DIREZIONE REDAZIONE AMMINISTRAZIONE GIOVANNI … · roco del mondo», «sorriso di Dio». Il 17...

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GIOVANNI PAOLO I: l’eredità nel centenario della nascita Q uella del 1978 non fu un’estate qualsiasi per la Chiesa cattolica. Il 6 agosto, infatti, dopo quindici anni di pontificato, venne meno Paolo VI. Il 26 agosto, dopo un rapidissimo con- clave — due giorni e quattro votazioni — venne eletto Papa il patriarca di Venezia, che prese il nome di Giovanni Paolo I: Albino Luciani, «Papa del sor- riso», «Papa umile», «Papa catechista», «Papa par- roco del mondo», «sorriso di Dio». Il 17 ottobre 1978 avrebbe compiuto 66 anni, ma non festeggiò quel compleanno. Il suo pontificato durò appena 33 giorni. All’alba del 28 settembre il nuovo Pontefice fu trovato esanime nella sua camera da letto. Ci sta a cuore di ricordarlo in occasione della sua elezione al soglio pontificio. All’indomani della sua elezione, nella Cappella Sistina, davanti all’altare sotto il Giudizio di Michelangelo, «l’umile e ultimo servo dei servi di Dio» lanciò il primo, e unico, messaggio in mondovisione: il discorso urbi et orbi. Avendo ancora «l’animo accasciato dal pen- siero del tremendo ministero» di sacerdote, mae- stro e pastore, ma sicuro della «presenza confortatrice e dominatrice del Figlio di Dio» nella Chiesa, «tenendo la sua mano in quella di Cristo» e «appoggiandosi a lui», «autore della salvezza e principio di unità e di pace», amabilmente si ri- volse a tutti gli uomini, vedendo in essi «unica- mente» degli amici e fratelli «assetati di vita e d’amore». Nel solco tracciato dai predecessori invitò so- prattutto «i diletti figli e figlie dell’intero orbe cat- tolico (...) a prendere coscienza sempre maggiore della loro responsabilità», a essere «pronti a dare testimonianza della propria fede», a offrire quel surplus d’anima che «solo può assicurare la sal- vezza» al mondo, «magnifico» e al contempo «tor- mentato» e tentato di «sostituirsi a Dio con l’autonoma decisione che prescinde dalle leggi mo- rali, porta l’uomo moderno al rischio di ridurre la terra a un deserto, la persona a un automa, la con- vivenza fraterna a una collettivizzazione pianifi- cata, introducendo non di rado la morte là dove invece Dio vuole la vita». Il suo discorso si snodò in sei punti programma- tici, introdotti dalla parola carica di incisività e non abituale nel linguaggio di un Papa: «Vogliamo». «Vogliamo continuare nella prosecuzione del- l’eredità del Concilio Vaticano II, le cui norme sa- pienti devono tuttora essere guidate a compimento, vegliando a che una spinta, generosa forse ma improvvida, non ne travisi i contenuti e i significati, e altrettanto che forze frenanti e timide non ne rallentino il magnifico impulso di rinnova- mento e di vita; vogliamo conservare intatta la grande disciplina della Chiesa, nella vita dei sacer- doti e dei fedeli, quale la collaudata ricchezza della sua storia ha assicurato nei secoli con esempi di santità e di eroismo, sia nell’esercizio delle virtù evangeliche sia nel servizio dei poveri, degli umili, degli indifesi (...). segue a p. 7 XVincenzo Bertolone Arcivescovo metropolita DIREZIONE REDAZIONE AMMINISTRAZIONE Via dellʼArcivescovado, 13 - Tel. 0961.721333 - 88100 Catanzaro - Spedizione in a.p.Tabella C - Autorizzazione DCO/DC CZ/063/2003 Valida dal 11/02/2003 FONDATO NEL 1982 9 ETTEMBRE 2012 ANNO XXXI N. 15 il programma dell’evento celebrativo a p. 16 Il Cardinale Carlo Maria Martini nella “pace dei giusti” servizio a p. 3 50° CONCILIO VATICANO II CHIESA E MONDO: UN DIALOGO CHE CONTINUA RINNOVANDOSI servizio a p. 8 POLITICI E STATISTI: GLI UNI E GLI ALTRI C’è bisogno di figure di grande statura personale e pubblica servizio a p. 4

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GIOVANNI PAOLO I: l’eredità nel centenario della nascita

Quella del 1978 non fu un’estate qualsiasi perla Chiesa cattolica. Il 6 agosto, infatti, dopoquindici anni di pontificato, venne meno

Paolo VI. Il 26 agosto, dopo un rapidissimo con-clave — due giorni e quattro votazioni — venneeletto Papa il patriarca di Venezia, che prese il nomedi Giovanni Paolo I: Albino Luciani, «Papa del sor-riso», «Papa umile», «Papa catechista», «Papa par-roco del mondo», «sorriso di Dio». Il 17 ottobre 1978avrebbe compiuto 66 anni, ma non festeggiò quelcompleanno. Il suo pontificato durò appena 33giorni. All’alba del 28 settembre il nuovo Ponteficefu trovato esanime nella sua camera da letto.

Ci sta a cuore di ricordarlo in occasione della suaelezione al soglio pontificio. All’indomani della suaelezione, nella Cappella Sistina, davanti all’altaresotto il Giudizio di Michelangelo, «l’umile e ultimoservo dei servi di Dio» lanciò il primo, e unico,messaggio in mondovisione: il discorso urbi etorbi. Avendo ancora «l’animo accasciato dal pen-siero del tremendo ministero» di sacerdote, mae-stro e pastore, ma sicuro della «presenzaconfortatrice e dominatrice del Figlio di Dio» nellaChiesa, «tenendo la sua mano in quella di Cristo»e «appoggiandosi a lui», «autore della salvezza eprincipio di unità e di pace», amabilmente si ri-volse a tutti gli uomini, vedendo in essi «unica-

mente» degli amici e fratelli «assetati di vita ed’amore».

Nel solco tracciato dai predecessori invitò so-prattutto «i diletti figli e figlie dell’intero orbe cat-tolico (...) a prendere coscienza sempre maggioredella loro responsabilità», a essere «pronti a daretestimonianza della propria fede», a offrire quelsurplus d’anima che «solo può assicurare la sal-vezza» al mondo, «magnifico» e al contempo «tor-mentato» e tentato di «sostituirsi a Dio con

l’autonoma decisione che prescinde dalle leggi mo-rali, porta l’uomo moderno al rischio di ridurre laterra a un deserto, la persona a un automa, la con-vivenza fraterna a una collettivizzazione pianifi-cata, introducendo non di rado la morte là doveinvece Dio vuole la vita».

Il suo discorso si snodò in sei punti programma-tici, introdotti dalla parola carica di incisività e nonabituale nel linguaggio di un Papa: «Vogliamo».

«Vogliamo continuare nella prosecuzione del-l’eredità del Concilio Vaticano II, le cui norme sa-pienti devono tuttora essere guidate acompimento, vegliando a che una spinta, generosaforse ma improvvida, non ne travisi i contenuti e isignificati, e altrettanto che forze frenanti e timidenon ne rallentino il magnifico impulso di rinnova-mento e di vita; vogliamo conservare intatta lagrande disciplina della Chiesa, nella vita dei sacer-doti e dei fedeli, quale la collaudata ricchezza dellasua storia ha assicurato nei secoli con esempi disantità e di eroismo, sia nell’esercizio delle virtùevangeliche sia nel servizio dei poveri, degli umili,degli indifesi (...).

segue a p. 7

XVincenzo BertoloneArcivescovo metropolita

DIREZIONE REDAZIONE AMMINISTRAZIONE Via dellʼArcivescovado, 13 - Tel. 0961.721333 - 88100 Catanzaro - Spedizione in a.p.Tabella C - Autorizzazione DCO/DC CZ/063/2003 Valida dal 11/02/2003 FONDATO NEL 1982 9 ETTEMBRE 2012 ANNO XXXI N. 15

servizio nelle pp. 8 e 9il programma dell’evento celebrativo a p. 16

Il Cardinale Carlo Maria Martini

nella “pace dei giusti”servizio a p. 3

50° CONCILIO VATICANO IICHIESA E MONDO:

UN DIALOGO CHE CONTINUA

RINNOVANDOSI

servizio a p. 8

POLITICI E STATISTI: GLI UNI E GLI ALTRI

C’è bisogno di figuredi grande statura

personale e pubblicaservizio a p. 4

29 settembre 2012

Lʼagenda del Vescovo

SETTEMBRE 20122 - mattinaS. Messa a Brognaturo

3 - h. 18.30S. Messa al Santuario di Torre di Ruggeroh. 18.30 S.Messa a Pentone

4 - 5 - Udienze

12 - Quartiere Pistoia, Parrocchia S. Maria della spe-ranza Convegno su p. Pino Puglisi e Paolo Borsellino

13 - Porto Rocha, inizio anno pastorale

18 - Palazzo del Governo, Sala del Tricolore, Convegnosu P. Puglisi

20 - S. Messa per il trigesimo del papà di Don Nicola Coppoletta

21 - Politeama, convegno sulla Catechesi

23 - Simeri Crichi cresime

26 - 28 - Cetraro, convegno con i seminaristi

29 - 30 - Roma, partecipa al congresso sul Santo Volto

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di Catanzaro il 16 gennaio 1982.

ISSN: 2039-5132

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LO SPLENDOREDI IERI

NELL’IMPEGNODELL’OGGI

Le date storiche e giubilari, chehanno segnato uno spaccato epo-cale, non possono passare inos-

servate… costituiscono sempre la fiaccoladel mondo il cui splendore inadia i passidella storia.

Ecco i due eventi: i 50 anni della cele-brazione del Concilio Vaticano II e i 20anni della pubblicazione del Catechismodella Chiesa Cattolica che motivano l’in-dizione dell’Anno della fede.

Per vivere con consapevolezza e appro-fondimento queste date giubilari che s’in-nestano nell’anno 2012-2013 la sensibilitàdel nostro Pastore ha predisposto deigrandi appuntamenti per la comunitàdiocesana che gusterà emozioni spiritualie culturali suscitate da insigni Relatoriche spalancheranno le finestre del saperestorico-dottrinale e faranno leggere quei“segni dei tempi” messi in atto da uomini“illuminati dentro” dalla luce ispiratricedello Spirito di Dio. Il Concilio, la“Summa Pastoralis” delle verità ecclesialie il Catechismo “Pane di verità” spezzatoin briciole perché mente comprenda ecuore assimili.

Nella programmazione non manca laricerca della santità del grande figlio Cas-siodoro che ha contribuito alla divulga-zione del pensiero cattolico con latrascrizione dei libri sacri.

E il “cortile dei gentili”, sarà l’agorà delconfronto culturale guidato dal CardinaleRavasi per favorire il dialogo tra Chiesacattolica e pensiero moderno.

Lo splendore di ieri: I Padri del Conci-lio, i Vescovi del tempo che, come adEfeso, vennero accolti nelle diocesi con lefiaccole accese; l’impegno di oggi: amaree pregare per i nostri Vescovi perché illoro servizio arrivi a tutti gli uomini dibuona volontà.

Lo splendore di ieri: il Catechismo dellaChiesa Cattolica, frutto di studio e di ela-borazione dell’allora Cardinale Ratzinger;l’impegno di oggi: avere tra le mani que-sto libro mediato dal “Catechismo dioce-sano” frutto del pensiero e del cuoredell’Arcivescovo Bertolone.

Sulla strada della nostra diocesi avremoluminosi i raggi dello splendore di ieriper un vivere nell’impegno ecclesiale dioggi e del prossimo futuro.

Raffaele Facciolo

39 settembre 2012

Un nuovo traguardo per l’IstitutoTeologico Calabro della PontificiaFacoltà Teologica dell’Italia Meri-

dionale di Catanzaro che nel prossimo annoaccademico offrirà un nuovo corso di specia-lizzazione in “Teologia dell’Evangelizza-zione”. Si va ad aggiungere ai due corsi dispecializzazione in teologia morale socialecon indirizzo epistemologico e bioetico.

La qualità della vita, la solidarietà nella ri-scoperta della speranza e la costruzione di unmondo più fraterno sono punti salienti checaratterizzano la proposta di una specificateologia dell’evangelizzazione, che mentreanaliticamente ne esplora la consistenza bi-blica, teologica e magisteriale, ne vagliaanche le modalità evangelicamente più ap-propriate per comunicarli, nello studio di ciòche caratterizza cultura, interessi e attesedegli uomini di oggi.

“L’evangelizzazione - secondo Mons. Na-tale Colafati, direttore dell’Istituto TeologicoCalabro - appare oggi nella Chiesa come unascelta prioritaria . Essa richiede inoltre unadeguato approfondimento teologico sullesue motivazioni di fondo, sulle risorse idealie culturali dalle quali partire, come pure sui

metodi più appropriati da attivare per il lorostudio e la lo strasmissione agli altri. Guar-dando al futuro - afferma Mons. Colafati -,l’Istituto Teologico Calabro accoglie questasfida e la traduce, a partire dall’anno accade-mico 2012-2013, in una nuova proposta for-mativa per un’adeguata preparazione capacedi rispondere alle attese degli uomini nell’of-ferta gratuita e liberante della buona notizianell’amore di Dio e della salvezza in essa con-tenuta”.

Tra i progetti dei vescovi della Calabria vi èanche la volontà di istituire al una FacoltàTeologica della Calabria, per guardare sem-pre più con speranza a un clero ben formatonon solo per trasmettere la fede, ma per ri-spondere alle attese e alle problematichesocio-culturali della regione.

L’Istituto Teologico Calabro si arricchisce della licenzain “Teologia dell’Evangelizzazione”

Si è spento venerdì 31 agosto 2012 al-l’Aloisianum a Gallarate (Varese) il card.Carlo Maria Martini, 85 anni, biblista e

per 23 anni arcivescovo di Milano (clicca qui).Nato a Torino il 25 febbraio 1927, nel 1944 entrònella Compagnia di Gesù e studiò filosofia al-l’Aloisianum, l’istituto universitario di studi fi-losofici dei gesuiti; proseguì poi gli studiteologici a Chieri (Torino), dove venne ordinatosacerdote il 13 luglio 1952. Laureato in teologianel 1958 alla Pontificia università gregoriana ein Scrittura al Pontificio istituto biblico, fu in se-guito rettore di entrambi. Nel 1979 GiovanniPaolo II lo elesse arcivescovo di Milano, consa-crandolo personalmente il 6 gennaio 1980; nelConcistoro del 1983 venne creato cardinale. Trale iniziative più importanti organizzate sotto ilsuo episcopato a Milano, l’introduzione in dio-cesi della “Scuola della Parola”, per accostare ilaici alla Sacra Scrittura con il metodo della Lec-tio divina, e gli incontri sulle “domande dellafede”, chiamati “Cattedra dei non credenti. Dal1987 al 1993 fu altresì presidente del Consigliodelle Conferenze episcopali europee.

Nel 2002, al compimento dei 75 anni, il Papaaccettò le sue dimissioni per sopraggiunti limitid’età ed egli si ritirò in Terra Santa per prose-guire gli studi biblici. Colpito dal morbo di Par-kinson, nel 2008 ha fatto ritorno in Italia perricevere le cure necessarie, abitando negli ultimi4 anni all’Aloisianum.

La morte del cardinale Carlo Maria Martini èun evento che suscita "grande emozione ben al-dilà dei confini della pur vastissima Archidio-cesi di Milano, che ha governato per 22 anni",ha detto il direttore della Sala Stampa Vaticana,padre Federico Lombardi. "Si tratta infatti di unvescovo - ha aggiunto - che con la sua parola, isuoi numerosi scritti, le sue innovatrici inizia-tive pastorali ha saputo testimoniare e annun-ciare efficacemente la fede agli uomini del

nostro tempo, guadagnandosi la stima e il ri-spetto di vicini e lontani, ispirando nell’eserciziodel loro ministero tanti confratelli nell’episco-pato in molte parti del mondo".

Per padre Lombardi la Parola di Dio era "ilpunto di partenza e il fondamento del suo ap-proccio ad ogni aspetto della realtà e di ogni suointervento, gli Esercizi Spirituali di Sant’Ignaziodi Loyola la matrice della sua spiritualità e dellasua pedagogia spirituale, del rapporto continuo,diretto e concreto, fra la lettura della Parola diDio e la vita, del discernimento spirituale e della

decisione alla luce del Vangelo"."La scomparsa del Cardinale Carlo Maria

Martini è una dolorosa, grave perdita non soloper la Chiesa e per il mondo cattolico ma perl’Italia, il paese di cui era figlio e cui ha dedicatotanta parte del suo impegno e del suo insegna-mento", ha detto il Presidente della Repubblica,Giorgio Napolitano. Anche la comunità di Ca-tanzaro-Squillace ha un bel ricordo del Cardi-nale Martini. Non ancora creato cardinale, suinvito del Vescovo Armando Fares venne a Ca-tanzaro nel 1967, nella solennità dei santi Pietroe Paolo, per l’inaugurazione della Sala “SanctiPetri”.

Altra venuta significativa fu il 6 ottobre 2001

a Serra San Bruno, come inviato speciale delSanto Padre Giovanni Paolo II, per l’aperturadelle celebrazioni per il nono centenario dellamorte di San Bruno. Oltre 4.000 fedeli ad atten-derlo presso la spianata del Santuario SantaMaria del Bosco. Salutando l’arcivescovo Can-tisani, i concelebranti e i fedeli, il cardinale Mar-tini dettò un vero messaggio d’amore allaCalabria intera attraverso queste parole: “Vo-gliamo essere più presenti nella storia di questaamatissima regione che non riesce ad esprimeretutte le sue enormi ricchezze spirituali e cultu-rali perché ancora bloccata da antichi mali”. Le-game storico tra il Cardinale Martini e la nostradiocesi è anche la figura di cardinale EugenioTosi, già vescovo di Squillace dal 1911 al 1917,promosso Arcivescovo di Milano dal 1922 al1929.

Grande commezione ai funerali presiedutipresieduti dall’attuale arcivescovo di Milano,card. Angelo Scola. Concelebranti 9 cardinali, 39vescovi e 1.200 sacerdoti, alla presenza di nu-merose autorità civili, come il premier MarioMonti, 4 ministri, l’ex presidente del Consiglio,Romano Prodi, 30 parlamentari e 35 sindaci pro-venienti da tutta Italia. In piazza Duomo c’eranooltre 15 mila persone, e circa 6 mila fedeli si sonoraccolti in preghiera all’interno della chiesa.

“È stato un uomo di Dio, che non solo ha stu-diato la Sacra Scrittura, ma l’ha amata intensa-mente, ne ha fatto la luce della sua vita, perchétutto fosse ‘ad maiorem Dei gloriam’, per lamaggior gloria di Dio”. È un passaggio del mes-saggio che Benedetto XVI ha fatto giungere at-traverso il card. Angelo Comastri.

Il Cardinale Carlo Maria Martini nella “pace dei giusti”

49 settembre 2012

L'originalità intensa e arricchente dellateologia della rivelazione nel libro"Dio sulle tracce dell'uomo" di don

Giovanni MazzilloUn altro percorso della riflessione e del vis-

suto umano e spirituale di don GiovanniMazzillo, sacerdote da quarant'anni e teo-logo, giunge alla sua matura conclusionecompletando quel cammino che aveva avutocome sua prima tappa la pubblicazione dellibro intitolato "L'uomo sulle tracce di Dio".

Un'opera data alle stampe nel 2004 che, conun linguaggio lineare, semplice e accattivanteci ha guidato sui sentieri a volte inesploratidella dimensione più intima e nascosta del-l'essere umano posto, in ogni tempo, di fronteal mistero dell'Assoluto e a quella che l'autorechiama Ulteriorità, come entità sempre viva epresente ma anche e costantemente sempre‘'altra''. Quella che veniva allora propostarappresentava la prima parte di un lavoroche prevedeva già un secondo volume cheavrebbe trattato della rivelazione affrontandoil tema altrettanto significativo di ‘'Dio sulletracce dell'uomo''. Cosa che puntualmente èavvenuta con la pubblicazione a otto anni didistanza dell'opera il cui titolo completo è"Dio sulle tracce dell'uomo. Saggio di teolo-

gia della rivelazione", Edizioni San Paolo -Collana Universo Teologia.

«L'originalità intensa e arricchente dellateologia della rivelazione di cui Mazzillo ci fadono - scrive nella Prefazione Piero Coda, già

Presidente dell'Associazione teologi Italiani -sta proprio in ciò: cogliere nella relazione, edunque nell'incontro, frutto e segno efficacedell'amore, il cuore pulsante e il filo condut-tore che raccoglie e insieme esprime lo sno-darsi dei nuclei tematici chetradizionalmente, almeno a partire dalla mo-dernità, impegnano il De revelatione, nellaluce di quella rinnovata semantica dell'esseree dell'esistenza che, essendo propiziati dallarivelazione, ne permettono al meglio l'inter-pretazione e l'attivazione come dinamismotrasformatore della storia. Valorizzando almeglio, oltre tutto, una linea di pensiero e ditradizione filosofica e teologica che, affon-dando le sue radici nella Magna Grecia, hafruttificato lungo i secoli nella terra di Cala-bria: da Gioacchino da Fiore a TommasoCampanella, per non citare che i sommi. An-ticipando molte acquisizioni e prospettive delpensiero a noi più vicino. Così, quest'operadi Mazzillo ancora una volta si accreditacome testimonianza della fecondità proposi-tiva di un vissuto e di un pensiero credenteche da queste terre, e dalle Chiese che vi vi-vono, si offre alla comunione delle Chiesetutte e insieme alla compagnia degli uomini».

L'originalità arricchente della teologia della rivelazionenel libro "Dio sulle tracce dell'uomo" di don Giovanni Mazzillo

Anche il presidente del Consiglio MarioMonti ha ripreso (a Mosca, alla vigiliadell’ennesima tempesta finanziaria)

una considerazione ormai famosa di Alcide DeGasperi: gli statisti guardano alla prossima gene-razione, i politici alle prossime elezioni. Stranorapporto quello degli italiani e dei politici italianicon De Gasperi. I primi a liquidarlo sono statiforse gli stessi democristiani della cosiddetta “se-conda generazione”, mentre perché gli antichi op-positori comunisti ne riconoscessero la grandezzaè dovuto in sostanza crollare il muro di Berlino (el’Urss). Ora, finalmente un po’ tutti concordanonell’assegnargli un posto d’onore tra i “padri dellaPatria”.

E con questo riconoscimento, che data ormai daqualche anno, cresce la nostalgia per una genera-zione di politici che hanno saputo ricostruire l’Ita-lia e arricchire il Paese prima che le loro famiglie.Vale un po’ la stessa legge delle imprese familiari:famiglia “povera”, impresa ricca, o viceversa.

La frase di De Gasperi, che Monti ha citato, valenella sua interezza. Non significa che abbiamo bi-sogno di statisti e non di politici, ma degli uni edegli altri.

E questo è il vero punto. A meno che non si de-cida di sospenderle per un turno, come fa il giu-dice sportivo con i calciatori “cattivi”: le elezioni

ci sono. Si dovrà arrivare, se vogliamo essere seried efficaci come Unione europea, a sincronizzare leelezioni politiche nazionali, cercando di concen-trarle in anni alterni con quelle per il Parlamentoeuropeo. Le elezioni (nazionali) ci sono e servonobuoni politici per vincerle e così fare legittimarebuone politiche pubbliche, dato che le scelte stra-tegiche sembrano obbligate. Se poi ci sono anchestatisti, che sanno vedere lontano e costruire con-senso in modo lungimirante, meglio.

Questo vale in particolare per l’Italia, con il suodibattito spesso sopra le righe.

Molto semplicemente e schematicamente, invista della scadenza della legislatura e di frontealla conclamata necessità di una riforma eletto-rale, il problema italiano è articolare proposte po-litiche adeguate e di conseguenza aggregazionicoerenti. La questione è aperta e si intreccia conquella del futuro politico dell’Unione europea,l’una e l’altra alla base appunto del tormento dellospread, che in buona sostanza definisce il diffe-renziale tra due Europe.

Mentre ci auguriamo che spunti lo statista, ibuoni politici di cui abbiamo bisogno si possonomisurare dalla capacità di istruire e di risponderealla questione di un’offerta politica adeguata allemolteplici sfide di oggi e dell’immediato futuro.

Certo De Gasperi e quelli della sua generazione,che ha attraversato l’Europa e tanti regimi poli-tici, può aiutare. Nel senso della sobrietà, primadi tutto, e poi della capacità di mirare all’essen-ziale, e infine nel senso di responsabilità: De Ga-speri e tanti come lui, hanno saputo pagare dipersona. E andarsene, anche quando, come all’in-domani del controverso esito delle elezioni del1953, avrebbero potuto resistere, vincolati alla pol-trona.

Francesco Bonini

POLITICI E STATISTI: GLI UNI E GLI ALTRIC’è bisogno di figure di grande statura personale e pubblica

59 settembre 2012

La crisi finanziaria continua ad acca-nirsi con gli stati europei e lascia diso-rientati. Gli strumenti avviati per

governarla ogni volta sembrano esserel’estrema risorsa, ma dopo breve tempo si ri-velano insufficienti. Che cosa ci aspetta an-cora?

In realtà la crisi c’è, ma è probabilmentemeno ampia di quanto venga raccontata: i fon-damentali dei paesi europei non sono nega-tivi, il reddito medio continua ad essere tra i30 ei 40.000 dollari a testa, non ci sono pro-blemi di fame e insicurezza alimentare comequelli che caratterizzano ampie aree del Suddel mondo, la vita media continua ad essere lapiù lunga del mondo, abbiamo la difender lavita mettendo a disposizione di tutti le curemediche. Forse dovremmo ricordarcene di piùquando si parla della crisi.

Questo non significa che non manchino ele-menti di preoccupazione. Da anni aumenta ladistanza tra i redditi concentrando la ric-chezza in una fascia sempre minore di popo-lazione, il contrario di ciò che avevacaratterizzato l’Europa ieri rendendola terradei diritti e delle libertà. I governi accumulanoun debito rilevante. In passato erano i cittadinia finanziarli, oggi sono le banche. Quegli stessiattori che ieri avevano provocato lo scoppiodella crisi oggi acquistano titoli di stato, lu-crando tassi di interesse sempre più alti gra-zie alle descrizioni apocalittiche chepaventano i default, aggravando i bilanci pub-blici. Il timore della crisi riduce anche la do-manda. La gente rinvia gli acquisti ‘perprudenza’ col risultato di amplificare la crisieconomica. Le imprese contraggono l’attività ec’è meno lavoro per le persone, in modo par-ticolare i giovani senza esperienza o gli over40-50 non qualificati che vengono superati dachi, più giovane, ha maggiore formazione enon ha famiglia da mantenere. Tra i paesi con-siderati a rischio, l’Italia, a fronte di un debitopubblico rilevante, gode di un risparmio pri-vato fra i più alti d’Europa. Le famiglie, cioè,hanno riserve per guardare al futuro e, attra-

verso le banche, finanziare le imprese. Maquesta ‘ricchezza’ si sta evolvendo perversa-mente, concentrandosi sempre di più nellemani di chi ha redditi maggiori (chi ha redditinormali o penalizzati dal precariato non ri-sparmia), di chi lavora (chi perde la stabilitàlavorativa spende i risparmi) e della popola-zione più anziana (che finanzia le generazionipiù giovani all’interno delle famiglie).

A questo si aggiunga una ulteriore conside-

razione, ancora più forte. Migliaia di impresedei paesi emergenti sono in grado di concor-rere ad armi pari con quelle europee, spessogodendo di costi locali minori di quelli delNord del mondo. Più in generale la povertàdiffusa nel Sud del mondo convive con prezzilocali più bassi dei nostri e consente salari in-feriori. Non è concorrenza sleale. Nel lungoperiodo questa condizione attirerà sempremaggiore lavoro in quelle zone, sottraendoloai paesi di prima industrializzazione.

Esistono insomma due ordini di elementicritici dal punto di vista economico. Uno piùimmediato che riguarda la gestione e l’orga-nizzazione interna del sistema Europa; uno dipiù ampio respiro che riguarda il graduale rie-quilibrio di potere a livello mondiale. Nessunodei due è di tale gravità immediata da provo-care carestie o rivoluzioni disperate, ma vanno

valutati con responsabilità.Viceversa notevoli irresponsabilità sem-

brano caratterizzare alcuni fra gli attori più ri-levanti. Per primi gli speculatori. La totaleassenza di ‘responsabilità sociale’ avviò la crisinel 2008. Oggi la lezione è dimenticata e glispeculatori provocano grida di allarme per ac-quistare a basso prezzo i titoli pubblici scredi-tati e ottenere alte remunerazioni (l’interesseè fisso e se il prezzo d’acquisto diminuisce ri-sulta più alto il rendimento, aumentando lospread, cioè la differenza con i titoli a rendi-mento più basso). In secondo luogo la stampa.Fra le testate sembra in atto una gara a chi usai toni più allarmistici, amplificando la gravitàdi informazioni che richiederebbero pacatezzae suscitando le paure che fanno crollare leborse per la gioia degli speculatori. Quindi lapolitica. Per anni abbiamo ascoltato leader eu-ropei compiacersi in modo ottuso della pro-pria severità, senza rendersi conto delleinterdipendenze che ci legano: la stessa Ger-mania subirà l’anno prossimo una caduta ri-levante degli ordinativi dai paesi europei,strozzando la esile crescita di cui ha goduto inquesti tre anni grazie alle esportazioni soste-nute dall’euro debole. Non è solo un problematedesco. Anche in Italia abbiamo avuto un pre-mier che negava la crisi e un ministro delle fi-nanze che non lo ha mai smentito salvo oraattaccare con disprezzo il faticoso lavoro del-l’attuale governo riformatore.

Esiste una prospettiva positiva di fronte anoi? Si, a patto di perseguirla con sobrietà esolidarietà, cioè con la disponibilità a parteci-pare ad uno sforzo comune. In pratica signi-fica prima di tutto accettare regolamentazionipiù severe nel mercato finanziario e nel si-stema fiscale, per coinvolgere chi ha di più echi elude. Sul lavoro abbiamo bisogno di ac-cettare un po’ di flessibilità, ma contempora-neamente dobbiamo usare risorse e fantasiaper orientare la nostra attività produttivaverso ciò che non abbia concorrenza domanie sia sostenibile per tutti (turismo, cultura, ec-cellenza…). Abbiamo infine bisogno di unanuova stagione di impegno politico che per-metta di aprire le porte dei partiti. Significaguardare alla politica come ad una strada do-verosa e non sporca; significa anche riformaelettorale. Ma accanto a quello politico occorreanche un impegno educativo vero: una so-brietà solidale ed efficace non si improvvisa.E’ un tema essenziale per il nostro paese, ri-guarda tutti e più che annunci, moralismi econdanne, richiede azioni e testimonianza.

Riccardo Moro

Crisi finanziaria: superarla si puòA patto di essere tutti disponibili a compiere un ulteriore sforzo comune

SUCCESSO PER LA VERSIONE SU IPAD DELLA RIVISTA “TERRASANTA”

Il Medio Oriente, la storia e l’attualità dei luoghi santi, la vita dei cristiani: sono tematiche cheriscuotono nell’opinione pubblica un crescente interesse, soprattutto nel mondo missionario. Ne èuna dimostrazione il fatto che il primo numero per iPad della rivista italiana “Terrasanta”, distri-buito nel mese di luglio, è stato scaricato da centinaia di utenti, residenti in vari Paesi dal mondo:Israele, Turchia, Kuwait, Libano, Hong Kong, Thailandia, Australia, USA, Indonesia, Filippine.Tra essi anche molti missionari italiani. E’ la rivista Terrasanta a darne la notizia. Il primo nu-mero uscì nel 1921 ed oggi è “la rivista italiana sul Medio Oriente cristiano per antonomasia; daoltre 90 anni racconta le speranze e i problemi di chi abita quest’area del mondo. Consente, a chi siè già recato in Terra Santa o progetta di visitarla un giorno, di rimanere informato su questa Terrae su coloro che, nonostante le molte difficoltà, continuano ad abitarla”. Sono soprattutto i missio-nari ad aver richiesto di poter ricevere la rivista in formato digitale. “Tanto interesse per la TerraSanta da parte dei missionari - osserva il direttore Giuseppe Gaffulli - è comprensibile: da una partec’è l’amore per la Terra di Gesù; dall’altra questa Terra condivide alcune problematiche con moltiPaesi di missione”. (Info: www.terrasanta.net)

9 settembre 2012

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L’opinione pubblica riconosce in GiovanniPaolo II il papa “sportivo” per eccel-lenza. Eppure fu lo stesso papa polacco a

indicare nel pontificato del suo predecessore trevi-giano Giuseppe Sarto, Pio X, il primo legame con losport e le Olimpiadi, ricordando che “san Pio X in-coraggiò la nobile iniziativa del barone Pierre DeCoubertin che ripristinò in epoca contemporaneacon crescente successo i Giochi olimpici”. Pio X fuil papa che per primo appoggiò le Olimpiadi; nonsolo, fu il primo a spalancare le porte del Vaticanoagli sportivi. “Pio X, le Olimpiadi e lo sport”, libroscritto da Antonella Stelitano, Quirino Bortolato eAlejandro Mario Dieguez per l’Editrice San Libe-rale di Treviso e uscito in contemporanea con i Gio-chi olimpici di Londra 2012, fa luce su questoaspetto. Di seguito la riflessione di uno degli autori.

Il mondo sportivo, e non solo, celebra quest’annol’evento mediatico più seguito al mondo: oltre 2,5miliardi di persone davanti al televisore per la ceri-monia inaugurale; un simbolo (quello dei cinquecerchi) che è il più riconosciuto al mondo dopo lacroce cristiana; un numero di Paesi membri (204)superiore anche al numero degli Stati membridell’Onu (“solo” 193).

Questo, in sintesi, il profilo dei Giochi olimpici,

manifestazione voluta da Pierre De Coubertin nel1894 ripristinando l’antica celebrazione dei Giochiolimpici greci. In realtà il barone francese non avevain mente la riproposizione di un semplice eventosportivo. Il suo vero obiettivo era un altro: pedago-gico e mondiale. Il fine ultimo dei Giochi doveva es-sere quello di “migliorare il mondo e renderlo piùpacifico”, scopo che la carta olimpica, “costitu-zione” dello sport mondiale, conserva ancora oggi.

Ma cosa vuol dire questo? Semplicemente che losport quando si fa portatore di un nucleo di valoriforti, che poggiano sul rispetto dei diritti umani,sulla fratellanza, il rispetto delle regole, la com-prensione, l’incontro gioioso (usando un terminesportivo, il fair play), ci propone un modello di com-portamento che a partire dal singolo può educare ilmondo intero.

Pierre De Coubertin fu un grande innovatoreproponendo un modello di aggregazione nuovo e ri-voluzionario (basti pensare che la dimensione in-ternazionale dello sport era praticamente inesistentee che la percentuale di popolazione che praticavauna qualsiasi attività sportiva era inferiore all’1%),ma proprio questo divenne poi un fenomeno dimassa che oggi è riconosciuto come il fenomeno cheha maggiormente caratterizzato il XX secolo.

E b b e n e ,tutta questamodernitàfu recepitadalla Chiesaattraversoun papa:San Pio X.Una pro-spettiva deltutto nuovasulla vita ele opere diquesto pon-tefice, resapossibile grazie a una citazione rinvenuta nelle“Memorie” di De Coubertin e riferita alla vicendadella candidatura olimpica di Roma del 1908. DeCoubertin, che era stato in Italia nel febbraio 1905per una serie d’incontri ufficiali, citava espressa-mente Pio X e il suo appoggio all’idea olimpica ri-badendo che se il negoziato con lo Stato italiano erapoi fallito con il ritiro della candidatura di Roma,quello con il Vaticano aveva sortito ben più favore-voli effetti.

a.s.

AMMIRO E BENEDICO - Un libro su Pio X e lo sport

Eletto alla Chiesatitolare di Mon-reale il 18 otto-

bre 2002 e ordinatovescovo il 14 dicembre2002, Mons. CataldoNaro che, membro dellaConferenza EpiscopaleSiciliana, fu presidentedella Commissione Epi-scopale per la Cultura ele Comunicazioni socialie vice-presidente del Co-mitato nazionale per

l’organizzazione del Convegno della Chiesa Ita-liana a Verona nel 2006, morì a 55 anni il 29 set-tembre 2006 nella festività liturgica dei santiarcangeli Michele, Gabriele e Raffaele.

Invitato a intervenire il 28 ottobre 2011 a unconvegno svoltosi al Centro Cammarata di SanCataldo (Caltanissetta), finalizzato a presentare illibro “Sorpreso dal signore. Linee spirituali emer-genti dalla vicenda e dagli scritti di CataldoNaro”, curato da Don Massimo Naro, fratello diMons. Cataldo, l’arcivescovo di Catanzaro-Squil-lace, Mons. Vincenzo Bertolone tenne un apprez-zatissimo e preziosissimo intervento nel corso delquale, ricordando l’amabile persona, l’intelligenteattività scientifica, l’incessante impegno culturalee l’appassionata azione pastorale di Mons. Ca-taldo Naro, prese in considerazione la sua spiri-tualità, individuandone la specificità e lasingolarità, consapevole che nel corso della suaesistenza aveva uniti con robusta consapevolezzae straordinaria visione esistenziale della vita isuoi ruoli di credente, di docente, di scrittore, dieducatore e di pastore di anime.

Approfondendo la tematica affrontata nel corso

del convegno Mons. Bertolone ha pubblicato re-centemente uno straordinario volume dal titolo“Cataldo Naro: un pastore abitato dal Signore. IlVangelo dispiegato in Sicilia” (Edizioni Paoline,Milano, 2012) nel quale, dopo aver dichiarato cheMons. Naro «aveva il vivo desiderio di testimo-niare al mondo la necessità di essere autentici di-scepoli di quel Cristo che per primo posa losguardo misericordioso sulla sua creatura, chia-mando ciascuno a vivere in intima amicizia conLui» (p. 22), comunica, facendo riferimento a unodei tanti testi pubblicati, che per il vescovo de-funto «la “spiritualità” potrebbe comprendersicome tutto ciò che riguarda la dimensione spiri-tuale dell’uomo, cioè la sua capacità di sottrarsial limite dei bisogni materiali immediati e di vi-vere un’esperienza interiore nella sfera del pen-siero, dell’effettività, della decisione morale» (p.29).

Di particolare interesse è per Mons. Bertolone ilfatto che per Mons. Naro occorreva ricostruire lamatrice ecclesiocentrica della spiritualità, soprat-tutto perché «la Chiesa è la tenda della presenzadel Signore nell’oggi della storia, grazie alla qualeè possibile all’uomo incontrarsi con Cristo, perentrare liberamente nel circuito della fede che im-mette nella comunione divina» (p. 44) e «pur-troppo molti cristiani, non avendo maturatoappieno la loro appartenenza ecclesiale, si pre-cludono la possibilità di fare esperienza di Dio e,dunque, di essere, con la coerenza della loro vita,esempi attraenti di vita spirituale per gli altri» (p.48).

Di forte attualità è anche il richiamo che Mons.Bertolone fa alla dimensione missionaria che, ali-mentando atteggiamenti di collaborazione e disolidarietà, venne richiamata da Mons. Naro nelcorso dell’Omelia tenuta un anno nella Domenica

dopo l’Epifania sottolineando «l’intimo rapportotra la nostra assunzione a figli di Dio e la nostrapartecipazione alla missione redentrice del Fi-glio» (p. 62, nota 3) e richiamando il compito af-fidato dal Cristo di mettersi in gioco, dicontraccambiare l’amore, di non concentrarsi nel«soddisfacimento del proprio egoismo sia sulpiano dell’affermazione di sé che su quello dellaricerca del piacere sensibile che conduce alla ro-vina dell’uomo e del suo rapporto con gli altri»(p. 70).

E nel capitolo “Mai soli”, che riporta il titolo diun libro di Mons. Naro, di cui però non viene in-dicato l’anno di pubblicazione né l’editore, Mons.Bertolone commenta che alla luce dell’itinerariodi orientamenti spirituali che caratterizzano lasensibilità spirituale di mons. Naro è bene «sot-tolineare il suo ottimismo, per il quale il processodi santificazione o divinizzazione dell’uomo è uncammino comunitario. Nessuno può pensare dipoter compiere tutto ciò da solo, perché tutti ne-cessitano del sostegno della Chiesa, che in sestessa è comunione. La Chiesa pellegrina e quellaceleste sono chiamate a sostenere il cammino delsingolo discepolo» (p. 73).

Tutto l’insieme del testo di Mons. Bertolone,dunque, fornisce una visione quanto mai signifi-cativa e apprezzabile dell’esperienza culturale epastorale di Mons. Naro, il cui itinerario è pas-sato ed è bene imitarlo «dalla devozione alla vo-cazione, dall’ammirare i santi nell’eroicità delleloro virtù e nell’ardore dell’estasi mistica – e dalchiedere la loro intercessione per i nostri bisogni– al vederli come figure riuscite ed esemplari diuna vocazione dal vivo e consapevole rapportocon il Signore risorto, che è di tutti i cristiani» (p.83). (ZENIT.org)

Eugenio Fizzotti

DONO DELLO SPIRITO ALLA CHIESA DI SICILIALettura straordinaria della spiritualità di Mons. Cataldo Naro fatta dall’Arcivescovo Mons. Vincenzo Bertolone

79 settembre 2012

Vogliamo ricordare alla Chiesa intera che ilsuo primo dovere resta quello della evan-gelizzazione, le cui linee maestre il nostro

predecessore Paolo VI ha condensato in un memo-rabile documento: animata dalla fede, nutrita dallaparola di Dio e sorretta dal celeste alimento dell’Eu-caristia, essa deve studiare ogni via (...) per seminareil Verbo, per proclamare il messaggio, per annun-ciare la salvezza che pone nelle anime l’inquietudinedella ricerca del vero e in questa le sorregge conl’aiuto dall’alto; se tutti i figli della Chiesa saprannoessere instancabili missionari del Vangelo, unanuova fioritura di santità e di rinnovamento sorgerànel mondo (...); vogliamo continuare lo sforzo ecu-menico, che consideriamo l’estrema consegna dei no-stri immediati predecessori, vegliando con fedeimmutata, con speranza invitta e con amore indecli-nabile alla realizzazione del grande comando di Cri-sto: Ut omnes unum sint (Giovanni, 17, 21); (...)vogliamo proseguire con pazienza e fermezza in queldialogo sereno e costruttivo (...); vogliamo infine fa-vorire tutte le iniziative lodevoli e buone che possanotutelare e incrementare la pace nel mondo turbato:chiamando alla collaborazione tutti i buoni, i giusti,gli onesti, i retti di cuore, per fare argine, all’internodelle nazioni, alla violenza cieca (...) e, nella vita in-ternazionale, per portare gli uomini alla mutua com-prensione, alla congiunzione degli sforzi chefavoriscano il progresso sociale, debellino la fame delcorpo e l’ignoranza dello spirito, promuovano l’ele-vazione dei popoli meno dotati di beni di fortunaeppur ricchi di energie e di volontà». Balza agli occhiuna programmazione di spunti originali: fede e cul-tura trovano una felice sintesi.

È un input con la tinta solenne e allo stesso tempoaffettuosa, che sembra nascere dalle delicate inter-mittenze del suo cuore. Poco dopo, alla loggia cen-trale di San Pietro, di fronte alla spettacolare piazzaideata da Bernini, con voce commossa e meravigliatae un sorriso da fanciullo, commentò come nessunaltro Papa la propria elezione. Spazzando via il «noi»maiestatico, annullò le distanze e ravviandosi unciuffetto sulla fronte seppellì l’uso della tiara sulcapo. Il suo stile di “fare” il Papa, umile, semplice,creativo e diretto, subito entusiasmò la folla sullapiazza ovale e fece esplodere i toni dell’affetto anchenei palazzi vaticani. Non ci poteva essere, per i pic-coli di cui parlava Gesù, gioia più grande che sco-prire un Papa così alla mano. Il «povero Papa» o il«povero Cristo», come amava definirsi, era interes-sato al servizio di «pastore universale».

Iniziando trepido e fiducioso la sua missione, il 3settembre, si pose «a disposizione totale della Chiesae della società civile, senza distinzione di razze o diideologie, per assicurare al mondo il sorgere di ungiorno più sereno e più dolce».

Nel discorso del 10 settembre chiese ai rappresen-tanti della stampa internazionale di «avvicinare me-glio i propri simili, percepirne più da vicino l’ansiadi giustizia, di pace e di fraternità, instaurare conessi vincoli più profondi di partecipazione, di intesae di solidarietà in vista di un mondo più giusto eumano». Disse: «Vi chiediamo di voler contribuireanche voi a salvaguardare nella società odiernaquella profonda considerazione per le cose di Dio eper il misterioso rapporto tra Dio e ciascuno di noi,che costituisce la dimensione sacra della realtàumana. Vogliate comprendere le ragioni profondeper cui il Papa, la Chiesa e i suoi pastori devono tal-volta chiedere, nell’espletamento del loro servizio

apostolico, spirito di sacrificio, di generosità, di ri-nuncia per edificare un mondo di giustizia, di amore,di pace».

I suoi quattro discorsi del mercoledì, incentrati suitemi dell’umiltà, della fede, della speranza e della ca-rità, pronunciati a braccio e intarsiati di sorrisi, di ri-ferimenti inediti e aneddoti personali, lo rivelavanopienamente il pastore e il catecheta, sia pure docentein una cattedra quanto mai importante. In fondo,tutti i suoi scritti, erano modulati sullo stesso tim-bro: una grande catechesi indirizzata a un pubblicoeterogeneo e sempre più vasto, fino a comprendere ilmondo intero.

Il suo vissuto di fede tutt’ora suscita ammirazionee risulta particolarmente incisivo in vista dell’ormaiimminente inizio dell’Anno della fede. È un vissutodi fede intelligente, quello di Luciani, che — pursenza divenire una esposizione o una elaborazioneteologica sistematica — fa sulle verità che contemplauna riflessione originale: sapida o saporosa, ne assi-mila il senso profondo e lo cala nel concreto esisten-ziale e operativo. E non può essere diversamente,

perché la rivelazione cristiana è un messaggio di vitae per ciò stesso è un tutt’uno indivisibile che ab-braccia tutto l’essere umano, corporale e spirituale,intellettuale, volitivo e affettivo, individuale e sociale.

L’esperienza religiosa non è fondamentalmente néesclusivamente cosa dell’intelletto, poiché soloquando le verità religiose giungono a sommuoverel’anima nelle sue profondità esistenziali si ha espe-rienza religiosa in senso proprio. La persona religiosasi rapporta a Dio, più che con un assenso logico, conun’adesione reale ed esistenziale, che chiede di tra-dursi in adorazione e amore.

Per questo Luciani con forza e più volte insiste, af-finché la luce della verità cristiana divenga parola divita per gli uomini di oggi. In una relazione, letta l’8dicembre 1967 alla Conferenza episcopale triveneta,facendo proprie le affermazioni di monsignor CarloColombo, vescovo e teologo, scrive che la stessa cul-tura «non deve essere distaccata dalla vita spiritualedella comunità cristiana»; «tutta la comunità cri-stiana, tutti i pastori in modo speciale, devono sen-tirsi impegnati nel creare le condizioni perché unrinnovamento e una maggior diffusione della cul-tura teologica divenga alimento di una fede piùviva».

E, citando un perito conciliare, ricorda che «la cul-tura teologica esige un impegno spirituale», affinchéessa illumini la mente, animi il cuore e informi lavita e faccia sì che l’esistenza del cristiano sia una

risposta alle esigenze dello Spirito di Dio. Sono ne-cessarie allora la metànoia, la liberazione della spiri-tualità dalla filosofia e da tutte le sovrastruttureumane per ridarle il volto serio derivante dalla Bib-bia, il linguaggio del dialogo con Dio, sia personaleche comunitario, il ritorno al Vangelo che contiene ilVerbum crucis, perché «l’unica spiritualità valida,che non può illudere e lasciar delusi, è proprio quellache è impostata radicalmente sulla Parola dellacroce».

Non possiamo fare altro che rallegrarci cogliendoquesto indirizzo nei suoi Opera omnia che raccol-gono quanto ebbe a scrivere nel corso della sua vitaper trasmettere messaggi teologici e morali profondi,ma comprensibili a tutti. Ogni suo scritto nasce inun determinato momento storico e per destinatarispecifici, con uno scopo, orientamento o spirito par-ticolare, eminentemente apostolico, “pastorale-pra-tico”. È un capolavoro di pastoralità e di catechetica,un codice di etica cristiana, una compresenza diesperienza vitale, di affetto, di sentimento e di intel-letto, una teologia affettiva, orientata al rinnova-mento o miglioramento della vita.

Infatti, l’amore per la catechesi, inteso come pas-sione comunicativa a servizio della verità cristiana,e non come forma ridotta e quasi domestica di evan-gelizzazione, era «accanto al sorriso — osserva padreUgo Sartorio, direttore del «Messaggero di san-t’Antonio» — la caratteristica di Luciani, per tuttala sua vita». Egli rimaneva sempre il catecheta e loscritto era solo la traccia di un messaggio che dovevaessere immediato e tempestivo per le necessità del suopopolo. «Si direbbe anche — scrive don Giorgio Fe-dalto, curatore degli Opera omnia (Padova, EdizioniMessaggero, 2011) — che egli non trovasse tempoda dedicare se non a una continua catechesi, apertaormai a una quantità di nuove tematiche, in lineacon le esperienze vaticane e cattoliche».

La sua opera ha un carattere teso e a volte dram-matico, perché registra i suoi sforzi nel trovare deipunti d’aggancio con la cultura del suo tempo e nellasciarsi guidare e illuminare dalle fonti autentichedella vita dello spirito: Sacra Scrittura e dogma, ric-chi filoni della tradizione spirituale della Chiesa, al-cuni modelli e punti di riferimento, come GregorioMagno, Carlo Borromeo (di cui assunse il motto epi-scopale: Humilitas), Francesco di Sales, AlfonsoMaria de’ Liguori, ma anche Antonio Rosmini conil suo concetto di «caritas intellettuale», Jacques Ma-ritain e Paolo VI e, soprattutto, dal Vaticano II. Atutto dà un’impronta propria, grazie a uno stile ra-pido e vivace e a una facile comunicativa che si fondasoprattutto sull’eloquio semplice, sobrio e modesto,scarno ed essenziale, quello appreso in famiglia, e ar-ricchito di episodi e immagini, sui modi dimessi e sulfranco riconoscimento dei limiti umani che segnanoanche la sua persona.

Giovanni Paolo I fu davvero una meteora che il-luminò il cielo buio dei suoi tempi, faticosi e intrisidi paure. «Io sono ottimista», scriveva. «L’umile suc-cessore di Pietro non è stato ancora tentato dallo sco-raggiamento. Ci sentiamo forti nella fede e con Gesùal nostro fianco possiamo attraversare non solo il pic-colo mare di Galilea, ma tutti i mari del mondo».

Speranza e fiducia. In Dio, e in un mondo e inun’umanità migliori: l’eredità spirituale e culturaledel Papa dei trentatré giorni.

X Vincenzo Bertolone Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace

(dalla prima) GIOVANNI PAOLO I: L’EREDITÀ NEL CENTENARIO DELLA NASCITA

89 settembre 2012

L’immagine della liturgia domeni-cale è la moltiplicazione dei pani edei pesci. Non è solo un miracolo.

Siamo in primavera, la Pasqua è vicina; Cri-sto ha di fronte una folla incredibile e non c’ècibo per tutti. Almeno così credono Filippo eAndrea. Loro sono un po’ tutti noi, che cre-diamo di poter fare tutto da soli. Ecco che ap-pare un ragazzo, non conosciamo il suonome, il suo volto, non abbiamo una sua de-scrizione. Lui, il ragazzo, ha cinque panid’orzo - il primo dei cereali che matura - edue pesci. Cosa raccontano i quattro Vangeli:che tutti sono stati sfamati, a partire da queipani e pesci; anzi, con quanto avanzato sonostati riempiti diversi canestri, dodici perl’esattezza. Come le dodici tribù d’Israele,come i dodici apostoli.

Il miracolo sotto i nostri occhi non è tantola capacità di sfamare le cinquemila personepresenti, quanto farci comprendere che è con-dividendo il nostro poco, mettendolo in co-mune, che riusciamo ad essere artefici di unmiracolo: la solidarietà, essere vicino al no-stro prossimo. Cosa fa il ragazzo? Mette a di-sposizione di tutti quel poco che ha, senzadomandarsi come fare con cinque pani e duepesci a sfamare cinquemila persone. Il Si-gnore sembra dirci: la fame finisce nonquando mangi a sazietà, ma quando condi-vidi anche il poco che hai. Commenta il Papaall’Angelus da Castel Gandolfo: “Il miracolonon si produce a partire da niente, ma da unaprima modesta condivisione di ciò che unsemplice ragazzo aveva con sé. Gesù non cichiede quello che non abbiamo, ma ci fa ve-dere che se ciascuno offre quel poco che ha,può compiersi sempre di nuovo il miracolo:Dio è capace di moltiplicare ogni nostro pic-colo gesto di amore e renderci partecipi delsuo dono”.

Questa pagina del Vangelo la ritroviamonella fatica che il Concilio ha fatto di mettereal centro della sua riflessione l’uomo vistonella sua concretezza storica, l’uomo delle so-cietà ricche e dei Paesi poveri. L’uomo fragile,debole, ma in quanto creato a immagine e so-miglianza di Dio, con una sua inalienabile,incancellabile dignità. Tornano alla mente leparole contenute nell’enciclica di BenedettoXVI “Caritas in veritate”, evoluzione di unpensiero che ha origine nei giorni del Conci-lio, che trova cittadinanza nella costituzione“Gaudium et spes”, una Chiesa pronta a rian-nodare i fili del dialogo con il mondo, capacedi leggere i segni dei tempi e sentirsi così re-almente e intimamente solidale con il genereumano e la sua storia. E che vede nella “Po-pulorum progressio” di papa Montini un ul-

teriore elemento di riflessione, dove giustiziae carità sono un processo unico per dare svi-luppo e speranza ai popoli.

Il Concilio mette davanti ai nostri occhiuna verità che Paolo VI così sintetizzava nelsuo discorso di chiusura del Vaticano II: maicome in questa occasione “la Chiesa ha sen-tito il bisogno di conoscere, di avvicinare, dicomprendere, di penetrare, di servire, dievangelizzare la società circostante e co-glierla, quasi di rincorrerla nel suo rapido econtinuo mutamento”.

Leggere i “segni dei tempi” significa vol-gere la propria attenzione al mondo nella suacomplessità, mettendo in primo piano lascelta dell’uomo che il beato Giovanni PaoloII porrà in evidenza nella sua “Redemptor

hominis”, prima Enciclica del suo lungo pon-tificato.

Papa Benedetto offre la sua lettura nella“Caritas in veritate”, mettendo insieme dueparole: giustizia e carità. Scrive: “La carità ec-cede la giustizia, perché amare è donare, of-frire del ‘mio’ all’altro; ma non è mai senza lagiustizia, la quale induce a dare all’altro ciòche è ‘suo’, ciò che gli spetta in ragione delsuo essere e del suo operare. Non posso ‘do-nare’ all’altro del mio, senza avergli dato inprimo luogo ciò che gli compete secondo giu-stizia. Chi ama con carità gli altri è anzituttogiusto verso di loro”.

Per Paolo VI la giustizia è la “misura mi-nima” della carità. Così nella sua “Populo-rum progressio”, forte è l’eco dellaCostituzione conciliare “Gaudium et spes”,perché se è vero che le gioie e le speranze, letristezze e le angosce degli uomini di oggi,soprattutto dei poveri, sono le stesse dellaChiesa, allora la carità esige la giustizia, il ri-conoscimento e il rispetto dei legittimi dirittidegli individui e dei popoli. Esige uno svi-luppo umano integrale: lo sviluppo è ilnuovo nome della pace. E Benedetto XVI,nella “Caritas in veritate” scrive che “la con-divisione dei beni e delle risorse, da cui pro-viene l’autentico sviluppo, non è assicuratadal solo progresso tecnico e da mere relazionidi convenienza, ma dal potenziale di amoreche vince il male con il bene e apre alla reci-procità delle coscienze e delle libertà”.

Così parlando al Corpo diplomatico il 9gennaio 2006, nemmeno nove mesi dopo lasua elezione, Benedetto XVI può affermareche “non si può dire pace, là dove l’uomonon ha nemmeno l’indispensabile per viverein dignità. Penso qui alle turbe sterminate dipopolazioni che soffrono la fame. Non è pace,la loro, anche se non sono in guerra: dellaguerra, anzi, esse sono vittime inermi”.

Frutto del Concilio è anche l’evoluzionedel pensiero che chiama tutti i credenti, il po-polo di Dio, alla responsabilità propria, aquella condivisione che il ragazzo del Van-gelo ci mette sotto i nostri occhi con estremaevidenza. Le idee seminate dalla “Gaudiumet spes” hanno camminato nel pensiero nonsolo di teologi, fino ad arrivare a essere evi-denti nella storia dei popoli. È appena il casodi ricordare l’Enciclica di papa Wojtyla “Cen-tesimus annus” che sanzionò il crollo delmarxismo. Ma invece di proclamare il trionfodel sistema capitalistico liberale, disegnò unprogetto di società fondato proprio sul pri-mato della persona.

*Fabio Zavattaro

50° del CONCILIO VATICANO III segni dei tempi

CHIESA E MONDO: UN DIALOGO CHE CONTINUA RINNOVANDOSI

99 settembre 2012

“Ogni giorno mi domando: ma tu,piccolo Capovilla, che ti chiamiaddirittura vescovo della

Chiesa, sei cristiano? Perché non basta esserevescovo o cardinale. Per essere cristiano biso-gna essere fedele e costante discepolo di Gesù,e questo è molto arduo per tutti noi”. Segreta-rio particolare di Giovanni XXIII per oltre undecennio, quindi arcivescovo di Chieti-Vasto edelegato pontificio del Santuario di Loreto,mons. Loris Francesco Capovilla vive dal 1988nel ritiro di Sotto il Monte, paese natale dipapa Roncalli. È qui che il Sir lo ha raggiunto,in occasione dei 50 anni dall’apertura del Con-cilio Vaticano II, per ricordare quella “espe-rienza straordinaria” e gettare uno sguardosulla vita della Chiesa.

Eccellenza, oltre al valore storico e rinno-vatore, il Concilio è stato anche un evento digrande spiritualità per la Chiesa?

“A Roma, nei contatti con le Case religiosemaschili e femminili, ho assistito ad una inin-terrotta lode perenne, in particolare tra le suoredi clausura, che si è innalzata al trono di Diodalle nostre piccole dimore terrene in aiuto al-l’azione del Papa e dei vescovi, perché potes-sero accogliere per davvero la voce delloSpirito Santo e lavorare secondo la grande tra-dizione della Chiesa cattolica, che procede cu-stodendo gelosamente il deposito della fede esi sforza di offrirlo come salvezza e stella po-lare per il cammino di tutti coloro che vivonosu questa nostra terra benedetta”.

Quale ricordo conserva di quegli anni?“Ho memoria di un’attesa serena, umile,

orante e fiduciosa da parte delle comunità cri-stiane non soltanto cattoliche. Anche nell’opi-nione pubblica, si percepiva un senso dirispetto per un avvenimento accolto e inter-pretato come evento religioso. Sia durante lafase preparatoria che nel corso delle diversesessioni conciliari, mi è sembrato di avvertireche il percorso tracciato, riassunto nel discorsodi Giovanni XXIII ‘Gaudet mater ecclesia’, siaentrato in tutti noi: solo nella piena osservanzadell’ordine scaturito da Dio potremmo arri-vare ad essere degli eccellenti cristiani e, qua-lora non appartenessimo alla Chiesa, dellepersone giuste nelle quali Dio ha posto ugual-mente la sua dimora. Anche uomini e donnenon praticanti, con molti dubbi e in ricerca, ciconfortano con l’esempio della loro onestà na-turale nella quale agisce di sicuro la grazia diDio”.

Come vive oggi la sua appartenenza allaChiesa?

“Ho scelto per me, in questo ultimo trattodella vita, un motto tratto dal discorso di aper-

tura del Concilio: ‘Tantum aurora est’. È quelloche disse papa Giovanni ai vescovi: abbiamocelebrato una grande giornata, abbiamo av-viato un evento religioso voluto da Dio, ci pro-dighiamo con tutta la nostra buona volontà manon ci facciamo illusioni perché siamo appenaall’aurora della giornata cristiana. Dopo 20 se-coli di evangelizzazione, viviamo ancora allaprima ora del giorno”.

Quale eredità del Concilio ha portato consé?

“Il giorno della sua elezione al papato, An-gelo Roncalli affacciandosi al balcone di SanPietro benedisse la folla, sentì le grida di gioiaprovenire dalla piazza ma disse di non avervisto niente perché accecato dai fari di cineo-peratori e fotografi. Rientrando dal balcone,dietro al crocifero, raccontò di aver guardato ilCrocifisso con la sensazione che Gesù gli di-cesse: ‘Angelino hai cambiato nome, ora tichiami Giovanni, e hai cambiato anche il ve-stito. Ricordati che se non rimarrai mite eumile di cuore come me, sarai sempre cieco.Nulla vedrai della storia del mondo e dellaChiesa e nulla potrai dire ai fedeli’. Mitezza e

umiltà di cuore. Penso sia questa la grande le-zione da apprendere dal Concilio e dalla vitadi Giovanni XXIII, umile figlio della terra ita-liana e cittadino del mondo, che ricordò allaChiesa il dovere di annunciare integro il mes-saggio di Gesù”.

Che Chiesa vede a distanza di 50 anni dal-l’apertura del Vaticano II?

“Non penso soltanto al cammino di questi50 anni ma a quello di tutta la mia vita. LaChiesa che mi ha battezzato, che mi ha dato isacramenti, è la stessa di sempre però più spe-rimentata, aperta all’abbraccio universale e in-ventiva. Dobbiamo tutti tenere conto dellanostra vocazione: che si tratti di un ecclesia-stico o di un laico, ogni battezzato ha la voca-zione alla santità o, in termini più familiari,alla bontà. Sento che in tanti campi della no-stra presenza - dalle missioni, alle iniziativepastorali fino all’editoria - abbiamo fatto nonuno ma numerosi passi avanti. Per alcuniaspetti mi sembra che preghiamo meglio, leg-giamo più in profondità, abbiamo superatocerti campanilismi, guardiamo con sommo ri-spetto e amore i nostri fratelli che portano connoi il segno di Cristo in fronte anche se nonsiamo in piena comunione ecclesiale. Pensoanche ai fratelli musulmani, che la ‘Lumengentium’ loda come adoratori di Dio e osser-vatori della sua legge. Oggi viviamo delle pa-gine tristissime in molti Paesi, con lecontrapposizioni di cristiani e musulmani, ecredo sia indispensabile un supplemento diamore verso tutti”.

Alla prima ora del giorno MONS. LORIS FRANCESCO CAPOVILLA, SEGRETARIO PARTICOLARE DI GIOVANNI XXIII

109 settembre 2012

Che cosa bisogna fare per consacrasial Signore in un Istituto di vita con-sacrata? Basta dire sì anche a uno

solo di questi dieci sì.1. Sì all’Amore: Gesù mi interpella e mi

chiede: “mi ami tu?” (Gv 21,18). Certo, Gesù,che ti amo! E in Te amo i giovani, i malati, ivecchi. Sono tuo per amare. Sono tuo peramare tutti.

2. Sì alla libertà: “Non voi avete scelto me,ma io ho scelto voi” (Gv 15,16).

Sei Tu o Gesù che mi vuoi. Io sono la tuascelta. Io vivo la libertà che mi doni per libe-rarmi dal denaro, dal piacere, dall’egoismo.Con Te posso dire: “sono libero”.

3. Sì al perdono: “Va’ e non peccare più”(Gv 8,11).

Hai messo gli occhi su di me per aiutarmi,guarirmi, perdonarmi. Il perdono è un donoda offrire a tutti nella mia vita. è bello perdo-nare. Ancora più bello essere perdonati.

4. Sì alla fedeltà: “Tutto è compiuto” (Gv19,30).

Tu non mi abbandoni. Moriresti in croce,ma non mi lasceresti mai sul lastrico. Io pure.Te lo prometto. Sto con Te sempre. Metto lamia mano sul fuoco. Sì è sì.

5. Sì alla paternità/maternità: “Ci ha fattoconoscere il Mistero del suo volere” (Ef 1,8).Vicino a Te mi sento figlio. Lontano da Te tisento Padre. Mi sento generato quando Tipenso. Di padre in figlio si cammina. Manonella mano è il viaggio della vita.

6. Sì alla vita: “Tu solo hai parole di vitaeterna” (Gv 6,68).

Tutto è vita: il sole, il campo, il vento. L’al-bero, i pulcini attorno alla chioccia. L’aqui-lone che corre verso la luce, il bambino cheinsegue la farfalla. Tu sei la vita. Anch’io abitola vita.

7. Sì alla Parola e alla parola data: “Sulla tuaParola, getterò la rete” (Lc 5,5).Tutto è Parola:maiuscola, minuscola, corsivo, stampatello.Tutto nella mia vita è passa-parola: amore, sa-crificio, gioia. Parola è verbo: obbedire,amare, servire. Ogni verbo è attivo, passivo,regolare, transitivo, intransitivo. Intransitivosono io quando non dico più il “ Tu”.

8. Sì alla Pazzia: I suoi cercavano Gesù per-ché dicevano “è fuori di sé” (Mc 3,20). PazzoGesù, pazzi i suoi discepoli. Pazzo chi si fa re-ligioso/a, chi si fa sacerdote. La verità è: paz-zia vera è vivere senza l’amore. Non amare èmorire da pazzi.

9. Sì ai giovani: “Lasciate che i bambini ven-gano a me” (Mc 10,14). I loro occhi vedonoDio. Sono loro a entrare nel Regno dei cieli.Fare loro del male è mettersi una macina alcollo. Sono la pupilla di Dio.

10. Sì a Gesù: “Seguimi” (Mc 9,9). ScegliereGesù non è scegliere un libro, prenotare unviaggio, iscriversi a una scuola. Gesù è la tuavita. è come se dicessi: io sono tu. Da lì in poipuoi firmarti e farti chiamare: Arnaldo diGesù. Angela di Gesù. Teresa di Gesù.

Non è importante che ci sia qualcuno dopodi me. è vitale, invece, che qualcuno/a conti-nui a seguire Gesù. Abbiamo bisogno di di-scepoli e non di successori.

C'era una volta, ma forse c’è ancora, unpaese diviso in due da un muro. Eraun muro alto, massiccio, grigio e mi-

naccioso. Mai, proprio mai, nes-suno avevaosato scavalcarlo. Nel muro non c’erano pas-saggi, porte o cose si-mili. Neanche un bu-chetto piccolo piccolo. Quelli che erano natida questa parte del muro non avevano maivisto quelli che erano nati dall’altra parte eviceversa.Gigi abitava da questa parte del muro. Era unbambino gentile, con gli occhi castani e i ca-pelli biondi. Ma era stufo di giocare sempreda solo nel cortiletto della sua casa, che erastata costruita proprio contro il famoso e tetromuro.«Perché non posso andare a giocare dall’altraparte del muro?», chiese Gigi, un giorno, allamamma.«Perché di là ci abita della gente molto cat-tiva» rispose la mamma. «E se non mi credichiedilo a tuo padre». Gigi andò a trovare ilpadre nel suo laboratorio.«Perché non posso andare a giocare dall’altraparte del muro?».«Perché di là ci abita della gente molto cat-tiva», rispose il padre.

Gigi ritornò a giocare da questa parte delmuro. Ma ormai la tentazione di dare almenouna sbirciatina al di là del muro era troppoforte. Vide che il cemento del cortile era scheggiatoproprio contro il muro e, quasi con indiffe-renza, infilò la sua paletta sotto un grossoframmento. Il pezzo di cemento si alzò con estrema faci-lità. Gigi cominciò a scavare con decisione.Dall’altra parte del muro, c’era un altro cor-tile, una casetta, un bambino di otto anni coni capelli biondi e gli occhi castani. Il Gigi del-l’altra parte del muro portò il Gigi di questaparte del muro a visitare il suo nascondigliosegreto.«Io ho un fratello, una sorella e un cane», glidisse Gigi.«Proprio come me», gli rispose Gigi.Gigi passeggiò con Gigi in lungo e in largoper la città dall’altra parte del muro.«Ti comprerei un gelato, ma i miei si sono di-menticati come al solito di darmi la pagadella settimana», gli disse Gigi. «Anche imiei», disse Gigi.« Io non me la cavo troppo bene in aritmeticaed ho un po’ paura del buio», disse Gigi.

«Proprio come me», gli rispose Gigi.I due ragazzi si presero a braccetto e ritorna-rono presso il muro.«Bisogna sempre stare attenti, perché ci sonodelle persone spaventosamente cattive»,disse il Gigi dell’altra parte del muro.«Dove sono tutte quelle persone spaventosa-mente cattive?», chiese il Gigi di questa partedel muro.«Stanno dall’altra parte del muro»,gli rispose Gigi.Finalmente Gigi si infilò di nuovo nel buco eritornò a casa sua da questa parte del muro.Entrò in casa facendo finta di niente, ma lasua fuga era stata notata. Papà e mammaerano là che lo aspettavano con le mani suifianchi e il cipiglio delle grandi sgridate.«Gigi!», gridarono, «Tu sei stato dall’altraparte del muro!»«Sì», rispose Gigi.«Dalla parte dei cattivi!».«Sì», rispose Gigi.«E allora», gridarono,«come sono?».«Proprio come noi»,rispose Gigi.L’empatia è la rara virtù che ci aiuta ad ab-battere il muro.Per scoprire che ogni “altro” è proprio comenoi.

pensieri * pensieri * pensieri* pensieri * pensieri * pensieri * pensieri * pensieri * pensieri * pensieri * pensieri

I DIECI SÌ DELLA VITA CONSACRATA

ILMURO

119 settembre 2012

Grande evento nei giorni scorsi per i vo-lontari del Movimento Cristiano dei La-voratori che nell’occasione del

ventennale della fondazione sono stati ricevuti , inudienza speciale , dal Santo Padre Benedetto XVI.

Per l’occasione, anche il gruppo catanzarese gui-dato dal presidente Silvestro Giacoppo è partitoalla volta di Roma per prendere parte al particolareavvenimento. Ecco, che i fedeli volontari catanza-resi affiancati dal gruppo cosentino, saliti su duepullman con grande entusiasmo e gioia hanno in-trapreso il viaggio, accompagnati da ansia ed emo-zione per l’atteso incontro privato con il Successoredi Pietro.

Il presidente nel momento della partenza ha sa-lutato il gruppo esprimendo il suo cordiale benve-nuto e augurando un buon viaggio a tutti ipartecipanti, ha ,inoltre, sottolineato come l’incon-tro con il Papa si inserisca nel quarantennale dellaloro fondazione, sottolineando altresì che l’incon-tro con Papa Ratsinger rafforza il bisogno di tra-smettere Gesù Cristo e il compito del loroMovimento che è appunto quello di essere testi-moni di Cristo nel lavoro. Ad affiancare il presi-dente catanzarese , la vulcanica signora RosariaCarnovale Bevilacqua membro del Consiglio re-gionale MCL e Presidente regionale dei Commer-cianti Ambulanti a posto fisso, la quale dotata digrande umanità, simpatia e spirito di coinvolgi-mento, ha affettuosamente rallegrato il percorso eil tragitto romano.

Piazza San Pietro,già dalle prime ore del mattinomostrava decine di pullman col logo del MCL chesi accodavano lungo il viale della Conciliazione perprepararsi all’incontro con Papa Benedetto XVI.,previsto intorno alle ore 12,00, davanti a 10milavolontari di MCL provenienti da tutte le partid’Italia e dal mondo, nella maestosa Sala Nervi aSan Pietro, in occasione dei 40 anni del Movi-mento. Prima di entrare in San Pietro, il presidenteGiacoppo ha fornito a tutti i componenti il gruppoMCL catanzarese e cosentino un foulard e un di-stintivo da indossare per essere identificati. Erauna vera emozione vedere l’imponente Sala Nervigremita di migliaia di partecipanti muniti di fou-lard, bandierine e distintivi con il logo MCL. In at-tesa dell’arrivo del papa,il presidente nazionale

MCL, Carlo Costalli, ha preso la parola per sotto-lineare la particolarità della manifestazione che ri-cade in occasione del quarantennale della presenzadell’MCl ed ha evidenziato come i volontari MCLsiano chiamati a formare una società secondo giu-stizia e verità ,ricordando, inoltre, gli incontri e leespressioni di altri Papi verso il movimento comel’incoraggiamento di Paolo VI, il Papa della fonda-zione, e le battaglie per la vita e la famiglia, com-battute nel solco del Magistero di Giovanni PaoloII.

Costalli ha spiegato, altresì, come l’MCL siaun’organizzazione ecclesiale caratterizzata da

un’assoluta fedeltà al Magistero della Chiesa e,poi,ha ricordato il particolare affetto dimostrato daPaolo VI e il legame solidissimo con GiovanniPaolo II che compì una storica visita alla vecchiasede nazionale del movimento, nel 1983. Infine,Costalli ha spiegato come l’incontro con BenedettoXVI rappresenti un appuntamento speciale ancheperché si tiene a poche settimane dall’avvio del-l’Anno della fede: “Il Papa chiama i laici a una par-ticolare responsabilità e noi vogliamo fargli sentiretutto il nostro entusiasmo». Il Mcl è stata una delleorganizzazioni più attive in occasione del Familyday del 2007 e, attraverso il Forum delle associa-zioni e delle persone del mondo del lavoro, uno deipromotori dell’aggregazione di Todi con cui i cat-tolici rispondono all’invito di Benedetto XVI a for-mare una «nuova generazione» di laici cristianiimpegnati in politica. Successivamente ,alternata

dalle dolci melodie del Coro del Vaticano, la proie-zione di un video ha visto scorrere i ricordi di quat-tro decenni di impegno ecclesiale e sociale. Un girodi boa celebrato da numerose iniziative, come la co-struzione di nuovi alloggi per le giovani coppie cri-stiane a Gerusalemme: non a caso, a fianco delpresidente del Mcl, era presente anche monsignorFouad Twal, vescovo della città santa e testimone,insieme ad altri presuli stranieri come l’arcivescovodi Bucarest Ioan Robu e il vescovo di Chisinau,Anton Cosa, dell’impegno internazionale del Mcl.

Dopo qualche ora le emozioni finora solo imma-ginate si sono concretizzate: qualche minuto dopole 12 illuminatasi a giorno l’immensa struttura,acclamato dai tantissimi partecipanti sventolantile loro bandierine bianche con il logo di MCL,hafatto il suo ingresso il Papa. Nel suo discorso aidelegati MCL Benedetto XVI ha sottolineato che«il lavoro non è solo profitto, ma anche uno spen-dere i propri talenti e realizzare se stessi in spiritodi servizio, contribuendo ad accrescere il bene co-mune». Oltre al lavoro, il Papa ha parlato anche difamiglia, in particolar modo in vista dell’incontromondiale delle famiglie previsto tra fine maggio einizio giugno a Milano. “La famiglia è il primoposto dove si impara il donarsi per il bene dell’altro.Così, con la gratuità, si inizia a vivere cristiana-mente. Come dice San Paolo, si ha più gioia neldare che nel ricevere. E’ la logica del dono. E la gra-tuità è una legge universale. Perché ci sia vera giu-stizia, nel mondo, è necessario quel “di più” chesolo la gratuità può dare». L’appello conclusivo diPapa Ratsinger è stato che l’MCL «guardi con at-tenzione al mondo dei giovani, che cerca in parti-colare vie di impegno che coniugano carità econcretezza».

Dopo l’incontro papale , i vari gruppi MCl, sisono ritrovati, nel pomeriggio, in San Pietro,dovei vescovi vicini al Mcl e gli assistenti diocesani delmovimento hanno concelebrato con il cardinaleAngelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio,la Messa per il quarantesimo. Quindi, soddisfatti earricchiti spiritualmente della significativa espe-rienza di fede, i tanti gruppi del Movimento Cri-stiano Lavoratori ha fatto rientro nelle proprie sedi.

Rosanna Paravati

Il Movimento Cristiano Lavoratori in udienza dal Santo Padre

Si è svolto nella mattinata di venerdì 24agosto, nell’arcivescovado di Catanzaro,un signifiativo incontro per far dono a S.

E. Mons. Vincenzo Bertolone, di un crocifisso li-gneo policromo realizzato dall'artigiano abboz-zatore Antonio Adduci, originario di Grisolia(CS), che emigrato da anni come boscaiolo, oraaffermato imprenditore svolge la sua attività nelcuore della Brianza a Lentate sul Seveso.

La giornata è stata organizzata dall'associa-zione Calabrolombarda di Milano, presiedutadal catanzarese Salvatore Tolomeo in segno diriconoscenza alla recente visita di Mons. Berto-lone alla comunità calabrese della Lombardia.Presente anche Salvatore Fulciniti, per diversianni residente a Milano e tornato a Catanzarodove insieme ad alcuni amici, professionisti edesponenti impegnati nel sociale e nelle istitu-zioni, ha fondato l'associazione "Bene in Co-

mune", rappresentata in Consiglio Comunaledal Consigliere Rosario Mancuso. Tra gli inter-venuti Antonio Falbo docente di Storia dell'artea Bergamo e suo figlio Salvatore, entrambi cu-ratori di mostre Nazionali ed Internazionali, chehanno illustrato a Mons. Bertolone l'idea di rea-lizzare una mostra di La Monaca a Catanzaro euna manifestazione con la quale una pronipote

dell'illustre scultore, donerà alla chiesa di S.Francesco un'opera sacra in bronzo, raffiguranteil volto di Cristo.

Mons. Bertolone ha ringraziato l’associazioneCalabro Lombarda e l’autore della sacra opera,esprimendo particolare gratitudine, non soloper la realizzazione dell’opera, ma anche perl’esempio positivo che rappresentano con il lorolavoro ed il loro impegno nel promuovere ini-ziative che mettono in luce la parte miglioredella Calabria ed i suoi onesti cittadini, nella co-munità lombarda. Infine ha manifestato parti-colare interesse verso l’ illustre artistacatanzarese La Monaca, auspicando di poter ve-dere presto a Catanzaro, nella sua città natale, leopere realizzate, ed assicurando il suo personaleimpegno, per la donazione dell’opera alla chiesadi San Francesco, alla quale il La Monaca ap-parteneva.

L'ASSOCIAZIONE CALABRO LOMBARDA IN VISITA DA MONS. ARCIVESCOVO

129 settembre 2012

“Tu sei bellezza”: è stata questa latraccia della Marcia Francescanadi quest’anno ed è stata questa la

sicurezza che ha accompagnato centinaia diragazzi di tutte le regioni d’Italia nel cam-mino verso Assisi.Dalla Calabria sono partiti in circa centoventitra frati, suore e marciatori. Ciascuno, abban-donando il superfluo che appesantisce la vita,si è equipaggiato dell’essenziale; ciascunocon uno zaino in spalla, ha portato con sé ilnecessario per poter affrontare i dieci giornidi cammino custodendo sogni, volontà e de-sideri; ciascuno ha preparato il cuore e si è li-berato dalle sicurezze conquistate per sentirsistraniero e pellegrino, capace di abitare latenda preparata dal Signore.Questa marcia, la XXXII, ha portato con séuna certezza ed una promessa: tu sei cosamolto bella e puoi vivere per scoprirla ognigiorno di più!Ma che cos’è la Marcia? Lo ha chiarito DonSerafino Parisi, parroco della Chiesa “SantaMaria Maggiore” di Santa Severina il quale,per primo, ha accolto e ospitato i marciatori:“La Marcia Francescana è un mettersi in cam-mino, un lasciare vecchi luoghi per raggiun-gerne nuovi, uno scoprire nuove mete. Èfatica del corpo e gioia del cuore, è caricadello spirito e viaggio dell’anima.”La Parola di Dio, che ha scandito ogni singolopasso di questo pellegrinaggio, ha cercato direstituire la bellezza che abita dentro ciascunessere umano per farla rifiorire così come Diol’ha pensata e plasmata.Si è partiti dunque da Santa Severina il 25 lu-glio scorso e, prima di avviarsi per l’Umbria,sulle orme di un uomo fatto preghiera comeSan Francesco, si è marciato per sei giorni nelterritorio crotonese, attraversando paesi qualiSan Mauro Marchesato, Cutro, Isola CapoRizzuto, Capo Colonna e Crotone. Si è cam-minato con i piedi e con il cuore per circa 80km percorrendo strade difficili e sentieri fati-cosi, incrociando storie, visi e sguardi, sco-prendo amicizie e meraviglie.Obiettivo di ciascuna sosta è stato quello diincontrare gli abitanti del paese per gioire in-sieme a loro e per testimoniare come, il fuocodel Vangelo, possa essere bellezza senza mi-sura che rende belli coloro che lo vivono e loannunciano. Nonostante il caldo, la stanchezza e il pesodello zaino, ciascun marciatore ha cammi-nato verso una meta personale e allo stessotempo condivisa: alla ricerca di se stessi, incomunione con gli altri.Dio infatti parla nel silenzio ma custodisce inmodo concreto, attraverso l’intervento di uo-mini e donne, definiti angeli, i quali accom-pagnano e sostengono.Ogni giorno, oltre a marciare con il corpo si èmarciato con lo spirito perché ogni giorno, at-

traverso la celebrazione delle Lodi, dellaSanta Messa e dei Vespri, accompagnati dallalettura delle Fonti Francescane e delle SacreScritture, si è riflettuto sui diversi aspetti chepuò assumere la bellezza. Noi possiamo es-sere bellezza ferita, custodita, rivelata, condi-visa, compiuta, coraggiosa, restituita ma inogni caso siamo chiamati ad essere “testi-moni di bellezza”.Meta finale di questo viaggio è stata Assisidove, il 2 agosto, affaticati ma entusiasti, imarciatori di tutta Italia sono giunti per cele-brare la Festa del Perdono e per ricordaresempre che Dio cerca ancora, dietro i cespu-gli delle proprie vergogne, le sue creature piùbelle!E lo hanno ricordato soprattutto le SorelleClarisse di Rende le quali, ricevuti i marcia-tori calabresi nel loro ultimo giorno di mar-cia, li hanno salutati con queste parole: “Noinon vi auguriamo di arrivare ad Assisi con ivostri peccati davanti agli occhi; quelli Dionon li vuole. Vi auguriamo di giungere inPorziuncola leggeri e di chiedere a Dio didarvi la capacità, una volta tornati a casa, diriconoscere il vostro angelo messaggero. Tor-nate alle vostre vite serenamente, sarà Dio araggiungere voi, proprio come ha raggiuntoMaria perché è Dio a entrare in noi, propriocome l’angelo è entrato da Maria.”Al termine di questo intenso viaggio delcuore e dell’anima, ogni marciatore non di-menticherà mai la bellezza riscoperta e ritro-vata e, a lungo, risuoneranno nella mente leparole che i Frati Minori d’Italia hanno rega-lato prima di partire: “che ad Assisi, comenella tua vita, tu ti senta scelto e libero, conun nome nuovo, quello con il quale Dio ti hasempre chiamato.”

Rita Doria

In tanti, anche della nostra diocesi, hanno preso parte alla Marcia Francescana

Con il Poverello di Assisi in cammino verso la santità...

139 settembre 2012

La Mariapoli è un momento di profondaunità e di distensione per il Movimentodei Focolari, che si svolge ogni anno al-

l’inizio dell’estate. E anche quest’anno ha lasciatoil suo segno. Più di cinquecento persone sono tor-nate da questa breve, ma intensa permanenza frale montagne verdeggianti della Sila con la certezzadell’importanza della Parola di Dio come balsamodi vita. E qualcuno ha detto: "Ce ne andiamo conlo stupore del cuore che contempla le Sue grandicose...". “A noi la Parola... trasformiamola invita!” è stato il tema di questa Mariapoli 2012.Trasformare in vita, dunque, il Vangelo. Parole divita e di amore pronunciate da Gesù 2000 anni fa,che tuttora sono attualissime e valide per tutti: perpiccoli e grandi, per uomini e donne di ogni cul-tura e condizione sociale, di ogni vocazione. So-prattutto parole, queste del Vangelo, che vannotradotte in atti concreti. Chiara Lubich e le suecompagne cominciarono a farlo. Ogni settimana,agli inizi del Movimento, si viveva con partico-lare attenzione una frase del Vangelo. La si por-tava in cuore come un tesoro e la si applicava ogniqualvolta era possibile. Poi si passava ad un'al-tra... poi ad un'altra ancora... Chiara Lubich, conle sue parole rivolte nel 1974 ai Gen (generazionenuova) - i giovani del Movimento - ha incitatotutti a fare subito l’esperienza della vita della Pa-rola e a sperimentarne i frutti: gioia, riscoperta delsenso della vita, rapporti nuovi, capacità di per-donare e forza nel poter affrontare e trasformaredolori, assurdità, contraddizioni e quanto altro. Eancora oggi tutto il Movimento dei Focolari con-tinua a cercare di seguire l’esempio della sua fon-

datrice, facendosi “cullare” nella quotidianità dalVangelo.

Tanti sono stati i contributi in Mariapoli chehanno consentito di riflettere sul tema della Pa-rola di Dio da trasformare in vita.

A tal proposito, particolarmente viva e di at-tualità è stata la tavola rotonda animata da Mad-dalena Maltese, giornalista di Città Nuova, eseguita dai laboratori su alcune tematiche: lavoro,politica e partecipazione attiva, sanità. I parteci-panti si sono sentiti coinvolti, in modo attivo e di-retto, in azioni anche piccole, così da "trasformare- come diceva Mons. Bregantini - le ferite della no-stra terra in feritorie". E, non per niente, ChiaraLubich, con la sua risposta sulla Rivoluzione so-ciale data nel 1975, ha lanciato la sfida del Van-gelo che trasforma non solo la nostra vitapersonale, ma anche la realtà attorno a noi.

Prezioso e molto apprezzato è stato anche l’in-tervento della psicologa Assunta Dierna D'An-tiochia, conosciuta da tanti come Stellina, che haentusiasmato con il "Progetto Felicità”. La stessa,coniugando carisma dell'unità di Chiara Lubiche psicologia, ha dato alcune chiavi per crescere inpienezza come uomini e donne capaci di realizzarequel disegno che Dio ha su ciascuno di noi.

La mattinata conclusiva è stata poi davvero spe-ciale. I Gen dei diversi tempi si sono passati untrofeo che rappresenta un adulto e un giovane,come segno che il carisma dell'unità viene "pas-sato" da generazione a generazione. Tanto a si-gnificare che l’unità, quindi, è un frutto che ilpassare del tempo non scalfisce, se non rimane solonelle parole, ma si concretizza nella vita; è unfrutto che, anzi, si rinnova con il tempo.

Il ricordo esemplare della fondatrice non potevamancare in Mariapoli. Diversi interventi video diChiara Lubich e molte testimonianze di focolarini,da quelli che l’hanno conosciuta negli anni Cin-quanta ai Gen sessantottini, fino a quelli di oggi,hanno contribuito a fare vedere, in modo commo-vente, l’amore e il rapporto straordinario di ChiaraLubich con le diverse generazioni, le cui vite sonostate "rivoluzionate" dalla sua spiritualità cen-trata sul Vangelo.

Amore e unità tra le diverse comunità localidella Calabria hanno fatto da sfondo a questa Ma-riapoli. Un’ennesima occasione per fare l’espe-rienza della luce e della forza che scaturisconodalla presenza di Gesù in mezzo (cf Mt 18,20),unico Maestro e guida.

Assunta Panaia

Mariapoli: un’esperienza di unità alla luce del Vangelo

«Educare alla custodia del creato per sanarele ferite della terra»: è il tema della 7ª Gior-nata per la salvaguardia del creato, che si ècelebrata il 1° settembre sorso.

Per l’occasione anche l’Arcivescovo metro-polita di Catanzaro-Squillace, mons. Vin-cenzo Bertolone, ha invitato la comunitàdiocesana a vivere pienamente questo giornodi preghiera, alla luce della riconciliazione,«riportando il cuore della gente dentro ilcuore stesso di Dio», educando all’alleanzatra l’uomo e la terra e ravvivando la «co-scienza di una universale fraternità».

«Anche le nostre comunità ecclesiali - af-ferma l’arcivescovo Bertolone - debbono sa-persi fare “custodi della terra”, dunquepresenze vigilanti affinché il territorio sia vis-suto come un bene comune, promuovendouna pastorale “che ci faccia recuperare ilsenso del «noi» nella sua relazione alla terra,in una saggia azione educativa”. In questastagione di incendi (perché, ad esempio, noncominciare a sensibilizzare i nostri fedeli sucerte modalità di “ripulitura” dei fondi agri-coli?), di abuso degli spazi naturali, di inqui-namento acustico, in questa stagione in cui lanostra terra viene più voracemente consu-mata, riusciamo a suggerire ai nostri fratelli

nella fede di farsi testimoni di un legame di-verso con l’ambiente e il territorio?».

Riguardo poi al consumo di suoli il presuleevidenza come si assiste alla «crescentespinta da parte di privati cittadini a mettere avalore porzioni del territorio per propri scopi,siano questi la soddisfazione di bisogni o l’ac-quisizione di un profitto. Ci siamo mai inter-rogati – afferma mons. Bertolone - circal’aderenza di questi fenomeni a quel modellodi alleanza tra l’uomo e la creazione? I laicidelle nostre comunità sanno farsi interlocu-tori autorevoli delle istituzioni locali circa lescelte nella gestione del suolo, per portareanche nel contesto civile il seme della vita

buona del Vangelo?».Mons. Bertolone evidenzia come per un

“concreto e fedele impegno di guarigionedell’ambiente calpestato” ci viene chiesta lasollecitudine dell’annuncio (catechesi bibli-che, momenti di preghiera, attività di pasto-rale giovanile, incontri culturali), ma altresì ilcoraggio della denuncia “di ciò che viola peravidità la sacralità della vita e il dono dellaterra”.

Questi, pertanto, gli interrogativi dell’Arci-vescovo Bertolone che rivolge alla comunitàdiocesana: «Le nostre parrocchie sanno esserevoce critica di quelle prassi che offendonol’ambiente e il territorio? Hanno parole perpromuovere concretamente stili di vita im-prontati a maggiore sobrietà e spirito di con-divisione, quale ad esempio la raccoltadifferenziata dei rifiuti? Le nostre comunitàecclesiali sono capaci di raccontare la propriaterra, facendosi carico delle sue ferite, anchele più violente?».

Interrogativi, questi dell’Arcivescovo, chebussano al cuore di ogni uomo e cristiano perincoraggiarlo nell’impegno di custodire e col-tivare quanto ci è stato affidato dal Creatore,che dona ai suoi figli la possibilità di viveresu una terra feconda e meravigliosa.

IL PENSIERO DELL’ARCIVESCOVO BERTOLONE PER LA 7ª GIORNATA PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO

Le comunità ecclesiali chiamate a farsi “custodi della terra”

149 settembre 2012

La comunità educativo-pastorale del-l’Opera Salesiana di Soverato (Cz ) si èdata appuntamento dal 26 al 29 luglio

per l’ormai tradizionale Campo Comunitàgiunto al sesto appuntamento. Oltre sessantai partecipanti. I membri del Consiglio Pasto-rale, i responsabili degli ambiti (Caritas, Litur-gia e Catechesi), i responsabili di gruppi, glianimatori dell’Oratorio ed altri parrocchiani sisono ritrovati nella cornice paesaggistica dellenostre Serre, presso la struttura “I Basiliani” diTorre di Ruggiero, per un tempo prolungato dispiritualità, cultura e formazione ecclesiale; untempo di grazia per abilitarsi anche ad animarela Comunità, secondo gli orientamenti deldopo Concilio e le direttive della Cei.

La comunità cristiana e salesiana, gremboche genera alla fede, il tema generale appro-fondito dai vari relatori , un tema scelto in re-lazione all’ Anno della Fede – indetto da papaBenedetto XVI con la lettera apostolica PortaFidei e che avrà inizio l’11 ottobre 2012 – e peril cinquantesimo anniversario dell’apertura delConcilio Vaticano II, inaugurato l’11 ottobre1962 con il celebre discorso di apertura di papaGiovanni XXIII.

Varie ed approfondite le relazioni: Il Conci-lio Vaticano II tra noi: una Chiesa che si inter-roga su di sé e sul mondo per rispondereall’uomo e a Dio a cura del parroco don TobiaCarotenuto sdb; Fede professata, fede cele-brata, fede vissuta è stato invece il tema ap-profondito da don Raffaele Zaffino mentredon Gennaro Comite sdb si è soffermato su“La pedagogia di don Bosco per questi tempidi cambio della società e della comunità difede”. Utili strumenti si sono rivelate le rela-zioni fornite dai vari gruppi operanti nella co-munità, che hanno stimolato la discussione neivari momenti di dibattito e confronto.

Il Campo si è rivelato, inoltre, un tempo diverifica, secondo il paradigma specifico del ca-risma salesiano, rispetto alle metodologie pro-gettuali e al servizio comunitario reso dai variambiti, ruoli e funzioni; un tempo di amiciziae di conoscenza reciproca, che ha dato ai par-tecipanti l’opportunità di incontrare la ric-chezza dell’altro e di dedicare momenti piùintensi alla dimensione della fraternità, anchecon i giovani; non da ultimo, un tempo di pre-ghiera e di meditazione, alla luce della Parola

di Dio e del Magistero della Chiesa. In unadelle serate, attraverso la visione del film Allaluce del sole introdotto da Teresa Pirritano èstata ricordata anche la figura di don Pino Pu-glisi,, sacerdote e martire per la giustizia, testi-mone di una fede che si è incarnata nella vitaquotidiana delle parrocchie e delle città del no-stro Sud, con una dedizione particolare per ilmondo giovanile. Particolarmente soddisfattoil Direttore-Parroco don Tobia Carotenuto cheha inteso sottolineare come “la formazione initinere sia un indicatore di qualità che garanti-sce il senso di appartenenza e di adesione allavita di una Chiesa viva e che si fa interpellaredall’uomo e dallo Spirito Santo. Un numero dipartecipanti così in crescendo in questi anni haprovato inoltre l’interesse per la formazione ela vita spirituale “nel grembo” di quella Co-munità che vuole camminare nella novità delloSpirito con la guida dei suoi pastori”. Da partedegli operatori pastorali si è registrato un fortee diffuso bisogno di formazione, specialmentesui documenti conciliari e sulla dottrina socialedella Chiesa. A tal proposito, è stato propostodi costituire un ufficio formativo permanenteche curi appuntamenti sistematici su tali temi

e che potrebbe essere affidato alla Caritas, aiCooperatori salesiani, all’Unione Exallievi, conil coinvolgimento dell’Oratorio. Permane in-fatti, soprattutto in una comunità salesiana,l’esigenza di potenziare la dedizione ai gio-vani, in primo luogo attraverso l’Oratorio Cen-tro Giovanile. Una significativa parentesi èstata aperta in relazione a un ulteriore frontedi impegno, che rappresentava l’originariocampo d’interesse giovanile del mondo sale-siano: il lavoro.

Recuperando la grande tradizione salesianadella formazione professionale, è emerso ilsuggerimento di tentare una sperimentazionedalla visione più ampia, che abbracci la for-mazione all’imprenditorialità e alla culturad’impresa, studiando le opportunità di utilizzodelle molteplici risorse già disponibili, anche alivello di politiche europee, con un’attività diprogettazione sistematica che potrebbe vedereproprio nei giovani degli abili protagonisti. Unposto centrale nella discussione è stato dato aiprofili motivazionali che sorreggono i camminidi ciascuno. E’ indispensabile, infatti, che co-loro che partecipano attivamente con il loroimpegno alle attività dei vari gruppi siano te-stimoni di una fede effettivamente creduta, ce-lebrata e vissuta.

Ciascuno si è sentito chiamato individual-mente a rimettere in discussione principi e stilidi vita, in particolare nella relazione personalee sociale, anche all’interno della comunità ec-clesiale. E’ così emersa l’esigenza di mantenerela direzione intrapresa - di cui sono stati evi-denziati i molteplici frutti positivi e le impor-tanti ricadute, anche a livello civile e culturale- rafforzando l’impegno dei laici al fine di ga-rantire la continuità del progetto pastorale.

Le attività hanno avuto termine domenica 29luglio con l’assemblea conclusiva e la celebra-zione della liturgia domenicale, fonte e cul-mine della vita comunitaria.

Saverio Candelieri

LA COMUNITÀ CRISTIANA GREMBO CHE GENERA ALLA FEDEIl campo-comunità dei salesiani alla luce del Concilio Vaticano II e dellʼAnno della fede

Si è trasformata in una vera palestra di spiritualità la località turistica di Caminia daquando il il parroco Don Roberto Corapi ha avuto la felice idea di celebrare Eucari-stia sotto il portico della “Cabana”. Celebrazione Eucaristica che vede ogni anno la

partecipazione di tanti fedeli che accorrono ogni sabato sera per la Santa Messa e per le con-fessioni.“Il mondo ha fame di Dio – ha affermato don Roberto - e della sua Parola di verità. SoltantoLui può dare senso alla nostra vita e al nostro operato”. La celebrazione Eucaristica per ituristi è un segno tangibile di come la Chiesa va incontro alle esigenze dell’uomo. Anchese l’uomo va in vacanza – ha detto ancora don Roberto - ed è giusto che sia cosi, Dio nonva mai in vacanza, è sempre con noi. Caminia si è trasformata in una “parrocchia estiva”dove è bello vedere tanta gente accostarsi ai sacramenti per la conversione dell’uomo.

Salvatore Condito

CAMINIA VERA PALESTRA DI SPIRITUALITA AL SABATO SERA

159 settembre 2012

Domenica 15 luglio, alle ore 20.00, si ètenuta presso il complesso monu-mentale del San Giovanni di Catan-

zaro la prima edizione de “Nella mia cittànessuno è straniero”. Molti si chiederanno ilperché di questo momento di festa che vo-gliamo definire “festa dei popoli” e perchéproprio nel periodo di San Vitaliano. La ri-sposta è semplice, prima di tutto essa vuole es-sere uno strumento per aiutare a vincerel’odio, l’intolleranza ed il razzismo e la lineascelta è quella dello scambio fra identità cul-turali diverse, persone di differenti nazioni,culture, fedi, orientamenti, ma che condivi-dono il sogno di una città dove i diversi po-poli presenti non vivano solo uno accantoall'altro, ma si incontrino e si riconoscano fra-telli, facendo cadere i pregiudizi che portanoall'isolamento e alla non integrazione. Poi perchi non lo sapesse San Vitaliano oltre ad es-sere il Patrono di Catanzaro, è anche il protet-tore di coloro che comunemente chiamiamo“stranieri”, cioè di tutti quei volti che chie-dono “rispetto”, “integrazione”, “stima”.

La serata è cominciata con una sfilata di abitiintervallata da danze e canti provenienti dallecomunità presenti in città, e cioè Marocco,Egitto, Senegal, Romania, Filippine, Sri Lanka,Turchia, Cina, Giappone, Argentina, Brasile,Etiopia, Paesi Andini, Bangladesh, Repubblica

Domenicana, Popolo Circense e naturalmentela Calabria ed infine l’Italia.

Cornice al tutto sono state una serie di standallestiti dalle comunità stesse, che hanno por-tato i loro prodotti tipici con la degustazionedei loro piatti.

La serata è stata voluta dal nostro Arcive-

scovo Mons. Vincenzo Bertolone, molto sensi-bile ai problemi e alle aspettative degli immi-grati, insieme all’area assistenza agenzia perstranieri di Catanzaro e in collaborazione conil Comune di Catanzaro nella persona del sin-daco Dott. Sergio Abramo e del vice sindacononché Assessore alla Cultura e SpettacoloDott. Baldo Esposito che hanno voluto forte-mente questo evento.

Sono intervenute molte associazioni di vo-lontariato e tutti i centri di servizio di Fonda-zione Città Solidale di Don Piero Puglisi, e imedici della cattedra di igiene dipartimentodi Scienze della Salute dell’Università MagnaGraecia di Catanzaro con questionari inerentiai bisogni ed alla salute dei cittadini stranieri.

Facendo nostre le parole di Henry Ford:“Trovarsi insieme è un inizio; restare insiemeè un progresso; lavorare insieme è un suc-cesso”.

Ringraziamo tutti per la partecipazione e lacollaborazione, auspicando che questo sial’inizio di una lunga serie di edizioni felici.

Antonella Comes

“ Nella mia città nessuno è straniero”

Settembre si apre, come previsto, con un carico diincertezza che andrà ad archiviare più velocementedel solito un periodo di vacanza ritmato dalle preoc-cupazioni per una crisi interminabile.

Si riprende con tanti pensieri per il futuro. Pen-sieri che nell’estate si sono incrociati su diverse que-stioni d’attualità senza tuttavia aggrovigliarsi comeaccade quando l’affanno del giorno si incolla alle lan-cette dell’orologio.

Pensieri che hanno preso respiro in un tempo libe-rato dalla fretta, dal rumore e dall’apparenza.

Pensieri incoraggiati e sostanziati forse anche dalcalo delle connessioni e dalla crescita delle relazioni.Non c’è bisogno di raccontare uno spettacolo di uma-nità che ha messo in discussione la sentenza media-tica per cui esiste solo ciò che appare in un video o suun foglio di carta.

I primi protagonisti di questo spettacolo sono statii bambini con i loro occhi spalancati sulla semplicitàe sulla bellezza della natura.

Impossibile non averli visti, più numerosi rispettoagli anni scorsi, sul prato di una montagna, sullariva di un mare, nel giardino di una città.

Fino a quando durerà questa loro capacità di sor-prendersi? Fino a quando gli adulti con le loro nuovetecnologie accetteranno di non essere padroni delpensiero, del sogno, dello stupore?

Forse si può rispondere guardando quei genitoriche in un tempo di ripensamento hanno avuto un’oc-casione in più per riposizionarsi nella grande avven-tura dell’educare alla libertà, alla verità, alla bellezza.

In questa impresa,che non ha eguali in tema di ri-schi, due dimensioni sembrano riaffiorate grazie auna imprevista cultura della sobrietà: il silenzio el’infinito.

Due esperienze interiori di cui il potere del digitaleancora non si è impadronito. Due esperienze che ve-dono nei bambini, con gli occhi spalancati sul creato,gli ultimi e irriducibili difensori del diritto allo stu-pore.

Cioè il diritto a crescere liberi. E’ vero, soprattutto nei momenti difficili, occorre

coltivare l’esperienza del silenzio e dell’infinito perstupirsi, per continuare a essere uomini e donne. Maquale collegamento può avere tutto questo con le pre-occupazioni economiche, con le incertezze, con le pre-carietà, con le angosce di chi ha perso o rischia diperdere il lavoro?

Difficile, forse impossibile, rispondere se si guardala realtà senza alzare gli occhi, senza scrutare l’oriz-zonte. La fiducia e la speranza di uno sguardo altrosul mondo hanno radici in un silenzio e in un infinito

che non si spengono in un’estate. Sono guide per unalettura di fatti e problemi quotidiani che accetta manon si accontenta dei racconti mediatici o dei com-menti degli esperti.

C’è “qualcosa d’altro” da osservare e da condivi-dere mentre si cammina accanto a uomini e donneche vivono con sofferenza il tempo della crisi. C’è unacondivisione di pensieri e di gesti che, soprattutto nelterritorio, riesce a cancellare il nero della rassegna-zione e della non-speranza.

E’ un’esperienza, spesso silenziosa, che stupisce. Sitratta di una solidarietà attiva, che stimola e sostan-zia nuove responsabilità e nuove iniziative per af-frontare quelle sfide che puntuali si presentano inogni stagione difficile. Così, in un tempo in cui lapaura rafforza la difesa degli individualismi è l’im-pegno condiviso per un progetto di crescita personalee comunitaria a suscitare stupore. Come è possibilepensare agli altri quando si è in situazione di diffi-coltà e di sofferenza?

La risposta richiama lo stupore di un bambino che,alla scuola del creato, incomincia a interrogarsi su sestesso, sugli altri, sulle cose...

Incomincia a trovare risposte per la propria vita,incomincia ad aprirsi a chi è diverso da lui.

Nasce qualcosa di nuovo, di bello, di sorprendente.Si può allora dire che dai bambini viene l’appello piùconvincente perché sia quella della fiducia e nonquella della rassegnazione la strada da riprendere findai primi giorni di settembre.

AGOSTO E SETTEMBRE: LO STUPORE DEI PICCOLIAlla paura che rafforza gli individualismi

risponde il coraggio della solidarietà

ARCIDIOCESI METROPOLITANADI CATANZARO-SQUILLACE

Traditio Fidei: Conoscenzae amore?O amoree conoscenza?

21 SETTEMBRE 2012TEATRO POLITEAMA

CATANZARO

Convegno sulla Catechesi onvegno sulla Catechesi a 20 anni dal Catechismo della Chiesa Cattolicaa 20 anni dal Catechismo della Chiesa Cattolica

SEGRETERIA CONVEGNO - Via dell’Arcivescovado, 13 - 88100 Catanzaro - tel. 0961.721333 - fax 0961.701044 - segreteria @diocesicatanzarosquillace.it - www.diocesicatanzarosquillace.it

Preghiera O Dio, fonte di verità e di ogni nostra speranza,rendici docili al vento dello Spirito,per essere autentici testimoni della fede.Fá che quanti ci vengono affidatitrovino in noi catechisti gioiosi fedeli custodie annunciatori del Vangelo.Fa che l’amore per Gesù Cristo, partendo da noi che lo abbiamo incontratoe contemplato prima di essisi riversi nei giovani cuori.Facci seminatori di speranza,aiutaci a guardare lontano,fiduciosi che l’incontro con Cristoapra il cuore a riconoscerti Padre.Concedi , infine, a ciascuno di noi di lavorare in comunionecon genitori e presbiteriper educare alla fede.Per questo imploriamo per l’ intercessione della Beata Maria Vergine,Madre dell’evangelizzazione,la grazia della perseveranza. Amen.

Vincenzo Bertolone

Moderatore:Mons. Raffaele FACCIOLOOre 8.30 - Lodi

Ore 8.45 - Saluti

I sessioneOre 09.00 - Presentazione del ConvegnoS.E. Mons. Vincenzo BERTOLONEArcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace

Ore 09.45 - Una rilettura dei processi formativi e catechistici in Italia alla luce del CCDon Giuseppe ALCAMODirettore del Centro Regionale per l'evangelizzazione e la catechesi della Sicilia e docente di catechetica presso la Facoltà Teologica di Sicilia.

Ore 10.30 - La fede celebrata: l’Anno liturgico nel CCCDon Salvatore CURRÒPresidente dell'AICA e docente di pastorale e catecheticain diverse Università Pontificie

Ore 11.15 - Dialogo con i relatori

II sessioneModeratoreMons. Giuseppe SILVESTRE

Ore 15.15 - Recita dell’Ora Media

Ore 15.30 - La catechesi missionaria come prospettiva essenziale della nuova evangelizzazioneDon Flavio PLACIDADocente di catechetica presso l'ISCSM della Pontificia Università Urbaniana.

Ore 16,15 - La gioia della buona notizia. Educare i giovani alla fedeDon Ivan RAUTIDirettore Ufficio per la Pastorale Giovanile per l’Arcidiocesi Metropolitanadi Catanzaro - Squillace

Ore 17:00 - Tra primo e secondo annuncio percorsi possibili per la fedeSr. Giancarla BARBONDirettore della rivista "Evangelizzare" e membro della Consulta Nazionale di Catechesi.

Ore 17.45 - Conclusioni