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DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE DOTTORATO DI RICERCA IN STORIA DELL’EUROPA XXVI CICLO L’EVOLUZIONE STORICO-GIURIDICA DELLA CARTA FONDAMENTALE ALBANESE COORDINATORE CANDIDATO PROF. SSA GIOVANNA MOTTA DOTT. IRVIN FANIKO TUTOR PROF. ANTONELLO FOLCO BIAGINI ANNO ACCADEMICO 2012-2013

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

 

DOTTORATO DI RICERCA IN STORIA DELL’EUROPA

XXVI CICLO

 

L’EVOLUZIONE STORICO-GIURIDICA DELLA

CARTA FONDAMENTALE ALBANESE

 

 

COORDINATORE CANDIDATO

PROF. SSA GIOVANNA MOTTA DOTT. IRVIN FANIKO

TUTOR

PROF. ANTONELLO FOLCO BIAGINI

ANNO ACCADEMICO 2012-2013

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Nota di redazione

La Tesi di Dottorato di Ricerca si compone di 251 pagine.

3

L’INNO NAZIONALE DELLA REPUBBLICA ALBANESE

Rreth flamurit të përbashkuar

me një dëshirë me një qëllim

të gjithë Atij duke u betuar

të lidhim besën për shpëtim.

Prej lufte veç ai largohet

që është lindur tradhëtor

kush është burrë nuk frikësohet

po vdes, po vdes si një dëshmor.

Në dorë armët do ti mbajmë

të mbrojmë Atdheun në çdo vënd

të drejtat tona ne s'i ndajmë

këtu armiqtë s'kanë vënd.

Se Zoti vet e tha me gojë

që kombet shuhen për mbi dhe

po Shqipëria do të rrojë

për të, për të luftojmë ne.

Aleksandër Stavre Drenova (noto Asdreni) 1872-1947

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Dedicato a mio zio Boris Faniko

5

INDICE

 

INTRODUZIONE ........................................................................................................................ 9  

CAPITOLO 1

STORIA DELLO STATO E DEL DIRITTO IN ALBANIA DALLE ORIGINI ALLA

METÀ DEL XX SECOLO

1.1 LE POPOLAZIONI ILLIRICHE ............................................................................................... 17  1.2 L’EPOCA DI GIORGIO CASTRIOTA E LA CONQUISTA OTTOMANA ................................... 31  1.3 DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA E L’ARRIVO DEL PRINCIPE GUGLIELMO DI WIED ... 46  1.4 IL CONGRESSO DI LUSHNJA ............................................................................................... 59  1.5 LO STATUTO DEL REGNO D'ALBANIA .............................................................................. 67  

1.5.1 Il potere legislativo ....................................................................................................... 69  1.5.2 Il potere esecutivo: il re ed i ministri ........................................................................... 71  

1.5.3 Il potere giudiziario ..................................................................................................... 73  

1.5.4 Il Consiglio di Controllo e il Consiglio di Stato .......................................................... 74

6

CAPITOLO 2

L’EGEMONIA DI ENVER HOXHA

2.1 LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA POPOLARE E IL POTERE PERSONALE DI ENVER

HOXHA ................................................................................................................................ 76  2.1.1 Il funzionamento e il ruolo dell’Assemblea popolare ................................................... 82  2.1.2 Il Governo nel sistema costituzionale albanese del 1950 ............................................. 86  

2.1.3 Le caratteristiche generali del potere giudiziario ......................................................... 89  

2.2 LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA POPOLARE SOCIALISTA D’ALBANIA DEL 1976 92  2.2.1 I princìpi che guidano il funzionamento dell’Assemblea popolare .............................. 95  

2.2.2 La Presidenza dell’Assemblea popolare ....................................................................... 98  

2.2.3 Alcune caratteristiche del Consiglio dei Ministri ..................................................... 101  2.2.4 Il potere giudiziario nella II Costituzione .................................................................. 103  2.2.5 L’amministrazione locale: il sistema dei Consigli popolari ....................................... 106  

2.3 I E II COSTITUZIONE: UN CONFRONTO ........................................................................... 108

CAPITOLO 3

IL CAMMINO VERSO LA DEMOCRAZIA: L’ORGANIZZAZIONE POLITICA E LA

STRUTTURA DELLO STATO

3.1 LA SCONFITTA DEL COMUNISMO E LA COSTITUZIONE DEL SISTEMA DEMOCRATICO .. 114  3.2 IL COLPO DI STATO E LA COSTITUZIONE DEL 1998 ........................................................ 120  3.3 IL PREAMBOLO, I PRINCÌPI FONDAMENTALI (PARTE I) E I DIRITTI E LE LIBERTÀ

FONDAMENTALI DELL’UOMO (PARTE II) ......................................................................... 129

7

Sezione I Il Parlamento

3.4 L'ASSEMBLEA NELLA COSTITUZIONE ALBANESE ............................................................ 114  3.5 LA FUNZIONE LEGISLATIVA ............................................................................................ 114  

Sezione II Il Presidente della Repubblica  3.6 ELEZIONE E PERMANENZA IN CARICA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA .............. 114  3.7 LE GARANZIE DI AUTONOMIA E LE RESPONSABILITÀ .................................................... 114  3.8 I SINGOLI POTERI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ................................................ 114  

Sezione III Il Governo della Repubblica  3.9 LA FORMAZIONE E L'ENTRATA IN FUNZIONE DEL GOVERNO ....................................... 114  3.10 IL GOVERNO LOCALE ..................................................................................................... 114  

Sezione IV La Corte Costituzionale

3.11 STRUTTURA E FUNZIONAMENTO .................................................................................. 114  3.12 I MODI DI ACCESSO ......................................................................................................... 114  3.13 I CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE TRA I POTERI DELLO STATO ......................................... 114  3.14 BREVE RASSEGNA DI ALCUNE SENTENZE ..................................................................... 114  

3.14.1 La sent. 03/03/2000 nr. 8 "L'interpretazione dell'art. 179 I comma e dell'art.

127 I comma lett. 'c' Cost." ........................ Errore. Il segnalibro non è definito.

3.14.2 La sent. 23/06/2000 nr. 37 "L'interpretazione dell'art. 69 I comma lett. ‘d’ e

II comma, dell’art. 70 II comma e dell’art. 179 comma I e IV Cost.”Errore. Il segnalibro non è definito.

3.14.3 La sent. 23/06/2000 nr. 38 “L’interpretazione dell’art. 103 III comma Cost.”Errore. Il segnalibro non è definito.

3.14.4 La sent. 31/07/2000 nr. 49 “L’interpretazione dell’art. 134 II comma Cost.”Errore. Il segnalibro non è definito.

3.14.5 La sent. 21/02/2002 nr. 28 “L’interpretazione degli artt. 96 e 97 Cost.,

nonché la sospensione delle procedure di esaminazione del programma politico

del consiglio dei ministri e della sua composizione” .............................................. 184

3.14.6 La sent. 14/05/2003 nr. 18 “L’interpretazione dell’art. 77 II comma Cost.”Errore. Il segnalibro non è definito.

8

CONCLUSIONI ....................................................................................................................... 196  

APPENDICI

APPENDICE 1  

I PRIMI MINISTRI DALLA PROCLAMAZIONE DELL`INDIPENDENZA DELLO STATO ALBANESE ....... 201

I PRESIDENTI DELLO STATO ALBANESE ........................................................................................ 203  

APPENDICE 2  

LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ALBANESE ...................................................................... 203  

APPENDICE 3

ALBANIA (DATI SULL') .................................................................................................................. 203  

FONTI BIBLIOGRAFICHE ................................................................................................... 233  

SITOGRAFIA ........................................................................................................................... 251  

9

INTRODUZIONE

Per comprendere al meglio e in maniera esaustiva il complesso

ordinamento istituzionale del mio paese, l’Albania, è necessario

analizzare dal principio tutto il percorso giuridico nella sua

evoluzione storica, soprattutto alla luce dell’importanza che ha

rivestito nell’attuale struttura costituzionale.

Pertanto quale poteva essere il miglior modo se non dedicare

uno studio individuale attraverso il Dottorato di Ricerca in Storia

dell’Europa del Dipartimento di Scienze Politiche, presso l’ateneo

“Sapienza” Università di Roma. Ragion per cui è stato concordato

insieme ai docenti Giovanna Motta e Antonello Folco Biagini di

intitolare questo lavoro: “L’evoluzione storico-giuridica della Carta

fondamentale albanese”.

Il focus principale di questa tesi di dottorato di ricerca è,

comunque, quello di analizzare le caratteristiche delle varie Carte

costituzionali ed il loro processo evolutivo — siano essi Statuti e

Leggi costituzionali —, per poi soffermarci nell’ordinamento

giuridico costituzionale della Carta fondamentale del 1998.

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Prima di farlo però, si è ritenuto utile presentare in ordine

cronologico gli avvenimenti politico-istituzionali più importanti che

hanno segnato la storia costituzionale dell’Albania, certi che, così

facendo, si possa meglio comprendere il presente a partire dal

passato.

Il presente lavoro è articolato in tre parti.

Nel primo capitolo mi sono concentrato su tutti gli Statuti

approvati nel paese dopo l’indipendenza. In particolar modo ho

analizzato la struttura giuridica dello Stato in ognuno di essi e la

connessa separazione dei poteri.

Nella I Monarchia lo Statuto venne approvato il 10 aprile 1914

dalla Commissione Internazionale osservatrice, in rappresentanza

delle grandi potenze. La sua importanza era fondamentale in quanto

frutto diretto del loro volere e al tempo stesso gettava le basi

democratiche per questo nuovo Stato.

Sempre nella I Monarchia venne approvato il secondo, “Lo

Statuto di Lushnja” (21 gennaio 1920), questa volta però ad opera

dell’Assemblea nazionale. Nel 1922 invece questo fu oggetto di

modifica da parte del Consiglio Nazionale che gli ridiede il nuovo

nome di “Statuto Allargato di Lushnja”.

11

Tre anni dopo, nel 1925, la Repubblica di Zog (I Repubblica)

favoriva l’emanazione dello Statuto Fondamentale. Successivamente,

il primo settembre 1928 da Presidente della Repubblica, Zog decise

di modificare la forma di Stato tornando di fatto ad una Monarchia

(II Monarchia), di cui lui divenne sovrano. Lo Statuto del Regno

d’Albania era composto di un Preambolo e di dieci titoli. Dal Titolo II

“Poteri Statali” si evinceva di come al re venissero attribuiti poteri

forti, dal diritto di veto nei confronti del Parlamento sino al pieno

esercizio della funzione esecutiva che espletava tramite i ministri.

Inoltre, il sovrano era irresponsabile e intoccabile per qualsiasi fatto

compiuto. A mio parere, si trattava di uno Statuto che era improntato

sul modello delle monarchie costituzionali europee.

Nel decennio successivo, il 16 aprile 1939, grazie all’aiuto di

Benito Mussolini, avvenne l’unione personale della corona al re

d’Italia, Vittorio Emanuele III (III Monarchia).

Dopo questa sintetica introduzione, viene da pensare, come

mai in questo breve periodo storico (1912-’39) nonostante

l’emanazione di cinque Statuti e la modifica della stessa forma di

Stato, non c’è stata una vera democratizzazione e stabilizzazione

giuridica del paese. Quali erano i motivi? Probabilmente l’arrivo

della dittatura è stata una risposta ad una mancata risoluzione di

questi problemi.

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Il secondo capitolo è interamente dedicato allo studio delle

Costituzioni promulgate durante la II Repubblica e a un successivo

confronto fra le stesse.

In particolare, si tratta di due Carte costituzionali: la prima,

promulgata nel 1950 durante la Repubblica Popolare albanese e, la

seconda, della Carta costituzionale del 1976 emanata nella

Repubblica Popolare Socialista d’Albania.

In questo periodo il paese era connotato dalla dittatura

totalitaria di Enver Hoxha. Comunque, a parte ciò, sebbene entrambe

le Costituzioni erano simili per quanto concerne i poteri statali, con

l’Assemblea popolare posta a organo supremo dello Stato, è pur vero

che esistevano delle differenze.

La seconda Costituzione era ascrivibile a una maggiore

integrazione dell’ideologia comunista che si sostanziava, da una

parte, nella negazione dei diritti di libertà e, dall’altra, attraverso il

rafforzamento dei poteri dell’Assemblea popolare e del suo Capo di

Stato.

Questo perché con la I Costituzione si era solo improntato un

sistema di governo, per lo più transitorio e volto a liberare l’Albania

da ogni invasione interna. Però, una volta resa libera e indipendente,

13

la nazione si era ritrovata quasi obbligata a creare un sistema rigido

di organizzazione statale.

1

Inoltre, la Costituzione del 1976 specificava chiaramente e in

più parti il ruolo dirigente del Partito ed in più costituzionalizzava il

marxismo-leninismo come ideologia di Stato.

Con l’approvazione della II Costituzione il paese si era isolato

ancora di più e si ritrovava di fronte a un ordinamento giuridico

costituzionale molto rigido. A mio giudizio, con la I Costituzione

l’Albania aveva solo disposto un sistema di governo transitorio, per

poi instaurare definitivamente la vera e propria forma di governo

tipica dei regimi totalitari.

Nell’ultimo capitolo ho concentrato la mia attenzione nella

forma di governo parlamentare che venne instaurata dopo la

sconfitta del comunismo.

Nei primi anni della recente democrazia, l’intero ordinamento

giuridico si basava nella legge costituzionale del 1991. La suddetta

legge fu approvata molto rapidamente e nella sua redazione non

vennero consultati esperti costituzionalisti, ma meri politici con poca

esperienza di diritto costituzionale.

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Essa venne integrata da altre leggi che disciplinavano vari

organi del sistema giuridico statale. Anche se la legge costituzionale

aveva affermato i primi principi fondamentali di un vero e proprio

Stato di diritto, la sua sopravvivenza diveniva di giorno in giorno

quasi impossibile.

E la risposta a ciò è stata il duro colpo di stato avvenuto nel

1997, proprio mentre tutti gli organi centrali dello Stato, i più noti

personaggi di diritto pubblico, varie organizzazioni internazionali,

ecc., stavano preparando la bozza di quella sarebbe avvenuta nel

corso un anno la Costituzione tuttora vigente.

La Costituzione della Repubblica d’Albania è entrata in vigore

il 28 novembre 1998. Anche se giovane e molto ben fatta essa è stata

revisionata nel 2007, ’08 e nel 2012. I cambiamenti erano necessari

perché comunque hanno riguardato alcune problematiche cruciali

che potevano mettere in crisi la forma di governo e perfino la stessa

Costituzione. Temi che questi che ho trattato in questa III

Repubblica, concentrando la mia attenzione negli organi principali

dell’ordinamento della Repubblica e nella separazione dei poteri.

La Costituzione del 1998 è considerata molto lunga (183

articoli) e complessa. Si contraddistingue per una rigida divisione dei

poteri a garanzia dello Stato democratico e in funzione del

pluralismo politico.

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La forma di governo parlamentare è caratterizzata dal rapporto

di fiducia che lega il Governo con la maggioranza parlamentare.

Il testo costituzionale presenta, inoltre, caratteristiche e istituti

simili a quelli delle Costituzioni europee occidentali, per es., dalla

Francia e dalla Spagna l’istituto dell’Avvocato del popolo e dall’Italia

il modello parlamentare.

Una Costituzione, questa, che rappresenta l’apice e la sintesi

delle aspettative di un popolo in cerca di una stabilità politica tanto

desiderata.

In conclusione, considero questa ricerca anche come un atto

dovuto nei confronti della mia nazione avendo compiuto gli studi

universitari all’estero. Chi scrive, infatti, è arrivato in Italia con molti

sogni, ma certamente non pensava di iscriversi all’Università, né

tantomeno di completare il ciclo di studi universitari con una tesi

sull’Albania. Lo studio attraverso la ricerca bibliografica, la

riflessione sui contributi di maggior interesse, la stesura di questa

tesi, mi ha permesso di smontare piano piano, durante il corso del

lavoro, l’immagine stereotipata e approssimativa che avevo delle

istituzioni della mia nazione. Sono certo che l’approfondimento del

problema della forma di Stato e della forma di governo nella loro

16

evoluzione storica sia di fondamentale importanza per comprendere

le nuove sfide che sta vivendo l’Albania: il desiderio di far parte

dell’Unione Europea, dopo aver ottenuto lo status di paese

candidato.

Desidero qui esprimere tutta la mia gratitudine alla Prof.ssa

Giovanna Motta e al Prof. Antonello Folco Biagini per avermi dato la

possibilità di intraprendere il Dottorato di Ricerca con una Tesi

riguardante l’Albania, e ai dottori Alberto Becherelli e Antonello

Battaglia per il loro sostegno.

Infine, uno speciale ringraziamento ai i miei genitori, Vashi ed

Irma Faniko, per tutto il loro sostegno e l’affetto dimostrato nei miei

confronti.

17

CAPITOLO 1

STORIA DELLO STATO E DEL DIRITTO IN ALBANIA

DALLE ORIGINI ALLA METÀ DEL XX SECOLO

1.1 Le popolazioni illiriche

L’odierna Albania anticamente prendeva il nome di Illiria, ed

era l’area delimitata a ovest dall’Adriatico e dallo Ionio, a nord-est

dalle Alpi e dalla Drava, ad est dai fiumi Danubio, Morava e Vardar,

e a sud dall’Epiro e dalla Grecia1.

Con ogni probabilità stiamo parlando della civiltà più antica

residente nella penisola balcanica, prima ancora degli stessi greci,

tant’è che alcuni influssi linguistici illiri erano presenti nell’antica

lingua greca.

1 La definizione del territorio illirico è comunque complessa e non certa.

18

Popolazione di origine indoeuropea, gli illiri dunque

preesistevano agli elleni ed erano organizzati in piccole tribù2, tra le

quali c’erano proprio gli eponimi albanesi: gli albanoi3.

Generalmente si ritiene che il regno illirico si colloca

storicamente tra il 1225 a. C. ed il 165 a. C. Il 1225 a. C. è una data

ipotetica e coincide con l’anno in cui le fonti storiche testimoniano la

morte del primo monarca illirico a noi noto, re Hylius.

Gli illiri erano una civiltà molto evoluta, tant’è che furono i

primi popoli dell'Europa a utilizzare utensili di ferro. Questa

innovazione permise loro di dotarsi di armi migliori e, dunque, di

vincere il confronto con le popolazioni loro limitrofe. Per questo

motivo, furono i primi a conquistare l'Italia del nord, ben prima dei

Celti, e a stanziarsi nel Veneto come sulle coste adriatiche4.

2 Abbiamo notizia solo di queste tribù: abri, albanoi, amantini, andizeti, arbanitai (arbani), ardiei (chiamati anche vardaei), ardiani, arriani, atitani (atintani), autariati, azali, breuci, brigi, bullioni, carni (appartenenza illirica incerta), catari, celegeri, cerauni, chelidoni, colapiani (colapani), cornacati, daesitiati, dalmati (delmati), daorsoi (forse i daversi), dardani, dassareti (dassarsti, dassarensi, dasareti), daunii (nell'Italia meridionale), daversi (forse daorsi), deremesti (deramisti), deuri, dindari, dizioni, docleti, enchelei (enchellei), enotri (nell'Italia meridionale), glintidiones, grabei, istri (appartenenza illirica incerta), iapidi (iapodi), iasi (jasi), illiri, labeati, lopsi, mezei, messapi (nell'Italia meridionale), meslcumani, narensi, ortoplini, oseriati (osseriati), pannoni, parentini, partini, penesti (peresti), peuceti (nell'Italia meridionale), pirusti (pipusti), plearei, sardeati, scirtari, scirtoni, seleitani, triballi (appartenenza illirica incerta), taulanti (taulani), vardei (forse gli ardiei di cui parla Teopompo). Sul problema, in termini generali, cfr. Papazoglu F., The Central Balkan ribes in pre-Roman times: triballi, autariatae, dardanians, scordisc and moesians, Hakkert, Amsterdam 1978, p. 271 ss. 3 Un’ipotesi sulla radice del nome Albania rimanda al termine di origine proto-indeuropea di Alpi, ovvero un gruppo etnico illirico di montanari chiamati arbër, o arbëreshë, ed in seguito albanoi, che appunto viveva nella zona dell’attuale Durazzo. 4 Gli illiri non si spostarono solo via terra, ma anche via mare, ed infatti conquistarono l’odierna Brindisi (allora da loro chiamata Brention). La radice BRE in illiro indicava il cervo e si trova ancora nei nomi di città allora da loro conquistate, dove esistevano molti cervi, ad esempio

19

Intorno al VI secolo a. C., grazie ad un rapido sviluppo

economico agricolo e produttivo determinato dalla metallurgia —

per uso civile e militare — del bronzo e del ferro, svilupparono una

forte identità comune, rafforzando il predominio sul territorio con il

commercio e in molti casi con atti di pirateria. Fondarono importanti

città sulla costa mediterranea, tra cui le città di Durazzo (in albanese:

Durrës), Valona (Vlorë), Scodra (Shkodër), Butrinto e Lissa (Lezhë o

Lezha).

Uno dei primi celebri monarchi fu re Bardhylus, che regnò nel

IV sec. a. C., nel periodo di maggiore splendore. Con lui l’Illiria si unì

alla Molossia (l’Epiro) ma, successivamente, dovette integrarsi con i

Celti per essere conquistata dai Greci5.

Re Bardhylus6, forte delle sue precedenti vittorie e dell’alleanza

con Dionigi I di Siracusa, invase l’Epiro e poi la Macedonia,

uccidendone il re Perdicca III nel 359 a. C. e 3.000 soldati. Egli non

organizzò politicamente la Macedonia e lasciò all’Assemblea

popolare l’elezione del nuovo re, che scelse Filippo II, padre del

Brenta, Brescia, Bressanone, ecc., questo dall’idea soprattutto della notevolissima estensione del potere illirico. 5 Questo dimostra che Celti e Illiri sono accomunati, nella tradizione greca, per il loro furore di guerrieri, capace di terrorizzare gli avversari. Cfr. Sordi M., I due Dionigi, i Celti e gli Illiri, in Braccesi L. e Graciotti S. (a cur. di), La Dalmazia e l’altra sponda. Problemi di archaiologhiá adriatica, Olschki L. S., Firenze 1999, pp. 109-116. 6 In argomento v. Omari L. e Luarasi A., Historia e shtetit dhe e së drejtës në Shqipëri (Storia dello Stato e del diritto in Albania), Shtëpia Botuese Luarasi, Tiranë 2001, p. 10.

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futuro Alessandro Magno7. L’anno seguente, questi sconfisse gli illiri

di Bardhylus assumendo anche il controllo del loro territorio fino al

lago di Ocrida.

Vent’anni più tardi re Glauco (335 a. C.) fondò la stirpe dei

Taulanti, stirpe che è considerata la famiglia madre dell’Albania.

Questa stirpe era autoctona delle zone che si ponevano tra il fiume

Voiussa a sud e la città di Epidamnos (l’odierna Durazzo) a nord. Si

presume che essa sia nata dall’incrocio dei due gruppi etnici

precedenti: albanoi e partini.

Questa tribù rimase stanziale nella zona e fu al comando del

regno di Illiria anche per tutto il secolo III a. C., spodestando gli

encheli.

Fu proprio re Glauco a riconquistare nel 312 a. C. Epidamnos,

in mano ai greci, e poi Scutari e Apollonia, rendendo il regno Illirico

nuovamente stabile. Egli controllava, quindi, quei territori che oggi

sono l’Albania, il Montenegro e l’Erzegovina.

Il regno di Glauco non era una tirannia e nemmeno un regno di

conquista. Egli, infatti, era anche un buon alleato e lo dimostrava il

7 Perdicca aveva un figlio, Aminta, che però era minorenne. Inizialmente Filippo avrebbe dovuto esserne un tutore ma così non fu. Egli, infatti, uccise Aminta e un suo figlio, e fece sfuggire gli altri pretendenti al trono.

21

fatto che nel 309 a. C. si spinse fino in Epiro per aiutare Pirro a

riavere il trono.

Il successore di Glauco fu Bardhyli i Ri. Quest’ultimo, al

contrario del suo predecessore, dovette difendersi proprio da Pirro

che invase i territori illirici che stavano a sud del fiume Shkumbin.

La politica di distacco con l’Epiro persistette anche con il

successore di Bardhyli, Monounios. Egli era considerato il primo

vero monarca del regno Illiro unito. Divenne capo della città di

Epidamnos e la elesse come capitale del suo regno. Celebrò tutto ciò

facendo coniare monete d'argento con la propria effigie e riuscendo,

in tal modo, a dare una certa unità nazionale al proprio regno.

Dopo Monounios venne Agron, marito della celebre regina

Teuta, signora di Shkodër. Essa gli succedette alla sua morte,

avvenuta nel 232 a. C. La monarca regnava come reggente del figlio

Pinne, allora minorenne, e decise di spostare la capitale dell’Illiria a

Risan. Città dove essa si spense nell’odierna Dalmazia.

La regina Teuta fu l’ultima monarca prima della conquista

romana dell’Illiria. In pratica, da sempre le popolazioni illiriche si

davano alla pirateria, in particolar modo nell’Adriatico. Questo

sistema di arricchimento era pure appoggiato, anche se non del tutto

ufficialmente, dai regnanti illiri.

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Roma allora governava molte colonie lungo la quasi totalità

della costa adriatica e per questo decise di combattere apertamente la

pirateria illirica, chiedendo ufficialmente alla regina Teuta di

sopprimerla. Teuta al contrario rispose al console romano Lucio

Cornucanio che la pirateria non era illegale nel suo Stato. Essa fece

uccidere Lucio Cornucanio, perché quest’ultimo non aveva

apprezzato la sua risposta.

Uccidere un ambasciatore di Roma costituiva un ottimo

pretesto per quest’ultima a far scatenare la guerra. In questo modo

Roma raggiungeva il duplice obiettivo di conquista dei Balcani e la

soppressione della pirateria.

Nel 229 a. C. Roma iniziava pertanto la prima guerra illirica8,

sotto la guida di Gneo Fulvio Centumalo e Postumio Albino. Guerra

che si svolse nel mare Adriatico con un esercito di duecento navi.

La prima a essere conquistata fu Corcira, l’odierna isola di

Corfu, peraltro grazie anche al tradimento di Demetrio di Faro,

soldato al servizio di Teuta, che si vendette ai romani in cambio del

governatorato dell’isola.

8 In Omari L. e Luarasi A., op. cit., p. 16.

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La conquista romana avanzò nelle città di Epidamno, Lissa,

Apollonia e Scutari, tanto che la regina fu costretta a concedere la

pace ai romani. A seguito della sconfitta, Teuta fu obbligata a non

uscire con più di due navi a sud di Lisso e a cedere a Demetrio di

Faro, che aveva aiutato i romani, gran parte dei suoi domini, ovvero

Epidamno, Apollonia, Orico, Corcira. Inoltre, doveva pagare un

tributo annuo a Roma, che tra l’altro, avendo liberato le città greche

conquistate dagli illiri, iniziava così ad attirare l’amicizia di Atene.

L'invasione dell'esercito romano nel II secolo a. C., nonostante

provocò pesanti conseguenze dal punto di vista militare, fu

comunque affrontata con politiche d’integrazione e d’assimilazione,

anche grazie alla forte l’originaria identità etnica e culturale degli

illiri.

Però, dopo la morte di Teuta, le ostilità con Roma non finirono,

e ancora una volta, a causa di Demetrio di Faro. Egli, infatti, come in

precedenza aveva tradito Teuta, nel 219 a. C. tradì pure Roma,

alleandosi prima con Filippo II di Macedonia e poi con Antigono III

Dosone. Nel frattempo aveva messo sotto la sua tutela anche l’erede

al trono illirico Pinne, ancora minorenne. Demetrio dunque, forte del

governatorato romano e della protezione macedone, si mise a sua

volta a fare il pirata lungo le coste adriatiche.

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Roma ebbe così il pretesto per una seconda guerra illirica. Nel

219 a. C. il console Lucio Emilio Paolo assediava la città di Dimale

costringendola alla resa e facendo fuggire Demetrio in Macedonia.

Fu solo allora che l’Illiria divenne una prefettura romana.

L’Illiria diveniva romana e contemporaneamente nemica della

Macedonia, complice del tradimento di Demetrio. Roma, tra l’altro,

era contemporaneamente impegnata nella seconda guerra punica e

quindi dopo la conquista lasciò molta libertà ai dinasti illiri.

Infatti, nel II secolo a. C. regnava dalla sua città di residenza il

re Gent9, l’attuale Alessio, emettendo anche la sua moneta con il

nome “lisitan”. Nel 180 a. C. i dalmati si dichiararono indipendenti

sotto il comando di re Gent, che pose la sua capitale a Scutari.

I romani riottennero la regione nel 168 a. C. e le truppe romane

catturarono Gent a Scutari e lo condussero a Roma nel 165 a. C.

Un secolo dopo, Giulio Cesare e il suo rivale Pompeo

combatterono la loro battaglia decisiva vicina Durazzo.

Durante il regno dell'imperatore Tiberio, l'impero sottomise le

tribù ribelli illiriche nei Balcani occidentali e, nel 9 a. C., stabilì la

9 Ivi, p. 18.

25

provincia di Illiricum, che fu governata da un ambasciatore romano. I

romani suddivisero il territorio nelle province di Dalmazia ed Epiro.

Per circa quattro secoli, il dominio di Roma apportò nelle terre

illiriche un notevole sviluppo commerciale e culturale e pose fine ai

dissensi nati tra le tribù locali. Nelle montagne del luogo, i capi dei

vari clan mantennero l'autorità e strinsero un'alleanza con

l'imperatore per riconoscere l'autorità dei suoi delegati10.

I romani supervisionarono la costruzione di acquedotti e

strade, compresa la via Egnatia, che collegava Durazzo a Bisanzio, e

permisero l’innovazione estrattiva di rame, argilla e argento che

venivano estratti dalle montagne. In più, il commercio divenne

fiorente grazie alle esportazioni di beni di consumo, mentre

l’Illiricum importava attrezzi, manufatti in metallo, beni di lusso e

altri articoli artigianali11.

Fu in questo periodo che Apollonia divenne un centro culturale

di enorme importanza, a tal punto che lo stesso Giulio Cesare inviò

suo nipote Ottaviano — che poi diventerà l'imperatore Augusto—,

per intraprendere gli studi.

10 Durante la festa annuale in onore dei cesari, i montanari illiri giuravano lealtà all'imperatore e riconfermavano i loro diritti politici. Una simile forma di tradizione, nota come la kuvënd, sopravvive tutt'oggi nel nord dell'Albania. 11 Un’ampia panoramica illustrativa, in Folco Biagini A., Storia dell'Albania contemporanea, IV ed., Tascabili Bompiani, Milano 2005, p. 9.

26

Gli illiri si distinsero poi tra i romani per l’abilità dei loro

guerrieri che, inseriti nelle legioni romane, composero in gran parte

la Guardia Pretoriana.

L’integrazione romano–illirica fu tale che persino vari

imperatori romani ebbero le loro origini dalle popolazioni illiriche.

Tra questi ricordiamo: Diocleziano (284-305), Costantino I (324-337) e

Giustiniano I (527-565)12.

Al crollo dell'Impero romano, sul finire del IV secolo, l'Illiria si

ritrovò sotto il dominio dell'Impero bizantino e subì, in rapida

successione, le invasioni di popolazioni barbare come i Goti e gli

Avari. Intorno al V secolo fu la volta degli slavi13 macedoni, che

occuparono la parte settentrionale del territorio illirico.

Infatti, dal 285 a tutto il V secolo, l’Illiria fu alle dipendenze di

Bisanzio. Diocleziano divise l’Illiria in due regioni: la Praevalitana,

che andava dalle bocche di Cattaro e Shkumbini e che quindi

comprendeva l’attuale Albania; e l’Epirus Nova, che si estendeva fino

a sud del golfo di Vlorë. La provincia Praevalitana passò alle

dipendenze di Bisanzio, mentre la Dalmazia rimase all'Occidente14.

12 V., al riguardo, Anastasi A., Historia e institucioneve (Storia delle istituzioni), Shtëpia Botuese e Librit Universitar, Tiranë 2002, pp. 157-170. 13 Il termine “jugoslavia” viene dalla lingua antica albanese e significa slavi del sud. 14 In Margjinaj Z., Piccolo compendio della grande storia dell'Albania, Krinon, Caltanisetta 1990, p. 20 ss.

27

L’Impero di Bisanzio esercitava una scarsa autorità nominale

nelle regioni costiere, mentre il restante territorio subiva l'invasione

dei goti, ungari, avari e slavi (IV e V sec. d. C.). Fu anche per questo

che, sotto la dominazione bizantina, lo sviluppo della società subì un

notevole rallentamento.

Inoltre, nonostante l’Albania appartenesse all’Impero

d’Oriente, ecclesiasticamente rimase dipendente da Roma e questo

duplice stato d’appartenenza complicò molto i rapporti con Roma e

Bisanzio.

Nelle zone montagnose gli illiri continuarono a praticare, come

in passato, i rapporti della comunità primitiva, mentre nelle

rimanenti regioni, la popolazione si occupò prevalentemente

d'agricoltura. Con ciò si avviò il processo di feudalizzazione15.

Alla fine del VI sec., la Praevalitana fu di nuovo preda degli

attacchi delle tribù barbariche. Lo slavo Rutomir saccheggiò interi

villaggi e si rese popolare per le sue persecuzioni contro i cristiani.

Nel 732, l’imperatore bizantino Leone III, detto l'Isaurico,

assoggettò l'area al patriarcato di Costantinopoli. Per secoli la terra di

Albania divenne l'arena delle lotte ecclesiastiche fra Roma e

15 Così Omari L. e Luarasi A., op. cit., p. 30.

28

Costantinopoli16. Molti degli albanesi gheghi che vivevano a nord del

fiume Shkumbini, area comprendente l'odierna Tirana e l'area di

Scutari divennero cattolici, mentre gli albanesi toschi che vivevano

fra le regioni montuose del sud-est e le regioni sud-occidentali a sud

del fiume Shkumbini si convertirono alla chiesa ortodossa.

Nel 1040, l'imperatore Vassily II riuscì a ristabilire nel paese la

dominazione bizantina. L'Illiria perse il suo antico nome per

acquisire quello attuale. Nel 1081, l'Albania venne attaccata dai

normanni sotto il comando di Roberto Guiscardo, ma alla morte di

quest'ultimo, avvenuta nel 1085, essi lasciarono il paese. È in

quest'epoca che i rapporti feudali si estesero considerevolmente.

Nel XII sec., i signori feudali rinforzarono le loro posizioni e nel

1185 essi si sbarazzarono del controllo bizantino e costituirono la loro

prima monarchia: il Principato d'Arbëria. Il suo centro principale fu

Kruja (Croia) e il suo primo sovrano fu Progon (1190-‘99), seguito da

Gjini. Il resto dell'Albania, vale a dire la maggior parte del suo

territorio, fu inclusa nel Despotato dell'Epiro e nel Regno di Sicilia.

L’Albania dell’allora era, comunque, costituita da una

popolazione molto unita e forte. Tant’è vero che nel 1261, quando il

Paleologo restaurò l’Impero romano d’Oriente, essa non venne

compresa e rimase indipendente, almeno per una decina d’anni,

16 Cfr. Ronchey S., Lo Stato bizantino, Mondo Libri, Milano 2002, p. 10 ss.

29

quando, nel 1271 Carlo d’Angiò fondò il Regno d'Albania nei

territori sottratti al Despotato d'Epiro, sui quali regnò col titolo di re

d'Albania a partire dall'anno successivo.

Gli angioini di Napoli si stabilirono nel nuovo regno che si

estendeva dalla loro sede di Durazzo fino a Capo Linguetta17.

Carlo I d’Angiò provvedeva comunque solo della zona

costiera, tant’è che dieci anni dopo, nel 1281, abbandonò quasi senza

combattere le regioni interne in seguito ad una controffensiva dei

bizantini. Questi erano, tra l’altro, anni infausti per gli angioini,

impegnati in Italia dai Vespri Siciliani.

Fu proprio per questo indebolimento angioino che il Despotato

d'Epiro colse l’occasione per rientrare così in possesso di buona parte

dei territori perduti, riducendo in pratica il regno angioino alla sola

regione di Durazzo. La città rimase comunque nelle mani dei

discendenti di Carlo fino al 1368, quando Durazzo fu conquistata da

Karl Topia (Carlo Thopia).

Nel giorno di San Vito del 1389, la Coalizione dei Popoli

Balcanici18 fu sconfitta a Kosovo Polje da Murad I Paša, sultano dei

17 Mentre la suddivisione costiera era estremamente precisa, i confini interni non erano ben delineati. 18 Albanesi, bosniaci, bulgari, dalmati, serbi, ungheresi e valacchi.

30

turchi ottomani. L’esercito del Paša era in gran parte costituito da

milizie serbe arruolate da Murad I in Macedonia.

All’indomani dell’infelice battaglia di Kosovo Polje, i tre

prìncipi albanesi, Balsha, Gjergj II e Teodor II Muzaka — con alla

testa Gjergj I Kastrioti19 — si ritirarono nei loro confini. Essi furono in

grado di resistere ai turchi e di erigere un’entità cristiana albanese,

estendentesi dai confini meridionali di Ragusa (Dubrovnik) al golfo

di Patrasso.

Malgrado gli attacchi continui degli invasori stranieri (angioini,

serbi e, più tardi, dei i turchi), in Albania fecero la loro apparizione

un certo numero di signori20 che costituirono dei principati feudali e

che furono in perenne guerra fra di loro per l'estensione dei propri

domini.

Approfittando di queste discordie e della debolezza

dell'Impero bizantino, durante la seconda metà del XIV sec., lo stato

feudale dei turchi Osmanlis riuscì a ingrandirsi e iniziò a penetrare in

Albania (Janina), con lo scopo di occuparla.

Una volta soffocata la resistenza del popolo albanese, essi

occuparono quasi tutto il paese, ad eccezione delle zone montagnose

e di alcune città costiere.

19 Figlio di Carlo Thopia e nonno di Skënderbeu. 20 Topia, Shpata, Balsha, Castrioti, ecc.

31

1.2 L’epoca di Giorgio Castriota e la conquista ottomana

Il Regno albanese della famiglia Kastrioti va dal 1395 al 1474 ed

il celebre di questa famiglia è Gjergj Kastrioti (Giorgio Castriota).

Figlio di Voissava Tripalda21 e Giovanni Castriota22 (Gjon Kastrioti),

principe di Croia.

21 Voissava diede a Giovanni Castriota cinque figlie — Mara, poi sposa di Stefan Çernoviç, principe del Montenegro; Vlajka, poi sposa di Gjin (Gino) Musacchio; Angjelina (Angelina), poi sposa di Vladan Arianit Comneno Thopia; Jella, poi sposa di Pal (Paolo) Stres Balsha; Mamica, poi sposa di Karol Musacchio Thopia — e quattro figli: Reposh, Stanish (Stanislao), Kostandin (Costantino) e Gjergj (Giorgio Castriota). Insisto su tali nomi per due ragioni. Non si può comprendere la vicenda di Scanderbeg senza contestualizzarla in un paese e con un popolo profondamente diviso, che non era mai stato unito sotto un'autorità centrale ed era pieno di particolarismi e di rivalità. In secondo luogo, perché voglio rendere evidente e menzionare già da ora i nomi di quei prìncipi albanesi che segneranno l'epopea di Scanderbeg come suoi alleati, feudatari, compagni d'armi, generali, traditori e amici. 22 Il signore incontestato dell'Albania Centrale, con un potere tale da renderlo competitivo con i vecchi signori del paese. I Balsha erano feudatari di Stefano Dushan e poi, fino alla fine del secolo XIV, signori di tutta l'odierna Albania — con la sola esclusione di una piccola parte del sud d’essa appartenente al despotato di Narta, dominato a sua volta dalla famiglia albanese degli Shpata, i cui domini si estendevano a loro volta quasi fino a Salonicco —, di metà dell'odierna Macedonia, del Kossovo e di gran parte dell'odierno Montenegro, per arrivare fino a Selenica, comprendendo in tal modo una parte in meridione della Bosnia odierna. I Comneno di Argirocastro e Valona, imparentati in linea maschile con i Comneno di Costantinopoli (per il resto il cognome Comneno lo troviamo in quasi tutte le famiglie nobili albanesi dell'epoca, con l'unica eccezione forse dei Dukagjini e dei Castriota); i Musacchio con le origini nel X secolo; i Thopia, altro ramo dei Comneno; i Korona, signori di Perati, partigiani delle prime crociate; i Dukagjini, grandi signori montanari del nord del paese e dell'intero Kosovo e altri. In breve tempo Giovanni Castriota riuscì a espandere le sue terre a tal punto da diventare il signore incontestato dell'Albania Centrale. Tant’è vero che nel 1407 viene menzionato negli archivi di Venezia come "dominus satis potens in partibus Albaniae". Per far fronte ai turchi il principe accettò di diventare vassallo della Serenissima per avere la sua protezione, poiché unico paese cattolico con lui confinante, e nello stesso anno entrò in conflitto con i turchi. La lotta continuò fino al 1430, anno in cui venne definitivamente sconfitto. Le clausole della pace che sottoscrive definitivamente erano pesanti. Doveva convertirsi all'islam e dare tutti i figli maschi in pegno al sultano — uno di questi poteva però riprendere l'eredità del padre alla sua morte e il sultano s'impegnava a farli crescere nella loro fede —. Inoltre, cedere strategicamente l’importantissima regione di Dibra e della sua fortezza, situata nel nord dell'Albania. Da una cartina qualsiasi dell'Albania si evince la cruciale importanza della regione, giacché era una delle poche vie d'accesso al montagnoso territorio albanese. Doveva, infine, consegnare la capitale, Kruja, e diventare vassallo del sultano, versandogli un tributo e contribuire con un esercito alle guerre del sultano nella zona dei Balcani.

32

Gjergj Kastrioti Skënderbeu 23 (in prosieguo, Scanderbeg) si

distinse per capacità, intelligenza e cultura. Infatti, egli parlava

perfettamente il turco, l'arabo, il greco, l'italiano, il bulgaro e il

serbocroato.

Egli conseguì una serie d’imprese militari che portò a termine

brillantemente come Generale dei "corpi della morte", turchi chiamati

Jeniçer. Nel 1443, ebbe dal sultano l'incarico di affrontare il voivoda

di Transilvania, Janos Hunyadi (il "cavaliere bianco"), per

riconquistare la Serbia che il nobile valacco era riuscito a strappare ai

turchi24.

23 Skënderbeu nasce a Krujë — intorno al 1405, perché la data è incerta— quando l`Albania era sotto il dominio turco. A parte i pochi territori, come le zone di estrema montagna dove vivevano i leggendari malësorë — contadini che conservavano antiche usanze e organizzazioni sociali —. Suo padre possedeva in origine solamente due piccoli villaggi, da cui probabilmente lo stemma di famiglia con l'aquila nera a due teste, anche se di questa si possono fornire diverse interpretazioni. Il nome di battesimo impostogli fu Giorgio, quindi egli si chiamava Giorgio Castriota (Gjergj Kastrioti). Quando aveva solo nove anni (ancor più piccolo secondo alcune fonti) Giorgio fu preso in ostaggio con i suoi tre fratelli maggiori dal sultano Murat II e la prima cosa che fece fu quella di affidare i pegni a educatori del palazzo, affinché li educassero secondo l’islam. Pero, due dei suoi fratelli, Stanislao e Reposio, furono uccisi, il terzo, Costantino, si fecce monaco nel monastero del monte Sinai, mentre Giorgio fu educato nella corte di Adrianopoli. Avviato alla carriera militare secondo il tradizionale devshirme (l`arruolamento forzato dei giovani da inserire nell`esercito turco), divenne esperto nell`uso delle armi e nella strategia militare, guadagnando la stima e la fiducia del sultano, che lo trattava come un figlio, lo colmava di onori e lo teneva sempre presso di sé, credendo che il principe albanese non lo avrebbe mai tradito e che fosse diventato a questo punto un vero turco e gli diede un nome islamico: Iskender Bej (letteralmente: Alessandro signore). E appunto da Iskender o Skander deriva il nome Scanderbeg. Ma nel 1442 morì Giovanni Castriota ed il principato passò a Hasàn Bey Versdesa. 24 Nel 1443, Giorgio Brankoviç di Serbia chiese aiuto al Papa Eugenio IV contro i turchi per riconquistare il suo regno. Eugenio IV mandò il cardinal Iuliani che convinse a impegnarsi Ladislao III di Ungheria e Polonia, il quale a sua volta inviò in aiuto del re (krajl) di Serbia un esercito di diecimila ungheresi al comando di Janko Hunyadi, vojvoda di Transilvania e feudatario di Ladislao. Questo si accampò nei pressi di Nish, in Kosovo, attendendo l'aiuto del serbo e di Iuliani.

33

Intanto, erano giunte a conoscenza dello stratega notizie sulle

sue vere origini, sulla sua provenienza e sulla sorte dei suoi tre

fratelli. Rivelazioni queste che determinarono il corso della storia

successiva. Scanderbeg e Janos di Transilvania s’incontrarono in

segreto per complottare contro l'esercito turco.

Scanderbeg insieme ai suoi fedelissimi — 300 cavalieri tutti

albanesi, compreso il nipote Hamza — abbandonò improvvisamente

l'esercito turco a Nish25 e si diresse verso l'Albania26.

Qui, falsificando l'ordine del sultano, ottenne la consegna del

castello di Croia da parte di Hasàn Bey, il pascià in carica, al quale gli

consegnò il firmàn (editto) manipolato del sultano27. Questi gli cedette

in buona fede il comando della fortezza e del principato paterno.

Durante i festeggiamenti per la consegna del castello, il piccolo

contingente turco fu massacrato, compreso il pascià che fu ucciso

dallo stesso Scanderbeg che era seduto accanto a lui nel banchetto. La

25 Murad II inviò immediatamente Kara Bey con ventimila uomini per sconfiggerlo singolarmente, prima che l'esercito cristiano si fosse riunito. I due eserciti si schierarono sulle sponde del fiume Morava, Hunyadi varcò in fretta il fiume con i suoi diecimila e si riversò temerariamente sui turchi, i quali, presi di sorpresa, iniziarono la fuga dopo pochi combattimenti. Kara Bey si rese conto dell'esiguo numero degli ungheresi e diede l'ordine di riordinare le fila e resistere. Sennonché l'ala sinistra era sotto il comando di Scanderbeg e la sua cavalleria, tra cui spiccava l'élite di trecento cavalieri provenienti dal principato dei Castriota e comandati da Hamza Castriota, figlio di Reposh, il fratello maggiore di Giorgio, e di una donna turca. Kara Bey fuggiva verso Adrianopoli, mentre Scanderbeg, catturato un cancelliere dell'esercito con il sigillo del sultano, muoveva verso Kruja e il principato paterno. Non fu difficile costringere il cancelliere a dare un firmàn (editto) col sigillo del sultano che concedesse a titolo di vassallo l'Albania a Giorgio Castriota Scanderbeg. 26 Per un riesame dell’argomento cfr. Folco Biagini A., op. cit., pp. 17-20. 27 Scanderbeg andò prima a Dibra, importante città del nord-est del suo principato, posta proprio all'ingresso della pianura di Mat, il cuore dei domini dei Castriota. Con l'aiuto dei suoi e di trecento dibrani si mosse verso Kruja, sempre di notte e sempre senza dare nell'occhio.

34

stessa notte, il vessillo con la mezzaluna venne sostituto con l'aquila

a due teste nera in campo rosso, vessillo dei Castriota: "Rubea vexilla

nigris et bicipitibus distincta aqulis gerebat Scanderbeg" (Barleti). I

capipopolo capirono che — e sempre nelle parole di Barleti —

"Libertas in omnium erat ore. Libertatis dulce nomen undique resonabat". Il

mattino seguente non era rimasto piede di turco in città, tranne quelli

che si erano convertiti al cristianesimo.

Scanderbeg si convertì al cristianesimo e subito dopo organizzò

un esercito provvisorio per la difesa della roccaforte conquistata.

Poco tempo dopo, il 28 novembre 1443, fu incoronato principe

d'Albania nella cattedrale di Croia28.

28 Uscendo dalla chiesa si dice abbia tenuto questo discorso ai soldati e al popolo riunito: "Capitani e valorosi soldati: non è né nuova né inattesa la vista che mi si presenta innanzi. Come vi portavo in mente, così vi trovo oggi, semplici discendenti di una razza antica e generosa, intrepidi e pieni di una fede inamovibile nella vostra patria. Sono anche felice ora che posso aprire il mio cuore. Vi dico senza vanto che per quanto ho vissuto, ho portato in petto il vostro ricordo misto al grande amore per la libertà. Quando mi chiamaste per quest'opera dal servizio del sultano, portavo nel cuore il vostro stesso desiderio. Avrete forse pensato che avessi dimenticato voi e la mia patria, l'onore, la libertà, quando vi mandavo (…)senza alcuna speranza e senza mostrare un briciolo di sentimenti nobili e generosi. Ero tale perché lo richiedeva la vostra salvezza e la mia, perché le cose erano tali che bisognava fare e non dire, poiché vedevo che avevate più bisogno di freno che di sproni. (...) Mio nipote Hamza parla per me; è stato il mio braccio, il mio consigliere, il mio compagno d'arme e con pochi altri ha fatto con me quest'impresa, ma anche con questo non ho mai detto loro una sola parola di libertà, onore e patria fino alla battaglia di Nish. La libertà la potevate conquistare col vostro valore e con un altro liberatore, che all'Albania non mancano gli uomini, ma vi piacque attenderla dalle mie mani, forse tardi, ma è chiaro che così volle il Signore. Eppure sono stupito a vedere che uomini siffatti, superbi come voi siete, cresciuti liberi, abbiano sopportato tanto a lungo il giogo dei barbari (…). Ma merito forse io questo bel titolo di liberatore che avete graziosamente donato? Non fui io a portarvi la libertà, ma la trovai qui, in mezzo a voi. Non appena misi piede qui, non appena avete udito il mio nome, siete tutti accorsi, di fronte a me, come se aveste fatto resuscitare i fratelli e i vostri padri, come se fosse sceso dal cielo Dio in persona. (…) Questa fortezza e questa città non ve l'ho data io, ma l'avete donata voi a me; le armi non ve le cinsi io, vi trovai già armati; la libertà l'avevate ovunque, nel petto, sulla fronte, nella spada e sugli scudi: come fedeli guardiani, nominati da mio padre, voi avete posto sul mio capo questa corona, mi avete dato questa spada, mi avete creato signore di questo principato, che avete

35

Scanderbeg, che era riuscito ad alleare i prìncipi albanesi,

grazie anche all’aiuto del Papa, del re di Napoli e dei veneziani,

fronteggiò i turchi per venticinque anni.

Il primo marzo del 1444, nella cattedrale veneziana di S. Nicola

ad Alessio (Lezha), venne riunita una grande assise di prìncipi

albanesi cui prese parte anche il rappresentante di Venezia. Si

costituiva la "Lidhja e Principatave të Arbërisë" (Lega dei popoli

albanesi), la quale si pronunciò all'unanimità per affidare il comando

a Scanderbeg. Si formò un esercito di 18.000 uomini in grado di

essere mobilitato velocemente. I tre quarti provenivano dal

principato dei Castriota e di questi 3.500 costituivano la guardia di

Scanderbeg ed erano sempre in armi, mentre gli altri si raccoglievano

al momento opportuno. Il Castriota venne nominato kryekapedan

(simile a "comandante capo") dell'esercito della Lega che riceveva dai

prìncipi, oltre l'appoggio, i giuramenti di fedeltà e la promessa di

contribuire con più uomini in caso di necessità, più i 200 mila ducati

d'oro l'anno. A questi vanno aggiunti i donativi occasionali degli

alleati di Napoli, Venezia e persino del papato.

La Lega comprendeva i territori di Kosovo, Metohia, Novi

Bazar, Dibër, Ohrid, Janina e Arta. Si deduce chiaramente che

custodito con tanta fede, cura e fatiche. Portatemi ora, con l'aiuto di Dio, a liberare tutta l'Albania. (...) Alzate dunque il vessillo in testa e mostratevi uomini come sempre. Dio, come finora, così nel futuro verrà in nostro soccorso e ci darà il modo di farci onore!" in Omari L. e Luarasi A., op. cit., p. 25.

36

Scanderbeg, attraverso la Lega antiturca, creava un piccolo Stato

caratterizzato da una bandiera, il cui disegno riportava un’aquila

nera bicipite in campo rosso29. Mentre, il Congresso assunse un alto

valore storico per la scoperta di una coscienza nazionale.

Nel 1456 Scanderbeg divenne padre ed il figlio fu chiamato

Gjon (Giovanni), come il nonno, mentre Hamza Castriota fuggì ad

Adrianopoli con la sua famiglia nello stesso giorno.

Nell'estate del 1457, Hamza entrò in Albania con cinquanta

mila uomini al comando di Isac Daut pascià. Come al solito, l'esercito

si poteva muovere o solamente insieme o in blocchi di grandi unità

per evitare fatali imboscate. Pero, Scanderbeg approfittò di un

momento di disordine all'interno dell'accampamento turco, dovuto

alla pensata del pascià d’incoronare, in nome del sultano, Hamza re

d'Albania. Dopo aver occupato di notte il monte Tumenisht e gli altri

monti intorno ad Albulena, Scanderbeg piombò sull'accampamento

all'improvviso da diversi punti. Nessuno tentò di resistere e la

sconfitta dell'esercito turco fu completa. Furono catturati un sangiac

bey di nome Messid e Hamza stesso. Scanderbeg aveva ordinato che

il traditore della famiglia fosse preso vivo. Hamza Castriota fu

perdonato, anche se tentò di tornare di nascosto ad Adrianopoli per

29 Però, oggi il significato di questo simbolo, “aquila nera bicipite”, si riferisce all’Albania e al Kosovo, proclamata indipendente il 17 febbraio 2008. Cioè, si tratta di due territori abitati da popolazioni albanesi che non sono mai stati riuniti. Invece, “il campo rosso” si riferisce al sacrificio, cioè al sangue versato nel corso dei secoli.

37

portare in salvo la sua famiglia. Però, l’anno successivo alla battaglia

di Albulena fu avvelenato.

L'idea della crociata contro l'Islam 30 , sempre affidata allo

Scanderbeg, fu ripresa da Papa Pio II31, ma questa volta gli Stati

30 Giunse un inviato del Papa, Monsignor Giovanni Navarro, che rese ufficialmente noto al principe l'intenzione del Papa di porlo a capo di una crociata contro i turchi. La notizia fece votare unanimemente il consiglio contro la proposta degli ambasciatori del sultano e la guerra continuò. Non volendo lasciargli il tempo di prendere l'iniziativa, il sultano adottò la tattica opposta, e il sultano propose di nuovo la pace. Scanderbeg non ci pensava nemmeno di iniziare i negoziati senza che il sultano evacuasse Sfetigrad e Berati, ma questa volta dovette cambiare idea e firmare perché Ferrante di Napoli, il successore di Alfonso, aveva bisogno di lui in Italia per sconfiggere i baroni che in rivolta appoggiavano il pretendente angioino al trono. Così, una pace fu firmata il 27 aprile 1461 sulla base dell'uti possidetis. 31 Scanderbeg, un uomo di grande cultura e abile diplomatico, nel 1461 fu anche ricevuto da Papa Pio II (Piccolomini) per chiedere aiuti nella comune lotta contro i nemici turchi. Il grande umanista Pio II era il più generoso dei Papi con Scanderbeg. Alleato con i Sforza e con la casa d'Aragona, insistette perché il Castriota s'impegnasse in Italia e facesse volgere a favore di Ferdinando l'esito del conflitto. Vista l'incostanza della Serenissima, era necessario che Napoli rimanesse saldamente opposta all'Islam anche a scapito degli interessi commerciali e la garanzia migliore era mantenere al trono partenopeo quella dinastia che stava definitivamente scacciando i mori dalla Spagna. Con cinque mila cavalleggeri Scanderbeg mise puntualmente in fuga i pesanti e medievali eserciti angioini nelle Puglie dall'autunno del 1461 fino all'estate del 1462, quando sconfisse, comandando l'ala destra dell'esercito aragonese, i francesi a Ursara il 18 agosto. Come ricompensa ebbe da Ferdinando una pensione di 1200 ducati l’anno e in feudo le città di Trani, Gargano e San Giovanni Rotondo per lui e per i suoi eredi. Oltre alle solenni benedizioni ebbe dal Papa la promessa di incoronarlo re d'Albania, Macedonia e Rumelia, quando fossero stati vinti i turchi nell'imminente crociata. Tornato in Albania, era pieno di speranze, ma nel suo paese trovò l'ostilità dei nobili del consiglio di reggenza che nel frattempo aveva aiutato la moglie del principe a governare. Essi si opposero risolutamente alla rottura della pace col sultano. Erano decenni che il paese non assaporava dei momenti di pace e l'ultimo anno aveva segnato una crescita di benessere notevole. Scanderbeg non riuscì a convincerli della necessità di lottare per un ideale più alto, come poteva essere quello dettato dalla fede. Ebbe un grande aiuto in questo da Paolo Angelo, arcivescovo di Durazzo, che fece acutamente notare che nulla avrebbe impedito al sultano di gettare la maschera pacifista e rinnegare la pace, quando avesse avuto quello che voleva dalle lotte nel resto del suo impero. Che speranze avrebbe potuto avere la piccola Albania cattolica di mantenere una favorevole pace col sultano, se Roma fosse caduta alla pari di Costantinopoli? Questo convinse parte dei nobili. La fondatezza del ragionamento era chiara. L'Albania era libera perché era unita dopo secoli, ed era unita dopo secoli perché era di un’unica fede. Non si poteva nemmeno pensare di salvare la propria libertà, non vi sarebbero state ragioni per farlo, senza salvare la propria identità. Per tremila anni le tribù illiriche si erano unite solo quando si era trattato di opporsi a un nemico esterno e, nei momenti di pace, si erano combattute tra di loro. Quell'ultimo anno aveva dimostrato come la riscoperta delle proprie fondamenta nel cattolicesimo romano garantisse non solo l'unità nel rispetto delle differenze, ma anche una forte motivazione per continuare la lotta, senza la quale il popolo si sarebbe demoralizzato. Sembra quasi che una sorta di spirito di martirio avesse pervaso tutti

38

occidentali, soprattutto la Repubblica veneziana, fecero decisamente

"orecchio da mercante". Il Papa morì poco dopo (1464) e, così,

Scanderbeg si trovò da solo con gli albanesi a fronteggiare i turchi32.

Nel 1467 Scanderbeg sconfisse Maometto II. Nonostante i suoi

successi e alcuni dei quali straordinari, egli si rese conto che resistere

alla pressione ottomana diventava sempre più difficile. La stessa

preoccupazione convinse il doge di Venezia nell’inviare

l'ambasciatore Francesco Capello Grimani presso il condottiero

albanese per organizzare una difesa comune. L'ambasciatore non

poté portare a termine l'incarico, perché Scanderbeg morì di malaria

ad Alessio il 17 gennaio 146833, 15 anni dopo la definitiva caduta di

Costantinopoli.

negli ultimi decenni. Erano le campane che annunciavano l'arrivo del turco e i preti e i monaci a organizzare il ritiro della gente nelle cittadelle. Era non solo una lotta per la patria, ma anche una lotta per la fede. Anzi, era una lotta per la patria, perché era una lotta per la fede. Così, il tentativo del sultano di mantenere la pace ebbe come risultato una risposta di Scanderbeg che lo invitava al cristianesimo. Per difendere le terre di frontiera il sultano mandò Sheremet Bey con quattordici mila cavalieri ma Scanderbeg li fece cadere in trappola vicino al lago di Ocrida e vinse di nuovo. 32 Tornato a Kruja si preparava a recarsi a Durazzo e ad accogliere il Papa che veniva insieme all'esercito crociato da Ancona. Ci sarebbe dovuta essere una mesa nella cattedrale in cui Paolo Angelo sarebbe stato fatto cardinale e Scanderbeg incoronato re d'Albania e gli sarebbe stato conferito ufficialmente il comando della crociata. Pero, il Papa Pio II morì prima d'imbarcarsi ad Ancona e l'esercito crociato si dissolse. L'Albania e Venezia rimasero le sole implicate in una guerra tremenda contro i turchi, giacché da essa non potevano ormai più esimersi. 33 Dovendo ripulire il paese dalle guarnigioni turche, Scanderbeg riuscì ad assicurare di nuovo la pace per qualche mese. Egli riunì il consiglio della Lega ad Alessio per stabilire strategia e aiuti. Qui, però, s'ammalò di febbre e prese il letto. Era ancora inverno, ma a sorpresa quindici mila turchi mossero verso Scutari attraversando i monti innevati e l'avrebbero presa, se la guardia del principe non si fosse tempestivamente diretta contro di loro. Si dice che guardando i suoi porporati e i suoi imponenti montanari della guardia, i turchi pensassero che lui fosse con loro e furono sconfitti. Scanderbeg fu seppellito ad Alessio. La guerra durò altri undici anni e finì nel modo in cui doveva finire. La fede e il ricordo di Scanderbeg mantennero unito il popolo, ma i turchi erano troppo forti. Kruja cadde nel 1478 e Mehmed II massacrò gli uomini e fece schiave le donne e i bambini, per vendicarsi delle umiliazioni subite. Le fu anche cambiato il nome in Ak Hissar (il Castello Bianco).

39

La morte di Scanderbeg non determinò la fine della lotta contro

gli ottomani e ancora per dieci anni essa si svolse sotto la guida di

Lek Dukagjini, membro di quella stessa famiglia, che nel 1450 aveva

fatto pace con il sultano, abbandonando la Lega dei prìncipi. Date le

condizioni del paese, più che alle armi di Dukagjini, si cercò di

affidare tutto alla diplomazia sfruttando il conflitto veneto-turco per

chiedere e ottenere l’alleanza della Serenissima. Però, anche così

attuando non si ricevette il necessario sostegno e le forze ottomane,

nel giugno del 1478, riuscirono a conquistare la capitale del

principato: Croia.

Con il trattato di pace nel 1479 la Serenissima raggiunse

l’accordo con i turchi, cui cedeva tutto l'Albania ad eccezione di

Durazzo e s’impegnava a pagare centomila ducati all’anno in cambio

della libertà di commercio in Levante.

Dopo la scomparsa di Scanderbeg (1468) i Kastrioti cristiani

preferirono rifugiarsi in Italia mantenendo la lingua, la fede e i riti. I

successivi tentativi di Giovanni Castriota di riconquistare il

principato paterno fallirono34.

34 Nel 1470 dopo il matrimonio fra Irene Kastrioti ed il principe di Bisognano, grande feudatario di Calabria, una cospicua parte degli albanesi di Puglia si spostò con la nobile Irene nella terra del consorte. Dopo il 1478, iniziarono anche le grandi emigrazioni albanesi di metà secondo millennio, che terminarono nel 1533-‘34.

40

Negli anni a seguire l'Albania dovette definitivamente cedere al

dominio turco. Molti prìncipi, per sfuggire a stermini e deportazioni,

la abbandonarono e con loro, nel corso del 1503, anche quei

veneziani che avevano ancora dei possedimenti albanesi.

Comunque, il sogno dei sultani di estendere il dominio

islamico fino a Roma svanì rapidamente e l'Occidente doveva in

primo luogo a Scanderbeg questo merito. La resistenza albanese

contro i turchi continuò anche dopo la morte di Scanderbeg per più

di un decennio, ma non fu mai organizzata come nei suoi

venticinque anni di battaglie.

L'importanza ottomana per l'Europa fu dimostrata dalle

vicende che caratterizzarono gli anni a seguire subito dopo la

sconfitta del Castriota. Di fatto, nel 1480 Ahmed Gedik pascià per

ordine di Mehmed II sbarcò in Italia e conquistò Otranto, alla quale

massacrò la popolazione. Egli si preparava a marciare verso Roma,

non appena gli fossero arrivati i rinforzi. Nel frattempo il Pontefice

pensava di fuggire, ma il 3 maggio 1481 Mehmed II morì, prima che

coronasse il suo sogno. I suoi successori o non furono interessati a

conquiste, o ebbero da fare in Asia talmente tanto che nessuno si

occupò con un piano premeditato dell'Occidente fino al Cinquecento,

quando il dilagare turco nel Mediterraneo fu fermato a Lepanto e la

marcia di Solimano a Vienna.

41

Fino a Solimano “il Magnifico”, quindi, nessuno s'impegnò in

Occidente. Quei venticinque anni di lotta in Albania avevano

provvidenzialmente ritardato Mehmed II, che voleva entrare nella

storia come colui che aveva espugnato Costantinopoli e Roma, che

aveva tagliato i due capisaldi della cristianità. Comunque, queste

sono considerazioni che esorbitano dallo scopo di narrare le nude

vicende di Scanderbeg da cui eravamo partiti.

Quindi, la tragedia finisce qui.

NEMO ENIM TANTUM IGNARUS RERUM QUI NON SUMMIS LAUDIBUS AD

COELUM TE EXTOLLAT, EX DE TUA NOBILITATE TAMQUAM DE VERO

ATHLETA ET PROPUGNATORE NOMINIS CHRISTIANI NON LOQUATUR. (Papa

Callisto III, l’ 11 settembre 1457, in una lettera a Scanderbeg).

Da parte sua, l’Impero ottomano optò per un assetto interno

fondato su un’ampia autonomia amministrativa: alle tribù delle

montagne fu lasciata la possibilità di continuare a governarsi con le

leggi tribali e senza funzionari turchi, a condizione che cessassero le

operazioni di guerriglia e che contribuissero al pagamento

dell’imposta gravante su ogni nucleo famigliare. Autonomia per gli

albanesi significava soprattutto il mantenimento dei propri privilegi

e dell’autorità sul territorio. Con lo scambio tra autonomia e fedeltà,

l’impero inseriva all’interno della società albanese, un ostile fattore di

divisione interna. L’Albania venne divisa in sette circoscrizioni ed in

ognuna delle quali vigeva il codice delle leggi consuetudinarie del

42

luogo, il cui utilizzo determinava la separazione tra le stesse

circoscrizioni. In questo momento si cercò di creare anche una classe

di feudatari formatta da fedelissimi militari turchi o albanesi, i quali

avevano il compito di controllare e fornire truppe al sultano.

La politica ottomana portò a un’occupazione e a un efficace

controllo del territorio, però non eliminò la tendenza albanese alla

ribellione. Nel 1537, lo stesso Solimano “il Magnifico” fu sconfitto

dalle genti cimariote, che avevano uno status di accentuata

autonomia.

La politica religiosa per l’islamizzazione dell’Albania, iniziata

dalle prime conquiste, proseguì attraverso l’aumento delle imposte

che erano pagate dai cristiani e si affiancò alla politica militare

dell’Impero. La conversione forzata ottenne risultati discreti e le

rivolte continuarono per tutto il secolo da parte degli albanesi di

religione cristiana.

Durante la guerra di Viena tra il 1683 e il 1699, quando le

truppe degli Asburgo penetrarono in Albania, gli albanesi

musulmani si unirono a Mahmud pascià, mentre i loro connazionali

cristiani si schierarono con il duca di Holstein, che comandava le

truppe imperiali e quelle serbe.

43

Nel Settecento l’Impero ottomano iniziò una lenta e constante

decadenza come potenza militare a causa delle innumerevoli

sconfitte subite da parte della Russia e dell’Austria. Due nuove

grandi potenze militari iniziarono ad affermarsi: la Prussia e la

Russia. Ed è con quest’ultima che l’Impero ottomano, bloccato ormai

nel suo processo di espansione e in forte crisi al suo interno, dovette

sostenere gli scontri più duri, tant’è vero che nella seconda metà del

XVIII secolo l’esercito turco subì una grande sconfitta a causa

dell’esercito Zarista.

A parte questo, le truppe di Caterina II riuscirono a ottenere un

ruolo di protezione delle popolazioni ortodosse sotto la dominazione

ottomana e il diritto a intromettersi nelle sue questioni di politica

interna.

Con ciò, si ebbe l’inizio di uno stato di crisi dell’Impero

ottomano che fu sfruttato dai due grandi pascialati di allora: di

Scutari e Janina.

Il primo nasceva dal feudatario Mehmet bey Bushatlliu che si

impose, nel 1757, nella città di Scutari sugli altri feudatari. Mehmet

bey riuscì a sfruttare la necessità del sultano per avere il controllo

delle genti albanesi e a estendere il proprio potere nella parte

settentrionale dell‘Albania. Egli raggiunse tutti gli obiettivi

44

impostagli ed evitò di versare a Istanbul le somme delle imposte

riscosse.

Alla morte di Mehmet bey Bushatlliu successe il figlio Mustafa,

che ottiene il sostegno delle tribù montanare. Egli, pur firmando un

armistizio con il sultano, fu imprigionato da quest’ultimo. Al suo

posto entrava il fratello minore Karà Mahmud Bushatlliu.

I due figli praticarono una politica di tolleranza verso i cattolici:

da una parte, favorirono lo sviluppo del commercio e, dall’altra, si

opponevano al pagamento delle imposte al sultano guadagnandosi

l’appoggio dei commercianti e della popolazione. Karà pascià si

propose come un’autorità distinta dell’indipendenza albanese. Nel

1796 le truppe del pascialato di Scutari attaccarono il Montenegro e

alla fine di settembre, durante una ritirata, Karà pascià cade vittima

di un’imboscata. La morte del capo coincide con la fine della rivolta.

L’altro grande pascialato albanese era quello di Janina, che si

estendeva nell’Albania del sud. Uno dei personaggi di maggior

rilievo fu Ali Tepelena. Sfruttando la propria capacità militare e il

sostegno del sultano, egli s’impadronì nel 1788 della città

meridionale d’Albania, Janina.

Tepelena cominciò ad allargare il proprio territorio e sfruttò

l’alleanza con Bonaparte dal quale ottenne armi. Però, nel 1821

45

Janina fu assediata da Khursid pascià. Tepelena fu assassinato e la

sua testa, come quelle dei suoi figli, trasportata a Costantinopoli ed

esposta all’ingresso del Serraglio.

L’esperienza dei pascialati si concluse con una ristrutturazione

politica, amministrativa e finanziaria che realizzava un modello

fortemente centralizzato: l’Albania veniva divisa in quattro

circoscrizioni, che inglobavano anche popolazioni non albanesi. La

struttura feudale-militare veniva smantellata, le truppe presidiavano

il territorio per reprimere le rivolte, l’agricoltura decade a vantaggio

di una diffusione sempre più vasta della pastorizia, mentre

rimaneva, salda ed immodificabile, la tradizione che legava e

vincolava i singoli al clan e alla famiglia.

Più tardi, con il Congresso di Berlino le grandi potenze

prendevano atto dell’inarrestabile processo che stava cambiando la

geografia politica della penisola balcanica. Fra le regioni balcaniche

che rimanevano sotto la sovranità ottomana, la più occidentale era

l’Albania. Si trattava di un paese che aveva una grande rilevanza

strategica e che era essenziale per il controllo dell’intera penisola. La

questione albanese era destinata a diventare, oltre che un elemento

della controversa situazione balcanica, anche un successivo fattore di

antagonismo tra l’Austria e l’Italia per il controllo dell’Adriatico. Il

Congresso di Berlino segnò, comunque, anche per l’Albania l’avvio

di un nuovo destino che la condusse all’indipendenza.

46

È veramente difficile ricostruire il quadro complessivo della

situazione economica albanese nell’ultimo periodo della

dominazione ottomana e alla vigilia dell’indipendenza. L’economia e

l’esercizio erano strettamente collegati, soprattutto nelle zone di

montagna il potere era nelle mani dei capi tribù e dei capi clan verso

i quali il Governo del sultano praticava la politica del divide et impera,

concedendo privilegi e mantenendo in vigore le norme del diritto

consuetudinario. Comunque, rilevo che l’Albania dopo quasi cinque

secoli di dominio turco, che ebbe inizio nel 1479 e che terminò nel

1912 con la dichiarazione dell’indipendenza, usciva con una

situazione economica molto precaria.

1.3 Dichiarazione d’indipendenza e l’arrivo del principe Guglielmo di Wied

I Balcani erano uno scenario di controversie conflittuali tra le

aspirazioni espansionistiche russe, austriache e turche. Per questo

motivo Austria e Russia stilarono un accordo che prevedeva la

creazione di uno “Stato cuscinetto” indipendente: il principato

d’Albania.

47

Del resto l’impero ottomano era in declino, e comunque

incapace di osteggiare un’eventuale offensiva austro-russa,

soprattutto perché, proprio a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, tutte le

Grandi potenze europee si erano mobilitate in difesa dell’Albania e

contro di loro.

Infatti, Germania, Austria, Francia, Gran Bretagna, Italia e

Russia erano fortemente preoccupate che un’eventuale occupazione

straniera dell’Albania poteva cambiare a loro sfavore gli equilibri in

Adriatico e, pertanto, si erano coalizzate contro gli ottomani.

Addirittura, lo Stato interessato più da vicino era quello italiano, che

pertanto attuò una politica d’intervento molto tesa per difendere

l’integrità territoriale albanese, perché una possibile spartizione

dell’Albania poteva rendere la penisola vulnerabile dagli attacchi

provenienti dalla sponda orientale.

A ben vedere, la politica italiana dell’epoca era anche

espansionistica e questo alla memoria storica pare oggi essere stato

un buon pretesto per l’Italia. Vi erano, infatti, in gioco molti interessi

dei vari gruppi imprenditoriali italiani, desiderosi di una maggiore

penetrazione economica nell’altra sponda adriatica. Non a caso nello

stesso periodo l’Albania vide fiorire l’istituzione di scuole italiane

finanziate dal Regno d’Italia, che contribuì anche alla diffusione della

lingua italiana, che già costituiva una sorta di lingua franca in tutto il

litorale balcanico, favorendo l’agognata penetrazione commerciale.

48

Attraverso tutte queste vicissitudini, comunque si andò

formando una sempre più forte identità nazionale albanese.

Il motivo principale per costituire uno Stato albanese libero fu

la causa delle truppe serbe, bulgare, ecc., che potevano occupare un

territorio molto strategico come quello albanese.

Sia i prìncipi e sia i vari leaders albanesi sapevano che era ormai

arrivata l’ora dell’indipendenza dall’Impero ottomano35 e per questo

motivo organizzarono una riunione plenaria nel 1911 in Montenegro,

adottando un memorandum in dodici punti, con il quale chiesero a

Istanbul di riconoscere al proprio popolo la nazionalità,

l’autogoverno e l’insegnamento della lingua e della cultura albanese

nelle scuole.

Il forte sentimento d’identità nazionale albanese36 fu favorito

anche dall’aiuto e dall’esperienza degli albanesi della diaspora, in

particolare modo quelli delle comunità albanesi in Italia, che

parteciparono a pieno titolo e con particolare dedizione al

Risorgimento italiano e alla costituzione del nuovo Stato unitario.

35 Nello stesso anno, l’Impero ottomano subisce un altro duro colpo proprio per merito dell’Italia. Infatti, a seguito della campagna italiana di Libia, tra i due paesi scoppia una guerra in Tripolitania, dalla quale i turchi escono sconfitti e ulteriormente ridimensionati nel territorio e nel prestigio. 36 Così, ad es., Omari L. e Luarasi A., op. cit., pp. 359-362.

49

Dal punto di vista storico, comunque, l’evento decisivo che

portò alla nascita del primo Stato albanese fu la prima guerra

balcanica37, che provocò poi la prima radicale sconfitta dell’Impero

ottomano.

La nascita del principato d’Albania, era fortemente voluta sia

dall’Austria che dall’Italia per togliere al neonato Stato indipendente

di Serbia qualunque possibilità di sbocco sul mare e per evitare che la

Grecia controllasse il Canale di Otranto. Dunque, il 28 novembre

1912 il Congresso Nazionale Albanese si riuniva a Valona per

proclamare l’indipendenza, eleggendo Ismail Qemali Capo dello

Stato.

Veniva deliberata la costituzione di un Governo Provvisorio

d`Albania, alla cui guida era chiamato lo stesso Qemali. Il Governo

Provvisorio (benché operante in condizioni di estrema difficoltà,

praticamente in stato d`assedio e con giurisdizione effettiva solo su

una minima parte del territorio nazionale) adottava un programma

assai ambizioso: al primo posto era ovviamente la difesa

dell`indipendenza nazionale (sottolineata dal ripristino dell`antica

bandiera di Scanderbeg, con l`aquila bicipite nera in campo rosso) e

subito dopo venivano la modernizzazione della società albanese, la

creazione di uno Stato di tipo europeo-occidentale, il superamento

dei particolarismi religiosi, la riforma agraria, ecc.

37 La guerra balcanica fu appoggiata anche dalla coalizione tra Serbia, Grecia, Bulgaria e Montenegro, già proclamate indipendenti.

50

Gli albanesi celebravano così la fine di quasi cinque secoli di

dominazione turca (1479-1912), ed eleggevano il loro primo

Presidente provvisorio: Ismail Qemali. Inoltre, egli fu il primo capo

del Governo albanese e svolgeva nello stesso tempo anche il ruolo

del Presidente.

Le prime basi per l`organizzazione dello Stato albanese e gli

atti legislativi erano determinati dal Governo Provvisorio. Anche se

formato e riunito in circostanze difficili, il Governo Provvisorio38, che

includeva le delegazioni di tutte le regioni d’Albania, rappresentava

effettivamente la volontà della nazione, diventando l`organo

supremo dello Stato. Per questo motivo le sue decisioni avevano

valore di norme costituzionali che sanzionavano la volontà del

popolo albanese per la creazione di uno Stato indipendente.

L`Assemblea iniziò i lavori il 28 novembre, i quali

proseguirono fino il giorno 7 dicembre del 1912. Durante questo

periodo l`Assemblea eleggeva il Governo, il Consiglio degli anziani e

stabiliva la Commissione che doveva difendere i diritti della nazione

albanese nell`area internazionale39.

38 Per un approfondimento, v. Rallo M, L’epoca delle rivoluzioni nazionali in Europa (1919-1945). Albania e Kosovo, vol. IV, Edizioni Settimo Sigillo, Roma 2002, pp. 12-13. 39 Per un quadro generale, v. soprattutto Anastasi A., E drejta kushtetuese (Diritto costituzionale), Shtëpia Botuese Pegi, Tiranë 2003, p. 38.

51

Sin dalla prima riunione l`Assemblea si occupò per verificare i

mandati dei delegati (deputati). Bisogna rendere evidente, per

quanto riguarda la votazione per l`approvazione delle decisioni, che

ogni kaza (prefettura — secondo la terminologia dell`epoca) aveva un

voto, indipendentemente dal numero dei delegati. In realtà, questo

metodo nella seconda riunione, il giorno 30 novembre, non è stato

rispettato, perché, anche con la critica di Luigj Gurakuqi, la votazione

per stabilire il numero del Consiglio degli anziani è stata portata a

termine in base ai delegati e non secondo i kaza.

Dopo la verifica dei mandati Ismail Qemali, che fu eletto

Presidente dell`Assemblea, annunciava che l`Albania si dichiarava

Stato indipendente con un Governo Provvisorio. L`Assemblea subito

dopo, siccome la carica di capo del Governo era incompatibile con

quella di Presidente dell`Assemblea, elesse suo Presidente Vehbi

Dibra e vicepresidente Lef Nosi.

Per quanto riguarda i ministri, l`Assemblea non seguì il solito

metodo parlamentare, secondo il quale il capo del Governo doveva

presentare in Assemblea la lista contenente i ministri e il programma,

per chiedere la fiducia. Con la richiesta del capo del Governo fu

deciso che i ministri dovevano essere eletti direttamente

dall`Assemblea.

52

Un`importanza particolare aveva il Consiglio degli anziani40 che,

composto da 18 membri, veniva eletto dall`Assemblea. Le sue

competenze non vennero determinate dall`Assemblea, anche se

quest`ultima aveva affermato che il Consiglio degli anziani non

aveva il ruolo del Senato (nel senso di una seconda Camera del

Parlamento), ma doveva essere considerato come un organo di

consultazione e di controllo nei confronti del Governo.

L`operato dell`Assemblea si limitò con la dichiarazione

dell`indipendenza, l`elezione del Governo e del Consiglio degli

anziani. Essa non prese in esame la forma di governo del nuovo Stato

d’Albania. Era il Governo Provvisorio che in una sua delibera,

approvando il programma della Commissione che doveva affermare

le richieste del popolo albanese di fronte alle grandi potenze, decise

che una delle richieste era di stabilire in Albania una monarchia

costituzionale, con un re proveniente dai paesi europei.

Lo Stato indipendente d’Albania, indipendentemente dal fatto

che non fu stabilita una forma di governo formale, era in parte creato

secondo il sistema parlamentare. Il ruolo parlamentare veniva svolto

dall`Assemblea 41 , la quale, anche dopo la fine dei suoi lavori,

riservava le prerogative dell`organo più alto dello Stato. In realtà,

date le difficili circostanze, l`Assemblea non aveva la possibilità di

40 Ibidem. 41 Per un esame dei primi organi rappresentativi dello Stato albanese, cfr. Omari L., Sistemi parlamentar (Il sistema parlamentare), botimi III, Shtëpia Botuese Elena Gjika, Tiranë 2004, pp. 153-160.

53

riunirsi e il Governo Provvisorio, in base ai poteri delegati da essa,

concentrava nelle proprie mani tutto il potere, esercitando sia le

attività amministrative e sia quelle legislative.

Lo stesso anno si era creata a Londra la Conferenza degli

Ambasciatori42 con il compito di esaminare il problema albanese nei

suoi tratti principali: l’organizzazione statale e la delimitazione delle

frontiere.

Nel 1913, la Conferenza degli Ambasciatori riconobbe di

conseguenza la costituzione dello Stato indipendente d’Albania.

In realtà, l’Albania rinunciò a una gran parte del suo territorio43:

a Nord, il Kosovo e la Macedonia sud-occidentale; a Sud, l’Epiro

meridionale che aveva una forte presenza ellenica, anche se

compensato dall’Epiro settentrionale.

La Conferenza degli Ambasciatori aveva, inoltre, previsto la

presenza di una Commissione Internazionale “osservatrice”, che 42 Quest`ultima sostenuta dal ministro britannico sir Edward Grey il quale si proponeva, soprattutto, di creare una situazione tale per cui le potenze agissero a stretto contatto e secondo modalità concordate, piuttosto che per iniziative singole ed estremamente pericolose per l`intero equilibrio europeo. Solo il 17 gennaio del 1913, gli ambasciatori di Francia, Russia, Germania, Austria-Ungheria ed Italia rimettevano al Ministro degli esteri del sultano una nota nella quale ribadivano l`impegno collettivo per la pace e avvertirono che il prolungamento della guerra avrebbe compromesso definitivamente la sorte dell`Impero con la prevedibile estensione del conflitto alle province asiatiche. Contestualmente la nota impegnava i governi a collaborare con il sultano “per riparare i mali della guerra, per consolidare la sua situazione e mettere in valore i vasti territori asiatici, la cui prosperità costituirà la sua forza effettiva”. 43 Tutto ciò a seguito del trattato di pace cui il sultano affidò alle grandi potenze — Germania, Austria, Francia, Inghilterra, Italia e Russia — il futuro dell`Albania riconosciuta come uno Stato indipendente di cui occorreva tracciare i confini territoriali.

54

doveva essere composta di sette membri in carica per cinque anni.

Uno in rappresentanza per ciascuna delle sei potenze garanti e il

settimo doveva essere albanese, i quali potevano essere rieletti alla

fine del mandato.

La Commissione aveva il compito di:

• elaborare lo Statuto dell’Albania44,

• eliminare il potere delle autorità locali,

• creare un Governo stabile, e

• controllare le truppe presenti nel territorio che avevano il

compito di mantenere l’ordine.

Era la prima azione ufficiale, peraltro ben poco gradita dal

popolo albanese che si sentiva di nuovo dominato. Certamente, non

più dagli ottomani, ma dalla stessa Commissione. Loro percepivano

che si trattava di destituire proprio Qemali45.

La Commissione, infatti, aveva fin da subito ritenuto illegittimo

il Governo di Valona.

44 Amedeo Giannini, diplomatico e studioso italiano, nel suo volume La questione albanese (Roma 1925), sottolinea come il testo del Trattato di Londra non prevedeva in realtà l`indipendenza dell`Albania. La Turchia, in base all`art. 3, cedeva il territorio europeo “ad eccezione dell`Albania”. Comunque, la questione non fu posta in questi termini e la Conferenze degli ambasciatori iniziò a lavorare intorno allo Statuto per il nuovo Stato. 45 Qemali fu “invitato” ad uscire dall’Albania. L`uomo politico albanese veniva di fatto privato di ogni potere, soprattutto perché nel frattempo aveva assunto posizioni sempre più vicine alle scelte politiche del Governo imperiale ottomano. Qemali si pose in netto contrasto con le norme stabilite dalle grandi potenze. Catturato e processato, fu costretto alle dimissioni e all`esilio. Si rifugiò in Italia ed i suoi poteri passarono interamente ai membri della Commissione Internazionale.

55

A ben vedere, tra l’altro, il Governo di Qemali non aveva un

controllo totale di tutto il territorio. Egli controllava solo la parte sud

del paese, perché quella centrale era nelle mani di Esad Toptani.

In questo modo, la Commissione pose sotto la propria tutela la

città di Valona ed il suo Governo, cioè sotto il controllo diretto delle

sei grandi potenze. La neutralità del nuovo Stato era essenziale per

queste ultime, che così facendo escludevano di comune accordo ogni

influenza dell’Impero ottomano.

Inoltre, alla Commissione Internazionale gli fu affidato il

controllo dell`amministrazione civile e delle finanze. La

Commissione venne anche incaricata di elaborare un progetto per

l`organizzazione dell`amministrazione pubblica e di controllare, in

attesa della nomina del principe, il comportamento delle autorità

nazionali, mentre la gendarmeria fu affidata al comando di ufficiali

svedesi.

Il 28 novembre 1913, proprio in occasione del primo

anniversario della dichiarazione d’indipendenza da parte del

Congresso Nazionale Albanese, le Grandi Potenze46 designarono come

principe d’Albania Guglielmo di Wied47, di religione protestante.

46 La soluzione più idonea per contrastare queste forze centrifughe si pensò essere esclusivamente quella di accelerare i tempi di realizzazione del nuovo assetto politico-istituzionale. La scelta del principe assunse un carattere di urgenza e di priorità nel difficile processo di costituzione e di unificazione dello Stato. Il principe Guglielmo di Wied, il principe

56

La religione del principe, inoltre, era veramente importante,

perché era un elemento d’imparzialità e di equilibrio, giacché

l’Albania era popolata da musulmani, ortodossi e cattolici.

La questione della religione è stata un punto fondamentale

anche nello Statuto: i giuristi della Commissione sono stati attenti a

garantire un forte impianto istituzionale nel rispetto della particolare

situazione albanese. Infatti, essi non predeterminarono una religione

di Stato per attenuare le forti tensioni sociali e le divisioni tra i

musulmani, gli ortodossi e i cattolici. Proprio su questa base, lo

Statuto non modificò poi in alcun modo gli equilibri religiosi

esistenti.

Rolando Bonaparte e, secondo alcuni nazionalisti albanesi, Faud d`Egitto, particolarmente vicino alle posizioni italiane, erano i possibili candidati. Con queste premesse internazionali, i compiti della Commissione, che avrebbe dovuto gestire il processo di unificazione, sembrarono essere irrealizzabili dovendo, oltretutto, operare in una realtà politica, quella dell`Albania, lacerata e confusa tra: i poteri attribuiti al Governo Provvisorio di Valona, di quelli esercitati da Essad pascià a Durazzo, dal ruolo del Governo militare di Scutari e di quello personale di Bib Doda in Mirditë. 47 Appartenente a una famiglia protestante della Prussia renana, sbarcò a Durazzo nel marzo del 1914. Nella lingua albanese, Guglielmo fu chiamato col titolo di mbret (re), poiché il quello di principe — princ, pring o prenk secondo diversi dialetti albanesi — era già detenuto da molti nobili locali. Inoltre, si riteneva che il sovrano d`Albania non dovesse avere un titolo inferiore a quello dei sovrani del Montenegro. Però, la presenza di un principe straniero al vertice dello Stato albanese aveva lo scopo, tra gli altri, di consentire un costante controllo della politica interna del nuovo Stato da parte delle grandi potenze e, al contempo, di garantire la stabilità in un’area politicamente difficile e attraversata da interessi diversi e contrastanti. Al principe tedesco non si prospettava una situazione tranquilla per impostare una qualsiasi azione di Governo, perché i sostenitori di Qemali erano in grado di creare disordini e i ricchi latifondisti erano contrari a qualunque trasformazione che metteva in discussione privilegi e potere a sostegno di Esad Totani, ex ministro dell`interno nel Governo Qemali. Cfr. Rallo M., op. cit., p. 15 ss.

57

Il 10 aprile 1914, a Valona, la Commissione Internazionale

approvava definitivamente lo Statuto dell’Albania 48 — il primo

fondamentale passo per realizzare, attraverso la certezza del diritto,

l’aggregazione di un corpo sociale poco omogeneo e con contrasti

rilevanti — che constava di 216 articoli, così divisi:

l`Albania e il suo territorio (artt. 1-6), il sovrano (artt. 7-21), popolazione

(artt. 22-39), legislazione (artt. 40-71), organi del Governo (artt. 72-140),

finanza (artt. 141-143), lavori pubblici (artt. 144-148), forze armate (artt.

149-158), giustizia (artt. 159-169), culto (artt. 170-177), istruzione

pubblica (artt. 178-182), proprietà fondiaria (artt. 183-194), agricoltura,

commercio industria (artt. 195-208), poste, telegrafi e telefoni (artt. 209-

210), relazioni estere (artt. 211-212), contenzioso amministrativo (artt.

213-216).

Lo Statuto costituiva la legge fondamentale del nuovo

principato, ricalcando modelli già esistenti. Esso attribuiva al

sovrano: la facoltà di sciogliere, con decisione autonoma,

l`Assemblea nazionale; di mobilitare le forze armate che erano

composte dalla milizia e dalla gendarmeria, ecc.

L`Assemblea nazionale, quale supremo organo legislativo e con

vaste competenze in materia finanziaria, era composta di membri di

diritto — esponenti religiosi, in rappresentanza delle tre confessioni

48 V., Dervishi K., Historia e shtetit Shqiptar 1912-2005 (La storia dello Stato albanese 1912-2005), Shtëpia Botuese “55”, Tiranë 2006, pp. 25-29.

58

esistenti e l`alto commissario della Banca Nazionale Albanese —,

membri eletti in maniera indiretta — in numero di tre per ogni

sangiaccato — e membri nominati direttamente dal principe.

A una classe ancora feudale, ricca e in grado di essere

politicamente rilevante, si contrapponeva la massa dei contadini

legati alla terra, ridotti alla povertà dallo stato permanente di guerra

e facilmente influenzabili dalla propaganda estremista sia politica

che religiosa.

Di conseguenza, Wied si appoggiò ai latifondisti, nei quali

cercò un sostegno, essendo essi la componente più conservatrice

della società. Però, contemporaneamente si fece anche affiancare da

un gabinetto composto di soli diplomatici europei che non

riconoscevano assolutamente nulla degli affari albanesi e che,

principalmente, erano distaccati dalle intenzioni dello stesso popolo,

il che gli procurò non poche inimicizie con la moltitudine albanese.

Comunque, il Governo di Wied49 durò solo sei mesi ed era,

peraltro, costantemente sotto l’egida della Commissione

Internazionale di Controllo.

Il periodo compreso tra la primavera del 1914 e l’autunno del

1915 si riferiva alla prima Monarchia albanese, la quale durò fino allo

49 Per una discussione v., per es., Ivi, pp. 41-44.

59

scoppio della prima guerra mondiale. Durante questa guerra

l’Albania venne ripetutamente invasa da ogni genere di truppe e la

situazione provocò gravissime controversie internazionali che

costrinsero il principe Wied all’esilio.

1.4 Il congresso di Lushnja

Alla fine della prima guerra mondiale l’Albania era distrutta e

devastata 50 . Come conseguenza di ciò, la Conferenza degli

Ambasciatori affidò l’Albania all’Italia51, attribuendo al contempo ad

essa il ruolo particolare di potenza protettrice.

Nel frattempo Wied aveva lasciato il paese senza abdicare, fatto

questo che comportava che costituzionalmente l’Albania fosse ancora

un Principato.

50 Sull’argomento cfr. Aliberti G. e Malgeri F., Due secoli al duemila. Transizione, mutamento e sviluppo nell’Europa contemporanea (1815-1998), Casa Editrice Ambrosiana, Milano 1999, pp. 348-363. 51 Il 2 agosto 1920 il Governo italiano siglò con il Governo Delvina un accordo che lo impegnava a tutelare l’indipendenza dell’Albania e a ritirare le truppe dal territorio, compreso quello di Valona. A difesa degli interessi strategici italiani rimaneva il possesso dell’isola di Saseno. Si veda, ad es., Duroselle J. B., Storia diplomatica dal 1919 ai nostri giorni, Casa Editrice Ambrosiana, Milano 1998, pp. 45-46.

60

Si riapriva dunque ancora una volta la “questione albanese”

riguardo alla vera e propria creazione dello Stato albanese, appunto

perché devastato da tutti gli invasori possibili durante la guerra.

Il Congresso di Lushnja il giorno 21 gennaio del 1920 pose fine

al Governo provvisorio di Durazzo e diede inizio ad un nuovo

Governo albanese. L’Assemblea nazionale emanò un nuovo statuto “Lo

Statuto di Lushnja” — che differenziava dal primo Statuto

dell’Albania, perché esso veniva approvato dalla Commissione

Internazionale —, nominava un Alto Consiglio di Reggenza —

composto da quattro membri —, un esecutivo di sei membri, di cui

Sulejman bey Delvina52 in qualità di primo ministro — Mehmet bey

Konika Ministro degli Esteri e Ahmet bey Mati Zogu53 Ministro degli

Interni (da marzo a novembre 1920) — e, infine, istituiva un Consiglio

Nazionale (Senato).

A conclusione della sua sessione costituente, l’Assemblea

nazionale emanava un documento che rivendicava per l’Albania “una

completa indipendenza nelle sue frontiere etniche e naturali” — la

cui esistenza era stata riconosciuta dalla Conferenza degli

52 Appena insediato, il Governo dava subito un segnale, fissando la nuova capitale a Tirana, declassando Durazzo. Si ricorda che con l’arrivo del principe Wied la capitale era spostata a Durazzo. 53 Durante la prima guerra mondiale, Zog aveva appoggiato la causa dell'Austria-Ungheria, uscendo dalla tradizione albanese che tendeva ad allinearsi all'Europa dell'Est o ai turchi ottomani. Tuttavia l'attivismo di Zog nell'instabile Albania di quegli anni insospettì gli austriaci, che lo nominarono colonnello di una piccola divisione e nel 1917 lo inviarono a Vienna. Qui Zog fu anche arrestato e rimase fino al 1918, poi si trasferì a Roma, prima di far ritorno in Albania nell’anno successivo.

61

Ambasciatori nella forma di monarchia — e respingeva “ogni

mandato o protettorato straniero”. Veniva così proclamata la volontà

di combattere per salvaguardare l’integrità e l’indipendenza

nazionale.

L’Alto Consiglio di Reggenza era composto di quattro membri

che rappresentavano il Capo dello Stato albanese, fino a quando

quest’ultimo e la forma di governo non erano decise definitivamente.

Comunque esso, per quanto riguarda l’approvazione delle leggi, non

aveva il diritto di veto54 per impedire l’entrata in vigore delle leggi,

cioè promulgava tutte le leggi approvate dal Consiglio Nazionale.

I membri del Governo 55 , che venivano nominati dall’Alto

Consiglio di Reggenza, dovevano ottenere, entro tre giorni dalla

nomina, il voto di fiducia dinanzi al Consiglio Nazionale. Il Governo si

doveva dimettere in caso di voto contrario.

54 Per un approfondimento di questo tema v., per es., Caretti P. e De Siervo U., Istituzioni di diritto pubblico, Giappichelli G. Editore, Torino 2002, p. 209. 55 Il nuovo Governo dichiarava la propria volontà di estendere la sovranità a tutto il paese, chiedendo l’allontanamento delle truppe d’occupazione e rifiutava ogni forma di protettorato. L’Albania tra l’altro si faceva forte dell’avvio delle attività della Società delle Nazioni (d’ora in poi SN). Infatti, nell’ottobre 1920 veniva presentata la domanda di ammissione, ciò significava il pieno riconoscimento dello Stato albanese come sovrano ed indipendente. La richiesta veniva accettata dall’Assemblea Generale e, dunque, l’iter del riconoscimento internazionale sembrava facilmente avviato. Però, in realtà, a quest’atto non corrispondeva quello dei singoli Stati, che non instauravano rapporti diplomatici con l’Albania. Dietro il mancato riconoscimento vi era l’atteggiamento di quegli Stati che non consideravano chiusa la questione albanese, nella quale si stava instaurando, accanto alle storiche controversie sul territorio, un elemento di carattere economico determinato da alcuni sondaggi geologici positivi che confermavano la presenza di giacimenti petroliferi. La mancata annessione alla SN obbligava, nel novembre del 1920, Delvina a dare le dimissione. Contemporaneamente il Ministro degli Interni, Zogu, anch’esso dimissionario insieme al Governo Delvina, era diventato governatore di Scutari. Carica questa che egli mantenne dal 1920 al 1921.

62

Le sue caratteristiche erano:

- la collegialità, perché non essendovi un Presidente le decisioni

venivano prese collegialmente; e

- l’irrevocabilità da parte del Consiglio Nazionale (artt. 53-58).

Il Consiglio Nazionale (Senato) costituiva il Parlamento

monocamerale. Era composto di trentasette membri eletti

dall’Assemblea nazionale con mandato di quattro anni (artt. 59-60). I

requisiti per presentare la candidatura erano:

- avere la cittadinanza albanese;

- il godimento dei diritti civili e politici e le altre qualità richieste

dalla legge.

Lo Statuto disciplinava inoltre lo status dei deputati, cioè le

guarentigie che si accompagnavano con lo svolgimento delle

funzioni parlamentari.

“Lo Statuto di Lushnja” — a differenza delle costituzioni degli

altri paesi di quell’epoca — garantiva la totale indipendenza del

Consiglio Nazionale nei rapporti con l’Alto Consiglio di Reggenza e

attribuiva, sempre al Consiglio Nazionale, la funzione di controllo

63

sull’attività del Governo, attraverso la quale il Consiglio poteva

accusare i membri dell’esecutivo ponendoli dinanzi alla Corte.

Il Consiglio Nazionale (Senato) iniziò la sua attività il 27 marzo

1920 con un obiettivo ben definito, quello di approvare le leggi. Ma

siccome l’iter per approvare nuove leggi richiedeva un certo tempo,

venivano applicate le “vecchie norme”, cioè quelle ereditate dal

dominio turco. A parte questo, il Consiglio Nazionale — durante il

breve periodo della sua esistenza, dal 27 marzo al 24 novembre 1920

— approvò il suo regolamento “interna corporis” 56 . Quest’ultimo,

diviso in tredici parti, era composto di 72 articoli che disciplinavano

dettagliatamente l’organizzazione interna dello stesso Consiglio

Nazionale, anche perché “Lo Statuto di Lushnja” lo trattava in

maniera generale.

Nonostante il regolamento si dedicasse all’organizzazione

interna, esso oltrepassava questi limiti perché l’art. 45 stabiliva un

principio con carattere costituzionale, affermando che “il Consiglio

Nazionale, con una maggioranza di due terzi dei suoi componenti, poteva

modificare Lo Statuto di Lushnja”, che avvenne alla fine del 1922.

Lo “Statuto Allargato di Lushnja”, con il suo carattere

costituzionale, consacrava la forma di governo parlamentare e

garantiva la separazione dei poteri.

56 Per un approfondimento, v. Mazzoni Honorati M. L., Diritto parlamentare, Giappichelli G. Editore, Torino 2001, p. 47.

64

Si è parlato a tal proposito del cosiddetto “Statuto Allargato di

Lushnja”, il quale non era altro che la consacrazione del regime

parlamentare e la proclamazione, per la prima volta nella storia del

paese, dei diritti fondamentali dei cittadini.

Le prime elezioni furono quelle dell’aprile 1921 57 , dove si

evidenziavano i due partiti più importanti:

• il Partito Progressista (conservatori) con a capo Zogu 58 , cui

facevano parte i proprietari terrieri; e

• il Partito Popolare (liberali) con a capo Noli.

Zogu divenne Primo ministro il 24 dicembre 1922. Il Governo

di Zogu seguì i modelli europei59, sebbene gran parte dell'Albania

manteneva ancora una struttura sociale immutata dai tempi del

dominio ottomano e la maggior parte dei villaggi erano servitù dei

bey. Ebbene, a causa di un colpo di Stato guidato da Noli, il 16

giugno del 1924, fu costretto all’esilio. Noli instaurò un Governo

rivoluzionario, restando in carica fino al dicembre del 1924, quando

Zogu, grazie all’aiuto della Jugoslavia, fece ritorno in Albania.

57 La politica tuttavia riguardava esclusivamente la parte nobile della società, dato che gli strati sociali della popolazione più bassi non partecipavano ancora al processo di aggregazione. Infatti, i contadini e i pastori rimanevano ancora ancorati alle forme tradizionali della vita politica e sociale. 58 Il partito di Zogu era particolarmente attivo, tant’è che Zogu stesso tentò ben due colpi di Stato, entrambi falliti. 59 Nonostante fosse musulmano, egli introdusse riforme che proibirono i veli.

65

Zogu dava vita ad un regime autoritario. Egli fu eletto

ufficialmente Presidente della neonata Repubblica albanese

dall'Assemblea Costituente — che il 21 gennaio 1925 proclamava la

Repubblica d’Albania60, approvando lo Statuto Fondamentale —. Egli

entrò nella pienezza dei suoi poteri il successivo primo febbraio61.

L’organizzazione dello Stato, per ciò che attiene alle istituzioni,

nella Repubblica d’Albania degli anni 1925-‘28 era costituita dal:

a) Parlamento, che era composto dalla Camera dei Deputati (57

membri) e dal Senato (18 membri). Inoltre, il Parlamento si

riuniva in seduta comune, denominato Assemblea legislativa, per

eleggere il Capo dello Stato.

b) Presidente della Repubblica, il quale:

- era il comandante delle forze armate;

- dichiarava la guerra, dopo aver ottenuto il consenso delle

camere;

- ratificava i trattati (con un controllo preventivo da parte delle

camere) e accreditava i rappresentanti diplomatici;

- poteva sciogliere la Camera dei Deputati;

- promulgava le leggi, ma aveva anche il diritto di veto;

60 In argomento v. Rallo M., op. cit., pp. 43 ss. 61 Il principale alleato di Zogu durante questo periodo era l’Italia, che prestò al suo Governo fondi in cambio di un maggior coinvolgimento nella gestione della fiscalità albanese.

66

- nominava e revocava i ministri;

- nominava e revocava i giudici e i procuratori.

L’art. 8 dello Statuto Fondamentale della Repubblica d’Albania

stabiliva che il potere esecutivo apparteneva solo al Capo della

Repubblica, che lo esercitava attraverso i ministri. Cioè il potere

esecutivo era concentrato nelle mani di Zog, il quale era nello stesso

tempo Primo Ministro.

c) i ministri — dopo dieci giorni dalla nomina — dovevano

presentarsi alla Camera per ottenere la fiducia. Essi avevano il

diritto di essere sentiti, in ogni udienza alla Camera e al Senato,

ogniqualvolta chiedevano la parola, però, potevano votare solo

quelli che erano deputati o senatori.

Durante la presidenza di Zog, la servitù fu gradualmente

eliminata e l'Albania iniziò a emergere, per la prima volta dopo la

morte di Scanderbeg, come una nazione, piuttosto che come un

aggregato feudale di bey locali.

Il primo settembre del 1928, il Presidente Zogu si autoproclamò

re degli albanesi (mbret i shqiptarëve) col nome di Zog I e cercò di

instaurare una monarchia costituzionale.

67

Il regno di Zog fu molto legato all'Italia di Mussolini, fino a

quando il 7 aprile 1939 il Duce occupò militarmente l'Albania e

costrinse Zog alla fuga.

1.5 Lo Statuto del Regno d’Albania

L’Assemblea Costituente sciolse il Parlamento il 12 giugno del

1928 e restaurò la Monarchia di Zog I, che assunse la carica di re

degli albanesi. Dieci giorni più tardi si preparava lo Statuto, il quale

fu emanato il primo di dicembre.

Lo Statuto del Regno d’Albania (Statuti i Mbretërisë Shqiptare)62

aveva un preambolo che non aveva valore di legge. Il testo affermava

che: “La nazione albanese libera e orgogliosa, con tante speranze di felicità

per il futuro, con il gran desiderio e l’immensa vivacità per l’eterno

rafforzamento dell’unione nazionale e per la sicurezza dello sviluppo

pacifico della patria e del bene comune del popolo, rispettando inoltre le

tradizioni storiche della nazione, le quali senza dubbio assicurano alla

62 Secondo la costituzione reale, il sovrano albanese, così come il re dei belgi, doveva giurare fedeltà di fronte al Parlamento prima di assumere il potere e la dignità regia. Il testo del giuramento — contenuto nell’art. 56, Capitolo II del Titolo II — recitava così: “Io, Zog, re degli albanesi, nell’ascendere al Trono del Regno d’Albania e nell’assumere i poteri regi, giuro alla presenza di Dio Onnipotente che manterrò l’unità della Nazione, l’indipendenza dello Stato e la sua integrità territoriale e preserverò e mi conformerò allo Statuto e alle leggi in vigore, tenendo sempre presente il bene del popolo. Che Dio mi aiuti”.

68

futura generazione un proseguimento meritevole, nella seconda riunione

costituzionale dell’1 dicembre 1928 decide e delibera questo Statuto“.

Lo Statuto del Regno d’Albania era strutturato in dieci titoli, di

cui: il Titolo I Disposizioni generali, il Titoli II I Poteri Statali, il Titolo III

Le finanze dello Stato, il Titolo IV Il Consiglio di Stato, il Titolo V Le forze

della difesa nazionale, il Titolo VI I diritti dei cittadini, il Titolo VII

Disposizioni diverse, il Titolo VIII La revisione dello Statuto, il Titolo IX

Disposizioni transitorie, ed il Titolo X Disposizioni finali, suddivisi poi

in capitoli e articoli.

L’art. 1 affermava che: “L’Albania è regno democratico,

parlamentare ed ereditario 63”, la quale fu proclamata indipendente.

Ancora una volta si cercava di rendere noto a tutti che si trattare di

uno Stato indivisibile, la cui integrità territoriale doveva considerarsi

inviolabile dopo secoli di dominio invasivo (art. 2).

Il principio fondamentale acclamato dallo Statuto era quello

democratico, giacché tutti i poteri statali promanavano dal popolo e

dovevano essere esercitati secondo i princìpi e le regole indicate nello

Statuto (art. 7). Poi nacque il Codice penale nel 1928, il Codice civile

l’anno seguente64 e, tre anni più tardi, il Codice commerciale65.

63 L’art. 51 recitava così: “L’eredita al Trono del Regno spetta al figlio maggiore del re, e l’eredita continua generazione dopo generazione in linea diretta, maschio dopo maschio”. Invece, gli artt. 52 e 53, sempre per quanto riguarda l’eredita, disciplinavano i casi estremi. 64 Il Codice Civile entrò in vigore il 1° aprile 1929 ed era diviso in quattro libri: Libro primo “Le persone e la famiglia”, Libro secondo “L’eredità”, Libro terzo “La proprietà” e Libro quattro “Il trasferimento della proprietà e i diritti sugli oggetti”.

69

Il modello di questo Statuto era misto anche se essenzialmente

impostato su quello delle monarchie costituzionali.

1.5.1 IL POTERE LEGISLATIVO

Il potere legislativo (artt. 15-49) era contenuto nel capitolo I del

Titolo II.

Lo Statuto stabiliva che il Parlamento si componeva dalla

Camera dei Deputati, che era eletta dal popolo (art. 15) e che durava

in carica per quattro anni (art. 17). Ogni deputato veniva eletto da

una circoscrizione elettorale con più di 15.000 abitanti o da una

frazione superiore a 7.500 abitanti (art. 16), il quale però

rappresentava tutta la nazione e non solo la circoscrizione che lo

aveva eletto (art. 18).

Nell’art. 20 venivano elencati i requisiti, in base ai quali si

richiedeva:

a) di essere cittadino albanese;

65 Nello stesso anno (1932) veniva approvata la legge “Sull’applicazione del Codice Commerciale” per dare attuazione al codice stesso.

70

b) di aver compiuto 30 anni di età; e

c) di godere i diritti civili e politici.

I deputati prima del mandato prestavano un giuramento di

fedeltà, il cui testo recitava: “Giuro solennemente, in nome di Dio, che,

come deputato d’Albania sarò fedele allo Statuto, lavorerò con onore e con la

consapevolezza per il bene della Patria” (art. 30). All’inizio di ogni

legislatura il Parlamento eleggeva il suo Presidente, vicepresidente e

i membri dell’ufficio di presidenza, secondo le disposizioni del

proprio regolamento (art. 32).

Nessun deputato era responsabile durante il mandato per le

opinioni e i voti espressi in Parlamento (art. 24). Inoltre, essi non

potevano essere arrestati senza il consenso dell’Assemblea, salvo i

casi di flagranza di reato. In questo caso, l’autorità giudiziaria era

obbligata a informare il Parlamento, per quanto accaduto, entro 24

ore tramite il Ministero della Giustizia (art. 26).

In base all’art. 31, i membri che si assentavano per più di due

mesi senza permesso perdevano lo status di deputato.

Per ultimo, le leggi approvate dal Parlamento venivano

promulgate dal re, il quale poteva esercitare il diritto di veto,

rimandando la legge per un secondo riesame, allegando

l’illustrazione dei motivi che lo avevano indotto a tale scelta (art. 74).

71

1.5.2 IL POTERE ESECUTIVO: IL RE ED I MINISTRI

Lo Statuto del Regno d’Albania trattava in modo ampio le

competenze ed i poteri del re (artt. 50-98).

Esso attribuiva la funzione di Capo dello Stato al re degli

albanesi con il potere, come affermato nell’art. 75, “di nominare e

revocare il Primo Ministro e i ministri scelti da lui”, nonché la funzione

esecutiva.

Inoltre, in base all’art. 76, “Il re ha il diritto di accusare i ministri e

di inviarli alla Corte Suprema”. Però, giacché egli aveva il diritto di

concedere la grazia66, non poteva esercitare questa sua competenza

nei confronti di questi ultimi — per reati dolosi o colposi commessi

durante il mandato — senza ottenere il previo consenso del

Parlamento (art. 79 III comma).

Il re, in particolari situazioni e quando lo riteneva che fosse

necessario, convocava e presiedeva il Consiglio dei Ministri per

discutere e decidere sulle linee giuda della politica governativa del

paese (art. 77).

66 L’art. 79 al I comma affermava: ”Il re ha il diritto di grazia. Egli ha il diritto di alleggerire e di cambiare le pene definitive emesse dai tribunali”.

72

In base all’art. 72, i ministri erano responsabili per il loro

operato di fronte al re. Mentre il re, possedendo tutte le competenze

e i diritti del Trono — che gli esercitava tramite i ministri secondo le

disposizioni dello Statuto (art. 71 I comma) — era irresponsabile e

intoccabile per qualsiasi fatto compiuto.

Invece, per ciò che attiene all’esecutivo, l’art. 99 stabiliva che il

Consiglio dei Ministri era direttamente dipendente dal re e si

componeva dal Primo Ministro e dai ministri67.

I ministri, prima di assumere l’incarico, giuravano fedeltà di

fronte al re. Loro s’impegnavano di osservare lo Statuto e le leggi. La

carica di ministro era compatibile con quella del deputato, come si

evince anche dall’art. 107: “I ministri entrano liberamente in

Parlamento…, ma votano soltanto quelli che sono anche deputati”.

Particolarmente interessante era poi la mozione di fiducia, che

costituiva l’ultimo passo per assumere i pieni poteri e l’appoggio del

Parlamento. In questa fase, si trattava di un Governo in carica, ma

con poteri molto ridotti. Secondo l’art. 112 I comma, il Consiglio dei

Ministri, entro una settimana dalla nomina, doveva presentarsi in

67 L’art. 75 dello Statuto era collegato con l’art. 101 — I, II e III comma — dato che quest‘ultimo stabiliva: “Nessuno può essere nominato ministro senza far parte alla razza e al sangue albanese e che non sa la lingua albanese. Stranieri dall’origine, con la cittadinanza albanese, non possono essere nominati ministri. Comunque, non possono essere nominati ministri anche coloro che non hanno le qualità richieste dalla legge per essere eletti deputati”.

73

Parlamento per ottenere la fiducia. In mancanza, doveva presentarsi

al re per dare le proprie dimissioni (art. 113).

Da una parte, il Governo era solidalmente responsabile dinanzi

al re e al Parlamento per le questioni attinenti alla politica generale

dello Stato. Dall’altra, invece, ciascun ministro era responsabile

singolarmente per le attività rientranti nella sua area ministeriale di

competenza (art. 109).

Nel caso in cui il Primo Ministro dava le dimissioni, oppure

veniva sfiduciato dal Parlamento, assieme a lui decadeva tutto il

Governo (art. 114).

1.5.3 IL POTERE GIUDIZIARIO

Lo Statuto sanciva nell’art. 129 che: “Tutti i giudici e i procuratori

dello Stato, scelti e proposti secondo l’apposita legge vengono nominato con

decreto del re”. In base all’art. 118 II comma, i giudici godevano di

un‘ampia autonomia e le loro sentenze, emanate in nome del re, si

fondavano esclusivamente sulla legga.

74

Invece nel Titolo VI, intitolato ‘’I diritti dei cittadini’’, veniva

sancito il principio secondo cui tutti i cittadini sono uguali davanti

alla legge. Inoltre, l’art. 205 vietava ogni forma di tortura.

Nella Parte ‘’B’’ veniva disciplinata la Corte Superiore dello

Stato. Quest’ultima era costituita con decreto del re (art. 136) e

giudicava i alti funzionari dello Stato, come per es., i ministri, ecc. Le

sue decisioni venivano prese con la maggioranza dei due terzi ed

erano inappellabili (l’art. 139).

1.5.4 IL CONSIGLIO DI CONTROLLO E IL CONSIGLIO DI STATO

Inoltre, venne istituito un Consiglio di Controllo (Këshilli i

Kontrollit) e un Consiglio di Stato (Këshilli i Shtetit).

Per quanto riguarda il primo organo — composto dal

Presidente e da due membri (art. 154), in carica per sette anni (art.

159) — esso controllava le finanze dello Stato ed era indipendente

nello svolgimento delle sue funzioni (art. 153).

Il Consiglio di Controllo doveva presentare al Parlamento, alla

fine dell’anno, il bilancio consultivo dello Stato per evidenziare le

75

irregolarità (art. 155 II comma). Inoltre, in base all’art. 156, doveva

presentare al re, ogni quadrimestre, la situazione finanziaria dello

Stato, tramite la Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 156).

In caso d’inadempimento, i suoi membri venivano accusati ed

inviati, con decisione del Parlamento, dinnanzi alla Corte Superiore

(art. 158).

Invece, il secondo organo era composto di dieci membri e due

ausiliari (art. 161), i quali duravano in carica per sette anni (art. 166).

Essi venivano nominati e revocati dal re (art. 162) e aveva i seguenti

compiti:

a) di preparare i codici;

b) di preparare ed esaminare i disegni di legge; e

c) di dare il proprio parere sulle convenzioni.

In caso d’inadempimento, anche i membri del Consiglio di

Stato, come quelli del Consiglio di Controllo, venivano accusati ed

inviati, con decisione dell’Assemblea, dinnanzi alla Corte Superiore

(art. 165).

76

CAPITOLO 2

L’EGEMONIA DI ENVER HOXHA

2.1 La Costituzione della Repubblica Popolare e il potere

personale di Enver Hoxha

Dopo l’occupazione dell’Albania da parte delle truppe di

Mussolini (1939)68 la resistenza albanese si andò organizzando con

l’aiuto dei massimi esponenti intellettuali socialisti. Questi ultimi,

guidati da Enver Hoxha69, fondarono clandestinamente il Partito

Comunista Albanese70 (PKSH) appena due anni dopo, nel 1941.

68 Grazie al cosiddetto “Piano Ciano”, l’Italia invase l’Albania riducendo al minimo le perdite. In effetti, gli albanesi quasi non si opposero ai conquistatori, desiderosi in quel momento di un nuovo Governo. Perciò, da subito gli italiani poterono creare il 9 aprile 1939 un Comitato di amministrazione provvisorio che, due giorni dopo, nominò l’Assemblea. Quest’ultima, il giorno 12 aprile, votò l’unione dell’Albania all’Italia e scelse un Governo albanese che, condizionatamente, decise di donare al re d’Italia, Vittorio Emanuele III, la corona di “re d’Albania”. 69 Enver Hoxha era nato ad Argirocastro il 16 ottobre 1908. Da giovane partecipò alla rivoluzione democratica del 1924, quando aveva solo sedici anni ed era segretario della società degli Studenti di Argirocastro. Dopo aver studiato al liceo francese di Korça, egli si appassionò ben presto alla Rivoluzione socialista d’ottobre. Terminato gli studi nel 1930, vinse una borsa di studio che li permise di seguire la sua formazione accademica presso la facoltà di scienze naturali a Montepellier in Francia. Sempre a Montepellier, egli partecipò a varie conferenze dell’Associazione dei Lavoratori organizzate dal Partito Comunista. Di conseguenza, si trasferì a Sorbona per studiare filosofia e collaborare come articolista con il giornale “L’Umanitè”. Dopo pochi anni andò a Bruxelles, dove

77

Dunque, il giorno 8 novembre del 1941 fu fondato il Partito

Comunista Albanese ed Enver Hoxha venne eletto al mando tra i

sette membri del Comitato Centrale provvisorio.

In questo periodo il popolo albanese, che prima si era arreso

quasi senza lottare all’invasione, decideva di cambiare

atteggiamento, sostenuto anche dai primi rovesci italiani nella

campagna contro la Grecia e poi con l’attacco tedesco all’URSS71 e dal

fatto che i fascisti non erano riusciti a migliorare la loro situazione

economica.

Paradossalmente, infatti, anche se il numero dei dipendenti

statali grazie al fascismo era triplicato, la povertà generale era

aumentata, dato che comunque il Governo italiano continuava a

privilegiare i notabili feudali di sempre, i bey e i bajraktar.

lavorò nel consolato albanese, cambiando nuovamente facoltà e questa volta s’iscrisse a giurisprudenza. Licenziato dal consolato nel 1936, decise di far ritorno in Albania, e più precisamente a Korça, per unirsi ad Ali Kelmendi, noto intellettuale comunista albanese. Il 7 aprile 1939 l’Italia occupava l’Albania ed egli a fine anno si trasferiva nella capitale a Tirana. Qui divenne professore in un ginnasio statale, ma venne licenziato nel giro di breve tempo per le sue idee rivoluzionarie e antifasciste, appoggiando apertamente la sua ideologia comunista. Il suo licenziamento era dovuto a seguito di un decreto che era stato emanato il 3 giugno 1939 e che imponeva a tutti i dipendenti pubblici di giurare fedeltà al regime fascista, pena l’allontanamento dal lavoro. 70 Cfr., ad es., Gjilani F., La legislazione elettorale in Albania, in Lanchester F. (a cur. di), La legislazione elettorale degli Stati dell’Europa Centro-Orientale, Giuffrè A. Editore, Milano 1995, p. 231. 71 L’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

78

Le successive vittorie della guerra comune contro il fascismo72

portarono in breve tempo alla Conferenza di Peza che si svolse il

giorno 16 settembre 1942, alla quale parteciparono rappresentanti

delle diverse correnti politiche del paese, come pure il Partito

Comunista di Enver Hoxha. Inoltre, un esercito di 70 mila soldati, al

quale poi aderirono anche degli italiani.

L’organizzazione del popolo prese il nome di Këshilli Nazional

Çlirimtar (Fronte Nazionale di Liberazione) ed il suo primo atto

ufficiale fu la liberazione della città di Skrapar (Scrapar). La

Conferenza scelse anche l’organo dirigente del Fronte Nazionale di

Liberazione, chiamato Consiglio Comune Nazionale, composto da

alcuni membri scelti dal PKSH.

La prima Conferenza Nazionale del PKSH data marzo 1943.

Questa eleggeva formalmente Enver Hoxha 73 come segretario

generale del partito, carica che egli conservò fino alla sua morte,

avvenuta nel 1985.

Grazie alle vittorie dell’esercito di liberazione albanese, Enver

Hoxha iniziava una nuova fase di lotta per far risorgere l'Albania

72 Il Partito Comunista Albanese era intimamente collegato al Partito Comunista Jugoslavo. Gli slavi erano ben lieti di avere degli alleati nella loro resistenza antifascista, in particolar modo nelle zone del Kosovo. Essi preferivano la collaborazione degli albanesi rispetto a quella dei gruppi partigiani serbi. 73 Nel maggio del 1944 il Congresso Antifascista di Përmet nominò Hoxha anche Presidente del Comitato Antifascista Nazionale di Liberazione. Questo Comitato era molto importante, perché era l’organo legislativo del Governo provvisorio dello Stato albanese. Con questa carica egli diventava anche Comandante Generale dell’Esercito.

79

sulla strada del socialismo74. Infatti, nel marzo del 1946 l'Assemblea

Costituente proclamava l'Albania Repubblica Popolare 75 ed elesse

Enver Hoxha Primo Ministro, carica che occupava già dal 1944.

In seguito alla proclamazione della Repubblica Popolare

d’Albania76, tutte le proprietà degli italiani e dei tedeschi vennero

confiscate, come pure quelle di coloro che avevano tradito il proprio

paese.

La Costituzione77 della Repubblica Popolare, elaborata nel 1946,

venne approvata il 4 luglio 1950 a Tirana78.

74 Lo stesso esperimento rivoluzionario antifascista venne tentato anche in Italia con il CNL (Comitato di Liberazione Nazionale, sostenuti dal gruppo dirigente revisionista del PCI). 75 Nello stesso anno, fu Enver Hoxha in prima persona a partecipare a Parigi alla Conferenza di Pace, proprio in qualità di capo della delegazione albanese. Il regime di Hoxha fu, da una parte, duraturo, e, dall’altra, anche instabile, poiché doveva continuamente gestire le proprie alleanze con i paesi comunisti “fratelli”, che però non sempre si comportavano come tali. Ad esempio, l’alleanza con la Jugoslavia fu stabile fino al 1948, ma poi la rottura tra quest’ultima e l’URSS influì al distacco dell’Albania da essa in favore dell’Unione Sovietica. Però, anche quest’alleanza si ruppe poi in concomitanza con la destalinizzazione del 1956. 76 Cfr. le caratteristiche dello Stato totalitario in Pasquino G., Corso di scienza politica, Il Mulino, Bologna 1997, pp. 220-228. 77 Con questa costituzione l’Albania di Hoxha seguiva le tracce già imposte dalla Russia nel 1917 e si muoveva contestualmente alla rivoluzione governativa del 1948 in Cecoslovacchia. Dunque, Russia, Albania e Cecoslovacchia trasformarono il Fronte di Liberazione Nazionale in Consiglio Popolare e da qui nasceva il nuovo Governo. 78 La Costituzione era suddivisa in tre parti, di cui: Parte I I Princìpi fondamentali, cui faceva parte: Capitolo I Repubblica Popolare d’Albania (artt. 1-6); Capitolo II L’ordine sociale ed economico (artt. 7-13); Capitolo III I diritti ed i doveri dei cittadini (artt. 14-40); Parte II L’organizzazione dello Stato, cui faceva parte: Capitolo I Gli organi supremi del potere statale (artt. 41-60); Capitolo II Gli organi dell’amministrazione dello Stato (artt. 61-70); Capitolo III Gli organi del potere statale delle unità amministrative locali (artt. 71-78); Capitolo IV I Tribunali e la Procura (artt. 79-90); Capitolo V I rapporti degli organi del potere statale e dell’amministrazione statale (artt. 91-93); Capitolo VI L’esercito popolare (artt. 94-95); Parte III Stemma, Bandiera, Capitale (artt. 96-98).

80

L’art. 2 Cost. specificava che l’Albania, in quanto Repubblica

Popolare, era “lo Stato dei lavoratori e dei contadini lavoratori”.

Lo sfondo social-comunista79 della Costituzione era palese e si

manifestava pure dalle definizioni degli art. 3 80 e 4 81 che si

affermavano contrari al fascismo e davano il potere ai lavoratori82.

In Albania la dittatura del proletariato 83 si esplicava con i

Consigli popolari84 (art. 3 Cost.), formati da “lavoratori della città e della

campagna”85. Infatti, gli organismi popolari come i Consigli popolari

nascevano dapprima come organismi di massa e di lotta, in questo

caso contro il fascismo86, per poi trasformarsi in cellule organizzative

del potere proletario e, solo in un secondo momento, a rivoluzione

conclusa, in organismi statali.

79 A ben vedere, buona parte delle costituzioni comuniste impostate dopo la seconda guerra mondiale avevano i medesimi fini: l’instaurarsi di un Governo democratico ed antiimperialista nel periodo iniziale e poi la realizzazione di una vera e propria dittatura del proletariato. In argomento, cfr. Gambino L. (a cur. di), Brani di classici del pensiero politico, Giappichelli G. Editore, Torino 2002, pp. 466-468. 80 L’art. 3 Cost. “Le basi politiche della Repubblica Popolare d’Albania sono i consigli popolari creati durante la guerra nacional-liberale contro il fascismo e la reazione e forzati con la vittoria storica di questa guerra e durante la costituzione delle basi del socialismo”. 81 L’art. 4 Cost. “Tutto il potere nella Repubblica Popolare d’Albania spetta ai lavoratori della città e della campagna, rappresentati dai consigli popolari”. 82 Per ciò che attiene l’unificazione del gruppo sotto un individuo dominante, cfr. Simmel G. e Mongardini C. (a cur. di), Il dominio, Bulzoni Editore, Roma 1978, pp. 51-53. 83 In tema, cfr. Marx K. e Engels F., Manifesto del partito comunista, (la traduzione si basa sul testo della versione originale apparso per la prima volta a Londra nel 1848), pp. 39-55. 84 I Consigli popolari (Këshillat Popullor) erano simili ai Soviet russi e ungheresi, formati da operai e soldati, ma pure analoghi alle Assemblee popolari ed ai Comitati popolari cinesi e coreani, ai Comitati del Fronte Nazionale della Cecoslovacchia e ai Comitati del Fronte patriottico bulgaro. 85 Per un’analisi più diffusa, anche sotto il profilo della comparazione con gli altri paesi socialisti, si rinvia a David R. e Jauffret-Spinosi C., I grandi sistemi giuridici contemporanei, Cedam, Padova 1994, p. 142 ss. 86 Cfr. Folco Biagini A., op. cit., p. 139.

81

I Consigli popolari dunque erano strutture di potere dello Stato

proletario. Perciò il loro compito fu di far entrare le masse lavoratrici

all’interno dell'apparato amministrativo. In questo modo essi

introducevano una novità nel sistema della rappresentanza politica e

costituivano la forma più pura di dittatura del proletariato. E ciò

venne stabilito chiaramente nell’art. 5 I comma Cost., secondo il

quale:

“Tutti gli organi che rappresentano il potere dello Stato vengono eletti dai

cittadini con elezioni libere…”.

A mio parere, i Consigli popolari presero il posto delle

circoscrizioni elettorali territoriali che erano tipiche del sistema

rappresentativo borghese, il che ha avuto notevoli ripercussioni,

perché venne introdotto il principio per cui ogni eletto doveva

rispondere direttamente agli elettori (art. 5 II comma), e questi ultimi

potevano in ogni momento revocarne il mandato rappresentativo

(art. 5 IV comma).

82

2.1.1 IL FUNZIONAMENTO E IL RUOLO DELL’ASSEMBLEA POPOLARE

L’organo supremo del potere statale era l’Assemblea popolare87

(art. 41). Ad essa la Costituzione dedicava il primo capitolo della sua

seconda parte (artt. 41-60). Essa rappresentava la sovranità della

nazione (art. 42) e dava modo di comprendere come si strutturava lo

Stato88.

Secondo l’art. 43 I comma Cost.89, l’Assemblea era un organo

direttivo essenziale in quanto detentore del potere legislativo e di

conseguenza era legittimata a decidere ogni importante problema

della vita politica90 del paese.

L’Assemblea popolare albanese era molto simile con quella

cinese, anche se aveva alcune caratteristiche dell’Assemblea

dell’URSS91. Al contrario dei sistemi occidentali, che dividevano i

poteri e non avevano un organo supremo, essa era super partes ed era

il supremo organismo del potere statale (art. 41).

87 L’Assemblea popolare nella sua prima forma governativa nasceva dalle elezioni del Consiglio Antifascista di Liberazione Nazionale (1944). Questo poi divenne, nel giro di un anno, Assemblea Costituente e poi vera e propria Assemblea popolare (2 dicembre 1945). 88 In De Vergottini G., Diritto costituzionale comparato, VI ed., vol. I, Cedam, Padova 2004, pp. 403-425. 89 L’art. 43 Cost. “Il potere legislativo viene esercitato solo dall’Assemblea popolare. L’iniziativa legislativa spetta alla Presidenza dell’Assemblea popolare, al Governo e ai deputati”. 90 Per una recente rivisitazione del tema, Mongardini C. (a cur. di), La società politica. Appunti dalle lezioni di Scienza Politica, Edizioni Culturali Internazionali, Genova 2000, pp. 29-55. 91 Per un quadro d’insieme, cfr., De Vergottini G., Diritto costituzionale comparato, vol. II, Cedam, Padova 2004, pp. 92-99 e Biscaretti Di Ruffìa P., Costituzioni straniere contemporanee, vol. II, Giuffrè Editore, Milano 1994, pp. 153-167 e 203-285.

83

Essa veniva eletta da liste uniche del Fronte Democratico

d'Albania (FDSH92), che era l’organizzazione di massa del Partito del

Lavoro d'Albania (PPSH93). L’art. 44 Cost. stabiliva che: “L’Assemblea

popolare viene eletta da tutti i cittadini nelle zone elettorali in proporzione

di un deputato per ogni 10.000 abitanti”.

È importante notare che la Costituzione considerava la figura

femminile al pari di quella maschile. Come, infatti, veniva specificato

nell’art. 17 I comma Cost.: “La donna è uguale all’uomo in ogni campo

della vita privata, politica e sociale”. Del resto già nella prima

Assemblea popolare albanese, tra i 121 deputati membri tre erano

donne. La presenza femminile è stata sempre minoritaria in

Assemblea, arrivando al massimo a coprire un quarto del totale, ma

comunque non vi è stato un anno in cui non siano state presenti le

donne.

Ogni legislatura durava quattro anni (art. 45) ed aveva due

sessione plenarie annuali (art. 47 I comma). L’Assemblea aveva il

compito di approvare le leggi e di modificare la Costituzione. Inoltre,

i suoi membri godevano dell’immunità parlamentare (art. 53)94.

92 Fronti Demokratik Shqiptar. 93 Partia e Punës e Shqipërisë. 94 L’art. 53 Cost. “I deputati dell’Assemblea popolare godono l’immunità parlamentare. Non possono essere arrestati né seguiti penalmente senza il parere dell’Assemblea popolare o della sua Presidenza tranne il delitto in flagranza”.

84

L’Assemblea popolare poteva istituire commissioni d’inchiesta

che costituivano uno strumento di controllo nei diversi settori della

vita del paese (art. 51). Simili, anche se non identiche, erano le

indagini conoscitive disposte dalle commissioni nelle materie di loro

competenza e dirette ad acquisire notizie, informazioni e documenti

utili riguardanti il paese.

Al vertice dell’Assemblea era la Presidenza, costituita dal

Presidente, tre vicepresidenti, un segretario e dieci membri (art. 57).

Queste cariche non erano fisse e si potevano rinnovare in qualsiasi

momento dall’Assemblea stessa. Di conseguenza, quest’ultima era

legittimata a proporre e approvare la revoca dei membri della

propria Presidenza e poi provvedeva alla loro sostituzione (l’art. 59).

La Presidenza dell’Assemblea 95 popolare aveva importanti

compiti, tra i quali:

- promulgava le leggi approvate dall’Assemblea popolare;

- interpretava le leggi;

- decideva la conformità delle leggi con la Costituzione,

decisione questa che doveva poi essere approvata

dall’Assemblea stessa;

- fissava il giorno delle elezioni dell’Assemblea popolare, ecc.

95 Cfr. le decisioni della Presidenza, con riferimento ai rapporti diplomatici con la Jugoslavia, in Dervishi K., op. cit., pp. 599-600.

85

Come si vede, la Presidenza svolgeva, oltre ai compiti di

coordinamento dei lavori dell’Assemblea popolare, anche la

funzione della Corte Costituzionale, giacché quest’organo non era

previsto nella Costituzione96. Però, per la sua decisione rispetto alla

legittimità costituzionale delle leggi doveva ottenere l’assenso

dell’Assemblea che aveva approvato la legge stessa (art. 58 Cost.).

Cioè, la Presidenza si trovava al vertice dell’Assemblea ed era

dipendente da quest’ultima e non poteva garantire la democraticità

che gli era stata affidata, perché — secondo l’art. 59 Cost. sopra

menzionato — l’Assemblea popolare la poteva revocare.

96 Sulla mancanza del sindacato di costituzionalità nelle forme di Stato socialista, si vedano Cappelletti M., Il controllo giudiziario di costituzionalità delle leggi nel diritto comparato, Giuffrè, Milano 1968, pag. 11 ss.; Biscaretti Di Ruffia P., Introduzione al diritto costituzionale comparato: le forme di Stato e le forme di governo. Le costituzioni moderne, IV ed., Giuffrè, Milano 1980, pag. 621 ss. (vedi anche la VI ed., Giuffrè, Milano 1988, pag. 723 ss.); Idem, Il problema del controllo di costituzionalità delle leggi negli «Stati socialisti» europei, in AA.VV., Scritti su la giustizia costituzionale, in onore di Vezio Crisafulli, vol. I, Cedam, Padova 1985, pp. 75-91; De Vergottini G., Diritto costituzionale comparato, III ed., Cedam, Padova 1991, pag. 210-211; Idem, Le transizioni costituzionali, Il Mulino, Bologna 1998, pag. 108-109.

86

2.1.2 IL GOVERNO NEL SISTEMA COSTITUZIONALE ALBANESE DEL 1950

La Costituzione impostava chiaramente il sistema statale e

creava una precisa piramide governativa.

La particolarità di questa impostazione statale era l’esistenza di

un rapporto diretto tra la base della piramide (i lavoratori) ed il

vertice (il Presidente), nemmeno mediato dai consigli o

dall’Assemblea.

Ebbene, vi erano:

• il Presidente della Presidenza, che era il Capo dello Stato;

• la Presidenza, formata da quindici membri dell'Assemblea

popolare;

• l’Assemblea popolare (Kuvëndi Popullor), in carica per quattro

anni, i cui deputati erano eletti in liste uniche del Fronte

Democratico (FDSH);

• il Governo 97 : il Consiglio dei Ministri, eletto dall'Assemblea

popolare;

97 Il primo Governo della Repubblica Popolare d’Albania era così composto: Enver Hoxha Presidente del Consiglio, Ministro degli Affari Esteri e della Difesa Nazionale; Koçi Xoxe vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Affari Interni; Tuk Jakova Ministro senza portafoglio e Ministro dell’Industria; Haxhi Lleshi Ministro senza portafoglio; Manol Konomi Ministro della Giustizia; Spiro Koleka Ministro dell’Editoria; Ramadan Çitaku Ministro delle Finanze; Nako Spiru Ministro dell’Economia; Medar Shtylla Ministro della Salute; Gaqo Tashko Ministro dell’Agricoltura; Sejfulla Maleshova Ministro dell’Istruzione; Gogo Nushi

87

• i 17 Ministri; e

• l’organizzazione di massa del PPSH (PLA).

Il Governo era il secondo organo dello Stato dopo l’Assemblea

popolare. E se quest’ultima aveva il potere legislativo, il Governo era

il detentore del potere esecutivo (art. 61 I comma). Ad esso era

dedicato il secondo capitolo della Parte seconda della Costituzione

che trattava l’amministrazione dello stato.

Il Governo nasceva in seno all’Assemblea popolare, che

eleggeva i vari ministri (art. 61 II comma). Pertanto risultava

evidente che il Governo albanese non era affatto autonomo, anzi era

“governato” dall’Assemblea stessa, alla quale doveva dar conto del

suo operato e di fronte alla quale era responsabile (art. 61 III comma).

Dunque, quando si è detto nel paragrafo precedente, che

l’Assemblea deteneva solo il potere legislativo, si è voluto indicare

quanto scritto nella Costituzione 98 , però essendo il Governo

dipendente dall’Assemblea, si potrebbe concludere che anche il

potere esecutivo era di fatto controllato dalla stessa Assemblea,

seppur indirettamente.

Ministro del Commercio; Nesti Kerenxhi Ministro senza portafoglio; Pandi Kristo Ministro senza portafoglio e Mehmet Shehu Ministro delle Comunicazioni, Poste, Telegrafi e Telefoni. 98 Un’approfondita trattazione, in Cocozza V., Costituzione, in Enciclopedia Giuridica istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani G., vol. X, Roma 1988, pp. 1-7.

88

In ogni caso, la Costituzione all’art. 63 I e II comma stabiliva

che il principale compito del Governo era di coordinare e dirigere il

lavoro “…dei ministeri, delle commissioni e dei servizi delle altre

istituzioni…”, nonché di redigere “…il piano economico generale dello

Stato ed il bilancio generale dello Stato…”, anche se tutti questi compiti

rimanevano sempre alle dirette dipendenze dell’Assemblea.

Risultava che la funzione del Governo era di “segretario”

dell’Assemblea, ovvero di organo esecutivo di essa. In effetti, come

specificava l’art. 64 II comma Cost., ogni membro del Governo

prestava giuramento alla Presidenza dell’Assemblea, prima di

ricevere l’effettivo incarico.

I membri del Governo, inoltre, erano responsabili penalmente

di ogni mancato rispetto delle direttive imposte dall’Assemblea (art.

67 I comma), il che contribuiva a configurare ancor di più la primazia

dell’Assemblea.

Lo stesso Governo era strutturato in forma piramidale, come

affermato dall’art. 64 I comma Cost., ed era così composto:

• il Presidente del Governo, era il capo del Governo che

rispondeva direttamente all’Assemblea popolare. Era colui che

in prima persona presiedeva, dirigeva e amministrava tutte le

attività del Governo (art. 65);

89

• i vice presidenti;

• i 17 ministri, corrispondenti ai rispettivi ministeri (art. 66 I

comma) — Affari Esteri, Affari Interni, Difesa Popolare,

Giustizia, Finanza, Istruzione, Controllo, Industria, Miniere,

Commercio, Commercio con estero, Comunicazioni,

Costruzioni, Agricoltura, Foreste, Salute e Raccolta — i quali

erano elencati nell’art. 69 Cost., la quale al II comma affermava

che: “solo con legge possono istituirsi altri ministeri o sopprimersi

quelli esistenti”; e

• il presidente della commissione del piano.

La Costituzione prevedeva anche la possibilità di ministri

senza portafoglio (art. 66 II comma), sempre instaurati secondo gli

ordini dell’Assemblea popolare.

Infine, i ministri erano responsabili penalmente per i propri atti

e decreti ministeriali (art. 67 II comma).

A

a

2.1.3 LE CARATTERISTICHE GENERALI DEL POTERE GIUDIZIARIO

Il quarto capitolo della Costituzione stabiliva, all’art. 79 I

comma Cost., che: “La giustizia nella Repubblica Popolare d’Albania è

90

resa dalla Corte Suprema della Repubblica Popolare d’Albania, dai tribunali

popolari e dai tribunali militari”.

La Corte Suprema era il supremo organo di giustizia della

Repubblica 99, pur restando comunque dipendente dall’Assemblea

popolare.

Cioè, come nel caso del potere esecutivo, gli organismi statali

detentori del potere giudiziario erano completamente dipendenti

dall’Assemblea e seguivano, nello svolgimento dei loro compiti, la

guida unitaria di quest’ultima. Analogamente a quanto previsto in

tutte le forme di Stato socialista, anche nella Repubblica Popolare

albanese gli organi amministrativi, giudiziari e procuratoriali dello

Stato erano non solo creati ma pure controllati direttamente

dall’Assemblea popolare.

Però, qui bisogna precisare che i tribunali e l’amministrazione

giudiziaria statale erano organi separati ed indipendenti l’uno

dall’altro, ma non dall’Assemblea. La Costituzione precisava

l’esistenza di una gerarchia tra i tribunali (art. 80 II comma). Dunque

il sistema di controllo statale era doppio, perché non solo esisteva

una gerarchia piramidale tra quello di grado superiore e quello

99 L’art. 86 I comma Cost.: “La Corte Suprema è l’organo supremo della giustizia nella Repubblica Popolare d’Albania”. Però, in base al secondo comma, sempre dello stesso articolo, “I casi quando la Corte Suprema giudicherà in primo o secondo grado verranno stabiliti dalla legge”. L’art. 87 Cost. stabiliva che: “La Corte Suprema decide se sono o no legali le decisioni definitive di tutti i tribunali nella Repubblica”.

91

inferiore, essendo entrambi poi controllati ed amministrati

dall’Assemblea.

L’amministrazione giudiziaria statale aveva un ruolo

completamente a se stante, perché non si occupava di alcun giudizio,

ma esclusivamente della “buona organizzazione e funzionamento dei

giudizi”100, e rispondeva direttamente del suo operato al proprio

supervisore, il Ministro di Giustizia.

Essa stava comunque al vertice della piramide gerarchica del

sistema giudiziario, che risultava così strutturato:

• la Corte Suprema della Repubblica Popolare (i cui membri erano

eletti ogni quattro anni dall’Assemblea popolare101);

• il Tribunale popolare ed il Tribunale militare, per i quali erano

previsti i giudici ausiliari: quale corpo giuridico di appoggio per

decisioni particolari, associabile a vari gradi di giudizio).

In parallelo a ciò era la Procura, quale organo dell’Assemblea

popolare (88 Cost.).

Il Procuratore Generale della Repubblica e i suoi ausiliari erano

eletti direttamente dall’Assemblea. Invece gli altri procuratori erano

100 Art. 80 III comma Cost. 101 Art. 85 II comma Cost.

92

nominati dal Procuratore Generale (art. 89), dal quale ricevevano

ordini ed istruzioni (art. 90).

2.2 La Costituzione della Repubblica Popolare Socialista d’Albania del 1976

La Russia, dopo aver impostato la sua politica estera verso un

riavvicinamento alla Jugoslavia (1953), provocò un inasprimento

inevitabile dei rapporti con l’Albania. Dunque, si ebbe un netto

distacco ideologico tra i due Stati.

Questo portò in un primo momento l’Albania a un voluto

avvicinamento con la Cina, tanto da scegliere Pechino come unico

protettore internazionale dopo il conflitto con l’URSS.

Per ciò che attiene alla situazione economica del paese,

l'Albania dagli anni sessanta iniziò a stabilire rapporti equi con tutte

le capitali degli altri Stati, basando tali relazioni sull'interesse ed il

93

vantaggio reciproco102, seguendo il principio di non ingerenza negli

affari altrui 103 e applicando rigorosamente la norma di non dare

concessioni, creare società e altre istituzioni economiche e finanziarie

straniere o miste «con gli Stati capitalistici, borghesi e revisionisti, come

pure ricevere crediti da essi”104.

Ma poi anche la Cina si “occidentalizzò” — secondo l’Albania

—, tanto che dal 1973 i rapporti tra le due nazioni andavano sempre

più raffreddandosi, arrivando con ciò a un totale isolamento dello

Stato albanese105. E se da una parte questo isolamento fu negativo per

il popolo albanese, dall’altra parte consentì allo Stato di fare dei passi

enormi e a raggiungere molti degli obiettivi che si era prefissato,

migliorando il livello medio di vita attraverso l’alfabetizzazione, il

miglioramento della sanità ed il rafforzamento dell’identità

nazionale. Contemporaneamente Hoxha andava sviluppando una

102 Tra il 1960 e il 1964 gli scambi commerciali, per es., con Pechino passavano dal 4% al 46% ma ciò non era sufficiente a risollevare un’economia che, storicamente, non aveva mai conosciuto — indipendentemente dal sistema politico-istituzionale della potenza esterna di riferimento — periodi floridi o comunque di sviluppo. Si può dire che al basso tenore di vita che caratterizzava i cittadini dei paesi socialisti si aggiungeva, nel caso albanese, una povertà quasi assoluta e tipica di un’economia arretrata di pura e semplice sopravvivenza. È importante osservare come anche gli stretti legami di Tirana con la Cina maoista subirono gravi deterioramenti con lo sviluppo di relazioni più amichevoli tra Cina e USA dal 1972 e soprattutto dopo la morte di Mao Zedong nel 1976. L’Albania era l’unico paese balcanico rimasto nel più assoluto isolamento internazionale. In argomento, cfr. Ganino M., La costituzione albanese del 1998: alla ricerca dell’Europa, in Diritto pubblico comparato ed europeo, fasc. I, Giappichelli G. Editore, Torino 1999, p. 24. 103 Si veda ad es., per ciò che attiene alla sovranità dello Stato, Lanchester F., Gli strumenti della democrazia, Giuffrè Editore, Milano 2004, p. 46. 104 Così, l’art. 28 Cost. del 1976. 105 La causa principale di questa grave situazione economica, che precipitava di giorno in giorno, derivava in seguito dell’art. 31 Cost. del 1976, secondo la quale si stabiliva che i cittadini non pagano le tasse. Un’affermazione tipica e fondamentale di rango costituzionale degli Stati totalitari, che però non lasciava via di scampo a una prospettiva per lo sviluppo economico, sociale e culturale del paese.

94

linea di opposizione ai blocchi esercitando una grande capacità

politico-diplomatica.

Per esprimere al meglio questi obiettivi e per procedere verso

un ulteriore miglioramento dello Stato, il VI Congresso del Partito

del Lavoro d’Albania (PPSH) del 1971 stabiliva che la Costituzione

del 1950 doveva essere sostituita al fine di creare una continuità della

rivoluzione e per l’edificazione dello stesso socialismo. Hoxha disse a

questo proposito che: “la Costituzione degli anni ’50 era servita per la

costruzione dei fondamenti del socialismo e che era indispensabile una

nuova per l’edificazione completa della Società socialista”.

Con l’approvazione della Costituzione del 28 dicembre 1976106,

la seconda Costituzione socialista, che ha cambiato anzitutto la

nomenclatura ufficiale dello Stato, diventato Repubblica Popolare

Socialista d’Albania107, la realtà del paese andava peggiorando108.

106 La Costituzione approvata dall’Assemblea popolare era composta di 112 articoli. Essa iniziava con un lungo Preambolo, di contenuto storico, ed era così divisa: Parte I, Capitolo I L’ordine sociale (artt. 1-37), Capitolo II I diritti ed i doveri fondamentali dei cittadini (artt. 38-65); Parte II, Capitolo I Gli organi supremi del potere statale (artt. 66-79), Capitolo II Gli organi supremi dell’amministrazione statale (artt. 80-86), Capitolo III La difesa del paese e le forze armate (artt. 87-91), Capitolo IV Gli organi locali del potere e dell’amministrazione statale (artt. 92-100), Capitolo V I tribunali popolari (artt. 101-103), Capitolo VI La Procura (artt. 104-106); e Parte III, Capitolo I Stemma, bandiera, capitale (artt. 107-109), Capitolo II Disposizioni finali (artt. 110-112). 107 Republika Popullore Socialiste e Shqipërisë. 108 Il partito, quale strumento di lotta, puntava a combattere la borghesia che si stava infiltrando quasi in ogni settore. Qui ebbero una fondamentale importanza le riunioni popolari che facevano concertare le istituzioni con le masse popolari. Così facendo, il partito diventava il mezzo per far attivare i lavoratori nello Stato, rendendogli partecipe del Governo del proprio paese. Infatti, nell’art. 10 Cost. si affermava che: “la classe operaia, quale classe dirigente della società, i contadini cooperativisti e gli altri lavoratori, sotto la guida del Partito del Lavoro d’Albania, esercitano un controllo diretto e organizzato sull’attività degli organi statali, delle organizzazioni economiche e sociali e dei loro lavoratori per la difesa delle conquiste della rivoluzione ed il consolidamento dell’ordine socialista”.

95

La struttura statale della II Costituzione era la seguente109:

• il Presidente della Presidenza dell’Assemblea popolare (Capo

dello Stato);

• la Presidenza dell’Assemblea popolare, formato da 15 membri di

quest’ultima;

• l’Assemblea popolare, composta di 250 membri eletti per 4 anni

su liste uniche del Fronte Democratico d'Albania; ed

• il Consiglio dei Ministri, nominato dall'Assemblea popolare.

2.2.1 I PRINCÌPI CHE GUIDANO IL FUNZIONAMENTO DELL’ASSEMBLEA

POPOLARE

L’Assemblea popolare rimaneva, come nella Costituzione del

1950, l’organo supremo, però che ora era ancor più rafforzato nella

sua valenza di controllore e garante della dittatura del proletariato.

La Costituzione del 1976, dunque, attribuiva al Partito del Lavoro una responsabilità costituzionale, estendendo i suoi compiti che erano stati già precisati nella Costituzione del 1950. Il fine educativo del Partito Comunista non era più un semplice consiglio scritto, ma si tramutava in fatto di rilevanza costituzionale e quindi in una realtà statale. La Repubblica Popolare Socialista d’Albania era assolutamente fondata sull’unità del popolo, dove il partito si nutriva e si rendeva partecipe della classe operaia la quale era, a tutti gli effetti, l’unica forza politica dirigente dello Stato e della società. 109 La Costituzione del 1976 specificava chiaramente e in più parti il ruolo dirigente del Partito, mentre il marxismo-leninismo veniva costituzionalizzato come ideologia di Stato. Tutto questo serviva a confermare la visione unitaria del potere dello Stato dittatoriale proletario. Ed era propria questa la definizione dello Stato che veniva enunciata nell’art. 2 Cost. Riconoscendo il partito come unico strumento del potere, esso, infatti, passava da mero influenzatore a plasmatore della vita sociale ed economica, come veniva dimostrato dal suo ingresso nella struttura istituzionale del paese.

96

In quanto, organismo supremo del potere nazionale (art. 66),

essa comprende al suo interno membri che venivano eletti 110 in

qualità di alti rappresentanti provenienti dalle province o dalle città

che erano comunque assoggettate direttamente al Governo centrale.

Il sistema di elezione diretta dei rappresentanti (250 deputati)

era sì un modo democratico, ma solo in apparenza, dato che era

ammessa al procedimento elettivo solo una lista di partito, quello

comunista111.

L’Assemblea aveva il potere legislativo e decideva ogni cosa

per il paese, potendo approvare le grandi riforme nazionali. Inoltre,

essa supervisionava l’applicazione della Costituzione e, quando lo

riteneva opportuno, l’emanazione di modifiche dei Codici, delle

leggi e così via.

110 Si veda per es., Gjilani F., op. cit., pp. 230-232. 111 Gli studiosi Friedrich C. J. e Brzezinski Z. mettono in rilievo l’esistenza di un’ideologia ufficiale che era “un insieme di idee ragionevolmente coerenti che riguardavano i mezzi pratici per cambiare totalmente e per ricostruire una società con la forza o con la violenza, fondata su una critica globale o totale di quel che era sbagliato nella società esistente o antecedente”. Le peculiarità dei regimi totalitari:

a) la presenza di un partito unico; b) una polizia segreta notevolmente sviluppata; c) il monopolio statale dei mezzi di comunicazione; d) il controllo centralizzato di tutte le organizzazioni politiche, sociali, culturali, fino alla

creazione di un sistema di pianificazione economica; e) la subordinazione completa delle forze armate al potere politico.

Quest’ultima caratteristica si può comprendere meglio secondo la famosa espressione maoista: “il potere esce dalla canna del fucile, ma è il partito che controlla il fucile” in Pasquino G., op. cit., p. 226.

97

Nell’art. 67 Cost. i compiti dell’Assemblea venivano definiti

con precisione e specificati in ogni punto dove essa aveva la

responsabilità non solo di legiferare ma anche di controllare

praticamente tutto. Infatti, essa:

• approvava e modificava la Costituzione e le leggi, decideva la

compatibilità delle leggi con la Costituzione e effettuava la loro

interpretazione;

• approvava la programmazione economica del Paese;

• dichiarava la mobilitazione parziale e generale, lo stato di

emergenza e di guerra in caso di aggressione armata contro la

Repubblica Popolare Socialista d’Albania o quando questa era

necessaria per adempiere gli obblighi derivanti dai trattati

internazionali;

• ratificava e denunciava i trattati internazionali112;

• decideva amnistie;

• decideva i referendum popolari;

• eleggeva, nominava e destituiva: la Presidenza dell’Assemblea

popolare, il Consiglio dei ministri, la Corte Suprema, il

Procuratore generale ed i suoi sostituti. Questi organi

rispondevano davanti all’Assemblea popolare dando conto del

loro operato;

• stabiliva la struttura amministrativo-territoriale del Paese; e

112 Per un’analisi sistematica dei termini, cfr. Saulle M. R., Lezioni di diritto internazionale, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2001, pp. 31-87.

98

• decideva l’istituzione o la soppressione dei ministeri.

Insomma, sia dal punto di vista amministrativo che da quello

politico, l’Assemblea controllava tutto, dato che gestiva e approvava

i piani economici del bilancio statale, perché nulla poteva essere

gestito in maniera autonoma113.

Non solo, anche in caso di emergenza, dunque di guerra, il

sistema rimaneva invariato e spettava all’Assemblea popolare

decidere sul da farsi.

Lo statalismo e il controllo centrale da parte dello Stato erano

fondamentali ed applicati ancora in maniera più rigida che dalla

Costituzione precedente.

A

A

A

a

2.2.2 LA PRESIDENZA DELL’ASSEMBLEA POPOLARE

La Costituzione del 1976 trattava nella Parte II Capitolo primo

(artt. 75-79) la Presidenza dell’Assemblea popolare, che secondo l’art.

75 I comma era l’organo supremo del potere statale e che era un

organo permanente.

113 Uno dei princìpi fondamentali dell’epoca era: “tutto nello Stato e nulla fuori dallo Stato”.

99

Essa era composta di quindici membri (come affermato al II

comma dell’art. 75) — Presidente, tre vicepresidenti, un segretario e

dieci membri — e veniva eletta dall’Assemblea popolare nella prima

sezione e continuava la sua attività fino all’elezione della nuova

Presidenza (art. 76 I comma).

La Presidenza aveva molti compiti, tra i quali le più importanti

erano:

• di decidere la data delle elezioni dell’Assemblea popolare e dei

consigli popolari;

• di concedere e di togliere la cittadinanza albanese;

• di nominare e di destituire i rappresentanti diplomatici con la

proposta del Consiglio dei Ministri; e

• di promulgare le leggi approvate dall’Assemblea popolare.

Inoltre, in base all’art. 78 Cost., la Presidenza controllava:

• le decisioni dell’Assemblea popolare; e

• del Consiglio dei Ministri, della Corte Suprema, del Procuratore

generale e ogni altro organo statale.

L’art. 79 I comma Cost. affermava che: “La Presidenza

dell’Assemblea popolare dirige e controlla l’attività dei consigli popolari”.

100

Analogamente a quanto avveniva per l’URSS, la struttura

piramidale del sistema di rappresentanza popolare aveva al suo

apice la Presidenza che era in buona sostanza l’ultima carica che,

all’epoca, faceva capo direttamente a Haxhi Lleshi.

La volontà albanese di fondo, ben espressa da questa

Costituzione, era quella di restringere l’intera Assemblea ad un

organo controllato e controllore a sua volta.

Il sistema era quindi pesantemente condizionato dall’egemonia

esercitata da Hoxha come segretario del Partito Comunista114 e ciò lo

dimostrava anche il fatto che egli rimase in carica praticamente fino

alla sua morte.

Si parlava generalmente a questo proposito di “centralismo

democratico”115, anche se alla fine la democrazia in ciò non esisteva.

In ogni caso il “centralismo democratico” era il sistema adottato da

quasi tutti i paesi comunisti116 e si esplicava sostanzialmente nella

suddivisione dei poteri tra i vari organismi statali sotto la guida

unitaria ed esclusiva del potere centrale, appunto cioè della

Presidenza.

114 Cfr. De Vergottini G., op. cit., vol. II, pp. 278-287. 115 Ivi, pp. 427-443. 116 Cfr., per es., le caratteristiche della Costituzione del 1978 nella Repubblica Popolare Cinese in Biscaretti Di Ruffìa P., op. cit., pp. 157-163.

101

La forma della Presidenza inoltre ricalcava il modello cinese

nel fatto che poneva a capo di tutte le forze armate un particolare

Consiglio di difesa, presieduto dal primo segretario del Comitato

centrale del partito: Enver Hoxha, che era anche il comandante delle

Forze Armate d’Albania.

A

A

A

2.2.3 ALCUNE CARATTERISTICHE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Il capitolo II della Parte seconda della Costituzione trattava la

composizione ed i compiti del Consiglio dei Ministri e dei suoi

componenti.

Il Consiglio dei Ministri era l’organo più alto esecutivo117 e

perciò veniva nominato dall’Assemblea Popolare118.

L'articolo 80 III comma Cost. definiva l’esatta composizione del

Consiglio, che era formato:

• dal Presidente — che rappresentava il Consiglio dei Ministri,

presiedeva le riunioni e dirigeva l’attività (art. 83 III comma) — e

117 Art. 80 comma I. 118 Art. 80 comma II.

102

dai vicepresidenti, che insieme formavano la Presidenza del

Consiglio dei Ministri (art. 83 I comma); e

• i Ministri, che avevano piena responsabilità delle loro azioni,

nonché dei loro Ministeri per i quali rispondevano penalmente.

Il Consiglio dei Ministri era visto, in ogni caso, nella sua totalità

e non in quanto unione di membri. Infatti, le sue decisioni venivano

considerate solo se approvate dalla maggioranza dei voti119.

L’articolo 81 poi passava a definire le competenze del

Consiglio, tra le quali le più importanti erano:

• di dirigere la politica interna ed estera dello Stato;

• di dirigere e controllare l’attività dei ministeri, degli altri organi

centrali dell’amministrazione statale, dei comitati esecutivi dei

consigli popolari e stabilire la loro organizzazione interna;

• di dirigere ed organizzare il sistema monetario e di credito;

• la potestà decisionale inerente le misure di sicurezza adottabili

per tutta la nazione.

L’art. 82 Cost. al I comma attribuiva al Consiglio dei Ministri la

facoltà di rendere privo di efficacia gli atti irregolari dei ministri e

degli altri organi centrali dell’amministrazione statale, nonché dei

comitati esecutivi dei consigli popolari.

119 Art. 80 comma V.

103

Inoltre, il II comma dello stesso articolo affermava: “Il Consiglio

dei Ministri sospende l’esecuzione delle decisioni non legali o irregolari dei

consigli popolari sottoponendo la questione (…) al consiglio popolare più

superiore o alla Presidenza dell’Assemblea popolare”.

2.2.4 IL POTERE GIUDIZIARIO NELLA II COSTITUZIONE

Va specificato che, come si è potuto vedere sino ad ora, la

Costituzione albanese del 1976, ancor più di quella precedente,

delineava uno Stato dai tratti netti della dittatura del proletariato e

“donava” ad un unico partito — il Partito del Lavoro, i cui membri

facevano parte dell’Assemblea popolare — i pieni poteri120.

In questo modo la stessa Costituzione diveniva un manifesto

politico, che dava spazio quasi esclusivamente al partito al quale era

data la potestà di agire nei tre poteri: quello legislativo, esecutivo e

giudiziario.

120 Vedi soprattutto, per un quadro generale, Omari L., Parime dhe institucione të së drejtës publike (I princìpi e le istituzioni del diritto pubblico), botimi VI, Shtëpia Botuese Elena Gjika, Tiranë 2004, pp. 280-281.

104

Il potere giudiziario in particolare era il braccio del Governo,

che agiva in nome e per conto del partito e dell’ideologia marxista-

leninista.

La Costituzione affidava, nel capitolo V, l’amministrazione

della giustizia121 ai tribunali popolari, i quali comunque restavano

assoggettati ai voleri del partito e dell’ideologia.

Infatti, l’Assemblea popolare poteva nominare, così come

destituire, tutti i membri del Governo e dell’amministrazione e

dunque anche gli stessi giudici (art. 101 IV comma). Pertanto, questi

ultimi dipendevano dall’Assemblea popolare e anch’essi erano

membri del Partito del Lavoro.

Anche le testimonianze storiche confermano questa

interpretazione. Gli albanesi sono stati testimoni di questo continuo

controllo delle proprie azioni. Addirittura, venivano nominati

giudici popolari anche persone non in possesso di un titolo

opportuno, ma solo in quanto membri del partito, che dopo una

breve e sintetica formazione svolgevano la funzione di giudice.

Ovviamente qui si sta parlando di una dimensione della

giustizia a un solo senso e totalmente di parte. Non era libera, ma

assoluta, anche se nell’art. 103 I comma Cost. si stabiliva che il

121 Per un approfondimento del principio di legalità, cfr. Lanchester F., op. cit., p. 51.

105

tribunale era indipendente, decideva solo in base alla legge e le

sentenze venivano emesse in nome del popolo.

I tribunali popolari garantivano la giustizia (art. 101 I comma)

nella Repubblica Popolare Socialista d’Albania. Essi giudicavano le

cause penali e civili, nonché le altre cause che la legge le attribuiva

alle loro competenze (art. 102 I comma).

Normalmente le udienze erano pubbliche, tranne i casi stabiliti

diversamente dalla legge. Agli imputati era garantito il diritto della

difesa (art. 102 IV comma).

Al vertice degli organi giudiziari, cioè dei tribunali popolari,

era la Corte Suprema che controllava la loro attività.

Invece la Procura, con a capo il Procuratore Generale e i suoi

sostituti che venivano nominati dalla Presidenza dell’Assemblea

popolare, aveva il compito di controllare l’applicazione delle leggi.

Essa per ogni atto contrario alla legge, compiuto dalle istituzioni,

organizzazioni, ecc., chiedeva alle stesse la sua immediata

sospensione (art. 104 II comma).

Al di là della moralità dei fatti, si può dire che un sistema del

genere di amministrazione dello Stato, se chiaramente non era libero

o “democratico”, quantomeno era coerente con i propri principî.

106

A ben vedere, non c’era nulla in questa Costituzione che si

poteva distogliere dall’ideologia e di conseguenza anche il potere

giudiziario non poteva che essere configurato in questa maniera.

2.2.5 L’AMMINISTRAZIONE LOCALE: IL SISTEMA DEI CONSIGLI POPOLARI

Sul piano locale, l'organizzazione statale si stratificava secondo

un sistema piramidale di Consigli popolari, rappresentanti ciascuno

una giurisdizione locale, che amministravano l’attività locale di

governo.

I Consigli popolari, eletti per un periodo di tre anni (art. 92 III

comma), approvavano i piani di sviluppo economico e sociale ed i

bilanci dei rispettivi ambiti (art. 93 I comma), pur sempre

relativamente al territorio di appartenenza, con assai maggiori poteri

di azione di quelli riconosciuti nei livelli inferiori.

E se nei livelli più bassi — meno popolosi, ovvero villaggi e

paesi — i membri venivano eletti mediante elezioni dirette, man

mano che accresceva il numero della popolazione e l’importanza del

107

distretto le elezioni divenivano indirette e la competenza elettiva

passava all’Assemblea popolare ed al partito.

In ogni caso, comunque, ed a ogni livello vigeva per i Consigli

il “principio della doppia dipendenza”, ovvero essi erano

responsabili delle proprie azioni sia davanti ai rispettivi elettori, che

davanti all’Assemblea popolare.

Per le riunioni dei Consigli popolari era necessaria la presenza

della maggioranza dei suoi componenti e le decisioni venivano prese

dalla maggioranza dei presenti (art. 94).

Il Consiglio popolare di livello superiore coordinava e dirigeva

i Consigli popolari di livello inferiore e poteva pure destituirli.

Vi era di più. Tutte le decisioni dei Consigli di rango inferiore

erano controllate dai Consigli superiori e se irregolari le privava

l’efficacia.

I Consigli popolari, per una migliore gestione delle proprie

competenze, nominavano un Comitato esecutivo (art. 93), che era

l’organo esecutivo del Consiglio stesso (art. 97). Il Comitato esecutivo

poteva essere rimosso dallo stesso Consiglio oppure da quello di

rango superiore.

108

Il Comitato esecutivo presentava un rapporto al Consiglio,

dove erano elencate dettagliatamente tutte le sue operazioni e le

decisioni prese per attuare, nel migliore dei modi, le direttive dello

stesso Consiglio.

Anche qui, il Comitato esecutivo di livello superiore per attuare

più efficacemente le direttive del Consiglio popolare d’appartenenza,

come sopra affermato, poteva abrogare le decisioni del Comitato

esecutivo inferiore, facente parte di un Consiglio popolare inferiore

rispetto a quello del primo Comitato.

2.3 I e II Costituzione: un confronto

Una grande differenza tra la prima e la seconda Costituzione122

riguardava la libertà religiosa. Infatti, in Albania era stato dichiarato

l’ateismo per legge.

Già dal 1967 Enver Hoxha realizzò l'ateismo di Stato

introducendo una legge che vietava la creazione di associazioni

religiose, la presenza di luoghi di culto, la vendita o la pubblicazione

122 In senso critico, v. Anastasi A., op. cit., pp. 49-53.

109

di materiale religioso e il suo insegnamento, pur mantenendo la

possibilità della pratica religiosa privata.

La Costituzione precedente semplicemente non dichiarava la

religione di Stato, ammettendo comunque l’esistenza di più religioni

nello Stato123. Solo la II Costituzione si spinse oltre affermando di non

riconoscere alcuna religione 124 . E addirittura vietando ogni

associazione o propaganda religiosa125.

Tra la I e la II Costituzione dunque la differenza in questo

campo era palese: se prima l’ateismo voleva solo essere una

realizzazione della politica governativa, nella II l’ideologia si faceva

legge. E l’Albania è stata uno dei pochi paesi dove ciò si è

realizzato126.

123 L’art. 18 Cost. I recitava così: “A tutti gli cittadini è garantito la libertà della coscienza e del credo. La Chiesa è separata dallo Stato. Le comunità religiose sono libere nelle loro questioni del credo e anche nell’esercizio e nella loro pratica esterna. È vietato che la Chiesa e la religione siano usate per questioni politico-religiose. Inoltre sono vietate le organizzazioni politiche con base religiosa. Lo Stato non può aiutare materialmente le comunità religiose”. 124 Cfr. l’art. 37 Cost. II, secondo il quale: “Lo Stato non riconosce alcuna religione…”. 125 L’art. 55 Cost. II affermava che: “È vietata la creazione di qualunque organizzazione con carattere fascista, antidemocratico, religioso e antisocialista. È vietata l’attività e la propaganda fascista, antidemocratica, religiosa…”. 126 Alcuni tra gli altri Stati dove ha regnato una dittatura reale, con gli stessi princìpi, ma senza palesarli nella Costituzione, sono stati in Asia: Birmania 1962-’88 (Ne Win), Cambogia 1975-’79 (Pol Pot), Cina 1926-’49 (Chiang Kai-shek), 1949-’76 (Mao Zedong), Corea del Nord 1948- ancora c’è dittatura, Indonesia 1965-’98 (Suharto), Iran 1953-’79 (Mohammad Reza Pahlavi), 1979-’89 (Ruhollah Khomeini), Iraq 1973-2003 (Saddam Hussein), Laos 1975-2005, Mongolia 1924-’91, URSS 1917-’22 (Lenin), 1924-’53 (Stalin), Vietnam del Nord 1945-’75, Vietnam del Sud 1955-’75; in Europa: Albania 1946-’89 (Enver Hoxha fino al 1985), Austria 1933-’34 (Engbert Dolfuss), Bulgaria 1945-’89, Cecoslovacchia 1948-’89, Germania 1934-’45 (Adolf Hitler), Italia 1922-’45 (Benito Mussolini), Jugoslavia 1941-’45 (Ante Pavelic), 1945-’80 (Josip Broz, detto Tito), Polonia 1948-’89, Romania 1944-’89, Spagna 1939-’75 (Francisco Franco), Ungheria 1946-’89;

110

Dunque, se nella I Costituzione la libertà personale esplicata

nel sentimento religioso non era vietata, la II la osteggiava totalmente

e addirittura la puniva penalmente. Infatti, l’art. 55 c. p. del 1977

imponeva come pena la reclusione da tre a dieci anni per la

violazione dell’art. 55 della Costituzione.

In tale contesto, Hoxha venne parzialmente affascinato dalla

Rivoluzione culturale cinese, e sulla falsa riga di questo egli diede

ordine di confiscare moschee, chiese, monasteri e sinagoghe, che o le

distrusse o le trasformò in officine, magazzini, stalle, ecc.

La II Costituzione comunque non arrivò a vietare la pratica

privata del culto, ma solo la sua pubblicizzazione e per questo

vietava la divulgazione di manifesti religiosi. Di conseguenza, i

neonati non potevano essere chiamati con nomi di santi o comunque

religiosi.

A questo proposito è essenziale riportare la lettura dell’art. 55

della II Costituzione, che recitava: “È vietata la creazione di qualunque

organizzazione con carattere fascista, antidemocratico, religioso e

antisocialista.

nelle Americhe: Guatemala 1966-’74 (Peralta Azuria e Julio Cèsar Menguez Montenegro), Nicaragua 1967-’79 (Anastasio Somoza), Haiti 1957-’71 (Francois Duvalier), Cuba 1952-’58 (Fulgencio Batista), 1959-2008 (Fidel Castro), 2008- ad oggi (Raúl Castro), Argentina 1976-’83 (Giunta militare), Cile 1973-’90 (Augusto Pinochet), Paraguay 1954-’89 (Alfredo Stroessner); in Africa: Etiopia 1974-’91 (Mengistu Haile Mariam), Guinea Equatoriale 1968-’79 (Francisco Macías Nguema), ecc.

111

È vietata l'attività e la propaganda fascista, antidemocratica,

religiosa, guerrafondaia, antisocialista, come pure l'incitazione all'odio

nazionale o etnico”.

Quest’articolo, poiché emblematico, rendeva l’idea di come

l’ideologia comunista era decisamente più integrata nella II

Costituzione che nella I.

Come si può osservare non era solo la religione ad essere

bandita, ma anche tutto ciò che ideologicamente non era coerente con

il socialismo.

Infatti, sia nella I che nella II Costituzione si vietava l’eversione

fascista e questo atteggiamento era la chiara esplicazione storica della

volontà di libertà del popolo albanese dall’oppressore, ovvero dal

conquistatore — che a quell’epoca era Benito Mussolini —. Mentre

solo la II vietava la propagazione di ogni idea “antisocialista”.

Dunque, la II Costituzione in confronto con la I era “chiusa” ed

antidemocratica. Anche se, infatti, molto spesso nella II Costituzione

veniva usato il termine “democrazia”, essa non lo era affatto e lo

dimostrava proprio nel fatto dove dava per assodata l’equazione

democrazia = socialismo che dunque non rispetta la volontà del

popolo se divergeva dall’ideologia socialista.

112

Qualora dunque anche la maggioranza della popolazione

concordasse con un’ideologia antisocialista, essa sarebbe stata

considerata illegale e dunque punita con la prigione. E proprio per

questa ragione che quando una minoranza s’impone a una

maggioranza non si può avere mai una democrazia.

A ben vedere se la I Costituzione proponeva uno Stato sia pur

chiuso, ma almeno libero in qualche manifestazione personale, la II

chiudeva proprio a riccio lo Stato e imponeva ai suoi cittadini un

rigido controllo, realizzando nella pratica un vero e proprio regime.

E, infatti, come si è visto in precedenza, l’Assemblea popolare

era una sorta di “grande fratello”, giusto per usare un neologismo

caro ai contemporanei, che solo poteva garantire il corretto

funzionamento dell’intero sistema. Ed esso s’insinuava dappertutto,

perché solo così poteva essere efficace ed efficiente. Tutto quindi

andava controllato minuziosamente, come ad esempio gli scritti, le

pubblicazioni, ma pure la corrispondenza, le comunicazioni e via

dicendo.

E infine anche la proprietà andava annullata, perché il

capitalismo era contrario all’ideologia. Infatti, la teoria marxista-

leninista edificava il socialismo non sulla base della proprietà

capitalista statale, ma solo sulla base della proprietà sociale socialista

dei mezzi di produzione.

113

Questo sistema di governo, anche se sembrare aberrante agli

occhi del pensiero comune contemporaneo, aveva una sua ragione

storica ben precisa.

A mio parere, con la I Costituzione albanese si era solo

improntato un sistema di governo, per lo più transitorio e volto a

liberare l’Albania da ogni pressione esterna. Una volta resa libera ed

indipendente, però, l’Albania si era ritrovata quasi obbligata a creare

un sistema rigido di organizzazione statale, se non altro per difesa.

Testimoni di questa intenzione, infatti, erano gli infiniti bunker

di difesa e controllo che vennero fatti costruire negli corso degli anni.

Essendo uno Stato in posizione centrale rispetto ai molti paesi

contendenti, l’Albania storicamente ha sempre dovuto difendersi

dalle incursioni.

A mio giudizio, è probabile che il motivo per cui questa II

Costituzione è durata così a lungo era la conseguenza di una politica

restrittiva e la sua non democraticità.

114

CAPITOLO 3

IL CAMMINO VERSO LA DEMOCRAZIA:

L’ORGANIZZAZIONE POLITICA E LA STRUTTURA DELLO

STATO

3.1 La sconfitta del comunismo e la costituzione del sistema democratico

Il periodo di Hoxha terminò con la sua morte, avvenuta nel

1985. In quello stesso anno gli successe, anche come segretario del

Partito Comunista Albanese, Ramiz Alia127, che già lo aveva sostituito

in alcune manifestazioni pubbliche nel 1984.

127 Alia, musulmano di origine, era kosovaro ed aveva frequentato una scuola francese a Tirana. In gioventù aveva aderito a un’organizzazione fascista durante l’occupazione italiana dell’Albania. In realtà però anch’egli era socialista e, infatti, già nel 1943 era passato dal Partito Fascista al Movimento di Liberazione Nazionale, diventando ben presto commissario politico nelle forze partigiane albanesi, con il grado di luogotenente colonnello in una divisione dell’Esercito Nazionale di Liberazione dell'Albania. Alia, come Hoxha, rappresentava un pezzo della storia della liberazione del paese dalle dominazioni straniere e ciò è dimostrata dal fatto che, dopo il 1944, egli occupò posizioni dirigenziali nell’organizzazione giovanile del partito e nell’Ufficio Agitazione e Propaganda. Sebbene, ancora, particolarmente giovane e non avendo completato gli studi secondari, Alia era stato eletto nel 1948 come membro ufficiale del Comitato centrale del PLA (Partito del Lavoro d’Albania) e dall’anno successivo fino a tutto il 1955 fu direttore generale dell’Organizzazione dei Giovani Comunisti.

115

La sua figura era stata particolarmente apprezzata e sempre

interpellata per le questioni ideologiche. Per certi versi comunque il

suo comunismo era ben più tradizionalista e conservatore di quello

di Hoxha, tant’è che, ad esempio, si scagliò tenacemente contro il

“revisionismo” jugoslavo, sovietico e cinese. A questo proposito egli

cercò di osteggiare, in genere, i vari artisti e intellettuali che

cercavano di seguire modelli stranieri, essendo egli profondamente

convinto che fosse assolutamente necessario perseguire la pura

indipendenza culturale degli albanesi.

Però, al contrario di quanto si potesse immaginare, visto il

tradizionalismo di Alia, egli da subito diede una tendenza riformista

al partito incentrando la sua politica economica sugli incentivi

materiali per i lavoratori nel paese.

Alia si era reso conto che Hoxha aveva portato l’Albania alla

disfatta economica e per questo, nei quattro anni in cui fu in carica

come Capo dello Stato, cercò con tutti i mezzi di scongiurare il

disastro. Per fare ciò egli doveva per forza ammettere che l’apertura

politica era essenziale.

Al contrario di Hoxha, che aveva sempre avuto una predilezione per la Cina, Alia era più propenso per una vicinanza con l’URSS ed, infatti, nel 1954 andò proprio lì a concludere i propri studi superiori. L’anno dopo tornò in Albania e fu nominato Ministro dell’educazione e della cultura. Poi nel 1956 aveva la carica di segretario della Gioventù comunista e membro, senza diritto di voto, dell’Ufficio Politico (Politbyro) del Comitato Centrale del Partito del Lavoro d'Albania, del quale nel novembre del 1961 divenne membro effettivo.

116

Il 1990 fu un anno cruciale. Un anno prima l'Unione Sovietica

aveva abbandonato la Dottrina Breznev in favore di un non

interventismo negli affari interni dei suoi alleati.

In buona sostanza negli anni novanta tutta l’Europa orientale128

aveva dovuto cedere al multipartitismo129. Nonostante l’Albania si

manteneva ferma sulle proprie posizioni, insieme alla Jugoslavia,

Alia cercò di revisionare il sistema rimanendo fedele alla dottrina

comunista, anche se alla fine voleva evitare ad ogni costo di

concedere le elezioni multipartitiche.

Minacciato da una forte pressione popolare e soprattutto

motivato dalle continue e sempre più numerose fughe di cittadini

all'estero, Alia ammise alla fine il pluralismo politico consentendo le

prime elezioni, che comunque furono nuovamente vinte dagli ex

comunisti, probabilmente più per timore di ritorsioni che per volontà

popolare.

128 Per un approfondimento delle forme di governo negli Stati ex socialisti, cfr. AA. VV., Diritto pubblico comparato, Giappichelli G. Editore, Torino 2004, pp. 333-335. 129 Era, per es., il caso della Polonia. Mentre, l’Ungheria adottò il cosiddetto “pacchetto democratico” che prevedeva il pluralismo nel commercio, la libertà di associazione, di stampa, ecc., adottando solo in un secondo momento una legislazione democratica che prevedeva elezioni parlamentari multipartitiche e l’elezione presidenziale diretta. In Bulgaria le prime elezioni libere si tennero nell’estate del 1990, dopo di quelle del lontano 1931. In più, possiamo menzionare la Germania dell’Est, la Cecoslovacchia e persino la Romania.

117

Però, l’anno dopo si tenero nuove elezioni che questa volta

venero vinte dai democratici di Sali Berisha 130 . L’Albania era

finalmente riuscita a distaccarsi dalla morsa del comunismo.

Il 29 aprile 1991 veniva approvata la legge n. 7491 “Sulle

disposizioni costituzionali fondamentali”. Secondo le “Disposizioni

finali” di tale legge, le relative disposizioni avrebbero avuto efficacia

sino all’approvazione della Costituzione della Repubblica d’Albania,

il cui progetto doveva essere elaborato da una Commissione speciale

incaricata dal Parlamento, che inoltre doveva stabilire la sua

composizione e i termini di presentazione dello stesso progetto.

Infine, si disponeva pure l’abrogazione della Costituzione del 1976

(art. 45).

La legge costituzionale del 1991 si componeva inizialmente di

quattro titoli:

il Titolo I “Disposizioni generali”; il Titolo II “Organi supremi del

potere statale”; il Titolo III “Organi supremi dell’amministrazione

statale” ed il Titolo IV “Disposizioni finali”, per un totale di

quarantasei articoli.

130 Sali Berisha, nato il 15 ottobre 1944 a Tropoja, si laureò nella facoltà di medicina nell’Università di Tirana. Egli partecipò attivamente alla caduta del comunismo e fu eletto Presidente della Repubblica dalle prime elezioni libere che si erano svolte nel paese. Carica che occupò dall’aprile del 1992 fina a luglio del 1997. Inoltre, Berisha dal 1991 era il capo del Partito Democratico.

118

In seguito, essa è stata emendata a più riprese — con tante

leggi di revisione sino al novembre 1997 —, secondo la previsione del

suo art. 43, per il quale, su proposta del Presidente della Repubblica,

del Governo o di un quarto dei deputati, l’approvazione degli

emendamenti poteva essere effettuata dall’Assemblea con la

maggioranza di due terzi dei componenti.

Il suo contenuto, dapprima elementare, raggiunse in seguito

una dimensione più completa, dando vita ad un testo

complessivamente organico, pur se provvisorio secondo quanto

imposto dalle ricordate disposizioni della medesima legge n. 7491.

Le varie revisioni avvenute tra il 1991 ed il 1997 hanno

introdotto importanti modifiche, tra le quali si possono menzionare:

il numero dei deputati del Parlamento della Repubblica, la riforma

del consiglio dei Ministri, l’organizzazione della giustizia e della

Corte Costituzionale (con la conseguente sottrazione del sindacato di

costituzionalità al Parlamento), i diritti e le libertà fondamentali,

l’organizzazione ed il funzionamento del potere locale, il Consiglio

di Stato (organo con funzioni simili alla Corte dei Conti in Italia), la

bandiera, lo stemma, l’inno nazionale, ecc.

La Costituzione provvisoria del 1991 risultava pertanto, se non

profondamente trasformata, sicuramente completata nel cammino

119

dai successivi emendamenti, soprattutto da quelli introdotti dopo la

vittoria dei “democratici” nel marzo 1992.

Dell’impostazione precedente rimaneva tuttavia traccia nell’art.

16, relativo ai poteri dell’Assemblea, in base al quale essa

determinava gli indirizzi fondamentali della politica interna ed

estera dello Stato, con l’adozione di una formulazione tratta

direttamente dalla Costituzione socialista del 1976, togliendo

ovviamente l’obbligo di conformarsi in ciò alle direttive del Partito.

Quindi con la conferma di un elemento “assembleare”. Comunque,

lo Stato socialista era superato.

L’Assemblea eleggeva il Presidente della Repubblica ed

esercitava il “controllo” sul Consiglio dei Ministri, cui competeva

attuare l’indirizzo politico.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri veniva nominato dal

Presidente della Repubblica, insieme ai ministri che lo stesso capo

del Governo proponeva. Entro cinque giorni dalla sua formazione, il

Governo doveva presentare il suo programma politico davanti al

Parlamento per la mozione di fiducia.

I poteri del Presidente della Repubblica erano molto importanti

e di ampia interpretazione, dato che si trattava di un organo inserito

in una forma di governo parlamentare, con un ruolo di

120

rappresentanza dell’identità nazionale — di garanzia e non di

governo —. La controfirma ministeriale per i atti del Presidente della

Repubblica era prevista solo per alcuni di essi, come per es., la

ratifica dei trattati internazionali, la nomina e la revoca dei

diplomatici (peraltro su proposta del Presidente del Consiglio),

l’emanazione delle leggi, ecc.

3.2 Il colpo di Stato e la Costituzione del 1998

Nel 1997, quando la situazione democratica sembrava essere la

nuova realtà albanese 131 , scoppiava un nuovo movimento

insurrezionale132, che portava a nuove elezioni133, questa volta vinte da

un oppositore di Berisha, Fatos Nano, rappresentante dell’ideologia

socialista.

Ma la fazione socialista di Nano che elesse Presidente della

Repubblica Rexhep Mejdani 134 in realtà non aveva una larga

maggioranza ed infatti da subito fu accusata di aver compiuto brogli.

131 Rispetto alle origini della crisi albanese e il ruolo assunto dalle organizzazioni internazionali nella stessa, v. De Guttry A. e Pagani F. (a cur. di), La crisi albanese del 1997. L’azione dell’Italia e delle organizzazioni internazionali: verso un modello di gestione delle crisi?, Franco Angeli, Milano 1999, p. 23 ss. 132 La situazione dell’Albania negli anni 1996-’97 era caratterizzata da una rivolta interna. A causa della guerra civile l’organizzazione giuridica dello Stato esisteva appena e la nuova Costituzione non era stata ancora emanata. 133 Per un approfondimento del ruolo dell’Italia di fronte alla crisi albanese si veda, ad es., De Guttry A. e Pagani F. (a cur. di), op. cit., pp. 239-330. 134 Rexhep Mejdani, Presidente della Repubblica d’Albania tra il 1997 e il 2002, è nato a Elbasan il 17 agosto 1944. Dopo avere terminato gli studi universitari a Tirana nel 1966 e post universitari in Francia nel 1974, egli incominciò la carriera politica dopo la caduta del comunismo. Nel 1990 è

121

In questo periodo, in effetti, la situazione albanese era

estremamente critica dal punto di vista economico e pochi anni di

democrazia non erano riusciti a risollevare una situazione

catastrofica.

Il malcontento e la povertà generali permisero, quindi, un

ulteriore collasso della situazione, portandola ad una guerra civile

nella quale morirono più di due mila persone e fecero precipitare il

paese nel caos e nella disperazione.

Questo portò a un ripensamento ideologico e a un ritorno

temporaneo al socialismo, che però durò solo un anno, fino

all’adozione della nuova Costituzione nel 1998 e al ripristino della

democrazia, con l’avvento di Pandeli Majko il quale formava un

nuovo Governo.

A parte questi difficili anni di governo di fine millennio, la

situazione attuale vede le seguenti rappresentanze popolari:

• il Partito Socialista135 (Partia Socialiste e Shqipërisë, PS), che è una

diretta derivazione del Partito del Lavoro;

stato il Presidente del Comitato Centrale delle Elezioni. Egli, nel 1996-’97 dopo aver aderito al Partito Socialista, fu eletto Segretario Generale di quest’ultima. 135 Da pochi mesi è il partito di maggioranza che sta governando il paese, il cui Premier è Edi Rama.

122

• il Partito Democratico Albanese 136 (Partia Demokratike e

Shqipërisë, PD), che è un partito di conservatori;

• Partito Socialista per l’Integrazione (Partia Socialiste per

Integrim) 137;

• il Partito Socialdemocratico;

• il Partito per i Diritti Umani; e

• altri partiti minori come: il Partito Democristiano, il Partito

Agrario, il Partito Monarchico, ecc.

L’attuale democrazia è garantita dalla solida Costituzione

approvata quindici anni fa, che però, come può essere intuibile,

venne adottata dopo un difficile periodo di transizione. Subito dopo

la caduta del comunismo, infatti, si era attivato un progetto di nuova

Costituzione che fosse coerente con l’ideologia democratica

occidentale.

Con l’abbandono del comunismo, l’Albania cercava dunque di

allinearsi con quei paesi che fino a poco prima erano visti come

nemici pericolosi per l’unità nazionale.

136 All’inizio degli anni ’90 era il principale partito del paese. Invece, adesso è il partito d’opposizione con a capo Lulzim Basha, l’attuale sindaco di Tirana e l’ex-Ministro degli Interni nel Governo Berisha. La sua popolarità è calata moltissimo, perché quando ricopriva quest’ultima carica, non fu in grado di monitorare una pacifica manifestazione della popolazione svoltasi nella scalinata davanti alla Presidenza del Consiglio. L’assembramento, scoppiato dallo “scandalo Meta”, si concluse con l’uccisione di quattro innocenti cittadini. Per tutti gli albanesi è rimasta una macchia nera, quella che adesso chiamano solamente “la protesta del 21 gennaio 2011”. 137 Pur essendo il terzo partito albanese, con leader l’onorevole Ilir Meta, è tuttavia un partito influente nell’approvazione delle riforme.

123

Dal 1990 parte un colossale impegno per rinnovare in toto la

Costituzione e tutto l’ordine statale (v. supra, stesso cap., § 1) .

Un’impresa titanica, e non di poche difficoltà, poiché l’Albania,

avendo avuto per la prima volta nel 1991 le elezioni multipartitiche,

non era abituata e né capace di gestire tutto ciò che era frutto della

libertà.

Gli anni dal 1990 al 1994 furono anni di disordine politico-

amministrativo e di progressivo assestamento, che ora per fortuna

sono stati superati normativamente, ma che tutt’oggi hanno lasciano

segni profondi.

Il compito più gravoso per il Parlamento fu quello di approvare

in fretta e correttamente varie leggi fondamentali che riguardassero

questi temi fondamentali:

• il riconoscimento dei diritti e delle libertà fondamentali;

• la riorganizzazione della giustizia; e

• l’allineamento dello Stato albanese con gli stati occidentali.

Da questi punti fondamentali non si poteva prescindere per poi

gestire il riordino dello Stato. Ma il compito era veramente difficile,

dato che la realtà storica albanese, come si è visto, era stata molto

diversa da quella degli altri Stati. E non c’è cosa più difficile che

impostare ex novo in uno Stato qualcosa che prima non era per nulla

124

presente, nonostante che per tutti gli altri Stati questo qualcosa fosse

la normalità.

Dato che nella Costituzione provvisoria del 1991 non

mancarono le polemiche tra maggioranza e opposizione che

s’incentravano soprattutto nella definizione dei poteri del Presidente

della Repubblica, che, visti i precedenti, andavano necessariamente

ridimensionati al fine di garantire una maggiore democraticità. Pur

tuttavia l’attività parlamentare non permise di pervenire in quegli

anni a un testo organico e completo, pur essendo opinione comune la

necessità di avere una Costituzione completa.

Questa necessità portò addirittura il Governo, sempre nel 1994,

a tentare di far approvare una versione del testo costituzionale da

un’Assemblea non eletta dal popolo, ma pur sempre composta di

membri della maggioranza politica. A mio giudizio, quel tentativo

probabilmente non era una forma di prevaricazione politica, ma

esclusivamente una ricerca di stabilità.

Fatto sta che, contrariamente alle aspettative, invece di portare

ad una soluzione, non fece altro che sobillare ancor di più gli animi e

provocò accesi dissensi che sfociarono persino in sollevazioni di

rivolte popolari.

125

Del resto la procedura adottata, pur riferibile a uno stato di

emergenza, era assolutamente contraria ai princìpi del

costituzionalismo democratico.

Allora si ritenne opportuno sottoporre il progetto di nuova

Costituzione a un referendum confermativo, ma ancora una volta

questa non fu una soluzione con esito favorevole, dato che l’esito del

referendum fu negativo e i lavori di stesura e di modifica della

Costituzione dovettero riprendere da capo.

Tutti questi tentativi vani portarono ovviamente scompiglio in

una situazione che era già instabile e che fece aumentare il

malcontento generale.

Nell’estate del 1997, dopo l’insediamento del nuovo Governo, il

processo di elaborazione di una nuova Costituzione, avviato anche

dalla decisione del Parlamento n. 339 del 3 settembre di costituire

una Commissione costituzionale138 per predisporre il progetto, riprese

più celermente.

138 La Commissione era composta di ventuno membri, dodici dei quali appartenevano alla coalizione governativa. L’opposizione, con a capo Berisha, boicottò i lavori della Commissione, richiedendo o la convocazione di una tavola rotonda — per dare voce a tutte le forze politiche nella redazione del nuovo testo — o di un’Assemblea Costituente — dalla quale si poteva procedere a nuove elezioni —. La maggioranza scelse di procedere secondo la prima richiesta, la cui convocazione era prevista per il 22 agosto, ma che non si svolse per l’aggravarsi della tensione a seguito di arresti di personalità politiche vicine all’opposizione, le quali rivestivano importanti cariche statali.

126

Finalmente si realizzò un nuovo progetto di Costituzione,

questa volta in collaborazione con la Comunità Europea139, visto che

l’Albania da sola non riusciva più a gestire la situazione che

richiedeva un ampio consenso di tutte le forze politiche di

maggioranza e di minoranza presenti in Parlamento140.

La difficoltà apparente di questo progetto costituzionale è stato

dato dalla necessità di garantire l’assoluta trasparenza e

democraticità, nonché l’assenso dei paesi occidentali della Comunità

Europea141 e in particolare la possibilità di far partecipare tutti i

partiti, di maggioranza e di minoranza, ma anche il popolo — dato

che una volta approvato il progetto sarebbe stato sottoposto a

referendum popolare —.

Viste le circostanze, era indispensabile che il Ministero delle

Riforme Istituzionali collaborava con la Commissione Costituzionale

per il Referendum, insieme con le altre organizzazioni nazionali e

internazionali per raggiungere questo obbiettivo, che fu in parte

sponsorizzato dall’OSCE142.

139 Per un approfondimento del tema, cfr. Tesauro G., Diritto comunitario, IV ed., Cedam, Padova 2005, pp. 1-8. 140 Nell’ottobre l’ambasciatore dell’OSCE a Tirana in una sua lettera a Berisha, lo invitava a intervenire almeno nella fase parlamentare dei lavori, cioè prima dell’approvazione finale. 141 Per un quadro generale, v. soprattutto Zanghì C., Istituzioni di diritto dell’Unione Europea, IV ed., Giappichelli G. Editore, Torino 2003, pp. 50-102. 142 La Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa si è trasformata in Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa (OSCE) il giorno 5 dicembre del 1994. Attualmente l’OSCE è formata: 1) dal Consiglio dei Ministri degli esteri, con funzioni decisionali; 2) dall’Assemblea parlamentare, che non ha poteri decisionali rilevanti; 3) dal Comitato degli Alti Funzionari, con funzioni operative; 4) e dal Segretario con sede a Praga.

127

Inoltre, è rilevante specificare che dal dicembre ’97 fino a

settembre del ’98 il Ministero delle Riforme Istituzionali e la

Commissione parlamentare incaricata a partecipare all’elaborazione

della nuova Costituzione lavorarono congiuntamente. A tal

proposito, furono organizzati più di dieci forum dove, in una prima

fase, si discutevano le complesse questioni costituzionali per

focalizzare, in un secondo momento, quelle più adatte al paese.

Poi la Commissione iniziava a stilare la composizione del testo

costituzionale e nel giugno ’98 definiva un progetto iniziale, che

successivamente fu modificato di continuo prima di arrivare alla

versione definitiva che quasi venne totalmente rivista.

Partì a questo punto una seconda fase nella quale si diede in

esame il testo costituzionale alle varie organizzazioni, dentro e fuori

dell’Albania, mediante specifiche consultazioni di esperti

costituzionali stranieri, i quali fecero un’analisi indipendente del

contenuto tecnico del progetto143.

Inoltre, la Commissione per la composizione della Costituzione

insieme con altre istituzioni internazionali, organizzarono una serie

143 Di grande rilievo è stata l’assistenza della “Commissione per la democrazia attraverso il diritto” del Consiglio d’Europa, detta “Commissione di Venezia”. Essa era guidata da Antonio La Pergola e in varie occasioni le fu chiesto il proprio parere, dal punto di vista “tecnico”, rispetto al testo completo del progetto. Cui spicca la seduta di due giorni d’intenso lavoro con i rappresentanti della Commissione costituzionale albanese, svolta a Roma il 17 e il 18 luglio del 1998.

128

d’incontri per raccogliere eventuali suggerimenti, commenti e

opinioni sul progetto. Le sedute contemporaneamente venivano

supervisionate e seguite da un numero elevato di giuristi esperti,

professori di diritto costituzionale, politici ed diverse OJQ144 albanesi.

Il 30 settembre i lavori finirono e tra il 5 e il 20 ottobre

l’Assemblea riesaminava per l’ultima volta il testo proposto dalla

Commissione costituzionale, con la contestuale collaborazione delle

altre commissioni, quali per es.: dell’Ordine Pubblico, dell’Ambiente,

ecc.

Ovviamente tutto questo lavoro venne svolto apertamente e

pubblicamente, facendo partecipare la stampa senza alcuna

limitazione.

Solo in questa maniera si riuscì a dichiarare senza nessuna

esitazione che il progetto della Costituzione corrispondeva

pienamente ai modelli democratici Europei.

Il testo della nuova Costituzione, approvato dall’Assemblea

con la l. 8417 il 21 ottobre 1998145, venne sottoposto a referendum

144 OJQ (organizata jo qeveritare), in italiano, organizzazioni non governative (ONG). Il loro compito era importante e delicato. In pratica, si trattava di raccogliere ogni opinione e di esporla alla Commissione costituzionale, con la quale collaboravano fattivamente. 145 L’Assemblea approvò il progetto della nuova Costituzione, dapprima in linea di principio il 12 ottobre, con 110 voti a favore e nessuno contrario. Dopo la votazione articolo per articolo, la votò nel suo complesso il 21 ottobre con 115 voti favorevoli, nessun contrario e nessuna astensione, non avendo l’opposizione partecipato ai lavori, tranne qualche eccezione. Il referendum popolare venne convocato con decreto del Presidente della Repubblica il giorno 22

129

nazionale che la confermava il 22 novembre 1998 e sei giorni più

tardi, il 28 novembre, veniva proclamato con decreto del Presidente

della Repubblica dell’epoca (nr. 2260), Rexhep Mejdani.

Fino ad oggi essa è stata tre volte oggetto di revisione da parte

delle leggi costituzionali: n. 9575 del 13 gennaio 2007, n. 9904 del 21

aprile 2008 e n. 88/2012 del 18 settembre 2012.

3.3 Il preambolo, I Princìpi fondamentali (Parte I) e i Diritti e le libertà fondamentali dell’uomo (Parte II)

Alcuni dei princìpi fondamentali enunciati sono:

• il riconoscimento della sovranità popolare (art. 2 I comma);

• lo Stato democratico e pluralista;

• la Repubblica parlamentare, nello specifico per ciò che concerne

i rapporti fra le norme dello Stato ed il diritto internazionale (art.

5)146;

• il diritto dei cittadini ad organizzarsi in partiti politici;

• la libertà di religione e di coscienza dichiarando la neutralità

dello Stato riguardo questi temi (art. 10 II comma). Comunque, di novembre. In esso parteciparono il 50,57% degli aventi diritto e i voti favorevoli erano il 93,57%. Da parte sua, l’opposizione dichiarava, non solo di non volere riconoscere tale Costituzione, ma di avere già preparato un nuovo progetto della stessa. 146 Rispetto all’adattamento del diritto interno al diritto internazionale, v. Saulle M. R., op. cit., pp. 89-104.

130

la Costituzione garantisce il principio pluralistico che si

manifesta nella convivenza pacifica religiosa e nella tutela di

tutte le minoranze;

• la garanzia del mantenimento dei diritti nazionali ai cittadini

albanesi emigrati all’estero (art. 8 I comma);

• il sistema economico fondato sulla proprietà privata e pubblica

(art. 11 I comma);

• il ruolo delle forza armate come garanti dell’indipendenza e

dell’assetto costituzionale (art. 12 I comma), ecc.

La Costituzione è molto lunga e complessa: comprende 183

articoli, alcuni dei quali particolarmente dettagliati 147 , altri

estremamente generici148. Inoltre, la Carta costituzionale è un testo

aperto al futuro ed è, dunque, aperta alle innovazioni sociali.

Il testo costituzionale viene preceduto da un particolare

preambolo 149 , che definisce tutti i princìpi, le convinzioni e le

aspirazioni che sono essenziali per il popolo albanese, ma tuttavia

non hanno valore giuridico.

147 Ad es., l’art. 177 Cost. che disciplina la revisione della Costituzione. 148 Ad es., l’art. 59 Cost. che stabilisce gli obiettivi sociali. 149 Il preambolo della Costituzione della Repubblica d’Albania recita: “Noi, genti dell’Albania, orgogliosamente consci della propria storia, responsabilmente verso il futuro, con fede in Dio e/o negli altri valori universali, con la determinazione di costruire uno Stato di diritto, democratico e sociale, al fine di garantire le libertà e i diritti fondamentali dell’uomo, con afflato di tolleranza e di convivenza religiosa, con l’impegno alla tutela della dignità e della personalità umana, nonché alla prosperità dell’intera nazione, alla pace, al benessere generale ,alla cultura e alla solidarietà sociale, nell’ aspirazione secolare all’identità e all’unità nazionale, nella profonda convinzione che la giustizia, la pace, l’armonia e la collaborazione tra le nazioni sono i valori più alti dell’umanità.”.

131

Questo perché, l’immagine di fondo che questo testo vuole

offrire è la volontà precisa ed inalienabile di rappresentare una

democrazia che abbia una profonda sensibilità verso i diritti e le

libertà fondamentali dell’uomo.

Il preambolo svolge anche una funzione pedagogica nella

spiegazione dei Princìpi fondamentali e dei Princìpi generali su cui

essa si basa.

Il sistema parlamentare albanese anzitutto impone la divisione

dei poteri — infatti, l’art. 7 Cost. afferma: “Il sistema di Governo si

fonda sulla ripartizione e l’equilibrio tra i poteri legislativi, esecutivo e

giudiziario” — a garanzia dello Stato democratico.

Sempre nei primissimi articoli la Costituzione pone a

fondamento del proprio sistema giuridico i diritti e le libertà

fondamentali dell’uomo, che sono ritenuti inviolabili e inalienabili,

ma pure indivisibili, per tutti i cittadini albanesi, come pure per gli

apolidi o gli stranieri.

Nel Titolo I della Parte II (artt. 15-20) vengono enunciati “I

Princìpi Generali” riguardanti la tutela e il riconoscimento dei diritti

di libertà ed eguaglianza.

132

Viene dunque specificata la sovranità, le norme di diritto

internazionale 150, i diritti comuni a tutti gli albanesi (art. 19), la

neutralità religiosa (art. 20 II comma), ecc.

Su questa base viene definita l’uguaglianza di tutti i cittadini di

fronte alla legge, senza alcuna discriminazione di sesso, razza, ecc.151.

Di seguito il testo passa a stabilire i criteri dei diritti e delle

libertà, nonché la loro appartenenza, i propri limiti, basando il

sistema di valutazione sul principio di eguaglianza della cittadinanza

ma pure sulla tutela delle minoranze (artt. 16 I comma e 20).

Nel Titolo II (artt. 21-44) seguono: “Le libertà e i Diritti

Personali”, che riguardano il riconoscimento e la tutela del diritto di

libertà in tutte le sue descrizioni, nonché tutte le garanzie che al

cittadino albanese sono riconosciute in sede di giudizio. Inoltre, si

enuncia la garanzia e la tutela del diritto di proprietà ed i limiti di

intervento dello Stato.

150 L’art. 17 Cost.: “1. Le limitazioni ai diritti e alle libertà previsti in questa Costituzione possono essere stabiliti solo con legge in vista di un interesse pubblico oppure per la protezione dei diritti dei terzi. La limitazione deve essere proporzionale alla situazione che lo ha causato. 2. Queste limitazioni non possono ledere il contenuto essenziale dei diritti e delle libertà e in nessun caso possono eccedere le limitazioni disposte dalle norme previste nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo”. 151 L’art. 18 Cost.: “1. Tutti sono eguali davanti alla legge. 2. Nessuno può essere discriminato ingiustamente per motivi come, ad esempio, il sesso, la razza, la religione, l’etnia, la lingua, le convinzioni politiche, religiose o filosofiche, la situazione economica, il grado d’istruzione, la situazione sociale o la discendenza familiare. 3. Nessuno può essere discriminato per le cause sopraccitate al comma 2, se non esiste una giustificazione ragionevole e obiettiva”.

133

In questo titolo vengono specificate le forme di libertà

personale, quali per es.:

• il diritto alla vita (art. 21). Questo diritto è intimamente connesso

con le altre libertà, così come quella di espressione, anche a

mezzo stampa, della radiotelevisione (art. 22 II comma). Il diritto

alla vita però non è definito con cura. Infatti, su questo punto ci

sono molti pareri discordi inerenti la pena di morte. Non

essendo previsto in questa Costituzione il divieto alla pena di

morte, si dice solo che “la vita della persona è tutelata dalla legge”,

ma molto probabilmente e volutamente si sorvola il problema152;

• il diritto all’informazione (art. 23);

• la libertà di coscienza e di religione (art. 24). La Repubblica

specifica comunque la sua sostanziale laicità — come affermato

nell’art. 10 II comma “Lo Stato è neutrale nelle questioni religiose…”

—, il che serve a garantire la parità di ogni comunità religiosa

davanti allo Stato;

• la libertà personale (artt. 25-35). Vengono trattati e disciplinati in

senso stretto tutti i profili della detenzione, del processo e dei

diritti dell’imputato;

• la libertà e la segretezza della corrispondenza, del domicilio e

della residenza (artt. 36-38);

152 Nel 1999 veniva richiesta l’interpretazione dell’art. 21 Cost. e la stessa Corte Costituzionale si espresse contraria alla pena di morte. Per un’analisi approfondita, cfr. la sent. nr. 65 del 10/12/1999 della Corte Costituzionale. Nel 2000 il Parlamento abrogò la legge che autorizzava la pena capitale. Per tutti i condannati essa si convertiva all’ergastolo.

134

• il diritto di espatrio153;

• il diritto alla proprietà privata (art. 41), con il conseguente

riconoscimento delle donazioni, dell’eredità e di ogni altra

forma prevista dal Codice Civile. Viene previsto inoltre che ogni

espropriazione della proprietà privata da parte dello Stato154 si

possa effettuare soltanto per via di legge e qualora intercorra un

pubblico interesse. In questo caso, chi subisce l’esproprio deve

essere indennizzato della perdita subita155.

Il Titolo III (artt. 45-48) parla delle “Libertà e dei Diritti

Politici”. In particolare viene specificato il riconoscimento e la tutela

del diritto di voto (art. 45 I comma), di associazione ed

organizzazione in partiti (artt. 46 e 47).

Se da una parte, la Costituzione rende liberi di organizzarsi in

partiti politici, mirando al perseguimento dell’identità e dell’unità

del popolo albanese, dall’altra, vieta l’istigazione all’odio e alla

violenza156. Non devono poi essere organizzati come società segrete e

153 L’art. 39 Cost.: “1. Nessun cittadino albanese può essere espulso dal territorio dello Stato. 2. È ammessa l’estradizione solo nei casi previsti espressamente dagli accordi internazionali di cui la Repubblica albanese è parte, e solo con decisione giudiziaria. 3. È vietata l’espulsione collettiva degli stranieri. L’espulsione degli stranieri è ammessa solo alle condizioni prestabilite dalla legge”. 154 Ciò che nel diritto amministrativo italiano è definito con il termine “atti ablatori”. I tre requisiti previsti dalla legge sono: 1) pubblico interesse, 2) provvedimento di espropriazione e 3) il ricompenso. 155 Qualora il titolare della proprietà ritiene di non aver ottenuto una giusta ricompensa, può impugnare l’atto amministrativo di espropriazione davanti ad un tribunale competente. 156 La Costituzione all’art. 9 I comma pone un limite, quale: “…La loro organizzazione deve conformarsi ai principi democratici”.

135

hanno l’obbligo di pubblicare i propri bilanci, a garanzia della loro

democraticità157.

Il testo costituzionale all’art. 48 definisce il diritto di petizione e

di appello agli organi istituzionali. Quest’articolo della Carta è di

notevole importanza, per il fatto che dà la possibilità agli cittadini di

rivolgersi agli organi istituzionali dello Stato per le questioni,

problemi o fatti loro attinenti, stabilendo che: “Chiunque, da solo o

insieme agli altri, può rivolgere direttamente richieste, istanze od

osservazioni, agli organi pubblici, i quali sono obbligati a rispondere entro i

termini e alle condizioni stabiliti dalla legge”.

Il Titolo IV della Parte II della Costituzione (artt. 49-58)

definisce “Le Libertà e i Diritti Economici, Sociali e Culturali”. Viene

in primis riconosciuto e tutelato il diritto al lavoro ed il libero

esercizio della professione (art. 49 I comma) — cui si stabilisce che

“Ciascuno ha diritto di procurarsi i mezzi del proprio sostentamento con un

lavoro legale, di propria scelta o accettazione. Egli è libero di scegliere la

professione, il posto di lavoro, nonché la propria qualifica professionale” —,

all’organizzazione in sindacati (art. 50), allo sciopero (art. 51 I

comma) e alla previdenza sociale (art. 52).

Parallelamente al diritto di lavoro la Costituzione riconosce e

tutela la vita familiare, con un tocco di riguardo nei confronti dei più

157 L’art. 9 III comma Cost.: “Le risorse finanziarie e le spese dei partiti sono rese sempre pubbliche”.

136

deboli, come giovani, madri giovani o donne in gravidanza (art. 54).

Infatti, l’art. 53 pone il matrimonio e la famiglia come istituzioni

tutelati dallo Stato perché costituenti di esso, anche se è ammesso il

divorzio. La tutela dei minori (art. 54) e il relativo diritto

all’istruzione158 vengono come conseguenza della concezione della

famiglia espressa dalla Carta.

Seguendo i medesimi princìpi sociali, la Costituzione

garantisce anche l’assistenza sociale e sanitaria159, il che configura un

riconoscimento costituzionale alla riserva di legge (art. 55).

A parte ciò, viene considerato un dovere particolare da parte

dello Stato albanese per la salvaguardia dell’ambiente. Nello

specifico la Carta costituzionale propone un netto orientamento

verso l’informazione sulla tutela ambientale (art. 56), la quale

costituisce una grande innovazione introdotta nel testo del 1998.

Si delinea con questi articoli un quadro di tutela economico e

sociale che pone le basi di uno Stato di cultura: lo dimostra l’art. 57

158 All’art. 57 Cost. è enunciato: “1. Chiunque ha diritto all’istruzione. 2. L’istruzione scolastica obbligatoria è stabilita dalla legge. 3. L’istruzione media superiore pubblica è aperta a tutti. 4. L’istruzione superiore professionale e l’alta formazione possono essere condizionate solo da criteri di capacità. 5. L’istruzione obbligatoria e l’istruzione media superiore sono gratuite. 6. Gli alunni e gli studenti possono istruirsi anche presso scuole non pubbliche di ogni livello e grado, le quali sono istituite e funzionano in base alla legge. 7. L’autonomia delle istituzioni dell’alta formazione e la libertà accademica sono garantite dalla legge”. 159 Un approfondimento del tema in Montebugnoli A. (a cur. di), Questioni di welfare, Franco Angeli, Milano 2002, p. 227 ss.

137

riconoscendo non solo il diritto all’istruzione e l’obbligatorietà

scolare, ma anche l’autonomia delle istituzioni di alto livello.

Poi, a corollario della libertà religiosa e di pensiero, la

Costituzione specifica anche la libertà di espressione artistica e di

ricerca scientifica (art. 58).

“Gli Obiettivi Sociali”, che erano stati solo abbozzati nel titolo

quattro, vengono definiti in quello successivo (art. 59), che indica i

punti programmatici della politica sociale albanese nella successiva

emanazione di norme ordinarie di attuazione.

Viene ribadito l’impegno necessario per la difesa ambientale,

come un gesto essenziale per poter garantire la buona salute della

generazione presente e di quelle future.

La struttura democratica dello Stato, garantista degli obiettivi

sociali serve per realizzare il fine specificato nel II comma dell’art. 59:

“…La legge prestabilisce le condizioni e i modi che si possono adottare per la

realizzazione di questi obiettivi”.

Il Titolo VI (artt. 60-63) parla di una nuova figura: l’Avvocato

del popolo. Egli è ritenuto il difensore — ma pure il vigilante — delle

situazioni giuridiche soggettive.

138

Questo istituto, molto simile a quello francese “Mediateur” e a

quello spagnolo “Defensor de Pueblo”, ha il compito di connessione

amministrativo-legale tra il cittadino e l’Amministrazione Pubblica160.

Il fine della sua attività è l’assicurazione di una tutela adeguata161.

Viste le finalità della carica, l’Avvocato del Popolo è un’autorità

autonoma e indipendente162, con poteri d’istruttoria, d’informazione e

di sollecitazione dei provvedimenti dell’Amministrazione.

Egli è tenuto a riferire annualmente al Parlamento163, dal quale

viene eletto164, un rapporto ordinario e, solamente se specifici casi

rilevanti lo richiedano, altri straordinari.

160 Per un’analisi comparativa della figura dell’Ombudsman, si veda il fascicolo monografico della rivista Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, n. 4/2006. 161 Come è affermato nell’art. 60 I e II comma Cost., egli “…tutela i diritti, le libertà e gli interessi legittimi dell’individuo dalle azioni od omissioni illegali od irregolari degli organi della pubblica amministrazione. …è indipendente nell’esercizio delle sue funzioni”. Inoltre, la Costituzione gli conferisce importanti poteri, come specificato nell’art. 63 III e IV comma Cost.: “L’Avvocato del Popolo ha diritto di inviare raccomandazioni e proporre provvedimenti quando rileva casi di violazione dei diritti e le libertà dell’uomo da parte della pubblica amministrazione. Gli organi e i funzionari pubblici sono obbligati a fornire all’Avvocato del Popolo tutta la documentazione e le informazioni da lui richieste”. 162 L’Avvocato del Popolo s’impegna nel rispetto imparziale delle norme all’interno di un ambito settoriale sensibile della vita economico-sociale contro gli abusi provenienti dal potere amministrativo. La sua indipendenza è condizione fondamentale per l’imparzialità. Perciò, egli deve essere sganciato dal circuito di formazione dell’indirizzo politico, in particolar modo dai raccordi tradizionali che legano il Governo alla Pubblica Amministrazione. Il mandato può essere rinnovabile una sola volta. Per alcuni studiosi albanesi di diritto pubblico, questa possibilità di riconferma potrebbe determinare una forma di dipendenza nei confronti dell’organo competente a deliberarla e, infatti, questo è un punto sul quale si può discutere. Il 12 febbraio 2005, il giurista Ermir Dobjani fu stato rieletto per la seconda volta dal Parlamento, con novantanove voti pro, quattordici contro e otto astenuti alla carica di Avvocato del Popolo. 163 La Cost. all’art. 61 I comma stabilisce che egli: “…è eletto dai 3/5 di tutti i membri dell’Assemblea parlamentare, per un periodo di cinque anni, ed è rieleggibile”. 164 Dalla fine del 2011, la carica è ricoperta dal sig. Igli Totozani.

139

Oltre che lavorare su indicazione dei cittadini, l’Avvocato può

anche agire autonomamente qualora riscontrasse delle palesi

violazioni dei diritti civili.

L’Albania, avendo vissuto per un lunghissimo periodo sotto un

regime totalitario, ha dovuto assoggettarsi al volere di un’autorità

forte ed incontestabile. Il paese aveva proprio bisogno di questa

figura che fosse in grado di modificare radicalmente il rapporto del

cittadino con la Pubblica Amministrazione, esercitando il proprio

diritto di dialogo ed interrelazione con essa.

L’Avvocato del popolo, dunque, elimina ogni possibile abuso

dell’autorità della Pubblica Amministrazione165. Questa funzione ha

un duplice fine: da una parte, attenua il potere pubblico a garanzia

della democraticità e, dall’altra, il senso civico di ogni cittadino, che

ora da semplice soggetto diviene compartecipante dello Stato.

In questo modo, la Costituzione è riuscita a riattivare i

meccanismi di partecipazione sociale e politica e dunque a realizzare

un sistema di libertà del tutto confacente alla CEDU166, che, come

165 L’organo dell’Avvocato del Popolo è composto da vari uffici ed è ripartito in tre sezioni: la Sezione degli organi dell’amministrazione centrale e locale (composto di otto membri); la Sezione dei servizi speciali (cinque membri); e la Sezione generale (sei membri). 166 La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) del 1950. Ad essa aderiscono tutti i 47 membri del Consiglio d’Europa. La Convenzione nel 1959 istituì la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU).

140

noto, era il parametro minimo di tutela perché fosse accettata la

Costituzione in Europa.

Sezione I Il Parlamento

3.4 L’Assemblea nella Costituzione albanese

La Parte terza (artt. 64-85) della Costituzione è dedicata al

Parlamento. Alcuni articoli di questa parte sono stati modificati dalle

leggi di revisione della Costituzione n. 9675 del 13 gennaio 2007 e n.

88/2012 del 18 settembre 2012. L’Assemblea (Kuvëndi) è un organo

monocamerale che si compone di 140 deputati (art. 64 I comma),

eletti167 mediante il sistema proporzionale. L’Assemblea parlamentare

viene eletta per una durata di quattro anni (art. 65 I comma)168.

La Costituzione però pone dei limiti ferrei alla possibilità di

elezione. Infatti, l’art. 69 stabilisce che non possono essere eletti

deputati, se non si dimettono dal loro incarico:

167 La materia è disciplinata dalla l. 29/12/2008 nr. 10019 “Il codice elettorale della Repubblica d’Albania”, modificata dalla l. nr. 74/2012. 168 Nell’ XVIII legislatura, la coalizione di Centro-sinistra “Alleanza per l’Albania europea”, con a capo Edi Rama, ha vinto le elezioni tenute il 23 giugno di quest’anno. Fanno parte di questa coalizione: il Partito Socialista (65 seggi), il Partito Socialista per l’Integrazione (16 seggi), il Partito dell’Unione per i Diritti dell’Uomo (1 seggio) ed il Partito Democristiano (1 seggio). La coalizione di Centro-destra “Alleanza per l’occupazione, il benessere e l’integrazione” è composta di tre partiti: Democratico (50 seggi), Repubblicano (3 seggi) e Diritto, Integrazione e Unità (4 seggi).

141

• i magistrati giudicanti e del Pubblico Ministero;

• i militari in servizio e gli appartenenti alla polizia e alla

sicurezza nazionale;

• i rappresentanti diplomatici;

• i sindaci e gli prefetti;

• i presidenti e i componenti delle commissioni elettorali; e

• gli alti funzionari dell’amministrazione statale indicati dalla

legge.

Queste limitazioni sono ovviamente state poste sempre a

garanzia della democraticità costituzionale ed anche della neutralità

necessaria in determinate professioni.

Contemporaneamente poi, coerentemente con le limitazioni

precedenti, anche chi è stato eletto deputato successivamente non

può essere coinvolto in attività di profitto che derivi dalle risorse

dello Stato o del governo locale e neanche trarre profitto da esse (art.

70 III comma).

Il deputato eletto secondo quanto stabilito dalla Carta

cosrituzionale presta giuramento davanti all’Assemblea (art. 72).

Secondo l’art. 67 “1. Il Presidente della Repubblica riunisce

l’Assemblea parlamentare neoeletta non prima della scadenza della

142

precedente Assemblea e non più tardi di 10 giorni da tale scadenza. Quando

l’Assemblea precedente è sciolta anticipatamente, il Presidente della

Repubblica riunisce l’Assemblea neoeletta non più tardi di 10 giorni dopo

la proclamazione dei risultati elettorali.

2. Se il Presidente della Repubblica, non esercita questa sua competenza,

l’Assemblea parlamentare è automaticamente convocata nel decimo giorno

dalla scadenza indicata nel primo comma…”.

L’Assemblea appena insediata nomina il suo Presidente169, che

la presiede, dirige e controlla (nonché garantisce) la regolarità dei

lavori, assicura il rispetto del regolamento dell’Assemblea e, infine, la

rappresenta nei rapporti con i terzi (art. 76 I comma).

A ben vedere le sedute dell’Assemblea sono aperte al pubblico

(art. 79 I comma), invece il II comma dello stesso articolo stabilisce

che “Su richiesta del Presidente della Repubblica, del Primo

Ministro, o di 1/5 dei deputati, le sedute dell’Assemblea

parlamentare possono svolgersi segretamente, quando ciò sia

deliberato dalla maggioranza di tutti i suoi componenti”.

169 Il Presidente del Parlamento è l’onorevole Ilir Meta. Nella scorsa legislatura, e più precisamente da settembre del 2005, l’onorevole Josefina Topalli era il primo Presidente donna dell’Assemblea di tutta la storia parlamentare. Mentre che nelle due legislature precedenti (1997-2001 e 2001-‘05) ricopriva la carica di vicepresidente dell’Assemblea.

143

Collaborano e cooperano con i lavori dell’Assemblea le

Commissioni permanenti o temporanee, che vengono elette170 volta

per volta dall’Assemblea stessa (art. 77 I comma).

L’Assemblea, in quanto garante della democraticità, deve

vigilare sull’operato dei Ministri171, ed infatti il Primo Ministro e

qualsiasi altro membro del Consiglio dei Ministri sono obbligati a

rispondere a qualsiasi interpellanza ed interrogazione dei deputati

entro tre settimane (art. 80 I comma).

Il lavoro dell’Assemblea si divide in due sessioni (art. 74)

ordinarie ed una straordinaria:

1) dal terzo lunedì di gennaio;

2) dal primo lunedì di settembre; e

3) in ogni momento lo richieda, in via straordinaria, il Presidente

della Repubblica, il Primo Ministro o un quinto dei membri

dell’Assemblea stessa.

170 L’art. 77 II e III comma Cost.: “L’Assemblea parlamentare può e, su richiesta di un 1/4 di tutti i suoi componenti, deve istituire commissioni d’inchiesta per esaminare una particolare questione. Le loro conclusioni non sono vincolanti per la Magistratura, ma possono essere comunicate all’ufficio della Procura che le valuta secondo la procedura legale. Le commissioni d’inchiesta operano secondo le procedure previste dalla legge”. 171 Infatti, per quando riguarda questi ultimi l’art. 80 II comma Cost. stabilisce che: “Ciascun componente del Consiglio dei Ministri ha diritto di partecipare alle riunioni dell’Assemblea o delle sue commissioni; egli può prendere la parola ogni volta che lo richieda”.

144

Inoltre, l’Assemblea ha il compito di eleggere il Presidente

della Repubblica e di controllare l’attività governativa, nonché di

conferire o negare la fiducia.

3.5 La funzione legislativa

Il Titolo IV della Parte terza della Costituzione è dedicato al

processo legislativo e lo definisce nei minimi particolari.

Anzitutto specificato che il diritto d’iniziativa legislativa

appartiene al Consiglio dei Ministri, a ciascun deputato e a ventimila

elettori (iniziativa popolare)172.

A seguito delle proposte, la Costituzione stabilisce che esse

vengono esaminate dall’Assemblea, che le approva se ottiene la

maggioranza dei consensi.

Nel caso in cui si tratta di una legge speciale (art. 81 II comma),

sono necessari i 3/5 dei consensi173.

172 Art. 81 I comma Cost. 173 Le leggi speciali riguardano: l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni previste dalla Costituzione, la cittadinanza, il sistema elettorale, i referendum, i codici, lo stato d’emergenza, lo status dei funzionari pubblici, l’amnistia e l’organizzazione amministrativa territoriale della Repubblica.

145

Durante l’esame, il progetto di legge174 viene votato tre volte —

“in via preliminare, articolo per articolo e nel suo complesso” — e deve

essere necessariamente provvisto della relazione che documenta gli

oneri finanziari derivanti dalla sua applicazione (art. 82 I comma). La

legge entra in vigore dopo la promulgazione del Presidente della

Repubblica 175 (art. 84 I comma) e trascorsi quindici giorni 176 dalla

pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (art. 84 III comma).

174 La Cost. prevede una procedura abbreviata la quale, secondo l’art. 83 II e III comma, stabilisce che: “L’Assemblea parlamentare, su richiesta del Consiglio dei Ministri o di 1/5 di tutti deputati, può esaminare e approvare un progetto di legge, con procedura accelerata, ma non prima che sia trascorsa una settimana dall’inizio della procedura di esame. Il procedimento accelerato non è ammesso per i progetti di legge indicati nell’articolo, 81, comma 2, ad eccezione della lettera dh)”. 175 La Costituzione stabilisce nell’art. 85 che il Presidente della Repubblica può rinviare le leggi per il riesame all’Assemblea una sola volta. Però, se dopo il riesame, l’Assemblea lo approva con la maggioranza dei componenti, il Presidente della Repubblica è obbligato a promulgarla. 176 L’art. 84 al IV comma stabilisce che nei casi necessari e urgenti e quando lo decide la maggioranza dell’Assemblea, nonché dopo aver dato il via il Presidente della Repubblica, la legge entra in vigore immediatamente subito dopo la pubblicazione. La suddetta legge viene pubblicata nel numero più prossimo della Gazzetta Ufficiale.

146

Sezione II Il Presidente della Repubblica

3.6 Elezione e permanenza in carica del Presidente della Repubblica

Il meccanismo parlamentare collega strettamente tra loro il

Parlamento, il Presidente della Repubblica e il Consiglio dei Ministri.

Secondo l’art. 86 I comma il Presidente della Repubblica è il Capo

dello Stato e rappresenta l’unità nazionale (super partes).

Per quanto riguarda l’elezione del Presidente della Repubblica,

la Costituzione all’art. 86 II comma stabilisce che può essere eletto

soltanto un cittadino albanese sin dalla nascita, residente stabilmente

in Albania negli ultimi dieci anni e che abbia compiuto i quarant’anni

d’età.

Ciascun deputato può proporre solo un candidato e la

candidatura del Presidente della Repubblica è proposta dinanzi

all’Assemblea parlamentare da un minimo di venti deputati.

L’Assemblea lo elegge, con scrutinio secreto e senza dibattito, con la

maggioranza dei 3/5 dei componenti nelle prime tre votazioni,

mentre nelle ultime due con la maggioranza assoluta di tutti i

componenti. Se egli non viene eletto nelle cinque votazione il

147

Parlamento si scioglie e l’Assemblea successiva dovrà eleggerlo con

la maggioranza di tutti i componenti (art. 87).

Una volta raggiunto il quorum dell’elezione, prima di iniziare il

proprio mandato, il Presidente deve prestare secondo il III comma

dell’art. 83 Cost., il seguente giuramento di fedeltà alla Repubblica

davanti al Parlamento:

“Giuro di essere fedele alla Costituzione, e alle leggi nazionali, di

rispettare i diritti e le libertà dei cittadini, di salvaguardare l’indipendenza

della Repubblica albanese e di essere al servizio dell’interesse generale e al

progresso del popolo albanese”

Sempre secondo il III comma, il Presidente può aggiungere la

postilla “che il Signore sia con me”, ma non è tenuto a farlo qualora egli

non sia credente177.

Il mandato presidenziale dura cinque anni, o al massimo dieci

in caso di rielezione. Comunque sia, anche se con mandati non

successivi, la Costituzione sancisce che il Capo dello Stato non può

essere rieletto più di una volte (art. 88 I comma).

177 Bujar Nishani è l’attuale Presidente della Repubblica d’Albania.

148

A questo punto, bisogna ricordare che gli artt. 87 e 88 Cost.

sono stati modificati dalla legge di revisione costituzionale del 21

aprile 2008, n. 9904.

A mio parere, qui bisogna aprire una parentesi per vedere la

complessità della precedente procedura elettiva. Nell’originario art.

87 I comma veniva enunciato che la candidatura al Presidente

doveva essere proposta all’Assemblea da almeno venti deputati,

però, per quanto riguardava questi ultimi, veniva posto un limite, si

precisava che un deputato non poteva far parte di più gruppi

proponenti.

Il Parlamento eleggeva a scrutinio secreto il Presidente della

Repubblica — “cui il procedimento… inizia non oltre trenta giorni

anteriori alla scadenza del mandato presidenziale precedente”178 — se si

raggiungeva la maggioranza dei 3/5 dei componenti (art. 87 II

comma).

178 L’ex Presidente della Repubblica Alfred Moisiu è stato eletto il 24 giugno 2002. Nella seduta parlamentare erano presenti 134 deputati su 140, cui hanno votato pro novantasette, contro diciannove e quattordici astenuti, mentre quattro schede non erano valide. Mentre l’ex Presidente Bamir Topi venne eletto il 20 luglio 2007, con un voto in più degli ottantaquattro necessari previsti dalla Cost. Fino a quella data l’Albania giaceva paralizzata in piena crisi politica. La politica albanese si era animata per l’elezione del Presidente ben cinque mesi prima che il mandato di Alfred Moisiu scadesse. E vi erano voluti ben quattro round per eleggere il nuovo Presidente albanese. Ad ogni votazione Topi otteneva il maggior numero di voti, ma non arrivava agli 84 necessari. Però, infine la crisi venne risolta dalle file dei socialisti. Nel quattro round, dopo che Nano era stato già messo fuori gioco, si trovavano a gareggiare Topi ed il leader del PDA (Partito di Alleanza Nazionale) Neritan Ceka. Alcuni membri del PS hanno tradito la propria linea dell’opposizione partecipando alle votazioni in Parlamento. Bamir Topi, infatti, non sarebbe mai stato eletto senza i sei voti degli esponenti del PS. Il leader Rama provvede subito a espellere i sei membri in base a delle norme molto vaghe contenute nello statuto del Partito, mentre il capo del gruppo parlamentare socialista Ben Blushi diò le dimissioni in segno di protesta rispetto al “tradimento” interno.

149

Qualora però non si raggiungesse un simile risultato, entro

sette giorni dalla prima votazione veniva effettuata una seconda (art.

87 III comma). Se anche nella seconda votazione non veniva

raggiunta questa maggioranza, veniva effettuata, sempre entro sette

giorni dalla seconda votazione, una terza (art. 87 IV comma). Nel

caso in cui esistevano più di due candidati e nessuno di questi non

raggiungeva la maggioranza dei 3/5 dei membri dell’Assemblea, si

procedeva — secondo il V comma— ad una ulteriore votazione, però

solo tra i primi due candidati. Quando anche nella quarta e quinta

votazione non era raggiunta la maggioranza richiesta, il Parlamento

doveva sciogliersi ed entro 60 giorni si procedeva a nuove elezioni.

Come si vede il procedimento per l’elezione del Presidente

della Repubblica era molto rigido e difficile da raggiungere, anche

perché la nuova Assemblea doveva eleggerlo con lo stesso

procedimento e se entro la quinta votazione non veniva raggiunta la

maggioranza richiesta, che era sempre di 3/5 dei componenti, la

nuova Assemblea si scioglieva (art. 87 VIII comma). Il quorum per

l’elezione del Presidente veniva abbassato solo per l’Assemblea

successiva, che lo poteva eleggere a maggioranza dei suoi membri

(art. 87 IX comma).

150

3.7 Le garanzie di autonomia e le responsabilità

Il fatto che il Presidente della Repubblica nello svolgere la

propria attività sia autonomo non significa affatto che egli abbia

poteri indipendenti, infatti caratteristica comune a tutte le

democrazie parlamentari è proprio che il Presidente abbia

prerogative limitate179.

Secondo l’art. 92 Cost., al Capo dello Stato compete:

• l’inviò di messaggi all’Assemblea;

• la concessione della cittadinanza albanese;

• la concessione delle medaglie ed i titoli d’onore secondo la

legge;

• la concessione dei più alti gradi militari;

• la nomina e l’accreditamento, su proposta del Primo Ministro,

dei plenipotenziari della Repubblica d’Albania negli altri Stati.

Inoltre, riceve le lettere credenziali e il congedo dei

rappresentanti diplomatici degli altri Stati accreditati nella

Repubblica d’Albania;

• la ratifica degli accordi internazionali;

179 Il Capo dello Stato — in base all’art. 94 Cost. — “… non può esercitare altre funzioni salvo quelle che gli sono riconosciute espressamente dalla Costituzione e dalle leggi approvate in conformità ad essa”. Inoltre egli nell’esercizio delle sue competenze emana decreti (art. 93).

151

• la nomina del direttore del Servizio Informativo dello Stato;

• la fissazione della data delle elezioni per il rinnovo del

Parlamento,

• l’emanazione delle leggi180, ecc.

Egli, inoltre, deve svolgere il proprio lavoro in maniera

neutrale e deve essere slegato da qualsiasi ideologia partitica. Questo

perché egli è il garante della neutralità e della democrazia e non può

quindi schierarsi in alcun modo181.

3.8 I singoli poteri del Presidente della Repubblica

Il Presidente della Repubblica si pone in una condizione

particolarmente significativa quando esercita la sua funzione di

nomina dei membri del Consiglio dei Ministri (v. § 3.6.1), ma ancor

di più nei confronti della Magistratura quando:

• nomina i componenti della Corte Suprema (art. 136 I comma);

180 Solo una volta egli può apporre il veto. 181 La Costituzione enuncia all’art. 90 che: “1. Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni. 2. Il Presidente della Repubblica può essere rimosso per grave violazione alla Costituzione o per aver commesso un grave crimine. In tali casi, la richiesta di rimozione del Presidente della Repubblica è presentata da non meno dei 1/4 dei componenti dell’Assemblea parlamentare e deve essere sorretta dal voto di non meno dei 2/3 di tutti i suoi componenti. 3. La delibera dell’Assemblea parlamentare è inviata alla Corte costituzionale, la quale, quando accerta la colpevolezza del Presidente della Repubblica, ne dichiara la rimozione dalla carica”.

152

• presiede il Consiglio Superiore della Magistratura (art. 147 II

comma);

• nomina i componenti della Corte Costituzionale, anche se previo

consenso dell’Assemblea (art. 125 II comma);

• nomina il Procuratore Generale (art. 149 I comma);

• indice il referendum (art. 150 I comma);

• promulga le leggi approvate con il referendum (art. 151 I

comma);

• propone il Presidente della Corte dei conti (art. 162 II comma);

• comanda le Forze Armate (art. 168 II comma);

• propone lo stato di guerra (art. 171 I comma);

• emana il decreto di guerra (art. 172 I comma).

SEZIONE III IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA

3.9 La formazione e l’entrata in funzione del Governo

Per quanto riguarda il Governo, esso è diviso in due elementi

distinti:

• il Governo centrale (Consiglio dei Ministri); ed

• il governo locale (comuni, municipi e circoscrizioni);

153

Il Governo centrale è composto dal Primo Ministro, dal vice

Primo Ministro e dai Ministri (art. 95 I comma).

All’inizio della legislatura, ma anche in caso di vacanza, al

Presidente della Repubblica spetta la nomina del Primo Ministro.

Questa elezione non è però libera, in quanto viene limitata dalle

indicazioni del o dei partiti della maggioranza di Governo.

Il Presidente sottopone dunque la sua nomina all’Assemblea. Se

quest’ultima non approva la scelta, il Presidente è tenuto a fare una

seconda nomina entro dieci giorni (art. 96 II comma). Qualora anche

questa nomina non venisse approvata dall’Assemblea, sarà

quest’ultima, cioè essa stessa ad eleggere il Primo Ministro e al

Presidente della Repubblica rimarrà esclusivamente il compito di

nominare il prescelto (art. 96 III comma).

Ma se nemmeno l’Assemblea riuscisse nell’elezione, solo allora

il Presidente sarebbe tenuto a sciogliere l’Assemblea e a procedere a

nuove elezioni.

Come si può notare il sistema di nomine che propone la

Costituzione è complesso. Se prima, infatti, è l’Assemblea che ha

potere di veto sulle scelte del Presidente, alla fine è il Presidente che

scioglie l’Assemblea. Dunque, non esiste un vertice decisionale ed,

154

infatti, le scelte vengono operate sempre con la collaborazione di più

autorità preposte.

Passati dieci giorni dalla nomina, il Primo Ministro presenta il

programma politico e la composizione del Consiglio dei Ministri al

Parlamento182, per ottenere la fiducia183 (art. 97).

Comunque, una volta nominati il Primo Ministro184, il vice

Primo Ministro ed i Ministri sono tenuti a prestare giuramento di

fedeltà alla Repubblica davanti al Capo dello Stato.

Rispetto alla questione di fiducia, l’art. 104 Cost. stabilisce che

il Primo Ministro la può presentare all’Assemblea nei confronti del

Consiglio dei Ministri e se “…è votata almeno dalla metà di tutti i

componenti dell’Assemblea, il Primo Ministro entro 48 ore dalla votazione

della questione richiede al Presidente della Repubblica lo scioglimento

dell’Assemblea.

182 Il ministro non può esercitare nessun’altra attività statale né dirigere o partecipare a organi di società con fini di lucro. 183 V., ad es., Loiodice A. e Shehu N., La Costituzione albanese., Cacucci Editore, Bari 1999, p. 23 ss. 184 Secondo quanto stabilito nell’art. 102 Cost. “1. Il Primo Ministro:

a) rappresenta il Consiglio dei Ministri e presiede le sue riunioni; b) elabora e presenta le direttive politiche fondamentali di carattere generale dello Stato e ne è responsabile; c) assicura l’applicazione della legislazione e delle politiche approvate dal Consiglio dei Ministri; ç) coordina e controlla il lavoro dei componenti del Consiglio dei Ministri e delle altre istituzioni dell' amministrazione centrale statale; d) esercita le altre funzioni previste dalla Costituzione e dalla legge.

2. Il Primo Ministro risolve i conflitti di attribuzione fra i Ministri. 3. Il Primo Ministro nell’esercizio delle sue funzioni emana ordinanze. 4. Il Ministro, nel quadro delle direttive politiche fondamentali di carattere generale dello Stato, dirige sotto la propria responsabilità l’attività che spetta alla sua competenza. Il Ministro, nell’esercizio delle sue funzioni, emana ordinanze e direttive”.

155

2. Il Presidente della Repubblica scioglie l’Assemblea parlamentare entro

dieci giorni dal ricevimento della richiesta. La questione di fiducia non può

essere presentata durante il periodo dell’esame della mozione di sfiducia

secondo l’art. 105”.

Invece, l’art. 105 disciplina la mozione di sfiducia, prevedendo

che l’Assemblea ha diritto di presentarla — nei confronti del Primo

Ministro proponendo un altro — con un quinto dei deputati. Se la

mozione di sfiducia viene approvata dalla maggioranza dei membri

dell’Assemblea, il Presidente della Repubblica nomina il Primo

Ministro eletto, entro dieci giorni dalla votazione.

A

3.10 Il governo locale

Invece per quanto concerne il governo locale, la Costituzione

riserva un ampio spazio alle autonomie locali. Queste vengono

articolate in comuni, municipi e regioni (art. 108 I comma), che in

base all’art. 111 I comma hanno personalità giuridica.

Il sistema di articolazione del potere politico sul piano

territoriale viene delineato nella parte VI della Costituzione, che

prevede ed organizza le strutture rappresentative ed esecutive di

tutti gli enti locali (art. 109), attribuendo loro la responsabilità di

156

competenze di autogoverno, che debbono essere esercitate sia

mediante organi rappresentativi sia mediante l’utilizzo dell’istituto

referendario185.

Gli enti locali hanno competenze limitatamente ai rispettivi

ambiti territoriali, ma diversificate nei settori amministrativo e

tributario. Questa suddivisione territoriale è estremamente

importante per l’Albania, che, pur avendo un territorio non assai

ampio, si trova a dover gestire territori ben differenti da zona a zona

e con esigenze molto varie. L’autonomia territoriale è dunque

necessaria per poter organizzare al meglio il governo e gestire in

maniera risolutiva le problematiche locali.

Le autonomie locali albanesi sono del tutto simili alle regioni

autonome italiane a statuto speciale, in quanto la loro autonomia è

fortemente accentuata così come il loro distacco dal Governo

centrale186.

I comuni e i municipi sono gli organismi di base del governo

locale ed esercitano tutte le funzioni di autogoverno (art. 108 III

comma). Gli organi rappresentativi degli organismi di base sono i

Consigli, che vengono eletti ogni quattro anni a suffragio universale

185 Come viene affermato nel 4° comma dell’art. 108 “L’autogoverno degli enti locali si attua attraverso i loro organi rappresentativi e i referendum locali. I principi e le procedure dello svolgimento dei referendum locali sono previsti dalla legge in conformità anche con l’articolo 151 comma 2”. 186 Cfr., ad es., Anzon A., I poteri delle regioni nella transizione dal modello originario al nuovo assetto costituzionale, Giappichelli G. Editore, Torino 2003, p. 167 ss.; e Idem, Le potestà legislative dello Stato e delle regioni, Giappichelli G. Editore, Torino 2005, pp. 1-39.

157

e diretto. Invece l’organo esecutivo, del Municipio o del Comune, è il

Sindaco, il quale viene eletto — solo dai cittadini residenti

stabilmente nel territorio del rispettivo organismo locale (art. 109 III

comma) — direttamente dal popolo (art. 109 II comma).

Invece, la Regione è composta di più organismi di base del

governo locale aventi collegamenti economici ed interessi comuni. La

Regione è l’ente nel quale si forma e si attua la politica regionale, che

però deve essere in armonia con gli indirizzi del Governo centrale.

Il suo organo rappresentativo è il Consiglio della Regione187, nel

quale i comuni e i municipi, in proposizione alla loro popolazione,

designano i membri. Secondo il III comma dell’art. 110 Cost. “…Sono

sempre membri del Consiglio regionale i sindaci dei Comuni e de Municipi.

Gli altri suoi membri sono eletti su liste proporzionali tra i consiglieri

comunali o municipali, dai rispettivi consigli”.

187 L’art. 113 Cost.: “1. I consigli comunali, municipali e regionali:

a) regolano e amministrano autonomamente gli affari locali entro la loro giurisdizione; b) esercitano i diritti proprietari, gestiscono autonomamente le entrate prodotte, cosi come hanno il diritto di esercitare attività economica; c) hanno diritto di incassare e spendere le entrate che sono indispensabili per l'esercizio delle loro funzioni; ç) hanno diritto di fissare, in conformità con la legge, le imposte locali, nonché il loro ammontare; d) approvano le regole per la loro organizzazione e funzionamento in conformità con la legge; dh) determinano i simboli del Governo locale, nonché i titoli onorari locali; e) si fanno promotori di iniziative locali dinanzi agli organi stabiliti dalla legge.

2. Gli organi degli enti del governo locale adottano direttive, decreti e ordinanze. 3. I diritti di autogoverno degli enti del governo locale sono tutelati dinanzi alla magistratura”. Inoltre, il IV comma dell’art. 110 Cost. stabilisce che: “Il Consiglio regionale ha diritto di emanare ordinanze e decreti con efficacia vincolante generale per la Regione”.

158

Punto di raccordo tra le regioni e il Governo centrale è il

Prefetto, che in questo caso ha quasi la funzione dell’ambasciatore

all’estero. Infatti, egli si trova a dover congiungere talvolta due

sistemi organizzativi del tutto differenti pur coesistendo nel

medesimo Paese. È il Governo centrale che nomina il Prefetto della

Circoscrizione 188 così come, eventualmente, scioglie gli organi

elettivi189.

È vero dunque che l’autorità del Parlamento e quindi del

Governo centrale è indiscussa, ma non è raro riscontrare all’interno

dell’Albania sistemi organizzativi territoriali ben distanti

dall’apparato centrale190.

Non va dimenticato inoltre che sebbene l’Albania dimostri un

notevole interesse verso il decentramento avendo adottato non poche

riforme per accelerare tale processo, sono ancora molti i punti di

debolezza per dare attuazione alle diverse riforme. In particolare non

poche problematiche ha suscitato l’adozione dell’autonomia di

governance, data anche la netta mancanza di risorse finanziarie e alla

contestuale concentrazione della ricchezza in poche aree urbane. 188 Il Consiglio dei Ministri nomina il Prefetto come suo rappresentante in ogni Regione per una efficace ed efficiente coordinazione. Le competenze del Prefetto sono stabilite dalla legge (art. 114). 189 L’organo degli enti locali anche se direttamente elettivo può sciolto o rimosso dal Consiglio dei Ministri per gravi violazioni della Costituzione o delle leggi. Però, l’organo sciolto o revocato può proporre ricorso alla Corte Costituzionale entro quindici giorni e in questo caso la decisione del Consiglio dei Ministri viene sospesa. In caso di mancato ricorso, entro quindici giorni, o quando la Corte Costituzionale conferma la decisione del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Repubblica stabilisce la data delle nuove elezioni dell’organo dell’ente locale in questione (art.15). 190 L’art. 108 Cost. afferma: “…Altri enti del governo locale sono disciplinate dalla legge”.

159

Inoltre, è ancora debole la partecipazione attiva da parte dei

cittadini alla vita della comunità, dovuta per lo più alla forte

tradizione centralistica.

A

a

a

a

Sezione IV La Corte Costituzionale

3.11 Struttura e funzionamento

Una delle innovazioni più importanti introdotte dalla

Costituzione vigente è rappresentata dalla Corte Costituzionale. Va

detto che già nel 1991 era previsto un Consiglio Costituzionale con

funzione di controllo di legittimità costituzionale delle leggi.

Adesso, invece, la Corte Costituzionale albanese ha il compito

di garantire l’osservanza della Costituzione nella sua interpretazione

definitiva. Ad essa sono demandati dunque tutti i dubbi

interpretativi per porre una soluzione finale191.

Essendo la Costituzione sovraordinata rispetto ad ogni altro

atto normativo, essa va tutelata da parte della Corte Costituzionale.

191 Cfr. Abdiu F., Kushtetuta dhe Gjykata Kushtetuese e Republikёs sё Shqipёrisё (La Costituzione e la Corte Costituzionale della Repubblica d’Albania), Shtёpia Botuese Redona, Tiranё 2001, p. 96 ss.

160

In questo senso, il sindacato di costituzionalità costituisce

un’esplicitazione delle tesi espresse da Alexander Hamilton nei

Federalist Papers192. Nel presente saggio nr. 78 Hamilton (1755-1804)

sosteneva che: “Nessun atto legislativo contrario alla Costituzione può

essere valido. Il negarlo varrebbe ad affermare che colui che ha determinate

funzioni ha maggiore importanza di chi lo delega, che il servitore è al di

sopra del padrone (…) L’interpretazione delle leggi è compito preciso e

specifico delle Corti. Una Costituzione è, in effetti, e cosi deve essere

considerato dai giudici, una legge fondamentale. Spetta pertanto a loro

precisare i veri significati; Cosi come le conseguenze specifiche di ogni atto

che provenga dagli organi legislativi (...) Qualora dovesse verificarsi

discordanza insanabile fra la legge costituzionale e quella ordinaria, si

dovrà, naturalmente, dar preferenza a quella verso qui siamo legati da

obblighi maggiori; Essi dovranno basare le proprie decisioni sulle leggi

fondamentali e non su quelle che non sono fondamentali”.

Per poter svolgere correttamente la propria funzione, è

necessario che questo organo sia autonomo ed indipendente193. I

giudici della Corte ― nove come stabilito dall’art. 125 I comma ―

vengono nominati dal Presidente della Repubblica con il consenso

dell’Assemblea.

192 Si veda AA. VV., Il Federalista, Il Mulino, Bologna 1980, p. 624-625. 193 Nell’art. 124 II Cost. viene affermato che: “La Corte Costituzionale è soggetta soltanto alla Costituzione”.

161

Essi vengono scelti da un elenco di giuristi di alto profilo, cioè

tra coloro che hanno un’esperienza professionale non inferiore a

quindici anni. I giudici durano in carica nove anni e non possono

essere nuovamente nominati. La Corte si rinnova parzialmente di un

terzo dei membri ogni tre anni. Il Presidente della Corte viene

nominato dal Presidente della Repubblica, per un periodo di tre anni,

con il consenso del Parlamento (art. 125 IV comma).

I membri della Corte Costituzionale prestano giuramento

davanti al Presidente della Repubblica prima di assumere le proprie

funzioni (art. 129).

Tab. 1. La struttura amministrativa della Corte Costituzionale194.

194 Immagine scaricata dal sito internet www.gjk.gov.al (pagina della Corte Costituzionale), con particolare riferimento alla sottopagina della “struktura”.

162

La Corte Costituzionale ha delle importanti competenze,

secondo quanto affermato nell’art. 131 Cost.:

• giudica l’incostituzionalità degli atti normativi (lett. a, c);

• verifica l’incompatibilità tra gli accordi internazionali e la

Costituzione, prima della ratifica (lett. b);

• decide sui conflitti di attribuzione tra gli organi statali (lett.

ç)195;

• giudica sulla costituzionalità dei partiti e delle altre

organizzazioni politiche, nonché della loro attività conformemente

all’art. 9 Cost. (lett. d);

• dichiara la rimozione dalla carica del Presidente della

Repubblica (lett. dh)196;

• verifica l’eleggibilità e l’incompatibilità nell’esercizio delle

funzioni del Presidente della Repubblica e di deputato (lett. e);

• giudica sulla costituzionalità del referendum e proclama i

suoi risultati (lett. ë);

• giudica sui ricorsi delle persone fisiche per violazione di

diritti costituzionali197, verificatasi in un processo previsto dalla legge,

195 In Sadushi S., Kontrolli Kushtetues (Il controllo costituzionale), Shtёpia Botuese Botimpex, Tiranё 2004, pp. 114-121. 196 L’art. 90 II e III comma Cost. stabilisce che: “Il Presidente della Repubblica può essere rimosso per grave violazione alla Costituzione o per aver commesso un grave crimine. In tali casi, la richiesta di rimozione del Presidente della Repubblica è presentata da non meno dei 1/4 dei componenti dell’Assemblea parlamentare e deve essere sorretta dal voto di non meno dei 2/3 di tutti i suoi componenti. La delibera dell’Assemblea parlamentare è inviata alla Corte costituzionale, la quale, quando accerta la colpevolezza del Presidente della Repubblica, ne dichiara la rimozione dalla carica”. 197 L’art. 133 I comma Cost. stabilisce che: “L’ammissibilità dei ricorsi è deciso da un numero di giudici prestabilito dalla legge”.

163

allorché siano esauriti tutti i mezzi giudiziari stabiliti per la tutela di

questi diritti (lett. f).

L’art. 134 I comma Cost. enuncia che: “La Corte costituzionale si

attiva solo su richiesta:

a) del Presidente della Repubblica;

b) del Primo Ministro;

c) di non meno di 1/5 dei deputati;

ç) del Presidente dell’Alto Controllo di Stato;

d) di ogni tribunale nel caso dell’articolo 145, comma 2 di questa

Costituzione;

dh) dell’Avvocato del Popolo;

e) degli organi degli enti regionali e locali;

ë) degli organi delle comunità religiose;

f) dei partiti politici e delle altre organizzazioni;

g) dei singoli”.

In quest’ultimo caso, solamente se vengono violati i loro diritti

e le loro libertà fondamentali espresse nella Carta Costituzionale.

All’individuo gli è riconosciuto il diritto di presentarsi davanti al

supremo organo, per richiedere la revisione del caso dopo

l’esaurimento dei rimedi giurisdizionali ordinari. In apparenza

questo metodo equivale a un quarto round di giudizio, anche se

bisogna precisare che la Corte non riesamina tutto il giudizio. Perciò,

non è corretto parlare di un quarto round di giudizio.

164

Proprio per il carattere conclusivo e definitivo delle proprie

decisioni198, queste ultime sono considerate inappellabili (art. 124 I

comma). La Corte decide a maggioranza assoluta dei suoi membri

(art. 133 II comma) e le sue decisioni sono vincolanti (art. 132 I

comma). Queste ultime entrano in vigore dal giorno della

pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, però la Corte può stabilire che

la legge o l’atto normativo vengano abrogati con una diversa

decorrenza. E infine, l’opinione della minoranza dei giudici viene

resa pubblica con la decisione stessa della Corte. In buona sostanza

dunque la Corte Costituzionale è l’arbitro supremo della vita dello

Stato di diritto.

Invece, per quanto riguarda la cessazione del mandato di

giudice della Corte Costituzionale, esso cessa – come affermato

dall’art. 127 Cost. – quando il componente:

a) venga condannato con sentenza definitiva per aver

commesso un crimine;

b) si assenti ingiustificatamente dalla partecipazione

all’esercizio delle funzioni per di più di sei mesi;

c) compia l’età di settant’anni;

ç) rassegni le dimissioni; e

d) sia dichiarato incapace d’agire con sentenza definitiva.

198 Tutte le sentenze della Corte Costituzionale sono consultabili sul sito www.gjk.gov.al.

165

La cessazione del mandato del Giudice viene dichiarata con

decisione della Corte stessa. Se la carica di giudice rimane vacante il

Presidente della Repubblica, con il consenso del Parlamento, nomina

un nuovo giudice, il quale rimane in carica fino al termine del

mandato del giudice sostituito.

Inoltre, l’art. 128 Cost. stabilisce che: “Il giudice della Corte

costituzionale può essere rimosso dall’Assemblea parlamentare, con delibera

adottata dai 2/3 di tutti i suoi componenti, per violazione della Costituzione

, per commissione di un crimine, per incapacità mentale e fisica, per azioni o

atteggiamenti che screditano gravemente la posizione e l’immagine del

giudice. La delibera dell’Assemblea è esaminata dalla Corte costituzionale, la

quale, quando accerta che sussiste uno dei casi sopraindicati, dichiara la

rimozione dalla carica del componente della Corte costituzionale”199.

E per ultimo, il Presidente della Corte Costituzionale ―

secondo l’art. 126 Cost. ― non può essere incriminato senza il

consenso della Corte Costituzionale. Il giudice della Corte

Costituzionale è soggetto a fermo e ad arresto soltanto nei casi di

flagranza o di quasi flagranza. L’organo competente informa

immediatamente la Corte Costituzionale. Quando la Corte

199 Secondo l’interpretazione stabilita con la sent. nr. 75 del 19 aprile 2002 della Corte Costituzionale “Per l’interpretazione definitiva degli artt. 128, 140 e 149 II comma della Costituzione della Repubblica d’Albania”.

166

Costituzionale non confermi il provvedimento entro ventiquattro

ore, l’organo competente è tenuto a liberarlo.

3.12 I modi di accesso

La Costituzione, per quanto riguarda i modi di accesso alla

Corte Costituzionale, non detta alcuna espressa disciplina, anche se

esistono due distinti procedimenti: un procedimento in via incidentale

ed un procedimento in via principale o diretta.

a) Il procedimento in via incidentale nasce soltanto durante lo

svolgimento di un processo (civile, penale o amministrativo), in cui

verrà applicata una legge la costituzionalità della quale sia in dubbio,

cioè quando l’applicazione della legge o dell’atto normativo (di

dubbia costituzionalità) rileva ai fini della risoluzione di un caso

concreto, cui il giudice si trova a dover decidere. In questo caso il

giudice sospende il processo, creando, così, un incidente nel corso

del medesimo ― da qui il nome di procedimento in via incidentale ―

e solleva la questione di legittimità costituzionale davanti alla Corte

Costituzionale, l’unica abilitata a deciderla.

b) Il procedimento in via principale o diretta, invece, può essere

iniziato come affermato nell’art. 134 I comma Cost.

167

Invece nel secondo comma, sempre dello stesso articolo, viene

affermato che:

“I soggetti previsti dalle lettere dh, e, ё, f e g del comma 1 di questo

articolo, possono adire alla Corte solo per le questioni che concernono i loro

interessi”.

Come si evince il procedimento in via incidentale e il

procedimento in via principale o diretta dinnanzi alla Corte

Costituzionale riguardano un controllo cd. ex post facto, il che

significa che esso viene realizzato soltanto per confermare o meno la

costituzionalità della legge o dell’atto normativo, cioè è un controllo

a posteriori.

I tempi in cui la richiesta, dato che essa rappresenta il nodo

chiave, deve essere presentata davanti alla suprema Corte, per

essere esaminata dalla stessa, sono disciplinati dalla legge. La

richiesta deve contenere, oltre ad essere redatta in modo chiaro, in

base all’art. 28 della legge “Per l’organizzazione ed il funzionamento

della Corte Costituzionale della Repubblica d’Albania”:

- il nome del tribunale davanti alla quale si presenta;

- i dati del richiedente;

- l’oggetto;

168

- la relazione contenente i motivi;

- la documentazione necessaria; e

- la sottoscrizione dell’interessato o del suo legale.

In caso contrario, cioè quando essa non è completa, non viene

presa in considerazione. Invece se presentata regolarmente, viene

depositata presso la Segreteria della Corte per la registrazione

nell’apposito registro, per essere successivamente esaminata

preventivamente da un collegio composto da tre giudici della Corte

Costituzionale. Questo esame è una procedura di selezione delle

domande che vengono inoltrate. Il collegio decide a maggioranza se

la questione passa o no alla Corte nella sua totalità.

Data la complessità della procedura per l’esame preventivo di

una questione qualsiasi e dato che l’accesso alla Corte è consentito

anche alle persone fisiche, si verifica un rallentamento nei lavori, che

quasi paralizza l’attività dell’organo stesso. Da qui nasce

l’interrogativo, da parte di molti studiosi, se non sia meglio

restringere il campo dei soggetti abilitati ad attivare l’organo.

Però, ritornando al tema, una volta ottenuto il “sì” del collegio,

o della riunione dei giudici, il riesame dei casi passa alla Corte

Costituzionale, cioè in udienza collegiale, dove partecipano tutti i

membri — o, comunque, non meno dei due terzi —. Prima

dell’udienza viene designato un relatore che esplica la questione per

169

facilitarla durante la stessa. L’udienza viene preceduta dal Presidente

della Corte ed è pubblica, tranne alcuni casi, per es.: quando riguarda

la sicurezza pubblica ecc. Nel corso dell’udienza la Corte può

decidere, quando ritiene opportuno, di sospendere l’applicazione

della legge o di qualsiasi altro atto in esame, se questi

compromettano gli interessi individuali o sociali. In questo caso la

sospensione viene resa pubblica e continua fino al giorno della

decisione, salvo che la Corte non la rimuova prima.

Una volta effettuato il dibattito, i membri si riuniscono in

Camera di consiglio per discutere sulla questione e, infine, prendere

una decisione. I giudici che hanno partecipato all’esame preventivo

della questione devono partecipare anche alla votazione finale dove

si prenderà la decisione definitiva da parte della Corte stessa. Nel

caso in cui uno di essi non sia presente durante la discussione in

Camera di consiglio e nella votazione definitiva, la seduta viene

rimandata ad un’altra data. L’art. 133 II comma Cost. afferma che:

“La Corte costituzionale decide con la maggioranza dei tutti i suoi

componenti”, mentre l’opinione della minoranza viene resa pubblica

con la decisione stessa (art. 132 III comma Cost.) e l’astensione non è

ammessa. Da qui nasce un’ulteriore domanda: Cosa succederà nel

caso in cui i voti si equivarranno? Le risposte variano da Paese a

Paese: in alcuni Paesi, per es., vale il voto del Presidente, in altri ciò

significa la validità dell’atto che si giudicherà, e in altri ancora la

decisione viene considerata accolta finché non si raggiunge la

170

maggioranza. L’esperienza albanese rientra in quest’ultimo caso: se

la Corte accoglie l’istanza sollevata, in quanto in contraddizione con

la Costituzione, questo significa l’invalidità della disposizione stessa.

La decisione entra in vigore dal giorno della pubblicazione nella

Gazzetta Ufficiale, anche se la Corte può stabilire che la legge o l’atto

normativo siano abrogati con una diversa decorrenza (art. 132 II

comma Cost.).

Invece quando la Corte Costituzionale dopo la discussione in

Camera di consiglio non accoglie l’istanza, in quanto non ritiene la

legge o l’atto normativo in esame anti-costituzionale, la rifiuta. Qui

però non viene esclusa la possibilità in cui la stessa causa può essere

ripresentata alla Corte stessa (nonostante fosse una volta rifiutata)

per un nuovo esame. Tutto ciò perché la Corte può cambiare il suo

orientamento col passare del tempo.

3.13 I conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato

Nella Repubblica d’Albania la Corte Costituzionale, in quanto

organo di giustizia costituzionale, risolve i conflitti di attribuzione,

che si verificano, tra gli organi dello Stato, nonché tra questi e gli

organi del governo locale200 (art. 131 lett. ç)201.

200 Per quanto concerne il governo locale si veda l’art 108 della Costituzione. 201 In questo articolo viene affermato che: “La Corte costituzionale decide circa:

171

I conflitti che riguardano i poteri dello Stato, come per es. tra il

Presidente della Repubblica e il Ministro della Giustizia ecc., sorgono

quando uno di questi organi ritiene che una propria competenza è

stata esercitata da un altro organo.

In questa sede, però, si ritiene utile precisare che l’art. 131 lett. ç

Cost. esclude il conflitto sollevabile davanti alla Corte fra organi

appartenenti allo stesso potere ― si pensi, ad es., ad un conflitto fra

due Ministri o fra due organi giurisdizionali ―, anche se alcune

vicende istituzionali hanno, tuttavia, richiamato l’attenzione sul

problema dell’ammissibilità o meno di un conflitto d’attribuzione

che nasca sì tra due organi appartenenti allo stesso potere, ovvero tra

due componenti di uno stesso potere, a difesa di attribuzioni

costituzionalmente conferite, non all’organo complessivamente

inteso, ma ad una sua componente (per es. il Ministro della Giustizia

e la Corte dei Conti).

a) l’incompatibilità della legge con la Costituzione o con gli accordi internazionali, come previsto nell’articolo 122;

b) l’incompatibilità degli accordi internazionali con la Costituzione prima della loro ratifica; c) l’incompatibilità degli atti normativi degli organi centrali e locali con la Costituzione e con gli

accordi internazionali; ç) i conflitti d’attribuzione tra i poteri, cosi come tra il potere centrale il governo locale; d) la costituzionalità dei partiti e delle altre organizzazioni politiche, cosi come della loro attività,

secondo l’articolo 9 di questa Costituzione; dh) la rimozione dalla carica del Presidente della Repubblica e l’accertamento dell'impossibilità

dell’esercizio delle sue funzioni; e) le questioni riguardanti l’eleggibilità o l’incompatibilità nell’esercizio delle funzioni del Presidente

della Repubblica e dei Deputati, cosi come la convalida della loro elezione; ë) la costituzionalità del referendum e l’accertamento del suo risultato;

f) il giudizio definitivo sui ricorsi dei singoli per violazione dei loro diritti costituzionali ad un giusto processo legale, solo quando siano stati esauriti tutti gli strumenti giuridici di tutela di questi diritti”.

172

Invece, per ciò che attiene ai conflitti fra gli organi del governo

locale e quelli degli organi centrali dello Stato, il conflitto nasce

quando uno di questi ultimi ritiene che è stata violata una propria

competenza dagli organi degli Enti Locali, oppure viceversa. La

stessa cosa, però, si può dire anche per i conflitti che riguardano, o

meglio che sorgono, fra gli organi degli Enti Locali. In questo caso in

genere i conflitti riguardano atti amministrativi.

La Corte Costituzionale, in riferimento alla lett. ç dell’art. 131,

decide con ordinanza sull’ammissibilità del conflitto, cioè sul fatto se

il soggetto che l’ha promosso sia legittimato o meno e, solo in

seguito, una volta ammesso il conflitto, sul merito. Una volta ritenuto

ammissibile il ricorso, la Corte procede, nei confronti dei soggetti

controinteressati, alla notificazione.

La sentenza, che risolve i suddetti conflitti, determina, in primis

l’organo competente a esercitare la competenza oggetto di conflitto e,

in secondo luogo, l’annullamento dell’atto posto in essere

dall’organo incompetente.

173

3.14 Breve rassegna di alcune sentenze

Dopo aver trattato nei primi tre paragrafi della Sezione IV di

questo capitolo la Parte Ottava ― concernente la Corte

Costituzionale ― della Costituzione della Repubblica d’Albania,

approfondendo, o meglio prendendo in esame, nei minimi particolari

uno a uno tutti gli articoli al riguardo, invece nel presente paragrafo

ci soffermeremo sulla giurisprudenza della Corte, sviluppando

soltanto sei decisioni della stessa, concernenti gli organi centrali dello

Stato, qui di seguito riportate:

• la prima è la sent. n. 8 del 3 marzo 2000 L’interpretazione

dell’art. 179 I comma e dell’art. 127 I comma lett. “c” Cost.;

• la seconda è la sent. n. 37 del 23 giugno 2000 L’interpretazione

dell’art. 69 I comma lett. “d” e II comma, dell’art. 70 II comma e dell’art.

179 comma I e IV Cost.;

• la terza quella del 23 giugno 2000 n. 38 L’interpretazione

dell’art. 103 III comma Cost.;

• la quarta sent. è quella del 31 luglio 2000 n. 49 che concerne

L’interpretazione dell’ art. 134 II comma Cost.;

• la quinta sent. è la n. 28 del 22 febbraio 2002 L’interpretazione

degli artt. 96 e 97 Cost., nonché la sospensione delle procedure di

esaminazione del programma politico del Consiglio dei Ministri e della sua

composizione;

174

• ed, infine, la sesta sent. n. 18 del 14 maggio 2003

L’interpretazione dell’art. 77 II comma Cost.

3.14.1 LA SENT. 03/03/2000 NR. 8 “L’INTERPRETAZIONE DELL’ART. 179 I

COMMA E DELL’ART. 127 I COMMA LETT. ‘C’ COST.”

La presente sentenza ha avuto luogo a seguito della richiesta

avanzata dal Presidente della Repubblica, secondo il quale bisognava

fare chiarezza sulla durata in carica dei membri della Corte

Costituzionale. L’incompatibilità nasceva dal fatto che l’art. 179 I

comma Cost. stabilisce che: “Il mandato degli organi costituzionali che

esisteranno con l’entrata in vigore della presente Costituzione cesseranno

con i termini previsti secondo la legge n. 7491 in data 29.4.1991 “Per le

disposizioni principali costituzionali”, con le modifiche e le integrazioni

riguardanti”. Invece, l’art. 127 Cost. afferma nel I comma lett. “c” che:

“Il mandato di giudice della Corte Costituzionale termina quando:

c) compie l’età di 70 anni;”.

Come si evince la Costituzione, nel I comma dell’art. 127 lett.

“c”, prevede come causa di cessazione del mandato anche il

compimento dell’età di settant’anni, però quest’ultimo punto non è

previsto nell’art. 23 della l. 7651 del 29 aprile 1992 “Per alcuni

cambiamenti e integrazioni della l. nr. 7491 del 29 aprile 1991”: la legge

175

7651 nell’art. 23 consente, infatti, la continuazione del mandato anche

oltre il compimento del settantesimo anno di età, stabilendo inoltre la

durata massima in carica per nove anni.

Da qui sorge il dubbio, o meglio il conflitto, tra due norme

costituzionali, cui la prima è l’art. 127 I comma lett. “c” e la seconda è

l’art. 179 I comma, che prevede una riserva, in quanto recepisce

alcuni articoli delle leggi costituzionali degli inizi anni novanta, qui

sopra menzionati. In particolare, il conflitto si verificava, per

esempio, nel caso di un giudice della Corte, eletto prima dell’entrata

in vigore della Costituzione, cioè in base alle leggi costituzionali

degli anni ’90, che aveva compiuto settant’anni di età, e che, però,

non aveva ancora compiuto i nove anni di durata in carica. Si

trattava, quindi, di un contrasto fra due norme di rilevanza

costituzionale.

In effetti, la Corte Costituzionale, in quanto organo di giustizia

della stessa Costituzione ed inoltre di importanza fondamentale nello

Stato di diritto, si trova davanti alla problematica postagli dal Capo

dello Stato. Così la Corte il 3 marzo 2000 arriva alla decisione qui

sotto esposta:

Secondo l’art 179 comma 1 Cost., la l. nr. 7491 del 29 aprile 1991

“Sulle principali disposizioni Costituzionali”, con i cambiamenti e le

successive integrazioni, sarà applicata agli organi che sono entrati in

176

funzione con questa legge, solo per quanto riguarda la normale durata in

carica del mandato e non le cause di cessazione quali, com’è per esempio il

compimento del settantesimo anno di età, stabilito nell’art. 127 comma I

lett. “c” Cost., per i membri della Corte Costituzionale.

Da questa sentenza si trae come la Corte ha ritenuto opportuno

applicare la legge del 1991 e le successive modifiche, però solo per i

organi che sono entrati in funzione con questa legge, nonostante

quanto prevede l’art. 127 nel I comma lett. “c” Cost.

3.14.2 LA SENT. 23/06/2000 NR. 37 “L’INTERPRETAZIONE DELL’ART. 69 I

COMMA LETT. ‘D’ E II COMMA, DELL’ART. 70 II COMMA E DELL’ART. 179

COMMA I E IV COST.”

Questa decisione della Corte ― avanzata dalla richiesta di

trentasei deputati, rappresentati dall’onorevole Harizi S., i quali

costituiscono più di un quinto dei membri dell’Assemblea, dato che

la Costituzione all’art. 134 stabilisce che: “La Corte Costituzionale si

attiva solo su:

c) di non meno di 1/5 dei deputati;” ― riguarda se la carica di

membro dell’Assemblea è compatibile con quella del sindaco, più

177

precisamente se i sindaci hanno o meno il diritto di presentare la

candidatura di membro del Parlamento e se i membri di quest’ultima

possono presentare la candidatura per essere eletti sindaci. Però, si

ritiene utile ricordare che la stessa Carta Costituzionale proibisce, o

meglio non consente la compatibilità fra le due cariche suesposte, in

quanto l’art. 69 I comma lett. “d” della stessa afferma che: “Non si

possono candidarsi e non possono neanche essere eletti deputati, se non si

dimettono dal loro incarico:

d) i capi dei municipi e dei comuni così come i prefetti nei territori

dove espletano le loro funzioni;”. Come si vede la Costituzione vieta non

solo che i sindaci non possano presentare la candidatura, ma anche

che non possano essere eletti come membri dell’Assemblea. Invece il

II comma, sempre dello stesso articolo, stabilisce che: “Il mandato

conseguito in violazione del primo comma di questo articolo è invalido”.

L’art. 70 al II comma, per quanto concerne i membri dell’Assemblea,

recita che: “I deputati non possono esercitare contemporaneamente

nessun’altra carica statale, esclusa quella di componente del Consiglio dei

Ministri. Gli altri casi di incompatibilità sono stabiliti dalla legge”. Cioè la

Costituzione non vieta esplicitamente ai deputati di presentare la

candidatura e di essere eletti nella carica di sindaco, anche se la

risposta alla domanda ― Se i deputati sono legittimati o no di presentare

la candidatura e inoltre di essere eletti sindaci? ― viene data

indirettamente, secondo quanto affermato nel II comma dell’art. 70

Cost. e nell’art. 71 II comma lett. “c” il quale recita che: “Il mandato

del deputato cessa o è invalido nei casi seguenti:

178

c) se si accerta una delle condizioni d’ineleggibilità e d’incompatibilità

previste negli articoli 69 e 70, commi 2°, 3°”.

Per ciò che attiene al I e al IV comma dell’art. 179 della

Costituzione202, bisogna precisare che per quanto attiene al I comma è

bene ricordare che le leggi costituzionali del ’91 non trattavano la

compatibilità fra la carica di deputato e quella del sindaco, anche se

la l. 7556 del 04 febbraio 1992 “Per l’elezione dell’Assemblea della

Repubblica d’Albania”, modificata dalla l. 8055 del 01 febbraio 1996,

consentiva ai deputati di essere contemporaneamente eletti anche nei

organi del governo locale. Questo però non significa che

l’interpretazione dell’art. 179 Cost. consente agli eletti di avere il

diritto di ottenere nello stesso tempo due mandati fino alla loro

scadenza. Anche perché l’art. 179 risolve il problema chiave che è

quello della durata del mandato degli organi costituzionali, tra i

quali anche quelli degli organi del governo locale.

La Corte Costituzionale, in base a quanto sopra detto, ha deciso

che:

Secondo l’art. 69 I comma lett. “e” e II, l’art. 70 II comma e 71 II

comma lett. “c” della Costituzione della Repubblica d’Albania, i sindaci dei

202 L’art. 179 I e IV comma: “Il mandato degli organi costituzionali che esisteranno con l’entrata in vigore della presente Costituzione cesseranno con i termini previsti secondo la legge nr.7491 in data 29.4.1991 "Per le disposizioni principali costituzionali" con le modifiche e le integrazioni riguardanti. (…) Gli enti del governo locale proseguono all’esercizio fino alla scadenza del loro mandato”.

179

municipi e dei comuni non hanno il diritto di candidarsi e di essere eletti

deputati ed al contrario, i deputati non hanno il diritto di candidarsi e di

essere eletti sindaci dei municipi e dei comuni, senza dare le dimissioni dalla

carica. Il mandato di deputato non è compatibile con quello di sindaco dei

municipi e dei comuni.

3.14.3 LA SENT. 23/06/2000 NR. 38 “L’INTERPRETAZIONE DELL’ART. 103

III COMMA COST.”

Un gruppo composto da 36 deputati dell’Assemblea,

rappresentati dall’onorevole Braho S., ― i quali superano un quinto

dei membri dell’organo stesso per richiedere l’attivazione della Corte

Costituzionale ― ha richiesto l’interpretazione del III comma dell’art.

103 Cost., che afferma: “I componenti del Consiglio dei Ministri

beneficiano dell’immunità parlamentare”. Per i membri del Consiglio che

sono anche membri dell’Assemblea viene applicata la procedura

prevista per questi ultimi, e fin qui tutto è chiaro, ma la domanda

sorge per i membri del Consiglio che non sono anche membri del

Parlamento, cioè per quanto attiene la rimozione della immunità e la

determinazione dell’organo che dà il via all’autorizzazione a

procedere nei confronti di questi ultimi. Così la Costituzione tace per

180

quanto concerne l’organo che debba provvedere, in alcuni casi, alla

rimozione della immunità e la concessione dell’autorizzazione a

procedere per quanto riguarda i membri del Consiglio che non sono

membri del Parlamento. In base a quanto fin qui enunciato appare

evidente per il richiedente di stabilire l’organo competente.

Comunque, l’art. 103 attribuisce a loro un diritto particolare in

quanto riserva l’immunità prevista per i deputati, tutto ciò a causa

dell’importante funzione che essi svolgono.

Da quanto ivi sopra risultato la Corte Costituzionale raggiunge

questa decisione:

Per la concessione dell’autorizzazione a procedere e per la rimozione

dell’immunità parlamentare nei confronti dei membri del Consiglio dei

Ministri, i quali non coprono anche la carica di deputato, verrà applicata la

stessa procedura prevista per i deputati.

Come si vede dalla sentenza, la Corte ha stabilito la stessa

procedura ― relativa all’immunità parlamentare e all’autorizzazione

a procedere ― che riguarda i deputati dell’Assemblea, sia per i

membri del Consiglio che sono membri del Parlamento e sia per

quelli che non sono membri di quest’ultima, demandando, in

definitiva, all’Assemblea la competenza per quanto attiene a queste

due questioni.

181

3.14.4 LA SENT. 31/07/2000 NR. 49 “L’INTERPRETAZIONE DELL’ART. 134 II

COMMA COST.”

La presente sentenza invece ha avuto luogo dalla richiesta

avanzata dall’Avvocato del Popolo, Sig. Dobjani, il quale si è rivolto

alla Corte Costituzionale per l’interpretazione del II comma dell’art.

134 Cost203.

Tra i soggetti previsti in questo articolo c’è anche quello

dell’Avvocato del Popolo, però in base al II comma, quest’ultimo ―

enunciato nella lett. “dh”, nonché gli altri, lett. “e”, “ё”, “f” e “g” ―

può adire alla Corte “…solo per le questioni che concernono i loro

interessi”. Questi interessi possono essere per es.:

203 L’art. 134 recita che: “1. La Corte costituzionale si attiva solo su richiesta: a) del Presidente della Repubblica; b) del Primo Ministro; c) di non meno di 1/5 dei deputati; ç) del Presidente dell’Alto Controllo di Stato; d) di ogni tribunale nel caso dell’articolo 145, comma 2 di questa Costituzione; dh) dell’Avvocato del Popolo; e) degli organi degli enti regionali e locali; ë) degli organi delle comunità religiose; f) dei partiti politici e delle altre organizzazioni; g) dei singoli. 2. I soggetti previsti dalle lettere dh), e), ë), f), g) del comma 1 del articolo presente, possono fare richiesta solo su questioni in cui abbiano interesse”.

182

• le cause legate alla difesa dei diritti, delle libertà e degli

interessi legittimi degli individui, come stabilito nell’art. 60 I comma

Cost.204 e nella l. 8454 del 04 febbraio 1999 “Per l’Avvocato del Popolo”;

• le cause riguardanti la sua indipendenza nell’esercizio delle

funzioni (art. 60 II comma e l’art. 63 Cost.);

• le cause legate al budget ecc.;

• le cause attinenti la sua elezione, nonché la permanenza in

carica e l’incompatibilità di quest’ultima (artt. 61 e 62 Cost.).

Qui di seguito, però, bisogna precisare che in base all’art. 134

Cost. i soggetti che possono mettere in movimento la Corte

Costituzionale si dividono in due gruppi: soggetti che possono

esercitare una richiesta in modo incondizionata, cioè quelli compressi

nelle lett. “a”, “b”, “c”, “ç” e “d”, ed in soggetti che esercitano una

richiesta condizionata, cioè “solo per le questioni che concernono i loro

interessi”, lett. “dh”, “e”, “ё”, “f” e “g”. Da questa differenza che si

ricava nel II comma dello stesso articolo, e che include le categorie

che possono esercitare una richiesta condizionata, viene incluso

anche la figura dell’Avvocato del Popolo.

Inoltre, in base alla l. 8577 del 10 febbraio 2000

“Sull’organizzazione ed il funzionamento della Corte Costituzionale della

Repubblica d’Albania”, l’Avvocato del Popolo ha il diritto di rivolgersi

204 La Cost. all’art. 60 I comma stabilisce che: “L’Avvocato del Popolo tutela i diritti, le libertà e gli interessi legittimi dell’individuo dalle azioni od omissioni illegali od irregolari degli organi della pubblica amministrazione”.

183

alla Corte Costituzionale per la compatibilità della legge con la

Costituzione oppure con gli accordi internazionali (art. 49), per la

compatibilità degli accordi internazionali con la Costituzione (art. 52)

e per l’interpretazione della Costituzione (art. 71), sempre quando

queste questioni concernono il suo interesse.

La Corte a proposito della richiesta si è pronunciata in merito

nel modo seguente:

L’Avvocato del Popolo, in base all’art. 134 II comma Cost., può

rivolgersi alla Corte Costituzionale nei casi previsti dagli artt. 49, 52 e 71

della l. 8577 del 10. 02. 2000 “Sull’organizzazione e il funzionamento della

Corte Costituzionale della Repubblica d’Albania”, per le questioni che

concernono i suoi interessi in difesa dei diritti, delle libertà e gli interessi

legittimi dell’individuo, quando queste vengono violate dalle azioni od

omissioni illecite ed illegittime dagli organi della Pubblica Amministrazione

e constatate dall’Avvocato del Popolo, nonché quando vengono violate le

norme costituzionali per l’organizzazione ed il funzionamento della sua

istituzione.

184

3.14.5 LA SENT. 21/02/2002 NR. 28 “L’INTERPRETAZIONE DEGLI ARTT. 96

E 97 COST., NONCHÉ LA SOSPENSIONE DELLE PROCEDURE DI

ESAMINAZIONE DEL PROGRAMMA POLITICO DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI E

DELLA SUA COMPOSIZIONE”

L’art. 96 Cost. stabilisce che: “1. Il Presidente della Repubblica, all’inizio

della legislatura, così come quando l’incarico del Primo Ministro rimane

vacante, nomina il Primo Ministro, su proposta del partito o della coalizione

dei partiti che hanno la maggioranza dei seggi nell’Assemblea parlamentare.

2. Se il Primo Ministro nominato non viene approvato dall’Assemblea

parlamentare, il Presidente della Repubblica nomina un nuovo Primo

Ministro entro 10 giorni.

3. Se di nuovo entro 10 giorni anche il Primo Ministro così nominato non

viene approvato dall’Assemblea parlamentare, l’Assemblea elegge un altro

Primo Ministro. In questo caso il Presidente della Repubblica nomina il

nuovo Primo Ministro.

4. Quando l’Assemblea parlamentare non riesce ad eleggere il nuovo Primo

Ministro, il Presidente della Repubblica scioglie l’Assemblea”.

Invece, l’art. 97 Cost. afferma che: “Il Primo Ministro nominato

secondo l’articolo 96, gli articoli 104 o 105, presenta entro 10 giorni, per

l’approvazione all’Assemblea parlamentare, il programma politico del

Consiglio dei Ministri, compresa la sua composizione”.

185

Questi due articoli della Carta fondamentale, facenti capo alla

Parte Quinta intitolata “Il Consiglio dei Ministri”, sono stati posti

all’attenzione della Corte Costituzionale da parte di un gruppo di

ventinove deputati dell’Assemblea. La riunione dei membri della

Corte del 20 febbraio 2002 constato che il Parlamento aveva iniziato,

secondo questi due articoli della Costituzione, la procedura per

l’approvazione della nomina del Primo Ministro, insieme al

Programma politico e la composizione del Consiglio dei Ministri.

Però dopo la discussione della richiesta di sospensione, presentata

dai ventinove membri dell’organo legislativo, la riunione dei giudici

della Corte decise la sospensione degli due artt. 96 e 97 Cost., fino

alla data della relativa decisione, per i quali si doveva esprimere in

merito: interpretandogli.

Tutto ciò sulla base degli artt. 1 e 45 legge n. 8577 del 10

febbraio 2000 “Per l’organizzazione ed il funzionamento della Corte

Costituzionale della Repubblica d’Albania”.

L’art. 96 Cost. da una prima lettura crea l’idea che la non

approvazione della nomina di Primo Ministra da parte

dell’Assemblea causa una crisi politica, che sia governativa o

parlamentare. Accettando questa affermazione significa ammettere

che la non approvazione, da parte del Parlamento, del Programma

politico e della composizione del Consiglio dei Ministri — secondo

l’art. 97 Cost. — non provoca nessuna conseguenza giuridica

186

costituzionale, perché l’Assemblea concede la fiducia al Primo

Ministro solo per le sue qualità personali e non per il Programma

politico ed i membri dell’esecutivo stesso, da egli presentati.

Naturalmente, un’interpretazione del genere dell’art. 96 Cost.

lascia presumere che sia erronea, anche perché il Parlamento ha una

fondamentale importanza nella formazione e nel controllo del

Consiglio dei Ministri, senza nulla togliere al Programma politico.

Risulta così evidente che il Parlamento concede la fiducia al

Consiglio dei Ministri soprattutto per la sua composizione e per il

Programma politico che viene presentato e non solo per le qualità

personali del Primo Ministro, che lo guiderà e rappresenterà. Si

evidenzia che l’approvazione della nomina del Capo di Governo non

sia separata dall’approvazione del programma politico e della

composizione del Consiglio dei Ministri.

Mentre, l’art. 97 Cost. obbliga che il Primo Ministro entro dieci

giorni, dalla nomina del Presidente della Repubblica, si presenti

all’Assemblea, insieme al Programma politico e la composizione del

Consiglio dei Ministri per l’approvazione. Lo scopo di questa

disposizione è quello di sottoporre all’approvazione del Parlamento:

il Primo Ministro nominato, il Programma politico, nonché la

composizione del Consiglio stesso. Tutto ciò solo per concedere la

fiducia all’esecutivo. Invece se interpretato erroneamente ed in modo

rigido, secondo l’art. 96 Cost., risulta chiaro che l’art. 97 Cost., il

187

quale afferma: “Il Primo Ministro nominato secondo l’art. 96,…” sarebbe

formulato in modo diverso: “Il Primo Ministro approvato secondo l’art.

96,…”. Come si vede, queste due affermazioni sono totalmente

diverse e risulta palese il significato dell’art. 97 Cost., il quale,

comunque, chiarisce l’art. 96 Cost., per chi gli vuole dare una diversa

ed erronea interpretazione.

Da quanto fin qui esposto, la Corte Costituzionale, in quanto

organo di giustizia costituzionale, decide che:

“Il Primo Ministro nominato dal Presidente della Repubblica viene

approvato dall’Assemblea insieme al Programma politico ed alla

composizione del Consiglio dei Ministri.

In questa sede si rimuove la sospensione delle procedure di

esaminazione per l’approvazione da parte dell’Assemblea del Primo

Ministro, del Programma politico e della composizione del Consiglio dei

Ministri, decisa con la decisione presa il 20 febbraio 2002 dalla riunione dei

giudici di questa Corte”.

188

3.14.6 LA SENT. 14/05/2003 NR. 18 “L’INTERPRETAZIONE DELL’ART. 77 II

COMMA COST.”

Invece, in quest’ultima sentenza presa in esame, un gruppo di

parlamentari, più precisamente trentasei, dell’Assemblea si sono

rivolti alla Corte richiedendo l’interpretazione del II comma dell’art.

77 Cost., il quale recita:

“L’Assemblea parlamentare può e, su richiesta di un 1/4 di tutti i suoi

componenti, deve istituire commissioni d’inchiesta per esaminare una

particolare questione. Le loro conclusioni non sono vincolanti per la

Magistratura, ma possono essere comunicate all’ufficio della Procura che le

valuta secondo la procedura legale”.

Comunque, viene precisato che i richiedenti hanno concentrato

la loro domanda di esamine soltanto sulla disposizione dove si

stabilisce che l’Assemblea “…deve istituire commissione d’inchiesta per

esaminare una particolare questione…”, in quanto, secondo essi, il

termine “particolare questione” ricade in contraddizione secondo

quanto applicato in base a due decisione prese dall’organo

legislativo. Nella prima decisione, nr. 69 del 24 febbraio 2003, il

Parlamento non approva l’istituzione della Commissione

parlamentare d’inchiesta, per quanto riguarda l’attività svolta,

durante la carica, dal Sindaco di Tirana. Invece nella decisone del 10

189

marzo 2003 nr. 70 viene approvata la creazione della Commissione

d’inchiesta, per verificare la trasparenza dei fondi pubblici spesi dal

Comune di Tirana nel periodo 1992-2002, nonché il piano urbanistico

della stessa Capitale, sempre nel periodo 1992-2002. Come si evince

da queste due decisioni dell’Assemblea, il termine “particolare

questione”, secondo i ricorrenti, lascia un ampio margine

d’interpretazione e di messa in pratica al Parlamento.

Nonostante quanto fin qui affermato, bisogno ricordare che la

Carta costituzionale attribuisce all’Assemblea, attraverso l’art. 77 II

comma, il diritto di esercitare la funzione di controllo parlamentare,

tutto ciò per fare in modo che esso sia informato e per poter

esercitare una forma di ispezione sulla applicazione o meno delle

leggi da parte degli organi del potere statale. Lo scopo finale è, nel

caso in cui si verificano infrazioni alle norme, di porre termine,

nonché l’individuazione delle rispettive responsabilità.

Il controllo parlamentare normalmente viene esercitato, più

precisamente trova la sua fonte dopo che il rapporto annuale viene

presentato dal Governo al Parlamento, circa l’applicazione delle leggi

e dove l’amministrazione pubblica risponde circa la propria attività.

È questo, in effetti, nella maggior parte dei casi il punto di partenza

delle inchieste che vengono effettuate dall’organo legislativo, senza

comunque scordare che esso, in base alla propria discrezionalità

(come affermato nel comma II dell’art. 77 Cost.), può attivarsi anche

190

in altri casi che non sono presentati nel rapporto annuale. Tutto ciò

viene effettuato per fare in modo che l’amministrazione pubblica ―

nei casi in cui il Parlamento richieda maggiori informazioni ―

rispetti le leggi mentre svolge il suo operato e che sia efficace ed

efficiente nel realizzarlo. Il punto chiave però è quello di fare

chiarezza e di delimitare i confini della disposizione “particolare

questione”.

Inoltre, le disposizioni costituzionali, sempre dell’art. 77 Cost.,

secondo cui viene affermato che l’Assemblea “…può…” e “…su

richiesta …” per “...istituire commissioni d’inchiesta per esaminare una

particolare questione...”, contraddicono, secondo il ricorrente, l’una

l’altra. Questo perché la disposizione “…può…” attribuisce al

Parlamento una posizione particolare, o più adeguatamente gli toglie

il diritto per valutare se istituire o no la Commissione d’inchiesta,

istituzionalizzando nel frattempo un altro tipo di autorità, che è

riconosciuto come il potere della minoranza parlamentare. Ma viene

da chiedersi se è possibile una cosa del genere, che mette nelle mani

della minoranza dei componenti dell’Assemblea uno strumento che

consente di esercitare il controllo parlamentare principalmente nei

confronti del esecutivo?

La domanda a questa risposta è positiva e conferma, che

l’istituzione della Commissione d’inchiesta con il voto di questa

minoranza (quorum favorevole fissato in un quarto dei componenti,

191

come stabilito dallo stesso articolo), la strada verso un cammino

democratico della Costituzione stessa.

La Costituzione ha evitato, attraverso la disposizione

“…può…”, il passaggio normale della procedura, che consiste nella

votazione, per la costituzione delle Commissioni d’inchiesta,

stabilendo così un bilanciamento tra la maggioranza ed il diritto

della minoranza parlamentare.

Come si vede da questo punto di vista, la Costituzione

garantisce il diritto della minoranza dell’organo legislativo

affermando, o come meglio si può dire inserendo una disposizione di

rango costituzionale nell’art. 77 II comma, che l’istituzione delle

Commissioni d’inchiesta rimane un diritto illimitato dalla volontà

della maggioranza. Comunque questo diritto non può essere fatto

valere quando l’oggetto della inchiesta è in contrasto con i princìpi

della Costituzione stessa. E proprio su questa base il Parlamento ha

approvato il 2 maggio 2002 la legge n. 8891 “Per l’organizzazione ed il

funzionamento delle commissioni d’inchiesta”, ricordando proprio

nell’art. 4 che queste ultime devono essere conformi ai princìpi

costituzionali. Per esempio, il legislatore non ha alcun potere in

merito di indagare in questioni che riguardano i cittadini privati,

speculando su di essi, tranne, in ogni caso, quando deve compiere

azioni autorizzate dalla legge. In questo aspetto, le questioni che

sono legate con gli individui non possono creare nessun ostacolo, se

192

le indagini non interferiscono sulla loro vita privata, o comunque se

vengono rispettati i loro diritti fondamentali.

Facendo invece una comparazione generale con altre

Costituzioni moderne, ci risulta chiaro che la loro istituzione avviene

solo “per questioni con interesse od importanza generale”, oppure “per le

questioni di interesse pubblico”.

Da quanto fin qui esposto la Corte Costituzionale è arrivata alla

seguente decisione:

“1. Le commissioni d’inchiesta sono un mezzo effettivo di controllo

che vengono istituite per le questioni particolari, legate in modo funzionale

con il potere legislativo;

2. L’istituzione delle commissioni d’inchiesta parlamentari, quando

viene richiesta da un quarto dei deputati, è obbligatoria. L’oggetto ed il

campo d’azione delle commissioni d’inchiesta deve rispettare i princìpi

costituzionali e le norme del diritto internazionale.

3. I princìpi costituzionali, soprattutto quello della divisione e del

bilanciamento dei poteri, il diritto di un giusto processo, della presunzione

di innocenza, della imparzialità, del rispetto della vita privata degli

individui, costituiscono gli standard costituzionali sui quali vengono

istituite e funzionano le commissioni d’inchiesta parlamentari;

4. Le questioni particolari che costituiscono la sostanza dell’oggetto

della attività delle commissioni d’inchiesta, le quali concernono interessi

193

pubblici, sono quelle che indagano nell’aspetto del controllo e della

applicabilità delle leggi”.

A questo punto possiamo fare alcune osservazioni conclusive

sulla giurisprudenza riportata in questo capitolo dove — dopo aver

commentato la Parte Ottava della Costituzione, concernente la Corte

Costituzionale (artt. 124-134) — ho preso in esame sei decisioni

riguardanti gli organi centrali dello Stato.

La prima sentenza per esempio — che riguarda

l’interpretazione dell’art. 179 I comma e dell’art. 127 I comma lett.

“c” Cost. —, data la complessità del quesito, ha chiarito

l’incongruenza che si è verificata tra i due articoli costituzionali sopra

citati. La Corte Costituzionale ha stabilito che il mandato di giudice

della Corte stessa cessa, per coloro che sono entrati in funzione con la

legge costituzionale n. 7491 del 29 aprile 1991, non secondo quanto

affermato in Costituzione, ma con le modalità stabilite dalla legge

costituzionale.

Invece, l’esito della sent. n. 37 del 23 giugno 2000 era palese,

anche perché la Costituzione vieta in modo esplicito che i sindaci

possano presentare la candidatura per essere eletti rappresentanti del

popolo al Parlamento e viceversa. Questo perché le due cariche non

sono compatibili.

194

La decisione n. 38, presa sempre nella stessa data, ha stabilito

che anche nei confronti dei membri del potere esecutivo, che non

facciano parte all’Assemblea, sarà applicata la medesima procedura

prevista per questi ultimi. Si contempla così come la Corte con la sua

giurisprudenza ha provveduto, a seguito della richiesta avanzata dai

membri dell’Assemblea, a coprire questo vuoto costituzionale.

La quarta sentenza presa il 31 luglio 2000, citando gli artt. 49, 52

e 71 della legge n. 8577 approvata il 10 febbraio 2000, ha affermato

che l’Avvocato del Popolo si può rivolgere alla Corte per le questioni

attinenti ai diritti, le libertà e gli interessi legittimi degli individui,

violate dagli organi della Pubblica Amministrazione. La Corte

Costituzionale nel prendere questa decisione si è riferita al comma II

dell’art. 134 Cost.

Il 21 febbraio 2002 la Corte ha deciso, interpretando gli artt. 96

e 97 Cost., che il Primo Ministro nominato dal Capo dello Stato viene

approvato dal Parlamento insieme al Programma politico ed alla

composizione del Consiglio dei Ministri. Nel prendere questa

decisione però la Corte ha sospeso l’applicazione degli articoli sopra

menzionati e una volta esaminato e chiarito tutto ciò ha provveduto,

nella parte finale della sentenza stessa, alla rimozione della

sospensione in questione.

195

La sentenza n. 18 del 14 maggio 2003, riguardante alcune

disposizione del II comma dell’art. 77 Cost. per l’istituzione delle

Commissioni parlamentari d’inchiesta è più precisamente quelli

“particolare questione”, “…su richiesta…” ed “…può…” e ha stabilito,

come si può ricavare dalla Sentenza stessa, che la loro istituzione

avviene per questioni con interesse generale, oppure per le questioni

di interesse pubblico.

Tutto ciò, dopo aver citato tutte e sei le sentenze prese in

esame, per evidenziare l’importanza e il ruolo della Corte

Costituzionale, nell’interpretazione della Carta Costituzionale della

Repubblica d’Albania approvata nel 21 ottobre del 1998. con la l. nr.

8417.

Come si vede con la nuova Costituzione l’Albania ha

dimostrato chiaramente comunque, non solo di avere un’ideologia

civile e morale, ma pure e soprattutto di voler crescere nell’ordine e

nel rispetto del diritto.

196

CONCLUSIONI

Al termine di questa ricerca è opportuno fare alcune riflessioni.

Innanzitutto bisogna ragionare su quelle che sono state le tappe

fondamentali del processo storico-costituzionale albanese. Dal primo

Statuto del 1914 adottato dalla Commissione Internazionale dopo la

lunga dominazione ottomana, la cui importanza sta proprio nell’aver

rappresentato il primo testo statutario di un paese indipendente.

A quello del 1928 che invece s’ispirava al modello delle

Monarchie costituzionali europee. L’importanza dello Statuto del

1914 sta proprio nell’aver rappresentato il primo testo statutario di

un Paese indipendente.

Mentre “Lo Statuto di Lushnja” dava inizio ad un nuovo

Governo albanese. Per tutti questo era la prima Carta Fondamentale,

in quanto approvata dall’Assemblea Nazionale e che differenziava

dal primo Statuto in quanto approvato dalle potenze di coalizione

estere. Questo testo rivendicava chiaramente l’indipendenza del suo

territorio e proclamava la volontà di combattere per la salvaguardia

della sua integrità.

197

Dopo aver chiarito la difesa dalle incursioni esterne, “Lo

Statuto di Lushnja” era caratterizzato da un’omogenea

organizzazione del potere statale interno, così diviso: l’Alto Consiglio

di Reggenza, composto da quattro membri, che rappresentavano il

Capo dello Stato; il Consiglio Nazionale, cioè il Senato; e un

esecutivo composto da sei membri.

“Lo Statuto Allargato di Lushnja” avvenne poco dopo, nel

1922. Questo segnava la forma di governo parlamentare e garantiva

la separazione dei poteri.

Poi seguiva il terzo Statuto Fondamentale della Repubblica

d’Albania, con Zog Presidente della I Repubblica albanese. Nel 1928

egli restaurava la monarchia per concentrare nelle sue mani ed

ampliare le competenze in quanto sovrano del paese.

A parte ciò, l’Albania, dopo la seconda guerra mondiale,

chiudeva le sue frontiere a qualsiasi influsso esterno per trincerarsi

nella dittatura di Enver Hoxha rappresentata dalla Costituzione della

Repubblica Popolare d’Albania del 1950 e dalla Costituzione della

Repubblica Popolare Socialista d’Albania del 1976.

Trascendendo poi dagli eventi che hanno portato alla

dissoluzione del regime comunista è fondamentale riflettere sulla

Costituzione democratica del 1998.

198

Una Costituzione, complessa e articolata, che si annovera tra le

più evolute nel mondo occidentale. Ma una Costituzione da sola non

crea la coscienza sociale, poiché può solo proporre degli

orientamenti, seppur netti. La rigida divisione dei poteri a garanzia

dello Stato democratico è un segno tangibile di tale modernità e della

propensione delle istituzioni ad intraprendere un cammino verso la

stabilità politica e l’adesione all’Unione Europea.

A questo punto è lecito chiedersi quali siano le prospettive

future dell’Albania, le prossime sfide giuridiche da affrontare e quali

invece gli ostacoli di diritto costituzionale ancora da superare?

Buona parte dei cittadini albanesi si sentono distanti dalle

istituzioni dello Stato. Forse perché la storia degli albanesi è la storia

di un popolo “disabituato” ad avere un proprio Stato e, per questo

motivo, il cittadino prova un’innata diffidenza nei confronti delle

istituzioni pubbliche e di ciò che rappresenta lo Stato.

Una situazione, questa, aggravata ancor di più dall’assenza di

una good governance nell’amministrazione pubblica che può essere

garantita soltanto da una classe di funzionari pubblici indipendenti,

reclutati non sulla base di affiliazioni politiche, bensì nell’ambito di

regolari concorsi pubblici.

199

Comunque, i requisiti imposti dall’Unione Europe, sono stati

approvati con ampio consenso e perciò non ci vorrà molto perché

questa Costituzione possa entrare nella consapevolezza giuridica del

popolo, secondo George Vedel ‘’…il diritto costituzionale è il diritto

dell’autorità pubblica’’ e in uno Stato democratico, il diritto

costituzionale rispecchia anche la libertá dell’individuo, piú che

qualsiasi altra materia del diritto, e regola i rapporti tra l’individuo e le

autoritá pubbliche.

In questo senso, il diritto costituzionale si è anche chiamato

secondo Louis Favoreu ‘’il diritto Costituzionale essenziale’’, ma

probabilmente il compito potrà essere enormemente facilitato

dall’apporto e dal confronto continuo con le altri nazioni europee.

Il ruolo delle organizzazioni internazionali diventa

assolutamente indispensabile per lo sviluppo giuridico dell’Albania

possibilità questa che è stata negata per quarant’anni e più.

Come si vede, è una questione molto complessa e difficile che

richiede, da un lato, approfondimenti teorici, dall’altro verifiche in

ordine ai corollari ed alle applicazioni pratiche.

200

Appendici

201

APPENDICE 1

I PRIMI MINISTRI DALLA PROCLAMAZIONE DELL`INDIPENDENZA DELLO

STATO ALBANESE:

• Ismail Qemali (1912-‘13)

• Myfit Libohova (1913-‘14)

• Turhan Pasha Përmeti (1914)

• Esat Pashë Toptani (1914)

• Abdullah Rushdi (1914-‘18)

• Turhan Pasha Përmeti 2 (1918-‘20)

• Sulejman Bej Delvina (1920)

• Ilias Bej Vrioni (1920-‘21)

• Pandeli Evangjeli (1921)

• Hasan Bej Prishtina (1921)

• Omer Pasha Vrioni (1921-‘22)

• Xhafer Ypi (1922)

• Ahmet Zogu (1922-‘24)

• Shefqet Bej Verlaci (1924)

• Ilias Bej Vrioni 2 (1924)

• Fan S. Noli (1924)

• Ilias Bej Vrioni 3 (1924-‘25)

• Ahmet Zogu 2 (1925-‘28)

202

• Kosta Kota (1928-‘30)

• Pandeli Evangjeli 2 (1930-‘35)

• Mehdi Bej Frashëri (1935-‘36)

• Kosta Kota 2 (1936-‘39)

• Shefqet Bej Verlaci 2 (1939-‘41)

• Mustafa Merlika Kruja (1941-‘43)

• Eqerem Bej Libohova (1943)

• Maliq Basati (1943)

• Eqerem Bej Libohova 2 (1943)

• Ibrahim Bej Biçaku (1943)

• Mehdi Bej Frashëri 2 (1943)

• Rexhep Mitrovica (1943-‘44)

• Fiqëri Dino (1944)

• Enver Hoxha (1944-‘54)

• Mehmet Shehu (1954-‘81)

• Adil Çarçani (1982-‘91)

• Fatos Nano (1991)

• Ylli Bufi (1991)

• Vilson Ahmeti (1991-‘92)

• Aleksandër Meksi (1992-‘97)

• Bashkim Fino (1997)

• Fatos Nano 2 (1997-‘98)

• Pandeli Majko (1998-‘99)

203

• Ilir Meta (1999-2002)

• Pandeli Majko 2 (2002)

• Fatos Nano 3 (2002-‘05)

• Sali Berisha (2005-‘09)

• Sali Berisha (2009-‘13)

• Edi Rama (2013-in carica …)

I PRESIDENTI DELLO STATO ALBANESE:

• Ahmet Zogu (1925-‘28, quando proclamò la monarchia)

• Omer Nishani (1946-‘53)

• Haxhi Lleshi (1953-‘82)

• Ramiz Alia (1982-‘92)

• Sali Berisha (1992-‘97)

• Rexhep Mejdani (1997-2002)

• Alfred Moisiu (2002-‘07)

• Bamir Topi (2007- ‘12)

• Bujar Nishani (2012-in carica…)

204

APPENDICE 2

La Costituzione della Repubblica albanese (Tradotta dal dottorando).

Noi, genti dell’Albania, orgogliosamente consci della propria storia, responsabilmente verso il futuro, con fede in Dio e/o negli altri valori universali, con la determinazione di costruire uno Stato di diritto, democratico e sociale, al fine di garantire le libertà e i diritti fondamentali dell’uomo, con afflato di tolleranza e di convivenza religiosa, con l’impegno alla tutela della dignità e della personalità umana, nonché alla prosperità dell’intera nazione, alla pace, al benessere generale ,alla cultura e alla solidarietà sociale, nell’ aspirazione secolare all’identità e all’unità nazionale, nella profonda convinzione che la giustizia, la pace, l’armonia e la collaborazione tra le nazioni sono i valori più alti dell’umanità.

Deliberiamo questa Costituzione

Prima Parte Princìpi Fondamentali

Art. 1  1. L’Albania è una Repubblica parlamentare. 2. La Repubblica albanese è uno Stato unitario e indivisibile. 3. L’ordinamento del suo Governo, si basa su un sistema di suffragio universale, libero, eguale, e

periodico. Art. 2  

1. La sovranità della Repubblica albanese appartiene al popolo. 2. Il popolo esercita la sovranità per mezzo dei suoi rappresentanti e attraverso o in via diretta. 3. Per la tutela della pace e degli interessi nazionali, la Repubblica albanese può partecipare ad un

sistema di sicurezza collettiva, sulla base di una legge approvata con la maggioranza dei tutti i componenti dell’assemblea parlamentare.

Art. 3  L’indipendenza dello Stato e la sua integrità territoriale, la dignità umana, i principi e i diritti fondamentali dell’uomo, l’ordinamento costituzionale, il pluralismo, l’identità nazionale, la convivenza religiosa nonché la reciproca comprensione delle minoranze, sono le fondamenta dello Stato che ha l’obbligo di rispettarli e tutelarli.

Art. 4  1. Dal diritto sono costituiti la base e i limiti dell’attività statale. 2. La Costituzione è la legge suprema della Repubblica albanese.. 3. Le norme della Costituzione sono direttamente applicabili, salvo i casi in cui la Costituzione

disponga diversamente. Art. 5  

La Repubblica dell’Albania presta osservanza alle norme che la vincolano nell’ordinamento internazionale.

Art. 6  L’organizzazione e il funzionamento degli organi, previsti nella Costituzione, sono regolati dalle loro leggi che li concernono, salvo i casi in cui la Costituzione disponga diversamente.

Art. 7  Il sistema di Governo si fonda sulla ripartizione e l’equilibrio tra i poteri legislativi, esecutivo e

205

giudiziario. Art. 8  

1. La Repubblica albanese tutela i diritti nazionali degli albanesi che vivono fuori dei suoi confini. 2. La Repubblica tutela i diritti dei cittadini albanesi che risiedono definitivamente o provvisoriamente

fuori dei suoi confini. 3. La Repubblica albanese assicura assistenza ai cittadini albanesi che risiedono e lavorano all’estero al

fine di conservare e promuovere i legami con l’identità culturale nazionale. Art. 9  

1. I partiti politici si costituiscono liberamente. La loro organizzazione deve conformarsi ai principi democratici.

2. I partiti o altre organizzazioni di cui, i programmi e le attività che propugnano metodi totalitari, che incitano e fomentano l’odio razziale, religioso, regionale o etnico, che ricorrono alla violenza per impadronire il potere o per influenzare la politica statale, nonché le organizzazioni segrete sono vietate dalla legge.

3. Le risorse finanziarie e le spese dei partiti sono rese sempre pubbliche. Art. 10  

1. La Repubblica non ha una religione ufficiale. 2. Lo Stato è neutrale nelle questioni religiose e in quelle di coscienza, e garantisce la libertà della loro

esposizione nella vita pubblica. 3. Lo Stato riconosce l’uguaglianza delle comunità religiose. 4. Lo Stato e le comunità religiose rispettano la loro indipendenza reciprocamente e concorrono per il

bene di ognuno e di tutti. 5. I loro rapporti sono regolati sulla base di intese stipulate tra le relative rappresentanze e il Consiglio

dei Ministri che si ratificano dal Parlamento. 6. Le comunità religiose hanno personalità giuridica. Esse hanno una loro autonomia amministrativa e

patrimoniale secondo i propri principi, regole e canoni, a condizione che non violino l’interesse di terzi.

Art. 11 1. Il sistema economico della Repubblica Albanese si fonda sulla proprietà privata e pubblica, nonché

sull’economia di mercato e sulla libera iniziativa economica. 2. La proprietà privata e pubblica è tutelati ugualmente dalla legge. 3. Le limitazioni alla libera iniziativa economica sono stabilite solo dalla legge e solo per rilevanti

scopi pubblici. Art. 12

1. Le Forze Armate garantiscono l’indipendenza del paese, ne difendono inoltre l’integrità territoriale e l’ordinamento costituzionale.

2. Le Forze Armate sono neutrali nelle questioni politiche e sono sottoposte al controllo delle autorità civili.

3. Nessuna forza militare straniera può stabilirsi o attraversare il territorio, cosi come nessuna forzano militare albanese di essere inviata all’estero salvo che sia prevista da una legge approvata con la maggioranza dei tutti membri del Parlamento.

Art. 13 Il Governo locale si fonda sul principio del decentramento del potere, e si attua secondo i principi dell’autonomia locale.

Art. 14  1. La lingua ufficiale della Repubblica dell’Albania è l’albanese. 2. La bandiera nazionale è colore rosso con un’aquila bicefala nera in mezzo. 3. Lo stemma della Repubblica albanese presenta uno scudo sullo sfondo rosso con un’aquila nera

bicipite in cima allo scudo colorato d’oro, è posta l’elmo di Scanderbeg. 4. L’inno nazionale è “Uniti intorno alla bandiera”. 5. La festa nazionale della Repubblica albanese è il giorno della bandiera, il 28 novembre. 6. La capitale della Repubblica albanese è Tirana. 7. La forma, le dimensioni dei simboli nazionali, il contenuto del testo dell’inno nazionale e la loro

applicazione sono stabiliti secondo la legge.

206

Seconda Parte I Diritti e le Libertà Fondamentali dell’Uomo

Titolo I

I Princìpi Generali

Art. 15 1. I diritti e le libertà fondamentali dell’uomo sono indivisibili, inalienabili, inviolabili e stanno alla

base del tutto sistema giuridico. 2. Gli organi del potere pubblico, nella realizzazione dei propri obiettivi, devono rispettare i diritti e le

libertà dell’uomo e contribuire altresì alla loro realizzazione. Art. 16

1. I diritti e le libertà fondamentali cosi come i doveri previsti dalla Costituzione per i cittadini albanesi valgono ugualmente per i cittadini stranieri o apolidi che risiedono nel territorio dello Stato, salvo nei casi in cui la Costituzione limita ai cittadini albanesi l’esercizio dei diritti e delle libertà stabiliti.

2. I diritti e libertà fondamentali cosi come gli obblighi previsti dalla Costituzione valgono allo stesso modo per le persone giuridiche in quanto compatibili agli scopi generali di queste persone giuridiche nonché con il contenuto dei relativi diritti, libertà e obblighi .

Art. 17 1. Le limitazioni ai diritti e alle libertà previsti in questa Costituzione possono essere stabiliti solo con

legge in vista di un interesse pubblico oppure per la protezione dei diritti dei terzi. La limitazione deve essere proporzionale alla situazione che lo ha causato.

2. Queste limitazioni non possono ledere il contenuto essenziale dei diritti e delle libertà e in nessun caso possono eccedere le limitazioni disposte dalle norme previste nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Art. 18  1. Tutti sono eguali davanti alla legge. 2. Nessuno può essere discriminato ingiustamente per motivi come, ad esempio, il sesso, la razza, la

religione, l’etnia, la lingua, le convinzioni politiche, religiose o filosofiche, la situazione economica, il grado d’istruzione, la situazione sociale o la discendenza familiare.

3. Nessuno può essere discriminato per le cause sopraccitate al comma 2, se non esiste una giustificazione ragionevole e obiettiva.

Art. 19 1. Chiunque nasca avendo anche solo uno dei genitori di cittadinanza albanese, acquista

automaticamente la cittadinanza albanese. La cittadinanza albanese si acquista anche in altri casi previsti dalla legge.

2. Il cittadino albanese non può perdere la cittadinanza salvo in caso di rinuncia. Art. 20

1. Le persone che appartengono alle minoranze nazionali esercitano in piena uguaglianza davanti alla legge i propri diritti e le proprie libertà.

2. Esse hanno diritto di manifestare liberamente, senza incontrare ostacoli e subire imposizioni, la propria appartenenza etnica, culturale, religiosa e linguistica. Esse hanno diritto di conservarla o promuoverla, d’istruire e d’istruirsi nella propria madrelingua e di unirsi in organizzazioni o associazioni per la tutela dei propri interessi e della propria identità.

Titolo II

Le Libertà e i Diritti Personali

Art. 21 La vita dell’individuo è tutelata dalla legge.

Art. 22 1. La libertà di espressione è garantita.

207

2. La libertà di stampa, della radiotelevisione sono garantite. 3. La censura preventiva degli strumenti di comunicazione è vietata. 4. La legge può stabilire la concessione e l’autorizzazione all’esercizio delle stazioni di radio e

televisioni. Art. 23

1. Il diritto di essere informati è garantito. 2. Chiunque ha diritto, in conformità della legge, di chiedere informazioni sull’attività degli organi

statali come anche sulle persone che esercitano funzioni statali. 3. Chiunque può seguire le riunioni degli organi collegiali eletti.

Art. 24 1. Le libertà di coscienza e di religione sono garantite. 2. Ogni persona è libera di scegliere o di cambiare religione o di cambiare le convinzioni così come di

manifestarle individualmente o collettivamente sia in pubblico sia nella vita privata attraverso il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti.

3. Nessuno deve essere ostacolato o costretto a partecipare alla vita di una comunità religiosa o alle sue pratiche, cosi come a rendere pubbliche le proprie convinzioni o la propria fede.

Art. 25 Nessuno può essere sottoposto a tortura, trattamenti inumani o degradanti.

Art. 26 Nessuno può essere costretto a svolgere un lavoro contro la propria volontà, salvo nei casi di

esecuzione di una sentenza giudiziaria; di servizio militare; di servizio determinato da uno stato di guerra; di uno stato d’emergenza; di una calamità naturale che minaccia la vita e la salute pubblica.

Art. 27 1. Nessuno può essere privato della libertà, salvo nei casi e secondo le procedure previsti dalla legge. 2. La libertà personale non può essere limitata salvo che nei casi seguenti: a) per condanna detentiva irrogata da un tribunale competente; b) per inosservanza di un provvedimento legittimo adottato da un tribunale o di un obbligo imposto

dalla legge; c) per fondati sospetti circa la commissione di un reato o per prevenire la consumazione di un reato o

per impedire la fuga dopo la sua commissione; ç) per sorveglianza di minore a scopi educativi o al fine di tradurlo dinanzi al tribunale competente; d) quando una persona è veicolo di una malattia contagiosa, o è alienata in modo pericoloso per la

società; dh) per ingresso illegale entro il confine statale, cosi come nei casi di espulsione o estradizione. 3. Nessuno può essere privato della propria libertà solo perché non è in grado di mantenere un impegno

contrattuale. Art. 28

1. Ogni persona sottoposta a restrizioni della libertà ha il diritto di essere informata immediatamente, nella lingua a lei comprensibile, sui motivi di tale provvedimento e su ogni accusa elevata a suo carico. Alla persona, la quale è sottoposta a restrizioni della libertà, deve essere comunicato che non ha nessun obbligo di fare qualsiasi dichiarazione, e che ha il diritto di comunicare subito con il difensore, e deve essere concessa la possibilità di esercitare i propri diritti.

2. La persona la quale è sottoposta a restrizioni della libertà ai sensi dell’art. 27, comma 2, lett. c), deve essere tradotta entro 48 ore dinanzi al giudice, il quale, non oltre le 48 ore dal momento in cui ha avuto i documenti da esaminare, ordina la custodia cautelare oppure il rilascio.

3. Chi è soggetto a custodia cautelare ha il diritto di presentare un ricorso contro la decisione del giudice. Egli ha altresì il diritto di essere giudicato entro un limite ragionevole o di essere processato in stato di libertà sotto cauzione secondo la legge.

4. In tutti gli altri casi, la persona ristretta della propria libertà in via extragiudiziale, può rivolgersi in qualsiasi momento al giudice, il quale decide entro 48 ore sulla legittimità del corrispondente provvedimento.

5. Ogni persona sottoposta a restrizioni di libertà in base all’articolo 27 ha diritto a un trattamento umano e nel rispetto della propria dignità.

Art. 29 1. Nessuno può essere accusato o dichiarato colpevole per una fattispecie penale, che non costituiva

reato nel momento in cui è stata commessa, esclusi i reati i quali nel momento in cui sono stati

208

commessi costituivano crimini di guerra o crimini contro l’umanità secondo il diritto internazionale. 2. Non può essere irrogata una pena più grave di quella comminata nel momento in cui il reato è stato

commesso. 3. La legge penale più favorevole ha effetto retroattivo.

Art. 30 Ogni persona è considerata innocente fino a che non sia stata provata la sua colpevolezza con sentenza definitiva.

Art. 31 Durante il processo penale ogni accusato ha diritto di: a) essere informato immediatamente e dettagliatamente dell’accusa a suo carico, dei propri diritti e

della possibilità di avvisare i familiari o i propri parenti. b) disporre del tempo e delle sufficienti facilitazioni per preparare la sua difesa. c) disporre dell’assistenza gratuita dell’interprete quando non comprende la lingua albanese. ç) difendersi da sé o con l’assistenza di un difensore di fiducia col quale può comunicare liberamente e

riservatamente, cosi come gli deve essere garantita una difesa gratuita se non ha mezzi sufficienti. d) porre domande ai testimoni presenti e richiedere la citazione dei testimoni, degli esperti e delle altre

persone le quali possono chiarire i fatti. Art. 32

1. Nessuno è costretto a deporre contro se stesso o contro i propri familiari e neanche ad ammettere la propria colpevolezza.

2. Nessuno può essere dichiarato colpevole in base a prove raccolte in maniera illegale. Art. 33

1. Ogni persona ha il diritto di essere ascoltato prima di essere sottoposto a sentenza. 2. Di tale diritto non può beneficiare la persona che si sottrae alla giustizia.

Art. 34 Nessuno può essere processato più di una volta per lo stesso reato e neanche essere di nuovo condannato, salvo nei casi in cui è stata decisa la revisione del processo da un tribunale di grado più elevato secondo le procedure previste dalla legge.

Art. 35 1. Nessuno può essere costretto, salvo quando lo richiede la legge, a rendere noti i propri dati personali. 2. La raccolta, l’utilizzazione e la pubblicazione dei dati personali si possono effettuare con il consenso

della persona, salvo i casi previsti dalla legge. 3. Ogni persona ha diritto di essere informato della raccolta dei propri dati, salvo i casi previsti dalla

legge. 4. Ogni persona ha diritto di chiedere la correzione o la cancellazione dei dati non veritieri o incompleti

o raccolti in contrasto con la legge. Art. 36

La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono garantite. Art. 37

1. L’inviolabilità del domicilio è garantita. 2. Le perquisizioni del domicilio, cosi come dei luoghi similari, possono essere effettuate solo nei casi

e con i modi previsti dalla legge. 3. Nessuno può subire una perquisizione personale che sia fuori del processo penale, salvo i casi di

ingresso nel territorio dello Stato, e dell’uscita da esso o per evitare un pericolo per la sicurezza pubblica.

Art. 38 1. Ogni persona ha diritto di scegliere il proprio domicilio, cosi come è libero di circolare in qualsiasi

parte del territorio dello Stato. 2. Nessuno può essere impedito di uscire liberamente fuori del territorio dello Stato.

Art. 39 1. Nessun cittadino albanese può essere espulso dal territorio dello Stato. 2. È ammessa l’estradizione solo nei casi previsti espressamente dagli accordi internazionali di cui la

Repubblica albanese è parte, e solo con decisione giudiziaria. 3. È vietata l’espulsione collettiva degli stranieri. L’espulsione degli stranieri è ammessa solo alle

condizioni prestabilite dalla legge.

209

Art. 40 Gli stranieri hanno diritto d’asilo nella Repubblica albanese secondo la legge.

Art. 41 1. Il diritto alla proprietà privata è garantito. 2. La proprietà si acquisisce attraverso la donazione, l’eredità o la compravendita o con qualsiasi altro

modo previsto dal codice civile. 3. La legge può prevedere espropriazioni o restrizioni all’esercizio del diritto di proprietà soltanto per

pubblica interesse. 4. Le espropriazioni o quelle limitazioni del diritto di proprietà che equivalgono all’espropriazione,

sono ammesse solo dietro un giusto indennizzo. 5. Per le controversie riguardanti la misura dell’indennizzo si può far ricorso al tribunale.

Art. 42 1. La libertà, la proprietà e i diritti riconosciuti dalla Costituzione e dalla legge non possono essere

incisi senza una procedura giusta e legale. 2. Ogni persona, nel tutelare i diritti, le libertà e i propri interessi previsti dalla Costituzione o dalla

legge, o nel caso di ogni accusa elevata a suo carico, ha diritto ad un processo giusto e pubblico entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge.

Art. 43 Ogni persona ha diritto di appellarsi contro una decisione giudiziaria ad un tribunale più elevato, salvo che la Costituzione preveda diversamente.

Art. 44 Ogni persona ha diritto di essere riabilitato e/o di essere risarcito, in conformità con la legge, se è stata lesa da un atto, comportamento od omissione illegittimo degli organi statali.

Titolo III

Le Libertà e i Diritti Politici

Art. 45  1. Ogni cittadino che ha compiuto il diciottesimo anno, anche nello stesso giorno delle elezioni, ha

diritto di eleggere ed essere eletto. 2. Sono esclusi dal diritto di voto i cittadini dichiarati con sentenza definitiva come mentalmente

incapaci. 3. I condannati che stanno scontando la pena con la privazione della libertà, hanno solo l’elettorato

attivo. 4. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto.

Art. 46  1. Chiunque ha diritto di organizzarsi collettivamente per qualsiasi fine legittimo. 2. L’iscrizione presso tribunale delle associazioni o delle organizzazioni si effettua secondo le

procedure previste dalla legge. 3. Le organizzazioni o associazioni che perseguono fini anticostituzionali sono vietati in base alla

legge. Art. 47

1. La libertà delle riunioni pacifiche e senza armi, come pure la partecipazione ad esse sono garantite. 2. Le riunioni pacifiche nelle piazze e nei luoghi di pubblico transito si tengono in base alle procedure

previste dalla legge. Art. 48

Chiunque, da solo o insieme agli altri, può rivolgere direttamente richieste, istanze od osservazioni, agli organi pubblici, i quali sono obbligati a rispondere entro i termini e alle condizioni stabiliti dalla legge.

Titolo IV

Le Libertà e i Diritti Economici, Sociali e Culturali

Art. 49  1. Ciascuno ha diritto di procurarsi i mezzi del proprio sostentamento con un lavoro legale, di propria

scelta o accettazione. Egli è libero di scegliere la professione, il posto di lavoro, nonché la propria

210

qualifica professionale. 2. I lavoratori hanno diritto alla tutela sociale sul lavoro.

Art. 50 Tutti i lavoratori hanno diritto di unirsi liberamente in organizzazioni sindacali per la difesa dei propri interessi lavorativi.

Art. 51  1. Il diritto del lavoratore allo sciopero motivato dai rapporti di lavoro è garantito. 2. Limitazioni per categorie specifiche lavorative possono essere stabilite dalla legge per assicurare alla

società i servizi essenziali. Art. 52

1. Chiunque ha diritto all’assicurazione sociale per vecchiaia o per incapacità lavorativa, secondo un sistema stabilito dalla legge.

2. Chiunque rimanga senza un lavoro per ragioni non dipendenti dalla sua volontà e o non abbia altri mezzi di sostentamento, ha diritto all’assistenza secondo le condizioni previste dalla legge.

Art. 53  1. Chiunque ha diritto di sposarsi ed avere una famiglia. 2. Il matrimonio e la famiglia beneficiano di una particolare tutela da parte dello Stato. 3. L’unione matrimoniale ed il suo scioglimento sono regolati dalla legge.

Art. 54  1. L’infanzia, la gioventù, le donne in gravidanza e le giovani madri hanno diritto ad una speciale tutela

da parte dello Stato. 2. I figli nati fuori del matrimonio hanno gli stessi diritti dei figli nati nel matrimonio. 3. Ogni fanciullo ha diritto di essere tutelato nei confronti della violenza, dal maltrattamento, dallo

sfruttamento e dall’utilizzazione per un lavoro, particolarmente sotto l’età minima del lavoro minorile, che possa danneggiare la salute, la morale oppure mettere in pericolo la sua vita e la sua crescita normale.

Art. 55 1. I cittadini beneficiano in maniera eguale del diritto alla cura sanitaria da parte dello Stato. 2. Ogni persona ha diritto alla previdenza sanitaria secondo le procedure stabilite dalla legge.

Art. 56  Ciascuno ha diritto di essere informato sulla situazione dell’ambiente e la sua protezione.

Art. 57  1. Chiunque ha diritto all’istruzione. 2. L’istruzione scolastica obbligatoria è stabilita dalla legge. 3. L’istruzione media superiore pubblica è aperta a tutti. 4. L’istruzione superiore professionale e l’alta formazione possono essere condizionate solo da criteri

di capacità. 5. L’istruzione obbligatoria e l’istruzione media superiore sono gratuite. 6. Gli alunni e gli studenti possono istruirsi anche presso scuole non pubbliche di ogni livello e grado,

le quali sono istituite e funzionano in base alla legge. 7. L’autonomia delle istituzioni dell’alta formazione e la libertà accademica sono garantite dalla legge.

Art. 58  1. La libertà della creazione artistica e della ricerca scientifica, il loro impiego pratico nonché la

remunerazione dei risultati raggiunti sono garantiti a tutti.. 2. Il diritto d’autore è tutelato dalla legge.

Titolo V

Gli Obiettivi Sociali

Art. 59  1. Lo Stato, nell’ambito delle sue competenze costituzionali e dei mezzi che dispone, cosi come

quando sostiene l’iniziativa e la responsabilità privata, ha per obiettivo: a) l’occupazione lavorativa nelle condizione adatte per tutte le persone con capacità lavorative; b) la soddisfazione del bisogno di alloggio dei cittadini; c) il più alto standard possibile sanitario, fisico e mentale; ç) l’istruzione e la qualificazione dei bambini e dei giovani nonché dei disoccupati, secondo le loro

211

capacità; d) un ambiente sano, ecologicamente adatto per le generazioni di oggi e di quelle future; dh) lo sfruttamento razionale dei boschi, delle acque, dei pascoli, e di altre risorse naturali in base al

principio dello sviluppo sostenibile; e) la cura e l’assistenza degli anziani, degli orfani e degli invalidi; ë) la promozione dello sport e delle attività ricreative; f) la riabilitazione sanitaria, l’educazione specializzata e l’inserimento dei disabili nella società, cosi

come il miglioramento continuo delle loro condizioni di vita; g) la tutela dell’identità nazionale, culturale ed in particolar modo della lingua albanese.

2. La realizzazione di questi obiettivi sociali non può richiesta direttamente in sede giurisdizionale. La legge prestabilisce le condizioni e i modi che si possono adottare per la realizzazione di questi obiettivi.

Titolo VI

L’Avvocato del Popolo

Art. 60  1. L’Avvocato del Popolo tutela i diritti, le libertà e gli interessi legittimi dell’individuo dalle azioni od

omissioni illegali od irregolari degli organi della pubblica amministrazione. 2. L’Avvocato del Popolo è indipendente nell’esercizio delle sue funzioni. 3. Egli ha un bilancio proprio che gestisce e amministra autonomamente. Egli lo presenta in conformità

alla legge. Art. 61

1. L’Avvocato del Popolo è eletto dai 3/5 di tutti i membri dell’Assemblea parlamentare, per un periodo di cinque anni, ed è rieleggibile.

2. Ogni cittadino albanese, dotato di laurea e in possesso di preparazione e riconosciute esperienze nella materia dei diritti dell’uomo e in campo legale può divenire Avvocato del Popolo.

3. L’Avvocato del Popolo gode dell’immunità di un giudice della Corte suprema. 4. L’Avvocato del Popolo non può appartenere a un partito politico, né può svolgere altra attività

politica, o attività al servizio dello stato o professionale, né far parte degli organi direttivi di organizzazioni sociali, economiche e commerciali.

Art. 62 1. L’Avvocato del popolo può essere rimosso soltanto con la richiesta motivata di non meno di 1/3 dei

deputati. 2. In questo caso l’Assemblea parlamentare decide con la maggioranza dei 3/5 di tutti i suoi membri.

Art. 63 1. L’Avvocato del Popolo presenta dinanzi al Parlamento un rapporto annuale. 2. L’Avvocato del Popolo deve riferire dinanzi al Parlamento quando gli sia richiesto, così come può

chiedere al Parlamento di essere ascoltato su questioni da lui ritenute importanti. 3. L’Avvocato del Popolo ha diritto di inviare raccomandazioni e proporre provvedimenti quando

rileva casi di violazione dei diritti e le libertà dell’uomo da parte della pubblica amministrazione. 4. Gli organi e i funzionari pubblici sono obbligati a fornire all’Avvocato del Popolo tutta la

documentazione e le informazioni da lui richieste.

Terza Parte Il Parlamento

Titolo I

Le Elezioni e la Legislatura

Art. 64 (1).  1. L’Assemblea parlamentare si compone di centoquaranta deputati, eletti con sistema proporzionale

con circoscrizioni elettorali plurinominali. 2. La circoscrizione elettorale plurinominale coincide con la ripartizione amministrativa di uno dei

livelli di organizzazione amministrativa territoriale. 3. I criteri e le regole dell’attuazione del sistema elettorale proporzionale per la determinazione delle

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circoscrizioni elettorali e del numero di seggi dir ciascuna circoscrizione sono stabiliti dalla legge elettorale.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 1 della legge 21 aprile 2008, n. 9904. In precedenza, l’articolo era

del seguente tenore: “1. L’Assemblea parlamentare si compone di centoquaranta deputati. Cento deputati sono eletti

direttamente in circoscrizioni uninominali con un numero approssimativamente uguale di elettori. Quaranta deputati sono eletti in liste plurinominali di partiti politici e /o di coalizioni secondo il loro ordine nelle liste elettorali.

2. Il numero complessivo dei deputati spettanti a ogni partito e/o a coalizione dei partiti è commisurato, il più vicino possibile, ai voti validi presi in tutto il paese nel primo turno delle elezioni.

3. I partiti che hanno ottenuto meno del 2,5% dei voti validi, e le coalizioni dei partiti che hanno ottenuto meno del 4 % dei voti validi in tutto il paese nel primo turno delle elezioni non possono trarre vantaggio dalle corrispondenti liste plurinominali” .

Art. 65 (1). 1. L’Assemblea parlamentare viene eletta per una durata di quattro anni. La legislatura inizia con la sua

prima riunione successivamente alle elezioni e termina nello steso giorno dello steso mese del quarto anno dalla prima riunione. L’Assemblea parlamentare resta comunque in funzione fino alla prima riunione dell’Assemblea neoeletta.

2. Le elezioni per la nuova Assemblea parlamentare si svolgono nel periodo elettorale appena precedente il termine della legislatura. I periodi elettorali e le modalità di convocazione delle elezioni dell’Assemblea parlamentare sono stabiliti dalla legge elettorale.

3. In caso di scioglimento anticipato dell’Assemblea parlamentare, le elezioni sono convocate non più tardi di 45 giorni dal suo scioglimento.

4. L’Assemblea parlamentare non può approvare leggi nei 60 giorni prima della scadenza della legislatura e fino alla prima riunione della nuova Assemblea parlamentare, salvo i casi in cui siano stabilite misure straordinarie.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 2 della legge 21 aprile 2008, n. 9904. In precedenza, l’articolo era

del seguente tenore: “1. L’Assemblea parlamentare viene eletta per una durata di quattro anni. 2. Le elezioni del Parlamento si svolgono da 60 giorni a 30 giorni prima della scadenza della

legislatura e non oltre 45 giorni dopo il suo scioglimento. 3. Il mandato del Parlamento continua fino alla prima riunione del nuovo Parlamento. Nel frattempo il

Parlamento non può approvare leggi o adottare decisioni, salvo i casi in cui siano stabilite misure straordinarie”.

Art. 66 La legislatura del Parlamento è prorogata solo in caso di guerra, e per tutto il tempo che questa dura. Quando l’Assemblea parlamentare è sciolta, essa è riconvocata automaticamente.

Art. 67 (1)  1. Il Presidente della Repubblica riunisce l’Assemblea parlamentare neoeletta non prima della scadenza

della precedente Assemblea e non più tardi di 10 giorni da tale scadenza. Quando l’Assemblea precedente è sciolta anticipatamente, il Presidente della Repubblica riunisce l’Assemblea neoeletta non più tardi di 10 giorni dopo la proclamazione dei risultati elettorali.

2. Se il Presidente della Repubblica, non esercita questa sua competenza, l’Assemblea parlamentare è automaticamente convocata nel decimo giorno dalla scadenza indicata nel primo comma di questo articolo.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 3 della legge 21 aprile 2008, n. 9904. In precedenza, l’articolo era

del seguente tenore: “1. L’Assemblea parlamentare appena eletta viene convocata per la prima riunione dal Presidente della

Repubblica, che ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalla conclusione delle elezioni. 2. Se il Presidente della Repubblica non esercita questa competenza, il Parlamento si deve riunire

automaticamente non oltre 10 giorni dal termine previsto nel primo comma del presente articolo”.

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Titolo II

I Deputati

Art. 68 (1).  1. I candidati nell’elezione a deputato sono proposti a livello circoscrizionale elettorale dai partiti

politici, dalle coalizioni elettorali dei partiti politici così come dagli elettori. Un candidato può essere presentato solo da uno dei soggetti proponenti definiti in questo comma. L’ordine delle candidature nell’elezione a deputato nelle liste plurinominali non può essere modificato dopo la presentazione della lista alla Commissione elettorale competente. Le modalità per la registrazione delle candidature nell’elezione a deputato sono stabilite dalla legge elettorale.

2. Nella legge elettorale sono stabiliti anche criteri e altre modalità necessari per l’organizzazione e lo svolgimento delle elezioni, comprese quelle per la registrazione degli elettori, lo svolgimento della campagna elettorale, la sua conduzione, la validità delle elezioni e la proclamazione dei loro risultati.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 3 della legge 21 aprile 2008, n. 9904. In precedenza, l’articolo era

del seguente tenore: “1. I candidati possono essere proposti solo dai partiti, dalle coalizioni dei partiti così come dagli

elettori. 2. Le regole sulla designazione dei candidati alla carica di deputato, sull’organizzazione e sullo

svolgimento delle elezioni cosi come sulla fissazione delle circoscrizioni elettorali e sulle condizioni di validità delle elezioni sono stabilite dalla legge elettorale”.

Art. 69  1. Non possono candidarsi e non possono neanche essere eletti deputati, se non si dimettono dal loro

incarico: a) i magistrati giudicanti e del Pubblico Ministero; b) i militari in servizio attivo; c) gli appartenenti alla polizia e alla sicurezza nazionale; ç) i rappresentanti diplomatici; d) i capi dei municipi e dei comuni così come i prefetti nei territori dove espletano le lori funzioni; dh) i presidenti e i componenti delle commissioni elettorali; e) il Presidente della Repubblica e gli alti funzionari amministrativi statali indicati dalla legge.

2. Il mandato conseguito in violazione del primo comma di questo articolo è invalido. Art. 70  

1. I deputati rappresentano il Popolo e non sono vincolati da alcun mandato obbligatorio.  2. I deputati non possono esercitare contemporaneamente nessun’altra carica statale, esclusa quella di

componente del Consiglio dei Ministri. Gli altri casi di incompatibilità sono stabiliti dalla legge. 3. I deputati non possono svolgere nessuna attività lucrativa che derivi dalle risorse dello Stato o del

governo locale e neanche trarre profitto da esse. 4. In caso di violazione del comma 3 di quest’articolo, su mozione del Presidente del Parlamento o di

1/10 dei suoi membri, l’Assemblea parlamentare deferisce la questione alla Corte costituzionale, la quale accerta l’incompatibilità.

Art. 71 1. Il mandato del deputato decorre dal giorno in cui è stato proclamato eletto dalla competente

commissione elettorale. 2. Il mandato del deputato cessa o è invalido nei casi seguenti:

a) se non ha prestato giuramento; b) se rinuncia al mandato; c) se si accerta una delle condizioni d’ineleggibilità e d’incompatibilità previste negli articoli 69 e 70,

commi 2°, 3°; ç) quando il mandato parlamentare giunge al termine; d) quando si assenti senza giustificazione per più di sei mesi consecutivi dall’Assemblea

parlamentare; dh) se è condannato con sentenza definitiva per aver commesso un crimine.

214

Art. 72  Prima dell’inizio dell’esercizio del mandato, i deputati prestano giuramento dinnanzi all’Assemblea parlamentare.

Art. 73  1. I deputati non sono responsabili delle opinioni espresse e dei voti dati in Assemblea parlamentare.

Questa disposizione non si applica in caso di dichiarazioni diffamanti. 2. Nessun deputato può essere sottoposto a procedimento penale, senza l’autorizzazione

dell’Assemblea parlamentare. L’autorizzazione è richiesta anche nel caso in cui egli debba essere arrestato.

3. Il deputato può essere fermato o arrestato senza l’autorizzazione, quando sia stato colto nell’atto di commettere, o dopo averlo appena commesso, un delitto grave. In tali casi, il Procuratore generale dà immediatamente comunicazione del provvedimento all’Assemblea parlamentare, il quale se accerta che non v’è luogo a procedere, ne delibera l’annullamento.

4. Nei casi previsti nel presente articolo, comma 2 e 3, l’Assemblea parlamentare delibera con votazione segreta.

Titolo III

L’Organizzazione e il Funzionamento

Art. 74  1. L’Assemblea parlamentare svolge i lavori annuali in due sessioni. La prima sessione inizia il terzo

lunedì di gennaio, la seconda sessione inizia il primo lunedì di settembre. 2. L’Assemblea parlamentare si riunisce in sessione straordinaria, quando viene richiesto dal

Presidente della Repubblica, dal Primo Ministro o da 1/5 di tutti i deputati. 3. Le sessioni straordinarie sono convocate dal Presidente dell’Assemblea parlamentare, su di un

ordine del giorno prestabilito. Art. 75

1. L’Assemblea parlamentare elegge e revoca il proprio Presidente. 2. L’Assemblea parlamentare si organizza e funziona sulla base di un Regolamento approvato a

maggioranza di tutti i componenti. Art. 76  

1. Il Presidente presiede il dibattito, dirige i lavori, garantisce il rispetto dei diritti dell’Assemblea parlamentare e dei suoi componenti, così come rappresenta l’Assemblea nei confronti dei terzi.

2. L’impiegato civile di più alto livello dell’Assemblea parlamentare è il Segretario generale. 3. Altre mansioni necessarie per il funzionamento dell’Assemblea parlamentare sono esercitate da altri

impiegati, in base a quanto prestabilito nel Regolamento interno. Art. 77

1. L’Assemblea parlamentare elegge nel proprio seno le commissioni permanenti così come può istituire commissioni speciali.

2. L’Assemblea parlamentare può e, su richiesta di un 1/4 di tutti i suoi componenti, deve istituire commissioni d’inchiesta per esaminare una particolare questione. Le loro conclusioni non sono vincolanti per la Magistratura, ma possono essere comunicate all’ufficio della Procura che le valuta secondo la procedura legale.

3. Le commissioni d’inchiesta operano secondo le procedure previste dalla legge. Art. 78

1. L’Assemblea parlamentare delibera a maggioranza dei voti, con la presenza di più della metà di tutti i suoi componenti, salvo che la Costituzione preveda una maggioranza qualificata.

2. Le riunioni dei deputati, tenute senza esser state convocate secondo il Regolamento sono prive di effetto.

Art. 79 1. Le sedute dell’Assemblea parlamentare si svolgono pubblicamente. 2. Su richiesta del Presidente della Repubblica, del Primo Ministro, o di 1/5 dei deputati, le sedute

dell’Assemblea parlamentare possono svolgersi segretamente, quando ciò sia deliberato dalla maggioranza di tutti i suoi componenti.

Art. 80 1. Il Primo Ministro ed ogni altro componente del Consiglio dei Ministri hanno l’obbligo di rispondere

215

alle interpellanze e alle interrogazioni dei deputati entro tre settimane. 2. Il componente del Consiglio dei Ministri ha diritto di partecipare alle sedute dell’Assemblea

parlamentare o delle sue commissioni. Gli viene data la parola tutte le volte che lo richieda. 3. I dirigenti delle istituzioni statali, su richiesta delle commissioni parlamentari, danno spiegazioni e

informano sulle diverse questioni attinenti alla propria attività nella misura consentita dalla legge.

Titolo IV

Il Procedimento Legislativo Art. 81  

1. Il diritto d’iniziativa legislativa appartiene al Consiglio dei Ministri, a ciascun deputato, nonché a 20.000 elettori.

2. Sono approvate con i 3/5 di tutti i componenti dell’Assemblea parlamentare: a) le leggi sull’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni previste dalla Costituzione; b) la legge sulla cittadinanza; c) la legge elettorali generale e locale; ç) la legge sui referendum; d) i codici; dh) la legge sullo stato di emergenza; e) la legge sullo status dei funzionari pubblici; ë) la legge sull’amnistia; f) la legge sulla ripartizione amministrativa della Repubblica.

Art. 82  1. Alla proposta delle leggi, quando occorra, deve essere sempre allegata la relazione che documenta

gli oneri finanziari derivanti dalla sua applicazione. 2. Nessun progetto di legge non governativo che comporti l’aumento delle uscite per il bilancio dello

Stato, o che diminuisce le entrate, può essere approvato, se non previo parere del Consiglio dei Ministri, che a sua volta deve esprimersi entro 30 giorni dalla data di presentazione del progetto di legge.

3. Se il Consiglio dei Ministri non si pronuncia entro il termine anzidetto, il progetto di legge segue l’iter della procedura ordinaria.

Art. 83 1. Il progetto di legge è sottoposto a tre votazioni: in via preliminare, articolo per articolo e nel suo

complesso. 2. L’Assemblea parlamentare, su richiesta del Consiglio dei Ministri o di 1/5 di tutti deputati, può

esaminare e approvare un progetto di legge, con procedura accelerata, ma non prima che sia trascorsa una settimana dall’inizio della procedura di esame.

3. Il procedimento accelerato non è ammesso per i progetti di legge indicati nell’articolo, 81, comma 2, ad eccezione della lettera dh).

Art. 84  1. Il Presidente della Repubblica promulga la legge approvata entro 20 giorni da quando gli è stata

trasmessa.  2. La legge si considera promulgata, se il Presidente della Repubblica non esercita la competenza

prevista nel comma 1 del presente articolo, e nel comma 1 dell’articolo 85. 3. Le leggi entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione nella Gazzetta

Ufficiale. 4. Nei casi di provvedimenti straordinari, così come nei casi di necessità e urgenza, quando

l’Assemblea parlamentare delibera con la maggioranza di tutti i suoi componenti, e il Presidente della Repubblica vi consente, la legge entra in vigore immediatamente, ma solo dopo che è stata data notizia della pubblicazione. La legge deve essere pubblicata nel numero più prossimo della Gazzetta Ufficiale.

Art. 85 1. Il Presidente della Repubblica ha diritto di rinviare una legge per un nuovo esame soltanto una volta. 2. Il decreto del Presidente della Repubblica per il rinvio di una legge perde efficacia, quando contro di

esso si esprime la maggioranza di tutti i componenti dell’Assemblea parlamentare.

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Quarta Parte Il Presidente della Repubblica

Art. 86  1. Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità del popolo. 2. Può essere eletto Presidente, soltanto il cittadino albanese sin dalla nascita, residente da almeno gli

ultimi 10 anni in Albania e che abbia compiuto 40 anni di età. Art. 87 (1).

1. La candidatura di Presidente della Repubblica è proposta dinanzi all’Assemblea parlamentare da un gruppo da non meno di 20 deputati. Un deputato non può contemporaneamente proporre più di un candidato.

2. Il Presidente della Repubblica è eletto a scrutinio segreto, senza dibattito, dall’Assemblea parlamentare. Per l’elezione del Presidente, l’Assemblea ha a disposizione un massimo di cinque di votazioni. La prima votazione ha luogo non più tardi di 7 giorni dall’inizio della procedura di elezione del Presidente. Ciascuna delle altre votazioni ha luogo non più tardi di 7 giorni dall’esito senza risultato della votazione precedente. La votazione si considera effettuata anche quando all’elezione non si è presentato alcun candidato. Nella seconda votazione, nella terza e nella quarta possono presentarsi nuovi candidati alle condizioni del comma 1 di quest’articolo.

3. Il Presidente viene eletto nella prima votazione, nella seconda o nella terza quando un candidato ottiene non meno di 3/5 dei voti di tutti i componenti dell’Assemblea parlamentare. Nella quarta votazione e nella quinta viene eletto Presidente il candidato che ottiene più della metà dei voti di tutti i componenti dell’Assemblea.

4. La quinta votazione ha luogo quando nella quarta votazione nessun candidato abbia ottenuto la maggioranza richiesta dei voti. La quinta votazione ha luogo solo tra i due candidati che hanno ottenuto più voti nella quarta votazione. Se ci sono più di due candidati con numero pari di voti, partecipa all’elezione il candidato scelto con sorteggio.

Per questa votazione possono essere presentati nuovi candidati alle condizioni del comma 1 di quest’articolo, se dopo la quarta votazione non è rimasto nessun candidato all’elezione. Quando si presentano più di due candidati, la votazione ha luogo tra i due candidati che hanno ottenuto il numero più alto dei deputati proponenti.

5. Se anche dopo la quinta votazione nessun candidato ottiene la maggioranza richiesta, o quando dopo la quarta votazione senza esito non si presenta nessuna nuova candidatura, l’Assemblea parlamentare si scioglie. Le nuove elezioni si svolgono entro 45 giorni dallo scioglimento.

6. L’Assemblea parlamentare successiva elegge il Presidente della Repubblica con la maggioranza dei tutti i suoi componenti.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 5 della legge 21 aprile 2008, n. 9904. In precedenza, l’articolo era

del seguente tenore: “1. La candidatura di Presidente della Repubblica è proposta dinanzi all’Assemblea parlamentare da un

gruppo dia non meno di 20 deputati. Un deputato non può far parte di più gruppi proponenti. 2. Il Presidente della Repubblica è eletto a scrutinio segreto, senza dibattito, dall’Assemblea

parlamentare con la maggioranza dei 3/5 di tutti i suoi componenti. 3. Se alla prima votazione non è raggiunta questa maggioranza, entro 7 giorni dalla prima votazione si

fa luogo ad una seconda votazione. 4. E se ancora nella seconda votazione non è raggiunta questa maggioranza, entro 7 giorni si fa luogo

ad un terza votazione. 5. Nel caso in cui ci siano più di due candidati nominati e nessuno di loro abbia ottenuto la

maggioranza richiesta, entro 7 giorni si fa luogo ad una quarta votazione tra i due candidati maggiormente votati.

6. Se anche nella quarta votazione nessuno dei due candidati non abbia ottenuto la maggioranza richiesta, si fa luogo ad una quinta votazione.

7. E se ancora dopo la quinta votazione nessuno dei due candidati abbia ottenuto la maggioranza richiesta, l’Assemblea parlamentare si scioglie ed entro 60 giorni si fa luogo alle nuove elezioni generali.

8. La nuova Assemblea parlamentare elegge il Presidente della Repubblica secondo la procedura

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prevista dai commi da 1 a 7 del presente articolo. Se ancora la nuova Assemblea non elegge il Presidente della Repubblica, essa si scioglie ed entro 60 giorni si svolgono le nuove elezioni generali.

9. L’Assemblea parlamentare successiva elegge il Presidente della Repubblica con la maggioranza dei tutti i suoi componenti”.

Art. 88  1. Il Presidente della Repubblica, in ogni caso, viene eletto per una durata di 5 anni, e può essere

rieletto solo una volta 2. Il mandato termina nello stesso giorno dello stesso mese del quinto anno successivo alla data del

giuramento del Presidente della Repubblica. Il mandato del Presidente della Repubblica è prorogato solo in caso di guerra per tutta la sua durata (1).

2/1. La procedura per l’elezione del Presidente della Repubblica ha inizio non più tardi di 60 giorni prima della scadenza del mandato presidenziale precedente. Quando la fine del mandato presidenziale si verifica negli ultimi sei mesi della legislatura, la procedura di elezione del Presidente della Repubblica inizia non più tardi di 60 giorni dalla scadenza del mandato dell’Assemblea parlamentare (2).

3. Il Presidente della Repubblica inizia di svolgere le sue funzioni, dopo aver prestato giuramento dinanzi all’Assemblea parlamentare non prima di essere decaduto il mandato del Presidente che si allontana. Il Presidente esegue questo giuramento:

“ Giuro di essere fedele alla Costituzione, e alle leggi nazionali, di rispettare i diritti e le libertà dei cittadini, di salvaguardare l’indipendenza della Repubblica albanese e di essere al servizio dell’interesse generale e al progresso del popolo albanese” il Presidente può aggiungere anche “ che il Signore sia con me”.

4. Il Presidente della Repubblica che dà le dimissioni prima del termine del proprio mandato, non può candidarsi nelle elezioni presidenziali che si svolgono dopo le sue dimissioni.

(1) Comma così sostituito dall’art. 6, lettera a), della legge 21 aprile 2008, n. 9904. In precedenza, il

comma era del seguente tenore: “2. La procedura per eleggere il Presidente della Repubblica inizia non più tardi dei 30 giorni prima del

termine del mandato presidenziale precedente”. (2) Comma aggiunto dall’art. 6, lettera b), della legge 21 aprile 2008, n. 9904.

Art. 89 Il Presidente della Repubblica non può svolgere alcun’altra funzione pubblica, non può essere membro di un partito, e non può svolgere altre attività private.

Art. 90 1. Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue

funzioni. 2. Il Presidente della Repubblica può essere rimosso per grave violazione alla Costituzione o per aver

commesso un grave crimine. In tali casi, la richiesta di rimozione del Presidente della Repubblica è presentata da non meno dei 1/4 dei componenti dell’Assemblea parlamentare e deve essere sorretta dal voto di non meno dei 2/3 di tutti i suoi componenti.

3. La delibera dell’Assemblea parlamentare è inviata alla Corte costituzionale, la quale, quando accerta la colpevolezza del Presidente della Repubblica, ne dichiara la rimozione dalla carica.

Art. 91 1. Quando il Presidente della Repubblica è permanentemente impedito ad esercitare le sue funzioni, o

quando la sua carica rimane vacante, il Presidente dell’Assemblea parlamentare lo supplisce ed esercita le sue competenze.

2. Se il Presidente della Repubblica non può esercitare le sue funzioni per più di 60 giorni, l’Assemblea parlamentare, con il voto di 2/3 di tutti i suoi componenti, delibera il rinvio della questione alla Corte costituzionale, la quale verifica definitivamente se lo stato di impedimento sia permanente. In caso di accertato impedimento permanente, l’incarico del Presidente della Repubblica rimane vacante e le elezioni per il nuovo Presidente della Repubblica hanno inizio entro 10 giorni dal giorno dell’accertamento della permanenza dell’impedimento.

Art. 92 1. Il Presidente della Repubblica esercita anche queste competenze:

a) può inviare messaggi all’Assemblea parlamentare; b) concede la grazia secondo la legge;

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c) attribuisce la cittadinanza albanese o consente la sua rinuncia secondo la legge; ç) conferisce le onorificenze secondo la legge; d) conferisce i più alti gradi militari secondo la legge; dh) nomina e revoca, su proposta del Primo Ministro, i rappresentanti plenipotenziari della

Repubblica albanese presso gli altri Stati e nelle organizzazioni internazionali; e) accetta le lettere credenziali e il ritiro dei rappresentanti diplomatici esteri e delle organizzazioni

internazionali accreditati nella Repubblica d’Albania; ë) ratifica gli accordi internazionali secondo la legge; f) nomina il direttore dei servizi d’informazione dello Stato, su proposta del Primo Ministro; g) nomina il Presidente dell’Accademia delle Scienze e i rettori delle università secondo la legge; gj) fissa la data delle elezioni dell’Assemblea parlamentare, degli organi del governo locale, e per lo

svolgimento dei referendum; h) chiede pareri e relazioni scritte ai dirigenti delle istituzioni statali su questioni che riguardano le

loro funzioni. Art. 93

Il Presidente della Repubblica, nell’esercizio delle sue funzioni, emana decreti. Art. 94

Il Presidente della Repubblica non può esercitare altre funzioni salvo quelle che gli sono riconosciute espressamente dalla Costituzione e dalle leggi approvate in conformità ad essa.

Quinta Parte Il Consiglio dei Ministri

Art. 95 1. Il Consiglio dei Ministri è composto dal Primo Ministro, dal vice Primo Ministro, e dai Ministri. 2. Il Consiglio dei Ministri esercita tutte le funzioni statali che non siano state attribuite ad altri organi

del potere statale o al governo locale. Art. 96

1. Il Presidente della Repubblica, all’inizio della legislatura, così come quando l’incarico del Primo Ministro rimane vacante, nomina il Primo Ministro, su proposta del partito o della coalizione dei partiti che hanno la maggioranza dei seggi nell’Assemblea parlamentare.

2. Se il Primo Ministro nominato non viene approvato dall’Assemblea parlamentare, il Presidente della Repubblica nomina un nuovo Primo Ministro entro 10 giorni.

3. Se di nuovo entro 10 giorni anche il Primo Ministro così nominato non viene approvato dall’Assemblea parlamentare, l’Assemblea elegge un altro Primo Ministro. In questo caso il Presidente della Repubblica nomina il nuovo Primo Ministro.

4. Quando l’Assemblea parlamentare non riesce ad eleggere il nuovo Primo Ministro, il Presidente della Repubblica scioglie l’Assemblea.

Art. 97 Il Primo Ministro nominato secondo l’articolo 96, gli articoli 104 o 105, presenta entro 10 giorni, per l’approvazione all’Assemblea parlamentare, il programma politico del Consiglio dei Ministri, compresa la sua composizione.

Art. 98 1. Un Ministro è nominato o revocato dal Presidente della Repubblica, su proposta del Primo Ministro,

entro 7 giorni. 2. Il decreto è esaminato entro dieci giorni dall’Assemblea parlamentare.

Art. 99 Prima di assumere le funzioni, il Primo Ministro, il vice Primo Ministro e i Ministri, prestano giuramento davanti al Presidente della Repubblica.

Art. 100 1. Il Consiglio dei Ministri determina le direttive principali della politica generale statale. 2. Il Consiglio dei Ministri delibera su proposta del Primo Ministro o del ministro competente. 3. Le riunioni del Consiglio dei Ministri si svolgono a porte chiuse. 4. Gli atti del Consiglio dei Ministri sono validi se sono firmati dal Primo Ministro e dal ministro

competente. 5. Il Consiglio dei Ministri emana decreti e direttive.

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Art. 101 Il Consiglio dei Ministri nei casi di necessità e emergenza, sotto la sua responsabilità, al fine di stabilire misure temporanee, può adottare atti normativi, che hanno forza di legge. Tali atti normativi sono inviati immediatamente all’Assemblea parlamentare, la quale è riunita entro 5 giorni se non è già in seduta. Tali atti normativi perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono approvati dall’Assemblea entro 45 giorni.

Art. 102 1. Il Primo Ministro:

a) rappresenta il Consiglio dei Ministri e presiede le sue riunioni; b) elabora e presenta le direttive politiche fondamentali di carattere generale dello Stato e ne è

responsabile; c) assicura l’applicazione della legislazione e delle politiche approvate dal Consiglio dei Ministri; ç) coordina e controlla il lavoro dei componenti del Consiglio dei Ministri e delle altre istituzioni dell'

amministrazione centrale statale; d) esercita le altre funzioni previste dalla Costituzione e dalla legge.

2. Il Primo Ministro risolve i conflitti di attribuzione fra i Ministri. 3. Il Primo Ministro nell’esercizio delle sue funzioni emana ordinanze. 4. Il Ministro, nel quadro delle direttive politiche fondamentali di carattere generale dello Stato, dirige

sotto la propria responsabilità l’attività che spetta alla sua competenza. Il Ministro, nell’esercizio delle sue funzioni, emana ordinanze e direttive.

Art. 103 1. Può essere nominato Ministro chiunque abbia i requisiti per l’elezione a deputato. 2. Il Ministro non può ricoprire alcun’altra carica statale, né essere dirigente o membro degli organi di

società con fini lucrativi. 3. I componenti del Consiglio dei Ministri beneficiano dell’immunità parlamentare.

Art. 104 (1) 1. Il Primo Ministro ha il diritto di presentare all’Assemblea parlamentare la questione di fiducia nei

confronti del Consiglio dei Ministri. Se la questione di fiducia è votata almeno dalla metà di tutti i componenti dell’Assemblea, il Primo Ministro entro 48 ore dalla votazione della questione richiede al Presidente della Repubblica lo scioglimento dell’Assemblea.

2. Il Presidente della Repubblica scioglie l’Assemblea parlamentare entro dieci giorni dal ricevimento della richiesta. La questione di fiducia non può essere presentata durante il periodo dell’esame della mozione di sfiducia secondo l’art. 105.

3. La votazione di tale questione non può essere effettuata prima di tre giorni della sua presentazione. (1) Articolo così sostituito dall’art. 7 della legge 21 aprile 2008, n. 9904. In precedenza, l’articolo era

del seguente tenore: “1. Se la questione di fiducia presentata dal Primo Ministro viene rifiutata dalla maggioranza dei tutti i

componenti dell’Assemblea parlamentare, l’Assemblea, entro 15 giorni, elegge un nuovo Primo Ministro. In questo caso il Presidente della Repubblica nomina il nuovo Primo Ministro.

2. Quando l’Assemblea parlamentare non riesce ad eleggere il nuovo Primo Ministro, il Presidente della Repubblica scioglie l’Assemblea.

3. La votazione di tale questione non può essere effettuata prima di tre giorni della sua presentazione”. Art. 105 (1).

1. Un quinto dei deputati ha diritto di presentare una mozione di sfiducia nei confronti del Primo Ministro in carica, proponendo un nuovo Primo Ministro.

2. L’Assemblea parlamentare può votare una mozione di sfiducia nei confronti del Primo Ministro soltanto mediante l’elezione con i voti di più della metà di tutti i suoi componenti un nuovo Primo Ministro.

3. Il Presidente della Repubblica decreta la revoca del Primo Ministro e nomina il Primo Ministro eletto non più tardi di 10 giorni dalla votazione della mozione in Assemblea parlamentare.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 8 della legge 21 aprile 2008, n. 9904. In precedenza, l’articolo era

del seguente tenore: “1. Se la mozione di sfiducia presentata da un quinto dei deputati viene approvato dalla maggioranza

dei tutti componenti dell’Assemblea parlamentare, Assemblea, entro 15 giorni, elegge un nuovo

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Primo Ministro. In questo caso il Presidente della Repubblica nomina il nuovo Primo Ministro. 2. Se l’Assemblea parlamentare non riesce ad eleggere il nuovo Primo Ministro, il Presidente della

Repubblica scioglie l’Assemblea . 3. La votazione di questa mozione non può eseguita prima di tre giorni della sua presentazione”.

Art. 106 Il Primo Ministro e i Ministri sono obbligati a rimanere in carica sino alla formazione del nuovo Consiglio dei Ministri.

Art. 107 1. Gli impiegati pubblici applicano la legge e sono al servizio del Popolo. 2. Gli impiegati nella pubblica amministrazione sono nominati mediante concorso, salvo i casi previsti

dalla legge. 3. Le garanzie della permanenza nella funzione e lo statuto giuridico degli impiegati pubblici sono

disciplinate dalla legge.

Sesta Parte Il Governo Locale

Art. 108 1. I comuni, i municipi e le regioni costituiscono il governo locale. Altri enti del governo locale sono

disciplinate dalla legge. 2. La suddivisione amministrativa-territoriale di queste componenti del governo locale è stabilita con

legge sulla base delle esigenze e degli interessi economici comuni e alla tradizione storica. I loro confini non possono essere mutati senza il previo parere della popolazione che vi abita.

3. I comuni e i municipi costituiscono l’unità base del governo locale. Essi svolgono tutte le funzioni di autogoverno, salvo quelle che con legge sono attribuite ad altri enti del governo locale.

4. L’autogoverno degli enti locali si attua attraverso i loro organi rappresentativi e i referendum locali. I principi e le procedure dello svolgimento dei referendum locali sono previsti dalla legge in conformità anche con l’articolo 151 comma 2.

Art. 109 1. Gli organi rappresentativi delle unità base del governo locale sono i consigli, che vengono eletti ogni

quattro anni a suffragio universale, diretto e segreto (1). 2. L’organo esecutivo del comune e del municipio è il sindaco, che è eletto direttamente dal popolo con

la modalità prevista nel comma 1 di questo articolo. 3. Il diritto di eleggere i consigli locali così come il sindaco del comune e del municipio lo hanno solo i

cittadini residenti nel territorio dell’ente locale di appartenenza. 4. Gli organi degli enti del governo locale hanno diritto di costituire associazioni e istituzioni comuni

tra loro per rappresentare i loro interessi, di collaborare con altri enti locali di altri Paesi, così come di essere rappresentati nelle organizzazioni internazionali del governo locale.

(1) Comma così modificato dall’art. 1 della legge 13 gennaio 2007, n. 9675 (elevazione della durata dei

consigli da 3 a 4 anni). Art. 110

1. La Regione si compone da diverse unità base del governo locale connotate da legami tradizionali, economici e sociali e da interessi comuni.

2. La Regione è l’ente in cui si elaborano e si attuano le politiche regionali e dove queste si armonizzano con la politica statale.

3. L’organo rappresentativo della Regione è il Consiglio regionale. I Comuni e i Municipi inviano membri al Consiglio regionale in proporzione della loro popolazione, e comunque almeno un membro. Sono sempre membri del Consiglio regionale i sindaci dei Comuni e de Municipi. Gli altri suoi membri sono eletti su liste proporzionali tra i consiglieri comunali o municipali, dai rispettivi consigli.

4. Il Consiglio regionale ha diritto di emanare ordinanze e decreti con efficacia vincolante generale per la Regione.

Art. 111 1. Gli enti del governo locale hanno personalità giuridica. 2. Gli enti del governo locale governativi locali hanno un bilancio autonomo il quale viene formato

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secondo le procedure previste dalla legge. Art. 112

1. Agli enti del governo locale sono conferite con legge funzioni amministrative statali. Le spese inerenti all’esercizio di questo conferimento sono a carico dello Stato.

2. Agli organi del governo locale possono essere imposti obblighi solo in conformità alla legge o in base ali accordi che essi stipulano. Le spese inerenti a tali obblighi imposti dalla legge agli organi del governo locale sono a carico dello Stato.

Art. 113 1. I consigli comunali, municipali e regionali:

a) regolano e amministrano autonomamente gli affari locali entro la loro giurisdizione; b) esercitano i diritti proprietari, gestiscono autonomamente le entrate prodotte, cosi come hanno il

diritto di esercitare attività economica; c) hanno diritto di incassare e spendere le entrate che sono indispensabili per l'esercizio delle loro

funzioni; ç) hanno diritto di fissare, in conformità con la legge, le imposte locali, nonché il loro ammontare; d) approvano le regole per la loro organizzazione e funzionamento in conformità con la legge; dh) determinano i simboli del Governo locale, nonché i titoli onorari locali; e) si fanno promotori di iniziative locali dinanzi agli organi stabiliti dalla legge.

2. Gli organi degli enti del governo locale adottano direttive, decreti e ordinanze. 3. I diritti di autogoverno degli enti del governo locale sono tutelati dinanzi alla magistratura.

Art. 114 Il Consiglio dei Ministri nomina il prefetto come il suo rappresentante in ogni Regione. Le competenze del prefetto sono stabilite dalla legge.

Art. 115 1. L’organo dell’ente del governo locale direttamente elettivo può essere sciolto o rimosso dal

Consiglio dei Ministri per violazione grave della Costituzione o delle leggi. 2. L’organo sciolto o rimosso può ricorrere dinanzi alla Corte costituzionale entro 15 giorni, e in tal

caso la decisione del Consiglio dei Ministri è sospesa. 3. Nel caso di non esercizio del diritto di ricorso entro 15 giorni, o nel caso in cui la Corte

costituzionale lasci in vigore la decisione del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Repubblica fissa la data delle elezioni nell’ente locale in questione.

Settima Parte Gli Atti Normativi e Gli Accordi Internazionali

Titolo I

Gli Atti Normativi

Art. 116 1. Gli atti normativi che hanno vigore su tutto il territorio della Repubblica d’Albania sono:

a) la Costituzione; b) gli accordi internazionali ratificati; c) le leggi; ç) gli atti normativi emanati dal Consiglio dei Ministri.

2. Gli atti normativi emanati dagli organi governativi locali hanno vigore soltanto nella giurisdizione territoriale che esercitano questi organi.

3. Gli atti normativi dei Ministri o degli organi istituzionali centrali hanno vigore su tutto il territorio della Repubblica d’Albania nell’ambito della loro giurisdizione.

Art. 117 1. Le leggi, gli atti normativi del Consiglio dei Ministri, dei Ministri, delle altre istituzioni centrali,

entrano in vigore soltanto dopo essere stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. 2. La promulgazione e la pubblicazione degli altri atti normativi si effettuano conformemente a quanto

previsto dalla legge.

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3. Gli accordi internazionali ratificati dalla legge sono promulgati e pubblicati con le modalità previste per le leggi. La promulgazione e la pubblicazione degli altri accordi internazionali si effettuano conformemente a quanto previsto dalla legge.

Art. 118 1. Gli atti subordinati vengono emanati dagli organi previsti dalla Costituzione in base e in

applicazione delle leggi. 2. La legge deve autorizzare l’emanazione degli atti subordinati, deve prestabilire l’organo competente

e le questioni che devono essere regolate, così come i principi in base ai quali sono emanati questi atti.

3. L’organo autorizzato dalla legge ad emanare gli atti subordinati, così come viene specificato nel comma 2 del presente articolo, non può delegare la propria competenza ad altri organi.

Art. 119 1. I regolamenti del Consiglio dei Ministri, dei Ministri e delle altre istituzioni centrali, così come le

ordinanze del Primo Ministro, dei Ministri o dei dirigenti delle istituzioni centrali, hanno carattere interno e sono vincolanti solo per le unità amministrative che dipendono da loro.

2. Questi atti sono emanati in base alla legge e non possono servire come base per adottare decisioni concernenti i singoli e altri soggetti.

3. I regolamenti e le ordinanze sono emanati in base e in applicazione de gli atti che hanno efficacia giuridica generale.

Art. 120 I principi e le modalità per l’emanazione degli atti giuridici locali sono previsti dalla legge.

Titolo II Gli Accordi Internazionali

Art. 121 1. La ratifica e la denuncia degli accordi internazionali della Repubblica d’Albania si effettuano con

legge nei casi in cui essi riguardano: a) il territorio, la pace, le alleanze, le materie politiche e militari; b) i diritti e le libertà dell’uomo, cosi come i doveri dei cittadini, come previsti dalla Costituzione; c) l’adesione della Repubblica d’Albania alle organizzazioni internazionali; ç) l’assunzione di obblighi finanziari dalla parte della Repubblica albanese; d) l’approvazione, la modificazione, l’integrazione o l’abrogazione delle leggi.

2. L’Assemblea parlamentare, con la maggioranza di tutti i componenti, può ratificare anche altri accordi internazionali che non sono previsti nel primo comma di quest’articolo.

3. Il Primo Ministro dà comunicazione all’Assemblea parlamentare ogni volta che il Consiglio dei Ministri sottoscrive un accordo internazionale che non si ratifica con legge.

4. I principi e le modalità per la ratifica e la denuncia degli accordi internazionali sono previsti dalla legge.

Art. 122 1. Ogni accordo internazionale ratificato costituisce parte del sistema interno giuridico dopo essere

stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica d’Albania. Esso viene applicato in modo diretto, salvo i casi in cui non sia autoapplicativo e la sua applicazione richieda l’approvazione di una legge. La modificazione, l’integrazione e l’abrogazione delle leggi approvati con la maggioranza di tutti i componenti dell’Assemblea parlamentare conseguenti alla ratifica degli accordi internazionali si effettua con la stessa maggioranza.

2. Un accordo internazionale ratificato con legge prevale su tutte le leggi nazionali incompatibili con esso.

3. Le norme promananti da un’organizzazione internazionale prevalgono, in caso di contrasto, sulle norme nazionali, quando nell’accordo ratificato dalla Repubblica d’Albania per la partecipazione a tale organizzazione, è prevista espressamente l’applicazione diretta delle norme promananti da essa.

Art. 123 1. La Repubblica d’Albania, in base agli accordi internazionali, trasferisce alle organizzazioni

internazionali competenze statali per materie determinate. 2. La legge con quale si ratifica un accordo internazionale, come previsto nel primo comma di questo

articolo, è approvata con la maggioranza di tutti i componenti dell’Assemblea parlamentare.

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3. l’Assemblea parlamentare può deliberare che la ratifica di un tale accordo si effettui con referendum.

Ottava Parte La Corte Costituzionale

Art. 124 1. La Corte costituzionale garantisce il rispetto della Costituzione e ne opera l’interpretazione in via

definitiva. 2. La Corte costituzionale è soggetta soltanto alla Costituzione.

Art. 125 1. La Corte costituzionale è composta da nove membri, i quali sono nominati dal Presidente della

Repubblica con il consenso dell’Assemblea parlamentare. 2. I giudici sono nominati per nove anni, senza diritto di rinomina, tra i giuristi di alta qualificazione e

di esperienza di lavoro professionale di non meno di 15 anni. 3. La composizione della Corte costituzionale si rinnova ogni tre anni per un 1/3 proprio, secondo le

modalità stabilite con legge. 4. Il Presidente della Corte costituzionale è nominato tra i suoi componenti dal Presidente della

Repubblica, col consenso dell’Assemblea parlamentare, per un periodo di tre anni. 5. Il giudice della Corte costituzionale resta in carica fino alla nomina del suo successore.

Art. 126 Il giudice della Corte costituzionale non può essere incriminato, senza il consenso della Corte costituzionale. Il giudice della Corte costituzionale può essere fermato o arrestato solo se è colto nell’atto di commettere un crimine o subito dopo averlo commesso. L’organo competente avvisa immediatamente la Corte costituzionale. Quando la Corte costituzionale non dà il consenso entro 24 ore alla presentazione del giudice arrestato al tribunale, l’organo competente è obbligato a rilasciarlo.

Art. 127 1. Il mandato del giudice della Corte costituzionale termina quando:

a) viene condannato con sentenza definitiva per aver commesso un crimine; b) non esercita senza giustificazioni le funzioni della carica per più di sei mesi; c) compie l’età di 70 anni; ç) dà le dimissioni; d) è dichiarato con decisione giurisdizionale definitiva incapace di agire.

2. Il termine del mandato del giudice è dichiarato con decisione della Corte costituzionale. 3. Quando la carica di giudice rimane vacante, il Presidente della Repubblica nomina, col consenso

dell’Assemblea parlamentare, un nuovo giudice, il quale completa il mandato del giudice venuto meno.

Art. 128 Il giudice della Corte costituzionale può essere rimosso dall’Assemblea parlamentare, con delibera adottata dai 2/3 di tutti i suoi componenti, per violazione della Costituzione , per commissione di un crimine, per incapacità mentale e fisica, per azioni o atteggiamenti che screditano gravemente la posizione e l’immagine del giudice. La delibera dell’Assemblea è esaminata dalla Corte costituzionale, la quale, quando accerta che sussiste uno dei casi sopraindicati, dichiara la rimozione dalla carica del componente della Corte costituzionale.

Art. 129 Il giudice della Corte costituzionale inizia il suo mandato dopo aver prestato giuramento dinanzi al Presidente della Repubblica.

Art. 130 La carica di giudice della Corte costituzionale non è compatibile con nessun’altra carica statale, politica o privata.

Art. 131 La Corte costituzionale decide circa: a) l’incompatibilità della legge con la Costituzione o con gli accordi internazionali, come previsto

nell’articolo 122; b) l’incompatibilità degli accordi internazionali con la Costituzione prima della loro ratifica; c) l’incompatibilità degli atti normativi degli organi centrali e locali con la Costituzione e con gli

accordi internazionali; ç) i conflitti d’attribuzione tra i poteri, cosi come tra il potere centrale il governo locale;

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d) la costituzionalità dei partiti e delle altre organizzazioni politiche, cosi come della loro attività, secondo l’articolo 9 di questa Costituzione;

dh) la rimozione dalla carica del Presidente della Repubblica e l’accertamento dell'impossibilità dell’esercizio delle sue funzioni;

e) le questioni riguardanti l’eleggibilità o l’incompatibilità nell’esercizio delle funzioni del Presidente della Repubblica e dei Deputati, cosi come la convalida della loro elezione;

ë) la costituzionalità del referendum e l’accertamento del suo risultato; f) il giudizio definitivo sui ricorsi dei singoli per violazione dei loro diritti costituzionali ad un giusto

processo legale, solo quando siano stati esauriti tutti gli strumenti giuridici di tutela di questi diritti. Art. 132

1. Le decisioni della Corte costituzionale hanno efficacia vincolante generali e sono definitive. La Corte costituzionale ha il diritto di rendere inefficaci soltanto gli atti che esamina.

2. Le decisioni della Corte costituzionale entrano in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La Corte costituzionale può decidere che la legge o un altro atto normativo potrà perdere efficacia in un’altra data. L’opinione della minoranza è pubblicata insieme alla decisione.

Art. 133 1. L’ammissibilità dei ricorsi è deciso da un numero di giudici prestabilito dalla legge. 2. La Corte costituzionale decide con la maggioranza dei tutti i suoi componenti.

Art. 134 1. La Corte costituzionale si attiva solo su richiesta:

a) del Presidente della Repubblica; b) del Primo Ministro; c) di non meno di 1/5 dei deputati; ç) del Presidente dell’Alto Controllo di Stato; d) di ogni tribunale nel caso dell’articolo 145, comma 2 di questa Costituzione; dh) dell’Avvocato del Popolo; e) degli organi degli enti regionali e locali; ë) degli organi delle comunità religiose; f) dei partiti politici e delle altre organizzazioni; g) dei singoli.

2. I soggetti previsti dalle lettere dh), e), ë), f), g) del comma 1 del articolo presente, possono fare richiesta solo su questioni in cui abbiano interesse.

Nona Parte Le Corti giudiziarie

Art. 135 1. Il potere giudiziario è esercitato dalla Corte Suprema, cosi come dalla Corte d’appello, dai tribunali

di primo grado, che sono costituiti per legge. 2. L’Assemblea parlamentare può istituire con legge corti giudiziarie per materie specifiche, ma in

nessun caso giudici straordinari. Art. 136

1. I componenti della Corte Suprema sono nominati dal Presidente della Repubblica su consenso dell’Assemblea parlamentare.

2. Uno dei suoi componenti è nominato Presidente secondo la procedura previsto nel comma 1 di quest’ articolo.

3. Il Presidente e i componenti della Corte Suprema rimangono in carica per nove anni, senza poter essere rinominati.

4. Gli altri giudici sono nominati dal Presidente della Repubblica su proposta dell’Alto Consiglio della Giustizia .

5. Possono essere giudici soltanto i cittadini laureati in giurisprudenza. Le condizioni e le modalità di reclutamento sono stabilite dalla legge.

Art. 137 1. Il giudice della Corte Suprema può essere incriminato penalmente soltanto su deliberazione

dell’Assemblea parlamentare. 2. Il giudice della Corte Suprema può essere fermato o arrestato soltanto se è colto nell’atto di

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commettere il crimine o subito dopo averlo commesso. L’organo competente ne dà comunicazione immediatamente alla Corte Costituzionale. Se la Corte Costituzionale non dà il consenso entro le 24 ore al rinvio al tribunale del giudice arrestato, l’organo competente è obbligato a rilasciarlo.

3. Gli altri giudici possono essere incriminati penalmente soltanto su deliberazione dell’Alto Consiglio della Giustizia.

4. Il giudice può essere fermato o arrestato soltanto se è colto nell’atto di commettere il crimine o subito dopo averlo commesso. L’organo competente ne dà comunicazione immediatamente all’Alto Consiglio della Giustizia. Se l’Alto Consiglio della Giustizia non dà il consenso entro 24 ore al rinvio al tribunale del giudice arrestato, l’organo competente è obbligato a rilasciarlo.

Art. 138 La durata della permanenza in carica dei giudici non può essere limitata; la loro retribuzione e altri loro emolumenti non possono essere ridotti.

Art. 139 1. Il mandato del giudice della Corte Suprema termina qualora:

a) sia condannato con sentenza definitiva per aver commesso un crimine; b) non si presenti a svolgere le sue funzioni, senza giustificazione, per più di sei mesi; c) compia l’età di 65 anni; ç) dia le dimissioni; d) sia dichiarato incapace di agire con provvedimento giurisdizionale definitivo.

2. Il termine del mandato del giudice è dichiarato con decisione dalla Corte Suprema. Art. 140

Il giudice della Corte Suprema può essere rimosso dall’Assemblea parlamentare con i 2/3 dei tutti i suoi componenti, per violazione della Costituzione, per aver commesso un crimine, per incapacità mentale e fisiche, e per azioni o atteggiamenti che discreditano gravemente la posizione e l’immagine del giudice. La decisione dell’Assemblea è controllata dalla Corte costituzionale, la quale, quando accerta che esista una delle cause sopraindicate, dichiara la rimozione del giudice dall'incarico.

Art. 141 1. La Corte Suprema ha giurisdizione primaria e di cassazione. Essa ha giurisdizione primaria quando

giudica le accuse penali contro il Presidente della Repubblica, contro il Presidente e i componenti del Consiglio dei Ministri, i deputati, i giudici della Corte Suprema e contro i giudici della Corte costituzionale.

2. Per l’uniformità o per la modifica della giurisprudenza, la Corte Suprema ha diritto di richiamare ad esaminare a sezioni unite determinate questioni determinate.

Art. 142 1. Le decisioni giudiziarie devono essere motivate. 2. La Corte suprema deve pubblicare le sue decisioni, cosi come i pareri della minoranza. 3. Gli organi statali sono vincolati ad eseguire le decisioni giudiziarie.

Art. 143 L’ufficio di giudice non è compatibile con altra attività statale, politica o privata.

Art. 144 Le corti giudiziarie hanno un bilancio proprio, che gestiscono in modo autonomo. Essi propongono il loro bilancio secondo la legge.

Art. 145 1. I giudici sono indipendenti e soggetti soltanto alla Costituzione e alle leggi. 2. Quando i giudici ritengono che le leggi sono in contrasto con la Costituzione, non le applicano. In

questo caso, i giudici sospendono il giudizio e rinviano la questione alla Corte Costituzionale. Le decisioni della Corte costituzionale sono vincolanti per tutte le corti giudiziarie.

3. Le interferenze nell’attività delle corti e dei giudici comporta responsabilità secondo la legge. Art. 146

1. I tribunali pronunciano le decisioni in nome della Repubblica. 2. Le decisioni giudiziarie sono proclamate pubblicamente in ogni caso.

Art. 147 1. L’Alto Consiglio della Giustizia è composto dal Presidente della Repubblica, dal Presidente della

Corte suprema, dal Ministro della Giustizia, da tre componenti eletti dall’Assemblea parlamentare, così come da nove giudici di tutti i livelli, eletti dalla Conferenza Giudiziaria Nazionale. I membri eletti rimangono in carica per 5 anni senza poter essere rieletti immediatamente.

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2. Il Presidente della Repubblica è il Presidente dell’Alto Consiglio della Giustizia. 3. L’Alto Consiglio della Giustizia, su proposta del Presidente, elegge tra i componenti un vice

Presidente. Il vice Presidente organizza l’attività dell’Alto Consiglio della Giustizia, cosi come presiede le riunioni in assenza del Presidente della Repubblica.

4. L’Alto Consiglio della Giustizia delibera il trasferimento dei giudici cosi come in merito alla loro responsabilità disciplinare secondo la legge.

5. Il trasferimento dei giudici non può avvenire senza il loro consenso, salvo quando questo trasferimento sia richiesto dalla necessità di riorganizzazione del sistema giudiziario.

6. Il giudice può essere rimosso dall’Alto Consiglio della Giustizia per aver commesso un crimine, per incapacità mentale e fisica, per azioni o atteggiamenti che discreditano gravemente la posizione e l’immagine del giudice o per insufficienza professionale. Contro questa decisione il giudice ha diritto di ricorre alla Corte Suprema, che, in questo caso, decide a sezioni riunite.

Decima Parte La Procura

Art. 148 1. La Procura esercita l’azione penale, così come rappresenta l’ accusa in giudizio in nome dello Stato.

La Procura svolge le altre funzioni stabilite dalla legge. 2. I procuratori sono organizzati e operano a fianco al sistema giudiziario come un organo

centralizzato. 3. Nell'esercizio delle loro competenze i procuratori sono soggetti alla Costituzione e alle leggi.

Art. 149 (1) 1. Il Procuratore Generale è nominato dal Presidente della Repubblica su consenso dell’Assemblea

parlamentare per un mandato quinquennale con diritto di rinomina. 2. Il Procuratore Generale può essere rimosso dal Presidente della Repubblica, su proposta

dell’Assemblea parlamentare, per violazione della Costituzione o per grave violazione della legge durante l’esercizio delle sue funzioni, per incapacità mentale e fisica, per azioni o atteggiamenti che discreditano gravemente la posizione e l’immagine del Procuratore.

3. Gli altri pubblici ministeri sono nominati o rimossi dal Presidente della Repubblica su proposta del Procuratore Generale.

4. Il Procuratore Generale informa l’Assemblea parlamentare in materia di criminalità. (1) I commi 1 e 4 sono stati sostituiti dall’art. 9 della legge costituzionale 21 aprile 2008, n. 9904. Si ne

riportano le precedenti disposizioni: “1. Il Procuratore Generale è nominato dal Presidente della Repubblica su consenso dell’Assemblea

parlamentare. 4. Il Procuratore Generale informa periodicamente l’Assemblea parlamentare in materia di

criminalità”.

Undicesima Parte Il Referendum

Art. 150 1. Il popolo, a mezzo di 50.000 cittadini con diritto di voto, ha il diritto al referendum abrogativo, cosi

come di chiedere al Presidente della Repubblica l’indizione di referendum su questioni di particolare importanza.

2. L’Assemblea parlamentare, su proposta di non meno del 1/5 dei deputati oppure del Consiglio dei Ministri, può deliberare che una questione o un progetto di legge di particolare importanza siano sottoposti al referendum.

3. I principi e le modalità per lo svolgimento del referendum, così come la sua validità sono regolati dalla legge.

Art. 151 1. La legge approvata mediante referendum è promulgata dal Presidente della Repubblica. 2. Le questioni riguardanti l’integrità territoriale della Repubblica d’Albania, la limitazione delle libertà

e dei diritti fondamentali dell’uomo, il bilancio, le tasse e le imposte statali, la dichiarazione o la revoca dello stato di emergenza, la dichiarazione di guerra o di pace e l’amnistia, non possono essere sottoposti ad alcun referendum.

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3. Il referendum sulla medesima questione non può essere ripetuto prima che siano trascorsi tre anni dalla sua effettuazione.

Art. 152 1. La Corte costituzionale entro 60 giorni esamina in via preliminare la costituzionalità delle questioni

sottoposte al referendum sulla base dell’articolo 150, commi 1 e 2, dell’articolo 151, commi 2 e 3, e dell’articolo 177, commi 4 e 5.

2. Il merito delle questioni particolari previste nell’articolo 150, commi 1 e 2 non è oggetto di giudizio da parte della Corte costituzionale.

3. La data del referendum è fissata dal Presidente della Repubblica entro 45 giorni dalla proclamazione della decisione favorevole della Corte costituzionale oppure dopo la scadenza del termine entro il quale la Corte costituzionale avrebbe dovuto pronunciarsi. I referendum si svolgono in un solo giorno dell’anno.

Dodicesima Parte (1)

La Commissione Centrale delle Elezioni

(1) Parte abrogata dall’art. 10 della legge costituzionale 21 aprile 2008, n. 9904. Se ne riportano le precedenti disposizioni (l’art. 154 era già stato oggetto della revisione costituzionale portata dall’art. 2 della legge cost. 13 gennaio 2007, n. 9675, che aveva elevato il numero dei componenti della Commissione centrale da 7 a 9):

“Art. 153. La Commissione centrale delle elezioni è un organo permanente che organizza, vigila, dirige e verifica tutti gli aspetti concernenti le elezioni e i referendum e ne proclama i risultati. Art. 154. 1. La Commissione è composta da 9 componenti, i quali sono eletti per un mandato settennale. Quattro componenti sono eletti dall’Assemblea parlamentare, due componenti sono nominati dal Presidente della Repubblica, e gli altri tre componenti sono eletti dall’Alto Consiglio della Giustizia. 2. La composizione della Commissione centrale delle elezioni si rinnova ogni tre anni secondo la

procedura stabilita dalla legge. 3. L’appartenenza alla Commissione è incompatibile con altre attività statali e politiche. 4. I soggetti elettorali designano i loro rappresentanti presso la Commissione. Essi non possono votare. 5. Il componente della Commissione beneficia la stessa immunità del componente della Corte

Suprema. 6. La Commissione ha un suo bilancio”.

Tredicesima Parte

Le Finanze Pubbliche Art. 155

Le tasse, i tributi e le imposte finanziarie nazionali e regionali, l’agevolazione o l’esonero da esse di alcune categorie di contribuenti, cosi come le modalità della loro riscossione sono stabiliti dalla legge. In questi casi la legge non può avere efficacia retroattiva.

Art. 156 Lo Stato, se è autorizzato dalla legge, può chiedere o garantire prestiti e crediti finanziari.

Art. 157 1. Il sistema finanziario è composto dal bilancio dello Stato e dai bilanci regionali. 2. Il bilancio dello Stato è costituito dalle entrate raccolte dalle tasse, tributi e altre imposte finanziarie,

cosi come da altre entrate legittime. Il bilancio contiene tutte le spese statali. 3. Gli enti regionali istituiscono e riscuotono le tasse ed altre imposte come stabilito dalla legge. 4. Gli organi del governo centrale e di quello regionale sono obbligati a rendere pubbliche sia le

entrate, sia le spese. Art. 158

1. Il Primo Ministro, a nome del Consiglio dei Ministri, presenta all’Assemblea parlamentare il progetto di legge di bilancio statale durante la sessione autunnale, la quale non può essere chiusa senza approvarlo.

2. Se il progetto di legge non è approvato entro l’inizio del successivo anno finanziario, il Consiglio dei Ministri ogni mese, fa applicazione di 1/12 del bilancio dell’anno precedente sino all’approvazione

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del nuovo bilancio. 3. L’Assemblea parlamentare approva il nuovo bilancio entro i tre mesi dall’ultimo giorno del

precedente anno finanziario, salvo i casi di adozione delle misure straordinarie. 4. Il Consiglio dei Ministri è obbligato a presentare all’Assemblea la relazione riguardante l’attuazione

del bilancio e il debito statale dell’anno precedente. 5. L’Assemblea parlamentare delibera definitivamente dopo aver sentito anche la relazione dell’Alto

Controllo dello Stato. Art. 159

I principi e le modalità di formazione del progetto di bilancio, cosi come l’attuazione del bilancio sono stabiliti dalla legge.

Art. 160 1. Durante l’anno finanziario, l’Assemblea parlamentare può apportare modifiche al bilancio. 2. Le modifiche al bilancio si effettuano con le modalità previste per la formazione e l’approvazione

dello stesso bilancio. 3. Le spese previste da altre leggi non possono essere diminuite fino a quando queste leggi restano in

vigore. Art. 161

1. La Banca Centrale dello Stato è la Banca d’Albania. Essa ha il diritto esclusivo di emissione e circolazione della moneta albanese, di attuazione indipendente della politica monetaria e di mantenimento e di gestione delle riserve di valuta nella Repubblica d’Albania.

2. La Banca d’Albania è diretta da un Consiglio, il quale è presieduto dal Governatore. Il Governatore è eletto dall’Assemblea parlamentare su proposta del Presidente della Repubblica per 7 anni ed è rieleggibile.

Quattordicesima Parte L’Alto Controllo dello Stato

Art. 162 1. L’Alto Controllo dello Stato è l’istituzione più alta del controllo economico e finanziario. Esso è

soggetto solo alla Costituzione e alle leggi. 2. Il Presidente dell’Alto Controllo dello Stato è eletto ed è revocato dall’Assemblea parlamentare su

proposta del Presidente della Repubblica. Egli rimane in carica per 7 anni ed è rieleggibile. Art. 163

L’Alto Controllo dello Stato controlla: a) l’attività economica delle istituzioni statali e delle altre persone giuridiche statali; b) l’utilizzo e la cura dei fondi statali, degli organi del potere centrale e di quello regionale; c) l’attività economica delle persone giuridiche, nelle quali lo Stato ha più della metà delle

partecipazioni o delle azioni, oppure quando i loro debiti, i loro crediti e le loro obbligazioni siano garantiti dallo Stato.

Art. 164 1. L’Alto Controllo dello Stato presenta all’Assemblea parlamentare:

a) la relazione sull’attuazione del bilancio dello Stato; b) il parere sulla relazione del Consiglio dei Ministri sulle uscite del precedente anno finanziario

prima dell’approvazione da parte dell’Assemblea; c) le informazioni sui risultati dei controlli, tutte le volte che siano richieste dall’Assemblea

parlamentare. 2. L’Alto Controllo dello Stato presenta all’Assemblea parlamentare la relazione annuale sulla propria

attività. Art. 165

1. Il Presidente dell’Alto Controllo dello Stato può essere invitato a partecipare e a pronunciarsi nelle riunioni del Consiglio dei Ministri, quando questo tratta questioni riguardanti le sue funzioni.

2. Il Presidente dell’Alto Controllo dello Stato gode della stessa immunità del giudice della Corte Suprema.

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Quindicesima Parte Le Forze Armate

Art. 166 1. I cittadini albanesi hanno il dovere di partecipare alla difesa della Repubblica d’Albania, come

previsto dalla legge. 2. Il cittadino che, per motivi di coscienza, non accetti il servizio con le armi per le Forze Armate, ha il

dovere di svolgere un altro servizio alternativo, come previsto dalla legge. Art. 167

1. I militari del servizio attivo non possono essere eletti o nominati nelle altre cariche statali e neanche ad aderire in un partito oppure in un’attività politica.

2. I componenti delle Forze Armate oppure le persone che svolgono il servizio alternativo beneficiano tutti i diritti e le libertà della Costituzione, esclusi i casi quando la legge predisponga diversamente.

Art. 168 1. Le Forze Armate della Repubblica d’Albania sono composte dalle forze terrestri, marittime,

aeronautiche. 2. Il Presidente della Repubblica è il Comandante Generale delle Forze Armate. 3. Il Consiglio della Sicurezza Nazionale è organo consigliere del Presidente della Repubblica.

Art. 169 1. Il Presidente della Repubblica, in tempo di pace, dirige le Forze Armate attraverso il Primo Ministro

e il ministro della Difesa. 2. Il Presidente della Repubblica, in tempo di guerra, nomina e rimuove il comandante delle Forze

Armate su proposta del Primo Ministro. 3. Il Presidente della Repubblica, su proposta del Primo Ministro, nomina e rimuove il Capo di Stato

Maggiore, cosi anche su proposta del ministro della Difesa nomina e rimuove i comandanti delle forze terrestre, marittime e aeronautiche.

4. Le competenze del Presidente della Repubblica come Comandante Generale delle Forze Armate alle dipendenze dagli organi costituzionali sono stabiliti dalla legge.

Sedicesima Parte

Le Misure Straordinarie Art. 170

1. Le misure straordinarie possono essere stabilite in caso di guerra, di stato d’emergenza, di calamità naturale e hanno efficacia per quanto tempo continuano tali situazioni.

2. I principi dell’attività degli organi pubblici e il grado di limitazione delle libertà e dei diritti dell’uomo durante l’esistenza di tali situazioni che richiedono le misure straordinarie, sono determinate dalla legge.

3. La legge deve determinare i principi, le materie e i modi di compensazione delle perdite che derivano come risultato di limitazioni delle libertà e dei diritti durante l’adozione delle misure straordinarie.

4. Gli atti adottati come conseguenza di tali misure straordinarie, devono essere in proporzione al grado di pericolo e devono avere come scopo il ristabilimento il prima possibile delle condizioni per il funzionamento normale dello Stato.

5. Durante lo stato di emergenza, non può essere modificato nessuno di tali atti normativi: la Costituzione, le leggi delle elezioni dell’Assemblea e degli enti regionali, cosi anche le leggi riguardanti alle misure straordinarie.

6. Durante il periodo dell’applicazione delle misure straordinarie, non si possono svolgere le elezioni regionali, non si può svolgere il referendum, cosi anche non si può eleggere il Presidente della Repubblica. Le elezioni regionali si possono svolgere soltanto laddove non siano applicate le misure straordinarie.

Art. 171 1. In caso di aggressione armata contro la Repubblica d’Albania, il Presidente della Repubblica su

richiesta del Consiglio dei Ministri dichiara lo stato di guerra. 2. In caso di minaccia esterna oppure quando l’obbligo della difesa collettiva emerge da un accordo

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internazionale, l’Assemblea, su proposta del Presidente della Repubblica, dichiara lo stato di guerra, determina lo stato di mobilitazione e smobilitazione generale o parziale.

Art. 172 1. Nel caso dell’articolo 171 comma 1, il Presidente della Repubblica presenta all’Assemblea un

decreto per lo stato di guerra entro 48 ore dalla sua sottoscrizione, specificando i diritti che saranno delimitati.

2. L’Assemblea esamina immediatamente e delibera con la maggioranza dei tutti i suoi componenti per il decreto del Presidente della Repubblica.

Art. 173 1. In caso di pericolo dell’ordinamento costituzionale e della sicurezza pubblica, l’Assemblea, su

richiesta del Consiglio dei Ministri, può proclamare in una parte o in tutto territorio dello Stato lo stato di emergenza, il quale dura per quanto tempo continua il pericolo e non più di 60 giorni.

2. Con la proclamazione dello stato di emergenza, l’intervento delle Forze Armate si effettua con delibera dell’Assemblea parlamentare e solo quando le forze di Polizia non sono in grado di ristabilire l’ordine.

3. La durata dello stato di emergenza può essere effettuata su consenso dell’Assemblea ogni 30 giorni, per un periodo di non più di 90 giorni.

Art. 174 1. Per salvaguardare o evitare delle conseguenze di una calamità naturale o un incidente tecnologico, il

Consiglio dei Ministri può decidere, per un periodo non più di 30 giorni, lo stato di calamità naturale in una parte o in tutto il territorio dello Stato.

2. La durata della calamità naturale può essere fatta solo su consenso dell’Assemblea. Art. 175

1. Durante lo stato di guerra o lo stato di emergenza non possono essere limitati i diritti e le libertà previste nei artt.: 15, 18, 19, 20, 21, 24, 25, 29, 30, 31, 32, 34, 39 comma 1; 41 comma 1, 2, 3, 5; 42, 43, 48, 54, 55.

2. Durante lo stato di calamità naturale possono essere limitate i diritti e le liberta previste nei artt.: 37, 38, 41 comma 4, 49, 51.

3. Gli atti che dichiarano lo stato di guerra, lo stato di emergenza oppure la calamità naturale, devono specificare i diritti e le libertà che vengono limitati secondo i commi 1, 2 dell’articolo presente.

Art. 176 Quando l’Assemblea non può essere riunita durante lo stato di guerra, il Presidente della Repubblica, su proposta del Consiglio dei Ministri, ha diritto di emanare atti aventi forza di legge le quali devono essere approvati dall’Assemblea nella sua prima seduta.

Diciassettesima Parte

La Revisione della Costituzione Art. 177

1. L’iniziativa di revisione della Costituzione può essere adottata da non meno di 1/5 dei componenti dell’Assemblea.

2. Nessuna revisione della Costituzione può essere adottata durante il tempo in cui sono determinate le misure straordinarie.

3. Il progetto di legge è approvato da non meno 2/3 dei tutti componenti dell’Assemblea. 4. L’Assemblea può deliberare, su 2/3 dei tutti suoi componenti, che i progetti-emendamenti

costituzionali vengano votati con referendum. Il progetto-legge di revisione della Costituzione entra in vigore dopo la ratifica con referendum, il quale viene svolto non più tardi dei 60 giorni della sua approvazione in Assemblea.

5. L’emendamento costituzionale approvato è sottoposto al referendum quando questo lo richiede 1/5 dei tutti i componenti dell’Assemblea.

6. Il Presidente della Repubblica non può rinviare per riesame la legge approvata dall’Assemblea per la revisione della Costituzione.

7. La legge approvata con referendum è promulgata dal Presidente della Repubblica ed entra in vigore in data prevista in tale legge.

8. La revisione della Costituzione per stessa questione non può essere effettuata prima di essere trascorso un anno dal giorno del rigetto del progetto-legge in Assemblea, e non prima che siano trascorsi tre anni del giorno dal suo rigetto con referendum.

231

Diciottesima Parte Disposizione Transitorie e Finali

Art. 178 1. Le leggi e gli altri atti normativi approvati prima della data di entrata in vigore della presente

Costituzione si applicheranno finché non sono abrogati. 2. il Consiglio dei Ministri presenta all’Assemblea i progetti di legge necessari per l’attuazione di

questa Costituzione. Art. 179

1. Il mandato degli organi costituzionali che esisteranno con l’entrata in vigore della presente Costituzione cesseranno con i termini previsti secondo la legge nr.7491 in data 29.4.1991 "Per le disposizioni principali costituzionali" con le modifiche e le integrazioni riguardanti.

2. I componenti della Corte di Cassazione proseguono il loro esercizio come componenti della Corte Suprema, secondo il mandato precedente.

3. I componenti dell’Alto Consiglio della Giustizia reclutati tra i procuratori sono sostituiti da nuovi componenti reclutati dalla riunione generale dei giudici.

4. Gli organi del governo locale proseguono all’esercizio fino alla scadenza del loro mandato. Art. 180

1. Gli accordi internazionali ratificati dalla Repubblica d’Albania prima dell’entrata in vigore di tale Costituzione sono considerati ratificati secondo tale Costituzione.

2. Il Consiglio dei Ministri presenta alla Corte Costituzionale gli accordi internazionali, i quali contengono le disposizioni che sono in contrasto con la presente Costituzione.

Art. 181 (1) 1. L’Assemblea, entro 2-3 anni dalla entrata in vigore della presente Costituzione, emana leggi sulla

regolamentazione giusta delle diversi questioni riguardanti all’espropriazione e le confische effettuate prima dell’approvazione di tale Costituzione, seguendo i criteri dell’articolo 41.

2. Le leggi e gli altri atti normativi approvati prima dalla data di entrata in vigore di questa Costituzione riguardanti all’espropriazione e alle confische, si applicheranno quando non sono in contrasto con essa.

(1) Si noti che con l’art. 3 della legge cost. 13 gennaio 2007, n. 9675, sono state successivamente

introdotte anche le seguenti “Disposizioni transitorie 1. Il mandato di 4 anni, prestabilito nel comma 1 di presente articolo, si applica per la prima volta per

i consigli e i sindaci dei comuni e municipi che sono eletti nelle prime elezioni dopo l’entrata in vigore di tale legge.

2. Uno dei mandati dei due componenti della commissione centrale delle elezioni, eletti in base all’art.2 di tale articolo, scade il 31 marzo 2010, mentre l’altro il 30 marzo 2013. L’Assemblea prestabilisce su sorteggio quali dei mandati termina il 31 marzo 2010. Le modalità del sorteggio sono prestabilite dal consiglio per il regolamento, per i mandati, per l’immunità dell’Assemblea di Albania”.

Art. 182 La legge nr.7491 in data 29.4.1991 “ Per le disposizioni principali costituzionali”, cosi come le altre leggi costituzionali vengono abrogati il giorno dell’entrata in vigore della presente Costituzione.

Art. 183 Questa Costituzione entra in vigore con la promulgazione del Presidente della Repubblica.

Il Presidente Skender Gjinushi

Nr. 8417 Data 21 ottobre 1998

232

APPENDICE 3

ALBANIA (DATI SULL’):

Immagine della penisola dei Balcani.

Capitale: Tirana; Lingua: albanese (dialetti ghego e tosco); Superficie: 28.748 kmq; Moneta: lek.

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