. 53/E in esame, “non si

genera … alcuna commistione” tra le perdite generate prima dell’applicazione del

regime di trasparenza e i redditi imputati per trasparenza dalla società partecipata.

Ora, la nuova disciplina si riflette sull’utilizzo delle perdite:

realizzate prima dell’applicazione del regime di trasparenza, in capo alla società

partecipata / partecipante (socia);

da parte della società partecipante in regime di trasparenza.

Esempio

La Alfa srl e la Beta srl hanno conseguito:

- nell’anno “n” perdite, rispettivamente, per € 18.000 e € 15.000;

- nell’anno “n+1” redditi, rispettivamente, per € 20.000 e € 15.000.

In tale anno:

- le 2 società, socie al 50% della Tetris srl, optano per il regime di trasparenza ex art. 115,

TUIR;

- la società partecipata Tetris consegue un reddito pari a € 12.000 e dispone di perdite

pregresse per € 10.000.

55

Bilancio 2011

La situazione delle suddette società può essere così schematizzata:

Anno Reddito

Alfa

Reddito

Beta

Reddito

Tetris

Perdita

Alfa

Perdita

Beta

Perdita

Tetris

n --- --- --- 18.000 15.000 10.000

n+1 20.000 15.000 12.000 --- --- ---

Nell’anno “n+1” la società partecipata (Tetris srl) imputa per trasparenza ai soci (Alfa srl e

Beta srl) il reddito prodotto (al netto delle proprie perdite pregresse), pari a € 2.400 così

calcolato:

Reddito

Tetris

Perdite

disponibili

Perdite

utilizzabili Reddito

Reddito

imputato ex 115

12.000 10.000

9.600

(12.000 x

80%)

2.400

(12.000 -

9.600)

Alfa

1.200

(2.400

x 50%)

Beta

1.200

(2.400

x 50%)

L’effetto dell’applicazione della nuova disciplina delle perdite nel regime di trasparenza è il

seguente:

Soci RedditoPerdite

disponibili

Perdite

utilizzabili

Perdite

residue

Reddito

conseguito

Reddito

imputato

ex 115

Reddito

Imponibile

totale

Alfa 20.000 18.000

16.000

(20.000 x

80%)

2.000

(18.000

-

16.000)

4.000

(20.000 -

16.000)

1.200

5.200

(4.000 +

1.200)

Beta 15.000 15.000

12.000

(15.000 x

80%)

3.000

(15.000

-

12.000)

3.000

(15.000 -

12.000)

1.200

4.200

(3.000 +

1.200)

In merito la Circolare n. 53/E in esame precisa che la nuova disciplina non produce

alcun effetto sulle perdite realizzate dalla società partecipata (in regime di trasparenza)

imputate ai soci.

56

Bilancio 2011

In tal caso, infatti:

le “perdite di periodo” della partecipata vanno imputate ai soci nel limite della rispettiva

quota di partecipazione nella stessa;

le suddette perdite eccedenti il patrimonio netto della partecipata rimangono

nell’esclusiva disponibilità della stessa, come precisato dall’art. 7, comma 2, DM

23.4.2004, e possono essere utilizzate in diminuzione del proprio reddito secondo la

nuova disciplina disposta dall’art. 84;

le società partecipanti possono utilizzare le perdite imputate, residue connesse con il

mancato utilizzo integrale delle stesse, nei periodi successivi in misura non superiore

all’80% del proprio reddito.

Esempio

Nell’anno “n”, primo anno di applicazione del regime di trasparenza:

le società partecipanti (al 50%) Alfa srl e Beta srl hanno conseguito redditi

rispettivamente per € 13.000 e € 15.000;

la società partecipata Tetris srl ha conseguito una perdita pari a € 35.000 che viene

imputata pro quota (50%) ai 2 soci per un ammontare di € 17.500 ciascuno.

Soci Reddito Perdite

imputate ex 115

Perdite

residue

Reddito

netto

Alfa 13.000 17.500

(35.000 x 50%)

4.500

(13.000 -

17.500)

---

Beta 15.000 17.500

(35.000 x 50%)

2.500

(15.000 -

17.500)

---

Nell’anno “n+1”:

le 2 società partecipanti conseguono un reddito rispettivamente pari a € 20.000 e €

15.000;

la società partecipata, Tetris srl, imputa per trasparenza e pro quota (50%) il proprio

reddito di € 10.000 ai 2 soci nella misura di € 5.000 ciascuno.

Anno Reddito

Alfa

Reddito

Beta

Perdite

Alfa

Perdite

Beta

Reddito

imponibile

Alfa

Reddito

imponibile

Beta

57

Bilancio 2011

n+1 20.000 15.000 4.500 2.500

20.500

(20.000 +

5.000) -

4.500

17.500

(15.000 +

5.000) -

2.500

Nel caso prospettato l’Agenzia nella citata Circolare n. 53/E evidenzia che le 2 società

partecipanti (Alfa srl e Beta srl) “possono utilizzare integralmente la perdita residua in quanto

inferiore all’ottanta per cento del reddito complessivo di periodo”.

Il reddito complessivo della Alfa srl, al lordo della perdita, risulta pari a € 25.000 (20.000

reddito proprio + 5.000 reddito imputato dalla Tetris); poiché la perdita pregressa è pari a €

4.500, ossia inferiore all’80% del reddito, pari a 20.000 (25.000 x 80%), la stessa è

integralmente utilizzabile. Analoga considerazione vale per la Beta srl.

7. Perdite nel regime della c.d. “piccola” trasparenza Nella Circolare n. 53/E in esame l’Agenzia afferma che “in linea di principio” i chiarimenti forniti

in merito al meccanismo del riporto delle perdite nel regime di trasparenza ex art. 115, TUIR,

valgono anche per il regime della “piccola trasparenza” ex art. 116. Ciò in particolare con

riferimento alle perdite:

realizzate dalla società partecipata anteriormente all’opzione;

eccedenti la quota di patrimonio netto della società partecipata riferibile a ciascun socio.

Infatti, il comma 2 del citato art. 116 rinvia espressamente all’art. 115 e l’art. 14, comma

4, DM 23.4.2004 estende le disposizioni di cui al citato art. 115 alle società a ristretta base

societaria.

L’Agenzia precisa comunque che la nuova disciplina ex art. 84, TUIR non è applicabile ai

soci delle società trasparenti in esame considerato che, essendo gli stessi persone fisiche, nei

loro confronti si applicano le disposizioni di cui all’art. 8, TUIR.

8. Perdite nel regime del consolidato fiscale

Per le società che adottano il regime del consolidato fiscale, il comma 2 dell’art. 118, TUIR

dispone che:

“Le perdite fiscali relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione di gruppo …

possono essere utilizzate solo dalle società cui si riferiscono”.

Di fatto, dunque, le perdite realizzate anteriormente all’efficacia del regime in esame, sono

utilizzabili esclusivamente dalla società cui le stesse si riferiscono.

58

Bilancio 2011

Sul punto la citata Circolare n. 53/E, dopo aver rammentato che la “fiscal unit” (ossia il gruppo

di società) può utilizzare solo le perdite maturate dalle società partecipanti durante il regime

del consolidato, evidenzia che la nuova disciplina in esame produce effetti sulle modalità di

utilizzo delle perdite:

realizzate dalle società prima dell’ingresso nel regime del consolidato;

da parte della consolidante durante il regime del consolidato.

La Alfa srl e Beta srl hanno conseguito:

nell’anno “n” perdite, rispettivamente, per € 18.000 e € 15.000;

nell’anno “n+1” redditi, rispettivamente, di € 20.000 e € 15.000.

In tale anno le 2 società optano per la tassazione di gruppo e la consolidante Chalet srl

consegue un reddito di € 12.000.

Anno Reddito

Alfa

Reddito

Beta

Perdite

Alfa

Perdite

Beta

Reddito

Chalet

“n” --- --- 18.000 15.000 ---

“n+1” 20.000 15.000 --- --- 12.000

Nell’anno, “n+1”, le 2 società: trasferiscono alla consolidante (Chalet srl) rispettivamente un reddito pari a € 4.000 e a

€ 3.000; dispongono di perdite pregresse residue, rispettivamente, per € 2.000 e € 3.000, come

di seguito evidenziato.

Società Reddito Perdite

disponibili

Perdite

utilizzabili

Perdite

residue

Reddito

netto

Reddito

imponibile

Consolidato

Alfa 20.000 18.000

16.000

(20.000 x

80%)

2.000

(18.000 -

6.000)

4.000

(20.000 -

6.000) 19.000

(12.000 + 4.000

+ 3.000) Beta 15.000 15.000

12.000

(15.000 x

80%)

3.000

(15.000 -

12.000)

3.000

(15.000 -

2.000)

In merito nella Circolare n. 53/E in esame è precisato che le società partecipanti:

trasferiscono al consolidato il 20% del reddito “pur disponendo di perdite pregresse

residue utilizzabili in compensazione dei redditi futuri autonomamente prodotti”;

trasferiscono al consolidato, in misura integrale, le perdite di periodo dalle stesse

realizzate.

59

Bilancio 2011

La stessa Agenzia evidenzia altresì che:

“Il nuovo regime di riporto delle perdite incide, invece, sul

trattamento delle perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione dei

redditi del consolidato conseguite negli esercizi di validità

dell’opzione [modello CNM, quadro CS].

Spetta, come noto, al soggetto controllante il riporto a nuovo di tali

perdite, che potranno essere utilizzate in compensazione del

reddito complessivo globale relativo ai periodi d’imposta successivi

secondo le modalità previste dal nuovo articolo 84 del TUIR”.

9. Decorrenza della nuova disciplina

Nella Circolare n. 53/E in esame l’Agenzia fornisce anche gli attesi chiarimenti in merito

alla decorrenza della nuova disciplina di riporto ed utilizzo delle perdite.

In particolare è precisato che le nuove regole sono applicabili:

a partire dal periodo d’imposta in corso al 6.7.2011 (data di entrata in vigore del

DL n. 98/2011, c.d. “Manovra correttiva”) e pertanto dal 2011 per i soggetti con

esercizio coincidente con l’anno solare;

alle perdite risultanti dal mod. UNICO 2012, relativo al 2011, conseguite, per i

soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, negli anni dal 2006 al

2010.

Rimangono, quindi, escluse le perdite maturate nel 2005 “non più riportabili per

decorso del limite temporale quinquennale previsto dalla previgente disciplina”.

Di fatto dunque le perdite realizzate nelle pregresse annualità (2006 – 2010) sono

utilizzabili, analogamente a quelle conseguite nel 2011, nel limite dell’80% del reddito, con

riporto dell’eccedenza nelle successive annualità senza alcun limite di tempo.

PERDITE D’IMPRESA REALIZZATE DA SOGGETTI IRES:

- DAL 2006 AL 2010

- DAL 2011

NEL LIMITE DELL’80% DEL REDDITO IMPONIBILE DI CIASCUN PERIODO

D’IMPOSTA PER L’IMPORTO CHE VI TROVA CAPIENZA (per le perdite dei primi 3

periodi d’imposta dalla costituzione, l’utilizzo non è soggetto al limite dell’80%.)

RIPORTO DELL’ECCEDENZA SENZA ALCUN LIMITE DI TEMPO

60

Bilancio 2011

Capitolo 4

Novità nel riporto delle perdite fiscali

L' art. 9, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (cd. "Decreto Monti"), conv. con modif. con la L. 22

dicembre 2011, n. 214, è intervenuto sulla disciplina di trasformazione delle attività per

imposte anticipate (in seguito "Dta") in crediti d'imposta, introdotta dall'art. 2, co. 55- 58, D.L.

29 dicembre 2010, n. 225 (cd. "Decreto Milleproroghe") al fine di rendere più monetizzabili

talune tipologie di Dta in vista dei più stringenti parametri di misurazione del patrimonio di

vigilanza dettati da Basilea III.

61

Bilancio 2011

1. Premessa

L’art. 2, commi 55-58, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, modificato dall’art. 9, comma 1, del

Decreto Monti, consente la conversione delle imposte differite attive rilevate in bilancio

in crediti d’imposta, nel rispetto di determinate condizioni poste dalla legge.

Si ritiene che le imposte differite attive convertibili in credito d’imposta siano solo quelle

relative all’Ires; infatti il comma 55 fa espresso riferimento alle attività per imposte anticipate i

cui componenti negativi (ammortamenti) sono deducibili in più periodi d’imposta ai fini delle

imposte sui redditi.

È prevista la possibilità che, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la

Banca d’Italia, siano stabilite le modalità di attuazione della disciplina in questione.

2. Requisiti soggettivi

Sono interessati dalla disciplina in questione

tutti i soggetti Ires la cui forma giuridica prevede l’approvazione del bilancio da

parte dell’assemblea dei soci o dai diversi organi competenti per legge.

Con le modifiche introdotte dal Decreto Monti,

“la disciplina di cui ai commi 55, 56 e 56-bis si applica anche ai bilanci di liquidazione

volontaria, ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione della

crisi, ivi inclusi quelli riferiti all’amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta

amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia”.

OSSERVA - La norma non è di immediata comprensione: infatti

non è chiaro se l’agevolazione possa essere fruita con riferimento

al bilancio di apertura, peraltro non approvato dall’assemblea,

relativo alle procedure sopra indicate.

È stato, invece, definitivamente chiarito dall’Amministrazione finanziaria che l’ambito di

applicazione della normativa in esame non è circoscritto ai soli enti finanziari e creditizi,

destinatari delle norme di vigilanza previste da “Basilea III”, ma è aperto alla generalità

delle imprese in possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi posti dalla stessa.

RICORDA - A seguito della Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate

24 maggio 2011, n. 57/E, con la quale è stato stabilito il codice

tributo ai fini dell'utilizzo in compensazione dei crediti di imposta

62

Bilancio 2011

derivanti dalla trasformazione delle Dta, denominandolo credito

d'imposta “a favore degli enti creditizi e finanziari”, con la

successiva Risoluzione 22 settembre 2011, n. 94, la stessa

Agenzia ha definitivamente chiarito che il regime in parola può

essere invece utilizzato da tutti i contribuenti interessati, quindi,

anche da soggetti diversi dagli enti creditizi e finanziari.

3. Requisiti oggettivi

La normativa in esame prevede tre fattispecie di trasformazione delle imposte differite attive in

crediti verso l’Erario, di cui due sono state introdotte dal decreto Monti.

3.1 Svalutazione crediti avviamento e attività immateriali

Per quanto riguarda la prima fattispecie (introdotta dalla legge di conversione del D.L. n.

225/2010), le imposte differite attive che possono essere trasformate in credito verso l’Erario

sono quelle che si originano dal differimento della deduzione dei seguenti

componenti negativi relativi:

a) alla svalutazione dei crediti degli enti finanziari e creditizi di cui all’art. 106, comma 3,

del T.U.I.R.; si tratta delle svalutazioni del credito alla clientela per la parte che eccede

il limite fiscalmente riconosciuto dello 0,30%, deducibile nei 18 esercizi successivi. Pur

nel silenzio della norma è ragionevole ritenere che la trasformazione in crediti tributari

riguardi anche le imposte anticipate corrispondenti al rinvio della deduzione ai nuovi

esercizi successivi delle svalutazioni di cui al comma 3-bis);

b) al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali.

La trasformazione è possibile solo qualora nel bilancio individuale della società sia rilevata una

perdita d’esercizio.

L’importo di imposte differite attive che può essere convertito in credito verso l’Erario non

può eccedere il valore che deriva dal prodotto tra:

la perdita d’esercizio e

REQUISITO OGGETTIVO

La trasformazione interessa le Dta effettivamente iscritte in

bilancio e che siano originate dalle svalutazioni di crediti non

ancora dedotte ai sensi dell'art. 106, co. 3, D.P.R. 22

dicembre 1986, n. 917 e dal valore dell'avviamento e delle

altre attività immateriali i cui componenti sono deducibili ai

fini delle imposte sui redditi in più periodi d'imposta.

63

Bilancio 2011

il rapporto tra imposte differite attive rilevanti e la somma del capitale e delle riserve.

3.2 Perdite

Nella seconda fattispecie le imposte differite attive che possono essere trasformate in

crediti verso l’Erario sono quelle relative alle perdite fiscali generate dalla deduzione dei

componenti negativi indicati ai suddetti punti a) e b).

In tal caso non è richiesto che l’esercizio in cui avviene la trasformazione sia anche in

perdita civilistica e, conseguentemente, non si rende applicabile il limite quantitativo

proporzionale operante nella fattispecie precedente.

In particolare, la seconda fattispecie riguarda due tipi di situazioni:

la prima si verifica quando, da un lato, nell’esercizio in cui si verifica il disallineamento tra i

valori civili e fiscali dei crediti e/o delle attività immateriali, mancano i presupposti per

l’iscrizione di imposte differite attive e, dall’altro, tali presupposti sorgano successivamente

allorquando la corrispondente reversal si traduce in una perdita fiscale riportabile nei

successivi periodi d’imposta;

la seconda, invece, ricorre quando, pur essendo presenti i presupposti per l’iscrizione delle

imposte differite attive dipendenti dal disallineamento di cui sopra, la società non subisce

una perdita d’esercizio, ma, successivamente, nell’anno in cui si verifica la reversal

corrispondente ai precedenti disallineamenti, registra una perdita di rilevanza fiscale.

ESEMPIO - Supponiamo che una società industriale abbia

acquistato nel corso dell’esercizio per un’azienda ad un prezzo

comprensivo di un avviamento di 1.800. L’organo amministrativo,

in sede di redazione del bilancio, giudica che l’avviamento debba

essere ammortizzato in cinque esercizi, mentre l’avviamento è

ammortizzabile, ai fini fiscali, in 18 esercizi.

Durante tutto il quinquennio, l’organo amministrativo non procede

alla rilevazione delle imposte differite attive perché non vi sono

previsioni di realizzare (entro un periodo di tempo ragionevole) un

reddito imponibile non inferiore alle variazioni in aumento

determinate dalla temporanea indeducibilità delle quote di

ammortamento civilistiche dell’avviamento.

Al termine dell’esercizio X + 4, il valore contabile dell’avviamento

è azzerato, mentre il suo valore fiscale è di 1.300.

Nell’esercizio X + 5, la società effettua una variazione in

diminuzione dal reddito imponibile di 100, e il modello UNICO

64

Bilancio 2011

chiude con una perdita fiscale di 70.

La società ritiene che sussistano i presupposti per iscrivere le

imposte differite attive su tali perdite, per un importo pari a 19,25

(70 x 27,5%).

In base all’art. 2, comma 56- bis, del D.L. n. 225/2010, le imposte

differite attive corrispondenti alla perdita causata dalla variazione

in diminuzione, pari a 19,25, si trasformano in crediti verso

l’Erario.

Conseguentemente le perdite fiscali corrispondenti alle imposte

differite attive trasformate in crediti verso l’Erario non sono più

riportabili.

la terza e ultima fattispecie riguarda l’ipotesi in cui il bilancio finale per cessazione di

attività dovuta a liquidazione volontaria, fallimento o liquidazione coatta

amministrativa evidenzi un patrimonio netto positivo. In tal caso, l’intero

ammontare delle attività per imposte differite attive si trasforma in crediti d’imposta.

OSSERVA - La disposizione non è chiara. Infatti non si capisce

come possano essere iscritte in bilancio le imposte differite attive

quando la chiusura della società preclude il loro recupero in termini

di minori imposte correnti future.

4. Decorrenza e rilevanza della trasformazione

La decorrenza della trasformazione delle imposte differite attive in crediti verso l’Erario è

differenziata in relazione alle tre fattispecie previste dalla norma di favore.

Riguardo:

alla prima fattispecie, la conversione delle imposte anticipate attive in crediti d’imposta

ha efficacia con decorrenza dalla data di approvazione del bilancio da parte

dell’assemblea dei soci o dei diversi organi competenti per legge. A decorrere dal periodo

d’imposta in corso alla data di approvazione del bilancio, non sono più deducibili i

componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte differite attive trasformate in

crediti verso l’Erario;

alla seconda fattispecie, introdotta dal decreto Monti, la trasformazione in crediti

d’imposta decorre, a termini del comma 56-bis, dalla data di presentazione della

dichiarazione dei redditi in cui viene rilevata la perdita. Pertanto è opportuno che il

contribuente anticipi il più possibile la presentazione della dichiarazione dei redditi al fine

di assorbire in compensazione il credito d’imposta relativo alle imposte differite attive;

65

Bilancio 2011

alla terza fattispecie, se il ragionamento prima svolto circa la spettanza del credito

d’imposta è corretto, il credito d’imposta sorge con il bilancio finale il quale può essere

fruito secondo le modalità ordinarie.

5. Utilizzo del credito

In ordine all'utilizzo del credito d'imposta derivante dalla trasformazione delle Dta, il D.L.

201/2011 amplia le possibilità di utilizzo dello stesso, compreso il rimborso, al fine di

migliorarne la liquidità.

Più precisamente il credito d’imposta ora può essere:

rimborsato:

la possibilità di chiedere a rimborso il credito è però ammessa solo per l’eccedenza che

residua dopo aver effettuato le compensazioni possibili;

utilizzato, senza limiti di importo, in compensazione:

l’utilizzo del credito era, fin dall'inizio, ammesso in compensazione senza alcun limite di

importo;

ceduto al valore nominale:

si esclude una cedibilità totale, ma è consentita la possibilità di utilizzare il credito

nell'ambito del gruppo ai sensi dell'articolo 43-ter del DPR 602 del 1973.

RIEPILOGO

L'AMBITO DI APPLICAZIONE

La trasformazione delle imposte differite attive in crediti di imposta si

applica a tutti i soggetti, anche non finanziari, che presentano i

requisiti richiesti dalla norma. Oggetto di trasformazione sono

soltanto le Dta iscritte in bilancio in relazione a: svalutazioni di crediti

non ancora dedotte ai sensi dell'articolo 106, comma 3, del Tuir;

avviamento e altre attività immateriali i cui componenti negativi sono

deducibili in più periodi d'imposta.

IL CREDITO D'IMPOSTA

Il credito d'imposta originato dalla trasformazione delle Dta non è

rilevante ai fini della determinazione delle basi imponibili Ires e Irap.

RIMBORSABILITA’ DEL CREDITO

E’ possibile il rimborso dei crediti eccedenti rispetto a quelli

compensabili

66

Bilancio 2011

Può essere: utilizzato, senza limiti di importo, in compensazione

(articolo 17 del decreto legislativo 241/97); ceduto al valore

nominale ai soggetti del gruppo (articolo 43-ter del DPR 602/73);

richiesto a rimborso per l'ammontare che residua in seguito alle

compensazioni effettuate.

LA PERDITA CIVILISTICA

In presenza di perdite civilistiche, l'articolo 2, comma 56, del D.L.

225/10 prevede la trasformazione in credito d'imposta delle Dta per

un ammontare pari al prodotto tra la perdita d'esercizio e il rapporto

fra le attività per imposte anticipate indicate al successivo comma 55

e la somma del capitale sociale e delle riserve. La decorrenza della

trasformazione scatta dalla data di approvazione del bilancio

d'esercizio.

LA PERDITA FISCALE

In presenza di perdite fiscali, l'articolo 2, comma 56-bis, del D.L.

225/10 prevede la trasformazione in credito d'imposta delle Dta per

l'ammontare di queste corrispondente alla perdita derivante dalla

deduzione dei componenti negativi di reddito previsti al comma 55

dell'articolo 2 del Milleproroghe dello scorso anno. La trasformazione

decorre dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in

cui è rilevata la perdita.

LE SITUAZIONI STRAORDINARIE

Il nuovo comma 56-ter estende la disciplina di trasformazione anche

a liquidazione volontaria, procedure concorsuali o gestione delle crisi,

ivi incluse l'amministrazione straordinaria e la liquidazione coatta

amministrativa degli intermediari vigilati dalla Banca d'Italia. Se il

bilancio finale di cessazione evidenzia un patrimonio netto positivo, è

prevista la trasformazione dell'intero ammontare delle Dta.

GLI STANDARD INTERNAZIONALI

Basilea 3 fissa nuovi standard globali per affrontare i rischi a livello di

singole istituzioni e di sistema. Le nuove regole, che entreranno in

vigore nel 2013 con un impatto sulle Dta a decorrere dal 2014,

prevedono una graduale riduzione del peso delle Dta (dal 20% del

2014 al 100% del 2018) in sede di determinazione del Tier one delle

banche tenuto conto che tali attività presentano un basso grado di

liquidabilità.

67

Bilancio 2011

Capitolo 5

ACE: incentivo alla capitalizzazione

Grazie all’art. 1 del Decreto “Salva Italia” - D.L. n. 201/11 viene introdotta nel nostro sistema

fiscale una nuova agevolazione finalizzata alla capitalizzazione delle imprese: si tratta dell’ACE

(Aiuto alla Crescita Economica).

L’attuazione della normativa è stata demandata ad un provvedimento del Ministro

dell’Economia e delle Finanze che ne definirà tempi e modi. Le linee applicative sono, tuttavia,

già definite ed è, quindi, opportuno svolgere i primi approfondimenti, anche in considerazione

del fatto che la nuova previsione trova applicazione immediata.

68

Bilancio 2011

1. Definizione di ACE

L’ACE è un Aiuto alla crescita economica, che consiste nella deduzione dal reddito

d’impresa del rendimento figurativo del capitale proprio. Tale rendimento è fissato al

3% per i primi tre anni di applicazione della normativa (2011 – 2012 – 2013) e sarà invece

individuato ogni anno, con apposito decreto, a decorrere dal 2014.

Il nuovo meccanismo denominato ACE introduce una riduzione del prelievo delle imposte sui

redditi commisurata al nuovo capitale immesso nell'impresa, sotto forma di conferimenti in

denaro da parte dei soci o di destinazione di utili a riserva.

La misura esclude dalla base imponibile del reddito d'impresa il rendimento nozionale riferibile

ai nuovi apporti di capitale di rischio ed agli utili accantonati a riserva, secondo il modello

cosiddetto ACE (Allowance for Corporate Equity): il rendimento è fissato al 3 % per il primo

triennio.

Si tratta, quindi, di un meccanismo di riequilibrio del carico fiscale relativo alle diverse fonti di

finanziamento di natura incrementale, in modo che non siano beneficiati, ex post, gli attuali

azionisti.

Per le imprese di nuova costituzione l'incremento è costituito dall'intero patrimonio

conferito.

Il rendimento nozionale del nuovo capitale proprio si determina mediante applicazione

dell'aliquota percentuale alla variazione in aumento del capitale proprio, rispetto a quello

esistente alla chiusura dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2010. Tale aliquota, fissata

in via transitoria per il primo triennio di applicazione al 3 %, dal quarto periodo di imposta è

determinata con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, da emanare entro il 31

gennaio di ogni anno, tenendo conto dei rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari

pubblici, aumentabili di ulteriori tre punti percentuali a titolo di compensazione del maggior

rischio.

2. Ambito soggettivo

Possono fruire dell’agevolazione:

Soggetti Ires (di cui all’art. 73 c. 1 lett. a) e b) e d) del TUIR)):

le società per azioni;

le società in accomandita per azioni;

RENDIMENTO NOZIONALE

(deduzione dal reddito d’impresa)

=

Incremento del capitale proprio rispetto a quello esistente al 31.12.2010

3% (*) x

69

Bilancio 2011

le società a responsabilità limitata;

le società cooperative e di mutua assicurazione;

gli enti pubblici e privati (nonché i trust) aventi per oggetto esclusivo o principale

l’esercizio di un’attività commerciale (compresi i consorzi);

le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di società ed enti commerciali non

residenti.

Soggetti Irpef in contabilità ordinaria:

società in nome collettivo;

società in accomandita semplice;

imprese individuali.

NOTA BENE - Il beneficio riguarderà, comunque, solo i soggetti Irpef in regime di

contabilità ordinaria.

Inoltre sempre in riferimento ai soggetti Irpef, le concrete modalità di applicazione saranno

stabilite con il provvedimento di attuazione della norma, in modo da assicurare un beneficio

conforme a quello garantito ai soggetti Ires.

La norma primaria non prevede cause di esclusione soggettiva; è ragionevole ritenere

che i soggetti oggetto di procedure concorsuali che non prevedono la continuazione

dell’attività d’impresa possano essere esclusi dall’ambito soggettivo di applicazione ad opera

del decreto di attuazione.

SOGGETTI BENEFICIARI

Le società per azioni, in

accomandita per azioni, a

responsabilità limitata,

società cooperative e di

mutua assicurazione;

gli enti pubblici e privati

(nonché i trust) aventi per

oggetto esclusivo o principale

l’esercizio di un’attività

commerciale (compresi i

consorzi);

le stabili organizzazioni nel

territorio dello Stato di società

ed enti commerciali non

residenti.

Le società di persone e

imprese individuali in

contabilità ordinaria.

70

Bilancio 2011

3. Incremento del capitale proprio

Per applicare il meccanismo dell’ACE è necessario seguire alcuni step:

1) partire dal patrimonio netto della società al 31.12.2010: K zero

2) determinare l’incremento del capitale proprio al 31.12.2011: K2011

Questo incremento è la risultante della differenza positiva tra:

VARIAZIONE IN AUMENTO DEL CAPITALE PROPRIO:

conferimenti in denaro;

accantonamenti a riserva di utili, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili;

e VARIAZIONI IN DIMINUZIONE DEL CAPITALE PROPRIO:

riduzioni volontarie del Patrimonio netto per attribuzione ai soci;

acquisti di partecipazioni in società controllate;

acquisti di aziende o di rami di aziende.

Riepilogando:

se (K2011 - K zero) > 0 -> spetta l’ACE

se (K2011 - K zero) < 0 -> non spetta l’ACE

dove k 2011 = k ZERO + VAR + - VAR -

Si ritiene che, qualora il periodo di imposta sia superiore o inferiore ad un anno,

l’incremento vada ragguagliato alla durata del periodo stesso, in quanto la

remunerazione nozionale del 3%, o quella che sarà stabilita con decreto, è riferita all’anno

solare.

4. Variazioni in aumento del capitale proprio

Costituiscono, quindi, componenti positivi della variazione in aumento del capitale proprio:

gli incrementi operati con conferimenti in denaro;

gli incrementi operati con accantonamenti a riserva di utili, ad esclusione di quelle non

disponibili.

4.1 Conferimenti in denaro

Sono compresi tra gli apporti di denaro rilevanti, a titolo esemplificativo, gli aumenti di

capitale sociale, i versamenti di sovrapprezzo azioni o quote, i versamenti in conto capitale o a

fondo perduto, la conversione in azioni di prestiti obbligazionari convertibili.

Nel periodo in cui vengono effettuati, i conferimenti in denaro si computano a partire dalla

data del versamento, richiedendosi, quindi, il ragguaglio ad anno. Ovviamente, tali

conferimenti, dagli esercizi successivi, rilevano per l’intero.

71

Bilancio 2011

Non assumono efficacia gli aumenti di capitale sociale deliberati e sottoscritti, ma

non versati entro la chiusura di ogni singolo periodo d’imposta, dal momento che la norma

prevede che i conferimenti in denaro rilevino solo a partire dalla data di versamento.

4.2 Rinuncia ai crediti

Per quanto concerne la rinuncia dei crediti da parte dei soci, la stessa dovrebbe

considerarsi rilevante ai fini dell’agevolazione, in analogia con quanto affermato dall’Agenzia

delle Entrate in occasione del bonus capitalizzazione di cui all’art.5, co.3-ter, D.L. n.78/09.

Con riguardo a tale beneficio, la C.M. n.53/E/09 ha chiarito, infatti, che la rinuncia

incondizionata dei soci persone fisiche al diritto alla restituzione di crediti verso la società

determina un aumento di capitale agevolabile.

OSSERVA - E' opportuno ricordare un passaggio della C.M. 6

marzo 1998, n. 76 (par. 4.1.1), che ha elencato le operazioni che

permettono di incrementare il capitale proprio:

- “- i versamenti eseguiti a fronte di ricostituzione o aumento

del capitale sociale o del fondo di dotazione ovvero, con

riferimento all'imprenditore individuale, per aumento del

capitale proprio;

- i versamenti di denaro a fondo perduto o in conto capitale

eseguiti dai soci, con esclusione quindi dei finanziamenti

erogati dagli stessi che costituiscono debiti per la società,

anche se per essi non sono dovuti interessi;

- i versamenti dei soci per soprapprezzo azioni o quote e i

versamenti per gli interessi di conguaglio effettuati dai

sottoscrittori di nuove azioni o quote”.

Nel periodo immediatamente successivo, la citata C.M.

76/E/1998, aveva escluso che la rinunzia da parte dei soci, alla

restituzione di finanziamenti precedentemente eseguiti, possa

configurare un'ipotesi di incremento rilevante del capitale proprio.

Il punto è stato particolarmente controverso, poiché la chiusura

della circolare appariva immotivata e soprattutto facilmente

aggirabile tramite la restituzione del finanziamento e l'immediato

versamento a favore della società in conto capitale.

Probabilmente, alla luce di quest'ultima considerazione, la più

recente C.M. 53/E/2009 (par. 2.1), ha ammesso anche le rinunzie

a finanziamenti soci tra le forme di incremento del patrimonio

netto con la seguente affermazione:

“Per quanto detto, determinano aumenti di capitale agevolabili:

72

Bilancio 2011

- i conferimenti effettuati da persone fisiche a fronte della

sottoscrizione di azioni o quote in sede di costituzione o di

aumento del capitale sociale;

- i versamenti a titolo di soprapprezzo effettuati da persone

fisiche all'atto della sottoscrizione di azioni o quote;

- i versamenti in denaro a fondo perduto eseguiti da soci persone

fisiche, che non comportano obblighi di restituzione da parte della

società, e la rinuncia incondizionata dei soci persone fisiche al

diritto alla restituzione di crediti verso la società”.

Alla luce di questo più recente spunto interpretativo si

ritiene che anche ai fini Ace sia possibile computare tra gli

incrementi le rinunzie ai finanziamenti soci.

Il punto è molto delicato e, quindi, sarebbe opportuna un’

esplicita conferma da parte dell'Agenzia delle Entrate in merito.

Rilevazione contabile

La rinuncia dei soci ai crediti verso la società, ordinariamente, incrementa il patrimonio

netto attraverso la costituzione di una riserva di capitale. Contabilmente, quindi, la società

deve redigere la seguente scrittura:

Debiti v/soci a Altre riserve

La conferma di questa impostazione proviene dall’OIC n. 28, dove è stabilito che l’aumento

del capitale può avvenire anche tramite la rinuncia al credito vantato dai soci, dietro preventivo

abbandono della riscossione da parte di questi ultimi.

D’altro canto, la risoluzione n. 152/E del 22 maggio 2002 dell’Agenzia delle entrate,

argomentando sull’intassabilità della sopravvenienza attiva originata dalla rinuncia al credito da

parte dei soci, ha chiarito che la ratio della disposizione (all’epoca art. 55 oggi art. 88 del Tuir)

è che detta rinuncia è effettuata non a titolo di “liberalità”, bensì in funzione della

patrimonializzazione delle aziende in una prospettiva di continuità dell’attività. Considerando,

come già precisato, che lo scopo dell’introduzione dell’ACE è quello di rafforzare il patrimonio

aziendale, la logica conclusione comporta che la rinuncia ai crediti da parte dei soci dovrebbe

rientrare tra le variazioni in aumento del capitale proprio.

Per il socio, la rinuncia ai crediti verso la società può investire contabilmente il conto

economico ovvero lo stato patrimoniale. Interessando il conto economico, si rileva una

sopravvenienza passiva. Pertanto si avrà:

73

Bilancio 2011

Sopravvenienza passiva a Credito v/partecipata

Effettuando, invece, un giroconto del “credito verso la società”, si incrementa il costo della

partecipazione allocata nello stato patrimoniale. Questa ultima soluzione è quella fiscalmente

riconosciuta dall’articolo 101, comma 7, del Tuir, laddove è disposto che la rinuncia dei soci ai

crediti non è ammessa in deduzione ed il relativo ammontare si aggiunge al costo della

partecipazione. La scrittura sarà:

Partecipazione a Credito v/partecipata

Va tenuto presente, infine, che, utilizzando il conto “sopravvenienza passiva”, la stessa

deve essere indicata tra le variazioni in aumento in sede di redazione della dichiarazione dei

redditi.

4.3 Accantonamento a riserve di utili

Con riferimento agli incrementi operati con accantonamenti a riserva di utili, gli stessi si

computano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono formati.

Non rilevano le riserve di utili non disponibili.

Ora, il riferimento alle riserve non disponibili dovrebbe negare il beneficio a tutte quelle

riserve che non possono essere distribuite e non possono essere utilizzate all’interno

dell’impresa per copertura perdite o aumenti gratuiti di capitale.

È il caso della riserva azioni proprie o delle riserve da utili derivanti dalla valutazione al

valore equo (fair value) di cui all’art.6 del D.Lgs. n.38/05 per i soggetti IAS adopter.

Anche la riserva legale potrebbe “subire” delle limitazioni per la parte fino al 20% del

Capitale sociale.

Sul punto è auspicabile che il decreto di attuazione rechi precise indicazioni, anche con

riguardo alla necessità o meno che l’ indisponibilità sia solo quella prevista ex lege o anche solo

in via statutaria.

OSSERVA:

Rivalutazione monetaria

Una particolare situazione è rappresentata dalla rivalutazione volontaria di beni eseguiti

a seguito di situazione eccezionali di cui all'art. 2423, co. 4, c.c.

In tale caso, la citata norma stabilisce che l'utile derivante dall'operazione debba essere

allocato in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato.

74

Bilancio 2011

In tale situazione, si ritiene che fino a quando l'utile non sia recuperato, non sia

possibile dare rilevanza all'incremento patrimoniale, mentre al momento della

cessione del bene rivalutato e, quindi, avendo recuperato il maggior valore, si

dovrebbe avere rilevanza dell'utile, poiché in questo caso la riserva diviene

disponibile.

Poste in valuta al cambio

Una ulteriore ipotesi di riserva non disponibile è rappresentata dall'utile ritratto dalla

valutazione delle poste in valuta al cambio della fine dell'esercizio. In tale circostanza, l'art.

2426, n. 8 bis, c.c., impone di allocare l'utile netto ad una riserva non distribuibile fino al

momento del realizzo della posta in valuta stessa.

Anche in questa fattispecie, la riserva si presenta come non disponibile fino al

momento del realizzo. Avveratasi quest'ultima condizione, la riserva diviene libera

e, pertanto, dovrebbe rilevare ai fini Ace.

4.4 New-co

L’ultimo periodo del co.6 dell’art.1 estende l’applicazione dell’agevolazione anche alle

imprese di nuove costituzione, stabilendo appunto che “per le aziende e le società di nuova

costituzione si considera incremento tutto il patrimonio conferito”.

Deve trattarsi, comunque, di apporti in denaro e non anche in natura; in tal senso si

espresse il Ministero delle Finanze con riguardo alla DIT (C.M. n.76/E/98).

Conferimenti in denaro (ad

esempio, aumenti di capitale sociale,

versamenti sovrapprezzo azioni,

versamenti in conto capitale,

versamenti a fondo perduto)

rilevanti dalla data

di versamento

Accantonamenti di utili a riserva,

esclusi quelli a riserve indisponibili

(ad esempio, a riserva legale, a

riserva per acquisto di azioni proprie

ex art. 2357-ter, C.c.)

rilevanti dall’inizio

dell’esercizio in cui

le relative riserve si

sono

formate

5. Variazioni in diminuzione del capitale proprio

I decrementi assumono rilevanza ai fini della determinazione della quota di reddito

agevolato sia se effettuati in denaro, sia se effettuati in natura, mediante l’assegnazione di

beni.

75

Bilancio 2011

Non rilevano, invece, le riduzioni del patrimonio non volontarie quali, per

esempio, quelle derivanti dalla copertura delle perdite di esercizio.

Ad esempio rileva l’attribuzione ai soci di:

riserve di utili;

riserve per sovrapprezzo azioni o quote;

capitale sociale o altre riserve di capitale;

versamenti in conto capitale o a fondo perduto.

I decrementi si computano sempre a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono verificati.

Se nessuna previsione limitativa sarà introdotta nel decreto di attuazione, non dovrebbe

rilevare il c.d. limite del patrimonio netto.

Tale limite nega il beneficio ai versamenti operati a fronte del ripristino del deficit

patrimoniale (Patrimonio netto negativo).

In assenza di una siffatta previsione, in caso di versamento soci per copertura perdite,

l’incremento rileverebbe per l’intero ammontare, anche per la quota che eccede il Patrimonio

netto.

ESEMPIO: Ipotizziamo che nel 2011 la società abbia subito una perdita di 50 che ha

azzerato il Patrimonio netto pari a 50, esistente al 31/12/2010. I soci nel 2011 eseguono un

versamento a copertura di 70, con un Patrimonio netto di 20 a fine esercizio. La riduzione

per perdita non rileva, mentre dovrebbe rilevare il versamento di 70 (ragguagliato ad

anno) anche per la quota di 50 che eccede il Patrimonio netto finale al 31/12/2011.

5.1 Acquisti di partecipazioni in società controllate

Gli acquisti di partecipazioni in società controllate riducono il Patrimonio netto ai fini ACE.

Il fine è quello di evitare che apporti in denaro siano utilizzati per mere riorganizzazioni del

gruppo societario.

5.2 Acquisti di aziende

Anche gli acquisti di azienda costituiscono decrementi del capitale. Circostanza non

condivisibile in quanto un acquisto di azienda non può essere considerato un investimento non

meritevole di beneficio fiscale.

Riduzioni di PN con attribuzione, a qualsiasi titolo, a soci e

partecipanti (ad esempio, distribuzioni di riserve di utili,

riserve sovrapprezzo azioni / quote, capitale sociale /

versamenti in conto capitale / versamenti a fondo perduto,

assegnazioni di beni)

rilevanti dall’inizio

dell’esercizio in cui si

sono verificati

Acquisti di partecipazioni in società controllate

Acquisti di aziende/rami di aziende

76

Bilancio 2011

6. Calcolo dell’ACE Sull’eventuale incremento del capitale si applica il 3% e ciò determina una deduzione

dall’imponibile Ires (o Irpef) valida nell’anno dell’aumento e in ciascun esercizio successivo fino

a quando il patrimonio non diminuisce a seguito di assegnazioni o rimborsi ai soci.

Considerando l’aliquota Ires del 27,5%, si può affermare che il risparmio fiscale

effettivo dell’ACE (con il rendimento del 3%) è, per ogni anno, pari allo 0,825%

dell’incremento patrimoniale.

Il beneficio non rileva ai fini Irap in quanto si esprime mediante una variazione fiscale in

diminuzione extra-contabile che, peraltro, non può determinare una perdita, ma un

eventuale riporto in avanti.

Per effetto dell’ACE e della circostanza che le distribuzioni di utili riducono la variazione del

capitale, potrebbero essere meno convenienti le distribuzioni di riserve e/o dell’utile 2010, che

molte società con soci non qualificati hanno ipotizzato di effettuare entro fine 2011 per

usufruire dell’aliquota di tassazione del 12,5%, destinata ad aumentare al 20% dal 1°

gennaio 2012.

Il decreto attuativo dovrà prevedere specifiche disposizioni antielusive per evitare

fenomeni ripetuti di capitalizzazioni all’interno dei gruppi. Attendiamo inoltre i necessari

chiarimenti da parte dell’ Agenzia delle Entrate concernenti il beneficio in caso di operazioni

straordinarie.

È ragionevole prevedere, comunque, che nei casi di operazioni neutrali caratterizzate dalla

continuità tra soggetti gli incrementi di capitale investito formatisi in capo al dante causa si

trasferiscono all’avente causa (vedi operazioni di fusione, scissione, totale o parziale che sia).

7. Caratteristiche ACE

L’agevolazione è caratterizzata dai seguenti punti:

non è prevista alcuna clausola di salvaguardia di un reddito imponibile minimo,

come invece avveniva nella Dit, ove si stabiliva che l'effetto dell'agevolazione sull'aliquota

Irpeg non poteva generare una tassazione inferiore all'aliquota del 27%. L'assenza di

questa previsione, comporta che a fronte di rilevanti aumenti di capitale proprio si

ESEMPIO

1. Accantonamento a riserva dell’utile 2010: euro 1.000

(l’accantonamento dell’utile di esercizio rileva dall’inizio del

medesimo)

2. Versamento soci in c/capitale eseguito il 01/10/11: euro

3.000

(il versamento rileva dalla data di esecuzione = 92/365 giorni –

77

Bilancio 2011

potrebbe avere una totale detassazione del reddito imponibile, per effetto della variazione

diminutiva. Di seguito riportiamo un esempio.

Reddito imponibile 2011 Euro 60.000.

Incremento del capitale proprio Euro 2.000.000 x 3% = Euro

60.000,

variazione diminutiva = Euro 60.000, reddito imponibile del

2011 = zero.

è evidente che si potrebbero avere anche casi in cui la variazione diminutiva supera il

reddito di un determinato esercizio e, in tal caso, il differenziale non utilizzato

può essere riportato a nuovo negli esercizi successivi senza alcun limite

temporale. Tale passaggio ha effetto sulla fiscalità differita attiva, nel senso che la quota

eccedente di rendimento nozionale ridurrà le imposte di esercizi successivi, il che dovrebbe

legittimare l'iscrizione di imposta differite attive pari al 27,5% di detta quota di rendimento

nozionale non utilizzata nell'esercizio;

la variazione diminutiva ha effetto ai soli fini Ires, non essendo prevista alcuna

riduzione del valore della produzione ai fini Irap;

trattandosi di un'agevolazione tributaria che riduce il reddito imponibile, si dovrebbe

ottenere un significativo vantaggio anche nella normativa delle società di comodo,

nel senso che il reddito minimo determinato ex art. 30, co. 3, L. 23 dicembre 1994, n.

724, dovrebbe essere ridotto dell'importo della variazione in diminuzione Ace. In questa

direzione, peraltro, si registra un passaggio della C.M. 21 dicembre 2009, n. 53, in materia

di bonus capitalizzazione e società di comodo, in cui l'Agenzia delle Entrate ha affermato

che: “Tali importi (variazione diminutiva per effetto della capitalizzazione ndr) sono

sottratti dal reddito presunto per determinare il reddito minimo imponibile ai fini del

successivo confronto di quest'ultimo con il reddito effettivo”.

L’agevolazione ha comunque il pregio di produrre un risparmio nel tempo e deducibile degli

interessi passivi.

L'aspetto interessante della detassazione in questione è che il risparmio fiscale è

prospetticamente destinato a reiterarsi nel tempo, in quanto il bonus non esaurisce

l'utilità del periodo cui è stata effettuata la ricapitalizzazione ma, laddove non

dovessero configurarsi prelevamenti da parte dei soci, può trovare applicazione

pluriennale. L'utilità dello sconto fiscale deve quindi essere apprezzata nella prospettiva del

medio-lungo periodo. Solo in tal modo, infatti, si può meglio cogliere l'utilità del bonus che,

visto sul singolo periodo, potrebbe apparire di modesta entità.

78

Bilancio 2011

7.1 Rilevamento contabile Considerato che la deduzione ACE produce minori imposte da pagare, è fuori dubbio che

nel Conto Economico le “imposte correnti” diminuiscono per effetto della deduzione stessa.

Valga il seguente esempio riguardante una società a responsabilità limitata:

Patrimonio netto al 31.12.2010

100.000

Utile d’esercizio 2010

100.000

Riserva legale (100.000 x 5%)

5.000

Soci c/dividendo

45.000

Riserva straordinaria

50.000

Conferimento di denaro al 1.10.2011

90.000

Conferimento rilevante ACE (90.000 x 92 : 365)

22.685

Deduzione ACE (50.000 + 22.685)

72.685

Modello Unico 2012 (72.685 x 3%)

2.181

Considerando un reddito della società pari a euro 50.000, l’Ires da versare è data dal

seguente calcolo:

50.000 – 2.181 (rigo RN6 colonna 3 Unico SC) = 47.819 x 27,5% = 13.150

In contabilità, quindi, le imposte correnti si evidenziano con la scrittura:

Imposte correnti Ires a Debiti tributari

13.150

79

Bilancio 2011

Occorre, infine, tenere presente che, nell’ipotesi di un reddito imponibile della società pari

a euro 2.000, la deduzione ACE può essere utilizzata fino a compensazione del reddito e,

l’eccedenza, può essere utilizzata nei periodi d’imposta successivi. Nel nostro caso, quindi,

l’importo di euro 181 (2.181 – 2.000) va indicato nel rigo RS113, colonna 11, dell’Unico SC,

tenendo presente che bisogna determinare le imposte anticipate da utilizzare nei periodi

d’imposta successivi.

Quindi:

181 x 27,5% = 49,77

In contabilità:

Crediti per imposte anticipate a Imposte Ires anticipate

49,77

Questo se si ha la ragionevole certezza che in futuro si conseguiranno utili.

8. ACE nel 2011

L’ACE riguarda già l’esercizio 2011 se dovesse risultare una variazione positiva del capitale

proprio al 31.12.2011 rispetto a quello al 31.12.2010.

Al riguardo, va evidenziato che rilevano non solo i conferimenti in denaro effettuati nel 2011

(ragguagliati al giorno di esecuzione) ma anche gli accantonamenti di utili effettuati nello

stesso anno. Rilevano, ad esempio, gli utili dell’esercizio 2010 accantonati nel 2011.

8.1 Istruzioni Unico 2012

Importanti spunti per quanto riguarda il 2011 possono arrivare dalle istruzioni di Unico

2012.

Infatti in tale modello:

compare un campo dove esporre il valore del patrimonio esistente al termine dell'esercizio;

il dato, come spiegano le istruzioni al quadro RS, è richiesto perchè “in ciascun esercizio la

variazione in aumento non può comunque eccedere il patrimonio netto risultante dal

relativo bilancio, escluso l'utile del medesimo periodo”;

si tratta di una indicazione che non è presente nella norma, la quale, proprio su questo

punto, si differenzia dalla precedente agevolazione Dit che stabiliva espressamente il limite

del patrimonio netto.

In questo modo:

è dunque da ritenere che la precisazione anticipi quanto sarà stabilito dal decreto

ministeriale di attuazione previsto dall'articolo 1, comma 8, del D.L. 201/2011, che

80

Bilancio 2011

avrebbe dovuto essere emanato entro il 27 gennaio scorso, ma che ancora non ha visto la

luce.

il limite del patrimonio netto riduce l'incentivo per le imprese che ricapitalizzano a fronte di

perdite che hanno superato il patrimonio. In questo modo, infatti, come già era previsto

per la Dit, i versamenti dei soci a copertura del "sottozero" sono di fatto esclusi

dall'agevolazione (come indicato negli esempi a margine).

il limite del patrimonio netto si quantifica senza tenere conto dell'utile dell'esercizio,

che dunque non è in grado di controbilanciare il deficit per ripristinare la

rilevanza degli apporti;

le perdite, secondo questo schema, non riducono di per sé la base Ace,

addossandosi preventivamente al patrimonio preesistente che non vale per

l'agevolazione (o ad eventuali riserve di rivalutazione e conferimenti in natura, pure

esclusi dall'incentivo) ma, una volta azzerato questo importo, esse cominciano a erodere le

ricapitalizzazioni rilevanti, depotenziando il beneficio. Una società che subisce

ripetutamente delle perdite pari al patrimonio netto originario, che vengono integralmente

coperte dai soci, di fatto usufruisce dell'Ace solo sul primo versamento.

ESEMPIO - Una S.r.l. con patrimonio al 31.12.2010 pari a 100,

nel 2011 subisce una perdita di 100 e riceve un versamento di

100. L'apporto rileva interamente essendo pari al patrimonio

netto finale. Se la situazione si ripete nel 2012 e nel 2013

(perdita 100, versamento 100, patrimonio finale sempre 100), nel

modello Unico 2014 la detassazione si calcolerà su 100 anche se

nel triennio sono stati effettuati versamenti per 300.

PROSPETTO DI UNICO

Nel rigo RS113 va indicato:

in colonna 1, l’importo degli incrementi del capitale proprio pari all’ammontare dei

conferimenti in denaro e degli utili accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a

riserve non disponibili, rispettivamente versati e accantonati nel corso del periodo

d’imposta 2011;

81

Bilancio 2011

in colonna 2, l’importo dei decrementi del capitale proprio pari all’ammontare delle

riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo (sia in denaro che in

natura), ai soci o partecipanti;

in colonna 3, l’ammontare delle riduzioni pari agli acquisti di partecipazioni in società

controllate e agli acquisti di aziende o di rami di aziende. In tale colonna vanno, altresì,

indicate le altre riduzioni derivanti dalle disposizioni aventi finalità antielusiva

eventualmente stabilite dal decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze di cui

all’articolo 1, comma 8, del Decreto Legge n. 201 del 2011;

in colonna 4, la differenza tra l’importo di colonna 1 e la somma degli importi di colonna 2

e di colonna 3; qualora il risultato sia pari o inferiore a zero, le successive colonne non

vanno compilate, in quanto non sussiste alcuna variazione in aumento del capitale proprio;

in colonna 5, l’importo del patrimonio netto risultante dal bilancio dell’esercizio, con

esclusione dell’utile dell’esercizio stesso. Se il patrimonio netto assume valore negativo o

zero, le successive colonne non vanno compilate, in quanto non sussiste alcuna variazione

in aumento del capitale proprio;

in colonna 6, il minore tra l’importo di colonna 4 e quello di colonna 5;

in colonna 7, il rendimento nozionale del nuovo capitale proprio, pari al 3 per cento

dell’importo di colonna 6, se positivo;

in colonna 8, il codice fiscale del soggetto partecipato (artt. 5 e/o 115 del TUIR) ovvero

del Trust trasparente o misto di cui il dichiarante risulta beneficiario che ha attribuito per

trasparenza il rendimento nozionale eccedente il proprio reddito complessivo netto

dichiarato, e in colonna 9 il relativo importo. Nel caso in cui il dichiarante abbia ricevuto il

rendimento nozionale da più soggetti deve compilare più moduli, avendo cura di numerare

distintamente ciascuno di essi e di riportare la numerazione progressiva nella casella posta

in alto a destra del presente quadro;

in colonna 10, l’importo del rendimento nozionale complessivo pari alla somma tra

l’importo indicato in colonna 7 e quello indicato in colonna 9, di tutti i moduli compilati.

in colonna 11, l’importo del rendimento nozionale di cui a colonna 10 che non è stato

possibile utilizzare in deduzione dal reddito complessivo netto dichiarato nel quadro RN,

ovvero dal reddito complessivo netto dichiarato di gruppo; tale importo è computato in

aumento dell’importo deducibile dal reddito dei periodi d’imposta successivi;

in colonna 12, l’importo del rendimento nozionale di cui a colonna 10 che non è stato

possibile utilizzare in deduzione dal reddito complessivo netto dichiarato assoggettato

all’addizionale di cui all’articolo 81 del D.L. n. 112 del 2008 (rigo RQ43) ovvero

assoggettato alla maggiorazione di cui all’articolo 2, comma 36-quinquies, del D.L. n. 138

del 2011 (rigo RQ64); tale importo è computato in aumento dell’importo deducibile dal

reddito dei periodi d’imposta successivi.

82

Bilancio 2011

ESEMPIO Patrimonio netto: euro 3.000

Accantonamento a riserva dell’utile 2010: euro 1.000

(l’accantonamento dell’utile di esercizio rileva dall’inizio del medesimo)

Versamento soci in c/capitale eseguito il 01/10/11: euro 3.000

(il versamento rileva dalla data di esecuzione = 92/365 giorni – 756 euro rilevanti)

Incremento rilevante Ace per il 2011 = 1.756

Ace spettante per il 2011 = 1.756 X 3% = 52,68

RIEPILOGO

AGEVOLAZIONE

Al fine di incentivare il finanziamento

delle imprese con capitale proprio, è

introdotta una deduzione dal reddito

d’impresa, pari al “rendimento nozionale”

del nuovo capitale proprio. Tale

rendimento è pari all’importo risultante

dall’applicazione, all’incremento del

capitale proprio rispetto a quello

esistente alla chiusura del periodo

d’imposta in corso al 31.12.2010, di

un’aliquota individuata con apposito

Decreto da emanare entro il 31.1 di ogni

anno. In via transitoria, per il primo

triennio (2011 – 2013) detta aliquota è

fissa.ta nella misura del 3%

DETERMINAZIONE

DELL’INCREMENTO

Al fine di determinare l’incremento

patrimoniale rilevano:

▬ quali incrementi: i conferimenti in

denaro, a partire dalla data di

versamento; gli utili accantonati a

1.756 1.756

3.000 1.756 52 68

52,68

83

Bilancio 2011

riserva (esclusi quelli destinati a

riserve indisponibili), a partire

dall’inizio dell’esercizio in cui la

riserva si è formata;

▬ quali decrementi, a partire dall’inizio

dell’esercizio in cui si sono verificati:

le riduzioni del patrimonio netto con

attribuzione dello stesso ai

soci/partecipanti, a qualsiasi titolo;

gli acquisti di partecipazioni in

società controllate; gli acquisti di

aziende/rami d’azienda.

BENEFICIARI Soggetti Ires e ditte individuali e società

di persone in contabilità ordinaria.

DECORRENZA 2011.

84

Bilancio 2011

Capitolo 6

Irap: nuove regole di deducibilità dal reddito d’impresa

A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31/12/2012 per i soggetti con periodo d’imposta

coincidente con l’anno solare, è possibile dedurre dal reddito d’impresa l’Irap pagata nell'anno

e riferita alla quota imponibile del costo del personale dipendente e assimilato al netto delle

deduzioni previste dall’articolo 11 comma 1 lettera a), 1-bis, 4-bis e 4-bis1, decreto legislativo

446/97.

Inoltre sempre dal 2012 per effetto delle nuove disposizioni vengono previsti sensibili aumenti

delle deduzioni ai fini Irap, in relazione ai contratti di lavoro che interessano le lavoratrici

dipendenti e giovani sotto i 35 anni con contratto di lavoro a tempo indeterminato.

85

Bilancio 2011

1. Premessa

Il D.L. n. 201/2011, c.d. “Salva Italia”, ha previsto, all’art. 2, commi da 1 a 3, alcune novità in

materia di IRAP. In particolare:

un incremento delle deduzioni per i lavoratori di sesso femminile o di età inferiore a 35

anni impiegati nel periodo d'imposta;

possibilità di dedurre al 100%, dalle imposte sui redditi, l'Irap relativa al personale

dipendente e assimilato, in luogo della deduzione forfettaria del 10% attualmente in

vigore.

Tali misure consentono di ridurre l’incidenza del costo del lavoro sulla base imponibile

Irpef/Ires.

Le nuove disposizioni sono applicabili a decorrere dal

→ periodo d’imposta in corso al 31.12.2012,

ossia dal 2012 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare.

NOVITA’

riconosciuta la deducibilità dal reddito d’impresa/lavoro

autonomo del 100% dell’IRAP versata riferita al costo del

personale dipendente ed assimilato;

è aumentata la misura della deduzione ex art. 11, comma 1,

lett. a), nn. 2 e 3, D.Lgs. n. 446/97 (c.d. “cuneo fiscale”) per i

lavoratori dipendenti a tempo indeterminato di sesso femminile

ovvero di età inferiore a 35 anni.

DECORRENZA 2012

2. Deducibilità Irap riferita al costo del personale

Come noto, dal 2008, l’art. 6, D.L. n. 185/2008 ha riconosciuto, ai fini della determinazione del

reddito d’impresa/lavoro autonomo, la deducibilità ai fini Irpef/Ires di una quota pari al 10%

dell’Irap versata, a condizione che alla formazione del valore della produzione abbiano

concorso spese per lavoro dipendente, oppure interessi passivi non ammessi in deduzione nella

determinazione della base imponibile IRAP.

Tale deduzione spetta a prescindere dall’ammontare effettivamente sostenuto a tale titolo.

Ora, l’art. 2, D.L. 201/2011, prevede che:

→ “a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2012 è ammesso in deduzione

ai sensi dell'articolo 99, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il

decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive

modificazioni, un importo pari all'imposta regionale sulle attività produttive determinata ai

86

Bilancio 2011

sensi degli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446,

relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto

delle deduzioni spettanti ai sensi dell'articolo 11, commi 1, lettera a), 1-bis, 4-bis, 4-bis.1

del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997”.

In sostanza, l’art. 2, commi 1 e 2 del citato D.L. n. 201/2011:

ha previsto la deduzione integrale dell’IRAP relativa alle spese per il personale

dipendente ed assimilato;

ha abrogato la deduzione forfetaria del 10% dell’IRAP con riferimento alle spese

per il personale dipendente ed assimilato, mantenendola soltanto in presenza di

interessi passivi.

Come cambia la deduzione ai fini Irpef ed Ires

2011 Deduzione forfettaria del 10% dell'Irap versata (in presenza di base

imponibile dovuta al costo del lavoro o alla gestione finanziaria).

2012 Deduzione analitica del 100% dell'Irap relativa al costo del lavoro.

3. Soggetti interessati

La deduzione è ammessa per i soggetti che determinano la base imponibile Irap ai sensi degli

articoli 5, 5-bis 6, 7 e 8 del D.Lgs 446/1997.Rientrano nell’ambito di applicazione della

disposizione, anche i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere e) ed e-bis) del decreto

Irap, ovvero gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato,

che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, le società e

gli enti di ogni tipo con o senza personalità giuridica non residenti nel territorio dello Stato,

nonché le amministrazioni pubbliche.

Soggetti interessati della disposizione

Società di capitali ed enti commerciali;

società di persone ed imprese individuali;

banche, enti e società finanziarie;

imprese di assicurazione;

persone fisiche esercenti arti e professioni, società semplici ed

equiparate;

altri soggetti che determinano la base Irap ex art. 5 D.Lgs

446/97

(es. imprese agricole).

87

Bilancio 2011

La deduzione in esame è preclusa ai soggetti che si avvalgono del metodo retributivo per

la determinazione della base imponibile IRAP (ad esempio, enti non commerciali che

svolgono esclusivamente attività istituzionale, Amministrazioni pubbliche).

RICORDA - Analogamente alla deduzione forfetaria del 10%, possono comunque

usufruire della deduzione in esame tutti i soggetti che determinano l’IRAP ai sensi del

citato art. 5, D.Lgs. n. 446/97 a seguito di opzione (imprenditori agricoli,

Amministrazioni pubbliche per l’attività commerciale esercitata), ovvero per regime

naturale (enti non commerciali per l’attività commerciale esercitata in via non

prevalente).

4. Determinazione della quota deducibile

Secondo quanto disposto dal comma 1 del citato art. 2:

→ “è ammesso in deduzione … un importo pari all’imposta regionale sulle attività produttive …

relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto

delle deduzioni spettanti ai sensi dell’articolo 11, commi 1, lettera a), 1-bis, 4-bis, 4-bis.1

…”.

In sostanza, i soggetti Irap sopra citati potranno considerare quale voce diminutiva

dell'imponibile Ires o Irpef l'importo dell'Irap corrispondente alla base imponibile

determinata dal costo del lavoro al netto delle seguenti deduzioni:

i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro (art. 11, co. 1,

lett. a), punto 1, D.Lgs. 446/1997);

le spese relative agli apprendisti, ai disabili e le spese per il personale assunto con

contratti di formazione e lavoro, nonché, i costi sostenuti per il personale addetto alla

ricerca e sviluppo (art. 11, co. 1, lett. a), punto 5, D.Lgs. 446/1997);

gli importi detassati per ridurre il “cuneo fiscale” (art. 11, co. 1, lett. a), punti da 2 a 4,

D.Lgs. 446/1997), peraltro riformulati proprio per effetto del medesimo art. 2, D.L.

201/2011;

le indennità di trasferta previste contrattualmente dalle imprese autorizzate

all'autotrasporto di merci, per la parte che non concorre a formare il reddito del

dipendente ai sensi dell'art. 48, co. 5, Tuir (art. 11, co. 1-bis, D.Lgs. 446/1997);

gli importi forfettari previsti per i soggetti “minori” (art. 11, co. 4-bis, D.Lgs. 446/1997);

gli importi forfettari previsti per l'impiego di lavoratori dipendenti - fino ad un massimo di

5 - per i soggetti con componenti positivi concorrenti alla formazione della base

imponibile Irap non superiori, nel periodo d'imposta, a Euro 400.000 (art. 11, comma 4-

bis1, D.Lgs. 446/1997).

Circa i criteri di deduzione dell’Irap si fa presente che:

88

Bilancio 2011

come ricordato dalla C.M. n. 16/E/2009, l'imposta regionale rilevante per il calcolo della

deduzione (anche per gli esercenti e professioni), è quella versata, nel periodo di

imposta di riferimento, a titolo di saldo del periodo di imposta precedente e di

acconto di quello successivo, nei limiti, per quanto concerne l'acconto, dell'imposta

effettivamente dovuta per il medesimo periodo di imposta. In altri termini, l'Irap versata in

acconto potrà partecipare al calcolo dell'importo deducibile, solo se nei limiti in cui rifletta

l'imposta effettivamente dovuta per il periodo di imposta di riferimento;

il criterio di cassa va integrato per tener conto della circostanza che la quota di

acconto versata in eccesso rispetto all'Irap dovuta la quale risulta dalla

liquidazione definitiva del debito di periodo, non può essere computata nel calcolo della

deduzione, in quanto, non risultando definitivamente dovuta, costituisce credito

dell'esercizio medesimo;

deve essere considerata anche l’Irap versata a seguito di ravvedimento operoso,

ovvero di iscrizione a ruolo di imposte dovute per effetto della riliquidazione della

dichiarazione o di attività di accertamento.

OSSERVA: Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

Secondo quanto recentemente chiarito dall’Agenzia delle Entrate nel corso degli

incontri con la stampa specializzata, considerato che la disposizione in esame è

applicabile anche con riguardo alle spese per il personale “assimilato” a quello

dipendente, è integralmente deducibile anche l’IRAP connessa con le spese

relative agli amministratori ed ai collaboratori coordinati e continuativi.

Schema di sintesi

LA MODIFICA AVVANTAGGIA

Soggetti con forte incidenza del costo del lavoro sulla base imponibile Irap.

LA MODIFICA SVANTAGGIA

Soggetti la cui base imponibile Irap deriva principalmente dal risultato

economico e dagli oneri finanziari, con importo minimo del costo del lavoro.

ESEMPIO Supponiamo che l’Irap dovuta da una una Srl per il periodo d’imposta 2011 sia data dai

seguenti importi:

4.000 a titolo di saldo (da versare il 18/06/2012);

89

Bilancio 2011

6.000 a titolo di acconto già versati in data 16/06/2011 e 30/11/2011.

Ipotizziamo che per il periodo d'imposta 2012 la base imponibile Irap al netto delle deduzioni

sia pari a euro 200.000, e il costo del lavoro e assimilato indeducibile corrisponda esattamente

al 50% dell'imponibile totale.

L’importo rilevante ai fini della deduzione analitica prevista dal decreto “salva Italia”, sarà

dunque pari al 50% dell'intero versamento. Dato che l’agevolazione decorre dal 2012 si dovrà

considerare l'importo del saldo versato il 16/06/2012 (più gli eventuali acconti 2012). Nel

modello Unico 2013 la deduzione calcolata sarà quindi pari a 2.000 euro (4.000 x 50%).

5. Nuova deduzione e vecchia deduzione

Per effetto del riconoscimento dell’integrale deducibilità dell’IRAP riferita al costo del personale,

l’art. 6 del citato D.L. n. 185/2008 è stato modificato al fine di limitare, dal 2012, la

deducibilità nella misura del 10% all’imposta forfettariamente riferita alla sola quota

imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e

proventi assimilati.

Il citato art. 6 infatti ora così dispone:

art. 6, D.L. n. 185/2008

(in vigore fino al 2011)

art. 6, D.L. n. 185/2008

(in vigore dal 2012)

“… è ammesso in deduzione … un

importo pari al 10 per cento

dell’imposta regionale sulle

attività produttive …

forfettariamente riferita

all’imposta dovuta sulla quota

imponibile degli interessi passivi

e oneri assimilati al netto degli

interessi attivi e proventi

assimilati, ovvero delle spese per

il personale dipendente al netto

delle deduzioni spettanti …”.

“… è ammesso in deduzione …

un importo pari al 10 per cento

dell’imposta regionale sulle

attività produttive …

forfettariamente riferita

all’imposta dovuta sulla quota

imponibile degli interessi

passivi e oneri assimilati al

netto degli interessi attivi e

proventi assimilati”.

A seguito di tale modifica, dunque, dal 2012 (mod. UNICO 2013) è deducibile:

l’IRAP versata riferita ai costi del personale dipendente ed assimilato nella

misura del 100%;

90

Bilancio 2011

l’IRAP versata riferita agli interessi passivi ed oneri assimilati nella misura

forfettaria del 10%.

Di conseguenza, dal 2012, a seconda della presenza esclusivamente di interessi passivi o di

spese per il personale dipendente/assimilato, ovvero della contestuale presenza di entrambi

tali componenti negativi, si possono verificare le seguenti situazioni:

interessi

passivi

spese personale

dipendente /

assimilato

deducibilità

ai fini Irpef

/ Ires

1. SI NO 10% dell’IRAP versata

2. NO SI 100% dell’IRAP versata riferita

alle spese per il personale (*)

3. SI SI

10% dell’IRAP versata

+

100% dell’IRAP versata riferita

alle spese per il personale (*)

(*) al netto delle deduzioni spettanti

6. Deduzioni maggiorate per dipendenti donne e giovani under 35

Il co. 2, art. 2, D.L. 201/2011 prevede che:

→ “all'articolo 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446,

sono apportate le seguenti modificazioni: a) al numero 2), dopo le parole “periodo di

imposta” sono aggiunte le seguenti: “aumentato a 10.600 euro per i lavoratori di sesso

femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni”; b) al numero 3), dopo le parole

“Sardegna e Sicilia” sono aggiunte le seguenti: “aumentato a 15.200 euro per i lavoratori

di sesso femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni”.

Nelle disposizioni del decreto 201/2011, viene, quindi, previsto, che con decorrenza dal periodo

d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2011, le deduzioni forfettarie

dalla base imponibile dell'imposta regionale, relative ai contratti di lavoro a tempo

indeterminato, passano da due a quattro.

In pratica, vengono stabilite alcune maggiorazioni per quanto attiene le deduzioni spettanti per

il costo del personale nella determinazione della base imponibile Irap.

91

Bilancio 2011

Dal 2012, dunque, il panorama delle deduzioni forfettarie Irap concesse per ogni dipendente a

tempo indeterminato pari a euro 4.600 o 9.200 a seconda dell'ubicazione territoriale delle

unità lavorative, si arricchirà di due nuove categorie.

Si tratta nello specifico:

dei contratti di lavoro a tempo indeterminato relativi a dipendenti di sesso

femminile;

di dipendenti di età inferiore ai 35 anni.

6.1 Diverse per le Regioni del Mezzogiorno d’Italia

Per queste categorie di lavoratori, le deduzioni del cuneo fiscale Irap passeranno in linea

generale da euro 4.600 a euro 10.600, mentre, se tali lavoratori sono impiegati nelle regioni

Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, la deduzione in

parola salirà fino a euro 15.200.

6.2 Innalzato l’importo

L'intervento della Manovra Monti agisce dunque direttamente sulle disposizioni che disciplinano

il cuneo fiscale, innalzando l'importo delle stesse sia in relazione alla categoria di lavoratori

protetti (donne e giovani), sia in relazione alla sede di lavoro (Regioni del Mezzogiorno

d’Italia).

Dal 2012 avremo in pratica quattro deduzioni forfettarie che potranno essere applicate in

relazione ad ogni singolo contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato:

due già conosciute di 4.600 e 9.200 euro per i lavoratori impiegati nelle regioni del

sud che si applicheranno alla generalità dei lavoratori;

due nuove deduzioni rispettivamente di euro 10.600 e 15.200 per ogni lavoratrice e

per ogni lavoratore di età inferiore a 35 anni impiegati a tempo indeterminato (l’ultima

per le regioni del sud Italia).

6.3 Soggetti interessati

Si rammenta che la deduzione in esame è riconosciuta, in generale, in capo a tutti i soggetti

passivi Irap. Sono tuttavia esclusi:

dalla deduzione “base” di € 4.600 (€ 10.600 dal 2012), le imprese operanti in

concessione ed a tariffa nei settori dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle

poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della

raccolta e smaltimento dei rifiuti, nonché le Amministrazioni pubbliche, le Amministrazioni

della Camera dei Deputati, del Senato, della Corte Costituzionale, della Presidenza della

Repubblica e degli organi legislativi delle Regioni a statuto speciale;

92

Bilancio 2011

dalla deduzione “maggiorata” di € 9.200 (€ 15.200 dal 2012), oltre alle imprese

escluse dalla deduzione base, anche le banche ed altri enti finanziari e le imprese di

assicurazione.

Incremento delle deduzioni forfettarie

(tempo indeterminato)

Dipendenti donne

Deduzione di 10.600 euro

Dipendenti di età inferiori a

35 anni

Dipendenti nelle regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Molise,

Puglia, Sardegna e Sicilia

Dipendenti donne

Deduzione di 15.200 euro

93

Bilancio 2011

Capitolo 7

Le nuove regole di deducibilità del TFM amministratori

La manovra Monti, DL 201/2011 tra le varie modifiche al Tuir ha, previsto una nuova disciplina

fiscale per quanto concerne le erogazioni relative alla fine del rapporto di lavoro, in particolare

è stato abrogato il regime di tassazione speciale (tassazione separata) che caratterizzava le

indennità di fine mandato degli amministratori.

94

Bilancio 2011

1. Definizione

Il trattamento di fine mandato (TFM) costituisce una retribuzione differita in favore degli

amministratori avente, di fatto, la stessa funzione del trattamento di fine rapporto (TFR)

previsto dal codice civile in favore dei lavoratori dipendenti. Il TFM, tuttavia, non è disciplinato

civilisticamente; esso, pertanto, non è obbligatorio e in ogni caso è lasciato alla libera

trattativa delle parti.

Negli ultimi anni, il TFM aveva trovato sempre maggiore diffusione nelle aziende in ragione dei

potenziali vantaggi fiscali e previdenziali che lo contraddistinguevano.

Si parla al passato perché dal 2011 sarà la tassazione ordinaria l’unica

applicabile alle erogazioni di TFM ad amministratori di società di

capitali.

La manovra Monti ha, infatti, previsto una nuova disciplina fiscale per quanto concerne le

erogazioni relative alla fine del rapporto di lavoro, in particolare è stato abrogato il regime di

tassazione speciale (tassazione separata) che caratterizzava le indennità di fine mandato

degli amministratori.

Secondo il meccanismo della tassazione separata, l’imposta gravante su quanto percepito

veniva calcolata in base all’aliquota fiscale corrispondente al reddito medio del biennio

anteriore alla percezione dell’indennità.

2. La precedente disciplina

Più nel dettaglio prima di tale previsione legislativa, l’indennità di fine mandato era imponibile

in capo all’amministratore, al momento dell’effettivo incasso, con la possibilità in presenza dei

requisiti di cui all’ art. 17 co. 1 lett. c, di assoggettare tale reddito a tassazione separata.

Il Tuir si occupava del TFM negli articoli:

ART. 17,

c.1, lett. c)

in cui veniva prevista l’applicazione della

tassazione separata per le indennità

percepite per la cessazione dei rapporti di

collaborazione coordinata e continuativa a

condizione che il diritto all’indennità risultasse

da atto di data certa anteriore all’inizio del

rapporto;

95

Bilancio 2011

ART. 105, c.4

che prevedeva la possibilità di dedurre per

competenza, in luogo del criterio di cassa

previsto per i compensi agli amministratori,

gli accantonamenti al fondo TFM.

I vantaggi fiscali si verificavano, pertanto, sia in capo all’amministratore che in capo

all’azienda. Gli amministratori, beneficiando della tassazione separata, avevano la possibilità

di conseguire un risparmio fiscale; quanto percepito a titolo di TFM, infatti, non faceva cumulo

con gli altri redditi e veniva quindi sottratto alla tassazione con aliquote progressive.

3. La nuova disciplina

L'articolo 24, comma 31 della legge n. 214 del 2011, prevede una nuova disciplina fiscale per

quanto concerne le erogazioni che seguono, la fine del rapporto di lavoro, abrogando il

regime di tassazione separata. In particolare, in relazione alle indennità di fine rapporto di

cui all'art. 17, comma 1, lettere a) e c) del Tuir (dunque, in generale, per i lavoratori

dipendenti), la quota in denaro, ovvero in natura che supera 1 milione di euro è tassata in

via ordinaria, nessuna franchigia, invece, per il trattamento di fine mandato degli

amministratori di società di capitali che in relazione ai compensi e alle indennità scontano la

tassazione ordinaria.

CATEGORIA FRANCHIGIA TASSAZIONE

LAVORATORI

DIPENDENTI

PER TFM

<= 1.000.000 EURO

TASSAZIONE

SEPARATA

LAVORATORI

DIPENDENTI

PER TFM

> 1.000.000 EURO

TASSAZIONE

ORDINARIA

AMMINISTRATORI

DI SOCIETA’

TFM SENZA ALCUNA

FRANCHIGIA

TASSAZIONE

ORDINARIA

NUOVA DISCIPLINA: Tassazione ordinaria per il trattamento di

fine mandato per gli amministratori delle società di capitali dal

2011: questo indipendentemente dall'esistenza o meno di un atto

di data certa anteriore all'inizio del rapporto.

96

Bilancio 2011

4. La decorrenza della nuova disposizione

Per la decorrenza della disposizione, è stato fatto ricorso alla deroga allo Statuto dei diritti del

contribuente. La norma prevede la tassazione ordinaria se il diritto alla percezione è

sorto dal primo gennaio 2011, e così tutti gli amministratori il cui rapporto si è concluso al

31 dicembre 2010 in poi sarebbero sottoposti alla nuova disciplina. Se le indennità sono state

incassate nel 2011, le stesse devono essere dichiarate in Unico 2012, tra i proventi assoggetti

a tassazione ordinaria, con lo scomputo dall’imposta dovuta delle ritenute operate dalla società

all’atto della corresponsione delle somme.

5. Requisiti per la tassazione

La manovra Monti rende inoperante la disposizione contenuta nell'articolo 17, comma 1, lettera

c) del Tuir, in relazione alla parte in cui si disciplina il regime di tassazione separata alle

indennità spettanti ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, laddove il

diritto all’indennità risulti da atto di data certa anteriore all'inizio del rapporto.

6. Deducibilità dell’accantonamento

Un altro problema che si pone, riguarda invece, la deducibilità dell'accantonamento per il

trattamento di fine mandato in capo alle imprese per effetto di quanto previsto dall'articolo 105

del Tuir. La norma in questione, al comma 4, rinvia in tema di reddito di impresa a quanto

previsto dall'articolo 17, comma 1, lettera c).

7. La posizione dell’Agenzia

Sul rinvio si è pronunciata l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 211/08 affermando

che, ai fini della deducibilità per competenza dell'accantonamento per TFM nella

determinazione del reddito di impresa, si rendeva necessaria la presenza dell'atto di data certa

anteriore all'inizio del rapporto che assumeva una doppia valenza in termini di requisito

fondamentale per l'applicazione del regime di tassazione separata in capo al percipiente, e per

la deducibilità per competenza in capo all'impresa dell'accantonamento.

L'Agenzia aveva inoltre affermato che l'inesistenza dell'atto di data certa, comportava la

deducibilità nella determinazione del reddito di impresa soltanto al momento del pagamento

del trattamento di fine mandato.

Ora, alla luce della modifica della normativa, ci si interroga sulla maggiore o minore

valenza dell’indicazione dell’Agenzia, considerando tuttavia che rimane ferma la diversa logica

di tassazione della persona fisica rispetto alla determinazione del reddito d’impresa.

97

Bilancio 2011

8. Tassazione TFR: le regole oltre il milone di euro

L’articolo 24, comma 31, del Decreto “Salva Italia”, ha previsto l’applicazione della tassazione

ordinaria, in luogo della tassazione separata, alla quota delle indennità e dei compensi legati

alla cessazione di un rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e

continuativa, erogati in denaro o in natura, che eccede l’importo di un milione di euro.

L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 3/E del 28 febbraio 2012, ha fornito i chiarimenti

sul coordinamento della disposizione in esame, con quelle riguardanti la tassazione ordinaria e

separata, nonché sugli adempimenti dei sostituti di imposta.

La disposizione in esame si applica alle:

“indennità di fine rapporto di cui all’articolo 17, comma 1, lettere a) e c), del testo unico

delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica

22 dicembre 1986, n. 917”.

Il comma 1 dell’articolo 17 del TUIR, individua le tipologie di redditi che, in considerazione

della loro tendenziale formazione pluriennale, sono assoggettati al regime di tassazione

separata. Detti redditi, in base all’articolo 3 del TUIR, non concorrono alla formazione del

reddito complessivo cui si applica la tassazione ordinaria.

La disposizione in esame non modifica le regole che individuano i redditi da assoggettare a

tassazione separata previste all’articolo 17 del TUIR, né i criteri di determinazione dell’imposta

per gli stessi previsti dai successivi articoli 19 e 21 del TUIR, ma si limita a escludere

l’applicazione del regime di tassazione separata alle tipologie di redditi di cui alle lettere a) e c)

del comma 1 dell’articolo 17 del TUIR per la parte eccedente l’importo di 1 milione di

euro.

9. TFR indennità equipollenti e altre somme

La lett. a) del comma 1 dell’art. 17 del TUIR riguarda i redditi percepiti in dipendenza della

cessazione di rapporti di lavoro dipendente (privato e pubblico) relativi a:

trattamento di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile;

indennità equipollenti, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente;

altre indennità e somme percepite una tantum in dipendenza della cessazione dei predetti

rapporti.

Il rinvio effettuato dalla norma alle “indennità di fine rapporto […] di importo

complessivamente eccedente […]” deve intendersi riferito a tutte le indennità indicate

98

Bilancio 2011

alla citata lettera a), quindi sia all’indennità principale, sia alle altre indennità e somme

erogate una tantum in relazione alla cessazione del rapporto di lavoro.

L’applicazione della disposizione richiede delle precisazioni, in quanto possono concorrere alla

formazione dell’importo complessivo eccedente euro 1.000.000 redditi per i quali, a seconda

della tipologia e dell’anno di maturazione, sono previste diverse modalità di calcolo della

tassazione separata, di conseguenza non è irrilevante individuare quali siano i redditi che

concorrono prioritariamente alla formazione del reddito complessivo di cui all’articolo 8 del

TUIR e quali siano quelli che rimangono assoggettati a tassazione separata.

Possono confluire nel reddito complessivo i redditi secondo il seguente ordine, che tiene conto

delle modifiche apportate alla tassazione separata dal decreto legislativo n. 47 del 2000 a

partire dal 2001:

altre indennità e somme, comprese quelle non commisurate alla durata del rapporto di

lavoro, a partire da quelle maturate più di recente;

TFR e indennità equipollenti, a partire da quelle maturate più di recente;

10. TFMe altre somme

La lett. c) del comma 1 dell’art. 17 del TUIR concerne sostanzialmente i redditi percepiti in

dipendenza della cessazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa relativi

a:

indennità per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

altre somme e valori comunque percepiti in relazione alla risoluzione dei rapporti di

collaborazione coordinata e continuativa.

In aderenza alla ratio della norma e analogamente a quanto precedentemente indicato in

relazione alla lett. a), rientrano nel campo di applicazione della disposizione, anche i

compensi e le indennità percepiti per la cessazione degli uffici di amministratore

di società.

11. Il superamento del limite

La disposizione in esame si applica con riferimento alle indennità ed ai compensi il cui diritto

alla percezione è sorto a decorrere dal 1° gennaio 2011 e richiede di tenere conto, ai fini

della verifica del superamento dell’importo di euro 1.000.000, delle indennità di cui

all’articolo 17, comma 1, lettere a) e c) del TUIR complessivamente erogate.

99

Bilancio 2011

Nell’effettuare la verifica occorre considerare anche eventuali pregresse anticipazioni e

acconti relativi al TFR il cui diritto alla percezione è sorto a decorrere dal 1° gennaio 2011,

fermo restando che l’importo già oggetto di tassazione separata anche se in via provvisoria,

non concorre alla formazione del reddito complessivo.

La disposizione in esame non è applicabile nel caso in cui i compensi siano erogati agli eredi

o aventi diritto del dipendente o collaboratore deceduto, e conseguentemente, tali indennità

percepite devono essere assoggettate a tassazione con le medesime modalità che sarebbero

state applicate se le somme fossero state assoggettate a tassazione separata in capo al de

cuius per il loro intero ammontare, a nulla rilevando il superamento del limite di euro

1.000.000.

12. Tassazione ordinaria Il concorso alla formazione del reddito complessivo dell’importo eccedente il limite di euro

1.000.000, non comporta un mutamento della natura delle indennità e dei compensi

erogati.

Dal mantenimento della natura delle somme erogate consegue anche il mantenimento delle

regole previste per la determinazione dell’imponibile di dette indennità, ancorché parte delle

stesse sia da assoggettare a tassazione ordinaria.

Le riduzioni e gli abbattimenti forfetari previsti dall’articolo 19 del TUIR sono da ripartirsi

proporzionalmente tra la quota delle indennità da assoggettare a tassazione separata e quella

da assoggettare a tassazione ordinaria.

In particolare, l’imponibile che concorre alla formazione del reddito complessivo quale reddito

di lavoro dipendente è determinato:

per il TFR, al netto delle rivalutazioni già assoggettate annualmente all’imposta

sostitutiva dell’11 per cento (per gli importi maturati a decorrere dal 2001) e

dell’abbattimento forfetario di euro 309,87 (per gli importi maturati fino al 2000),

proporzionalmente riferibili alle rispettive parti del TFR da assoggettare a tassazione

ordinaria;

per le indennità equipollenti, al netto della riduzione percentuale e dell’abbattimento

forfetario di euro 309,87 per tutti gli anni di anzianità lavorativa, proporzionalmente

riferibili alla parte da assoggettare a tassazione ordinaria.

100

Bilancio 2011

Esempio

In ipotesi di erogazione di un TFR pari a euro 1.600.000, di cui euro 1.000.000 maturati a

partire dal 2001 (importo comprensivo di euro 100.000 a titolo di rivalutazioni già al netto

della relativa imposta sostitutiva), l’importo da assoggettare a tassazione ordinaria è pari a

euro 600.000, da considerare riferibile all’importo maturato dal 2001.

L’importo delle rivalutazioni già assoggettate a imposta sostitutiva (euro 100.000) riferibili

proporzionalmente all’importo del TFR maturato dal 2001 da assoggettare a tassazione

ordinaria (X) è dato dalla seguente proporzione:

X = (€ 600.000 / € 1.000.000) x € 100.000 X = € 60.000

Il TFR imponibile che concorre alla formazione del reddito complessivo quale reddito di lavoro

dipendente è pari a euro 540.000, dato dall’importo di euro 600.000 al netto delle

rivalutazioni già assoggettate a imposta sostitutiva per euro 60.000.

Il concorso di indennità e compensi alla formazione del reddito complessivo comporta un

incremento dello stesso con le ordinarie conseguenze che ne derivano in termini, ad esempio,

di calcolo e versamento degli acconti, di applicazioni di addizionali regionali e comunali e del

contributo di solidarietà previsto dall’articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, qualora il

reddito complessivo ecceda l’importo di euro 300.000.

Nel procedimento di determinazione dell’aliquota da applicare al TFR, alle indennità

equipollenti, nonché alle altre indennità e somme da assoggettare a tassazione separata il c.d.

reddito di riferimento deve essere assunto al lordo dell’importo eccedente euro

1.000.000 da assoggettare a tassazione ordinaria.

Per la determinazione dell’imponibile di dette indennità, si tiene conto delle riduzioni e degli

abbattimenti forfetari previsti dall’articolo 19 del TUIR proporzionalmente riferibili alle quote

delle indennità stesse da assoggettare a tassazione separata.

In particolare, l’imponibile da assoggettare a tassazione separata è determinato:

per il TFR, al netto delle rivalutazioni già assoggettate annualmente all’imposta

sostitutiva dell’11 per cento (per gli importi maturati a decorrere dal 2001) e

dell’abbattimento forfetario di euro 309,87 (per gli importi maturati fino al 2000),

proporzionalmente riferibili alle rispettive parti del TFR da assoggettare a tassazione

separata;

per le indennità equipollenti, al netto della riduzione percentuale e dell’abbattimento

forfetario di euro 309,87 per tutti gli anni di anzianità lavorativa, proporzionalmente

riferibili alla parte da assoggettare a tassazione separata.

101

Bilancio 2011

Esempio

Consideriamo il caso di un dipendente che all’atto della cessazione del rapporto di lavoro durato 15 anni

(n) percepisce euro 1.500.000 a titolo di TFR, di cui euro 500.000 maturato fino al 2000 (TFR 1) in 4

anni di lavoro e euro 1.000.000 maturato dal 2001 (TFR 2) comprensivo di euro 100.000 di rivalutazioni

già assoggettate a imposta sostitutiva dell’11 per cento (R).

Reddito di riferimento (RR) = (TFR1 + TFR2 – R) x 12

n

Aliquota (a) = imposta su RR x 100

RR

Nell’esempio prospettato è assoggettato a tassazione ordinaria l’importo di euro 500.000, pari al 50

per cento dell’importo maturato dal 2001, mentre il rimanente importo del TFR di euro 1.000.000 è

assoggettato a tassazione separata. Le rivalutazioni assoggettate a imposta sostitutiva sono per euro

50.000, pari al 50 per cento, portate a riduzione dell’importo maturato dal 2001 (TFR 2) da

assoggettare a tassazione separata, il cui imponibile è quindi pari a euro 450.000.

Imponibile tassazione separata =

(TFR1 – riduzioni) + (TFR2 – TFR a tassazione ordinaria – R proporzionalmente riferibili a TFR2)

Imposta = Imponibile tassazione separata x (a)

13. Tassazione ordinaria

I sostituti d’imposta dovranno operare le ritenute previste tenendo conto che in base alla

disposizione in esame l’importo eccedente euro 1.000.000 concorre alla formazione del reddito

complessivo. Di conseguenza, effettueranno i calcoli relativi all’importo dell’indennità di fine

rapporto che concorre alla formazione del reddito complessivo e contestualmente

procederanno alla determinazione dell’imponibile e dell’aliquota di tassazione separata

dell’indennità principale da assoggettare a tassazione separata secondo le indicazioni date.

In presenza di indennità principale (TFR e indennità equipollenti) e di altre indennità e somme

corrisposte nel medesimo periodo d’imposta da soggetti diversi, è necessario porre in essere

un sistema di comunicazione tra i soggetti medesimi volto a consentire al sostituto d’imposta

che eroga altre indennità e somme connesse alla cessazione del rapporto di lavoro (che ha

generato il diritto all’indennità principale) la corretta tassazione delle somme erogate.

13. Regime transitorio per le erogazioni

Anche se il decreto è entrato in vigore il 6 dicembre 2011, il comma 31 dell’articolo 24 del

decreto espressamente prevede che:

“le disposizioni di cui al presente comma si applicano con riferimento alle indennità e ai

compensi il cui diritto alla percezione è sorto a decorrere dal 1° gennaio 2011”.

102

Bilancio 2011

I sostituti d’imposta sono tenuti a rideterminare la tassazione cui sono soggette le indennità e

le somme in esame in base alle presenti indicazioni, liquidando distintamente l’imposta dovuta

a titolo di tassazione separata, l’imposta dovuta a titolo di tassazione ordinaria, nonché quella

eventualmente dovuta ad altro titolo. L’esito della nuova liquidazione è comunicato al

percettore delle indennità e somme in questione mediante la predisposizione del CUD, ovvero

di un nuovo CUD, da rilasciare entro i termini ordinari.

In riferimento al contributo dei solidarietà l’Agenzia precisa che il sostituto d’imposta non è

tenuto ad applicarlo se il dipendente lascia il lavoro nel corso dell’anno. In questo caso la

somma non sarà inserita nel CUD, ma la certificazione indicherà l’obbligo per il contribuente di

presentare la dichiarazione dei redditi.

103

Bilancio 2011

Capitolo 8

Cessione del contratto di leasing

La cessione del contratto di leasing è un’operazione che fino ad oggi non ha avuto, sul piano

normativo, giuridico e contabile, specifico trattamento. Soltanto la normativa fiscale ha fornito

delle valide linee guida per gestire la rappresentazione contabile della stessa in bilancio.

Il 23 novembre 2011, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, ha

emesso un documento nominato “profili contabili della cessione dei contratti di leasing

finanziario” che finalmente ha fatto maggiore chiarezza relativamente alle problematiche

contabili e fiscali emerse riguardo a questa fattispecie.

104

Bilancio 2011

1. Premessa

Nel corso del 2011, e precisamente il 23 novembre 2011, il Consiglio Nazionale dei Dottori

Commercialisti ed Esperti Contabili, ha emesso un documento nominato “profili contabili della

cessione dei contratti di leasing finanziario” che finalmente ha fatto maggiore chiarezza

relativamente alle problematiche contabili e fiscali emerse riguardo a questa fattispecie: la

cessione del contratto di leasing.

Incominciamo con dire che la cessione del contratto di leasing risponde generalmente a

due esigenze:

1. da un lato quella del locatario, che con la cessione riesce ad abbattere l’esposizione

finanziaria e i costi;

2. dall’altro lato quella del cessionario, che con l’acquisto riesce ad ottenere la disponibilità

di cespiti necessari.

Certo è che tale operazione si è dimostrata molto ricorrente soprattutto in un periodo storico

ed economico come questo, dove a fronte della crisi economica molte aziende si trovano a

dover far dietro front con gli investimenti e soprattutto “far cassa”.

La cessione di un contratto di leasing, sempre con il placet della società di leasing, di per

se comporta solo il trasferimento in capo al cessionario degli obblighi (pagamento dei canoni

residui ed eventuale riscatto) e dei diritti (godimento del bene e diritto al riscatto dello stesso

alla scadenza) derivanti dal contratto stesso, senza che ciò modifichi alcuno degli elementi

essenziali dell’accordo stipulato con il locatore.

Fino ad oggi, in materia c’è stato un totale silenzio della normativa giuridica e contabile e

soltanto la normativa fiscale ha fornito delle valide guide lines per gestire la rappresentazione

contabile della stessa in bilancio.

Non è mancata la prassi contabile e fiscale come ad esempio:

l'Associazione dei Dottori commercialisti di Milano - norma di comportamento n.

141/2000;

- la Risoluzione n. 212/E dell’Agenzia delle Entrate del 2007;

- il Documento del CNDCEC del 23 novembre 2011.

Nel prosieguo cercheremo di approfondire, sia dal punto di vista del cedente che

dell’acquirente:

1. gli aspetti contabili;

2. gli aspetti fiscali,

105

Bilancio 2011

e tentare di pervenire alla definizione di un quadro di riferimento chiaro ed esaustivo per una

corretta rappresentazione della fattispecie in bilancio.

2. Rilevazione contabile del leasing

In Italia come è noto il leasing si può rilevare contabilmente solo seguendo il metodo

patrimoniale.

Solo i principi contabili internazionali, e in particolare lo IAS 17, prevedono la possibilità di

applicare il metodo finanziario ovvero la contabilizzazione del bene tra l'attivo dello stato

patrimoniale dell'utilizzatore, come contropartita alla rilevazione del debito; a conto economico

l’imputazione degli ammortamenti. Per quanto riguarda la rilevazione dei canoni, questi

vengono imputati a conto economico solo per la quota relativa agli interessi.

1. I canoni di leasing vengono iscritti in conto economico quale costo a

carico del periodo.

2. In presenza di un maxicanone iniziale è necessario rettificare la quota

non di competenza del periodo iscrivendo risconti attivi in stato

patrimoniale a rettifica del valore dei canoni di leasing in conto

economico.

3. Non viene iscritta nessuna immobilizzazione in stato patrimoniale

mentre di norma si dà evidenza dell’operazione di leasing tra i conti

d’ordine.

4. L’immobilizzazione si iscrive solo in caso di riscatto del bene.

Metodo patrimoniale

1. Iscrizione dell’immobilizzazione tra le attività al valore corrente (anche se

manca il titolo di proprietà) ed in contropartita di un debito v.fornitori di

immobilizzazioni tra le passività per lo stesso importo iniziale.

2. L’immobilizzazione deve essere ammortizzata in conto economico in

ragione della residua possibilità di utilizzazione.

3. I canoni di locazione pagati devono essere ripartiti pertanto tra oneri

finanziari maturati sul debito v.fornitori e riduzione dello stesso debito

v.fornitori (analogamente al rimborso di una quota di un mutuo).

Metodo finanziario

106

Bilancio 2011

Allo stato attuale, però, in Italia, la modifica introdotta con la riforma societaria, prevede

solo l'indicazione in nota integrativa dei dati che sarebbero necessari ai fini dell'applicazione del

metodo finanziario (art. 2427, n. 22) del codice civile 38.

Quindi, comprendendo che il sistema contabile guida è il metodo patrimoniale, ciò

consente la deducibilità fiscale dei canoni corrisposti a condizione che gli stessi siano rilevati in

conto economico (art. 109, comma 4, del Tuir). Quindi l'utilizzatore del bene imputa a conto

economico i canoni, per competenza, e indica nei conti d'ordine il debito residuo verso la

società di leasing. La rilevazione del bene tra le immobilizzazioni viene effettuata solo dalla

società di leasing proprio perché proprietaria del bene, e, quindi, la stessa procede al relativo

ammortamento.

3. Aspetti contabili della cessione del contratto di leasing

Purtroppo non ci sono riferimenti normativi chiari riguardo al corretto trattamento

contabile della cessione del contratto di leasing. Si può pertanto far riferimento alla prassi che

si è succeduta nel tempo, soprattutto di natura fiscale, fino ad arrivare al documento del

CNDCEC del 23 novembre 2011.

Tale documento che riprende sia la Norma di comportamento dell’Adc n. 141/2000 di

Milano, sia la R.M. 212/E/2007 dell’Agenzia delle Entrate, rimarca il fatto che la cessione del

contratto di leasing è un atto traslativo con cui il cedente trasferisce il diritto di utilizzazione del

bene, oltre che il diritto di riscatto. Si ritiene infatti che non sia possibile attribuire una

qualificazione contabile univoca all’onere sostenuto per l’acquisto di un contratto di leasing. La

corretta contabilizzazione del costo deve, infatti, tener conto delle caratteristiche particolari

della specifica transazione con particolare riguardo alle motivazioni economiche che possono

aver indotto il cessionario a subentrare in un contratto di leasing finanziario, ovvero:

l’acquisizione della facoltà di godimento del bene nel periodo di durata residua del

contratto; e/o

l’acquisizione del diritto di acquisire la proprietà giuridica del cespite attraverso l’esercizio

dell’opzione di riscatto.

In tal caso, il cedente registra la fattura di vendita per l’importo concordato.

Cliente AC a # XXX

Altri ricavi XXX

Iva ns debito XXX

38 L'adozione del metodo finanziario non è inibita dall'art. 67, comma 8, del TUIR (attuale art. 102, comma 7, del Tuir). È peraltro sempre esclusa la possibilità di detrarre le quote di ammortamento, da parte dell'utilizzatore. (Cassazione, sentenza n. 8292 del 26 maggio 2003). L'unico soggetto autorizzato a dedurre le quote di ammortamento è il concedente. (Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 211/E del 18 novembre 2003).

107

Bilancio 2011

Per l’acquirente, le registrazioni contabili sono un po più complesse. Il corrispettivo

pagato a fronte dell’acquisto del contratto di leasing deve, infatti, essere scomposto in due

parti:

1) La parte riferita al corrispettivo che è finalizzata all’ottenimento del godimento del bene

fino alla conclusione del contratto;

2) La parte riferita al corrispettivo pagato a fronte dell’acquisto del diritto di esercitare

l’opzione di riscatto del bene alla conclusione del contratto.

Vediamo un esempio:

Corrispettivo = 100, di cui:

90 = Canoni di leasing per il godimento del bene

10 = Acconti su Imm.ni per il riscatto del bene

Escludiamo l’IVA per semplicità

# a Fornitore AC XXX

Acconti su Imm.ni XXX

Canoni leasing XXX

al 31/12 dello stesso anno:

Risconti attivi a Canoni leasing XXX

In altri termini:

- la prima parte costituisce pertanto un onere che dovrà essere ripartito in base alla durata

residua del contratto attraverso la tecnica dei risconti, proprio come avviene per la

rilevazione del maxicanone iniziale.

- la seconda parte, deve essere considerata come un acconto a fronte del futuro riscatto del

bene, e pertanto come acconto su immobilizzazioni materiali nella voce B.II.5 dell’attivo

dello stato patrimoniale.

108

Bilancio 2011

4. Aspetti fiscali della cessione del contratto di leasing

La cessione del contratto di leasing naturalmente rileva sia ai fini delle imposte dirette che

delle imposte indirette. Ma andiamo per ordine.

Riguardo alle imposte dirette, la norma di riferimento per il cedente è l’art. 88, comma 5

del TUIR. Una norma questa che, in passato, ha generato non pochi dubbi circa il rischio che

un'operazione straordinaria, che riguardi il trasferimento di un contratto di leasing, possa

essere poi contestata dall'Amministrazione Finanziaria. Infatti, l’art. 88 comma 5 del TUIR

riporta che il cedente deve imputare a sopravvenienza attiva il valore normale del bene,

prescindendo dal valore attribuito al contratto dai due contraenti. Secondo tale norma pertanto

non è possibile determinare il componente positivo di reddito in base al corrispettivo ricevuto.

Questo significa che la norma fiscale non prevede la possibilità di dedurre, dal valore normale

del bene, i canoni relativi alla durata residua del contratto e il prezzo stabilito per il riscatto.

Nel 1996 è intervenuta l’AAEE che con una circolare ha chiarito che ai fini della

determinazione della sopravvenienza attiva da assoggettare a tassazione il valore normale

deve essere assunto al netto dei canoni relativi alla residua durata del contratto e del

prezzo stabilito per il riscatto che dovranno poi essere pagati al cessionario in dipendenza

della cessione, attualizzati alla data della cessione medesima39.

39 Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 108/E del 3 maggio 1996 e Associazione Dottori Commercialisti - Norma di comportamento n. 141/2000.

Acquisto leasing traslativi. Al subentro, la parte di prezzo pari al valore normale

netto del bene (valore di mercato del bene alla data di subentro – valore attuale degli

importi ancora dovuti al locatore, calcolato al tasso di interesse implicito del leasing)

va iscritto nella voce dell’attivo dello Stato Patrimoniale B.II. 5 “Immobilizzazioni in

corso e acconti” (conto poi chiuso al riscatto, con il suo saldo che incrementa il valore

del cespite da ammortizzare). L’eventuale eccedenza rappresenta un costo relativo

all’utilizzo del bene (conto economico, voce B.8), da far partecipare al reddito di

periodo attraverso la tecnica dei risconti attivi, lungo la durata residua del contratto.

Acquisto leasing di godimento. Il prezzo pagato è interamente riferibile al

godimento del bene. Quindi, sempre con la tecnica dei risconti, si fa partecipare - di

esercizio in esercizio, fino al termine del contratto - la quota di costo di competenza al

reddito di periodo.

Sintesi contabile

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Bilancio 2011

Sopravvenienza attiva imponibile =

Valore normale –

Valori canoni non scaduti attualizzati –

Valore riscatto attualizzato

Esempio 1

a) Costo sostenuto dal concedente = 100

b) Valore normale alla data di cessione = 70

c) Maxicanone = 10, di cui maturato alla data di cessione = 4

d) Riscatto = 10

e) Canoni residui attualizzati = 33

f) Riscatto attualizzato = 7

g) Prezzo cessione contratto = 40

h) Valore sopravvenienza attiva imponibile = b - e - f = 30

Ma cosa succede se nell’esempio sopra h) è maggiore di g) ?

In tal caso è accettabile che, poiché la sopravvenienza attiva è superiore al corrispettivo

pattuito, la differenza sarà oggetto di una variazione in aumento nel modello Unico.

Se quanto sopra riguarda il trattamento fiscale della cessione del contratto di leasing dal

lato del cedente, altro discorso riguarda il trattamento fiscale dal lato del cessionario. In tal

caso infatti ci troviamo dinanzi a un silenzio normativo che nulla dispone relativamente

all’acquirente. Nel tempo si sono succedutI solo degli interventi di prassi che comunque non

hanno pienamente convinto come la D.R.E. dell’Emilia Romagna del 4 maggio 199940, la

Norma di comportamento dell’Adc n. 141/2000 di Milano e la R.M. 212/E/2007

dell’Agenzia delle Entrate.

Questi interventi di prassi fanno emergere che in ogni caso bisogna distinguere le cause

economiche che hanno portato alla determinazione del corrispettivo dovuto da parte

dell’acquirente:

1. il subentro nel diritto di utilizzazione del bene per tutta la durata del contratto;

2. l’acquisizione del diritto di riscatto del bene.

In altri termini ciò significa che per l’acquirente,

a) nel caso in cui l’acquisto del contratto avvenga all’inizio del contratto stesso, la parte

preponderante del corrispettivo dovuto sarà da imputare all’acquisto del diritto di

utilizzazione del bene;

40 La Direzione Regionale delle Entrate per l'Emilia-Romagna, in data 4 maggio 1999, ha ritenuto corretto classificare il costo sostenuto per l'acquisto di tre contratti di leasing, aventi ad oggetto un capannone e trascorsi mediamente due anni e mezzo dalla stipula degli stessi, come "Altre immobilizzazioni immateriali" (B.I.7 dello stato patrimoniale) e considerarlo ammortizzabile per la residua durata dei contratti stessi. Alternativamente, ha previsto la possibilità di rilevare il costo tra le "Immobilizzazioni in corso e acconti".

110

Bilancio 2011

b) nel caso in cui l’acquisto del contratto avvenga in prossimità del termine del contratto, la

parte preponderante del corrispettivo dovuto sarà da imputare all’acquisto del diritto al

riscatto del bene.

Quindi nell’ipotesi sub 2-a), la parte del corrispettivo dovuto a fronte del godimento del

bene dovrà essere ripartita dall’acquirente sulla durata residua del contratto mediante la

tecnica dei risconti. Nell’ipotesi sub 2-b) la parte dovuta a fronte dell’acquisto del diritto di

riscatto, iscritta nella voce B.II 5 dell’attivo dello stato patrimoniale, rappresenterà un costo

«sospeso » fino alla data del riscatto del bene e non ammortizzabile. Da questo costo sospeso

va poi stornato la parte di maxicanone riscontata.

la parte di maxicanone riscontata dal cedente sarà imputata a conto

economico e riscontata lungo la durata residua del contratto;

la parte che ha costituito sopravvenienza attiva per il cedente (data dal

valore normale diminuito dei canoni residui attualizzati, del prezzo di

riscatto attualizzato) al netto della quota di maxicanone non dedotta dal

cedente sarà imputata nell’attivo patrimoniale e portata in deduzione con

gli ammortamenti, unitamente al valore di riscatto;

l’eventuale surplus (dato dalla differenza tra corrispettivo pagato ed il

valore normale netto del bene) sarà imputato a conto economico e

riscontato lungo la durata residua del contratto.

Indicazioni da parte della Norma di comportamento dell’ADC n. 141/2000

la parte che ha costituito sopravvenienza attiva per il cedente (data dal

valore normale diminuito dei canoni residui attualizzati e del prezzo di

riscatto attualizzato) sarà imputata nell’attivo patrimoniale e portata in

deduzione col meccanismo degli ammortamenti, unitamente al valore di

riscatto, qualora questo sia esercitato;

l’eventuale surplus (dato dalla differenza tra corrispettivo pagato ed il

valore normale netto del bene) sarà imputato a conto economico e

riscontato lungo la durata residua del contratto.

Indicazioni da parte della R.M. 212/E/2007 dell’Agenzia delle Entrate

111

Bilancio 2011

SINTESI

1. la parte di corrispettivo pari al valore normale del bene, al

netto dei canoni residui e del prezzo di riscatto, attualizzati

alla data di cessione - vale a dire, ciò che rappresenta una

sopravvenienza attiva per il cedente - si sospende, andando

poi ad aggiungersi all’importo che il cessionario iscriverà

nell’attivo patrimoniale al momento del riscatto e che, di

conseguenza, ammortizzerà. In caso poi di mancato riscatto,

tale parte di prezzo parteciperà integralmente, come costo,

al reddito di periodo (insussistenza di un elemento

dell’attivo)

2. l’eventuale differenza positiva è da considerarsi, per il

cessionario, una spesa relativa a più esercizi, deducibile

lungo la residua durata del contratto (per inciso, tale surplus

è, per il cedente, un componente positivo di reddito,

imponibile per derivazione).

Riguardo la deducibilità dei canoni, il limite rimane quello del rispetto del vincolo di

durata minima del contratto. La durata del contratto che rileva ai fini del rispetto di detto

vincolo è quella complessiva del contratto di leasing inizialmente sottoscritto. La risoluzione del

4 dicembre 2000, n. 183/E ha precisato che l'espressione "durata del contratto" prevista

dall'art. 102, comma 7, del TUIR, si riferisce alla durata prevista e non a quella effettiva.

Quindi nessun problema circa la regolare deducibilità dei canoni anche in presenza di tale

fattispecie traslativa e nel pieno rispetto della durata del contratto.

Ai fini Irap la sopravvenienza derivante dalla cessione del contratto di leasing è un

componente positivo di reddito attinente alla gestione operativa dell'impresa. A conferma di ciò

vengono in aiuto sia l'art. 11, comma 4, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 44641 sia l’OIC nr. 12

laddove dispone che tra i proventi e gli oneri straordinari devono essere iscritti tutti quei

proventi e quegli oneri la cui fonte è estranea all'attività ordinaria, indipendentemente

dall'eccezionaiità o dall'anormalità dell'evento. La cessione di un contratto di leasing può

tranquillamente ritenersi facente parte della gestione ordinaria dell'impresa e quindi la

sopravvenienza attiva va imputata nella sezione A del conto economico al n. 5) altri ricavi e

proventi.

41 Indipendentemente dalla collocazione nel conto economico, i componenti positivi e negativi sono accertati in ragione della loro corretta classificazione.

112

Bilancio 2011

La cessione del contratto di leasing, in base all'art. 3, comma 2, n. 5), del D.P.R. 26

ottobre 1972, n. 633, è soggetta ad IVA, con la stessa aliquota prevista per la cessione del

bene oggetto del contratto. Qualora il trasferimento del bene non sia soggetto ad IVA, al

contratto di leasing, e conseguentemente anche alla sua cessione, si applica l'aliquota

ordinaria.

La cessione del contratto di leasing deve essere assoggettata ad IRAP,

in base al valore normale del bene ottenuto dalla differenza tra il

valore di mercato del bene al momento della cessione e il debito

residuo.

Ai fini IRAP

La cessione del contratto di leasing è soggetta ad IVA con la stessa aliquota prevista per la cessione del bene oggetto del contratto.

Ai fini IVA