Diritto Commerciale MONDUZZI

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CAPITOLO I L’IMPRESA IMPRESA E IMPRENDITORE NEL CODICE CIVILE Definizione dell’imprenditore L’art. 2082 definisce l’imprenditore come chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. La nozione di imprenditore nasce dalla unificazione del codice civile e del codice di commercio. Così nel codice del 1942 la nozione di imprenditore commerciale sostituisce quella di commerciante. L’imprenditore commerciale viene ricompensato con una nozione più ampia, alla quale appartengono anche gi imprenditori agricoli, gli artigiani, gli enti pubblici, che hanno per oggetto esclusivo o principale un’attività commerciale (art. 2201). Il profitto si trasforma da lucro derivante da un’attività di speculazione in retribuzione di un’attività di organizzazione, in remunerazione di un’attività di lavoro autonomo. Imprenditore è soltanto chi esercita l’impresa in nome proprio, è cioè necessaria la spendita del nome; La professionalità è intesa come continuità, mentre è soltanto naturale, non essenziale lo scopo di lucro. L’impresa nell’evoluzione della dottrina e della giurisprudenza e il problema del piccolo imprenditore

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CAPITOLO IL’IMPRESA

IMPRESA E IMPRENDITORE NEL CODICE CIVILE

Definizione dell’imprenditoreL’art. 2082 definisce l’imprenditore come chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.

La nozione di imprenditore nasce dalla unificazione del codice civile e del codice di commercio. Così nel codice del 1942 la nozione di imprenditore commerciale sostituisce quella di commerciante.L’imprenditore commerciale viene ricompensato con una nozione più ampia, alla quale appartengono anche gi imprenditori agricoli, gli artigiani, gli enti pubblici, che hanno per oggetto esclusivo o principale un’attività commerciale (art. 2201).

Il profitto si trasforma da lucro derivante da un’attività di speculazione in retribuzione di un’attività di organizzazione, in remunerazione di un’attività di lavoro autonomo.

Imprenditore è soltanto chi esercita l’impresa in nome proprio, è cioè necessaria la spendita del nome; La professionalità è intesa come continuità, mentre è soltanto naturale, non essenziale lo scopo di lucro.

L’impresa nell’evoluzione della dottrina e della giurisprudenza e il problema del piccolo imprenditoreLa nozione di imprenditore che si ricava dalla dottrina e dalla giurisprudenza si allontana da quella voluta dagli autori del codice.La definizione è:

- sovrabbondante: perché ogni attività economica è diretta alla produzione o allo scambio di beni o di servizi;

- incompleta: perché nella definizione manca l’elemento teleologico, cioè lo scopo dell’attività.

Si giunge così a considerare impresa anche l’attività di produzione destinata al consumo personale del produttore, es. costruzione di una casa per proprio uso (impresa per conto proprio).

Lo scopo di profitto si rivela inidoneo a comprendere nella nozione di imprenditore le società mutualistiche e le imprese pubbliche.

L’impresa è fondamentalmente attività economica organizzata, ed è su questo elemento che si fonda la distinzione dell’impresa dall’attività personale del libero professionista.

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Il requisito dell’organizzazione doveva essere essenziale a tutte le imprese e doveva consistere essenzialmente nella organizzazione dei fattori produttivi: capitale e lavoro.Questo distingue imprenditore da commerciante.Per assumere la qualifica di commerciante era sufficiente compiere abitualmente atti di commercio.Con una palese contraddizione si ritiene essenziale l’organizzazione per l’assunzione della qualità di imprenditore da parte di altre figure intermediari, il mediatore professionale.

Nel codice civile il piccolo imprenditore si differenzia dal lavoratore autonomo:l’art. 2083 definisce infatti piccoli imprenditori il coltivatore diretto, l’artigiano, il piccolo commerciante e più in generale colui che esercita una attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.

L’impresa nella dottrina e nella giurisprudenza più recentiSi abbandonano i tentativi di adattare la nozione di imprenditore a quella di commerciante.

Attività economica: si individua correttamente nella economicità l’elemento distintivo dell’attività d’impresa dall’attività di produzione erogativa o a fondo perduto.Quest’ultima richiede un costante apporto di nuovi mezzi finanziari. Attività economica è invece l’attività produttiva che si presenti di per se idonea a coprire, mediante il corrispettivo dei beni e dei servizi prodotti, i costi di produzione.

Attività professionale: una volta assegnato all’elemento della economicità il contenuto voluto dagli autori del codice, la definizione dell’art. 2082 si rivela più chiara e coerente in tutti i suoi elementi.Il requisito della professionalità, non più inquinato dall’elemento teleologico, riacquista il suo significato originario di continuità dell’attività esercitata.Non è necessario che si tratti dell’unica attività svolta dal soggetto o dalla sua attività prevalente, né è necessario che la stessa consista in una pluralità di affari in senso economico.Anche il compimento di un singolo affare può essere sufficiente a integrare gli estremi dell’impresa, quando si tratti di un affare più complesso che richiede il compimento di una serie di operazioni coordinate al conseguimento dello scopo (es. produzione di un film).

Attività organizzata: è il requisito più incerto e più equivoco della nozione di imprenditore, equivocità che nasce dalla definizione codicistica del piccolo imprenditore.

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L’elemento organizzativo viene individuato nella organizzazione dei fattori della produzione: capitale e lavoro.La nozione di piccolo imprenditore si presta a essere interpretata anche nel senso della sostanziale irrilevanza dell’elemento organizzativo, così inteso.Con la conseguenza che in questa nozione rientrerebbe anche la figura del lavoratore autonomo.Il 2082 non tiene conto del fatto che il piccolo imprenditore è pur sempre un imprenditore. Anche lui deve possedere tutti i requisiti.Il piccolo imprenditore si distingue quindi dal lavoratore autonomo proprio per l’esistenza dell’organizzazione, e si distingue dall’imprenditore non piccolo per le caratteristiche peculiari dell’elemento organizzativo.Secondo il 2083 piccola impresa è quella organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei propri familiari.

Per la definizione del coltivatore diretto e dell’artigiano le leggi speciali prevedono autonomi criteri di identificazione, che non coincidono con il criterio previsto dalla norma del codice civile.

Caratteristica peculiare della piccola impresa sarebbe quindi la presenza di una organizzazione di capitali e lavoro meramente strumentale alla esplicazione dell’attività lavorativa dell’imprenditore.

L’impresa nel codice civile e nella normativa comunitaria

Nella nozione comunitaria di impresa non sarebbe coessenziale l’obiettivo di produrre un utile, inteso in senso soggettivo, ma sarebbe sufficiente il carattere della economicità, inteso come l’idoneità a riprodurre la ricchezza impiegata.Sarebbe altresì irrilevante la titolarità e la forma giuridica dell’impresa, come è confermato dalla circostanza che le imprese pubbliche non sono escluse dall’applicazione del Trattato di Roma, e gli organi comunitari hanno dichiarato inapplicabile l’art del Trattato relativo ai patti tra società madre e società figlia, in quanto elementi di un’unica entità economica.

L’IMPUTAZIONE DELL’ATTIVITà DI IMPRESA

Si è già rilevato che il codice non definisce l’impresa, ma colui che la esercita.La definizione di impresa si ricava indirettamente dalla definizione dell’imprenditore, ed è all’imprenditore, non all’impresa come entità giuridica distinta e separata da colui che la esercita, che è indirizzata la disciplina del codice.Il problema della imputazione dell’attività d’impresa e cioè del criterio dell’individuazione del soggetto che assume la qualità di imprenditore in relazione a una data attività imprenditoriale, è uno dei problemi più complessi del diritto commerciale.

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Il collegamento tra impresa e imprenditore è espresso nel 2082 dal predicato esercita, termine al quale non è agevole assegnare un preciso significato giuridico.L’imputazione dell’attività d’impresa richiede necessariamente la spendita del nome, è cioè necessario che l’interessato agisca in nome proprio o che altri validamente agisca in suo nome, ed è soltanto sul soggetto il cui nome viene speso nell’esercizio dell’impresa che ricade la responsabilità e quindi il rischio in senso giuridico dell’attività. Se l’impresa viene esercitata tramite un rappresentante legale o volontario, è imprenditore il rappresentato, anche se l’impresa è di fatto esercitata dal rappresentante.Se l’impresa viene esercitata sotto nome altrui, come avviene quando l’imprenditore si avvalga di un prestanome, è il prestanome che acquista la qualità di imprenditore, anche se il soggetto che di fatto esercita l’impresa e ne sopporta il rischio economico è colui che agisce sotto nome altrui.Questo principio non è contraddetto dalla norma del 2208, che prevede la responsabilità solidale dell’institore e dell’imprenditore per gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa compiuti dal primo in nome proprio.

Alla tesi dominante si contrappone un’altra tesi, cioè che sarebbe imprenditore chi dirige effettivamente l’impresa, facendone propri gli utili, le perdite, anche se formalmente si presenta come titolare nei confronti dei terzi un soggetto diverso.Es. tramite un prestanome. La responsabilità derivante dall’esercizio dell’impresa graverebbe sull’imprenditore effettivo (indiretto o occulto). La tesi mira a tutelare i creditori dell’impresa (lavoratori e fornitori), che di regola non trovano nel patrimonio del prestanome una garanzia sufficiente per il soddisfacimento dei loro crediti.

L’art. 147 della legge fallimentare recita che se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale dichiara il fallimento anche dei medesimi; quindi è previsto il fallimento del socio occulto di una società palese.Ed è previsto dalla stessa legge anche il fallimento del socio occulto di società occulta di un imprenditore individuale palese.Per essa quindi il fallimento del socio illimitatamente responsabile non è rilevante la spendita del nome del socio, ma la spendita del nome della società. Principio ben diverso da quello generale.

In generale la giurisprudenza vuole tutelare che i terzi che hanno contratto rapporti di credito con l’imprenditore, ma rilevante rimane la spendita del nome per l’assunzione della qualità di imprenditore. Ma la un altro principio del nostro ordinamento è che la responsabilità è inscindibile dal potere di gestione.

La sostituzione dell’esercizio dell’impresa. L’imprenditore incapace di agire.

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La legge prevede una serie di casi dove la titolarità è dissociata dall’esercizio dell’impresa.(sequestro giudiziario di azienda, esercizio provvisorio dell’impresa del fallito, dell’amministrazione giudiziaria e del commissariamento delle società cooperative e dei consorzi.In tutte queste ipotesi l’impresa verrà esercitata dal custode nominato dal giudice, dal curatore, dall’amministratore giudiziario o dal commissario governativo, e gli effetti degli atti compiuti da questi soggetti, saranno imputati rispettivamente al titolare dell’azienda, al fallito, alla società o al consorzio.Una situazione analoga si verifica quando l’imprenditore è incapace di agire ma si applica una disciplina diversa, a seconda che si tratti di impresa agricola, o di impresa commerciale.Ne consegue che all’esercizio di imprese agricole si applicano le norme generali sulla potestà dei genitori, sulla tutela e sulla curatela.

Al minore, interdetto e inabilitato è preclusa la possibilità sia di iniziare, sia per il tramite della interposizione gestoria dei genitori o del tutore, una nuova impresa commerciale.

Il minore emancipato può essere autorizzato dal tribunale anche ad iniziare una nuova impresa commerciale, e con l’autorizzazione acquista la piena capacità di agire. Egli può esercitare l’impresa senza l’assistenza del curatore e compiere da solo gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, anche se estranei all’esercizio dell’impresa. Questa disciplina con la fissazione della maggiore età a 18 anni, può trovare applicazione solo nel caso di emancipazione di diritto a seguito di matrimonio, cioè in casi eccezionali e previo provvedimento di ammissione del tribunale.Con l’autorizzazione all’esercizio dell’impresa l’incapace acquista la qualità di imprenditore.Gli obblighi che derivano dall’esercizio dell’impresa ricadono sul rappresentante legale. L’inabilitato che sia stato autorizzato può gestire personalmente l’impresa, con l’assistenza del curatore, salvo il caso che l’autorizzazione sia stata subordinata alla nomina di un institore.È controverso se questa disciplina si applichi anche al piccolo imprenditore commerciale.

Comportano incompatibilità i divieti di esercizio di impresa commerciale posti a carico di coloro che esercitano determinati uffici o professioni (impiegati statali, avvocati, notai, ..). La violazione del divieto comporta l’applicazione di sanzioni amministrative, ma non preclude l’acquisto della qualità di imprenditore.

Inizio dell’impresa

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L’acquisto della qualità di imprenditore non richiede un atto formale, è imprenditore colui che esercita un’attività d’impresa. È pacifico che non siano sufficienti sia l’intenzione, comunque manifestata, di esercitare un’impresa né la richiesta delle concessioni o autorizzazioni amministrative prescritte per l’esercizio di particolari attività.Si distinguono:

- atti di organizzazione- atti dell’organizzazione: atti di gestione.

Si fa coincidere l’inizio dell’attività con il momento in cui risulta inequivocabile che una serie di atti è preordinata alla gestione di un’impresa.Non sarà sufficiente l’acquisto di una disponibilità di un locale idoneo all’esercizio di un’attività commerciale, ma se a questo atto si aggiungono anche l’acquisto di beni strumentali (scaffalature, banchi di vendita) e l’assunzione di commessi, non si dovrà attendere l’effettivo esercizio del commercio, per considerare iniziata l’attività.Si è ritenuto sufficiente per integrare il requisito della professionalità non il compimento dell’unico atto di gestione (acquisto di un immobile, mutamento della sua destinazione) ma la complessità degli atti posti in essere, anche se finalizzati alla realizzazione di un solo affare.

Non sarà quindi sufficiente l’acquisto di un edificio attrezzato per l’esercizio di una attività industriale, perché questo atto, in sé e per sé considerato, è neutro, potendo l’acquisto essere stato effettuato solo al fine di rivendere l’immobile, e quindi funzionalizzato al compimento di un isolato atto di speculazione.Se però l’acquisto dell’edificio sarà seguito dall’acquisto di un brevetto o dalla stipulazione di un mutuo condizionato all’esercizio di una attività industriale o dall’assunzione di operai o dall’acquisto delle materie prime, atti che evidenziano il fine di gestire una attività imprenditoriale qualificata, non sarà necessario attendere che inizi la lavorazione delle materie prime o la rivendita dei prodotti finiti, perché il soggetto interessato acquisti la qualità di imprenditore.

Fine dell’impresaI termini del problema di cessazione dell’impresa sono simmetrici rispetto a quelli dell’inizio dell’impresa. Bisogna vedere se la fine dell’impresa va individuata nella cessazione della fase produttiva o se invece sia anche necessario che sia compiuta la fase della liquidazione.L’opinione esclude che sia sufficiente la cessazione della gestione dell’attiva.Non è però pacifico quali, tra gli atti di liquidazione impediscano la cessazione dell’impresa. In genere si ritiene che la permanenza dell’organizzazione aziendale impedisca la cessazione, mentre non sarebbe rilevante il fatto che residuino crediti o debiti relativi all’impresa.

Gli atti intesi a distruggere l’organizzazione aziendale costituiscono una prova inequivocabile della fine dell’impresa.

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Atti di impresa: vendita degli appartamenti da parte di un imprenditore edile, anche se effettuato dopo vari anni dalla cessazione dell’attività di costruzione, la conservazione dei contratti di lavoro e l’acquisizione di forniture, sia pure ai soli fini della liquidazione.La cessazione in blocco delle attrezzature è stata ritenuta sufficiente per ritenere cessata l’attività d’impresa.Non è quindi dalla natura intrinseca dei singoli atti che può desumersi la permanenza o la disgregazione del complesso aziendale, ma dalla costatazione che non sussiste più un complesso aziendale utile all’esercizio dell’attività.Stabilire quando questo avvenga è una questione di fatto variabile da caso a caso.È impossibile individuare a priori atti o categorie di atti inclusi o esclusi dall’attività di impresa.

Inizio e fine dell’impresa per le società e per gli altri enti privati e pubbliciLe società in quanto soggetti istituzionalmente creati per l’esercizio di una impresa, acquisterebbero la qualità di imprenditore fin dal momento della loro costituzione e, indipendentemente dall’effettivo esercizio dell’attività d’impresa.Nella società non possono mai mancare i requisiti della professionalità e dell’organizzazione.La società perderebbe la qualità di imprenditore al momento della cancellazione dal registro delle imprese.

La disciplina degli enti pubblici si ricava dagli art. 2093 e 2201.Si desume che l’acquisto della qualità di imprenditore commerciale presuppone che l’esercizio dell’attività commerciale costituisca l’oggetto esclusivo o prevalente dell’ente.

Controverso è l’acquisto della qualità di imprenditore da parte delle associazioni, fondazioni e altri enti privati aventi finalità ideali o non economiche.Si discute se agli enti privati sia applicabile una disciplina analoga a quella prevista dal codice civile per gli enti pubblici o se si applichi lo stesso regime previsto per l’imprenditore individuale.Nel primo caso si riconosce la qualità di imprenditore soltanto agli enti che, per perseguire la loro finalità, esercitano per via esclusiva o principale un’attività economica; nel secondo caso si ritiene sufficiente anche l’esercizio in via accessoria, marginale di un’attività organizzata in forma di impresa.

Le norme relative agli enti pubblici hanno carattere eccezionale.Il problema principale negli enti è quello di distinguere l’attività d’impresa da quella di erogazione.È particolarmente problematica quando l’attività economica costituisce il mezzo diretto per conseguire i fini ideali dell’ente (es. attività editrice svolta da un’associazione culturale cattolica per diffondere pubblicazioni di ispirazione cattolica).

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IMPRESA AGRICOLA, IMPRESA SOGGETTA A REGISTRAZIONE E

IMPRESA COMMERCIALE

Impresa agricolaL’art. 2135 definisce l’imprenditore agricolo come colui che esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.Elenca una serie di attività tipiche, la cui individuazione non presentava particolari difficoltà del 1942. L’esercizio dell’agricoltura ha subito però una profonda trasformazione dal 1942 ad oggi.Non si assiste solo a una progressiva industrializzazione dell’agricoltura, mediante l’impiego nella coltivazione e nell’allevamento di complessi macchinari e di prodotti chimici, ma sono sempre più diffuse tecniche di coltivazione e di allevamento avulse dal fondo agricolo (coltivazioni artificiali, allevamento in batteria).

L’opinione prevalente era nel senso che il collegamento con il fondo agricolo fosse un requisito necessario, ma anche sufficiente delle attività qualificate come tipicamente agricole dal 1°comma del 2135.L’agricoltura industrializzata era e restava attività agricola.

Si ritenevano estranee al campo dell’agricoltura le attività di coltivazione e di allevamento prive di qualsiasi rapporto con lo sfruttamento della terra.

Nel testo originario della norma non si faceva riferimento all’allevamento di animali, ma all’allevamento di bestiame.Gli autori del nuovo testo hanno tentato di risolvere il problema.

- Il riferimento all’allevamento di animali consente di comprendere nell’attività agricola l’allevamento di qualsiasi specie animale;

- All’elencazione delle attività tipicamente agricole segue la precisazione che per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali, si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

Con questa precisazione si è cercato di conciliare la tesi prevalente, che riteneva essenziale il rapporto con il fondo, con quella che definiva agricole tutte le

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produzioni fondate su di un ciclo biologico naturale, a prescindere dal collegamento dell’attività di produzione con il fondo.

In riferimento al ciclo biologico si esclude che si possa considerare agricola l’acquisto di specie di animali al solo scopo di rivenderli. È necessario che l’attività comprenda, quanto meno una fase del ciclo biologico, es. l’ingrasso dei suini o la coltivazione di piante già adulte acquistate da terzi.Non è necessario che nella produzione si utilizzi effettivamente un ambiente naturale, ma è sufficiente che si tratti di una produzione svolta con modalità che non comportino una radicale modificazione del ciclo biologico naturale delle piante o degli animali.È agricola anche la coltivazione di fiori e ortaggi in serra, l’allevamento di polli in un capannone, l’allevamento di pesci in vasche alimentate da acque dolci o marine.Non è attività agricola la coltivazione o l’allevamento in ambienti artificiali che comportano una alterazione del ciclo biologico di piante e animali.

Rispettati i limiti:- Della cura e lo sviluppo di un ciclo biologico o di una sua fase necessaria

(oggetto dell’attività agricola)- E le modalità di produzione non devono comportare un’alterazione del ciclo

biologico naturale di piante e animaliL’imprenditore è libero di impiegare le tecniche più moderne e sofisticate nell’esercizio dell’attività ed è anche libero nella modalità di utilizzazione del fondo, del bosco e delle acque.

Le attività connesseNel testo originario dell’art. 2135 si reputavano connesse solo le attività dirette alla trasformazione e all’alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura.Il nuovo testo del 2135 ha ampliato le categorie delle attività connesse tipiche includendo gran parte delle attività precedentemente atipiche.“Si reputano comunque connesse le attività esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dell’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura, di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione e di ospitalità come definite dalla legge.Al criterio della normalità si è sostituito il criterio della prevalenza: prevalenza dei prodotti ottenuti dalla coltivazione o dall’allevamento nell’esercizio delle attività indicate nella prima parte della disposizione, prevalenza della utilizzazione delle attrezzature o risorse dell’azienda nell’attività di fornitura di beni o servizi.

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La norma detta un criterio rigido per quanto riguarda il requisito della connessione: l’inerenza con l’attività produttiva o con le risorse delle attività essenzialmente agricole espressa dal requisito della prevalenza.Le imprese soggette a registrazioneL’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese, e cioè dall’applicazione della disciplina della pubblicità legale.Questa disciplina si applica alle imprese commerciali elencate nel 2195, alle società cooperative, qualunque sia il tipo di attività esercitata.I consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi aventi attività esterna (2612), i gruppi europei di interesse economico e gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un’attività commerciale (2201).Per le piccole imprese così come le imprese agricole e le società semplici, è prevista l’iscrizione in una sezione speciale del registro delle imprese.L’iscrizione degli imprenditori agricoli, dei coltivatori diretti e delle società semplici esercenti attività agricole produce gli effetti della pubblicità legale, mentre l’iscrizione delle altre categorie di piccoli imprenditori e delle società semplici che esercitano altre attività ha soltanto una funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia.

Impresa commercialeIl codice civile non la definisce espressamente.Sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese, e ai senti del comma 2° del 2195, sono imprenditori commerciali gli imprenditori che esercitano:

- un’attività industriale diretta alla produzione di beni o servizi;- un’attività intermediaria nella circolazione dei beni;- un’attività di trasporto per terra, acqua o aria;- un’attività bancaria o assicurativa;- altre attività ausiliari alle precedenti.

Ha creato difficoltà nell’individuazione delle imprese commerciali.Non comprende neppure tutte le attività che dovevano qualificarsi come commerciali nel sistema del codice del commercio del 1882.

Impresa commerciale, impresa agricola e impresa civileÈ impresa commerciale qualunque impresa non riconducibile alla categoria delle imprese agricole.Oltre alle categorie delle imprese commerciale e delle imprese agricole, è configurabile una terza categoria di imprese, definibili soltanto in senso negativo, in quanto è commerciali e né agricole, le imprese civili.A queste non si applicherebbero né le disposizioni speciali sull’impresa agricola, né quelle sull’impresa commerciale, ma soltanto le disposizioni generali sull’impresa.

Un’impresa commerciale presuppone un’attività di intermediazione, ma ciò non è comune a tutte le attività elencate dal 2195. non è ravvisabile un’intermediazione nell’attività di trasporto e nelle attività ausiliarie.

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Se si vuole fare riferimento all’attività di intermediazione fra chi offre i fattori della produzione (capitale e lavoro) e chi domanda beni o servizi, è evidente ch qst tipo di intermediazione è presente in ogni tipo di impresa.L’orientamento favorevole ad ammettere l’esistenza di imprese ritiene che per attività industriale si debba intendere un’attività che comporta la modificazione o la trasformazione delle risorse naturali o di altri beni.La tesi dell’impresa civile ha come conseguenza l’inapplicabilità di questa disciplina ad un numero rilevante di imprese che operano nel settore dei servizi o nel settore finanziario.

Il registro delle impreseLe imprese commerciali e le altre imprese soggette a registrazione sono assoggettate al regime della pubblicità legale.La funzione è di rendere di pubblico dominio particolari atti o fatti relativi alle imprese.A questo scopo il codice prevede l’istituzione del registro delle imprese, tenuto da un apposito ufficio sotto la vigilanza di un giudice delegato dal presidente del tribunale (2188).È cessata la disciplina transitoria che prevedeva l’iscrizione presso la cancelleria del tribunale, soltanto gli atti e fatti relativi alle società, gli atti di autorizzazione all’esercizio dell’impresa relativi agli incapaci, le procure institorie e le nomine di procuratori.Gli art. 2189 regolano le modalità e gli effetti dell’iscrizione.Le iscrizioni sono fatte nell’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione l’impresa ha la sede e negli atti e nella corrispondenza deve essere indicato il registro presso il quale l’iscrizione è avvenuta. Se vengono istituite sedi secondarie dell’impresa con una rappresentanza stabile, l’iscrizione della sede secondaria deve essere effettuata sia nell’ufficio del luogo dove si trova la sede principale, sia in quello del luogo dove si trovala sede secondaria (2197).L’iscrizione è eseguita su domanda dell’interessato o d’ufficio (2189 2190). L’ufficio del registro deve accertare l’autenticità della sottoscrizione e il concorso delle condizioni richieste dalla legge per l’iscrizione e che la documentazione sia presentata formalmente e regolare. Non compete all’ufficio il controllo della validità dell’atto.

Per l’imprenditore individuale è richiesta l’iscrizione dei dati anagrafici, della ditta, dell’oggetto e della sede dell’impresa, incluse le eventuali sedi secondarie, il cognome e nome degli institori e dei procuratori. Devono essere iscritti provvedimenti di autorizzazione all’esercizio dell’impresa nell’interesse dei minori e degli interdetti e di autorizzazione all’esercizio dell’impresa da parte dei minori emancipati e degli inabilitati (2196 2197 2198).È prevista l’iscrizione delle modificazioni degli atti o fatti assoggettati ad iscrizione, nonché della cessazione dell’impresa.

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Gli effetti della pubblicità legaleL’iscrizione nel registro delle imprese ha efficacia dichiarativa. I fatti iscritti si presumono noi ai terzi. La presunzione di conoscenza è in questo caso assoluta, non ammette prova contraria.I fatti non iscritti si presumono ignoti ai terzi, a meno che chi era obbligato all’iscrizione provi che il terzo ne era a conoscenza (2193).Ha efficacia totalmente costitutiva l’iscrizione delle società di capitali e cooperative (2331, 2454, 2463 e 2523). È infatti soltanto con l’iscrizione che le predette società acquistano la personalità giuridica. Questo anche per la fusione e la scissione di società.Un es di pubblicità parzialmente costitutiva sia ha in caso di riduzione del capital sociale per rimborso ai soci delle quote o azoni pagate o per liberazione dall’obbligo degli ulteriori versamenti.

La disciplina speciale dell’impresa commerciale: la rappresentanzaLo statuto dell’imprenditore commerciale contiene le norme sulla rappresentanza, sulla tenuta delle scritture contabili e la norma del 2221 sulla soggezione al fallimento e al concordato preventivo in caso di insolvenza, l’obbligo di iscrizione e la norma che peraltro rinvia per la disciplina di questi istituti alla legge speciale (la legge fallimentare).

La rappresentanza commerciale, e cioè i poteri di rappresentanza di alcune figure tipiche di collaboratori stabili dell’imprenditore commerciale: l’institore, i procuratori e i commessi. Eventuali limitazioni possono essere opponibili ai terzi solo se pubblicate o portate a conoscenza degli stessi con i mezzi idonei.La ratio è l’esigenza di sicurezza delle negoziazioni.

Institore è colui che è preposto dal titolare all’esercizio del’impresa, o di un suo ramo o di una sua sede secondaria (2203). Carattere peculiare è l’attribuzione di poteri gestori analoghi a quelli dell’imprenditore. L’institore è l’alter ego dell’imprenditore perché presiede alla gestione dell’impresa o di una sua unità operativa organica dotata di una propria autonomia gestionale (sede secondaria, ram di attività).Egli ha il potere di compiere in nome dell’imprenditore tutti gli atti necessari o utili per l’esercizio dell’impresa.L’institore può stare in giudizio in nome del preponente sia come attore che come convenuto, per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell’esercizio dell’impresa.L’ampiezza della procura institoria è alla base delle norme che estendono all’institore gli obblighi relativi all’iscrizione nel registro delle imprese e alla tenuta delle scritture

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contabili (2205) o che prevedono l’applicazione di sanzioni penali a suo carico in caso di fallimento dell’impresa.L’imprenditore può apporre delle limitazioni alla procura institoria, ma non devono essere tali da snaturare la funzione dell’institore, privandolo delle sue funzioni direttive, di carattere generale, e del potere generale di rappresentanza.La procura institoria deve essere depositata per l’iscrizione nel registro delle imprese.Anche le modificazioni e la revoca della procura devono essere iscritte, ai fini della opponibilità ai terzi (2207).Se l’institore abbia omesso di spendere il nome dell’imprenditore, il terzo, ferma restando la responsabilità personale dell’institore, può comunque agire direttamente nei confronti dell’imprenditore se l’atto è pertinente all’esercizio dell’impresa.Le disposizioni sulla pubblicità della procura institoria si applicano anche ai procuratori, i quali in base a un rapporto continuativo, abbiano il potere di compiere per l’imprenditore gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur non essendo preposti ad essa (2209).Mentre il potere di gestione e di rappresentanza dell’institore ha carattere generale, in quanto esteso all’intera attività d’impresa, il procuratore ha poteri gestori e di rappresentanza circoscritti al compimento di determinati atti o serie di atti.

Il codice nel disciplinare il potere di rappresentanza dei commessi, non ne definisce le funzioni, ma dalle norme degli art. 2210, 2213 si desume che si tratta di collaboratori dell’imprenditore con funzioni esecutive.I poteri sono commisurati ai loro compiti. Essi possono compiere gli atti che ordinariamente comporta la specie di operazioni di cui sono incaricati. Non possono esigere il prezzo delle merci delle quali non facciano consegna, né concedere dilazioni o sconti che non siano d’uso, né derogare alle condizioni generali di contratto alle clausole stampate sui moduli dell’impresa.L’imprenditore non può porre ulteriori limitazioni ai poteri d rappresentanza dei commessi, ma queste limitazioni sono opponibili ai terzi solo se portate a loro conoscenza con mezzi idonei. Ai commessi non si applicano le disposizioni sulla pubblicità legale della procura.

Le scritture contabiliDocumentano l’attività dell’imprenditore, la consistenza del suo patrimonio e i risultati della gestione.La tenuta di una contabilità più o meno complessa è una esigenza propria di tutti gli imprenditori, in quanto strumento di accertamento delle operazioni compiute nell’esercizio dell’impresa e dei risultati economici e patrimoniali che e conseguono.L’obbligo di tenere determinate scritture contabili è però previsto dal codice civile soltanto per gli imprenditori commerciai (2214).Sono esonerati dall’obbligo della tenuta i piccoli imprenditori. Si discute se l’obbligo si estenda a tutte le imprese soggette a registrazione, e quindi anche alle società costituite in forma commerciale che esercitano attività non commerciale.

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Scritture contabili obbligatorieL’imprenditore deve tenere:

- il libro giornale: contiene l’annotazione, giorno per giorno, delle operazioni compiute dall’impresa (2216). Il libro degli inventari contiene la indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all’impresa, delle attività e le passività dell’imprenditore estranee all’impresa (2217).

- il libro degli inventari: deve essere redatto all’inizio dell’impresa e successivamente ogni anno. Si chiude con il bilancio e il conto dei profitti e delle perdite. Il bilancio è un prospetto contabile riassuntivo della situazione patrimoniale dell’impresa alla fine dell’esercizio annuale, e si compone del bilancio o conto patrimoniale, che deve evidenziare la situazione complessiva del patrimonio aziendale, e dal conto dei profitti e delle perdite o conto economico, che deve dimostrare gli utili conseguiti o le perdite subite.

- altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalla dimensione dell’impresa

- conservare ordinariamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite (2214).

La legge prevede l’osservanza di determinate formalità per la tenuta dei libri contabili, formalità che vengono tradizionalmente distinte in formalità estrinseche e intrinseche.Il libro giornale e quello degli inventari devono essere numerati in ogni pagina.L’inventario deve essere sottoscritto dall’imprenditore e presentato entro 3 mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette (2217).Intrinseche: devono essere seguiti i criteri per una tenuta di una ordinata contabilità, ordinatamente e secondo criteri del sistema di contabilità prescelto.Sono vietate anche le abrasioni, se si devono apportare delle correzioni, le parole corrette devono restare leggibili.Le scritture devono essere conservate per 10 anni dalla data dell’ultima registrazione e per lo stesso periodo devono essere conservate sotto forma di registrazioni su supporti di immagini, sempre che le registrazioni corrispondano ai documenti e possano in ogni momento essere rese leggibili con i mezzi messi a disposizione dal soggetto che utilizza detti supporti.

Rilevanza della regolarità delle scritture contabili.l’inosservanza dell’obbligo della tenuta di una contabilità regolare comporta solo l’applicazione di sanzioni eventuali e indirette.L’imprenditore che non abbia tenuto una contabilità regolare, in caso di fallimento, incorre nel reato di bancarotta.

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La regolarità della contabilità assume invece una rilevanza diretta sul piano probatorio.Le scritture fanno prova contro l’imprenditore, ma chi se ne avvale non può scinderne il contenuto (2709). La regolarità della contabilità è invece presupposto necessario perché la scrittura possa essere utilizzata dall’imprenditore come prova a suo favore.L’efficacia probatoria è limitata ai rapporti tra imprenditori inerenti all’esercizio dell’impresa.Solo in questo caso è infatti possibile il riscontro della veridicità dei fatti registrati nelle scritture contabili tenute dalla controparte. Infine l’efficacia probatoria a favore dell’imprenditore non è automatica, ma è rimessa alla valutazione del giudice.

La comunicazione integrale può essere ordinata dal giudice soltanto nelle controversie relative allo scioglimento della società, alla comunione dei beni e alla successione per causa di morte.

Negli altri casi il giudice può ordinare solo tanto la esibizione delle scritture contabili per estrarne le registrazioni che interessano la controversia in corso.

LA DISCIPLINA SPECIALE DELL’IMPRESA ARTIGIANA

La normativa speciale rileva per 2 aspetti:1. la determinazione dell’oggetto dell’impresa artigiana, che si connota non solo

come delimitazione di un settore di attività economiche, ma anche come riferimento alle modalità organizzative adottate nell’esercizio dell’attività;

2. la connessione sancita dal legislatore fra l’artigiano e la fattispecie del piccolo imprenditore.

L’oggetto dell’impresa artigianaL’attività artigiana era ritenuta non commerciale. Oggi l’artigiano è come un imprenditore a tutti gli effetti, ma ciò iniziò con l’emanazione delle prime norme volte a disciplinare il settore.Ha una speciale organizzazione aziendale caratterizzata dalla partecipazione al lavoro del titolare dell’impresa.L’oggetto dell’attività artigiana è oggi disciplinato dalla legge 8 agosto 1985 (legge quadro per l’artigiano), che da una definizione non felicissima, dal dettato molto contorno e formulata in negativo.

Per la norma è artigiana l’attività che abbia per scopo prevalente lo svolgimento di un’attività di produzione di beni, anche semilavorati, o prestazioni di servizi, escluse le attività agricole e le attività di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione dei beni o ausiliari di queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, salvo il caso che siano solamente strumentali e accessorie all’esercizio dell’impresa. Quindi possono essere artigiane

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tutte quelle attività di produzione di beni o di prestazione di servizi che siano esercitate fuori dai settori agricolo e commerciale.L’artigianato è una forma speciale di industria. Dall’industria l’artigianato si distingue non per l’oggetto in senso stretto dell’attività ma per i requisiti qualitativi connessi con le modalità organizzative dell’esercizio di essa.

È artigiano colui che esercita l’attività svolgendo i misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo.Il requisito della manualità è importante, perché pone in rilievo lo speciale valore personale della guida dell’imprenditore, sia in funzione esemplificativa per gli addetti, sia in funzione formativa per gli apprendisti.L’esercizio è libero. L’artigiano deve essere in possesso dei requisiti tecnico professionali previsti dalla legge dello Stato. Si tratta delle attività ad accesso controllato: estetisti, parrucchieri, autoriparatori, impiantisti, …

L’artigiano come piccolo imprenditoreL’artigiano è una delle 3 figure tipiche del piccolo imprenditore (le altre sono il coltivatore diretto e il piccolo commerciante), cioè i piccoli imprenditori dei settori: economici dell’agricoltura, dell’industria e del commercio.Oltre ai requisiti oggettivi, perché si abbia un imprenditore artigiano ne occorrono altri di specificamente attinenti l’organizzazione aziendale.Il primo è quello della partecipazione diretta e manuale del titolare dell’attività, tale da caratterizzare con essa le modalità di esercizio dell’impresa e i prodotti o i servizi offerti.Deve prevalere il fattore lavoro sul capitale.C’è anche una delimitazione quantitativa (di dimensione) dell’impresa artigiana.La legge quadro prevede dei criteri anche esplicitamente quantitativi riferiti al numero degli addetti e variabili da settore a settore (es. max di 9 dipendenti nel caso di lavorazioni in serie non del tutto automatizzate).L’impresa artigiana è un’impresa ad alta intensità di lavoro: ed è questo che ne giustifica il privilegio disposto nell’ambito della disciplina fallimentare; così come le altre agevolazioni previste dalle leggi speciali, anche regionali.Quando tale carattere vena meno, l’impresa artigiana cessa di essere artigiana e ad essa si debbono applicare le regole generali delle imprese commerciali.

Le imprese artigiane sono iscritte negli albi provinciali delle imprese artigiane e sono altresì annotate nella sezione speciale del registro delle imprese. Gli albi sono conservati dalle commissioni provinciali per l’artigianato.L’iscrizione all’albo ha efficacia costitutiva; ciò non impedisce tuttavia al giudice ordinario di disapplicare l’atto amministrativo di iscrizione se questo sia illegittimo.

Dopo la recente riforma delle procedure concorsuali, anche l’artigiano è fallibile o meno solo alla luce dei parametri esclusivamente quantitativi disposti dalla nuova norma.

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Le società artigianeL’impresa artigiana è divenuta esercitabile anche in forma di società in nome collettivo o di società cooperativa, a condizione che l’oggetto dell’attività sia artigiano come definito dall’art. 3 della legge quadro dell’85; inoltre la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di 2 soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo; e che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale.Nelle società artigiane in nome collettivo o in forma cooperativa non occorre che tutti i soci svolgano a loro volta lavoro artigiano, ma vi è ammessa anche una minoranza che può svolgere lavoro di altra natura (amministrativo contabile, …) ovvero essere mera apportatrice di capitale.È dunque ora consentito che l’impresa artigiana in forma associata possa essere esercitata anche da società a responsabilità limitata con unico socio e da società in accomandita semplice.L’apertura che la legge attua è contornata da numerose cautele: il socio unico di società a responsabilità limitata artigiana non può essere anche socio unico di altra società a responsabilità limitata o di una in accomandita semplice; così come ciascun socio accomandatario di società artigiana non può essere socio unico di una società a responsabilità limitata o socio di altra società in accomandita semplice.La connessione necessaria fra attività artigiana e responsabilità illimitata risulta superata.Gli speciali requisiti di professionalità devono essere posseduti da tutti i soci tenuti a partecipare al lavoro dell’impresa sociale.Dopo la recente riforma del sistema fallimentare, si ha esonerato dalla procedura non solo gli imprenditori individuali, ma anche le società (comprese quelle artigiane) che abbiano dimensioni al di sotto dei parametri quantitativi stabiliti dalla norma per la determinazione del piccolo imprenditore.

Le società artigiane a responsabilità limitata pluripersonaliLa nuova disciplina non si sostituisce ma si affianca a quella delle società artigiane a responsabilità limitata unipersonali;l’iscrizione all’albo è facoltativa ma non obbligatoria.Le nuove norme stabiliscono che la maggioranza dei soci nella società artigiane a responsabilità limitata pluripersonali, partecipanti al lavoro devono detenere anche la maggioranza del capitale sociale.La legge prevede che la maggioranza dei soci partecipanti al lavoro altresì detenga la maggioranza degli organi deliberati dalla società.

Impresa artigiana e impresa familiareI caratteri dell’impresa artigiana spesso corrispondono alla fattispecie dell’impresa familiare. Non è una corrispondenza necessaria.Quando la corrispondenza sussiste si applica l’art. 230-bis all’impresa artigiana.

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L’impresa famigliare non è una nuova fattispecie di impresa in forma di società; nei rapporti esterni, la disciplina è quella degli imprenditori individuali, mentre la norma codicistica mira a tutelare gli altri membri della famiglia nei confronti del titolare dell’impresa.Non deve essere poi confusa con l’omonimo istituto della legislazione tributaria, che consente di suddividere a determinate condizioni gli utili dell’impresa fra i famigliari, così evitando l’applicazione delle aliquote progressive d’imposta sul reddito complessivo.L’impresa famigliare non deve essere confusa con l’impresa coniugale di cui all’art. 177, che è a tutti gli effetti un’impresa individuale appartenente alla comunione coniugale e pertanto gestita da entrambi i coniugi.

LE IMPRESE PUBBLICHE

Gli enti pubblici imprenditoriAnche altre figure possono esercitare l’attività d’impresa.Dal punto di vista della qualificazione del soggetto imprenditore, nel caso in cui l’att di impresa venga esercitata non da un soggetto di natura privatistica, ma da un ente di diritto pubblico o addirittura da un organo dell’amministrazione pubblica.Dopo il processo di privatizzazione verificatosi a partire dai primi anni 90, la categoria delle imprese pubbliche è andata sempre più assumendo una rilevanza marginale.La tradizionale classificazione delle imprese pubbliche da decenni accettata:

- le aziende autonome, a livello degli enti territoriali minori, le aziende municipali e le aziende provinciali. Le nazionalizzazioni ferroviarie del primo decennio del 900 ed al vasto movimento di municipalizzazione dello stesso decennio e dei due decenni successivi.Esse godono di un’autonomia imprenditoriale e finanziaria assai limitata, essendo inquadrate negli organi della pubblica amministrazione in senso stretto.

- Gli enti pubblici economici, sviluppatisi soprattutto a partire dal terzo decennio del 900, caratterizzati, a differenza delle aziende autonome, da una propria personalità giuridica e da autonomia patrimoniale perfetta (imprese enti);

- Le società di diritto privato a partecipazione pubblica, che sono forme societarie che di pubblico hanno solo la provenienza del capitale.

La disciplina dell’impresa pubblica nel codice civileL’impresa pubblica è contemplata anche a livello costituzionale e a livello di trattato europeo con il Trattato di Roma.La disciplina dell’impresa pubblica in senso stretto è contenuta negli art. 2093 2201 2 2221 cc.

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L’art. 2093 dichiara applicabili le disposizioni del libro V agli enti pubblici inquadrato nelle associazioni professionali, mentre per gli enti non inquadrati l’applicazione è limitata alle imprese da essi esercitate.Gli enti pubblici economici sono enti che hanno come oggetto principale o esclusivo l’esercizio di un’attività economica. Essi assumono la qualità di imprenditore e in quanto tale è assoggettato alla relativa disciplina.Nel registro delle imprese devono essere iscritti solo quello che hanno ad oggetto un’attività commerciale.Devono ritenersi applicabili agli enti pubblici economici che svolgono attività commerciale anche le norme sulla rappresentanza commerciale e sulle scritture contabili, e cioè tutte le norme che definiscono lo statuto dell’imprenditore commerciale.Queste norme non sono applicabili alle imprese organo che svolgono attività commerciale.L’art 2221 sottrae però tutti gli enti pubblici, compresi gli enti pubblici economici, alle procedure del fallimento e del concordato preventivo. Gli enti pubblici sono invece sottoposti alla procedura di liquidazione coatta amministrativa spesso con norme speciali o di diritto singolare o con provvedimenti legislativi ad hoc.

CAPITOLO IIL’AZIENDA E LE REGOLE DEL MERCATO

L’AZIENDA

Impresa, imprenditore e nozione di aziendaL’azienda è definibile dall’art 2555 come il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa. Se è impresa l’esercizio di un’attività produttiva, è azienda l’insieme dei mezzi di cui l’imprenditore deve conseguire la disponibilità e procedere al coordinamento affinché possano essere adibiti a detto esercizio. Essa consiste in una pluralità di beni di varia natura (beni mobili e immobili, materiali e immateriali, fungibili e infungibili), considerati dalla legge come collegati in funzione del fine produttivo cui per volontà dell’imprenditore vengono destinati.L’azienda rappresenta l’immagine statica e reificata dell’impresa.La seconda riceve menzione nella legge solo in funzione dell’esercizio della prima: la definizione generale di imprenditore contenuta nel 2082, si risolve nella definizione generale di impresa, intesa come esercizio di attività.Tra azienda e impresa si instaura un rapporto teleologico, di mezzo a fine, ove la nozione di azienda tende a coincidere con la nozione economica di strumento della produzione.La definizione del 2082 riflette una realtà pre-giuridica che si presenta come un complesso organismo economico alla cui esistenza contribuiscono, come sue componenti essenziali, tanto l’attività dell’imprenditore (elemento soggettivo),

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quanto l’organizzazione di mezzi patrimoniali e personali adibiti al suo esercizio (elemento oggettivo).L’organizzazione non rappresenta semplicemente un connotato dell’attività ma è dotata di una propria autonomia che la rende potenziale oggetto di rapporti giuridici e di diretti riferimenti normativi.I concetti di impresa e azienda, lungi dal costituire 2 elementi antitetici, possono essere visti come aspetti di un medesimo fenomeno (cioè l’entità che esercita l’attività produttiva.

Beni costituenti l’aziendaIl concetto di azienda trova accesso nella legge per costituire il punto di riferimento della speciale disciplina dedicata agli effetti che scaturiscono dalle sue vicende traslative (alienazione, usufrutto e affitto).I beni aziendali, secondo il 2555 sono i beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa: è essenziale a detta qualifica il collegamento funzionale conferito dall’imprenditore ad un aggregato di mezzi di per sé amorfo, qualunque si il titolo di acquisto della disponibilità di detti beni.Non sono solo un complesso di beni, ma anche di servizi (diritti), in tal modo virtualmente estendendone la nozione sino a ricomprendervi ogni rapporto giuridico facente capo all’imprenditore nell’esercizio della sua attività (contratti di lavoro, di fornitura, di distribuzione con agenti e concessionari, licenze di brevetto e di marchio, crediti e debiti, ecc.).In relazione ai settori dell’attività economica ove risulta preponderante l’importanza dei beni immateriali rispetto a quelli materiali si delinea il profilo di un’azienda weightless distante dalla nozione del 2555.Se è vero che il trasferimento dell’azienda comporta la successione dell’acquirente (o dell’usufruttuario o affittuario) del contratto di lavoro subordinato e ogni altro contratto concluso per l’esercizio dell’impresa (contratti d’impresa) è altrettanto indiscutibile che ciò costituisce solo un effetto naturale del contratto di trasferimento, ben potendo la volontà delle parti disporre diversamente.Ciò che comporta veramente, per quanto concerne la successione nei contratti, è la considerazione che, perché si realizzi effettivamente la fattispecie normativa del trasferimento dell’azienda, le parti non abbiano escluso il sub ingresso dell’acquirente in quei rapporti che gli assicurano la disponibilità dei mezzi necessari a conservare la funzionalità dell’insieme oggettivamente coordinato di elementi di cui consta l’azienda (contratti aziendali).È ammissibile che l’acquirente integri i beni aziendali acquistati con altri beni, sia quella di un cambiamento del genere di attività cui erano originariamente destinati i beni aziendali, ferma restando la loro destinazione allo svolgimento di un’attività di impresa.

L’avviamento dell’azienda e il divieto di concorrenzaL’azienda è un insieme di beni eterogenei (mobili, immobili, brevetti, know how industriali, segni distintivi, coordinati tra loro in vista di una finalità produttiva.

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Affinchè detti beni vengano acquisiti all’azienda è necessario che quest’ultimo se li procuri esplicando fin dall’inizio un’attività giuridica dapprima diretta all’acquisto della loro proprietà e godimento (con contratti aziendali) e successivamente rivolta alla loro selezione e coordinamento.Il complesso organizzato risultante presenta normalmente un valore superiore rispetto a quello degli stessi beni separatamente e singolarmente considerati. Tale plusvalore è il risultato di un’attività e si traduce nella capacità dell’impresa a produrre un reddito rappresenta l’avviamento.È il risultato quindi delle capacità e energie profuse dall’imprenditore nell’organizzazione dei mezzi impiegati e nella gestione dell’impresa, avviamento soggettivo, a cui si affiancano elementi oggettivi: l’ubicazione dell’azienda, la qualità degli impianti e delle tecnologie, ecc.Costituisce un connotato o attributo dell’impresa.

Il divieto di concorrenza è previsto dall’art. 2557: quando all’avviamento sia attribuibile un valore economico di segno positivo, accade che in caso di trasferimento dell’azienda, chi acquista paga un prezzo per tale plusvalore.Ma chi aliena l’azienda o la concede in usufrutto o affitto, deve astenersi per un periodo di 5 anni dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta.Il carattere dispositivo della norma fa si che sia lasciata all’autonomia negoziale la facoltà di derogarvi, restringendone la portata, o ampliandola, purchè il patto non ecceda la durata dei 5 anni e non impedisca ogni attività dell’alienante.

Il trasferimento dell’azienda: contenuto del contratto e legge di circolazionePerché si abbia trasferimento d’azienda a titolo pieno, in virtù di atto di alienazione, permuta, donazione o conferimento in società, o a titolo di godimento (usufrutto o affitto), è necessario che il negozio presenti il contenuto minimo di assicurare la successione dell’avente causa nei rapporti inerenti a un complesso organizzato di beni che sia potenzialmente idoneo all’esercizio di un’impresa.I contratti di cessione della proprietà e costitutivi di diritti di godimento sull’azienda devono essere provati per iscritto. Quanto alla forma richiesta per la validità dell’atto di disposizione, la stessa norma richiama al rispetto delle regole fissate dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto.

La successione nei contratti stipulati per l’esercizio dell’aziendaArt. 2558: se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale.La tutela dell’interesse a mantenere l’unità funzionale dell’azienda viene qui affidata ad una norma che assicura la successione ex lege dell’acquirente nei contratti in corso di esecuzione facenti capo all’alienante, con il sacrificio della posizione del terzo contraente cui viene a mancare il presidio di diritto comune.

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Al terzo contraente viene riconosciuto il diritto di recedere dal contratto entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento, qualora sussista una giusta causa.All’effetto legale del sub ingresso dell’acquirente sono invece espressamente sottratti i contratti aventi carattere personale: quanto a questi ultimi riacquista vigore la regola di diritto comune secondo cui perché si verifichi tale successione sono necessari tanto un espressa pattuizione fra le parti quanto un esplicito consenso prestato dal contraente ceduto.

Non sono sicuramente suscettibili di trasferimento automatico all’acquirente i contratti nei quali la prestazione assunta dall’imprenditore alienante è oggettivamente infungibile (contratto di opera intellettuale o artistica) o è stata dedotta in contratto dalle parti come tale.Per il rapporto di lavoro subordinato, quando l’azienda viene trasferita, continua con l’acquirente e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano (2112). È anche il caso del contratto di consorzio, salvo pattuizione contraria, in caso di trasferimento dell’azienda, l’acquirente subentra nel contratto; ma se il trasferimento è avvenuto tra vivi esiste facoltà di escludere l’acquirente dal consorzio per giusta causa.E anche nel contratto di edizione, che si trasferisce con l’azienda a meno che non provochi pregiudizio alla reputazione o alla diffusione dell’opera.

La sorte dei crediti e dei debiti relativi all’azienda cedutaLa disciplina precedente si riferisce alla sorte dei contratti a prestazioni corrispettive non ancora integralmente eseguiti da entrambe le parti al momento in cui viene ceduta l’azienda.Circa la cessione dei crediti (2559), dispone per le imprese soggette a registrazione che essa prenda efficacia a decorrere dal momento dell’iscrizione del trasferimento dell’azienda nel registro delle imprese, anche in difetto di notifica al debitore ceduto o di sua accettazione.Ispirata all’evidente scopo di tutelare la posizione dei creditori dell’imprenditore alienante (creditori aziendali), che potrebbero vedere compromessa a propria garanzia a seguito della cessazione dell’azienda. Il 2560 prevede una eccezionale responsabilità ex lege solidale con quella dell’alienante, a carico dell’acquirente l’azienda per i debiti che risultino dalle scritture contabili.Per il 1273 l’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito.

L’usufrutto e l’affitto dell’aziendaIl legislatore dedica particolare attenzione alla disciplina dell’usufrutto dell’azienda, 2561.La norma è ispirata al criterio di conservazione dell’organicità funzionale dell’azienda nella sua individualità e nei suoi elementi essenziali, pur tenendo conto della necessità di consentire all’usufruttario tutti gli tutti che sono indispensabili alla gestione dell’impresa, fatti salvi quelli aventi per oggetto la disposizione di beni costitutivi del nucleo fondamentale dell’organizzazione aziendale.

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Di qui l’obbligo per l’usufruttuario di conservare all’azienda la ditta che la contraddistingue e di gestirla in modo tale da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti (il valore dell’avviamento), nonché le normali dotazioni di scorte. In caso di inadempimento a tale obbligo ovvero di cessazione arbitraria dall’esercizio dell’impresa l’usufruttuario si espone ala sanzione della cessazione dell’usufrutto, per l’abuso che egli faccia al suo diritto.La disciplina esaminata si applica all’usufrutto, ma non all’affitto (2559).

CAPITOLO IIILE SOCIETÀ

Contratto di società e sistema delle societàNel definire il contratto di società l’art. 2247 introduce un complesso sistema normativo diretto a disciplinare, con modalità diverse a seconda dei vari tipi di società, sia i rapporti interni fra i soci che i rapporti esterni fra gli stessi soci e i terzi.Con il contratto sociale sorge un’organizzazione finalizzata, attraverso l’esercizio in comune di un’attività economica, al conseguimento di un utile da ripartire ai soci.

- disposizioni generali: 2247 - 2250- disciplina dei vari tipi di società lucrative 2251 – 2497- trasformazioni, fusioni e scissioni: 2498 – 2506.- Società cooperative e le mutue assicurazioni: 2511 – 2548- Direttive comunitarie e leggi speciali.

Art. 2247: Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili.

Una variante a questa definizione è costituita dallo scopo mutualistico che caratterizza le società cooperative.La recente riforma della società di capitali ha introdotto nell’ordinamento societario, fondato sul principio del contratto, un significativo ampliamento della figura della società uni personale, che trova la sua fonte in un atto unilaterale.L’inquadramento del fenomeno societario nella grande figura del contratto rende applicabile al contratto di società la disciplina comune dei contratti e le norme dettate per la categoria dei contratti plurilaterali.

Gli elementi del contratto:

i conferimenti: essi costituiscono un elemento oggettivo di distinzione e possono consistere in beni o servizi.I partecipanti assumono obblighi relativi ai conferimenti di beni materiali o immateriali o di prestazioni d’opera manuale o intellettuale.Essi comprendono sia beni o diritti su beni suscettibili di valutazione economica, sia prestazioni di attività.

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Nel loro complessivo ammontare i conferimenti costituiscono il capitale sociale, cioè l’espressione in termini monetari dei conferimenti.Nelle società di capitali rappresenta il grado di rischio economico che i soci sono in via esclusiva disposti a correre. In ogni caso il vincolo di destinazione che grava sui conferimenti ne impedisce la distribuzione ai soci.Il capitale sociale rimane un’entità fissa, le cui variazioni, in aumento o in diminuzione, dipendono solo da corrispondenti modificazioni del contratto sociale, motivate da nuovi apporti dei soci o da perdite subite nel corso della gestione economica.

Al momento della costituzione capitale sociale e patrimonio sociale coincidono.Ma quest’ultimo si riferisce al complesso dei rapporti patrimoniali attivi e passivi che, in un dato momento, fanno capo alla società. È un’entità variabile.

L’attività economicaL’oggetto della società si concretizza normalmente in un’attività d’impresa, diretta alla produzione o allo scambio di beni o servizi.Elemento soggettivo è dato dall’intenzione dei soci di svolgere in comune un’attività d’impresa, tale che i risultati della comune gestione siano riferibili al gruppo e non ai singoli.Detto intento si traduce nell’esercizio collettivo del potere di gestione, le cui modalità dipenderanno dal modello organizzativo contemplato per il tipo societario scelto.

C’è il problema della società senza impresa e abbiamo 3 fattispecie:- le società occasionali: sono quelle società che pur avendo per oggetto

l’esercizio di un’attività economica difetta dei requisiti di professionalità e di organizzazione propri dell’attività d’impresa. Esse sono ammesse in astratto.C’è però il problema di stabilire quando a una tale attività facciano difetto i requisiti della professionalità e dell’organizzazione. Sono compatibili con la conclusione di un singolo affare che comunque richieda un a pluralità di atti fra loro coordinati.

- le società immobiliari o di godimento: sono illegittime in quanto fattispecie del tutto anomale rispetto allo schema societario tipico. Si tratta in prevalenza di società con oggetto immobiliare che, pur denunciando nell’atto costitutivo l’intento di esercitare il commercio di beni immobili, in realtà non svolgono un’attività economica nel senso di produttiva di nuovi valori economici.Esse si limitano allo svolgimento di un’attività di mera gestione degli immobili mediante la conclusione di contratti di locazione con terzi o con gli stessi soci, adottando la forma societaria per quella che è in realtà una mera comunione di godimento.

- le società tra professionisti: era in epoca risalente vietata dalla legge del 1939. il divieto intendeva precludere l’esercizio impersonale della professione ed è stato abrogato con provvedimento che ha rinviato a un successivo decreto

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legislativo per a regolamentazione organica della materia, ma non fu mai emanato.La legge abrogativa si riferiva alle professioni protette: avvocato, medico, dottore commercialista, architetto, ingegnere,ecc. quelle cioè per il cui svolgimento è prevista l’iscrizione in appositi albi, previo accertamento dell’esistenza di precise condizioni abilitanti. La questione si pone all’origine per le società di engeneering (di progettazione industriale) ma ha poi investito anche altri settori: ricerche di mercato, analisi economiche,…Fuori dal divieto si ponevano le società di mezzi o di servizi che i professionisti costituiscono per assicurarsi gli strumenti necessari allo svolgimento della loro professione, ripartendone i costi.L’oggetto è la prestazione di servizi strumentale rispetto all’esercizio dell’attività professionale propriamente detta.Si giudicò lecita la società tra professionisti che consentisse l’identificazione delle prestazioni con la conseguente impugnabilità personale delle responsabilità.Giustificata quindi l’istituzione di società di revisione contabile.

Un decreto legislativo ha ammesso la possibilità di costituire società tra avvocati, sia pure solo nella forma della società in nome collettivo (nel 2001).Deve costituirsi per atto pubblico o scrittura privata autenticata ed è regolata dalla speciale disciplina contenuta nel decreto. La ragione sociale è costituita dal nome e dal titolo professionale di tutti i soci ovvero di uno o più soci.L’oggetto sociale è costituito esclusivamente dell’esercizio in comune della professione dei propri soci, salva la possibilità dell’acquisto di beni e diritti strumentali all’esercizio della professione e di compiere qualsiasi attività diretta a tale scopo.È prevista l’iscrizione della società tra avvocati nel registro delle imprese in una sezione speciale relativa alle società tra professionisti, con una mera funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia.Deve essere iscritta in una sezione speciale dell’albo degli avvocati.I soci della società tra avvocati devono essere avvocati e la partecipazione a tale società è incompatibile con la partecipazione al altra società tra avvocati.

Scopo di lucro, scopo mutualistico e scopo consortileLo scopo di lucro costituisce l’essenza stessa della causa del contratto di società. Stando al 2247 è l’elemento di qualificazione della fattispecie societaria, come tale atto a identificarla e a distinguerla da altre fattispecie associative.Per scopo di lucro non deve intendersi solo la finalità di produzione del profitto come risultato economico dello svolgimento dell’attività d’impresa (lucro oggettivo), ma anche la divisione tra i soci dell’utile conseguito (lucro soggettivo). È per quest’ultimo aspetto che la finalità lucrativa si pone come elemento causale di distinzione della società nell’ambito del fenomeno associativo.

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Non si può affermare in assoluto che vi sia società là dove vi sia divisione dell’utile, perché la legge contempla anche le società cooperative, mutualistiche e consortili, nelle quali l’intento dei soci che la compongono non consente di norma nella percezione di un utile.L’art. 2247 definisce solo la società lucrativa e il modello organizzativo societario è dissociabile dal fine perseguito dai soci e dallo scopo di lucro proprio delle società lucrative, per essere utilizzato, se la legge lo prevede, anche per altri scopi.

La società senza scopo di lucroMolte società in mano pubblica sono costituite per finalità di interesse generale, la cui azione, più che ad un risultato di profitto è mirata al conseguimento della parità tra costi e ricavi, ispirandosi a un principio di obiettiva economicità.

Società, associazione e comunioneSotto il profilo dello scopo perseguito va esaminata la distinzione tra società e associazione, sia questa o no riconosciuta; sotto il profilo della contitolarità dei rapporti patrimoniali si pone la distinzione tra società e comunione di godimento.

La società persegue uno scopo di lucro (mutualistico o consortile), l’associazione si costituisce per uno scopo ideale, scopo che può realizzarsi anche attraverso l’esercizio di un’impresa collettiva, i cui profitti siano destinati ai fini propri dell’associazione.

Quanto alla distinzione tra società e comunione, il contratto di società produce l’effetto di una con titolarità di rapporti patrimoniali da parte dei soci, fatta salva la loro imputabilità ad un distinto soggetto in caso di società dotate di personalità giuridica.Si ha comunione quando la situazione di con titolarità si esaurisce nel godimento dei beni e l’attività dei comproprietari è meramente strumentale al godimento.Abbiamo società quando invece la situazione do contitolarità con relativo perseguimento con lo scopo lucrativo da parte dei contitolari si risolve nell’esercizio di un’attività d’impresa.

Comunione d’impresa e impresa coniugaleIl confine stabilito dal 2248 fra disciplina delle società e disciplina della comunione non da spazio alla figura della comunione d’impresa, che dovrebbe presentarsi quando:

- comunione di impresa agricola: due o + soggetti acquistano in comunione un fono e vi esercitano personalmente un’attività agricola;

- comunione di impresa commerciale: due o + soggetti acquistano in comunione un’azienda commerciale con esercizio diretto da parte degli stessi della relativa attività;

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- comunione incidentale d’impresa: due o + soggetto ricevono in eredità un bene produttivo (fondo o azienda), continuando personalmente l’attività economica inerente.

La società può costituirsi per fatti concludenti, l’accordo sulla destinazione dei beni comuni all’esercizio dell’attività ne comporta conferimento in società finalizzato alla formazione di un patrimonio autonomo.

L’istituto dell’impresa coniugale configura un’ipotesi del tutto speciale della comunione d’impresa. L’art. 177 fra i beni che formano l’oggetto della comunione legale fra i coniugi, annovera le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.L’impresa coniugale è soggetta quanto al regime di amministrazione e di responsabilità, alla disciplina della comunione legale tra i coniugi e si distingue per la sua peculiarità, sia dall’ordinaria comunione di godimento, sia dalla società di fatto: essa rappresenta l’unico caso in cui l’esercizio dell’attività d’impresa svolto in comune da più soggetti si sottrae all’ordinamento societario.L’amministrazione dell’impresa coniugale spetta disgiuntamente ad entrambi io coniugi. Per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione il regime è congiuntivo, ma è consentita la delega di uno dei due coniugi per il compimento di tutti gli atti necessari all’attività dell’impresa (art. 182).Diverso rispetto all’ordinamento societario è il regime della responsabilità patrimoniale. I creditori personali possono rivalersi su detti beni sia pure alle condizioni e nei limiti indicati dal 189.

La tipicità della societàLa legge disciplina un numero chiuso di tipi societari:società di persone:

- società semplice;- snc;- sas

società di capitali:- spa, dove all’interno si va definendo un nuovo tipo di società: le società con

azioni quotate, regolate dal testo unico della finanza;- sapa;- srl.

Ci sono poi le società che fanno ricorso al mercato di rischio connotati da profili normativi tipici introdotti dalla recente riforma.Vi sono poi le cooperative che perseguono lo scopo mutualistico.Le società che abbiano ad oggetto un’attività commerciale si possono costituire nei modi sopracitati.L’art. 2249 stabilisce che le società che abbiano per oggetto l’esercizio di un’attività diversa, un’attività non commerciale, sono regolate dalle disposizioni sulla società semplice.

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La forma della società semplice prevale se i soci non abbiano espressamente optato per una delle forme tipiche delle società commerciali.

L’art. 2249 prescrive un sistema chiuso delle società. L’autonomia privata subisce qui una forte limitazione, non essendo ammesse forme societarie atipiche.Ma questo principio di tipicità non esclude la legittimità di clausole atipiche; la possibilità di prevedere specifiche deroghe all’ordinamento legale è ammessa purchè non siano violate norme imperative e nei limiti in cui la clausola atipica on sia tale da pregiudicare l’esistenza di un requisito di identità del tipo prescelto.

Società di persone e società di capitaliLe società di persone:

- non godono di personalità giuridica- godono di autonomia patrimoniale limitata o imperfetta;- prevale l’elemento personalistico, la reciproca fiducia personale- risponde per i debiti sociali la società con i suoi beni, ma anche i soci con il

loro patrimonio- sono dotate di una struttura organizzativa snella e capace di decisioni rapide e

svincolate da procedure formaliLe società di capitali:

- godono di personalità giuridica;- godono di autonomia patrimoniale perfetta;- prevale l’elemento capitalistico, i conferimenti dei soci costituiscono il capitale

iniziale- la loro origine risale alla metà del 700 con l’introduzione del principio della

responsabilità limitata. La loro diffusione si ebbe a metà dello scorso secolo con l’avvento della produzione e della distribuzione di massa dalla rivoluzione industriale.

- C’è la responsabilità limitata dei soci

Società di fatto: se 2 o + soggetti intraprendono in comune per fatto concludenti un’attività d’impresa, indipendentemente dall’effettiva intenzione dei partecipanti. Alla società di fatto si applica la disciplina della società in nome collettivo non registrata, o quella della società semplice, a seconda che l’impresa sia o meno commerciale. Si devono però dimostrare la presenza nei rapporti interni l’elemento oggettivo, il conferimento dei beni o servizi, formazione di un fondo comune, partecipazione ai guadagni e alle perdite, e dell’elemento soggettivo.

Società apparente: se il vincolo sociale costituito tra 2 o + soggetti non venga esteriorizzato nei confronti dei tersi ai quali l’impresa si manifesta come individuale. È emersa con la legge fallimentare quando dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa è riferibile ad una società in cui il fallito è socio illimitatamente responsabile, il tribunale potrà dichiarare il fallimento dei soci occulti e della società occulta in tal modo scoperta. In ipotesi di società

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occulta i rapporti con i terzi vengono sempre posti in essere nell’interesse e per conto della società sena che sia speso il nome di questa, posto che all’esterno compare solo un imprenditore individuale, socio o non socio, in nome del quale è esercitata l’attività di impresa. Lo scopo di tale iniziativa è in genere quello di limitare la responsabilità per l’attività d’impresa al patrimonio del prestanome, ponendo per contro il patrimonio della società al riparo da qualsiasi forma di responsabilità.

Società occulta: non solo difetta un espresso accordo di società, ma manca del tutto un esercizio comune, di un’attività economica. I comportamenti esteriori dei singoli possono essere tali da ingenerare nei terzi il convincimento di trattare con una società.Si nega di conseguenza agli apparenti soci la possibilità di provare l’inesistenza della società per sottrarsi agli obblighi con la qualità di socio illimitatamente responsabile comporta al connesso rischio di subire il fallimento.

L’associazione in partecipazione In tale contratto un soggetto, associante, attribuisce ad un altro soggetto, associato, una partecipazione agli utili della propria impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto (2549). È un contratto di natura collaborativa, l’associato resta del tutto estraneo all’impresa dell’associante che ne è l’esclusivo titolare. Non vi è come nella società esercizio in comune dell’attività economica né l’apporto ha natura di conferimento: la gestione dell’impresa o dell’affare spetta all’associante (2552) mentre i terzi acquistano diritti e assumono obbligazioni solo verso quest’ ultimo (2551).I poteri di controllo dell’associato sono determinati dal contratto, ma in ogni caso egli ha diritto al rendiconto dell’affare compiuto o a quello annuale della gestione se questa si protrae per più di un anno.L’associato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili. È ammesso il patto contrario (2553) purchè le perdite che colpiscono l’associato non superino il valore del suo apporto.

Figura affine al contratto di associazione in partecipazione è il contratto di cointeressenza, che dal primo si distingue per la mancanza del corrispettivo di un determinato apporto.La legge prevede due versioni (2554):

- nella prima la cointeressenza agli utili di un’impresa è senza partecipazione alle perdite;

- nella seconda è prevista la partecipazione agli utili e alle perdite.

I patti parasocialiNella prassi possono intercorrere tra i soci, in via accessoria ed esterna alla società, accordi difformi o complementari rispetto al regolamento previsto dall’atto costitutivo e dallo statuto della società.

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- accordi di scambio: a seconda che dispongano dei diritti dei soci in contrapposizione tra loro;

- accordi di tipo associativo: che intendano deviare dallo schema organizzativo della società.

Funzioni: - procurare alla società mezzi finanziari o valori patrimoniali;- sovvenire la società con periodici finanziamenti in conto di futuri aumenti di

capitale.Altre pattuizioni disciplinano:

- il diritto di opzione e di prelazione in occasione di aumenti di capitale;- mirano a regolare il collocamento dei titoli emessi dalla società (sindacati di

collocamento)- o a influenzare la circolazione delle azioni (sindacati di blocco)- altri diretti a incidere sull’esercizio dei poteri di gestione, sulla composizione

degli organi di amministrazione o sul funzionamento dell’assemblea (convenzioni di voto).

Di norma i patti parasociali accedono ad organismi societari di tipo capitalistico, in particolare spa.Non si escludono che accordi parasociali possano stipularsi tra soci di società di persone (patti di continuazione necessaria con gli eredi del socio defunto o di limitazione della responsabilità con efficacia interna).

L’art. 2341 elenca quei patti che sono finalizzati alla stabilizzazioni degli assetti proprietari o del governo della società e che possono essere in qualunque forma stipulati:

- patti che hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società che le controllano;

- patti che pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano;

- patti che hanno per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante su tali società.

Esso possono consistere in convenzioni di voto, patti di consultazione, sindacati di blocco, patti di prelazione, nonché in quegli accordi che hanno per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante; si è mirato a cogliere la comune funzione delle diverse fattispecie, individuandola al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società, e ciò anche per scongiurare il rischio già manifestatosi in relazione alle società quotate, di un’impropria estensione delle norme sui patti parasociali a fattispecie che nulla hanno a che vedere con questi.Gli stessi non possono avere durata superiore a 5 anni. Ma sono rinnovabili alla scadenza.Principi di trasparenza rigorosi il legislatore ha poi dettato per quei patti parasociali che si riferiscono a società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. Detti patti devono essere comunicati alla società e dichiarati in apertura di ogni assemblea.

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La dichiarazione deve essere trascritta nel verbale e deve essere depositato presso l’ufficio del registro delle imprese.

Le società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici e le società di interesse nazionaleTale categoria si distingue dalle imprese pubbliche in senso stretto, non sono persone giuridiche di diritto pubblico ma società regolate dal diritto privato.Ma pubblica è la provenienza del capitale, o pubblico è l’interessa perseguito o entrambi.Il codice prevede 2 speciali ipotesi di società:

- le società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici (2449): in tali casi lo statuto può riservare allo Stato o agli altri enti pubblici che partecipano in una spa che non fa ricorso al mercato del capitale di rischio, la facoltà di nominare un numero di amministratori o sindaci o componenti del consigli odi sorveglianza, proporzionale alla partecipazione al capitale sociale.Le società invece che fanno ricorso al capitale di rischio possono emettere strumenti finanziari con la possibilità in tale ipotesi di nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco;

- le società di interesse nazionale (2451) alle quali si applicano le norme generali sulle spa, salve le disposizioni delle leggi speciali che le riguardano, con riferimento alla gestione sociale, la trasferibilità delle azioni, il diritto di voto o la nomina degli amministratori, dei sindaci e dei dirigenti.

CAPITOLO IVLE SOCIETÀ DI PERSONE

La disciplina comune delle società di personeParte dalle norme dedicate alla società semplice, e se non specificamente derogata si applica anche alla società in nome collettivo e alla sas, le quali si distinguono dalla società semplice per la responsabilità verso i terzi.

Il problema della soggettivitàLe società di persone non hanno personalità giuridica e, non potrebbero considerarsi, secondo l’insegnamento tradizionale, soggetti i diritto distinti dalle persone dei soci: il che comporta una contitolarità dei rapporti che fanno capo al gruppo e non l’imputazione ad un’entità autonoma, come avviene nelle società di capitali, che sono dotate di personalità giuridica.- Nel codice hanno influito sugli interpreti orientamenti risalenti all’abrogato codice del commercio, critici dell’idea di considerare una società in nome collettivo o una

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società in accomandita semplice che una collettività di coimprenditori come centri di autonoma imputazione di rapporti giuridici dotati della personalità giuridica.- La disciplina della società personali contempla una limitata autonomia patrimoniale del gruppo dei soci, che conforta l’idea di un’imputabilità di rapporti sociali ad un’entità distinta dai soci.- il processo di revisione critica del concetto di persona giuridica ha determinato negli ultimi decenni, una scissione fra personalità e soggettività, individuando una figura di soggetto di diritto intermediario fra le persone fisiche e le persone giuridiche.

LA SOCIETÀ SEMPLICE

Il contratto di società sempliceHa per oggetto un’attività non commerciale: un’attività agricola. In questa forma possono costituirsi le società di revisione contabile, per le quali è prescritta l’osservanza delle norme di pubblicità all’art. 2296.Il contratto di società semplice non è soggetto a forme speciali, salve le forme richieste dalla natura dei beni conferiti.Fuori da questi casi può costituirsi anche verbalmente o per fatti concludenti: la volontà di unirsi in società può desumersi dalla destinazione di un fondo comune all’esercizio di un’attività economica non commerciale al fine di ripartirne gi utili.Della società semplice è prevista l’iscrivibilità in una sezione speciale del registro delle imprese, ciò attribuisce pubblicità legale a tutti gli effetti in senso tecnico (2193), ma limitatamente alla società semplice agricola.

I conferimenti. Il socio d’operaI conferimenti cui i soci sono tenuti (2253) compongono al momento iniziale del rapporto sociale, nel loro ammontare complessivo, il capitale sociale.Si intende anche quello costituito in parte o anche in totalità da apporti d’opera.La tutela dei creditori sociali è cmq assicurata dalla responsabilità patrimoniale illimitata dei soci, quanto meno di quelli che hanno agito in nome e per conto della società (2267).

Per i conferimenti in natura (distinguendo quelli in proprietà da quelli in godimento art. 2254) ci sono limiti per la vendita e la locazione.In caso di conferimenti di crediti (art. 2255) stabilisce che il socio che ha conferito un credito risponde della insolvenza del debitore nei limiti indicati dal 1267 per il caso di assunzione convenzionale della garanzia.Per i conferimenti d’opera, esaurendosi nella prestazione non sono capitalizzabili, sicchè il socio d’opera avrebbe solamente diritto di partecipare agli utili.

Conferimento: qualsiasi entità, suscettibile di valutazione patrimoniale, tale da porsi in rapporto di utilità strumentale con l’esercizio dell’attività sociale e in rapporto di corrispettività con la partecipazione sociale. Cioè ogni contributo che abbia un valore economicamente apprezzabile e possa servire all’attuazione del fine sociale.

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A questi requisiti rispondono il conferimento d’azienda, in proprietà o in godimento, e il conferimento del nome commerciale sicuramente suscettibile di valutazione patrimoniale e concepito in termini di autorizzazione del socio alla utilizzazione del proprio nome nella ragione sociale.

Le modificazioni del contratto sociale. Il trasferimento della quotaL’art. 2252 stabilisce che il contratto di società semplice può essere modificato solo con il consenso unanime dei soci, se non è convenuto diversamente. Le modificazioni statuarie possono comportare mutazioni radicali rispetto alle originarie pattuizioni, ma l’organismo sociale non perde per questo la propria identità.Vige il principio della libertà delle forme anche per la sua modificazione.Prevede la derogabilità del principio di unanimità, potendo i soci convenire una diversa regola per modificare l’originario contenuto dell’atto costitutivo.Il principio di maggioranza se previsto potrà applicarsi ad ogni tipo di modificazione statuaria.

Una modificazione soggettiva del contratto sociale si ha nel caso di cessione della quota, che richiede il consenso unanime dei soci, ciò che è in ogni caso necessario per l’ingresso in società di un nuovo socio.

Invalidità del contrattoSi applicano, in difetto di norme specifiche i principi di diritto comune sulla nullità e annullabilità del contratto in generale e del contratto plurilaterale.

Per la nullità occorre distinguere:- la nullità dell’intero contratto: il 1418 richiama i requisiti essenziali del

1325,requisiti che a pena di nullità devono sussistere anche nel contratto di società, ma con qlk precisazione.

- la nullità della singola partecipazione: non comporta annullamento dell’intero contratto, salvo che la partecipazione si consideri essenziale (1420).

L’annullabilità ricorre per incapacità dei contraenti o nelle ipotesi di consenso viziato da errore, dolo o violenza.

Controversa è la soluzione circa gli effetti della declaratoria di nullità: si discute se può applicarsi l’art, 2332 che consente la conversione delle cause di nullità in cause di scioglimento della spa.Alla nullità della società consegue l’inefficacia ex tunc dei rapporti interni ed esterni.Quando fossero cmq sorti rapporti contrattuali per l’esercizio dell’attività da parte di un organismo operante nel traffico giuridico, potrà farsi ricorso alla società apparente, se i comportamenti dei soci, prima della declaratoria di nullità, siano stati tali da ingenerare nei terzi l’affidamento circa la reale esistenza della società.

La ripartizione degli utili e delle perdite

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La causa lucrativa del contratto sociale e il principio della responsabilità illimitata e personale del socio si traducono nella società semplice e nelle società personali, nella partecipazione dei soci agli utili e alle perdite della società. Le modalità di ripartizione son affidate alla libera determinazione delle parti, salvo il limite inderogabile costituito dal divieto del patto leonino (art. 2265 sancisce la nullità del patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite). La sanzione colpisce solo il patto ma non la partecipazione né tantomeno l’intero contratto.

L’art. 2263 prevede che le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti.Quando invece sia stata stabilita la parte di ciascun socio nei guadagni, nella stessa misura deve presumersi che vada determinata la partecipazione alle perdite (2263).Quanto poi alla parte del socio che abbia conferito la propria opera, p fissata dal giudice secondo equità, sempre che non sia già predeterminata nel contratto.

La legge consente poi che la determinazione della parte di ciascun socio nei guadagni e nelle perdite sia rimessa ad un terzo (2264). Una volta avvenuta la determinazione del terzo può essere impugnata davanti al giudice solo nei casi previsti dal 1349: nei casi sia manifestamente iniqua o erronea e solo in caso di provata mala fede del terzo se rimessa al suo mero arbitrio.l’impugnazione deve essere proposta nel termine di 3 mesi dal giorno in cui il socio, che pretende di essere stato leso dalla determinazione del terzo, ne ha avuto comunicazione.Il diritto del socio agli utili sorge non appena essi emergono in sede di rendiconto, ma nulla gli impedisce di rinunciarvi, destinandoli all’autofinanziamento della società.

L’amministrazione della società: disgiuntiva e congiuntivaLa funzione gestoria della società semplice è esercitata dagli amministratori. L’esigenza di un’accorda direzione dell’impresa sociale impone che chi riveste la carica di amministratore sia socio illimitatamente responsabile.I poteri degli amministratori hanno natura originaria, derivando direttamente dalla legge e dallo stesso contratto di società.In mancanza di specifiche pattuizioni statuarie tutti i soci, purché illimitatamente responsabili, sono amministratori e il regime che li governa è un regime di amministrazione disgiuntiva (2257).Il potere di veto attenua il regime di disgiuntività, ostacolando la conclusione di affari intrapresi dal singolo socio amministratore. L’attenuazione è di portata assai relativa, sia perché è operante solo prima della conclusione dell’affare, sia perché la definitiva decisione sull’opposizione spetta alla maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili (2257).

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Il contratto sociale può prevedere un’amministrazione congiunta, sia all’unanimità (se è necessario il consenso di tutti i soci amministratori, 2258), sia a maggioranza (si determina a seconda della parte attribuita a ciascun socio negli utili (2258).

I soci potrebbero prevedere una combinazione dei due regimi, subordinando al regime di amministrazione congiuntiva solo determinate categorie di atti o singole operazioni.

Fonte e natura dei poteri gestoriLa natura dei poteri e dei doveri collegati alla funzione amministrativa, dipende dalla qualificazione del rapporto che lega gli amministratori alla società.L’art. 2260 stabilisce che i diritti e gli obblighi degli amministratori sono regolati dalle norme sul mandato.Gli amministratori esercitano i loro poteri in modo del tutto indipendenti dalla volontà dei soci.La società a seconda delle sue situazioni potrà nominare un mandatario generale, o in caso di esercizio di un’attività commerciale, un institore.

Nomina e revoca degli amministratoriPossono essere nominati nell’atto costitutivo o con atto separato.Possono essere nominati amministratori solo i soci illimitatamente responsabili, con esclusione di estranei e di soci a responsabilità limitata.Questo perché il sistema delle società personali è fondato, a tutela dell’esigenza di una direzione oculata, sulla stretta correlazione, presente nel resto della teoria e nella disciplina dell’impresa in generale, fra rischio economico e potere di gestione, quindi sul nesso fra responsabilità patrimoniale e attribuzione di funzioni amministrative.

La distinzione fra amministratori nominati con l’atto costitutivo e quelli con atto separato ha rilievo solo per la loro revoca:

- L’art. 2259 stabilisce che gli amministratori nominati nell’atto costitutivo possono essere revocati solo per giusta causa, e ci deve essere inoltre il consenso unanime dei soci;

- Per quello nominato con atto separato è revocabile secondo le norme sul mandato (art. 1726), che prevede che se il mandato è stato conferito da più persone con unico atto e per un affare di interesse comune, la revoca non ha effetto qualora non sia fatta da tutti i mandanti, salvo che ricorra la giusta causa.

L’art. 2259 dispone che la revoca per giusta causa può essere chiesta giudizialmente da ciascun socio.

La responsabilità degli amministratoriGli amministratori sono tenuti come tali ad assolvere i doveri loro imposti dalla legge e dal contratto sociale.

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La violazione dei detti doveri non li espone a responsabilità nei confronti della società (art. 2260) per il risarcimento dei danni provocati al patrimonio sociale della loro mala gestio.Sono chiamati a rispondere di comportamenti gestori lesivi del dovere di diligenza secondo il parametro del buon pater familias (1710). Ma non è quello dell’uomo medio, ma più intensa e specifica, qualificata dal tipo di attività esercitata, la diligenza media di un avveduto amministratore (1176).Ciascuno ha nei confronti dell’ operato degli altri un preciso dovere di vigilanza, da assolvere con quel grado di diligenza.

La rappresentanza della societàA norma dell’art. 2266 la società acquista diritti e assume obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza.L’esercizio del potere di rappresentanza consente la riferibilità alla società degli atti posti in essere dagli amministratori-rappresentanti.Come il potere di amministrazione interna, anche quello di amministrazione esterna, e quindi il potere rappresentativo, è strettamente connesso alla qualità di socio.Se nell’atto costitutivo nulla è indicato, i soci come tali sono amministratori e a ciascun amministratore spetta la rappresentanza.Il regime legale può tuttavia essere derogato.

- il potere rappresentativo viene dissociato dal potere deliberativo, con la conseguenza che il primo è affidato solo ad alcuni amministratori o a uno soltanto: solo gli amministratori rappresentanti potranno agire con i terzi impegnando la società, mentre l’attività degli altri amministratori resterà circoscritta alla formazione della decisione e alla gestione interna.

- il potere rappresentativo viene attribuito congiuntamente a due o a più amministratori: gli amministratori con rappresentanza congiunta dovranno agire insieme nei confronti dei terzi, per poter vincolare la società.

Quanto all’estensione dei poteri dell’amministratore-rappresentante, questi può compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale.Ulteriori limitazioni ai poteri degli amministratori possono eventualmente essere previste nell’atto costitutivo o nell’atto separato di nomina.

La responsabilità patrimoniale della società e dei sociL’autonomia privata della società emerge dalla disciplina della responsabilità per le obbligazioni sociali (2267). I creditori della società possono infatti far valere le proprie ragioni sul patrimonio sociale, composto dal complesso dei conferimenti e dalle successive acquisizioni.I creditori possono rivalersi:

- sia sul patrimonio dei soci, tenuti in solido, che hanno agito in nome e per conto della società;

- sia sul patrimonio degli altri soci, a meno che costoro non abbiano con apposita convenzione limitato la responsabilità o escluso la solidarietà.

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La tutela ad una direzione responsabile impone che al socio che abbia limitato la propria responsabilità sia preclusa l’amministrazione in ogni forma: atti di amministrazione esterna che interna.

Il patto di limitazione della responsabilità stabilito a favore dei soci non amministratori, deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei.In mancanza la limitazione della responsabilità non è opponibile a coloro che non ne hanno avuto conoscenza.

La responsabilità illimitata e solidale dei soci ha natura sussidiaria: i creditori potranno esercitare le loro azioni tanto nei confronti della società quanto nei confronti dei soci, ma questi richiesti del pagamento di debiti sociali, hanno facoltà di domandare la preventiva escussione del patrimonio sociale, indicando i beni sui quali i creditori medesimi possano agevolmente soddisfarsi (2268).Anche il nuovo socio che entri a far parte di una società già costituita assume responsabilità personale e illimitata per tutte le obbligazioni sociali anche anteriori all’acquisto della qualità di socio (2269).

Il creditore particolare del socioL’autonomia del patrimonio sociale sottrae i beni della società all’aggressione dei creditori particolari dei soci.Il vincolo di destinazione limita per costoro la possibilità di far valere le proprie ragioni: essi possono rivalersi solo su quei diritti di cui il socio beneficia, quali il diritto agli utili e il diritto alla liquidazione della quota.I poteri del creditore personale del socio, finché dura la società, consistono (2270):

- nel far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore;- nel compiere atti conservativi sulla quota spettante allo stesso debitore in sede

di liquidazione;- nel chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del socio debitore, se gli

altri beni di costui sono insufficienti a soddisfare la pretesa del creditore.Gli utili aggredibili dal creditore del socio sono quelli accertati dalle decisioni degli organi sociali e normalmente risultanti dal rendiconto annuale e da ripartirsi fra i soci.Fra gli atti conservativi esperibili dal creditore sulla quota particolare del socio in sede di liquidazione si indica il sequestro conservativo e anche il pignoramento.Quando possa essere provata l’insufficienza degli altri beni del debitore a soddisfare i suoi crediti, anche tramite un’infruttuosa escussione, ferma restando la possibilità della società di pagare il debito del socio, la quota deve essere liquidata a favore del creditore particolare, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.La liquidazione della quota del socio debitore determina la sua esclusione di diritto dalla società (2288), evento di necessità provocato dal venire meno della partecipazione del socio per effetto dell’azione del creditore particolare.

Principi di organizzazione: unanimità e maggioranza

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Il principio di unanimità governa le modificazioni dell’atto costitutivo, assicura al socio una piena autonomia precludendo agli altri soci ogni possibilità di influire senza il suo consenso nella sfera giuridica. Il principio di amministrazione disgiuntiva, presiede all’esercizio del potere di direzione e con il suo carattere eteronomo è volto a soddisfare un’esigenza di speditezza dell’attività di gestione.Per alcune deliberazioni la legge non dispone circa le modalità con cui devono essere adottate, se cioè all’unanimità oppure a maggioranza. Si tratta della nomina e della revoca degli amministratori, nonché dell’approvazione del rendiconto.

Il controllo dei sociL’art. 2261 dispone che i soci che non partecipano all’amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali, di consultare i documenti relativi all’amministrazione e di ottenere il rendiconto quando gli affari per cui fu costituita la società sono stati compiuti.L’obbligo di rendiconto da parte degli amministratori dovrà essere assolto al termine di ogni anno, se il compimento degli affari sociali dura oltre un anno.L’ampia facoltà riconosciuta ai soci non amministratori di controllare l’operato dei gestori, consente a ciascuno di loro di agire giudizialmente per la revoca degli amministratori quando ricorra una giusta causa, sia di esprimere l’azione di responsabilità.

Il metodo collegialeMentre per le società di capitali il metodo collegiale è prescritto imperativamente, né l’ordinamento della società semplice, né quello delle altre società personali contengono norme da cui sia dato desumere un obbligo di osservanza di procedure collegiali nella formazione della volontà sociale.Nelle società di persone non è prevista l’assemblea come organo della società, con la conseguenza che non è obbligatorio il metodo assembleare per la formazione della maggioranza.Non ricorre una necessaria identificazione fra atto deliberativo e atto collegiale, né il metodo collegiale può considerarsi presupposto necessario per la riferibilità all’ente delle decisioni assunte: la volontà collettiva altro non è che una somma di volontà individuali, sicchè alcuna preclusione concettuale può opporsi all’imputabilità ad un ente di deliberazioni adottate senza l’osservanza di quel principio.

Un’esigenza di speditezza nel sistema di conclusione degli affari giustifica l’iniziativa individuale, cui si sostituisce la deliberazione a maggioranza solo in caso di esercizio di vietare un diritto (ius prohibendi).

Il metodo collegiale è del tutto estraneo all’ambito normativo delle società personali, né risponde a specifiche esigenze di un tale sistema, ma ciò non significa che i soci possano prevedere nell’atto costitutivo l’osservanza di procedure collegiali sia con clausola generale sia in ordine a singole decisioni di particolare rilievo.

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Lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio: morte del socioAlla morte del socio l’art. 2284 riserva ai soci superstiti la possibilità di 3 opzioni:

1) liquidare la quota agli eredi;2) sciogliere la società;3) continuarla con gli stessi eredi, sempre che questi prestino il loro consenso.

La disposizione sancisce l’intrasmissibilità mortis causa della quota sociale.L’ingresso in società degli eredi è subordinato ad un accordo con i soci superstiti, il cui accesso è presupposto indeclinabile dell’ipotesi di continuazione con i primi del rapporto sociale.I soci possono disporre che alla morte del socio consegua in ogni caso lo scioglimento della società con esclusione di ogni possibile altra opzione.Gli eredi subentrerebbero a titolo ereditario e acquisterebbero il diritto di partecipare al procedimento di liquidazione.Il contratto sociale potrebbe prevedere alla morte del socio il consolidamento della società nei soci superstiti negando ogni possibilità di continuazione per gli eredi (patto di consolidazione).Di maggiore interesse e con profili più problematici quanto alla loro validità sono le clausole che impongono ai soci superstiti la continuazione della società con gli eredi. Sicuramente valide sono le clausole di continuazione facoltativa che assegnano agli eredi il diritto d’ingresso in società.Possono esserci clausole di continuazione obbligatoria che prevedono l’obbligo di entrare in società.

Il recesso del socioSi ha quando questi dichiari di voler uscire dalla società, dandone comunicazione. Trattandosi di atto unilaterale recettizio l’effetto del recesso si produce, in linea di principio al momento della comunicazione.L’art. 2285 dice che il socio può recedere:

- quando la società è contratta a tempo indeterminato o per tutta la vita di uno dei soci: la comunicazione deve essere data con un preavviso di almeno 3 mesi. La dichiarazione di recesso produce i suoi effetti quando siano trascorsi 3 mesi dalla comunicazione. La possibilità del recesso è prevista per evitare a carico del socio la perpetuità del vincolo sociale, il che sarebbe in contrasto con i principi di ordine pubblico.

- quando sussista una giusta causa: si possono formulare indici di approssimazione, rimettendo al giudice del caso concreto la valutazione di quelle circostanze che giustificano il recesso. La giusta causa può ricorrere, oltre che per motivi familiari e personali, per dissidi insanabili tra i soci, dai quali ne risulta gravemente incrinata la natura fiduciaria del rapporto per inefficienza di gestione da parte dei soci o per violazione da parte degli stessi di obblighi di violazione da parte dei soci o per violazione da parte degli stessi di obblighi contrattuali o di elementari doveri di fedeltà, lealtà, diligenza e correttezza.

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Quanto al recesso convenzionale i soci possono prevedere per contratto altri casi di recesso.La dichiarazione di recesso no necessita l’accettazione da parte della società.Essa diventa operante quando viene portata a conoscenza di quest’ultima restando esclusa da questo momento ogni possibilità di revoca.

L’esclusione del socioL’esclusione del socio dalla società avviene ad opera di qst ultima che rende una manifestazione di volontà simmetricamente opposta a quella resa dal socio recedente.Accanto all’esclusione volontaria la legge disciplina anche 2 casi di esclusione di diritto (2288). Il fallimento del socio e il conseguimento della quota di liquidazione da parte del creditore particolare provocano lo scioglimento automatico dal vincolo sociale limitatamente al socio.L’esclusione del socio ad opera della società, volontaria e facoltativa, può avvenire per una delle 2 clausole elencate al 2286:

- il socio può essere escluso per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale.

- Sopravvenuta incapacità del socio: qst può essere escluso per l’interdizione, l’inabilitazione o per la condanna ad una pena che importa l’interdizione anche temporanea dai pubblici uffici.

- Sopravvenuta inidoneità a svolgere la prestazione che ha per oggetto il conferimento. In caso di conferimento del godimento di una cosa il socio può essere escluso per il perimento della cosa dovuto a causa non imputabile agli amministratori.

Il verificarsi di una clausola di esclusione non comporta di per sé lo scioglimento del rapporto sociale.Il procedimento di esclusione è disciplinato dall’art. 2287 per il quale l’esclusione è deliberata dalla maggioranza dei soci, non computandosi nel numero di questi il socio da escludere, e ha effetto dopo 30 gg dalla data di comunicazione al socio escluso.Il socio escluso però prima del termine può fare opposizione davanti al tribunale, il quale può sospendere l’esecuzione della deliberazione stessa.

Se la società è composta di 2 soci si ha un un’inversione dell’iniziativa giudiziaria: l’esclusione di uno dei soci è pronunciata dal tribunale su domanda dell’altro.La decisione relativa all’esclusione spetta all’autorità giudiziaria.Il provvedimento giudiziale di esclusione non comporta lo scioglimento della società immediato, ma si consolida nelle mani dell’unico socio rimasto che però dovrà entro 6 mesi ripristinare la pluralità dei soci.

Liquidazione della quota e responsabilità patrimoniale del socio uscenteIn ogni caso in cui il rapporto sociale si sciolga limitatamente ad un socio, la società deve procedere alla liquidazione della quota di partecipazione del socio stesso.

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Secondo quanto dispone il 2289 il socio receduto o il socio escluso o gli eredi del socio defunto hanno diritto solo ad una somma di denaro che rappresenti il valore della quota e il relativo pagamento che deve essere fatto entro 6 mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto.Non c’è la possibilità per il socio uscente di chiedere l’assegnazione di beni in natura e quindi la restituzione del conferimento nella suo entità fisica, anche quando esso fosse ancora presente nel patrimonio sociale.Per gli scopi liquidatori la situazione patrimoniale della società i cristallizza al momento dello scioglimento e la liquidazione della quota va fatta sulla base di una situazione patrimoniale e di un bilancio dal quale dovrà risultare l’effettiva consistenza economica della quota, comprensiva del valore di avviamento.Se vi sono operazioni in corso, il socio e i suoi eredi partecipano agli utili e alle perdite inerenti ad esse.La quota potrà assumere un valore positivo, nullo o negativo.La responsabilità del socio uscente resta circoscritta alle obbligazioni sociali contratte nei confronti dei terzi prima dello scioglimento solo in quanto qst ultimo sia solo opponibile.

Lo scioglimento del contratto di societàPuò avvenire per una delle seguenti cause elencate dal 2272:

1) Il decorso del termine eventualmente stabilito nell’atto costitutivo. La fissazione del termine non è un elemento essenziale del contratto. Ma se c’è, decorso il termine si apre la fase di liquidazione. I soci possono di fatto continuare la gestione sociale nonostante il decorso del termine e prorogare tacitamente la società a tempo indeterminato.

2) Il conseguimento dell’oggetto sociale (È possibile solo se l’oggetto sociale è stato ben definito nel contratto) o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo (la perdita del capitale sociale, l’uscita dalla società di un socio la cui partecipazione fosse ritenuta essenziale; insanabile conflitto tra i soci non provocato da gravi inadempienze di qualcuno.

3) La deliberazione unanime dei soci di svilimento anticipato della società (espressione dell’autonomia dei soci);

4) Il venire meno della pluralità dei soci: circostanza che di per sé non comporta l’automatico scioglimento della società, che si produce ma con effetto non retroattivo, solo se nei 6 mesi successivi la pluralità non venga ricostituita;

5) Altre cause di scioglimento possono essere previste dall’atto costitutivo: ogni socio ha la facoltà di chiedere giudizialmente l’accertamento delle cause di scioglimento, i cui effetti si producono in modo automatico al loro verificarsi.

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A norma del 2274 avvenuto lo scioglimento della società i soci amministratori conservano il potere di amministrare limitatamente agli affari urgenti, fino a che siano presi i provvedimenti necessari per la liquidazione.

Liquidazione ed estinzioneIl verificarsi di una causa di scioglimento determina il passaggio dalla società dalla fase attiva a quella della liquidazione.Il patrimonio sociale deve essere trasformato in una somma di denaro da destinare al pagamento di debiti sociali, mentre l’eventuale residuo attivo verrà ripartito tra i soci.Per conseguenza immediata della clausola di scioglimento si producono effetti del tipo:

- i poteri degli amministratori si riducono agli affari urgenti (2274);- a ciascun socio è attribuito un diritto soggettivo alla quota di liquidazione,

mentre permane l’obbligo di corrispondere i versamenti ancora dovuti (2280);- i creditori personali dei soci vedono commutarsi il loro diritto di chiedere la

liquidazione della quota del socio loro debitore nella facoltà di agire sulla quota spettante a questi in sede di liquidazione della società.

Lo stato di liquidazione può essere revocato sia prima che durante la procedura, se concorre la volontà unanime dei soci che può essere anche tacita.

La disciplina legale del procedimento di liquidazione prevede che a questa attendano uno o più liquidatori, nominati con il consenso di tutti i soci o dal presidente del tribunale (2275).

Da parte degli amministratori devono essere consegnati agli stessi liquidatori i beni e i documenti sociali con il conto della gestione relativo al periodo successivo all’ultimo rendiconto (2277).Devono quindi redigere l’inventario da sottoscriversi dagli uni e dagli altri, dal quale risulti lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale.

I liquidatori possono compiere gli atti necessari ai fini liquidatori e se i soci non hanno disposto diversamente , possono vendere anche in blocco i beni sociali e fare transazioni e compromessi (2278).

Possono essere revocati per volontà di tutti i soci e in ogni caso anche nell’ipotesi di nomina del liquidatore giudiziario, dal tribunale per giusta causa su domanda di uno o più soci.

2279 e 2280 dispongono una serie di divieti:- i liquidatori non possono intraprendere nuove operazioni, altrimenti

rispondono personalmente e solidalmente per gli affari intrapresi;- è fatto ad essi divieto di ripartizione, anche parziale, tra i soci, dei beni sociali,

finchè non siano pagati i creditori sociali della società o non siano accantonate le somme necessarie per pagarli;

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- gli stessi infine qualora i fondi disponibili risultassero insufficienti per il pagamento dei debiti sociali, possono chiedere ai soci i versamenti ancora dovuti sulle rispettive quote e le somme necessarie, nei limiti delle rispettive responsabilità e in promozione della parte di ciascuno nelle perdite.

Per quanto concerne i beni conferiti in godimento alla società i soci conferenti hanno diritto alla loro restituzione nello stato in cui si trovano.Il 2281 dispone che qualora tali beni fossero periti o deteriorati per causa imputabile agli amministratori, i soci hanno diritto al risarcimento del danno a carico del patrimonio sociale, ma resta in ogni caso salva la possibilità di esperire l’azione di responsabilità contro gli amministratori.Una volta estinti i debiti sociali e restituiti i beni eventualmente ceduti in godimento i liquidatori procedono alla ripartizione dell’attivo residuo in 2 distinti momenti:

- rimborso dei conferimenti;- l’eventuale eccedenza è ripartita tra i soci in proporzione della parte di

ciascuno dei guadagni (2282).Se è stato convenuto che la ripartizione dei beni possa farsi in natura, si applicano le disposizioni sulla divisione delle cose comuni (2283).

LA SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO

La responsabilità patrimoniale della società e dei sociLa SNC (2291-2312) è il prototipo delle società commerciali. La relativa disciplina si applica anche nell’ipotesi che i partecipanti non concludano per iscritto o verbalmente alcun accordo ma si limitano con fatti concludenti a dar vita all’esercizio collettivo di un’impresa commerciale (società di fatto). Si applicano ad essa le norme della società semplice.Fra i tratti peculiari della snc rileva la spiccata autonomia patrimoniale della società rispetto a quella della società semplice in ordine sia ai rapporti con i creditori particolari dei soci. Sotto il primo profilo è la società con il proprio patrimonio, che in via prioritaria risponde nei confronti dei creditori sociali. La responsabilità illimitata e solidale dei soci per le obbligazioni sociali (2291), è una responsabilità sussidiaria: i creditori sociali non possono pretendere la soddisfazione delle proprie ragioni di credito in prima istanza dai singoli soci, che godono del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale, grazie al quale la possibilità dei creditori sociali di soddisfarsi sui loro beni ha come presupposto l’infruttuosa escussione dei beni della società (2304).Un eventuale patto di limitazione di responsabilità (o di esclusione dalla solidarietà) non ha effetto nei confronti dei terzi (2291). Il patto non impedisce ai creditori sociali di soddisfarsi in modo illimitato sul patrimonio del socio. Non si distingue tra soci amministratori e soci non amministratori.I soci amministratori non possono limitare la propria responsabilità.

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L’intangibilità del patrimonio sociale da parte dei creditori particolari viene meno solo in due ipotesi:

- in caso di proroga della società dopo la scadenza del termine di durata: se la proroga viene espressamente deliberata, il creditore particolare del socio può farvi opposizione e ottenere così la liquidazione della quota del socio debitore (2307); in caso di proroga tacita il creditore particolare può chiedere la liquidazione della quota a norma del 2270.

- quando la società è stata costituita a tempo indeterminato.

L’atto costitutivo e il regime di pubblicitàL’atto costitutivo che da forma al contratto di società in nome collettivo, deve essere redatto per iscritto. L’atto scritto costituisce un elemento essenziale all’esistenza della società. Questo per attuare il particolare sistema di pubblicità previsto per tutti i tipi di società.Quanto questa costituita per atto scritto viene registrata si ha una snc regolare.

Per partecipare alla snc o a società personale, è richiesta la capacità d’agire. La partecipazione di un incapace è subordinata ad uno speciale regime autorizzativo (art. 2294): premesso che è inibita la partecipazione alla costituzione al minore, all’interdetto, all’inabilitato, costoro possono previa autorizzazione del tribunale conservare la partecipazione ottenuta per donazione o testamento; l’interdetto e l’inabilitato possono essere autorizzati a continuarla se non sono esclusi dalla società; il minore emancipato può essere autorizzato dal tribunale anche a partecipare alla costituzione della società.

Quanto alla ragione sociale essa si compone del nome di uno o più soci, nonché dell’indicazione del rapporto sociale (2292). È consentito l’uso della ragione derivata: cioè la società può conservare nella ragione sociale il nome del socio receduto o defunto, purchè il primo o gli eredi del secondo prestino il loro consenso (2292).La sede effettiva della società è quella in cui si svolge l’attività di gestione e cioè la sede amministrativa.Questa prevale sull’eventuale diversa sede legale.Per le sedi secondarie è stabilito che un estratto dell’atto costitutivo debba essere depositato per l’iscrizione presso l’ufficio del registro del luogo in cui tali sedi siano istituite.Quando non si nominano i soci amministratori, ogni socio è amministratore in regime disgiuntivo e ha la relativa rappresentanza della società. Possono così compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, fatte salve le limitazioni contenute nell’atto costitutivo o nell’atto separato di procura. Inoltre le limitazioni non sono opponibili ai terzi, se non sono iscritte nel registro delle imprese o se non si prova che i terzi ne hanno avuto conoscenza (2298).

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Al deposito dell’atto costitutivo, ai fini dell’iscrizione, devono provvedere con le modalità indicate nell’art. 2296 gli amministratori entro 30 giorni.

La società in nome collettivo irregolareSi ha quando non si sia proceduto all’iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese. Non va confusa con la società di fatto, dal momento che pur essendo espressamente costituita, difetta solo della relativa registrazione.La regolarizzazione della società, mediante l’iscrizione è possibile in qualsiasi momento.Quanto alla disciplina dei rapporti sociali interni, nella società in nome collettivo irregolare i rapporti tra i soci sono disciplinati dai patti intercorsi, nonché dalle disposizioni, per quanto compatibili, dettate per la società in nome collettivo regolare.In ordine tra i rapporti esterni fra società e i terzi sono regolati dalle disposizioni relative alla società semplice (2297).

Nella snc irregolare vi è:- attenuazione dell’autonomia patrimoniale riconosciuta alla snc regolare;- accentuazione della responsabilità personale dei soci.

I creditori sociale hanno azione sul patrimonio dei singoli soci, anche se questi possono sottrarvisi indicando i beni sociali che consentono un’agevole soddisfazione;

L’eventuale patto di limitazione della responsabilità ha in ogni caso efficacia solo nei rapporti interni, permanendo la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci nei confronti dei terzi.

Nella snc irregolare si presume che ciascun socio che agisce per la società abbia la rappresentanza sociale, anche in giudizio.

Il capitale socialePer la snc regolare è contemplata una tutela del capitale sociale connessa alle prescritte formalità d’iscrizione della società nel registro delle imprese.L’ammontare del capitale è desumibile dalle indicazioni dell’atto costitutivo relative ai conferimenti, al valore a questi attribuito, nonché ai criteri di valutazione (2295).La disciplina del capitale sociale mira a soddisfare una duplice esigenza:

- un’esigenza di garanzia data da un complesso minimo di mezzi da desinare alla realizzazione del programma economico voluto dai soci (2295).

- Un’esigenza di tutela dei creditori sociali, che devono agire obbligatoriamente sui beni della società prima di potersi soddisfare sul patrimonio personale dei soci.

Non può farsi luogo a ripartizione di somme tra i soci se non per utili realmente conseguiti (2303).

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Se si verifica una perdita del capitale sociale, non si possono ripartire utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente.È disposto infine il divieto di rimborso dei conferimenti al di fuori di un preciso procedimento formale.

Il divieto di concorrenzaIl principio di collaborazione fra i soci impone al socio di non esercitare per conto proprio o altrui un’attività concorrente con quella della società, né di partecipare come socio illimitatamente responsabile ad altra società concorrente (2301).Il divieto intende evitare che la società subisca, con profitto personale del socio infedele o di altri, uno sviamento della clientela, date le circostanze che il socio medesimo potrebbe utilizzare in suo danno.Se viene violato dal socio la società ha diritto al risarcimento del danno, mentre gli altri soci possono procedere all’esclusione del socio concorrente a norma del 2286, rientrando la violazione del divieto medesimo nella categoria delle gravi inadempienze.

Lo scioglimento e la liquidazioneAlle cause di scioglimento indicate nel 2272 si aggiungono: l’eventuale intervento nei casi previsti dell’autorità governativa con proprio provvedimento, liquidazione coatta amministrativa e la dichiarazione di fallimento (2308).Lo scioglimento potrebbe essere provocato dal creditore particolare del socio, il quale non può chiedere la liquidazione della quota del socio debitore, ma può fare opposizione all’eventuale proroga della società entro 3 mesi dall’iscrizione della relativa deliberazione nel registro delle imprese (2307).Se l’opposizione è accolta la società può:

- liquidare entro 3 mesi dalla notificazione della sentenza, la quota del socio debitore dell’opponente;

- sciogliersi dando corso alla fine della liquidazione.

Una situazione analoga si verifica per l’ipotesi di proroga tacita, con la precisazione che in tal caso il creditore particolare del socio può chiedere immediatamente la liquidazione della quota del proprio debitore a norma del 2270.

Lo scioglimento non produce immediata estinzione della società, che sopravvive nella successiva fase di liquidazione.Tale fase finalizzata al pagamento dei debiti sociali e al riparto tra i soci delle attività residue, nella snc non è derogabile.

Verificatasi una clausola di scioglimento i soci devono procedere alla nomina dei liquidatori. O può provvedervi il giudice con sentenza.

A liquidazione compiuta, redattone il bilancio finale, i liquidatori propongono ai soci il piano di riparto, che si intendono approvati in caso di mancata impugnazione del

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termine di 2 mesi dalla comunicazione ai soci per raccomandata dei detti documenti (2311).Con l’approvazione cessa nei confronti dei soci, ogni responsabilità dei liquidatori, che sono tenuti a chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese.La cancellazione produce l’estinzione della società con la conseguenza che da tale momento i creditori non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, nonché dei liquidatori in colpa per mancato pagamento (2312). I creditori insoddisfatti possono inoltre provocare il fallimento della società entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese.

LA SOCIETÀ IN ACCOMANDITA SEMPLICE

È caratterizzata dalla presenza di 2 categorie di soci: soci accomandatari che rispondono solidalmente e illimitatamente per le

obbligazioni sociali; soci accomandanti che rispondono nei limiti del proprio conferimento (2313).

Questa distinzione è l’elemento d’identità di tale fattispecie societaria.L’accomandante ha il divieto d’ingerirsi nell’amministrazione della società (divieto d’immistione).La funzione gestoria è affidata in via esclusiva ai soci accomandatari.Una qualsiasi violazione del divieto d’immistione espone l’accomandante, con la perdita del beneficio della responsabilità limitata, al rischio del fallimento.

L’atto costitutivo e la ragione socialeL’atto costitutivo della sas deve indicare oltre agli elementi del 2295 i nominativi dei soci accomandatari e dei soci accomandanti (2316).Esso è soggetto a pubblicazione mediante iscrizione nel registro delle imprese con le modalità previste per la registrazione dell’atto costitutivo di società in nome collettivo (2296).La formazione della ragione sociale deve contenere il nome di almeno uno dei soci accomandatari, con l’indicazione di società il accomandita semplice, salva la possibilità di conservare nella ragione sociale il nome del socio receduto o defunto (2314). In essa può figurare anche il nome dell’accomandante, se vi consente, ma egli risponde di fronte ai terzi illimitatamente e solidalmente con i soci accomandatari per le obbligazioni sociali.Il consenso dell’accomandante si presume, e ciò non tanto perché egli dovrà fornire la prova del mancato consenso, quanto nel senso che sarà tenuto a dimostrare la propria ignoranza circa l’inclusione del suo nome nella ragione sociale.

L’amministrazione della societàL’art. 2318 dispone ce l’amministrazione della società può essere conferita solo a soci accomandatari.I soci accomandanti hanno espresso divieto di immistione, rigorosamente sanzionato.Però concorrono alla nomina e alla revoca degli amministratori nominati con atto separato.

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Per la nomina e la revoca sono necessari il consenso dei soci accomandatari e l’approvazione di tanti soci accomandanti che rappresentino la maggioranza del capitale dal essi sottoscritto.Alla revoca degli amministratori nominati nell’atto costitutivo, ipotesi non disciplinata nel 2319 si applicano le disposizioni previste per snc, ragione per cui la revoca può avvenire solo per giusta causa e con le modalità previste dal 2252.L’accomandante potrà chiedere giudizialmente la revoca degli amministratori per giusta causa ai sensi del 2259.

L’accomandante e il divieto di immistioneNel 2320 il divieto stabilisce che i soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in nome della società.Agli accomandanti è impedito l’esercizio di quei poteri di amministrazione,sia esterna e sia interna, che a titolo originario spettano per legge agli accomandatari.La violazione del divieto comporta per il socio accomandante due sanzioni:

la perdita del beneficio della responsabilità limitata -> automatica e necessaria; l’esclusione della società a norma del 2286 -> la sanzione è solo eventuale e

dipende dalla volontà dei soci.Il rigoroso divieto non può giustificarsi esclusivamente in chiave di tutela dei creditori sociali. Le relative sanzioni operano infatti in ogni caso, anche quando siano resi edotti di trattare con il socio accomandante.Il divieto è espressione del principio comune a tutte le società personali, della in dissociabilità del potere di gestione dalla responsabilità personale illimitata dei soci amministratori. Tale connessione assicura nell’ambito del sistema delle società di persone un governo responsabile dell’impresa.

Poteri e diritti dell’accomandanteLa partecipazione degli accomandanti all’esercizio comune dell’impresa sociale si realizza nel riconoscimento agli stessi di poteri e diritti.Con riguardo all’attività di gestione 2320, in deroga al principio d’immistione, consente all’accomandante di agire in nome della società in forza di procura speciale per singoli affari. Per affare si intende non necessariamente un singolo atto giuridico, ma anche un’operazione comprensiva di una pluralità di atti, finalizzati però a un risultato economico unitario. Alla procura può equipararsi la ratifica dell’affare intrapreso dall’accomandante in via autonoma.

Agli accomandanti è dato prestare la loro opera sotto la direzione degli amministratori: possono quindi essere assunti come dipendenti dalla società. Nell’ambito di un rapporto di subordinazione è del tutto lecita l’attribuzione agli stessi, da parte degli amministratori, anche di mansioni di direzione nei rapporti interni.

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Quanto ai poteri di controllo l’accomandante può compiere atti di ispezione o di sorveglianza e ha diritto ad avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne l’esattezza, consultando i libri e altri documenti della società.

Come ogni altro socio gli accomandanti hanno diritto a percepire la quota di utili di loro spettanza, risultanti dal bilancio regolarmente approvato, ma non sono tenuti alla restituzione di utili fittizi, purchè riscossi in buona fede.

Il trasferimento delle quoteIl regime di circolazione delle quote, nella società in accomandita semplice è diverso a seconda che si tratti della quota dell’accomandatario o di qll dell’accomandante.

Per l’accomandatario, come il socio della snc, è soggetta alla stessa legge di circolazione inter vivos o mortis causa.Trattandosi però di modificazione dell’atto costitutivo, è richiesto il consenso unanime dei soci, salvo che l’atto costitutivo non disponga diversamente.

Per l’accomandante la circolazione della quota è svincolata dall’esigenza del consenso unanime degli altri soci. P stabilito il principio della libera trasmissibilità nella successione mortis causa.In quella inter vivos (2322) dispone che salva diversa disposizione dell’atto costitutivo, la quota dell’accomandante può essere ceduta con effetto verso la società, con il consenso dei soci che rappresentano la maggioranza del capitale.Il consenso maggioritario è necessario al fine di rendere opponibile la cessione nei confronti della società, ma non attiene alla validità ed efficacia della stessa inter partes.

L’accomandita irregolareLa fattispecie della società in accomandita irregolare ricorre nell’ipotesi di mancata iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese. Nell’accomandita irregolare ai rapporti tra società e terzi si applicano le disposizioni dettate dal 2297 per la snc irregolare, ma è fatta salva la responsabilità limitata dei soci accomandanti.Questi rispondono per le obbligazioni sociali, nei limiti della loro quota, a mano che non abbiano partecipato alle operazioni sociali (2317).Per l’opponibilità nei rapporti esterni dello status di socio accomandante è sufficiente che i terzi siano a conoscenza che trattano con una società in accomandita semplice.

Lo scioglimento e la liquidazionelo scioglimento della sas può determinarsi:

- cause previste per la snc- venire meno dei soci accomandanti

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- venir meno dei soci accomandatari, sempre che nei 6 mesi non venga sostituito il socio venuto meno.

Se sono gli accomandatari a mancare per la gestione dei 6 mesi dell’impresa sociale, gli accomandanti nominano un amministratore provvisorio, che non assume la veste di accomandatario e il cui potere è limitato al compimento degli atti di ordinaria amministrazione (2323).Per quanto riguarda la liquidazione valgono le norme per la snc.In particolare i creditori non soddisfatti potranno far valere le proprie ragioni non solo nei confronti degli accomandatari e dei liquidatori, ma anche nei confronti degli accomandanti, sia pure nei limiti della loro quota di liquidazione.

CAPITOLO 5LE SOCIETÀ PER AZIONI

NOZIONI INTRODUTTIVE

Gli elementi caratteristici sono:- la responsabilità limitata dei soci;- la emissione di particolari documenti, le azioni che rappresentano la

partecipazione sociale;- la personalità giuridica.- Possibilità di costituzione per atto unilaterale.

L’origine storica dell’istituto è relativamente recente: secondo diffusa opinione, deve farsi risalire alle compagnie delle indie inglesi e olandesi fondate nei primi anni del XVII secolo.

Qui si assume un rischio quantitativamente definito è circoscritto in anticipo in assoluta certezza. Se gli affari vanno male l’azionista può attendersi di perdere il frutto sperato del proprio investimento e anche tutto o in parte il proprio investimento ma mai più di quello.La caduta della responsabilità illimitata si connette con la caduta di ogni elemento personalistico nella compagine societaria azionaria.Il socio azionista è solo qualcuno che contribuisce con la propria quota a costituire il capitale mediante il quale l’impresa sociale sarà esercitata e che limitatamente a quella quota si assume il rischio dell’impresa stessa.La limitazione del rischio però spezza anche ogni legame tra la qualità di socio e il potere di amministrare.Nella spa il potere di amministrare è del tutto sottratto al socio in quanto tale, ed è attribuito ad un organo specializzato, e può essere composto anche da persone estranee alla compagine sociale.

L’irrilevanza dell’individualità dell’azionista determina la totale libertà di circolazione della quota.

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Nelle spa la quota non è funzione dell’entità della partecipazione di ciascun socio: l’intero è diviso in modo standardizzato e oggettivo, in un numero fisso di frazioni minime indivisibili, tutte uguali: le azioni che conferiscono identici diritti (2348).la spa si presta così a raccogliere imponenti risorse finanziarie.

Con le azioni si saldano 2 delle più importanti e originali creazioni del diritto dei traffici: la società di capitali e i titoli di credito.Cartolarizzazione: fenomeno della incorporazione di un diritto in un titolo di credito.Solo con essa la partecipazione azionaria diventa idonea alla borsa, così da smobilizzare l’investimento.Questo fenomeno non è sminuito dall’affermarsi della dematerializzazione dei titoli di credito di massa.

La responsabilità e le regole del capitaleLa regola della responsabilità per i creditori significa che, per il soddisfacimento delle loro ragioni, possono contare unicamente sulla garanzia costituita dal patrimonio sociale.Quando anche tutte le azioni fossero in mano ad un socio unico, questi non risponderebbe col proprio patrimonio delle obbligazioni assunte dalla società nel tratto di tempo in cui era da lui interamente controllata.

A bilanciare il beneficio della limitazione del rischio concesso ai soci, la legge detta una serie di misure che vanno oltre a quelle di analoga ispirazione previste per le società di persone, intese ad assicurare che la garanzia costituita dal patrimonio sociale sia seria ed effettiva.Queste misure sono le regole del capitale.La legge vuole che la società fin dalla sua costituzione abbia e conservi per tutto il corso della sua esistenza un capitale che non deve essere inferiore ad una misura minima normativamente fissata (2327), che sia resa pubblica e che trovi in ogni momento copertura nel patrimonio netto della società.

La regola impone che i conferimenti iniziali, cui si impegnano coloro che stipulano l’atto costitutivo di una società per azioni, abbiano un valore complessivo almeno pari alla cifra indicata nell’atto stesso come C.S. (> 120.000 €).

Durante tutto il corso della sua esistenza la società conservi mezzi propri, un patrimonio netto, somma algebrica di attività e passività. Esso è la posta che occorre aggiungere alla colonna del passivo perché questa colonna possa pareggiare quella dell’attivo.È obbligatorio che nell’impresa sociale siano rischiate anche risorse dei soci, e ciò in una misura minima idonea, secondo la legge ad assicurare una oculata e non avventuristica gestione dell’iniziativa.La prima regola del capitale è che la somma dei valori dei conferimenti, al momento della costituzione della società, deve essere almeno pari all’entità del

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capitale, stabilita dal contratto o dall’atto unilaterale di fondazione e portata a conoscenza di terzi attraverso la pubblicità legale.Poiché il capitale è diviso in azioni e la somma indicata come capitale divisa per il numero delle azioni dà un valore che è chiamato valore nominale dell’azione, la regola appena esposta potrebbe sembrare equipollente a quella onde fosse richiesta la copertura del valore nominale di ogni azione ad opera del corrispondente conferimento.L’equipollenza tra la prima e la seconda regola è non assoluta.Si vuole proteggere l’interesse dei terzi a che il capitale denunciato trovi copertura nel complesso dei conferimenti, cmq ne sia ripartito l’onore tra i diversi azionisti.Il capitale non può essere restituito ai soci finché dura la società. È consentita la restituzione parziale, ma che è subordinata all’osservanza di un procedimento particolare e non può essere attuata se i creditori vi si oppongano.Gli azionisti possono ripartirsi solo gli utili.Se invece per effetto delle perdite si riduce anche al di sotto del minimo legale, la società si scioglie, non si possono intraprendere nuove azioni e si passa alla fase di liquidazione.Salvo però che gli azionisti non lo riaumentino subito attraverso nuovi conferimenti fino almeno al minimo legale e salvo che non sia deciso di trasformare la società.

La personalità giuridicaLe spa sono riconosciute dalla legge come persone giuridiche.La differenza tra un gruppo associativo personificato e uno non personificato è netta: nel primo il gruppo è considerato come un soggetto a sé, distinto dai suoi componenti, di modo che le situazioni soggettive, diritti e obblighi cui dà origine l’attività del gruppo, sono imputate a questo soggetto e a lui solo.Nel secondo caso il soggetto collettivo manca e allora i diritti i gli obblighi del gruppo possono essere intesi solo come diritti e obblighi di cui i soci sono contitolari.

- ci si chiede se il socio possa testimoniare o no nelle cause in cui sia parte la società, se si tratta di società personificate il rapporto giuridico di cui è causa intercorre tra la società come soggetto di diritto autonomo e il terzo, e la deposizione del socio non configura una infrazione al divieto di testimoniare nella causa propria; se si tratta di una senza personificazione il rapporto intercorre tra il terzo e il gruppo dei soci e quest’ultimi, essendo parte in causa non possono essere uditi come testimoni.

- Possono intercorrere rapporti contrattuali tra socio e società?può il socio locare un proprio immobile alla società di cui fa parte?sì se la società appartiene ad uno dei tipi personificati; no se la società non è personificata, in quanto in assenza di autonomia soggettiva del gruppo si avrebbe un’assurda e inconcepibile figura di rapporto contrattuale tra il socio e sé medesimo.

- Può considerarsi presente in giudizio la società quando siano costituiti tutti i suoi soci? No se si tratta di una società di capitali, soggetto diverso e distinto

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dai soci; per le società di persone Sì atteso che la società non si distingue soggettivamente dal gruppo dei soci.

La democrazia azionariaIl numero dei soci potenzialmente assai grande, il loro avvicendarsi assai rapido, con l’irresponsabilità, rendono difficilmente pensabile una partecipazione diretta dell’azionista alle decisioni gestionali.Queste sono affidate in via esclusiva ad un organo amministrativo apposito, per entrare a far parte del quale la qualità di socio non è affatto necessaria.C’è una democrazia indiretta.Tanto più oggi quando la recente riforma delle società consente agli statuti di adottare il sistema di governo dualistico in forza del quale la funzione amministrativa è affidata ad un consiglio di gestione, i cui componenti non sono eletti dai soci, ma da un organo di controllo, il consiglio di sorveglianza (eletto dall’assemblea dei soci).La volontà di uno che ha conferito un ingente capitale può avere la meglio sulla volontà di mille altri con capitale minore.L’attribuzione del controllo della società alla maggioranza azionaria risponde all’esigenza di assegnare peso preponderante nelle scelte comuni a coloro i quali, avendo investito nella comune attività la maggior parte delle risorse, corrono pure la maggior parte del rischio derivante da quelle scelte.Unità di conferimento: un’azione = un votoLa recente disciplina permette a tutte le spa di emettere con limite quantitativo (metà del capitale) azioni senza diritto di voto.

Il fenomeno della separazione tra proprietà e controllo della ricchezza e la crisi della democrazia azionaria.Le società più grandi (quotate) hanno per lo più numerosissimi azionisti sparsi in un vasto ambito territoriale, ciascuno titolare di un partecipazione corrispondente per lo più ad una frazione infinitesima del capitale. Molti di questi piccoli azionisti avranno acquistato i loro titoli solo per speculare sui corsi ossia nella speranza di rivenderli a un prezzo maggiore nello spazio di pochi giorni o di poche settimane.Da questa categoria di soci difficilmente potrà venire un contributo alla vita sociale: essi non avranno alcun interesse né alcuna convenienza a partecipare alle assemblee e ad esercitare in quella sede il diritto di voto.Ci sarebbero difficoltà organizzative che comporterebbero la gestione delle assemblee se ad esse partecipasse l’intera compagine sociale o anche solo una frazione di essa.Quanto maggiori sono le dimensioni della società e la polverizzazione dell’azionariato, tanto minore è la frazione del capitale che frequenta le assemblee.Per evitare che ciò si traduca in paralisi decisionale, il nostro codice, riferisce per lo più la maggioranza necessaria a deliberare non già alla totalità del capitale sociale, ma a quella parte di esso che è di volta in volta effettivamente presente in assemblea.Il fenomeno convenzionalmente indicato come della separazione tra proprietà e controllo della ricchezza, è stato considerato gravemente patologico.

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Le degenerazioni subite nella pratica dalla regola maggioritaria significano che la delegittimazione del potere decisionale nelle società per azioni e la crisi del modello stesso di ciò che è stato chiamato capitalismo azionario.Principali orientamenti sul tema:

- si giustifica l’esistente, trovando nuovi principi di legittimazione sostitutivi di quelli tradizionali, che avevano ceduto al confronto con la realtà effettuale.La grande impresa azionaria sarebbe un’istituzione nella quale convergono non solo gli interessi degli stessi azionisti, ma anche altri, di maggiore rilevanza sociale, quelli che fanno capo ai dipendenti, ai fornitori, alle comunità locali, circostanti i suoi insediamenti, ai clienti, all’economia nazionale.La sovranità capitalistica della maggioranza assembleare comporterebbe un’indebita premianza di uno solo di questi interessi, il lucro immediato, politiche di alti dividendi, attuate anche con sacrificio di altre e più rilevanti esigenze dell’impresa.Dovrebbero essere tenuti in giusta considerazione anche obiettivi di stabilità, rafforzamento dell’impresa, del bene dell’ambiente umano e sociale che intorno ad essa gravita a questo anche a scapito dell’interesse al massimo lucro o al lucro immediato.Si apre un vuoto di potere che tende ad essere colmato dagli amministratori, i quali sono troppo inclini a diventare un gruppo che si costituisce e perpetua per cooptazione e che non risponde al proprio operato a nessuno, incarnano l’interesse dell’impresa personificato.

- le società con azionariato diffuso e prive di soci di controllo titolari di consistenti frazioni del capitale possono essere scalate: è facile per chi lo vuole conquistare il controllo, rastrellando azioni sul mercato fino a mettere insieme un pacchetto maggioritario o più consistente di quello onde sono sostenuti gli amministratori in carica.Solo gli amministratori che non svolgono soddisfacentemente i loro compito creano le condizioni nelle quali il potenziale scalatore ha convenienza a rimuovere la dirigenza in carica.Se l’impresa fosse gestita nel modo migliore, lo scalatore ne sarebbe scoraggiato, in quanto l’alto prezzo delle azioni tende a equiparare costi della scalata e benefici da quella retraibili.Gli amministratori riescono quindi a conservare la loro posizione, nonostante la mancanza del sostegno di un proprietà stabile e consistente, solo in virtù dei risultati conseguiti, ossia della capacità di realizzare nel modo migliore lo scopo di lucro proprio a tutti gli azionisti.Se questa capacità venisse a mancare la posizione degli amministratori sarebbe scalzata da forze imprenditoriali più dinamiche, attratte dalla possibilità di impadronirsi a basso prezzo di risorse potenziali male o non sfruttate.

La crisi della democrazia azionaria e la riforma del sistema del codiceIl codice aveva designato una disciplina unica, destinata a trovare applicazione in modo indifferenziato a una gamma ampia di fattispecie, dalla piccola società

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familiare con pochissime azionisti fino alla grande società quotata in borsa con decine di migliaia di soci, ciascuno titolare di un numero assai esiguo di azioni. La riforma prendeva atto per contro che fattispecie così diverse non possono essere trattare alla medesima stregua e le società quotate dovevano recepire le particolari esigenze di tutela, emergenti dai fenomeni di separazione tra proprietà e controllo della ricchezza, proprie delle società con azionariato polverizzato.Il codice aveva dettato le sue regole avendo in mente un modello ideale di spa, composta da azionisti tutti rigorosamente uguali tra loro in ogni aspetto che non fosse quello, meramente quantitativo, della titolarità di un numero diverso, più o meno grande, di azioni.Non è congruo mettere sullo stesso piano il piccolo risparmiatore che ha investito qualche migliaio di euro nelle azioni di una determinata società sperando in buoni dividendi o per speculare a brevissimo termine sull’andamento delle quotazioni di borsa, e colui che ha investito decine, centinaia di milioni di € in un’impresa alla cui conduzione intende attivamente partecipare.Il primo si ricorda di essere azionista solo quando riscuote gli utili o scorre i listini di borsa; il secondo è presente, nel consiglio di amministrazione, dedica alla società almeno una parte delle proprie energie, identifica in più o meno larga misura destini o fortune di questa con i propri.Al piccolo azionista-risparmiatore è interessato solo agli utili dal proprio investimento e è disinteressato a incidere sulle scelte di gestione. È importante però che sia rafforzata la tutela dei suoi interessi di natura economico-patrimoniale.Si dovrà perciò accordargli diritti agli utili e alla quota di liquidazione privilegiati rispetto a quelli degli altri azionisti ed esponendolo in minor grado al rischio d’impresa. Si dovrà poi migliorare quantitativamente e qualitativamente l’informazione che le società facenti appello al risparmio diffuso dovranno fornire al risparmiatore in modo da consentire al risparmiatore di valutare consapevolmente la convenienza dell’investimento.Alle società quotate era consentito di emettere speciali titoli azionari, privi di diritto di voto, ma con diritti patrimoniali particolarmente rafforzati.La legge di riforma si rendeva interprete dell’istanza secondo la quale la tutela dell’azionista risparmiatore andrebbe perseguita attraverso la disciplina del mercato piuttosto che attraverso il diritto delle società.Si pone importanza centrale alla trasparenza e all’informazione.

LA COSTITUZIONE

La costituzione della spa non si esaurisce nella stipulazione dell’atto costitutivo, ma configura una fattispecie complessa, le cui componenti essenziali sono 2: il negozio di costituzione e la pubblicazione del medesimo attraverso il registro delle imprese.Solo con l’iscrizione nel registro delle imprese essa acquista personalità giuridica.La società nasce e l’atto costitutivo produce effetto solo quando siano attuati gli adempimenti pubblici imposti dalla legge.

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La pubblicità nel registro delle imprese ha efficacia costitutiva: l’atto non produce effetti finchè non sia iscritto.Il ruolo incisivo attribuito all’elemento pubblicitario si spiega considerando che la spa è persona giuridica, caratterizzata dalla totale irresponsabilità dei propri soci per le obbligazioni sociali.

La stipulazione dell’atto costitutivoLa legge prevede che la spa può essere costituita per atto unilaterale e con contratto e la costituzione può essere simultanea o per pubblica sottoscrizione.Nel disciplinare la costituzione per pubblica sottoscrizione il codice si riproponeva di fornire uno strumento che consentisse di reperire ingenti mezzi di finanziari presso il pubblico dei risparmiatori. Allo scopo si prevedeva che i promotori dell’iniziativa formassero e rendessero pubblico un programma, sulla base del quale raccogliere le sottoscrizioni del capitale della costituenda società.Questo congegno, complicato e macchinoso, non ha avuto fortuna, avendo trovato rarissima applicazione.La legge indica la forma dell’atto costitutivo, che deve essere l’atto pubblico, a pena di nullità (2328).Le indicazioni che devono essere contenute nell’atto sono elencate al 2328.Particolare attenzione merita l’oggetto sociale, il genere di attività economica (2247) che gli azionisti si ripromettono di svolgere in comune attraverso la società.L’oggetto sociale indicato nel contratto non costituisce un limite alla capacità giuridica della società.L’importanza centrale dell’oggetto è rivelata non tanto dal fatto che per poter modificare questo aspetto dell’atto costitutivo si richiedono maggioranze particolarmente qualificate, ma soprattutto dal diritto riconosciuto all’azionista dissenziente di uscire dalla società se l’oggetto subisce modificazioni (2437).L’atto costitutivo conterrà alcune indicazioni sulla struttura, sulla composizione e sui poteri dell’organo amministrativo, di quello di controllo, ossia del collegio sindacale.Il contratto nominerà i primi componenti di questi organi, in deroga alla regola generale che è la nomina da parte dell’assemblea.

I conferimentiNon tutto ciò che è conferibile in una società di altro tipo è conferibile anche in una spa.La legge esclude la possibilità di conferire entità giudicate scarsamente idonee a svolgere quella funzione.Non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni d’opera dei servizi, altre categorie di bei o servizi, diritti personali di godimento o ogni bene suscettibile di espropriazione forzata.È estranea di conseguenza a questo tipo di società la figura del socio d’opera o d’industria, invece ricorrente nelle società di persone, ma poco consona con il carattere spersonalizzato della partecipazione azionaria. È consentito all’azionista di obbligarsi a prestare anche opere o servizi, ma a titolo di prestazioni accessorie a

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quella di conferimento di capitale, la sola alla quale si ricolleghi, e sulla base della quale commisuri la partecipazione sociale.È oggi previsto che la società possa emettere, a fronte di apporti anche non imputabili a capitale, strumenti finanziari diversi dalle azioni, attribuenti diritti patrimoniali o anche diritti amministrativi conformati dallo statuto, con l’unico limite dell’esclusione del diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti.Per il conferimento di crediti o beni in natura, la finalità è di garantire che il valore di tali conferimenti è effettivamente pari al valore nominale delle azioni corrispondenti, il che è lo stesso, alla quota di capitale che essi sono destinati a coprire .Chi conferisce beni diversi dal denaro deve richiedere al tribunale la nomina di un esperto valutatore, il quale dovrà redigere una dettagliata relazione di stima contenente anche la descrizione dei beni e l’indicazione de criteri di valutazione adottati. L’esperto risponde della correttezza del suo operato sia civilmente e sia penalmente. La relazione sarà allegata all’atto costitutivo e riceverà la stessa pubblicità prevista per questo.Una volta costituita la società agli amministratori è assegnato un termine di 180 giorni per controllare le stime dell’esperto.Se dal controllo emerge che il conferimento ha un valore inferiore di oltre 1/5 alla quota di capitale corrispondente, si apre una triplice possibilità:

- il socio conferente può scegliere di colmare la differenza versando denaro, - recedere dalla società (gli compete il diritto alla restituzione in natura di quanto

conferito, la società dovrà ridurre il capitale sociale e annullare le azioni che risultano scoperte e riducendo la quota di partecipazione del conferente).

- Si riduce anche o solo la quota di partecipazione degli altri soci, per impedire l’alienazione delle azioni nelle more del controllo sulla stima dei conferimenti, può infatti servire ad evitare che il terzo acquirente dei titoli sia esposto al rischio di subirne l’annullamento, almeno parziale.

Il codice dispone che, nei 2 anni successivi alla costituzione, gli acquisti da parte della società dei beni o dei crediti dei soci per un corrispettivo pari o superiore a 1/10 del capitale devono essere autorizzati dall’assemblea, alla qual deve essere sottoposta una relazione di stima formata secondo le regole disciplinanti i conferimenti in natura.Conferimento: obbligo di trasferire i beni alla società non anche il trasferimento effettivo. Sebbene si inclini ad ammettere che anche il contratto di società sia soggetto al principio consensualistico, ma non ha carattere assoluto ed è inapplicabile ai contratti attraverso i quali sono fatte circolare cose determinate solo nel genere.La legge vuole impedire che la società sia coperta solo la capitale formato dai crediti dei soci.Per il conferimento in denaro si richiede che all’atto di sottoscrizione sia versato presso una banca almeno il 25% del valore nominale delle azioni.Se le azioni fossero emesse con sopraprezzo, sopra la pari, possibilità prevista solo per gli aumenti di capitale, ma che per altro si propende ad ammettere anche con

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riferimento alla fase costitutiva, questo sopraprezzo dovrebbe invece essere versato immediatamente per intero.Per i conferimenti diversi dal denaro, la legge dice che gli obblighi relativi devono essere integralmente adempiuti al momento della sottoscrizione.Si vuole che sia fatto immediatamente dall’azionista tutto ciò che sia necessario per consentire alla società di fruire subito e nel modo più pieno di tutte le utilità che il conferimento può dare.Nell’ipotesi in cui i conferimenti in denaro non fossero eseguiti per intero al momento della sottoscrizione, resterà rimessa alla discrezione degli amministratori, a seconda delle esigenze finanziarie della società, la scelta del momento in cui esigere il residuo (richiamo del conferimento).Una particolare disciplina è dettata dal 2344 per il caso di inadempimento da parte dell’azionista dell’obbligo di conferire.Gli amministratori dovranno far pubblicare nella gazzetta ufficiale una diffida, un’intimazione rivolta al socio moroso perché onori i suoi impegni (intanto privato del diritto di voto). Decorsi 15 giorni dalla pubblicazione della diffida senza che questa abbia avuto esito, agli amministratori si aprono 2 strade:

- agire nei modi ordinari contro l’inadempiente per ottenere l’esecuzione coattiva del conferimento;

- vendita forzosa delle azioni non liberate.Devono essere offerte innanzi tutto agli altri soci, in proporzione della loro partecipazione per un corrispettivo non inferiore al conferimento ancora dovuto. Solo se questa offerta non è accettata, gli amministratori possono dare incarico a un’agente di cambio o a una banca di vendere le azioni del socio moroso, per contro e a rischio di quest’ultimo.Col ricavato la società si soddisfa del credito per la parte di conferimento non versata e per i danni derivanti dal ritardo.Se non fosse reperito alcun compratore, gli amministratori potranno dichiarare decaduto il socio, trattenendo in ogni caso le somme già riscosse e salva l’azione contro l’inadempiente per il risarcimento dei maggiori danni.La decadenza del socio moroso non comporta l’immediato annullamento delle relative azioni, che passano in proprietà della società emittente. Questa ha tempo fino al termine dell’esercizio in corso per tentare di rivenderle. Solo se ciò non riesca le azioni dovranno essere annullate , con la corrispondente riduzione del capitale.

La pubblicitàSenza di essa gli effetti non si producono, cioè la società non viene ad esistenza.È con l’iscrizione che la società nasce come persona giuridica. È dopo l’iscrizione che gli amministratori nominati nell’atto costitutivo possono ritirare i fondi depositati in banca a fronte del quarto dei conferimenti in denaro.Prima dell’iscrizione l’emissione delle azioni è vietata (2331).È fatto obbligo al notaio che ha ricevuto l’atto costitutivo di depositarlo entro 20 giorni presso l’ufficio del registro delle imprese, allegano i documenti necessari.Se il notaio non provvede possono farlo al loro posto gli amministratori o i soci.

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L’ufficio del registro iscrive la società dopo aver verificato la regolarità formale dei documenti.Se l’iscrizione non avviene entro 90 giorni dalla stipulazione dell’atto, i sottoscrittori sono liberati definitivamente da ogni impegno e hanno diritto alla restituzione delle somme depositate, mentre l’atto costitutivo perde efficacia (2331).La legge si fa carico dell’ipotesi che, prima dell’iscrizione uno possa assumere obbligazioni in nome della società costituenda.

La nullitàCome ogni contratto anche quello di spa può essere invalido. L’invalidità pone però problemi diversi da quelli relativi all’invalidità di altri contratti (norme di diritto comune 1418).La sentenza che accerta la nullità di un contratto o che lo annulla spazza via retroattivamente tutti gli affetti di quel contratto e tutto ciò che è stato fatto sul presupposto di quegli effetti.La disciplina di diritto comune è pensata avendo in mente soprattutto l’ipotesi del contratto come motore di una vicenda circolatoria. Il vizi di questa vicenda produce invalidità: il diritto trasmesso all’avente causa ritorna ex tunc al dante causa (annullamento), e si accerta che in realtà non si è mai trasmesso (dichiarazione di nullità).

Diversi sono gli effetti che produce l’invalidità dell’atto col quale è costituita una società.Il contratto di società, non è semplice fondamento di una vicenda circolatoria e non è manifestazione giuridica di un affare che riguardi esclusivamente gli interessi delle parti. Al contrario il contratto di società è disciplina di un’attività che le parti si ripromettono di svolgere in comune sul mercato, e così stabilendo i rapporti con una vasta e indefinita pluralità di terzi.Se il rigore dei principi civilistici sull’invalidità dei contratti trovasse applicazione anche all’invalidità del contratto sociale, ne deriverebbe che la sentenza del giudice negando efficacia retroattivamente, e magari a distanza di molti anni, all’atto costitutivo, travolgerebbe anche i numerosissimi atti nei quali si fosse concretata intanto l’attività sociale.Si vuole quindi sottrarre le società all’applicazione delle regole di diritto comune sull’invalidità dei contratti.

Con il codice civile vigente il problema ha ricevuto una regolamentazione specifica ed espressa (2332).L’intervento del legislatore si è mosso in 2 direzioni:

- si è limitata la possibilità di dichiarare nulla una società per azioni iscritta: il giudice può pronunciare la sentenza di nullità solo se ricorra uno dei vizi

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compresi nell’elenco ristretto e tassativo contenuto nella norma: mancata stipulazione nella forma dell’atto pubblico, illiceità dell’oggetto sociale, mancanza nell’atto costitutivo di ogni indicazione circa la denominazione, i conferimenti, l’ammontare del capitale e l’oggetto sociale. Quindi non tutti i vizi che secondo le regole di diritto comune potrebbero causare la nullità del contratto conservano questa rilevanza anche per il contratto di spa iscritto. per tutti quelli di cui al 2332 la pubblicità ha un effetto sanante. Oppure il riconoscimento di un seconda possibilità di convalida. Se il vizio è stato eliminato la nullità non può essere dichiarata.

- La sentenza di nullità non opera per il passato, ma solo per il futuro o che la sentenza di nullità ha il valore di una causa di scioglimento del contratto.

Sono fatti salvi tutti gli atti posti in essere dalla società nulla prima della pronuncia della sentenza dichiarativa della nullità. I soci non sono liberati dall’obbligo del conferimento fin quando non sono stati soddisfatti coloro che vantano ragioni di credito perso la società in virtù di atti da questa compiuti.La norma dispone che la sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori.Si pongono i presupposti per l’estinzione della società, la quale avrà luogo solo in seguito, al termine della fase di liquidazione destinata ad estinguere i rapporti in corso, proprio come se la società si fosse sciolta per decorso del termine, conseguimento dell’oggetto o per un’altra delle cause previste dalla legge.

LE AZIONI E GLI STRUMENTI FINANZIARI PARTECIPATIVI

La parola azione può avere 3 significati:- frazione del capitale: assume rilievo il valore nominale che è proprio

dell’azione e che deve essere uguale a tutte le azioni: la somma del valore nominale delle azioni corrisponde al capitale della società. Ci sono le:

Azioni di somma: caratterizzate formalmente da un valore assoluto espresso in moneta, il valore nominale.

Azioni di quota: esprimenti un valore frazionario, rapportato alla totalità dei titoli emessi, formalmente senza valore nominale.

- complesso dei diritti e degli obblighi del socio: la partecipazione azionaria, lo status socii. C’è un frazionamento in quote standard tutte uguali e invariabili, misurandosi così la differenza quantitativa tra le partecipazioni col diverso numero di azioni, a ciascuno attribuite. Questa standardizzazione dell’entità di partecipazione minima intrattiene complessi e molteplici rapporti con le note fondanti del tipo azionario.Le azioni devono essere di uguale valore e attribuiscono uguali diritti. La posizione del socio è funzione dell’entità del conferimento: ogni azione presuppone di regola un uguale conferimento ed attribuisce in cambio uguali diritti, patrimoniali e amministrativi.

- documento (rappresentante tale complesso): che incorpora la partecipazione azionaria, ed è capace di assicurare all’acquirente le tutele con le quali la legge protegge e garantisce la circolazione cartolare.

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Il valore nominale non va confuso con il prezzo di emissione, che non è che il conferimento a cui si obbliga il sottoscrittore dell’azione.Il valore nominale non è valore reale o effettivo che rappresenta il valore di scambio dell’azione: stimato o derivante dall’incontro tra domanda e offerta sul mercato.

I diritti dell’azionista: il diritto agli utili e alla quota di liquidazioneSi distingue tra:- diritti patrimoniali: diritti agli utili e quello alla quota di liquidazione (2350); il primo è uno di quelli fondamentali della causa societaria (2247). La nozione di utile è strettamente legata alle risultanze del bilancio, che la legge impone alla società di formare al termine di ciascun esercizio annuale. (conto economico) è l’eccedenza dell’attivo netto sul capitale. Sebbene il conto economico valuti un flusso (costi e ricavi del’anno) e lo stato patrimoniale misuri una situazione statica, esprime una grandezza di stock, i due diversi concetti di utile tendono a coincidere.La coincidenza non è necessaria. Se l’utile del primo esercizio non è distribuito, e se nell’esercizio successivo si verificano perdite il bilancio del secondo esercizio si chiuderà con un risultato economico negativo, ma con una perdurante, ma limitata, eccedenza del netto patrimoniale sul capitale.L’utile oggetto del diritto dell’azionista è quello patrimoniale e non quello economico. Se l’esercizio si chiude con un risultato economico positivo, non possono essere distribuiti utili ai soci se il capitale risulti ancora intaccato da perdite sofferte in esercizi precedenti. Ma possono essere distribuiti utili attingendo alle riserve accumulate in precedenti esercizi. Per la distribuzione di utili poi (essi) devono risultare da un bilancio regolarmente approvato (2433). Quindi non qualsiasi utile è distribuibile, ma solo quello accertato da un bilancio e approvato a norma di legge.Allo scioglimento della società gli azionisti hanno diritto di ripartirsi il patrimonio sociale, una volta che siano stati pagati i creditori.È questo il diritto alla quota di liquidazione (2350).Non significa diritto alla restituzione del conferimento a suo tempo effettuato. Se la società avesse nel corso della propria vita realizzato utili che non fossero stati distribuiti ma accantonati a riserva, gli azionisti otterranno una quota di liquidazione maggiore del semplice rimborso del conferimento.- diritti amministrativi: situazioni soggettive che attengono al concorso di ciascun socio alla formazione delle determinazioni volitive comuni e al funzionamento degli organi sociali:il diritto di voto: diritto in cui si esprime la partecipazione del socio alla conduzione della cosa sociale. Si esercita nell’ambito di un organo, l’organo assembleare funzionante secondo regole legali articolate e precise.L’azionista può partecipare all’assemblea ed esprimere il voto anche a mezzo di un rappresentante (2372); lo statuto può consentire di votare per corrispondenza o mediante mezzi di telecomunicazione (2370).È possibile disporre che a nessun azionista competa più di un certo numero massimo di voti, indipendentemente dalla quantità di azioni di cui egli sia titolare; che trovi

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attuazione un sistema di voto scalare. La votazione deve avvenire per capi anziché per quote di interesse.

Uguaglianza dei diritti degli azionisti e categorie di azioni fornite di diritti diversiIl principio di uguaglianza delle azioni non è un principio assoluto. Si possono tuttavia creare non lo statuto o con successive modificazioni di questo, categorie di azioni fornite di diritti diversi.L’attribuzione di diritti diversi riguarda una frazione del capitale e il gruppo di azioni ad essa corrispondenti, indipendentemente dalle persone dei loro titolari.La suddivisione del capitale in azioni di diverse categorie, in quanto fornite di diversi diritti, può riflettersi sulla legittimazione dell’assemblea generale in quanto interprete degli interessi comuni all’intera compagine sociale.L’art. 2351 dichiara che non si possono emettere azioni con voto plurimo.È possibile avere azioni con diritto di voto solo su particolari argomenti o con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni.La legge impone però un limite: le azioni senza voto o con voto limitato non devono superare complessivamente la metà del capitale sociale.

Diritti sulle azioni: con titolarità, pegno, usufruttoL’azione è indivisibile. Discende che ove più soggetti fossero contitolari di un’unica azione, la qualità di azionista è i diritti che ne derivano non potrebbero imputarsi singolarmente a ciascuno di loro, ma resterebbero attribuiti al gruppo come tale. È pertanto da escludere che ciascuno dei contitolari può pretendere di esprimere un voto in assemblea.I contitolari devono nominare un rappresentante comune, dal quale saranno esercitati i diritti conferiti dall’azione.La legge prevede e disciplina anche le situazioni conseguenti alla costituzione di diritti di usufrutto o di pegno sulle azioni, nonché al sequestro delle stesse (2352).In questi casi il diritto di voto spetta non al socio, ma all’usufruttuario o al creditore pignoratizio, ovvero al custode.Se le azioni attribuiscono un diritto di opzione, questo spetta al socio. Qualora il socio non lo eserciti il diritto deve essere venduto, per conto dell’azionista, da una banca o da un agente di cambio, a meno che gli altri soci non si offrano di acquistarlo.Regole diverse sono dettate per l’ipotesi che la società richieda versamenti sulle azioni oggetto dell’usufrutto o del pegno. Deve provvedere l’usufruttuario al termine dell’usufrutto il diritto alla restituzione di quanto pagato. In caso di pegno il versamento deve essere fatto dall’azionista e, se non vi provveda, il creditore pignoratizio può far vedere le azioni.

La circolazione delle azioniTra i caratteri distintivi della spa c’è la naturale destinazione a circolare delle partecipazioni, rafforzata di regola dall’emissione di documenti rappresentanti le

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partecipazioni medesime ed aventi natura di titoli di credito, nei quali le partecipazioni sono incorporate.Questo carattere non è derogabile: l’autonomia delle parti può limitare in vari modi la possibilità di far circolare le azioni nominative, introducendo temporaneamente un divieto assoluto di trasferirle: non potrebbe però arrivare fino ad escludere del tutto e permanentemente tale circolazione.Il sistema del codice prevedeva che le azioni potessero essere nominative o al portatore, a scelta del socio, salva diversa disposizione del contratto sociale e ferma restando la necessaria nominatività delle azioni non integralmente liberate o comportanti l’obbligo di prestazioni accessorie.Esigenze fiscali impedirono sin dal principio che questo regime trovasse applicazione, sostituendolo con il regime di nominatività universale e obbligatoria.La recente riforma del diritto societario tenta un riordino della complessa materia delineando 4 regimi circolatori:

- il regime non cartolare, che trova applicazione quando non siano emessi titoli azionari;

- il regime cartolare, che presuppone l’emissione dei documenti incorporanti la partecipazione azionaria come normalmente avviene e si distingue a seconda che i titoli azionari emessi siano al portatore o nominativi

- il regimo de materializzato, che è la regola per le azioni quotate, ma che potrebbe essere adottato anche per azioni non quotate (2354);

- il regime risultante dall’utilizzazione delle diverse tecniche di legittimazione e circolazioni previste dallo statuto, secondo quanto disposto dal 2346.

Questi sistemi incidono non sul piano della titolarità, ma su quello della legittimazione (prova presuntiva della titolarità) e su quello della opponibilità alla società della vicenda circolatoria.Quando l’azione nominativa circola mediante girata, il possessore del titolo in base a una serie continua di girate è senz’altro e pienamente legittimato all’esercizio dei diritti sociali. L’azione si trasforma in un titolo all’ordine.ES: se le azioni trasferite non sono interamente liberate, per i versamenti ancora dovuti l’alienante resta obbligato, in solido con l’acquirente, per un periodo di 3 anni: alla richiesta della società, l’alienante non può eccepire di aver alienato il titolo e quindi di non essere più socio, da oltre un triennio; il triennio decorre dal momento in cui il trasferimento è divenuto opponibile alla società, e cioè dalla sua annotazione nel libro dei soci.

Limiti alla circolazione: limiti legaliIl principio della libertà della circolazione delle azioni non è assoluto. La legge pone una serie di limiti.Un limite relativo e non assoluto alla circolazione è disposto per le azioni comportanti l’obbligo di prestazioni accessorie: esse sono trasferibili ma solo con il consenso degli amministratori (2345).

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Limiti legali alla circolazione delle azioni dipendenti dall’identità dell’acquirente: acquisto della società emittente e della società da questa controllata.L’acquisto da parte della società di azioni proprie è stato sempre largamente ammesso dagli ordinamenti legislativi e diffusamente impiegato nel mondo degli affari.Operazioni che dal punto di vista pratico può rispondere a finalità utili: può consentire a società con buone prospettive di investire lucrosamente le proprie disponibilità finanziarie; può essere lo strumento attraverso il quale attuare un riparto di utili o un rimborso di capitale esuberante secondo criteri distributivi meglio conformi con gli interessi di diversi gruppi di azionisti; può rendere più liquido il mercato del titolo e a stabilizzarne il corso.Riacquistando i titoli dai propri azionisti la società, se paga il prezzo di compravendita, rimborsa al socio il conferimento da costui a suo tempo eseguito.Ciò crea il rischio di annacquamento del capitale. Perché i mezzi propri saranno stati integralmente consumati nelle compravendite, senza che a fronte del denaro sborsato la società abbia acquisito al proprio patrimonio alcunché: le azioni proprie entrate in portafoglio rappresentano un insieme di poste attive e passive il cui saldo algebrico è zero.Altro tipo di inconveniente è il possibile inquinamento che dal possesso di azioni proprie può derivare dalla formazione della volontà sociale. Gli amministratori potrebbero impiegare denaro della società per acquistare azioni della medesima al fine di utilizzare i relativi diritti di voto per consolidare la propria posizione; alterando così il fisiologico funzionamento del principio maggioritario.

Il codice ammette l’acquisto di azioni proprie, ma lo assoggetta a limitazioni e lo circonda di cautele al fine di evitarne i possibili effetti distorsivi.Per il mercato primario la regola è il divieto di acquisto di azioni proprie: la società non può (2357-ter).La violazione del divieto non produce la nullità del negozio di sottoscrizione, ma le azioni si intenderanno sottoscritte dai soci fondatori o dagli amministratori.

Nel mercato secondario, per le azioni già sottoscritte da altri, non c’è divieto assoluto, anzi l’acquisto da parte della società di proprie azioni è previsto ed ammesso, purchè siano rispettati limiti e talune condizioni.È disposto che le risorse impegnate dalla società nell’operazione non possano superare l’ammontare degli utili e delle riserve distribuibili come risultanti dall’ultimo bilancio approvato e che possano acquistarsi solo azioni interamente liberate.La legge ha voluto sottoporre a stretto controllo da parte dei soci l’operato degli amministratori in questa delicata materia, disponendo che l’acquisto di azioni proprie deve essere autorizzato dall’assemblea, la quale dovrà indicare il numero massimo di azioni da acquistare, il corrispettivo massimo e quello minimo nonché le modalità dell’operazione.

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Per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, è disposto un limite quantitativo assoluto: in nessun caso possono essere acquistate azioni proprie in misura eccedente la quinta parte del capitale sociale.

Finché restano in proprietà della società emittente, le azioni non attribuiscono alcun diritto.Per rendersi conto degli effetti distorsivi che le partecipazioni reciproche possono produrre anche sul piano patrimoniale: ES ESTREMO:Si suppone che Tizio e Caio costituiscano 2 spa A e B, con un milione di capitale ciascuna. Poi A investe l’intero proprio capitale in azioni di B, acquisendo da Tizio e Caio tutto il pacchetto al prezzo di un milione, e lo stesso fa B, acquisendo allo stesso prezzo tutte le azioni di A. la situazione dunque è: A è l’unica azionista di B, le cui azioni costituiscono l’intero suo patrimonio; B è unico azionista di A; tizio e caio hanno integralmente recuperato i 2 milioni a suo tempo conferiti per costituire le 2 società.Le azioni hanno valore ma solo in funzione di altri beni, quelli costituenti il patrimonio della società emittente, che esse rappresentano.

Quando poi tra le due società sussiste un rapporto di controllo, il legislatore parte dal presupposto che l’acquisto di azioni della controllante da parte della controllata costituisca un equipollente dell’acquisto di azioni proprie da parte della controllante e che alla prima fattispecie debbano applicarsi le stesse regole ove è governata la seconda.La società controllata non può in nessun caso sottoscrivere azioni della società controllante, mentre può acquistarle in modi diversi dalla sottoscrizione solo se l’acquisto è autorizzato dall’assemblea, a norma del 2357, e solo se sono azioni interamente liberate.

Limiti alla circolazione delle azioni: limiti convenzionaliLimiti ulteriori possono derivare dall’autonomia privata, patti stipulati dai soci.Questi vincoli negoziali si devono dividere in 2 categorie:a seconda che i patti limitativi della circolazione siano inseriti nello stesso contratto sociale (limiti statuari), ovvero in un contratto distinto e diverso (limiti parasociali).Per il 1379 le parti possono stipulare divieti di alienazione purchè rispondenti ad un apprezzabile interesse di almeno uno dei paciscenti e contenuti entro convenienti limiti di tempo.La clausola di prelazione attribuisce di solito agli azionisti di diritto ad essere preferiti agli estranei nell’acquisto di azioni che uno de soci intendesse trasferire.Può rispondere a un evidente e apprezzabile interesse, anche una clausola che consenta al’intera compagine sociale di ripartirsi pro quota le azioni che uno dei consoci intendesse trasferire a un altro.Per lo più la preferenza è accordata a condizione che l’avente diritto alla prelazione offra condizioni uguali a quelle offerte dal terzo.

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La clausola di gradimento subordina il trasferimento al placet di un organo sociale di solito quello amministrativo.La funzione dichiarata della clausola di gradimento è quella di garantire alla società un certo controllo sulla circolazione delle proprie azioni, allo scopo di poter impedire l’ingresso nella compagine sociale di soggetti per un motivo o per l’altro non graditi.Nelle grandi società con azionariato diffuso la clausola può essere utilizzata dal gruppo minoritario, che fosse riuscito grazie all’assenteismo o al disinteresse dei piccoli azionisti, ad impossessarsi del controllo, per perpetuare la propria posizione di privilegio e tentare una scalata.

Le azioni come titoli di creditoDiscusso è se ai documenti rappresentanti la partecipazione sociale azionaria competa o no la qualifica di titoli di credito e nell’affermativa se ad essi la disciplina cartolare si applichi nella sua integrità.Il dubbio non riguarda tanto la presenza dei titoli azionari di quei caratteri che costituiscono i presupposti per l’applicazione del regime cartolare.Dei due aspetti fondamentali di cui si compone la tutela accordata al possessore del titolo di credito, reale (o dell’incorporazione) e quello obbligatorio (dell’astrattezza-autonomia-letteralità).Nessuno dubita che debba trovare applicazione anche ai titoli azionari (1994).La partecipazione sociale dovrà considerarsi incorporata nel titolo; e la circolazione di questo, secondo il regime delle cose mobili, consentirà l’applicazione del principio possesso vale titolo.Questa tutela risolve solo conflitti tra più soggetti i quali pretendono tutti di aver acquistato lo stesso titolo, consentendo la prevalenza del possessore di buona fede quand’anche egli avesse acquistato a non domino.Essa resta muta quando si tratta di risolvere conflitti non più di natura reale, ma di natura obbligatoria, attinente i rapporti con l’emittente e alla tutela della posizione del possessore nei confronti di costui.Il principio di astrattezza-autonomia-letteralità, onde le fattispecie costitutive, modificative ed estintive del diritto cartolare sono dalla legge conformate in modo che i loro elementi debbano manifestarsi sul documento. Esse rientrano nella sfera di controllo del possessore, che resta tutelato contro il rischio di vedersi opporre all’emittente eccezioni basate su fatti attinenti ai rapporti con i precedenti possessori e a lui ignoti.Spesso la società deve emettere nuovi titoli azionari in sostituzione di altri preesistenti.Spesso accade che il vecchio titolo annullato resta invece in circolazione.I giudici hanno voluto risolvere il problema se la società possa opporre l’intervenuto annullamento al terzo cui quel titolo sia pervenuto in seguito a una vicenda circolatoria formalmente regolare. Se costui ha diritto o no di essere riconosciuto come azionista, di partecipare alle assemblee, di riscuotere i dividenti, ecc.

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Le regole cartolari direbbero di si.La tutela cartolare onde fosse consentito al terzo possessore dell’azione annullata di respingere l’eccezione di estinzione del suo titolo, produrrebbe l’effetto di una sorta di duplicazione di titoli rappresentanti la stessa azione: la società con capitale ad es di 100 e suddiviso in 100 azioni, potrebbe trovarsi ad avere 101 azionisti.Non è necessario per far posto al 101esimo azionista aumentare il capitale, lo stesso risultato si può ottenere mediante la divisione del capitale originario in un maggior numero di azioni, quindi ridurre la quota di partecipazione rappresentata dalle altre azioni.L’azione è un titolo di credito monco. Munito del carattere dell’incorporazione, ma privo, del tutto o in parte, di quello della letteralità: l’incarnazione della categoria, elaborata dalla dottrina generale del diritto cartolare, del titolo causale.

I PATRIMONI DESTINATI AD UNO SPECIFICO AFFARE

La spa può costituire uno o più patrimoni destinati in via esclusiva ad uno specifico affare (2447-bis) o destinare in favore dei finanziatori di uno specifico affare i proventi dell’affare medesimo o parte di essi.Il legislatore la previsto ke la società può articolare il proprio patrimonio in compendi separati: con un meccanismo di limitazione della responsabilità patrimoniale funzionalmente equivalente a quello della creazione di un autonomo soggetto di diritto.2 sono i modelli di patrimonio destinato:- gestionale: avente ad oggetto beni e rapporti giuridici provenienti dal patrimonio sociale (2247-bis)- finanziario: avente ad oggetto proventi derivanti da uno specifico affare al quale sia stato preordinato il finanziamento di terzi.In entrambi i casi si creano patrimoni separati caratterizzati da un vincolo di destinazione: nel primo è il patrimonio separato destinato allo specifico affare; nel secondo il finanziamento è strumentale allo specifico affare, mentre il patrimonio separato si crea in un secondo momento con i proventi derivante dall’affare medesimo in funzione del rimborso del finanziamento.

I patrimoni destinati di tipo gestionale. Costituzione ed effetti della separazione patrimonialeL’ipotesi è operativamente equivalente alla costituzione di una nuova società con il vantaggio dell’eliminazione dei costi di costituzione, mantenimento ed estinzione della stessa.Si ottiene una compartimentazione del rischio con maggiore agilità rispetto alla soluzione alternativa della creazione di una o più società controllate e con un’efficacia anche esterna dell’associazione in partecipazione o della cointeressenza agli utili.Il limite del 10% del patrimonio netto della società fissato dal secondo comma dell’art. 2447-bis, nonché la responsabilità illimitata per le obbligazioni derivanti da fatto illecito (art. 2447-quinquies).

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La costituzione del patrimonio destinato, salvo diversamente disposto dallo statuto, è deliberata dall’organo amministrativo a maggioranza assoluta dei suoi componenti (2447-ter).La deliberazione deve indicare:

- l’affare al quale è destinato il patrimonio;- i beni e i rapporti giuridici ricompresi nel patrimonio sui quali p impresso il

vincolo di destinazione e che costituiscono la garanzia dei creditori aventi titolo in relazione allo specifico affare;

- il piano economico-finanziario, dal quale devono emergere l’congruità del patrimonio rispetto alla realizzazione dell’affare, le modalità e le regole relative al suo impegno, il risultato che si intende perseguire e le eventuali garanzie offerte ai terzi;

- gli eventuali apporti ai terzi con l’indicazione dei poteri di controllo sulla gestione e dei diritti si partecipazione ai risultati dell’affare ad essi spettanti;

- la possibilità di emettere strumenti finanziari di partecipazione all’affare con specifica indicazione dei diritti che essi attribuiscono;

- la nomina di un revisore legale (o società) per la revisione dei conti dell’affare, quando la società non p già assoggettata alla revisione legale;

- le regole di rendicontazione (2447-ter).

La delibera costitutiva del patrimonio destinato deve essere depositata e iscritta nel registro delle imprese: dall’iscrizione decorre il termine di 60 giorni entro il quale i creditori sociali anteriori all’iscrizione possono fare opposizione; resta ferma la possibilità per il tribunale di disporre l’esecuzione della delibera previa prestazione da parte della società di idonea garanzia.Solo dopo il decorso del termine ovvero dopo l’iscrizione del provvedimento del tribunale, si producono gli effetti della separazione patrimoniale: i creditori del patrimonio destinato; i creditori della società devono soddisfarsi in via esclusiva sul restante patrimonio della società. I creditori della società non possono far valere alcun diritto sul patrimonio destinato alla specifico affare né sui frutti e proventi da esso derivanti, salvo che per la parte spettante alla società e per le obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare la società risponde nei limiti del patrimonio ad essa destinato.Resta salva nei confronti dei creditori involontari la responsabilità illimitata della società per le obbligazioni derivanti da fatto illecito: al fine evidente di evitare una sostanziale deresponsabilizzazione della società soprattutto per l’esercizio di attività pericolose.

Ulteriori profili della disciplinaSe sono stati emessi strumenti finanziari di partecipazione all’affare, la società deve tenere un libro indicante le loro caratteristiche, l’ammontare di quelli emessi e di quelli estinti, i trasferimenti e i vincoli ad essi relativi .Quando l’affare si realizza o diventa impossibile realizzarlo o si verifica un caso di cessazione della destinazione previsto dalla delibera costitutiva del patrimonio

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destinato, gli amministratori redigono il rendiconto finale e lo depositano, corredato da una relazione dei sindaci e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, presso l’ufficio del registro delle imprese.Da tale deposito decorre il termine di 90 giorni entro il quale i creditori rimasti insoddisfatti possono richiedere la liquidazione del patrimonio destinato, che dovrà avvenire nella forma della liquidazione della società in quanto incompatibili: cmq restano salvi, con riferimento ai beni e rapporti compresi nel patrimonio destinato i diritti dei creditori previsti dal 2447-quinquies.Lo svolgimento dello specifico affare può cessare in ragione dell’insolvenza determinatasi nello specifico comparto patrimoniale ad esso riflesso dell’insolvenza prodottasi dal patrimonio della società.In ordine al primo problema non è chiaro quale sia il regime applicabile ai creditori insoddisfatti nel corso dello svolgimento dello specifico affare quando il patrimonio destinato non sia più sufficiente a soddisfare regolarmente le obbligazioni ad esso inerenti.La liquidazione non appare idoneo strumento di tutela dei creditori: il vero problema è quello di stabilire se in caso di insolvenza del patrimonio destinato, sia ammissibile la sua liquidazione concorsuale, senza che ne risulti coinvolto l’intero patrimonio sociale.La norma societaria non detta alcuna norma al riguardo.

I patrimoni destinati di tipo finanziarioDiversa è la finalità pratica del modello finanziario previsto dall’art. 2447-bis che ricorre in caso di finanziamento alla società per uno specifico affare, i cui proventi siano destinati al rimborso totale o parziale del finanziamento medesimo.Il patrimonio separato si crea con i proventi derivanti dall’affare in funzione del rimborso del finanziamento concesso alla società.La società stipula con un finanziatore un contratto di finanziamento di uno specifico affare, nel quale sono individuate le modalità di rimborso, e in particolare viene indicato se al rimborso totale o parziale del finanziamento sono destinati tutti i proventi dell’affare o parte di essi.Il contratto deve contenere i seguenti dati:

- descrizione dettagliata dell’operazione e relativo progetto di realizzazione, con costi e ricavi previsti;

- il piano finanziario con specifico riguardo all’individuazione della parte coperta mediante il finanziamento e quella a carico della società;

- beni strumentali alla realizzazione dell’operazione, sui quali i creditori sociali sino al rimborso del finanziamento o alla scadenza del termine, non possono esercitare che azioni di carattere conservativo;

- le garanzie offerte dalla società in ordine all’esecuzione del contratto e quelle offerte per il rimborso di parte del finanziamento;

- le modalità dei controlli che un finanziatore o un suo delegato possono effettuare sull’esecuzione dell’operazione;

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- la determinazione dei proventi destinati al rimborso e il termine per il rimborso medesimo, decorso il quale nulla più è dovuto al finanziatore.

A fronte dell’assunzione del rischio dell’affare il finanziatore è tutelato dal fatto che i proventi dell’operazione costituiscono patrimonio separato da quello della società e da quello relativo ad ogni altra operazione di finanziamento e sono destinati i via esclusiva al rimborso in suo favore.La disciplina è poi completata dalla previsione del divieto di emettere strumenti finanziari rappresentativi del finanziamento fuori dalle ipotesi di cartolarizzazione previste dalle leggi vigenti.In caso di fallimento della società, il patrimonio destinato di tipo finanziario, in conformità alla sua struttura di contratto d’impresa, è assoggettato alla disciplina degli effetti di fallimento sui rapporti preesistenti.

La legge tipizza diversi esiti del rapporto:- se il fallimento della società impedisce la realizzazione o la continuazione

dell’affare, il contratto di finanziamento si scioglie e il finanziatore può insinuarsi al passivo del fallimento, al netto delle somme ricevute;

- in caso contrario il curatore sentito il parere del comitato dei creditori può decidere di subentrare nel contratto in luogo della società assumendo i medesimi obblighi della società fallita;

- ove il curatore non subentri, il finanziatore con istanza al giudice delegato può chiedere di realizzare o di continuare l’affare in proprio o con affidamento a terzi e può trattenere i proventi dell’affare e insinuarsi nel passivo del fallimento per l’eventuale credito residuo.

LE OBBLIGAZIONI

Funzione economica e natura giuridicaLe obbligazioni sono uno strumento tramite il quale la spa attua un’operazione di finanziamento a titolo di prestito (mutuo): l’obbligazionista è un creditore della società, e in ciò la sua posizione si distingue nettamente, in linea di principio da quella dell’azionista.L’obbligazionista è un creditore con caratteristiche peculiari:

- le obbligazioni si distinguono rispetto alle altre forme di raccolta del capitale di credito, sono una forma di finanziamento di gruppo organizzato.

- Il prestito obbligazionario, programmato dalla società come un finanziamento economicamente unitario di ammontare predeterminato, è frazionato in una pluralità di rapporti individuali attributivi di eguali diritti, rappresentati da titoli di credito o da strumenti de materializzati.

- È un’operazione volta alla raccolta diretta di capitale di credito presso il pubblico.

Il prestito obbligazionario da vita a una pluralità di crediti distinti verso la società, benché funzionalmente collegati fra loro e in parte soggetti alle determinazioni collettive dell’organizzazione degli obbligazionisti.

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I diritti degli obbligazionistiIl contenuto tipico delle obbligazioni si compone di 2 situazioni soggettive distinte di cui è titolare l’obbligazionista nei confronti della società: il diritto al rimborso del capitale e il diritto alla remunerazione del capitale.Nel tipo normale di obbligazioni (2411) all’obbligazionista spettano il diritto al rimborso del valore nominale dell’obbligazione a scadenza prestabilita e il diritto al pagamento periodico di un interesse in misura fissa.La società emittente può modellare con ampia libertà il contenuto dell’obbligazione in relazione alle sue specifiche esigenze di finanziamento e alle aspettative del mercato; e nella prassi finanziaria sono stati elaborati numerosi tipi speciali di obbligazioni, che hanno contenuto diverso o ulteriore rispetto al modello base.Obbligazioni a premio: al contenuto normale dell’obbligazione aggiungono il diritto di ottenere beni o altre utilità da assegnarsi in base a sorteggi periodici;obbligazioni convertibili in azioni: assegnano all’obbligazione il diritto di convertire il proprio credito per capitale e interessi in partecipazioni azionarie della società emittente o di altra società.Le obbligazioni con warrant: attribuiscono all’obbligazionista un diritto di opzione per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni della società emittente o di altra società, il cui esercizio non determina il venir meno del diritto di credito nascente dall’obbligazione.Altri tipi speciali di obbligazioni si distinguono per una peculiare configurazione dei diritti tipici dell’obbligazionista. Il diritto alla remunerazione del capitale può essere determinato, anziché in misura fissa, in misura variabile in ragione di parametri oggettivi anche relativi all’andamento economico della società (2411).Il diritto alla corresponsione degli interessi normalmente a carattere periodico, può poi essere differito nel tempo: obbligazioni a capitalizzazione integrale, in cui gli interessi vengono corrisposti in un’unica soluzione unitamente al rimborso del capitale. Obbligazioni partecipanti: il diritto alla remunerazione del capitale può essere collegato agli utili di bilancio della società.Obbligazioni subordinate: il diritto alla remunerazione del capitale può essere subordinato alla soddisfazione dei diritti di altri creditori della società, e in caso di liquidazione o di soggezione a procedura concorsuale della società emittente, il credito dell’obbligazionista è rimborsato solo dopo che siano stati soddisfatti tutti gli altri creditori non egualmente subordinati.Obbligazioni a capitale variabile: il diritto alla remunerazione del capitale può essere determinato in misura variabile in base a indici o parametri esterni (o obbligazioni indicizzate nel capitale), l’entità del rimborso è destinata a variare nel tempo, in modo da proteggere l’obbligazionista dal pericolo della svalutazione monetaria.Sembrano oltrepassare i limiti di elasticità della fattispecie gli strumenti finanziari che condizionano i tempi e l’entità del rimborso del capitale all’andamento economico della società (obbligazioni irredimibili e strumenti ibridi di finanziamento).

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A tali strumenti finanziari si applicano comunque le norme sulle obbligazioni.La disciplina del 2410 si applica a tutte le fattispecie delle obbligazioni, che siano strumenti finanziari con obbligo di rimborso, e quindi a tutti i titoli di debito, purchè emessi secondo la tecnica del prestito obbligazionario.

Limiti all’emissione di obbligazioniUna tecnica di limitazione dovrebbe impedire che gli azionisti ricorrano al mercato del capitale di credito a medio lungo termine in misura eccessiva rispetto a quanto rischiano in proprio, in modo da soddisfare l’esigenza di una equilibrata distribuzione del rischio di attività d’impresa tra azionisti e obbligazionisti.Il limite quantitativo è commisurato in ragione del complessivo impegno economico dei soci nella società, ai sensi dell’art 2412 possono essere emesse obbligazioni sino a una cifra pari a due volte il risultato della sommatoria fra l’ammontare del capitale, della riserva legale e delle riserve disponibili.Il rispetto di tale limite quantitativo deve essere attestato dall’organo di controllo, e va verificato in relazione alla somma di due valori: l’ammontare complessivo delle obbligazioni in circolazione e l’importo delle garanzie comunque prestate dalla società in relazione a prestiti obbligazionari emessi da altre società.Ai fini del calcolo del limite all’emissione, è preso a riferimento l’ultimo bilancio approvato e non necessariamente l’ultimo bilancio d’esercizio, ma anche il bilancio infrannuale approvato dalla società in tempi prossimi alla delibera di emissione di obbligazioni.La società può quindi volontariamente redigere e approvare in corso d’esercizio un bilancio straordinario allo specifico fine dell’emissione di obbligazioni.

Il legislatore si è preoccupato che questo limite sia rispettato anche nella fase successiva all’emissione (per tutta la durata del prestito). La società non può ridurre volontariamente il capitale sociale, distribuire riserve nel caso in cui per effetto di tali operazioni, non venga più rispettato il rapporto aureo fra l’impegno economico dei soci nella società e le obbligazioni in circolazione imposto dal 2412, e quando la proporzione venga meno per effetto di riduzione del capitale sociale obbligatoria o diminuzione delle riserve dovuta a perdite, la società non può distribuire utili sino a quando l’ammontare del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili non eguagli la metà dell’ammontare delle obbligazioni in circolazione, cioè sino a quando non sia ristabilito il rapporto previsto al’art. 2412.

Condizioni per il superamento del limite quantitativo, casi di non operatività e la funzione del limiteIl 2412 prevede condizioni al ricorrere delle quali è consentito il superamento del limite all’emissione di obbligazioni: nella misura in cui le obbligazioni emesse in eccedenza siano destinate ad essere sottoscritte da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale (banche). La ragione della deroga è che le obbligazioni in eccedenza sono destinate ad essere collocate, non presso il pubblico dei risparmiatori, ma presso soggetti che per la loro qualifica non hanno bisogno di speciale tutela.

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Non sono soggette al limite inoltre le emissioni di obbligazioni garantite da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della società, siano a due terzi del valore degli immobili medesimi.La società che sia proprietaria di beni immobili liberi da ipoteche può emettere obbligazioni garantite per un valore non eccedente i 2/3 del valore degli immobili medesimi, senza alcun riguardo al tetto quantitativo.Non è poi soggetta ad alcun limite quantitativo prefissato l’emissione di obbligazioni da parte di particolari categorie di società sottoposte a un regime normativo speciale: l’emissione di obbligazioni da parte delle società bancarie, società con azioni quotate in mercati regolamentati limitatamente alle obbligazioni destinate alla quotazione.Sembra pertanto che il limite quantitativo assolva in realtà una diversa e più ampia funzione di tutelare il mercato degli investitori in obbligazioni: un tale risultato è raggiunto indirettamente tramite l’imposizione di un certo rapporto fra obbligazioni in circolazione e impegno economico dei soci nella società (2412); oppure direttamente tramite la concessione di specifiche garanzie reali agli obbligazionisti.

Le obbligazioni come titoli di credito. Le obbligazioni dematerializzateLe obbligazioni sono rappresentate di regola da un documento che destinato alla circolazione cui compete, per pacifica ammissione la qualifica di titolo di credito.I titoli obbligazionari che devono cmq contenere le indicazioni richieste dal 2414 possono circolare come titoli nominativi o come titoli al portatore.Essendo il prestito obbligazionario un finanziamento di gruppo organizzato i titoli obbligazionari non possono che essere titoli di massa: i documenti che li rappresentano incorporano diritti di credito verso la società emittente che costituiscono frazioni di eguale valore di un’operazione di finanziamento a carattere unitario.Sono anche titoli causali: l’emissione del titolo è necessariamente collegata a una determinata operazione negoziale resa palese nel contesto letterale del documento.La dematerializzazione è obbligatoria quando le obbligazioni siano negoziate o destinate alla negoziazione sui mercati regolamentati.

Il procedimento di emissione delle obbligazioni. Gli effetti dell’invalidità della delibera di emissioneLa competenza a deliberare l’emissione di obbligazioni è attribuita all’organo amministrativo (2410). Lo statuto può infatti prevedere che la competenza deliberativa in materia di obbligazioni sia riservata all’assemblea.È la legge a mantenere ferma la competenza dell’assemblea straordinaria a deliberare l’emissione di obbligazioni convertibili, in quanto l’operazione presuppone una modifica statuaria: contestualmente alla decisione concernente l’emissione di obbligazioni deve essere deliberato un aumento del capitale sociale per un ammontare corrispondente alle azioni da attribuire in conversione (2420). Il potere di deliberare l’emissione di obbligazioni convertibili può essere delegato all’organo

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amministrativo dall’originario statuto o da una successiva delibera di modificazione statuaria.

L’organizzazione degli obbligazionisti. L’azione individuale degli obbligazionistiLa sottoscrizione dei titoli azionari assume infatti una duplice valenza: non solo si crea fra obbligazionisti e società emittente, un rapporto credito-debito risultante dal frazionamento di un’unitaria operazione di finanziamento, ma si crea fra gli obbligazionisti un’organizzazione di gruppo con competenze suscettibili di incidere entro certi limiti sulla posizione creditoria dei singoli.L’organizzazione non ha necessariamente carattere unitario, per tutti gli obbligazionisti: proprio perché l’essenza del fenomeno organizzativo sta nella necessaria comunanza degli interessi dei partecipanti, ogni singola emissione obbligazionaria determina la creazione di 2 distinti organi: l’assemblea e il rappresentante comune.Si tratta di un’organizzazione autonoma rispetto all’organizzazione sociale: l’assemblea e il rappresentante comune, ma essi non sono organi della società. La loro attività si intreccia con quella degli organi sociali.Il rappresentante comune degli obbligazionisti ha diritto di assistere all’assemblea dei soci (2418), esaminare il libro delle obbligazioni, delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee e di ottenerne estratti a proprie spese. L’organo amministrativo della società può convocare l’assemblea degli obbligazionisti e con i componenti l’organo di controllo, può anche assistervi.Sono poi dettate norme volte a evitare che gli organi sociali possano influenzare le determinazioni dell’organizzazione degli obbligazionisti: la società con riferimento alle obbligazioni eventualmente possedute non può partecipare alle deliberazioni dell’assemblea degli obbligazionisti (2415) e i componenti gli organi amministrativo e di controllo e i dipendenti della società emittente non possono essere nominati rappresentanti comuni degli obbligazionisti e se nominati decadono dall’ufficio (2417).La presenza di un’organizzazione di gruppo non preclude al singolo obbligazionista la possibilità di esperire azioni individuali:- a tutela di un proprio esclusivo interesse individuale: l’azione del singolo non è suscettibile di essere limitata dalle determinazioni del gruppo;- a tutela di un interesse comune a tutti gli obbligazionisti: l’azione non è ammessa se l’iniziativa è incompatibile con le determinazioni dell’assemblea degli obbligazionisti (2419).

L’assemblea degli obbligazionistiÈ attribuita la competenza a deliberare in ordine agli specifici aspetti della vicenda obbligazionaria indicati dal 2415:- nomina e revoca del rappresentante comune- costituzione di un fondo per le spese per la tutela dei comuni interessi- approvazione del rendiconto relativo- decisioni dirette a incidere sul rapporto tra obbligazionisti e società emittente.

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L’assemblea è chiamata a deliberare in merito alla modificazione delle condizioni del prestito.Ma ci sono dei limiti perché si consentirebbe alla maggioranza degli obbligazionisti di alterare radicalmente le originarie condizioni dell’investimento, senza che il singolo obbligazionista possa reagire.Si tende a ritenere che l’assemblea possa deliberare qualsiasi modifica delle modalità del prestito, purchè non si spinga ad alterarne i caratteri strutturali: la maggioranza non può sopprimere un elemento coessenziale alla fattispecie obbligazionaria, né un elemento caratterizzante il tipo di obbligazioni in concreto emesse.L’assemblea degli obbligazionisti è competente a deliberare sugli altri oggetti di interesse comune degli obbligazionisti. Le modalità di funzionamento dell’assemblea degli obbligazionisti sono disciplinate sulla falsa riga di quanto previsto per l’assemblea degli azionisti.L’assemblea è convocata dall’organi amministrativo o dal rappresentante comune ogni qual volta essi lo ritengano necessario e quando ne sia fatta richiesta da tanti obbligazionisti che rappresentino almeno 1/20 delle obbligazioni in circolazione (2415).L’assemblea delibera con le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria dei soci, con la particolarità che per l’adozione delle delibere concernenti la modifica delle condizioni di prestito, si richiede in seconda convocazione il voto favorevole degli obbligazionisti che rappresentino almeno la metà delle obbligazioni emesse e non estinte (2415).Il verbale deve essere redatto da un notaio e trascritto nel libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea degli obbligazionisti tenuto dal rappresentante comune (2421).L’invalidità delle delibere dell’assemblea degli obbligazionisti per poter impugnare una delibera annuale è necessario possedere tante obbligazioni pari ad almeno il 5% dell’ammontare del prestito obbligazionario, se si tratta di azioni quotate in un mercato regolamentato, ad almeno l’1 per mille.Nessuna percentuale qualificata è richiesta per l’impugnazione delle delibere affette da vizi di nullità (2379): le quali possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse.

Il rappresentante comune degli obbligazionistiHa il compito di:

- provvedere all’esecuzione delle delibere;- tutelare gli interessi comuni degli obbligazionisti nei rapporti con la società

(2418)- assistere alle operazioni di sorteggio;- assistere all’assemblea degli azionisti;- non può impugnare le delibere assembleari;- rappresentanza processuale degli azionisti.

La sua nomina spetta all’assemblea, che ne fissa anche il compenso.

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L’assemblea può sceglierlo anche fuori dalla cerchia degli obbligazionisti, purchè non sussista una delle cause di incompatibilità previste dalla legge: possono essere nominate, oltre alle persone fisiche anche le persone giuridiche autorizzate all’esercizio dei servizi di investimento nonché le società fiduciarie.Il rappresentante comune entro 30 giorni dalla nomina, deve richiederne l’iscrizione nel registro delle imprese (2417).La durata della carica è determinata dal’assemblea in sede di nomina ma non può eccedere i 3 esercizi sociali.

Le obbligazioni convertibili in azioni. Le condizioni per l’emissioneLe obbligazioni convertibili attribuiscono al titolare un diritto potestativo di opzione che facoltizza l’obbligazionista a trasformare in base a un prefissato rapporto di cambio, il suo diritto di credito verso la società emittente (per capitale e interessi) in partecipazioni azionarie.Il rapporto di finanziamento di estingue e sorge il rapporto partecipativo.Occorre però tener ben distinte le obbligazioni convertibili con procedimento diretto, che consentono la conversione in azioni di futura emissione della stessa società emittente le obbligazioni convertibili con procedimento indiretto, che prevedono invece la possibilità di conversione in azioni di altra società.L’emissione di obbligazioni convertibili (con procedimento diretto) è di competenza dell’assemblea straordinaria, con possibilità di delega all’organo amministrativo nei limiti già precisati.Alla fine di convertire il prestito l’assemblea deve deliberare un aumento di capitale sociale di ammontare corrispondente alle azioni da attribuire in conversione (2420-bis).È un aumento a condizione differita nel tempo e necessariamente scindibile.Già in sede di emissione devono osservarsi condizioni simili a quelle richieste per l’emissione di nuove azioni, al fine di garantire l’effettiva formazione del capitale sociale al momento dell’eventuale conversione. È infatti richiesto che:

- il capitale sociale in precedenza sottoscritto sia stato interamente versato;- la somma versata da ciascun obbligazionista non sia inferiore al valore delle

azioni ad esso offerte in conversione.È ammesso che le obbligazioni vengano emesse con disaggio e cioè a un prezzo inferiore al loro valore nominale.Anche sulle obbligazioni convertibili di nuova emissione spetta il diritto d’opzione tanto agli azionisti quanto ai titolari di obbligazioni convertibili già in circolazione: l’esercizio del diritto è regolato dalle medesime norme dettate per l’aumento del capitale sociale (2441).

Vicende societarie in pendenza di conversione

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La società non può deliberare fin quando non siano scaduti i termini per la conversione, la riduzione volontaria del capitale sociale, la modificazione delle disposizioni statuarie concernenti la ripartizione degli utili, salvo che sia concessa ai titolari di obbligazioni convertibili la facoltà di conversione anticipata, da esercitarsi entro 30 giorni dalla pubblicazione nel registro delle imprese del relativo avviso.Se gli obbligazionisti non si avvalgono nei termini stabiliti di tale facoltà il diritto di conversione si estingue e non può più essere esercitato: il termine di 30gg va a sostituirsi al termine della conversione originariamente stabilito nella delibera di emissione del prestito.Limiti analoghi sono imposti per la fusione e la scissione in pendenza di conversione, con due differenze di rilievo:

- l’avviso relativo alla facoltà di conversione anticipata deve essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale almeno 90gg prima dell’iscrizione del progetto;

- gli obbligazionisti che non abbiano esercitato la facoltà di conversione anticipata non perdono il diritto di conversione: essi devono comunque essere diritti equivalenti a quelli loro spettanti prima della fusione o della scissione, salvo che la modificazione dei diritti sia stata approvata ai sensi del 2415.

La società può deliberare anche in pendenza del periodo di conversione l’aumento gratuito di capitale sociale e la riduzione del capitale per perdite.Se c’è un aumento di capitale sociale a pagamento, ai titolari di obbligazioni convertibili spetta il diritto di opzione sulle azioni di nuova emissione in ragione del prefissato rapporto di cambio.

Le obbligazioni convertibili in azioni con procedimento indiretto. Le obbligazioni con warrant. Gli strumenti finanziari convertibili in azioni.Di discute se la disciplina di cui sopra possa essere applicata anche per analogia anche all’emissione di obbligazioni convertibili con procedimento indiretto (al fine di offrire una migliore tutela agli investitori).C’è applicazione analogica per le obbligazioni con warrant, nei limiti della compatibilità (2420 bis).

L’ASSEMBLEA

La competenza dell’assembleaè fissata dalla legge, che stabilisce quando l’assemblea è chiamata a decidere in sede ordinaria e quando in sede straordinaria.I poteri che la legge attribuisce all’assemblea ordinaria in assenza di disposizioni dello statuto sono in base all’art. 2364:

- approvazione del bilancio;- nomina e revoca degli amministratori; nomina dei sindaci e del presidente del

collegio sindacale, del soggetto al quale è demandato il controllo contabile;- determinazione del compenso di amministratori e sindaci;- deliberazione sulla responsabilità di amministratori e sindaci;- approvazione dell’eventuale regolamento dei lavoratori assembleari.

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A questi vanno aggiunti ulteriori poteri che il legislatore assegna all’assemblea ordinaria altrettanto espressamente, o indirettamente come la distribuzione degli utili ai soci.Le prerogative attribuite da singole disposizioni di legge all’assemblea senza alcuna precisazione appartengono all’assemblea ordinaria (2364):

- autorizzare l’acquisto e la successiva rivendita da parte della società di azioni proprie (2357);

- acquisto di partecipazioni della controllante da parte della controllata (2359-bis)

- deliberare l’assunzione di partecipazioni in altre imprese comportante una responsabilità illimitata per le obbligazioni delle medesime (2361);

- autorizzare gli amministratori ad esercitare attività concorrente con a propria società (2390);

- revocare i sindaci (2400).L’assemblea straordinaria è competente a decidere in base al 2465:

- sulle modificazioni dello statuto (scioglimento anticipato, trasformazione) salvo che la legge non disponga diversamente (riduzione obbligatoria del capitale sociale ad opera dell’assemblea ordinaria 2446)

- sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei liquidatori (2487).- Su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua competenza

(autorizzazione richiesta dal 2358 perché la società possa concedere prestiti o garanzie per l’acquisto o sottoscrizione di proprie azioni, emissione di obbligazioni convertibili in azioni, fusione, scissione)

Il legislatore sottrae all’assemblea straordinaria le decisioni circa l’emissione di obbligazioni, l’approvazione delle proposte di concordato fallimentare e preventivo: decisioni ora rimesse agli amministratori.Si tratta di vedere quali siano i limiti dell’autonomia statuaria.Lo statuto può:

- delegare agli amministratori la facoltà di emettere obbligazioni convertibili in azioni

- aumentare il capitale sociale anche escludendo il diritto di opzione (2443)- attribuire alla competenza dell’organo amministrativo o del consiglio di

gestione le deliberazioni concernenti la fusione nei casi previsti dall’art. 2505.- Istituzione o soppressione di sedi secondarie, - l’indicazione di quali tra gli amministratori hanno la rappresentanza della

società- riduzione del capitale in caso di recesso del socio- adeguamenti dello statuto a disposizioni normative, - trasferimento della sede sociale nel territorio nazionale.- Lo statuto può adottare un sistema alternativo di amministrazione e controllo,

quello dualistico.Il 2380 riserva la gestione dell’impresa esclusivamente agli amministratori. Il nuovo 2364 consente allo statuto di richiedere l’autorizzazione dell’assemblea orinaria per il compimento di atti degli amministratori.

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È però competenza autorizzatoria e non decisoria, ma il potere di iniziativa rimane pur sempre in capo agli amministratori.

Il diritto di voto e il suo esercizioSulle materie di competenza dell’assemblea vengono chiamati a decidere determinati soggetti che sono normalmente i soci (2368).Ma non solo i soci (2352), in ipotesi di pegno o sequestro di azioni, attribuisce il diritto di voto all’usufruttuario, al creditore pignoratizio e al custode. E al 2351 è consentito allo statuto di prevedere l’emissione di strumenti finanziari diversi dalle azioni, con diritto di voto su argomenti specificamente determinati.Non tutti i soci, dal momento che alcuni di essi o per la particolare condizione in cui si trovano o per il tipo di azioni possedute, sono o possono essere esclusi dal diritto di voto con riferimento a tutte le possibili deliberazioni dell’assemblea o solo ad alcune.

Il diritto di voto può esprimersi anche per mezzo di rappresentante: - non l’uguaglianza calcolandosi la maggioranza per quote e non per teste, il

voto di chi possiede un numero maggiore di azioni conta più del voto di chi ne possiede un numero minore;

- non la libertà: il socio vincolandosi sulla base di un patto parasociale stipulato con altri soci, a votare secondo modalità predeterminate ;

- non la segretezza: il verbale delle deliberazioni assembleari deve consentire l’identificazione non solo dei partecipanti, ma anche dei soci favorevoli, astenuti e dissenzienti.

Una sempre maggiore limitazione dei soggetti che possono assumere la rappresentanza e di un incremento delle condizioni di sostanza e di forma alle quali è subordinato il conferimento della medesima.Il legislatore impone il divieto assoluto della rappresentanza (2372) dei membri appartenenti agli organi amministrativi e di controllo.Il diritto dell’azionista di delegare il proprio voto senza alcun limite scatta per lo più in presenza di una sollecitazione, iniziative che presuppongono in chi le pone in essere un certo grado di conoscenza circa gli interna corporis della società.La libertà del voto potrebbe trovare un limite nelle convenzioni (o sindacati) di voto:accordi fra 2 o più soci con i quali essi si obbligano ad esprimere in assemblea un voto conforme alle decisioni preventivamente adottate, all’unanimità o a maggioranza dagli aderenti al patto o investono uno di loro o un terzo , di procura irrevocabile, o di mandato fiduciario, ad esercitare il voto in conformità alle decisioni di cui sopra.Tali convenzioni appartengono alla categoria dei patti parasociali (accordi separati e autonomi rispetto al contratto di società, mediante i quali i soci danno vita a un regolamento di rapporti che non trova riscontro nell’atto costitutivo.Il patto se a tempo determinato non può avere una durata superiore a 5 anni e se a tempo indeterminato rimane esposto al recesso unilaterale con semplice preavviso da parte di ciascun contraente.

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I quozienti assembleari e il principio di maggioranzaAffinchè la deliberazione assembleare produca i suoi effetti non è necessario il consenso di tutti gli aventi diritto al voto, ma basta quello di una parte di essi (2368), una determinata percentuale (quorum deliberativo) e non con il consenso di tutti i soci o di tutti i sottoscrittori, come vogliono invece il 2345 e il 2335.È una percentuale non numerica ma economica, calcolata non per teste ma per quote.Il capitale rappresentato in assemblea non può essere inferiore ad un certo minimo (quorum costitutivo) prescritto come condizione per la regolare costituzione dell’assemblea medesima.La suddetta percentuale non è sempre la stessa ma varia in ragione del fatto che la delibera sia presa in assemblea ordinaria o straordinaria e in prima o seconda convocazione.L’assemblea ordinaria salvo diversa disposizione di legge delibera a maggioranza assoluta del capitale rappresentato in assemblea, intendendosi per essa quella quota di voti favorevoli che risulti immediatamente superiore alla metà del capitale in prima convocazione, e deve essere pari ad almeno la metà dell’intero capitale sociale (2368).Se i partecipanti non rappresentano complessivamente la metà del capitale sociale l’assemblea deve essere nuovamente convocata con lo stesso ordine del giorno (seconda convocazione) e potrà deliberare qualunque sia la parte di capitale rappresentata dagli intervenuti (2369).

Per l’assemblea straordinaria:- nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio,

delibera in prima convocazione (2368) con il voto favorevole di tanti soci che raggiungano più della metà del capitale sociale; in seconda convocazione con voto favorevole dei 2/3 (maggioranza qualificata) del capitale rappresentato in assemblea, pari a sua volta di più di un terzo del capitale sociale, con l’eccezione di alcune materie superstraordinarie per le quali è richiesta una maggioranza superiore anche nelle convocazioni successive alla prima.

- Nelle società che fanno ricorso al capitale di rischio l’assemblea straordinaria delibera sempre con il voto favorevole dei 2/3 del capitale in essa rappresentato, ma con l’intervento in prima convocazione di almeno la metà del capitale sociale (2368), in seconda di oltre 1/3, nelle successive di oltre 1/5.

In una situazione di azionariato diffuso e di diffuso assenteismo dei soci (spa quotate) potrebbe risultare sufficiente per una delibera in assemblea ordinaria, il voto favorevole di una frazione tendenzialmente infinitesima del capitale sociale, dato che tale assemblea è regolarmente costituita, in seconda convocazione, quale che sia la quota del capitale rappresentata dagli intervenuti (2369).Eccezioni alla regola maggioritaria:

- La delibera con cui l’assemblea delibera la rinunzia o la transazione in ordine all’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori può essere

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paralizzata dal voto contrario di una minoranza di soci che rappresenti almeno il quinto del capitale sociale, o almeno un ventesimo nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio o la misura prevista dallo statuto per l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità da parte dei soci.

- 2376: se esistono diverse categorie di azioni o strumenti finanziari forniti di diritti amministrativi , le delibere dell’assemblea che pregiudichino i diritti di una di queste devono essere approvate anche dall’assemblea speciale degli appartenenti alla categoria interessata.

Riguardo all’ammissibilità di deroghe statuarie ai quozienti legali sono autorizzate, come la possibilità per l statuto di richiedere quorum costitutivi o deliberativi più elevati rispetto a quelli contemplati, però è vietato derogare a quozienti legali in diminuzione.

Quanto alla deroga in aumento ci sono 2 limiti:- 2369 (espresso) esclude che lo statuto possa richiedere maggioranze più

elevate per le convocazioni successive alla prima con riferimento alle delibere aventi ad oggetto l’approvazione del bilancio o la nomina o la revoca delle cariche sociali;

- Implicito, nell’uso del termine maggioranza da parte della norma autorizzante la deroga statuaria, ciò che si consente allo statuto di prevedere è una maggioranza, cioè unanimità con la conseguente inammissibilità di una clausola che preveda il consenso di tutti i soci per una o più deliberazioni dell’assemblea.

Il procedimento assembleareSerie di atti o fatti legislativamente preordinati a tale esito e destinati a succedersi nel tempo secondo ben precise cadenze:

- Convocazione: la finalità è quella di mettere in condizione che qualsiasi legittimato possa non solo intervenire fisicamente in assemblea, in persona o per mezzo di rappresentante, ma anche di intervenire con conoscenza di causa circa gli argomenti da trattare. I soggetti a cui compete la convocazione sono: amministratori, o consiglio di gestione in caso di scelta per il sistema dualistico (2366) o del consiglio di amministrazione nel sistema monistico (2380). La convocazione da parte degli amministratori è obbligatoria, in caso contrario sanzione. La può anche convocare il tribunale, su richiesta della minoranza (2367). Il tribunale sentiti i componenti degli organi amministrativi e di controllo, ordina la convocazione dell’assemblea solo se il rifiuto della convocazione da parte di questi ultimi risulta ingiustificato. La convocazione su richiesta dei soci non è ammessa per argomenti intono ai quali l’assemblea delibera su proposta degli amministratori (esclusione del diritto di opzione, progetto o relazione da essi predisposta, approvazione del bilancio o fusione o scissione).

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L’assemblea deve essere convocata nel comune dove ha sede la società mediante avviso contenente l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo dell’adunanza nonché delle materie trattate e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale almeno 15gg prima di quello fissato per l’adunanza medesima, 8gg per le convocazioni successive (2369), o comunicato ai soci se lo statuto di una società che fa ricorso al capitale di rischio lo consente, con mezzi idonei a garantire la prova dell’avvenuto ricevimento almeno 8gg prima dell’assemblea.L’avviso di convocazione non esaurisce l’informazione preassembleare dei soci in quanto vi sono ipotesi in cui questi ultimi devono essere posti in grado di accedere ad ulteriori documenti mediante deposito dei medesimi presso la sede sociale, come avviene per il bilancio (2429), straordinario (2446), fusione (2501), pareri e relazioni (2441), esclusione o limitazione del diritto di opzione.L’inosservanza delle norme sulla convocazione, causa normalmente dell’invalidità della delibera, risulta sanata se si verificano i presupposti dell’assemblea totalitaria, cioè in assemblea sia rappresentato l’intero capitale sociale e partecipi ad essa la maggioranza dei componenti degli organi amministrativi e di controllo, a meno che qualcuno dei partecipanti si opponga alla discussione degli argomenti sui quali non si ritenga sufficientemente informato (2366).L’adunanza fisica degli aventi diritto non è necessaria, può avvenire anche con mezzi di telecomunicazione o mediante di espressione del voto per corrispondenza (2370).Il socio non può intervenire in assemblea se non è abilitato al voto (proprietario di azioni in presenza di pegno, usufrutto o sequestro sulle medesime e in assenza di convenzione contraria alla stregua del (2352).

- Riunione: se le azioni sono nominative, la società provvede ad iscrivere nel libro dei soci coloro che hanno partecipato all’assemblea o che hanno effettuato il deposito.La riunione degli intervenuti in assemblea si svolge dall’inizio alla fine sotto la presidenza di una persona indicata nell’atto costitutivo o designata dalla maggioranza dei presenti. C’è poi un segretario che l’assiste, ma la sua presenza non è necessaria se il verbale è redatto da un notaio.Il presidente dell’assemblea ha il compito di verificare la regolarità della costituzione di quest’ultima, l’identità e la legittimazione dei presenti ma anche di garantire l’ordinato svolgimento dell’adunanza secondo le regole.

- discussione;- votazione: ha come risultato la delibera, atto attraverso il quale si manifesta la

volontà assembleare. Una volta effettuata la votazione su una determinata proposta rientrante nell’ordine del giorno, se tale proposta, attraverso la proclamazione dei risultati della suddetta votazione da parte del presidente risulti aver ottenuto il voto favorevole di tanti soci che rappresentino la maggioranza prevista dalla legge, o quella superiore eventualmente prevista dallo statuto, può dirsi perfezionato l’atto coi tutto il procedimento è

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preordinato: la deliberazione assembleare. È esclusa la votazione a schede segrete, a meno che la legge non disponga diversamente.

- verbalizzazione: il 2375 impone di riassumere a verbale, su richiesta dei soci le loro dichiarazioni pertinenti all’ordine del giorno (2366), che consente a ciascun intervenuto in assemblea totalitaria di opporsi alla discussione degli argomenti sui quali non si ritenga sufficientemente informato. Il verbale deve essere depositato entro 30gg dall’approvazione. Anche se redatto per atto pubblico, deve essere trascritto a cura degli amministratori nel libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee di cui al 2421. Alcuni tipi di delibera sono soggetti a pubblicità mediante deposito presso il registro delle imprese (come la delibera di approvazione del bilancio), o l’iscrizione del medesimo registro (modificazione dello statuto, 2436).

Funzioni:- funzione compositoria fra interesse della maggioranza e della minoranza, la

quale avrebbe così un mezzo per far ascoltare la propria voce e tentare di influenzare il risultato della votazione;

- funzione di contrappeso: si fa corrispondere ad un rischio limitato un limitato potere;

- funzione ponderatoria: esso è l’unico strumento per garantire una decisione mediata in presenza di una base sociale solidamente eterogenea, per intenzioni ed estrazione.

L’invalidità delle deliberazioni assembleari: l’annullabilitàÈ rivolta a contemperare le esigenze di tutela dei soci e quelle di funzionalità e certezza dell’attività sociale.Le deliberazioni dell’assemblea prese in conformità della legge e dell’atto costitutivo, vincolano tutti i soci, ancorchè non intervenuti o dissenzienti (2377):

- la delibera non conforme alla legge o allo statuto non è automaticamente inefficace, ma annullabile; la delibera non appare priva ad origine dei suoi effetti, ma suscettibile di perderli solo a seguito di una sentenza costitutiva, fino alla cui emanazione essa rimarrà efficace ed eseguibile, a meno che venga accordato all’opponente il provvedimento cautelare di sospensione dell’esecuzione;

- legittimati a far valere l’annullabilità sono i soggetti indicati nel 2377 2° comma, cioè i soci assenti, dissenzienti o astenuti, gli amministratori, il consiglio di gestione (sistema dualistico) e il consiglio di amministrazione (sistema monistico), il consiglio di sorveglianza, collegio sindacale, cui si aggiungono pochi altri individui dallo stesso codice civile, l’usufruttuario, il creditore pignoratizio e il custode, la Consob o il rappresentante comune degli azionisti di risparmio;

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- il diritto di domandare l’annullamento è esercitabile entro un limite brevissimo di decadenza, 90gg dalla delibera o dall’iscrizione della medesima nel registro delle imprese o dal deposito quando previsti, spirato il quale gli effetti della delibera diventano definitivi.

- Anche se l’impugnazione è tempestiva l’interessato non ha alcuna garanzia di veder cadere tutti gli effetti, diretti e riflessi, della delibera in quanto (2377), la sentenza che accoglie la domanda, pur essendo retroattiva, non travolge i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della delibera medesima.

- L’annullamento della deliberazione è precluso se la delibera impugnata è sostituita con un’altra presa in conformità della legge e dello statuto, la quale non si limita a far nascere per il futuro gli stessi effetti della prima, ma ne consolida anche gli effetti pregressi.

- La non conformità alla legge o allo statuto a volte è causa di invalidità solo se ad essa si aggiungono altri presupposti, primo fra tutti il carattere determinante del vizio per la regolare costituzione dell’assemblea o per il raggiungimento della maggioranza richiesta, o per l’accertamento di contenuto, effetti e validità della deliberazione.

L’impugnazione può essere proposta dai soci solo quando possiedano tante azioni aventi diritto di voto con riferimento alla deliberazione che rappresentino l’1 per mille del capitale sociale nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e il 5% nelle altre.Si vuole evitare l’esigenza di impugnative ispirate da interessi meramente ricattatori.I soci non abilitati all’impugantiva hanno diritto al risarcimento del danno loro cagionato dal vizio della deliberazione (azione esperibile entro 90gg dalla data della delibera o dalla sua iscrizione).Deve ritenersi legittimo il voto dato in funzione di un interesse extra sociale del votante quando il perseguimento di tale interesse comporti un pregiudizio o per la società (2373) o per singoli soci o gruppi di essi.

Le figure diverse dall’annullabilità.Il legislatore del ’42 aveva previsto la nullità della deliberazione per illiceità o impossibilità dell’oggetto: vale a dire una forma di invalidità che risultava a differenza della prima, grazie all’esplicito richiamo degli art. 1421 e ss, assoluta (eccepibile da qualsiasi richiamo e rilevabile d’ufficio), imprescrittibile (opponibile senza limiti di tempo) e insanabile (non suscettibile di convalida).Con la recente riforma diventano ipotesi di semplice annullabilità:

- una delibera che sia stata adottata con la partecipazione determinante di soggetti non legittimati

- o risulti approvata da una maggioranza apparente per l’apporto determinante di singoli voti invalidi o erroneamente conteggiati (2377),

Cause di nullità (2379):- illiceità dell’oggetto;

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- impossibilità dell’oggetto;- la mancata convocazione dell’assemblea- la mancanza del verbale: non si considera mancante se contiene la data e

l’oggetto della deliberazione ed è sottoscritto dal presidente dell’assemblea o dal presidente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza, segretario o notaio.

È una nullità non più imprescrittibile, ma deve essere fatta valere in un termine di 3 anni a decorrere dalla data di iscrizione o deposito della deliberazione nel registro delle imprese, se soggetta a tali adempimenti o dalla data della sua trascrizione nel libro delle adunanze dell’assemblea.La nuova nullità non è più neppure sanabile ma è soggetta a sanatoria sia per sostituzione della delibera viziata con altra presa in conformità con la legge e lo statuto, sia per altri fatti sopravvenuti di cui all’art. 2379-bis.È una nullità che non opera erga omnes in quanto ha effetti incondizionati solo nei confronti dei soci e degli organi sociali, mentre non pregiudica i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti esecutivi della deliberazione.Termini ancora più brevi sono previsti per l’azione di nullità con riferimento a deliberazioni aventi un oggetto particolare, come quelle di aumento del capitale sociale, di riduzione reale del medesimo ed emissione di obbligazioni o quella di approvazione del bilancio di esercizio o quella di trasformazione fatta salva la sopravvenienza del diritto al risarcimento del danno.

L’AMMINISTRAZIONE E IL CONTROLLO

I modelli di amministrazione e controllo ammessi nell’ordinamento italiano

Funzione amministrativa e di controllo nella struttura organica della spaLa riforma consente all’autonomia statuaria di scegliere tra diversi modelli di organizzazione gestoria e di controllo, ove le due funzioni (amministrare e controllare chi amministra) non sono sempre rigorosamente attribuite ad organi diversi e distinti.Il controllo contabile in senso stretto è passato a revisori professionali esterni alla società.La disciplina con la riforma del 2003 è frutto di:

- spontanea evoluzione storica dal modello originario francese contenuto nella codificazione commerciale napoleonica;

- l’influenza esercitata dal diritto comparato e segnatamente dal modello dualistico germanico e dal modello monistico anglosassone.

Modelli di amministrazione e controllo1) il modello regolato dai nuovi articoli 2380 bis e 2409 septies, o modello

tradizionale, fondato sulla previsione sia degli amministratori che del collegio sindacale: è il modello più simile a quello disciplinato nel diritto previgente.

2) Il modello dualistico di derivazione germanica, disciplinato dal codice agli art. 2409 octies e quinquiesdecies, fondato su un consiglio di gestione, dotato delle

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competenze del consiglio di amministrazione, ma nominato e revocato non dall’assemblea, ma bensì da un consiglio di sorveglianza dotato di tutti i poteri del collegio sindacale, più la competenza ad approvare il bilancio e ad esercitare l’azione di responsabilità nei confronti dei membri del consiglio di gestione.

3) Un modello monistico di derivazione anglosassone e disciplinato dal codice civile agli art. 2409 sexiesdecies e noviesdecies ove l’organo di controllo nominato per il controllo di gestione è direttamente costituito all’interno dello stesso consiglio di amministrazione.

Il modello tradizionale permane il modello legale, quello cioè che si applica se lo statuto non prevede diversamente (2380); per l’adozione di uno dei modelli occorre una specifica disposizione statuaria.

Il modello tradizionale di amministrazione

Funzioni dell’organo amministrativo nella spaIl legislatore del 2003 ha trasferito in norma di legge conclusioni interpretative già suggerite dalla dottrina nell’impero del diritto previgente.Il nuovo comma del 2380-bis sancisce che la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori i quali devono compiere le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. Certe dubbie sovrapposizioni di funzioni con l’assemblea, sulle quali l’interprete si era dovuto soffermare nel diritto previgente, sono ancora da considerare venute meno.I poteri doveri degli amministratori sono quelli previsto dalla legge e dallo statuto. C’è una duplice fonte degli obblighi sugli amministratori: quella legale e quella convenzionale (non più ricondotta a un rapporto di mandato, ma alla norma statuaria, intesa come legge interna della società.Le funzioni devono essere esercitate con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze (2392). È finalmente esplicito riconoscimento legislativo dei requisiti di professionalità e competenza necessari per l’esercizio dell’attività degli amministratori.Gli amministratori sono dotati di una propria sfera di competenza in derogabile e hanno potere deliberativo in tutte le materie attinenti alla gestione della società.Il legislatore italiano non è stato insensibile al fenomeno dell’evoluzione dirigenziale nelle società di capitali.In tutte le società che hanno scelto il modello tradizionale dei 3 organi tipici (assemblea, amministratori e sindaci) nulla vieta che ne possano creare di nuovi. Tali organi speciali atipici possono rivelare la loro utilità in società operanti in settori particolari.

La struttura dell’organo amministrativoLe disposizioni sulla struttura e il funzionamento dell’organo amministrativo sono contenute negli art. 2380 bis e 2381.

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La legge consente che l’organo amministrativo possa ere sia carattere unipersonale che collegiale (l’amministrazione è affidata a più persone e l’organo è il consiglio di amministrazione).Il consiglio di amministrazione sceglie fra i propri componenti il presidente, se non è nominato dall’assemblea.Questi convoca il consiglio, ne fissa l’ordine del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinchè adeguate info sulle materie all’ordine del giorno vengano fornite a tutti i consiglieri (2381).Quando il numero dei componenti il consiglio è sufficientemente elevato da renderlo opportuno, nell’ambito di esso può essere nominato un comitato esecutivo, in aggiunta o alternativa, uno o più amministratori delegati. Ciò è possibile solo se lo statuto o l’assemblea lo consentono.La stessa legge prevede poi indelegabili:

- emissione di obbligazioni convertibili autorizzata dallo statuto;- redazione del bilancio- aumento del capitale su autorizzazione statutaria- adempimenti in caso di riduzione del capitale per perdite- fusione e scissione.

Il consiglio tende a svolgere un compito di vigilanza, mentre la gestione vera e propria è esercitata per lo più dagli organi delegati.Proprio in quest’ottica va inteso il principio per il quale gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato.

La nomina degli amministratoriL’art 2383 sancisce che la nomina spetta all’assemblea. Fanno eccezione i primi amministratori che sono nominati nell’atto costitutivo e poche altre ipotesi speciali.Il principio della nomina assembleare degli amministratori mantiene nel modello tradizionale la pienezza del suo rigore.L’assemblea competente per la nomina è quella ordinaria (2364) e dunque le normali regole dell’assemblea ordinaria si applicano anche a detta deliberazione, per quanto concerne le forme di convocazione, l’ordine del giorno, i quorum costitutivi e deliberativi, la verbalizzazione.Non si possono prevedere modalità costitutive tali da comportare una paralisi della vita sociale e ne consegue che non può essere ritenuto ammissibile aggirare tale principio mediante l’espediente di attribuire la nomina degli amministratori all’assemblea straordinaria invece che a quella ordinaria.La determinazione del metodo concreto di votazione in assenza di specifica norma statuaria, spetta all’assemblea. Essa non può adottare sistemi che direttamente o indirettamente influiscano sulla libertà di manifestazione del voto.Il ricorso a schede prestampate già indicanti il nome degli amministratori da eleggere, è stato ritenuto ammissibile ma solo alla condizione che sia consentito al socio di apporre sulla scheda cancellazioni o aggiunte.Per la nomina delle cariche sociali lo statuto può stabilire norme particolari.La giurisprudenza ha ritenuto inammissibile il voto a scrutinio segreto.

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Sono ammissibili le clausole che aumentino i quorum deliberativi, se riferiti al numero delle azioni intervenute all’assemblea.Le clausole più ricorrenti sono quelle volte a creare con varie modalità forme di rappresentanza delle minoranze assembleari nell’organo amministrativo, in un’ottica di democrazia societaria tesa a realizzare una rappresentatività per quanto possibile proporzionale della compagine sociale anche in sede di organo di gestione della società.I metodi elettivi più di frequente adottati sono:

- voto di lista: quello secondo il quale vengono presentate due o più liste contrapposte, a cui vengono distribuiti in proporzione ai voti riportati, i posti nel consiglio di amministrazione, seguendo l’ordine delle referenze interno a ciascuna lista.

- Voto limitato: secondo il quale ciascun azionista può esprimere un numero massimo di voti stabilito in misura inferiore al numero di amministratori da eleggere, così è impedita un’azione di blocco da parte delle maggioranze e alcuni eletti delle minoranze possano entrare nel consiglio di amministrazione.

- Elezione in ordine progressivo: nel quale prescindendo dal raggiungimento della maggioranza assoluta, risultano eletti coloro che abbiano ottenuto il maggior numero dei voti sino alla concorrenza dei consiglieri da eleggere.

le norme sulle privatizzazioni se da un lato pongono oggettivi limiti al libero dispiegarsi delle forze di mercato nella definizione degli assetti proprietari, dall’altro introducono alcune norme corporate governance a tutela degli azionisti di minoranza che no sono esplicitamente previste nella disciplina del TUF né nella nuova disciplina del codice.Ci si riferisce per le società in cui vi sono tetti ai possessi azionari, all’obbligo di prevedere clausole statuarie per l’elezione degli amministratori tramite voto di lista.Alle liste presentate dagli azionisti di minoranza deve essere riservato almeno 1/5 degli amministratori.Lo stesso meccanismo vale per la nomina dei sindaci, per la quale si prevede che un sindaco debba essere nominato dalla minoranza.Nel nostro ordinamento esistono solo 5 casi previsti dalla legge in cui la nomina degli amministratori no0n spetta all’assemblea:

- nomina dei primi amministratori (fatta nell’atto costitutivo): la dottrina si era in passato chiesta se la nomina dei primi nell’atto fosse un adempimento necessario o potesse essere demandata a un’assemblea da convocarsi successivamente. Il legislatore della riforma dice che l’atto costitutivo deve indicare la nomina dei primi amm. E sindaci ovvero dei componenti del consiglio di sorveglianza e del soggetto addetto al controllo contabile (2328).

- nomina dei primi amministratori da parte del’assemblea dei sottoscrittori in caso di costituzione per pubblica sottoscrizione: la nomina in tempi diversi è tecnicamente possibile, potendo l’assemblea dei sottoscrittori essere comunque convocata nelle forme del 2334 per poi procede alla nomina secondo il 2335.

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- nomina riservata allo Stato o ad altri enti pubblici, se così è previsto dalla legge o dallo statuto: l’art 2449 distingue tra spa con partecipazione dello Stato o di enti pubblici che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e società che vi fanno ricorso, ammettendo solo nel primo caso la nomina degli amministratori, o sindaci o componenti del consiglio di sorveglianza proporzionale alla partecipazione al capitale sociale, riservando alle seconde l’emissione di strumenti finanziari con la possibilità di nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco.

- diritto di nomina concesso dallo Stato ai possessori degli strumenti finanziari (2351): il legislatore della riforma ha introdotto al 2351 questa nuova ipotesi di diritto di designazione. A tali soggetti può essere riservata secondo le modalità stabilite dallo statuto la possibilità di nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco.

- nomina per cooptazione nel corso dell’esercizio, se vengono a mancare uno o più amministratori: non è una deroga ai principi ma è funzionale alla regola della nomina assembleare degli amministratori, la norma del 2386, se nel corso dell’esercizio vengono a mancare uno o più amministratori, gli altri provvedono a sostituirli (ne cooptano di nuovi), con deliberazione da approvarsi anche dal collegio sindacale. In ragione del carattere eccezionale di tale modalità di nomina, la legge l’ha contornata di cautele. Gli amministratori così nominato restano in carica fino alla prossima assemblea alla quale competerà deliberazione in merito.Non si può ricorrervi quando venga a mancare l’amministratore unico o tutti i componenti del consiglio di amministrazione. Anche la loro sostituzione deve essere deliberata dall’assemblea.

I requisiti soggettivi degli amministratoriL’amministrazione della società può essere affidata anche ai non soci.Con tale norma il legislatore del 2003 ha differenziato la disciplina della spa da quella della srl.Secondo la disciplina societaria tradizionale, rientrava nella logica del sistema richiedere all’amministrazione la qualità di socio. Egli era un azionista.C’era il problema di designare a tale carica anche persone giuridiche. Qualora la totalità o parte del capitale appartenesse a persone giuridiche, anche a queste si dovesse riconoscere la possibilità d’essere designate alla carica.Per la legge tedesca: il carattere professionale richiesto agli amministratori è ritenuto in contrasto con la possibilità che la gestione di una spa possa essere affidata a soggetti diversi dalle persone fisiche.

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La legge italiana non richiede, alla stregua di una regola generale per tutte le società per azioni, speciali requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza come condizione per la nomina degli amministratori.Gli amministratori hanno il dovere di conservare in ogni circostanza:

- la propria indipendenza di analisi, di giudizio e di agire- respingere ogni pressione, diretta o indiretta che possa essere esercitata su di

essi; - non devono cercare o accettare vantaggi che non rientrano nel normale

rapporto con la società e quindi suscettibili di essere considerati come fattori o circostanze compromettenti la loro indipendenza.

Il legislatore italiano nel determinare la disciplina propria degli organi deputati al controllo ha previsto norme idonee a garantire l’indipendenza dei controllori rispetto sia ai gestori della società, sia agli azionisti di maggioranza. Il requisito dell’indipendenza per l’organo di controllo è di fondamentale importanza, al pari di quello della professionalità, dal momento che è designato a svolgere un ruolo di garanzia e salvaguardia nei confronti anche della minoranza e dei terzi.Nel sistema tradizionale il rischio temuto da più parti in ordine al’indipendenza dei sindaci stava nel fatto che questi al pari degli amministratori sui quali erano chiamati a svolgere attività di controllo, potessero essere espressione degli stessi soci di maggioranza.L’art. 2387 stabilisce che lo statuto può subordinare l’assunzione della carica di amministratore al possesso di speciali requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza, anche con riferimento ai requisiti al riguardo previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di categoria o da società di gestione di mercati regolamentati.È ammessa libertà ai soci nel determinare i requisiti di indipendenza, cui far dipendere la nomina di amministratore.C’è una protezione al 2387 di tipo formale, spesso inadeguata a realizzare in capo agli amministratori una posizione di sostanziale indipendenza dai gruppi che controllano la società e nominano sia soggetti controllati che i controllori.L’art. 2399 individua le cause di incompatibilità con le funzioni di sindaco (anche agli amministratori), relative a situazioni familiari o di natura patrimoniale, tali da determinare l’ineleggibilità o la decadenza, qualora emergessero successivamente alla nomina.Subordina la qualifica di amministratore indipendente all’insussistenza di legami con la società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, o da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza.Se le mansioni di amministratore indipendente di consulente abituale della società fossero esercitate dalla stessa persona, i rapporti che sopraggiungono affievoliscono e sono suscettibili di infirmare del tutto l’indipendenza e l’obiettività di giudizio, rendendo difficoltosa l’assunzione di iniziative divergenti con gli interessi del management e del capitale di comando.

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Si ritiene che l’ambito di applicazione del 2399 richiede ulteriori considerazioni. Si ritiene che l’ambito di applicazione della norma non debba essere circoscritta ai rapporti partecipativi bensì sembra riferirsi a rapporti giuridici di natura economica stabiliti per i quali si possa parlare do continuità; è certo che l’incompatibilità non si trasmette a tutti i legami ma solo alle relazioni economiche di rilevanza tale da condizionare l’autonomia di giudizio, intrattenute direttamente, indirettamente o per conto terzi, con la società, con le sue controllate, con gli amministratori.Per il problema sulla legittimità del rapporto tra amministratore e società, si tiene conto di due profili:

- collegato al contenuto della prestazione eseguita dall’amministratore - riferito alla definizione di continuità della prestazione.

Atteso che il giudizio sull’indipendenza potrebbe esigere valutazioni tecnico-discrezionali, si ritiene che la decadenza non operi ex lege, bensì sulla base di un accertamento dell’organo collegiale.Se un familiare è inserito nell’organico della società con mansioni non esecutive, non rappresenta necessariamente una minaccia all’indipendenza dell’amministratore.Sebbene il concetto sia espresso in termini simili in numerosi codici la sua esatta definizione può variare: i tipi di relazione considerati preclusivi all’indipendenza dell’amministratore sono descritti con maggiore o minore specificità. Ma essi sono indicatori di un medesimo fenomeno il cui effetto qualificante è l’influenza di un soggetto, di uno status sulle scelte effettuate dall’amministratore.I requisiti di onorabilità e professionalità sono previsti come obbligatori per i componenti gli organi di amministrazione nelle società con titoli quotati in mercati regolamentati e sono imposte dalle leggi speciali vigenti per le società fiduciarie, le società di revisione, le società operanti nel settore del credito, delle assicurazioni e dell’intermediazione finanziaria.Cause di ineleggibilità sono indicate nel 2382: interdizione, inabilitazione, dichiarazione di fallimento, condanna a pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o incapacità ad esercitare uffici direttivi; ma anche mancanza dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza, quando statutariamente previsti (2387).I casi di incompatibilità, derivanti in gran parte dalle leggi speciali che regolano particolari professioni o attività e solo in minor misura dalle stesse norme del codice.La funzione di amministrare è vietata:

- ai parlamentari, - agli impiegati civili dello Stato, - ai membri del consiglio superiore della magistratura eletti dal Parlamento; - ai membri della Consob; ecc.

incompatibilità ma solo con la funzione di presidente o amministratore delegato di società a partecipazione pubblica, è prevista per:

- i professori universitari di ruolo, salvo che si pongano in aspettativa;- esercizio della professione forense.

Un caso particolare di incompatibilità è quello tra amministratore e dipendente della società: questione di solito postasi per i dipendenti con grado dirigenziale.

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Si ritiene che tale incompatibilità sussista ogniqualvolta non sia ravvisabile nella figura dell’amministratore dipendente il requisito della subordinazione nei confronti della società che è caratteristica essenziale del lavoro subordinato.

La durata dell’incarico e le cause di cessazioneL’art 2383 stabilisce che la nomina degli amministratori non può essere fatta per un periodo superiore a 3 esercizi (il testo prima della riforma diceva 3 anni, l’esercizio ha di norma annuale ma non corrisponde necessariamente all’anno solare). Gli amministratori sono rieleggibili salvo diversa disposizione dello statuto.Cause di cessazione:

- scadenza del termine: ha effetto dal momento in cui il consiglio di amministrazione è stato ricostituito

- rinuncia da parte dell’interessato (ma quando le dimissioni sono immotivate ne consegue un obbligo di risarcimento a favore della società): gli effetti sono immediati solo se rimane in carica la maggioranza del consiglio di amministrazione: altrimenti ha effetto solo dal momento in cui la maggioranza del consiglio di amministrazione si sia ricostituita, in seguito all’accettazione di nuovi amministratori.

L’inerzia dell’assemblea a rinnovare le cariche, ovvero la mancata accettazione dei nuovi amministratori, possono rendere i vecchi prigionieri della carica, non potendo neppure disinteressarsi della gestione, pena una responsabilità per culpa in vigilando.Gli effetti immediati in caso di revoca (in qualunque tempo) consentita all’assemblea, ma qualora la revoca sia fatta senza giusta causa l’amministratore ha diritto al risarcimento del danno subito a seguito della cessazione anticipata.Competente a deliberare la revoca è l’assemblea ordinaria.Giusta causa di revoca dell’amministratore: ogni atto o omissione che si qualifichi come violazione di doveri d’ufficio o anche ogni comportamento che pur non attenendo direttamente ai doveri dell’ufficio incida negativamente su di esso; o ogni ipotesi in cui l’amministratore diventi inadatto ad esercitare la propria funzione per fatti che pur non dipendendo da lui riguardino la sua persona.Oltre alla revoca diretta dell’amministratore sono previste altre forme di revoca:

- automatica: (2393) nell’ipotesi in cui la deliberazione di esercitare l’azione sociale di responsabilità sia stata assunta dall’assemblea con una maggioranza che rappresenti almeno un quinto del capitale sociale.

- indiretta o implicita: tutti quei casi in cui la cessazione dalla carica sia la naturale conseguenza di altri tipi di deliberazione assunti dall’assemblea: l’inizio del procedimento di liquidazione, ovvero la deliberazione di fusione con altra società.

- Giudiziale- Morte dell’amministratore- Decadenza (verificarsi della causa).

Quando a seguito di qualunque causa di cessazione, siano venuti meno l’amministratore unico ovvero tutti gli amministratori, l’assemblea per la nomina dell’amministratore o del nuovo consiglio è convocata d’urgenza dal collegio

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sindacale, il quale può compiere nel frattempo atti di ordinaria amministrazione (2386).Una clausola statuaria molto frequente che può avere come effetto la decadenza dell’intero consiglio di amministrazione è la clausola simul stabunt, simul cadent che mira a mantenere inalterati i rapporti numerici all’interno dell’organo amministrativo, fra i consiglieri rappresentanti i gruppi diversi di azionisti, evitando che la cessazione di taluni membri soltanto e la sostituzione per cooptazione modifichino le proporzioni inizialmente pattuite.Il nuovo art 2386 ha ammesso la legittimità della clausola anche in caso di semplice cessazione di taluni amministratori.Il verificarsi della causa statuaria di decadenza dell’intero consiglio non implica il verificarsi immediato degli effetti (2385) è prorogato al momento dell’accettazione dei nuovi amministratori.

L’assunzione e la cessazione della carica: le regole di pubblicitàL’assunzione e la cessazione della carica sono fatti rilevanti anche per i terzi in vista dei rapporti che questi possono intrattenere con la società.L’art. 2383 prevede l’obbligo di adempimento ad alcune norme di pubblicità legale: entro 30gg dalla notizia della loro nomina gli amministrazione devono chiedere l’iscrizione nel registro delle imprese, indicando per ciascuno di essi il cognome, il nome, il luogo, data di nascita, domicilio, cittadinanza, a quale tra essi è attribuita la rappresentanza della società precisando se disgiuntamente o congiuntamente.L’omissione di essi configura un comportamento penalmente sanzionato (2630).L’obbligo non riguarda chi non ha accettato la nomina e sarà passibile della sanzione penale chi avendo espresso la propria volontà di accettare la carica dopo la scadenza dei 30 giorni dalla nomina, sia anche in ritardo nell’adempimento pubblicitario.Anche la cessazione dalla carica deve essere iscritta nel registro delle imprese.Ciò deve avvenire in caso di cessazione dall’ufficio per qualsiasi causa, ancora una volta entro il limite di 30gg a decorrere dal verificarsi della causa stessa. L’adempimento incombe nel collegio sindacale, anch’esso sottoposto, se non vi ottemperi, alla sanzione penale prevista dal 2630.

L’organo amministrativo collegialeQuando gli amministratori sono più di uno questi costituiscono il consiglio di amministrazione e l’organo deve funzionare con le regole tipiche della collegialità.Funzioni:

- compositoria: funzione di mediazione fra maggioranza e minoranza;- ponderatoria: funzione di favorire tramite la discussione collegiale, una

migliore valutazione dei problemi e delle decisioni da assumere.

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La forma di amministrazione disgiuntiva è ammessa dal legislatore per le srl, ma non per spa nel presupposto dell’ineliminabilità del metodo collegiale ai fini dell’efficienza dell’azione amministrativa.Si nega ai singoli amministratori il potere di convocare l’assemblea o impugnare deliberazioni assembleari, affermare l’illegittimità di deliberazioni consiliari prese a maggioranza, ma senza che tutti gli amministratori fossero stati convocati, o prese all’unanimità ma senza riunione e quindi senza possibilità di discussione.Le regole del funzionamento collegiale del consiglio di amministrazione sono espresse dal legislatore e sono inderogabili. Per la validità delle deliberazioni è necessaria la presenza della maggioranza degli amministratori in carica; e lo statuto può richiedere un quorum più elevato (2388). La riunione può avvenire anche con mezzi di telecomunicazione.Le deliberazioni devono essere assunte a maggioranza assoluta dei presenti, salva diversa disposizione dello statuto (2388). È vietato che il voto sia dato per rappresentanza.Il voto del presidente del consiglio di amministrazione, in caso di parità dei voti è considerato prevalente, ciò consente il superamento di situazioni di stallo.Il codice non prevede norme specifiche sull’avviso di convocazione del consiglio.Delle deliberazioni deve essere redatto verbale nell’apposito libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione, che costituisce uno dei libri sociali obbligatori previsti dal 2421.Le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono essere impugnate, ma solo dal collegio sindacale e dagli amministratori assenti o dissenzienti entro 90 giorni dalla deliberazione.Le deliberazioni consiliari no assunte in conformità della legge e dello statuto sono impugnabili dai soci se sono lesivi dei loro diritti.Sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi. I terzi tutelati sono coloro che hanno acquistato diritti in base alle delibere annullate o hanno compiuto atti in esecuzione delle stesse.

Gestione sociale e interessi degli amministratoriUno dei problemi più rilevanti in vita di assicurare il corretto funzionamento della collegialità nell’ambito del consiglio di amministrazione è sempre stato individuato nel caso in cui un amministratore avesse direttamente o indirettamente un interesse in uno più atti inerenti la gestione della società.L’ipotesi più delicata è quella in cui l’interesse sia in contrasto con quello sociale.Il nuovo 2391 disciplina gli interessi degli amministratori.La disciplina positiva è la seguente:

- l’amministratore deve dare notizia agli altri amministratori e a collegio sindacale di ogni interesse che per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società, precisandone la natura, i termini, l’origine e la portata (allarga gli obblighi di trasparenza dell’amministratore).Il dovere d’informazione sussiste anche quando i due interessi sono o appaiono convergenti: sarà il consiglio a valutare.

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- La delibera del consiglio di amministrazione che viene assunta deve adeguatamente motivare le ragioni e la convenienza per la società dell’operazione

- Le deliberazioni qualora possano recare danno alla società possono essere impugnate in due casi:

1. quando gli adempimenti di cui alle lettere precedenti non siano stati compiuti;

2. quando la deliberazione sia stata adottata con il voto determinante dell’amministratore in conflitto. L’amministratore in conflitto può legittimamente votare a patto che siano stati compiuti gli adempimenti richiesti dalla legge.

Legittimati all’impugnativa sono, entro 90gg dalla delibera, gli amministratori e il collegio sindacale; ma non gli amministratori che abbiano consentito alla deliberazione, salvo che gli obblighi di informazione incombenti sui consiglieri interessati non siano stati adempiuti.La nuova disciplina è meno rigida della precedente, e consente una maggiore ampiezza del campo di applicazione.

Nel caso si amministratore delegato il 2391 dispone che adempiuto agli obblighi di informazione richiesti dalla legge, egli si astenga dal compimento dell’atto investendone direttamente l’organo collegiale. Se invece c’è l’amministratore unico è previsto che questi debba darne notizia, oltre che al collegio sindacale, anche alla prima assemblea utile.In ogni caso l’amministratore risponde dei danni derivati alla società dalla sua azione o omissione.Qualora tali atti configurano un caso di abuso di informazioni privilegiate su strumenti finanziari (insider trading), si applica anche la disciplina penale dell’art. 180 TUF.La nuova disciplina demanda alla potestà regolamentare della Consob la definizione di principi generali in tema di trasparenza e di correttezza sostanziale o procedurale delle operazioni con parti correlate realizzate da società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio direttamente o tramite società controllate.Per parti correlate si intendono le società controllanti o collegate, i soggetti partecipanti a sindacati di voto in grado di esercitare il controllo, i soggetti collegati in grado di esercitare un’influenza notevole, le persone dotate di poteri e responsabilità nell’esercizio di funzioni amministrative, direttive o di controllo, i familiari stretti di questi soggetti e i soggetti che ne subiscono il controllo e l’influenza, le società e gli enti che abbiano in comune la maggioranza degli amministratori, i fondi pensione.Per operazioni sono: gli acquisti o vendite di beni, anche immobili, o di altre società, prestazione o ottenimento di servizi, contratti di agenzia, contratti d’affitto o leasing, trasferimento di ricerca e sviluppo, accordi di licenza, finanziamenti in qualunque forma concessi, garanzie anche collaterali, contratti di servizi amministrativi.La norma è pensata per salvaguardare il patrimonio sociale delle società di gruppo.

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Gli organi delegatiLa possibilità di attribuire funzioni amministrative ad organi delegati è la più importante eccezione alla regola della collegialità del consiglio di amministrazione.Le motivazioni sono:

- natura pratico operativa- crescente dimensione della società- numero elevato di membri.

L’opportunità di delegare a uno o più amministratori delegati o ad un comitato esecutivo o a entrambi l’esercizio di determinare funzioni.È un’esigenza che si trova all’art. 2381 e trova nell’organo amministrativo dualistico la risposta data dagli ordinamenti di tipo germanico e ora c’è anche nell’ordinamento italiano.Vi è libertà nel determinare l’oggetto delle funzioni delegate, con l’unico limite della non delegabilità dei poteri che la legge attribuisce specificamente al consiglio (2381); nel silenzio dell’atto di delega si presume che la delega abbia per oggetto la totalità delle funzioni delegabili.Gli organi delegati a differenza del consiglio, esercitano poteri derivati che possono sempre essere revocati.Quando esistono uno o più amministratori delegati contestualmente ad un comitato esecutivo, non esiste fra di essi alcun rapporto di dipendenza gerarchica.La tendenza prevalente è di risolvere la questione con una presunzione: mancanza di una volontà chiara e manifesta della norma statuaria di volere nominare più amministratori delegati con facoltà di operare non in modo collegiale, si deve ritenere che essi formino un comitato esecutivo (ha natura collegiale e al suo interno si riproducono i meccanismi della collegialità e le regole che la governano, esposte a proposito del consiglio di amministrazione).Come per il consiglio di amministrazione deve essere tenuto il libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato (2421) e i sindaci devono partecipare alle adunanze (2405).Gli organi delegati cessano con la cessione del consiglio. Possono altresì essere revocati prima della scadenza dalla carica per giusta causa.

Il rapporto amministratori-società. Il compenso degli amministratoriDate le crescenti esigenze di specializzazione connesse con l’esercizio della funzione amministrativa, la scelta dei candidati non può essere effettuata necessariamente nell’ambito nei componenti dell’assemblea; un mutamento nel rapporto nel quale ai caratteri tradizionali del mandato s’affiancano elementi del contratto di lavoro subordinato.Il carattere non contrattuale ma legittimo dei poteri-doveri degli amministratori ha indotto la dottrina ad abbandonare la concezione che ne individuava il fondamento in un contratto di mandato. La natura del rapporto è stata vista da alcuni come un contratto con elementi del mandato e del contratto di lavoro subordinato (contratto di amministrazione). Altri dicono che si parla di atto unilaterale di

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preposizione reso efficace dall’accettazione del designato, dando luogo ad un concorso, non un concorso tra due volontà.L’atto di nomina assembleare attribuisce all’amministratore la carica, ma non ha alcuna influenza sull’ampiezza e natura dei poteri.Nella disciplina tradizionale della società per azioni, le funzioni degli amministratori erano esercitate gratuitamente, dato che l’interesse per gli affari sociali era garantito dalla partecipazione al capitale della società.Con l’affermarsi del carattere professionale della funzione di amministratore la carica è retribuita ed occorre una legge statuaria per renderla gratuita.I compensi e le partecipazioni agli utili sono stabiliti nell’atto di nomina o dall’assemblea.L’assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi in quelli investiti di particolari cariche.C’è il problema della fissazione del compenso quando consiste nella partecipazione agli utili perché non è disciplinato opportunamente, e potrebbe prestarsi a molti abusi, sia ai danni degli azionisti che a scapito del patrimonio sociale nel suo complesso.Un obbligo che la legge impone è che il calcolo sia effettuato sugli utili netti dell’esercizio detratto l’accantonamento annuale a favore della riserva legale disposto dal 2430. il legislatore del 2003 prevede ora che l’attribuzione agli amministratori del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni si futura emissione.Si possono verificare ipotesi miste di retribuzione in forma fissa e in forma partecipativa: per es. alla partecipazione agli utili si affianca un compenso minimo garantito. Gli obblighi di correttezza degli amministratori. Divieto di concorrenzaL’amministratore ha il dovere generale di lealtà, l’obbligo di astenersi dall’abusare della carica in situazione in cui l’amministratore abbia un proprio interesse in determinati atti di gestione della società.È vietato agli amministratori di assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società concorrenti, di esercitare un’attività concorrente per conto proprio e di terzi, di essere amministratori o direttori generali in società concorrenti, salvo autorizzazione dell’assemblea. La sanzione è la revoca.

Funzioni degli amministratori e competenza degli altri organi socialiNel nostro ordinamento competono in via esclusiva agli amministratori in via esclusiva tutti quegli atti che rientrano nel concetto di gestione della società.L’assemblea, composta da un elevato numero di soci potrà al massimo dare delle direttive di larga massima; ma il compito di attuazione non potrà essere che degli amministratori. Sancito in una esplicita norma di legge.Il nuovo 2380-bis afferma il carattere esclusivo delle competenze gestorie affidate all’organo amministrativo.Permangono poi specificamente attribuiti agli amministratori compiti di redigere il progetto di bilancio, di curare la tenuta dei libri sociali, di compiere gli atti necessari per la stessa attuazione delle delibere assembleari.

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Gli amministratori compiono atti di gestione. Il collegio sindacale nella gestione non deve intromettersi, ma la deve controllare.Solo in via eccezionale i sindaci possono supplire nella gestione, quando tutti gli amministratori siano venuti meno.

La rappresentanza della societàIn quanto persona giuridica la spa agisce nei confronti dei terzi tramite persone fisiche (i suoi legali rappresentanti). Essi sono gli amministratori o quelli di essi ai quali lo statuto ha attribuito tale potere secondo quanto disposto dal 2328.Il potere di rappresentare la società rientra nel concetto generale di amministrazione.Si vuole distinguere tra:

- gestione o amministrazione interna: potere deliberativo o di decisione degli amministratori: quello che attiene alla fase di formazione della volontà sociale.

- rappresentanza o amministrazione esterna: fa riferimento alla fase successiva nella quale la volontà sociale se si estrinsechi in atti e viene manifestata all’esterno nei confronti dei terzi. Non occorre la partecipazione di tutti gli amministratori, ma è opportuno che soltanto uno o alcuni di essi svolgano tale funzione.

Qualora lo statuto non precisi chi degli amministratori sia dotato dei poteri di rappresentanza la funzione spetta a tutti congiuntamente.La riforma del 2003 ha profondamente inciso sulla disciplina dei limiti al potere si rappresentanza della società.L’esigenza della certezza dei rapporti d’affari ha determinato una forte spinta a rafforzare il principio dell’affidamento, con la conseguenza di attenuare la tutela della corretta manifestazione della volontà sociale, a favore di una maggiore salvaguardia dei diritti dei terzi.È stato ordinamento germanico ad aprire la strada.Il 2384 sancisce che il potere di rappresentanza attribuito agli amministratori dallo statuto o dalla deliberazione di nomina è generale. 2 letture:

- la disposizione può essere vista come una sorta di regola di principio per la prassi statuaria. Con rappresentanza generale si afferma che qualunque tipo di negozio poteva essere compiuto dagli amministratori, purchè mirate al conseguimento dell’oggetto sociale.

- La disposizione però può essere vista come l’accoglimento del principio del diritto germanico per il quale il limite dell’oggetto sociale ha effetti meramente interni e non è opponibile al terzo.

Il principio del limite dell’oggetto sociale non viene meno per gli amministratori, ma permane.La violazione del limite però non incide sulla validità degli atti compiuti con i terzi, ma semplicemente sul rapporto amministratori-società.L’art. 2384 sancisce che le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dallo statuto o da una decisione degli organi competenti non sono opponibili ai terzi, anche se pubblicate, salva la prova che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società. Disciplina l’eccesso di potere rappresentativo.

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Attribuisce alle limitazioni una rilevanza ancora una volta interna; viene meno se si possa provare nel terzo un’intenzionalità dannosa.Gli atti eccedenti l’oggetto sociale sono invalidi non tanto perché non possono essere compiuti dagli amministratori, quanto perché la stessa società non li potrebbe compiere se non modificando previamente l’oggetto statuario con la procedura prevista. Ipotesi:

1. quando l’atto, per ogni altro aspetto valido, sia stato compiuto da un amministratore il cui atto di nomina fosse invalido: il 2383 stabilisce che una volta effettuati gli adempimenti pubblicitari previsti dal precedente comma 4 l’invalidità no sia opponibile al terzo salvo che la società provi che questi ne era a conoscenza.

2. caso in cui l’amministratore abbia compiuto un atto di esecuzione di una delibera consiliare invalidata ai sensi del 2388 e salvo i diritti acquistati in buona fede dai terzi.

3. in caso di atti compiuti in attuazione di delibera consiliare invalida perché assunta con il voto determinante di amministratore che aveva un interesse nell’operazione (abuso di rappresentanza). La legge fa salvi i diritto acquistati in buona fede dai terzi.

4. gli amministratori hanno compiuto l’atto senza che preventivamente vi sia stata una deliberazione consiliare o in eccesso o in difformità rispetto ad essa.

La società può essere rappresentata anche dai direttori generali, da dipendenti, mandatari speciali. In tali casi i poteri di rappresentanza esercitati da tali soggetti hanno natura derivata e discendono da una procura ad essi rilasciata dagli amministratori sulla base non delle norme speciali del diritto delle società, bensì sulla base delle norme civilistiche generali in materia di rappresentanza.

I doveri degli amministratoriObblighi:

- inerenti la convocazione del’assemblea in caso di perdite (2446);- obblighi in materia di bilancio (redazione, deposito, corretta tenuta delle

scritture contabili)- nei confronti del collegio sindacale;- quando si verifichi una causa di scioglimento della società;- di informazione nei confronti del pubblico nel caso di società con azioni

quotate in mercati regolamentati- di comunicazione agli organismi di vigilanza, generali o di settore- previsti da leggi tributarie, previdenziali, penali,…- comunicare l’esistenza di un proprio interesse in operazioni compiute dalla

società.- Perseguire l’interesse sociale.

L’amministratore non deve anteporre un proprio interesse a quello della società.Anche prescindendo dai loro interessi personali, tutto l’operato degli amministratori deve essere orientato al perseguimento dell’interesse della società.

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Il legislatore della riforma nel nuovo 2392 richiede ora agli amministratori la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico. La soluzione italiana sviluppa il criterio già contenuto nel 1176 per il quale la diligenza deve valutarsi con riguardo all’attività esercitata, aprendo così la possibilità di variare il parametro di riferimento a seconda delle dimensioni della società, del suo oggetto, del settore di operatività, ecc.La diligenza degli amministratori deve essere quella richiesta dalle loro specifiche competenze.È negligenza accettare una carica per la quale non si possiedano adeguate capacità professionali.Il metro della diligenza riguarda le modalità con le quali dopo l’assunzione della carica, le funzioni vengono esercitate ed è rilevante ai fini della responsabilità.I doveri degli amministratori si diversificano in presenza di organi delegati.In ogni caso gli amministratori sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedire il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.Anche in presenza di organi delegati gli altri amministratori rimangono assoggettati al dovere d’intervento, se a conoscenza di atti pregiudizievoli. Quanto al dovere d’intervento può essere esplicato dall’organo collegiale in molto modi: revocando o modificando la delega, revocando il delegato, l’atto compiuto, esercitando la funzione sostitutiva del consiglio mediante il compimenti diretto da parte di questo dell’atto o degli atti suscettibili di rimediare alla mala gestio degli organi delegati.Se nell’ambito del potere di agire in modo informato (2381) l’amministratore venga a conoscenza di atti pregiudizievoli, egli deve esercitare il dovere di intervento di cui al 2393.

La responsabilità degli amministratoriQuando gli amministratori violano i propri doveri, nasce a loro carico una sanzione che nei casi più gravi assume anche carattere penale (2621), ma che determina una responsabilità civile sotto forma di un obbligo di risarcimento del danno nei confronti di chi lo abbia subito: società, creditori sociali, singoli cosi o terzi.La qualificazione della responsabilità come contrattuale comporta un’importante conseguenza sull’onere della prova. L’attore (la società) per ottenere il risarcimento (danno emergente e lucro cessante) deve dare la prova dell’evento dannoso (la mala gestio dell’amministratore), del danno nel suo ammontare, dl nesso di causalità, ma non della colpa, giacchè la negligenza dell’amministratore coincide di per sé con l’inadempimento (1218).Alla violazione dell’obbligo di perseguimento dell’interesse sociale, l’evento dannoso non è l’inadempimento di uno specifico comando legislativo o statuario, ma un comportamento negligente riferito all’interesse della società.il controllo che in sede di controversia giudiziaria è sempre di legittimità e non di merito.Si è detto che quella degli amministratori è obbligazione di diligenza, non di risultato: non sono chiamati a rispondere di tutte le volte in cui la gestione abbia dato risultati

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negativi, che potrebbero essere dipesi anche da condizioni di mercato o da altri fattori non imputabili nella loro gestione.L’art. 2392 stabilisce che la responsabilità degli amministratori abbia carattere solidale. È una conseguenza naturale del carattere di collegialità.L’amministratore non potrà dunque essere ritenuto responsabile per violazioni attinenti ad attribuzioni proprie di singoli amministratori ovvero del comitato esecutivo.Sarà responsabile qualora non abbia ottemperato al dovere di vigilanza ai sensi del 2381 o qualora non abbia adempiuto al dovere d’intervento di cui al 2392, se venuto a conoscenza di atti pregiudizievoli compiuti dagli organi delegati.Il principio della collegialità fa si che il volere della maggioranza prevalga su quello della minoranza e sia imputabile a tutto il collegio, minoranza compresa.Per impedire che la regola della collegialità esplichi tutti i suoi effetti anche sui dissenzienti, occorre seguire la speciale procedura che, oltre all’annotazione sul libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, richiede che un’immediata comunicazione scritta al presidente del collegio sindacale.La regola della collegialità implica l’imputazione delle decisioni anche ai membri assenti. Il consigliere potrà essere considerato esente da responsabilità solo qualora consultati con diligenza e assiduità anche i verbali delle riunioni in cui era risultato assente a avvedutosi di deliberazioni pregiudizievoli, abbia provveduto agli adempimenti 2392. un’aggravante ai fini della responsabilità è l’assenteismo ingiustificato dell’amministratore.Potrà accadere che un amministratore succeduto nella carica ad altro cessato venga a conoscenza di irregolarità precedentemente compiute: ovviamente non gli potranno essere imputate, ma gli potrà essere imputato di non aver fatto quanto in suo potere per eliminarne le conseguenze.Nulla potrà essere imputato all’amministratore cessato dalla carica per atti compiuti dagli altri amministratori dopo la cessazione.Qualora accanto al l’amministratore di fatto esistano anche amministratori regolarmente nominati, questi rispondono in solido con il primo.

L’azione di responsabilità contro gli amministratoriQuando gli amministratori sono civilmente responsabili a seguito di negligenze nella gestione, soggetti legittimati ad esercitare l’azione di risarcimento sono la società, i sindaci, le minoranze azionarie, i creditori sociali, i singoli soci o i terzi.L’azione sociale di responsabilità poté a lungo essere esercitata nel nostro ordinamento solo a seguito di una deliberazione dell’assemblea (2393).È derogato dall’introduzione nell’ordinamento societario dell’azione sociale di responsabilità esercitata dalle minoranze.La regola della preventiva deliberazione assembleare è stata mantenuta anche dal legislatore della riforma.La decisione relativa può essere assunta anche dal collegio sindacale, con la maggioranza dei due terzi dei componenti.

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La stretta connessione instaurata tra bilancio e responsabilità degli amministratori non comporta che l’approvazione del bilancio abbia per effetto la liberazione degli amministratori dalla responsabilità: ciò è espressamente escluso dal 2434, non solo per gli amministratori ma anche per i sindaci, i direttori generali e i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari.Quando gli amministratori contro i quali l’azione viene esercitata non sono più in carica, agire in giudizio spetta ai nuovi amministratori; quando i vecchi siano ancora in carica deve essere nominato un procuratore speciale.Quando la società è dichiarata fallita (o sottoposta a liquidazione coatta amministrativa o ad amministrazione straordinaria), l’esercizio dell’azione spetta al curatore fallimentare, commissario liquidatore, commissario straordinario. Ma in tal caso non occorre la preventiva deliberazione dell’assemblea sociale.L’esercizio dell’azione si prescrive in 5 anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica.La società può rinunciare all’esercizio dell’azione di responsabilità e può transigere, purchè la rinuncia e la transazione siano approvate con espressa deliberazione dell’assemblea e non vi sia il voto contrario di una minoranza di soci (1/5 del CS).L’azione sociale minoritaria di responsabilitàPuò essere esercitata anche dai soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale, o la diversa misura prevista nello statuto, comunque non superiore al terzo. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l’azione può essere esercitata dai soci che rappresentino 1/40 del capitale sociale.L’azione viene esercitata dai soci, che nominano a tal fine uno o più rappresentanti comuni.Però all’azione sociale minoritaria deve essere riconosciuto il carattere di azione surrogatoria: la legittimazione dei soci non sussiste se l’azione è già stata proposta dalla società.L’esercizio dell’azione minoritaria vedrebbe comunque la società come litisconsorte (parte sociale in processo) necessaria nel procedimento: la società deve infatti essere chiamata in giudizio e l’atto di citazione deve essere ad essa notificato anche in persona del presidente del collegio sindacale.La società non può rinunciare all’azione o transigere su di essa, se vi sia il voto contrario di una minoranza di soci che rappresentino un quinto del capitale, 1/20 per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, la diversa misura eventualmente stabilita dallo statuto.Possono invece rinunciare all’azione o transigerla i soci che hanno agito, ma il corrispettivo della rinuncia deve andare a vantaggio della società.

L’azione di responsabilità dei creditori socialiSi basa su presupposti in parte diversi da quelli dell’azione sociale. L’art. 2394 stabilisce che gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti.

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L’azione può essere esercitata non in tutti i casi in cui potrebbe esserlo quella sociale: la società può infatti agire non solo quando il patrimonio non sia stato conservato integro, ma anche quando per negligenze di gestione, si siano perse occasioni per incrementarlo; così come la società può agire anche quando il patrimonio, sempre per negligenze di gestione, sia diminuito, ma non in misura tale da pregiudicare le aspettative di soddisfacimento dei creditori.In caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria della società, anche all’azione dei creditori, si applica al 2394-bis: onde la legittimazione spetta rispettivamente al curatore, al commissario liquidatore, al commissario straordinario. Anch’essa si prescrive in 5 anni.La rinunzia all’azione da parte della società non ne impedisce l’esercizio da parte dei creditori sociali. Invece la transazione può essere da questi impugnata solo con l’azione revocatoria, quando ricorrano gli estremi del 2901.Nel principali ordinamenti stranieri l’azione dei creditori è in genere ritenuta surrogatoria.Se per gli aspetti processuali il mezzo di tutela offerto ai creditori dal 2394 è equiparabile a un’azione surrogatoria, il comma 3 offre agli stessi creditori una tutela rafforzata , tipica dell’azione diretta, per il caso in cui la società abbia rinunziato all’azione.

L’azione extracontrattuale dei singoli soci o terziExtracontrattuale è la responsabilità dei soci o terzi prevista dal 2395. sancisce la norma che quanto disposto per l’azione sociale o dei creditori non pregiudica il diritto al risarcimento spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti colposi o dolosi degli amministratori. Deve trattarsi di danno diretto.I casi di applicazione concreta della norma sono rari e riguardano ipotesi di false comunicazioni sociali, per cui sia singoli soci che terzi siano indotti ad effettuare su titoli della società operazioni che altrimenti non avrebbero compiuto; o ipotesi di violazione di diritti individuali.Il socio e il terzo devono provare anche il carattere ingiusto del danno e la colpa dell’amministratore. Del danno è chiamata a rispondere anche la società.L’azione può essere esercitata entro 5 giorni dal compimento dell’atto che ha pregiudicato il socio o il terzo.

I direttori generaliL’art 2396 sancisce che le disposizioni regolatrici della responsabilità degli amministratori si applicano anche ai direttori generali nominati dall’assemblea o per disposizione dello statuto, in relazione ai compiti a loro affidati, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società.Il codice civile tratta solo la disciplina della responsabilità.I dirigenti non coincidono necessariamente con gli institori. Il direttore generale è subordinato solo all’imprenditore, non ha i poteri di rappresentanza generale.Di solito è un dipendente della società, ma può anche non esserlo.

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Ai direttori generali nominati dall’assemblea o su autorizzazione statuaria si estendono dunque gli obblighi di diligenza, vigilanza, intervento, perseguimento dell’interesse sociale previsti per gli amministratori, così come il divieto di concorrenza, e i divieti di operare in violazione, del limite dell’oggetto sociale e in conflitto di interessi.È valutata anche la loro responsabilità: che può sorgere verso la società, verso i creditori sociali, verso singoli soci o terzi.

Responsabilità degli amministratori e tutela delle minoranze: il controllo giudiziarioCon l’art. 2409 il legislatore del 42 aveva introdotto una delle disposizioni più importanti del nostro diritto delle società.La riforma del 2003 ne ha di molto indebolito l’efficacia, sopprimendo o limitando alcune della caratteristiche più rilevanti dell’istituto.

1. Se vi è fondato sospetto che gli amministratori in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o a una o più società controllate, i soci che rappresentano 1/10 del capitale sociale possono denunziare i fatti al tribunale con ricorso notificato anche alla società.

2. Il tribunale, sentiti in camera di consiglio gli amministratori e i sindaci, può ordinare l’ispezione dell’amministrazione della società a spese dei soci richiedenti, subordinandola alla prestazione di una cauzione; il provvedimento è reclamabile.

3. Il tribunale non ordina l’ispezione e sospende per un periodo determinato il procedimento se l’assemblea sostituisce gli amministratori e i sindaci con soggetti di adeguata professionalità, che si attivano senza indugio per accertare se le violazioni sussistono e per eliminarle, riferendo al tribunale per gli accertamenti e le attività compiute;

4. Se le violazioni denunziate sussistono , ovvero se gli accertamenti e le attività compiute ai sensi del terzo comma risultano insufficienti alla loro eliminazione, il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori e convocare l’assemblea per le conseguenti deliberazioni;

5. Nei casi più gravi può revocare gli amministratori ed eventualmente anche i sindaci e nominare un amministratore giudiziario, determinandone i poteri e la durata;

6. L’amministratore giudiziario può proporre l’azione di responsabilità contro gli amministratori e i sindaci; ma la società può rinunciare all’azione o può transigere nelle forme del 2393;

7. Prima della scadenza del suo incarico l’amministratore giudiziario rende conto al tribunale che lo ha nominato, convoca e presiede l’assemblea per la nomina dei nuovi amministratori e sindaci o per proporre la messa in liquidazione della società o la sua ammissione ad una procedura concorsuale;

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8. Prima della riforma del 2003 i provvedimenti potevano essere adottati anche su richiesta del pubblico ministero, possibilità che è ora mantenuta solo nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.

La norma:1. pone in primo luogo come istituto a tutela delle minoranze contro

negligenze dell’organi amministrativo;2. può poi essere considerata come un’ipotesi ulteriore in cui è prevista la

possibilità di esercitare l’azione di responsabilità contro gli amministratori e sindaci;

3. la disposizione può infine essere vista come una norma di chiusura, un rimedio predisposto dall’ordinamento per completare gli strumenti previsti al fine di assicurare la corretta gestione della società, quando gli altri si rivelino preclusi o inadeguati.

Il concetto di gravi irregolarità, sulle quali il tribunale, secondo le regole che governano il generale la responsabilità, compie un controllo di legittimità e non di merito, di solito è fatto coincidere con le stesse forme di negligenza che darebbero luogo ad un’azione sociale di responsabilità. La giurisprudenza ha correttamente ritenuto che costituisca grave irregolarità il mancato perseguimento dell’interesse sociale.L’art 2409 si prestava a due considerazioni:

- una minoranza che non raggiungesse 1/10 del capitale poteva segnalare le gravi irregolarità, inducendo il pubblico ministero ad assumere l’iniziativa di proporre il rimedio: così realizzando una tutela delle minoranze anche inferiore al decimo.

- L’attribuzione da parte della legge di un organo espressione dell’interesse pubblico della legittimazione ad effettuare la denunzia era stato dalla dottrina inteso come un indizio dell’esistenza, nel nostro sistema giuridico, non solo di un interesse privato, ma anche pubblico alla corretta gestione della spa.

Oggi non vale più per tutte le società, ma solo per quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.

Il modello TRADIZIONALE di controllo

Il COLLEGIO SINDACALE è la denominazione con la quale il nostro codice designa l’organo interno di controllo, a suo tempo ispirato all’esempio francese dei commissaires aux comptes e che ha assunto una più grande funzione di vigilanza sulla gestione sociale. Fino al codice del commercio del 1882 non era prevista la nomina obbligatoria di soggetti diversi dagli amministratori, che esercitassero funzioni di sorveglianza contabile. Nel 1865 si costituì un sindacato pubblico di controllo sulle società anonime.Però il giudizio di legittimità dato dall’organismo pubblico era stato alla base di preoccupanti episodi di lesone degli interessi di piccoli risparmiatori.Il legislatore del 1882 soppresse il sindacato pubblico e affidò la funzione sindacale ad apposito organo interno alla società, nominato dagli stessi azionisti.

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Questo fatto rendeva problematica anche una reale tutela degli interessi dei terzi, che pure sarebbe rientrata nelle finalità dell’istituto sindacale.Nella codificazione del 42 le funzioni del collegio sindacale si sono poi arricchite sotto l’influenza del modello della legge tedesca del 37, di compiti che eccedono il mero controllo di legittimità, per estendersi, nei casi previsti dalla legge, a veri e propri interventi nella gestione, segnatamente in chiave di supplenza delle funzioni degli amministratori.Anche dopo la riforma del 2003 il collegio sindacale è da considerarsi organo necessario nella spa che abbia adottato il modello tradizionale, nel senso che a differenza di quanto è previsto per la srl, deve sempre essere nominato.Prima della riforma del 2003 a modificare la disciplina del collegio sindacale si erano succeduti 2 importanti interventi legislativi:

- nel 1992 con lo scopo di accentuare i requisiti di professionalità per la nomina a sindaco;- nel 1998 si introdussero delle norme speciali per il collegio sindacale delle società con azioni quotate in mercati regolamentati.

Composizione e nomina del collegio sindacaleIl collegio sindacale (2397) si compone di 3 o 5 membri effettivi, soci o non soci; devono essere nominati anche 2 sindaci supplenti.I sindaci sono nominati per la prima volta nell’atto costitutivo e successivamente dall’assemblea (2400) alla quale spetta anche la nomina del presidente del collegio (2398). Derogano all’applicazione rigorosa del principio dell’elezione assembleare 3 ipotesi:- la possibilità di attribuire ai possessori degli strumenti finanziari il diritto di nominare un sindaco (un membro del consiglio di sorveglianza, nel caso sia stato adottato il modello dualistico);- attribuire la nomina di uno o più sindaci allo stato o ad altri enti nel caso di società da essi partecipate.Nel Registro dei revisori contabili tutti i sindaci sono scelti a garanzia della loro competenza, fra gli iscritti a detto registro.La norma aveva la propria giustificazione nel fatto che, all’epoca la prevalente funzione dei sindaci era l’esercizio del controllo contabile.Almeno un membro di quelli scelti fra gli iscritti nel registro e i restanti membri siano iscritti negli albi professionali individuati con decreto del Ministro della giustizia, ovvero siano professori ordinari di ruolo in materie economiche o giuridiche.I sindaci supplenti (2401) subentrano automaticamente nella carica, in ordine di età e nel rispetto dei criteri di professionalità ai sensi del 2397.I nuovi sindaci restano in carica sino alla prossima assemblea, la quale deve provvedere alla nomina dei sindaci effettivi e supplenti necessari per l’integrazione del collegio.I nuovi nominati scadono insieme con quelli in carica.

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Il nuovo 2328 dice che la nomina così come per gli amministratori e il revisore deve essere effettuata nell’atto costitutivo.Per l’elezione alla carica di sindaco occorrono requisiti soggettivi, la cui mancanza determina delle vere e proprie limitazioni di natura qualitativa alla possibilità di ricoprire l’ufficio. Si parla di cause di ineleggibilità, che si sogliono distinguere in assolute e relative dette quest’ultime dette anche cause d’incompatibilità.Causa di ineleggibilità assoluta è: - La mancata iscrizione nel registro dei revisori contabili.Causa di ineleggibilità relativa o d’incompatibilità:- cause che inibiscono a un determinato soggetto l’assunzione della carica del collegio sindacale di una determinata società.

Non possono assumere la carica di sindaco il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società, di quelle controllate, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo.

Perché s’instauri il rapporto tra la società e il sindaco neo nominato occorre che quest’ultimo accetti la carica, in forma scritta (ai fini dell’adempimento degli obblighi pubblicitari).La nomina dei sindaci deve essere iscritta a cura degli amministratori nel registro delle imprese entro il termine dei 30gg.Il 2402 dice che la retribuzione annuale dei sindaci se non è stabilita nello statuto deve essere determinata dall’assemblea per l’intero periodo di durata del loro ufficio, contestualmente alla delibera di nomina.La nomina del collegio nella spa è un obbligo, che discende dal carattere di organo necessario che esso ha.

Durata della carica e cessazione dall’ufficioPer l’art. 2400 i sindaci restano in carica per 3 esercizi e scadono alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo al 3 esercizio della carica. La cessazione per scadenza del termine ha effetto nel momento in cui il collegio è stato ricostituito.I sindaci possono essere revocati solo per giusta causa. C’è inderogabilità statuaria del termine. Lo scopo di assicurare l’indipendenza dei sindaci è poi perseguito in modo ancor più incisivo con la regola dell’irrevocabilità prima del termine, se non per giusta causa; e la deliberazione assembleare di revoca deve essere approvata con decreto del tribunale sentito l’interessato.Per quanto concerne la revoca dei sindaci nominati dallo Stato o da enti pubblici (2449), il potere di revoca non compete all’assemblea, ma agli stessi soggetti che hanno proceduto alla nomina.Oltre alla scadenza del termine e alla revoca sono cause di cessazione della carica anche la morte, la rinunzia (solo per giusta causa) e la decadenza (per cause di ineleggibilità, cancellazione o sospensione dall’albo dei revisori contabili, o decadenze sanzionatorie: sindaco che senza giustificato motivo non partecipa durante un esercizio sociale a 2 riunioni del collegio e del sindaco che non assiste senza

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giustificato motivo alle assemblee e a 2 adunanze consecutive del consiglio di amministrazione o del comitato esecutivo.Anche la cessazione dall’ufficio deve essere a cura degli amministratori iscritta nel registro delle imprese nelle forme del 2400.

Struttura e funzioni del collegio sindacaleIn quando organo collegiale il collegio sindacale deve riunirsi almeno una volta ogni 90giorni e la riunione può svolgersi, se lo statuto lo consente indicandone le modalità, anche con mezzi di telecomunicazione (2404).Il collegio è regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei sindaci e delibera a maggioranza assoluta dei presenti.Il 2404 stabilisce che delle riunioni del collegio deve redigersi processo verbale, che viene trascritto nel libro previsto dal 2421 e sottoscritto dagli intervenuti.Quanto alla presidenza del consiglio la scelta compete all’assemblea.Le funzioni del collegio sono:

- di controllo: per l’art. 2403 il collegio vigile sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e in particolare sull’adempimento dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.Per le società con azioni quotate in mercati regolamentati l’oggetto della vigilanza affidata ai sindaci è molto più ampio degli aspetti di mera legittimità per tradursi in un potere d’intervento molto più incisivo rispetto a quanto previsto nel diritto previgente, nelle scelte organizzative e amministrative della società.- di revisione contabile: quando lo statuto lo prevede.

2403: la vigilanza dei sindaci ha carattere generale sulla gestione della società e diretta anche nei confronti degli altri organi sociali. I sindaci hanno il potere-dovere di impugnazione delle deliberazioni assembleari invalide, provvedere insieme con gli amministratori il caso di riduzione del capitale per perdite, agli adempimenti del 2446.Il 2403 estende inoltre l’oggetto della vigilanza all’adeguatezza degli aspetti organizzativi e funzionali, non si può più concepire l’attività sindacale come semplice riscontro formale dell’osservanza della legge e dell’atto costitutivo, ma essa deve essere intesa come consistente in una serie di iniziative rivolte a fornire ai soci e ai terzi un’adeguata certezza circa la correttezza sostanziale della gestione.In caso di comportamento illegittimo degli amministratori, compito dei sindaci è di informare l’assemblea, ma devono comunicare prima il proprio dissenso.Dopo la riforma essi dispongono di un nuovo strumento: la legittimazione a proporre denunzia al tribunale.

I poteri-doveri dei sindaci. Poteri del collegio e individuali. L’art. 2408i poteri da attribuiti dalla legge ai sindaci sono diritti-doveri: non solo possono essere esercitati ma devono essere esercitati.Funzioni:

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Di controllo: sono le più rilevanti, sono in termini generali indicate nel 2403. nel 2403-bis:

- chiedere agli amministratori notizie anche con riferimento a società controllate, sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari;- scambiare info con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di amministrazione e controllo e all’andamento generale dell’attività sociale.

Consultive: - l’obbligo del 2429 di riferire all’assemblea sui risultati dell’esercizio sociale e sull’attività svolta nell’adempimento dei propri doveri e formulare osservazioni proposte in ordine al bilancio e alla sua approvazione; - esprimere il parere ai sensi del 2389 sulla remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche;- strumentale anche ai fini di una funzione consultiva generale nei confronti degli amministratori e dei soci.

Di amministrazione attiva:- la convocazione dell’assemblea e l’esecuzione delle pubblicazioni prescritte dalla legge in caso di omissione o di ingiustificato ritardo da parte degli amministratori nonché l’analogo potere di convocazione previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione.- Il compimento insieme con gli amministratori degli adempimenti previsti dalla legge in caso di sostituzione per la cooptazione di consiglieri di amministrazione;- L’ipotesi del 2386 che realizza una vera e propria funzione di supplenza degli amministratori: quando vengano meno tutti gli amministratori o l’amministratore unico, il collegio sindacale deve convocare d’urgenza l’assemblea e può compiere atti di ordinaria amministrazione.

L’art. 2403-bis consente ai sindaci di procedere in qualsiasi momento ad atti di ispezione e controllo.E consente di avvalersi sotto la propria responsabilità e a proprie spese di propri dipendenti e ausiliari che non si trovino in una delle condizioni di ineleggibilità o decadenza.Per il 2408 la denunzia al collegio sindacale, ove l’organo di controllo è chiamato ad assolvere un compito di speciale rilevanza nell’ambito di quella che può essere considerata una delle più importanti forme di tutela delle minoranze azionarie.Ogni socio può denunciare i fatti che ritiene censurabili al collegio sindacale, il quale deve tener conto della denunzia della relazione all’assemblea.Se la denunzia è fatta da tanti soci che rappresentino 1/20 del capitale o 1/50 nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il collegio sindacale deve indagare senza ritardo sui fatti denunziati e presentare le sue conclusioni ed eventuali proposte all’assemblea.Fatti censurabili: violazioni di legge e dell’atto costitutivo o gravi irregolarità. A seconda che la denunzia sia compiuta o meno da una minoranza qualificata scaturiscono obblighi diversamente vincolanti per i sindaci.

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La responsabilità dei sindaciLa responsabilità dei sindaci è regolata dall’art. 2407.I sindaci debbono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico.Anche i poteri dei sindaci non derivano dal mandato assembleare, ma dalla stessa legge e dallo statuto, circostanza che giustifica le medesime considerazioni fatte per gli amministratori circa la qualificazione della responsabilità.Anche i doveri dei sindaci sono in parte specificamente determinati dalla legge e in parte consistono nel generale dovere i vigilanza sull’operato degli altri organi sociali, avendo come metro di giudizio il perseguimento dell’interesse sociale.Anche la diligenza dei sindaci, come quella degli amministratori deve essere valutata con criterio professionale.I sindaci sono responsabili della varietà delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui anno conoscenza per ragione del loro ufficio.È da ritenersi che la solidarietà sussista per tutti gli atti compiuti collegialmente.La legge è infatti esplicita nell’affermare che i sindaci sono solidalmente responsabili con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica (culpa in vigilando).Le azioni di responsabilità dei confronti dei sindaci sono regolate dalle stesse norme previste per gli amministratori (2407).

Il controllo contabileC’è distinzione tra controllo sulla gestione, affidata al collegio sindacale e controllo contabile, affidato ad un revisore.L’art. 2409-bis sancisce che:

- il controllo contabile sulla società è esercitato da un revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel registro istituito presso il ministero della giustizia;- nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile è esercitato da una società di revisione iscritta nel registro, che è soggetta alla disciplina dell’attività di revisione prevista per le società emittenti azioni quotate in mercati regolamentati e alla vigilanza della Consob.- Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che il controllo contabile sia esercitato dal collegio sindacale; il collegio deve essere tutto costituito da revisori contabili iscritti nel registro.

Il revisore e la società di revisione non sono organi della società ma soggetti esterni professionalmente qualificati.Per quanto concerne la responsabilità dei soggetti incaricati del controllo contabile, si richiede la diligenza professionalmente qualificata; e si precisa che la responsabilità per violazione dei propri doveri è nei confronti della società, dei soci e dei terzi.La prescrizione è quinquennale.

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Alla società di revisione spetta la funzione primaria del controllo sulla regolare tenuta delle scritture contabile e sulla corrispondenza ad esse dei bilanci d’esercizio e consolidato.Al collegio spetta in materia di contabilità sociale essenzialmente una vigilanza sull’adeguatezza del sistema amministrativo-contabile della società.

Il SISTEMA DUALISTICO di amministrazione e controlloLa caratteristica essenziale del sistema dualistico ribadisce la facoltatività statutaria e che è così denominato perché distinto in un consiglio di gestione e un consiglio di sorveglianza. L’art. 2409-novies: la nomina dei componenti del consiglio di gestione spetta al consiglio di sorveglianza, previa determinazione del loro numero nei limiti stabiliti dallo statuto.La nomina del consiglio di gestione non rientra nelle competenze dell’assemblea.Nel sistema dualistico non esiste uno statuto corrispondente all’amministratore unico.Il consiglio di gestione ha sempre natura collegiale e deve essere costituito da un numero di componenti non inferiore a 2. sarà poi il consiglio di sorveglianza a determinarne in concreto il numero, fra il minimo e il massimo statuario.I membri del consiglio di gestione possono essere non soci.La gestione dell’impresa spetta esclusivamente al consiglio di gestione il quale compie le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. Il consiglio può altresì delegare proprie attribuzioni ad uno o più dei suoi componenti: ed in tal caso sono esplicitamente richiamate le norme inerenti gli organi delegati del consiglio di amministrazione nelle società che adottano il sistema tradizionale (2381).I componenti del consiglio di gestione non possono essere nominati anche consiglieri di sorveglianza; essi restano in carica per un periodo non superiore a 3 esercizi, con scadenza alla data di della riunione del consiglio di sorveglianza convocato per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo esercizio della loro carica.Sono rieleggibili, salva diversa disposizione dello statuto e sono revocabili dal consiglio di sorveglianza in qualunque tempo.Se nel corso dell’es vengono a mancare uno o più componenti del consiglio di gestione non c’è cooptazione ma è il consiglio di sorveglianza che deve provvedere senza indugio alla nomina.Ai sensi del 2409-undecies, al consiglio di gestione si applicano le norme previste per gli amministratori nel modello tradizionale:

- in materia di nomina del presidente, - di dovere degli amministratori di agire in modo informato, - di cause di ineleggibilità e di decadenza di pubblicità della nomina e della

revoca di poteri di rappresentanza, - di cessazione dalla carica, - di requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza, - di divieto di concorrenza, - di doveri di responsabilità, - di azioni di responsabilità dei creditori sociali, nel fallimento o su iniziativa di

singoli soci o terzi.

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Si applicano altresì alle deliberazioni del consiglio di gestione le norme in tema di invalidità delle deliberazioni e di interessi degli amministratori, ma la legittimazione all’impugnativa spetta anche al consiglio di sorveglianza.Quanto all’azione sociale di responsabilità, l’art. 2409-decies conferma che essa può essere promossa come nel sistema tradizionale, sia dalla società, ai sensi del 2393, che dalla minoranza qualificata di soci di cui al 2393-bis.L’azione di responsabilità può essere proposta anche a seguito di deliberazione del consiglio di sorveglianza. La deliberazione è assunta a maggioranza dei componenti dell’organo e se la maggioranza è almeno di 2/3 dei componenti, importa la revoca dell’ufficio dei consiglieri di gestione contro chi è proposta, alla cui sostituzione provvede contestualmente lo stesso consiglio di sorveglianza.L’azione può essere esercitata entro 5 anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica.Il consiglio di sorveglianza si compone di un numero di membri non inferiore a 3, salvo un numero minimo più elevato stabilito dallo statuto.

- I componenti possono anche essere non soci.- La nomina dei componenti l’organo spetta all’assemblea, previa

determinazione del loro numero nei limiti stabiliti dallo statuto, ma i primi componenti sono nominati nell’atto costitutivo.

- I componenti il consiglio di sorveglianza restano in carica per 3 esercizi e scadono alla data della successiva assemblea;

- Almeno un componente del consiglio di sorveglianza deve essere scelto fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili;

- I componenti del consiglio di sorveglianza sono rieleggibili e sono revocabili dall’assemblea in qualunque tempo, purchè la maggioranza che ha approvato la revoca abbia i requisiti previsti dal 2393.

- Lo statuto può subordinare l’assunzione della carica al possesso di particolari requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza;

- Se nel corso dell’esercizio vengono a mancare uno o più componenti è l’assemblea a dover provvedere senza indugio alla sostituzione;

- Il presidente del consiglio di sorveglianza è eletto dall’assemblea ma è lo statuto a determinarne i poteri.

- Non possono essere eletti alla carica di componente il consiglio di sorveglianza coloro che si trovino nelle condizioni di ineleggibilità previste dal 2382.

Competenze del consiglio di sorveglianza:- la nomina e la revoca dei componenti il consiglio di gestione e la

determinazione del loro compenso;- l’approvazione del bilancio d’esercizio e del bilancio consolidato, ma la

deliberazione sulla distribuzione degli utili continua ad essere competenza assembleare;

- la promozione dell’azione di responsabilità nei confronti dei membri del consiglio di gestione. Sono invece funzioni sindacali le funzioni di vigilanza di cui al 2403, e anche la presentazione della denuncia al tribunale confermata per il consiglio di sorveglianza.

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La diligenza richiesta ai membri del consiglio di sorveglianza è professionalmente qualificata, cioè la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico; come per i sindaci esso sono responsabili solidalmente con i componenti del consiglio di gestione per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.I componenti del consiglio di sorveglianza possono assistere alle adunanze del consiglio di gestione ma devono partecipare alle assemblee.La particolare distribuzione dei poteri fra organi sociali, che il modelli dualistico comporta, si riflette naturalmente anche sulle funzioni dell’assemblea.L’affidamento da parte dello statuto, anche del controllo contabile all’organo di controllo generale sulla gestione è infatti una soluzione concepibile solo nella tradizione del collegio sindacale.

Il SISTEMA MONISTICO dell’amministrazione e controlloÈ di derivazione anglosassone, ove l’organo di controllo, denominato comitato per il controllo della gestione, sia costituito all’interno stesso del consiglio di amministrazione.Per incompatibilità strutturale nel modello monistico non può esistere la figura dell’amministratore unico.Almeno un terzo dei componenti del consiglio di amministrazione deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dal 2399, nonché quelli al riguardo previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di categoria o da società di gestione di mercati regolamentati: norma finalizzata ai requisiti personali dei consiglieri fra i quali scegliere i membri del comitato per il controllo della gestione, come fra poco si vedrà.La disciplina fondamentale dettata per il sistema monistico è essenzialmente l’art. 2409-octiesdecies interamente dedicato al comitato per il controllo sulla gestione.Nella versione italiana dell’istituto le cautele adottate sono le seguenti:

- il comitato per il controllo della gestione è composto da amministratori in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità stabiliti dallo statuto: le clausole statuarie in materia debbono essere previste;

- i componenti devono possedere requisiti d’indipendenza, requisiti ordinari previsti per i sindaci.

- I componenti del comitato non debbono essere attribuite le deleghe gestorie o cmq particolari cariche che ad ogni caso essi non devono svolgere, anche di mero fatto, funzioni attinenti alla gestione dell’impresa sociale o di società che la controllano o ne sono controllate.

- Almeno uno dei componenti del comitato deve essere scelto fra gli iscritti nel Registro dei revisori contabili. In caso di morte, rinuncia o revoca o decadenza di un componente del comitato, il consiglio di amministrazione provvede senza indugio a sostituirlo con altro membro del consiglio stesso che possieda i

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requisiti sopra indicati per l’es della funzione; in mancanza provvede a cooptazione ai sensi del 2386, scegliendo una persona che ne abbia i requisiti.

Il comitato per il controllo sulla gestione elegge al proprio interno, a maggioranza assoluta dei suoi membri, il presidente: vigila sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e contabile, nonché sulla idoneità a rappresentare correttamente i fatti di gestione; svolge gli ulteriori compiti affidatigli dal consiglio di amministrazione, alle assemblee ed alle riunioni del comitato esecutivo di denuncia di fatti censurabili.Riguardo ad ogni altro aspetto si applicano all’organo monistico le norme disposte per il consiglio di amministrazione del sistema tradizionale.Anche il controllo contabile è disciplinato per totale rinvio alle disposizioni che regolano l’istituto nel modello tradizionale.

Gli organi di amministrazione e controllo nelle società con azioni quotate in mercati regolamentatiIl decreto correttivo del 2004 ha 2 finalità:

- necessità di adattare la disciplina speciale inizialmente prevista per il collegio sindacale delle società quotate, ove mantenuta dopo la riforma, all’organo di controllo dei modelli alternativi dualistico e monistico;

- l’opportunità di abrogare le norme del testo unico che come se è accennato, anticipavano le regole poi generalizzate dalla riforma del 2003 e che pertanto risultavano ormai superflue a seguito della applicabilità della disciplina di diritto comune.

La legge del 2005 sulla tutela del risparmio prevede regole speciali anche per gli organi di amministrazione delle società con titoli quotati in mercati regolamentati, aggiuntive rispetto a quelle citate, preesistenti, relative ai soli organi di controllo. L’evoluzione legislativa è proseguita a seguito dell’emanazione di quello del 2006, che è intervenuto a modificare ancora una volta alcune norme del TUF.

L’organo amministrativo delle società quotateLa finalità delle nuove disposizioni speciale era triplice:

- determinare le modalità di elezione alle cariche sociali,- introdurre il principio della rappresentanza obbligatoria delle minoranze

nell’organo amministrativo- vincolare l’eleggibilità alla carica a requisiti soggettivi, a seconda dei casi, di

indipendenza professionalità e onorabilità.

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Quanto alle modalità di elezione, l’art. 147-ter stabiliva che per le elezioni alle cariche sociali le votazioni dovessero sempre svolgersi con scrutinio segreto.L’estensione all’organo amministrativo delle società quotate della regola della rappresentanza obbligatoria delle minoranze del collegio, già in precedenza disposta ma per il solo organo di controllo.L’elezione dei componenti l’organo amministrativo si svolge sulla base di proposte di nomina predisposte dagli azionisti, raggruppate in liste secondo modalità di calcolo variabili in relazione alle specifiche regole poste dallo statuto sociale.È applicabile, oltre che nel sistema di amministrazione e controllo tradizionale, nel sistema monistico. Non è riferibile al sistema dualistico.Le società in occasione della convocazione dell’assemblea chiamata a deliberare sulla nomina degli amministratori potranno agevolmente determinare, sulla base di criteri oggettivi, la quota di partecipazione necessaria per la presentazione delle liste.Esiste un quorum minimo per la presentazione delle liste fissato nel 2,5% del capitale con diritto di voto: solo i soci o gruppi di soci rappresentativi almeno di tale quota possono presentare liste.Sul metodo della nomina dei consiglieri espressione della minoranza vale in generale il principio della minoranza: è eletto come espressione della minoranza il candidato della lista che può esprimere il maggior numero di voti.La rappresentanza delle minoranze nell’organo s’inquadra in una serie di misure atte a promuovere una più profonda ponderazione delle decisioni da assumere. Fra l’amministratore e la minoranza che l’ha eletto non s’instaura alcun rapporto di mandato, essendo tutti i componenti del collegio ugualmente tenuti a perseguire l’interesse sociale.La disciplina della rappresentanza delle minoranze s’incrocia con i requisiti personali soggettivi dei componenti l’organo amministrativo.I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione e direzione devono possedere i requisiti di onorabilità stabiliti per i membri degli organi di controllo.

L’organo di controllo delle società quotateComposizione (art. 148 TUF):La composizione del collego sindacale nelle società quotate che adottano il sistema tradizionale.Nel sistema tradizionale è previsto che nelle società quotate sia l’atto costitutivo a determinare: il numero non inferiore a 3 dei membri effettivi del collegio sindacale, il numero non inferiore a 2 dei membri supplenti.Dispone poi una rappresentanza delle minoranze anche nel collegio sindacale. La norma attribuisce alla Consob il potere di stabilire con regolamento le modalità per l’elezione, con voto di lista, di un membro effettivo del collegio sindacale da parte dei soci di minoranza che non siano collegati, neppure indirettamente, con i soci che hanno presentato o votato la lista risultata prima per numero di voti.I componenti del comitato per il controllo sulla gestione, organo di controllo previsto del modello monistico, si eleggono invece secondo la disciplina prevista per gli amministratori.

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La nomina dei sindaci da parte della minoranza avviene nella medesima assemblea che nomina l’intero organo di controllo, fatte salve le ipotesi di sostituzione di sindaci.Il diritto a presentare una lista spetta al socio che sia titolare del diritto di voto al momento della presentazione.Il presidente del collegio sindacale è nominato dall’assemblea tra i sindaci eletti dalla minoranza.La maggior parte di queste regole non si applicano agli organi di controllo nel sistema dualistico e nel sistema monistico, per i quali è disposto solo un richiamo di alcune norme.È dunque una volta attribuita alla Consob la competenza a stabilire, con proprio regolamento, il limite al quale i componenti degli organi di controllo sono soggetti con riferimento al cumulo non solo degli incarichi di controllo, ma anche di amministrazione, assunti sia nelle società con titoli quotati in mercati regolamentati, ma anche presso le società emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, che abbiano la forma di società per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata. I componenti degli organi di controllo di tali società debbono informare la Consob e il pubblico, nei termini stabiliti nello stesso regolamento della Commissione, circa gli incarichi di amministrazione e controllo svolti presso i tipi di società sopra richiamati.

Requisiti di eleggibilitàIl 148 TUF non richiede perché sussista l’incompatibilità con un rapporto di lavoro autonomo che questo abbia carattere continuativo, facendo anche riferimento a legami con gli amministratori o i loro congiunti; vi comprende ora esplicitamente anche i rapporti di natura patrimoniale o professionale: con la conseguenza di confermare non solo l’esclusione in radice delle società quotate, della prassi del cumulo della carica di sindaco con la funzione di consulente della società, ma anche ogni altro rapporto libero-professionale.Fra le ipotesi di ineleggibilità e incompatibilità del sindaco menziona anche gli altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza. Tali regole sono ora estese anche ai membri del consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico e ai membri del comitato per il controllo sulla gestione nel sistema monistico.È altresì stabilito che alle società con titoli quotati, i requisiti di onorabilità e di professionalità dei membri del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza e del comitato per il controllo di gestione siano stabiliti con regolamento ministeriale: ciò in analogia con altre tipologie sociali sottoposte a vigilanza amministrativa.Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica.

Doveri e poteri dei membri degli organi di controlloDopo la riforma il 149 TUF in vista di un più incisivo potere d’intervento nelle scelte amministrative e organizzative della società, connotando entrambi in modo nuovo il ruolo dell’organo sindacale: che si estende alla vigilanza sul rispetto dei principi di

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corretta amministrazione e sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società.L’obbligo di vigilanza si estende all’adeguatezza delle disposizioni impartite alle controllate ai fini di una corretta informazione al pubblico ai sensi del 114 TUF.La norma esprime il principio per il quale il collegio sindacale delle società quotate non svolge le proprie funzioni nel solo interesse degli azionisti, ma anche nell’interesse generale alla corretta gestione della società.Dopo l’emanazione del decreto correttivo, tutti i doveri sopra indicati sono estesi anche al consiglio di sorveglianza, quando sia adottato il sistema dualistico e al comitato per il controllo sulla gestione, quando sia adottato il sistema monistico.I membri del collegio sindacale assistono alle riunioni dell’assemblea e a quelle del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo.Nell’esercizio delle proprie funzioni gli organi di controllo si avvalgono degli obblighi d’informazione incombenti sugli amministratori, o consiglio di gestione o organi delegati che debbono riferire sulle operazioni di maggior rilievo compiute.Un obbligo di scambi d’informazioni è reciprocamente previsto anche fra organo di controllo e società di revisione.Le funzioni dei membri di detti organi sono sempre poteri-doveri, anche se disciplinate come poteri: devono essere esercitati se ciò risulti dell’interesse della società o nell’interesse generale, alla luce di un giudizio condotto sulla base della diligenza professionale alla quale deve essere ispirato il controllo.Sono ampliati i poteri di vigilanza individuale, non più limitati ad atti di ispezione e controllo, ma estesi anche alla facoltà di chiedere notizie agli amministratori o ai consiglieri di gestione, compresi i componenti gli organi di amministrazione e controllo delle società controllate sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari.Dall’organo di controllo nella composizione collegiale può essere convocata, previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione o del consiglio di gestione, l’assemblea; e anche da un solo componente il consiglio di amministrazione o il consiglio di gestione e il comitato esecutivo. Nei 2 sistemi alternativi in caso di richiesta individuale di convocazione, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo sulla gestione devono essere convocati senza ritardo.Gli organi di controllo possono infine scambiarsi informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di amministrazione e controllo e all’andamento generale dell’attività sociale.Nel sistema tradizionale il collegio sindacale ha la facoltà di fare proposte all’assemblea in ordine al bilancio e alla sua approvazione e alle altre materie di sua competenza.Gli organi di controllo possono proporre denunzia la tribunale quando vi sia il fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono recare danno alla società o a una o più società controllate, come la Consob.

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Il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societariLa normativa dettata in materia di tutela del risparmio ha istituzionalizzato anche nel nostro ordinamento la figura del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari.Non si tratta di un nuovo organo societario, ma di una figura già nota nella prassi aziendale, dietro la quale è agevole individuare la figura del chief finacial officer.Nella struttura organizzativa delle società quotate tale figura è obbligatoria.Si presume che il rapporto tra società e diritto contabile sia un rapporto di lavoro subordinato.Parte della dottrina reputa che l’instaurazione di un rapporto di questo tipo non costituisca sempre una premessa indispensabile per l’attribuzione di quell’incarico, il quale ben potrebbe inquadrarsi anche nello schema del mandato o del contratto d’opera.Il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari deve attestare la corrispondenza alle risultanze documentali, ai libri e alle scritture contabili di qualsiasi info e dato a carattere contabile e infrannuale.Gli amministratori delegati e il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari hanno l’obbligo di attestare con apposita relazione da allegare al bilancio d’esercizio, alla relazione semestrale e al bilancio consolidato:

- l’adeguatezza e l’effettiva applicazione delle procedure di cui al comma 3 del corso del periodo a cui si riferiscono i documenti;

- che i documenti sono redatti in conformità ai principi contabili internazionali applicabili riconosciuti nella Comunità europea ai sensi del regolamento del 2002.

- La corrispondenza dei documenti alle risultanze dei libri e delle scritture.- L’idoneità dei docs a fornire una rappresentazione veritiera e corretta della

situazione patrimoniale economica e finanziaria dell’emittente e dell’insieme delle imprese nel consolidamento.

- Per il bilancio d’esercizio e per quella consolidato, che la relazione sulla gestione comprende un’analisi attendibile dell’andamento e del risultato della gestione.

Tale funzione deve essere svolta insieme agli organi amministrativi delegati, tra le cui competenze prevede anche quella di curare che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile, sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa.Il dirigente risponde personalmente nei confronti di chiunque riceva un danno dalla violazione dei doveri derivanti dalla legge e dallo statuto.Tale responsabilità è:

- contrattuale, se la violazione dell’obbligo riguarda la società e i creditori sociali

- extracontrattuale se l’agire del dirigente è fonte diretta e immediata del pregiudizio verso i soci e i terzi.

Anche nei confronti dei dirigenti l’approvazione del bilancio non comporta liberazione da responsabilità in cui essi siano eventualmente incorsi nell’ambito delle loro mansioni.

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Si ritiene che i profili di responsabilità riferibili al dirigente non si identifichino con quelli che gravano sugli amministratori, sui sindaci e sulle società di revisione, in quanto si reputa circoscritta all’attività che sono richiesti di svolgere. Il contenuto della responsabilità ascrivibile al dirigente contabile resta affidato ai principi generali della materia, non essendo agevole applicare ai dirigenti le disposizioni speciali dettate per gli amministratori dall’art. 2392 mentre anche nei confronti dei dirigenti contabili è possibile esercitare ricorrendo i presupposti, le diverse azioni contemplate dagli art 2393 ss; l’azione sociale tesa al risarcimento dei danni causati alla società dalla condotta illecita del dirigente, quella spettante ai creditori sociali, nel caso in cui tale illegittimo comportamento abbia concorso ad intaccare l’integrità del patrimonio sociale e a renderlo insufficiente al soddisfacimento dei crediti, nonché quella esercitabile da ciascun socio o terzo che sia stato direttamente danneggiato.L’azione sociale di responsabilità può essere esercitata nei confronti del dirigente contabile anche dai soci titolari della partecipazione minima richiesta a tal fine dal 2393 bis: la medesima azione è esercitabile, in caso di sottoposizione della società a procedura concorsuale, dagli organi di dette procedure.Nei confronti del dirigente contabile è ravvisabile una responsabilità penale per i reati propri ora espressamente configurati a carico dello stesso: reato di false comunicazioni sociali 2621, d’infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità 2635, e di ostacolo alle autorità pubbliche di vigilanza 2638, oltre che dell’aggravante nel reato di rivelazione di segreto professionale.

CAPITOLO 7LE ALTRE SOCIETA’ DI CAPITALI

LA SOCIETA’ IN ACCOMANDITA PER AZIONI

Fra società per azioni e società in accomandita sempliceStabilisce l’art 2452 che nella sapa i soci accomandatari rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali del 2461.I soci accomandanti sono obbligati nei limiti della quota di capitale sottoscritta, e che le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate da azioni.Con la sas ha in comune la distinzione dei soci, basata sul diverso regime di responsabilità per le obbligazioni sociali.Con la spa ha in comune il fatto che le quote di partecipazione sono rappresentate da azioni.Si riferisce alla sapa come una variante della spa, accomunandole entrambe sotto l’etichetta di società di capitali.I terzi appaiono molto meglio tutelati dalle norme dei tipi societari capitalistici, in particolare della spa, dirette a conservare l’integrità del patrimonio sociale.

La figura del socio accomandatarioUn elemento distintivo rispetto alla spa è la spettanza del potere di gestione agli amministratori permanenti, come contropartita della loro posizione preminente, una

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responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali (principio di corrispondenza tra potere e rischio).La responsabilità illimitata degli accomandatari rappresenta il contrappeso del potere illimitato spettante ai medesimi.La sapa è caratterizzata dalla stretta inerenza della funzione amministrativa alla qualità di socio (accomandatario), nel senso che non si può essere amministratori senza essere accomandatari. In base al 2457 il nuovo amministratore nominato in sostituzione di quello cessato assume la qualità di accomandatario dal momento dell’accettazione della nomina.L’amministratore non decade dalla propria carica per scadenza del termine (accomandatari=amministratori permanenti) e può essere revocato solo con le maggioranze prescritte per le deliberazioni dell’assemblea straordinaria si spa anziché di quella ordinaria. Neppure le suddette elevate maggioranze bastano qualora la delibera abbia ad oggetto la sostituzione degli amministratori cessati o la modificazione dell’atto costitutivo, giacché tali operazioni richiedono l’approvazione di tutti gli accomandatari, a causa delle implicazioni negative che esse potrebbero avere sul patrimonio personale dei soggetti in parola, illimitatamente responsabili.Caratteristiche dell’accomandatario:

- stabilità: quest’ultimo può essere revocato solo con le elevate maggioranze che la legge prevede per l’assemblea straordinaria.

- Preminenza: non solo è investito dalla competenza amministrativa in senso stretto, ma è abilitato anche ad interferire su quelle funzioni strategiche, quali la selezione del management o l’innovazione strutturale e dimensionale che rappresentano le espressioni di vertice el potere di impresa.

Sono caratteristiche forti del ruolo impersonato dall’accomandatario, contro le scalate di eventuali raiders.La quasi inamovibilità degli amministratori di sapa ha spinto il legislatore a garantire un’indipendenza degli organi di controllo da essi maggiore di quella prevista nella spa: indipendenza che si esprime nell’esclusione degli accomandatari dal voto con riferimento non solo alle deliberazioni assembleari concernenti la propria responsabilità, la nomina, la revoca e la responsabilità dei componenti del consiglio di sorveglianza, ma anche e soprattutto quelle riguardanti la nomina e la revoca dei sindaci (2459), cui nella spa gli amministratori soci possono tranquillamente partecipare.Riguardo al sistema dualistico la sua ammissibilità risulta dove si parla di consiglio di sorveglianza, anche se le disposizioni della spa sui poteri di tale organo vanno coordinate con le disposizioni specifiche della sapa, in particolare con quelle degli art. 2456 e 2457, che richiedono per la revoca degli amministratori e per la sostituzione di quelli tra essi che abbiano cessato dal loro ufficio, una delibera adottata con le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria di spa.Quanto al sistema monistico la sua ammissibilità, pur astrattamente prospettabile in base alla regola generale dell’art. 2454, è messa seriamente in forse dalla ratio del 2459.

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LA SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA

Elementi distintiviLa srl è l’ultima arrivata nel panorama dei nostri tipi societari: viene regolata per la prima volta in Italia con il codice del ’42, ormai come il tipo capitalistico più diffuso.La srl appartiene ai tipi capitalistici, nel senso che il socio viene normalmente in rilievo, così come nella spa non già per le sue qualità personali, ma per il capitale che apporta in società.C’è maggiore elasticità del regime legale.Per le obbligazioni sociali risponde solo la società con il suo patrimonio e segnando la principale differenza della srl rispetto alle società di persone e alla società in accomandita per azioni, dove a rispondere in via sussidiaria e illimitata per le obbligazioni sociali sono istituzionalmente chiamati o tutti i soci o alcuni di essi.I soci rispondono illimitatamente per le obbligazioni sociali di una srl nei soli casi eccezionali previsti dalla legge.Elemento qualificante è la regola dell’esclusiva responsabilità della società per le obbligazioni della stessa, stante un contesto nominato dal principio di tassatività dei tipi societari 2249, inderogabile dalle parti.Le caratteristiche differenziali della srl rispetto alla spa (2468) sono le quote di partecipazione dei soci non possono essere rappresentate da azioni.Si vuole impedire la divisione del capitale in parti uguali tra loro e la conseguente titolarità di più partecipazioni in capo allo stesso socio.Il nuovo 2468 ha anche stabilito che le partecipazioni di srl non possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari.

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L’insicurezza dell’acquisto connessa all’assenza di azioni, rende più difficile la cessione delle partecipazioni di srl, meno appetibile l’investimento in essa da parte di quei ceti che risultano interessati ad un potenzialmente rapido disinvestimento; così come l’impossibilità di reclutare la compagine sociale attraverso tecniche sollecitatorie del pubblico risparmio rende improbabile che un ingresso di una srl avvenga per mera adesione a clausole da altri predisposte.La compagine ristretta o parzialmente chiusa, con forte vocazione partecipativa dei membri, rende improponibile la dicotomia fra soci imprenditori e risparmiatori, tipica della spa.

La costituzioneLa costituzione è una fattispecie a formazione progressiva distinta in più fasi, la prima delle quali è rappresentata dalla stipulazione dell’atto costitutivo.Quanto alla forma dell’atto anche la srl deve costituirsi per atto pubblico (2332) e prevede esplicitamente la mancanza dell’atto pubblico come causa di nullità della società.Per il contenuto (2463) l’atto deve comprendere:

- il cognome e il nome o la denominazione, la data e il luogo di nascita o lo Stato di costituzione, il domicilio o la sede, la cittadinanza di ciascun socio. Fra i soci non persone fisiche non potrebbe mai figurare la stessa srl giacchè il 2474 vieta a qst ultima di acquistare partecipazioni proprie, oltre che di accettarle in garanzia e di accordare prestiti o fornire garanzie per il loro acquisto o la loro sottoscrizione.

- La società può costituirsi anche per atto unilaterale.- La denominazione, contenente l’indicazione di srl e il comune dove sono poste

la sede della società e le eventuali sedi secondarie.- L’attività che costituisce l’oggetto sociale. La srl non può esercitare

un’impresa di assicurazione, non può essere autorizzata dalla Banca d’Italia allo svolgimento del servizio di gestione collettiva del medesimo o del servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento. Non può costituirsi in società di investimento a capitale variabile. Non può essere autorizzata dalla Consob all’esercizio dei servizi di investimento in qualità di sim. Non può essere autorizzata dalla Banca d’Italia all’esercizio dell’attività bancaria.

- L’ammontare del capitale deve essere non inferiore a 10.000, sottoscritto e versato. (120.000 nella spa).

- I conferimenti di ciascun socio e il valore attribuito ai crediti e ai beni conferiti in natura.

- La quota di partecipazione di ciascun socio: c’è la necessaria unilateralità della quota. Le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni, cioè da quote-tipo di uguale valore ai sensi dell’art. 2348, con la conseguenza che ciascun socio dovrà considerarsi titolare non già di più partecipazioni ma si una sola, quale ne sia l’ammontare. Quanto al valore della quota di partecipazione la necessità di una indicazione separata di quest’ultima rispetto

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alla quota di conferimento, diversamente da quanto avveniva in passato, dipende dalla circostanza, consente all’atto costitutivo di determinare le partecipazioni dei soci in misura non proporzionale al conferimento.

- Le norme relative al funzionamento della società, indicando quelle concernenti l’amministrazione e la rappresentanza.

- Le persone cui è affidata l’amministrazione e l’eventuale soggetto incaricato di effettuare la revisione regale dei conti (i primi amministratori). Quanto ai soggetti incaricati del controllo contabile sono collegio sindacale e revisore legale dei conti, non solo i revisori in senso tecnico ma anche i componenti di un eventuale collegio sindacale, siano essi di nomina facoltativa o obbligatoria.

- L’importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico della società.Sono le spese sostenute o da sostenersi per gli atti che sotto il profilo tecnico e giuridico compongono il procedimento di costituzione della società, nonché per quelle attività preliminari alla decisione di intraprendere la connessa attività economica la cui indicazione nell’atto costitutivo ha la funzione di porre i relativi obblighi a carico della costituenda società liberando chi le ha affrontate dalla responsabilità limitata che grava si chiunque compia operazioni in nome della società prima dell’iscrizione nel registro delle imprese.Una volta stipulato l’atto costitutivo le successive fasi del procedimento di costituzione, culminate con l’iscrizione della società nel registro delle imprese e il connesso acquisto della personalità giuridica, si snodano secondo una disciplina la quale ha subito di recente notevoli modificazioni, soprattutto come risultato del processo di semplificazione che ha investito la fase genetica di tutte le società di capitali.Per le operazioni compiute in nome della società prima dell’iscrizione sono solidalmente e illimitatamente responsabili verso i terzi coloro che hanno agito ma anche il socio unico fondatore e quelli tra i soci che nell’atto costitutivo o con atto separato hanno deciso, autorizzato o consentito il compimento dell’operazione, la stessa società in sostituzione dei menzionati soggetti qualora abbia approvato l’operazione.Una volta eseguita l’iscrizione nel registro delle imprese, la nullità della società non potrà essere pronunciata solo in caso di mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico, illiceità dell’oggetto sociale, mancanza dell’atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione sociale, o i conferimenti, o l’ammontare del capitale sociale o l’oggetto sociale.

Conferimenti e finanziamentiLe risorse della srl sono: i conferimenti, i finanziamenti dei soci e l’emissione di titoli di credito.Per quanto attiene ai conferimenti, è tradizionale l’assegnazione ad essi, nelle società di capitali e dunque anche nella srl di una duplice funzione:

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- produttivistica: legata alla loro strumentalità per il conseguimento dell’oggetto sociale. Il legislatore si preoccupa di mettere la condizione di agire con successo nei confronti del socio inadempiente al relativo obbligo attraverso mezzi che le consentono di recuperare rapidamente le risorse necessarie per il prosieguo della propria attività, o di sciogliere un rapporto divenuto improseguibile.

- di garanzia: connessa alla responsabilità della sola società con il suo patrimonio per le obbligazioni della stessa. L’art. 2464 sancisce un nesso non biunivoco fra i medesimi e il capitale sociale nel senso che il valore dei primi non può essere complessivamente inferiore all’ammontare di qst ultimo: può anche essere superiore.

Riguardo all’oggetto dei conferimenti essi possono essere conferiti tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica, non solo le specifiche entità elencate nel prosieguo dell’art. ma ogni elemento utile per il proficuo svolgimento dell’impresa sociale; e intendendosi per suscettibilità di valutazione economica l’idoneità dei predetti elementi ad essere trasformati in denaro in sede non solo di esecuzione forzata ma anche di realizzo volontario, magari con componenti di un complesso aziendale.Se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente essi devono farsi in denaro.Il 25% dei medesimi deve essere versato presso una banca al momento della sottoscrizione dell’atto costitutivo o della sottoscrizione dell’aumento di capitale o entro 90 giorni dal venir meno della pluralità dei soci. Tale versamento può essere sostituito dalla stipula per un importo corrispondente, di una polizza i assicurazione o di una fideiussione bancaria con le caratteristiche determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sostituibile a una colta in ogni momento con il versamento del corrispondente importo in denaro da parte del socio.Quanto ai conferimenti diversi dal denaro, la condizione che sia garantita l’effettiva formazione del capitale sociale viene attuata dal legislatore delegato disponendo, con riferimento ai conferimenti di beni in natura e di crediti, che le quote relative ai medesimi devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione.è autorizzato anche nella srl quel conferimento d’opera o di servizi che è consentito nelle società di persone ma non nella spa.Dispone come contropartita a tale libertà nell’interesse dei terzi che gli obblighi assunti dal socio aventi ad oggetto la prestazione d’opera o di servizi a favore della società siano garantiti, per l’intero valore ad essi assegnato, da una polizza assicurativa o da una fideiussione bancaria, cioè da un’obbligazione pecuniaria assunta da soggetti normalmente caratterizzati da un elevato grado di solvibilità.Novità in materia di finanziamento è costituita dal 2483 che consente all’atto costitutivo di quest’ultima di prevedere, attribuendo la relativa competenza ai soci o amministratori, l’emissione di titoli di debito, cioè strumenti finanziari sostanzialmente assimilabili a quelle obbligazioni riservate alla sola spa.

Le partecipazioni dei soci

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Non possono essere rappresentate da azioni né costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari.L’espressione partecipazione viene usata dal legislatore per designare il rapporto giuridico che lega il socio alla società, il complesso delle situazioni attive e passive che nascono in capo a ciascun socio dall’atto costitutivo.La partecipazione come quota è l’accezione in cui il termine viene dove si dice che i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta.L’atto costitutivo può disporre diversamente riconoscendo al socio una quota di partecipazione più o meno che proporzionale rispetto a quella di conferimento: e assegnare a chi abbia sottoscritto 1/3 del capitale sociale una quota di partecipazione pari a ¼ del medesimo, con la conseguenza che il suddetto socio, pur avendo assunto 1/3 del rischio dell’impresa, potrà riscuotere utili, esprimere suffragi, sottoscrivere aumenti di capitale solo nella misura di 1/4.La partecipazione è un rapporto giuridico fra socio e società nascente dall’atto costitutivo, vengono con esso in rilievo sia da un punto di vista dinamico le vicende che investono la partecipazione sia, da un punto di vista statico le situazioni giuridiche attive e passive che la compongono.I diritti particolari devono riguardare l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili.

Le vicende delle partecipazioniCome ogni rapporto giuridico anche le partecipazioni dei soci di srl sono soggette a vicende di tipo costitutivo, modificativo, traslativo ed estintivo.Le partecipazioni (2469) sono liberamente trasferibili per atto tra vivi e per successione a causa di morte. La trasmissione non è subordinata ne modello legale al previo consenso degli altri soci o di organi sociali, né alla prelazione di chicchessia, come si argomenta dal fatto che il legislatore, allorchè ha inteso imporre simili condizioni, lo ha espressamente disposto.La partecipazione di srl può essere oggetto di divisione in sede di trasferimento.L’atto costitutivo può adottare solo vincoli parziali alla suddetta trasmissibilità, come la clausola di prelazione o la clausola di gradimento, ma anche vincoli totali come la clausola di intrasferibilità, esplicitamente nominata al comma 2 del medesimo articolo.Un diritto inderogabile di recesso onde evitare che egli rimanga prigioniero della propria quota: non potendo disinvestire per il trasferimento poiché l’atto costitutivo non glielo consente, il socio deve avere la possibilità di disinvestire almeno per recesso, salva la possibilità, per l’atto costitutivo, di sospendere tale diritto per non più di 2 anni dalla costituzione della società o dalla sottoscrizione della partecipazione.Quanto all’introduzione o soppressione delle clausole imitatrici in via di modifica statuaria e al problema se tale modifica possa avvenire a maggioranza, si tenga conto

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della novità rappresentata in materia di spa che attribuisce ai soci che non abbiano concorso alla deliberazione riguardante l’introduzione o la rimozione di limiti alla circolazione dei titoli azionari un semplice diritto di recesso, con ciò la vincolatività della delibera anche se adottata a maggioranza, e superando quindi la tesi, dominante in passato in giurisprudenza anche per la spa, circa la necessità del consenso di tutti i soci per le vicende in parola.L’art. 2468 consente la costituzione di una comproprietà sulla partecipazione, i diritti sociali dovranno essere esercitati da un rappresentante comune nominato dalla maggioranza dei comportamenti calcolata secondo il valore delle rispettive quote ai sensi della disciplina sulla comunione contenuta negli art. 1105 e 1106.Il 2471-bis stabilisce che la partecipazione può formare oggetto di pegno e usufrutto, ma rinvia per quanto riguarda la distribuzione dei diritti ad essa collegati fra socio e titolare del diritto frazionario, alla disciplina della spa contenuta nel 2352.Può inoltre costituire inoltre:

- oggetto di espropriazione pa parte dei creditori del socio.- Oggetto di sequestro, eliminandosi cosi i dubbi sorti in passato circa

l’ammissibilità di tale figura, soprattutto con riferimento al sequestro giudiziario.

Con la riforma del 2003 nel trasferimento per atto tra vivi, che tal atto munito di sottoscrizione autenticata, deve essere sottoposto entro 30 giorni, a cura nel notaio autenticante, presso l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale.Nel 2008 l’atto di trasferimento può essere sottoscritto con firma digitale nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione dei documenti informatici, ed è in tal caso depositato, sempre entro 30gg, presso l’ufficio del registro delle imprese a cura di un intermediario abilitato (dottore commercialista).Le partecipazioni sono soggette anche a vicende estintive, tali da far venir meno il rapporto giuridico fra socio e società.Il recesso da parte di qst ultimo è importante dove il trasferimento si presenta non agevole in quanto la partecipazione è ben difficilmente negoziabile sul mercato.Cause di recesso sono:

- cambiamento dell’oggetto, del tipo e trasferimento della sede all’estero;- fusione e scissione- revoca dello stato di liquidazione- eliminazione di una delle cause di recesso previste dall’atto costitutivo- compimenti di operazioni implicanti una sostanziale modificazione

dell’oggetto sociale o dei diritti particolari attribuiti ai soci (2468)- e quelle comuni a tutti i tipi societari (2497-quater).

Ha inoltre riconosciuto al socio la possibilità di recedere in ogni momento, previo semplice preavviso, nel caso di società contratta a tempo indeterminato.La partecipazione può venir meno oltre che per esclusione del socio nei casi stabiliti dalla legge come la mancata esecuzione dei conferimenti o in quelli contemplati nell’atto costitutivo, i quali non possono però corrispondere a una scelta discrezionale del medesimo ma devono integrare ipotesi di giusta causa.

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Le decisioni dei sociLa centralità dei soci rispetto agli altri organi sociali viene in evidenza in ordine ai rapporti con gli amministratori.Se l’atto costitutivo non ripartisce le funzioni sociali fra gli amministratori e soci, questi ultimi hanno competenza esclusiva, oltre che sulle materie specificamente indicate da singoli precetti di legge.Per l’art. 2479 i soci hanno competenza generale, concorrente con quella degli altri organi sociali, in particolare di quello amministrativo, su qualsiasi argomento, dunque anche attinente alla gestione, venga sottoposto alla loro approvazione da parte di uno o più amministratori o di tanti soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale.L’atto costitutivo potrebbe muoversi nella direzione di uno spostamento di competenze assembleari su altri organi, in particolare su quello amministrativo. Questo incorrerebbe in limiti severi, in quanto la forma prevede esplicitamente l’indefettibilità di alcune competenze della collettività dei soci, anche di quelle che nella spa potrebbero essere deferite ad altri organi.Per quanto riguarda le modalità di assunzione delle decisioni dei soci, anche nella srl come nelle altre società di capitali e diversamente dalle società di persone, le suddette decisioni sono adottate in assemblea.In materia di convocazione si è evitato un macchinoso strumento previsto nella spa e si è ritenuto sufficiente, data la struttura più intima della società e la sicura identificabilità dei soci.Basta la spedizione agli aventi diritto di una raccomandata almeno 8 giorni prima dell’adunanza, nel domicilio risultante dal registro.Il mancato rispetto delle formalità non impedisce alla decisione di essere adottata quando partecipino all’assemblea i soci rappresentanti l’intero capitale sociale.L’art. 2479 disponendo che ogni socio abbia diritto di partecipare alle decisioni dei soci e in misura proporzionale alla propria quota di partecipazione, estende anche alla srl il criterio di proporzionalità tra voto e la suddetta quota già adottato per la spa., ma non sembra ammettere, come si arguisce dalla mancata riproduzione dell’esplicita autorizzazione contenuta nella norma citata per ultima, la creazione di partecipazioni prive del diritto di voto o con diritto di voto limitato o subordinato.Riguardo al funzionamento dell’assemblea nella srl non c’è più distinzione tra assemblea ordinaria e straordinaria. Né contempla più alcun limite al potere del socio di farsi rappresentare in assemblea. La nuova disciplina accoglie per ragioni di funzionalità, il modello azionario basato sulla distinzione fra quorum costitutivo e quorum deliberativo, giacchè la maggioranza è rapportata al capitale rappresentato in assemblea, anche se per talune materie lo stesso quorum deliberativo deve raggiungere tale percentuale.Non è infine previsto che i debba far luogo nella srl all’assemblea di seconda convocazione, con quozienti ridotti rispetto alla prima, qst ad evitare la paralisi della società.

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La disciplina circa i modi di assunzione delle decisioni dei soci, come avviene per altri aspetti del regime della srl, è largamente derogabile.L’annullabilità prevista con riferimento non solo alle decisioni non prese in conformità della legge o dell’atto costitutivo, ma anche per quelle assunte con la partecipazione determinante dei soci che hanno, per conto proprio o di terzi un interesse in conflitto con quello della società, purchè potenzialmente dannose per quest’ultima.Il termine per l’impugnativa della decisione dalla trascrizione della medesima nel libro delle decisioni dei soci decorre dalla data di tale iscrizione.La legittimazione all’impugnativa spetta al singolo amministratore e l’adozione di una nuova decisione idonea ad eliminare la causa di invalidità può avvenire sulla base di un provvedimento del giudice che, su richiesta della società o dell’opponente, abbia fissato a tale scopo un termine non superiore a centottanta giorni.L’azione di nullità per i vizi di illiceità o impossibilità dell’oggetto o di assenza assoluta di info può essere esercitata da chiunque vi abbia interesse, ma viene assoggettata a sua volta a decadenza.È fissata in 3 anni per la generalità delle decisioni affette sui vizi e addirittura in centottanta giorni per quelle concernenti aumento e riduzione del capitale sociale.

L’amministrazione della societàAnche nella srl come nella spa e diversamente dalle società personali, il potere amministrativo, anziché inerire automaticamente alla qualità di socio, risulta affidato ad un organo autonomo, unipersonale o pluripersonale costituito dagli amministratori, nominati con decisione dei soci. A far parte dell’organo amministrativo devono essere chiamati uno o più soci, il legislatore intende consapevolmente differenziare la disciplina da srl a spa nella parte in cui qst ultima stabilisce che l’amministrazione possa invece essere affidata anche a non soci.Entro 30gg dalla notizia della loro nomina gli amministratori devono chiederne l’iscrizione nel registro delle imprese, indicando a quali tra essi è attribuita la rappresentanza della società, precisando anche se essa sia congiunta o disgiunta.Dopo l’adempimento di tale pubblicità, le cause di nullità o annullabilità della nomina degli amministratori con rappresentanza non sono opponibili ai terzi, salvo prova da parte della società che questi ultimi ne fossero a conoscenza.Quando l’amministrazione è affidata a più persone (2475) queste costituiscono il consiglio di amministrazione, un organo i cui componenti agiscono secondo il metodo collegiale e cioè mediante presenza ad una riunione.Il regime dell’amministrazione è nella srl prevalentemente derogabile.Gli amministratori hanno la rappresentanza generale della società e le ulteriori limitazioni a tale potere eventualmente risultanti dall’atto costitutivo o dall’atto di nomina non sono opponibili ai terzi anche se pubblicate, a meno di provare che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società.

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La disciplina del conflitto di interessi contenuta nel 2475-ter stabilisce che i contratti conclusi dagli amministratori muniti di rappresentanza della società in conflitto con la medesima possono essere annullati su istanza di qst ultima se il conflitto era riconosciuto o riconoscibile dal terzo; dall’altro sancisce l’annullabilità delle decisioni consiliari adottate con il voto determinante di un amministratore in conflitto con la società, sempre che le cagionino un danno patrimoniale, su impugnativa da esperirsi entro 90gg ad opera degli amministratori e del collegio sindacale o del revisore, ferma restando la salvezza dei diritti acquistati in buona fede dai terzi in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della decisione.Il 2476 disciplina la responsabilità degli amministratori, è ispirata alla spa ma ha elementi di diversità.Responsabilità verso la società: ferma restando la sua natura contrattuale in quanto discendente dall’inadempimento a doveri degli amministratori nei confronti della società, una peculiarità esibita dalla disciplina della srl è rappresentata dal silenzio del 2476 sul grado di diligenza richiesto agli amministratori per l’adempimento dei rispettivi doveri, a differenza di quanto accade sia nella spa che nelle società di persone.Quanto alla possibilità che i membri di un organo amministrativo pluripersonale hanno di esonerarsi dalla responsabilità in parola facendo constare del proprio dissenso, tale possibilità non è strettamente legata alla necessità che quest’ultimo sia fatto annotare senza ritardo nel libro delle decisioni degli amministratori, potendo esprimersi attraverso l’opposizione del 2257 nel caso di amministrazione disgiuntiva.L’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori può essere promossa da ciascun socio, dove l’esercizio della medesima azione da parte dei soci presuppone il possesso in capo ai medesimi di una quota qualificata del capitale sociale.Ciascun socio potrebbe chiedere al giudice in caso di gravi irregolarità della gestione della società da parte degli amministratori, che sia adottato provvedimento cautelare di revoca degli stessi.Ulteriori soggetti legittimati a promuovere l’azione sociale di responsabilità sono l’eventuale collegio sindacale, una volta fallita la società il curatore, previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori.Gli amministratori di srl oltre che verso la società sono responsabili anche verso il singolo socio o il terzo che siano stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi dei medesimi.È una responsabilità che non nasce dalla violazione di doveri degli amministratori nei confronti dei ricordati soggetti, qualificata come extracontrattuale.L’art. 2476 (diversamente dalla spa) fa rispondere solidalmente con gli amministratori i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi.Il titolo di tale responsabilità è specifico nei soci, e dunque non riconducibile alla figura dell’amministratore di fatto, la quale potrebbe essere impersonata dal socio come da chiunque altro.

I controlli

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Per quanto riguarda il potere di controllo sull’amministrazione, la scelta è caduta su un sistema ibrido:

- controllo diretto dei soci in ogni caso; - obbligatorietà del collegio sindacale (esercita anch’esso il controllo) quando

uno o più parametri societari raggiungono un certo ammontare.Il controllo dei soci che non partecipano all’amministrazione non è più subordinato, come in passato, all’assenza del collegio sindacale (2476). Una volta nominato vi sarà compresenza di 2 soggetti abilitati al controllo, il collegio sindacale e i soci.Il primo svolgerà le sue funzioni anche nell’interesse dei terzi.Quello dei soci è un autentico controllo individuale, nel senso che spetta in ogni sua manifestazione al singolo socio e non più come avveniva in passato per la revisione della gestione, ai titolari di una quota qualificata del capitale sociale: tutti i soci hanno diritto di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia non solo i libri sociali in senso stretto ma i documenti relativi all’amministrazione e anche le scritture contabili.Riguardo alla nomina obbligatoria del collegio sindacale, il parametro utilizzato in origine per farla scattare era esclusivamente quello del capitale sociale e la soglia coincideva con quella prevista come capitale minimo per la spa, anche per ragione di parallelismo con quest’ultima e si voleva evitare che imprese di grosse dimensioni venissero strutturate in forma di srl al solo scopo di sottrarne la gestione a un controllo professionale la cui presenza era richiesta dalle accresciute esigenze di tutela dei terzi.Le la srl non raggiunge le soglie dimensionali (2477), la nomina di un collegio sindacale, o di un revisore è facoltativa nel caso che l’atto costitutivo è semplicemente autorizzato a prevederla, determinando in tal caso competenze e poteri dei suddetti organi.C’è completa abolizione nella srl del controllo giudiziario (che c’è nella spa) in forza del 2409. è inutile tale controllo perché assorbito dalla legittimazione alla proposizione dell’azione sociale della responsabilità da parte del singolo socio e dalla possibilità di ottenere in quella sede un provvedimento cautelare di revoca degli amministratori ai sensi del 2476.Oggetto materiale del controllo dei soci e del collegio sindacale o del revisore sono tutti i documenti che riflettono il governo nonché i libri sociali obbligatori oggi suscettibili di essere tenuti con strumenti informatici:

- il libro delle decisioni dei soci: nel quale devono essere trascritti sia i verbali delle assemblee sia le decisioni extrassembleari adottate alla stregua del 2479;

- il libro delle decisioni degli amministratori: nel quale vanno scritti non solo i verbali delle delibere consiliari ma anche le decisioni del consiglio assunte per iscritto ai sensi del 2475 e quelle adottate in sede di amministrazione disgiuntiva o congiuntiva

- il libro delle decisioni del collegio sindacale: nominato a norma del 2477.Tra le scritture contabili che la srl deve tenere in base al 2214 vi è anche il libro degli inventari che si chiude con il bilancio.

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L’approvazione del bilancio non implica liberazione degli amministratori e dei sindaci da responsabilità incorse nella gestione sociale e se affetta da una causa di invalidità non può più essere impugnata dopo l’approvazione del bilancio relativo all’anno successivo, né può essere comunque impugnata in assenza di rilievi da parte del revisore, da soci che rappresentino meno del 5% del capitale sociale.La decisione che approva il bilancio decide sulla distribuzione degli utili ai soci tenendo conto della quota di partecipazione di ciascuno di questi, nonché dell’eventuale spettanza al singolo socio, indipendentemente dalla sua quota di partecipazione, di un diritto particolare sulla distribuzione degli utili in forza del 2468.

La srl unipersonaleNel 2003 il legislatore italiano dispose che le srl potessero costituirsi con atto unilaterale e sostituendo la norma in base alla quale, per le obbligazioni sociali sorte nel periodo di esclusiva appartenenza di tutte le quote ad una sola persona, questa doveva rispondere illimitatamente in caso di insolvenza della società, rinunciava d’un solo colpo, sia pure con esclusivo riferimento alla srl, a due principi ritenuti fino ad allora essenziali all’intero diritto societario: quello della natura necessariamente contrattuale di tutti i tipi societari, capitalistici e quello della responsabilità necessariamente illimitata del socio unico.Sul terreno pubblicitario in caso di appartenenza dell’intera partecipazione ad un unico soggetto o di mutamento della persona di quest’ultimo, gli amministratori devono depositare per l’iscrizione nel registro delle imprese, entro 30gg dalla variazione della compagine sociale, una dichiarazione contenente l’indicazione degli elementi identificativi dell’unico socio: disposizione la cui ratio va probabilmente ricondotta all’esigenza di rendere edotti i terzi circa la pericolosità potenziale della situazione di unipersonalità.I conferimenti impongono l’integrale liberazione di quelli in denaro da parte del socio unico al momento della costituzione o a quello della sottoscrizione ad opera del medesimo di un eventuale aumento del capitale sociale, entro 90gg dal venir meno della pluralità dei soci: si tratta di un aggravio rispetto al trattamento riscontrabile in una società pluripersonale, dove è sufficiente il versamento del 25% dei conferimenti, ma di un aggravio della necessità di evitare abusi dello strumento della società unipersonale, che sarebbero possibili allorchè quest’ultima dove il socio è dominus assoluto dell’impresa in quindi in grado di determinare le scelte degli organi sociali, il richiamo dei 100esimi ancora dovuti fosse lasciato all’iniziativa incontrollata del medesimo.I contratti con l’unico socio o le operazioni a favore sono opponibili ai creditori della società solo se risultano dal libro delle decisioni degli amministratori o da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento.Impatto sul terreno sanzionatorio è destinata ad avere l’inosservanza degli inadempimenti in materia di pubblicità della situazione di uni personalità e di versamento integrale dei conferimenti.

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CAPITOLO VIIISCIOGLIMENTO, LIQUIDAZIONE ED ESTINZIONE

La fine dell’impresa organizzata nella forma della società di capitaliLa liquidazione è la fase finale dell’impresa. Non è però una fase necessaria per l’impresa individuale, perché non sussiste alcuna separazione giuridicamente rilevante tra il patrimonio d’impresa e il patrimonio personale dell’imprenditore.La liquidazione invece è una fase necessaria in tutte le imprese collettive organizzate in forma di società.In tutti i tipi di società disciplinati dal codice esiste una separazione fra il patrimonio investito nell’impresa collettiva e i patrimoni personali dei soci e una destinazione preferenziale del patrimonio al soddisfacimento dei creditori sociali rispetto ai creditori personali dei soci.I liquidatori non possono ripartire a titolo definitivo fra i soci il patrimonio sociale, se non dopo aver integralmente soddisfatto i creditori (2280 e 2491).

Lo stato di liquidazioneTre sono le fasi che scandiscono la vicenda estintiva delle società di capitali: lo scioglimento della società, che presuppone il verificarsi di una delle clausole del 2484 e prende effetto con l’adempimento dei relativi obblighi pubblicitari previsti dal terzo comma di tale disposizione; la liquidazione della società (procedimento di liquidazione), che si apre con la nomina dei liquidatori (2487) e con la relativa pubblicità prevista dal 2487-bis e terminata la liquidazione c’è estinzione, che si produce a seguito della cancellazione della stessa dal registro delle imprese (2495).L’entrata della società in stato di liquidazione segna il momento dal quale si verifica un parziale mutamento della norme che disciplinano l’attività degli organi sociali: 2488 stabilisce che le disposizioni sulle decisioni dei soci, sulle assemblee e sugli organi amministrativi e di controllo si applicano in quanto compatibili anche durante la liquidazione.Alla denominazione sociale deve essere aggiunta l’indicazione trattarsi di società in liquidazione.Con il sopravvenire dello stato di liquidazione la società non perde la personalità giuridica: la società si estingue e viene meno la personalità giuridica, solo quando, una volta completato il procedimento di liquidazione, si procede alla sua liquidazione e si procede alla sua cancellazione dal registro delle imprese.È il passaggio allo stato di liquidazione come una modifica dello scopo sociale da lucrativo in liquidativo, cambiamento dell’oggetto sociale da attività produttiva ad attività di liquidazione del patrimonio, ovvero come un mutamento delle regole organizzative privo di incidenza sullo scopo e sull’oggetto della società.C’è una netta separazione tra il verificarsi di una clausola di scioglimento e la determinazione del momento in cui ha effetto.Gli effetti dello scioglimento si determinano alla data dell’iscrizione presso l’ufficio del registro delle imprese della dichiarazione con cui gli amministratori ne accettano

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la causa, ovvero in caso di scioglimento per deliberazione dell’assemblea alla data dell’iscrizione della relativa deliberazione.Le cause dello scioglimento non operano di diritto: il mero verificarsi della causa di scioglimento non pone in automatico la società in stato di liquidazione.L’integrazione della denominazione sociale del mutamento della disciplina che si determina con riguardo alla società in liquidazione, non si ha nel momento in cui gli effetti dello scioglimento si determinano ai sensi del 2484, ma si verifica in un momento successivo e precisamente solo con l’attuazione della pubblicità prescritta per la nomina dei liquidatori.Si individua il momento iniziale dello stato di liquidazione nella data dell’iscrizione della nomina dei liquidatori nel registro delle imprese ai sensi del 2487 bis. La pubblicità della dichiarazione può anche mancare. E accade quando verificatasi una delle clausole di scioglimento, l’assemblea tempestivamente convocata per la rimozione della causa di scioglimento, provveda immediatamente alla nomina dei liquidatori: in queste ipotesi in cui non si passa per un accertamento da parte dell’organo amministrativo della causa di scioglimento, lo stato di liquidazione non può che decorrere dall’iscrizione della nomina dei liquidatori nel registro delle imprese ai sensi del 2487-bis.

Lo scioglimento della società: la fase preliquidatoria. Le cause di scioglimento.Con lo scioglimento si apre una fase preliquidatoria, preliminare all’apertura del procedimento di liquidazione.Ai sensi del 2484 le cause di scioglimento di una società di capitali sono:

1. decorso del termine: destinata ad operare solo qualora l’atto costitutivo o lo statuto prevedano un termine di durata della società.

2. conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta possibilità di conseguirlo, salvo che l’assemblea, convocata senza indugio, non deliberi le opportune modifiche statuarie (oggetto deve essere determinato in modo sufficientemente preciso, es. nelle società aventi un oggetto sociale non permanente tipo costruzione del ponte sullo stretto di Messina).

3. L’impossibilità di funzionamento o la continua inattività dell’assemblea (presuppongono una disfunzione assembleare che impedisca l’adozione delle decisioni essenziali per il funzionamento della società in ordine all’approvazione del bilancio e alla nomina delle cariche sociali);

4. La riduzione del capitale al di sotto del minimo legale (la dottrina attribuisce rilevanza solo alla riduzione al di sotto del capitale minimo che sia conseguenza di una perdita di oltre un terzo del capitale;

5. L’accoglimento dell’opposizione dei creditori sociali alla delibera di riduzione del capitale sociale conseguentemente all’esercizio del diritto di recesso del socio 2347-quater: impedisce alla società di rimborsare al socio receduto il valore della partecipazione.

6. Deliberazione assembleare di scioglimento: I soci sono anche arbitri della durata dell’impresa e possono sempre provocare lo scioglimento della stessa

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tramite una delibera dell’assemblea. La delibera deve essere adottata secondo la disciplina prevista per le modificazioni statuarie.

7. Altre cause previste dall’atto costitutivo o dallo statutoIl provvedimento di apertura della liquidazione coatta amministrativa e la sentenza dichiarativa di fallimento non sono più previste come cause di scioglimento delle società di capitali.

L’accertamento delle cause di scioglimento. Gli effetti immediatilo scioglimento della società produce i suoi effetti non contestualmente al verificarsi della causa di scioglimento, ma dal momento in cui è attuata la pubblicità di cui al 2484 e cioè dalla data di iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione con cui l’organo amministrativo accerta il verificarsi della causa di scioglimento e in caso sia volontario la data dell’iscrizione della relativa delibera.Lo scioglimento è efficace anche nei confronti dei terzi; ma non si produce ancora il passaggio della società allo stato di liquidazione.La competenza ad accertare la cause di scioglimento spetta all’organo amministrativo. Sui componenti l’organo gestorio grava l’obbligo di accertare senza indugio il verificarsi di una clausola di scioglimento e di procedere agli adempimenti pubblicitari necessari affinchè lo scioglimento produca effetti.È sancita la responsabilità dei componenti l’organo amministrativo in caso di ritardo o omissione nell’accertamento della causa di scioglimento e nell’adempimento dei relativi obblighi pubblicitari (2485). È inoltre prevista la competenza sostitutiva del tribunale ad accertare con decreto da iscriversi nel registro delle imprese ai sensi del 2484 il verificarsi della causa di scioglimento quando l’organo amministrativo ne ometta l’accertamento.Le cause di scioglimento producono effetti immediati per l’organo amministrativo.È tenuto a convocare l’assemblea perché deliberi sulla nomina dei liquidatori e sui criteri di svolgimento della liquidazione (2487). In caso di omissione ciascun socio, ciascun componente l’organo amministrativo, ovvero l’organo di controllo possono fare ricorso al tribunale, che dispone la convocazione dell’assemblea (2487).

La liquidazione della società. L’apertura del procedimentoLa convocazione dell’assemblea ah hoc non è necessaria qualora l’organo assembleare abbia già provveduto in altra sede alla nomina dei liquidatori e alla determinazione dei criteri di svolgimento della liquidazione.L’autonomia statuaria non può spingersi sino a omettere del tutto il procedimento di liquidazione perché è una fase necessaria in tutte le società in funzione della tutela dell’interesse dei creditori sociali a che sia mantenuto intatto, anche nella fase finale dell’impresa, il vincolo di destinazione impresso al patrimonio sociale.L’assemblea delibera con maggioranze richieste per le modifiche statuarie.I liquidatori se nominati dal tribunale, possono essere revocati con delibera assembleare, la quale deve cmq essere adottata al pari della delibera di nomina, con le maggioranze richieste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto.

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La revoca dei liquidatori, qualora sussista una giusta causa può essere disposta anche dal tribunale, su istanza dei soci, dei componenti l’organo di controllo o del pubblico ministero: il provvedimento giudiziale di revoca non segue all’esito di un ordinario giudizio di cognizione, ma è emesso dal tribunale con rito camerale.La revoca deve essere iscritta nel registro delle imprese ai sensi del 2487-bis

La società in liquidazione. I liquidatoriCon l’iscrizione nel registro della nomina dei liquidatori si apre il procedimento di liquidazione e la società entra in stato di liquidazione. Si procede quindiAll’accertamento della consistenza del patrimonio sociale, alla monetizzazione dell’attivo, all’estinzione dei debiti sociali e infine alla distribuzione fra i soci dell’eventuale residuo attivo.Con l’iscrizione cessano dalla carica i componenti dell’organo amministrativo ed entrano in funzione i liquidatori. L’organo deve consegnare ai liquidatori i libri sociali, una situazione dei conti aggiornata alla data in cui lo scioglimento è divenuto efficace e un rendiconto della gestione relativo al periodo successivo all’ultimo bilancio approvato.L’organo amministrativo deve quindi redigere un vero e proprio bilancio straorinario con struttura e contenuto analoghi a quelli del bilancio d’esercizio, che deve essere sottoposto all’approvazione dei soci unitamente al primo bilancio annuale di liquidazione: ciò al fine di assicurare una completa informazione contabile relativamente al periodo intercorrente fra l’ultimo bilancio e l’apertura del procedimento di liquidazione.I liquidatori se lo statuto o la delibera di nomina nulla stabiliscono, possono compiere tutti gli atti utili per la liquidazione.L’attività deve essere improntata al rispetto del dovere generale di diligenza: professionalità e diligenza richieste dalla natura dell’incarico l’interesse comune dei soci, e cioè la massimizzazione del risultato finale della liquidazione.Sui liquidatori incombono doveri particolari previsti dal 2491 diretti a tutelare lo specifico interesse dei creditori:

- dovere di richiedere proporzionalmente ai soci i versamenti ancora dovuti qualora i fondi disponibili risultino insufficienti per il pagamento dei creditori;

- dovere di non ripartire tra i soci, a titolo definitivo il patrimonio siano a che non siano stati integralmente soddisfatti i creditori sociali. Si possono distribuire solo acconti sul risultato finale della liquidazione a condizione che dai bilanci risulti che la ripartizione non incide sulla disponibilità delle somme idonee al tempestivo e integrale soddisfacimento dei creditori.

- Sono responsabili per i danni derivanti dall’inosservanza dei doveri inerenti la loro carica. La responsabilità dei liquidatori può essere fatta valere secondo le norme previste per l’organo amministrativo in relazione a ciascun tipo di società di capitali (2489).

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L’organo di controllo. L’assemblea e le decisioni socialiL’apertura della liquidazione non determina il venir meno dell’organo di controllo, che è chiamato a vigilare sull’attività svolta dai liquidatori.Nel sistema monistico la cessazione dalla carica dei consiglieri di amministrazione comporta per conseguenza diretta la cessazione dalla carica anche dei componenti il comitato per il controllo sulla gestione.Nel sistema dualistico durante la liquidazione le funzioni del consiglio di sorveglianza tendono in certa misura ad appiattirsi su quelle del collegio sindacale delle spa con sistema tradizionale: la competenza a nominare i liquidatori e ad approvare il bilancio annuale li liquidazione spetta di regola all’assemblea.L’inizio del procedimento li liquid. Incide parzialmente sulle regole relative all’attività dell’assemblea ovvero sulle regole concernenti le decisioni dei soci: tali regole continuano in linea di principio ad applicarsi fermo restando che i soci non possono prendere deliberazioni assembleari o decisioni incompatibili con lo stato di liquidazione (2488).Incompatibile con lo stato di liquidazione è da ritenersi la riduzione volontaria del capitale sociale, nella misura in cui la stessa comporta la distribuzione a titolo definitivo ai soci di una parte del patrimonio della società, in violazione della norma di cui al 2491.

I bilanci nella fase li liquidazioneL’art 2490 detta una disciplina speciale per i bilanci annuali di liquidazione.I liquidatori devono redigere il bilancio e presentarlo entro le stesse scadenze previste per il bilancio d’esercizio, per l’approvazione dell’assemblea, ai soci.I bilanci di liquidazione devono essere redatti, approvati e pubblicati secondo le medesime norme previste per il bilancio d’esercizio, nei limiti però in cui queste ultime risultino compatibili con la natura, le finalità e lo stato di liquidazione.Per ragioni di trasparenza i liquidatori devono indicare e motivare, nella nota integrativa le scelte effettuate in ordine ai criteri di valutazione adottati, e nel primo bilancio successivo alla loro nomina devono indicare le variazioni nei criteri di valutazione adottati rispetto all’ultimo bilancio approvato, nonché ragioni e conseguenze di tali variazioni.La relazione dei liquidatori deve illustrare al fine di offrire agli interessati un termine di riscontro della correttezza dei criteri di valutazione adottati, l’andamento, le prospettive e i criteri di conduzione della liquidazione.

La chiusura del procedimento di liquidazione. Il bilancio finale di liquidazioneI liquidatori tramite le operazioni di monetizzazione dell’attivo e soddisfatti i creditori sociali, devono redigere il bilancio finale di liquidazione, indicando la parte spettante a ciascun socio nella divisione dell’attivo (piano di riparto).Il bilancio finale è un rendiconto di chiusura della liquidazione che si compone di uno stato patrimoniale, di un conto economico e di una nota integrativa, ed è accompagnato dalla relazione dell’organo di controllo e del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti.

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Il bilancio completato dal piano di riparto, deve essere depositato, unitamente ai suoi allegati, presso l’ufficio del registro delle imprese.Esso non deve essere sottoposto all’approvazione dell’assemblea, ma è approvato dai soci individualmente perché con la chiusura delle operazioni di liquidazione e con la redazione del piano di riparto, assume rilievo preminente l’interesse individuale di ciascun socio ad ottenere la quota di liquidazione.Con l’approvazione del bilancio i liquidatori sono liberati nei confronti dei soci, fermo restando il residuo obbligo di procedere alla distribuzione dell’attivo.Ultimata la distribuzione dell’attivo i libri della società devono essere depositati presso l’ufficio del registro delle imprese e conservati per 10 anni (2496).Per effetto dell’approvazione del bilancio finale nasce in capo ai soci un diritto di credito ad ottenere dalla società la quota di liquidazione risultante dal piano di riparto: da tale momento ciascun socio è titolare del diritto alla quota di liquidazione.

La revoca dello stato di liquidazioneAi sensi del 2487-ter la società può in ogni momento decidere il ritorno alla fase di normale esercizio tramite una delibera di revoca dello stato di liquidazione, conseguente modifica dell’organizzazione sociale di segno inverso rispetto a quella a suo tempo prodottasi per effetto della liquidazione.La revoca è deliberata dall’assemblea previa eliminazione della causa di scioglimento, con le maggioranze richieste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto.Ha effetto solo trascorsi 60gg dall’iscrizione nel registro delle imprese: l’esecuzione anticipata è possibile solo qualora consti il consenso dei creditori sociali o il pagamento dei creditori non consenzienti. Entro il termine i creditori sociali anteriori all’iscrizione che non abbiano prestato il loro consenso e che non siano stati integralmente soddisfatti, possono fare opposizione: il tribunale quando risulti infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori oppure quando la società abbia prestato idonea garanzia, può disporre che la revoca abbia effetto nonostante l’opposizione.

L’estinzione della societàApprovato il bilancio finale, i liquidatori devono richiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese (2495). La società inoltre anche prima del compimento della liquidazione, è cancellata d’ufficio dal registro delle imprese qualora per oltre 3 anni consecutivi non venga depositato il bilancio annuale di liquidazione.Per effetto della cancellazione dal registro la società si estingue. Dopo la cancellazione potrebbero sopravvenire delle passività sociali che per negligenza dei liquidatori o per altre ragioni, non siano state estinte nel corso del procedimento di liquidazione. I creditori non soddisfatti possono far valere i loro crediti esclusivamente nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, se il mancato pagamento è dipeso per colpa loro.

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