DISEGNO E RILIEVO ARCHEOLOGICO MEDIANTE...

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Anno Accademico 2003-2004 Prof. Giuseppe Bartolini Prof. Federico Salzotti DISEGNO E RILIEVO ARCHEOLOGICO MEDIANTE STRUMENTAZIONE INFORMATICA C ORSO DI L AUREA IN C ONSERVAZIONE , G ESTIONE E C OMUNICAZIONE DEI BENI ARCHEOLOGICI S EDE DI G ROSSETO

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Anno Accademico 2003-2004 Prof. Giuseppe Bartol ini Prof. Federico Salzotti

DISEGNO E RILIEVO ARCHEOLOGICO

MEDIANTE STRUMENTAZIONE

INFORMATICA

CORSO DI LAUREA IN CONSERVAZIONE, GESTIONE E

COMUNICAZIONE DEI BENI ARCHEOLOGICI

SEDE DI GROSSETO

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INDICE

1. OPPORTUNITÀ, OBIETTIVI E PROBLEMATICHE NELLA GESTIONE

DEI DATI ARCHEOLOGICI ATTRAVERSO LO STRUMENTO

INFORMATICO

2. LO STRUMENTO GIS (GEOGRAPHICAL INFORMATION SYSTEM)• IL GIS IN ARCHEOLOGIA

• PREROGATIVE E CARATTERISTICHE DEI GISSTRUTTURA DEI GISPRINCIPALI APPLICAZIONI DEI GIS

1) Applicazioni per la redazione di cartografia numerica

2) Applicazioni per la monitorizzazione di valori o elementi

3) Applicazioni per la gestione degli spazi geografici, antropici, economici e produttivi

e per la gestione dei dati rilevati sul territorio

FUNZIONI OPERATIVE DELLO STRUMENTO GIS1) Funzioni di acquisizione dei dati

2) Funzioni di correzione e trasformazione della geometria dei dati grafici

3) Funzioni di manipolazione ed analisi dei dati

4) Funzioni di visualizzazione e presentazione dei dati

3. LA CAR TOGRAF IA NUM ERICA• LE TIPOLOGIE DEI DATI

• LE STRUTTURE DEI DATI

La struttura raster

La struttura vettoriale

• L’ACQUISIZIONE DEI DATI E I PROCEDIMENTI DI GEOREFERENZIAZIONE DEI DATI ANALOGICI

CONVERTITI IN DIGITALE

Approfondimento 3.a: il DTM

Approfondimento 3b: la cartografia tridimensionale: proprietà e limiti nella sua attuale fruizione

4. LE BAS I CART OGRAFICHE• LA CARTOGRAFIA IGM• LA CARTOGRAFIA TECNICA REGIONALE (CTR)• LA CARTOGRAFIA CATASTALE

• LA CARTOGRAFIA ORTOFOTOGRAFICA

• LA CARTOGRAFIA TEMATICA

5. LA SCE LTA DE LLE SCA LE DI RAP PRESENTAZIONE

6. METODI E STR UMENTI DI RIL EVAMENTO PER LA REDAZIONE DI NUOVA

CAR TOGRAF IA

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6A. IL R ILEVAM ENTO TOP OGRAFICO NUM ERICO MEDIANTE STA ZIONE

TOT ALE: LA CELERIMENSUR A• LA POLIGONAZIONE

• LA POTHENOT

• L’APERTURA A TERRA

• L’ORIENTAMENTO SU DUE PUNTI FISSI

6B. IL R ILIEVO FOT OGRAMM ETRICO• LA FOTOGRAFIA: CONSIDERAZIONI GENERALI

Gli obiettivi e le distorsioni

Le tecniche di ripresa

L’inquadratura

L’esposizione

La profondità di campo

Archiviazione delle immagini

Annotazione

Catalogo

Conservazione

• LA FOTOGRAFIA COME MEZZO AUSILIARIO ALLE OPERAZIONI DI RILEVAMENTO

• LA FOTOGRAFIA PER IL RILIEVO METRICO

• IL RILIEVO TRAMITE RADDRIZZAMENTO FOTOGRAFICO

Ripresa fotografica

Composizione di fotomosaici

Le immagini dalla fotocamera al computer

Il rilievo dei punti di attacco

Trattamento dei dati del rilievo

Sovrapposizione dei dati raster dei fotogrammi e dei dati numerico-vettoriali delle

coordinate dei punti di attacco: il fotoraddrizzamento

La ricomposizione del fotomosaico e alcune applicazioni possibili

6C. IL S ISTEMA DI POS IZIONAM ENTO GLOBALE SAT ELLITARE (GPS)

6D. LA F OTOINT ERPRET AZIONE

6E. LE INNOVATIV E TEC NICHE DI LAS ER SCANNING PER IL RILIEV O

TRIDIMENS IONALE DI REPE RTI, SCA VI, MONUMENTI ARC HITETT ONIC I E PER

LA PRODUZ IONE DI MODELL I DIGITALI DEL LA SUP ERFICIE

7. LA GEOREFERE NZIAZIONE DEI DAT I: TIP OLOGIA ED AFF IDABILITÀ DEL LA

RAP PRESENTAZIONE• TIPOLOGIE GRAFICHE

• CRITERI DI GEOREFERENZIAZIONE

• GRADO DI AFFIDABILITÀ DELLE LOCALIZZAZIONI CARTOGRAFICHE DELLE EMERGENZE

8. LA PRODUZIONE DI NUOVA CAR TOGRAFIA PER L’ANA LISI INT EGRATA DI

UN COMPRE NSORIO STORICO: IL CAS O DI CHIUSDINO

9. BIBL IOGRAF IA• BIBLIOGRAFIA

• BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE PER ARGOMENTI

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1. OPPORTUNITÀ, OBIETTIVI E PROBLEMATICHE

NELLA GESTIONE DEI DATI ARCHEOLOGICI

ATTRAVERSO LO STRUMENTO INFORMATICO

L’affermazione dell’informatica nei processi di gestione dei dati archeologici èstata piuttosto lenta e difficoltosa, soprattutto in ambito italiano. Fra i principali motividel ritardo accumulato rispetto ad altre scuole (principalmente quelle statunitensi ebritanniche ma, in parte anche quelle slovene e francesi) possiamo citare la prolungataed ostinata diffidenza della comunità archeologica italiana nell’adozione dello strumentoinformatico. Tale ritardo si è manifestato con particolare evidenza soprattuttonell’approccio ai sistemi GIS, dei quali ancora oggi non tutti hanno percepito conchiarezza le potenzialità e le reali possibilità d’applicazione. Un altro freno è costituitodalla mancanza, sul mercato, di softwares appositamente concepiti per l’archeologia. E’stata necessaria una lunga fase di sperimentazione e di verifica dei vari programmi,mirata alla scelta di quelli ritenuti più funzionali alle esigenze della ricerca. Alcunigruppi di lavoro sono andati oltre la semplice adozione di un applicativo specifico,sforzandosi di progettare sistemi che integrassero più architetture software, mediante iquali controllare l’intero processo di catastazione e gestione dell’informazione. Si trattadella costruzione (attraverso programmazione) di sistemi GIS, basati principalmentesull’integrazione fra programmi d’archiviazione (alfanumerica e in alcuni casimultimediale) e piattaforme GIS. Il LIAAM (Laboratorio di Informatica Applicataall’Archeologia Medievale), gruppo di lavoro sviluppatosi in seno all’area diArcheologia Medievale (Prof. Riccardo Francovich e Prof. Marco Valenti)dell’Università di Siena, ha adottato questa soluzione. Nello specifico, è stato concepitoe costantemente sviluppato negli anni un sistema di gestione e di interrogazione dei datidenominato OpenArcheo. Quest’ultimo può essere definito come il “prototipo di unsistema integrato ed aperto per la gestione del dato archeologico che, tramiteun’interfaccia semplice, permette di collegare vari tipi di dati (cartografici, planimetrici,alfanumerici, grafici, multimediali, ecc.) in modo multidirezionale fra le diverseapplicazioni usate”1. Come già accennato, la costruzione di simili soluzioni richiedeavanzate competenze informatiche, in particolare conoscenza approfondita degliapplicativi in questione e dei linguaggi di programmazione. E’ importante che siano glistessi archeologi ad acquisire il know-how richiesto per la creazione di sistemi ad hoc;solo in questo modo, infatti, potranno sfruttare al meglio i programmi utilizzati,

1 FRANCOVICH-VALENTI 2001, p. 109. Per una esauriente descrizione del sistema OpenArcheo si

rimanda a VALENTI 1998a, p. 312 e pp. 326-328; FRANCOVICH-VALENTI 2001, pp. 109-114;

VALENTI-ISABELLA-SALZOTTI 2001, pp. 37-41 e VALENTI et alii 2001. E’ inoltre disponibile in

rete una sezione dedicata, consultabile a partire dall’indirizzo:

http://archeologiamedievale.unisi.it.NewPages/LABORATORIO/home.html.

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piegandoli alle proprie esigenze. Il ricorso a tecnici esterni, in grado di garantire unprodotto molto affidabile dal punto di vista tecnico-informatico, nasconde infatti almenodue grossi svantaggi. Non essendo progettate direttamente da un’utenza archeologica,queste soluzioni difficilmente assicurano un uso mirato alle esigenze dell’indaginestorico-archeologica. Inoltre, si tratta di pacchetti preconfezionati sui quali l’archeologo,rimanendo estraneo alle fasi di costruzione, non sarà in grado di apportare correttivi oaggiornare un sistema destinato a diventare obsoleto nel giro di pochi anni. In altritermini, la soluzione esterna non assicura quell’autonomia che è invece fondamentaleper un corretto ed appropriato uso dello strumento di gestione informatica.

Nell’ultimo decennio, il sempre più intensivo ricorso alle tecniche informatiche(almeno da parte di alcune realtà di ricerca) ha consentito un notevole miglioramentodelle metodologie di gestione e documentazione dei progetti di cartografia archeologica.In particolare, si è registrato un salto di qualità nella fruizione delle basi topografiche disupporto e nel campo delle tecniche di registrazione, trattamento e restituzione delleevidenze archeologiche.Il lavoro a tavolino è stato quasi completamente sostituito dall’impiego dei computers.Questo non significa una totale automazione delle procedure d’indagine, ma sicuramenteè garanzia di completezza e rigore nella compilazione delle informazioni acquisite.L’utilizzo della macchina, quindi, non rappresenta solo un cambiamento di comodo, mapiuttosto un’imprescindibile esigenza per garantire uno standard di documentazioneavanzata. Nello specifico, l’uso di piattaforme GIS, nelle quali il dato viene registratosenza conversione di scala, ha finalmente permesso di fornire una rappresentazione deldato molto precisa ed accurata, basata sulla restituzione planimetrica e georeferenziatadelle evidenze. Inoltre, includendo la dimensione spaziale del dato, hanno finalmentefacilitato ed implementato l’applicazione di tecniche d’analisi spaziale e statisticafinalizzate alla comprensione dei fenomeni socio-economici e politico-insediativi nellospazio.

Vale la pena di soffermarsi su tre proprietà basilari che non riguardanoesclusivamente il trattamento dell’informazione archeologica, ma più genericamente lagestione dei processi informatici:

a) POLVERIZZAZIONE DEI TEMPI DI LAVORO. Con l’adozione delle tecnicheinformatiche sono stati drasticamente ridotti i tempi della ricerca, in ciascunadelle sue fasi operative. Operazioni per la cui realizzazione erano richieste ore (senon giorni) se eseguite manualmente, vengono oggi effettuate dal calcolatoreelettronico nell’arco di pochi secondi2.

b) CAPACITÀ DI GESTIONE DI GROSSI QUANTITATIVI DI DATI. La ricerca archeologicasi è spesso arenata sulle difficoltà legate all’impossibilità (o incapacità) di gestire,in tempi accettabili, i grossi quantitativi di dati prodotti nel corso delle indagini.Questi problemi hanno spesso comportato la rinuncia alla pubblicazione deirisultati delle ricerche, venendo meno ai propositi di sviluppo e di allargamentodel dibattito negli ambienti scientifico-accademici. L’informatica, in questo

2 Da una sperimentazione effettuata nell’ambito della Carta archeologica della Provincia di Siena, è

emerso come una ricerca tematica, realizzabile nel giro di pochi minuti su piattaforma GIS, richieda oltre

quaranta ore se eseguita manualmente. (FRANCOVICH 1999, p. 56)

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senso, ha rappresentato una provvidenziale soluzione, facilitando lamemorizzazione, e a seguire la consultazione e l’analisi, di corpose banche datigrazie alle sue grandi capacità di memoria e di calcolo. L’esponenziale aumentodi disponibilità degli hard disk permette oggi di catastare la documentazione diinteri progetti d’archeologia, anche quelli svolti in anni passati (primadell’avvento dell’informatizzazione). In questo modo, è possibile implementarelo stato della conoscenza archeologica collettiva e soprattutto dotare gli entipubblici di materiale utile ad un’efficace politica di tutela e valorizzazione.

c) F ACILITÀ D I VEICOLAZIONE DELLE INFORMAZIONI. L’affermazionedell’informatica ha avuto ampie ripercussioni anche sui criteri e sugli strumentidella comunicazione. A tal proposito è sufficiente ricordare l’importanzaacquisita dallo sviluppo delle reti telematiche che consentono, tramite unqualsiasi terminale, la condivisione e la comunicazione delle informazioni suscala mondiale in tempo reale. L’archeologia, così come qualsiasi altro ambitodisciplinare, deve riuscire ad inserirsi all’interno degli odierni sistemi dicomunicazione, pena la sua esclusione dai principali circuiti di comunicazione.Pertanto è fondamentale, per gli archeologi, adeguarsi agli standard informatici etelematici, elaborando un linguaggio in grado di proporre i contenuti maturati adun pubblico più vasto ed eterogeneo possibile (da un’utenza scientifica agli entipubblici o ancora al semplice appassionato). Gli strumenti informatici si sonorivelati perfetti allo scopo. Essi consentono la restituzione dell’informazione aduna pluralità composita di soggetti e secondo tecniche di comunicazionedifferenziate per tipologia di linguaggio e per bacini d’utenza. La crescita delmovimento dovrà quindi passare dalla sua capacità di sfruttare gli attuali canali dicomunicazione (internet su tutti) e, quindi, di far circolare rapidamente i propridati condividendoli con il “villaggio globale”.

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2. LO STRUMENTO GIS (GEOGRAPHICAL

INFORMATION SYSTEM)

Dal punto di vista semantico, GIS è l’acronimo dell’inglese Geographical

Information System, traducibile in italiano come Sistema Informativo Geografico (SIG)o Territoriale (SIT)3. Un’interpretazione ragionata dei significati dei singoli terminiconsente di capire che si tratta di un insieme di parti interagenti, atto a produrreinformazione riferibile al territorio e quindi georeferenziata4.Al di là di questa prima chiave di lettura non è semplice riuscire a fornire unadefinizione unica ed onnicomprensiva di GIS. Allo scopo è opportuno operare,preliminarmente, una differenziazione fra il software GIS, ossia lo strumentoinformatico, e la “soluzione GIS”, che presuppone l’integrazione di diverse componenti,tecnologiche ed umane.

Per quanto concerne la prima accezione, “il GIS è un software in grado dipresentare, analizzare e gestire elementi grafici ma soprattutto geografici, cioè unarappresentazione della realtà che permette l’archiviazione di dati ed attributi legati aglielementi rappresentati.”5

La tecnologia GIS si fonda sull’integrazione fra grafica e cartografia computerizzata dauna parte, ossia applicativi CAD6 (Computer Aided Design ) e CAM 7 (Computer Aided

3 Una questione mai risolta con chiarezza, in ambiente italiano, è la frequente confusione che viene

operata fra le sigle GIS e SIT. In realtà, si tratta degli acronimi relativi alla stessa espressione, in lingua

inglese ed italiana. Nonostante ciò, alcuni autori tendono ad operare una distinzione fra i due termini. C.

Schenone, ad esempio, distingue tra Sistema Informativo Geografico (SIG, corrispondente all’inglese

GIS) e Sistema Informativo Territoriale (SIT). Con il primo intende indicare esclusivamente gli strumenti

informatici (hardware e software), con il secondo il risultato dell’integrazione del SIG (l’apparato

tecnologico) con dati e procedure applicative richieste per l’elaborazione delle informazioni (SCHENONE

1997, p. 4; pp. 124-125). Si tratta, in pratica, di quella che definiremo “soluzione GIS”.

Anche G. Azzena distingue fra SIT, dall’inglese LIS (Land Information System), e SIG, dall’inglese GIS.

Egli individua l’origine del SIT nell’ambito amministrativo, mentre definisce il SIG (o GIS) come lo

strumento che ”può utilmente supportare ogni tipo di analisi socio-politica ed economica su scala macro-

comprensoriale che riguardi fenomeni per i quali è sì necessario disporre di contestualizzazione

geografica, ma certamente non di lunghezza, larghezza e profondità…”. Nel primo caso, gli strumenti

saranno funzionali alla gestione di grandi masse di dati con alta precisione cartografica e facilità di

fruizione da parte dell’utenza pubblica. Nel secondo caso, dovranno invece essere idonei all’analisi

statistica, all’elaborazione numerica e alla visualizzazione selettiva di analisi territoriali su aspetti

morfologici e soprattutto su fenomeni sociali, economici e politici (AZZENA 1997, pp. 39-40).4 La georeferenziazione è il “processo attraverso il quale un dato oggetto è posizionato su una carta

secondo un sistema di coordinate”. (FAVRETTO 2000, p. 165)5 NARDINI 2001b, p. 2.6 “La funzione primaria dei sistemi CAD è essenzialmente quella di mostrare ed elaborare le informazioni

visuali e grafiche” (FONDELLI 2000, p. 239). Il CAD offre la possibilità di realizzare cartografia

vettoriale, potendone gestire, in qualsiasi momento, l’aggiornamento, la riproduzione e l’archiviazione. La

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Mapping), e tecniche di gestione delle banche dati alfanumeriche dall’altra, ossia latecnologia Database Management. Alle origini del GIS sta l’integrazione, oltre che dellecitate tecnologie, anche di varie discipline quali la cartografia, la fotogrammetria8, lageodesia9 e il remote sensing

10, con i rispettivi campi correlati.

I softwares GIS sono concepiti come pacchetti contenenti vari moduli operativi,autonomi ed interagenti, in grado di gestire tutte le fasi di un processo di lavoro suelementi spaziali, dall’acquisizione del dato (funzioni di input) alla sua restituzione(funzioni di output), passando per le operazioni d’archiviazione, trattamento edelaborazione delle informazioni. Si tratta dunque di una tecnologia modulare, le cuivarie parti sono utilizzate secondo le esigenze e le finalità dell’utenza interessata.

Relativamente alla “soluzione GIS”, la sua applicazione ad ambiti di ricerca, dipianificazione e di analisi differenti non permette di andare oltre ad una formulageneralizzante, che esuli dalle specifiche forme di fruizione e dalle particolari esigenzedi un’utenza sempre più diversificata. In questa prospettiva, riteniamo che la definizionepiù appropriata sia quella fornita da N. Chrisman ed adottata da A. Favretto: “un sistemadi software, hardware, dati, persone, organizzazioni e accordi istituzionali perraccogliere, registrare, analizzare e distribuire informazioni sulle aree del pianeta terra”.Altri autori hanno fornito definizioni più o meno differenti, spesso frutto di unaconcezione più settoriale di GIS. Su un aspetto concordano tutte le versioni: la necessitàdi coniugare la tecnologia informatica con le risorse umane (competenze tecniche,impostazione logica dei sistemi, gestione istituzionale e finanziaria), considerate aragione l’anima di qualsiasi sistema informativo. La capacità dell’utenza di costruire,interrogare e sfruttare un GIS rappresenta, di fatto, l’unico limite alla sua fruizione.

mappa viene costruita su vari livelli (layers) di disegno elettronico, memorizzati mediante digitalizzazionedelle coordinate delle “primitive grafiche” (linee e punti) cui sono associati gli elementi geometrici piùcomplessi.7 “Sinonimo di cartografia assistita dall’elaboratore, cioè di formazione di cartografia generale e tematicaavvalendosi delle potenzialità offerte da un centro di calcolo” (FONDELLI 2000, p. 239).Il CAM è quindi una tecnica che permette la produzione di mappe, con buona resa grafica, in velocità edeconomia. Consente l’archiviazione dei dati, il loro trattamento attraverso limitati metodi statistici e larestituzione grafica per mezzo di periferiche di stampa. Essendo le funzioni di analisi molto limitate, lefinalità primarie rimangono quella di archiviazione e rappresentazione; rispetto al GIS, inoltre, nonconsente la creazione di nuove informazioni a partire dai dati già catastati al suo interno. (GAFFNEY-STANCIC 1996, pp. 15-16)8 “Si definisce fotogrammetria l’insieme dei processi che utilizzano le prospettive fotografiche centrali perla formazione di cartografie topografiche e documentazioni di beni culturali” (FONDELLI 2000, p. 263);la fotogrammetria digitale “costituisce l’evoluzione più recente della metodologia fotogrammetrica eprende in esame, al posto dei tradizionali fotogrammi, la loro conversione in forma numerica”(FONDELLI 2000, p. 264).9 La geodesia è “la scienza che si occupa della determinazione della figura e del campo esterno dellagravità della Terra, e di determinarne i relativi parametri ellissoidici dimensionali”; quando applicata allatopografia si occupa “dei rilevamenti di interesse topografico, catastale, urbanistico e di ingegneria”(FONDELLI 2000, p. 265).10 Il termine “Remote Sensing” designa l’insieme delle tecniche non distruttive applicate all’indagineterritoriale (trattamento di immagini satellitari e foto aeree, prospezioni geofisiche ed elettromagnetiche,ecc.). Per una visione generale delle tematiche e delle problematiche di ricerca del remote sensing si rinviaa FORTE-CAMPANA 2001a.

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IL GIS IN ARCHEOLOGIATre sono i principali ambiti d’applicazione del GIS in archeologia:

processamento e archiviazione delle informazioni; produzione di informazioni ed ipotesidi interpretazione dei dati; supporto per l’analisi, la decisione o la programmazione diinterventi. Secondo le esigenze e le finalità, è possibile scegliere su quale tipod’applicazione improntare la costruzione del sistema.

I fruitori del sistema GIS, in archeologia, possono essere ricondotti a duecategorie. La prima è costituita dai ricercatori, che, da questo strumento, possonoricavare informazioni utili per pianificare gli interventi archeologici. Ci riferiamo, inparticolare, all’individuazione delle aree campione in un progetto di ricognizionetopografica, o all’apertura di aree di scavo, in contesti di indagine stratigrafica. Laseconda categoria va invece individuata negli organi di amministrazione e di tutela, alfine di favorire la gestione, la salvaguardia e la valorizzazione della risorsa archeologica.Considerate le potenzialità dello strumento, la comunità archeologica si è impegnatanella ridefinizione delle metodologie di ricerca, plasmandole sulla base delle possibilitàe delle esigenze dei sistemi GIS. Gli sforzi principali, in tale direzione, si sonoconcentrati sulle fasi di catastazione e catalogazione dei dati all’interno dellepiattaforme. Queste rappresentano, di fatto, una “cartina tornasole impietosanell’evidenziare le carenze di documentazione” in quanto necessitano di unaregistrazione del dato precisa e completa, che ha richiesto un progresso anche nellemetodologie d’indagine sul campo.

In ambito italiano è maturata una grande attenzione poprio per gli aspetti dellaregistrazione e della catastazione del dato, di primaria importanza per garantire lasalvaguardia della risorsa archeologica e del suo bagaglio informativo. Sono stateelaborate varie metodologie di acquisizione e restituzione del dato, sia cartografico siainformativo, mentre sono state gioco forza trascurate, fino a tempi recenti, le fasi dielaborazione dati e di interpretazione dei modelli. Tale tendenza risulta evidentepassando in rassegna i principali progetti di cartografia archeologica gestiti medianteGIS. Il progetto Carta Archeologica d’Italia – Forma Italiae

11 e il progetto Mutina 12

risultano improntati alla fornitura di un apparato informativo e cartografico che, oltre ad

11 Il Sistema Informativo Territoriale della Carta Archeologica d’Italia – Forma Italiae è gestito, dagli anni

Ottanta, da P. Sommella e G. Azzena, della cattedra di Topografia Antica dell’Università di Roma. Il

progetto ha contribuito in maniera decisiva all’introduzione della tecnologia GIS in Italia, fornendo anche

importanti contributi nel dibattito nazionale sulle tecniche e sulle metodologie di catastazione del dato e di

rilievo topografico delle emergenze (tramite GPS e stazioni totali). In proposito si rimanda ad AZZENA

1989, SOMMELLA 1989, SOMMELLA-AZZENA-TASCIO 1990, AZZENA 1992, SOMMELLA 1992,

AZZENA-TASCIO 1996, AZZENA 2001.12 Il progetto Mutina, coordinato da A. Cardarelli e M. Cattani, è nato dalla collaborazione fra Comune di

Modena, Soprintendenza Archeologica e Museo Archeologico Etnologico di Modena, per la redazione di

una carta archeologica comunale aggiornabile in tempo reale, con le informazioni provenienti da

un’attività di ricognizione costante e sistematica. Le informazioni acquisite ed introdotte all’interno del

sistema di gestione vengono contemporaneamente messe a disposizione del Settore Pianificazione

Territoriale dell’amministrazione comunale, allo scopo di favorire i processi di tutela e valorizzazione

della risorsa archeologica all’interno delle dinamiche di programmazione territoriale. Riferimenti

bibliografici: CATTANI 1997, GUERMANDI 1997, pp. 147-149, CARDARELLI-CATTANI et alii

2001.

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adempiere alle esigenze della ricerca scientifica, funga prioritariamente da supporto perle operazioni di tutela e di pianificazione. Si è sviluppato così un lungo dibattito sullemodalità di registrazione delle informazioni, mentre si sono finora trascurate le fasid’elaborazione e di modellizzazione.

PREROGATIVE E CARATTERISTICHE DEI GISI GIS moderni possono essere classificati in tre tipi, secondo i formati numerici

supportati ed utilizzati per l’analisi:1) VETTORIALI (MAP-BASED): impiegati nell’analisi dei confini, delle relazioni fra

oggetti e nelle rappresentazioni tematiche. Assolvono funzioni d’archiviazione edinterrogazione degli attributi associabili agli oggetti grafici. Si rivelano preferibiliqualora sia richiesta un’alta qualità cartografica (precisione e definizione deglielementi) e per le analisi infrasito (quindi per ambiti d’indagine circostanziaticome i contesti di scavo archeologico);

2) RASTER (IMAGE-BASED): impiegati in particolar modo nei settori del Remote Sensing

e dell’image-analysis. Rappresentano una forma d’archiviazione molto semplice,ma altrettanto dispendiosa in termini di memoria richiesta. Sono particolarmenteindicati per le analisi a larga scala su superfici continue e per l’individuazionedelle interazioni fra dato archeologico e dato ambientale;

3) MISTI (RASTER VERSUS VECTOR): a questa tipologia appartengono la maggior partedei software GIS attualmente in distribuzione. Lo sviluppo degli applicativi e delleesigenze dell’utenza fanno sì che sia preferibile poter gestire, all’interno dellastessa piattaforma, tutti i tipi di dato, applicandone le varie metodologie di analisie trattamento.

All’interno di un GIS le coordinate sono memorizzate senza conversione di scala.Questo significa poter visualizzare i dati a qualsiasi scala, combinando nello stessospazio di visualizzazione informazioni ricavate anche da carte a differente scalad’acquisizione. Quest’ultima diventa semplicemente un parametro per stabilire il gradodi dettaglio della rappresentazione. E’ inoltre possibile la conversione di proiezionicartografiche e sistemi di riferimento dei dati, consentendo l’utilizzo contemporaneo dicartografia redatta in paesi diversi o semplicemente con criteri fra loro differenti.Altra prerogativa é la capacità d’aggiornamento dei dati, grafici e alfanumerici, che ponel’utente nella possibilità di gestirli anche nella loro dimensione temporale. In qualsiasimomento è possibile procedere a correzioni o integrazioni della banca dati,mantenendola aggiornata e, al tempo stesso, conservando memoria dei cambiamenti deisistemi territoriali indagati.Un’ultima considerazione riguarda le funzionalità cartografiche dello strumento. Ladiffusione dei GIS ha consentito ad un’eterogenea utenza di diventare produttrice dicartografia. Se fino a vent’anni fa la produzione di supporti cartografici era prerogativadi cartografi professionisti, oggi qualsiasi ricercatore che abbia dimestichezza con lostrumento GIS è in grado di produrne autonomamente. Questa è una grande conquistasoprattutto per ambienti, quale quello archeologico, che fanno del territorio il loro

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oggetto di studio ed hanno quindi necessità di supportare le indagini con adeguaterestituzioni cartografiche.

STRUTTURA DEI GISLa progettazione di sistemi informativi richiede una struttura aperta e flessibile di

tipo modulare, tramite la quale sia possibile modificare o implementare parti del sistemasenza alterarne l’assetto generale. Questo consente il dialogo con altri sistemi, anchediversi, e con applicativi esterni. Grazie a questa struttura, sono più semplicil’adeguamento degli strumenti tecnologici, considerati i rapidi ritmi d’evoluzione delmercato informatico, e l’aggiornamento delle banche dati dei sistemi geografici trattati,soggetti ai continui cambiamenti delle strutture territoriali.Complessivamente, possiamo ricondurre la struttura di un GIS a quattro principaliambiti operativi: l’acquisizione dei dati (cartografici ed informativi), la loro gestione, iltrattamento (spaziale e statistico) e, infine, la restituzione.Le attuali tendenze di sviluppo dello strumento prevedono una consistenteimplementazione delle componenti di analisi spaziale, che hanno sancito il superamentodella concezione di GIS come strumento per la sola produzione di cartografia, ridotto adun semplice archivio di dati georeferenziati. Le funzioni cartografiche rimangonoovviamente di fondamentale importanza, ma non più fini a se stesse, bensì comemomento di sintesi delle elaborazioni statistico-analitiche, più facilmente interpretabilinella loro forma grafica.

PRINCIPALI APPLICAZIONI DEI GISI sistemi informativi possono essere utilizzati per molteplici applicazioni, privilegiando,a seconda dei casi, l’uso delle funzioni più idonee alla loro realizzazione.In campo archeologico, tali funzioni sono riassumibili in tre categorie: archiviazione eprocessamento delle informazioni, supporto per analizzare e prendere decisioni oprogrammare interventi, produzione di informazioni ed ipotesi di lettura dei dati. Più ingenerale, un sistema informativo comprende una vasta gamma di operazioni, finalizzatea favorire le capacità interpretative, gestionali, critiche e decisionali dell’utenza. Fra letante:1) Applicazioni per la redazione di cartografia numerica. Nati proprio in

seguito ad applicazioni nell’ambito della cartografia numerica, i GIS continuano

ancora oggi ad esserne strumenti fondamentali. L’utenza, in questo campo, è

costituita ovviamente dagli enti cartografici, fra i quali bisogna includere le

amministrazioni pubbliche. Per le fasi di redazione è necessario prevedere anche altre

applicazioni, quali il volo aereo, la ripresa aerofotogrammetrica, la stereorestituzione,

il rilievo topografico sul terreno e la digitalizzazione di carte e dati già noti.

2) Applicazioni per la monitorizzazione di valori o elementi. Gli esempi

più comuni sono legati al controllo degli agenti atmosferici (meteorologia) o dei tassi

di inquinamento atmosferico, idrico, acustico, etc., Simili applicazioni, legate però ad

elementi materiali, si possono avere anche per attività di controllo del patrimonio

fisico-naturalistico, storico-architettonico ed archeologico. Si avvalgono di tali

applicazioni i vari istituti per la tutela, intesa nella più larga accezione del termine.

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3) Applicazioni per la gestione degli spazi geografici, antropici,

economici e produttivi e per la gestione dei dati rilevati sul territorio.

In questi casi i principali fruitori sono le pubbliche amministrazioni (per la redazione

di piani territoriali di coordinamento (PTC), di piani paesistici regionali e, più in

generale, per la costruzione di quadri conoscitivi), le aziende (gestione dei servizi alla

clientela) e qualsiasi ente o privato che intenda gestire informazioni distribuite nello

spazio e nel tempo (in questo gruppo rientra l’utente archeologo).

FUNZIONI OPERATIVE DELLO STRUMENTO GISLe funzioni operative di un GIS ne rispecchiano la struttura e prevedono una

vasta tipologia di operazioni e comandi funzionali al genere di applicazione richiesta.

Nell’ambito della cartografia archeologica, oggetto del corso, vanno considerate

essenzialmente le seguenti funzioni:

1) Funzioni di acquisizione dei datia) CODIFICA E ACQUISIZIONE DEI DATI. Tale funzione viene adoperata nelle fasi

di redazione della cartografia numerica, cioè di digitalizzazione grafica deidati e d’inserimento dei relativi attributi. Per la cartografia vettoriale, sonogenerati due file ASCII che contengono rispettivamente le coordinate dipunti, linee o poligoni, e le stringhe degli attributi da associare a ciascunelemento grafico. Per la cartografia raster, il file di georeferenziazione, odirettamente il file immagine, sono compilati con valori che determinano ladimensione dei pixel, il numero di righe e colonne, le coordinate di uno deiquattro vertici dell’immagine e l’orientamento della griglia. Grazie alleoperazioni di codifica e acquisizione sarà possibile, in seguito, non solovisualizzare i dati, ma altresì interrogarli, elaborarli e procedere allacreazione di tematismi.

b) CONVERSIONE. Considerata l’eterogeneità dei dati che confluiscono in unsistema informativo; è spesso opportuno procedere alla loro conversione. Ilprimo tipo di conversione è quello che permette di passare dal datoanalogico a quello digitale, attraverso la digitalizzazione, per i supportivettoriali, o la scannerizzazione, per i dati raster. Il secondo tipo consentel’acquisizione di dati dal rilevamento topografico diretto sul terreno (GPS estazioni totali), per mezzo di tecniche di coordinate geometry (COGO), cioèd’input di coordinate. Infine, ci può essere conversione di dati digitali fradifferenti strutture (tabulare, raster e vettoriale) o tipologie (puntuale,lineare, poligonale, areale).

2) Funzioni di correzione e trasformazione della geometria dei datigrafici. Acquisiti i dati, si può procedere, se necessario, alla correzionegeometrica degli elementi grafici, che rappresenta un caso particolare ditrasformazione di coordinate. Tale funzione è utilizzata per il posizionamento dellebasi numeriche sul riferimento della proiezione cartografica piana. Per effettuarel’operazione è fondamentale far corrispondere alle coordinate assolute dellaproiezione (ad esempio sistemi di riferimento Gauss-Boaga o UTM) altrettantipunti noti nelle loro coordinate strumentali (digitalizzazione CAD su piano

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cartesiano con coordinate locali x, y). I recenti sviluppi dei software GIS hannosveltito e facilitato tali mansioni. Quando sono particolarmente sviluppate lefunzioni di CAD, è possibile esercitare queste operazioni anche con il semplicespostamento e la rotazione manuale degli elementi geometrici fino alla perfettacorrispondenza con la relativa griglia di punti per i quali si dispone dellecoordinate assolute. In ambito archeologico, tali operazioni permettono lageoreferenziazione dei rilievi topografici cartacei (ad esempio la documentazionegrafica di scavo) facendo corrispondere la rete della picchettatura tracciata sulcampo, digitalizzata in sistema locale, con la griglia degli stessi punti battuti astazione totale e restituiti in coordinate chilometriche.

3) Funzioni di manipolazione ed analisi dei datia) CONVERSIONE. Le funzioni di conversione sono state già trattate nel

paragrafo relativo all’acquisizione dei dati. Tuttavia, è opportunoconsiderare le funzioni di conversione pertinenti anche all’ambito analitico,essendo strumento fondamentale per il trattamento di specifiche forme didati. In particolare, sono utili le conversioni in formato raster-grid, idoneo altrattamento dei dati per applicazioni di analisi spaziali.

b) MISURAZIONI DI DISTANZE, PROSSIMITÀ ED AREE. Tale funzione consente dicalcolare lunghezze, perimetri ed aree pertinenti agli oggetti geometrici dellecartografie digitali. Per quanto concerne il concetto di distanza, esso puòessere espresso, oltre che in base all’accezione euclidea, anche in termini ditempo impiegato, di costi di percorrenza o di energia necessaria. Riuscire acalcolare tali valori significa poter tracciare percorsi minimi in termini dirapporto fra distanza, tempo e costo.

c) MODULI DI ANALISI SPAZIALE. I vari GIS in commercio comprendono,all’interno dei pacchetti di vendita, appositi moduli per il trattamento deidati, al fine di elaborare analisi di tipo spaziale. Fra le applicazioni piùcomuni in ambito topografico si possono annoverare:- Operazioni di interpolazione. Si tratta di procedure adottate per “la

stima di valori relativi ad elementi non censiti in un’area di riferimento,per la quale sono invece disponibili altri valori osservati“13. E’ benesottolineare che, tramite queste procedure, e indipendentemente daquanto possano essere sofisticati gli algoritmi impiegati, vengono fornitedelle stime e non dei valori reali. I principali tipi di interpolazione sono:IDW (Inverse Distance Weighting), Kriging, Nearest Neighbor (vicinoprossimo), i poligoni di Thiessen, le medie mobili spaziali e leinterpolazioni sui dati in elevato, che portano alla costruzione di DTM eTIN, ecc.

- Operazioni sui dati di elevazione. Comprendono una gamma dioperazioni relative principalmente agli aspetti altimetrici: slope (analisidell’acclività dei versanti), aspect (analisi dell’esposizione dei versanti),hillshade (analisi dell’illuminazione di una regione a seconda dei periodidell’anno e della giornata), viewshed (analisi di visibilità territoriale).

13 FAVRETTO 2000, p. 51.

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d) MODELLI DIGITALI DEL TERRENO. Una delle funzioni di maggior interesse deiGIS è il trattamento delle informazioni relative alle superfici del terreno. Perciascun punto, oltre che le coordinate piane x, y, si può esprimere un valored’elevazione z, riferibile ad una serie di punti o di linee (isoipse). Da questesi può procedere all’elaborazione di più sofisticati modelli digitali delterreno (DTM Digital Terrain Model o DEM Digital Elevation Model)strutturati in formato grid. L’operazione prevede l’assegnazione di un valorealtimetrico per ciascun pixel a partire dai punti quotati, tramiteinterpolazione. In questo modo sono assegnati i valori più probabili, in basea quelli certi relativi ai punti prossimi rilevati. Oltre che in formato raster, imodelli digitali del terreno possono essere restituiti anche mediante strutturevettoriali. E’ il caso della copertura TIN (Triangulated Irregular Network),nella quale i punti quotati diventano i vertici di una rete poligonale costituitada triangoli di forma irregolare. A partire dai DTM saranno possibili unaserie di operazioni, attuabili su piattaforma GIS, per l’individuazione, oltreche dei valori di altitudine, anche di quelli di pendenza e di esposizione deiversanti. Si potranno inoltre generare classi di curve isovalore, ad intervallistabiliti dall’utente, e restituzioni raster di tipo impressionistico dellamorfologia, basate sulla distribuzione delle ombre sul terreno a secondadegli angoli di visuale e di trasmissione della luce (hillshade).

e) PROCESSAMENTO DELLE IMMAGINI. Tale operazione viene esercitata sustrutture di dati di tipo raster. Le immagini digitali oggetto di elaborazione(immagini satellitari, foto aeree, etc.) sono infatti il frutto di un processo dirasterizzazione e quindi restituite sotto forma di matrici di pixel, ciascuno deiquali contraddistinto da un numero intero. Il processamento ricorre afunzioni di analisi spaziale e soprattutto di analisi statistica, applicata aivalori numerici dei singoli pixel. Le sue finalità sono solitamente legateall’acquisizione di informazioni relative a coperture tematiche terrestri. Leapplicazioni più frequenti sono infatti relative allo studio di aspettimorfologici, alla misura di grandezze fisiche, all’individuazione di tipologievegetazionali o di forme di sfruttamento del suolo. Anche l’archeologiabeneficia di tali tecniche, con lo scopo di riuscire a leggere la presenza distrutture nel sottosuolo, mediante la ricerca di anomalie nella crescita dellavegetazione.

4. Funzioni di visualizzazione e presentazione dei dati. Una delleprincipali finalità di un’indagine territoriale svolta con lo strumento GIS è lapresentazione dei risultati. Questa può avvenire per mezzo di grafici, tabulati,listati, report statistici e, ovviamente, carte tematiche. Queste ultime sicompongono di una serie di elementi che contribuiscono a migliorare larappresentazione grafica e a rendere comprensibili i suoi contenuti informativi.Nello specifico, sono stati suddivisi da G. Peverieri in:1. RAPPRESENTAZIONE GRAFICO-NUMERICA. E’ ovviamente l’elemento centrale

della carta, che sintetizza graficamente il contenuto informativo del sistema(elementi grafici ed attributi).

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2. LEGENDE E COMMENTI ALFANUMERICI. Rappresentano la chiave per unacorretta lettura della rappresentazione cartografica, dei suoi simboli, dei suoicromatismi e di qualsiasi altra informazione utile alla sua interpretazione ocomprensione. Elementi testuali vengono utilizzati come titolo dellarappresentazione o come semplice appendice, per la presentazione diinformazioni supplementari pertinenti ai tematismi rappresentati (metadati) oalla descrizione della carta.

3. CORNICE CARTOGRAFICA. Si tratta di elementi di inquadramento topo-cartografico e di riferimento spazio-dimensionale; più precisamente una cartadovrebbe comprendere:- il riquadro che delimita la rappresentazione grafica;- meridiani e paralleli interni all’area cartografata;- il grigliato chilometrico interno all’area cartografata;- le coordinate dei quattro vertici dell’area cartografata;- la scala di rappresentazione espressa in forma grafico-analogica omediante rapporto numerico;- la proiezione cartografica adottata.

4. CARTIGLI. Contestualizzano la rappresentazione grafica centrale, fornendoneun inquadramento cartografico a scala più bassa, che consenta di visualizzare ilcomprensorio d’appartenenza. E’ una rappresentazione di dimensioni ridotte,posizionata marginalmente rispetto a quella principale, spesso in asse colriquadro contenente la legenda.

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3. LA CARTOGRAFIA NUMERICA

Negli ultimi anni è stata denunciata, in più sedi, l’inadeguatezza dei tradizionalistrumenti cartografici per una precisa e funzionale rappresentazione delle emergenzearcheologiche sul territorio. La restituzione dei siti tramite simbologia puntuale, susupporti cartacei solitamente a scala non superiore all’1:25.000, non poteva soddisfare leesigenze di tutela e censimento del patrimonio archeologico e certo non favoriva ilconcreto impiego dei dati nelle dinamiche di pianificazione e valorizzazione. Lasoluzione è arrivata con il superamento della cartografia tradizionale, sostituita (quasicompletamente) da quella numerica. Lo sforzo operato in questa direzione dai varidistributori (l’Istituto Geografico Militare, le Regioni per la Cartografia TecnicaRegionale, gli enti cartografici e le aziende impegnate nel settore) è stato accompagnatodalla realizzazione, all’interno delle amministrazioni pubbliche, di Sistemi InformativiTerritoriali. La cartografia numerica, di fatto, è una componente indispensabile di unsistema informativo. Essa “non avrebbe ragione di esistere se non come base ed infunzione di un SIT, in cui i dati cartografici sono mantenuti fisicamente distinti e perciòelaborabili ed integrabili secondo le necessità per dar luogo, solo in fase dirappresentazione grafica finale, alla mappa tradizionale.”14 Nell’ambito della rivoluzionedigitale, i cambiamenti non hanno quindi interessato le basi cartografiche, cherimangono l’IGM, la CTR, le mappe catastali e varia cartografia tematica, ma piuttostole strutture dei dati (raster e vettoriali), gli strumenti (CAD e soprattutto GIS) e,conseguentemente, le modalità e le potenzialità della loro fruizione. In particolare,l’utilizzo di piattaforme GIS ha consentito un approccio più complesso ai dati ed unagestione più elastica e funzionale delle informazioni.

Possiamo definire la cartografia digitale come “un insieme di dati topograficiespressi in forma numerica, suscettibili di essere direttamente trasformati inrappresentazione grafica, ma anche di essere direttamente elaborati ed integrati per lamessa a punto di un sistema informativo georeferenziato, nonché di essere utilizzati perlo sviluppo d’analisi statistiche e ricerche operative di particolare interesse quantitativo equalitativo.”15 E’ il risultato dell’applicazione, alla cartografia tradizionale, di tecnicheed algoritmi che trasformano le rappresentazioni grafiche in archivi numerici, nei qualisono codificate le coordinate e gli elementi che caratterizzano le figure e la qualità dellarestituzione. Diversamente dai supporti cartacei, le coordinate sono memorizzate senzaconversione di scala e pertanto i dati digitali sono stampabili e visualizzabili a qualsiasirapporto di riduzione metrica. Ne consegue che il GIS permette di integrare nello stessospazio di visualizzazione dati acquisiti a scale diverse. Queste, di fatto, diventano

14 SECONDINI 1988, p. 33.15 FONDELLI 2000, p. 243.

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solamente un parametro per definire il grado di accuratezza e di risoluzione deglielementi grafici16.

Prerogativa della cartografia numerica all’interno di un sistema informativo è lageoreferenziazione, ossia “il processo attraverso il quale un dato oggetto é posizionatosu una carta secondo un sistema di coordinate”17 La georeferenziazione degli oggetti delmondo reale avviene quindi mediante loro associazione ad un’entità geometrica (punto,linea o poligono), idonea alla sua rappresentazione e posizionata tramite assegnazione dicoordinate.Ciascun oggetto viene inoltre classificato all’interno di un livello (layer), corrispondentead un tematismo, e descritto mediante attributi; la sua individuazione e classificazione èquindi possibile attraverso un’opportuna operazione di codifica.In definitiva, le coordinate definiscono univocamente la posizione spaziale dei punti,mentre gli attributi ne stabiliscono la loro identità ed appartenenza ad una determinataentità.

Altre rilevanti proprietà della cartografia numerica sono l’aggiornabilità, lavelocità d’elaborazione e la capacità d’implementazione o, viceversa, di riduzione(mediante operazioni d’estrazione) dei dati. E’ inoltre possibile operare unariclassificazione per categorie di attributi o per caratteristiche grafico-dimensionali. Lasovrapposizione di piani cartografici diversi per struttura di dati, scala d’acquisizione edoggetto, consente di derivare nuova cartografia tematica (funzioni di sovrapposizione ederivazione). Inoltre, è opportuno ricordare le potenzialità di conversione fra strutture didati diverse (raster e vettoriale) e fra tipologie d’entità grafiche differenti (punti, linee osuperfici).

Per quanto concerne, infine, la circolazione e la divulgazione dei daticartografici, lo sviluppo delle reti informatiche (intranet ed internet), e la realizzazionedi moduli GIS dedicati all’uscita in rete, permettono oggi di consultare ed interrogare,attraverso browser, basi di lavoro e relative banche dati.

LE TIPOLOGIE DEI DATILa maggior parte delle applicazioni GIS separano la gestione dei dati spaziali e

dei relativi attributi in due differenti strutture dei dati, funzionanti autonomamente edinteragenti attraverso elementi di raccordo.

I dati spaziali (o grafici) sono utilizzati per la rappresentazione di fenomenigeoreferenziabili attraverso due classi di elementi grafici:

1) LE PRIMITIVE GEOMETRICHE: punto e linea (spezzata):a) IL PUNTO é determinato da una coppia di coordinate ed é un’entità

adimensionale;b) LA LINEA è determinata da coppie di coordinate adiacenti e continue ed è

un’entità unidimensionale. Può essere rappresentata da:- un segmento (retta collegante due punti);- una stringa (serie continua di segmenti);- un arco (serie di punti che definiscono una curva);

16 AZZARI 1996, p. IX.17 FAVRETTO 2000, p. 165.

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- una catena (sequenza diretta di segmenti o archi con un nodoall’inizio ed uno alla fine).

2) LE PRIMITIVE COMPLESSE: poligoni e nodi:a) IL POLIGONO è una porzione del piano racchiusa da una linea di contorno;

determina un’area che è un oggetto continuo a due dimensioni;b) IL NODO è il punto nel quale confluiscono due o più estremi di linea.

Oltre a quelli costituiti dalle primitive (punto, linea, poligono ed area), altri due elementicontribuiscono alla generazione di dati spaziali:

a) IL PIXEL18, unità minima per la composizione dei dati raster;

b) IL SIMBOLO19, unità di rappresentazione dei dati puntuali vettoriali.

La componente spaziale contiene informazioni relative ai fenomeni georeferenziabili; inparticolare:

1) LOCALIZZAZIONE: espressa con riferimento ad un sistema di coordinate;2) FORMA: esprimibile attraverso punti, linee, aree e superfici:

a) PUNTI: la rappresentazione puntuale può essere utilizzata per referenziareinformazioni legate al valore di un fenomeno fisico (es: la temperatura, ipunti quota, ecc.) o un fenomeno antropico (es: l’inquinamento,l’insediamento, ecc.). Dal punto di vista topografico, si ricorre allarappresentazione puntiforme per la localizzazione di oggetti troppopiccoli rispetto alla scala di rappresentazione oppure per indicare ilbaricentro di un fenomeno più vasto (es: i centri urbani);

b) LINEE: la rappresentazione lineare è legata alla definizione di confini fravalori diversi oppure per descrivere l’andamento di un fenomeno naturale(es: l’idrografia) o antropico (es: la viabilità);

c) AREE: le aree sono definite da confini lineari e risultano soggette avariazioni graduali nel tempo e nello spazio (es: area di spargimento dimanufatti all’interno di un campo arato);

d) SUPERFICI: sono impiegate per la descrizione della superficie terrestre laquale, per la sua morfologia non omogenea, si presenta differente nellevarie zone considerate (es: DTM e piani informativi da esso ricavabiliquali l’acclività o slope);

Gli attributi caratterizzano gli elementi spaziali offrendo informazioni addizionalie fornendo il contenuto semantico del fenomeno rappresentato, tramite descrizione informa alfanumerica, o la sua intensità, quantificata in una misurazione.Gli attributi possono essere:

1) METRICI: attributi riferibili alla geometria delle primitive; sono espressi mediantenumeri e forniscono l’ubicazione (mediante coppie di coordinate), la lunghezzadi linee, il perimetro e la superficie dei poligoni;

18 Il pixel (abbreviazione di picture element) costituisce la più piccola parte, indivisibile, di un’immagine;

è rappresentato da tre valori caratteristici: le due coordinate x e y e il suo valore indice. Nelle metodologie

di Remote Sensing, basate su dati raster, è la fondamentale unità di misura dei dati, indice della

definizione di un’immagine.19 “Il simbolo è un elemento grafico che rappresenta una determinata caratteristica relativa ad un punto

sulla carta” (FAVRETTO 2000, p. 32).

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2) DESCRITTIVI: informazioni in forma alfanumerica (testo o valori numerici)associate alle primitive dall’utente per la descrizione delle loro proprietà;

3) COMPLESSI: prodotti multimediali, immagini, filmati o suoni digitali pertinentiall’elemento rappresentato;

4) GRAFICI: sono gli attributi riferibili alla rappresentazione grafica dell’elemento(colore e dimensioni del simbolo; colore, spessore e tratto di rappresentazionedelle linee; colore e campitura delle aree).

LE STRUTTURE DEI DATINell’ambito della cartografia numerica possiamo riconoscere due differenti

strutture dei dati: quella raster e quella vettoriale. Si tratta di due formati concaratteristiche, potenzialità e fruibilità diverse e, sotto molti aspetti, complementari. Perquesto motivo, nel corso di una ricerca, è possibile ricorrere all’una o all’altra strutturadi dati, privilegiando ora le più immediate modalità di lettura, ora le più articolatefunzioni di interrogazione o di analisi di attributi ed oggetti grafici.

La struttura raster20 impiega una griglia regolare, suddivisa in righe ecolonne, le cui celle (pixel) sono di ampiezza uniforme determinabile dall’utente erappresentano elementi unitari ai quali è assegnato un valore che ne specifica lecaratteristiche. L’elemento chiave è quindi rappresentato dal pixel, avente contenutoomogeneo e non ulteriormente suddivisibile e la cui dimensione, corrispondente ad unaprecisa estensione spaziale sul terreno, esprime anche il grado di risoluzione dellarappresentazione cartografica.All’interno della tipologia raster si possono riconoscere due differenti formati: il raster-

image e il raster-grid.1) IL RASTER-IMAGE rappresenta, di fatto, una mappa memorizzata esclusivamente

come immagine, una “fotocopia elettronica” inadatta a successive elaborazionied utilizzabile solo per la visualizzazione, con alcune semplici funzioni diediting. Tale formato è usato per la riproduzione e la georeferenziazione disupporti cartacei, quali cartografia di base, cartografia storica, piante di scavo,foto aeree zenitali o anche oblique (raddrizzate attraverso appositi softwares) edimmagini satellitari. Cartografie e fotogrammi possono essere acquisitidirettamente in digitale o convertiti dal formato cartaceo, attraverso periferichescanner. Partendo da tali supporti, è possibile, in un secondo tempo, procederealla loro vettorializzazione mediante digitalizzazione. Diversamente rispetto alvettoriale, questo formato non è in grado di connettere singoli oggetti grafici (opixel) e relativi dati informativi. L’unica forma d’informazione che consente èlegata alla lettura diretta delle forme, dei colori, delle scritte o della simbologiariprodotta. Pertanto, la sua utilità è proporzionale al grado di leggibilità e dicomprensione logica del supporto, nonché alla qualità ed alla definizione graficadell’immagine digitale. Attraverso particolari accorgimenti grafici (trasparenza)

20 Possiamo considerare raster “qualsiasi immagine” che “può essere pensata come formata da un insieme

di piccole aree uguali (pixel), ordinate secondo linee e colonne, tali da costituire una matrice. I valori

associati ad ogni cella possono esprimere sia informazioni di tipo grafico (colore, tono di grigio, ecc), sia

di tipo descrittivo (temperatura, pendenza, ecc).” (GLOSSARIO MONDOGIS)

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è possibile inoltre la sovrapposizione fra files differenti. Si possono cosìincrociare coperture ortofotografiche e carte topografiche, riuscendo ad ottenerevisualizzazioni del territorio realistiche e codificate al tempo stesso, arricchendola foto aerea di riferimenti toponomastici e simbologie che ne aumentano lepotenzialità informative.

2) IL RASTER-GRID è ottenuto dalla suddivisione della superficie rappresentata in unamatrice di pixel ai quali é assegnato un valore alfanumerico, atto a tradurrevirtualmente un fenomeno od una proprietà dello spazio reale. Come giàaccennato, il grado di risoluzione di questo genere di dato varia conl’assegnazione alla singola cella di una dimensione corrispondente ad unaporzione di superficie terrestre. A ciascun pixel può essere assegnato un unicovalore rappresentativo dell’intera area coperta. La visualizzazione grafica di taliattributi avviene, all’interno di un applicativo GIS, per mezzo di una scala dicolori corrispondente ad un predefinito intervallo di valori. Tale formato puòessere derivato anche dal passaggio da un’informazione vettoriale, puntuale olineare, ad una raster distribuita su un’area. Questa conversione avviene permezzo di interpolazioni, definite da determinati algoritmi, a partire da una maglia(regolare o irregolare) di punti distribuiti nello spazio. Attraverso i vari metodi diinterpolazione conosciuti si riescono quindi a produrre delle superfici ditendenza, che rappresentano la distribuzione di un fenomeno umano, o di unaspetto geomorfologico, nello spazio.Un classico esempio di raster-grid è costituito dal DTM (Digital Terrain Model)che rappresenta il territorio in base ai suoi caratteri altimetrici e morfologici. Perla sua costruzione, gli algoritmi “procedono scandendo, uno dopo l’altro, i pixeldella matrice e attribuendo a questi i valori “più probabili” in base ai valori diquota assunti da una rosa di punti “prossimi”. Il risultato finale è apprezzabileanche per le sue funzionalità di restituzione cromatica della terza dimensione suun piano (quello delle piattaforme GIS) bidimensionale. In questo caso il colore,opportunamente graduato, può quanto meno assicurare una resa impressionisticadella morfologia e dell’altimetria del paesaggio, contribuendo ad una migliorelettura del territorio.Altre valide applicazioni si possono avere, in fase di analisi, per ladeterminazione di tendenze geografico-ambientali, socio-economiche, politico-insediative concernenti un determinato ambito territoriale.Si può facilmente intuire che la principale modalità d’uso del formato è legataall’ambito d’applicazione dell’analisi spaziale e del calcolo statistico sulterritorio e quindi alle metodologie di studio e trattamento dei dati geografici. Inarcheologia, il ricorso alle strutture raster è più frequente nelle indagini a largascala basate su un approccio determinista, che incentra principalmentel’attenzione sui dati ambientali, spesso in assenza di dati storici o altre tipologiedi fonti ricavabili dalle indagini preliminari.

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La struttura vettoriale21 considera gli elementi della carta come un gruppodi primitive geometriche, componenti entità spaziali, la cui accuratezza e risoluzionesono determinate dalla scala d’acquisizione della carta stessa.La sua principale caratteristica è permettere di arricchire gli elementi rappresentatigraficamente con attributi alfanumerici, nei quali sono catastate informazioniconsultabili ed interrogabili dall’utente. In qualsiasi momento si può procedere allacorrezione, all’eliminazione o all’implementazione dei record (grafici ed informativi),garantendo l’aggiornamento dei dati in tempo reale. In visualizzazione, l’utente ha cosìla possibilità di scegliere come rappresentare e distinguere i vari tematismi, secondo leinformazioni a loro allegate. Graficamente è consentita la rappresentazione dei datisecondo tre tipologie distinte: puntuale, lineare e poligonale. Per la consultazione, leprerogative di questo formato sono la possibilità di selezionare uno o più elementi,evidenziandone le caratteristiche, e di effettuare ricerche per l’individuazione di unrecord specifico o di un gruppo di records, contraddistinti da particolari proprietà. Taliricerche possono essere operate in due direzioni, dal dato descrittivo (database) a quellografico (layer) e viceversa. Infine, trattandosi di entità grafiche vettoriali, è possibilecalcolare dati statistici o geometrici (densità, distanze, lunghezze, perimetri ed aree) e,più in generale, trattare ed elaborare i dati secondo i parametri stabiliti dal fruitore delsistema informativo.E’ facilmente deducibile che tale formato viene utilizzato principalmente in fase dilettura e di studio dei dati (grazie alle funzioni di interrogazione e di ricerca) e si rivelaparticolarmente utile per la costruzione di piani cartografici tematici.In archeologia, è utilizzato per la creazione di cartografie archeologiche interrogabilidall’utente e per la creazione di piani informativi mirati, quali le piante di fase equalsiasi altra carta tematica che consenta una distinzione di carattere tipologico odiacronico della rete insediativa (per l’indagine territoriale) o del singolo insediamento(per l’indagine stratigrafica). Rispetto ad altri ambiti d’applicazione, quali le analisiambientali, in archeologia le strutture vettoriali sono decisamente più sfruttate per lefunzioni di analisi spaziale, particolarmente per analisi di tipo intra-site in contesti diindagine stratigrafica (es: carte di distribuzione dei manufatti o dei reperti). Anche alivello territoriale, dovendo lavorare su dati relativi al popolamento e alle fonti storiche,tale formato risulta idoneo all’analisi, mentre quello raster rimane preferibile qualoraoccorra incrociare i dati storico-archeologici con quelli ambientali.

All’interno delle strutture vettoriali si comprende anche il TIN (Triangulated

Irregular Networks), “struttura topologica vettoriale spesso usata per rappresentarel’elevazione di superfici continue”22. E’ un formato finalizzato alla restituzione graficatridimensionale del terreno, al cui interno la coordinata x viene trattata, dai comuni GISin commercio, esclusivamente come attributo (che consente la sola visualizzazionetridimensionale). Questo significa che non definisce una topologia 3D né dei volumi e,di conseguenza, che non è possibile operare calcoli sulla terza dimensione. In altri

21 La struttura vettoriale “è un sistema di archiviazione di dati grafici secondo il quale gli oggetti vengono

memorizzati in base alle coordinate cartesiane dei punti e linee che li compongono.” (GLOSSARIO

MONDOGIS)22 FAVRETTO 2000, p. 168.

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termini, il TIN può essere interpretato come un involucro di spazio modellato e soloempiricamente quantificabile.Nello specifico, si tratta di una rete di triangoli irregolari, costruiti su una maglia di puntialtimetrici che ne determinano la composizione, l’orientamento e la pendenza sulla basedelle tre coordinate x , y,z. Come per il raster-grid, la definizione dei poligoni èimpostata dall’utente, che decide quale grado di dettaglio fornire all’architettura dellesuperfici. Anche in questo caso, in fase di visualizzazione, si può ricorrere ad una scaladi colori che favorisca la percezione immediata della dimensione altimetrica.Da quanto affermato, emerge che a tale formato si può ricorrere per una resa realisticadel terreno, nelle sue forme e profondità, ma non per un’indagine analitica sui volumi esulle stratigrafie verticali, almeno fin quando non verranno sviluppati softwares in gradodi trattare la topologia tridimensionale. Siamo di fronte ad un buono strumento per larappresentazione di paesaggi tridimensionali, impossibilitato tuttavia ad operare unaseria ed approfondita analisi di tipo spaziale e volumetrico.

Procedendo ad un confronto delle potenzialità delle due strutture di dati, possiamo cosìriassumerle e classificarle:

1) LA CARTOGRAFIA RASTER presenta i seguenti VANTAGGI:- struttura dei dati semplice;- sovrapposizione e combinazione dei dati molto agevole;- analisi spaziali dei dati facilitate;- tecnologia dei dati molto sviluppata;e i seguenti SVANTAGGI:- il ricorso a celle più ampie riduce il volume dei dati ma ne peggiora

l’accuratezza;- la rappresentazione dei dati lineari e puntuali, attraverso i pixel, è molto

approssimativa;- le rappresentazioni sono poco espressive, più ridondanti e prolisse;- il dataset

23 risulta alquanto ingombrante;2) LA CARTOGRAFIA VETTORIALE presenta i seguenti VANTAGGI:

- ottima rappresentazione della struttura dei dati;- struttura dei dati compatta;- facoltà di descrivere esaustivamente la topologia dei dati spaziali;- possibilità di aggiornare, spogliare e generalizzare24 i dati e i relativi

attributi;- rappresentazione grafica molto accurata e dettagliata;e i seguenti SVANTAGGI:- struttura dei dati molto complessa

23 Si definisce dataset un insieme di dati dello stesso tipo e formato, raccolti in uno o più files.24 “Il contenuto di un elaborato cartografico classico può essere facilmente soggetto a trasformazioni eriduzioni, mediante operazioni di spoglio e generalizzazione, che si realizzano sia attraversol’eliminazione di oggetti troppo piccoli e quindi non rappresentabili ad una scala più piccola, cheattraverso una semplificazione delle loro forme.” (FONDELLI 2000, p. 175)

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- trattamenti di analisi spaziale più limitati e laboriosi (ma l’indaginearcheologica, si è visto, non si allinea del tutto a tale posizione).

L’ACQUISIZIONE DEI DATI E I PROCEDIMENTI DI GEOREFERENZIAZIONE

DEI DATI ANALOGICI CONVERTITI IN DIGITALEL’acquisizione dei dati per la costruzione di cartografia numerica può avvenire

dal formato analogico, solitamente costituito da supporti cartacei (testi, cartografia,fotogrammi, ecc.), o direttamente da quello digitale.

IL FORMATO ANALOGICO può essere convertito in dati numerici attraverso dueprincipali sistemi:

1) DIGITALIZZAZIONE MANUALE: la vettorializzazione tramite tavoletta grafica è unmetodo piuttosto diffuso che non richiede particolari competenze o capacità, maimpegna molto tempo e comporta grande cura e precisione per evitare erroriposizionali;

2) DIGITALIZZAZIONE AUTOMATICA: è un procedimento più articolato ma anche piùveloce, quindi ottimale per l’acquisizione di grandi masse di dati. Comporta,inizialmente, la trasformazione del dato cartaceo in file immagine, tramitescannerizzazione. Il dato digitale andrà quindi georeferenziato e,successivamente, digitalizzato; le ultime due operazioni possono anche essereinvertite.

Un’ulteriore forma di conversione dei dati analogici in digitale contempla lageoreferenziazione di fotogrammi aerei obliqui e cartografia storica senzanecessariamente procedere alla vettorializzazione dell’immagine raster. Le tecniche GISdi calibrazione, georeferenziazione e trasformazione di proiezione, rendono possibile ilconfronto tra cartografie storiche e cartografie attuali permettendo di ridurre gli effetti dideformazione dei supporti cartacei e quelli dovuti ai diversi sistemi di rappresentazionee di rilievo.” L’obiettivo viene raggiunto mediante un procedimento di rettificazioneautomatica dei punti della carta di partenza. Mediante tale processo, le coordinate localidel file di input vengono convertite in coordinate cartografiche ricavate daicorrispondenti punti di una base già georeferenziata o di misurazioni topograficheottenute da stazioni totali o GPS. E’ quindi necessario trovare una serie di punti,riconoscibili sulla carta e distribuiti in forma più possibile omogenea, per i quali sianodisponibili le coordinate cartografiche nel sistema di riferimento prescelto. Attraversotali punti, definiti Ground Control Point (GCP), avvengono le operazioni di traslazione,rotazione e dimensionamento della carta, che portano finalmente alla suageoreferenziazione. Per effettuare tali procedimenti tecnici si ricorre solitamente adappositi software: fra i tanti, è opportuno citare Er Mapper

25, Airphoto

26 ed Erdas

Imagine27

ma anche comuni applicativi GIS che includono al loro interno simili funzioni(es: ArcInfo e GeoConcept).

25 Distribuito dalla Earth Resource Mapping (http://www.ermapper.com)26 http://super3.arcl.ed.ac.uk/baspmirror/basp.html27 http://www.erdas.com/home.asp

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IL FORMATO DIGITALE, rispetto all’analogico, garantisce fedeltà del dato, annulla itempi lunghi di lavoro e le possibilità di errore durante le fasi di georeferenziazione o didigitalizzazione. Può inoltre circolare via rete, oppure attraverso memorie esterne esupporti magnetici (CD e DVD).Rientrano in questa categoria anche i dati rilevati tramite tecniche di laser scanning, chegenerano DTM restituiti in varie modalità (TIN, raster-grid, nuvole di punti, ecc.) estrumenti di rilievo topografico (stazioni totali, GPS). Tali dati sono restituiti attraversotecniche di coordinate geometry (COGO), che consentono il trattamento di dati dirilevamento topografico a partire da misurazioni dirette del terreno. Un metodo molto inuso è quello che prevede l’introduzione di alcuni punti di controllo, mediante tecniche diCOGO, e l’acquisizione della massa dei dati mediante digitalizzazione. Tale metodo èutilizzato anche all’interno del LIAAM per la vettorializzazione georeferenziata dellastratigrafia archeologica all’interno delle piattaforme GIS degli scavi. Le piante, unavolta scansionate e quindi utilizzabili come immagini raster, vengono georeferenziate,attraverso il già descritto procedimento di rettificazione automatica fra i vertici dellapicchettatura riportati in pianta e le corrispondenti misurazioni da stazione totale. Inultimo, i digitalizzatori procedono alla vettorializzazione dell’immagine digitalegeoreferenziata.

Approfondimento 3.a: il DTMUn modello digitale del terreno, o DTM dall’inglese Digital Terrain Model, “definisce

numericamente la morfologia superficiale del terreno mediante un insieme di punti discreti, noti nellecoordinate spaziali X, Y, Z ed opportunamente distribuiti sulla porzione di superficie terrestre interessata.”Delle tre coordinate, le prime due rappresentano le coordinate chilometriche, mentre la terza indica laquota, che può essere assoluta (altezza del piano di campagna rispetto al livello del mare) o relativa(riferita ad un piano di riferimento qualunque, detto piano di zero).Oltre alla sigla DTM sono utilizzate altre espressioni, sulle quali è opportuno specificare che non sempresi verifica uniformità d’interpretazione. L’esempio più lampante è costituito dalla frequente confusioneingenerata dalla distinzione fra DTM e DEM. Alcuni autori propendono infatti per un’equivalenza disignificati, considerando le due espressioni come sinonimi. Altri operano invece una differenziazione, maanche in questo caso le interpretazioni fornite non sono assolutamente univoche.

La costruzione di un DTM si articola in tre principali fasi:1) ACQUISIZIONE DEI DATI. La fedeltà dei DTM è fortemente influenzata dalle caratteristiche

dei dati originari, in particolare dalla scala e dalla qualità del rilievo o della rappresentazione.Riconosciamo cinque diverse metodologie d’acquisizione:1) DIGITALIZZAZIONE MANUALE O AUTOMATICA DI CARTOGRAFIE AL TRATTO RIPORTANTI

CURVE DI LIVELLO O PUNTI QUOTATI.2) RILEVAMENTO TOPOGRAFICO NUMERICO. I rilievi di campagna garantiscono alta precisione

ed affidabilità, richiedendo però tempi lunghi e non consentendo l’acquisizione di moltipunti. La disponibilità di un limitato numero di informazioni di partenza si traducesuccessivamente nella bassa precisione della procedura di interpolazione. Il risultato finalesarà anche determinato dalla qualità della strumentazione tecnica (stazione totale) utilizzataper il rilievo.

3) RILEVAMENTO FOTOGRAMMETRICO NUMERICO. La fotogrammetria digitale consenteun’elevatissima produzione di punti con ottimale automazione. Richiede la disponibilità diuna stazione dedicata, costituita da uno stereo-digitalizzatore che opera direttamente apartire da una coppia di fotografie aeree della stessa porzione di territorio.

4) TELERILEVAMENTO. Le riprese dallo spazio con sensore su satellite garantiscono unaquantità di punti molto elevata ed un alto grado di automazione. La precisione non è però

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particolarmente elevata in quanto le immagini del telerilevamento non hanno finalitàspiccatamente metriche.

5) RILIEVO TRIDIMENSIONALE CON TECNICHE DI LASER SCANNING. Rappresenta la tecnica piùinnovativa e completa per la produzione di DTM. Assicura alta precisione, soprattutto seintegrato con misurazioni dirette sul terreno, e grande affidabilità, rilevando serie di punti adistanza di pochi centimetri. Non è ancora una metodologia molto diffusa, anche consideratigli alti costi dello strumento (ai quali vanno aggiunti quelli per la disponibilità di unapparecchio aereo predisposto, con antenna GPS di alta precisione). Si affermeràprobabilmente come tecnica più utilizzata nel futuro prossimo.

Sulla base della metodologia d’acquisizione adottata, è possibile individuare due principalisistemi per la registrazione dei dati digitali d’elevazione dai quali partire per la generazione di unDTM:a) PUNTUALE: collezione di punti con coordinate x, y, z nei quali la quota z è definita come

attributo descrittivo. La distribuzione di tali punti può manifestarsi attraverso una grigliaregolare, tipica del metodo fotogrammetrico per profili altimetrici. In alternativa, si puòmanifestare attraverso una griglia irregolare (casuale, random) con distribuzione sparsa,detta “a piano quotato”, tipica del rilievo topografico e della generazione automatica dellafotogrammetria digitale, del telerilevamento e del laser scanning.

b) LINEARE: isolinee (contour lines) ognuna delle quali è caratterizzata da una quotatopografica, associata come attributo descrittivo. Il valore di quota delle curve isovaloreviene stabilito dall’utente, secondo un passo incrementale costante. Tale restituzione ècaratteristica della cartografia numerica esistente e della digitalizzazione di cartografie altratto.

2) ELABORAZIONE DEI DATI: rappresenta la fase di costruzione di un modello digitale. Si trattadi determinare la quota (z) per ciascun punto all’interno di un’area. Tale funzione viene realizzataattraverso opportuni algoritmi d’interpolazione applicati a partire dagli elementi acquisiti secondouno dei metodi precedentemente elencati. I fattori che determinano l’accuratezza e l’affidabilitàdi un DTM sono legati all’attendibilità dei dati raccolti e alla densità e disposizione topologicadegli stessi. In particolare, sulla base della distribuzione dei punti acquisiti, il DTM che si andràad elaborare potrà essere:

- regolare (strutturato)- irregolare (casuale, random)

Le procedure interpolative possono essere distinte in due principali categorie:a) METODO A MATRICE O A GRIGLIA (GRID): l’interpolazione si sviluppa a partire da punti

disposti all’interno delle maglie di una griglia regolare, definita da celle di dimensionivariabili secondo i parametri impostati dall’utente. Si tratta di determinare l’altezza diciascun nodo della griglia regolare, adottando la funzione d’interpolazione più consonaalla resa della morfologia del terreno, anche in considerazione della tipologia del datoacquisito.Tale metodo presenta il vantaggio di una struttura dei dati regolare, che semplificanotevolmente la fruizione del DTM, e facilita il confronto con altre griglie.

b) METODO DI TRIANGOLARIZZAZIONE (TIN, TRIANGULATED IRREGULAR NETWORK):l’interpolazione avviene mediante piani, dopo aver collegato fra loro i punti di partenza(comunque disposti, secondo una distribuzione regolare o casuale) in modo da creareuna maglia di triangoli. In questo caso è lo stesso dato rilevato che definisce la forma, lapendenza e l’altezza dei vertici del singolo triangolo, senza alcuna interpolazione.Tale metodo, benché basato su una struttura dei dati meno immediata, assicura maggioreprecisione, adattandosi meglio a terreni con differente morfologia, e richiede minorememorizzazione.

3) ARCHIVIAZIONE DEI DATI ORIGINALI E DI QUELLI ELABORATI. L’archiviazione deidati ha, ormai, una serie di requisiti di standardizzazione che rende qualsiasi tipo di DTMinterfacciabile con i programmi GIS più diffusi e con i software di produzione ortofotografica.Sui DTM i GIS sono in grado di effettuare una serie di operazioni interne che consentono diconvertire i dati da una tipologia all’altra. Sarà così possibile passare da un DTM restituito in

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formato puntuale ad uno organizzato secondo una struttura raster o TIN e da questo ottenerecurve di livello (operazione definita di contouring, che genera isoipse a passo incrementalecostante assegnato dall’utente).In definitiva, possiamo quindi riconoscere quattro principali tipologie di rappresentazione di unDTM, delle quali le prime due risultano già determinate in fase di acquisizione, mentre le ultimedue necessitano di processi di elaborazione dei dati acquisiti.

1) METODO PUNTUALE: collezione di punti distribuiti secondo uno schema regolare ocasuale e determinati in planimetria ed altimetria mediante le coordinate x, y, z (quota zdefinita come attributo descrittivo). Struttura dei dati vettoriale.

2) METODO LINEARE: isolinee (contour lines) caratterizzate da una quota altimetrica(attributo descrittivo). Struttura dei dati vettoriali.

3) METODO A MATRICE O A GRIGLIA (GRID): griglia di valori di elevazione organizzati in unfile concettualmente simile a quello di un’immagine digitale. Vengono inizialmentedefiniti il numero di righe e colonne, i valori minimi e massimi delle coordinateplanimetriche, il passo del grigliato (dimensione della cella, definita anche pixel).Successivamente vengono introdotti, per ciascuna cella della matrice, i valori relativialla quota altimetrica corrispondente alla porzione di terreno rappresentata. Struttura deidati raster.

4) METODO DI TRIANGOLARIZZAZIONE (TIN): superficie suddivisa in triangoli (definiti neivertici da una maglia di punti quota e quindi regolari o irregolari a seconda del criterio diacquisizione degli stessi) ciascuno dei quali viene descritto per aspetto, pendenza edelevazione. Struttura dei dati vettoriale.

I primi due metodi consentono una definizione molto semplificata della morfologia. Per realizzareelaborazioni sofisticate ed estrarre dai modelli il massimo delle informazioni è però necessario passare allarestituzione raster-grid o a quella per triangoli (TIN), strutture più complesse che i GIS sono in grado digestire come proprie basi di dati.

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Approfondimento 3.b: La cartografia tridimensionale: proprietà elimiti nella sua attuale fruizione

Negli ultimi anni, la diffusione di moduli GIS per la restituzione tridimensionale della cartografiaha ingenerato confusione, illudendo una parte dell’utenza di poter finalmente trattare la tridimensionalitàdei dati. Premesso che questo traguardo sarà raggiungibile nel giro di pochi anni, grazie al contemporaneosviluppo di software ed hardware, occorre constatare che è ancora prematuro parlare di GIS 3D.

Il problema, in realtà, non è individuabile nei supporti cartografici, bensì negli strumenti per laloro fruizione, specificatamente nei GIS in commercio. E’ infatti possibile registrare i dati in 3D (DTM eTIN costituiscono un valido esempio) ma non esistono ancora gli strumenti essenziali di analisitridimensionale per la loro interpretazione, non essendo stati sviluppati, al momento, pacchetti GIS conmodelli di dati 3D realmente funzionanti. I volumi e le profondità sono così registrati come una serie disuperfici bidimensionali nelle quali l’altezza viene considerata un attributo. Il problema maggiore è quindiindividuabile nel fatto che manca la topologia 3D e l’unica operazione possibile è la semplicevisualizzazione tridimensionale: per questo è più corretto parlare di GIS 2 e 1/2. Un classico esempio è ilDEM, dove l’altezza è registrata come attributo, utilizzabile per rafforzare impressionisticamente lasensazione di tridimensionalità associando un range di colore corrispondente a predefiniti intervalli dialtezze.

Nella nostra esperienza, abbiamo avuto la possibilità di testare le potenzialità della estensioneESRI 3D Analyst. Il modello di dati dell’applicativo in questione risulta inadeguato all’analisi ed allarappresentazione di superfici multiple sovrapposte in uno spazio tridimensionale, come nel caso dellastratigrafia archeologica e dei materiali in essa presenti. Nonostante ci si aspettino capacità analitiche dalmodulo ESRI, nella realtà il modello dei dati rimane superficiale proprio perché, come già descritto,manca la topologia 3D.

La situazione attuale accomuna ArcView, con tutti i limiti nel trattamento della terza dimensione,al resto dei software GIS disponibili in commercio. Pertanto, l’unica possibilità per la gestione del datoarcheologico in una reale tridimensionalità è quella di costruirsi in proprio l’applicativo GIS necessario.Tale soluzione implica però grandi competenze informatiche, in particolare nel campo dellaprogrammazione e del GIS. Non a caso, le uniche soluzioni di questo tipo sono quelle proposte daesponenti di fama internazionale nell’ambito dell’informatica applicata all’archeologia: K. Kvamme (cheha addirittura dei trascorsi all’interno della NASA) e D. Powlesland.

Il team di lavoro di Kvamme, per sopperire alle inadempienze di ArcView, ha elaborato unapposito modulo, denominato Voxel Analyst dal nome dell’elemento volumetrico, rappresentato come uncubo, che è il corrispondente del pixel nello spazio tridimensionale. Tale applicativo è, al tempo stesso,uno strumento di visualizzazione e di analisi dei dati, che riconosce tre assi indipendenti. E’ statoelaborato appositamente per la gestione dei dati sotto la superficie (stratigrafia) e per migliorare lacomprensione delle relazioni tra dati multidimensionali all’interno di un set di dati volumetrici. Talesoftware, in grado di misurare anche i volumi e quindi la quantità di materiale all’interno di uno o piùstrati, è utilizzato in modo innovativo per interpolare il modello del terreno di un sito archeologico in unreale spazio tridimensionale.

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4. LE BASI CARTOGRAFICHE

La cartografia è il disegno di una porzione, più o meno estesa, di territorio,codificata nei simboli e nei modi di rappresentazione delle differenti entità presenti. Diconseguenza, possiamo definire una carta geografica come una rappresentazione ridotta,simbolica e approssimata della superficie terrestre.” In particolare, si considera unarappresentazione ridotta perché restituita secondo precisi rapporti metrici, espressi dallascala di rappresentazione, e simbolica perché costruita e codificata mediante vari simbolie colori. Infine, approssimata in quanto, nonostante il ricorso a sofisticati metodi diproiezione, non è possibile eliminare un benché minimo fattore di deformazione,determinato dall’impossibilità di distendere una porzione della forma sferoidale dellaTerra sulla superficie piana di un foglio.

La cartografia non ha uniformità di intenti e di applicazioni: essa viene infattiutilizzata da una tipologia d’utenza sempre più diversificata. Per questo, il prodottocartografico deve differenziarsi in modo tale da rispondere alle molteplici esigenze perle quali può essere utilizzato.

Ogni supporto cartografico è caratterizzato da una proiezione e da un sistema diriferimento.

La proiezione cartografica esprime il metodo attraverso il quale la superficiecurva della terra è proiettata su un quadro. Questo può essere definito da un piano,oppure da un cilindro o da un cono che verranno sviluppati su un piano (per questo sonodefinite proiezioni per sviluppo o modificate). Le proiezioni più diffuse sono laproiezione diretta di Mercatore, a sviluppo cilindrico, e la proiezione di Gauss, ancheconosciuta come proiezione trasversa di Mercatore o proiezione pseudo-cilindrica diLambert. Come già ricordato, il processo di proiezione comporta inevitabilmente delledeformazioni, e quindi degli errori, ma in misura diversa secondo la proiezione utilizzataper l’area cartografata. Per questo l’adozione di un sistema dipende sia dall’uso cui èdestinata la cartografia sia dalla zona da rappresentare.

Il sistema di riferimento permette di determinare la posizione di un punto nellospazio; tale operazione è legata alla definizione di un piano verticale e di unoorizzontale. I sistemi di riferimento possono essere suddivisi tra sistemi di coordinategeodetiche (o geografiche, o sferiche) e sistemi di coordinate cartografiche (ochilometriche, ortogonali, cartesiane o ancora rettangolari). Nell’ambito dei primi, il piùdiffuso è il sistema di coordinate geografiche, diffuso in tutto il mondo ma adottatoprincipalmente negli USA. Esso definisce la posizione di un punto mediante lamisurazione dei suoi angoli rispetto al centro della Terra: la latitudine e la longitudine(lat/long). Latitudine e longitudine sono misurate in gradi, a partire rispettivamentedall’equatore e dal meridiano di Greenwich. Fra i secondi, il sistema più diffuso è

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l’UTM28, standard europeo. Esso definisce la posizione di un punto mediante lamisurazione della distanza chilometrica dall’origine (o dalla falsa origine) di due assiortogonali x e y, costituenti il piano delle ascisse e delle ordinate di un ideale pianocartesiano. In Italia, al sistema UTM29 si aggiunge il sistema di riferimento nazionaleGauss-Boaga30, caratterizzato dal medesimo tipo di rappresentazione (rappresentazioneconforme di Gauss) ma da un diverso inquadramento. Pertanto, all’interno della nostrapenisola, ciascun punto potrà essere determinato da una sola coppia di coordinategeografiche (latitudine e longitudine) ma da due differenti coppie di coordinatecartografiche (quelle definite dai sistemi UTM e Gauss-Boaga). Il passaggio da Gauss-Boaga ad UTM, e viceversa, non è eseguibile con procedure di calcolo rigorose perchéla relazione tra i due sistemi è nota solo in maniera approssimativa. Vi sono comunqueformule empiriche IGM (Bencini-Surace) che consentono la trasformazione conapprossimazione dell’ordine del metro, che assicura un errore di graficismo trascurabilefino alla scala 1:5.000.

La cartografia ufficiale italiana è redatta di norma nel sistema dellarappresentazione conforme di Gauss-Boaga. Essa prevede, nel suo repertorio, cartegeografiche, corografiche, topografiche, nautiche, aeronautiche, catastali e geologiche.Queste sono redatte dagli organi cartografici dello Stato: l’Istituto Geografico Militare(IGM), l’Istituto Idrografico della Marina, la Sezione Fotocartografica dello StatoMaggiore dell’Aeronautica (oggi denominata Centro Informazioni Geotopografiche

28 “Acronimo di Universal Transverse Mercator. L’UTM definisce nei paesi anglosassoni la

rappresentazione conforme di Gauss per i territori compresi tra i paralleli di +80° e –80° di latitudine [oltre

tale latitudine viene utilizzata la proiezione stereografica polare, altro sistema di riferimento di coordinate

cartografiche], ripartita in 60 fusi dell’ampiezza di 6° in longitudine, progressivamente misurati a partire

dall’antimeridiano di Greenwich. [Ciascun fuso presenta una falsa origine, passante per il meridiano

centrale, pari al valore di 500 Km, necessaria per evitare calcoli con ascisse negative]

Le corrispondenze studiate per la rappresentazione sono del tutto identiche nei diversi 60 fusi o sistemi

cartografici, e il fattore di riduzione rimane sempre uguale a 0,9996.

Per agevolare l’individuazione delle varie regioni rappresentate, i diversi fusi sono stati suddivisi in 20

fasce parallele, generate per mezzo di paralleli geografici distanziati di 8° in latitudine a partire

dall’equatore e fino alle latitudini di 80° Nord e di 80° Sud.

Dalle due ripartizioni, quella in fusi e quella in fasce, la superficie terrestre risulta così suddivisa in 1200

zone, ciascuna delle quali ha l’ampiezza di 6° in longitudine e 8° in latitudine [ed è ulteriormente

suddivisa in quadrati di 100 Km di lato, contraddistinti da due lettere maiuscole].” (FONDELLI 2000, p.

302)29 Il sistema di riferimento UTM ripartisce il territorio italiano in tre fusi (32-33-34) e due fasce (S e T) e

quindi si possono riconoscere 6 zone: 32S, 32T, 33S, 33T, 34S, 34T. Il fuso 34 interessa solo la parte

finale della penisola salentina (a sua volta zona di passaggio dalla fascia S alla fascia T) e quindi le zone

34 S e 34 T rappresentano il territorio italiano solo per una piccolissima parte.30 Il sistema cartografico Gauss-Boaga divide il territorio italiano in due fusi di 6° 30’ ciascuno (risolvendo

con questa aggiunta di 30’ il problema del terzo fuso UTM che copre una piccola parte della penisola

salentina), con una falsa origine passante per il meridiano centrale dei due fusi (9° e 15°). Le coordinate

Nord (sull’asse y delle ordinate) esprimono la distanza dall’equatore (in direzione S-N). Le coordinate Est

(sulla asse x delle ascisse) testimoniano con la prima cifra l’appartenenza al primo o al secondo fuso e con

le restanti cifre la distanza rispetto al meridiano centrale. Sottraendo a tale distanza il valore della falsa

origine, sarà possibile individuare la posizione di un punto ad Ovest (risultato con valori negativi) o ad Est

(risultato con valori positivi) del meridiano centrale.

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Aeronautiche: C.I.G.A), l’Amministrazione del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali edil Servizio Geologico Nazionale.

Gli enti e gli istituti che si occupano invece di Sistemi Informativi Territorialisono l’Istituto Geografico Militare, l’Istituto Nazionale di Statistica, e gli enti locali, inparticolare le Regioni.

L’IGM, oltre alla produzione del proprio repertorio cartaceo, si sta impegnandonella sua trasposizione in formato numerico: cartografia raster e vettoriale a varie scale,tipi geografici (orografia, idrografia, limiti amministrativi) vettoriali e modelli digitalidel terreno.

Le Regioni sono impegnate nella costruzione di propri Sistemi InformativiTerritoriali31 e nella realizzazione delle basi numeriche della Cartografia TecnicaRegionale e di varia cartografia tematica. La Regione Toscana si propone indubbiamentecome una delle esperienze più avanzate in materia di SIT regionali e la sua vastaproduzione è suddivisa in due distinti archivi:

1) Archivi Map Oriented: comprendono la produzione numerica della CartografiaTecnica Regionale; viene, proprio in questi mesi, completata la mosaicaturaregionale alla scala 1:10.000, preferita a quella degli elementi in scala 1:5.000.Intanto continua la pubblicazione di fogli a scala 1:2.000 dei nuclei urbani.

2) Archivi GIS Oriented: offrono coperture tematiche numeriche redatte a variescale: 1:25.000 (bacini idrografici, viabilità, aree di erosione, aree inondabili,ecc.), 1:50.000 (aree montane, aree svantaggiate, zone depresse, ecc.), 1:100.000(aree carsificabili, copertura del suolo, o land cover, ecc.) e 1:250.000 (litologia,tipi climatici, sistemi di paesaggio, ecc.).

LA CARTOGRAFIA IGML’elemento di base della cartografia ufficiale italiana è il foglio in scala

1:100.000 della Carta Topografica d’Italia, costituito da quattro quadranti in scala1:50.000, denominati con lettere romane in senso orario a partire da quello in alto adestra, e sedici tavolette al 25.000 , quattro per quadrante, distinte con le direzioni deipunti cardinali (N-E; S-E; S-W; N-W).

Il territorio italiano è coperto da 284 fogli alla scala 1:100.000 le cui dated’aggiornamento variano fra il 1945 (per la Sardegna centro-meridionale) e il 1967-70(per gran parte della Sicilia). Ciascun foglio è contrassegnato da un numero progressivo(la numerazione parte dal Nord, procedendo con andamento Ovest-Est fino alla puntameridionale della Sicilia) e dalla denominazione dell’oggetto geografico più rilevantedell’area rappresentata. Il taglio è di 30’ in longitudine e 20’ in latitudine, definendo latidi circa 37 Km in latitudine e fra 38 e 45 Km in longitudine; questi determinanomediamente un’area di rappresentazione di circa 1.500 Kmq. Le curve di livello sonorestituite mediante isoipse con equidistanza di 50 metri.

La nuova serie della Carta Topografica d’Italia, progetto impostato a partire dal1958 (foglio prototipo pubblicato nel 1964), è articolata in 636 fogli in scala 1:50.000.Questi sono derivati dai rilievi topografici in scala 1:25.000, sottoposti ad

31 Un elenco degli indirizzi internet dei SIT regionali italiani è consultabile all’indirizzo

http://www.regione.emilia-romagna.it/sigeografici/InsiemenelGis/Index2a.htm.

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aggiornamento mediante metodo aerofotogrammetrico. L’iniziativa di una nuova cartatopografica è stata intrapresa per far fronte alle necessità di adeguamento al sistemacartografico internazionale. In particolare, è stata adottata la proiezione conforme UTMcon reticolato chilometrico ed è stato realizzato l’inquadramento dei fogli all’internodella Carta dell’Europa occidentale (scala 1:250.000).

Come naturale proseguimento della carta al 50.000, è stata successivamentepromossa la costituzione di una nuova Carta topografica d’Italia in scala 1:25.000. Sitratta di 2298 elementi per un’area di 150 Kmq, contro i 100 della tradizionale tavoletta.Sono stati redatti con metodo aerofotogrammetrico e disegno automatico nellarappresentazione cartografica UTM. L’orografia è resa mediante isoipse ad intervallo di25 metri.

La redazione di cartografia a scale più alte del 25.000 è di competenza degli entilocali, in particolare delle Regioni (Cartografia Tecnica Regionale) edell’Amministrazione del Catasto (mappe catastali a scala variabile fra l’1:500 el’1:4.000). Per questo motivo, la produzione IGM, in archeologia, può essere utilizzataesclusivamente come supporto cartografico per l’inquadramento di comprensoriterritoriali mediamente estesi. Risulta infatti inadeguata alle operazioni digeoreferenziazione e di rilevamento delle emergenze, se non con considerevoli marginid’errore e senza il grado di dettaglio richiesto allo scopo.

LA CARTOGRAFIA TECNICA REGIONALE (CTR)Con il termine cartografia tecnica o topografica s’intende “la fedele

rappresentazione del terreno, con tutte le sue forme e accidentalità, riportando ogniparticolare naturale o manufatto nella quantità e con la precisione concessa dallascala”32. Si tratta, quindi, di un supporto elaborato su criteri oggettivi di rilievo delleentità territoriali (fisiche ed antropiche) rappresentabili su carta tramite una simbologiaed apposite convenzioni elaborate dai cartografi ed esposte in legenda per la lorocodificazione da parte degli utenti.

Il sistema cartografico comunemente adottato è quello nazionale Gauss-Boaga,mentre il taglio degli elementi viene uniformato al sistema unificato ED 5033 aventecome base la carta d’Italia al 50.000. Alcune regioni, più avanzate, hanno provvedutoalla produzione delle basi cartografiche attraverso metodo aerofotogrammetrico. Altre,di orizzonti più limitati, hanno semplicemente provveduto alla digitalizzazione deicorrispondenti supporti cartacei.

Il repertorio della Cartografia Tecnica Regionale prevede tre distinte produzioni,corrispondenti ad altrettante scale di redazione:

1) S EZIONI CTR (SCALA 1:10.000): costruita mediante coperturaaerofotogrammetrica del territorio alla scala media di 1:20.000. Prevede unerrore massimo di 4 metri in planimetria e di 1,80 metri in altimetria, con unatolleranza altimetrica per le curve di livello di 3,50 metri. Le curve di livellohanno equidistanza di 10 metri (figure 6 e 7);

32 ABBATE 1984, pp. 479-480.33 ED 50: “acronimo di European Datum 1950, che indica i risultati delle elaborazioni di calcolo,

conseguiti dall’unificazione delle reti geodetiche fondamentali europee” (FONDELLI 2000, p. 254)

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2) E LEMENTI CTR (SCALA 1:5.000): costruita mediante coperturaaerofotogrammetrica del territorio alla scala media di 1:13.000. Prevede unerrore massimo di 2 metri in planimetria e di 1,20 metri in altimetria, con unatolleranza altimetrica per le curve di livello di 2,20 metri. Le curve di livellohanno equidistanza di 5 metri (figure 8 e 9);

3) FOGLI CTR (SCALA 1:2.000 O 1:1.000): costruita mediante coperturaaerofotogrammetrica alla scala media di 1:7.000 o 1:8.000 (per le levate ad1:1.000 la scala media è di 1:4.000), integrata da levate topocartografichenumeriche. Prevede un errore massimo di 80 cm (40 cm per l’1:1.000) inplanimetria e 60 cm (40 cm per l’1:1.000) in altimetria, con una tolleranzaaltimetrica per le curve di livello di 1,30 metri (0,85 metri per l’1:1.000). Lecurve di livello hanno equidistanza di 2 o 1 metro. A questa scala ènecessario effettuare la sgrondatura34 degli edifici, affinché la corrispondentelinea indichi l’ingombro a terra dell’edificio. Questa cartografia viene spessoprodotta dai comuni che producono supporti in scala 1:1.000 e da questiderivano, per fotoriduzione, la cartografia al 2.000. Diversamente dalle dueprecedenti serie, la cartografia al 2.000 non copre la totalità del territorio masi concentra sulle sole zone inurbate (centri storici, aree urbane e principalinuclei abitati; si vedano le figure 10 e 11).

4) In alcuni casi, solitamente per i centri storici con complesso sviluppotopografico, si redigono cartografie tecniche anche in scala 1:500. Questesono costruite mediante copertura aerofotogrammetrica alla scala media di1:3.000, con errore massimo di 20 cm in planimetria e 25 cm in altimetria. Lecurve di livello hanno equidistanza media di 0,5 metri, con possibilepassaggio ad 1 metro per le aree con forte pendenza.

Gli elementi topografici rappresentati sono il frutto di una selezione operata sulla basedelle esigenze e degli scopi della rappresentazione. Un elemento che influiscenotevolmente su questa selezione è la scala di redazione della carta. Non tutti glielementi possono essere rappresentati a qualsiasi scala e, col mutare di questa, gli stessisubiscono dei processi (semplificazione, generalizzazione, sfollamento o spoglio) cheinducono alla modifica della simbologia utilizzata, se non addirittura all’eliminazionedel particolare cartografico. Un discorso a parte riguarda la mancanza di un criterio diriduzione in scala per alcuni degli elementi rappresentati, come le strade e l’idrografia.Questi, soprattutto alle scale minori, per essere visualizzati necessitano di un tratto che,calcolate le proporzioni, risulterebbe sovradimensionato rispetto all’effettiva dimensionedell’elemento nella realtà.

Per la realizzazione e la codificazione di una carta tecnica è necessario tenere inconsiderazione le strutture concettuali della società nella quale viene elaborata: essa èinfatti la fedele rappresentazione di un modo di considerare il territorio rappresentato. A

34 “Nella restituzione di prese fotogrammetriche aeree la delimitazione degli edifici viene definita dal

bordo delle relative coperture, e per avere la delimitazione della loro base al suolo è necessario conoscere

l’aggetto della corrispondente gronda. L’operazione che riporta al suolo la delimitazione dei vari edifici

restituiti, una volta misurato l’aggetto delle diverse gronde, prende il nome di sgrondatura.” (FONDELLI

2000, p. 292)

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titolo esemplificativo, può essere sufficiente illustrare l’organizzazione dei datiimpostata per il repertorio vettoriale della Cartografia Tecnica Regionale. Le entitàrappresentate sono state suddivise, infatti, in dieci categorie (o livelli) di dati35 checorrispondono ad una loro distinzione operata a livello teorico-percettivo e presente informa di codice nelle versioni numeriche:

1) COMUNICAZIONI (viabilità ed altre infrastrutture di comunicazione).2) EDIFICI ED ALTRE STRUTTURE (con distinzioni relative alle destinazioni d’uso)3) IDROGRAFIA (corsi d’acqua ed infrastrutture di convogliamento, distribuzione,

accumulo e razionalizzazione degli stessi)4) INFRASTRUTTURE (percorsi e stazioni di estrazione, produzione e distribuzione

dei vari tipi di risorse energetiche, teleferiche, discariche e rottamai)5) ELEMENTI DIVISORI E DI SOSTEGNO (mura, muri, recinzioni e siepi)6) FORME TERRESTRI (anomalie ed elementi morfologici,geologici e naturali)7) VEGETAZIONE (limiti di colture, boschi e aree verdi in generale, con distinzione

dei principali tipi vegetazionali riconosciuti)8) OROGRAFIA (quote e isoipse per la determinazione delle altimetrie)9) LIMITI AMMINISTRATIVI E VARIE (limiti militari, cartografici, reti trigonometriche,

punti noti e altri elementi particolari non classificabili in altre categorie)10) TOPONOMASTICA

Il repertorio della Cartografia Tecnica Regionale è ideale per le esigenzedell’indagine archeologica, offrendo basi cartografiche sufficientemente dettagliate pergeoreferenziare con buona affidabilità le varie emergenze riscontrate sul territorio.Nell’eventualità di indagini intensive in ambito urbano, la base al 2.000 rappresenta unottimo punto di partenza per inquadrare e contestualizzare l’area d’intervento conprecisione e dettaglio.

LA CARTOGRAFIA CATASTALELe carte catastali sono storicamente legate all’aspetto fiscale del governo del

territorio. Esse rappresentano infatti le particelle catastali36, ossia le unità di territoriosite nello stesso comune, aventi determinate qualità e classe e appartenenti ad un unicopossessore (figura 12).

Le mappe catastali sono normalmente redatte in scala 1:2.000 o 1:4.000 in zonedi scarso interesse (es: montagne) nelle quali l’area media delle particelle catastali non èinferiore a 5 ha. Gli allegati, che si riferiscono ai centri urbani, sono al 1.000 ma, in casodi abitati densi e frazionati, possono anche essere in scala 1:500.Le mappe vengono formate per comune amministrativo o, se questo è suddiviso insezioni censuarie, per sezioni e sono suddivise in fogli. Il taglio dei fogli è normalmente 35 Per una visione completa delle codifiche delle entità del repertorio CTR numerico vettoriale si può

consultare lo sportello cartografico del sito internet della Regione Toscana (www.regione.toscana.it/carto)

o il catalogo cartografico regionale (REGIONE TOSCANA 1996).36 Più precisamente, si può definire particella catastale “una ben delimitata porzione continua di terreno,

situata in un unico comune, appartenente ad un unico possessore, e assoggettata ad una unica specie di

coltura, con uniforme grado di opportunità, oppure, se non soggetta a coltura, riservata ad una unica

destinazione d’uso.” (FONDELLI 2000, p. 159)

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impostato non su elementi topografici ma su fattori locali (gruppi di isolati, viabilità,ecc.).La proiezione cartografica utilizzata è quella di Cassini-Soldner, che pone la scelta delcentro di sviluppo in posizione pressoché baricentrica rispetto alla zona da cartografare.Ciò ha impedito la realizzazione di un sistema cartografico omogeneo perché il territorioitaliano è suddiviso in varie zone, ciascuna riferita al proprio centro di sviluppo. Ciòporta a grossi problemi in caso di raffronto con la cartografia nazionale, redatta insistema Gauss-Boaga. Nel 1942 è stata iniziata la conversione nel sistema di riferimentonazionale, ma l’opera non è ancora stata conclusa, creando notevoli difficoltà per l’usocongiunto di carte catastali e tecniche.Le reti di triangolazione catastale sono sviluppate a partire dalle reti trigonometrichefondamentali del I, II, III ordine stabilite dall’IGM; l’inquadramento geometrico vienedistinto in reti e sottoreti catastali.

Dal punto di vista tecnico, occorre ricordare che le carte catastali fornisconoesclusivamente una rappresentazione planimetrica, non prevedendo necessariamenteinformazioni relative ad aspetti morfologici ed altimetrici. Inoltre, per la loro stessafinalità d’uso, non contemplano una dettagliata restituzione dei dati topografici.Gli aggiornamenti, precedentemente operati a mano direttamente sul foglio interessato,vengono ora effettuati mediante rilievi celerimetrici restituiti in formato numerico ed incoordinate Gauss-Boaga. Questo dovrebbe indurre un progressivo miglioramentometrico e qualitativo delle mappe, soprattutto nelle zone di maggior espansioneurbanistica.

Negli ultimi anni, il catasto sta procedendo alla digitalizzazione delle mappe;questa avviene in alcuni casi mediante metodo aerofotogrammetrico numerico ma piùspesso con metodo topografico (celerimensura); sono comunque garantite alta precisioneed affidabilità. L’operazione di informatizzazione si prospetta molto dispendiosa intermini di tempo, impegno e fondi necessari, considerato che si tratta di convertire informato numerico un archivio di circa 300.000 fogli. Probabilmente, sarebbe stataopportuna la decisione politica di rifare completamente la carta catastale, avvalendosi inpartenza dei moderni mezzi della fotogrammetria e della cartografia numerica. Sarebbestata una valida occasione anche per uniformare il repertorio ai sistemi di riferimentoitaliano (Gauss-Boaga) ed europeo (UTM).

Nell’indagine archeologica, la cartografia catastale può essere utilizzata comesupporto cartografico, anche se la mancanza di dati altimetrici e la sua proiezionecartografica anomala rispetto allo standard cartografico italiano ne rendonosconsigliabile l’uso. Di contro, essendo redatta ad alte scale, garantisce unarappresentazione dettagliata di zone per le quali la cartografia ufficiale non forniscerilievi altrettanto particolareggiati. A proposito, risulta particolarmente utile per quellearee urbane (e soprattutto per i centri storici) che ancora lamentano la mancanza deifogli CTR 1:2.000 a loro pertinenti.Infine, va considerata la natura di memoria storica dell’archivio cartografico catastaleche può fornire informazioni storiche di tipo fondiario, anche se relativamente recenti.Inoltre, può tornare utile al fine di operare una distinzione tipologica dell’edificato.

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LA CARTOGRAFIA ORTOFOTOGRAFICALe immagini fotografiche aeree necessitano di particolari trattamenti per costituiredocumenti metrici a fini cartografici. A seconda delle procedure utilizzate e del risultatofinale conseguibile, esse possono essere distinte in due differenti tipologie:

1) FOTOPIANI O F OTOMOSAICI: vengono costruiti mediante raddrizzamentofotogrammetrico, con una correzione unica applicata all’intero fotogramma.Rispetto alla cartografia topografica, che opera una selezione degli oggetti darappresentare, i fotopiani presentano il vantaggio di mantenere inalterate tutte leinformazioni dei fotogrammi originali. Di contro, possono essere prodottisolamente per zone che non presentino consistenti variazioni altimetriche che siripercuoterebbero sulla scala dei vari fotogrammi da mosaicare.

2) ORTOFOTOCARTE E ORTOFOTOPIANI (figura 13): vengono costruiti attraversoraddrizzamento differenziale (mediante punti noti) di preseaerofotogrammetriche. Tale operazione si presenta più complessa, rispetto aquella dei fotopiani, perché va effettuata sulla base della conoscenza della quotae della posizione planimetrica dei punti utilizzati per il raddrizzamento. Lacorrezione sarà quindi differente nelle zone del fotogramma considerato (perquesto si definisce raddrizzamento differenziale). Eseguita la procedura,occorrerà trasformare il prodotto alla scala desiderata. Rispetto alla cartografiatradizionale, l’ortofotocarta presenta il vantaggio di consentire la lettura diparticolari topografici che non sarebbero rappresentabili nelle carteconvenzionali. Rende inoltre più agevole ed immediata la lettura dellecaratteristiche ambientali e delle varie destinazioni d’uso del suolo.Ciononostante, la miglior soluzione è sicuramente rappresentatadall’utilizzazione combinata di ortofotocarte e cartografia topograficatradizionale. La differenza tra ortofotocarte e ortofotopiani è individuabile nelfatto che le prime sono arricchite dall’informazione altimetrica sul terreno, graziealla rappresentazione delle curve di livello. In definitiva, la cartografiaortofotografica integra la principale caratteristica delle carte topografiche(contenuto metrico) con quella delle foto aeree (contenuto informativo).

Complessivamente si tratta di prodotti meno costosi e più rapidamente producibilirispetto alla cartografia topografica. Essi si fanno apprezzare per:

1) immediatezza, attualità e ricchezza del contenuto informativo;2) precisione geometrica paragonabile (anche se mai uguale) a quella

propria della cartografia a pari scala.

Nell’indagine archeologica (e particolarmente in quella topografica), si rivelanosupporti molto utili soprattutto nell’attività di laboratorio, in quanto consentono la letturadi tutti i particolari necessari ad una corretta ed affidabile opera di georeferenziazione. Ilricognitore, infatti, ha la possibilità di rivedere ed utilizzare tutti i riferimenti che avevaindividuato sul campo per posizionare l’emergenza, qualora sprovvisto di GPS.Inoltre permettono una lettura semplice ed immediata della copertura vegetativa e dellediverse aree di destinazione agricola o boschiva. Questo permette di individuare, nelle

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fasi preliminari della ricerca, quali siano le aree idonee ad una ricognizione sistematica equali le zone per le quali sarà impossibile svolgere un’indagine diretta sul terreno.

LA CARTOGRAFIA TEMATICALa cartografia tematica si suddivide, per quanto concerne le fasi di redazione, in:

- CARTOGRAFIA TEMATICA DI BASE: costruita attraverso informazionidirettamente rilevate.

- CARTOGRAFIA TEMATICA DERIVATA: costruita su informazioni ottenute darielaborazione di altre documentazioni geo-cartografiche, sulle qualivengono sovrimpresse le informazioni tematiche. Tramite tale tecnica è divitale importanza la correlazione temporale fra la base cartografica e leinformazioni proprie del tema.

E’ possibile operare varie distinzioni anche relativamente al contenuto della cartografiatematica, suddividendola in:

1) CARTOGRAFIA TEMATICA ANALITICA: contempla informazioni su estensione edistribuzione di uno o più fenomeni simili, messi in relazione con lecaratteristiche dello spazio geografico. Appartengono a questa categoria le carterelative a: altimetria, acclività, geomorfologia, geologia, litologia, pedologia,erosione, franosità, effetti sismici, uso del suolo (land use), copertura naturale delsuolo (land cover), vegetazione, tipi climatici, idrografia, regimi idrici del suolo,precipitazioni, ecc.

2) CARTOGRAFIA TEMATICA SINTETICA: illustra correlazioni fra più temi edindividua omogeneità sulla base di specifici elementi unificanti. Quindirappresenta informazioni e fenomeni nella globalità delle loro interpretazioni.Appartengono a questa categoria le carte di land capability, quelle dellavocazione naturale del suolo, dei vari tipi di vincoli (ambientale, archeologico,architettonico, ecc.), dei piani regolatori urbani, ecc.

Inoltre, è possibile distinguere tra:a) CARTOGRAFIA TEMATICA DI TIPO ANTROPICO (figura 15): è legata alla

rappresentazione di fenomeni antropici come la densità demografica, lecaratteristiche socio-economiche, le varie forme di uso del suolo, ecc.

b) CARTOGRAFIA TEMATICA DI TIPO FISICO (figura 14): è legata allarappresentazione di fenomeni fisico-ambientali quali il clima, la geologia e lageomorfologia, la vegetazione, la fauna, ecc.

La produzione di cartografia tematica si deve principalmente agli enti privati o aicentri di ricerca. Tra gli istituti cartografici pubblici, il più attivo in termini diproduzione di cartografia tematica è indubbiamente il Servizio geologico d’Italia (cartageologica d’Italia alle scale 1:100.000 e 1:50.000 e carta della struttura geologicadell’Italia alla scala 1:500.000 e 1:1.000.000).All’interno dei vari enti impegnati nel campo vanno incluse anche le Regioni che, oltreche nel repertorio CTR, sono impegnate anche nella produzione di varia cartografiatematica.

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5. LA SCELTA DELLE SCALE DI RAPPRESENTAZIONE

Un dato di fondamentale importanza per comprendere il grado d’affidabilità dellecarte è costituito dalla scala di rappresentazione (o scala cartografica). Questa, in terminiassoluti, è definibile come il rapporto tra una distanza lineare misurata sulla carta, epertanto in piano, e la corrispondente distanza reale sulla terra, e quindi su di unasuperficie curva. Essa costituisce, di fatto, un indice che consente di giudicare se illivello di dettaglio del rilievo cartografico può essere ritenuto idoneo alle esigenze dilavoro. La scala di proporzione può essere espressa tanto in forma grafico-analogicaquanto mediante rapporto numerico.

La scelta del supporto cartografico non può prescindere dallo scopo del suoutilizzo e, in questo, l’archeologia ha necessità diverse secondo il tipo d’indaginepromossa. A ciascun settore e a ciascuna fase della ricerca vanno fatte corrispondereparticolari scale del rilievo, per la consultazione e lo studio.Al livello di maggior dettaglio, i rilievi dello scavo stratigrafico e delle emergenzemonumentali vengono generalmente effettuati, e successivamente digitalizzatiall’interno di piattaforme GIS, a scale variabili fra l’1:1 e l’1:100. Tali supporti sonoredatti da personale archeologico specializzato, che ha elaborato ed istituito, nel tempo,convenzioni e simbologia specifiche per la rappresentazione degli elementicaratterizzanti le unità stratigrafiche e la struttura dei monumenti. E’ richiesto un elevatogrado di dettaglio perché, in uno scavo archeologico, è necessario un rilievo checonsenta l’individuazione e l’analisi di qualsiasi particolare utile all’interpretazione delcontesto. Tanto maggiore sarà il dettaglio del rilievo, quanto maggiori le possibilità diinterrogazione e di analisi della piattaforma GIS nella quale questo viene importato. Ciòsignifica che la scala dovrà essere tale da permettere anche la caratterizzazione deisingoli reperti e dei materiali presenti all’interno dello strato, o di una muratura.Ad un livello successivo, dovendo inquadrare l’area dell’indagine intensiva in un piùvasto ambito territoriale, occorre operare una prima distinzione fra gli ambienti urbani equelli rurali. Per la realtà urbana non si può andare oltre a scale quali l’1:1.000 ol’1:2.000 che garantiscono una più che accettabile riproduzione degli ingombri deglistabili, dei monumenti storico-artistici di maggiori dimensioni, delle infrastrutture dicomunicazione e delle aree aperte. Per le realtà rurali possono invece essere adottatescale minori, nella fattispecie l’1:5.000 e l’1:10.000, perché il tipo di paesaggio non sipresenta nelle forme complesse e frammentate tipiche dei centri abitati. In entrambi icontesti, il supporto ideale è fornito dalla Cartografia Tecnica Regionale, che costituisceil migliore mezzo per le operazioni di georeferenziazione. Questa varia appunto dai fogli1:2.000 (solo per i nuclei urbani e i centri storici) agli elementi 1:5.000 e alle sezioni1:10.000: fino a tali scale il supporto cartografico è definito pianta o mappa. Talvoltaperò può essere utile anche elaborare basi cartografiche di raccordo fra le suddette scalee quelle estremamente dettagliate dei contesti stratigrafici. In questi casi è lo stesso

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archeologo che deve porsi in grado di eseguire un rilievo del sito (inteso comecontenitore dell’evidenza archeologica) da effettuare con strumentazione adeguata, valea dire teodoliti, stazioni totali e GPS. Diversamente si può ricorrere ai rilievi, operati dageometri ed architetti, di edifici ed isolati (utili per la contestualizzazione di scavi urbaniall’interno di complessi architettonici) o alle mappe catastali. Queste ultime sonosupporti precisi ed affidabili, essendo redatte, a scala variabile fra l’1:1.000 e l’1:4.000,per finalità di tipo giuridico e fiscale, anche se presentano il grosso limite (per l’indaginearcheologica) dell’assenza di informazioni altimetriche (curve di livello, quote…).Un ulteriore cambiamento delle scale di rappresentazione si ha per progetti di più ampiorespiro, e particolarmente per le fasi d’analisi modellistica e di sintesi storico-diacronica.Nello specifico, si tratta di studi su contesti provinciali o regionali, per i quali, terminatala fase di georeferenziazione (che necessita comunque di alte scale), sono sufficienti epreferibili scale minori, proprie delle carte definite topografiche (fino alla scala1:100.000 o 1:150.000) o corografiche (fino alla scala 1:1.000.000). In questi casi, ottimistrumenti sono i repertori dell’Istituto Geografico Militare che vengono redattidall’1:25.000 all’1:250.000, ma si può far ricorso anche alla produzione di altri istituticartografici, che negli ultimi anni, stanno procedendo alla conversione dei proprirepertori in formato numerico. Consideriamo queste ultime come scale di consultazioneterritoriale e di supporto alla sintesi storica, dal momento che garantiscono una buonalettura ed un discreto dettaglio anche per aree relativamente estese.

Un discorso a parte va fatto per la cartografia numerica, nel cui ambito ilconcetto di scala assume valenze differenti rispetto a quelle che ha tradizionalmente. Suisupporti cartacei, infatti, essa è correlata al graficismo, ossia alla capacità di distingueree di rappresentare nella proporzione prevista due elementi grafici differenti. Incartografia numerica, invece, deve essere considerato il concetto di scala nominale37 allaquale viene redatta una carta digitale: questa non è legata ad una specifica proporzionegrafica e quindi non ha un’unica scala di rappresentazione. All’interno dei software GIS,infatti, le coordinate reali sono memorizzate senza conversione di scala e questa vieneconsiderata esclusivamente come un parametro per definire il grado di accuratezza e larisoluzione dei supporti utilizzati. Pertanto è possibile combinare e sovrapporre datiderivati da basi redatte a scale differenti, purché pertinenti alla medesima area. Allostesso modo, in fase d’uscita a stampa, mantenendo inalterata la base d’acquisizione deidati, è possibile riprodurre la stessa cartografia a scale maggiori, anche se sconsigliabile,o minori.I cartografi stessi hanno infine introdotto, in produzione, il concetto del multiscala: siammette che esistano, nel moderno database topografico elementi rilevati con precisionedifferente (maggiore o minore) rispetto al contenuto metrico della maggior parte dei daticorrelati alla scala nominale della carta.

37 La scala nominale della carta è “quella scala per cui la carta è stata prodotta e a cui va rappresentata; tale

scala è quella che definisce precisione e contenuto della carta stessa, come accade per la normale scala

grafica della carta al tratto” (SELVINI-GUZZETTI 1999).

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6. METODI E STRUMENTI DI RILEVAMENTO

PER LA REDAZIONE DI NUOVA CARTOGRAFIA

Tutte le operazioni di rilevamento o levata topografica (o cartografica)38 hannoinizio da determinazioni sul terreno, per la misura diretta od indiretta delle entitàspaziali, e si concludono in laboratorio, dove si effettuano le elaborazioni di calcolonumerico e le operazioni di disegno topocartografico. Le varie fasi del lavoro nerendono agevole il graduale controllo ed il collaudo finale. Le moderne tecniche dicelerimensura, di fotogrammetria e di laser scanning acquisiscono in contemporanea leinformazioni relative ai dati planimetrici ed altimetrici, col riporto ad un unico sistemadi riferimento spaziale x, y, z.

Le varie metodologie sono suddivisibili in:1) celerimensura (mediante stazioni totali);2) sistema di posizionamento globale (GPS);3) telerilevamento, nel cui ambito rientrano:

a) la fotogrammetria;b) la fotointerpretazione;

4) rilevamento tridimensionale con tecniche di laser scanning.

Ciascuno dei metodi presentati di seguito si presta a particolari tipi di rilievo e presentaun diverso grado di complessità tecnica e metodologica, garantendo affidabilità, costi etempi di produzione cartografica differenti. In archeologia, risulta frequente l’uso distazioni totali e GPS per il rilievo delle emergenze. La fotointerpretazione, applicata allaricerca di strutture sepolte mediante riscontro di anomalie, rientra invece nel ramo dellediscipline afferenti al remote sensing. In questo campo viene utilizzato anche il metodoaerofotogrammetrico, necessario per la georeferenziazione ed il raddrizzamento di fotoaeree oblique. Infine, la fotogrammetria trova applicazione per il raddrizzamento dellefoto degli elevati e quindi per lo studio delle murature e, più in generale, degli aspettiarchitettonici degli edifici.Le tecniche di laser-scanning rappresentano invece la nuova frontiera del rilevamento: afronte di costi d’acquisizione della strumentazione molto alti (destinati però a calareprogressivamente) esse garantiscono un rilievo estremamente dettagliato ed affidabiledelle evidenze nella loro tridimensionalità. Considerate le enormi potenzialità, il laser-

scanning potrebbe affermarsi, nel giro di non troppi anni, come lo standard per laproduzione cartografica in molti ambiti operativi (con un giustificato ritardo anche inarcheologia). In questo caso sarà necessario impegnarsi non tanto nell’acquisizione di un

38 “Si definisce levata topografica, o rilevamento topografico, il processo operativo che conduce alla

rappresentazione cartografica di una porzione di territorio terrestre. Con evidente analogia, viene inoltre

talvolta detta levata, o rilevamento, anche l’elaborato grafico prodotto.” (FONDELLI 2000, p. 269)

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buon metodo di rilevamento (pressoché interamente automatico) quanto nelladefinizione di parametri e metodologie di gestione e post-processamento dell’enormequantità di dati spaziali generati da ogni singola levata. La possibilità di applicaretextures fotorealistiche al rilievo consentirà di migliorare notevolmente le fasi dicaratterizzazione e di leggibilità dei soggetti rilevati.

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6.A - IL RILEVAMENTO TOPOGRAFICO

NUMERICO MEDIANTE STAZIONE TOTALE:LA CELERIMENSURA

Il rilevamento topografico numerico completo, detto anche celerimensura, hacome scopo la determinazione della posizione, planimetrica ed altimetrica, dei punti delterreno mediante misurazioni dirette effettuate a stazione totale. A questo propositooccorre rilevare come lo sviluppo tecnologico di tali strumenti garantisca un aumentodell’efficienza operativa, il trasferimento in tempo reale dei dati, la loro immissioneall’interno dei calcolatori elettronici e l’eliminazione, almeno per le brevi distanze, deiprismi riflettenti, grazie alla tecnologia laser. Inoltre, le tecniche di coordinate geometry

(COGO) consentono il trattamento dei dati rilevati dalle stazioni celerimetrichegarantendo alta precisione, pur costringendo a lunghi tempi e a costi piuttosto elevati.Per georeferenziare i rilievi effettuati a stazione totale è necessario appoggiarsi adalmeno due (in pochi casi fortunati) o tre punti noti, che permettano di determinare laposizione della stazione. Allo scopo si utilizzano le reti geodetiche che si sviluppano sututto il territorio nazionale, integrate da reti di I, II, III, IV, V, VI ordine per disporre diuna distribuzione più ravvicinata di punti di riferimento. Fino al IV ordine (i cosiddettipunti d’appoggio) le misurazioni sono state effettuate dall’IGM. Per i rilevamenti agrande scala è invece necessario fare riferimento alle triangolazioni di dettaglio, o direte, (V ordine) e alle triangolazioni di sottorete (VI ordine). Queste ultime due sonostate tracciate e rilevate a cura dell’Amministrazione del Catasto che si è appoggiata, perla loro realizzazione, alle reti tracciate dall’IGM.

LA POLIGONAZIONEUn procedimento per raffittire i punti di coordinate note, dai quali procedere alleoperazioni di misura, è la poligonazione. Le poligonali rappresentano, infatti, una scaladi lavoro intermedia fra le grandi reti di triangolazioni e la misura dei punti di dettaglio.Una volta georeferenziata la stazione di partenza appoggiandosi ai punti noti, è possibiledeterminare sul terreno una serie di punti distribuiti sulla zona da rilevare(corrispondenti alle stazioni per effettuare i rilievi di dettaglio ). Le spezzate cheuniscono tali punti costituiscono appunto una poligonale, e gli stessi punti vengono, inquesto caso, denominati nodi.Una poligonale può essere:

a) aperta, qualora termini con un punto qualsiasi ; in questo caso non esistono altripunti di controllo e pertanto è obbligo fidarsi delle misure effettuate;b) appoggiata, qualora termini con un punto di coordinate note o comunquecalcolabili; in questo caso è possibile controllare l’affidabilità delle misurazioni

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effettuate constatando lo scarto fra il punto noto d’arrivo e i risultati dell’ultimo puntodella poligonale. Qualora lo scarto sia minimo si procederà alla compensazionedell’errore angolare in parti uguali sulle varie stazioni (o nodi). In caso di scartosuperiore ai limiti di tolleranza sarà opportuno ripetere le operazioni;c) chiusa, qualora il punto finale coincida con quello di partenza; per questo caso valelo stesso discorso fatto per le poligonali appoggiate, salvo che il punto finale dovràavere lo stesso valore di quello di partenza o uno scarto inferiore ai limiti di tolleranza.

Le operazioni di rilievo sono comunque le stesse nei tre casi e consistono nello stabilireil senso di percorrenza della poligonale e nell’eseguire, per ogni vertice, le letture dellegrandezze relative al punto in avanti e al punto indietro.

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Per georeferenziare una stazione è possibile ricorrere a tre differenti metodi:

1) POTHENOT (vedi immagine sotto)Applicare una pothenot (indicata anche come “intersezione inversa” o “metodo diSnellius”): consiste nel determinare le coordinate di un punto (stazione), dal quale sivedano almeno tre punti di coordinate note (A, B, C), attraverso calcolitrigonometrici a partire dalla sola misurazione degli angoli. Attraverso tale metodonon è richiesta alcuna misurazione di distanze: queste vengono infatti ricavate in fasedi post-processamento dei dati. Nello specifico, la risoluzione dei vari triangoli (equindi delle lunghezze dei rispettivi lati) avviene con il teorema dei seni, secondo loschema classico basato sul calcolo degli angoli x e y.

2) APERTURA A TERRA (vedi immagine pagina seguente)Applicare un’apertura a terra (indicata anche come “stazione fuori centro” o“riduzione al centro”): consiste nel determinare le coordinate di un punto(stazione), dal quale si vedano almeno due punti di coordinate note, attraverso lamisurazione di entrambi gli angoli e della distanza del solo punto noto vicinoDalpunto di stazione si misura l’angolo sul punto noto più lontano (puntod’orientamento) e sul punto noto vicino. A seguire si misura la distanza fra il puntostazione ed il punto noto vicino. La soluzione del problema si riconduce al calcolo

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dell’angolo epsilon che si ottiene risolvendo il triangolo con il teorema dei seni dopoaver calcolato (su carta o su GIS) la distanza fra i due punti noti. La precisionedipende quindi dal modo in cui le misurazioni si ripercuotono sull’angolo epsilon. Inparticolare, è necessario fornire una misurazione estremamente precisa della distanzafra stazione e punto noto vicino; il calcolo della distanza del punto d’orientamentepuò invece essere più grossolano.

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3) ORIENTAMENTO SU DUE PUNTI FISSIApplicare l’orientamento su due punti fissi: consiste nell’orientare un rilievo didettaglio effettuato in coordinate locali ( stazione con coordinate: x = 0; y = 0; z = 0)agganciandolo a due punti dei quali siano note le coordinate. In questo modo tutto ilrilievo viene georeferenziato ed orientato sulla base dei valori che sono stati fornitidalla celerimensura dei due punti di coordinate note. E’ un metodo molto comodo incontesti di scavo o di rilievo di strutture architettoniche, quando è necessario rilevarele medesime aree a più riprese per seguire l’andamento dello scavo o semplicementeper completare il rilievo di porzioni estese, che richiedono varie sessioni di battitura

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Qualora non sia possibile applicare una delle tre operazioni (solitamente perl’impossibilità di vedere i due o tre punti noti necessari) è ugualmente possibileprocedere al rilevamento, anche se solamente in sistema di riferimento locale (stazionecelerimetrica posta in coordinate x = 0, y = 0, z = 0).Tralasciando la descrizione dettagliata delle formule per la determinazione dellepoligonali, delle pothenot e delle altre operazioni, basterà affermare che le applicazioniper il trattamento dei dati rilevati mediante stazione totale operano tali calcoli inautomatico, con la semplice assegnazione di particolari codici alle misure (distanze e/oangoli) dei punti rilevati.

La stazione totale è strumento molto utilizzato in ambito archeologico, in quantoconsente rilievi precisi ed affidabili di punti sparsi per un’area relativamente estesa qualepuò essere quella di un sito archeologico. Nell’ambito di una giornata lavorativa èpossibile “battere” fino ad oltre mille punti. Questo significa che non è consigliabileprocedere ad un rilievo dettagliato di tutte le unità stratigrafiche, ma è possibile rilevareuna serie di punti significativi che permetteranno la georeferenziazione ed il controllodelle piante di scavo. Il disegno manuale è infatti un’operazione più veloce e garantiscela possibilità di caratterizzare strati, murature, oggetti e materiali, secondo la sensibilitàdel rilevatore e il tipo di informazioni che deve trasmettere ed evidenziare la pianta. Essogarantisce inoltre anche un’alta affidabilità potendo eventualmente essere correttotramite verifica di pochi punti della celerimensura.

La stazione totale può essere utilizzata anche per la determinazione dellamorfologia del territorio. Tramite una maglia di punti distribuiti sull’area che si intendeindagare e restituire nella sua tridimensionalità, è possibile ottenere informazioni siaaltimetriche (punti quota, curve di livello e DTM in formato raster-grid o TIN) siamorfologiche (carte di acclività e di esposizione dei versanti) utili alla creazione dimodelli di visualizzazione tridimensionale39.

In definitiva, questo strumento consente la produzione di cartografia altamenteaffidabile e, a seconda del tempo a disposizione, più o meno dettagliata. Per questo sirivela particolarmente prezioso in contesti di scavo (soprattutto rurali) per i quali non sidisponga, in fase iniziale, di supporti cartografici ritenuti adeguati ad un correttoinquadramento topo-cartografico dell’area d’indagine.

39 Per la descrizione del tipo di lavoro che può essere svolto sulla morfologia e l’altimetria di contestiterritoriali o di scavo si rimanda al paragrafo 8 - La produzione di nuova cartografia per l’analisi

integrata di un comprensorio storico: il caso di Chiusdino.

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6.B - IL RILIEVO FOTOGRAMMETRICO

L’arte della misura ha origini che si confondono lontanissime. Sviluppatasi perregolare lo sviluppo delle varie attività, essa ha stimolato il progresso delle conoscenzeumane ed è tuttora alla base della nostra evoluzione culturale e sociale. Partendo daelementari constatazioni e semplici comparazioni antropometriche (braccia, piedi, passi,ecc.) essa ha migliorato nel tempo le sue procedure, permettendo la scoperta dei principidella geometria, fino ad arrivare alle moderne e sofisticate tecniche di misura erilevamento spaziale.Un avanzato e affidabile strumento di misura è attualmente rappresentato dallafotogrammetria40 che, traendo le sue basi teoriche dai principi della prospettiva lineare,permette di rilevare con precisione di volta in volta i differenti oggetti considerati.La fotogrammetria rappresenta ormai un avanzato strumento di acquisizione di datimetrici e tematici tra i più affidabili e immediati, con un crescente numero di campiapplicativi. Essa è una procedura di rilevamento, prospezione e documentazione di raraefficacia delle realtà territoriali, ambientali, urbane, architettoniche e archeologiche. Talipeculiari caratteristiche, non invasive e non distruttive, la qualificano meglio di ognialtra metodologia di rilevamento delle più minute modifiche morfologiche degli oggetticonsiderati e della loro definizione spaziale. Se consideriamo che la ripresa fotografica ela registrazione metrica dei punti (che avviene ormai impiegando rilevatori a distanzalaser) sono entrambi azioni che ci permettono di non toccare e quindi modificarel’oggetto, allora possiamo capire perché la fotogrammetria può essere di minimo impattosul monumento indagato.Il rilevamento tramite fotografia è una delle applicazioni più diffuse nel campodell’indagine e della valutazione dello stato conservativo delle strutture di scavo e deimonumenti.

LA FOTOGRAFIA: CONSIDERAZIONI GENERALILa fotografia, in generale, può, se correttamente utilizzata, rivestire una notevole

importanza nella documentazione archeologica e architettonica e costituire unostrumento insostituibile nel rilievo sia come strumento ausiliario del rilievo, ma ancheautonomo.

40 Per meglio arrivare ad una sua corretta definizione è utile indiduare l’etimo di alcune parole chiave.Fotografia= dal greco phos, genitivo. photos + graphia. Scrittura di luce.

La fotografia è l’applicazione tecnologica della prospettiva.

Fotogrammetria= dal greco phos, genitivo. photos+gramma dal greco gramma disegno + metria dal

greco metron misura. Misura del disegno di luce.

Una definizione di fotogrammetria che possiamo dare è quella di un metodo di rilevamento di strutture e

contesti verticali, orizzontali, o inclinati, consistente nella ripresa di più fotogrammi traducibili in

proiezioni quotate misurabili

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Essa ci fornisce immediatamente e direttamente informazioni di tipo qualitativo, come ilcolore, l’aspetto superficiale, lo stato di conservazione e tutte le altre caratteristichemateriche e formali degli oggetti ripresi.Allo steso tempo la fotografia rappresenta un supporto fondamentale nella pratica delrilevamento, ma è anche vero che se utilizzata non correttamente per una scarsaconoscenza della sua tecnologia, può divenire inutilizzabile, non affidabile, talvoltainopportuna, potendo comportare aberrazioni delle immagini e il conseguente rischio diun’erronea o travisata lettura delle caratteristiche dell’oggetto che andiamo adocumentare.Alcune considerazioni sulla natura della fotografia41 sono utili per comprendere qualisiano le procedure da seguire affinché la fotocamera sia nella corretta condizione dipoter eseguire esaurienti e valide documentazioni fotografiche, che rispondano alleesigenze del rilevamento.

Gli apparecchi fotografici costituiscono un’applicazione tecnologica dei principiscientifici e geometrici della rappresentazione prospettica. La rappresentazioneprospettica a differenza di quella fotografica è una costruzione geometrica dello spazioelaborata senza un mezzo di ripresa, quindi “esatta” e fedele.Diversamente la fotografia è una rappresentazione “mediata” ovvero elaborata attraversoun mezzo di ripresa e riproduzione dell’immagine –la fotocamera- e quindi suscettibiledi aberrazioni ed errori dovuti sia alla posizione dell’apparecchio rispetto al soggettoinquadrato che al grado di distorsione che la lente dell’obiettivo imprime ai raggiluminosi che la attraversano. Tanto più sono contenuti questi errori tanto più è elevata laqualità degli obiettivi.

Le distorsioni fotografiche sono principalmente di due tipi quelle radiali e quellelineari, le prime, dovute alle caratteristiche geometriche delle lenti impiegate, sonodifficilmente correggibili e necessitano di sofisticati ed elaborati calcoli dicompensazione; le seconde sono invece dovute dalla posizione del piano della pellicolarispetto all’oggetto catturato e sono facilmente correggibili.Anche nella fotografia si deve calibrare ai nostri obiettivi la corretta attrezzatura; sevogliamo operare su un contesto ambientale o su uno scavo archeologico al fine diregistrare immagini con scopo documentativo abbiamo una scelta più ampia diapparecchi e tecniche di ripresa, possiamo anche scegliere lenti a bassa focale-grandangoli- con elevato grado di distorsione radiale perché ciò che ci interessa èdocumentare un contesto nel suo insieme, come è inserito nell’ambiente e non le suecaratteristiche dimensionali e metriche.Viceversa nelle fotografie realizzate per ottenere un rilievo metrico di uno scavo,un’architettura o qualsiasi oggetto, le distorsioni sono accettabili solo se contenute entroprecisi limiti e se si tratta di distorsioni di tipo lineare. Per questo la scelta dei mezzi edelle modalità di ripresa si riduce notevolmente; non potremmo usare grandangoli edovremmo cercare punti di ripresa in grado di ridurre al minimo la distorsioneprospettica.

41 La luce è il “materiale” necessario e fondamentale con cui elaboriamo un’immagine fotografica, sia che

si tratti di stampa su carta o diapositiva sia che si elabori un’immagine digitale.

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Le fotocamere possono essere di due differenti tipi a seconda del supporto che laluce impressiona: fotocamere ottiche o digitali. Entrambe si basano sullo stesso principioottico; nelle fotocamere ottiche tradizionali la luce impressiona una pellicola di materialesintetico trattata con sostanze fotosensibili-cioè in grado di cambiare il loro aspettocromatico a seconda della diversa intensità di luce a cui sono esposte, mentre lefotocamere digitali utilizzano una matrice, chiamata CCD, composta da pixel, ognunodei quali è composto a sua volta da tre sensori fotosensibili che registrano uno il rosso(R) uno il verde (G) e uno il blu (B), ed elabora in formato digitale RGB il segnale otticoluminoso a cui è sottoposta. La risoluzione della camera è il numero dei pixel presentinel CCD, è espressa in milioni di pixel per superficie ed è calcolata moltiplicando ilnumero di pixel verticali per quelli orizzontali.Ormai le fotocamere digitali acquistabili a prezzi di mercato accessibili a tutti hannoraggiunto una qualità sufficiente per sostituire le tradizionali fotocamere ottiche,favorendone la diffusione anche in applicazioni di tipo scientifico.

Gli obiettivi e le distorsioni.

Le principali caratteristiche degli obiettivi sono la luminosità e la lunghezzafocale che determina l’angolo di ripresa. La luminosità è regolata dall’apertura deldiaframma, mentre la focale dalla geometria delle lenti dell’obiettivo.L’angolo di ripresa è inversamente proporzionale alla distanza focale; per cui avremoangoli di ripresa tanto più ampi quanto più bassa sarà la focale dell’obiettivo. Entro certilimiti (50 mm per le fotocamere ottiche, 15 mm per le fotocamere digitali) i raggi cheattraversano le lenti subiscono una distorsione di tipo radiale, ovvero le linee rette realisono tanto più distorte tanto più l’oggetto ripreso è distante dal centro dell’inquadratura.Per cui al centro avremo nulle o minime distorsioni e ai bordi massime incurvature dellerette reali.Viceversa le focali superiori a questi valori (50mm per le fotocamere ottiche, 15 mm perle fotocamere digitali) non producono distorsioni di questo tipo o almeno non rilevanti alfine di un impiego fotogrammetrico dell’immagine scattata.Per la fotografia utilizzata come mezzo di rilevamento si devono impiegare quindi focalialte (o almeno superiori al 50mm nelle fotocamere ottiche e ai 15mm in quelle digitali)per evitare distorsioni radiali difficilmente correggibili in fase di elaborazione della foto.

Le tecniche di ripresaAttualmente le case produttrici di materiale fotografico sono sempre più orientate

a dotare le loro fotocamere sia di veri e propri computer per l’impostazione diprogrammi di ripresa differenziabili a seconda del soggetto inquadrato che di sistemi dimessa a fuoco automatica. Quest’ultimi nelle macchine digitali hanno sostituito quasicompletamente, soprattutto nei modelli più economici e compatti, il sistema manuale.Questo indirizzo è stato determinato sia dall’esigenza di rapidità d’esecuzione necessarianella fotografia d’attualità e di reportage, sia da esigenze commerciali indirizzate arendere la fotografia alla portata di tutti.Nella fotografia applicata al rilievo il controllo della qualità dell’immagine èdeterminante. Per questo ogni tipo di automatismo è sconsigliabile: il suo uso infatti può

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condurre erroneamente a pensare che ogni fotografia sarà correttamente eseguita, o adaffrettare la ripresa senza concedere il tempo alla riflessione necessaria ad individuareangoli e situazioni di ripresa più rispondenti alle esigenze.

L’inquadratura.

Quando si fotografa è importante conoscere ciò che si vede (non solo con gliocchi, ma con tutte le altre informazioni già esistenti nella memoria e frutto di unospecifico studio condotto) e cercare fra le infinite possibili inquadrature quella chemeglio rappresenta ciò che il fotografo vuole comunicare: l’esperienza dimostra che ungenerico professionista della fotografia, solo per il fatto di conoscere la tecnicafotografica, non è in grado di di eseguire significanti riprese.L’inquadratura è un taglio arbitrario della scena è necessario quindi che contenga tutte leinformazioni percepite dall’occhio e dalla mente e che abbia anche quegli opportunimargini necessari, e spesso indispensabili, in sede di utilizzazione delle fotografie.Il punto di vista è dato dalla posizione della fotocamera rispetto all’oggetto della ripresae non dalla focale dell’obiettivo utilizzato, che determina solo la porzione del campovisivo che si vuole fotografare. La ricerca del punto di vista significativo richiede tempoe attenzione: comporre la scena che stiamo fotografare vuol dire costruire gerarchie dipiani e focali di lettura disponendo i diversi oggetti in primo, intermedio o ultimo piano,ma pure decidere se isolare o accostare ad altri oggetti l’oggetto principale da riprenderepuò avere come effetto quello di distogliere o concentrare l’attenzione su di esso.Se l’oggetto da documentare non è contenibile all’interno di una sola immagine, è utilepoter comporre un mosaico dei fotogrammi che lo ritraggono. La condizione per cui sipuò realizzare il foto mosaico è che ogni fotogramma sia sovrapponibile rispetto aglialtri ad esso contigui almeno su due punti distinti e sufficientemente distanti.

L’esposizioneL’esposizione è definibile quale prodotto dell’intensità della luce che colpisce la

pellicola o il CCD per il tempo in cui essa viene esposta alla luce. Essa è regolata daldiaframma. Questo non è altro che un meccanismo regolabile manualmente odigitalmente costituito da una serie di elementi che aumentano o diminuiscono ildiametro del foro attraverso cui la luce passa dall’obiettivo alla pellicola.Quindi l’apertura del diaframma di un valore raddoppia l’intensità luminosa sullapellicola ma, se il tempo d’apertura dell’otturatore viene dimezzato, l’esposizione nonsubisce alcun cambiamento. L’esposizione è quindi il prodotto di una serie di coppiediaframma-tempo che producono sulla pellicola sempre lo stesso risultato.

La profondità di campo.

La coppia con diaframma minimo e tempo massimo è quella che ci permette diottenere la massima profondità di campo, mentre al contrario la coppia con diaframmamassimo e tempo minimo ci permette di avere minima profondità di campo.La profondità di campo è definibile come la distanza misurabile lungo l’asse ortogonalealla pellicola tra il piano a fuoco più vicino al punto di vista e quello più lontano.

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Maggiore è la profondità di campo maggiore saranno gli oggetti a fuoco, al contrario seabbiamo una profondità di campo minima avremo a fuoco un solo piano di ripresamentre lo sfondo e gli oggetti tra questo piano e la fotocamera risulteranno fuori fuoco.Nelle foto di rilevamento di strutture di scavo o architettonico è sempre bene lavorarecon ampie profondità di campo, e quindi utilizzando diaframmi piccoli e tempi lunghi diesposizione. Per questo è sempre opportuno lavorare con cavalletti che ci permettono diesporre la pellicola per tempi più lunghi senza rischiare di scattare fotogrammi mossi.

Archiviazione delle immaginiAffinché una campagna fotografica possa essere utile senza che vengano perse

preziose e indispensabili informazioni, sono necessarie operazioni sistematicheindirizzate, da una parte, alla conservazione del materiale fotografico e, dall’altra, alasciare una traccia valida per una futura utilizzazione delle riprese.

Annotazione.

In sede di ripresa è necessario e indispensabile un diario delle riprese in unregistro su cui per ciascun fotogramma vengono annotati: una sommaria descrizione delsoggetto, i riferimenti a eventuali piante d’orientamento, la data della ripresa se sisvolgono più campagne in diversi giorni, il tipo di obiettivo utilizzato, il tipo di pellicola,note aggiuntive di commento sul punto di vista l’inquadratura o altro.

CatalogoSe dobbiamo conservare fotografie stampate su carta o diapositive si devono

accompagnare con schede opportune di numerazione progressiva del fotogramma iltitolo e la data della campagna fotografica in cui sono state effettuate, e altri dati dadesumere dalle annotazioni di campagna sopraelencate. Nel caso ci trovassimo adarchiviare immagini digitali, caso assai frequente in questi ultimi anni, siamo aiutati danumerosissimi programmi di catalogazione, archiviazione e gestione di immagini, dovepossiamo ordinare il materiale e associarlo a schede direttamente riferibili composte datesto, riferimenti bibliografici e tutti i dati necessari a completare le informazioni che ilfotogramma ci deve trasmettere.

Conservazione

Trattandosi di materiale sensibile alla luce e alle sostanze chimiche, sia i negativiche le diapositive sono soggetti ad un naturale deterioramento. E’ possibile ritardare manon impedire questo processo di degrado conservando il materiale proteggendolo dallaluce e in ambienti areati e privi di umidità per evitare la formazione di muffe chefacilmente possono aggredire le sostanze chimiche presenti sulla pellicola e sullediapositive.Nel caso di immagini digitali opportuni back-up su dischi ottici (cd-dvd) o altri supportidi registrazione devono essere aggiornati compatibilmente con i tempi di durata deisupporti stessi che variano dai due ai dodici anni.

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L A FOTOGRAFIA COME MEZZO AUSILIARIO ALLE OPERAZIONI DI

RILEVAMENTO

Al fine di effettuare dei rilievi e documentazioni di complessi architettonici o diaree di scavo è importante procurarsi una documentazione fotografica abbondante perevitare, nel momento della restituzione grafica e della elaborazione dei dati rilevati sulcampo, di dover tornare nuovamente sul luogo del rilievo per acquisire i dati persi omancanti. Per costruire questo supporto di documentazione ausiliario al rilievo metricotradizionale la fotografia è un mezzo importante per arricchire e completare leinformazioni offerte dai rilievi.Affinché queste fotografie possano essere utilizzate durante le operazioni di restituzionegrafica, si devono seguire alcuni elementari criteri operativi. Tutti i fotogrammi devonoessere numerati e il loro punto di ripresa deve essere accuratamente riportato con lostesso numero di progressione sulle planimetrie del sito in cui si opera.Insieme al punto di ripresa sulla pianta deve essere segnato anche la direzione del conoottico di ciascun fotogramma.Dovranno essere eseguiti fotogrammi d’insieme e di dettaglio, in modo da avere unadocumentazione completa dell’opera.Le fotografie realizzate in questo modo potranno poi essere utili a completare il rilievo,ma anche per restituzioni fotogrammetriche, qualora risulti mancante qualche misura osi decida di procedere ad un rilievo tramite fotoraddrizzamento.Un aspetto importante che può essere documentato solo a mezzo di una serie difotografie, è costituito dal rapporto che si instaura tra l’oggetto e l’ambiente o il contestoin cui è inserito. Queste fotografie di inquadramento generale devono evidenziare lerelazioni spaziali e morfologiche tra opera e ambiente circostante. Può essere utile ancheper queste fotografie il posizionamento su una planimetria di orientamento e dei singolifotogrammi.Le riprese di dettaglio hanno diversi impieghi dal documentare particolari dettagliarchitettonici spesso non considerati nei rilievi a scala superiore al 1:20 fino a registrarelo stato di degrado e conservazione dei materiali. Nel caso che i fotogrammi debbanoessere utilizzati come strumento di misura è importante disporre vicino all’oggettoinquadrato un asta metrica con cui riportare in scala l’immagine e una livella o un filo apiombo per posizionarla in verticale e poter eventualmente correggere errori di ripresa.La luce diventa fondamentale a seconda che si preferisca restituire le qualità materichedell’oggetto inquadrato piuttosto che le sue dimensioni. Nel primo caso una luce direttasull’oggetto e più favorevole per accentuare i rilevi e le qualità superficiali dell’oggetto,mentre se volessimo utilizzare il fotogramma per ricavare delle misure è meglioeffettuare la foto con luce indiretta e diffusa annientando le ombre e i contrasti.

LA FOTOGRAFIA PER IL RILIEVO METRICO

Fine essenziale del rilevamento architettonico risulta quello della interpretazionee della rappresentazione delle forme e delle dimensioni delle architetture. Talerappresentazione serve a mettere in evidenza sia i diversi rapporti proporzionali deglielementi strutturali delle architetture medesime, sia i materiali e le loro alterazioni

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prodottesi sia in fase costruttiva che nel corso del tempo. Si tratta di documentiindispensabili per definire lo stato di conservazione e consistenza delle architetture, conla definizione delle vicissitudini storiche dall’epoca della loro edificazione a quella delrilevamento.Il rilevamento architettonico deve infatti consentire di analizzare le varie strutturearchitettoniche nella loro essenziale funzione portante o decorativa, di studiare letecniche costruttive impiegate, la cronologia della loro edificazione, le eventualievoluzioni stilistiche subite, la geometria delle differenti forme e il corrispondenteproporzionamento dimensionale. Tale rilevamento deve altresì sorvegliare e anchequantizzare le deformazioni in atto e gli eventuali movimenti strutturali, per prevenire irischi di ulteriori degradi e di distruzioni dovute a cause di carattere statico o ambientale.Il rilevamento si rende infine necessario per la memorizzazione delle architetture, inquanto opere deperibili, per assicurarne il restauro conservativo oppure la parziale ototale ricostruzione.Il rilievo si realizza sempre in due principali e distinte fasi operative, la prima in cui siacquisiscono direttamente o indirettamente i dati sulle strutture interessate, e lasuccessiva di elaborazione e restituzione grafica dei dati precedentemente acquisiti.Tale procedimento può essere sviluppato sia col metodo manuale classico che colmetodo fotogrammetrico.L’applicazione del metodo manuale comporta l’impiego di strumenti di misuratradizionali come livelle, longimetri, ecc. Esso consiste nel rilevamento di un numerofinito di punti caratteristici utili per la successiva interpolazione di linee ecaratterizzazione grafiche necessarie alla descrizione del manufatto rilevato.La selezione dei punti caratteristici risulta tanto più facile quanto più semplice risulta laconformazione dell’oggetto da rilevare, tanto meno facile quanto più complesso essoappare. In questo ultimo caso, come per esempio nelle curvature delle volte o neidettagli decorativi e costruttivi particolarmente elaborati il disegno risulta spessoimpreciso e suscettibile di errori macroscopici o comunque contenibili con non pochitentativi di disegno e un conseguente aumento dei tempi di restituzione.L’applicazione della metodologia fotogrammetrica e del rilievo tramitefotoraddrizzamento, comporta invece la realizzazione di un numero finito difotogrammi, e di alcune misure indispensabili alla successiva restituzione dell’insieme.Questa metodologia costituisce uno degli strumenti più efficienti per il rilevamentoarchitettonico e archeologico, operando in modo sicuro e immediato senza pregiudicarein alcun modo lo stato di conservazione delle strutture.Un procedimento di semplice applicazione, nella documentazione piana delle facciatedegli edifici o delle piante di scavo, rimane quello della costruzione di fotopiani diriprese fotografiche inclinate successivamente raddrizzate.Per comporre le immagini di superfici ampie come possono essere un prospetto di unrudere o la pianta di un settore di scavo archeologico, si procede attraverso laprogressiva registrazione di fotomosaici, ovvero dalla scansione in settori contigui diporzioni del soggetto che dobbiamo rappresentare. Il principale motivo per cuiprocediamo alla elaborazione di fotomosaici è che non possiamo utilizzare obiettivigrandangolari con distorsioni radiali per registrare in un solo fotogramma un’estesasuperficie piana. Ulteriore motivo per cui si realizzano i fotomosaici è per elaborare

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attraverso i programmi di fotoraddrizzamento, tante piccole immagini ad alta risoluzionepiuttosto che una grande immagine complessiva che inquadri l’intero oggetto ad altarisoluzione e che difficilmente potrebbe essere elaborata in tempi brevi e ragionevoli dainormali processori di calcolo.Attualmente, il raddrizzamento di prese inclinate può essere sviluppato con sistemidiversi, e cioè per mezzo dei normali raddrizzatori fotogrammetrici, e mediante latecnica del trattamento digitale delle immagini. I tradizionali raddrizzatorifotogrammetrici consistono in sofisticati strumenti di controllo e correzione delleimmagini e si applicano direttamente al corpo della fotocamera in modo da agiredirettamente sulla direzione dei raggi luminosi che attraversano l’obiettivo e si dirigonoal piano della pellicola. Questi apparecchi sono sempre più impiegati da utenti altamentespecializzati sia per gli elevati costi di investimento sulle attrezzature che per lacomplessità delle operazioni necessarie ad ottenere decenti risultati. Al contrario, iltrattamento digitale delle immagini risulta molto più semplice e immediato. Essoriassume in sé le proprietà caratteristiche dell’immagine fotografica con quella dellarappresentazione grafica convenzionale delle proiezioni ortogonali. Pertanto risulta ingrado di fornire preziosi contributi nella documentazione metrica delle architetture,specialmente quando viene posto il problema della rappresentazione metrica di superficicomplesse e difficilmente raggiungibili con i tradizionali strumenti di misura per ilrilievo manuale.

IL RILIEVO TRAMITE RADDRIZZAMENTO FOTOGRAFICO

Il procedimento con cui si realizzano rilievi di questo tipo prevede alcunipassaggi fondamentali per raggiungere correttamente e con efficienza gli obiettiviprefigurati.

Ripresa fotograficaLa superficie verticale (facciate) o orizzontale (piante di scavo) che vogliamo

rilevare deve essere fotografata utilizzando strumentazione adeguata ai fini del rilievocome per esempio idonei obiettivi con focale non inferiore ai 50mm nel caso difotocamere ottiche e ai 15mm nel caso di fotocamere digitali, evitando così che siverifichino distorsioni radiali dei fotogrammi. Un cavalletto per di lavorare con tempilunghi e diaframmi chiusi sarà utile sia in caso di riprese in ambienti interni e con bassaluminosità sia per utilizzare coppie tempi-diaframma tali da sfruttare al massimo ampieprofondità di campo nella ripresa. Specialmente nel caso in cui siamo costretti adeffettuare riprese a prospetti in condizioni per cui scattiamo fotogrammi con inclinazioneaccentuata rispetto al piano della muratura, avremo la necessità di avere a fuoco sia leporzioni di elevato più vicine a noi che quelle più lontane e quindi di lavorare conmassime profondità di campo. Se viceversa ci troviamo più o meno paralleli al pianodella muratura, allora saremo sicuri che il prospetto resterà più o meno ad una distanzacostante dalla fotocamera e possiamo quindi eseguire lo scatto senza preoccuparsi diottenere valori elevati di profondità di campo.

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La distanza d indica l’ampiezza di profondità di campo necessaria ad avere a fuoco

tutto il prospetto. Per riprese da posizioni particolarmente inclinate rispetto al prospetto

(caso in alto), per avere tutti i suoi punti a fuoco dobbiamo considerare un’ampiezza di

profondità di campo maggiore di quella necessaria nel caso in basso in cui

l’inclinazione del piano della pellicola rispetto al prospetto risulta minore.

Composizione di fotomosaiciUna volta scelti gli strumenti più adatti si passa ad elaborare un piano di

scomposizione del soggetto da rilevare in tasselli o quadranti coincidenti ognuno con unfotogramma, da ricomporre come un mosaico dopo che avremo elaborato le immagini. Ilnumero di immagini con cui componiamo il fotomosaico dipende direttamente dallafocale che utilizziamo sulla fotocamera e dalla distanza tra il punto di presa e l’oggettoda rilevare. La scomposizione-ricomposizione del fotomosaico deve essere fattaprocedendo per strisciate di fotogrammi orizzontali dall’alto verso il basso o viceversaper strisciate verticali da destra verso sinistra. Per essere sicuri di comporre unfotomosaico in grado di documentare il prospetto o lo scavo che stiamo rilevando inogni sua parte, è necessario procedere sovrapponendo tutti i fotogrammi a quelliimmediatamente contigui sia in orizzontale che in verticale. In questi campi disovrapposizione sceglieremo anche i punti discreti da rilevare successivamente con lastazione totale, in modo da considerare uno stesso punto presente in uno, due, tre oquattro fotogrammi diversi.

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La qualità cromatica del fotomosaico dipenderà dall’ uniformità di luce che avremo intutte le parti riprese dai diversi fotogrammi. Per ovviare a spiacevoli contrasti edissonanze cromatiche è sempre opportuno scattare gli scatti in un tempo relativamentebreve per evitare cambiamenti di luce dovuti a variazioni di irraggiamento o al passaggiodi nuvole, che possono notevolmente variare lo spettro della luce e di conseguenza lecondizioni cromatiche dell’oggetto fotografato. Per questo motivo è opportuno sempreverificare su carta la successione delle fotografie da scattare e, una volta deciso quale è ilpiano di sequenze fotografiche, procedere senza interruzioni tra una fotografia e un’altra.

Le immagini dalla fotocamera al computerLe immagini così ottenute (immagini oblique), devono essere trasferite nel

computer, nel caso di macchine digitali il trasferimento avviene direttamente siaattraverso un collegamento via cavo che attraverso schede removibili PCMCI. Se inveceabbiamo lavorato con apparecchi ottici dobbiamo prima sviluppare la pellicola e poiattraverso uno scanner acquisire in formato digitale le immagini.Una volta acquisite le immagini dobbiamo convertirle in formato PICT, attraverso unprogramma di elaborazione grafica, per poterle importare successivamente suprogrammi di fotoraddrizamento.

Il rilievo dei punti di attaccoStabilito lo schema del fotomosaico si procede con il determinare quattro punti

discreti per ogni fotogramma scattato, disposti il più lontano possibile dal centrodell’inquadratura e distribuiti vicino ai quattro vertici opposti di essa: in basso a sinistra,in alto a sinistra, in alto a destra e in basso a destra. Se usiamo uno strumento arilevatore ottico laser, come nel caso della stazione totale, dobbiamo sceglierestrategicamente i punti di dettaglio da collimare su elementi ben riconoscibili sia in fasedi rilievo dallo lo strumento (il laser utilizzato dalla stazione totale risulta tanto piùsensibile quanto più è chiara e riflettente la superficie dell’oggetto collimato) che in fasedi elaborazione da chi dovrà riposizionarli sui fotogrammi scattati sul campo.Per procedere correttamente la prima cosa da fare è segnare con precisione tutti i punti diattacco che andremo a misurare su una fotografia o su un rilievo sintetico disegnato amano di ciò che stiamo rilevando. Ogni punto che segnamo manualmente su uno diquesti due supporti dovrà avere un codice coincidente al codice memorizzato per quelpunto dalla stazione ed eventuali commenti per identificarne l’esatta posizione (un erratoriposizionamento del punto in fase di elaborazione compromette il raddrizzamento delsingolo fotogramma e dell’intero fotomosaico).L’ordine con cui collimiamo e misuriamo i punti, per convenzione segue l’ordine concui abbiamo eseguito i fotogrammi e per ogni fotogramma si registra prima il punto inbasso a sinistra per procedere in senso orario verso quello in alto a sinistra e così via.Quando dobbiamo misurare prospetti da distanze molto ravvicinate è opportunoutilizzare l’oculare spezzato che ci permette di collimare punti anche se incliniamonotevolmente l’obiettivo della stazione totale.

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Il punto di ripresa dei fotogrammi e il punto su cui facciamo stazione con lo strumentonon devono necessariamente coincidere mentre è importante che per ogni fotogramma sisiano rilevati le coordinate di almeno quattro punti.Se abbiamo ben chiaro lo schema geometrico di scomposizione del fotomosaico eindividuiamo tutti i campi di sovrapposizione, allora possiamo strategicamenteposizionare in questi i punti di attacco diminuendo notevolmente i punti da misurare equindi i tempi di rilievo. Per un fotomosaico di 9 immagini(3 fotogrammi in orizzontaleper tre in verticale) non abbiamo bisogno di 9 per 4 punti di attacco, ma di soli 16 puntise abbiamo correttamente impostato il rilievo.Una volta rilevati e registrati tutti i punti di attacco si possono trasferire dalla memoriafissa interna della stazione totale ad una scheda di trasferimento del tipo PCMCI oppureattraverso un cavo seriale trasferirli direttamente sul computer.

Trattamento dei dati del rilievoI dati così recuperati dalla stazione totale si possono visualizzare in formato

prima di testo e poi vettoriale attraverso opportuni programmi di elaborazionetopografica (Nonio e Nonio Tools). Quest’ultimo tipo di visualizzazione ci permette difare alcune prime verifiche numeriche sulle coordinate dei punti e di visualizzare su unsistema di assi cartesiani il nostro rilievo. Per far questo dobbiamo decidere alcuniparametri fondamentali per la visualizzazione come la scala di rappresentazione e l’unitàdi misura di riferimento.Fatta questa prima verifica se non riscontriamo particolari errori di procedura possiamoesportare dal programma (Nonio) in formato testo le coordinate di ogni singolo punto e icodici identificativi corrispondenti al numero progressivo di registrazione dei punti (D1,D2, D3, ecc.). Ognuno dei punti di dettaglio viene rappresentato nel sistema diriferimento spaziale attraverso tre coordinate (x;y;z). Nel caso di un rilievo di superficipiane come un prospetto di un palazzo si nota che una delle tre coordinate rimanepraticamente costante per tutti i punti battuti; questa è la coordinata misurata sull’asse diriferimento parallelo all’asse di congiunzione della stazione con il prospetto eperpendicolare a quest’ultimo. La sua misura risulta perciò costante e quindi ininfluentesulla identificazione dei punti di attacco.

Sovrapposizione dei dati raster dei fotogrammi e dei dati numerico-vettoriali delle coordinate dei punti di attacco: il fotoraddrizzamento

A questo punto abbiamo due differenti letture dell’oggetto che stiamo rilevando.-alcuni fotogrammi, in formato raster, che visualizziamo in forma di immagine digitale;-una serie finita di punti discreti, in formato numerico e vettoriale, per ognuno dei qualiconosciamo le coordinate precise e la posizione relativa rispetto a tutti gli altri.Dobbiamo adesso sovrapporre i due dati attraverso un programma di fotoraddrizzamento(Digicad 3D) per procedere alla correzione delle distorsioni lineari delle immagini eottenere un rilievo in fotogrammetrico in formato raster.Aprendo il programma di fotoraddrizzamento dobbiamo prima di tutto impostare iparametri di visualizzazione dell’immagine: scegliamo l’unità di misura uguale a quella

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con cui abbiamo esportato le coordinate dal programma di elaborazione grafica delrilievo (Nonio) e la scala con cui vogliamo elaborare le nostre immagini.Importiamo, a questo punto, un fotogramma obliquo salvato precedentemente in formatoPICT. Il programma lo visualizza come immagine raster sullo schermo alla risoluzionereale a cui lo abbiamo salvato.Utilizzando lo strumento puntatore andiamo a sovrapporci esattamente sul pixel delfotogramma importato coincidente con il primo punto di attacco misurato tramite lastazione totale. In questa fase di elaborazione del rilievo è importante seguire gli appuntipresi sul campo dove abbiamo segnato sulla foto o sul nostro schema del prospetto aquale preciso punto corrisponde il primo punto di attacco. Procedendo sempre in sensoorario e a partire dal punto in basso a sinistra si digitano i quattro punti di attacco suiquattro corrispondenti pixel del fotogramma.Attivando la procedura del programma denominata attacco dinamico si inseriscono datastiera i valori numerici delle coordinate specifiche di ognuno dei quattro punti diattacco (punto di attacco n°1,n°2,n°3,n°4).Adesso il programma è in grado di assegnare ad ognuno dei 4 pixel del nostrofotogramma due coordinate, ovvero abbiamo sovrapposto all’immagine raster scattatadalla fotocamera i punti discreti di attacco rilevati dalla stazione totale, cioè abbiamoassegnato ai pixel delle coordinate planari. Interpolando tutti gli altri pixel rispetto aiquattro di riferimento si riesce a trasformare l’immagine e ad annullare le distorsionilineari delle foto oblique. L’operazione che il programma esegue non è altro che unadistorsione dell’immagine per riportare i quattro pixel coincidenti con i quattro punti diattacco su un sistema cartesiano di riferimento, cioè su un piano su cui possiamomisurare la posizione di ogni singolo punto.Per trasformare l’immagine dobbiamo prima impostare la risoluzione di elaborazione edesportazione del fotogramma. Tanto più alta sarà la risoluzione impostata tanto più lentosarà il programma ad elaborarla dovendo interpolare, durante la trasformazione, unnumero più grande di pixel. Anche se avessimo a disposizione tanto tempo perrichiedere elaborazioni ad alte risoluzioni si deve tener comunque presente che è inutilesuperare la risoluzione a cui abbiamo registrato l’immagine all’origine o al momentodell’importazione all’interno del programma.

La ricomposizione del fotomosaico e alcune applicazioni possibiliUna volta trasformata l’immagine da obliqua a piana possiamo esportarla sempre

in formato raster PICT e archiviarla come immagine raddrizzata con il corrispondentenumero progressivo del fotomosaico.Se ripetiamo il procedimento sopra descritto per tutti i fotogrammi registrati possiamopoi procedere alla ricomposizione del fotomosaico su un programma di elaborazionegrafica tipo Photoshop, semplicemente accostando su livelli diversi i singoli fotogrammiraddrizzati. Sempre su Photoshop si possono fare opportune elaborazioni grafiche perevidenziare particolari caratteristiche del prospetto, evidenziando, ad esempio, imateriali costruttivi, le tipologie di degrado, lo stato fessurativo, i principali interventi direstauro, lo stato conservativo, ecc.

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La stessa immagine ricomposta può essere importata da programmi vettoriali come CADo su GIS. Su questo tipo di programmi possiamo sfruttare al meglio le potenzialità di unfotoraddrizzamento di questo tipo perché possiamo sia utilizzarla per ricavarne misurereali, ma anche per digitalizzare in formato vettoriale ogni singolo elemento delprospetto ottenendo un rilievo metrico vettoriale, che, soprattutto nel caso di elevati conaltezze non raggiungibili con normali scale, non avremmo potuto altrimenti realizzare senon investendoci molto più tempo.

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6.C IL SISTEMA DI POSIZIONAMENTO

GLOBALE SATELLITARE (GPS)

Un significativo contributo al rilevamento topografico è fornito dall’osservazionedei satelliti artificiali terrestri, tecnologie che consentono l’acquisizione rapida edaccurata della posizione, nello spazio tridimensionale, dei punti sul terreno. Si tratta delsistema di posizionamento globale (dall’inglese Global Positioning System, abbreviatocon la sigla GPS) che si basa sull’osservazione distanziometrica fra i punti da rilevare ela costellazione di satelliti dei quali è nota la posizione in orbita al momento dellamisura.Il sistema di posizionamento globale si articola in tre sezioni:

1) IL SEGMENTO SPAZIALE: è definito da una costellazione di 24 satelliti, orbitanti acirca 20.200 Km dalla Terra (tempo di rotazione di circa 12 ore), distribuiti agruppi di tre in sei diversi piani orbitali. A questi ne vanno aggiunti altri tre diriserva, utilizzabili in caso di necessità. Le orbite e i tempi di orbita sono studiatiin modo tale che da qualsiasi punto della superficie terrestre sia garantita lacopertura, in qualsiasi momento, di almeno quattro satelliti. Ciascun satelliteemette in continuità segnali su due diverse frequenze portanti modulate dalsegnale di navigazione che assicura anche informazioni precise relative al tempoorario, scandito da quattro orologi atomici. Il processo di misura è unidirezionalee procede, dal satellite al ricevitore, mediante oscillatori di alta precisione,sincronizzati fra trasmettitore e ricevitore, che emettono (o ricevono) talesegnale. Oltre all’emissione dei segnali, ciascun satellite ha la possibilità ditrasmettere a terra tutti i parametri relativi al suo funzionamento o alla suaposizione od orbita. La trasmissione di tali parametri avviene ciclicamente colnome di “Almanacco”.

2) IL SEGMENTO DI CONTROLLO: è incaricato della manutenzione del segmentospaziale (compito interamente ricoperto dal Dipartimento della Difesa degli StatiUniti d’America) ed è costituito da:a) 5 STAZIONI TERRESTRI FISSE DI TRACKING, ubicate in posizioni note ed

equidistanti lungo la fascia equatoriale. Queste seguono continuamente isatelliti e ne rilevano la relativa orbita, definendo in questo modo il sistemadi riferimento geodetico convenzionale (WGS 84, acronimo di World

Geodetic System 1984).b) 1 STAZIONE PRINCIPALE DI CONTROLLO MASTER, situata a Colorado Spring

(USA). Elabora i dati rilevati dalle cinque stazioni di tracking e calcola diconseguenza le effemeridi orbitali di previsione dei satelliti.

c) 3 STAZIONI DI TRASMISSIONE. Hanno la funzione di aggiornare i satelliti con idati elaborati dalla stazione master.

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3) IL SEGMENTO UTENZA: è definito dai ricevitori GPS che, sintonizzati sullefrequenze del sistema, percepiscono i segnali in arrivo, li decodificano e limemorizzano per la loro successiva elaborazione finale.

La determinazione della posizione dei punti nello spazio tridimensionale si fonda suosservazioni distanziometriche fra le stazioni terrestri (i ricevitori) ed i satelliti orbitantidi posizione nota. Il calcolo della durata del percorso del segnale da almeno quattrosatelliti al ricevitore permette di calcolarne la relativa distanza. In tale calcolo, definitopseudodistanza interviene un parametro del quale possiamo avere solo una misuraapprossimata; il ricevitore conosce, infatti, il tempo di emissione di ciascun segnaleorario satellitare e misura il tempo di ricezione mediante il suo orologio interno. Da quinasce la necessità di orologi interni estremamente precisi e stabili, perché nella misura diun segnale che viaggia alla velocità della luce, un minimo errore temporale si traduce inun grossolano errore spaziale. Le metodologie per la determinazione della posizionepossono essere due:

1) POSIZIONAMENTO ASSOLUTO (POINT POSITIONING): definisce la posizione assolutadi un punto, non permettendo però di pervenire ad alte precisioni, essendoimpossibile ridurre gli errori oltre una certa soglia; é il metodo più diffuso ancheperché necessita di un solo ricevitore che calcola e visualizza la sua posizioneistantaneamente.

2) POSIZIONAMENTO DIFFERENZIALE (RELATIVE POSITIONING O DIFFERENTIAL

POSITIONING): definisce la posizione relativa di un punto rispetto ad un puntonoto; sono garantite alte precisioni perché consente di ridurre gli errori in fase dipost-processamento dei dati. Con questo metodo è necessario disporre di duericevitori: uno (definito reference) sul punto noto, l’altro (definito rover) sulpunto da registrare. Essi rappresentano gli estremi della linea di base, obaseline

42. La sessione di misura dura mediamente 30 minuti – 1 ora. Si possonoutilizzare tre differenti tecniche di rilevamento differenziale:a) RILEVAMENTO STATICO (STATIC SURVEY): utilizzato principalmente per scopi

cartografici, dal momento che garantisce una precisione centimetrica osubcentimetrica. Sessioni di misura di almeno 30 minuti mantenendo fermigli estremi della baseline, ossia le due stazioni. E’ possibile altresì ricorrereal RILEVAMENTO STATICO PER LINEE DI BASE CORTE (5-10 Km),maggiormente utilizzato perché richiede tempi di misura due o tre volteinferiori, pur garantendo un margine di precisione di 2-3 cm.

b) RILEVAMENTO CINEMATICO (KINEMATIC SURVEYING): consente di muoversi sulterritorio e registrare in modalità continua le coordinate spaziali del percorso,a condizione di non perdere mai il segnale. E’ garantita una buona precisione.Sessioni di misura prolungate, ad intervalli regolari, mantenendo fisso ilricevitore sul punto noto, e muovendo il secondo ricevitore, denominatorover o roving antenna, per registrare i punti sul terreno (spazio difunzionamento ottimale entro i 10 Km). Ricorrendo a questo metodo, il

42 La baseline “costituisce il vettore di posizionamento differenziale tra due diversi punti di stazione,

definito dalla differenza delle coordinate nel sistema WGS 84, in determinazioni differenziali simultanee

GPS.” (FONDELLI 2000, p. 238)

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rilievo può essere restituito in formato puntuale, lineare e areale (poligoni).c) RILEVAMENTO STOP AND GO (STOP AND GO SURVEY): prevede la stessa

procedura del metodo cinematico ma, rispetto a questo, comporta una rapidaoccupazione dei punti da rilevare (solo il tempo necessario alla sessione dimisura: un secondo o poco più). Precisione minore, rispetto ai due precedentimetodi, ma pur sempre alta. Con tale metodo è possibile il solo rilevamentodi archi e punti.

Nel corso delle misurazioni si registra uno scarto, successivamente modificabile,determinato da una serie di errori sistematici. Questi sono facilmente correggibili, se ilrilievo è stato eseguito in modalità differenziale, tramite il post-processamento dei dati(correzione differenziale). La precisione della misurazione può però essere alterataanche da vari altri parametri di disturbo (nuisance parameters)43 che introducono errorinon sistematici difficilmente eliminabili (in particolare l’errore generato dalla presenzadi copertura boschiva). Inoltre, i codici di trasmissione dei satelliti possono essere variatiin qualsiasi momento, a causa dell’importanza strategica del sistema GPS, cheassoggetta al controllo militare le due sezioni primarie: il segmento spaziale ed ilsegmento di controllo.Nell’insieme possiamo distinguere cinque diversi tipi di errore, introdotti da limitazionigeometriche, fisiche o tecnologiche:

1) E RRORI DEL SEGMENTO SPAZIALE: sono pertinenti ai parametri orbitali(effemeridi) e agli orologi dei satelliti. Producono errori dell’ordine di qualchemetro;

2) ERRORI DI PROPAGAZIONE DEL SEGNALE NELL’ATMOSFERA;3) ERRORI DI PERCORSO MULTIPLO: si verificano quando il segnale subisce una

riflessione che ne prolunga il percorso ottico; non essendo questo calcolabile, èimpossibile quantificare l’errore generato. Risultano frequenti nelle copertureboschive a fusto alto;

4) ERRORI DEL RICEVITORE: l’orologio dei ricevitori risulta meno preciso rispetto aicorrispondenti installati sui satelliti. Genera un errore non trascurabile,dell’ordine di 30 m.;

5) ERRORI DI DEGRADAZIONE VOLONTARIA: soppressi dal Presidente degli StatiUniti d’America a partire dal 1 maggio 2000, erano volontariamente introdottidal Dipartimento della Difesa degli USA (gestore del segmento di controllo) inconsiderazione dell’importanza strategico-militare del sistema GPS. Quandoattivi, comportavano uno scarto dell’ordine di un centinaio di metri.

Il sistema GPS consente di definire la posizione dei punti terrestri nel sistema diriferimento tridimensionale WGS 8444.

43 I fattori di disturbo che possono influenzare i risultati delle operazioni di misura sono riconducibili a tre

categorie:

1) disturbi del satellite;

2) disturbi della stazione;

3) disturbi dipendenti dalle osservazioni.44 WGS 84 è l’acronimo di World Geodetic System, “il sistema di riferimento geodetico mondiale che

costituisce un moderno modello matematico della Terra dal punto di vista geometrico, geodetico e

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L’impiego della tecnologia GPS come procedura di posizionamento globale dei puntigeodetici modifica radicalmente la nozione classica di rete geodetica articolata per retid’inquadramento progressivo di precisione decrescente (vedi paragrafo precedente). Ilsistema GPS consente infatti di operare misurazioni a partire da una rete di riferimentopiù fitta e precisa di quella tradizionale.Nel 1991, l’IGM ha iniziato, per l’Italia, la costruzione di una rete geodeticatridimensionale GPS, definita da punti di facile accesso. Tale rete, denominata GPSNET,consente lo studio e la definizione delle relazioni esistenti fra il sistema nazionale ed ilsistema globale WGS 84. La realizzazione di quest’opera ha comportato ilposizionamento di oltre 1200 punti GPS, distribuiti uniformemente sul territorionazionale ad una distanza media di 20 Km. Tali punti sono in gran parte coincidenti coni vertici della rete trigonometrica nazionale e della rete WGS 84.

In archeologia, l’uso del GPS è particolarmente indicato nel corso dellecampagne topografiche, al fine di georeferenziare velocemente le emergenzeindividuate. Lo strumento assicura una precisione adeguata allo scopo (non è richiesta,come su uno scavo, una precisione centimetrica), permettendo misurazioni più o menoprecise a seconda della durata delle sessioni di misura. Nel caso si necessiti dideterminazioni spaziali altamente affidabili sarà sufficiente lasciare lo strumento fissosul punto da battere per un periodo di 30 minuti-1 ora. Se non è invece richiestaun’elevata precisione, sarà invece in grado di effettuare la misurazione nel giro di pochisecondi. Ovviamente, l’affidabilità dello strumento specifico è legata anche alla marcaed al modello acquistati; nel caso dell’indagine archeologica, modelli di fascia medio-alta sono più che sufficienti alle finalità per le quali saranno adoperati. A tal proposito,occorre sottolineare come l’incessante sviluppo tecnologico garantisca rapidi progressitecnici abbattendo velocemente i prezzi degli strumenti, una volta “superati”dall’immissione in mercato del modello di ultima generazione. Ad esempio, se fino apochi anni fa per strumenti di fascia medio-alta era garantita una precisione dell’ordinedi qualche metro, l’ultima generazione di GPS è caratterizzata invece da un grado didettaglio centimetrico. A differenza delle stazioni totali, i GPS non hanno un ingombro tale da impedire odostacolare gli spostamenti del ricognitore e soprattutto non obbligano alla ricerca dipunti noti cui appoggiarsi per georeferenziare il rilevamento. Di contro, non sonoutilizzabili con la stessa affidabilità all’interno di zone boschive in quanto la vegetazionealtera la ricezione del segnale. A tal proposito occorre precisare che solitamente, a causadella fitta trama della macchia boschiva, le stazioni totali possono essere utilizzate quasiesclusivamente per rilievi in sistemi di riferimento locali, senza possibilità digeoreferenziazione (impossibilità di vedere i tre punti noti necessari all’operazione dipothenot). In questo caso l’uso del GPS può essere utile al rilevamento della posizione distazioni celerimetriche o di punti misurati con sufficiente visibilità verso l’alto,permettendo così la successiva georeferenziazione del rilievo a stazione.

gravitazionale, costruito sulla base delle misure e delle conoscenze scientifiche e tecnologiche disponibili

al 1984.

Il sistema di riferimento WGS 84 è un sistema convenzionale derivato dal WGS 72 al quale sono state

apportate varie modifiche ed integrazioni”. (FONDELLI 2000, p. 303)

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6.D – LA FOTOINTERPRETAZIONE

La fotointerpretazione è una disciplina nata, come autonoma, nel corso dei dueconflitti mondiali, avendo, in origine, finalità esclusivamente militari.

“Fondamento della fotointerpretazione è l’esistenza di speciali rapporti didipendenza fra le caratteristiche dei suoli e quelle degli oggetti antropici posti al di sopradi loro, o (con le dovute limitazioni) al di sotto dei suoli stessi (per esempio, strutturemurarie, fossi e letti di corsi d’acqua interrati, ecc.).”45 La lettura delle informazionifornite dalle foto aeree costituisce un processo di decodifica specializzata e infatti perl’identificazione degli oggetti è necessaria la conoscenza a priori delle caratteristicheformali ad essi legate. Le chiavi interpretative sono ovviamente fornite dall’insiemedelle conoscenze accumulate dai fotointerpreti. La migliore tecnica per la lettura dellefoto aeree è l’osservazione stereoscopica: lo stereoscopio46 permette infatti la visionetridimensionale del terreno, mentre la barra di parallasse consente la misura deidislivelli.

Nella fotointerpretazione è necessario cogliere tutte le possibili variazioni delsuolo e della vegetazione al mutare delle condizioni di illuminazione. Per questo, nellesituazioni di maggior interesse, è opportuno ripetere più volte la presa fotograficaintorno al sito esaminato, variando la quota e l’angolo di osservazione mediante rotteconcentriche ravvicinate. E’ inoltre consigliabile, se possibile, ripetere le campagnefotografiche a distanza di tempo per valutare le variazioni del suolo e del mantovegetativo col variare delle ore nell’arco della giornata o col variare delle stagioninell’arco dell’anno. E’ ovvio, infatti, che la medesima area fornirà risultati decisamentediversi se fotografata all’alba, a mezzogiorno o al tramonto dello stesso giorno.Analogamente si potranno riscontrare marcate differenze fra prese fotografiche nei mesiautunnali, invernali, primaverili o estivi.

Una serie di parametri consente di stabilire, sui fotogrammi, quali siano lecaratteristiche dei terreni, della vegetazione e delle strutture antropiche rappresentate.Tali parametri sono:

1) TONO. Riguarda il colore che, in un fotogramma, è influenzato dalla vegetazione,dall’illuminazione, dalla durata dell’esposizione, dalla morfologia, dallo sviluppoe dalla stampa dell’immagine, dal tipo di emulsione impiegata ed infine dall’usodi filtri;

45 SELVINI-GUZZETTI 1999, p. 300.46 Lo stereoscopio “si basa sul principio della visione parallela nell’osservazione stereoscopica di uno

stereogramma, ed è costituito da due lenti convergenti opportunamente accoppiate per facilitare la visione

binoculare stereoscopica delle due immagini costituenti lo stereogramma.” (FONDELLI 2000, p. 297.)

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2) TESSITURA. E’ una modifica nella distribuzione del tono, ossia della densitàdell’immagine. Tessitura e tono, quindi, sono due parametri strettamente legatiche non possono essere valutati separatamente;

3) DRENAGGIO. E’ costituito dall’andamento idrografico superficiale e dalleeventuali tracce di acque sotterranee;

4) VEGETAZIONE. Mette in risalto particolari strutture come faglie e fratture chevengono evidenziate da piante od arbusti allineati; i cambiamenti di litologiasono invece indicati dalla presenza di vegetazione spontanea;

5) ALLINEAMENTI. Possono indicare, citando solo i casi più frequenti, scarpate, corsid’acqua, faglie, cime, versanti opposti, differenti morfologie, rotture di pendio,doline allungate;

6) DENSITÀ DEL DRENAGGIO. Pone in risalto giaciture di strati, pieghe edaccavallamenti del terreno;

7) FORMA. E’ lo spazio occupato da un dato oggetto, indipendentemente dalle suedimensioni;

8) DIMENSIONI. Rappresentano le caratteristiche metriche dell’oggetto9) FORMA E DIMENSIONE DELLE OMBRE. Concorrono all’identificazione dell’oggetto,

come nel caso delle strutture a traliccio.La fotointerpretazione trova applicazione in una variegata serie di ambiti

disciplinari, fra i quali l’archeologia, nel cui ambito è stata talmente sviluppata dacostituirsi come disciplina autonoma.Uno dei fattori più importanti, in questa ricerca, è rappresentato dalla vegetazione che,mediante le sue anomalie nella crescita e le variazioni di tono della sua colorazione, puòindividuare la presenza di strutture sepolte o antichi fossati colmati. In particolare, incorrispondenza di strutture murarie la vegetazione cresce più lentamente, più rada e piùchiara, mentre in corrispondenza di fossati colmati cresce, in tempi rapidi, assairigogliosa e di colore più scuro. Tale fenomeno si realizza per la diversità dello spessoredi humus che determina la fertilità dei terreni. Oltre alla differenza di altezza (crop-

marks) e di colorazione (weed-marks), un altro indicatore è costituito dall’umidità(damp-marks), minore in corrispondenza di strutture murarie, maggiore in presenza difossati riempiti. Molteplici sono i fattori che possono influenzare la resa dell’indaginefotointerpretativa: la stagione, l’ora della presa fotografica, le condizionimeteorologiche, le condizioni di luce al momento dello scatto, ecc. In particolare, il soleradente nella stagione estiva è probabilmente la migliore condizione per evidenziare,mediante ombre più allungate, anche le minime variazioni nella crescita delle colturecerealicole. Un importante contributo alla prospezione aerofotografica archeologica ègarantito dall’uso di emulsioni sensibili infrarosse che, mettendo in risalto lo statovegetativo delle varie colture ed aggregazioni spontanee, possono in tal modo fornireulteriori indizi, per l’effetto clorofilla, sull’esistenza o meno di eventuali resti antichisepolti.

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6.E - LE INNOVATIVE TECNICHE DI LASER

SCANNING PER IL RILIEVO TRIDIMENSIONALE DI

REPERTI, SCAVI, MONUMENTI ARCHITETTONICI E

PER LA PRODUZIONE DI MODELLI DIGITALI DELLA

SUPERFICIE

L’ultima frontiera del rilievo è sicuramente rappresentata dai laser scanners, checonsentono accurati rilievi tridimensionali di oggetti, strutture e superfici. Si tratta distrumentazione altamente tecnologica che solo negli ultimi anni è stata commercializzatama, considerati gli altissimi costi, non ha ancora conosciuto una diffusione di massa. Lecase di produzione stanno sperimentando nuove soluzioni per la conquista di un mercatodestinato ad allargarsi nel giro di pochi anni, rivolgendosi ad utenze molto diversificate.In particolare, la produzione di sistemi di scansione laser a vari gradi di risoluzione e adifferenti distanze di acquisizione attira ed ancor di più attirerà l’interesse di una vastagamma di discipline, dalla medicina alla topografia, passando per gli ambitidell’industria e dei beni culturali. Le prime sperimentazioni stanno progressivamenteindividuando e delineando le problematiche connesse alla realizzazione di modelli 3D divaria tipologia: calchi dentali, statue, bassorilievi, oggetti artistici o meccanici, strutturearchitettoniche, paesaggi urbani o rurali, ecc.

I modelli tridimensionali, costituiti da una matrice di punti, sono copie fedelidegli oggetti realmente esistenti e si rivelano dunque un utile ed innovativo metodo diregistrazione dei dati. Tali tecnologie sono basate su sensori non a contatto, che sfruttanola proiezione di un raggio laser o la risonanza acustica. Di contro alla facilitàd’acquisizione, le informazioni così ottenute richiedono una impegnativa e relativamentelunga fase di post-processamento, per essere composte in quello che sarà il modellotridimensionale finale.

Anche nell’ambito dei beni culturali, in particolare in archeologia ed inarchitettura, tale tecnica è seguita con grande interesse, considerate le sue molteplicipossibili applicazioni. Nello specifico, tali strumenti possono perseguire finalità di tipotopocartografico (rilievo numerico tridimensionale di siti archeologici o strutturearchitettoniche) e si dimostrano strumenti utilissimi nel campo dell’archeometria(restituzione tridimensionale di reperti ceramici, metallici, vitrei, ecc.) nonchédell’antropologia fisica e dell’archeozoologia (modelli tridimensionali dei repertiosteologici). Oltre che per applicazioni scientifiche, simili strumenti sono ideali perfinalità più genericamente divulgative permettendo la costruzione di gallerie di oggetti opanorami tridimensionali all’interno di musei virtuali o pubblicazioni multimediali. Unesempio di esposizione virtuale di rinvenimenti archeologici è costituito dallapubblicazione in rete della mostra “C’era una volta”, organizzata dal Dipartimento di

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Archeologia e Storia delle Arti dell’Università di Siena presso i locali dell’ex Spedaledel Santa Maria della Scala a Siena47.

Al momento attuale, possiamo riconoscere almeno quattro categorie di scanner

tridimensionali contraddistinte da vari gradi di risoluzione dei rilievi e da diversedistanze d’acquisizione degli strumenti; a queste corrispondono altrettanti ambitid’applicazione:

1) Scanner ad altissima definizione (risoluzione submillimetrica) per larestituzione di oggetti di dimensioni ridotte; distanza massima d’acquisizioneottimale di 2 metri ed orizzonte d’acquisizione di poco superiore al metro.Nell’indagine archeologica, questi scanner sono ideali per la restituzionetridimensionale dei reperti di scavo o di qualsiasi altro oggetto che richiedamassima precisione per la sua riproduzione. In questo campo, da oltre unanno Frank Salvadori (specializzatosi in modellazione tridimensionaleall’interno del LIAAM) sta sperimentando le potenzialità di un similestrumento procedendo alla scansione di varie tipologie di reperti48. Nel casospecifico, lo strumento utilizzato è costituito dal laser scanner 3D VIVID 900distribuito da Minolta49;

2) Scanner per la restituzione di strutture architettoniche ad alta definizione(risoluzione subcentimetrica); distanza massima d’acquisizione ottimalevariabile tra 50 e 80 metri (ma è possibile anche arrivare ai 100 metri,ottenendo un rilievo meno affidabile). Questa categoria di scanner è idealeper il rilievo di strutture architettoniche, ed in archeologia potrà trovareapplicazione per la modellazione tridimensionale delle stratigrafie di scavo. Imigliori modelli predisposti allo scopo sono il Cirax 250050, prodotto dallaCyra Technologies, che lavora in fase di post-processamento con il software

Cyclone, ed iQsun 3D-Laserscanner51, prodotto dalla tedesca iQvolution, chepost-processa i dati con l’applicativo iQscene.

3) Scanner per la restituzione di ampi panorami urbani e paesaggistici a medio-alta definizione (risoluzione dell’ordine di 2-3 cm); distanza massimad’acquisizione ottimale di 350 metri. In archeologia, questo livello didettaglio è idoneo a contestualizzare i siti d’indagine intensiva (scavi)all’interno di più ampi comprensori territoriali. Garantendo un ampio raggiodi presa ma una risoluzione non adeguata ad una precisa restituzione deiparticolari delle stratigrafie, sarà utilizzabile soprattutto per un ampio rilievodegli aspetti morfologici dei siti indagati.

Scanner per la restituzione di panorami aerei a media definizione (risoluzionedecimetrica, con precisione nominale compresa tra 10 e 40 cm per quote che variano tra

47 http://www.paesaggimedievali.it/volta/index.htm.48 Alcuni esempi delle scansioni di reperti effettuate da Frank Salvadori sono consultabili all’indirizzo

http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/LABORATORIO/home.html.

Per l’illustrazione del lavoro di Frank Salvadori, della metodologia utilizzata e dei risultati conseguiti, si

rimanda all’indirizzo http://archeologiamedievale.unisi.it/3Dscanning/04.html49 http://www.minolta-3d.com50 www.cyra.com/products/products.html51 www.iqvolution.com

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i 60 e i 1.000 metri); distanza massima d’acquisizione ottimale di circa 1 chilometro.Tali scanner richiedono di essere montati su aerei od elicotteri appositamente strutturatiper la loro accoglienza. Risultano ideali per la creazione, in tempi relativamente veloci,di DSM (Digital Surface Model)52 e DTM. Considerato che rilevano il territoriomediante volo aereo, sono particolarmente utili in condizioni d’emergenza, come nelcaso di aree franose e a rischio idrogeologico. La loro precisione è appena inferiore aquella garantita dai metodi tradizionali ma, con il rapido evolversi dello sviluppotecnologico, è facile prevedere che, nel giro di pochi anni, le tecniche di laser scanning

diventeranno le più affidabili ed utilizzate.

52 Rispetto ai DTM, i DSM (Modelli Digitali di Superficie, dall’inglese Digital Surface Model ) rilevano

tutto il territorio nelle tre dimensioni comprendendo anche gli elementi antropici o naturali presenti sul

terreno (edifici, infrastrutture varie, manufatti, vegetazione, ecc.)

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7. LA GEOREFERENZIAZIONE DEI DATI: TIPOLOGIA

ED AFFIDABILITÀ DELLA RAPPRESENTAZIONE

Una delle prerogative della gestione tramite GIS dei dati archeologici è la lorogeoreferenziazione53, ossia il posizionamento sul piano cartografico nell’esatta posizioneche essi occupano nello spazio terrestre. Tale operazione viene esplicata conl’assegnazione all’oggetto rappresentato di coordinate pertinenti allo stesso sistema diriferimento scelto per la costruzione della base cartografica. Parallelamente allageoreferenziazione, occorre procedere alla rappresentazione dei dati secondo trepossibili tipologie grafiche: puntiforme, lineare o areale54

TIPOLOGIE GRAFICHE1) RAPPRESENTAZIONE PUNTIFORME. Fornisce una rappresentazione adimensionale e

simbolica dei dati. E’ ideale per la visualizzazione di piani tematici (diacronici,tipologici, ecc.) grazie alla possibilità dei simboli di caratterizzare le entità sullabase dell’informazione che s’intende fornire. Non presenta, inoltre, problemi divisualizzazione legati alla scala prescelta (al variare di questa non varia ladimensione del punto). Ne consegue che questa tipologia permette di generareviste anche a scala bassa, senza perdere alcuna informazione. Si ricorre quindi atali dati per la creazione di tematismi dai quali procedere, anche attraversotecniche di analisi spaziale, alla comprensione degli assetti insediativi.

2) RAPPRESENTAZIONE LINEARE. Fornisce una rappresentazione dei dati simbolicaed unidimensionale, in quanto sviluppati in una sola direzione (lunghezza). In unGIS archeologico-territoriale viene utilizzata prevalentemente per laricostruzione di tratti viari riferibili all’insediamento storico, per l’indicazione disezioni contenenti stratigrafia o, più in generale, per la restituzione grafica deitagli (es: fossati, buche di palo, ecc). E’ inoltre possibile ricorrere ad elementi

53 La georeferenziazione è il “processo attraverso il quale un dato oggetto è posizionato su una carta

secondo un sistema di coordinate”. (FAVRETTO 2000, p. 165)54 Nell’ambito del presente paragrafo, il termine areale verrà utilizzato con tre differenti accezioni:

1) come primitiva geometrica per la rappresentazione di dati planimetrici;

2) come riferimento generico e simbolico per la rappresentazione di un sito per il quale non si

disponga di sufficienti dati per una restituzione precisa e fedele di forma e dimensioni globale

dell’evidenza;

3) nel linguaggio archeologico comune, il termine può essere riferito anche ad una non definita (o

non definibile) ubicabilità del rinvenimento. Nell’ambito dei progetti di cartografia archeologica

promossi all’interno del dipartimento di archeologia senese, tale accezione viene sostanzialmente

sostituita dall’uso di gradi di affidabilità della georeferenziazione, che verranno illustrati nel

prosieguo del paragrafo.

Nel caso citato, si intende il termine areale nella prima accezione, quella di entità geometrica di

rappresentazione.

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lineari per la rappresentazione di allineamenti o tracce riconosciuti dafotointerpretazione aerea o satellitare o da prospezioni geofisiche. Nemmenoquesta tipologia grafica, essendo unidimensionale, presenta problemi divisualizzazione legati alla scala prescelta.

3) RAPPRESENTAZIONE AREALE. Fornisce una rappresentazione bidimensionale equindi planimetrica dei dati, consentendone la misurazione delle aree e la letturadi forma e contorni. Tramite questa tipologia grafica è possibile la restituzione diquasi tutti i dati registrabili nell’ambito di un’indagine territoriale o stratigrafica.E’ ideale per la fruizione delle informazioni da parte degli enti preposti allapianificazione territoriale o alla tutela, grazie alla possibilità di fornire conprecisione l’effettiva area di rischio archeologico. Trattandosi di una restituzioneareale, presenta problemi di visualizzazione legati alle basse scale, alle quali sirischia di non riuscire a leggere i dati planimetrici di dimensioni minori. Perquesto non è utilizzabile per analisi storico-insediative su contesti territorialitroppo estesi. Piuttosto è funzionale, a scopi scientifici, per calcoli statistico-analitici sulle dimensioni delle evidenze materiali. Inoltre, qualora si decida diperimetrare non solo le presenze archeologiche ma anche i campi ricogniti, èutile ad ottenere un computo preciso delle aree effettivamente indagate.

CRITERI DI GEOREFERENZIAZIONEPer quanto concerne i criteri di georeferenziazione delle evidenze riscontrate in

un progetto di indagine territoriale, nell’esperienza senese sono stati elaborati dei codicidi affidabilità della localizzazione dei siti e sono stati individuati due differenti tipi dirappresentabilità del dato.In particolare, è stata operata una distinzione fra:

a) EVIDENZA RILEVABILE. Si ritiene rilevabile qualsiasi emergenza archeologicadella quale sia possibile la lettura della forma e dei contorni. In altri termini,appartengono a questa categoria tutti i rinvenimenti dei quali sia possibile fornireuna planimetria all’interno del piano cartografico di un GIS. I rilievi sonoottenuti mediante celerimensure (stazione totale), sistemi di posizionamentosatellitare (GPS), o semplicemente digitalizzazione a video su una basecartografica di dettaglio (es: pianta di scavo a scala 1:20).

b) EVIDENZA AREALE. In questa accezione, il termine “areale” ha significato dievidenza non rilevabile né per forma né per dimensioni. E’ quindi un riferimentogenerico e simbolico, sostanzialmente riconducibile alla tipologia puntiforme(entità adimensionale).

GRADO DI AFFIDABILITÀ DELLE LOCALIZZAZIONI CARTOGRAFICHE DELLE

EMERGENZEPer fornire invece un grado di affidabilità delle localizzazioni cartografiche delleemergenze (sia puntiformi sia areali) sono stati riconosciuti nell’esperienza senese, 5differenti livelli (numerati da 0 a 4):

0) EVIDENZA NON LOCALIZZABILE. Nel caso di attestazioni archivistiche orinvenimenti noti, può capitare di disporre, come unico riferimento, di un

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toponimo che non è però rintracciabile su cartografia. Analogamente, è possibileritrovare notizia di scoperte archeologiche già segnalate come non localizzabili.Posizionamento assolutamente casuale.

1) EVIDENZA GENERICAMENTE LOCALIZZABILE. Nel caso di documentazione edita, èfrequente dover ricorrere al generico posizionamento sul toponimo ma senzaelementi utili ad una sua più precisa ubicazione. Nel caso di attestazionidocumentarie, invece, si utilizza questo grado di affidabilità per i siti nei qualinon si registra persistenza di tracce materiali che consentano di riscontrareelementi di continuità fra insediamento attestato storicamente e toponomasticaattuale, seppure con presenza di un nucleo abitato.Posizionamento generico e non giustificato sul toponimo.

2) EVIDENZA LOCALIZZABILE CON PRECISIONE APPROSSIMATIVA. Grado diaffidabilità utilizzato quasi esclusivamente per l’ubicazione di rinvenimenti noti,meno spesso per attestazioni archivistiche. E’ fondato su un posizionamentogiustificato da una descrizione della localizzazione del ritrovamento piuttostoapprossimativa o dalla persistenza di labili tracce materiali, non del tuttosufficienti a ricondurre con certezza il rinvenimento noto (o l’attestazionearchivistica) al deposito individuato.Posizionamento giustificato ma con affidabilità non elevata.

3) EVIDENZA LOCALIZZABILE CON PRECISIONE. Posizionamento giustificato da unacompleta ed esauriente descrizione della localizzazione, nel caso di rinvenimentiediti, o dalla persistenza di chiare e relativamente abbondanti tracce sul sito, checonsentano l’identificazione certa con l’insediamento documentato storicamente(caso dei toponimi con attestata continuità di vita). Confluiscono inoltre in questolivello tutti i ritrovamenti effettuati nell’ambito della ricognizione di superficie eposizionati su GIS con l’ausilio di supporti cartografici numerici con un adeguatodettaglio. E’ garantita un’alta precisione, con uno scarto indicativamente nonsuperiore ai 20-30 metri per i casi limite.Posizionamento preciso.

4) EVIDENZA LOCALIZZABILE CON PRECISIONE STRUMENTALE. Questo grado diaffidabilità differisce solo parzialmente dal precedente, contemplando i medesimicasi d’applicazione, ma fornendo maggiore precisione ed affidabilità. E’ infattiriferito all’utilizzo di strumenti tecnici di misurazione automatica (stazioni totalie GPS) che garantiscono uno scarto d’errore minore rispetto al posizionamentotramite supporto cartografico (sebbene attraverso strumenti GIS). Precisionecentimetrica per le stazioni totali e dell’ordine di pochi metri (nei casi dimisurazioni in aree boschive) per il GPS.Posizionamento strumentale.

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8. LA PRODUZIONE DI NUOVA CARTOGRAFIA PER

L’ANALISI INTEGRATA DI UN COMPRENSORIO

STORICO: IL CASO DI CHIUSDINO

Non sempre il grado di dettaglio dei supporti cartografici a disposizione puòessere ritenuto idoneo alle esigenze dell’indagine archeologica. In particolare, si registrafrequentemente la mancanza di cartografia adeguata ad un più vasto inquadramentoterritoriale delle aree di intervento stratigrafico, soprattutto in ambito rurale. Nel caso diinterventi all’interno dei centri storici, infatti, è possibile utilizzare fogli CTR in scala1:1.000 o 1:2.000 o in alternativa la cartografia catastale, a scale anche maggiori. Mafuori dalle aree urbane, i migliori supporti sono identificabili negli elementi CTR1:5.000, che certo non costituiscono una adeguata scala di raccordo fra quella altissimadei rilievi di scavo (dall’1:1 all’1:100) e quella, decisamente più bassa, utileall’inquadramento generale del territorio a scala comunale (1:10.000 o, appunto,1:5.000).

In occasione dell’apertura della campagna di scavo del castello di Miranduolo55,in località Costa Castagnoli a Chiusdino (SI), ci siamo trovati di fronte a tale problema.In particolare, mancavamo di un valido rilievo del poggio oggetto di interventostratigrafico e, per la zona, disponevamo solamente della CTR in scala 1:10.000,fondamentalmente inutilizzabile allo scopo. In vero, nel 1994 era già stata realizzata, daprivati, una mappatura della collina del castello che però, pur rappresentando una buonabase di partenza, non possedeva gli elementi di dettaglio di cui necessitavamo. Pertanto,all’apertura del progetto, nell’estate 2001, abbiamo ritenuto fondamentale procedere adun rilievo ex-novo del poggio tramite stazione totale. Nell’occasione è stata intrapresauna campagna di battitura celerimetrica nell’ambito della quale sono stati acquisiti oltrecinquemila punti in coordinate locali x,y,z che si è provveduto a convertire in coordinatecartografiche (sistema di riferimento Gauss-Boaga) mediante rilievo GPS di alcuni puntisignificativi già rilevati a stazione totale. Le operazioni di misurazione hanno interessatotutta l’estensione della collina, concentrandosi particolarmente nelle aree di scavo. Leprincipali finalità perseguite possono essere ricondotte ai seguenti punti:

55 Il progetto di indagine stratigrafica intrapreso nell’ambito dell’Insegnamento di Archeologia Medievale

dell’Università di Siena (direzione scientifica: Prof. R. Francovich e Prof. Marco Valenti; direzione del

Cantiere di scavo: Dott. A. Nardini) ha avuto inizio nell’estate del 2001 ed è giunto alla terza campagna di

scavo.

Per un’introduzione al sito di Miranduolo si rimanda a NARDINI 1999 e a NARDINI 2001a, pp. 62-70

con bibliografia e a NARDINI-VALENTI c.s.

Per la presentazione dei primi risultati della campagna di scavo si rimanda a NARDINI 2001a, p. 69, a

NARDINI-VALENTI 2003 e al sito dedicato, consultabile a partire dall’indirizzo:

http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/MIRANDUOLO/MIR.html.

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• rilievo del poggio finalizzato alla restituzione delle caratteristiche morfologico-altimetriche dello stesso;

• rilievo delle strutture murarie riconoscibili nelle aree non ancora sottoposte adindagine stratigrafica (per alcune di esse è stata effettuata un’operazione diripulitura che ha notevolmente facilitato la lettura delle strutture affioranti);

• rilievo degli ingombri delle strutture murarie e degli strati individuati nelle areedi scavo;

• rilievo della picchettatura costruita per le operazioni di rilievo manuale deglielementi stratigrafici; inserita nella piattaforma GIS di scavo, essa consente digeoreferenziare le piante acquisite a scanner, .dalle quali procederedirettamente alla vettorializzazione all’interno della base in uso.

I punti acquisiti, rielaborati tramite il software NonioA, prodotto da Interstudio56,sono stati successivamente importati all’interno di una piattaforma GIS (software

ArcView 3.2) per la costruzione dei piani cartografici necessari all’indagine. Nellospecifico, le operazioni realizzate in ambito GIS sono state le seguenti:

• generazione, mediante le tecniche di interpolazione in dotazione al software

(spline, IDW e kriking), di modelli digitali del terreno (DTM) con definizionevariabile secondo le esigenze di fruizione (1 pixel = 1 cm per i contestistratigrafici; 1 pixel = 10 cm per la restituzione del poggio). Il grado di dettagliodel modello è strettamente correlato all’estensione dell’area soggetta adelaborazione ed alla densità dei punti rilevati, necessari alla correttainterpolazione dei dati altimetrici secondo la risoluzione impostata;

• generazione, a partire dal DTM ottenuto, delle curve di livello ad intervallivariabili, secondo le impostazioni decise dall’utente sulla base del grado didettaglio desiderato (per il poggio abbiamo deciso di realizzare isoipse adintervalli variabili fra i dieci centimetri ed il metro);

• generazione, a partire dal DTM ottenuto, di carte della pendenza (funzione dislope), per la restituzione dell’acclività del poggio, utile alla lettura di eventualianomalie morfometriche che possono fornire indicazioni per l’interpretazionedella topografia del poggio, in aree ancora non indagate;

• generazione, a partire dal DTM ottenuto, di carte dell’esposizione dei versanti(funzione di aspect);

• generazione, a partire dal DTM ottenuto, di TIN utili alla viualizzazionetridimensionale all’interno di appositi moduli GIS (nel nostro caso l’estensioneESRI ArcView 3D Analyst). Questo genere di supporti può essere utilizzato peruna navigazione tridimensionale di forte impatto visivo e per una migliorelettura della conformazione del territorio. Non si può però parlare di cartografiafinalizzata ad una piattaforma GIS tridimensionale: i software GIS incommercio, infatti, non sono ancora in grado, al momento, di gestire latopologia tridimensionale in quanto trattano il dato altimetrico come sempliceattributo.

56 http://www.interstudio.net/home.html

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• Operazioni di determinazione degli ingombri delle strutture murarie rilevate(tanto nelle aree di scavo quanto in aree ad esse esterne), mediante ilcollegamento vettoriale dei punti battuti pertinenti alle varie emergenzericonosciute. Si tratta di operazioni che agevolano la realizzazione dellapiattaforma GIS di scavo, in quanto la digitalizzazione avviene esclusivamentein relazione alle caratterizzazioni. Il grado di dettaglio così ottenuto ci permettedi costruire una piattaforma GIS estremamente precisa e di riprodurre laprogressione dello scavo con una fedeltà assoluta.

Oltre al lavoro effettuato tramite stazione totale sul sito di scavo, abbiamoproceduto all’elaborazione dei piani cartografici del repertorio CTR 1:10.000, finalizzataalla produzione di nuovi piani informativi per la lettura dei dati territoriali. Il comune diChiusdino, infatti, precedentemente alle campagne di scavo promosse dal 2001, era statoindagato estensivamente, mediante ricognizione topografica, da A. Nardini. I risultatidell’indagine sono stati oggetto di pubblicazione del IV volume della collana “Cartaarcheologica della Provincia di Siena”57, nell’ambito della quale è stato prodotto unsostanzioso repertorio cartografico di supporto al testo. La prima parte della produzioneè stata dedicata alla rappresentazione dei principali caratteri paesaggistici. La secondaalla rappresentazione delle evidenze archeologiche rinvenute, delle aree indagate e dellosviluppo diacronico del popolamento nell’area chiusdinese: viste di fase, vistetipologiche delle strutture insediative riconosciute nelle singole fasi e varia cartografiatematica, comprendente l’illustrazione delle analisi spaziali effettuate. La terza parte èinvece stata incentrata sulla creazione di viste di dettaglio sul comprensorio diMiranduolo. La nostra presenza sul territorio in occasione dello scavo ci spinge acontinuare anche il lavoro di comprensione delle dinamiche insediative a scalaterritoriale (approccio metodologico da spatial archaeology). Così, nell’arco dellaseconda campagna di scavo (estate 2002), oltre al lavoro descritto di rilievocelerimetrico del comprensorio di scavo, è proseguita l’attività di produzionecartografica a scala comunale58. Nello specifico, partendo dai punti quota e dalle curvedi livello del repertorio CTR, si è elaborato un DTM di dettaglio (1 pixel = 1 metro) dalquale ottenere il TIN utile alla modellazione tridimensionale del territorio comunale. Sutale base sono stati sovrapposti piani informativi relativi all’insediamento attuale eall’insediamento storico. Sulla struttura tridimensionale del TIN sono state ancheeffettuate sovrapposizioni di immagini aeree per una restituzione maggiormenterealistica del paesaggio. Inoltre, recuperando le informazioni presentate in occasionedella pubblicazione del volume di cartografia archeologica, si è proceduto alla creazionedi viste di dettaglio del comprensorio storico del castello di Miranduolo.Nel corso della campagna 2003, infine, oltre al lavoro di routine per la determinazionedella picchettatura e dei punti per il disegno, grossa attenzione è stata dedicata al rilievodel fossato indagato sul lato ovest dell’area sommitale e ad una serie di terrazzamenti, ad

57 NARDINI 2001a.58 La produzione della campagna 2002-2003 è consultabile a partire dagli indirizzi:

http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/MIRANDUOLO/MIR129.html e

http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/MIRANDUOLO/MIR130.html.

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esso prospicienti, riferibili all’insediamento altomedievale. Le ragguardevoli dimensionidelle aree hanno richiesto molto tempo dedicato e migliaia di punti battuti a distanzaravvicinata, in modo da ottenere un rilievo finale estremamente fedele e dettagliato.Molto realistica è risultata essere la restituzione tridimensionale dell’intera areasommitale, caratterizzata dai suddetti terrazzi e nettamente demarcata dai fossati.

In definitiva, possiamo concludere che un uso appropriato della tecnologia(stazione totale, GPS, cartografia numerica e piattaforme GIS) consente un’agevoleproduzione di supporti cartografici rispondenti alle esigenze della ricerca archeologica,sopperendo anche ad eventuali lacune di dotazione cartografica di partenza. Inparticolare, il GIS permette di integrare i dati archeologici all’interno dei tradizionalirepertori cartografici, consentendo per questo anche il confronto fra informazioni diestrazione differente. La capacità da parte del ricercatore di interrogare tali basi e dicreare supporti di dettaglio rispondenti alle proprie esigenze lo mette in condizione difacilitare l’opera di comprensione e di condivisione del sapere prodotto attraverso laricerca.

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A.A . 2 0 0 3 -2 0 0 4 . D I S E G N O E R I L I E V O A R C H E O L O G I C O M E D I A N T E S T R U M E N T A Z I O N E I N F O R M A T I C A 7 7

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Per un approfondimento sull’esperienza senese si rimanda all’indirizzo:

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http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/CARTOGRAFIA/home.htmle ai contributi scaricabili a partire dall’indirizzo:http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/EDITORIA/home1.html(sezioni “Carta Archeologica della Provincia di Siena” e “Cartografia archeologica”)

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numerica, Milano 1999.• BEZOARI G., MONTI C., SELVINI A., Misura e rappresentazione, Milano

2001.• MONTI C., PINTO L., Trattamento dei dati topografici e cartografici, Milano

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Una ricca bibliografia sull’argomento, comprensiva di dispense di corsi universitari e diriferimenti a siti internet dedicati è consultabile all’indirizzo:http://circe.iuav.it/~gue_web/guerra_index_file/guerra_carto_biblio.htm

Disegno archeologico• GIULIANI C.F., Archeologia e documentazione grafica, Roma 1976.• MEDRI M., Disegnare sullo scavo, in CARANDINI A., Storie dalla terra.

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monumenti, Firenze 1988, pp. 249 sgg.

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geografiche in archeologia: GIS e Internet, VII Ciclo di Lezioni sulla Ricerca applicatain Archeologia. Certosa di Pontignano (Siena), 11-17 dicembre 1995, Firenze 1997, pp.137-160.

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cinque anni d’esperienza su un secolo di tradizione in “Archeologia e calcolatori”, I(1990), pp. 211-236.

• VALENTI M., Carta Archeologica della Provincia di Siena, Volume III, La

Valdelsa (Comuni di Colle Val d’Elsa e Poggibonsi), Siena 1999.

Per un approfondimento sull’argomento si rimanda ai link segnalati agli indirizzi:http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/LINK/MOTOAC.html (sezione “GIS”);http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/LABORATORIO/home.html (Sezioni“GIS del territorio”; “GIS di scavo”; “Workshop GIS di scavo” e “Piattaforme GIS discavo).E ai vari contributi scaricabili agli indirizzi:http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/EDITORIA/home1.html(sezione “Archeologia e Informatica”);http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/LABORATORIO/home.html(sezione “Contributi scaricabili”).

GIS e cartografia numerica• AZZARI M., Note introduttive in MORI G., BONCOMPAGNI A.,

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2000.• FONDELLI M., Cartografia numerica I. Appunti delle lezioni integrati da

complementi di teoria, esercitazioni, bibliografia e glossario, Bologna 2000.• PEVERIERI G., GIS strumenti per la gestione del territorio, Milano, 1995.

• SCHENONE C., Sistemi Informativi Territoriali. Strumenti GIS nella gestione

e pianificazione del territorio, Bresso (MI) 1997.

Di seguito vengono proposti una serie di link di corsi di GIS e cartografia numericaconsultabili a partire dai seguenti indirizzi internet:

• http://geomatica.ing.unico.it/cgi-bin/corsi.cgi?pag=corsoGIS• http://geomatica.ing.unico.it/corsi/cartografialaurea/index.html

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• http://brezza.iuav.it/~hedorfer/dgc-ITA.html• http://www.ac-cad.it/gis/gissuinternet/GISsuInternet.htm• http://www.mondogis.it/corso/gis/glossario.pdf

GPS• GABRIELLI R., Introduzione all’uso dei GPS in archeologia in FORTE M.,

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per la cartografia archeologica, in ZACCARIA C. (a cura di), Archeologia senza scavo.

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2002 - Computer Applications and Quantitative Methods in Archaeology. Proceedings

of 30° Conference, Heraklion - Crete (Greece), April 2002, Oxford 2003.• FRANCOVICH R., Archeologia medievale e informatica: dieci anni dopo in

“Archeologia e Calcolatori”, X (1999), pp.45-61.• FRONZA V., Database Management. Dispense per le lezioni di Informatica

applicata – modulo avanzato. Laboratorio di Informatica 2. Anno accademico 2001-2002. http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/INSEGNAMENTO/home.html

• NARDINI A., Tecnologia GIS. Dispense per le lezioni di Informatica applicata– modulo avanzato. Laboratorio di Informatica 2. Anno accademico 2001-2002.http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/INSEGNAMENTO/home.html.

• STANCIC Z., VELJANOVSKI T. (ed.), Computing Archaeology for

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in Archaeology. Proceedings of the 28° Conference, Ljubljana, April 2000, Oxford2001.

• VALENTI M., La gestione informatica del dato; percorsi ed evoluzioni

nell'attività della cattedra di Archeologia Medievale del Dipartimento di Archeologia e

Storia delle Arti - Sezione archeologica dell'Università di Siena, in “Archeologia eCalcolatori”, IX (1998), pp. 305-329.

• VALENTI M., ISABELLA L., SALZOTTI F., L’esperienza dell’insegnamento

di Archeologia Medievale nel campo dell’informatica applicata, in DE MARCHI M.,SCUDELLARI M., ZAVAGLIA A. (a cura di), Lo spessore storico in urbanistica.

Giornata di studio, Milano 1 Ottobre 1999, Mantova 2001, pp. 31-64.

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Per un approfondimento sull’argomento si consiglia la consultazione degli articoli delL I A A M a l l ’ i n d i r i z z o :http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/EDITORIA/home1.html nella sezione“Archeologia ed Informatica”

Remote sensing• BURENHULT G. (ed.), Remote sensing. Applied techniques for the study of

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• CAMPANA S., Ikonos-2 multispectral satellite imagery to the study of

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• CAMPANA S., High resolution satellite imagery: a new source of information

to the archaeological study of Italian landscapes? Case study of Tuscany.Contributo consulatabile all’indirizzo:http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/EDITORIA/home1.html

• CAMPANA S., FRANCOVICH R., Landscape Archaeology in Tuscany:

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and interpretation. Contributo consulatabile all’indirizzo:http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/EDITORIA/home1.html

• FORTE M., CAMPANA S., Remote Sensing in archaeology, XI Ciclo diLezioni sulla Ricerca Applicata in Archeologia. Certosa di Pontignano (Siena), 6-11dicembre 1999, Firenze 2001.

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Landscape Archaeology, Oxford 2000, pp. 1-14.

Per un approfondimento sull’argomento si rimanda ai link segnalati all’indirizzo:http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/REMOTESENS/REMOTE.htmlE ai contributi scaricabili a partire dall’indirizzo:http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/EDITORIA/home1.html

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(sezione “Archeologia e Informatica”)