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DIOCESI DI CONCORDIA-PORDENONE PROGETTO PASTORALE 2014 - 2015 COMUNIT À CHE ANNUNCIA E TESTIMONIA

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DIOCESI DI CONCORDIA-PORDENONE

PROGETTO PASTORALE2014 - 2015

COMUNITÀCHE ANNUNCIAE TESTIMONIA

INDICE

Presentazione del VescoVo ........................................................................................................ 5

Progetto Pastorale 2014-2015COMUNITÀ CHE ANNUNCIA E TESTIMONIA

Parola di dio ............................................................................................................................................. 9il cammino continua .................................................................................................................. 25obiettiVi di Fondo anno Pastorale 2014-2015 .................................................. 30ProPoste concrete ........................................................................................................................... 33

luoghi e sPazi Per la Pastorale ......................................................................................... 46

LE FORANIE DELLA DIOCESI ..................................................................................... 50MAGGIO 2014

COMUNIONE E ANNUNCIO NELLA CORRESPONSABILITÀorientamenti di riordino delle Foranie e unità Pastorali

Per la nuoVa eVangelizzazione

Presentazione del VescoVo ..................................................................................................... 55

introduzione ......................................................................................................................................... 56la Forania ............................................................................................................................................... 60l'unità Pastorale ............................................................................................................................. 61camminare nello stile della corresPonsabilità ............................................ 64conclusione ........................................................................................................................................... 68

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PROGETTO PASTORALE 2014 - 2015

PRESENTAZIONE

DEL VESCOVO

S.E. MONS. GIUSEPPE PELLEGRINI

Carissimi tutti, in continuità con il cammino fatto in questi due anni, vi presen-

to con gioia la terza tappa del Progetto Pastorale Diocesano per l’anno 2014-2015: Comunità che annuncia e testimonia.

Desideriamo concentrarci sulla trasmissione della fede perché non possiamo lasciarla muta, ma dobbiamo rendere ragione della fede che è dentro di noi. Siamo tutti chiamati ad accogliere e donare l’incontro vivo con Dio in Gesù Cristo, che parla nelle scritture, ed è realmente presente nell’Eucaristia e opera, attraverso lo Spirito, nella storia dell’u-manità. Come ci ricordava papa Benedetto in Porta Fidei, dobbiamo metterci in cammino per condurre gli uomini fuori dal deserto, vero i luoghi della vita, verso l’amicizia con Gesù che ci dona la vita. La fede infatti è memoria viva di un incontro, che sempre dobbiamo alimentare al fuoco della Parola e della preghiera. E’ una testimonianza che diventa dono gratuito e che non si arresta di fronte agli ostacoli e ai problemi, ma si fa annuncio a tutti aprendoci alla missione.

Papa Francesco con l’esortazione Evangelii Gaudium, dono che ha fatto alla Chiesa e al mondo intero, ci propone un programma di vita e d’impegno per ciascuno di noi e per l’intera comunità diocesana e par-rocchiale. Ci siamo posti come obiettivo la rigenerazione delle nostre comunità parrocchiali. Desideriamo veramente una riforma che trasfi -guri le nostre comunità cristiane, rendendole di nuovo capaci di semina-re il Vangelo dentro la cultura e la società del nostro tempo. Scrive papa Francesco: “Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri su-perfi ciali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corro-no questo rischio, certo e permanente. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita” (EG 2).

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PROGETTO PASTORALE 2014 - 2015

Con la bella metafora della Chiesa in uscita il papa ci invita a non aver paura di riformare la Chiesa, sia nelle strutture che nei suoi stru-menti di coordinamento, ma ancora di più nel radicarla in Dio che ci ama continuamente e che ci offre la salvezza nel dono del suo Figlio Gesù, motore dell’azione evangelizzatrice e missionaria della Chiesa. Ecco perché dobbiamo uscire dalla semplice ripetizione di quello che si è sempre fatto ed essere audaci e creativi nel ripensare alle strutture, allo stile e ai metodi dell’annuncio e della testimonianza. “La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’i-niziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. (…) La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’inizia-tiva senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi” (EG 24). Un annuncio e una testimonianza che si realizzano in tre ambiti ben precisi: nella pastorale ordinaria (celebrazioni, catechesi, incontri formativi…); con le persone battezzate che non vivono più le esigenze del Battesimo; con coloro che non conoscono o hanno rifiutato Gesù.

Missionari però che non smettono mai di essere discepoli. L’auten-tica spiritualità cristiana non è né intimistica né individualistica, ma si nutre dell’ascolto della Parola e della celebrazione dell’Eucaristia. Il cristiano resta sempre una persona che ascolta, un discepolo. La vita spirituale, che si nutre di preghiera e di passione per la missione e per l’umanità, rende possibile di ritrovare il centro della propria vita e di servire l’umanità, in particolare quella più povera e soffrente. Ecco il compito che ci attende: non facile ma possibile! Buon cammino.

Giuseppe Pellegrini, vescovoConcordia-Pordenone, 8 giugno 2014

Solennità di Pentecoste

PROGETTO PASTORALE2014 - 2015

COMUNITÀCHE ANNUNCIAE TESTIMONIA

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Progetto Pastorale 2014 - 2015

1. PAROLA DI DIO

Dal vangelo secondo Giovanni capitolo 4

1 Gesù venne a sapere che i farisei avevano sentito dire: “Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni” - 2sebbene non fosse Gesù in per-sona a battezzare, ma i suoi discepoli -, 3lasciò allora la Giudea e si di-resse di nuovo verso la Galilea. 4Doveva perciò attraversare la Samaria.5Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il poz-zo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: “Dammi da bere”. 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: “Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?”. I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva”. 11Gli dice la donna: “Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?”. 13Gesù le risponde: “Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diven-terà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna”. 15“Si-gnore - gli dice la donna -, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua”. 16Le dice: “Va’ a

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chiamare tuo marito e ritorna qui”. 17Gli risponde la donna: “Io non ho marito”. Le dice Gesù: “Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in que-sto hai detto il vero”. 19Gli replica la donna: “Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare”. 21Gesù le dice: “Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità”. 25Gli rispose la donna: “So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa”. 26Le dice Gesù: “Sono io, che parlo con te”.27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: “Che cosa cerchi?”, o: “Di che cosa parli con lei?”. 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29”Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?”. 30Uscirono dalla città e andavano da lui.31Intanto i discepoli lo pregavano: “Rabbì, mangia”. 32Ma egli rispose loro: “Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete”. 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: “Qualcuno gli ha forse portato da man-giare?”. 34Gesù disse loro: “Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica”.39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola del-la donna, che testimoniava: “Mi ha detto tutto quello che ho fatto”.

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40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: “Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”.43Trascorsi due giorni, partì di là per la Galilea. 44Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. 45Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché ave-vano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.46Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’ac-qua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. 47Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Gali-lea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. 48Gesù gli disse: “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”. 49Il funzionario del re gli disse: “Signore, scendi prima che il mio bambino muoia”. 50Gesù gli rispose: “Va’, tuo figlio vive”. Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. 51Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: “Tuo figlio vive!”. 52Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: “Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato”. 53Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: “Tuo figlio vive”, e credette lui con tutta la sua famiglia. 54Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

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COMMENTO

IntroduzioneNelle nostre terre di lunga tradizione cristiana, abbiamo l’impres-

sione che annunciare il Vangelo non sia necessario per essere dei buoni cristiani. Tentiamo di osservare i comandamenti, di dare l’esempio non solo a parole, di essere presenti alle celebrazioni principali o alle attività della nostra parrocchia. Ma dire che siamo credenti, testimoniare ad altri la bellezza della nostra fede, parlare di Gesù o dei santi, raccontare come preghiamo… non ci sembra sia uno dei nostri doveri da cristia-ni, anzi, preferiamo fare in silenzio, senza dirlo. Una sorta di modestia che scolora pian piano in nascondimento prudente. D’altra parte, fino a qualche tempo fa le parole non servivano: si dava per scontato che tutti conoscessero la fede e che, se volevano, l’avrebbero scelta da sé.

Invece, annunciare il Vangelo con le parole e con la vita non costitui-sce un optional ma una conseguenza naturale della fede matura, che sca-turisce dalla convinzione di aver scoperto in Cristo un dono di Dio che riempie la vita. Lo capiamo quando una persona a noi cara abbandona la pratica religiosa o diventa indifferente a Dio. Allora, preoccupati che non si perda, diventiamo evangelizzatori per amore, non per dovere: ci lanciamo a insistere, a pregare, a confrontarci, a guardare meglio la no-stra fede per rispondere alle sue domande… Vorremmo di cuore fare la nostra parte per convincerla a riprendere in mano la sua vita spirituale.

Questa missione dell’annuncio poi non è, per il credente, solo l’e-spressione della propria fede, ma un compito di tutta la comunità cri-stiana: se ho gusto di vedere che il Vangelo si diffonde, dovrei essere molto felice di vedere che non sono il solo a cercare di annunciarlo ma siamo una comunità, in cui ognuno mette in gioco i suoi talenti, molti dei quali sono più efficaci dei miei.

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Nell’anno pastorale entrante vogliamo riscoprire la nostra missione di annuncio del Vangelo e, per non risolvere tutto a livello di strategia o di semplice dovere da compiere, proviamo a sintetizzarlo e sostenerlo con una icona biblica. Quella più adatta per quest’anno pastorale è la figura dalla donna samaritana che incontra Gesù al cap. 4 del Vangelo di Giovanni. Infatti, questa donna straniera, dopo averlo conosciuto, si muove con slancio a raccontare a tutti la propria esperienza, annuncian-do di fatto il Vangelo e facendosi modello entusiasta di evangelizzazio-ne. Leggeremo il racconto e contempleremo l’icona interpretandola alla luce proprio di questo annuncio.

Il contesto del branoÈ un brano che conosciamo bene e che, preoccupati di passare alla

programmazione ingegnosa e creativa delle attività dell’anno pastora-le, rischiamo di interpretare superficialmente. Per prima cosa è quindi necessario chiedersi che cosa ci fa questo racconto a questo punto del Vangelo. Giovanni ce lo presenta dopo averci raccontato la vicenda di Nicodemo: un fariseo che si interroga sulla sua fede e sul messaggio di Gesù (cap. 3). In Nicodemo il lettore ha compreso quanto sia misteriosa la sequela di Gesù ma non sa come ha reagito Nicodemo e si chiede come deve reagire lui. Gesù ha chiesto a Nicodemo (e al lettore) corag-gio e scelte definitive. La donna Samaritana completa il quadro: la sua scelta per Cristo, maturata lentamente, e il suo slancio costituiscono il punto di arrivo e il carattere primario della vicenda della donna Samari-tana, mentre la vediamo annunciare il Cristo ai suoi concittadini senza paura né delle chiacchiere né di abbandonare le sue abitudini (cap. 4).

La struttura: un confronto tra la Samaritana e i discepoliUna cosa che non si nota subito, soprattutto nella lettura liturgica

(che di solito accorciamo), è che il racconto alterna dialoghi di Gesù con la Samaritana a dialoghi di Gesù con i discepoli, facendo ben attenzione a non mescolare gli interlocutori: vv. 5-7 la Samaritana; v. 8 i discepoli; vv. 9-26 la Samaritana; v. 27 i discepoli; vv. 28-30 la Samaritana; vv. 31-38 i discepoli; vv. 39-42 la Samaritana e i Samaritani. Il che ci spinge a confrontare in qualche modo il percorso della donna con il percorso

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dei discepoli, cercando di coglierne le differenze. Il confronto è proprio diretto e lo si evince da diversi elementi:

1) alla Samaritana Gesù chiede da bere (v. 7) per poi offrirle un’acqua viva (v. 10) che lei alla fine accetta (v. 15); ai discepoli che gli portano da mangiare (v. 31) egli offre il suo cibo (v. 32. 34) che essi alla fine non chiedono più;

2) la Samaritana, pur ironica all’inizio (v. 9), accetta il dialogo con Gesù e approda alla fede (vv. 25-26) per quanto ancora in-certa (v. 29); i discepoli, pur dediti al servizio di Gesù all’inizio (v. 8), non hanno coraggio di parlare con lui (v. 27. 33) e sembra annebbiarsi la loro stima in lui perché parla con una donna e ha chiesto aiuto a lei invece che a loro;

3) soprattutto: la Samaritana va ad annunciare con frutto il Cri-sto ai suoi (v. 42); i discepoli no, ma mietono dove altri hanno seminato e faticato (v. 38).

Il coraggio della Samaritana è ammirevole. Vittima delle chiacchie-re della gente, capovolge completamente la situazione e affronta, sulla scorta di una possibile buona notizia, uno dei peggiori nemici dell’uo-mo: il pregiudizio e il perbenismo dei suoi concittadini. I discepoli invece rimangono a guardare perplessi e incapaci di slancio.L’icona dipinta che fa da sigillo al nostro anno pastorale rappresenta questo confronto in modo molto esplicito. La donna è in primo piano, indica con la mano destra il Cristo ai suoi concittadini che escono dalla città alle sue spalle anch’essi indicando il Salvatore. I discepoli sono invece al centro in fondo, quasi nascosti da un cespuglio, lontani e mormoranti perplessi fra di loro. Rimangono chiusi nella loro cerchia e incapaci di annunciare. Anzi, come capita qualche volta anche nelle nostre comunità, osservano con sospetto chi non è dei loro e parla con il maestro.

Sembra quasi che Gesù chieda ai discepoli di guardare con umiltà

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alla Samaritana, che si fa modello di evangelizzatore. Quale esperien-za di Cristo può aver fatto per essere diventata una annunciatrice così efficace del Vangelo, mentre essi sono in imbarazzo anche solo davanti a Gesù?

Qual è la sorgente dello slancio della Samaritana?Per un corretto approccio all’annuncio, è assolutamente importan-

te chiedersi che cos’è che ci motiva profondamente. Non possiamo prendere la missione di evangelizzare come un altro dei “doveri” della nostra fede. Proviamo a cogliere che cosa motiva la donna di Gv 4 e quale percorso ci viene proposto per imitarla.

La Samaritana stessa, mentre con slancio ammirevole va a dire a tutti che ha incontrato il Messia, ci dice che la sua spinta viene dal fatto che ha “incontrato uno che mi ha detto tutto ciò che ho fatto”: vv. 29 e 39. È questo il cuore della sua “testimonianza”, che le ha cambiato la vita, il suo rapporto con Dio e con i suoi concittadini. Che cosa intende allora la donna con: “Mi ha detto tutto quello che ho fatto”? Che cosa le ha detto Gesù da convincerla a muoversi di nuovo verso gli altri per portare la buona notizia?

Il Signore conosce i miei veri desideriNella prima parte del dialogo (vv. 4-15), dopo aver chiesto da bere,

Gesù gioca un poco sulla sete della donna. Lei sta al gioco e risponde per le rime pensando che Gesù scherzi sull’acqua del pozzo. Alla fine la donna riconosce che il dono che Gesù ha da farle, anche se non ha ben capito, corrisponde ai suoi desideri: acqua viva per non avere più sete (v. 15).

Al pozzo della vita ordinaria, come tutti noi, la Samaritana non arriva per parlare dei propri desideri e sogni: non avere più sete, capire dove adorare Dio, incontrare il Messia… Temiamo che desideri così alti, utopici non interessino a nessuno e non siano quotidiani. Così, mentre lei aveva deciso di seppellire la sua sete profonda per sostituir-la con desideri di emergenza, giusto per sopravvivere, Gesù per prima cosa ha mostrato di conoscere fino in fondo la sete della donna, tanto da aiutarla a riconoscerla e ad accettare da lui il dono.

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Nell’icona grafica di quest’anno pastorale alcuni dettagli ci invitano a contemplare Gesù come origine di quest’acqua viva che gli uomini desiderano. Infatti, egli tocca con le sue mani l’acqua del pozzo che si increspa come quella del mare ondoso o di un torrente. Viva. A questo moto dell’acqua corrisponde una pianta che nasce dietro al pozzo, per indicare proprio come l’acqua che Gesù tocca diventi portatrice di vita rigogliosa. È questo il nostro desiderio di pienezza, a volte nascosto o considerato troppo astratto.

Se la Samaritana potrà annunciare efficacemente e con entusiasmo il Vangelo è perché il Signore le ha fatto capire per prima cosa che lui conosce bene questa sete profonda, senza lasciarsi ingannare dal trave-stimento dell’ironia.

Il Signore conosce le mie colpeAl v. 16 ha inizio un secondo movimento del dialogo. Dopo aver

convinto la donna a chiedere acqua viva per non dover continuare a venire al pozzo, Gesù la mette in imbarazzo con una domanda imper-tinente: “Va’ a chiamare tuo marito”. Anche il lettore rimane stupito da questa richiesta. Quali elementi ci permettono di entrare in questa scena? Fa parte anch’essa di quei momenti per cui la donna poi dirà: “Mi ha detto tutto quello che ho fatto”?

Il primo indizio per comprendere è lo stupore della donna, rappre-sentato dalla secca risposta: “Non ho marito” (v. 17). La donna sem-bra scottata: da loquace e spavalda diventa fredda e laconica. Gesù ha colpito nel segno e ha richiamato alla sua memoria la sua situazione difficile… di cui neanche noi sapevamo nulla. Ora capiamo perché la donna va al pozzo a mezzogiorno (vv. 6-7) e non al mattino, insieme a tutte le altre: ha avuto cinque mariti e ora non è ben chiaro come sia messa. Questo ci fa capire quanto poco buon sangue scorra tra la donna e i suoi concittadini.

Il secondo indizio viene da Gesù: egli apprezza la sincerità della donna (“Hai detto bene”, v. 17). Lascia così capire che la sua richiesta non serviva a metterla in imbarazzo, ma alla prova. Infatti Gesù mo-stra di conoscerla molto bene. Lui sa che ella ha una situazione coniu-gale del tutto fuori norma. Nonostante ciò è capace di riconoscere in

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lei il bene e le ha offerto la sua acqua viva.Un ultimo indizio è dato dalla riposta della donna a Gesù: “Vedo

che sei un profeta!” (v. 19). Prima lo aveva riconosciuto come Giudeo, come uno capace di darle acqua… Dopo il breve dialogo sul marito essa lo riconosce come profeta e, dal momento che un profeta le sta parlando e la sta apprezzando, smette il sarcasmo precedente e comin-cia a fargli domande su come si può adorare Dio.

Il messaggio è chiaro: il Signore mostra di conoscere molto bene fin dall’inizio le scelte sbagliate o sfortunate che hanno portato la donna a trovarsi in questa situazione. Ciò nonostante, egli continua a dialogare con lei e offrirgli acqua viva. Se vogliamo annunciare il Vangelo con lo stesso slancio della Samaritana, dobbiamo fare l’esperienza di lasciarci smascherare nelle nostre debolezze e cattiverie. Egli sa tutto quello che abbiamo fatto e nonostante tutto ci chiama. Si capisce bene che questa sua fiducia in noi è capace di motivare fortemente una missione di annuncio del Vangelo del perdono e della Provvidenza.

Il Signore conosce il mio desiderio di adorare DioCon il v. 19 la donna fa un passo decisivo per la sua conversione e

per la nascita del suo impegno missionario: riconosce Gesù come pro-feta, non più come un “maschio giudeo” (v. 9), perché non si muove su pregiudizi e conosce sia i suoi errori che la sua sincerità.

Il Vangelo non lo sottolinea ma è utile immaginare una densa pausa di silenzio prima del v. 19. Una donna nelle sue condizioni non aveva nessuna speranza di essere accettata da Dio. Ora però un profeta le sta parlando. Non appena se ne rende conto, imposta un discorso che forse stava preparando da molto tempo: chiede come adorare Dio, domanda che non nasce se non in un cuore che ci ha pensato e sofferto.

Gesù le risponde con franchezza, ma aggiunge che è giunta l’ora in cui adorare Dio non dipende da una tradizione religiosa, ma dalla ca-pacità delle persone di mettersi in sintonia con lui, nello spirito e nella verità. Gesù quindi offre alla donna una nuova possibilità. Ella infatti può ora ammettere davanti a Gesù di essere seriamente in attesa del Messia (v. 25).

Ancora una volta Gesù ha mostrato di conoscere bene il bisogno di

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Dio di questa donna, che ha nascosto il suo desiderio religioso dietro una maschera di cinismo, convinta, come gli dicevano gli altri, che Dio non volesse avere nulla a che fare con lei.

Un Messia da annunciareQuando allora Gesù si rivela come Messia (v. 26) ella si accorge

all’improvviso della grandezza di quello che è successo. Gesù ha par-lato con lei – e lei ha risposto, all’inizio con spavalderia – e le ha detto tutto ciò che lei ha fatto e che lei è: ha scoperto che il Messia è uno che conosce bene le persone è può indicare seriamente la via.

È questo che la spinge ad andare ad annunciare ai suoi concittadini, che prima voleva evitare: “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto: che sia lui il Cristo?”. È questo che può spingere anche noi a vivere correttamente un anno pastorale centrato sulla evangelizzazione. Non si tratta di un dovere da compiere per essere buoni cristiani: lo sappiamo tutti che per andare in Paradiso non è necessario girare con una scritta “sono cristiano” sulla maglietta minacciando l’inferno ai peccatori. Non ci apprestiamo a compiere un dovere ma a trovare il gusto di dire il Vangelo a coloro che amiamo perché abbiamo anche noi compreso che Dio ci conosce bene e che ha pronta per noi una strada di salvezza.

In questo può venirci ancora incontro la Samaritana, se cogliamo i suoi gesti da evangelizzatrice nei versetti 28-30 e 39-42.

Con quale stile la Samaritana realizza l’evangelizzazione?Nei versetti finali del racconto, vv. 41-42, assistiamo a una scena

consolante: i samaritani si sono mossi alle parole della donna, hanno ascoltato Gesù e lo hanno incontrato come Messia. La “corsa” evange-lizzatrice della donna ha avuto successo. Di più: il tutto è avvenuto con persone che prima la giudicavano male. Opera dello Spirito Santo, certamente. Ma la Samaritana ha potuto assecondarlo soprattutto per-ché solidamente motivata dall’esperienza dell’incontro e del dialogo con Gesù, uno che conosce i suoi desideri, i suoi peccati e il suo desi-derio di incontrare Dio. Proprio questa solida motivazione l’ha spinta a fare i passi giusti per annunciare il Vangelo. Ciò le permette di far

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maturare la messe della fede dei samaritani che i discepoli poi saran-no chiamati a mietere senza aver seminato. Ai discepoli quindi viene chiesto di confrontarsi con la Samaritana e di far proprio il suo stile di evangelizzazione, che possiamo sintetizzare qui in tre elementi: la brocca abbandonata (v. 28), la corsa in città (v. 28) e la testimonianza (v. 39). Sono tutti gesti che all’inizio del racconto non era possibile neppure immaginare.

La brocca abbandonata (v.28)Letteralmente, il primo atto di testimonianza che la Samaritana fa

è quello di “lasciare la sua brocca” lì al pozzo. Si capisce subito che si tratta di un gesto molto significativo, ma vale la pena soffermarsi su alcuni dettagli.

Quando la donna si è recata al pozzo a mezzogiorno, la brocca era necessaria per raccogliere l’acqua. Se ora l’abbandona significa che Gesù ha mantenuto almeno simbolicamente il patto dei vv. 13-14: le ha dato acqua viva e non serve più che lei vada ad attingere acqua al pozzo. Per annunciare Gesù è necessario per prima cosa lasciare le nostre certezze e fidarsi delle sue promesse.

C’è di più. All’inizio del suo dialogo con Gesù, la brocca era servita alla donna anche per un altro scopo. Al v. 11 la Samaritana aveva no-tato che egli non aveva strumenti per raccogliere l’acqua e che quindi non poteva aiutarla in nessun modo. La brocca le dava l’impressione di essere superiore a Gesù, di non aver bisogno di lui. Ora questa impres-sione cessa e la donna si muove con “in mano” solo le parole di Gesù.Infine. Il termine greco usato per indicare questa brocca è “ydria”, che in tutto il Nuovo Testamento viene usato un’altra volta soltanto e pro-prio da Giovanni: indica i sei contenitori d’acqua per la purificazione che Gesù, alle nozze di Canaa, riempie di vino buono (Gv 2,6-7). A Canaa, le “ydriai” sono lo strumento usato per le abluzioni di purifi-cazione, cioè per compiere quei gesti che la legge indica per cercare di rendersi degni di presentarsi a Dio. La funzione della piccola “ydria” della Samaritana è simile: cercare di procurarsi da sola a un pozzo l’acqua che serve per vivere quotidianamente.

Dunque la brocca è lo strumento indispensabile per cercare di at-

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tingere ai pozzi umani il senso della propria vita, magari mostrando a Gesù che non abbiamo bisogno di lui ma che possiamo arrangiarci da soli. Il primo atteggiamento necessario per annunciare il Vangelo è dunque relativizzare le proprie sicurezze materiali, riconoscendo di dover ascoltare meglio la Parola di Dio. È da notare che la donna non è “costretta” a lasciare le proprie sicurezze, non viene spinta da Gesù a farlo, ma lo fa spontaneamente perché ha capito che non c’è bisogno di altro, oppure almeno che senza il Vangelo non ci sono brocche che possono attingere acqua, né per me che l’ho scoperto, né per le perso-ne che conosco e che amo.

L’immagine che ci accompagna in quest’anno pastorale dipinge bene la brocca: molto decorata, abbellita, sofisticata, come i ragiona-menti che ci costruiamo per manipolare la volontà di Dio o la natura delle cose; legata a una corda inutilmente lunga, perché il tocco di Gesù porta l’acqua fuori dal buco profondo del pozzo; corda che la Samaritana sta lasciando, ma che sembra rimanere impigliata o creare ulteriore inciampo. Lasciare la brocca richiede attenzione sempre, an-che quando sembra di averla sistemata per bene.

Il viaggio deciso verso la cittàLa seconda azione che la Samaritana fa subito dopo aver incontrato

Gesù è recarsi decisamente in città, non per tornare a chiudersi in casa sua ma per dire a tutti che ha incontrato il Cristo. Lo capiamo dal ver-bo usato: “apérchomai”. È un verbo di uso corrente che significa sem-plicemente “partire, andare”. Giovanni lo usa però per indicare una partenza decisa, con un obiettivo chiaro e molte volte per descrivere il dinamismo di una persona che ha incontrato Gesù e che reagisce, positivamente o negativamente, a questo incontro (4,28; 4,47; 5,15; 6,66; 6,68; 9,7; 11,28; 11,46; 12,19; 18,6; 20,10). La Samaritana torna in città quindi con piglio molto deciso e con una missione chiara da compiere.

Anche in questo caso giova ricordare che all’inizio del racconto la donna è uscita al pozzo a mezzogiorno per non incontrare nessuno, per non farsi vedere e non venire segnata a dito. Ora invece va ad annun-ciare la salvezza a coloro che prima voleva evitare.

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Dal nostro punto di vista questa improvvisa conversione sembra in-verosimile: noi conosciamo bene la buona notizia, eppure non ci viene voglia di dirla a coloro che ci snobbano o disprezzano. Perché la prima cosa che passa in mente a questa donna, invece, è correre a dirlo a tutti? Perché si tratta di una buona notizia veramente nuova, di fronte alla quale chiunque capisce che i meccanismi vecchi non centrano. Noi cristiani da vecchia data rischiamo, invece, di addomesticare il Vange-lo e di adattarlo alle nostre esigenze di compromesso con il mondo, del quale a volte ci fidiamo più che non di Gesù. È chiaro che questo tipo di “vangelo” non può spingerci a nulla di veramente nuovo né aprirci a una fraternità inattesa.

Se prenderemo sul serio la missione di annunciare il Cristo che abbiamo incontrato, non quello che ci siamo fatti noi, ci accorgeremo anche di questo: l’annuncio cambia tutto e possiamo darlo anche a chi ci ha sempre considerato imbecilli o bigotti… Se ho incontrato vera-mente la salvezza, ogni altro meccanismo di protezione, ogni apparen-za da salvare, ogni punto di forza imprescindibile sembrerà ridicolo.

La testimonianza personaleUn ultimo elemento di stile di annuncio in questa icona biblica lo

raccogliamo dal termine con cui al v. 39 Giovanni riassume l’attività della donna in città dopo l’incontro con Cristo: “Molti Samaritani cre-dettero in lui per la parola della donna che testimoniava”. Il termine è ben noto, ma quali connotazioni assume in questo racconto?

Possiamo ricostruire la scena: la donna torna decisa in città, si ri-volge a quelli che incontra per strada, poi bussa alle porte, magari di quelli che conosce. Poi si formano dei capannelli di gente e lei si reca in posti affollati, mentre la gente esce in strada. Sembra di dover pensare a una attività frenetica e prolungata: una bella scena, vivace e suggesti-va. Ma Giovanni non descrive niente di tutto questo.

Gli unici termini, che pensa di dover impiegare nel raccontarci l’o-pera di annuncio della donna, si riferiscono soprattutto alle reazioni suscitate: “venite… uscirono e andarono” (v. 29-30), “credettero… te-stimoniava” (v. 39), “non è più per i tuoi discorsi… ma noi stessi ab-biamo udito” (v. 42). Non importa quali mezzi abbia usato la donna,

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l’importante è che si è messa in gioco del tutto: ha scommesso sul fatto che la conoscono e li ha spinti verso Gesù, senza temere il loro giudizio e soprattutto senza dubitare che l’incontro con Gesù avrebbe sistemato tutto. Come di fatto poi avviene (v. 42).

Potremmo anche chiederci che cosa ha convinto i Samaritani a se-guire il suo consiglio senza battere ciglio (vv. 29-30). Essi conoscevano la situazione coniugale della donna e probabilmente la giudicavano male. Perché non dubitano di lei? Come fa una così a pretendere di aver incontrato il Messia prima di loro? Giovanni al v. 39 ci lascia intendere che essi credono perché lei testimonia: “Mi ha detto tutto quello che ho fatto”.

Quindi una testimonianza di una esperienza personale. La Sama-ritana non fa discorsi arguti ed efficaci, non parla di se, non reclama di essere stata giudicata male da loro e scelta dal Messia, non si ferma a far notare che aveva ragione lei. Parla del Messia e del suo incontro con lui. Se i samaritani vanno da Gesù è perché si vede che ha ricevuto un buon annuncio dal fatto che è in piazza a gridarlo e dal modo con cui lei concentra l’attenzione di tutti solo sul Cristo, senza difendersi o rivendicare.

Nell’immagine iconografica che sintetizza questa icona evangelica, la donna viene rappresentata volta verso Gesù, con la mano destra che lo indica, mentre gli abitanti della città, all’estrema destra, escono verso Gesù indicando sia lei che lui. La Samaritana indica Gesù man-tenendo lo sguardo su di lui, senza voltarsi a giustificarsi o a mettersi in primo piano.

Può capitare anche a noi di progettare l’annuncio e di accorgerci di essere un poco artificiali. Calcoliamo di vestirci in un certo modo per sembrare vicini, distribuiamo spillette con gli smiles, parliamo lo slang dei giovani (magari con le parolacce), ci infiliamo in internet con le sue regole dell’apparire. Oppure ci mettiamo dentro altri obiettivi, meno visibili: il gusto della furbizia, l’orgoglio di aver inventato qual-cosa di nuovo, la sottile soddisfazione di essere dalla parte giusta, la superbia di vedersi superiori agli altri, l’urgenza di mandarne “molti” all’inferno… Lo stile dell’annuncio della Samaritana ci mostra invece che chi corre verso la sua città con il Vangelo in tasca ha come unico

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strumento la testimonianza, più sincera possibile, motivata dal gusto di condividere una buona notizia e senza secondi fini.

ConclusioniEcco qua la nostra icona per l’anno pastorale in cui ci dedicheremo

a esplorare il mondo della nuova evangelizzazione. Essa ci permette di accogliere la nostra missione di annuncio del Vangelo in due passaggi: uno che ci aiuta a muoverci con una motivazione adeguata e uno che ci aiuta a mantenere uno stile aderente al Vangelo stesso che annun-ciamo.

Non si può evangelizzare se non si tiene ben presente la fonte di questo atteggiamento. La fonte è la scoperta di un Salvatore che mi co-nosce bene: “Mi ha detto tutto ciò che ho fatto!”. Egli conosce meglio di me i miei desideri, non posso nascondergli i miei peccati e intuisce molto bene il mio desiderio di Dio, anche quando io stesso penso di poterne fare a meno. È questa la scoperta che permette alla Samarita-na di assumere la missione di evangelizzare in modo pieno ed efficace. Meglio di quanto non possano fare i discepoli.

Sarà proprio la piena coscienza di quanto il Signore ci conosca ad aiutarci ad assumere uno stile adatto, in grado di abbandonare le no-stre sicurezze e le nostre abitudini, sapendo che evangelizzare vuol dire prima di tutto correre incontro al mio prossimo lì dov’è, con solo il Vangelo in mano, senza desideri di rivincita o rivalsa ma con lo scopo fondamentale di testimoniare la mia esperienza con Cristo. Sarà poi il Signore, quando i nostri interlocutori faranno un passo verso di lui, a convincerli della grandezza della buona notizia che hanno ricevuto.

Potrebbe essere proprio questo un modo nuovo e avvincente di es-sere Chiesa nelle nostre città.

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2. IL CAMMINO CONTINUA

INTRODUZIONE

L’attenzione riservata alla fede che in questi due anni abbiamo cer-cato di vivere, condividere e celebrare, ci chiede un passo ulteriore. Sentiamo dentro di noi il bisogno di comunicarla agli altri, attraverso la testimonianza della nostra vita. Siamo tutti consapevoli dell’impor-tanza di risvegliare la fede nel cuore e nella mente delle persone che incontriamo e che ci vivono accanto, ma anche di portarla a chi non crede più o a chi la trova insignificante per la vita.

Ecco il compito che sta davanti a noi quest’anno: essere testimoni credibili, con la vita e con la parola, che il Vangelo è una buona notizia per tutti, che Gesù è un amico che dà senso e significato alla nostra vita, che abbiamo un Padre in cielo che ci ama, che è misericordioso e vuole la nostra gioia e la nostra salvezza. Ognuno è chiamato ad accogliere la parola di Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Matteo, 11,28). Come ci ha ricordato Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium:

“è necessario passare da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria” (EG15).

Chi ha incontrato Cristo non può tenerlo per sé, ma sente il desi-derio di condividerlo e di portarlo agli altri, di essere evangelizzatore

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e missionario, comunicando a tutti la gioia dell’incontro. Ecco perché l’icona biblica che ci accompagnerà durante tutto l’anno pastorale è la Samaritana al pozzo, icona della chiesa missionaria, che prendiamo dal capitolo 4 del vangelo di Giovanni, fi ssando l’attenzione sui verset-ti 28-29: “La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?”. Dopo l’incontro con Gesù che le ha cambiato la vita, la donna samaritana compie tre gesti profondamente missionari:

1) lascia la brocca2) va in città3) testimonia a tutti il suo incontro con Gesù.

Il cammino pastorale di quest’anno chiede a tutti (chiesa, diocesi, parrocchia, unità pastorale, ciascuno di noi…) il coraggio di evange-lizzare, di precipitarci in città, come la samaritana, per dire la gioia dell’incontro con Gesù che cambia la vita. Il Signore vuole che noi andiamo negli ambienti quotidiani dell’esistenza, dalla famiglia alla scuola, dall’ambiente di lavoro o a quello di svago, a far sentire il buon profumo di Cristo, entrando anche nelle situazioni di dolore e di sof-ferenza che molti vivono quotidianamente, per portare l’amore e la speranza del Vangelo.

È necessario andare, uscire da noi stessi, dalle nostre sicurezze per incontrare gli altri.

“La nuova evangelizzazione è un movimento rinnovato verso chi ha smarrito la fede e il senso profondo della vita. Questo dinamismo fa parte della grande missione di Cristo di portare la vita nel mondo, l’amore del Padre all’umanità. Il Figlio di Dio è “uscito” dalla sua condizio-ne divina ed è venuto incontro a noi. La Chiesa è all’in-terno di questo movimento, ogni cristiano è chiamato ad andare incontro agli altri, a dialogare con quelli che non

“La nuova evangelizzazione è un movimento rinnovato verso chi ha smarrito la fede e il senso profondo della vita. Questo dinamismo fa parte della grande missione di Cristo di portare la vita nel mondo, l’amore del Padre all’umanità. Il Figlio di Dio è “uscito” dalla sua condizio-ne divina ed è venuto incontro a noi. La Chiesa è all’in-terno di questo movimento, ogni cristiano è chiamato ad andare incontro agli altri, a dialogare con quelli che non

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la pensano come noi, con quelli che hanno un’altra fede, o che non hanno fede. Incontrare tutti, perché tutti abbia-mo in comune l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio. Possiamo andare incontro a tutti, senza paura e sen-za rinunciare alla nostra appartenenza. Nessuno è escluso dalla speranza della vita, dall’amore di Dio. La Chiesa è inviata a risvegliare dappertutto questa speranza, special-mente dove è soffocata da condizioni esistenziali diffi cili, a volte disumane, dove la speranza non respira, soffoca. C’è bisogno dell’ossigeno del Vangelo, del soffi o dello Spirito di Cristo Risorto, che la riaccenda nei cuori. La Chiesa è la casa in cui le porte sono sempre aperte non solo perché ognuno possa trovarvi accoglienza e respirare amore e speranza, ma anche perché noi possiamo uscire a portare questo amore e questa speranza. Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire dal nostro recinto e ci guida fi no alle periferie dell’umanità” (Papa Francesco al Pontifi cio Con-siglio per la nuova evangelizzazione, 14 ottobre 2013).

Già papa Benedetto, nell’omelia di conclusione del Sinodo dei Ve-scovi del 2012, dedicato all’evangelizzazione, ci ha spinti a non aver paura di annunciare nuovamente Cristo là dove la luce della fede si è indebolita. Rileggiamo alcuni passaggi signifi cativi.

“La nuova evangelizzazione riguarda tutta la vita della Chiesa. Essa si riferisce, in primo luogo, alla pastorale or-dinaria che deve essere maggiormente animata dal fuoco dello Spirito, per incendiare i cuori dei fedeli che rego-larmente frequentano la Comunità e che si radunano nel giorno del Signore per nutrirsi della sua Parola e del Pane di vita eterna…In secondo luogo, la nuova evangelizzazione è essenzial-mente connessa con la missione ad gentes. La Chiesa ha

la pensano come noi, con quelli che hanno un’altra fede, o che non hanno fede. Incontrare tutti, perché tutti abbia-mo in comune l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio. Possiamo andare incontro a tutti, senza paura e sen-za rinunciare alla nostra appartenenza. Nessuno è escluso dalla speranza della vita, dall’amore di Dio. La Chiesa è inviata a risvegliare dappertutto questa speranza, special-mente dove è soffocata da condizioni esistenziali diffi cili, a volte disumane, dove la speranza non respira, soffoca. C’è bisogno dell’ossigeno del Vangelo, del soffi o dello Spirito di Cristo Risorto, che la riaccenda nei cuori. La Chiesa è la casa in cui le porte sono sempre aperte non solo perché ognuno possa trovarvi accoglienza e respirare amore e speranza, ma anche perché noi possiamo uscire a portare questo amore e questa speranza. Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire dal nostro recinto e ci guida fi no alle periferie dell’umanità” (Papa Francesco al Pontifi cio Con-siglio per la nuova evangelizzazione, 14 ottobre 2013).

“La nuova evangelizzazione riguarda tutta la vita della Chiesa. Essa si riferisce, in primo luogo, alla pastorale or-dinaria che deve essere maggiormente animata dal fuoco dello Spirito, per incendiare i cuori dei fedeli che rego-larmente frequentano la Comunità e che si radunano nel giorno del Signore per nutrirsi della sua Parola e del Pane di vita eterna…In secondo luogo, la nuova evangelizzazione è essenzial-mente connessa con la missione ad gentes. La Chiesa ha

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il compito di evangelizzare, di annunciare il Messaggio di salvezza agli uomini che tuttora non conoscono Gesù Cristo…Un terzo aspetto riguarda le persone battezzate che però non vivono le esigenze del Battesimo. Nel corso dei lavori si-nodali è stato messo in luce che queste persone si trovano in tutti i continenti, specialmente nei Paesi più secolariz-zati. La Chiesa ha un’attenzione particolare verso di loro, affi nché incontrino nuovamente Gesù Cristo, riscoprano la gioia della fede e ritornino alla pratica religiosa nella comunità dei fedeli. Oltre ai metodi pastorali tradizio-nali, sempre validi, la Chiesa cerca di adoperare anche metodi nuovi, curando pure nuovi linguaggi, appropriati alle differenti culture del mondo, proponendo la verità di Cristo con un atteggiamento di dialogo e di amicizia che ha fondamento in Dio che è Amore”.

il compito di evangelizzare, di annunciare il Messaggio di salvezza agli uomini che tuttora non conoscono Gesù Cristo…Un terzo aspetto riguarda le persone battezzate che però non vivono le esigenze del Battesimo. Nel corso dei lavori si-nodali è stato messo in luce che queste persone si trovano in tutti i continenti, specialmente nei Paesi più secolariz-zati. La Chiesa ha un’attenzione particolare verso di loro, affi nché incontrino nuovamente Gesù Cristo, riscoprano la gioia della fede e ritornino alla pratica religiosa nella comunità dei fedeli. Oltre ai metodi pastorali tradizio-nali, sempre validi, la Chiesa cerca di adoperare anche metodi nuovi, curando pure nuovi linguaggi, appropriati alle differenti culture del mondo, proponendo la verità di Cristo con un atteggiamento di dialogo e di amicizia che ha fondamento in Dio che è Amore”.

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3. OBIETTIVI DI FONDOANNO PASTORALE 2014-2015

Ci poniamo una meta, alcuni obiettivi di fondo verso i quali tende-re progressivamente, ma con determinazione e impegno, nella proget-tazione e nel cammino pastorale di quest’anno:

Uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo (cfr. EG 20).

Rigenerare la parrocchia

Nel nostro contesto sociale, economico e religioso, molti hanno perso la speranza e anche la gioia di vivere, perché preoccupati del lavoro che non c’è o che rischia di saltare, oppure per l’indifferen-za verso la fede e la testimonianza della Chiesa. È necessario che i credenti, ciascuno di noi, a livello personale e comunitario, rendano visibile l’amore e la misericordia di Dio, la sua tenerezza verso ogni creatura.0Per far questo dobbiamo avere il coraggio di andare contro-corrente, di scegliere uno stile di vita semplice e gioioso, e portare a tutti, come ha fatto la Samaritana, Gesù, fonte di salvezza per l’uma-nità intera.

Possiamo realizzare la nuova evangelizzazione nei tre ambiti:1) nella pastorale ordinaria, riscaldando il cuore dei fedeli che fre-

quentano la vita della comunità cristiana;

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2) con le persone battezzate che però non vivono le esigenze del Bat-tesimo;

3) con coloro che non conoscono Gesù o lo hanno sempre rifiutato (cfr. EG 14).

Con lo stile sinodale della corresponsabilità. È un cammino che stiamo facendo da anni, ma che richiede ancora molta determinazione e convinzione, sia dai preti che dai laici, convinti che

“l’obiettivo di questi processi partecipativi non sarà principal-mente l’organizzazione ecclesiale, bensì il sogno missionario di arrivare a tutti” (EG 31).

È utile riproporre quanto papa Benedetto XVI ha rivolto al conve-gno ecclesiale della diocesi di Roma il 6 giugno del 2006.

“È necessario migliorare l’impostazione pastorale, così che, nel rispetto delle vocazioni e dei ruoli dei consacrati e dei laici, si promuova gradualmente la corresponsabilità dell’insieme di tutti i membri del Popolo di Dio. Ciò esige un cambiamento di mentalità riguardante particolarmente i laici, passando dal considerarli «collaboratori» del clero a riconoscerli realmente «corresponsabili» dell’essere e dell’agire della Chiesa, favorendo il consolidarsi di un laicato maturo ed impegnato”.

È l’invito che il papa Giovanni Paolo II ha rivolto a tutti i laici, an-cora nel 1988, nell’esortazione apostolica Christifideles laici: “Andate anche voi nella mia vigna! (Matteo 20,3)”.

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4. PROPOSTE CONCRETE

Nota bene: vengono offerti alcuni suggerimenti e alcune proposte concrete che possono essere realizzate nella comunità parrocchiale, nell’unità pastorale, in forania e nella diocesi. La ricchezza delle pro-poste non deve essere vista come ‘tante ulteriori cose da fare’ ma un’op-portunità di scelta, di confronto e dialogo nei vari organismi di parte-cipazione, per poi fare qualche scelta in base alle proprie possibilità.

PER LA RIGENERAZIONE DELLA PARROCCHIA

I gesti missionari che la donna samaritana ha compiuto, dopo l’in-contro personale con Gesù, possono diventare le scelte concrete che desideriamo attuare in quest’anno pastorale per essere una comunità missionaria, per rigenerare le nostre parrocchie e comunità cristiane.

Facciamo nostro quanto ha scritto Papa Francesco sulla parrocchia:

“La parrocchia non è una struttura caduca; proprio perché ha una grande plasticità, può assumere forme molto diver-se che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità. Sebbene certamente non sia l’u-nica istituzione evangelizzatrice, se è capace di riformarsi e adattarsi costantemente, continuerà ad essere «la Chiesa

“La parrocchia non è una struttura caduca; proprio perché ha una grande plasticità, può assumere forme molto diver-se che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità. Sebbene certamente non sia l’u-nica istituzione evangelizzatrice, se è capace di riformarsi e adattarsi costantemente, continuerà ad essere «la Chiesa

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stessa che vive in mezzo alle case dei suoi fi gli e delle sue fi glie». Questo suppone che realmente stia in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una strut-tura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi. La parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione. Attraver-so tutte le sue attività, la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione. È comunità di comunità, santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare, e centro di costante invio missionario. Però dobbiamo riconoscere che l’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato suffi cienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente, e siano ambiti di comunione viva e di partecipazione, e si orientino completamente verso la missione” (EG 28).

Papa Francesco ci suggerisce anche un criterio pastorale per la rige-nerazione delle parrocchie:

“La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individua-zione dei fi ni senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia” (EG 33).

1) LASCIARE LA BROCCA

La Samaritana lasciò lì da Gesù tutte le sue sicurezze, iniziando un autentico cammino di conversione e di progressiva adesione al Signore.

stessa che vive in mezzo alle case dei suoi fi gli e delle sue fi glie». Questo suppone che realmente stia in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una strut-tura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi. La parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione. Attraver-so tutte le sue attività, la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione. È comunità di comunità, santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare, e centro di costante invio missionario. Però dobbiamo riconoscere che l’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato suffi cienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente, e siano ambiti di comunione viva e di partecipazione, e si orientino completamente verso la missione” (EG 28).

“La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individua-zione dei fi ni senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia” (EG 33).

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Dell’acqua ‘materiale’ non avverte più il bisogno. Ha riempito l’anfora del cuore. Essa è stata riempita con generosità della tenerezza di Gesù. Ora la donna ‘evangelizzata’ si muove per evangelizzare. Al ‘pozzo’ at-torno al quale si sono celebrati i riti nuziali dei patriarchi la samaritana incontra lo Sposo, il Signore innamorato delle sue creature. Il pozzo ora rappresenta Gesù stesso, Colui che viene a celebrare le nozze con l’umanità. Esso evoca la sua Parola, richiama la freschezza del suo Spirito. Insomma, il pozzo è grazia data in abbondanza, senza misura che fa tracimare l’anfora del cuore. Inoltre siamo invitati a lasciare le nostre sicurezze per concentrarci sull’essenziale, cioè su Gesù Cristo. Non serve disperderci su tante cose superfl ue e secondarie. Siamo an-cora una volta invitati a soffermarci sul primato di Dio nella nostra vita, mettendo Lui al centro. Ecco allora il primato della preghiera e dell’adorazione del Signore!

“Gesù Cristo chiama alla conversione: non si tratta di ri-considerare o questa o quella parte della mia vita, ma piut-tosto di cambiare i modi di pensare, di valutare, di agire, di interagire. Gesù chiamandoci alla conversione ci invita ad un cambiamento di tutto il nostro stile di vita. Con-cretamente, i segni dei tempi oggi ci chiamano a superare una visione consumistica della vita in cui tutto è ridotto a merce, la natura e i suoi beni ed addirittura gli esseri umani; riscoprendo la gratitudine per il dono della vita e imparando a vivere la gratuità” (Caritas in Veritate 51).

Il profeta è il discepolo missionario del Vangelo, come scrive papa Francesco:

“Più che come esperti in diagnosi apocalittiche o giudici oscuri che si compiacciono di individuare ogni pericolo o deviazione, è bene che possano vederci come gioiosi mes-saggeri di proposte alte, custodi del bene e della bellezza che risplendono in una vita fedele al Vangelo” (EG 168).

“Gesù Cristo chiama alla conversione: non si tratta di ri-considerare o questa o quella parte della mia vita, ma piut-tosto di cambiare i modi di pensare, di valutare, di agire, di interagire. Gesù chiamandoci alla conversione ci invita ad un cambiamento di tutto il nostro stile di vita. Con-cretamente, i segni dei tempi oggi ci chiamano a superare una visione consumistica della vita in cui tutto è ridotto a merce, la natura e i suoi beni ed addirittura gli esseri umani; riscoprendo la gratitudine per il dono della vita e imparando a vivere la gratuità” (Caritas in Veritate 51).

“Più che come esperti in diagnosi apocalittiche o giudici oscuri che si compiacciono di individuare ogni pericolo o deviazione, è bene che possano vederci come gioiosi mes-saggeri di proposte alte, custodi del bene e della bellezza che risplendono in una vita fedele al Vangelo” (EG 168).

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Allora, il profeta è colui che sa annunciare la Lieta Notizia, cari-cando il popolo di speranza ed ossigenando ogni persona in modo che diventi capace di cambiare e di costruire il Regno di Dio.

Questi percorsi che devono essere annunciati, condivisi, illuminati, fatti conoscere, si chiamano nuovi stili di vita: sono le possibilità quo-tidiane che ognuno ha per poter rialzarsi, uscire dalla rassegnazione e dal conformismo, e cominciare a cambiare non sola la propria vita, ma anche quella comunitaria e perfino quella planetaria.

OBIETTIVO SPECIFICO

Rendere visibile, nella diocesi e nelle nostre parrocchie,l’essenziale della vita che è l’incontro con Gesù Cristo.

In parrocchia1) Aver cura della celebrazione dell’Eucaristia domenicale, perché sia

custodito ed emerga il primato di Dio nella nostra vita. Rendia-mo le nostre celebrazioni eucaristiche più belle e più partecipa-te, facciamo sentire l’amore di Dio che ci sorregge e ci anima. In particolare in quest’anno vorremmo valorizzare di più il momento dell’accoglienza e del saluto finale, con iniziative che riguardano il sacerdote celebrante e anche qualche nuova forma di ministerialità. Ad esempio: prima della celebrazione della S. Messa si possono ese-guire alcune prove di canto, preparare i diversi servizi ministeriali, accogliere chi entra… e alla fine della celebrazione il celebrante alla porta principale, può salutare chi esce dalla chiesa…). Tenia-mo presente che la celebrazione eucaristica è il fondamento della comunione e dell’unità, specchio della spiritualità e della vitalità della parrocchia e dello stesso sacerdote.

2) Proporre un tempo significativo, per la preghiera di adorazione e ascolto della Parola. In particolare l’ora settimanale o mensile di

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adorazione, in ogni parrocchia o unità pastorale; la possibilità di aprire la Chiesa anche in orario notturno per la preghiera. In que-sto tempo è utile che il sacerdote si renda disponibile per la cele-brazione del sacramento della penitenza.

3) Offrire percorsi di accompagnamento e sostegno alla fede per gli adolescenti (gruppi post cresima) attraverso una specifica sussidia-zione a cura del Centro di Pastorale Adolescenti e Giovani. Si vuole così suscitare e alimentare il desiderio di mettersi alla ricerca di Dio, nell’accoglienza e nell’accompagnamento, in particolare du-rante i tempi forti dell’anno liturgico.

In unità pastorale1) Avviare un gruppo missionario stabile che innervi tutta la pastorale

delle nostre comunità di missionarietà. È una formazione che mira a creare in tutti un animo missionario, superando la logica dell’au-toreferenzialità, aiutati in questo senso dall’Ufficio Missionario Diocesano e dalle sue proposte.

In forania1) Organizzare un itinerario formativo alcuni incontri di ‘taglio’ mis-

sionario, in collaborazione con l’Ufficio Missionario e l’Ufficio Ca-techistico.

2) Attivare in ogni forania un itinerario di preghiera bimestrale, in collaborazione con l’Ufficio Missionario, con il sostegno della Se-zione pastorale della Curia e in sinergia con le Associazioni e Ag-gregazioni Laicali, in particolare con l’Azione Cattolica e l’Agesci. Si valorizzerà l’inizio dell’anno pastorale; in avvento l’attesa del Natale; in febbraio una celebrazione per cresimandi, genitori e pa-drini/madrine; in marzo la preparazione alla Pasqua; in maggio una veglia per invocare lo Spirito Santo.

In Diocesi 1) Offrire nei nuovi ambienti di attività pastorale (Centro Pastorale

Progetto Pastorale 2014 - 2015

Seminario e Centro Attività Santo Stefano a Bibione) dei ritiri re-sidenziali nei fine settimana per gruppetti o singoli che si stanno preparando a ricevere il sacramento della Cresima.

2) Promuovere l’adesione alle iniziative della Pastorale sociale in col-laborazione con Caritas, Associazioni e Movimenti: Giornata per la salvaguardia del creato (7 settembre), veglie e appuntamenti con il mondo del lavoro, Settimana Sociale diocesana (prima settimana di ottobre), Giornata mondiale della pace (1 gennaio), Laboratori sulla dottrina sociale della Chiesa.

3) Predisporre itinerari formativi, eventi, iniziative per incoraggiare nuovi stili di vita: consumo critico, commercio equo e solidale, gruppi di acquisto solidale, finanza etica…

4) Favorire opportunità di cura e attenzione per il creato: educazio-ne ambientale, raccolta differenziata, recupero e riuso, risparmio energetico, mobilità sostenibile.

2) CORRERE IN CITTÀ

La gioia dell’incontro con Gesù spinge la samaritana a correre in città, perché anche lei viene dalla città. Solo se tu hai dentro un fuo-co che ti brucia e non ti dà pace, puoi correre verso la città. Come il profeta Geremia, anche noi diciamo: “Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo” (20,9). La Chiesa è chiamata ad amare il mondo, è per il mondo, anche se non coinciderà mai con il mondo! Siamo invitati a gridare a tutti che Gesù ci vuole bene e non si è stancato di noi! Ecco la nuova evangelizzazione. L’annuncio ha sempre la dinamica dell’esodo e del dono, dell’uscire da sé, del camminare e dell’andare oltre, verso tutti indistintamente. Una Chiesa in “uscita” (cfr EG 21). Dobbiamo aprire il nostro sguardo verso l’orizzonte più ampio possibile, uscendo dal guscio della nostra stessa comunità ecclesiale. C’è un mondo asse-

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Progetto Pastorale 2014 - 2015

tato di speranza e di amore, e noi cristiani siamo chiamati a portare la fonte della speranza e dell’amore: Gesù! Siamo stati unti tutti di Spi-rito Santo! Dobbiamo portare il profumo dello Spirito a tutti. È dalle nostre mani che il crisma deve andare sul mondo; il lavoro, lo sport, la cultura, il tempo libero… In tale contesto il dialogo, seppure talvolta difficile e all’apparenza poco fruttuoso, non è una componente preli-minare della missione della Chiesa ma costituisce la via fondamentale per camminare in mezzo agli uomini e alle donne e per vivere insieme la ricerca e l’attesa. Il dialogo interconfessionale e interreligioso è già realtà che va in questo senso, seppure presente in forma ancora inizia-le e quindi bisognosa di ulteriori sviluppi. Dopo l’enciclica Ecclesiam suam di papa Paolo VI e il concilio Vaticano II, la Chiesa germoglia di questa necessaria e opportuna apertura.

Dobbiamo ricordarci che siamo servi del mondo, andando verso tut-ti, verso le periferie esistenziali. Oggi la città è in crisi, sta soffrendo per la mancanza di lavoro e di prospettive serene per il domani. È in crisi perché molti giovani non sono capaci di dare un senso alla loro esistenza e si perdono a sprecare e consumare i propri talenti. La città è in crisi perché ha perso il senso del bene comune e dello spendersi, anche in politica, per il ben degli altri e non per il proprio interesse personale.

OBIETTIVO SPECIFICO

Alimentare o riaccendere la fede nelle persone che incontriamo.

In parrocchia1) Favorire i contatti con tutte le persone che vivono nel territorio

della parrocchia, particolarmente con coloro che sono appena arri-vati0o che si stanno inserendo nella comunità.

2) Avviare un programma di visita a tutte le famiglie della parrocchia, anche con nuove modalità. Scrivevano i vescovi italiani al n° 62 di

Progetto Pastorale 2014 - 2015

‘Comunicare il vangelo in un mondo che cambia’: “Abbiamo bisogno di laici che siano disposti ad assumersi i ministeri con fisionomia mis-sionaria in tutti i campi della pastorale... diventando cioè catechisti, animatori, responsabili di gruppi di ascolto nelle case, visitatori delle famiglie, accompagnatori delle giovani coppie di sposi”.

3) “Non disertare - come ricordava Papa Francesco ai vescovi italiani - la sala di attesa affollata di disoccupati, cassintegrati, precari, dove il dramma di chi non sa come portare a casa il pane si incontra con quello di chi non sa come mandare avanti l’azienda”.

4) Prestare un’attenzione particolare alle tante famiglie che vivono momenti di disagio e di fragilità e che si sentono ‘lontane’ dalla parrocchia.

In unità pastorale1) Progettare o accogliere alcune iniziative di ‘primo annuncio’, in

particolare per giovani e famiglie, che con linguaggi e stili nuovi risvegliano la fede e la vita ecclesiale (per esempio: seminari di ‘vita nuova’, corso sui 10 comandamenti, scuola di evangelizzazione…).

2) Costituire, anche con l’aiuto dell’Associazione diocesana OFTAL, un gruppo di operatori pastorali0che, con competenza e in piena sintonia con le parrocchie, si facciano vicini alle persone anziane, malate e sofferenti, offrendo loro spazi d’incontro, di preghiera e di fraternità. Da valorizzare pure il pellegrinaggio annuale a Lourdes.

In forania1) Valorizzare e sostenere le attività delle Caritas foraniali e dei centri

di ascolto, con l’attenzione al Fondo straordinario di solidarietà.

In diocesi 1) Avviare il progetto web “Un raggio di luce” che si prefigge di favo-

rire l’incontro, la relazione e l’annuncio, in particolare con giovani e adulti in ricerca. Il tutto attraverso la realizzazione di un con-

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Progetto Pastorale 2014 - 2015

tenitore digitale (un portale) al fine di mettere in Rete “pillole” di Parola di Dio, accompagnate da immagini significative, video, testimonianze, meditazioni e riflessioni.

2) Dare vita al “cortile dei gentili” con la collaborazione dell Consul-ta per le aggregazioni laicali: omenti di dialogo e di incontro sui temi “ultimi e scottanti” tra credenti e non credenti, nella piena valorizzazione della vera interculturalità che si basa sul dialogo e sul confronto, senza mai giungere ad un sincretismo relativistico. Il “Mese dell’educazione” (marzo) potrà essere una di queste espe-rienze. Anche la preparazione al prossimo convegno della Chiesa Italiana a Firenze nell’autunno del 2005 potrà essere una buona occasione per promuovere il dialogo.

3) Organizzare viaggi e itinerari ‘missionari’ in luoghi significativi per la trasmissione della fede nel corso della storia della Chiesa, in col-laborazione con l’Ufficio Pellegrinaggi e l’Ufficio Missionario.

3) TESTIMONIARE IL SIGNORE GESÙ

La samaritana, ritornata in città, comunica a tutti quelli che incon-tra l’esperienza del suo incontro con Gesù che le sta cambiando la vita.

È importante che anche noi riusciamo a comunicare agli altri la personale esperienza vitale con Gesù Cristo, diventando ministri dell’amore che abbiamo incontrato. Ogni battezzato, come ci dicevano i Padri della Chiesa, è “cristoforo”, cioè portatore di Cristo. Doman-diamoci se chi ci incontra percepisce, nella nostra vita e nelle scelte che facciamo, il calore della nostra fede e la gioia di aver incontrato Gesù. Nessuno è escluso dall’incontro con Cristo.

La Chiesa è chiamata a risvegliare in tutti la speranza del Vangelo, attraverso gesti concreti di amore e un annuncio dell’amore di Dio che in Gesù ci ha dato tutto se stesso.

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Progetto Pastorale 2014 - 2015

OBIETTIVO SPECIFICO

Portare realmente Cristo agli altri, in particolare nella quotidia-nità della vita e con qualche scelta di ‘nuova evangelizzazione’.

In parrocchia1) Valorizzare l’oratorio parrocchiale sostenuti anche da un’eventua-

le adesione all’Associazione NOI che ha sede presso il Centro di Pastorale Adolescenti e Giovani, per l’accoglienza permanente e l’offerta di proposte formative.

2) Confermare e proseguire la proposta ‘Alfabeto della fede’. L’inten-to è di coinvolgere i genitori dei fanciulli dai 6 ai 10 anni in termini attivi nel ‘dinamismo’ dell’educare alla fede. Incoraggiare i “Centri di ascolto per ragazzi” dagli 11 ai 14 anni in cui i genitori diventano “catechisti per un giorno”.

3) Avviare, con il sostegno dell’Ufficio Catechistico e della Pastorale Familiare, un gruppo stabile di adulti che curino la preparazione al Battesimo e la prima fase della vita (0-6) anni. L’evangelizzazione passa, in questo periodo, attraverso il linguaggio delle relazioni fa-miliari.

In unità pastorale 1) Organizzare una forma di “missione popolare” svolta dai laici stes-

si. Questa missione potrà essere realizzata a livello parrocchiale o di unità pastorale. L’Ufficio Missionario Diocesano si rende dispo-nibile, anche con l’aiuto dei missionari presenti in diocesi, a prepa-rare i laici e a coordinare l’esperienza.

2) Offrire un Laboratorio per operatori di unità pastorale, dove si af-frontino in modo coinvolgente i capitoli della pastorale integrata,

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Progetto Pastorale 2014 - 2015

della corresponsabilità e della missionarietà. Scopo è di fornire, at-traverso un itinerario di 4/5 incontri, strumenti e competenze ai Vice Presidenti dei Consigli Pastorali Parrocchiali, ai membri dei Consigli di unità pastorale, ai referenti dei Gruppi di catechesi e a tutti coloro che intendono spendersi a livello di rete interparrocchiale.

In forania1) Favorire momenti di preghiera comune, di studio e di testimonian-

za con le comunità di credenti e contatti e incontri con le comunità di altre confessioni e di altre fedi.

2) Consolidare e qualificare i percorsi già esistenti in preparazione al matrimonio e predisporre per fidanzati e sposi una serie di fine settimana (seminari) “La sessualità nella vocazione all’amore”, che aiutino a rivivificare l’esperienza del fidanzamento in un’ottica di fede, la percezione del senso della sessualità nella coppia e la grazia del sacramento del matrimonio.

In diocesi 1) Strutturare un percorso di formazione per preti che abbia lo sco-

po di facilitare ‘relazioni’ di prossimità e di misericordia in ordine all’annuncio del vangelo. Si offriranno contributi biblici e teologici e si prenderanno in esame le dinamiche relazionali e comunica-tive e in particolare quelle legate all’atto dell’essere evangelizzati e dell’evangelizzare. Si terranno presenti gli ambiti antropologici individuati dal Convegno di Verona del 2006 (La vita affettiva, Il lavoro e la festa, La fragilità umana, La tradizione, La cittadinan-za). Vista la riuscita prima edizione dello scorso anno, dove una parte della formazione era condivisa tra preti e laici, intendiamo proseguire la proposta nel coinvolgere gli operatori laici.

2) Rilanciare il progetto fidei donum, ovvero di sacerdoti diocesani e di laici, anche famiglie, che si impegnano per la missio ad gentes a nome e per conto della chiesa diocesana.

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3) Valorizzare di più la presenza della vita consacrata maschile e fem-minile, in particolare in quest’anno dedicato proprio alla vita con-sacrata. In anni passati la loro identità era legata alle numerose ope-re di carità e di formazione, oggi costituisce una preziosa riserva di futuro, ricordando a tutti la bellezza di vivere secondo il vangelo.0

4) Rilanciare l’esperienza del volontariato internazionale e in parti-colare del servizio nelle missioni ecclesiali all’estero. Esiste da anni il PEM (Preparazione Esperienza Missionaria) che provvede alla formazione di volontari laici per le missioni diocesane (volontariato internazionale breve). L’Ufficio Missionario Diocesano è il referen-te del progetto per quanti fossero interessati.

5) Riproporre in termini creativi il percorso di preghiera per giovani “Lo scrigno”, a cadenza mensile, per crescere nella relazione con Dio e con la sua Parola.

6) Valorizzare gli appuntamenti fondamentali e consueti di incontro ecumenico ed interreligioso. Si tratta di attribuire maggiore impor-tanza agli appuntamenti già proposti da una riconosciuta consue-tudine del cammino ecumenico e del dialogo interreligioso, come tappe che si inseriscono in un percorso di conoscenza, dialogo e ricerca comune, in particolare: la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani; la veglia ecumenica di Pentecoste; la giornata del dia-logo ebraico-cristiano; la partecipazione ad alcuni appuntamenti di altre fedi (musulmani, sikh…); la “Festa dei popoli”, possibilmente allargata all’incontro con gli “altri”.

7) Offrire alle coppie di sposi un percorso annuale sulla missionarietà del sacramento del matrimonio, con incontri mensili caratterizzati da ascolto, riflessione di coppia, condivisione in gruppo e preghiera di adorazione. Tale percorso organizzato dalla Pastorale famigliare diocesana potrà essere riproposto dagli sposi che parteciperanno a livello foraniale, di UP, parrocchiale.

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Progetto Pastorale 2014 - 2015

8) Programmare delle esperienze residenziali presso il Centro di Pa-storale Adolescenti e Giovani destinate a classi scolastiche e a grup-po parrocchiali, per sperimentare attraverso la fraternità la bellez-za di una comunità che vive e sperimenta la gioia dell’incontro con Cristo.

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Progetto Pastorale 2014 - 2015

LUOGHI E SPAZI PER LA PASTORALE

1) UNITÀ PASTORALI

A partire dalla nuova definizione della FORANIE, continua il cam-mino di riordino nell’organizzazione pastorale della diocesi, dando avvio e/o consolidamento alle UNITÀ PASTORALI, secondo le indicazioni degli Orientamenti “Comunione e annuncio nella cor-responsabilità”. Le Unità Pastorali non si sostituiscono alle parroc-chie, ma sono una forma stabile di collaborazione tra parrocchie per un nuovo stile di azione pastorale, in cui si sperimenta la pasto-rale integrata nella comunione e corresponsabilità tra preti e laici.

2) CASA MADONNA PELLEGRINA

Casa Madonna Pellegrina accoglie al suo interno le attività facenti capo alla Caritas diocesana, alla Pastorale sociale e del lavoro, al polo di formazione socio-politica, mantenendo anche la funzione di struttura di accoglienza per sacerdoti.

I progetti da sviluppare all’interno della Casa sono in fase embrio-nale e la progressiva conclusione dell’accoglienza richiedenti asilo darà modo di pensare e sperimentare le forme più adatte di servizi a partire dalle esigenze del territorio.

Si vuole evitare che la casa divenga contenitore di tutte le situazio-ni negative che ci circondano trasformandosi in un ghetto. Al con-

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Progetto Pastorale 2014 - 2015

trario, Casa della Madonna Pellegrina deve assumere sempre più un ruolo promozionale nei confronti della città e del territorio. Le Caritas foraniali e parrocchiali, particolarmente quelle della città di Pordenone, troveranno qui il loro naturale riferimento.

3) CENTRO PASTORALE SEMINARIO

Nel corpo centrale dell’edificio del Seminario (Piano terra, primo e secondo piano) ha sede il Centro Pastorale Seminario (CPS) che non si colloca tra i soggetti di pastorale (come per es. la parrocchia o l’unità pastorale), né va ritenuto come un servizio di pastorale (come per es. gli uffici diocesani). È un luogo di accoglienza, cioè un am-biente funzionale all’interno del quale i responsabili della Sezione Pastorale offrono alcune proposte formative e le parrocchie, le uni-tà pastorali e le associazioni/aggregazioni trovano spazi e persone per le loro attività (sale per incontri, cappella, possibilità di vitto e alloggio).

Il Centro offre anche spazi e momenti per itinerari di formazione spirituale (Esercizi spirituali, giornate di spiritualità e Lectio Divi-na).

4) CENTRO ACCOGLIENZA PER GRUPPI AL SANTO STEFANO DI BIBIONE

All’interno del complesso Residence Santo Stefano di Bibione è at-tivo un nuovo settore dedicato all’accoglienza di gruppi in autoge-stione, durante tutto l’arco dell’anno, per attività formative (campi scuola, fine settimana di spiritualità, momenti ricreativi e di svago). La recettività è di 50/60 posti con sala incontri e cappella. È pos-sibile anche ospitare gruppi più piccoli. Intende essere una buona opportunità per le parrocchie, associazioni e gruppi ecclesiali che desiderano proporre momenti più prolungati d’incontro e di forma-zione.

MAGGIO 2014

LE FORANIEDELLA DIOCESI

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LE FORAnIE dELLA dIOcESI

FORAnIA PORTOGRUARESE

FORAnIA BASSO LIVEnZA

FORAnIA ALTO LIVEnZA

FORAnIA MAnIAGO

FORAnIA SPILIMBERGO

FORAnIA PORdEnOnE

FORAnIA AZZAnO

FORAnIA SAn VITO

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LE FORAnIE dELLA dIOcESI

1. FORANIA PORTOGRUARESE (61.249)

CONCORDIA (10.972): Concordia - Sindacale - Teson GRUARO (3.621): Bagnara - Giai - Gruaro - Portovecchio PORTOGRUARO (19.047): B.M.V. Regina - Sant’Andrea - Sant’Agnese - San Nicolò - Santa Rita SUMMAGA (6.470): Cinto Caomaggiore - Pradipozzo - Lison - Settimo - Summaga FOSSALTA DI PORTOGRUARO (5.905): Cintello - Fossalta - Teglio Veneto VILLANOVA (3.465): Giussago - Lugugnana-Marina - Vado - Villanova di Fossalta BIBIONE (5.382): Bibione - Cesarolo-Baseleghe SAN MICHELE AL TAGLIAMENTO (6.387): San Giorgio al Tagliamento - San Michele al Tagliamento - Villanova della Cartera

2. FORANIA BASSO LIVENZA (31.337)

PASIANO (8.885): Azzanello - Brische - Cecchini - Meduna di Livenza - Pasiano - Rivarotta - Sant’Andrea di P. SAN STINO DI LIVENZA (12.776): Corbolone - La Salute di Livenza - San Stino - Sant’Alò - Biverone ANNONE VENETO (9.716): Annone Veneto - Blessaglia - Frattina - Loncon - Lorenzaga - Pramaggiore - Salvarolo

3. FORANIA ALTO LIVENZA (52.701)

AVIANO (9.073): Aviano - Castello d’Aviano - Giais - Marsure - Piancavallo - San Martino di Campagna - Villotta POLCENIGO - BUDOIA (5.423): Budoia - Dardago - Coltura-Mezzomonte -

Polcenigo - San Giovanni di Polcenigo - Santa Lucia di Budoia FONTANAFREDDA (18.899): Nave - Ranzano - Roveredo - San Giorgio - SS. Redentore - Sant’Odorico - Vigonovo SAN QUIRINO (4.166): San Foca - Sedrano - San Quirino PORCIA (15.140): Palse - Roraipiccolo - San Giorgio - Sant’Antonio

4. FORANIA MANIAGO (29.145)

MANIAGO (13.400): Campagna - Frisanco-Casasola - Fratta - Maniago - Maniagolibero - Poffabro - Vajont

ARBA (3.273): Arba - Basaldella - Colle - Tesis - Vivaro FANNA (5.683): Cavasso Nuovo - Chievolis - Fanna - Meduno-Navarons -

Tramonti di Sopra - Tramonti-Campone CIMOLAIS (2.228): Andreis - Barcis - Cimolais - Claut - Erto MONTEREALE (4.561): Grizzo - Malnisio - Montereale Valcellina - San Leonardo Valcellina

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LE FORAnIE dELLA dIOcESI

5. FORANIA SPILIMBERGO (29.858)

SPILIMBERGO (11.944): Barbeano - Gaio-Beseglia - Gradisca - Istrago - Spilimbergo - Tauriano

TRAVESIO (3.683): Castelnovo - Paludea - Sequals - Solimbergo - Toppo - Travesio

VALERIANO (3.155): Lestans - Painzano-Manazzons - Vacile - Valeriano VITO D’ASIO (1.134): Anduins-Casiacco - aauzetto-Pradis - Pielungo-S. Francesco - Vito d’Asio SAN GIORGIO DELLA RICHINVELDA (4.385): Aurava-Pozzo -

Domanins - Provesano-Cosa - Rauscedo - San Giorgio della Richinvelda VALVASONE (5.557): Arzene - San Lorenzo - San Martino al Tagliamento -

Valvasone

6. FORANIA PORDENONE (74.346)

PORDENONE NORD (21.580): Immacolata Concezione - Sacro Cuore - Sant’Agostino - SS. Ilario e Taziano (Torre) - San Lorenzo (Roraigrande)

PORDENONE SUD (12.000): B.M.V. delle Grazie - Cristo Re - San Giuseppe - Vallenoncello - Villanova PORDENONE CENTRO (22.166): Beato Odorico - San Francesco - San Giorgio - San Giovanni Bosco - San Marco CORDENONS (18.600): Santa Maria Maggiore - San Pietro - Sant’Antonio Abate - Santa Giovanna d’Arco

7. FORANIA AZZANO (46.095)

AZZANO DECIMO (14.375): Azzano Decimo - Corva - Tiezzo CHIONS (6.416) Chions - Fagnigola - Taiedo-Torrate - Villotta-Basedo FIUME VENETO (11.461): Bannia - Cimpello - Fiume Veneto - Pescincanna - Praturlone PRATA DI PORDENONE (11.813): Maron - Prata - Puja - Tamai - Visinale PRAVISDOMINI (2.030): Pravisdomini e Barco

8. FORANIA SAN VITO (48.377)

CASARSA DELLA DELIZIA (8.200): Casarsa - San Giovanni di Casarsa MORSANO AL TAGLIAMENTO (5.605): Cordovado - Morsano-Bando -

Mussons - San Paolo SAN VITO AL TAGLIAMENTO (14.218): Gleris-Carbona - Ligugnana -

Madonna di Rosa - Prodolone - San Vito al Tagliamento - Savorgnano SESTO AL REGHENA (6.254): Bagnarola - Ramuscello - Sesto al Reghena ZOPPOLA (8.543): Castions - Cusano-Poincicco - Murlis - Orcenico Inferiore - Orcenico Superiore - Zoppola

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giuseppe pellegrini

vescovo di concordia-pordenone

ai presbiteri e ai diaconi

ai fratelli e alle sorelle di vita consacrata

ai fedeli laici e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà

di questa nostra chiesa di concordia-pordenone

pace e salute

nel signore gesù

Sono lieto di consegnare insieme a queste parole di augurio il testo degli orientamenti per il riordino delle foranie e delle unità pastorali, frutto di un paziente e ampio confronto.

Nel corso dell’anno appena trascorso, a partire da un Documento di lavoro (Instrumentum laboris), ho dialogato più volte su questo tema con organi collegiali e singoli soggetti: presbiteri, laici, fratelli e sorelle di vita consacrata. Rendo grazie al Signore per il significativo cammino compiuto insieme e per aver trovato in tutti collaborazione schietta, nel solco di una concreta e autentica corresponsabilità. A tutti un grazie semplice e sincero.

Si apre ora il tempo dell’attuazione che chiede di proseguire nel reciproco ascolto e di dar luogo ad una saggia applicazione dei criteri adottati. So di poter contare sulla sensibile attenzione di Voi tutti.Il Signore conceda su questo nostro importante lavoro il dono della sua Benedizione.

Pordenone, 6 gennaio 2014Solennità dell’Epifania del Signore

Giuseppe Pellegrini

cOMUnIOnE E AnnUncIO nELLA cORRESPOnSABILITà

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cOMUnIOnE E AnnUncIO nELLA cORRESPOnSABILITà

Diocesi di Concordia - Pordenone

COMUNIONE E ANNUNCIO NELLACORRESPONSABILITÀ

orientamenti di riordino delle foranie e unità pastorali

per la nuova evangelizzazione

I. INTRODUZIONE

1. Avvertiamo tutti la necessità di un profondo rinnovamento delle comunità cristiane, perché diventino sempre più missionarie, capaci di portare alle donne e agli uomini del nostro tempo l’annuncio di amore e di speranza che Gesù ci ha donato e che è racchiuso nel Vangelo. A tutti noi, presbiteri e diaconi, consacrati e consacrate e fedeli laici, vengono richieste un’autentica conversione pastorale e una rinnovata vita di comunione per camminare insieme e testimoniare, come ci ricorda papa Francesco, “la dolce e confortante gioia di evangelizzare” (Evangelii Gaudium, II).

2. Le scelte che ci accingiamo a mettere in atto nascono dall’autorevole proposta del Concilio Vaticano II e dalla sua visione di Chiesa, Popolo di Dio e sacramento universale di salvezza:“Questo popolo messianico ha per capo Cristo (…); ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio, nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo come in un tempio. Ha per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati (cfr. Gv 13,34). E finalmente, ha per fine il regno di Dio, incominciato in terra dallo stesso Dio” (Lumen Gentium, 10).La Chiesa attinge dalla Comunione Trinitaria, soprattutto nell’ascolto della Parola di Dio e nella celebrazione dei Sacramenti, in particolare dall’Eucaristia, sacramento di comunione, la sua origine e la sua identità.

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cOMUnIOnE E AnnUncIO nELLA cORRESPOnSABILITà

Nella misura in cui la Chiesa aderisce pienamente a Cristo e si lascia plasmare dalla forza rinnovatrice dello Spirito Santo, diventa il luogo concreto della manifestazione dell’amore di Dio per tutta l’umanità. Ecco allora la sfida della nostra Chiesa diocesana: dare visibilità alla comunione anche attraverso alcune strutture concrete di organizzazione della pastorale.

3. Il Concilio ci ha aiutati a riscoprire l’importanza dei laici nella Chiesa: “I laici, radunati nel Popolo di Dio e costituiti nell’unico Corpo di Cristo sotto un solo capo, sono chiamati chiunque essi siano, a contribuire come membra vive, con tutte le forze ricevute dalla bontà del Creatore e dalla grazia del Redentore, all’incremento della Chiesa e alla sua santificazione permanente” (LG, 33).Stanno maturando sempre di più coscienza e consapevolezza che i laici non solo appartengono alla Chiesa, ma sono Chiesa. Tutti i battezzati sono chiamati alla crescita della vita della comunità cristiana, vivendo l’incontro personale con Cristo e sentendosi impegnati nella diffusione del regno di Dio, con modalità proprie. I fedeli laici, con il loro impegno temporale nel mondo, in famiglia e nei vari ambienti di vita, sono chiamati a testimoniare la bellezza del Vangelo e a mantenere vivi i valori della fede nella società. Ma la loro opera è fondamentale anche all’interno della comunità cristiana, che vive e cresce, valorizzando tutti i doni e carismi che lo Spirito suscita in ciascun battezzato. La missionarietà della parrocchia si riconosce anche dalla sua capacità di aprire spazi della pastorale alla ministerialità laicale. “Non si tratta di fare supplenze ai ministeri ordinati, ma di promuovere la molteplicità dei doni che il Signore offre e la varietà dei servizi di cui la Chiesa ha bisogno” (Il volto missionario…, 12).La collaborazione attiva e corresponsabile dei laici diventa essenziale nella animazione pastorale delle singole parrocchie e nel progetto di riordino delle foranie e delle unità pastorali. Si offre così alla comunità cristiana e alla società un modello di Chiesa-comunione, che non solo a parole, ma concretamente vive la missione valorizzando i fedeli laici nell’esercizio del loro sacerdozio comune e aiutando i preti in un servizio pastorale generoso ed intelligente.

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cOMUnIOnE E AnnUncIO nELLA cORRESPOnSABILITà

4. Esistono, senz’altro, anche ragioni congiunturali, legate alla diminuzione del clero e all’aumento della sua età media. Con questo percorso desideriamo aiutare i presbiteri a svolgere il loro servizio in maniera più fedele al sacramento ricevuto, più aperta alle collaborazioni con i vari ministeri e carismi nella comunità, più efficace di fronte ai compiti complessi e inediti dell’ora presente. Il cammino di rinnovamento passa attraverso la convinta adesione dei presbiteri. La Nota pastorale della CEI Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia al n. 12 afferma: “I sacerdoti dovranno vedersi sempre più all’interno di un presbiterio e dentro una sinfonia di ministeri e di iniziative: nella parrocchia, nella diocesi e nelle sue articolazioni. Il parroco sarà meno l’uomo del fare e dell’intervento diretto e più l’uomo della comunione; e perciò avrà cura di promuovere vocazioni, ministeri e carismi. La sua passione sarà far passare i carismi dalla collaborazione alla corresponsabilità, da figure che danno una mano a presenze che pensano insieme e camminano dentro un comune progetto pastorale. Il suo specifico ministero di guida della comunità parrocchiale va esercitato tessendo la trama delle missioni e dei servizi: non è possibile essere parrocchia missionaria da soli”. È ancora molto diffusa l’opinione che il sacerdote sia l’unico responsabile della parrocchia. Il cammino intrapreso dalla Chiesa in questi anni ci sta insegnando che il sacerdote è all’interno di un presbiterio e che anche il ministero pastorale va collocato e vissuto dentro una prospettiva di comunione. Pertanto il ministero pastorale deve sempre più essere esercitato collegialmente. Le nuove strutture di pastorale ci aiuteranno a rendere più visibile la comunione presbiterale.

5. Il soggetto primo e principale della organizzazione pastorale è, e deve rimanere, la parrocchia. È finito, tuttavia, il tempo della parrocchia autosufficiente e autoreferenziale.“Il futuro della Chiesa in Italia, e non solo, ha bisogno della parrocchia. È una certezza basata sulla convinzione che la parrocchia è un bene prezioso per la vitalità dell’annuncio e della trasmissione del Vangelo, per una Chiesa radicata in un luogo, diffusa tra la gente e dal carattere popolare. Essa è l’immagine concreta del desiderio di Dio di prendere dimora tra gli uomini. Un desiderio che si è fatto realtà: il Figlio di Dio ha posto la sua tenda fra noi (cfr Gv 1,14). Per questo Gesù è l’«Emanuele, che significa Dio con noi»

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cOMUnIOnE E AnnUncIO nELLA cORRESPOnSABILITà

(Mt 1,23). (…) Anche nelle trasformazioni odierne la Chiesa ha bisogno della parrocchia, come luogo dov’è possibile comunicare e vivere il Vangelo dentro le forme della vita quotidiana”(Il volto missionario, n. 5). Oggi, però, la parrocchia ha bisogno di rinnovarsi profondamente, disegnando con cura il suo volto missionario e trovando nuove vie di pastorale integrata, per concentrasi meglio sulla scelta fondamentale dell’evangelizzazione (cfr. Il volto missionario…, 5).Nella realtà variegata e complessa della nostra diocesi, che risente del mutato contesto socioculturale e, in modo significativo, della crisi culturale, economica e di valori della società occidentale, parte dei battezzati non hanno più la parrocchia quale punto di riferimento, ma la considerano un “centro di servizi” per l’amministrazione dei sacramenti.Testimoni di una significativa diminuzione nella partecipazione all’Eucaristia domenicale e del progressivo abbandono della vita parrocchiale da parte di giovani e adulti, compresa la componente femminile, siamo chiamati a ripensare la missione della parrocchia e le modalità della sua presenza sul territorio. La parrocchia può e deve cercare forme nuove per essere presenza viva, capace di mettersi in rispettoso ascolto delle attese e dei bisogni delle persone.La mobilità per lavoro, scuola, tempo libero, la convivenza con altre culture e tradizioni, diverse dalla nostra cultura cristiana occidentale, richiedono nella Chiesa non solo ambienti idonei, ma soprattutto persone dedicate con convinzione ad una pastorale più vicina alla gente e pienamente rispondente alla esigenze. Sentiamo l’esigenza di una pastorale missionaria, consapevole dei cambiamenti e delle trasformazioni in atto, capace di impegnarsi con forza in una nuova evangelizzazione, incontrando qui gli uomini e le donne d’oggi, testimone della vita buona del vangelo. La parrocchia, Chiesa tra le case degli uomini, vicina alla gente, può rendere visibile la Chiesa come segno efficace dell’annuncio di Gesù (cfr. Il volto missionario …, 3-4).

6. Per una pastorale missionaria e di nuova evangelizzazione si rende necessario attuare una pastorale integrata: tra i diversi ministeri all’interno dei contesti parrocchiali; tra parrocchie; tra parrocchie, unità pastorali e forania; foranie e diocesi; parrocchia e movimenti,

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cOMUnIOnE E AnnUncIO nELLA cORRESPOnSABILITà

associazioni, realtà ecclesiali; comunità parrocchiali e realtà territoriali (cfr. Il volto missionario…, 11).

II. LA FORANIA

7. La forania è punto di riferimento, segno di comunione e di spinta alla missione di un gruppo di parrocchie di un territorio omogeneo. Non è una semplice suddivisione territoriale della diocesi, ma luogo reale per crescere nella vita fraterna e per annunciare il Vangelo ai nostri giorni. Le funzioni prevalentemente pastorali, delineate in essa a partire dal Concilio Vaticano II, ci interpellano sul suo ruolo e sui suoi compiti che sono di natura comunionale e di collaborazione tra parrocchie e unità pastorali. Proprio per questo non ha un suo progetto pastorale, ma favorisce l’accoglienza e l’attuazione del progetto pastorale della diocesi.

8. Sono suoi compiti specifici, seguendo gli orientamenti diocesani:- favorire la comunione e la collaborazione tra tutti i sacerdoti della forania mediante incontri di preghiera e di formazione (ritiri, congrega e vita fraterna) e tra presbiteri, diaconi, religiosi/e e fedeli laici;- promuovere la pastorale integrata nella forania e nelle unità pastorali;- curare e sostenere la formazione specifica degli operatori di pastorale, programmando in loco le iniziative, secondo le indicazioni date dall’assemblea foraniale, con l’aiuto e la collaborazione degli uffici diocesani (esempio: la formazione dei catechisti o di animatori);- mettere in atto alcune attività di forania per qualche settore di pastorale che si ritengano necessarie, in particolare i percorsi di preparazione al matrimonio, la pastorale sociale …

9. Per il buon funzionamento della forania è necessaria e indispensabile l’assemblea di forania che, con spirito collaborativo e disponibilità, senza appesantire le strutture organizzative, coordina l’attività pastorale delle unità pastorali, in sintonia con quelle delle parrocchie e di eventuali attività foraniali. È presieduta dal vicario foraneo, coadiuvato da un vice presidente laico, nominato dall’assemblea. È formata dai parroci, dai

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vice-presidenti dei Consigli pastorali parrocchiali o interparrocchiali e da alcuni membri del Consiglio di unità pastorale. Si riunisce un paio di volte all’anno e per determinati settori della pastorale può costituire delle commissioni, anche stabili, di studio e di attività, invitando altre persone a farvi parte.

10. Il Vicario Foraneo riveste un ruolo importante per il buon funzionamento della forania e delle unità pastorali, in quanto punto di riferimento delle varie collaborazioni e coordinatore delle attività foraniali. Favorirà la comunione e collaborazione tra i presbiteri e tra i presbiteri e i laici, nello spirito della corresponsabilità.

11. Attualmente le foranie sono 12. Alcune corrispondono ai criteri stabiliti per la loro composizione. Qualche altra invece necessita di qualche aggiustamento, se non di accorpamento. È importante che ogni forania abbia ben chiari i criteri stabiliti precedentemente:

- omogeneità socio-culturale;- legami storico-geografici delle parrocchie;- mobilità delle persone;- numero di presbiteri sufficiente per una reale comunione e collaborazione.

Tenendo conto di tali criteri, ogni forania dovrebbe avere:- un numero di preti (10/15) adeguato per essere un luogo di formazione e per coordinare i diversi settori della pastorale;- tre-quattro unità pastorali;- 35/45 mila abitanti.I numeri potranno variare tenendo conto della particolare configurazione di alcune zone della diocesi.

III. L’UNITÀ PASTORALE

12. L’unità pastorale è l’insieme di alcune parrocchie all’interno di una forania, costituito in maniera stabile per assolvere i compiti

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legati all’evangelizzazione e per sostenere la vita cristiana delle nostre comunità. Non è una nuova entità che si aggiunge alla parrocchia, né una nuova organizzazione della Chiesa diocesana. La sua specificità consiste nella forma stabile di collaborazione tra parrocchie, nuovo stile di azione pastorale, in cui si vivono e si sperimentano realmente la comunione e la corresponsabilità tra preti e laici.Affinché l’unità pastorale possa funzionare sono essenziali due condizioni.

A) I Consigli pastorali delle parrocchie che formano l’unità pastorale devono essere costituiti, operativi e si incontrino con frequenza e regolarità. È fondamentale che il Consiglio pastorale parrocchiale si costituisca tramite elezione di una parte dei suoi membri e che vi sia vice-presidente. Il vice-presidente designato riceverà poi il mandato dal vescovo. Qualora più parrocchie guidate da uno stesso parroco decidessero di avere un consiglio pastorale unico (Consiglio interparrocchiale) vi sarà un solo vice-presidente; in tal caso è necessario che ogni parrocchia abbia una segreteria operativa. Ogni parrocchia dovrà conservare il proprio Consiglio Affari Economici.

B) Una progettazione pastorale comune in sintonia con il progetto pastorale annuale della diocesi, in cui siano specificate le attività pastorali comuni all’unità pastorale (ad esempio: pastorale giovanile e familiare; accompagnamento dei catechisti; gruppo missionario; pastorale della salute e della carità; attività di determinati gruppi o associazioni; …) e quelle realizzate nelle singole parrocchie.

13. L’esperienza di questi anni ci dice che in diocesi si parla di unità pastorale in modo diverso:

- per alcuni è l’insieme di più parrocchie affidate allo stesso parroco;- per altri invece è un gruppo di parrocchie di una stessa unità territoriale.

Per il rilancio delle unità pastorali è necessario e indispensabile adottare alcuni criteri comuni:

- vicinanza geografica e culturale delle parrocchie;- appartenenza allo stesso comune e forania;

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- numero di parrocchie e di abitanti tali da favorire una pastorale integrata e un lavoro comune.

A mo’ di esempio potremo parlare di una popolazione di circa diecimila persone, con 5/6 parrocchie e 2/3 sacerdoti. I numeri potranno variare tenendo conto della particolare configurazione di alcune unità pastorali. Da questo possiamo concludere che ogni unità pastorale è formata da una tipologia diversa di parrocchie (grandi, piccole, più di una guidate da uno stesso parroco).Concretamente, dopo la ridefinizione delle foranie, con gradualità e determinazione, sotto la direzione del vicario foraneo, i sacerdoti insieme con i vice-presidenti dei CPP sono chiamati a rendere operative le unità pastorali esistenti e, dove è necessario, a delineare la fisionomia delle nuove.

14. Per il funzionamento delle unità pastorali, sono necessari il coinvolgimento di alcuni soggetti e l’operatività di alcuni organismi.

- Il moderatore. È nominato dal vescovo tra i presbiteri dell’unità pastorale, sentiti i parroci. Guida la progettazione delle attività pastorali comuni, verificandone l’attuazione; promuove la comunione fra tutte le componenti dell’unità pastorale e ne presiede il Consiglio.- Il Consiglio di unità pastorale. È formato dal moderatore, dal segretario laico, dai presbiteri in cura d’anime, dai vice-presidenti dei CPP e, se presenti, dai diaconi permanenti, e da un rappresentante per comunità della vita consacrata. Si riunisce frequentemente e, per determinati settori della pastorale, può invitare altre persone a farvi parte. Tenendo conto delle diverse attività delle singole parrocchie e delle relative esigenze pastorali, elabora il progetto dell’unità pastorale, stabilendo le attività comuni e verificandone l’attuazione.Man mano che l’unità pastorale si consolida e diventa operativa,

ci potranno essere alcune persone che assumono in maniera stabile l’esercizio di alcuni servizi e ministeri. Se si ritiene opportuno, questi potranno costituire insieme al moderatore il gruppo di servizio ministeriale: équipe operativa che promuove il cammino d’insieme e di collaborazione che le singole comunità parrocchiali dovranno compiere per raggiungere l’obiettivo di una pastorale integrata e missionaria.

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IV. CAMMINARE NELLO STILE DELLA CORRESPONSABILITÀ

15. Camminare in unità pastorale non significa sminuire la centralità della parrocchia. È importante, soprattutto nella fase di ripartenza, armonizzare le attività e le proposte pastorali delle singole parrocchie con quelle dell’unità pastorale e della forania, per evitare ripetizioni o sovrapposizioni e rendere la pastorale più snella e rispettosa dei tempi e dei bisogni dei singoli. Le funzioni costitutive della comunità cristiana, che non possono mai mancare per essere Chiesa, sono: l’annuncio della Parola, la celebrazione dei Sacramenti, la catechesi e la formazione cristiana, la testimonianza della carità, un pastore designato dal vescovo, lo spirito missionario, l’attenzione alla vita sociale e pubblica. In merito a queste funzioni, la parrocchia e le unità pastorali dovranno, in sinergia e con lo stile della pastorale integrata, offrire proposte pastorali concrete.

16. La parrocchia rimane il luogo ordinario della celebrazione dell’Eucaristia domenicale e degli altri sacramenti. Si dovranno tuttavia ripensare in modo organico gli orari delle celebrazioni eucaristiche, garantendo possibilmente in ogni parrocchia, ma non in ogni chiesa, una celebrazione domenicale dell’Eucaristia. È significativo che anche la celebrazione degli altri sacramenti si mantenga all’interno di ogni singola parrocchia. In alcuni casi però risulterà opportuna, se non necessaria, qualche celebrazione di unità pastorale o di parrocchie guidate dallo stesso presbitero, proprio per sostenere il cammino di comunione che si sta facendo. “Per rimettere al centro delle parrocchie ciò che è veramente essenziale, oltre al momento liturgico, occorre promuovere una consuetudine personale e comunitaria con la Parola di Dio… Una delle forme di accostamento alla Parola è rappresentata dalla “lectio divina” (Novo Millennio Ineunte, 39).17. Nel predisporre gli itinerari di catechesi si avrà cura di seguire le indicazioni dell’Ufficio catechistico diocesano, coinvolgendo in modo stabile i genitori. Se è possibile, gli incontri di educazione alla fede dei bambini e dei ragazzi avvengano in ogni singola comunità parrocchiale.La catechesi di preparazione alla cresima e il cammino formativo degli

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adolescenti, dei giovani, degli adulti e dei gruppi familiari verranno progettati in unità pastorale e, a seconda delle diverse situazioni, saranno svolti nelle singole parrocchie o a livello interparrocchiale. La formazione di base dei catechisti potrà avvenire in forania. Lo stesso accadrà anche nella preparazione degli operatori di pastorale, in sinergia con gli uffici diocesani e con le rispettive foranie.

18. L’attenzione alle povertà è uno degli aspetti qualificanti la vita della comunità cristiana. Secondo le esigenze e le necessità - in modo particolare là dove non vi siano altre realtà caritative ecclesiali preesistenti - si avrà cura di costituire una Caritas (e, se possibile, un centro di ascolto) in ogni parrocchia o in più parrocchie o a livello di unità pastorale. La Caritas foraniale avrà un ruolo di coordinamento delle varie realtà esistenti.

19. Il Convegno ecclesiale di Verona del 2006 ci ha invitati a lavorare insieme, attraverso scelte di pastorale integrata. Offriamo alcune esemplificazioni di attività pastorali che si possono attuare in unità pastorale.

Vita affettiva- Pastorale giovanile. Essa si esprime nell’oratorio e in molte altre attività. È bene che ogni parrocchia faccia funzionare l’oratorio, un luogo anche fisico in cui i ragazzi/adolescenti e giovani si possano incontrare. L’associazione ecclesiale NOI mette a servizio delle parrocchie le proprie competenze e i propri servizi. L’unità pastorale promuova un progetto di formazione per adolescenti e giovani, attento anche a chi abitualmente non frequenta, in dialogo con il centro diocesano di pastorale adolescenti e giovani.- Pastorale familiare. Si elaborino proposte e iniziative per dare vita in parrocchia o in unità pastorale a dei gruppi sposi. Si prevedano attività a favore di persone o coppie che vivono situazione problematiche.Sia previsto anche, in collegamento con la forania, un percorso per fidanzati, vero cammino di fede e un percorso per genitori che si inseriscono poi nella pastorale battesimale di ogni parrocchia. L’ufficio di pastorale familiare offrirà iniziative significative.

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Lavoro e festa- Pastorale sociale. L’unità pastorale, tramite la commissione di pastorale sociale, sarà attenta alla realtà sociale di tutto il territorio, offrendo iniziative e occasioni di confronto e formazione. Sia curata anche la dimensione del tempo libero, con adeguate proposte. Un’attenzione particolare si dovrà avere per il mondo dello sport, entrando in collegamento con le varie associazioni.

Fragilità umana- Pastorale della salute. È compito importante di ogni parrocchia provvedere alla cura delle persone malate, sofferenti e anziane, anche attraverso l’associazione diocesana OFTAL, garantendo iniziative e operatori pastorali impegnati in questo servizio. Tra essi un ruolo preciso spetterà ai ministri straordinari della Comunione. L’unità pastorale potrà realizzare anche forme nuove di intervento, in collegamento con le strutture presenti nel territorio, che operano a favore di persone malate o diversamente abili.

Tradizione- Pastorale della cultura e pastorale scolastica. Attraverso alcune persone particolarmente preparate, si metteranno in atto iniziative allo scopo di portare il messaggio cristiano nella scuola e nella società, anche attraverso i nuovi mezzi di comunicazione. Una risorsa preziosa è costituita dagli insegnanti di religione, che collegati all’unità pastorale, possono mettere in atto qualche progetto a favore di studenti e famiglie. Si potrà prevedere anche uno strumento di comunicazione interparrocchiale o di unità pastorale.

Cittadinanza- Pastorale missionaria e dei migranti. Con la creazione di un gruppo missionario per ogni unità pastorale e un’attenzione particolare ai migranti, in collaborazione con tutte le altre realtà e istituzioni presenti nel territorio, si aiuteranno le comunità parrocchiali a non chiudersi in se stesse, ma a porsi in ascolto nei confronti delle nuove presenze e a valorizzare quanti provengono dalle giovani Chiese. Sono da promuovere

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iniziative di formazione alla solidarietà e all’impegno, finalizzate al consolidamento del bene comune e del senso civico nell’ambito sociale e politico.

20. Il ministero del diaconato permanente, nella misura in cui sarà precisata sempre meglio la sua identità specifica, è necessario per una pastorale d’insieme che abbia un evidente stile di servizio. Il vescovo potrà affidare a un diacono o ad altra persona una partecipazione all’esercizio della cura pastorale di una piccola parrocchia, secondo le indicazioni del can. 517 § 2, in accordo con il parroco moderatore dell’unità pastorale e con il vicario foraneo.

21. Anche i religiosi e le religiose presenti in diocesi, insieme alle altre forme di vita consacrata, concorreranno con i propri carismi specifici alla elaborazione ed attuazione del progetto pastorale diocesano e delle unità pastorali. Pur radicati in una parrocchia ben precisa, la loro attività dovrà espandersi in tutta l’unità pastorale, mettendo a servizio di tutti il loro specifico carisma. In qualche parrocchia dove non risiede il parroco, potranno diventare il punto di riferimento per il coordinamento pastorale.

22. I movimenti, le associazioni e i gruppi, che nella Chiesa spesso sono a contatto con il fenomeno della scristianizzazione e sono proiettati verso la nuova evangelizzazione, pur avendo di solito un radicamento diocesano e territoriale più vasto, non si sentiranno in alternativa alle parrocchie, ma chiamati a convergere nel cammino pastorale della diocesi e del territorio in cui sono presenti. Le aggregazioni laicali, infatti, sono chiamate ad essere protagoniste visibili, più coinvolte nei progetti pastorali, in collegamento con altre realtà associative del territorio, sensibili all’impegno di fraternità e di promozione. Il laico motivato diventa così motivante anche nei confronti di altri laici nella trasmissione dei valori cristiani nella quotidianità: la presenza di testimoni credibili nel laicato permette di “seminare” il Vangelo anche al di fuori delle celebrazioni. L’Azione Cattolica e l’AGESCI, già inseriti attivamente nel territorio, insieme a tutte le aggregazioni laicali, possono essere molto

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utili per favorire una pastorale integrata, lavorando con frutto insieme. Si sostengano i gruppi esistenti e, dove possibile, si favorisca la nascita di nuovi gruppi di unità pastorale.

23. Una delle preoccupazioni principali per il rinnovamento e la riorganizzazione dell’attività pastorale rimane la cura e la formazione dei fedeli laici. Ne trattiamo alla fine per richiamare l’importanza di questa esigenza imprescindibile.La crescita umana e cristiana di ogni persona è sempre un processo misterioso e delicato, nel rapporto tra l’amore di Dio e la libertà dell’uomo. Contribuire all’educazione alla fede e alla vita cristiana dei fratelli e delle sorelle, piccoli e grandi, è vocazione costitutiva di ogni discepolo del Signore e della Chiesa in quanto tale, per aiutare i fratelli a incontrare il Signore Gesù e a crescere come testimoni nel mondo e come protagonisti nella vita della Chiesa.Oggi diventa sempre più importante approfondire e qualificare la formazione spirituale, teologica e pastorale di giovani e adulti, per accompagnare i fedeli laici nella loro vita “secolare” e nel servizio ecclesiale. Cresce il bisogno, da parte delle comunità cristiane, di operatori pastorali che collaborino con presbiteri, diaconi e religiosi. Parrocchie, unità pastorali e foranie, all’interno della Chiesa locale, sono chiamate a contribuire al compito formativo in maniera integrata e coordinata. La diocesi dovrà studiare un piano complessivo, facendo tesoro dell’esperienza già esistente, per venire incontro alle varie e complesse esigenze. In ogni caso si cercherà di valorizzare le istituzioni e realtà già esistenti: Seminario diocesano, Istituto superiore di Scienze religiose, Biennio di formazione per laici coordinatori. Si esamini la possibilità di riprendere, in forme rinnovate, l’esperienza della Scuola di formazione teologica e della Scuola di formazione socio-politica.

V. CONCLUSIONE

24. È una scelta impegnativa: ma le opportunità e i vantaggi per la Chiesa diocesana e per i presbiteri sono evidenti. L’unità pastorale favorisce

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l’attuazione di una Chiesa comunione e pertanto più missionaria. Potrà essere esempio e salutare provocazione per la società tentata di chiudersi nell’individualismo ed incapace di dare segnali certi di impegno per il bene comune.Diventa poi un modo concreto per sperimentare la corresponsabilità e valorizzare tanti laici desiderosi di mettersi a servizio della comunità. Sarà strumento provvidenziale per i presbiteri che potranno affrontare con maggiore serenità (proprio perché gestite in comunione e collaborazione) le inevitabili tensioni che comporta il ministero di presidenza della comunità. Lavorare insieme con altri ci aiuta a sentirci ed essere meno soli.

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Stampato nel mese di giugno 2014

Grafichese S.r.l.