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POLITECNICO DI MILANO
SCUOLA DI ARCHITETTURA CIVILE LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE DELL’ARCHITETTURA
a.a. 2014-15
Un crocevia di relazioni e di socialità. Un progetto per la rinascita della Bovisa
Tesi di laurea di Alejandra Eslava 817043 Nevena Sreckovick 815015
relatore: prof. Giancarlo Consonni correlatori: arch. Marco Trisciuoglio arch. Giorgio Ramaroli arch. Chiara Martini
dicembre 2015
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INDICE DELLA RELAZIONE INDICE DELLE TAVOLE _________________________________________________ 2 INDICE DELLE FIGURE __________________________________________________ 3 INTRODUZIONE ________________________________________________________ 5 IL PROGETTO – LA BOVISA: URBANISTICA, ARCHITETTURA, STORIA 1.1 Un importante comparto delle periferia industriale milanese __________________ 8 1.2. Bovisa: topografia fisica, topografia sociale e questioni aperte ________________ 17 1.3. Il problema dell’inquinamento del suolo ___________________________________ 21 1.4. Le questioni affrontate nel progetto ______________________________________ 24 – GENESI E CARATTERISTICHE DI UN PROGETTO PER IL RECUPERO DELLA BOVISA 1.5. Analisi progettuale ____________________________________________________ 27 1.6.Ulteriori riflessioni su un progetto in fieri __________________________________ 31 BIBLIOGRAFIA___________________________________________________________ 36
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INDICE DELLE TAVOLE Tavola 1: Lo sviluppo di Bovisa nel territorio Lombardo strutture e caratteristiche del ambiente fisico Tavola 2: Lo sviluppo di Bovisa nel territorio Lombardo la morfologia urbana e lo spazio fisico Tavola 3: Lo spazio delle relazioni al servizio della mobilità Tavola 4: Planivolumetrico scala 1:2000 proposta progettuale d’intervento Tavola 5: Vista a volo d’uccello introduzione d’intervento Tavola 6: Planimetria piano terra scala 1:1000 sezione orizzontale quota_0 Tavola 7: Planimetria piano tipo scala 1:1000 sezione orizzontale quota_1 Tavola 8: La facoltà_veduta e vista a volo d’uccello veduta generale d’intervento Tavola 9: Approfondimento facoltà scala 1:500 prospetto trasversale e planimetrie Tavola 10: Approfondimento teatro_veduta Tavola 11: Approfondimento teatro scala 1:500 prospetti e planimetria Tavola 12: Approfondimento teatro
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INDICE DELLE FIGURE Figura 1 -veduta aerea dei due gassometri del gas alla Bovisa Laboratorio fotografico Edison, anni Trenta Figura 2 -officina del gas alla Bovisa Laboratorio fotografico Edison, anni Trenta Figura 3 -veduta aerea Bovisa Archivio fotografico_skyscrapercity.com Figura4 -Mario Lagorio,2015, p. 11 ss
Figura 5 -Teatro antico di Taormina, immagine tratta da wishsicily.com/it/il-teatro-greco-di-taormina/65 Figura 6 -Padiglione di Romania, EXPO immagine tratta da universitime.corriere.it/2015/04/25/il-padiglione-della-romania-si-presenta-al-politecnico/ Figura 7 -Teatro Marcello a Roma immagine tratta da romanoimpero.com/2009/12/teatro-marcello.html Figura 8 -Mercato di Santa Caterina, Barcellona, Spagna, immagine tratta da vanthian.altervista.org Figura 9 -Ospedale di Filarete, Ospedale Maggiore, immagine tratta da galateaversilia.wordpress.com Figura 10 -Giorgio grassi progetto per il concorso per la casa dello studente, archiwatch.it
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Figura 1-veduta aerea dei due gassometri del gas alla Bovisa Laboratorio fotografico Edison, anni Trenta
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INTRODUZIONE
Il presente elaborato è dedicato a un progetto messo a punto al fine di riqualificare
l’area urbana milanese della Bovisa.
L’elaborato si divide in due parti. La prima parte è dedicata alla ricostruzione del profilo
storico, urbanistico e architettonico della Bovisa. Si prendono le mosse, insomma, dalle prime
origini di quest’area, dapprima agricola e poi, a poco a poco, sempre più impetuosamente,
divenuta plesso industriale e ferroviario della periferia milanese.
Tuttavia, è soprattutto nei decenni del boom economico, vale a dire dopo la seconda
guerra mondiale che, in concomitanza con l’impetuoso sviluppo socio-economico di tutto il
Paese, che la Bovisa raggiunge l’apice del suo splendore. Specialmente nell’area dei
gasometri, sorgono alcuni dei più grossi complessi industriali milanesi e italiani, i quali si
distendono per ettari ed ettari. Tuttavia, con la progressiva entrata in crisi dell’industria
pesante (crisi che non fu solo nazionale, bensì europea e addirittura mondiale), la Bovisa
ritornò progressivamente nell’ombra.
A poco a poco, inesorabilmente, le aree industriali della Bovisa vengono dismesse. A
poco a poco la zona cade nell’anonimato e per molti anni appare decisamente
sottodimensionata rispetto alle sue reali possibilità, vedendo persino ridurre sensibilmente il
numero della sua popolazione residente. La rinascita della Bovisa, tuttavia, fu un progetto
sempre caro alle autorità civili e amministrative milanesi. Già a partire dalla seconda metà
degli anni Ottanta, infatti, iniziarono una serie di tentativi – purtroppo ancora solo parziali –
volti a restituire dignità e, soprattutto, a valorizzare tutte le potenzialità di quest’area.
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Si è detto, infatti, che i tentativi di ripristino e valorizzazione della Bovisa non sono stati,
sino a ora, se non parziali. Particolarmente rilevante, a questo riguardo, è la bonifica dei
territori dell’area che più direttamente furono esposti agli scarichi e agli scarti dell’industria
pesante, con gravi effetti di inquinamento su tutto l’ambiente circostante. Di una vera e
propria opera di bonifica, infatti, soprattutto dell’area dei cosiddetti ex gasometri si parla da
anni, ma ancora nulla di organico e definitivo a questo riguardo è stato fatto.
Dunque, la rinascita della Bovisa inizia allorché, a poco a poco, essa, in una sorta di
ideale continuità con il suo passato, torna a essere centro di innovazione tecnologica e
scientifica, soprattutto allorché in quella zona si instaurano alcuni importanti campus del
Politecnico universitario milanese. Ma non solo. Importanti strutture artistiche, di design (si
pensi alla sezione staccata della Triennale) scelgono la Bovisa come luogo di elezione.
Sennonché, un recupero mai condotto fino in fondo e definitivamente compiuto,
congiuntamente alle peculiari caratteristiche dell’area (per sua natura sostanzialmente
separata dal resto del capoluogo lombardo, soprattutto grazie alla sua caratteristica forma a
“goccia” derivante dal poderoso plesso ferroviario che le è proprio) dà ancora oggi possibilità,
ad architetti e urbanisti, di immaginare e progettare la Bovisa come potrebbe e dovrebbe
essere.
Il nostro tentativo, sviluppato nella seconda parte del lavoro, è appunto quello di
riprogettare una nuova Bovisa, in un tentativo di riqualificazione che mira a sintetizzare
architettura e urbanistica, urbs e civitas. Non si tratta, infatti, soltanto di un’opera estetizzante
o di divisione e utilizzo funzionale degli spazi, come l’architettura deve essere: si tratta anche,
7
come a più riprese si sottolinea nel corso dell’elaborato, di un tentativo volto a recuperare
un’accezione di socialità forte (quell’accezione di socialità che, indiscutibilmente, la Bovisa
aveva perso durante gli anni Settanta e Ottanta, allorché a poco a poco le aree industriali che
prima in essa fiorivano vennero smantellate). Soprattutto mediante il commento delle singole
tavole del progetto, prende vita, sotto gli occhi del lettore, un tentativo di riqualificazione
dell’area i cui punti nevralgici, autentici elementi di forza dell’area, sono, a volta a volta, il
teatro all’aperto, il polmone verde che insiste sulla dimensione ecosostenibile della Bovisa,
congiuntamente alle sue caratteristiche di ciclabilità e pedonalità.
Per non dire poi, ancora una volta, delle strutture deputate alla vita artistica e culturale:
il centro per la danza, l’università, le serre dirette a ospitar mostre, e via discorrendo. Ne
scaturisce, soprattutto, un’accezione pubblica della Bovisa. Tutto, in questo nostro progetto, è
aperto: tutto, cioè, mira alla condivisione dei contenuti peculiari di questa nuova area milanese
riqualificata o, per meglio dire, finalmente e definitivamente sviscerata in tutte le sue risorse
potenziali, che così trovano una definitiva applicazione.
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LA BOVISA: URBANISTICA, ARCHITETTURA, STORIA
1.1 –Un importante comparto della periferia industriale milanese
Figura 2-officina del gas alla Bovisa Laboratorio fotografico Edison, anni Trenta
Il quartiere della Bovisa è a pieno titolo uno dei comparti che hanno fatto la storia della
Milano industriale, la cui vicenda è durata poco più di un secolo. Ancora oggi a oltre 25 anni
dalle ultime dismissioni che, con le fabbriche, liquidavano un assetto fisico assieme alla
topografia sociale in cui era protagonista la componente operaia resistono i segni di quel
passato: testimonianze di grande valore assieme a aree dismesse che aspettano di essere
recuperate.
9
Dopo lo smantellamento, tra il 1975 e il 1990, del variegato mondo di medie e piccole
fabbriche in cui prevalevano i settori della chimica e della meccanica, oltre al complesso delle
Officine del gas, il quartiere ha attraversato una pesante fase di crisi economica e sociale,
solo in parte compensata dall’innesto di nuove attività legate soprattutto alla ricerca e alla
formazione universitaria1. A segnare il paesaggio è anche una rete infrastrutturale su ferro di
prim’ordine che con ben due stazioni (Certosa e Bovisa Est) ha assicurato e assicura al
quartiere un elevata accessibilità urbana e metropolitana. Inutile ricordare che questa rete è
stata un importante fattore nell’attrarre complessi produttivi; ma anche, data la sua
particolarità, un elemento di frammentazione del territorio che ha nondimeno condizionato le
localizzazioni2: il comparto intercluso della “goccia” è stato non caso il luogo in cui si sono
relegate attività necessarie alla città, ma da questa tenute a distanza (Officine del gas, in
primo luogo). Un primo passo significativo è rappresentato dalla linea delle Ferrovie Nord
Milano-Saronno (1880) e dalla stazione Bovisa. È proprio intorno questa stazione che si
costituito un primo nucleo di fabbriche, che per certi versi riproducono caratteri aggregativi di
quegli agglomerati rurali che hanno segnato le origini della Bovisa3.
1 Per un’introduzione generale si veda Bottero M., Cattaneo A., Fontana C. (a cura di) (1997),
Rinnovamento urbano a Bovisa, Milano: Pinelli, nonché Caruzzo L. (a cura di) (2011), Milano Bovisa: storia
memoria progetto, Milano: Libraccio, e i contributi contenuti nel volume collettaneo di AA.VV. (2005),
Conoscere Milano: la Bovisa che cambia, Milano: Comune di Milano. 2 Sullo sviluppo della rete ferroviaria e dei trasporti in generale nell’Italia dell’Ottocento si veda
l’opera fondamentale di Della Peruta F. (1989), Storia dell’Ottocento. Dalla Belle Époque all’età atomica,
Firenze: Le Monnier, in particolare p. 173 ss. 3 Caruzzo L. (a cura di) (2011), Milano Bovisa: storia memoria progetto, cit., in particolare p. 79 ss.
10
Assieme alle tracce prevalenti dell’industrializzazione e della corrispondente
qualificazione operaia del tessuto residenziale permangono testimonianze del mondo rurale
(nella seconda metà del Settecento il Catasto teresiano ci mostra un territorio punteggiato di
cascine4, la cui storia a partire dall’Ottocento si intreccia con fenomeni di proto-
industrializzazione e poi con l’industrializzazione a cui il mondo rurale fornisce in abbondanza
manodopera5.
La bachicoltura è l’anello di congiunzione fra agricoltura e industria su cui si
innesteranno le fasi successive6.
Assieme alla ferrovia, il consolidamento del composito comparto industriale ha
impresso alla Bovisa quel carattere che essa poi avrebbe conservato sostanzialmente
immutato sino grosso modo agli anni Settanta del Novecento, vale a dire i caratteri di propri
della periferia urbano- industriale.
Si è accennato alla “goccia” che contraddistingue un importante porzione della Bovisa7.
Ma non meno rilevante è la presenza delle Officine del gas, divenute, grazie anche all’opera
dei pittori a cominciare da Mario Sironi, un’iconache contraddistingue il paesaggio bovisasco8.
4 Ogliari F., Orsatti M. (2009), Milano Bovisa: una scommessa vinta, Pavia: Selecta, in particolare p.
31 ss. 5 Ivi, in particolare p. 173 ss. 6 Ibidem. 7 Su questa tematica vedi in particolare Cognetti F. (2007), Bovisa in una goccia: nuovi equilibri per
un quartiere in trasformazione, Milano: Polipress, in particolare p. 16 ss. 8 Su queste tematiche si veda Caminiti A.M. (a cura di) (2006), Da nucleo industriale a campus
universitario: la Bovisa Milano, Milano: Franco Angeli, in particolare p. 139 ss. Cfr. anche AA.VV. (2007),
Scenario Milano Bovisa gasometri. Contributi per un’idea di sviluppo sostenibile, Milano: Comune di
11
A partire dal rafforzamento della rete ferroviaria, nei primo tre quarti del Novecento la
vita industriale preso sempre più piede con il progressivo diversificarsi e articolarsi dei
comparti produttivi (industria chimica, industria meccanica, impianti di sollevamento ecc.). Per
non dire poi che, in concomitanza con il progressivo sorgere della città operaia, è anche la
dimensione residenziale a farsi sempre più ampia e a sommergere a poco a poco il carattere
originariamente rurale del borgo9.
Bovisa si presenta così come un insieme variegato eppur dotato di una personalità
peculiare dove la residenza, con le sue stratificazioni, ha fatto da amalgama. Ma non solo di
residenza e industria si è sostanziata la vita della Bovisa. Quella dimensione creativa, artistica,
che oggi è giustamente al centro dei tanti progetti di recupero, in qualche modo tocca corde
radicate in profondità nella vocazione, nella tradizione del quartiere.
Si consideri che già nel 1911, sorgeva, proprio in Bovisa, uno dei primi teatri di posa e
laboratori stampa della città, la Milano Films (1911); seguita, nel 1917, da una ditta di
produzione, noleggio, acquisto e vendita di film, al cosiddetta Armenia Films, che poi per
diversi decenni sarà al centro delle attività cinematografiche milanesi10.
Dopo la guerra, le trasformazioni che interesseranno la Bovisa riguarderanno, ancora
una volta, le attività produttive, sempre più potentemente trainate dal boom economico. Le
Milano, nel quale viene ripercorsa la storia dei gasometri bovisaschi, introducendo anche una serie di
interessanti prospettive per il loro recupero presente. 9 AA.VV. (2005), Conoscere Milano: la Bovisa che cambia, cit., in particolare p. 196 ss. 10 Quest’anima “cinematografica” della Bovisa è rievocata in maniera commovente nella narrazione
autobiografica del regista Ermanno Olmi: Olmi E. (2013), Ragazzo della Bovisa, Milano: Oscar Mondadori,
in particolare p. 76 ss.
12
Officine del gas vengono sempre più potenziate ed estese; accanto ai tradizionali poli chimico
e meccanico, prende corpo anche un polo elettronico e, come ulteriore prosecuzione e
sviluppo del polo chimico, prende piede anche un nucleo industriale farmaceutico.
Intanto, anche il trasporto leggero – soprattutto la rete dei tram – viene sempre più
vivacemente ponendo in relazione la Bovisa con le aree circumvicine di Milano. E, oltre al
trasporto leggero, vi è anche la rete stradale che si fa sempre più complessa, in concomitanza
con il crescente traffico automobilistico del capoluogo lombardo.
Capitale, a riguardo, è la creazione di quello che ancora oggi viene denominato
cavalcavia Bacula (tradizionalmente, Ponte della Ghisolfa), con il quale la circonvallazione
esterna della città viene completata e che consente un più rapido collegamento della Bovisa
con la rete autostradale che in quel periodo è in espansione: un intervento foriero di divisioni
fisiche che si aggiungeranno a quelle prodotte dalla ferrovia.
Dagli anni Cinquanta agli anni Settanta si assiste a un’ulteriore crescita di variegate
presenze industriali. Ma si trattava dell’ultimo exploit prima del crollo. Le fabbriche
bovisasche, quando non vengono delocalizzate, vengono dismesse11. Tristemente
emblematica, a questo riguardo, è la vicenda che interessa le Officine del gas che, come s’è
dedtto, sino alla metà del Novecento rappresentano il comparto più rilevante dell’attività
industriale della Bovisa: anch’esse vengono dismesse in un processo tanto triste quanto
11 Caruzzo L. (a cura di) (2011), Milano Bovisa: storia memoria progetto, cit., in particolare p. 76 ss.
13
inevitabile, che ha avuto il suo epilogo intorno alla metà degli anni Novanta12. Una dismissione
dovuta alla progressiva affermazione del metano come gas di città13.
Molteplici sono i fattori che hanno determinato il progressivo declino industriale della
Bovisa.
Va peraltro tenuto presente che lo sviluppo considerevole del trasporto su gomma e la
prossimità alle autostrade, hanno favorito la formazione a Bovisa di un complesso di aziende
operanti nella logistica14.
Dalla forte caratterizzazione assunta con il suo articolato complesso industriale, la
Bovisa degli anni Ottanta e Novanta sembra entrare in una condizione di squallido anonimato.
La progressiva privazione di attività industriali manifatturiere, infatti, le ha tolto qualsiasi
centralità, relegandola inevitabilmente ai margini della metropoli meneghina.
Sennonché, Bovisa una delle zone che entravano a pieno titolo nella questione della
transizione fra la città industriale e la città di uffici e servizi. Come riqualificare, come
recuperare un’area che aveva dato un apporto non trascurabile all’ascesa della capitale
economica d’Italia.
Un fattore della rinascita della Bovisa fu un intervento di riqualificazione dei trasporti
su rotaie (il cosiddetto Passante Ferroviario, realizzato dal 1997 al 2008). Così, quella che
12 Sulla storia delle Officine del gas, sulla loro dismissione e sulle possibili modalità di recupero
odierno, si intrattiene anche Hejduk J. (1987), Bovisa, New York: Rizzoli International, in particolare p. 76
ss. 13 Ivi, p. 173 ss. 14 Si veda, su questi punti, Bottero M.-Cattaneo A.-Fontana C. (a cura di) (1997), Rinnovamento
urbano a Bovisa, cit., in particolare p. 73 ss.
14
dapprima era stata una poco più che anonima area rurale, e che successivamente era
divenuta un’importante e vivace zona industriale e manifatturiera, dagli anni Novanta ad oggi,
in un processo di costante ascesa che ancora non può dirsi terminato, viene a configurarsi
sempre più come uno dei più innovativi poli della cultura e della ricerca milanese.
In un contesto ancora in evoluzione sembrano avviate a una reinvenzione le tre
personalità che convivono in quest’area complessa e per certi versi vitale:
- un’anima rurale (presente, ancor oggi, nei tentativi di recupero a livello verde o
paesaggistico dell’area);
- un’anima industriale (lo zoccolo duro, per così dire, della Bovisa, che ne ha segnato
in profondità e in maniera incancellabile l’identità sino a oggi)
- una vocazione innovativa, tecnologica, della cultura, della ricerca, della formazione
universitaria, e della creatività del design.
La Bovisa è stata paragonata, alla Fenice che risorge dalle proprie ceneri15. E non vi è
dubbio che l’università – e nella fattispecie la nuova sede del Politecnico di Milano – abbia
giocato a riguardo un ruolo cruciale. A partire dal 1989, infatti, proprio nella zona della
“goccia”, mediante un importante processo di riconversione di ex stabilimenti di industria
pesante, nasce il Campus Bovisa Sud. Dapprima sono gli ex stabilimenti FBM,
15 L’immagine in questione si ritrova nella citata monografia di Cognetti F. (2007), Bovisa in una
goccia: nuovi equilibri per un quartiere in trasformazione, cit., in particolare p. 37 ss.
15
successivamente poi sono gli stabilimenti Ceretti e Tanfani e Lepetit, acquisizione grazie alla
quale vedrà la luce, intorno alla metà degli anni Novanta, il cosiddetto Campus Durando16.
Si assiste così a una progressiva espansione del nuovo Politecnico, il quale, ai due
campus suddetti aggiungerà, a partire dalla metà del 2000, una serie di campus ulteriori nelle
aree denominate, un tempo, Broggi e Origoni17.
Potentemente collegata alla dimensione didattica e di ricerca, in generale di
formazione, rappresentata dal nuovo Politecnico è da segnalare, a partire dal 2008,
l’inaugurazione del nuovo campus del Mario Negri, il noto istituto di ricerca farmaceutica
milanese, di respiro nazionale e internazionale. Ma non di sola ricerca scientifica, non di sola
formazione, per quanto importante tutto ciò possa essere, vive la nuova Bovisa.
Si è detto, infatti, che si tratta di un polo fondato sull’innovazione, dunque sulla ricerca,
sulla cultura, sulla creatività a 360 gradi: gli studi di Telelombardia, rinnovati, infatti, sorgono
in Bovisa. Parimenti, già a partire dal 2006, un’altra capitale istituzione culturale milanese, la
Triennale, inaugura nuovi spazi espositivi, in connessione con le facoltà di ingegneria e di
architettura, che appunto sono presenti in Bovisa. In tal modo, è l’intero indotto che ne riesce
16 Si veda, sull’espansione del Politecnico di Milano in Bovisa, AA.VV. (1997), Il secondo
Politecnico alla Bovisa. Accordi di programma tra Regione, università e Comune di Milano, Milano:
Regione Lombardia, in particolare p. 201 ss. Cfr. Caputo P.-Fiorese G. (a cura di) (1999), Politecnico
Bovisa: progetti per l’area dei gasometri, Milano: Segesta, in particolare p. 306 ss. 17 Ivi, p. 400 ss.
16
trasformato, allontanando così definitivamente – si spera – il fantasma del declino e
della decadenza che aveva afflitto l’area progressivamente, a partire dalla seconda metà degli
anni Settanta, dopo le dismissioni dell’industria pesante.
L’indotto, naturalmente, comporta anche tutta una serie di interventi di economie
esterne, che rappresentano il volano per una serie di iniziative successive.
Allo stesso tempo va detto non mancano due preoccupanti segnali in controtendenza:
la chiusura della Triennale, la chiusura della Facoltà di Bovisa.
Occorre ora rivolgere brevemente l’attenzione anche all’aspetto demografico e
topografico della zona, per poi mostrare come sia su tutte queste caratteristiche, così messe
in luce, che vanno a innestarsi i diversi tentativi e progetti di riqualificazione che si sono
susseguiti grosso modo dalla seconda metà degli anni Ottanta fino ad oggi.
17
1.2 –Bovisa: topografia fisica, topografia sociale e questioni aperte
Figura 3 -veduta aerea Bovisa Archivio fotografico_skyscrapercity.com
Ai fini dell’illustrazione del progetto che seguirà, occorre allora in primo luogo delineare
gli aspetti essenziali della Bovisa a livello della topografia fisica e della topografia sociale.
L’assurgere di Bovisa a importante polo nella periferia industriale di Milano, il suo declino,
l’avvio contraddittorio dei tentativi di riqualificazione hanno marcato l’evoluzione degli assetti
fisici e sociali del quartiere.
18
La Bovisa si divide fondamentalmente in tre aree:
1) l’area occidentale, nota come «goccia», caratterizzata da un residuo di aree
industriali non ancora convertite ad altro uso e una ridottissima presenza di
residenza;
2) l’area sud-orientale, caratterizzata dalla prevalenza di tessuto residenziale (un
tempo misto a piccole e medie industrie) con una densità abitativa che tocca il suo
massimo nei pressi di piazzale Bausan (700 ab/ha18) con una topografia sociale
che vede una discreta presenza di ceto medio ma anche enclaves a basso reddito;
3) l’area nord-orientale, segnata ancora una volta dalla dismissione di strutture
che poi sono state recuperate mediante l’inserimento di nuove attività nel
cosiddetto «campus Durando» del Politecnico (in particolare le Facoltà di Design e
Architettura Civile che però dopo 18 anni è stata chiusa dando luogo a una nuova
dismissione.
Si segnala, inoltre, tanto nell’area nord-orientale quanto nell’area sud-orientale, la
presenza di servizi per i residenti, eminentemente di negozi e di attività di tipo artigianale, ecc.
Di grande importanza, ai fini della determinazione di quella che abbiamo definito la
topografia sociale dell’area bovisasca, è altresì la distinzione tra popolazione residente e i
cosiddetti city users: vale a dire, coloro i quali non risiedono in Bovisa e tuttavia
quotidianamente vi si recano per necessità professionali. Non è esagerato affermare che sono
18 Per tutte queste tematiche, si veda Bottero M., Cattaneo A., Fontana C. (a cura di) (1997),
Rinnovamento urbano a Bovisa, cit.
19
costoro – anzi soprattutto costoro – ad animare il quartiere nella zona che si estende da
piazzale Bausan a via Cosenz.
Studenti, ricercatori, docenti, impiegati, ecc.: questa la variegata popolazione diurna,
che oltrepassa di gran lunga la popolazione notturna. Si calcola, infatti, che solo il Politecnico
implichi l’afflusso di almeno 16.000 city users, a cui vanno aggiunti i circa 500 ricercatori
dell’Istituto Mario Negri e altri soggetti (liberi professionisti, impiegati, lavoratori ecc.) il cui
numero è certamente superiore ai residenti, che nel 2011 erano circa 14.00019. Ma i dati
relativi ai city users risalgono al 2013: oggi vanno tolti i 5.000 studenti di Architettura Civile.
Resta comunque il forte contrasto fra presenze diurne e presenze notturne, come
hanno osservato Mazzocchi e Villani20. Bovisa, infatti, ritroviamo amplificata quella vera e
propria crisi della qualità urbana che interessa tutta Milano, per cui, nel capoluogo lombardo,
“una porzione preziosa del tessuto urbano è investita giornalmente da masse di city users che
con i luoghi della città stabiliscono un rapporto inevitabilmente strumentale: di mordi e fuggi,
quando non di usa e getta”21.
Il divario nelle presenze fra city users e residenti si esalta nell’arco della settimana tra i
giorni feriali e il fine settimana.
19 Si vedano dati e prospettive in Ogliari F., Orsatti M. (2009), Milano Bovisa: una scommessa vinta,
cit., nonché Caruzzo L. (a cura di) (2011), Milano Bovisa: storia memoria progetto, cit. 20 Mazzocchi G., Villani A. (a cura di) (2004), Sulla città, oggi. La periferia metropolitana. Nodi e
risposte, Milano: Franco Angeli, in particolare p. 31 ss. 21 Ibidem.
20
La presenza sociale dei city users in Bovisa si struttura per polarità e percorsi ben
definiti. Porta d’accesso primaria è la stazione Bovisa FN, e il misura minore la stazione di
Villapizzone FS.
Il polo di maggior afflusso sono i campus del Politecnico (Durando, Cosenz, Bovisa
Sud), oltre al già citato Istituto medico e farmacologico Mario Negri22.
Un punto d’attrazione è anche la cosiddetta Base B della Bovisa: uno spazio deputato
alla celebrazione di eventi, mostre, convegni, e che da alcuni anni a questa parte sta anche
ospitando imprese e start up23.
Da un polo all’altro, la massa dei city users si muove attraverso via Lambruschini e via
La Masa (che è la parallela di via Lambruschini), nonché lungo via Candiani e lungo la sua
parallela, via Andreoli, giungendo così sino ai campus Cosenz e Durando. L’elevato flusso di
transito ha certamente favorito la nascita di una serie di piccole attività imprenditoriali e
commerciali (bar, fast food, ristoranti, copisterie, cartolerie, persino negozi di modellistica
ecc.).
La popolazione residente, come si è detto, è concentrata eminentemente nell’area sud-
ovest, ove sono presenti vari servizi e istituzioni (biblioteca civica, scuole un giardino
pubblico),la chiesa, alcuni circoli ricreativi, oltre a supermercati e negozi al servizio dei
residenti.
22 Un altro polo d’attrazione era costituito dalla Triennale Bovisa, prima che nel 2011 venisse chiusa. 23 Si veda, sulla Base B e sul rapporto in generale con la Bovisa, la monografia di Parsi V.E., Tacchi
E.M. (a cura di) (2003), Quarto Oggiaro, Bovisa, Dergano. Prospettive di riqualificazione della periferia di
Milano, Milano: Franco Angeli, in particolare p. 40 ss.
21
Il quartiere è contraddistinto da una singolare divisione. Infatti, come osservano anche
Parsi e Tacchi, l’area sud-orientale non sembra granché condizionata dalla presenza dei
campus del Politecnico. Il dualismo sembra tuttavia in parte temperato dalla comparsa di
presenze dinamiche che non rientrano nel novero della istituzioni universitarie e di ricerca: da
qualche anno la Bovisa è interessata dall’innesto di attività intellettuali, scientifiche e
artistiche. Si tratta di designers, artisti, fotografi, cineasti, i quali hanno persino trasferito la
loro residenza nel quartiere24.
Ci sono poi i processi dinamici legati a un progressivo mutamento generazionale. La
popolazione locale, milanese o immigrata da altre aree della penisola, tende a invecchiare.
Progressivamente, dunque, essa viene sostituita da immigrati stranieri, assai più giovani, i
quali da alcuni anni a questa parte stanno formando lo strato più rilevante, a livello
demografico, della Bovisa25.
1.3 –Il problema dell’inquinamento del suolo
Un discorso a parte, non meno importante, riguarda poi il cosiddetto sito ex-Gasometri,
la cui denominazione è anche Officina del Gas della Bovisa. La sua origine rimonta al 1905,
allorché vide la luce a seguito di un progetto a cura della Union des Gaz parigina. Non a caso,
il sito si colloca nei pressi di quell’area della Bovisa ove erano presenti due linee ferroviarie,
24 Caruzzo L. (a cura di) (2011), Milano Bovisa: storia memoria progetto, cit., in particolare p. 73 ss. 25 Cognetti F. (2007), Bovisa in una goccia: nuovi equilibri per un quartiere in trasformazione, cit.;
Parsi V.E., Tacchi E.M. (a cura di) (2003), Quarto Oggiaro, Bovisa, Dergano. Prospettive di riqualificazione
della periferia di Milano, cit., in particolare p. 131 ss.
22
grazie alle quali il carbone era trasportabile fino al luogo ove l’impianto di produzione del gas
sorgeva26.
L’area Gasometri, di fatto, ha rifornito la città di gas per un periodo di tempo
lunghissimo, dal 1908 – allorché iniziò la sua attività – sino al 1994, allorché gli impianti
gasometrici vennero dismessi. Attualmente l’area è di proprietà del Comune di Milano, che
l’acquistò dalla Montedison nel 1981.
Sempre per volontà del Comune, è stata assegnata alla AEM, cui spetta l’attività di
distribuzione del metano, nonché di gestione delle officine.
Il riferimento al sito ex-Gasometri, all’interno di un piano di recupero dell’area, è di
importanza decisiva, giacché, oltre la sua indiscutibile importanza storica, di memoria di una
Milano che per molti versi non c’è più, questo sito pone una serie di problemi ancora insoluti.
Innanzitutto, va puntualizzata la sua grande ampiezza: non meno di 40 ettari. Per non dire poi
del fatto che gli accordi e i tentativi di recupero di questo luogo nevralgico per la
riqualificazione dell’intera Bovisa sono iniziati ben presto, quanto meno a partire dalla seconda
metà degli anni Ottanta, allorché la dismissione dell’area appariva imminente.
L’aspetto di maggiore criticità, quello che a tutt’oggi ha impedito una piena
riqualificazione dei 40 ettari delle ex Officine del Gas, riguarda soprattutto l’impossibilità,
almeno per il momento, di procedere a una integrale opera di bonifica del suolo.
26 Caputo P.-Fiorese G. (a cura di) (1999), Politecnico Bovisa: progetti per l’area dei gasometri, cit.,
in particolare p. 37 ss.
23
Le ex Officine del Gas, infatti, rientrano all’interno di una lista, appositamente stilata
dal governo italiano, di siti altamente inquinati, e dunque a rischio per la tutela dell’ambiente e
la salute dei residenti. Tanto a livello di suolo quanto a livello di sottosuolo, l’area rivela un alto
grado di inquinamento, dovuto alla presenza di metalli pesanti e di idrocarburi pesanti, che
oltrepassano i valori limite consentiti27.
Per la verità, già nel 2000 un progetto di bonifica complessiva, che avrebbe dovuto
essere veramente risolutore, era stato messo a punto dal Comune di Milano, ma venne ben
presto abbandonato perché eccessivamente costoso e dunque, almeno per il momento, non
sostenibile28.
Non sono tuttavia mancati, successivamente, una serie di interventi parziali:
certamente dei palliativi, in vista di una risoluzione integrale del problema. Si segnala, a
questo riguardo, nel 2004, un importante intervento diretto a mettere in sicurezza, mediante la
creazione di un’apposita barriera idraulica, la falda acquifera; congiuntamente all’erezione di
questa barriera idraulica, si segnala altresì la creazione di un sistema (Soil Vapor Extraction)
volto a ridurre, se non addirittura ad abbattere, i livelli di contaminazione di suolo e
sottosuolo29.
27 Si veda ancora a riguardo Parsi V.E., Tacchi E.M. (a cura di) (2003), Quarto Oggiaro, Bovisa,
Dergano. Prospettive di riqualificazione della periferia di Milano, cit., in particolare p. 137. Cfr. Caputo P.,
Fiorese G. (a cura di) (1999), Politecnico Bovisa: progetti per l’area dei gasometri, cit., in particolare p. 31
ss. 28 Ivi, p. 73 ss. 29 Ivi, p. 39 ss.
24
Le mappe qui riportate forniscono un quadro del livello di inquinamento dell’area degli
ex gasometri (come si vede, la percentuale di inquinamento più alta è nello strato da 0 a 3
metri, per poi diminuire progressivamente nello strato fra 3 e 7 metri e, quindi, scendendo
ancora, tra i 7 e i 12 metri; il che comunque dà l’idea di come la contaminazione sia giunta in
profondità):
Figura 4- Mario Lagorio,2015, p. 11 ss.
1.4 –Le questioni affrontate nel progetto
La rete ferroviaria, che ha contribuito non poco alla fortuna industriale di Bovisa, ha,
soprattutto oggi, un effetto ambivalente.
Da un lato, infatti, garantisce un’elevata accessibilità da qualsiasi parte della città e
della Lombardia. Dall’altro lato, però, a livello costituisce un forte elemento di segmentazione
del comparto nord-ovest della città con effetti di isolamento dell’area delle «goccia»30.
30 Questa riflessione è di Cognetti F. (2007), Bovisa in una goccia: nuovi equilibri per un quartiere
in trasformazione, cit., in particolare p. 31 ss.
25
Un progetto per il recupero della Bovisa non può non affrontare la questione
dell’elevata frammentazione. Ma non si tratta di risolvere il problema puntando tutto sui
collegamenti automobilistici.
Semmai si tratta di fare dell’interruzione della presenza pervasiva della viabilità al
servizio del mezzo privato su gomma una risorsa: quello che appare un isolamento può invece
rovesciarsi in un punto di forza per il recupero dell’area.
Occorre puntare:
1) sulla creazione di aree pedonali adeguatamente servite dal mezzo di trasporto
privato ma non attraversate da strade inutili;
su un’armatura di collegamenti pedonali e ciclabili tra la “goccia” della Bovisa e le
molteplici zone verdi che la circondano: il che dovrebbe essere il punto d’avvio per la
creazione di un vero e proprio sistema di parchi che faccia della Bovisa un trait d’union tra i
parchi circonvicini come il cosiddetto Parco Testori (zona Villapizzone), il Parco Verga e il
Parco di Villa Schleiber di Quarto Oggiaro, per non dire poi del Parco della Villa Litta
Modignani di Affori31.
In altri termini l’interruzione della trama continua delle strade automobilistiche prodotta
dalla rete ferroviaria nel progetto è assunta come un punto di forza.
31 Queste tematiche emergono già, sul finire degli anni Novanta, nella monografia di Bottero M.,
Cattaneo A., Fontana C. (a cura di) (1997), Rinnovamento urbano a Bovisa, cit.
26
La Bovisa si è ritrovata isolata per via di quella sorta di “barriera” creata dai nodi
ferroviari? Ciò deve rappresentare un importante spunto per valorizzare il più possibile la
dimensione pedonale e ciclabile della goccia.
La Bovisa è parte della alla periferia storica della città? Oggi questo deve divenire un
punto di forza, stabilendo una connessione forte fra tutte le aree verdi che la circondano, in
un’ottica di ecosostenibilità.
La Bovisa si è ritrovata staccata dalle aree nevralgiche della città a livello dirigenziale,
organizzativo, amministrativo? Questa condizione va rovesciata facendo, cioè, della goccia un
luogo di eccellenza, incubatore di start up e culla di nuove realtà scientifiche e didattiche.
27
GENESI E CARATTERISTICHE DI UN PROGETTO PER IL RECUPERO DELLA
BOVISA
Proposta progettuale, assonometria
1.5 –Analisi progettuale
L’area della Bovisa, cioè, proprio per le sue forti peculiarità, ossia per la sua natura di
luogo posto al riparo dal traffico automobilistico, appare naturalmente deputata a valorizzare
ciclabilità e pedonalità.
Prendendo spunto dagli edifici e dalle trame esistenti è stato adottato un impianto
cardo-decumanico assegnando a ciascun asse uno specifico ruolo.
Il cardo è essenzialmente costituito da spazi verdi in cui si esalta la dimensione
conviviale mentre il decumano è costituito da una successione di piazze. Il punto in cui i due
28
assi si incontrano è anche l’elemento generatore dell’intero impianto: è la piazza definita dalle
presenze di archeologia industriale.
Allo stesso tempo l’impianto cardo-decumanico, risponde all’esigenza di rafforzare i
rapporti tra la “goccia” e i quartieri di Villapizzone e Bovisa Est connessi dall’asse sud-est
nord-ovest (il decumano) e i quartieri Certosa/Quarto Oggiaro a nord-ovest , avendo in questo
caso attenzione a costituire una importante dorsale verde che lega la “goccia” al Parco Verga,
da un lato, e lo Scalo Farini.
Il cardo e il decumano sono dunque l’armatura relazionale su cui le attività umane che
si pensa di insediare dovrebbe raggiungere un levato grado di interazione e di sinergia.
Il punto in cui cardo e decumano si incontrano è dunque segnato dalle preesistenze
storiche che diventano con i gasometri gli elementi primari dell’identità, a cui l’insieme degli
spazi aperti e degli organismi edilizi in un certo senso riconoscono il carattere di monumento.
Un carattere esaltato dal loro recupero per funzioni d’arte, di svago e di cultura e dalla loro
capacità di chiamare i nuovi innesti a una partecipazione “corale”.
Ogni attività umana che si intende insediare – i complessi scientifico-didattici, gli
organismi espositivi, gli edifici destinati ad ospitare attività artistiche, la residenza e i relativi
servizi – è pensata per concorrere a una complessità d’assieme in cui la socialità e l’urbanità
vengano esaltate.
Particolare importanza assume, alla conclusione orientale del decumano, l’inserimento
di un teatro all’aperto, il cui sedime recupera la traccia di un gasometro non più esistente. Il
29
teatro è a sua volta parte di una quinta urbana estesa e trasparente, contrappuntata
dall’innesto di serre.
Teatro, proposta progettuale
L’inserimento del teatro intende rimarcare la nuova identità della “goccia” che il progetto
propone abbia una rilevante componente artistica e creativa intrecciata ai caratteri propri di
un campus universitario operante nella formazione e nella ricerca scientifico-tecnologica.
Riferimenti progettuali
Figura 5-Teatro antico di Taormina, immagine tratta da www.wishsicily.com/it/il-teatro-greco-di-taormina/65
30
Figura 6 -Padiglione di Romania, EXPO immagine tratta da universitime.corriere.it/2015/04/25/il-padiglione-
della-romania-si-presenta-al-politecnico/
Figura 7 -Teatro Marcello a Roma immagine tratta da romanoimpero.com/2009/12/teatro-marcello.html
In quanto enclave, infatti, la nuova Bovisa vuole essere un luogo raccolto e insieme
fortemente connesso al contesto metropolitano, quasi polis del nostro tempo, ove la
progettualità scientifica e la creazione artistica sono chiamate a dar vita a un felice connubio.
31
1.6 –Ulteriori riflessioni su un progetto in fieri
Torniamo ora per un momento alla veduta assonometria
L’intero comparto residenziale della Bovisa viene collocato nell’area settentrionale.
Questa decisa confutazione funzionale non corrisponde però a una compartimentazione di
zone giustapposte, bensì a una stretta integrazione dove il campus e la piazza delle
preesistenze sono fortemente integrati con la grande radura verde su cui si affacciano gli
edifici residenziali. In tal modo il quartiere residenziale gode di una forte integrazione con altre
attività presenti nell’area ma anche con il resto della città di Milano.
Anche il disegno urbano della residenza punta a creare un insieme ordinato e allo
stesso tempo reso complesso dalla combinazione di corpi lineari con strutture a torre, che
vanno a formare isolati semiaperti. Gli isolati pur essendo ciascuno concluso in sé generano
nell’insieme una successione di corti passanti. Che sono allo stesso tempo delle corti-
giardino, scandite da porticati/soglia.
Solo l’inserimento di un complesso di funzioni come quello proposto in questa tesi può
a nostro modo di vedere garantire un adeguato recupero di un insieme di aree dismesse la
cui superficie non inferiore ai 640.000 mq32. Già solo questa dimensione è davvero tale da
fare riflettere, sicché, come è stato opportunamente detto, la Bovisa avrebbe tutti i crismi per
potersi qualificare come una sorta di “ponte tra le diverse aree della città”33.
32 AA.VV. (2005), Conoscere Milano: la Bovisa che cambia, cit., in particolare p. 39 ss. 33 Caruzzo L. (a cura di) (2011), Milano Bovisa: storia memoria progetto, cit., in particolare p. 69 ss.
32
Occorre infatti fare interagire le diverse aree di Bovisa e i quartieri che confinano con la
“goccia” del progetto. Bovisa può divenire un parco intessuto di relazioni complesse e intense
e allo stesso tempo segnare un nuovo modo di vivere il quartiere , la città e la metropoli.
Nel progetto assume rilevanza l’architettura dei luoghi. Si è puntato a una sintesi tra
architettura e urbanistica tesa a rafforzare la dimensione della socialità e dell’urbanità senza
rinunciare ai vantaggi dati dalle relazioni metropolitane. Si è puntato sul connubio di
complessità sociale e complessità funzionale, cercando soprattutto di evitare il pericolo di
cadere nella frammentazione e nella zonizzazione34.
Solo l’attenzione all’architettura dei luoghi e alla bellezza d’assieme può ricondurre e
integrare in unità frammenti sparsi di un ex comparto industriale ora lasciato in stato di
abbandono.
Si possono allora comprendere più a fondo le ragioni che hanno portato alla scelta
dell’impianto cardo-decumanico: quegli spazi aperti possono divenire luoghi molto frequentati
e dove possono realizzarsi rapporto di proficuo scambio. Una “goccia” di socialità, di cultura e
di conoscenza.
Un’altra presenza qualificante del progetto qui proposto è dato dal complesso per
l’arte, la musica e la danza che conclude a settentrione il comparto residenziale.
34 Insistono giustamente su questi punti Bottero M., Cattaneo A., Fontana C. (a cura di) (1997),
Rinnovamento urbano a Bovisa, cit., in particolare p. 36 ss.
33
Riferimenti progettuali
EDIFICIO NORD
Figura 8 -Mercato di Santa Caterina, Barcellona, Spagna, immagine tratta da vanthian.altervista.org
MERCATO PIAZZA
Figura 10 -Giorgio grassi progetto per il concorso per la casa dello studente, archiwatch.it
34
Quanto al complesso dell’università, in esso assume rilevanza il porticato sotto cui si
può passeggiare, intrattenendosi, ci piace immaginare, in dotte conversazioni come nelle Stoà
greche.
Né manca un chiaro richiamo a uno degli edifici più gloriosi della tradizione storica
milanese: la Ca’ Granda del Filarete, un tempo fabbrica dell’Ospedale Maggiore e oggi sede di
alcune facoltà dell’Università Statale di Milano.
Il sogno, il desiderio, se si vuole l’utopia, è quella dunque di un complesso universitario
aperto a stimoli e a integrazioni con la realtà sociale, a cominciare da quella dislocata nel suo
immediato intorno.
FACOLTA’
Figura 9 -Ospedale di Filarete, Ospedale Maggiore, immagine tratta da galateaversilia.wordpress.com
35
Il progetto di riqualificazione della Bovisa qui presentato vuole essere una sintesi di
architettura e di urbanistica. Si può anche dire che esso aspiri a realizzare una sorta
integrazione tra urbs e civitas. La riqualificazione della “goccia” è qui proposta in una
prospettiva di rinascita della socialità.
Il problema che Bovisa si trova di fronte è evitare il pericolo della frammentazione e
della zonizzazione che ha fin qui caratterizzato gli interventi in quest’area e che è tra le
principali ragioni del suo mancato decollo.
Tutto, nella proposta qui avanzata si fonda sulla stretta integrazione fra pubblico e
privato, fra interno ed esterno, fra le parti e il tutto dove comunque lo spazio pubblico ha un
ruolo cardinale.
La struttura cardo-decumanica riceve energia dalle presenza che vi insistono. Il teatro,
la cultura, l’università, il centro per la danza, per non dire dei grandi giardini: tutto concorre a
esaltare e a infondere potenza alla struttura ordinatrice dello spazio pubblico.
36
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