DIRITTO PROCESSUALE INDAGINI PRELIMINARI. … 04... · Per questi particolari soggetti, in ogni...

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1 mAnsa 7 Appunti - DIRITTO PROCESSUALE PENALE.doc DIRITTO PROCESSUALE INDAGINI PRELIMINARI. La notizia di reato non è altro che un’informazione di un illecito penale che arriva o alla polizia giudiziaria, o al pubblico ministero. Le conseguenze fondamentali dell’inoltro di una notizia di reato sono tre: La prima è che la polizia assume compiti da polizia di sicurezza , polizia amministrativa , a polizia giudiziaria, quindi le stesse persone fisiche assumono una veste diversa. La seconda conseguenza importante è che la polizia giudiziaria ha un obbligo di informazione del pubblico ministero; La terza è che il pubblico ministero ha il dovere di iscrivere la notizia di reato in un apposito registro che è nella sede della procura della repubblica. L’argomento è affrontato nel codice di procedura penale e tra gli articoli dedicati alle indagini preliminari, vi sono due articoli che spiegano quali siano delle particolari notizie di reato, e cioè l’articolo 332 che parla della denuncia (insieme ad altri articoli che dopo vi elencherò) e l’articolo 334 che riguarda il referto (insieme ad altri articoli relativi alle condizioni di procedibilità). Art. 332. - Contenuto della denuncia. 1. La denuncia contiene la esposizione degli elementi essenziali del fatto e indica il giorno dell'acquisizione della notizia nonché le fonti di prova già note. Contiene inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona alla quale il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti. Art. 334. - Referto. 1. Chi ha l'obbligo del referto deve farlo pervenire entro quarantotto ore o, se vi è pericolo nel ritardo, immediatamente al pubblico ministero o a qualsiasi ufficiale di polizia giudiziaria del luogo in cui ha prestato la propria opera o assistenza ovvero, in loro mancanza, all'ufficiale di polizia giudiziaria più vicino. 2. Il referto indica la persona alla quale è stata prestata assistenza e, se è possibile, le sue generalità, il luogo dove si trova attualmente e quanto altro valga a identificarla nonché il luogo, il tempo e le altre circostanze dell'intervento; dà inoltre le notizie che servono a stabilire le circostanze del fatto, i mezzi con i quali è stato commesso e gli effetti che ha causato o può causare. 3. Se più persone hanno prestato la loro assistenza nella medesima occasione, sono tutte obbligate al referto, con facoltà di redigere e sottoscrivere un unico atto. Come regola generale la denuncia da parte di un cittadino privato è facoltativa, quindi un privato che assiste alla commissione di un reato non ha un obbligo giuridico di inoltrare una denuncia.

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DIRITTO PROCESSUALE

INDAGINI PRELIMINARI.

La notizia di reato non è altro che un’informazione di un illecito penale che arriva o alla polizia giudiziaria, o al pubblico ministero. Le conseguenze fondamentali dell’inoltro di una notizia di reato sono tre: ⇒ La prima è che la polizia assume compiti da polizia di sicurezza,

polizia amministrativa, a polizia giudiziaria, quindi le stesse persone fisiche assumono una veste diversa.

⇒ La seconda conseguenza importante è che la polizia giudiziaria ha un obbligo di informazione del pubblico ministero;

⇒ La terza è che il pubblico ministero ha il dovere di iscrivere la notizia di reato in un apposito registro che è nella sede della procura della repubblica.

L’argomento è affrontato nel codice di procedura penale e tra gli articoli dedicati alle indagini preliminari, vi sono due articoli che spiegano quali siano delle particolari notizie di reato, e cioè l’articolo 332 che parla della denuncia (insieme ad altri articoli che dopo vi elencherò) e l’articolo 334 che riguarda il referto (insieme ad altri articoli relativi alle condizioni di procedibilità).

Art. 332. - Contenuto della denuncia. 1. La denuncia contiene la esposizione degli elementi essenziali del fatto e indica il giorno dell'acquisizione della

notizia nonché le fonti di prova già note. Contiene inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona alla quale il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.

Art. 334. - Referto. 1. Chi ha l'obbligo del referto deve farlo pervenire entro quarantotto ore o, se vi è pericolo nel ritardo,

immediatamente al pubblico ministero o a qualsiasi ufficiale di polizia giudiziaria del luogo in cui ha prestato la propria opera o assistenza ovvero, in loro mancanza, all'ufficiale di polizia giudiziaria più vicino.

2. Il referto indica la persona alla quale è stata prestata assistenza e, se è possibile, le sue generalità, il luogo dove si trova attualmente e quanto altro valga a identificarla nonché il luogo, il tempo e le altre circostanze dell'intervento; dà inoltre le notizie che servono a stabilire le circostanze del fatto, i mezzi con i quali è stato commesso e gli effetti che ha causato o può causare.

3. Se più persone hanno prestato la loro assistenza nella medesima occasione, sono tutte obbligate al referto, con facoltà di redigere e sottoscrivere un unico atto.

Come regola generale la denuncia da parte di un cittadino privato è facoltativa, quindi un privato che assiste alla commissione di un reato non ha un obbligo giuridico di inoltrare una denuncia.

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I casi in cui il privato cittadino ha questo obbligo sono limitati e sono in massima parte individuati da norme penali del codice oppure da leggi speciali.

Esempi: Se una persona trova delle cose provenienti da un delitto, deve presentare una denuncia e questo ce lo dice l’articolo 709 del codice civile. Lo stesso avviene nel caso in cui abbia notizia di materie esplodenti in un luogo dove lui abita, e questo lo dice l’articolo 679 del codice penale. Altri casi sono quelli in cui il cittadino abbia notizia di un delitto contro la personalità dello Stato punito con la pena dell’ergastolo, o abbia notizie di un sequestro di persona a scopo di estorsione. Ne ho elencati solo alcuni, ve ne sono altri, sono comunque casi del tutto particolari.

Diversa è la situazione per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio; la norma di riferimento in questo caso diventa l’articolo 331 del codice di procedura penale.

Art. 331. - Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio. 1. Salvo quanto stabilito dall'articolo 347, i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che, nell'esercizio o

a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito.

2. La denuncia è presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria. 3. Quando più persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo fatto, esse possono anche redigere e

sottoscrivere un unico atto. 4. Se, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, emerge un fatto nel quale si può configurare un reato

perseguibile di ufficio, l'autorità che procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al pubblico ministero.

Per questi particolari soggetti, i quali non sono definiti dalla normativa processuale ma dalla normativa di diritto penale sostanziale agli articoli 357 e 358 del codice penale, vi è un obbligo di inoltrare la denuncia del fatto che costituisce reato, e se vengono a conoscenza nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del servizio esercitato.

Art. 357. - Nozione del pubblico ufficiale. Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.

Art. 358. - Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio. Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata, dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale.

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Quando si dice nell’esercizio, si fa riferimento a una nozione di carattere temporale, e quindi vuol dire mentre si sta svolgendo l’attività che costituisce pubblico esercizio, o l’esercizio di pubblico ufficio o di un pubblico servizio. Quando invece il codice fa riferimento al concetto di causa, si prescinde dal fatto che la persona stia eseguendo la propria attività lavorativa.

Esempio: Se un insegnante di una scuola pubblica viene a conoscenza di reati che sono stati commessi a danno dei propri alunni, anche fuori dal contesto lavorativo, ma ne viene a conoscenza appunto perché è un insegnante, in questo caso avrà l’obbligo di denuncia.

Stiamo facendo riferimento sempre a reati perseguibili d’ufficio. Una particolare categoria di pubblici ufficiali, è data dagli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria. Per questi particolari soggetti, in ogni caso in cui vengano a conoscenza di una notizia di reato, per loro scatta l’obbligo della denuncia, questo obbligo lo ricavate dall’articolo 361 secondo comma del codice penale.

Art. 361. - Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale. Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all'autorità giudiziaria, o ad un'altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell'esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito con la multa da euro 30 a euro 516. La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto. Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa.

Dice la norma: la pena è della di reclusione … se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria che ha avuto comunque notizie di reato del quale doveva fare rapporto; quindi qui non si fa riferimento al fatto che la notizia di reato sia stata presa a causa dell’esercizio, ma si dice comunque. Una particolare ipotesi di pubblico ufficiale è quella invece del difensore. Una volta che è stato inserito nel codice di procedura penale la materia delle indagini difensive, esistono dei casi particolari in cui anche il difensore della persona indagata o della persona imputata, può assumere la veste di pubblico ufficiale.

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Per lui però c’è una norma ad hoc che è stata prevista dal codice, ed è l’articolo 334 bis del codice, il quale esclude che questi soggetti, nonostante siano pubblici ufficiali, abbiano l’obbligo di presentare la denuncia.

Art. 334-bis. - Esclusione dell'obbligo di denuncia nell'ambito dell'attività di investigazioni difensiva. 1. Il difensore e gli altri soggetti di cui all'articolo 391-bis non hanno obbligo di denuncia neppure relativamente ai

reati dei quali abbiano avuto notizia nel corso delle attività investigative da essi svolte.

Il contenuto della denuncia viene descritto in maniera dettagliata dall’articolo 332 del codice di procedura penale.

Art. 332. - Contenuto della denuncia. 1. La denuncia contiene la esposizione degli elementi essenziali del fatto e indica il giorno dell'acquisizione della

notizia nonché le fonti di prova già note. Contiene inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona alla quale il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.

Si parla di: � esposizione degli elementi essenziali del fatto, � le fonti di prova; � le generalità il domicilio e quant’altro serva ad identificare la

persona a cui il fatto è attribuito; � la persona offesa e le persone informate. Quando viene presentata un’informativa di reato, è bene che siano indicati, nella stessa, in maniera chiara quali ufficiali o agenti di polizia giudiziaria siano in grado di riferire la notizia, perché a volte capita che la notizia sia inoltrata dalla persona più alta in grado, ma questa persona non sia a conoscenza diretta dei fatti e quindi il pubblico ministero non è posto nelle condizioni di individuare la persona da chiamare a testimoniare. Il referto lo trovate indicato nell’articolo 334 del codice di procedura penale e non è altro che una particolare forma di denuncia, presentata da un soggetto che esercita la professione sanitaria. L’articolo 334 stabilisce che colui che esercita la professione sanitaria che ha portato assistenza in un contesto in cui emerga un fatto che può essere considerato alla stregua di un reato perseguibile d’ufficio, ha l’obbligo di presentare questa peculiare denuncia, con una fondamentale eccezione che è data dal fatto che

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l’obbligo viene meno nel caso in cui presentare il referto (presentare questa particolare forma di denuncia), esporrebbe la persona a cui è stata prestata assistenza a un procedimento penale. A questo proposito, si crea un conflitto per i sanitari che appartengono a strutture pubbliche tra queste eccezioni che vi ho appena indicato e la loro qualifica di pubblici ufficiali, prevista dall’articolo 331 del codice penale. Come pubblici ufficiali, hanno sempre l’obbligo di presentare la denuncia in relazione a un fatto che assume i caratteri di un illecito penale di cui sono venuti a conoscenza dell’esercizio delle loro funzioni, dall’altra parte dovrebbero essere esentati dal farlo tenuto conto che la persona che è ricorsa ala loro assistenza potrebbe essere sottoposta in determinati casi a un procedimento penale. Questo conflitto viene risolto dando la prevalenza all’articolo 331 ovvero che il medico che appartiene alla struttura sanitaria pubblica ha l’obbligo di presentare la denuncia.

Il medico che appartiene a una struttura sanitaria pubblica, è un pubblico ufficiale, faccio riferimento al medico e può assumere rilievo anche il restante personale sanitario; ora il fatto che una persona rivesta la qualifica di pubblico ufficiale, non dipende dall’attività lavorativa che svolge, ma dalla funzione che in concreto svolge. Quindi anche chi non è medico, e anche più in generale, chi non è un dipendente pubblico può in determinati casi assumere la veste di pubblico ufficiale. Le nozioni di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio, lo ripeto, sono delle nozioni di diritto penale sostanziale e non di diritto penale processuale, che vengono affrontate in due articoli del codice penale l’articolo 357 e 358; sono nozioni che spesso sono di difficile applicazione soprattutto con riferimento alla funzione amministrativa. E allora, per sapere chi in concreto è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, in prima battuta dovete fare riferimento alle nozioni che sono indicate in queste due norme del codice. In secondo luogo dovete tener presente la vastissima casistica giurisprudenziale che distingue soggetto per soggetto, chi può e in quali casi assumere la nunzio e di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. E quindi sicuramente non solo il medico può assumere, nell’ambito dell’esercizio di una professione sanitaria, la qualifica di pubblico ufficiale.

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Cercavo di spiegarvi il conflitto che si crea tra l’articolo 334 e l’articolo 331 del codice di procedura penale. Il referto non deve essere presentato nel caso in cui la persona che si sottopone a cure da parte del sanitario, potrebbe essere sottoposto a un procedimento penale. Quindi questo è un caso in cui chi esercita la professione sanitaria, non ha l’obbligo, per il fatto solo di esercitare la professione sanitaria, di presentare il referto. Bisogna però considerare il fatto che molte volte il sanitario non è solo una persona che esercita questa professione, è contemporaneamente un pubblico ufficiale. Il conflitto allora sta nel rapporto tra l’articolo 331 che obbliga i pubblici ufficiali a presentare la denuncia, e l’articolo 334 che con riferimento al referto pone questo limite. Il conflitto è risolto nel senso che chi è pubblico ufficiale e ha conoscenza di un fatto che costituisce reato o a causa dell’esercizio delle proprie funzioni, è comunque obbligato a presentare la denuncia. Il medico del pronto soccorso ha l’obbligo di presentare la denuncia perché sicuramente il medico del pronto soccorso è o pubblico ufficiale, o incaricato di pubblico servizio. A volte ci sono delle sentenze che gli attribuiscono la prima qualifica e altre volte la seconda, ma in una di queste due qualifiche rientra comunque, e perciò lui è tenuto a presentare questa particolare denuncia che noi abbiamo denominato referto. Nel momento in cui anche gli specializzandi, che lavorano all’interno di un reparto, sono anche loro dei pubblici ufficiali, la figura dello specializzando potrebbe distinguersi da quella del medico strutturato sotto il profilo della colpa, nel senso che il livello di perizia che si richiede a un medico specializzando è minore rispetto a quello di uno strutturato, ciò non toglie che costoro siano comunque dei pubblici ufficiali nel momento in cui intervengono al pronto soccorso o in un altro reparto, eseguendo l’attività sanitaria.

Ora, il codice accanto alla denuncia e al referto, disciplina le condizioni di procedibilità, e qui arriviamo alla distinzione tra reati perseguibili a querela, e reati perseguibili d’ufficio. In genere il procedimento penale si instaura a prescindere dalla volontà della persona offesa. Vi sono determinati reati per i quali invece l’ordinamento non prescinde dalla volontà della persona offesa, richiede che vi sia una manifestazione di volontà perché possa essere perseguito il reato.

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La definizione generale di “condizioni di procedibilità” è data da atti ai quali la legge subordina l’esercizio dell’azione penale è quella. Sotto un certo profilo questa nozione potrebbe trarre in inganno, nel senso che, in realtà, non è solo l’azione penale che è condizionata, ma in linea di massima anche le indagini; le indagini che possono essere compiute fino a quando non interviene questa condizione di procedibilità, sono limitate a quelle che servono per assicurare delle fonti di prova e non altre. I reati che sono perseguibili a querela di parte e che quindi rappresentano delle eccezioni, sono reati in cui rileva in particolare, come lesione dell’interesse, quello di una persona fisica, come potrebbe essere nei delitti di lesione personale, oppure reati in cui comunque l’interesse offeso appartiene in maniera prevalente a determinati soggetti. Ad esempio l’ingiuria, la diffamazione sono reati che per la maggior parte hanno una limitata offensività, ma ciò non necessariamente. I motivi per cui lo stato può subordinare alla volontà della persona offesa la persecuzione del reato, possono essere da un lato il carattere bagatellare del fatto, o dall’altro il fatto che l’iniziativa della autorità giudiziaria di perseguire il reato, possa creare un danno alla stessa persona offesa. L’esempio che generalmente viene fatto a proposito di questo gruppo di reati, è quello dei reati in materia di violenza sessuale. Ora, tutti capiamo che i reati sono particolarmente gravi, però l’ordinamento richiede che in linea di principio e salvo eccezioni, non si possa prescindere dalla volontà della persona offesa per perseguire questi reati. Per sapere quando un reato è perseguibile d’ufficio oppure è procedibile a querela, bisogna guardare la norma incriminatrice, perché è nella norma incriminatrice che si dice che il reato è perseguibile a querela. Se non è indicato che è perseguibile a querela, vale la regola generale. In genere uno dei due sottogruppi in cui ritroviamo i reati procedenti a querela, sono reati bagatellari, di limitata offensività,

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dove l’interesse penalistico offeso con la condotta criminosa è modesto; questo elemento non è sufficiente per individuare la categoria, perché da un lato vi deve essere anche una persona offesa ben individuata a cui la legge vuole attribuire il diritto di decidere se il reato deve essere perseguito. Reati bagatellari in cui non sia individuabile una persona offesa ben precisa, non sono perseguibili a querela, ma sono perseguibili d’ufficio. D’altro canto vi sono reati in cui non si può certo dire che la lesione è lieve, come per esempio le gravi lesioni colpose non connesse agli infortuni sul lavoro. In materia infortunistica i reati di lesioni gravi e gravissime sono perseguibili d’ufficio, non così le altre lesioni colpose. In questo caso siamo di fronte a reati oggettivamente gravi, ma comunque il legislatore non vuole perseguire se non nei casi in cui vi sia la volontà della persona offesa, qui probabilmente perché è modesto l’elemento soggettivo del reato: si tratta di lesioni colpose e non dolose. Questo per dire che se si vogliono individuare due categorie tendenziali di reati perseguibili a querela troveremo da un lato reati di natura bagatellare quindi di modesta offensività, in cui sia individuabile una persona offesa, e dall’altra reati la cui persecuzione potrebbe pregiudicare gli interessi della persona offesa; queste però sono solo due categorie tendenziali in quanto vi sono una serie di eccezioni che è difficile fare rientrare in una di queste due categorie. Tutte le contravvenzioni sono perseguibili d’ufficio La più importante condizione di procedibilità è la querela; la differenza tra querela e denuncia sta nel fatto che la querela contiene un qualcosa di più rispetto alla denuncia. Mentre la denuncia contiene essenzialmente una notizia di reato, la querela contiene anche una manifestazione di volontà del soggetto che è persona offesa del reato, a che quel reato venga perseguito.

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Quindi se io sono una persona offesa di un reato perseguibile a querela, mi reco dalla polizia giudiziaria e descrivo un fatto che ha le caratteristiche di un illecito penale ma non manifesto la volontà che questo fatto sia perseguito, questo fatto non potrà essere perseguito.

Il caso emblematico è quello del furto semplice che è perseguibile a querela mentre i furti aggravati sono perseguibili d’ufficio. Se una persona denuncia un furto e in questo furto non sono ravvisabili delle aggravanti che lo rendono perseguibile d’ufficio, l’autorità giudiziaria non potrà esercitare l’azione penale per quel fatto e qualora l’azione penale venisse esercitata, il Giudice dovrebbe pronunciare una sentenza di proscioglimento per ragioni di diritto e cioè dichiarare di non dover più procedere o il non luogo a procedere a seconda delle fasi del procedimento, nei confronti dell’imputato perché l’azione non poteva essere esercitata.

Uno dei problemi che si debbono tenere presente nel caso in cui si riceva una notizia di reato rispetto a un delitto perseguibile a querela, è verificare se ci sia la manifestazione di volontà della persona offesa. La seconda caratteristica di una querela rispetto a una denuncia è quella determinata dal soggetto che la presenta. A presentare la querela può essere solo la persona offesa, e cioè quel soggetto il cui interesse è stato offeso con l’azione delittuosa. Ogni norma incriminatrice tutela diversi interessi, in alcuni casi la norma incriminatrice tutela gli interessi di determinate persone fisiche, oppure anche persone giuridiche. Nel caso di persone giuridiche, deve essere questo soggetto (es. legale rappresentante) a presentare la querela.

Nel furto in un supermercato, generalmente la persona offesa viene individuata nella società che gestisce il supermercato. Ora, nell’ambito delle società il soggetto che è titolare del diritto di querela, è tendenzialmente il legale rappresentante. Il direttore di un supermercato che non ha ricevuto una procura speciale in tal senso, non può presentare la querela; qualora la presentasse la sua potrebbe valere non come querela, ma esclusivamente come denuncia. Se quindi è un reato perseguibile d’ufficio, può procedersi ugualmente, oppure sia la polizia giudiziaria, sia il pubblico ministero non potrebbero procedere per carenza della condizione di procedibilità.

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Accanto alla querela, il nostro codice prevede altre figure di condizioni di procedibilità, le quali però hanno un ruolo molto meno limitato nella pratica; tali figure sono: ⇒ l’istanza che è sempre una manifestazione di volontà della

persona offesa e rileva rispetto a determinati reati che sono commessi all’estero, commessi o da cittadino italiano o da persona straniera. Nei primi articoli del codice di procedura penale vi si spiegano i casi in cui un delitto compiuto all’estero, può essere perseguito dall’autorità giudiziaria italiana; in determinati casi il codice dice che il reato può essere perseguito solo se presentata istanza, questa è una condizione di procedibilità.

⇒ Un’altra condizione di procedibilità, è la richiesta che invece è presentata non dalla persona offesa del reato, ma da un’autorità pubblica: il Ministro di Giustizia. Per determinati reati, sia commessi all’estero, sia commessi in territorio italiano, la legge richiede che debba essere presentata questa particolare istanza da parte del ministro della giustizia; anche questa è una condizione di procedibilità.

⇒ Un’ulteriore condizione di procedibilità, è la autorizzazione a procedere, che è un atto discrezionale di cui è titolare un determinato organo pubblico, ad esempio per i reati commessi da ministri nell’esercizio delle loro funzioni, non si può procedere per questi reati, come linea generale, se non vi è l’autorizzazione a procedere da parte della camera cui il ministro appartiene. Quindi un atto discrezionale di una particolare assemblea che ha una duplice funzione:

• tutelare di fronte a azioni persecutorie soggetti che rivestono particolari qualifiche come indagati;

• tutelare determinate persone offese; vi sono dei casi in cui è necessario, per tutelare l’interesse della persona offesa, avere l’autorizzazione a procedere, che è questa particolare condizione di procedibilità.

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Nel momento in cui la polizia giudiziaria riceve una denuncia, un referto, una querela, deve presentare un’informativa al pubblico ministero. Il contenuto dell’informativa, che rispecchia in linea di massima il contenuto della denuncia, lo si trova disciplinato nell’articolo 347 del codice di procedura penale.

Art. 347. - Obbligo di riferire la notizia del reato. 1. Acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria, senza ritardo, riferisce al pubblico ministero, per iscritto, gli

elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti, indicando le fonti di prova e le attività compiute, delle quali trasmette la relativa documentazione.

2. Comunica, inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.

2-bis. Qualora siano stati compiuti atti per i quali è prevista l'assistenza del difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, la comunicazione della notizia di reato è trasmessa al più tardi entro quarantotto ore dal compimento dell'atto, salve le disposizioni di legge che prevedono termini particolari.

3. Se si tratta di taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6) e, in ogni caso, quando sussistono ragioni di urgenza, la comunicazione della notizia di reato è data immediatamente anche in forma orale. Alla comunicazione orale deve seguire senza ritardo quella scritta con le indicazioni e la documentazione previste dai commi 1 e 2.

4. Con la comunicazione, la polizia giudiziaria indica il giorno e l'ora in cui ha acquisito la notizia.

Debbono essere acquisiti quindi: • gli elementi esenziali del fatto, • le indicazioni delle fonti di prove individuate, • le indicazioni dell’indagato ed eventualmente della persona offesa

ed eventualmente di altri soggetti che sono in grado di riferire notizie utili,

• la data dell’acquisizione della notizia di reato. Il significato di quest’ultimo requisito, sta nel fatto che la polizia giudiziaria nel momento in cui riceve la notizia di reato non può prescindere dal comunicarla al pubblico ministero e la comunicazione deve avvenire con determinate scadenze temporali. Tali scadenze variano a seconda dei casi e per permettere il controllo sul rispetto di questi termini occorre quindi che la polizia giudiziaria precisi nella nota informativa, che a volte viene chiamata “comunicazione di notizia di reato”, quando è venuta a conoscenza del fatto. La regola generale è che questa comunicazione debba avvenire senza ritardo e per iscritto.

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Il problema che si potrebbe porre è come determinare il termine iniziale, fatta questa definizione abbastanza generica. Per risolvere questo quesito occorra fare riferimento al fatto che nell’informativa devono essere contenuti gli elementi essenziali del fatto. Nel momento in cui si venga ad individuare un fatto che sotto l’aspetto oggettivo e soggettivo abbia l’apparenza di un illecito penale, scatta l’obbligo di informativa al PM. Occorre inoltre tenere presente che la polizia giudiziaria non deve solo limitarsi solo a ricevere passivamente le notizie di reato, ma le può anche acquisire di propria iniziativa, e che quindi nel momento in cui ha il sospetto che possa esser stato commesso un reato, si deve anche attivare per approfondire la questione, quindi valutare se ci sono gli estremi di un reato rispetto al quale inoltrare la comunicazione al pubblico ministero. Nell’articolo 347 sono previsti anche altri termini oltre a questo di carattere generale. Ricordiamo che quando a seguito di sequestri, la notizia di reato deve essere comunicare entro le 48 ore ed in effetti questo prevede l’articolo 347, ed in generale ciò è previsto nei casi in cui siano compiuti degli atti in cui è prevista la possibilità di assistenza da parte del difensore. Vi sono poi determinati reati particolarmente gravi rispetto ai quali il codice all’articolo 347 richiede che la comunicazione avvenga immediatamente. All’articolo 407 del codice di procedura penale, si trovano i reati per cui questa comunicazione deve avvenire immediatamente, così come immediatamente deve avvenire la comunicazione nel caso in cui sia stato eseguito un arresto o un fermo.

Art. 407. - Termini di durata massima delle indagini preliminari. 1. Salvo quanto previsto all'articolo 393 comma 4, la durata delle indagini preliminari non può comunque superare

diciotto mesi. 2. La durata massima è tuttavia di due anni se le indagini preliminari riguardano:

a) i delitti appresso indicati: 1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale, 291-ter, limitatamente alle ipotesi

aggravate previste dalle lettere a), d) ed e) del comma 2, e 291-quater, comma 4, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43;

2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 dello

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stesso codice penale; 3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine

di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo; 4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la

legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma e 306, secondo comma, del codice penale;

5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110;

6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, comma 2, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;

7) delitto di cui all'articolo 416 del codice penale nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza; 7-bis) dei delitti previsto dagli articoli 600, 600-bis, comma 1, 600-ter, comma 1, 601, 602, 609-bis nelle

ipotesi aggravate previste dall'articolo 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale; b) notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità di fatti tra loro

collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese; c) indagini che richiedono il compimento di atti all'estero; d) procedimenti in cui è indispensabile mantenere il collegamento tra più uffici del pubblico ministero a norma

dell'articolo 371. 3. Salvo quanto previsto dall'articolo 415-bis, qualora il pubblico ministero non abbia esercitato l'azione penale o

richiesto l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal Giudice, gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati.

Quando una persona viene arrestata esistono innanzitutto degli obblighi che sono posti immediatamente a carico della polizia giudiziaria. Tra questi obblighi vi sono quello di comunicare immediatamente l’avvenuto arresto o fermo al pubblico ministero, e di mettere entro un determinato termine di 24 ore, la persona a disposizione del pubblico ministero. Successivamente si instaura un procedimento volto a convalidare il fermo o l’arresto, ma questo è un procedimento in cui è previsto l’intervento del Giudice; la convalida è prevista in caso di arresto, o fermo, però è un atto del Giudice. Quindi il termine generale per cui la notizia di reato deve semplicemente essere comunicata senza ritardo è previsto nell’articolo 347, e sempre all’interno dell’articolo 347, in determinate ipotesi disciplinari, vi sono dei termini più stringenti.

Abbiamo visto essere 3 i casi di comunicazione: 1) senza ritardo come regola generale; 2) entro 48 ore per atti per i quali è prevista l'assistenza del difensore; 3) immediatamente per determinati reati particolarmente gravi.

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Esiste una regola generale che vale nell’ambito delle indagini preliminari, che viene individuata dall’articolo 329 del codice che ci dice quali atti sono conoscibili da parte dell’indagato, e in quale momento.

Art. 329. - Obbligo del segreto. 1. Gli atti d'indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando

l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. 2. Quando è necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può, in deroga a quanto previsto

dall'articolo 114, consentire, con decreto motivato, la pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso, gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero.

3. Anche quando gli atti non sono più coperti dal segreto a norma del comma 1, il pubblico ministero, in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, può disporre con decreto motivato: a) l'obbligo del segreto per singoli atti, quando l'imputato lo consente o quando la conoscenza dell'atto può

ostacolare le indagini riguardanti altre persone; b) il divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni.

Ora, l’articolo 329, a proposito dell’obbligo del segreto investigativo, dice: “gli atti di indagini compiute dal PM e dalla PG,

sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa

avere conoscenza e comunque non oltre la chiusura delle indagini

preliminari”; quindi non dice fino a quando l’imputato non ne viene a conoscenza, ma fino a quando non ne possa avere conoscenza, quindi parliamo di conoscibilità astratta. La regola è che rispetto agli atti delle indagini preliminari vi è un obbligo di segreto investigativo, cioè questi atti non devono essere divulgati. Si pone una deroga per quegli atti i quali siano conoscibili dalla persona qui identificata come imputato, ma che sarebbe più opportuno chiamare di indagato, perché durante le indagini non è ancora stata esercitata l’azione penale. Esistono due tipi di atti conoscibili, e li trovate indicati negli articoli 364 e 365 del codice di procedura penale. L’articolo 364 parla di interrogatori, confronti e ispezioni e rispetto a questi atti prevede una procedura la quale permette al difensore di conoscere che dovrà essere compiuto l’atto, tendenzialmente prima del compimento dell’atto stesso Questi generalmente vengono denominati con un’espressione generica, “atti garantiti”.

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Gli atti garantiti previsti all’art. 364 sono quindi l’interrogatorio, il confronto e l’ispezione. È comunque previsto, nel caso in cui l’avviso possa compromettere l’esecuzione dell’atto stesso e fermo restando il diritto del difensore ad assistere al compimento dell’atto, di poter ridurre il termine entro il quale il difensore deve essere avvisato. Tale eccezione si trova al 5° comma: “Nei casi di assoluta urgenza

quando vi è fondato motivo di ritenere che il ritardo possa

pregiudicare la ricerca o l’assicurazione delle fonti di prova, il PM

può concedere a interrogatorio all’ispezione o a confronto anche

prima del termine fissato, dandone avviso al difensore senza ritardo

e comunque tempestivamente. L’avviso può essere del tutto

omesso quando il PM procede a ispezione e vi è fondato motivo di

ritenere che le tracce o gli altri effetti materiali del reato possano

essere alterati. E' fatta salva, in ogni caso, la facoltà del difensore

d'intervenire”. La caratteristica quindi è che il difensore ha il diritto alla facoltà di assistere e si dice facoltà perché non è obbligatoria la presenza. Ci sono anche altri atti in cui il difensore ha diritto di assistere e la differenza rispetto ai precedenti è che in questi atti non c’è il problema del previo avviso ai difensori. Si tratta di atti a sorpresa e la finalità a cui tende l’atto, verrebbe frustrata nel caso in cui prima di andare a compiere l’atto il difensore fosse avvisato che lo si sta per compierlo. In tali atti, la persona viene informata, nel momento in cui viene compiuto l’atto stesso, che ha la facoltà di fare assistere un difensore all’esecuzione dell’atto. Gli “atti a sorpresa” in cui non occorre previo avviso sono le perquisizioni e i sequestri, e sono indicati nell’articolo 365.

Riepilogando: la regola generale nelle indagini è quella del segreto investigativo, il segreto investigativo cade per degli atti che sono conoscibili da parte dell’indagato. Gli atti conoscibili dall’indagato sono quelli disciplinati dagli articoli 364 e 365 e sono tutti atti in cui il difensore ha facoltà di assistere. La differenza fra queste due categorie di atti sta nel fatto che in certi atti il difensore tendenzialmente non deve avere solo la facoltà di assistere, ma deve

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essere anche preventivamente avvisato, salvo l’ipotesi prevista al comma 5 indicata prima, e sono gli atti cosiddetti “atti garantiti” previsti all’ articolo 364 (interrogatorio, confronto e ispezione). Altri atti in cui il difensore ha la facoltà di assistere, ma non deve essere previamente avvisato, sono i cosiddetti “atti a sorpresa” previsti dall’articolo 365 (perquisizioni e sequestri).

L’ispezione è un atto descrittivo che rientra nella categoria dell’articolo 364, cioè un atto in cui non solo il difensore ha la facoltà di assistere, ma tendenzialmente deve essere avvisato prima del compimento. La perquisizione è il classico atto a sorpresa, in cui il difensore ha la facoltà di assistere, ma non deve essere in precedenza avvisato. Quando si dice facoltà di assistere, si intende che abbia il diritto di poter partecipare al compimento dell’atto e dire facoltà o diritto non cambia molto in questo caso, basta che non si fraintenda nel senso che deve essere obbligatoriamente presente.

Vi sono degli atti che compie la polizia giudiziaria in cui, da un lato il difensore ha facoltà di assistere, dall’altro vi è l’obbligo da parte della polizia giudiziaria, di ottenere la presenza del difensore. Il caso più importante è quando la polizia giudiziaria assume informazioni da parte di una persona indagata. Il codice prevede che nel momento in cui venga compiuto un atto in cui è prevista la possibilità per il difensore di presenziare, debba essere inoltrata la cosiddetta “informazione di garanzia” che è disciplinata nell’articolo 369.

Art. 369. - Informazione di garanzia. 1. Solo quando deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere, il pubblico ministero invia per

posta, in piego chiuso raccomandato con ricevuta di ritorno, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa una informazione di garanzia con indicazione delle norme di legge che si assumono violate della data e del luogo del fatto e con invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia.

2. Qualora ne ravvisi la necessità ovvero l'ufficio postale restituisca il piego per irreperibilità del destinatario, il pubblico ministero può disporre che l'informazione di garanzia sia notificata a norma dell'articolo 151.

L’articolo 369 dice che solo quando si deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere deve essere inviata l’informazione di garanzia che deve contenere determinati elementi. L’informazione di garanzia non contiene un’imputazione vera e propria ma contiene solo l’indicazione delle norme di legge violate, la data e il luogo del fatto, e prevede che la persona abbia il diritto di nominare il proprio difensore di fiducia.

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Il codice dice che quando si deve compiere un atto a cui il difensore deve assistere si deve comunicare l’informazione di garanzia; gli atti a cui il difensore ha la facoltà o il diritto di assistere sono le perquisizioni ed i sequestri. Ma la perquisizione e il sequestro sono degli atti a sorpresa che non possono essere preceduti dall’informazione di garanzia. Si è stabilito quindi che non devono essere preceduti però devono essere contestuali e quindi, nel momento in cui il PM dispone una perquisizione o dispone un sequestro, l’atto che deve essere preparato deve contenere non solo gli elementi essenziali della perquisizione e del sequestro, ma deve contenere anche tutti gli elementi essenziali di una informazione di garanzia. La corte di Cassazione, ha detto che nel momento in cui viene compiuta una perquisizione e un sequestro è previsto, a prescindere dal fatto che sia comunicata un’informazione di garanzia, che alla persona presente sia spiegato che ha la facoltà di nominare un difensore di fiducia ed eventualmente gli viene nominato un difensore d’ufficio. ⇒ Nel caso in cui la persona sottoposta a perquisizione o che

subisce il sequestro sia presente, non c’è bisogno di inoltrare una informazione di garanzia ma occorre invitarla a nominare un difensore di fiducia ed in alternativa gli si nomina un difensore d’ufficio. Quando si dice che un sequestro o una perquisizione sono nulli perché non preceduti da un’informazione di garanzia, in realtà si commette un errore perché gli elementi essenziali dell’informazione di garanzia sono già previsti da norme relative alla perquisizione e al sequestro; ciò che di garantistico c’è all’interno di un’informazione di garanzia, è già presente in quelle norme che prevedono la perquisizione e il sequestro e non c’è bisogno di ripetere l’informazione di garanzia.

⇒ Nel caso invece in cui la persona sottoposta a perquisizione o che subisce il sequestro non sia presente, l’informazione di garanzia gli deve essere comunicata tempestivamente e successivamente, all’avvenuta esecuzione dell’atto.

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Riassumendo: vi sono degli atti a sorpresa quali perquisizione e sequestro. Vi è una norma del codice che prevede l’informazione di garanzia ma il problema diventa che se deve essere compiuta una perquisizione o un sequestro l’informazione di garanzia data preventivamente renderebbe vano l’atto di perquisizione o sequestro perché se una persona viene avvisata, potrebbe inquinare le prove. È quindi Escluso che l’informazione di garanzia debba precedere la perquisizione o il sequestro. La soluzione che potrebbe essere possibile è che l’informazione di garanzia venga comunicata contestualmente all’atto di perquisizione o sequestro. Questa soluzione è stata però superata da una lettura di carattere sostanziale delle norme che riguardano l’informazione di garanzia e riguardano le perquisizioni e i sequestri. Visto infatti che il contenuto essenziale dell’informazione di garanzia è avvertire la persona che può nominare un difensore di fiducia, quando viene compiuta una perquisizione o sequestro, se la persona è presente gli viene già dato questo avviso. Diviene ovvio che in questi casi non è necessaria l’informazione di garanzia. Nell’ipotesi in cui la persona non sia presente, una volta compiuto l’atto di perquisizione o sequestro, dovrà essere inoltrata l’informazione di garanzia. La ricostruzione fatta della materia è contenuta in una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione Penale che è la sentenza Mariano.

Nel momento in cui il pubblico ministero dice alla PG che sta procedendo nei confronti di Tizio per il reato di cui l’articolo xxx del codice penale ecc…., la invita a far dichiarare alla persona indagata un domicilio; la PG convoca la persona, spiega che è indagata per il reato di cui a questo articolo, e lo invita a dichiarare il domicilio. La PG non è tenuta a dare informazioni ulteriori sul reato per cui si procede. Il momento della dichiarazione di domicilio non è un momento in cui la persona indagata deve essere informata sul contenuto sostanziale dell’indagine che gli viene rivolta così come non lo è nemmeno nel momento in cui la PG assume delle dichiarazioni con l’articolo 350 dalla parte dell’indagato. Prima comunque di approfondire tale problematica concludiamo il discorso sul segreto investigativo.

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Si è detto che la regola generale è che gli atti sono segreti, con l’eccezione di alcuni atti che sono conoscibili (interrogatorio, ispezione, confronto, perquisizione, sequestro). È previsto, una volta che sono stati individuati quali siano gli atti conoscibili, che questi atti una volta che sono stati compiuti col relativo verbale, siano depositati presso la segreteria del PM entro il terzo giorno successivo e, se non è stato dato avviso del compimento dell’atto, il difensore deve essere avvisato di questo. L’avviso di deposito deve essere notificato e questo per mettere il difensore nella possibilità di controllare il contenuto dell’atto. Eccezionalmente, il pubblico ministero può segretare degli atti di indagini conoscibili con il consenso dell’indagato oppure per esigenze investigative.

Quindi, la regola è che gli atti sono segreti, ed eccezione alla regola è che ci sono degli atti conoscibili rispetto a cui non c’è invece questa segretezza ed eccezione dell’eccezione che vi sono dei casi in cui il pubblico ministero in presenza di determinati presupposti, può segretare l’atto.

Quando si segreta l’atto che significa che non si può rivelare il contenuto dello stesso. Vi sono dei casi particolari in cui il pubblico ministero può avere l’esigenza che la persona che ha sentito, non solo non riveli il contenuto dell’atto ma non riveli i fatti di cui si è parlato e di cui lui è a conoscenza e che siano rilevanti rispetto alle indagini. Come regola generale quindi se una persona è sottoposta a un interrogatorio e gli vengono chieste delle informazioni, non può rivelare il contenuto delle domande che ha ricevuto o delle risposte che ha fornito ma, sempre come regola generale, la persona informata dei fatti, potrebbe raccontare in giro quello che sa di quell’omicidio. L’eccezione alla regola generale si trova all’articolo 391 quinquis e che dice: “Se sussistono specifiche esigenze attinenti all’attività di indagine, il pubblico ministero può, con decreto motivato, vietare alle persone sentite di comunicare i fatti e le circostanze oggetto dell’indagine”.

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Art. 391-quinquies - Potere di segretazione del pubblico ministero. 1. Se sussistono specifiche esigenze attinenti all'attività di indagine, il pubblico ministero può, con decreto

motivato, vietare alle persone sentite di comunicare i fatti e le circostanze oggetto dell'indagine di cui hanno conoscenza. Il divieto non può avere una durata superiore a due mesi.

2. Il pubblico ministero, nel comunicare il divieto di cui al comma 1 alle persone che hanno rilasciato le dichiarazioni, le avverte delle responsabilità penali conseguenti all'indebita rivelazione delle notizie.

In questo caso il segreto non riguarda solo il contenuto specifico dell’atto ma è ben più esteso perché riguarda l’intero fatto storico che è rilevante per le indagini e può avere la durata limitata nel tempo di due mesi.

Non è corretto dire che con l’informazione di garanzia cessa l’obbligo di segretezza rispetto agli atti delle indagini. Ricordiamo infatti che l’articolo 329, dice per quanto riguarda gli atti dell’indagine, fino a quanto l’indagato non ne possa venire a conoscenza. Ora, con l’informazione di garanzia, l’indagato è a conoscenza dell’indagine ma non è a conoscenza di tutti gli atti dell’indagine. Se ad esempio nel corso dell’indagine viene compiuta una individuazione fotografica, l’individuazione fotografica non è un atto conoscibile in quanto non è uno degli atti previsti negli articoli 164 e 165. Questo atto l’indagato non lo può conoscere, nel momento in cui c’è un’informazione di garanzia e non lo può conoscere perché non è un atto conoscibile. Lo conoscerà nel momento in cui, al termine delle indagini con l’avviso di conclusione delle indagini, cosiddetto avviso previsto dall’articolo 415 bis, verranno depositati tutti gli atti e questa circostanza gli verrà comunicata. In questo momento cessa l’obbligo di segretezza.

Quello che si vuole evidenziare è che ci sono degli atti rispetto a cui l’indagato non ha il diritto di venirne a conoscenza; questi atti sono da considerarsi, durante le indagini, segreti. L’indagato verrà a conoscenza di tutti gli atti dell’indagine quando il pubblico ministero deciderà o di inoltrare un avviso di conclusione delle indagini che rappresenta la premessa per eventuali capi di imputazione nei suoi confronti, oppure quando chiede l’archiviazione. L’obbligo di segretezza è correlato alla conoscibilità e la conoscibilità si ha in due momenti:

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⇒ per determinati atti si ha a seguito del loro stesso compimento o addirittura prima e sono gli atti che già abbiamo visto (interrogatorio, ispezione, confronto, perquisizione, sequestro);

⇒ per altri può non aversi sino alla chiusura delle indagini.

Il diritto di accesso non riguarda gli atti di indagine, riguarda gli atti amministrativi non gli atti di contenuto penale. Se vi è un atto amministrativo segue la regola degli atti amministrativi, se l’atto è invece un atto di indagine compiuto come polizia giudiziaria, la regola del diritto di accesso non si applica. Se si hanno atti complessi, dico che sarebbe meglio non fare atti complessi che contengono contemporaneamente notizie che hanno interesse amministrativo e notizie che hanno un interesse penalistico perché, a quel punto, occorre fare degli omissis oppure la persona ne verrà a conoscenza.

È importante acquisire la seguente terminologia: � sommarie informazioni sono le dichiarazioni che la persona

indagata rende alla polizia giudiziaria; � interrogatorio sono le dichiarazioni che la persona indagata

rende al PM; � esame sono le dichiarazioni che la persona imputata rende

davanti al Giudice nel dibattimento; L’articolo 350 tratta delle SOMMARIE INFORMAZIONI dell’indagato e riguarda quindi i casi in cui la polizia giudiziaria sente una persona indagata. Per inciso, non è previsto che le sommarie informazioni siano date ad un possibile testimone perché si diventa testimone solo nel dibattimento. All’interno di questo articolo sono previste tre ipotesi diverse che hanno una diversa disciplina. � La prima ipotesi è quella in cui la persona sottoposta all’indagine

può essere sentita a sommarie informazioni da parte della polizia giudiziaria solo nel caso in cui non sia detenuta. Se la persona è detenuta la PG non può sentirla. Detenuta è anche una persona sottoposta a una misura precautelare e cioè è in quella fase intermedia che sussiste tra l’arresto o il fermo e la condanna. Una persona privata della libertà non può essere sentita dalla PG.

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Il primo comma dell’articolo 350 dice che quando la PG sente questa persona, questa persona ha diritto di essere assistita da un difensore; non solo ha il diritto ad essere assistita da un difensore, ma c’è l’obbligo della presenza di un difensore. Quindi una persona indagata la PG non la può sentire se non vi sia il difensore. Questa è la differenza tra le sommarie informazioni acquisite come polizia giudiziaria e l’interrogatorio dell’indagato eseguito da parte del pubblico ministero. Quindi se l’indagato è interrogato dal pubblico ministero, può ipoteticamente, non essere assistito dal difensore senza che questa situazione determini alcuna nullità. Se la PG sente una persona indagata senza difensore commettete una nullità di ordine generale che potrà essere fatta rilevare nelle fasi successive del processo.

� La seconda regola fondamentale è data dal fatto che l’articolo 350 richiama espressamente solo l’articolo 64 e non l’articolo 65 del codice di procedura penale; l’articolo 64 è quella norma che indica gli avvisi che voi dovete dare alla persona che viene sentita. Non è previsto quindi che a pena di nullità la PG indichi gli elementi di prova, il fatto che viene attribuito e via dicendo, non è questo un requisito delle sommarie informazioni previste dalla polizia giudiziaria. Nella pratica, spesso il fatto viene precisato ma non è obbligatorio farlo e questo perché l’articolo 350 richiama il 64 ma non l’articolo 65.

� L’altro punto importante è che l’operatore di polizia giudiziaria può sentire una persona indagata o di sua iniziativa o su delega del pubblico ministero con la particolarità che le sommarie informazioni della PG hanno bisogno dell’assistenza del difensore, l’interrogatorio del PM non ne ha bisogno. Questo avviene perché, in generale, l’attività di investigazione del pubblico ministero può essere delegata alla polizia giudiziaria.

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Se il pubblico ministero decide di delegare l’interrogatorio dell’indagato, come avviene abbastanza spesso, sarà obbligatoria o la presenza del difensore. Questo lo dice l’articolo 370 che riguarda gli atti diretti delegati.

Art. 370. - Atti diretti e atti delegati. 1. Il pubblico ministero compie personalmente ogni attività di indagine. Può avvalersi della polizia giudiziaria

per il compimento di attività di indagine e di atti specificamente delegati, ivi compresi gli interrogatori ed i confronti cui partecipi la persona sottoposta alle indagini che si trovi in stato di libertà, con l'assistenza necessaria del difensore.

2. Quando procede a norma del comma 1, la polizia giudiziaria osserva le disposizioni degli articoli 364, 365 e 373.

3. Per singoli atti da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, il pubblico ministero, qualora non ritenga di procedere personalmente, può delegare, secondo la rispettiva competenza per materia, il pubblico ministero presso il tribunale del luogo.

4. Quando ricorrono ragioni di urgenza o altri gravi motivi, il pubblico ministero delegato a norma del comma 3 ha facoltà di procedere di propria iniziativa anche agli atti che a seguito dello svolgimento di quelli specificamente delegati appaiono necessari ai fini delle indagini.

L’articolo 370 dice che possono essere delegati anche gli interrogatori cui partecipi la persona sottoposta alle indagini che si trovi in uno stato di libertà con l’assistenza necessaria del difensore.

Riepilogando nelle sommarie informazioni dell’indagato: ⇒ non c’è l’obbligo di contestare l’addebito come previsto

dall’articolo 65, ⇒ è obbligatorio dare tutti gli avvisi previsti dall’articolo 64, ⇒ è obbligatoria la presenza di un difensore ⇒ non può essere sentito dalla PG nel caso in cui la persona sia in

stato detentivo. L’articolo 350 regola altri due generi di dichiarazioni che vengono acquisite dalla polizia giudiziaria. Il secondo genere di dichiarazioni sono le DICHIARAZIONI

SPONTANEE. La differenza tra una dichiarazione spontanea e le sommarie informazioni sta nel fatto che: • nelle sommarie informazioni vi sono delle domande e delle

risposte con verbalizzazione tanto delle domande quanto delle risposte

• le spontanee dichiarazioni sono dichiarazioni rese unilateralmente da parte della persona indagata e non è previsto

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che venga dato a questa persona alcun avviso e non è previsto che ci sia l’assistenza di un difensore.

Si tratta quindi di dichiarazioni che questa persona rende senza essere garantito davanti alla polizia giudiziaria e che hanno nel processo una limitata utilizzazione in quanto possono servire solo per le contestazioni al dibattimento. Se, nel corso dell’esame dibattimentale, una persona che è imputata racconta una determinata versione del fatto e precedentemente, davanti alla polizia giudiziaria sentita a spontanee dichiarazioni ne aveva riferita un’altra, può essergli contestata questa precedente versione e gli può essere contestata anche se non aveva assistito il difensore. � Il terzo genere di dichiarazioni sono le notizie che

vengono date nell’immediatezza del fatto alla polizia giudiziaria e che servono alla stessa solo per proseguire le indagini e non all’interno del procedimento per redigere degli atti che hanno una certa utilizzabilità come prova. In questo caso non si distingue se la persona sia libera o detenuta ma si tratta di dichiarazioni che non possono essere mai utilizzate nel corso del procedimento; il codice nell’articolo 350 ne vieta anche la documentazione. Si tratta di informazioni che, nel momento del contatto tra la polizia giudiziaria e la persona indagata, possono servire alla polizia giudiziaria per proseguire nell’immediatezza le indagini.

È fondamentale tenere distinte queste tre categorie di atti. Supponiamo che la persona che è indagata diventi poi imputata e nei suoi confronti venga celebrato il processo e vi sia la possibilità che questa persona rimanga contumace e cioè non si presenti al processo pur se regolarmente citata, oppure vi è la possibilità che questa persona, pur presentandosi al processo, non voglia rispondere alle domande. Mentre per determinate categorie di soggetti (gli imputati in procedimento connesso o collegato, quelli presi in considerazione dall’articolo 210) è previsto che possono diventare testimoni, l’imputato di un reato, l’imputato semplice, non può mai

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essere obbligato a deporre nel processo; non può essere mai obbligato a subire l’esame che quindi non è mai obbligatorio. Nel caso in cui questa persona non si sottoponga all’esame perché non voglia o perché addirittura è rimasto contumace, si pone il problema dell’utilizzazione delle dichiarazioni che questa persona ha reso nel corso delle indagini. Questo problema lo risolve l’articolo 513 comma 1° del codice di procedura penale.

Art. 513. - Lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare. 1. Il giudice, se l'imputato è contumace o assente ovvero rifiuta di sottoporsi all'esame, dispone, a richiesta di parte,

che sia data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall'imputato al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, ma tali dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso salvo che ricorrano i presupposti di cui all'articolo 500, comma 4.

2. Se le dichiarazioni sono state rese dalle persone indicate nell'articolo 210, comma 1, il giudice, a richiesta di parte, dispone, secondo i casi, l'accompagnamento coattivo del dichiarante o l'esame a domicilio o la rogatoria internazionale ovvero l'esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del contradditorio. Se non è possibile ottenere la presenza del dichiarante, ovvero procedere all'esame in uno dei modi suddetti, si applica la disposizione dell'articolo 512 qualora la impossibilità dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento delle dichiarazioni. Qualora il dichiarante si avvalga della facoltà di non rispondere, il giudice dispone la lettura dei verbali contenenti le suddette dichiarazioni soltanto con l'accordo delle parti.

3. Se le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo sono state assunte ai sensi dell'articolo 392, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 511.

L’articolo 513 prevede che nel caso in cui non sia possibile procedere all’esame dell’imputato, a richiesta di parte, il Giudice dispone che sia data lettura delle dichiarazioni rese dall’imputato al PM o alla polizia giudiziaria su delega del PM. Questo significa che viene acquisito il fascicolo del dibattimento e sono utilizzati per la decisione, le dichiarazioni rese dall’imputato al PM o alla polizia giudiziaria su delega del PM. Attenzione, non le dichiarazioni ricevute dalla polizia giudiziaria senza delegadel PM. La differenza sta proprio nel fatto che ⇒ se si tratta di dichiarazioni che la PG riceve avendo avuto la

delega del PM, queste dichiarazioni un domani al dibattimento saranno sicuramente utilizzabili perché, o l’imputato è presente, rende l’esame e qualora renda dichiarazioni difformi rispetto a quelle rese davanti a voi potranno essere fatte delle contestazioni, oppure l’imputato non si presenta oppure non

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vuole rendere l’esame e, su richiesta di parte, queste dichiarazioni potranno essere acquisite.

⇒ se si tratta di dichiarazioni che la PG riceve senza delega del PM, non è prevista la possibilità che queste dichiarazioni, nel caso dell’imputato contumace o che non si vuole sottoporre all’esame, entrino nel fascicolo del dibattimento e siano utilizzabili per la decisione.

C’è da dire anche che, nel caso in cui la persona non scelga il dibattimento, quindi non scelga il processo ordinario ma scelga i riti alternativi del patteggiamento o del giudizio abbreviato (i riti alternativi in linea di massima si sostanziano nel fatto che il Giudice può acquisire l’intero fascicolo del PM), tutte le dichiarazioni rese e utilizzabili, nel senso che non sono affette da una patologia, prese dall’indagato nel corso dell’indagine diventano utilizzabili. Nel caso del patteggiamento e nel giudizio abbreviato, le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria ed addirittura le dichiarazioni spontanee entrano tra il materiale probatorio che il Giudice può utilizzare ai fini della decisione. Questo in deroga ai principi del processo accusatorio e la deroga è giustificata dal consenso dell’imputato. In questi due riti, un aspetto particolare è dato dal fatto che l’imputato dice di essere d’accordo affinché il Giudice utilizzi per la decisione tutta l’indagine. Quindi l’attività di indagine diventa riconoscibile dal Giudice e da lui può essere utilizzata. Non potrebbe essere utilizzata solo l’attività di polizia giudiziaria affetta da delle nullità di ordine generale che sono le nullità più gravi. E tra le nullità più gravi, c’è sicuramente una nullità determinata dal fatto che un atto per cui è prevista l’assistanza del difensore, viene compiuto senza l’assistenza del difensore. Quindi, se la polizia giudiziaria compie le sommarie informazioni dell’indagato senza il difensore, commette un atto nullo; questo atto nullo non diventerà utilizzabile mai, nemmeno nel caso in cui

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l’indagato, l’imputato accetti di essere giudicato con il rito alternativo.

Questo può corrispondere anche ad una strategia processuale perché se la polizia giudiziaria compie degli atti nulli che nella sostanza evidenziano la responsabilità dell’imputato ma hanno queste patologie, il difensore potrebbe consigliare al suo cliente di intraprendere un rito alternativo e il Giudice avrebbe degli atti che, nella sostanza proverebbero la colpevolezza dell’imputato ma che non possono essere utilizzati e a quel punto il Giudice pronuncerà una sentenza di assoluzione.

Siamo abituati a pensare che il contraddittorio sia qualsiasi atto in cui sia presente il difensore; non è così. Il contraddittorio forte in cui il difensore ha il diritto di porre domande esiste tendenzialmente al dibattimento, non prima. Il difensore è presente negli atti che voi dovete compiere per garantire che questi atti siano compiuti nel rispetto delle norme previste dal codice, non per altro. Quindi, eventualmente, il difensore potrà presentare un’istanza, chiedere che a verbale sia messa una sua dichiarazione, ma non ha il diritto di rivolgere lui delle domande. Potrà eventualmente sollecitare voi a porre una domanda ma non ha il diritto di porre lui delle domande. Quindi, eventualmente, voi potete sentire quello che il difensore vorrebbe sapere e se lo giudicate rilevante potete porre la domanda, ma lui non ha il diritto di porre domande.

L’articolo 351 è la norma che riguarda le dichiarazioni rese davanti alla PG da parte di una persona informata dei fatti o da una persona indagata in procedimento connesso o collegato. Ricapitoliamo alcune circostanze relative all’articolo 351 perché quello di importante che dovevamo dire rispetto a queste norme l’abbiamo già detto nelle lezioni precedente. ⇒ Punto a) la persona che è davanti a voi come possibile testimone

ha l’obbligo di dire la verità. ⇒ Punto b) non commette reato se non dice la verità e questo

perché il codice prevede come reato le false informazioni davanti al PM e il reato di falsa testimonianza davanti al Giudice ma non prevede il reato di falsa testimonianza davanti alla polizia giudiziaria.

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⇒ Punto c) può comunque commettere un reato e commette il reato di favoreggiamento nei confronti della persona che viene indagata.

Diciamo quindi che, tendenzialmente, una persona sentita dalla PG pur avendo l’obbligo di dire la verità non commette un reato se non riferisce la verità e in secondo luogo può commettere un reato qualora commette il reato di favoreggiamento nei confronti della persona che viene indagata. Rispetto alle sommarie informazioni della polizia giudiziaria queste vengono utilizzante nel dibattimento quando avvengono delle contestazioni e cioè quando la persona renda al dibattimento delle dichiarazioni diverse rispetto a quelle che sono state rese durante le indagini davanti alla PG con due precisazioni:

⇒ la prima precisazione è che questa contestazione vale ai fini della credibilità

⇒ la seconda precisazione è che se il teste non cambia la sua versione rispetto a quella resa precedentemente la contestazione non vale come prova dei fatti.

L’identificazione è l’atto mediante il quale la polizia giudiziaria procede alla identificazione della persona sottoposta alle indagini. C’è una norma che spesso non viene applicata che indica tutte le domande che dovrebbero farsi; si trova all’articolo 21 delle disposizioni d’attuazione (dopo il codice di procedura penale ci sono le disposizioni d’attuazione). Tali disposizioni molto spesso sono solo in apparenza meno importanti rispetto a quelle contenute nel codice.

21 Notizie da chiedere all`imputato nel primo atto cui egli è presente 1. Quando procede a norma dell`art. 66 del Codice, il giudice o il pubblico ministero invita l`imputato o la persona

sottoposta alle indagini a dichiarare se ha un soprannome o uno pseudonimo, se ha beni patrimoniali e quali sono le sue condizioni di vita individuale, familiare e sociale. Lo invita inoltre a dichiarare se è sottoposto ad altri processi penali, se ha riportato condanne nello Stato o all`estero e, quando ne è il caso, se esercita o ha esercitato uffici o servizi pubblici o servizi di pubblica necessità e se ricopre o ha ricoperto cariche pubbliche.

Vediamo ora la dichiarazione o elezione del domicilio. La norma fondamentale che la PG deve tenere presente, è: l’articolo 349 che dice come si compie un’identificazione.

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Sulla dichiarazione o elezione del domicilio, importantissimo l’articolo 161.

Art. 161. - Domicilio dichiarato, eletto o determinato per le notificazioni. 1. Il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, nel primo atto compiuto con l'intervento della persona

sottoposta alle indagini o dell'imputato non detenuto né internato, lo invitano a dichiarare uno dei luoghi indicati nell'articolo 157 comma 1 ovvero a eleggere domicilio per le notificazioni, avvertendolo che, nella sua qualità di persona sottoposta alle indagini o di imputato, ha l'obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore. Della dichiarazione o della elezione di domicilio, ovvero del rifiuto di compierla, è fatta menzione nel verbale.

2. Fuori del caso previsto dal comma 1, l'invito a dichiarare o eleggere domicilio è formulato con l'informazione di garanzia o con il primo atto notificato per disposizione dell'autorità giudiziaria. L'imputato è avvertito che deve comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in caso di mancanza, di insufficienza o di inidoneità della dichiarazione o della elezione, le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui l'atto è stato notificato.

3. L'imputato detenuto che deve essere scarcerato per causa diversa dal proscioglimento definitivo e l'imputato che deve essere dimesso da un istituto per l'esecuzione di misure di sicurezza, all'atto della scarcerazione o della dimissione ha l'obbligo di fare la dichiarazione o l'elezione di domicilio con atto ricevuto a verbale dal direttore dell'istituto. Questi lo avverte a norma del comma 1, iscrive la dichiarazione o elezione nell'apposito registro e trasmette immediatamente il verbale all'autorità che ha disposto la scarcerazione o la dimissione.

4. Se la notificazione nel domicilio determinato a norma del comma 2 diviene impossibile, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Nello stesso modo si procede quando, nei casi previsti dai commi 1 e 3, la dichiarazione o l'elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee. Tuttavia, quando risulta che, per caso fortuito o forza maggiore, l'imputato non è stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, si applicano le disposizioni degli articoli 157 e 159.

La persona a cui deve essere fatto dichiarare o eleggere un domicilio ai fini delle rettifiche deve essere avvisata mediante gli avvertimenti elencati nell’articolo 161 primo comma. Questi avvertimenti prevedono in sostanza che a questa persona venga comunicato che: ⇒ si stanno svolgendo indagini nei suoi confronti; ⇒ ha l’obbligo di dichiarare o eleggere un domicilio ⇒ nel caso in cui non venga dichiarato o eletto un domicilio oppure

questo domicilio diventerà in un secondo momento non veritiero, gli atti verranno notificati al difensore.

è importante ricordare che vanno dati gli avvisi perché nel caso non fossero dati la dichiarazione o elezione di domicilio è inidonea. Se la dichiarazione o elezione di domicilio sono inidonee, allora il Giudice non le potrà sfruttare per le notifiche e se non le potrà sfruttare il Giudice, le eventuali notificazioni fate successivamente potrebbero essere nulle. Gli avvisi da dare sono quelli del primo comma dell’articolo 161 e non tutti gli avvisi previsti nell’articolo 161, anche quelli nel secondo comma che non riguardano questa ipotesi.

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Esempio: chiedo alla persona di dichiarare o eleggere un domicilio, non gli do gli avvertimenti. La persona dice “Dichiaro domicilio presso la mia abitazione sita in Padova in via Nazaret” e indica il numero. Successivamente questa persona cambia la propria residenza, allora secondo la regola generale della dichiarazione o elezione del domicilio, siccome la persona non ha comunicato il trasferimento di residenza come segreteria del pubblico ministero, farò successive notifiche presso il difensore. Si arriva al dibattimento e davanti al Giudice, il difensore che conosce gli atti dirà che la polizia giudiziaria nel momento in cui ha fatto dichiarare o eleggere il domicilio si era dimenticata di dare gli avvisi. Una dichiarazione o elezione compiuta in questi casi non è valida e le conseguenze sono che successivamente sono state sbagliate tutte le notifiche perché è stata sbagliata la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini, la notifica del decreto di citazione a giudizio e via dicendo. La conseguenza ultima è che il Giudice chiude il fascicolo, dichiara nullo tutto e restituisce gli atti al pubblico ministero.

Se un indagato si rifiuta di dare le sue generalità davanti alla PG commette due reati: ⇒ se dà generalità false commette il reato di cui agli articoli 495 o

496 del codice penale. ⇒ se si rifiuta di rispondere commette una contravvenzione che è il

reato di cui all’articolo 651 del codice penale.

Art. 495. - Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri.

Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, l'identità o lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona è punito con la reclusione fino a tre anni.

Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto in una dichiarazione destinata a essere riprodotta in un atto pubblico.

La reclusione non è inferiore ad un anno: 1. se si tratta di dichiarazione in atti dello stato civile; 2. se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa da un

imputato all'autorità giudiziaria o da una persona sottoposta ad indagini alla stessa autorità o alla polizia giudiziaria delegata alle indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome.

La pena è diminuita se chi ha dichiarato il falso intendeva ottenere, per sé o per altri, il rilascio di certificati o di autorizzazioni amministrative sotto falso nome, o con altre indicazioni mendaci.

Art. 496. - False dichiarazioni sull'identità o su qualità personali proprie o di altri.

Chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli precedenti, interrogato sull'identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell'altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale , o a persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 516.

Art. 651. - Rifiuto d'indicazioni sulla propria identità personale.

Chiunque, richiesto da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a euro 206.

FINE