Diffamazione a mezzo stampa - Cedam · Diffamazione a mezzo stampa Relazione sulle sentenze emesse...

24
Diffamazione a mezzo stampa Relazione sulle sentenze emesse dal Tribunale penale di Milano nel biennio 2003-2004 A cura di Sabrina Peron ed Emilio Galbiati avvocati in Milano TRIBUNALE PENALE

Transcript of Diffamazione a mezzo stampa - Cedam · Diffamazione a mezzo stampa Relazione sulle sentenze emesse...

  • Diffamazione a mezzo stampa

    Relazione sulle sentenze emesse

    dal Tribunale penale di Milano nel biennio 2003-2004

    A cura di Sabrina Peron ed Emilio Galbiati

    avvocati in Milano

    TRIBUNA

    LE

    PENALE

  • 2

  • 3

    Milano, 20 novembre 2005.Dopo l’analogo lavoro svolto sulle sen-tenze emesse in sede civile, nel numero12/2005 di “Tabloid” verranno pubblicatii risultati della ricerca effettuata, dagliavvocati Sabrina Peron ed EmilioGalbiati, sulle sentenze emesse dalTribunale di Milano, sezioni penali, nelbiennio 2003-2004. Tale ricerca è stata autorizzata dal Presi-dente del Tribunale di Milano che hademandato alle competenti Cancellerie ilrilascio di copie delle sentenze nel rispet-to della normativa in materia di privacy.

    I dati più significativi emersi con riferimen-to alle 116 sentenze penali di primogrado emesse nel biennio 2003-2004,sono i seguenti:durata del procedimento: la durata delprocedimento penale, dalla data del rinvioa giudizio a quella del deposito dellasentenza di primo grado, è in medialeggermente inferiore ai due anni (666giorni). Mentre tra la data di pubblicazio-ne del pezzo incriminato alla data dipubblicazione della sentenza trascorronoin media poco più di quattro anni (1.546giorni);

    TRIBUNALE PENALE DI MILANO - Diffamazione tramite mass-media. Esaminate 116 sentenze del periodo 2003/2004

    Giornalisti alla sbarra: condannemotivate (nella maggior parte dei casi)“per difetto del requisito di verità”

    La metà dei procedimenti penali instaurati si sono conclusi con unaremissione di querela (45,5%) o con una pronunzia di intervenutaprescrizione (4,5%). Nella quasi totalità dei casi (94%) in cui gliimputati sono stati riconosciuti colpevoli sono stati condannati soloal pagamento di una multa (il cui importo massimo comminato èstato di euro 1.500). La condanna alla reclusione è stata dispostasolo nel 6% dei casi (nella misura massima di 4 mesi) ed innessun caso ha trovato applicazione la condanna congiunta areclusione e multa. Sono stati riconosciuti e liquidati danni moraliin misura, in media, pari ad euro 46.721,73 (contro delle richiesterisarcitorie, in media, pari ad euro 351.033,42). Con riferimento a questi dati si precisa che la condanna risarcitoriapiù elevata è stata di euro 295.500,00, resa a favore di 197 partilese costituitesi collettivamente

    • tipologia di testata: i procedimenti per diffamazione a mezzo stampa hanno interes-sato le seguenti tipologie di testate:

    - quotidiani nazionali 50%- quotidiani locali 7%- settimanali 25%- periodici 9%- reti televisive 8%- agenzie di stampa 1%

  • 4

    • tipologia articoli diffamatori: i più colpiti da querela perdiffamazione sono gli articoli di cronaca (nel 46% deicasi) quindi le interviste (31%) e per finire gli articoli dicritica (23%);

    • professione delle parti offese: tra le persone offesesono principalmente emerse le seguenti categorie profes-sionali:- 21% privati- 18% magistrati- 14% amministratori di persone giuridiche- 9% politici

    • remissione di querela/prescrizione: ben la metà deiprocedimenti penali instaurati si sono conclusi con unaremissione di querela (45,5%) o con una pronunzia diintervenuta prescrizione (4,5%);

    • percentuali accoglimento/rigetto: sul rimanente 50%dei casi giunti a dibattimento, il Tribunale ha pronunziatocondanna per diffamazione nel 55% dei casi;

    • scriminanti assenti in caso di condanna: nella maggiorparte dei casi la condanna è motivata, in via principale,per difetto del requisito di verità, anche sotto il profilo dellaputatività (90%), seguono i casi in cui sono risultati predo-minanti le violazioni del limite della continenza (7%) e lacarenza di interesse pubblico (3%);

    • condanna penale: nella quasi totalità dei casi (94%) gliimputati riconosciuti colpevoli sono stati condannati soloal pagamento di una multa (il cui importo massimocomminato è stato di euro 1.500). La condanna alla reclu-sione è stata comminata solo nel 6% dei casi (nella

    TRIBUNALE PENALE DI MILANODiffamazione tramite mass-media. Esaminate 116 sentenze del periodo 2003/2004

  • 5

    misura massima di 4 mesi) ed in nessun caso ha trovatoapplicazione la condanna congiunta a reclusione e multa;

    • condanna risarcitoria: in caso di condanna a favoredella parte civile costituitasi in giudizio:

    - sono stati riconosciuti e liquidati danni morali in misura,in media, pari ad euro 46.721,73 (contro delle richiesterisarcitorie, in media, pari ad euro 351.033,42). Con rife-rimento a questi dati si precisa che la condanna risarci-toria più elevata è stata di euro 295.500,00, resa a favo-re di 197 parti lese costituitesi collettivamente;

    - la sanzione civile è stata applicata in misura, in media,pari ad euro 7.116,67 (contro delle richieste di condan-na, in media, pari ad euro 28.199,75). Anche con riferi-mento a questi dati si precisa che la condanna sanzio-natoria più elevata è stata di euro 20.000,00, resa afavore di 10 parti lese;

    - la condanna in via provvisionale è stata disposta inmisura, in media, pari ad euro 19.060,00 (contro dellerichieste di condanna in via provvisionale, in media, pariad euro 119.425,80) ed anche qui si precisa che lacondanna provvisionale più elevata è stata di euro45.000,00, resa a favore di 3 parti lese.

    - spese legali: infine, la media liquidata dal Tribunale diMilano a carico della parte soccombente ammonta adeuro 5.781,94.

    • impugnazione: avverso le sentenze penali è stato propo-sto appello nel 66% dei casi.

  • 1 Anzitutto abbiamo ritenuto opportuno verificare ladurata media del processo di primo grado.Premesso che la data del rinvio a giudizio è statariportata solo su un campione ristretto di 57 senten-ze, è comunque emerso che tra tale data ed il depo-sito della sentenza di primo grado trascorrono inmedia meno di 2 anni (e, più precisamente, 666giorni).

    Abbiamo ritenuto interessante calcolare anche l’ar-co temporale medio che intercorre tra la data dipubblicazione del “pezzo” incriminato e quella dideposito della sentenza di primo grado. Si è potutorilevare che le sentenze di primo grado sono resedisponibili, in media, poco più di 4 anni dopo lapubblicazione o la diffusione della notizia incrimina-ta (e, più precisamente, dopo 1.546 giorni).

    I procedimenti penali di diffamazione a mezzostampa nel 90% dei casi hanno riguardato testategiornalistiche. Nei casi residui la fattispecie asseri-tamente diffamatoria si è realizzata attraverso ladiffusione di volantini/affissioni (2%), libri (2%),lettere/relazioni (2%), siti internet (2%), programmiTV non giornalistici (2%). Nell’ambito delle testate giornalistiche sono state

    a) Tempistica

    b) Testate

    Il quadro della situazione

    Percentuali testate / volantini / libri / letteresiti internet / programmi TV

    testate giornalistiche90%

    programmi TV (non giornalistici)

    2%

    lettere / relazioni2%

    volantini / affissioni2%

    siti internet2%

    libri2%

    Tipologia di testate

    quotidiani nazionali50%

    quotidiani locali7%

    reti televisive8%

    agenzie di stampa1%

    settimanali25%

    periodici9%

    Percentuali testate

    interessate diverse tipologie di pubblicazionesecondo le seguenti percentuali: • i quotidiani nazionali per il 50%• i quotidiani locali per il 7%• i settimanali per il 25%• i periodici per il 9%• le reti televisive per l’8%• le agenzie di stampa per l’1%

    In particolare, nel biennio 2003-2004, i procedimen-ti di diffamazione a mezzo stampa hanno riguardatogli articoli diffusi dalle seguenti testate: Corriere della Sera (23%), Il Giorno (15%), Panora-ma (13,5%), Oggi (3,5%) RAI (2,5%), Gazzetta delloSport (2,5%), La Stampa (2,5%), Antenna 3 (1,75%),Bergamo Sette (1,75%), Cronaca Vera (1,75%),Giornale di Lecco (1,75%), Giornale di Vimercate(1,75%), Il Mondo (1,75%), L’Unità (1,75%),

    Prima pagina (1,75%), Repubblica (1,75%), Tele-lombardia (1,75%), altre testate con un caso perciascuna (20%). Di seguito riportiamo i grafici inerenti al numero edalla percentuale dei procedimenti relativi alle singo-le testate.

    Corriere della Sera23%

    Il Giorno15%

    Panorama13,5%

    Oggi3,5%

    Gazzetta dello Sport2,5%

    Rai

    Altre testate (1)20%

    Telelombardia1,75%

    Repubblica1,75%

    Prima pagina1,75%

    L’Unità1,75%

    Il Mondo1,75%

    Giornale di Vimercate

    1,75%Giornale di Lecco

    1,75%

    Cronaca Vera1,75%

    La Stampa2,5%

    Antenna 31,75%

    Bergamo Sette1,75%

  • 7

    In via preliminare, deve sottolinearsi che la personaoffesa dal reato di diffamazione, dopo aver sportoquerela, si costituisce parte civile nel relativoprocesso penale solo nell’80% dei casi. Ciò premesso, la diffamazione a mezzo stampa èun reato che può colpire soggetti appartenenti alle

    c) Professione parte offesa dal reato di diffamazione a mezzo stampa

    Percentuali professione parte offesa

    Testate

    Il G

    iorn

    oPa

    nora

    ma

    Ogg

    i

    RAI

    Gaz

    zetta

    del

    lo S

    port

    La S

    tam

    paAn

    tenn

    a 3

    Berg

    amo

    Sette

    Cron

    aca

    Vera

    Gio

    rnal

    e di

    Lec

    co

    Gio

    rnal

    e di

    Vim

    erca

    teIl

    Mon

    doL’U

    nità

    Prim

    a P

    agin

    aRe

    pubb

    lica

    Telel

    omba

    rdia

    Altre

    test

    ate

    (1)

    Corr

    Sera

    30

    25

    20

    15

    10

    5

    0

    Professione parte offesa

    avvo

    cato

    perso

    na gi

    uridic

    a

    pubb

    lico d

    ipend

    ente

    (2)

    medic

    o / in

    fermi

    ere

    ammi

    nistra

    tore

    perso

    ne gi

    uridic

    he

    impre

    ndito

    re

    milita

    re

    sport

    ivo

    magis

    trato

    priva

    to

    politi

    co

    sinda

    calis

    tano

    taio

    diplom

    atico

    ente

    pubb

    lico

    profes

    sore

    unive

    rsitar

    ioart

    ista

    giorna

    lista

    impie

    gato

    35

    30

    25

    20

    15

    10

    5

    0

    3229

    22

    1512

    96 6 5 5 4 4

    1 1 1 13 3 2

    26

    1715

    4 3 3 3 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2

    23

    più varie categorie professionali e ciò anche aseconda dei temi di maggior attualità giornalistica inun particolare momento storico.Abbiamo pertanto ritenuto interessante enucleare ildato relativo alle diverse attività professionali dellepersone offese:

    magistrato18%

    amministratorepersone

    giuridiche14%

    politico9%

    pubblico dipendente (2)

    7%

    persona giuridica

    6%

    avvocato4%

    medico / infermiere

    4%militare

    3%

    sindacalista3%

    imprenditore2%

    sportivo2%

    artista2%

    giornalista2%

    impiegato1%

    altri (3)2%

    privato21%

    (1) Amica; ANSA; Brescia Oggi; Cronaca Proibita; Cuore; Gazzetta di Lecco;Giornale di Brescia; Grand Hotel; Il Giornale; Il Secolo XIX; Il Sole 24 Ore; Italia Oggi; La Provincia di Sondrio; La Voce; La7; Lavaggio Industriale; L’Opera; L’Operese; M.F.;R.T.I.; Terzo Millennio; Tribuna di Treviso; Visto.

    • 18% magistrati;• 14% amministratori di persone giuridiche;• 9% politici;• 7% pubblici dipendenti (2);• 6% persone giuridiche;• 4% avvocati;• 4% medici / infermieri;• 3% militari;• 3% sindacalisti;• 2% imprenditori;• 2% sportivi;• 2% artisti;• 2% giornalisti;• 1% impiegati;• 2% altri (con un caso ciascuno) (3);• 21% soggetti privati (in cui la fattispecie diffamatoria

    non ha investito o interessato l’attività professionale).

    (2) si precisa che, a fini statistici, è stato conteggiato come un’uni-ca parte offesa la situazione giuridica di 197 pubblici dipendentiappartenenti ad una categoria asseritamente diffamata nel suocomplesso e che avevano presentato un’unica querela.(3) diplomatico; ente pubblico; notaio; professore universitario.

  • 8

    2 Le richieste del P.M.e della Parte civileMeritano di essere specificamente analizzate le richieste processuali avanzate dalla Pubblica Accusa(con riguardo alle istanze di natura penale) e dalla Parte Civile (con riguardo alle domande civili avan-zate in sede penale).

    Va precisato anzitutto che non sempre da partedel P.M. è stata richiesta la condanna degli impu-tati. Più precisamente, il P.M. ha richiesto lacondanna solo nel 34% dei casi giunti a dibatti-mento; nel restante 66% dei casi il P.M. ha chie-sto l’assoluzione dell’imputato (anche nellaforma della richiesta di non doversi procedereper intervenuti fatti estintivi del reato quali laremissione di querela o la prescrizione). Con particolare riferimento alla tipologia dellerichieste di condanna avanzate dalla PubblicaAccusa si deve ricordare che:• in caso di diffamazione a mezzo stampa, ai

    sensi dell’art. 595, 3° comma, c.p., è previstala pena edittale della reclusione da sei mesi atre anni o, in alternativa, della multa non infe-riore a euro 516,46;

    • qualora la diffamazione a mezzo stampa sirealizzi nella attribuzione di un fatto determina-to, ai sensi dell’art. 13 L. 08.02.1948, n. 47(come richiamato anche dall’art. 30 L.06.08.1990, n. 223, sul sistema radiotelevisi-vo), si applica la pena aggravata della reclu-sione da uno a sei anni unitamente alla multanon inferiore a euro 258,23.

    Inoltre, ai sensi del combinato disposto degli arti-coli 595 e 57 c.p. possono essere imputati delreato di diffamazione a mezzo stampa non solo

    a) Le richieste del P.M

    l’autore della pubblicazione (ed eventualmente ilsoggetto che abbia rilasciato un’intervista), maanche il direttore responsabile che abbiaomesso il controllo sulla pubblicazione: quest’ul-timo, può essere punito con la pena previstacome sopra, diminuita in misura non eccedenteun terzo (v. art. 57 c.p.).Dalla disamina delle richieste di condanna avan-zate dal P.M., sono stati ricavati i seguenti dati:- solo nel 10% dei casi il P.M. ha fatto richiesta

    di condanna congiunta sia alla reclusione siaalla multa;

    Percentuali richieste P.M.

    assoluzioni66%

    condanne34%

    d) Tipologia articoli e/o servizi diffamatori

    Percentuali tipologia articoli diffamatori

    cronaca46%

    critica23%

    intervista31%

    Attraverso l’analisi delle singole fattispecie si è potu-ta verificare la tipologia degli articoli e/o servizi diffa-matori: sul campione di 111 sentenze portanti il rife-rimento specifico al contenuto del pezzo incrimina-to, nel 46% dei casi si trattava di cronaca dei fatti, il23% riguardava espressioni di critica e il 31%concerneva interviste.

  • 9

    Percentuali richiesta reclusione P.M.

    fino a 6 mesi17%

    da 6 a 12 mesi83%

    oltre 12 mesi0%

    Percentuali richiesta multa P.M.

    oltre 1.000,00 euro11%

    fino a 1.000,00 euro89%

    Percentuali tipologia richiesta condanna P.M.

    multa83%

    reclusione7%

    reclusione + multa10%

    - solo nel 7% dei casi il P.M. ha fatto richiesta dicondanna alla sola pena della reclusione;

    - nell’83% dei casi il P.M. ha fatto richiesta dicondanna alla sola pena della multa.

    Più dettagliatamente, la richiesta di condannaalla reclusione viene avanzata dal P.M. nelleseguenti misure:• 17% dei casi fino a sei mesi;• 83% dei casi da sei mesi a dodici mesi (la

    richiesta più elevata è stata di condanna a 12mesi di reclusione);

    mentre la richiesta di condanna alla multa vieneavanzata dal P.M. nei seguenti termini:• 89% fino a euro 1.000,00; • 11% oltre euro 1.000,00 (la richiesta più eleva-

    ta è stata di condanna alla multa di euro2.000,00).

    Ciò premesso, deve rimarcarsi il dato relativoalla dialettica processuale, intesa quale rapportotra le richieste avanzate dalla Pubblica Accusa ele determinazioni adottate dal Tribunale all’esitodel procedimento di primo grado. Si è potuto rilevare che il Giudice di primo gradoha integralmente rigettato le richieste del P.M.

    Percentuali rigetto / accoglimento richieste assoluzione P.M.

    rigetto5%

    accoglimento95%

    Percentuali rigetto / accoglimento richieste condanna P.M.

    accoglimento62% rigetto

    38%

    nel 17% dei casi. Il dato generale è di per sésignificativo, ma per apprezzarne la reale porta-ta riteniamo opportuno scorporare i dati specificirelativi a: casi di rigetto integrale di domande diassoluzione degli imputati: 5%; casi di rigettointegrale di domande di condanna degli imputa-ti: 38%.

  • 10

    Il reato di diffamazione comporta, quale eventolesivo, una violazione del diritto costituzional-mente garantito all’onore ed alla reputazione delsoggetto diffamato.La persona offesa da reato di diffamazione haquindi diritto - ai sensi del combinato dispostodegli artt. 185 c.p. e 2043, 2059 c.c. - a conse-guire il risarcimento dei danni subiti per lalesione al proprio diritto.Inoltre l’art. 186 c.p. prevede (fatto salvo quantosancito in altre disposizioni di legge, come adesempio nell’art. 9 L. 08.02.1948, n. 47) che ilgiudice possa ordinare anche la pubblicazionedella sentenza di condanna qualora questacostituisca un mezzo specifico per riparare ildanno non patrimoniale cagionato dal reato. Daultimo ai sensi dell’art. 12 L. 08.02.1948, n. 47,la persona offesa può chiedere, oltre al risarci-mento dei danni, una ulteriore somma a titolo diriparazione pecuniaria (c.d. sanzione civile)determinata dal giudice in relazione alla gravitàdell’offesa ed alla diffusione dello stampato.Per completezza deve aggiungersi che, ai sensidell’art. 539 c.p.p., qualora le prove acquisitenon consentano la liquidazione del danno, ilgiudice può pronunciare condanna genericarimettendo le parti innanzi al giudice civile: in talcaso a richiesta della parte civile, il giudice pena-le può comunque condannare gli imputati alpagamento di una provvisionale, nei limiti deldanno per cui si ritiene già raggiunta la prova. Si noti che, in questo caso, nel successivo giudi-zio avanti il giudice civile, possono essereconvenuti, in solido con l’autore ed il direttoreresponsabile della pubblicazione, anche ilproprietario e l’editore della testata, civilmenteresponsabili in via solidale ai sensi dell’art. 11 L.08.02.1948, n.47. Venendo alla disamina dellespecifiche richieste processuali avanzate dallaparte civile nelle pronunzie analizzate, è neces-sario svolgere una premessa di metodo.Va infatti precisato:- che come già in precedenza osservato al para-

    grafo 3, la persona offesa si costituisce partecivile nell’80% dei casi: pertanto sono stateavanzate richieste di condanna civile in sedepenale, solo in 93 sentenze su 116;

    - che in ben 54 casi, a seguito di presumibiliaccordi extragiudiziali, la parte civile ha prov-veduto, prima che la causa venisse introdottain decisione, a rimettere la querela proposta:pertanto solo in 39 casi la parte civile hapresentato le proprie conclusioni risarcitorie;

    - che infine in 11 casi le richieste della parte civi-le sono state formalizzate in una nota allegataagli atti, il cui contenuto non è stato però ripor-tato espressamente in sentenza.

    In definitiva quindi, i dati relativi alle richiestedella parte civile sono stati ricavati da uncampione di 28 sentenze.Con riguardo al campione di cui sopra puòosservarsi quanto segue:• la richiesta di risarcimento dei danni civili è

    stata avanzata dalla parte civile in tutti i proce-dimenti esaminati (100%);

    • le richiesta di condanna alla pubblicazione - atitolo risarcitorio - della sentenza di condannaè stata formulata in 5 casi su 28 (18%);

    • la sanzione civile è stata domandata in 6 casisu 28 (21%);

    Percentuali richiesta condanna parte civile

    solo dannipatrimoniali

    0%

    solo danni morali7% liquidazione in

    separata sede32%

    danni patrimoniali+ morali

    61%

    Percentuali richiesta danniin misura determinata / in via equitativa

    in via equitativa4%

    in misura determinata96%

    b) Le richieste della Parte civile• la provvisionale è stata richiesta in 20 casi su

    28 (71%).Quanto alla tipologia delle richieste di risarci-mento dei danni civili, si è potuto rilevare che nel61% dei casi sono stati lamentati sia danni patri-moniali sia danni morali, nel 7% dei casi solodanni morali, mentre per il restante 32% è stataformulata richiesta di condanna in separata sedecivile (in nessun caso è stata richiesta la condan-na al risarcimento di soli danni patrimoniali).

    Al di fuori dei casi in cui è stata richiesta la liqui-dazione dei danni civili in separata sede, abbiamoconstatato che le richieste risarcitorie sono stateformulate in via equitativa solo nel 4% dei casi edin misura determinata nel restante 96% dei casi.

    Infine, laddove le domande sono state formulatein misura determinata, abbiamo potuto calcolareil dato relativo all’entità media delle diverserichieste avanzate dalla parte civile:• media delle richieste di risarcimento danni

    (morali e patrimoniali) per la parte civile(campione 18 sentenze): euro 351.033,42 (larichiesta più elevata è stata pari a euro3.000.000,00);

    • media delle richieste di sanzione civile da liqui-darsi a favore della parte civile (campione 4sentenze): euro 28.199,75 (la richiesta piùelevata è stata pari a euro 61.976,00);

    • media delle richieste di condanna in via di prov-visionale per la parte civile (campione 18sentenze): euro 119.425,80 (la richiesta piùelevata è stata pari a euro 551.645,69).

  • 11

    3 Esito del processo Con riferimento all’esito dei procedimenti penali perdiffamazione tramite mass-media, il primo dato cheabbiamo raccolto riguarda la percentuale di assolu-zioni e di condanne nel biennio 2003-2004.Per chiarezza, merita anzitutto di sottolinearsi che il50% dei giudizi penali oggetto di esame si sonoconclusi con una pronunzia in cui il Tribunale hadato atto di non dover procedere per avvenutaremissione di querela o per intervenuta prescri-zione del reato nel corso del processo.In particolare, è avvenuta remissione di querela nel45,5% dei casi ed è intervenuta prescrizione delreato nel corso del processo nel 4,5% dei casi.

    Per completezza si aggiunga che in 3 casi (paristatisticamente al 2,5%) il Tribunale ha definito ilprocedimento pronunziando su questioni di naturameramente processuale.

    Con riferimento alle pronunzie (47,5%) vertenti sulmerito delle fattispecie al vaglio del Tribunale, si èpotuta rilevare una leggera prevalenza dellesentenze di condanna (55%) rispetto a quelle diassoluzione (45%).

    Cronaca: percentuali assoluzioni / condanne

    condanne61%

    assoluzioni39%

    condanne55%

    assoluzioni45%

    Percentuali assoluzioni / condanne

    Critica: percentuali assoluzioni / condanne

    condanne54%

    assoluzioni46%

    Intervista: percentuali assoluzioni / condanne

    assoluzioni57%

    condanne43%

    Le percentuali di cui sopra subiscono lievi ma signi-ficative variazioni a seconda della tipologia degliarticoli e/o dei servizi diffamatori. E difatti, lecondanne sono pari al 61% per i “pezzi” di cronaca,al 54% per articoli di critica e solo al 43% per leinterviste.

    Abbiamo ritenuto di esaminare nelle motivazionidelle sentenze l’accertamento dell’assenza delle trescriminanti elaborate dalla giurisprudenza: la veritàdella notizia, la continenza espositiva e l’interessepubblico alla diffusione della notizia.I risultati dell’indagine possono essere così sintetiz-zati: nella maggior parte dei casi la condanna èmotivata in via principale per difetto del requisito diverità, anche sotto il profilo della putatività (90%)seguono i casi in cui sono risultati predominanti leviolazioni del limite della continenza (7%) e lacarenza di interesse pubblico (3%).

    Percentuali scriminanti assenti

    continenza7%

    interesse pubblico3%

    verità90%

    Anche a tale proposito le percentuali di cui sopravariano a seconda della tipologia degli articoli e/odei servizi diffamatori.Con riguardo ad articoli di cronaca, nel 100% deicasi la condanna è stata pronunziata a seguito

  • 12

    dell’accertato difetto di verità. Per “pezzi” di criti-ca o interviste invece, è accaduto che in qualchecaso - secondo le percentuali illustrate dai relativigrafici - la principale scriminante assente sia risulta-ta essere la continenza o l’interesse pubblico.

    Critica: percentuali scriminanti assenti

    continenza14%

    interesse pubblico0% verità

    86%

    Privati: percentuali assoluzioni / condannecondanna

    58%assoluzione

    42%

    Politici: percentuali assoluzioni / condannecondanna

    67%assoluzione

    33%

    Magistrati: percentuali assoluzioni condanne

    condanna43%

    assoluzione57%

    Intervista: percentuali scriminanti assenti

    interesse pubblico17%

    continenza17%

    vertità66%

    Amministratori persone giurudiche / imprenditori: percentuali assoluzioni / condanne

    assoluzione25%

    condanna75%

    a) Condanne penaliIn via preliminare meritano di sottolinearsi alcunefattispecie particolari:- in ben quattro casi il Tribunale di Milano, pur rite-

    nendo realizzata una fattispecie diffamatoria, hapronunziato sentenza di condanna solo neiconfronti del soggetto intervistato, assolvendoinvece il giornalista che aveva raccolto le dichiara-zioni lesive ed il direttore che aveva consentito lapubblicazione, per avere questi ultimi rispettato icriteri che contraddistinguono l’esercizio del dirittodi cronaca;

    - in ben tre casi il Tribunale di Milano, pur ritenen-

    do realizzata una fattispecie diffamatoria, hapronunziato sentenza di condanna solo neiconfronti del soggetto autore di una lettera aldirettore, pubblicata nella relativa rubrica.

    Ciò posto, si osserva che, per le residue sentenzedi condanna, nel 61% dei casi la pena viene commi-nata - anche se non in misura paritetica - sia all’au-tore del pezzo, sia al direttore responsabile (diregola per omesso controllo sul contenuto dellapubblicazione ai sensi dell’art. 57 c.p.), mentre nel30% dei casi la condanna investe solo il direttoreresponsabile e nel restante 9% solo il giornalista.

    Per completezza, abbiamo ritenuto interessanteenucleare anche il dato relativo al rapporto percen-tuale tra assoluzioni e condanne in funzione dellaprofessione della persona offesa dal reato di diffa-mazione contestato, con particolare riferimento allecategorie maggiormente interessate secondo quan-to rilevato al paragrafo 3 che precede (vale a diremagistrati, amministratori di persone giuridiche /imprenditori, politici ed infine privati).

    I risultati emersi - per certi versi sorprendenti -possono sintetizzarsi come segue:• privati: la percentuale di sentenze di condanna

    per diffamazione, nel caso in cui la persona offesasia un privato, è pari al 58%;

    • magistrati: la percentuale di sentenze di condan-na è pari al 43%;

    • amministratori di persone giuridiche / impren-ditori: la percentuale di sentenze di condanna èpari al 75%;

    • politici: la percentuale di sentenze di condanna èpari al 67%.

  • 13

    Percentuali condanna alla multada euro 500,00 a euro 1.00,00

    52%

    oltre euro 1.00,002%

    fino a euro 500,0046%

    Percentuali tipologia di condanna

    reclusione6% multa + reclusione

    0%

    multa94%

    Percentuali condanne giornalista / direttoresolo direttore

    30%giornalista + direttore

    61%

    solo giornalista9%

    Premesso quanto sopra deve prendersi in conside-razione la tipologia delle condanne comminate inconcreto.Nella quasi totalità dei casi (94%) gli imputati rico-nosciuti colpevoli vengono condannati solo alpagamento di una multa, mentre la condanna allareclusione viene comminata solo nel 6% dei casi.Si noti che in nessun caso ha trovato applicazionela condanna congiunta a reclusione e multa secon-do quanto disposto dall’art.13 L.47/1948.

    Inoltre, in ordine all’entità delle pene comminate, èemerso quanto segue:• la condanna alla reclusione non è mai superiore

    ai 6 mesi e addirittura la misura massima commi-nata è stata di 4 mesi.

    • la multa di cui viene ingiunto il pagamento, nel46% dei casi è inferiore ad euro 500,00, nel 52%dei casi oscilla tra euro 500,00 ed euro 1.000,00e solo nel 2% dei casi supera il valore di euro1.000,00 (l’importo massimo comminato è stato dieuro 1.500,00).

    In definitiva, secondo i dati raccolti può ritenersiconfermata la tendenza manifestatasi nella pratica,alla applicazione quasi esclusiva delle pena dellamulta: la reclusione, ove comminata, è disposta inmisura tale da consentire la sospensione condizio-nale della pena.

    Fermo restando il condivisibile principio secondo cuisarebbe opportuno escludere la pena della reclu-sione per i reati di opinione, la portata pratica delprogetto di riforma legislativa allo studio in tal sensorisulta minima (gravi invece, secondo molticommentatori, appaiono i rischi derivanti dalla“bagatellizzazione” del reato prevista dal medesimoprogetto).

    b) Condanne civili in sede penale

    Venendo alla disamina delle pronunce di condan-na civile in sede penale deve svolgersi anche inquesto caso una premessa di metodo: su un tota-le di 116 sentenze esaminate la condanna civile èstata comminata in 28 casi.

    Con riguardo al campione di cui sopra può osser-varsi quanto segue:

    • la condanna al risarcimento dei danni civili èstata accolta in tutti i 28 casi (100%);

    • la condanna alla pubblicazione - a titolo risarci-torio - della sentenza è stata disposta in 10 casisu 28 (36%);

    • la sanzione civile è stata comminata in 6 casi su28 (21%);

    • la provvisionale in attesa di liquidazione definiti-va, è stata riconosciuta in 5 casi su 28 (18%).

    Quanto alla tipologia delle condanne di risarci-mento dei danni civili, si è potuto rilevare che:• nel 79% dei casi sono stati riconosciuti e liqui-

    dati solo danni morali;• per il restante 21% è stata disposta condanna

    con riserva di liquidazione in separata sede civi-le;

    • in nessun caso è stata pronunciata condanna alrisarcimento di danni patrimoniali.

    Infine, laddove le condanne sono state disposte inmisura determinata, abbiamo potuto calcolare ildato relativo alla media dell’entità delle condanne:• media delle condanne di risarcimento danni

    morali a favore della parte civile (campione 22sentenze): euro 46.721,73;

    • media delle condanne al pagamento dellasanzione civile a favore della parte civile(campione 6 sentenze): euro 7.116,67;

    • media delle condanne in via di provvisionale afavore della parte civile (campione 5 sentenze):euro 19.060,00.

    Per completezza, meritano di evidenziarsi anchegli importi massimi delle condanne risarcitorie osanzionatorie:- la condanna risarcitoria più elevata è stata di

    euro 295.500,00, resa a favore di 197 parti lesecostituitesi collettivamente; si noti che lacondanna più elevata a favore di una singolaparte lesa è stata di euro 200.000,00 (si trattava

  • 14

    Raffronto richieste / condanne civili

    provvisionale

    sanzione civile

    danni

    Da ultimo si evidenzia che avverso le sentenzepenali di merito rese dal Tribunale di Milano nelbiennio 2003-2004 è stato proposto appello nel66% dei casi.

    4 Ricorso in appello Percentuali sentenze appellateno

    34%sì

    66%

    19.060,00

    119.425,80

    7.116,67

    28.199,75

    46.721,73

    351.033,420

    richiesta

    condanna

    Percentuali tipologia di condannaal risarcimento danni

    separata sede21%

    patrimoniali0%

    morali79%

    di un politico straniero cui è stata falsamenteattribuita una condotta gravissima);

    - la condanna sanzionatoria più elevata è stata dieuro 20.000,00, resa a favore di 10 parti lese: lacondanna più elevata a favore di una singolaparte lesa è stata di euro 5.000,00;

    - la condanna provvisionale più elevata è stata dieuro 45.000,00, resa a favore di 3 parti lese: lacondanna più elevata a favore di una singolaparte lesa è stata di euro 20.000,00.

    Abbiamo infine ritenuto opportuno predisporreanche un grafico idoneo a rappresentare il raffron-to tra l’entità delle richieste di condanna dellaparte civile e l’entità delle condanne effettivamen-te comminate, per evidenziare la notevole dispa-rità tra le pretese della parte civile e la misura delloro accoglimento effettivo da parte del giudicepenale.Per completezza, viene in rilievo l’ulteriore datorelativo alla liquidazione delle spese legali a favo-re della parte civile in caso di accoglimento dellerichieste risarcitorie.In media le spese legali liquidate a favore dellaparte civile ammontano a euro 5.781,94.

  • 15

    Come ultimo aspetto di questa relazione, cipreme illustrare - anche per una migliorecomprensione dei dati sin qui esposti - lemotivazioni in diritto elaborate nelle senten-ze che abbiamo esaminato.

    Anzitutto, và detto che la diffamazione è un“reato a forma libera dove la condotta mate-riale si estrinseca nell’offesa all’onore e aldecoro della persona” (Trib. Milano,13.05.2004, n. 5487), che si consuma quan-do, e dove, è avvenuta la comunicazioneoffensiva della reputazione altrui, con ladoverosa precisazione che per offesa non sideve intendere l’avvenuta lesione del benegiuridico, essendo sufficiente che essovenga aggredito e messo in pericolo conparole od atti offensivi che rendano probabi-le la causazione di una effettiva lesione (Trib.Milano, 26.04.2004, n. 4171).

    L’art. 595 c.p., “tutela la reputazione, ovverol’onore in senso oggettivo, inteso comeopinione e valutazione dei consociati rispet-to alla personalità morale e sociale di un indi-viduo” (Trib. Milano, 08.04.2003, n. 1430).Ovviamente, la reputazione non si identificacon la “considerazione che ognuno ha di séo con il semplice amor proprio, ma con ilsenso della dignità personale in confor-mità all’opinione del gruppo sociale,secondo il particolare contesto storico” (Trib.Milano, 13.05.2004, n. 5487).Inoltre, “in caso di offesa alla memoria di undefunto, sussiste il diritto dei prossimicongiunti a vedere tutelata la sua reputazio-ne, ex art. 597 c.p., in quanto il pregiudizio siestende alla dignità di essi stessi, chesubiscono un danno diretto ed immediato dalreato e sono, pertanto, titolari del diritto diquerela” (Trib. Milano, 16.07.2003, n. 6415).A tale proposito merita di sottolinearsi cheanche per una persona che ha già subitouna condanna penale non può non risultarelesiva la notizia falsa che essa è statacondannata per altri gravi reati. Né puòsostenersi che nel caso di soggetti già coltidallo stigma del disonore sociale può aversidiffamazione solo per quei settori moralidella loro persona che siano rimasti immunida elementi disonoranti: tale prospettazionesarebbe contraddittoria con la pienezza dellatutela della dignità umana garantita dallacostituzione, che non può tollerare artificio-se frammentazioni ed offese ingiustificate,come accadrebbe nel caso in cui si conside-rasse lecita un’offesa se riferita ad alcuni

    5 Considerazioni conclusive in dirittoattribuiti della personalità morale ed illecitase riferita ad altri (Trib. Milano, 03.02.2004,n. 1079. In questo senso anche Trib. Milano,17.03.2003, n. 2747, secondo cui “a nessu-no può consentirsi di cagionare volontaria-mente il peggioramento della reputazione purnon buona di un soggetto, tanto più quandoil peggioramento sia non solo quantitativo,cioè derivante dall’attribuzione di una condot-ta illecita ontologicamente non dissimile daaltre realmente tenute, ma qualitativo, cioèriconducibile a pretese condotte sintomatichedi degrado etico, dimostrative di un gravetradimento dei propri ideali”).Per quanto concerne “l’elemento oggettivodel reato, si rileva che l’intento diffamatoriopuò essere raggiunto non solo con valutazio-ni o giudizi offensivi dell’altrui reputazione,ma anche con mezzi indiretti o con espres-sioni insinuanti e suggestionanti” (Trib. Mila-no, 18.12.2003, n. 12081). In ogni caso,“l’espressione utilizzata, da valutare dalgiudice secondo l’opinione della generalitàdegli uomini in connessione ai tempi, luoghi,ambiente in cui il fatto si svolge ed alle perso-ne coinvolte, ben può assumere, secondo lecircostanze in cui è utilizzata, significato lesi-vo diverso” (Trib. Milano, 19.06.2003, n.3261).

    Quanto, invece, all’elemento soggettivo, èsufficiente il dolo generico, “inteso comeconsapevolezza che le espressioni volonta-riamente utilizzate sono lesive dell’altruireputazione o possono porla a rischio: non sirichiede il dolo specifico, nel senso che nonoccorre l’animus nocendi” (Trib. Milano,08.04.2003, n. 1430 e Trib. Milano,26.04.2004, n. 4171). Conseguentemente, ad esempio, l’elementodoloso difetta quando la “discrasia tra scrittoe pensato”, è spiegabile con il pessimo usofatto dal giornalista “del principale strumentodel suo lavoro, ovvero la lingua italiana”(nella fattispecie esaminata dal Tribunale,l’articolo risultava male costruito - ripeteva“due volte lo stesso concetto con parolediverse e, quindi, determinando un frainten-dimento”): i “difetti di costruzione dell’artico-lo, di connessione sintattica e grammaticale,se integrano in modo evidente imperizia onegligenza e, quindi, uno stato colposodell’autore, proprio perché tali escludono laconsapevole offesa dell’altrui reputazione”(Trib. Milano, 19.06.2003, n. 3261). Sempre in via esemplificativa, vediamo che“quando il giornalista ometta il controllo delle

  • 16

    intuizioni o le congetture che possono insorge-re in chi si senta «soggettivamente» destinata-rio delle espressioni denigratorie (Trib. Milano,28.08.2003, n. 7170). Sul punto, inoltre, èoramai pacifico che ben “possono essereconsiderate persone offese dal reato sia lepersone giuridiche e gli enti collettivi inquanto tali, sia i singoli appartenenti all’enteo alla collettività quando attraverso riferimentiespliciti o mediante indiscriminato coinvolgi-mento nella riferibilità dell’accusa risultinodanneggiati nella loro onorabilità individuale”(Trib. Milano, 28.08.2003, n. 7170). Da ultimo, in via generale si ricorda che per“determinare il momento consumativo deireati connessi a mezzo stampa è sufficienteaccertare il luogo ove è stata eseguita la stam-pa, in quanto in tale luogo avviene, una voltamesso a disposizione lo stampato di unacerchia più o meno vasta di persone, la primadiffusione intesa in senso potenziale; del resto,uscito lo stampato dalla tipografia, esiste l’im-mediata possibilità che venga letto da personediverse anche prima dell’effettiva distribuzionenelle edicole e di conseguenza il luogo di diffu-sione coincide con quello in cui avviene lastampa” (Trib. Milano, 08.07.2003, n. 7088).Con riferimento, invece alla prescrizione, tuttele volte in cui la “prescrizione dell’azione civilesi adegua alla prescrizione penale, ai fini deltermine si deve aver riguardo a quello previstoper il reato nella sua iniziale contestazione,senza tener conto delle diminuzioni di penaedittale che possono derivare dall’applicazionedell’art.62 bis c.p., essendo quest’ultima rimes-sa ad accertamenti compiuti dal giudice di cuiil danneggiato non può preventivamente cono-scere l’esito” (Trib. Milano, 17.03.2003, n.2747). Tanto premesso, in tema di diffamazio-ne a mezzo stampa e, più in generale, tramitemass-media, la giurisprudenza ha elaboratouna serie di parametri al fine di valutare lasussistenza con portata scriminante del dirittodi cronaca o critica. Questi parametri, come ènoto, sono: verità della notizia (quantomenosotto il profilo putativo), continenza espositiva,interesse pubblico. Ciò posto, riteniamo oppor-tuno illustrare l’orientamento assunto dal Tribu-nale penale di Milano con riferimento all’inter-pretazione ed all’applicazione dei parametri dicui sopra.

    fonti o ne compia uno di particolare superfi-cialità, allora non potrà non rappresentarsi,senza poterla escludere, l’eventualità delladiscordanza tra fatto narrato e fatto storicoaccaduto, in tal modo rientrando il suo atteg-giamento soggettivo nella figura del doloeventuale”. Ne consegue che “il giornalista sarà in colpa -con conseguente esclusione del reato - quan-do si sia rappresentato la possibile falsità dellanotizia, avendola però esclusa mediante undiligente (cioè conforme al comportamentoche avrebbe tenuto nelle stesse circostanze ilgiornalista-tipo) vaglio delle fonti e dei riscon-tri; il giornalista verserà in dolo quando ildubbio sulla falsità non sia stato risolto o siastato risolto mediante un procedimento che ilgiornalista sa essere insufficiente, negligente,difforme dalle regole deontologiche”. Semprecon riguardo all’onere di controllo fonti: "il gior-nalista non può esimersi dal vaglio della fontesolo e semplicemente citandola, poiché nelmomento in cui diffonde l’informazione ricevu-ta, se ne fa - salvi casi particolari - in quantopropalatore, corresponsabile” (Trib. Milano,08.04.2003, n. 1430).In ordine al soggetto leso, affinché possaipotizzarsi la sussistenza “del delitto di diffa-mazione è necessario che l’aggressione allareputazione sia effettuata nei confronti di unsoggetto determinato nella sua individualitàsoggettiva: a questo fine è irrilevante l’indica-zione nominativa del diffamato, ma occorreche il riferimento a questi sia deducibile dallastessa prospettazione oggettiva dell’offesa,che deve contenere elementi tali da consentir-ne in modo diretto o indiretto, ma sempre conragionevole certezza, l’identificazione agevo-le ed inequivoca anche per esclusione o invia deduttiva nell’ambito di una ristretta cate-goria di persone” (Trib. Milano, 17.03.2003, n.2747, nonché, Trib. Milano, 26.03.2003, n.1696 secondo cui “in mancanza di indicazionespecifica (…) è sufficiente che l’offeso possavenire individuato per esclusione in via indutti-va tra una categoria di persone, a nulla rile-vando che in concreto l’offeso venga indivi-duato da un ristretto gruppo di persone). Pertale ragione, “il criterio da seguire per l’indivi-duazione della persona offesa dal reato deveessere quello «oggettivo» a nulla rilevando le

    a) La verità della notizia

    Quanto al primo e fondamentale requisito,“per verità deve intendersi la sostanzialecorrispondenza (adaequatio) tra i fatti comesono accaduti (res gestae) e i fatti come sononarrati (historia rerum gestarum), perché solola verità come correlazione rigorosa tra ilfatto e la notizia soddisfa alle esigenzedell’informazione e riporta l’azione nel

    campo dell’operatività dell’art.51 c.p. renden-do non punibile - nel concorso dei requisitidella continenza e della pertinenza - l’even-tuale lesione della reputazione altrui)” (Trib.Milano, 06.10.2003, n. 7148).In particolare il giudice ambrosiano condivi-de “l’impostazione rigorosa assunta dallaCassazione, in forza del quale il comporta-

  • 17

    mento negligente o imperito del giornalistache non svolge i dovuti controlli prima didiffondere una notizia (...), determina l’accet-tazione del rischio di pubblicare informazionifalse e pertanto il suo comportamento (...) èconnotato da dolo eventuale: diversamentegiudicando si consentirebbe all’autore diinformazioni destinate alla diffusione di nonapprofondire l’aspetto della veridicità dellemedesime e si finirebbe per rendere lecita ladiffamazione. Lo stesso ragionamento si applica anche nelcaso di travisamento della fonte: se si chie-de al giornalista un controllo sulla propriafonte mediante ulteriori accertamenti ricava-bili aliunde sulla notizia da pubblicare (...),tanto più si deve pretendere che egli svolgaquel controllo ben più modesto sulla corri-spondenza di quanto dice alla sua fonte diinformazione (...) questa è una richiestaminima alla quale il giornalista deve senz’al-tro adempiere” (Trib. Milano, 02.02.2004, n.1018). Malgrado tale rigore il Tribunale diMilano ha comunque precisato che insisteresul punto della verità dei fatti narrati - intesain senso assoluto - e sull’assoluta inesisten-za di fonti privilegiate, nonché sulla “neces-sità che il giornalista compia tutti gli accerta-menti più completi e penetranti per vagliarel’informazione che la fonte porta a sua cono-scenza, significa fare incombere al giornali-sta un rischio penale altissimo, e noncoerente alla natura dell’attività che istituzio-nalmente compie, o porlo nella condizione dirinunciare alla pubblicazione anche di noti-zie che godono comunque di un alto gradodi probabilità di aderenza al fatto storicoaccaduto (Trib. Milano, 26.04.2004, n. 4171,il quale ha aggiunto che “quando attraversofonti successive sia possibile ricostruire larealtà dei fatti in modo collimante con la rico-struzione giornalistica, non può e non deveessere preso in considerazione il problemadello stato psicologico del giornalista nelmentre scriveva l’articolo incriminato”).

    La mera convinzione soggettiva del gior-nalista in ordine alla veridicità o verosimi-glianza non può determinare ex sé la liceitàdella propalazione di notizie difformi dalreale accadimento dei fatti (Trib. Milano,03.02.2004, n. 1079, in una fattispecie dovel’evidente difformità delle notizia pubblicatadalla verità storica dei fatti indiziava, consufficiente gravità e precisione, la mancataesecuzione del controllo delle fonti). A ciò siaggiunga che - qualora il giornalista abbiacoscientemente e volontariamente omessodi controllare la verità - non è una scusantela necessità di una assoluta tempestivitànella pubblicazione della notizia e la difficol-tà di compulsare fonti originarie, perchéspetta comunque al cronista dare contezzadella cura e della meticolosità con cui abbiaindagato sulla genuinità delle sue informa-

    zioni - nel caso di specie il cronista non hadato prova del meticoloso controllo dellefonti (cfr. Trib. Milano, 22.11.2004, n. 10942,secondo cui in questi casi, anche a voleradottare un’interpretazione più favorevoleall’imputato questi non potrebbe sfuggirealla responsabilità sotto il profilo del doloeventuale avendo scritto un articolo di sicu-ra lesione della sfera dell’onore e del deco-ro della parte lesa senza essersi curato diaccertarsi in modo rigoroso della verità deifatti: in senso conforme anche Trib. Milano,08.06.2004, n. 5787, in una fattispecie in cuitra i fatti vi era una circostanza rilevantissi-ma che, pur a conoscenza del giornalista,non era stata riportata nell’articolo). Ovvia-mente, “è da escludersi che sussista a cari-co del giornalista, in via generale, un obbli-go di sentire previamente il punto di vistadella persona interessata dalla pubblicazio-ne di una determinata notizia; semmai l’in-terpello dell’interessato può assumere rilie-vo come uno dei possibili canali attraversocui può esplicarsi quell’attività di controllodella veridicità e della completezza dellanotizia, che il giornalista è tenuto ad effet-tuare con diligenza ed alla stregua di tutti glistrumenti utili a sua disposizione” (Trib.Milano, 11.03.2003, n. 1007, in questo caso,poiché la notizia è risultata vera e riguarda-va l’esito di un procedimento istruito già nelcontraddittorio delle parti, il fatto che ilquerelante non fosse stato previamenteinterpellato dal giornalista risultava irrilevan-te ai fini del giudizio).La verità della notizia può venire in rilievosotto l’aspetto della sua putatività, qualorail giornalista abbia svolto i necessari control-li e verifiche o nel caso in cui abbia fatto affi-damento su una “particolare attendibilitàdella fonte da cui proviene la notizia”: difatti“una volta ricondotto il diritto di cronacaall’esercizio di un diritto ex art.51 cp non viè ragione di escludere l’applicazione adesso dell’art. 59 ultimo comma cp, secondoil quale, se l’agente ritiene per errore cheesistano circostanze di esclusione dellepena, queste sono sempre valutate a suofavore” (Trib. Milano, 12.05.2003, n. 4153). Ad ogni modo, la scriminante della veritàputativa non può trovare applicazione“quando l’autore dello scritto diffamante nonabbia proceduto a verifica compulsando lafonte originaria” (Trib. Milano, 06.10.2003,n. 7148, il quale aggiunge che in “caso diimpossibilità il giornalista assume il rischiodella pubblicazione comunque avvenuta”: inquesto senso anche Trib. Milano,04.032004, n. 2276, in una fattispecie in cuile notizie erano prive di attinenza alla veritàe non era stato assolto l’onere di verificare ilnucleo essenziale del fatto specifico attribui-to alla persona offesa, neppure in manierada legittimarne una ricostruzione putativa,ancorché oggettivamente falsata).

  • 18

    c) Interesse pubblicoCon riferimento all’interesse pubblico, vain primo luogo evidenziato che questo nondiscende dalla mera notorietà dei perso-naggi coinvolti nelle vicende narrate, madeve essere valutato con riguardo al conte-nuto della notizia, la quale deve essere ditale rilievo ed importanza per la genera-lità dei cittadini da prevalere sul diritto allariservatezza ed alla onorabilità dei singoli.E così, ad esempio, il Tribunale di Milanoha escluso che un organo di stampa possalegittimamente proporsi come portavoce edamplificatore di «esternazioni» (quali «cici-sbeo» che «la induceva a bere e fare usodi stupefacenti»), estranee a i temi d’inda-gine, relative ad una sfera strettamenteprivata e, peraltro, di impatto potenzialmen-te dirompente per quanto attiene alla retedi relazioni del soggetto investito delledichiarazioni pubblicate, che viene cosìmesso rumorosamente alla berlina (Trib.Milano, 02.03.2004, n. 2256: in questo

    senso anche Trib. Milano, 07.02.2003, n.1358, secondo cui, con riferimento a infor-mazioni che attengono alla vita privatadella vittima di un omicidio il suo “diritto allariservatezza - tanto più se correlato ad atti-vità moralmente riprovevole secondo ilcostume corrente - non viene meno per ilsolo fatto che un omicidio sia statocommesso e può legittimamente subireuna compromissione solo a fronte di un’ef-fettiva utilità della diffusione della notizia”).Sempre in via esemplificativa, vediamo cheil Tribunale di Milano ha ritenuto sussisterel’interesse del pubblico alla conoscenza deifatti:• nel caso di una società svolgente un

    ruolo altamente considerevole sul pianodell’economia nazionale, così da poterlaqualificare come un soggetto dotato diun’ampia dimensione pubblica di vita,condizione che comporta inevitabilmenteun altrettanto elevato livello di esposizio-

    Quanto al requisito della continenza nellaforma espressiva, il Tribunale di Milano anzi-tutto osserva che questa “non è un valoreastratto e cristallizzato, ma deve essere valu-tato nel concreto ed è suscettibile di diversaestensione a seconda del tema trattato,dovendo in sostanza, risultare proporzionatoe commisurato, nei toni e nella scelta delleespressioni usate, alla rilevanza dei compor-tamenti e dei fatti di cui si discute” (Trib. Mila-no, 28.10.2003, n. 8786). Difatti, in materia didiffamazione tramite mass-media “il significa-to delle parole dipende dall’uso che se ne fa edal contesto comunicativo in cui si inserisco-no: pertanto anche il riferimento ad indefinite«voci di corridoio» o l’uso del modo condizio-nale può essere idoneo a diffondere una falsanotizia” (Trib. Milano, 06.10.2003, n. 7148: inquesto senso anche Trib. Milano, 21.04.2004,n. 4029, relativamente ad una fattispecie incui l’articolo era stato più volte «vivacizzato»con una pluralità di riferimenti poco benevoliriferendo «voci» di malelingue).

    Così ad esempio il Tribunale di Milano ha ritenuto che• l’aver addebitato ad un soggetto di profes-

    sione giornalista un atteggiamento omissi-vo è affermazione lesiva della sua dignitàprofessionale, poiché lo indica come unmanipolatore, di notizie e come dolosa-mente inadempiente al dovere professiona-le di fornire una informazione completa(Trib. Milano, 26.01.2004, n. 768, anche senel caso di specie il comportamento risulta-va scriminato ex art. 599 c.p. costituendol’articolo in questione una risposta agli

    attacchi pubblicati dal diffamato che si erariferito all’imputato con l’espressione«stampa tecnica prezzolata»);

    • per un accademico le pubblicazioni sono glistrumenti attraverso i quali far conoscere ilproprio valore professionale alla comunitàscientifica: su tale presupposto la definizio-ne «pigro di penna» contenuta in un artico-lo, risulta idonea ad offuscarne l’immagine(Trib. Milano, 13.05.2004, n. 5487, in cuirilevava come tale frase inserita nel corpodell’articolo dopo un breve curriculumdell’interessato la rendeva ancora più vero-simile agli occhi del lettore);

    • non è consentito riferirsi ripetutamente aduna persona con l’appellativo spregiativo edenigratorio di «mariuolo» tentando dinascondere l’ingiuria sotto il gioco di paro-le riferito al nome del querelante (Trib. Mila-no, 22.11.2004, n. 10942, il quale ha rile-vato come l’offesa fosse stata peraltrosottolineata in modo smaccato e manifestoper essere stata riportata sotto la fotografiadel querelante).

    In ogni caso è ammesso l’uso di espressionicolorite ed allusive-caratteristiche del restodello stile giornalistico-quando l’articolo simantiene nell’ambito di un’esposizione civi-le, senza trasmodare in un linguaggio di persé offensivo (Trib. Milano, 08.03.2004, n.2472, in una fattispecie in cui l’attacco delpezzo che paragonava due fratelli a Caino eAbele, con ciò insinuando che il querelantefosse un omicida, in realtà veniva subitosminuito dal tenore complessivo della frase«una sorta di storia di Caino e Abele in tonodecisamente minore»).

    b) La continenza espressiva

  • 19

    d) Il diritto di cronaca, il diritto di critica e l’intervista

    ne alla attenzione e quindi alla critica delpubblico (Trib. Milano, 07.01.2004, n.30);

    • nel caso di circostanze attinenti la solvibili-tà di una società che opera in un settorecruciale come le telecomunicazioni e cherisultava titolare di licenze rilasciate dallepubbliche autorità (Trib. Milano,19.04.2004, n. 3861);

    • con riguardo a fatti inerenti “operazioni dieconomia finanziaria che rientrano pereccellenza tra gli argomenti sui quali i citta-dini devono essere ed hanno diritto diessere informati” (Trib. Milano,26.04.2004, n. 4171);

    • circa episodi relativi la missione ONUitaliana in Somalia: in questo caso l’inte-resse pubblico è incontroverso e giustifical’esercizio del diritto di informare e di esse-re informato, anche perché l’articoloaffrontava la tematica dei diritti umani e del“ripudio della tortura quale strumentoprocessuale per la ricerca della verità, chedall’Illuminismo in poi costituisce uno deicaratteri fondamentali degli ordinamenti

    Illustriamo di seguito come sono state modu-late dal Tribunale di Milano le tre scriminantisopra trattate con riferimento all’esercizio deldiritto di cronaca, del diritto di critica e allarealizzazione di un’intervista.

    Il diritto di cronaca

    Nelle decisioni esaminate il diritto di cronacaè venuto in rilievo soprattutto in fattispecienelle quali sono stati riferiti fatti attinenti allacronaca giudiziaria. In quest’ambito il Tribu-nale ha anzitutto ritenuto che il giornalistapossa attingere le notizie dai dibattimentipenali, dagli organi di polizia giudiziaria (attigiudiziari, rapporti di polizia, conferenzestampa), ma non da fonti ufficiose o confi-denziali (per esempio funzionari di poliziache non osservino il dovere di riservatezzaovvero da voci correnti), né da altri giornaliod agenzie di stampa e reti televisive, senzaverificarne la fondatezza (Trib. Milano,07.02.2003, n. 1358, il quale precisa che nonpuò “attribuirsi efficacia sotto il profilo dell’e-sercizio putativo del diritto di cronaca a noti-zie ufficiose rivelate da organi di polizia inviolazione dell’obbligo i riservatezza a cuisono tenuti”). In altre parole, con riferimentoa “notizie apprese da agenti o da rapporti dipolizia al di fuori dei canali ufficiali di comu-nicazione”, il Tribunale di Milano, sul presup-posto “che per gli organi di stato esistonoprecise forme di pubblicità del loro operato”,ha ritenuto che “al di fuori di queste non

    esiste alcuna ufficialità riconoscibile e taleper cui il giornalista che pubblica notizieapprese informalmente da organi della P.G.può essere esentato da responsabilità solocon la dimostrazione di avere svolto ilcontrollo e non già per l’affidamento ripostoin buona fede sulla fonte, per quanto possatrattarsi di un organo dello Stato” (Trib. Mila-no, 15.10.2004, n. 9459). Conseguentemen-te “sussistono i presupposti di applicazionedella scriminante del diritto di cronaca, quan-do la notizia riportata nell’articolo incriminatosia stata seriamente accertata e corrispondealla verità dei fatti - sia pure correlativamen-te alla fonte e nell’attualità del preciso riferi-mento storico dell’epoca della pubblicazione- senza alterazioni o travisamenti del conte-nuto dei provvedimenti giudiziari da cui èstata mutuata” (Trib. Milano, 06.03.2003, n.2526).

    Da ultimo, nell’ambito dell’esercizio del dirit-to di cronaca il giudice ambrosiano ha altresìprecisato che il “criterio della verità dell’infor-mazione comporta l’obbligo per il giornalistadi aggiornare la notizia, completandola contutti i dati conosciuti nel momento storico incui viene diffusa” (Trib. Milano, 15.10.2004,n. 9459).

    Il diritto di critica

    Il diritto di critica “rientra tra i diritti pubblicisoggettivi inerenti alla libertà di pensiero e di

    liberali e democratici ed è stato trasfuso infonti di diritto internazionale” (Trib. Milano,15.04.2004, n. 3763).

    Non sussiste invece interesse pubblico allaconoscenza di fatti risalenti a dieci anniaddietro e privi di attualità e rilevanza: dopoun certo numero di anni (e, osserva il Tribu-nale, sicuramente dieci lo sono), sul diritto dicronaca prevale il diritto all’oblio del sogget-to che da tempo e con fatica cerca di rico-struire la propria vita (Trib. Milano,22.11.2004, n. 10942; osserva altresì, ilTribunale che il termine cronaca significa«resoconto di fatti contemporanei al narrato-re» e con l’“adottare altre interpretazioni sigiungerebbe alla vergognosa e illecitaconseguenza di scriminare il comportamen-to di una qualsivoglia persona che, per occa-sione o per mestiere, possa scrivere su ungiornale e tramite di esso mortificare moral-mente ed additare alla pubblica vergognaper un tempo indefinito un soggetto cheabbia una volta nel passato commesso unoo più sbagli, anche se pagati con la sanzio-ne applicatagli dal Tribunale dello Stato”).

  • 20

    stampa” (Trib. Milano, 26.03.2003, n. 1696)e si estrinseca nella “libertà di esprimereopinioni e valutazioni su fatti e situazioninonché dissensi o consensi rispetto adopinioni altrui” (Trib. Milano, 08.04.2003, n.1430). La critica deve dunque “consistere inun dissenso motivato, espresso in terminicorretti e misurati e non deve assumere tonigravemente lesivi dell’altrui dignità morale eprofessionale. Il limite dell’esercizio di talediritto deve per ciò intendersi superato quan-to l’agente trascenda in attacchi personalidiretti a colpire, su un piano individuale,senza alcuna finalità di pubblico interesse lafigura morale del soggetto criticato giacchéin tal caso l’esercizio del diritto, lungi dalrimanere nell’ambito di una critica misurataed obiettiva, trascende nel campo dell’ag-gressione alla sfera morale altrui, penalmen-te protetta” (Trib. Milano, 26.03.2003, n.1696). In altre parole mentre il diritto dicronaca è il “diritto di informare”; il diritto dicritica è la “libertà di esprimere valutazioni,dissensi o consensi rispetto alle opinionialtrui, come attività di analisi di eventi,condotte, fenomeni, come espressione digiudizi su accadimenti, fatti o circostanze deipiù vasti settori della vita” (Trib. Milano,28.02.2003, n. 1805).

    Quanto al requisito della verità, “è necessa-rio sia vero il fatto su cui la critica viene eser-citata, mentre ne rimane libera la valutazio-ne” (Trib. Milano, 08.04.2003, n. 1430). Difat-ti la critica si “sostanzia nella manifestazionedi un giudizio che non può pretendersi rigo-rosamente obiettivo (Trib. Milano,28.10.2003, n. 8786); ne segue che “il gior-nalista può esercitare il proprio diritto di criti-ca senza incorrere in censure purché (…) lasua valutazione sia tenuta distinta dalla noti-zia in sé, risulti pertinente ai fatti riferiti e nonsia gratuitamente lesiva della reputazionealtrui” (Trib. Milano, 28.10.2003, n. 8786).

    Si può così affermare che “la critica è sicu-ramente soggetta ai due parametri della rile-vanza sociale dell’argomento e della corret-tezza dell’espressione, ma non può essereassoggettata in relazione al terzo parame-tro, la verità dei fatti, in maniera così rigoro-sa come nel diritto di cronaca. Tuttavia lastessa non può essere fantasiosa o astrat-tamente speculativa, svincolata cioè daqualsivoglia profilo di verità e porsi quindicome strumentale pretesto per l’aggressio-ne dell’altrui reputazione” (Trib. Milano,12.12.2003, n. 11882, nonché Trib. Milano,28.10.2003, n. 8786, per il quale “è pacificoche la critica possa essere anche particolar-mente penetrante ed aspra e che il giornali-sta possa fare uso di toni oggettivamentepolemici ed incisivi, quando il suo giudizioabbia ad oggetto argomenti di grave interes-se pubblico”).

    Fatte queste premesse di ordine generale,vediamo di seguito alcuni casi concretiesaminati dal Tribunale di Milano:- in una fattispecie erano stati riferiti fedel-

    mente dei fatti storici salienti in materia dimafia, sui quali i giornalisti autori del pezzoavevano espresso delle loro conclusionifrutto di un’opinione personale: in questocaso il Tribunale ha ritenuto che la vicendafosse stata affrontata nel rispetto del dirittodi cronaca e, per la parte in cui venivanoesplicitate le considerazioni personali, nelrispetto del diritto di critica (Trib. Milano,11.01.2004, n. 1419, il quale ha osservatocome il diritto di critica fosse stato esplicita-to con fermezza, ma, al contempo, conassoluto rispetto della civiltà delle forme);

    - in un altro caso, in cui vi era un nucleosostanzialmente veritiero dei fatti assunti abase delle opinioni e delle valutazioniespresse, gli stessi, tuttavia, si risolvevano,per il lessico impiegato, per l’uso strumen-tale degli apprezzamenti («personaggisquallidi e intriganti»), per la sostanza e laforma dei giudizi formulati, in un attaccopersonale e gratuito non rispondente a unparticolare interesse sociale (Trib. Milano,03.03.2004, n. 2203);

    - il riferimento alla vita privata del diffamatocome «inquietante», è stato giudicato lesivodel suo onore trattandosi di un “giudiziooscuro e allusivo (che pare evocare qual-cosa di non detto che se rivelato potrebbecolpire duramente la querelante), franca-mente incivile come mezzo di attaccopersonale”: il Tribunale ha altresì osservatocome l’articolo incriminato non enunciasse,neppure per sottointesi, quali sarebberostati gli aspetti inquietanti ai quali si volevaalludere, con la conseguenza che ne emer-geva un’accusa del tutto gratuita e forte-mente lesiva dell’onore personale dellapersona coinvolta in quanto evocativa dicomportamenti riprorevoli sul piano morale(Trib. Milano, 28.04.2004, n. 4298, il qualeosservava anche che l’articolo apparivacostruito su “semplici sospetti, voci ed illa-zioni e che il giornalista avrebbe potutocorrettamente indicarli come tali indicandola fonte e proponendo delle ipotesi, senzadarli per assodati così da trasformare unamera voce in verità”);

    - infine, quando il soggetto leso è un perso-naggio pubblico noto alle cronache giornali-stiche per i suoi meriti scientifici e la suapersonalità eccentrica, lo stesso non puòdolersi se diviene oggetto di critica ancheaspra, in quanto rientra nella normaledialettica affidata ai mezzi di pubblicazione(Trib. Milano, 13.05.2004, n. 5487): se poisi tratta di una critica rivolta all’operato diun magistrato, il Tribunale di Milano, sulpresupposto che “ogni Giudice è chiamatoa porre in essere quanto possibile, pergarantire il soddisfacimento dell’esigenza di

  • 21

    imparzialità della propria jurisdictio”, ha rite-nuto fosse di “pubblico interesse conosce-re le modalità di esercizio della jurisdictio”rientrando quindi nel diritto di cronaca e dicritica riferire tali avvenimenti, nel momen-to in cui gli stessi sono veri e nulla si puòimputare al giornalista per averli riferiti conuna vis ironica, ma non contumeliosa (Trib.Milano, 29.10.2004, n. 10062).

    Quanto a particolari forme di critica comequella politica o sindacale, si ammette unl’utilizzo di un linguaggio più vivace e pole-mico, purché lo stesso non si risolva in unattacco gratuitamente offensivo sul pianopersonale (Trib. Milano, 07.07.2003, n. 6666e Trib. Milano, 15.07.2004, n. 7285, il qualeritiene che il diritto di critica ben può espri-mersi, nella fisiologica conflittualità checaratterizza la dialettica sindacale, anchecon linguaggio assai vivace, senza perquesto che si debba intendere superato ilprofilo della mera polemica).

    L’intervista

    In materia di intervista, si segnala unapronunzia del Tribunale di Milano che hadato conto dell’evoluzione giurisprudenzialein materia.In particolare vediamo che secondo “unprimo orientamento della Suprema Corte siritiene che il giornalista risponda del reato didiffamazione commesso dal terzo intervista-to qualora non ricorrano i requisiti della perti-nenza, della verità dei fatti narrati e dellacontinenza verbale (...) poiché chi da diffu-sione alla dichiarazione di altri commettediffamazione a sua volta (cfr. Cass.17.03.1980, n.516): nel corso degli ultimianni, però, si è andato creando un diverso eben più liberale orientamento secondo ilquale è stata riconosciuta una vera e propriaesimente da intervista (...) in quanto è confi-gurabile l’esimente putativa dell’esercizio deldiritto nei confronti del giornalista tutte levolte in cui la notizia è costituita non solo enon tanto dal contenuto delle dichiarazioni (dipubblico interesse) rese dall’intervistato,quanto dalle caratteristiche del soggetto cherilascia l’intervista idonea a creare particolareaffidamento sulla veridicità delle sue afferma-zioni (cfr. Cass. 16.01.1995, Bardi)”. Il contrasto tra i diversi orientamenti “è statorisolto con la sentenza n. 37140/2001 delleSezioni Unite, secondo cui il primo e piùrestrittivo orientamento non può ritenersisuscettibile di una generalizzata applicazione(...), mentre il limite del secondo orientamentoè costituito dal fatto che l’utilizzazione dellacassa di risonanza rappresentata dalla stam-pa può dare adito ad abusi e palesi violazionidel diritto all’integrità morale di cittadini. Inpresenza, dunque, di un interesse del pubbli-co all’informazione il giornalista che pubblichi

    dichiarazioni espresse da un personaggionoto che abbiano contenuto diffamatorio neiconfronti di terzi prescindendo dalla veridicitàdel suo contenuto deve essere sicuro dellaposizione di alto rilievo dell’intervistato edell’interesse della collettività ad essere infor-mata del suo pensiero sull’argomento cheforma oggetto dell’intervista medesima” (Trib.Milano, 24.03.2003, n. 1380).

    La particolare disciplina dell’intervista, trovadunque applicazione quando questa sia“rilasciata da un soggetto che ricopra unaposizione di rilievo all’interno di questo oquel settore della vita pubblica, in quanto incasi del genere la notizia è rappresentataproprio dal contenuto dell’intervista in quan-to sussiste un interesse sociale alla cono-scenza del pensiero di determinati perso-naggi di spicco. Inoltre il giornalista devesempre mantenere una posizione neutra eimparziale perché diversamente risponde atitolo di concorso nel reato di diffamazione:in altri termini il giornalista deve assumerela prospettiva del terzo osservatore dei fatti,agendo per conto dei suoi lettori mentrecommetterà reato se sia solo un dissimulatocoautore della dichiarazione diffamatoria”(Trib. Milano, 26.03.2003, n. 1696; nonchéTrib. Milano, 15.04.2004, n. 3763, in unafattispecie in cui il soggetto intervistato - ungenerale - essendo una persona qualificataad esprimere un’opinione sui fatti narrati perle funzioni ricoperte e le attività svolte,rappresentava, dunque, una fonte lecita,selezionata e intrinsecamente attendibile).In applicazione di tali principi il Tribunale diMilano ha ritenuto che nell’esercizio dellasua attività il giornalista, pur in presenza diaccusa di indubbio contenuto diffamatorio,mosse con toni molto duri verso alcuni magi-strati, avesse assunto quella posizione diimparzialità che è condizione per la sussi-stenza della scriminante dell’esercizio deldiritto di cronaca. In questa fattispecie il gior-nalista non aveva assecondato i toni usatidall’intervistato, ma si era posto - vista ladelicatezza della situazione - quale contral-tare dell’intervistato, rammentandogli leopinioni dei magistrati o rappresentandoglila gravità delle accuse lanciate agli stessi(nella sentenza resa dal Trib. Milano,18.05.2004, n. 5139, si precisa che inquesta fattispecie, non vi era alcun dubbioche il fatto in sé dell’intervista, in relazionealla qualità dei soggetti coinvolti - parlamen-tari e magistrati - alla materia in discussionee al più generale contesto dell’intervistastessa - accuse connesse a presunte attivitàmafiose del parlamentare intervistato a cuiquesti reagisce attaccando l’inchiesta e imagistrati - presentasse quel profilo di inte-resse pubblico all’informazione, tale daprevalere sulla posizione soggettiva delsingolo: per tali motivi il Tribunale di Milano

  • 22

    ha ritenuto che ricorressero le condizioni perritenere scriminato il giornalista anche seaveva riportato le espressioni offensivepronunciate dall’intervistato, dato che, lerilevanti cariche pubbliche ricoperte daisoggetti coinvolti nella vicenda e la loro indi-scussa notorietà, facevano si che fosse l’in-tervista in sé ad assumere il carattere di unevento di pubblico interesse, come tale nonsuscettibile di censura alcuna da partedell’intervistatore). In termini analoghi ilmedesimo Tribunale si è espresso in un’al-tra fattispecie in cui il giornalista aveva rife-rito le dichiarazioni rese dall’intervistato(un’assessore) che erano un riassuntosemplificato ad uso divulgativo di espressio-ni tecnico-giuridiche di una delibera adottatadal Comune: la verifica del giornalista sullaveridicità delle affermazioni dell’intervistato

    Il titolo di un articolo deve riassumere l’essen-za della notizia cercando, nel contempo, dicatturare l’attenzione del lettore: difatti, ilredattore del titolo (o colui che come il diretto-re ne è responsabile) deve concentrarvi i puntisalienti della notizia affinché il lettore di mediadiligenza, nel leggere il titolo e dando unasemplice scorsa al testo dell’articolo possaugualmente apprendere il fatto nella suacompletezza (Trib. Milano, 11.03.2003, n.1007). Può così accadere che un titolo, inidoneo afar comprendere che riferisce di una meraprospettazione di parte ed anzi, al contrario,sembra espressione di un dato oggettivo, puòugualmente essere diffamatorio, anche se lalettura dell’articolo chiarisce che si tratta, inve-ce, del contrario, poiché in un articolo di stam-pa vi sono vari livelli di lettura, ivi compresaanche quella distratta e non approfondita(possibile per chiunque in situazioni di tempoparticolari) con la quale un qualsiasi lettore sisarebbe (falsamente) convinto della verità delfatto prospettato dal titolo (Trib. Milano,

    02.07.2003, n. 6605). In ogni caso, non ècompito del titolista verificare se la notizia siavera o inventata, perché il suo compito è soloquello di controllare che il titolo corrisponda alcontenuto dell’articolo (Trib. Milano,23.02.2004, n. 1854, in una fattispecie in cuinon si è ritenuto diffamatorio il titolo «stradesporche salta la ditta», giacché “il termine«strade sporche» era l’anticipazione, pur intermini enfatizzati, del contenuto dell’articolo,mentre il termine «salta», pur nella suaasprezza e laconicità traduceva in linguaggiocomune il concetto giuridico di risoluzione delcontratto di per sé non propinabile al lettoredigiuno di studi giuridici).

    Si segnala altresì una pronunzia del Tribu-nale di Milano, cha ha reputato diffamatorial’attribuzione ad un soggetto della apparte-nenza ad un gruppo di persone imputate dicomportamenti criminosi “attraverso lapubblicazione di una sua immagine fotogra-fica perfettamente riconoscibile” (Trib. Mila-no, 17.03.2003, n. 2180).

    effettuata sulla base della semplice letturadelle delibere lo esimeva da ogni ulterioreonere di accertamento sulla rispondenzadelle notizie diffuse (Trib. Milano,23.02.2004, n. 1854, il quale ha osservatocome il giornalista si fosse limitato a rende-re pubblico il contenuto di atti amministrativi- che per loro natura sono destinati ad esse-re conosciuti dai cittadini - e non era certosuo obbligo sindacarne la correttezza ammi-nistrativa e giuridica).

    In definitiva in materia di intervista assumeparticolare rilievo il criterio della continenzaal fine di verificare “se il giornalista abbiaassunto la posizione di terzo osservatore deifatti o non abbia piuttosto, provocato o solle-citato le dichiarazioni diffamatorie” (Trib.Milano, 24.03.2003, n. 1380).

    f) Il Direttore responsabile

    e) Titolo e fotografie

    Il direttore responsabile risponde ai sensidell’art. 57 c.p. del reato di omessocontrollo necessario ad impedire che colmezzo della pubblicazione siano commessidei reati. Tale reato è punito a “titolo dicolpa con ciò dovendosi intendere (...) chetale responsabilità ha natura colposa,fondata sulla posizione di preminenza deldirettore che si estrinseca nell’obbligo dicontrollo, nel potere di censura e nellafacoltà di sostituzione” (Trib. Milano,

    16.07.2003, n. 6415; nonché Trib. Milano,22.11.2004, n. 10942, secondo cui laprestigiosa posizione di direzione di unquotidiano, insieme a vari importanti potericorrelativi alla sua carica, comporta unaserie di doveri tra cui quello di impedire chetramite i suoi stampati siano lesi i dirittigarantiti dalla legge). In particolare, “nellafattispecie criminosa prevista dall’art.57c.p., il reato che, con il mezzo della pubbli-cazione, viene commesso dall’autore

  • 23

    dell’articolo pubblicato, si configura comeun evento del reato colposo addebitato aldirettore del giornale, cosicché tale ultimoreato non può configurarsi ove vengaaccertato che nessun reato è statocommesso dall’autore dell’articolo” (Trib.Milano, 13.11.2003, n. 10712). La colpa dicui è chiamato a rispondere il direttore “nonè ravvisabile genericamente nella negligen-za o imprudenza, ma è espressamenteindividuata dalla legge nella inosservanzadi una specifica norma cautelare: la regoladi condotta contenuta a contrario nell’art.57c.p.: la condotta omissiva può essere indif-ferentemente volontaria o colposa e in talcaso costituiranno ipotesi equivalenti dicondotta contraria al precetto l’omissionecolposa di controllo tout court, la negligen-za nella sua esecuzione, l’inadeguata valu-tazione della liceità penale dell’articolo”(Trib. Milano, 16.07.2003, n. 6415). Laprova della colpa del direttore, “si identificacon la prova stessa dell’omissione,cosciente e volontaria, da parte del colpe-vole di detto controllo, senza che sianecessario accertare se la omissione abbiaavuto luogo per colpa” (Trib. Milano,23.05.2003, n. 3887).Il dovere di controllo del direttore si “estendeall’intero contenuto della pubblicazione”(Trib. Milano, 16.07.2003, n. 6415, il qualeincidentalmente osservava altresì come nonsussistesse una qualunque idonea delegaad una figura professionale sott’ordinata”).Tuttavia, al fine di evitare che “la responsa-bilità del direttore si risolva in una responsa-bilità automatica («di posizione») e pertantosi ponga al di fuori dei canoni costituzionaliche reggono la materia, tale obbligo dicontrollo va pur sempre parametrato allecircostanze del caso di specie”. Difatti, atte-so che il “direttore debba risalire alla fontedella notizia solo nei casi dubbi”, in una fatti-specie in cui il fatto narrato dal giornalistanon presentava alcun allarme, il Tribunale haritenuto che al direttore non si potessemuovere alcun addebito, in assenza dielementi sintomatici tali da indurre a ritenereche il giornalista avesse adottato una proce-dura metodologicamente scorretta con lanecessità di attivare un controllo maggior-mente pervasivo di quello ordinario (Trib.Milano, 03.02.2004, n. 1079, diversamenteopinando, ad avviso del Tribunale, si impor-rebbe uno standard di diligenza così elevatoda risultare paralizzante per l’ordinario svol-gimento dell’attività giornalistica e surrettizia-mente anticostituzionale in quanto risolven-tesi in una forma larvata di responsabilitàoggettiva).

    Ciò posto vediamo che il Tribunale di Milanoha affermato la responsabilità del direttoreex art. 57 c.p., in tutti i casi in cui:

    - il direttore aveva colposamente omesso dicontrollare la veridicità e la correttezza diquanto affermato nella lettera pubblicata eda lui espressamente indirizzata (Trib. Mila-no, 03.03.2004, n. 2203);

    - il direttore, nonostante la gravità di afferma-zioni altamente diffamatorie nell’ambito diuna vicenda di grande risonanza, non risul-tava che avesse richiesto al giornalistaspiegazioni e chiarimenti (Trib. Milano,13.04.2004, n. 3673, il quale ha peraltroosservato che nella fattispecie concretanon era neppure possibile sostenere chel’articolo fosse su argomenti di secondopiano o che lo stesso fosse di taglio conte-nuto e che quindi potesse sfuggire all’atten-zione di una persona altamente qualificatadal punto di vista professionale qual’è ildirettore: secondo il Tribunale, inoltre, trat-tandosi di un periodico a cadenza settima-nale, il direttore aveva tutto il tempo diprendere visione dell’articolo, informarsi e,all’esito, adottare i provvedimenti di compe-tenza per evitare che con la pubblicazionevenisse commesso il reato di diffamazione- in senso conforme anche Trib. Milano,08.06.2004, n. 5787, in una fattispecie incui era emerso che il direttore che avevaaltresì tutto il tempo di prendere visionedell’articolo, informarsi e, all’esito, adottarei provvedimenti di competenza per evitareche con la pubblicazione dello stessovenisse commesso il reato di diffamazio-ne);

    - risultava evidente l’omissione di controlloche il direttore avrebbe dovuto esercitare,perché il titolo ed il sottotitolo dell’articolo,nonché la posizione di evidenza all’internodella pagina non potevano sfuggire al suocontrollo, come non poteva sfuggire il carat-tere sarcastico e diffamatorio dello stesso(Trib. Milano, 13.05.2004, n. 5487).

    Per contro il direttore è stato mandato esen-te da responsabilità in una fattispecie in cui,con riguardo ad una fotografia acquisitapresso un’agenzia fotografica di provata affi-dabilità e nell’ambito di un rapporto fiduciarioultradecennale, si è ritenuto che il controllodel direttore del giornale non dovesse esten-dersi fino alla consultazione del fotografoche scattò la foto, in assenza di elementi disospetto, conosciuti e riconoscibili dal diret-tore, tali da imporgli un accertamento ulterio-re rispetto a quello ordinario, relativo alladiretta fonte di approvvigionamento delmateriale fotografico” (Trib. Milano,17.03.2003, n. 2180).Da ultimo sull’argomento, si ricorda che lal’art.1 L.47/48 dispone testualmente che«sono da considerare stampa o stampati aifini di questa legge tutte le riproduzioni tipo-grafiche o comunque ottenute con mezzimeccanici o fisicochimici, in qualsiasi mododestinate alla pubblicazione»: il riferimento

  • 24

    g) Danno e rettifica

    h) Provocazione

    normativo limita l’ambito di applicabilità delladisciplina a forme espressive che sianodunque attuate con il supporto di materialecartaceo, idonee ad essere percepite conimmediatezza da una pluralità di soggetti. Per tali ragioni nel caso di diffamazioneconsumata attraverso internet, la suindi-cata definizione a proposito di stampatoappare “incompatibile con le modalità didiffusione delle pubblicazioni mediante inter-net, che avvengono attraverso la collocazio-ne di dati ed informazioni trasmessi per viatelematica tramite l’utilizzo di rete telefonica

    Con riferimento ai danni risarcibili è noto chequesti possono consistere nei danni patrimo-niali ed in quelli morali (oltre che all’applica-zione della sanzione pecuniaria ex art. 12 L.47/1948 ed alla pubblicazione della sentenzadi condanna). Al fine della determinazione deldanno rileva se sia stato, o meno, “dato ampiospazio alle argomentazioni difensive dellaparte offesa” (Trib. Milano, 14.05.2003, n.4451). Inoltre, sul presupposto che l’opinionepubblica rimane colpita dalle prime notiziericevute, soprattutto se relative a presunteresponsabilità di un soggetto e non si curi poidi eventuali pubblicazioni di rettifica o ripara-torie, vista anche la loro costante inadegua-tezza e la minima rilevanza che viene data

    sui giornali, alle stesse non viene solitamen-te attribuita capacità di annullare i danni, ma,semmai, di ridurne l’ampiezza (Trib. Milano,22.11.2004, n. 10942). Ne consegue chenella determinazione del quantum “non puòobliterarsi la condotta del denunciante chenon ha prontamente richiesto la rettifica (...)in accordo con la giurisprudenza di legittimi-tà che esclude che il danneggiato debbaporre in essere comportamenti eccessiva-mente gravosi al fine di limitare le conse-guenze dell’evento dannoso (Trib. Milano,03.02.2004, n. 1079, il quale però precisacome non possa tuttavia considerarsi larichiesta di rettifica un comportamento impli-cante un sacrificio apprezzabile ed esorbi-tante l’ordinaria diligenza).

    al server di un c.d. provider o webmaster,accessibile a migliaia di utenti contempora-neamente presso il quale le informazionirestano a disposizione dei diversi siti in modotale che ciascun interessato può leggerle econservarle mediante il proprio computer; neconsegue che non potendosi applicareanalogicamente o estensivamente la defini-zione di stampa richiamata dell’art. 57 cp allecondotte diffamatorie commesse medianteinternet il direttore responsabile deve essereassolto perché il fatto non sussiste” (Trib.Milano, 12.05.2003, n. 4153).

    Da ultimo va detto che, in ambito penale puòvenire in considerazione in alcuni casi anchel’esimente della provocazione, per la sussi-stenza della quale “è necessario che l’agen-te abbia commesso il fatto di diffamazionenello stato d’ira determinato da un fatto ingiu-sto altrui e subito dopo di esso” (Trib. Mila-no, 26.03.2003, n. 1696). Nella diffamazio-ne, tale esimente può essere validamenteinvocata solo se la reazione si sia manifesta-ta nello stato d’ira immediatamente seguitoal fatto ingiusto altrui, a nulla rilevando lamancanza in quel momento di disponibilitàdello strumento attraverso il quale si sareb-be dovuta attuare la reazione (Trib. Milano,03.03.2004, n. 2203, nonché Trib. Milano,

    23.07.2003, n. 6249, secondo cui ai “fini dellatempestività della reazione si deve conside-rare che gli articoli con cui si è realizzata lapolemica sono stati pubblicati a distanza disoli sette giorni l’uno dall’altro; l’intonazionedell’articolo in cui comparivano le accuseformulate dall’imputato era proprio quella diuna esplicita risposta alle (precedenti) accu-se del querelante”). Essa inoltre può configu-rarsi anche “sotto il profilo della putatività, aisensi dell’art.59 c.p. qualora ricorra unaragionevole, anche se erronea, opinionedell’illiceità del fatto altrui, ma in tal casorichiede che l’errore sia plausibile, ragione-vole e logicamente apprezzabile” (Trib. Mila-no, 26.03.2003, n. 1696).