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Diocesi Suburbicaria di Albano Visita pastorale 2010 - 2014 SCHEMI DI CATECHESI PER IL SECONDO ANNO «Cristiani non si nasce ma si diventa» Battesimo “Battezzato, diventa ciò che sei” Febbraio 2012

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Diocesi Suburbicaria di Albano Visita pastorale 2010 - 2014

SCHEMI DI CATECHESI PER IL SECONDO ANNO

«Cristiani non si nasce ma si diventa»

Battesimo

“Battezzato, diventa ciò che sei”

Febbraio 2012

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PRESENTAZIONE

Come abbiamo avuto modo di riflettere e approfondire nel primo anno della Visita pastorale, l’Iniziazione cristiana (IC) comprende quell’itinera-rio che, attraverso l’incontro con Gesù Cristo e l’accostamento alla fede ed alla Chiesa (precatecumenato), è sviluppato nel tempo della catechesi e della prima esperienza cristiana (catecumenato), nel tempo della preparazione prossima e intensa ai sacramenti (Battesimo, Confermazione, Eucaristia), e nel tempo della mistagogia, per un graduale inserimento nella comunità ecclesiale e crescita di vita cristiana, nella logica di quello che si è.

L’interesse crescente per l’IC e la necessità di un suo reale rinnovamento suscitano nelle comunità di fede la responsabilità di situarla all’interno del cammino di maturità cristiana, della spiritualità vissuta, che coinvolge anche la “comunità degli iniziati”. Solo così potremo riscoprire l’intreccio fra IC, spiritualità e chiamata alla santità. Non dimentichiamo che le sorgenti di ogni spiritualità cristiana sono sempre state la Parola e i Sacramenti. L’IC, proposta come progetto di vita, coglie alcune richieste fondamentali della spiritualità sacramentale. La spiritualità cristiana ha bisogno di rinnovarsi alle sorgenti, di riprendere la consapevolezza di essere fondamentalmente una spiritualità battesimale ed eucaristica.

Il cristiano iniziato è chiamato a diventare ciò che è. “Diventa ciò che sei”. Questa frase, molto cara a Mons. Mariano Magrassi, abate di Noci e, poi, arcivescovo di Bari, è espressamente richiamata in un suo libro: Diventa quello che sei. Dal Battesimo ad una maturità di fede e coerenza di vita (1983). Giovanni Paolo II nella Familiaris consortio ha costruito su quest’assioma la frase: Famiglia diventa ciò che sei (cf. FC 17)

Come espressamente annunciato dal nostro Vescovo, per questo secon-do anno della Visita pastorale “Battesimo”, “Fede” e “Santità” è il trittico che deve attirare il nostro sguardo nei prossimi mesi (Dall’omelia della solennità di Cristo Re, celebrazione d’inizio del II Anno della Visita Pasto-rale). Il Battesimo, sacramento pasquale, ci dona la grazia di base della nostra vita cristiana, quella che ci accomuna e ci offre la dignità del sacer-dozio comune. Tutto nasce in noi e fiorisce sulla grazia del Battesimo …

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Nessuna “vocazione” sarebbe “cristiana” senza il Battesimo … La “voca-zione” suppone per se stessa una chiamata, un appello del Signore al qua-le si risponde con l’Amen” (Dall’omelia della Veglia di preghiera per l’ini-zio della VP nel Vicariato di Aprilia). Il Battesimo, sacramento della fede, è il punto di partenza non solo dell’IC ma fondamento di tutta l’esperienza cristiana e del cammino di santificazione che ci conduce alla sua pienezza. La fede non è soltanto adesione a una verità conosciuta, ma è, prima ancora, una comunione di amore e di vita con Dio nel suo Figlio Gesù.

Il catechismo afferma che il Battesimo è il primo dei sacramenti che imprime il carattere, un segno indelebile che lo rende non reiterabile, quindi in qualche modo sempre operativo. L’espressione “battezzato, diventa ciò che sei”, scelta per le catechesi di quest’anno, approfondisce la portata di questo mistero che interpella la nostra libertà e la nostra creatività. La nostra appartenenza a Dio non dipende dalla nostra buona volontà ma dall’essere sua creatura e per questo possiamo ripartire ogni momento per vivere più vicini a Lui. Vivere da figli di Dio significa spendere il presente cercando i segni della sua presenza nella nostra vita e il nostro cammino verso di Lui si configura sempre come un tornare alla casa del Padre (Lc 15).

La fede cresce con noi, mentre la accogliamo, la desideriamo e la con-dividiamo; è credendo che si impara a credere ed è amando che si impara ad amare. Il rapporto tra il Padre e i suoi figli non è fondato su una reciprocità di tipo economico (do ut des) ma è piuttosto una relazione d’amore, in cui Egli ci dona molto di più di quanto osiamo sperare!

Le catechesi che seguono vogliono essere uno strumento di riflessione e di approfondimento per i cristiani delle nostre comunità ecclesiali, in particolare per gli operatori pastorali. La prima ci presenta le basi bibliche del Battesimo, la seconda alcune sottolineature a partire dallo sviluppo storico-dogmatico e la terza è dedicata alla fede e al cammino di santificazione.

Buon cammino a tutti!

La Segreteria diocesana della Visita pastorale

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PRIMA CATECHESI

BATTESIMO – BASI BIBLICHE:

DALLA CONVERSIONE ALLA NUOVA VITA

“Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in un vita nuova” (Rm 6,4)

Il Battesimo è il primo e fondamentale sacramento nello svolgimento dell’Iniziazione cristiana. Per quanto riguarda i riti di Iniziazione, rimandiamo alle catechesi del I anno della VP. Ricordiamo velocemente le fasi generali del cammino di iniziazione: separazione dallo stile di vita precedente; tempo di passaggio, caratterizzato da privazioni, scoperte di vocaboli e espressioni nuove, esercitazione in gruppo; accettazione nella comunità, ove l’iniziato intraprende una vita nuova e diversa.

1. CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

Simbolismo dell’acqua. Nel linguaggio biblico troviamo rispetto all’elemento dell’acqua, tre esperienze di particolare importanza. (1) L’acqua può essere sperimentata come potenza caotica pericolosa per la vita. Ricordiamo i racconti di diluvi, l’esperienza di naufragi, di lotta contro il mare e contro i mostri marini (Gb 7,12, 26,12; Sl 65,8). (2) l’acqua fonte di vita: l’acqua sgorgante dalla roccia salva il popolo nel deserto (Es 17,1-7, Nm 20,1-11); il fiume dell’Eden è un beneficio della creazione (Gn 2,10-14); l’anelito degli animali per i corsi d’acqua diventa l’immagine dell’aspirazione dell’orante, della “sete di Dio” (Sl 42,2s). (3) L’acqua purifica e vivifica: il lavacro e il bagno hanno un’importanza elementare, che deriva dal nesso esistente fra sporcizia e malattia: l’impurità porta all’esclusione dalla comunità, la purificazione nell’acqua riapre la via della riammissione. In Israele resta in primo piano l’idea della purificazione: l’impurità fisica (malattia), quella morale (peccato) e quella cultuale si confondono tra di loro. Alcuni testi: Nm 19,11-22; Sl 51,9; 2Re 5,14. Ma l’immagine dell’effusione di “acqua pura” sul popolo di Israele parla

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del dono di un cuore nuovo, della comunicazione dello spirito divino, della nuova vitalità e gioia nella terra promessa (Ez 36,25-27); Is 32,15-20; 43,3; Gl 3,1s).

Abluzione in Israele. L’importanza dei riti di purificazione (dall’aspersione al bagno nel fiume) aumenta dal dopo esilio fino al tempo di Gesù. La frequente ripetizione e l’immersione di tutto il corpo diventano un dovere; accanto alle sinagoghe si istallano le vasche per l’immersione. Le abluzioni svolgono anche la funzione di separare israeliti e non israeliti, appartenenti a determinati gruppi (es.: esseni) e gli altri all’interno d’Israele.

Il Battesimo di Giovanni: il profeta del deserto annuncia l’imminente giudizio di Dio e chiama alla conversione radicale e al “battesimo di conversione per il perdono dei peccati” (Mc 1,4). Lui è il “Battista” (Mt 11,11s; 14,2.8; 16,14; Mc 6,25; 8,28; Lc 7,20.33; 9,19), tanto il suo nome è legato a quest’attività. Diversamente dalle purificazioni conosciute dal popolo, Il suo battesimo è irripetibile. Inoltre, i pentiti non si battezzano da soli, ma ricevono il battesimo da Giovanni.

Il Battesimo di Gesù. Il fatto storico del battesimo di Gesù ad opera di Giovanni è fuor di dubbio: è riportato dai quattro evangelisti, anche se procurava loro delle difficoltà. Nei vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca) non viene mai detto che Gesù abbia personalmente battezzato o che abbia dato ai discepoli l’incarico di farlo. I testi di Mc 16,16 e Mt 28,19 sono chiaramente presentati come parole del Signore Risorto. Invece, il vangelo di Giovanni, riporta che Gesù, parallelamente all’attività del Battista, abbia battezzato in Giudea (Gv 3,22). Un’affermazione che viene modificata più avanti: “… sebbene non fosse Gesù in persona a battezzare, ma i suoi discepoli” (Gv 4,2). Tra gli studiosi della Bibbia la valutazione storica di questa differenza è controversa. Nei vangeli sinottici, le parole con cui Gesù invia i suoi discepoli in missione non comprendono nessun rito: “Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni” (Mt 10,7-8). Di conseguenza le due citazioni che troviamo in Giovanni potrebbero essere frutto del fatto che la comunità cristiana desiderava collegare la propria attività battesimale postpasquale all’attività di Gesù di Nazareth.

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2. IL BATTESIMO CRISTIANO. LA PRASSI

Battesimo fin dall’inizio. Secondo la testimonianza degli Atti degli Apostoli (At 2,38-41), i primi discepoli collegano, fin dalla Pentecoste, l’annuncio del Gesù risorto con il Battesimo nel suo nome. Paolo pre-suppone la prassi battesimale come scontata: “… poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo” (Gl 3,27). E ancora: “Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo” (1 Cor 1,13). La formazione della comunità e il Battesimo sono profondamente collegati. Le comunità cristiane battezzano convinte di agire secondo il comando (postpasquale) del Gesù Risorto: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,19s).

All’inizio le formule battesimali variavano tra “nel nome di Gesù Cristo” (At 2,38), “nel nome del Signore Gesù” (At 8,16), “in Cristo Gesù” (Rm 6,3) e “in Cristo” (Gal 3,27). In seguito, la formula “nel nome di Gesù” fu sviluppata nella formula trinitaria che ricorre una sola volta nel Nuovo Testamento (Mt 28,19). I battezzandi non si battezzano da soli, ma sono battezzati. Il Battesimo è un evento che viene comunicato. Sul come venivano battezzati i primi cristiani gli studiosi non sono riusciti a determinare con chiarezza quale fosse la prassi comune: se per immersione completa, mezza immersione, oppure, se stando in piedi nell’acqua, ricevevano l’infusione dell’acqua sul capo.

Come abbiamo già visto nella prima catechesi dell’IC, la conversione e il Battesimo non erano questioni riguardanti esclusivamente i singoli, ma spesso il frutto dell’appartenenza a una famiglia o a un clan. Intere “case” si convertono e diventano la base e il punto di riferimento della comunità. Per es. la casa di Lidia a Filippi: “Dopo essere battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò dicendo: «Se mi avete giudicata fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa»” (At 16,15); oppure: “Crispo, capo della sinagoga [di Corinto], credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia, e molti dei Corinzi, ascoltando Paolo, credevano e si facevano battezzare” (At 18,8).

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Paolo si occupa anche della situazione di uomini e donne che vennero alla fede senza essere seguiti dalla moglie o dal marito (1 Cor 7,12-16). Anche negli Atti degli Apostoli troviamo ampie narrazioni di conversione e Battesimo di singoli: l’eunuco etiope (At 8,26-40) e la chiamata di Paolo (At 9,1-19).

3. IL BATTESIMO CRISTIANO. ALCUNE CONSIDERAZIONI TEOLOGICHE

Che cosa si realizza nel Battesimo? Prendiamo il racconto di At 2,37-41: All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore …”

Nel “segno della fede”. Il battesimo è preceduto dalla Pentecoste e dalla predicazione del vangelo. Già abbiamo visto come i racconti battesimali degli Atti degli apostoli riportano sempre tre momenti ben distinti: la predicazione del vangelo, la sua accoglienza nella fede (conversione), la celebrazione del Battesimo. Il Battesimo pertanto è segno della fede e della disponibilità a convertirsi. Nella predicazione mistagogica di Rm 6,1-14, però, Paolo si rivolge ai battezzati per orientarli sulla base di quello che già si è realizzato in loro. (“Battezzato, diventa ciò che sei”). Essi sono chiamati a comprendere in profondità quello che è successo nella loro vita, in modo da diventare nella prassi quotidiana quello che si è realizzato nel battesimo (Vedere anche 1Cor 6,11; 1 Pt 3,21). Il Battesimo non è il punto di arrivo di un cammino di conoscenza e di fede, ma il cammino che il credente è chiamato a vivere, approfondendo e realizzando quanto è avvenuto nel Battesimo.

Appartenere a Gesù Cristo. Il Battesimo viene compiuto “nel nome di Gesù Cristo” (At 2,38). Questo indica la direzione e il traguardo della conversione, che consiste nell’orientare tutta la vita verso Gesù quale Messia. Il Battesimo è pertanto un movimento in direzione di Gesù: esso stabilisce una relazione con lui e fa appartenere a lui. Per Paolo (cf. Rm 6,14), nel Battesimo, siamo stati trasformati in una vita nuova, siamo “passati dalla morte alla vita”; in esso siamo stati accolti nel destino di Gesù; nel Battesimo non solo siamo liberati dal peccato perché Cristo è morto per noi ma possiamo vivere la nuova vita

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perché Egli fu risuscitato dal Padre, in noi è avvenuto quanto è avvenuto in Lui.

“Per la remissione dei peccati”. Il Battesimo viene amministrato per questo (At 2,38). In altri passi degli Atti degli Apostoli tale remissione è collegata alla disponibilità a credere (At 10,43: “chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome”; 13,38s. “per opera sua viene annunciato a voi il perdono dei peccati … per mezzo di lui chiunque crede è giustificato”) e a cambiar vita (At 3, 19: “convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati”; 26,18: “per aprire i loro occhi, perché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ottengano il perdono dei peccati e l’eredità”). Ricordiamo sempre che nel Nuovo Testamento fede, conversione e Battesimo non sono mai separati.

“Dopo riceverete il dono dello Spirito Santo” (At 2,38). In genere gli Atti degli Apostoli, quando parlano del dono dello Spirito, pongono l’accento sui suoi effetti straordinari e sorprendenti: è possibile percepire e “vedere” sensibilmente che lo Spirito Santo è stato concesso (At 10,44-46: “Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. I fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio”). Inoltre l’attività dello Spirito è orientata ecclesiologicamente. Grazie a lui nasce visibilmente e sperimentalmente la Chiesa. Già Paolo parla del nesso tra Battesimo e Spirito: “Siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio” (1 Cor 6,11). Anche per lui l’appartenenza alla comunità è fondata sul Battesimo e sullo Spirito. Paolo accentua il fatto che lo Spirito, con i doni concessi ai singoli, raduna ed edifica gli altri membri della comunità (cf. 1 Cor 14,1-25); pensa di più alla trasformazione interiore dei singoli credenti (Rm 5,5; Gal 5,22); infine, parla del Battesimo “nello Spirito” (1 Cor 6,11), cioè, lo Spirito sorregge, avvolge e compenetra l’evento battesimale così come riempie e anima la comunità e i singoli credenti.

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Appartenenza reciproca e pari dignità di tutti i battezzati. “Quel giorno si unirono a loro circa tremila persone” (At 2,41), così si conclude il brano di Luca. Egli subito dopo menziona gli elementi costitutivi della vita della comunità primitiva: insegnamento degli Apostoli, comunione, frazione del pane e preghiera e mette in risalto la comunione dei beni: “Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune, vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno” (At 2,44s). Mediante il Battesimo nasce e si sviluppa la comunità; però la solidarietà fra i battezzati è più decisiva della grandezza numerica. Per Paolo, con il Battesimo, sono eliminate tutte le barriere sociali: “noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi” (1 Cor 12,13). Fede e Battesimo hanno dato vita a un’unione con Gesù Cristo che fa indistintamente di tutti dei figli di Dio e eredi della promessa: “Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non maschio né femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa” (Gal 3,27-29). In maniera simile la lettera agli Efesini l’unità della comunità: “Un solo corpo e un solo Spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ef 4,4-6).

Nascita alla nuova vita. Nel vangelo di Giovanni, che si occupa di più dell’effetto prodotto nel singolo, parla della nascita a una nuova vita. È lo Spirito di Dio che trasforma l’uomo e gli dona un “cuore nuovo” (cf. Ez 11,19; 36,25-28; Ger 31,33); per Giovanni è la “nascita dallo Spirito” (Gv 3,6.8). Tale “nascita” è la via per la salvezza, per “entrare nel regno di Dio” (Gv 3,3.5). La “verità” va “fatta” in modo che si vada verso la luce e “perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3,21). Il dono va accolto, la vita va vissuta: l’autentica espressione di fede è l’atto dell’accettazione realizzata.

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4. IL BATTESIMO CRISTIANO. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Le conclusioni dei Vangeli di Matteo e di Marco sono esplicite della fede della Chiesa che agisce secondo la volontà di Cristo: se la Chiesa battezza è perché Cristo ha voluto così. Questo non significa dedurre che i riti completi del Battesimo, come stabiliti oggi dalla Chiesa, siano stati fissati da Gesù.

Si parla, pertanto, di battezzare nella fede trinitaria o, se vogliamo, nella professione di fede in Gesù Cristo come Figlio del Padre e datore dello Spirito Santo.

Sul “Battesimo nel nome del Signore”, di cui parlano gli Atti degli Apostoli, dobbiamo ricordare che il riferimento al nome del Signore significa parlare di Gesù Cristo riconosciuto come Figlio di Dio, che comunica lo Spirito.

Allora, possiamo concludere che Gesù ha voluto il Battesimo nello Spirito come mezzo per formare i suoi “discepoli”. Fin dall’inizio, quelli che desiderano far parte della “comunità dei salvati” si possono inserire nel mistero di salvezza di Gesù Cristo mediante il Battesimo amministrato con la sua autorità per la remissione dei peccati, e così ricevono lo Spirito Santo.

Così, è importante che teniamo presente che l’effetto principale del Battesimo è l’inserimento dell’uomo nel mistero pasquale di Cristo. La costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium al n° 6, riporta una sintesi molto chiara su questo:

Pertanto, come il Cristo fu inviato dal Padre, così anch'egli ha inviato gli apostoli, ripieni di Spirito Santo. Essi, predicando il Vangelo a tutti gli uomini, non dovevano limitarsi ad annunciare che il Figlio di Dio con la sua morte e risurrezione ci ha liberati dal potere di Satana e dalla morte e ci ha trasferiti nel regno del Padre, bensì dovevano anche attuare l'opera di salvezza che annunziavano, mediante il sacrificio e i sacramenti attorno ai quali gravita tutta la vita liturgica. Così, mediante il battesimo, gli uomini vengono inseriti nel mistero pasquale di Cristo: con lui morti, sepolti e risuscitati, ricevono lo Spirito dei figli adottivi, «che ci fa esclamare: Abbà, Padre» (Rm 8,15), e diventano quei veri adoratori che il Padre ricerca. Allo stesso modo, ogni volta che essi mangiano la cena del Signore, ne proclamano la morte fino a quando egli verrà. Perciò, proprio nel giorno di Pentecoste, che segnò la

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manifestazione della Chiesa al mondo, «quelli che accolsero la parola di Pietro furono battezzati» ed erano «assidui all'insegnamento degli apostoli, alla comunione fraterna nella frazione del pane e alla preghiera ... lodando insieme Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo» (At 2,41-42,47). Da allora la Chiesa mai tralasciò di riunirsi in assemblea per celebrare il mistero pasquale: leggendo «in tutte le Scritture ciò che lo riguardava» (Lc 24,27), celebrando l'eucaristia, nella quale «vengono resi presenti la vittoria e il trionfo della sua morte » e rendendo grazie « a Dio per il suo dono ineffabile» (2 Cor 9,15) nel Cristo Gesù, «a lode della sua gloria» (Ef 1,12), per virtù dello Spirito Santo.

Cosa intendiamo per “mistero pasquale di Cristo”?

o È il suo passaggio da questo mondo al Padre nello svuotamento di sé e nell’obbedienza filiale, per cui è stato glorificato alla destra di Dio e comunica lo Spirito Santo. Il mistero di Gesù sulla terra s’integra nel suo mistero pasquale, poiché esso si orienta totalmente verso il culmine della morte e annuncia la sua glorificazione. Inoltre, la vita terrena di Gesù è di esempio per chi vuole vivere in questo mondo la vita in comunione con Lui.

o E poiché noi siamo inseriti attraverso il Battesimo nel mistero pasquale di Gesù Cristo, nella sua morte e risurrezione, siamo chiamati a morire al peccato e vivere per Dio. Il Battesimo è il fondamento di tutta la vita cristiana, e anche della morte cristiana. Tutta la vita cristiana deve essere una conversione e una crescita continua nella vita nuova, attraverso la fede, la speranza e la carità. Essa implica, oltre al cambiamento di uno stile di vita, una crescita perseverante nella pratica delle virtù cristiane per conformarci a Gesù Cristo.

Dal Concilio Vaticano II:

Il Figlio di Dio, unendo a sé la natura umana e vincendo la morte con la sua morte e resurrezione, ha redento l’uomo e l’ha trasformato in una nuova creatura (cfr. Gal 6,15; 2 Cor 5,17). Comunicando, infatti, il suo Spirito, costituisce misticamente come suo corpo i suoi fratelli, che raccoglie da tutte le genti.

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In quel corpo la vita di Cristo si diffonde nei credenti che, attraverso i sacramenti si uniscono in modo arcano e reale a lui sofferente e glorioso. Per mezzo del battesimo siamo resi conformi a Cristo: « Infatti noi tutti « fummo battezzati in un solo Spirito per costituire un solo corpo » (1 Cor 12,13). Con questo sacro rito viene rappresentata e prodotta la nostra unione alla morte e resurrezione di Cristo: « Fummo dunque sepolti con lui per l’immersione a figura della morte »; ma se, fummo innestati a lui in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una resurrezione simile alla sua » (Rm 6,4-5). (Lumen Gentium, 7)

I fedeli cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dell'ufficio sacer-dotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chie-sa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano. (LG, 31)

Cristo, fattosi obbediente fino alla morte e perciò esaltato dal Padre (cfr. Fil 2,8-9), è entrato nella gloria del suo regno; a lui sono sottomesse tutte le cose, fino a che egli sottometta al Padre se stesso e tutte le creature, affinché Dio sia tutto in tutti (cfr. 1 Cor 15,27-28). Questa potestà egli l'ha comunicata ai discepoli, perché anch'essi siano costituiti nella libertà regale e con l'abnegazione di sé e la vita santa vincano in se stessi il regno del peccato anzi, servendo il Cristo anche negli altri, con umiltà e pazienza conducano i loro fratelli al Re, servire il quale è regnare. Il Signore, infatti, desidera estendere il suo regno anche per mezzo dei fedeli laici: il suo regno che è regno «di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace». (LG 36)

Il cristiano poi, reso conforme all'immagine del Figlio che è il primogenito tra molti fratelli riceve «le primizie dello Spirito» (Rm8,23) per cui diventa capace di adempiere la legge nuova dell'amore. In virtù di questo Spirito, che è il «pegno della eredità» (Ef 1,14), tutto l'uomo viene interiormente rinnovato, nell'attesa della «redenzione del corpo» (Rm 8,23): «Se in voi dimora lo Spirito di colui che risuscitò Gesù da morte, egli che ha risuscitato Gesù Cristo da morte darà vita anche ai vostri corpi mortali, mediante il suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,11). … Per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte, che al di fuori del suo Vangelo ci opprime. Con la sua morte egli ha distrutto la morte, con la sua risurrezione ci ha fatto dono della vita, perché anche noi, diventando figli col Figlio, possiamo pregare esclamando nello Spirito: Abbà, Padre! (Gaudium et Spes, 22).

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PER APPROFONDIRE

LETTURE BIBLICHE: MT 28,16-20; MC 16,14-20; LC 24,44-53, GV

1,1-18; 1,29-34; 3,1-21; 15,1-17

LEGGERE IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA: 1213 – 1284

SPUNTI DI RIFLESSIONE COMUNITARIA

Come far crescere la consapevolezza che il Battesimo è il primo sacramento dell’Iniziazione cristiana?

Come accompagnare i genitori alla domanda del Battesimo per i propri figli? Il “sì” dei padrini e delle madrine che cosa intende? Come far crescere anche in loro la consapevolezza del loro compito?

Il Battesimo è considerato come fatto privato o si ritiene che sia anche un evento ecclesiale? La comunità parrocchiale si sente coinvolta?

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SECONDA CATECHESI BATTESIMO: SVILUPPO STORICO E QUESTIONI DI ATTUALITÀ

“… con lui sepolti nel Battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti” (Col 2,12).

1. SVILUPPO STORICO-DOGMATICO

La storia del Battesimo rispecchia la storia della Chiesa. Il modo di celebrare e di concepire il Battesimo è influenzato dalla forma e dalla comprensione che la Chiesa ha di se stessa e, almeno in parte, dal modo come vive la liturgia e come si lascia influenzare da essa.

CHIESA ANTICA: IL BATTESIMO COME INGRESSO NELLA COMUNITÀ SALVIFICA

Fino all’editto di Costantino (313), la Chiesa esisteva sotto forma di piccole comunità che in seno al complesso della società si trovavano in una situazione di diaspora. L’immagine della Chiesa aveva dei tratti fortemente segnati dalla speranza nel mondo futuro e dall’esperienza dello Spirito Santo in uno stile alternativo di vita. Le comunità ecclesiali si comportavano in modo leale nei confronti degli ordinamenti giuridici delle società in cui erano inserite ma sempre con un certo distacco e qualche diffidenza.

Convertirsi al cristianesimo significava entrare in un modo di vivere alternativo alla società più ampia e rinunciare al modo di agire considerato “normale” per gli altri. Il Battesimo era vissuto come una rottura netta, come una svolta esigente di vita. Infatti, come già abbiamo avuto modo di vedere nella prima catechesi del primo anno della Visita pastorale, prima dell’ammissione dei candidati al catecumenato si domandavano le ragioni per cui avanzavano tale richiesta e si verificava la disponibilità di abbandonare quelle professioni che non erano consone con la vita cristiana. Durante il tempo del catecumenato (tre anni circa) e fino all’ammissione al Battesimo i canditati venivano esaminati nella loro condotta per vedere i reali progressi raggiunti. Questa svolta dello stile di

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vita veniva sottolineato anche nelle azioni liturgiche che accompagnavano tutto l’itinerario fino alla celebrazione del Battesimo nella veglia pasquale.

Alla liturgia corrisponde la teologia del Battesimo: esso è soprattutto abbandono dell’antico e ingresso nella vita nuova. Origene (185 – 254 circa) parla del Battesimo proprio come esodo, abbandono della vita precedente e passaggio all’altra riva.

Il Battesimo è il passaggio alla comunità illuminata e animata dallo Spirito di Dio di coloro che attendono la vita del mondo futuro. I motivi biblici preferiti sono il lavacro del vecchio, la nascita alla nuova vita e l’illuminazione per opera dello Spirito.

CHIESA ANTICA IMPERIALE: PARTECIPAZIONE AL “MISTERO DI CRISTO”

Con l’editto di tolleranza di Milano (313) e con il collegamento istituzionale fra la Chiesa e l’Impero romano sotto Teodosio – nel 391 il cristianesimo diventa religione di Sato – il rapporto della Chiesa con la società nel suo complesso cambia in modo radicale. Anche l’imperatore è un cristiano battezzato (nel 379, Teodosio viene battezzato).

Nella Chiesa entrano grandi masse, ma l’idea tuttavia tramandata efficacemente che il Battesimo rappresenti una svolta radicale della vita porta spesso a rimandare il Battesimo fino alla fine della vita. Il catecumenato, tempo di esercitazione e di preparazione al Battesimo, diventa uno stato che perdura per tutta la vita.

La Chiesa cerca una nuova identità e di conseguenza cambiano anche gli accenti nella teologia battesimale. Ora, in primo piano c’è l’aspetto cristologico. Il testo di Rm 6,1-11 diventa il testo fondamentale nella catechesi battesimale: il Battesimo è la partecipazione al mistero pasquale di Gesù Cristo. Anche la liturgia battesimale acquisisce le nuove accentuazioni: le tre immersioni, diventano l’immagine dei tre giorni e delle tre notti trascorse da Cristo “nel seno della terra”; il fonte battesimale, diventa l’immagine del sepolcro di Cristo. “Quell’acqua salutare divenne per voi nel medesimo tempo sepolcro e madre” (Cirillo di Gerusalemme, Catechesi mistagogica II 4).

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Più forte dell’aspetto di cambiamento radicale della vita è adesso l’aspetto mistagogico dell’immedesimazione nel mistero di Cristo. Infatti, le grandi catechesi battesimali del sec. IV vengono tenute solo dopo la celebrazione del Battesimo.

Agostino, partendo da Rm 6,1-11, sottolinea maggiormente la remissione dei peccati. Egli collega la remissione dei peccati nel Battesimo con la dottrina del peccato originale da lui elaborata. Mentre lui deduceva dal Battesimo dei bambini l’esistenza del peccato originale, successivamente la dottrina del peccato originale divenne un argomento in favore del Battessimo dei bambini.

ALTO MEDIOEVO: IL BATTESIMO COME CONSEGUENZA DELLA “SOCIALIZZAZIONE

RELIGIOSA DI POPOLO”

Nel primo medioevo il metodo missionario cambia radicalmente. La cristianizzazione non avviene più attraverso la conversione di singoli individui o piccoli gruppi famigliari, come nelle città elleniche, ma attraverso l’intero passaggio alla religione cristiana di intere popolazioni, passaggio provocato dai loro monarchi.

Il testo biblico di riferimento della teologia del Battesimo diviene ora il comando della missione tra i popoli di Mt 28,19. La cristianizzazione coatta dei sassoni da parte di Carlo Magno (morto nel 814) è il più noto esempio medioevale in questo senso. Per questo fu necessario ripensare il nesso tra “Battesimo e fede” e tra “fede e libertà”.

Alcuino di York (735 – 804), consigliere della corte carolingia, protesta: “Come si può costringere un uomo a credere quel che egli non crede? Lo si può spingere al Battesimo, ma non alla fede” (Alcuino, Ep. 194B).

NEL TEMPO DELLA SCOLASTICA: LA TEOLOGIA DEL BATTESIMO E LA TEOLOGIA

SISTEMATICA DEI SACRAMENTI

In primo piano sta l’interesse per una visione organizzata che recepisce la teologia dei Padri e che viene coerentemente approfondita nel contesto della dottrina generale dei sacramenti, di recente elaborata e fortemente caratterizzata dalle categorie di “causa” e “effetto”.

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Il concetto di sacramento della Chiesa antica, concetto ampio e non definito con precisione, rimane in vigore fino al sec. XII. Al tempo della prescolastica circolano idee ancora molto diverse sul numero dei sacramenti. Solo con l’interesse sistematico della prima scolastica nascono i primi trattati sui sacramenti e si hanno con essi alcuni tentativi di una loro definizione e, verso la metà del sec XII, la fissazione del numero settenario.

Per quanto riguarda il “modo di operare” il Battesimo ha un’efficacia esclusivamente ex opere operato, cioè, in virtù del rito celebrato; la grazia di Dio è fedelmente presente già prima del fattore soggettivo, prima della fede e dell’apertura dell’uomo che amministra e riceve il sacramento. Pertanto, l’evento battesimale avviene in virtù dell’azione di Dio. Ad essa l’uomo (adulto) può nel peggiore dei casi frapporre un ostacolo, in quanto accede al Battesimo fingendo, senza fede o disprezzando il sacramento nel suo intimo; ma anche in questo caso il Battesimo produce successivamente il proprio effetto, non appena viene eliminato l’ostacolo; perché “il sacramento del Battesimo è opera di Dio e non dell’uomo” (Tommaso d’Aquino). Per San Tommaso il sacramento viene amministrato e imprime il “carattere” anche senza la presenza della fede, fede che è invece richiesta per l’ottenimento della grazia sacramentale (“l’ultimo effetto del sacramento”).

Se la fede del soggetto è una condizione per ottenere l’effetto della grazia, si pone naturalmente la questione del Battesimo dei bambini. Non si mette in discussione né la sua legittimità e tanto meno la sua necessità. Nel nesso fra la dottrina del peccato originale e la teologia del Battesimo, Tommaso vede la ragione che rende possibile l’efficacia del Battesimo dei piccoli: “I bambini contraggono il peccato originale dal peccato di Adamo … Per cui molto di più possono ricevere per mezzo di Cristo la grazia”. Nonostante tutto, il Battesimo rimane “sacramento della fede”. Infatti, come i bambini non ancora nati partecipano nel seno materno al nutrimento che viene trasmesso dalla madre, così i bambini piccoli partecipano alla fede della Chiesa.

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NEL TEMPO DELLA RIFORMA: IL BATTESIMO COME “SACRAMENTO DELLA FEDE”

Tutti i raggruppamenti della Riforma protestante conservano in linea di principio il Battesimo e continuano a credere nella sua validità anche quando amministrato nelle confessioni da essi combattute, eccezione fatta al movimento anabattista. A causa delle differenze nella concezione di fondo sui sacramenti, troviamo in questo periodo discrepanze nella definizione del rapporto tra fede e Battesimo.

La teologia del Battesimo di Martin Lutero (1483 – 1546) porta i segni delle polemiche da lui condotte su diversi fronti (contro i teologi domenicani, francescani, …). Egli pone l’accento sulla preminenza della fede: “Senza la fede l’acqua battesimale non serve a niente”. Per lui il modo giusto di vivere il Battesimo è un’esercitazione nella fede che dura tutta la vita.

Per Huldrych Zwingli (1484 – 1531), fondatore della Chiesa riformata svizzera, il Battesimo è un mero segno di impegno da parte dell’uomo, paragonabile ai distintivi attaccati alle divise dell’esercito confederale.

Per Giovanni Calvino (1509 – 1564), cerca una posizione intermedia: il Battesimo è “un segno … con cui manifestiamo pubblicamente la nostra fede, ma in primo luogo è un segno di Dio nei nostri confronti, come una specie di documento sottoscritto con cui egli intende confermare che tutti i nostri peccati sono stati cancellati”.

Già la concezione del Battesimo del movimento anabattista è strettamente connesso con la sua concezione della comunità: essa si contraddistingue dal carattere deciso dei suoi membri (bisogna poter riconoscere l’azione dello Spirito Santo anche esternamente) e la libertà sia verso l’esterno (indipendenza dalle istituzioni statali) sia nel proprio intimo (volontarietà della decisione di credere). Per loro, il Battesimo come segno della decisione di credere presuppone l’insegnamento, la fede, la conversione e quindi la maggior età; da qui l’invalidità del Battesimo amministrato ai bambini piccoli e la prassi di battezzare di nuovo con il “battesimo della fede” quanti entrano nelle loro comunità (per questo sono chiamati “anabattisti”).

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Il Concilio di Trento (1545 – 1563) ribadisce sostanzialmente la teologia battesimale della Scolastica, la collega con la dottrina del peccato originale e della giustificazione e cerca di precisare anche il posto della fede all’interno del processo della giustificazione. Benché Gesù sia morto per tutti, partecipano ai meriti della sua passione solo coloro che “rinascono in Cristo” (DS 1521 – 1523. DS sta per Denzinger-

Schönmetzer, raccolta cattolica sul magistero della Chiesa). Il Battesimo è il “lavacro della rigenerazione” (DS 1524). Ma l’“inizio della giustificazione” è la “grazia preveniente da Dio”, con cui Egli “tocca il cuore dell’uomo” e lo aiuta a orientarsi verso la sua giustificazione. “Stimolato e aiutato dalla grazia divina” l’uomo comincia a credere, sperare e amare e si propone di “ricevere il battesimo, di cominciare una vita nuova e di osservare i comandamenti divini” (DS 1525).

Il legame della giustificazione con il Battesimo è modificato mediante la dottrina del “Battesimo di desiderio”: chi desidera ricevere il sacramento, ma senza propria colpa non lo riceve, ottiene ugualmente il frutto del sacramento (DS 1524). Come per Lutero, Zwingli e Calvino anche il Concilio difende il Battesimo dei bambini e riprova la ripetizione del Battesimo (DS 1625 – 1627). Inoltre, in merito alla validità del battesimo amministrato dagli eretici, la dottrina della Chiesa antica precisa che questo è valido a condizione che il ministro battezzi “con l’intenzione di fare quello che fa la Chiesa” e adoperi la formula trinitaria (DS 1617).

RIFORME RECENTI

Nel sec. XX, in un contesto segnato dalla pluralità delle concezioni sul senso della vita e la progressiva dissoluzione della Chiesa di popolo, nasce, in ambito evangelico una discussione sul Battesimo dei bambini. Ad avviarla fu il teologo riformato svizzero Karl Barth (1886 – 1968) con lo scritto “La dottrina ecclesiale del battesimo”, pubblicato nel 1943. Alla concezione (cattolica e luterana) “causativa” o “generativa” dell’ evento battesimale egli contrappone la sua concezione “cognitiva”: il battesimo è un atto di predicazione. Una sua amministrazione dotata di senso presuppone la comprensione e l’accettazione da parte del battezzando. Per Barth, anche se non considera invalido il Battesimo dei bambini, lo vede come una prassi che offusca il senso del Battesimo.

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In netta contrapposizione con tale posizione, Edmund Schlink (1903 – 1984), luterano, parte dalla concezione fondamentale del Battesimo come “nuova creazione” e difende il Battesimo dei bambini come la realizzazione più chiara del principio “sola gratia”.

In campo cattolico, la discussione sul Battesimo dei bambini si confrontò con le idee del movimento liturgico (dagli inizi del ‘900 fino al Vaticano II, sostenuto da una nuova coscienza della Chiesa, riscopre il fondamentale carattere comunitario e il simbolismo essenziale del sacramento), il quale, ispirato dalla teologia e dalla prassi della Chiesa antica, accentuava soprattutto il carattere di iniziazione del Battesimo, cosa che viene sottolineato anche nei testi del Concilio (SC 65; AG 14). L’idea di iniziazione fu in seguito realizzata nel Rito dell’Iniziazione cristiana degli adulti (RICA, 1975). Quanto al Battesimo dei bambini il Concilio stabilì che il rito “fosse adattato alla loro condizione reale” (SC 67). Per soddisfare questa direttiva vide la luce per la prima volta nella storia della Chiesa il Rito del battesimo dei bambini (testo italiano 1970). Da questo periodo è pure la disposizione magisteriale di avviare un dialogo con i genitori prima del Battesimo di bambini piccoli, al fine di chiarire loro le condizioni che tale atto richiede, nonché la disposizione di rimandare eventualmente il Battesimo.

2. QUESTIONI DI ATTUALITÀ

La rassegna storica presenta una singolare discrepanza: in tutti i secoli la teologia del Battesimo, pur con tutti i suoi cambiamenti di accento, parte sempre dal modello del Battesimo di una persona adulta. Ma da oltre mille anni il Battesimo dei lattanti è, almeno nella nostra area culturale, di gran lunga la prassi ecclesiale predominante. Il caso teologico tipico sembra il caso statisticamente eccezionale.

La prassi ecclesiale che si è formata nel corso della storia e, in particolare, la riforma postconciliare del rito inducono a considerare il Battesimo degli adulti collocato al termine di un processo di iniziazione e il Battesimo dei bambini di genitori credenti come due forme qualitativamente diverse dell’unico sacramento del Battesimo. Come abbiamo trattato abbondan-

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temente il catecumenato degli adulti nelle prime due catechesi dell’anno scorso, qui tratteremo sul battesimo dei bambini. Prima, però, affronte-remo brevemente la questione della necessità del Battesimo per salvarsi.

1) LA NECESSITÀ DEL BATTESIMO PER SALVARSI

Per tutte le Chiese cristiane, il Battesimo è un segno salvifico centrale. Fino a che punto esso è necessario? La domanda è oggettivamente identica a quella della necessità di appartenere alla Chiesa per salvarsi. Se osserviamo le affermazioni della Scrittura e della Tradizione rileviamo un quadro complesso, caratterizzato da un lato da un pressante appello alla conversione e all’adesione alla Chiesa e, dall’altro lato, dall’invito a non dare giudizi negativi su coloro che stanno “fuori”.

All’interno di determinati periodi storici, però, prevalsero i giudizi negativi (per es. DS 1351). Questa tensione si ritrova già nel Nuovo Testamento: alla richiesta incondizionata di rinascere da “acqua e Spirito” (Gv 3,5) e al collegamento della possibilità di salvarsi con la fede e il Battesimo (Mc 16,16) si contrappongono la volontà salvifica universale di Dio che include anche le autorità pagane (1 Tm 2,1-3), l’ammonimento a non disprezzare “chi non è dei nostri” (Mc 9,38s.) e soprattutto il discorso sul giudizio universale, che non collega il comportamento decisivo per la salvezza con il culto e neppure con l’esplicita confessione di Gesù Cristo, bensì con l’amore concreto nei confronti del prossimo (Mt 25,31-46).

Nel periodo dei Padri della Chiesa (dal I al VII secoli) nasce da un lato l’assioma “fuori della Chiesa non v’è salvezza”, mentre dall’altro lato pure la Tradizione Apostolica di Ippolito (verso il 215) conosce un “battesimo” in senso puramente traslato: anche il martire non battezzato sarà giustificato, “perché ha ricevuto il battesimo nel suo sangue”. Giustino († verso 165), chiama Socrate, Eraclito e anche i suoi contemporanei pagani, che vivono in conformità al Logos, “cristiani” che possono essere “impavidi e imperturbabili” (Giustino, Apol. I 46).

Nel medioevo, anche quando si riteneva che tutto il mondo fosse stato evangelizzato e la gran parte della gente non poteva immaginare un non cristiano che fosse tale in buona fede, il Concilio di Firenze (1438 – 1445) negò qualsiasi possibilità di salvezza a quanti sono fuori della Chiesa (DS

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1351); ma la teologia scolastica elaborò la dottrina del “votum baptismi” (il “desiderio del battesimo” avrebbe un effetto altrettanto giustificante quanto quello dello stesso Battesimo). Il Concilio di Trento (1545 – 1563) adottò questa dottrina (DS 1524) ma riprovò l’affermazione che “il Battesimo è libero, cioè non necessario alla salvezza” (DS 1618).

All’inizio dell’epoca moderna, quando si venne a conoscenza dell’esistenza di popoli non battezzati al di fuori dell’Occidente, si infiamma un gigantesco sforzo missionario e a grandi battesimi di massa, nella convinzione che tutti i non battezzati andassero perduti; ma poi nel corso di questa epoca la dottrina del “votum baptismi” fu ampliata con la dottrina del “votum implicitum baptismi” (DS 3870). Ora, ci si poteva immaginare un desiderio di Dio e della salvezza che non fosse rivolto espressamente al Battesimo e alla Chiesa, ma solo “implicitamente” (“se l’interessato vedesse il nesso fra Battesimo, Chiesa e salvezza desidererebbe il Battesimo”!).

Infine, il Concilio Vaticano II (1962 – 1965) insegna da parte sua “ai fedeli cattolici … che questa Chiesa peregrinante è necessaria alla salvezza” (LG 14), e dichiara dall’altro lato guardando agli appartenenti alle altre religioni: “Quelli che senza colpa ignorano il vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e … si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna”. E in maniera simile si esprime a proposito di quanti, atei senza propria colpa, “si sforzano … di condurre una vita retta: neppure ad essi “la provvidenza divina nega gli aiuti necessari alla salvezza” (LG 16).

Ciò che è propriamente necessario per la salvezza è l’unione con il Dio Uno e Trino vissuta nella prassi dell’amore al prossimo. Rispetto a questo il sacramento e l’appartenenza in qualità di membro alla Chiesa hanno una importante funzione di mediazione. La Chiesa – pur nella piena consapevolezza del proprio dovere missionario – è convinta che Dio può condurre uomini alla fede anche al di fuori dei suoi confini giuridici, “attraverso vie che lui solo conosce” (AD 7). Da qui, la Chiesa può elaborare una prassi più differenziata del Battesimo e prevedere, in qualche caso, una sua dilazione.

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2) IL PROFILO SPECIFICO DEL BATTESIMO DEI BAMBINI

Prendiamo in considerazione il Battesimo dei bambini molto piccoli, che ancora non possono schierarsi nei confronti della questione della fede. Che nel loro Battesimo non si verifichi sotto ogni aspetto quel che si verifica nel Battesimo degli adulti. Ciò risulta chiaro dal rito elaborato nel 1969-1970.

Si prega sul bambino, si agisce su di lui, lo si chiama anche per nome, ma non lo si introduce nel dialogo. Infatti, la struttura comunicativa dell’evento battesimale è cambiata: mentre nel rito precedente i due dialoganti erano il celebrante e il battezzando (piccolo), ora sono il celebrante e i genitori, mentre il bambino costituisce il punto di riferimento del dialogo.

Come nel caso del Battesimo degli adulti

Il battezzando viene accolto nella Chiesa; ha origine un’appartenenza permanente. Il piccolo battezzato riceve il carattere indelebile proprio del sacramento e, in linea di principio, non potranno mai più essere disconosciuti i suoi diritti di membro della Chiesa. Inoltre, qualsiasi strada sceglierà di percorrere nella vita, non potrà mai più essere battezzato una seconda volta (non ha bisogno di essere ribattezzato).

Si può parlare di un cammino progressivo sulla via di Gesù Cristo e del dono dello Spirito Santo. Questo può essere affermato nella misura in cui il Battesimo viene realizzato nella prassi della vita: nella relazione viva con Cristo, nella fede, nella speranza e nell’amore delle persone di riferimento, nell’atmosfera in cui il bambino cresce per trovare nutrimento, forza e orientamento per il cammino della propria vita.

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A differenza del Battesimo degli adulti

Il Battesimo dei bambini non è un segno della conversione e della risposta della fede al vangelo consapevolmente posto dal battezzando. Se si vuole chiamare “sacramento della fede” anche il Battesimo dei bambini, lo si può fare solo al prezzo di due modifiche rispetto al Battesimo degli adulti: 1) O si pensa alla fede delle persone di riferimento che chiedono il Battesimo (decisione maturata dopo approfondita riflessione, può e deve essere in effetti segno e realizzazione della propria fede); 2) oppure, si pensa al futuro del bambino, perché il Battesimo deve divenire l’inizio di questo cammino di fede.

Ma questo “sacramento dell’inizio” non è identico a quel segno realizzante in cui uno accetta espressamente un dono, conferma un tratto della strada percorsa, lo fa proprio e pronuncia pubblicamente il proprio sì. L’importanza pratica di questa distinzione diventa subito chiara se si pensa al carattere vincolante del Battesimo. Gli obblighi che ne derivano se li assumono i genitori e i padrini perché il battezzando non è ancora in grado di farlo.

Le persone di riferimento del battezzando piccolo si assumono degli impegni maggiori, sono soggetti dell’azione; solo la loro fede e la loro disponibilità a camminare insieme al piccolo danno un significato all’azione battesimale concreta. Nel Battesimo degli adulti i padrini hanno la funzione di accompagnatori importanti.

Circa il nesso tra fede e Battesimo dobbiamo ricordare i diversi modelli biblici menzionati: accanto al modello degli Atti degli Apostoli (ascolto – fede – Battesimo), troviamo quello di Paolo (fede partendo dall’esperienza del Battesimo). Pertanto, il Battesimo potrebbe essere concepito come il dischiudersi di uno spazio di fede. Inoltre, il Battesimo dei bambini ricorda la dimensione sociale della fede: la fede cristiana, ferma restando la necessità della decisione religiosa personale (adulto), rimane sempre anche partecipazione alla fede degli altri.

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PER APPROFONDIRE

LETTURE BIBLICHE: RM 6,1-11; EF 4,1-6; COL 2,9-15; 1 PT 3,17-22;

RM 4,23-25; 5,1-11; 5,16-18; GAL 2,17-21; 5,1-6.

LEGGERE IL CATECHISMO DEGLI ADULTI “LA VERITÀ VI FARÀ LIBERI”:

669 - 677

SPUNTI DI RIFLESSIONE COMUNITARIA

Quale aspetto del Battesimo viene più sottolineato oggi dalle nostre comunità?

Quali le difficoltà intorno al Battesimo dei bambini? La nostra Diocesi si sta impegnando per impostare una

pastorale battesimale. Quali elementi non dovrebbero mancare? Come motivare la comunità per accogliere e promuovere questa proposta?

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TERZA CATECHESI LA FEDE E LA CHIAMATA ALLA SANTITA:

DALLA RICERCA DI DIO ALLA VITA CRISTIANA

“Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ef 4,4-6).

1. CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

Il nostro contesto culturale, lo sappiamo bene, è contrassegnato dall’individualismo, dal pluralismo e dal soggettivismo. Essi impongono un’idea di “verità” molto fragile e relativa, che esige da qualsiasi proposta si voglia fare, oltre una consistente motivazione di base, una forte partecipazione e coinvolgimento personale dei destinatari. Abbiamo a che fare con una varietà di modi di pensare e di impostare la propria vita, molto diversi fra loro, in cui quelli che vi s’identificano sono convinti che la loro opinione e la loro visione del mondo siano vere e convincenti. E non di rado la ricerca di senso si confonde con la ricerca di Dio e la concezione religiosa della vita. Anche esse non sono immuni dalle influenze della cultura dominante.

Anche nelle nostre comunità sentiamo espressioni che hanno origine da questo tipo di cultura: “ho tanta fede”, “non potrei non credere”, “certo che ho fede che Dio farà la parte sua” … La tentazione di crearsi un Dio a nostra immagine e somiglianza è a portata di mano. I Vangeli, declassati a soprammobili, non sembrano più fonti di “buona notizia”. Qualcuno è veramente convinto che la Chiesa, e in particolare i preti, si siano inventata tutta la dottrina. Come immaginare di mantenere nei secoli bugie credibili? Riusciamo, noi credenti, a comunicare che noi abbiamo una sola certezza: Gesù Cristo e quello che lui ci ha rivelato?

S’impone gradualmente l’esigenza di orientare le persone ad approfon-dire il “senso della vita” in una dimensione più profonda, sapienziale e spirituale. E ciò può avvenire soltanto in un ambiente comunitario in cui

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ci si senta accolti e ascoltati nelle proprie interpellanze di fondo. È importante che la proposta fatta nelle comunità ecclesiali rimanga fedele alle verità a noi trasmesse nella Tradizione e di cui siamo testimoni. Ma, altrettanto importante, è cogliere i tratti dell’esperienza religiosa degli interlocutori e di cercare di accoglierne l’autenticità e i valori.

L’annuncio del Vangelo e l’incontro con il Signore Gesù avviene per e nella Chiesa. Nella logica dell’incarnazione essa manifesta il Signore pro-prio nella testimonianza dei cristiani concretamente vissuta, in comunità. Ecco perché il Battesimo fa parte del cammino d’iniziazione.

La domanda dei sacramenti resta una prassi abbastanza diffusa in Italia e costituisce una importante sfida per la pastorale e per la catechesi. Sul modo di accogliere la domanda al Battesimo ci sono posizioni diverse e a volte contrapposte: dall’accoglienza acritica e rassegnata, all’eccessiva rigidità delle richieste. Dobbiamo impegnarci per una pulizia dei nostri atteggiamenti e favorire una relazione più adulta con la gente, insieme ad un miglior servizio del Vangelo. Due estremi da evitare: a) una Chiesa d’élite che battezza solo chi ha tutte le carte in regola, luogo di selezione tra i “veri” credenti e i sostenitori della religiosità popolare; b) una Chiesa “agenzia di servizi”, che battezza chiunque, senza chiedere nulla; tratta tutti come “clienti” e non come discepoli.

La ricerca di un sacramento non sempre coincide con una esplicita “domanda di fede”. Il sacramento, comunque, ci offre un contesto di azioni in cui possiamo porci davanti a Dio e lasciarci raggiungere da Lui.

Mentre la celebrazione del Sacramento è un evento che dura alcuni minuti, i suoi effetti, la grazia che esso dona, proprio perché segno efficace della azione salvifica accolta nella fede, sono per tutta la vita. Il Battesimo, Sacramento della fede, genera e fa crescere nella vita in Cristo, all’interno di una comunità di fede.

"Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste" (Mt 5, 48), ci ordina Gesù Cristo, Figlio di Dio. "Sì, ciò che Dio vuole è la vostra santificazione" (1Ts 4, 3).

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2. LA FEDE CRISTIANA: ADESIONE-ESPERIENZA PERSONALE ED

ECCLESIALE, RICERCA E INCONTRO

Nel linguaggio comune, “credere” e “fede” sono usati con significati di-versi. Possiamo facilmente cogliere almeno due concezioni molto diffuse:

• una fa riferimento a chi possiede una opinione incerta, poco chiara, anche se condivisa da molti

• l’altra, invece, costituisce una esperienza fondamentale della persona, che guida le scelte della vita e che trova in essa il senso ultimo della propria esistenza (che già è presente nella storia ma non ancora in pienezza).

Da quest’ultima visione possiamo delimitare due elementi: un “qualcosa” che porta con se degli ideali, dei valori-guida, condivisi, che favoriscono le scelte nella vita; e un “qualcuno”(“io credo a te”, “io credo in te”) con cui si istaura un legame, un rapporto interpersonale, in cui, si accetta e si ammette come verità determinate cose, pur senza avere un conoscenza diretta, basandosi sulla testimonianza di colui che crediamo.

La fede cristiana, detta in poche parole e in modo schematico, è:

• un rapporto di piena fiducia con un TU del quale accogliamo la testimonianza perché ci fidiamo e ci affidiamo a lui. Credere è fidarsi e affidarsi a Dio che si è manifestato all’umanità.

• Dono iniziativa gratuita (di chi si dona a qualcuno): è accoglienza - conoscenza (di chi incontra, ascolta, accoglie e approfondisce il dono ricevuto) e adesione - risposta (di chi, da discepolo dice di “sì” / vuole vivere di conseguenza / vuole vivere in comunione).

• Fidarsi e affidarsi a Dio in atteggiamento di ascolto e di disponibilità.

• Ma, allo stesso tempo, è accogliere il suo messaggio, ciò che ci rivela e propone. “Credere a Qualcuno che mi attesta qualcosa” (che ritengo vero per me). Il rapporto interpersonale di fiducia porta ad accogliere il messaggio proposto (“credo in tutto ciò che mi proponi”).

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E poiché la fede è un atteggiamento esistenziale, che ci accompagna per tutta la vita, essa cambia, cresce, matura con noi. Non è un’adesione statica che si dà una volta per tutte con la stessa forma e intensità, ma varia secondo le stagioni della vita e le esperienze personali e comunitarie che costituiscono la nostra storia.

Oggi, tra l’indifferenza religiosa e la seduzione di un sacro a misura d’uomo, sembra che si diffonda una concezione di fede come un pio desiderio di senso che si accontenta di credere; un credere immaturo e anonimo, paralizzante e senza volto, individualistico e, il più delle volte, idolatrico. Invece, la fede cristiana è, al tempo stesso, “dono di Dio” e “scelta responsabile e ragionevole”, che vuole andare in profondità sulle domande della propria vita. La ricerca umana si apre alla fatica della verità: il credente è colui che osa il coraggio della meraviglia e dello stupore della ragione dinanzi alla sorpresa del Dio rivelato in Gesù Cristo. Possiamo dire che la fede ha il compito di essere interprete del mondo e della storia, un cammino di discernimento critico, inquietudine per la salvezza che rappresenta il desiderio più profondo dell’uomo e che si manifesta come ricerca di felicità.

Oltre all’assenso fiducioso e alla convinzione in merito ad un’affermazio-ne ritenuta vera, raramente si intende come fede un atteggiamento che abbraccia la globalità della vita fino a diventare punto di forza per scelte importanti e significative. Ciò è possibile solo nell’ottica di fede in Dio così come è rivelato in Gesù Cristo, ove la fede non è espressione di un’espe-rienza umana, né creazione dello spirito umano. Infatti, per il credente cristiano credere significa aderire all’iniziativa di Gesù Cristo che chiama a sé e esige, con la sua parola, un graduale e radicale cambiamento non solo interiore.

Se nell’AT è una realtà che ingloba e rappresenta una gamma di atteggia-menti che esplicitano la relazione tra l’uomo e Dio (fidarsi, sentirsi al sicuro, cercare rifugio, attendere con pazienza), tra fedeltà e speranza, nel NT i cristiani hanno come paradigma la fede in Gesù e la fede di Gesù, verità di Dio, volto di Dio, salvezza di Dio. Il dato fondamentale della fede sta nella risposta globale dell’uomo al dono della rivelazione di Dio.

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Giovanni coglie nella fede una realtà che coinvolge in maniera dinamica tutta l’esistenza, a tal punto che il verbo credere (pisteuein) è deciso nella sua grammatica e viene declinato in tutte le sue sfaccettature: credere che (20,31), credere a (6,30), credere in (12,24). Esse indicano l’accogliere la verità di Gesù come rivelazione del Padre e suggeriscono le tappe dell’itinerario di fede. Tale itinerario nasce dall’incontro sconvolgente con Gesù, dal vederlo e ascoltarlo, perché solo Gesù, il Figlio, rende accessibi-le e vicino Dio, trasformando il desiderio di vedere il volto di Dio. La logica del credere è la logica del conoscere, in cui la fede si riscopre aperta al nuovo che la conoscenza di Gesù mostra in modo unico e singolare.

La prospettiva paolina pone l’accento sul legame reciproco tra fede e salvezza, perché alla base del “vangelo della verità” (Col 1,15) c’è la parola sconvolgente della kenosi (Fil 2,6-11) e la follia della croce che rende il credente un ascolto (Rm 10,17) che diventa solidarietà con il destino del Crocifisso-Risorto (Gal 2,20; Rm 8,1; 1Ts 4,14).

Il dato fondamentale del credere sta nella risposta globale dell’uomo al dono della rivelazione di Dio. La fede indica un salto di qualità esistenziale (fides qua) e conoscitivo (fides quae). L’evento Gesù Cristo, che si presenta come l’assoluta libertà di Dio nella storia, è il dono che esige la conversione, perché credere non è l’esito di un itinerario, ma l’inizio di un’esistenza liberata dalla decisione di libertà. È Gesù che capovolge l’intenzionalità della fede, perché sorprende la risposta dell’uomo e la provoca secondo una misura non prevista dalla logica troppo umana.

Da questo punto di vista, la fede è un inizio nuovo, è il tempo della decisione che implica il rischio dell’affidarsi a Dio e che rende capace l’uomo di relativizzare la propria autonomia. È il gesto più personale che esclude ogni tipo di delega.

Se da una parte la fede è un fatto eminentemente personale – un “io credo”, un “amen”, che sgorga dalla coscienza libera della persona e che ne determina l’identità personale nell’affidamento di sé al Dio di Gesù – dall’altra, la fede cristiana, non è mai un dato puramente individuale. Già dal suo nascere la fede è risposta ad un annuncio ricevuto, fatto da altri credenti-discepoli del Crocifisso-Risorto (cf. Rm 10,11-15)

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La fede viene trasmessa nella Chiesa e dalla Chiesa. In senso stretto, la Chiesa, cioè, l’Assemblea di chi professa insieme la medesima fede nell’unico Signore Gesù, è il solo soggetto adeguato dell’annuncio e la cus-tode della fede nei suoi contenuti essenziali. Nella proposta di fede cris-tiana è implicito l’essere parte della comunità dei credenti, di partecipare alla comunione con il Dio Trinitario, mediata nella comunione ecclesiale. Il credente perciò diventa parte costituente del soggetto ecclesiale.

“Gli apostoli perciò, trasmettendo ciò che essi stessi avevano ricevuto, ammoniscono i fedeli ad attenersi alle tradizioni che avevano appreso sia a voce che per iscritto (cfr. 2 Ts 2,15), e di combattere per quella fede che era stata ad essi trasmessa una volta per sempre. Ciò che fu trasmesso dagli apostoli, poi, comprende tutto quanto contribuisce alla condotta santa del popolo di Dio e all'incremento della fede; così la Chiesa nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede.

Questa Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l'assistenza dello Spirito Santo: cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazione e lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro (cfr. Lc 2,19 e 51), sia con la intelligenza data da una più profonda esperienza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità. Così la Chiesa nel corso dei secoli tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa vengano a compimento le parole di Dio” (Dei Verbum, 8).

3. VITA CRISTIANA E CAMMINO DI SANTIFICAZIONE: DIVENTARE CIÒ CHE È STATO REALIZZATO NEL SACRAMENTO

Il Battezzato è chiamato alla pienezza della vita. E, come tutto ciò che appartiene alla nostra condizione umana, abbiamo bisogno di tempo e di motivazioni per accogliere e far fruttificare i doni che riceviamo, in parti-colare il dono della fede. La catechesi mira a far maturare la fede cristia-na, e quindi ad accompagnare i credenti nella vita cristiana. Il cristianesi-mo è precisamente una vita. Non è solo adesione a delle dottrine, né osservanza di alcune prescrizioni morali, né semplicemente partecipazio-

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ne, più o meno regolare, a determinati atti di culto. Anche se tutto questo fa parte dell’identità cristiana, non sostituisce quello che la precede.

Prese separatamente queste componenti generano delle “distorsioni” comuni tra i cristiani, un triplice sbilanciamento che risulta essere una illegittima riduzione del cristianesimo. Ecco, come si presentano di solito:

1) È indiscutibile che per essere cristiani si richiede l’adesione a delle verità rivelate da Dio e trasmesse attraverso le Scritture e il Magistero della Chiesa. Non si può essere cristiani senza accogliere le verità che provengono dalla rivelazione. L’adesione ad esse è indispensabile in quanto queste sono delle verità salvifiche: più che verità “da capire”, sono verità “da fare” in vista della salvezza. Dimenticare tale fine porta all’eccessiva accentuazione della “dimensione veritativa” della fede, favorisce una concezione concettuale e intellettuale del credere e alimenta una sempre più profonda dicotomia tra fede e vita.

2) Altrettanto vero è che per essere cristiani occorre anche aderire a delle norme morali che la Chiesa enuncia come attuazioni concrete delle proposte evangeliche: chi segue il Vangelo non può assumere certi comportamenti che gli sono chiaramente contrari. Quando, però, la preoccupazione per i comportamenti morali viene esasperata si rischia fortemente di cadere nel “moralismo” e nel “fariseismo”, dove prevale una concezione religiosa mercantile (do ut des) nel rapporto con Dio. Difficile, per non dire impossibile, conoscere e sperimentare la gratuità del Dio di Gesù: la scrupolosa osservanza della legge è vista come un fare le opere con cui conquistarsi la giustizia davanti a Dio, con i suoi corrispettivi benefici, cioè “essere a posto” con Dio e meritarsi la sua benedizione.

3) La partecipazione agli atti di culto, è quella componente che più frequentemente viene identificata con il tutto della vita cristiana. Infatti, quando si parla di “cristiani praticanti” quasi sempre si pensa a coloro che partecipano regolarmente all’Eucaristia, che vanno in chiesa. Essere cristiani implica indiscutibilmente anche una dimensione cultuale (cf. At 2,42; 20,7). Nella pratica delle comunità ecclesiali, però, spesso questa componente viene

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supervalutata e privilegiata fino al punto di farla coincidere con l’intera attuazione della fede. Lo stesso esito dell’azione pastorale è spesso valutato dal risultato ottenuto in quest’ambito.

Davanti a questo triplice squilibrio, è importante affermare che essere cristiani significa anzitutto e soprattutto un modo di vivere la vita nella sua globalità. La vera fede cristiana interessa l’intera esistenza di coloro che la abbracciano, e la interessa in modo proprio e peculiare.

Tutto il momento di conversione cominciato nell’itinerario dell’Iniziazione cristiana, corrisponde ad un momento iniziale ed insieme ad un atteggiamento costante nella vita del credente, che sarà sempre un convertito in via di continua conversione. Il dinamismo della spiritualità cristiana è una progressiva realizzazione di quanto l’Iniziazione cristiana propone e dona come contenuto e come modello del vivere cristiano.

«Il progresso spirituale, tende all’unione sempre più intima con Cristo. Questa unione si chiama “mistica”, perché partecipa al mistero della Santissima Trinità. Dio ci chiama tutti a questa intima unione con lui, anche se soltanto ad alcuni sono concesse grazie speciali o segni straordinari di questa vita mistica, allo scopo di rendere manifesto il dono gratuito fatto a tutti» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2014). In questa proposta del Catechismo la vita cristiana è vita mistica, perché radicata nei santi misteri o sacramenti.

Possiamo affermare che la santità cristiana è già tutta radicata nei sacramenti dell’Iniziazione e che la relativa catechesi, celebrazione, assimilazione, con tutte le tappe e tutte le proposte, va intesa come un seme da sviluppare, un cammino da proseguire; il cammino di santificazione di ogni battezzato.

Seguendo una linea cara ai mistici ma anche ad alcuni Padri della Chiesa, come Giovanni Crisostomo, il Battesimo è lo sposalizio di Dio con l’uomo, la partecipazione del cristiano alla sponsalità e all’alleanza sponsale della Chiesa con Cristo. Il tema del Battesimo come mistero di morte e di vita segna il cammino del cristiano come una continua pasqua ed una costan-te rigenerazione. La dimensione ecclesiale del Battesimo offre il fonda-mento di una santità comunitaria ed ecclesiale, apostolica e missionaria.

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I Padri della Chiesa non conoscono altra spiritualità se non quella che deriva dai sacramenti dell’IC. E può illuminare il cammino di santità dei fedeli, i quali sono chiamati a vivere l’itinerario della perfezione cristiana, a partire dal dono ricevuto nei sacramenti, come sviluppo e crescita dei doni ricevuti da Dio. Il cristiano non inizia mai da zero. Vivendo in forza dei doni ricevuti, è altresì chiamato a crescere in santità.

Noi viviamo in un continuo cambiamento e in un dinamismo che nella fede speriamo che sia di crescita verso la santità che ci è stata donata nel Battesimo, prima di ogni merito e opera umana; prima ancora di ogni nostra accettazione personale.

Dalla santità che ci è stata donata, cominciamo a camminare nella vita nuova: è il cammino di santificazione. Un percorso di vita in cui siamo chiamati a diventare corresponsabili della nostra santificazione; cammino da assumere e da costruire, in prima persona, in comunità, insieme agli altri credenti. Siamo santi per chiamata. La Chiesa è pertanto la comunità degli amati, la convocazione dei santi, di chi è disposto a rispondere Amen. La santità non è un articolo di lusso, riservato a pochi, ma è a portata di tutti perché donato a tutti.

“Il Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione, a tutti e a ciascuno dei suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato quella santità di vita, di cui egli stesso è autore e perfezionatore: «Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste» (Mt 5,48). Mandò infatti a tutti lo Spirito Santo, che li muova internamente ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente, con tutte le forze (cfr Mc 12,30), e ad amarsi a vicenda come Cristo ha amato loro (cfr. Gv 13,34; 15,12). I seguaci di Cristo, chiamati da Dio, non a titolo delle loro opere, ma a titolo del suo disegno e della grazia, giustificati in Gesù nostro Signo-re, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e com-partecipi della natura divina, e perciò realmente santi. Essi quindi devono, con l'aiuto di Dio, mantenere e perfezionare con la loro vita la santità che hanno ricevuto. Li ammonisce l'Apostolo che vivano « come si conviene a santi » (Ef 5,3), si rivestano «come si conviene a eletti di Dio, santi e prediletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza » (Col 3,12) e portino i frutti dello Spirito per la loro santificazione (cfr. Gal 5,22; Rm 6,22). E poiché tutti commettiamo molti sbagli (cfr. Gc

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3,2), abbiamo continuamente bisogno della misericordia di Dio e dobbia-mo ogni giorno pregare: « Rimetti a noi i nostri debiti» (Mt 6,12).

È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano. Per raggiungere questa perfezione i fedeli usino le forze ricevute secondo la misura con cui Cristo volle donarle, affinché, seguendo l'esempio di lui e diventati conformi alla sua immagine, in tutto obbedienti alla volontà del Padre, con piena generosità si consacrino alla gloria di Dio e al servizio del prossimo. Così la santità del popolo di Dio crescerà in frutti abbondanti, come è splendidamente dimostrato nella storia della Chiesa dalla vita di tanti santi” (Lumen Gentium, 40).

Ricordiamo con gratitudine quanto il Papa Paolo VI scriveva sul Battesimo nell’Enciclica Ecclesiam suam (06 agosto 1964):

«Bisogna ridare al fatto di aver ricevuto il santo Battesimo, e cioè di essere stati inseriti mediante tale sacramento, nel Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa, tutta la sua importanza, specialmente nella cosciente valutazione che il battezzato deve avere della sua elevazione, anzi della sua rigenerazione alla felicissima realtà di figlio adottivo di Dio, alla dignità di fratello di Cristo, alla fortuna, vogliamo dire alla grazia e al gaudio dell’inabitazione dello Spirito Santo, alla vocazione d’una vita nuova che nulla ha perduto di umano salvo l’infelice sorte del peccato originale, e che di quanto è umano è abilitata a dare le migliori espressioni e a sperimentare i più ricchi e candidi frutti. L’essere cristiani, l’aver ricevuto il santo Battesimo non deve essere considerato come cosa indifferente o trascurabile; ma deve marcare profondamente e felicemente la coscienza di ogni battezzato; deve essere davvero considerato da lui, come lo fu dai cristiani antichi, un’illuminazione, che facendo cadere su di lui il raggio vivificante della Verità divina, gli apre il cielo, gli rischiara la vita eterna, lo abilita a camminare come figlio di Dio, fonte di eterna beatitudine».

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PER APPROFONDIRE

LETTURE BIBLICHE: MT 8,5-13; MT 14,22-33; MC 9,14-29; LC 9,18-

21; GV 14; AT 11,19-26; RM 1,1-7; RM 3,21-31; 1 COR 3; 1 COR

15,1-34; GAL 3,23-29; EF 3,1-13; EF 4; 1 TS 4,1-8, EB 12,14-17.

LEGGERE IL CATECHISMO DEGLI ADULTI “LA VERITÀ VI FARÀ LIBERI”: 86

– 93; 799 - 843

SPUNTI DI RIFLESSIONE COMUNITARIA

La fede è un dono di Dio e, allo stesso tempo, un’adesione personale ed ecclesiale, che cresce e matura insieme con noi per tutta la vita. Come fare per alimentare e vivere in pienezza questo dono nella nostra quotidianità e nelle nostre comunità?

Quali sono gli elementi che più identificano e determi-nano il nostro stile di vita cristiana? Come questo è percepito da chi non vive una scelta di fede esplicita?

Nelle nostre comunità spesso “santi” sono considerati solamente coloro che sono stati canonizzati. Quanto sia-mo consapevoli di essere “assemblea dei santi” e chia-mati ad un cammino di santificazione che ci impegna a diventare ciò che il Battesimo ci ha resi per grazia?

In questo secondo anno di Visita Pastorale ci accompagna la

figura del nostro Santo Patrono Pancrazio. Accanto a queste

catechesi sul Battesimo si raccomanda di leggere:

“VITA DI SAN PANCRAZIO. IL TESTIMONE DELLA FEDE”

EDITO DALLA DIOCESI DI ALBANO