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Saluto di Speranza

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Viaggio immaginario con la famiglia Holland Wilde

Intorno alle quattro e mezza del pomeriggio, mentre lei stava preparando il tè delle cinque come buona usanza britannica, sebbene fosse in un Paese straniero, arrivò il maggiordomo che le consegnò una busta piuttosto voluminosa ed un po’ malandata.. “E’ arrivata dall’Inghilterra, madame” - disse.L’intestazione recava la dicitura ”A Mrs. Constance Lloyd Holland”.Constance, che non si sentiva bene e a fatica si era alzata da letto quel giorno, la posò sul tavolo senza interessarsi se si trattasse di una missiva urgente o di un’epistola di qualche amico di Londra: in quel periodo non le interessava proprio niente. La lettera se ne stette lì sul tavolo fino a tarda sera.Prima di andare a dormire, Constance la prese e se la portò in camera da letto assieme al quotidiano del giorno. Arrivata nella stanza posò la busta sul comodino e si vestì per la notte. Dopo aver sfogliato il quotidiano, la prese, la aprì e la lesse.

10 Gennaio 1896Cara Constance, so bene che forse non sono la persona più adatta a scriverti, dopo tutto quello che è accaduto e che ha causato tanto dolore portandoti lontano da qui. Sono giorni difficili e ho atteso a lungo prima di prendere la

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penna in mano, ma mi sono convinto della necessità di comunicarti che mia madre è ormai sul letto di morte. Ha espresso insistentemente il desiderio di vedere i ragazzi per l’ultima volta. Dentro alla busta troverai il denaro necessario per il viaggio. Mi sono permesso di organizzare una carrozza che in segreto porterà te e i ragazzi fino a Londra. Ti prego, Constance, di non rifiutare il mio appello e quello di mia madre alla quale sei sempre stata molto cara. Ti raggiungerà una carrozza all’alba del prossimo 25 gennaio.Dio ci benedica! Possiate arrivare in tempo e possa Speranza passare a seconda vita senza soffrire. Ti porgo i miei umili saluti e vi aspetto con ansia.

I miei rispetti William R. K. W. Wilde

Dopo averla letta, ebbe un moto di rabbia, seguito subito dopo da commozione. Le venne in mente quel pomeriggio di tanti anni prima a Dublino in cui Speranza in persona durante una conferenza l’aveva avvicinata e le aveva sussurrato che Oscar aveva espresso predilezione per lei. Si era sentita onorata e pervasa di emozione che quella dama affascinante si fosse rivolta proprio alla sua persona.Rifletté e nel profondo della sua coscienza ammise: ”Io ho già sofferto abbastanza ed ho perduto una famiglia, ma non voglio che i miei figli siano privati del tutto delle loro radici”.

Il giorno seguente, si mise a tavolino e di getto scrisse una lettera di risposta al cognato e altre due ai rettori degli Istituti in cui Cyril e Vyvyan si trovavano. Ai figli aveva già inviato alcune righe

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personali un paio di giorni prima, dato che Cyril ora si trovava tutto solo alla scuola inglese e Vyvyan lo era altrettanto, dopo il trasferimento all’Istituto Gesuita di Monaco. Così, dopo aver spedito le lettere in Germania, Constance tornò a casa e pensò per tutto il giorno a come avvisare Oscar: gli era vietato leggere e ricevere corrispondenza, ma forse qualche amico a Londra su cui poteva contare, lei Constance, ancora lo aveva e questi l’avrebbe potuta aiutare. Giunse alla conclusione che, in virtù di tutta la strada che avrebbe dovuto percorrere, era opportuno tentare di fargli giungere uno scritto di suo pugno.

17 Gennaio 1896Caro Oscar,

se potrai leggere questo breve messaggio dovremo entrambi essere grati agli amici che ancora ci rimangono a Londra. Tuo fratello una settimana fa mi scrisse per comunicarmi che tua madre, molto malata, chiede dei ragazzi. Ho deciso di affrontare il viaggio e tra circa due settimane a partire da oggi sarò in Inghilterra con Vyvyan Cyril, perché abbraccino la nonna. Se leggerai queste righe, anche tu, nella tua vergogna e solitudine, saprai che siamo lì ad onorare tua madre e a non dimenticare quel che è stato.

Constance

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Nel frattempo, in Germania, Cyril e Vyvyan erano stati informati che una carrozza sarebbe venuta a prenderli la sera del 25 gennaio per affrontare un viaggio in compagnia della madre.Mentre apriva la piccola valigia per disporre le sue cose, Cyril vi trovò dei libri di racconti che non apriva da lungo tempo: Il Principe Felice e altri racconti e una copia illustrata de Il fantasma di Canterville. Decise di portarli con sé e li ripose nella cartella di cuoio assieme ai suoi effetti personali e ad altri pochi oggetti a lui cari.

La sera del 25 gennaio, dopo aver cenato, Cyril aspettò in silenzio. Non conosceva ancora il motivo di quel viaggio improvviso e i dubbi gli trasmettevano una sensazione di timore interiore. Quando sentì il calpestio dei cavalli e il fragore delle ruote sul ciottolato, prese il suo bagaglio e si avvicinò lentamente alla porta. Era già molto alto di statura, benché non avesse ancora compiuto undici anni, e sembrava un piccolo adulto con il suo cappotto e il berretto in testa, la cartella sulla spalla e la valigia in mano. Il cocchiere balzò a terra: era un giovane ragazzo, come Cyril intuì dalla voce gentile poiché, incappucciato e vestito totalmente di nero com’era, non poteva vederlo in faccia. La carrozza stessa era nera, e la porta per salire all’interno era sigillata da un lucchetto, cosa che accrebbe il timore di Cyril. Il giovane conducente non perse tempo, lo salutò, caricò le valigie e lo fece accomodare nell’abitacolo. Che emozione provò Cyril rivedendo la mamma. Si abbracciarono forte e lei sorrise con gli occhi gioiosi come sempre faceva quando si ritrovavano a distanza di giorni. Poi accarezzò i capelli di suo fratello Vyvyan che, con lo sguardo impaurito, era seduto di fronte alla madre. Anche lui gli sorrise e sembrava sollevato nel vederlo.

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La carrozza partì subito e, in un batter d’occhio, i tre furono fuori dalla città. Constance si piegò in avanti e prese le mani dei due figli seduti di fronte a lei: “ Figli miei stiamo andando a Londra a far visita a vostra nonna Jane che sta molto male ed ha bisogno del nostro conforto e del vostro affetto. Sarà un viaggio lungo ed un po’ scomodo, perché dormiremo in carrozza questa notte, ma sono felice di avervi qui e di stare insieme a voi per molti giorni.” “Che bello!” esclamò Vyvyan con la candida semplicità dei suoi nove anni. “Noi due dormiremo vicini, così Cyril avrà tutto il divano per sé.”“La nonna sta proprio male, madre?” chiese Cyril per cominciare a fare chiarezza sui numerosi dubbi che affollavano la sua mente.“Sì, purtroppo le sue condizioni sono critiche, ma vi pensa molto ed ha voglia di vederci tutti: il suo spirito è sempre uguale ed ha organizzato lei stessa il nostro viaggio. Io mi sono meravigliata quanto voi e non ho potuto far altro che accettare. Come dirle di no?”“Ma nostro padre? … Verrà anche lui a far visita? Lo incontreremo?” continuò Cyril ingenuamente. Constance guardò intensamente i ragazzi mantenendo il suo dolce sorriso e cercando di non far trapelare i propri pensieri, poi aggiunse: “Vostro padre non potrà esserci anche se … non dubito che la nonna Jane cercherà con tutti i suoi mezzi di fargli avere un permesso.” Ebbe un momento di silenzio perché si rendeva conto che stava per ingannare con false illusioni due poco più che bambini.“Chissà … se avremo delle sorprese una volta arrivati a Londra … non si può mai dire” aggiunse con lo sguardo verso l’alto quasi per convincere se stessa più che i figli che qualche cosa di magico o di inaspettato poteva anche accadere, come nelle fiabe.

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Si fece tardi e Vyvyan, abbracciato alla madre, stava quasi per cedere al sonno, quando Cyril chiese: “Madre, sono così rare le occasioni per vederci da quando siamo andati via dall’Inghilterra ed io vorrei sapere come sta nostro padre. Avete notizie ?” “Sì, madre … come sta?” aggiunse Vyvyan riaprendo gli occhi. “Dicono che i prigionieri sono veramente tenuti in catene, bloccati ai piedi perché non possano scappare. E in celle talmente piccole da non potersi alzare” continuò con voce preoccupata immaginando tutti i prigionieri legati alle catene di cui il padre stesso gli aveva letto in tante fiabe. “E’ così che tengono nostro padre? Con catene arrugginite e pesanti che stridono ad ogni movimento?” .Constance ebbe un sorriso forzato “No, miei cari non è proprio come nei racconti fortunatamente” rassicurò i figli “ma non sbagliate quando lo immaginate in catene, in fondo dovete sapere che per ognuno di noi le catene possono assumere una forma diversa: a vostro padre hanno tolto la carta, la penna e … i libri e per lui non c’è sofferenza più grande o catena più pesante di non poter leggere, scrivere e persino disegnare.” I due ragazzini rimasero in silenzio. Vyvyan passò qualche minuto a pensare al motivo per cui il padre, uno scrittore dotato di straordinaria intelligenza ed abilità non comuni, fosse costretto per punizione a non svolgere quelle cose che sapeva fare bene e che rappresentavano il suo lavoro. Pensò che fosse una condanna veramente crudele, visto che suo padre non aveva compiuto un delitto, non era un uomo violento o un orco cattivo. Non era nemmeno un bambino a cui si toglie il giocattolo più caro per metterlo in punizione. E poi con un libro in mano non poteva certo scappare da quella ‘prigione’ a cui lo avevano condannato.

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Cyril invece chiuse gli occhi per un istante ed alla sua mente affiorò un’immagine nitida e sonora: era Sir Simon in persona, il fantasma. Si aggirava nella penombra della carrozza con le sue catene arrugginite e rumorose. Cyril sentiva distintamente la fatica dei suoi passi, la stanchezza dei suoi pensieri, la tristezza del suo lamento di prigioniero che non poteva suscitare altro che pietà. Quel senso di pietà gli faceva sovrapporre la figura di Sir Simon a quella di suo padre e Cyril si chiedeva se suo padre, quando scriveva, immaginasse che qualcosa di simile gli sarebbe potuto capitare nella vita reale. Poi, però, si ricordò che Sir Simon aveva veramente compiuto un delitto imperdonabile per un motivo molto banale. Suo padre invece era un uomo buono, gentile ed anche simpatico. Quando Cyril riaprì gli occhi, sua madre si era distesa e assopita e, visto che Vyvyan era ancora sveglio, gli chiese di sedersi vicino a lui; i due fratelli condivisero i loro pensieri. Cyril aprì la sua cartella di cuoio e tirò fuori i due libri di racconti che aveva portato. Vyvyan, pur essendo ancora così giovane, commentò sottovoce, sfogliando nel buio le pagine de Il fantasma di Canterville: “Chissà se nostro padre poteva già immaginare quello che sarebbe successo?” Cyril rispose semplicemente: “Non saprei …” pensò per un attimo a come sarebbe stato il loro futuro se il genitore fosse stato ancora lo scrittore che tutti amavano: avrebbero viaggiato, studiato in college prestigiosi, avrebbero avuto tanti amici. Ma subito dopo intuì che quei libri ritrovati nella valigia non gli erano capitati a caso tra le mani: era giunto il momento di cercare quello che il grande Oscar Wilde aveva voluto comunicare loro, a lui e a Vyvyan, prima ancora che al suo pubblico. Si strinse al fratello e a quei volumetti e, prima di abbandonarsi al sonno, si promise di rileggerli con Vyvyan il giorno seguente.

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Un raggio di sole penetrò tra le pieghe delle tende della carrozza quando Cyril e Vyvyan si svegliarono. Ebbero un sobbalzo perché la mamma non era più con loro e la carrozza era ferma. Attraverso il vetro videro il giovane cocchiere che parlava con un signore davanti al Gasthof Post. Era tarda mattina, erano arrivati a Francoforte e la mamma era scesa per rifocillarsi e portare loro la colazione. “Buon giorno” Constance li salutò “vi ho osservati a lungo mentre dormivate questa mattina. Siete cresciuti in questi mesi e mi siete veramente mancati.” Non voleva mostrare troppo le proprie emozioni, pertanto concluse sistemando i capelli di Vyvyan: “Presto, scendete per rimettervi in ordine e poi si riparte.”Di nuovo in marcia, Cyril riprese in mano Il Principe Felice e altri racconti. Aprì il volumetto e si mise a leggere ad alta voce mentre Vyvyan, dopo un po’, si appoggiò alla sua spalla per seguirne la lettura con gli occhi. Non lo terminò, ma si fermò al punto in cui il Principe chiede al rondone di baciarlo sulla bocca dichiarandogli il suo affetto. Cyril non aveva mai amato il finale dei racconti di suo padre perché, dopo pagine piacevoli ed accattivanti, gli lasciavano una sensazione di amarezza o inquietudine. Aveva l’abitudine di non leggere mai l’ultima pagina . “Credo che il principe felice rappresenti il poeta” confidò rivolto alla madre con sguardo che cercava conferma. “Ma anche il rondone è il poeta … mi pare” continuò più dubbioso. “Secondo te, nostro padre, si rispecchiava nel Principe Felice o nel rondone?” Constance, che aveva ascoltato il racconto vagando con la fantasia, come quando si ascolta un brano musicale, si accorse che Cyril la riportava alla realtà, una realtà che chiedeva spiegazioni. Con estrema dolcezza rispose: “Sei veramente cresciuto e sei perspicace. mio caro. Hai ragione, il

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Principe è il poeta perché un poeta ha più di una vita. Vive una vita di onori e successo per la sua arte tanto che si erge sopra gli altri come una statua. Ma quando è lassù vede il mondo con un orizzonte più ampio e capisce che può infondere gioia in molte più persone rispetto a quelle colte che lo leggono e lo comprendono: scopre la bellezza del dono completo di sé e solo con questa consapevolezza si sente veramente felice.”“Ecco perché all’inizio il principe poeta piange” commentò Cyril.“Ma, tornando a vostro padre - continuò Constance - lui ha vissuto insieme gioia e tristezza dell’essere poeta. Ha avuto il grande dono della scrittura, ma spesso si è accorto di non poter cambiare gli orrori del mondo e soprattutto le ingiustizie … come se avesse i piedi di pietra del Principe Felice.” “E la rondine allora?” intervenne Vyvyan.“E’ come dice Cyril, tesoro! Anche la rondine è un poeta, è un poeta che ama l’avventura, che è aperto, vola e si appassiona alla natura, alle storie del passato e poi al progetto d’amore del principe e lo realizza insieme a lui. Tanti poeti come la vostra cara nonna Jane hanno prestato le loro ali e la loro voce per le cause del popolo, di chi è oppresso o non può volare. “Mentre parlava, Constance aveva un altro pensiero che il racconto le aveva suscitato. Pensava a Lord Alfred che, come il rondone, aveva volato intorno ad Oscar ed era stato lì ad assillarlo e a cercarlo. Constance cercò di non mostrare quanto questi pensieri la turbassero. “Ma allora perché il poeta viene gettato nella fornace e il poeta rondone insieme a lui?” disse Vyvyan.

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“Vuoi diventare anche tu uno scrittore, mio caro?...Beh, è giusto avere e coltivare dei sogni; ma, se leggi il suggerimento di tuo padre, preparati a gioire e soffrire”. “Ecco perché ci leggeva il Principe Felice dunque quando eravamo piccoli: pensava che saremmo stati poeti. Ma io farò il soldato, non lo scrittore!“ disse Cyril. ”In realtà, voleva solo dire con le immagini quello che aveva compreso della vita fatta di bellezza e dolore: di successo e sconfitta.”“Forse vuoi dire che il papà è stato condannato perché la sua arte è passata di moda?” Vyvyan chiese turbato. Constance sorrise ancora una volta, prese il volumetto e iniziò a leggere ‘ Il razzo eccezionale’ sicura che quella fiaba avrebbe fornito le giuste risposte a dei ragazzi così intuitivi. “Siamo giunti alla dogana, signora!” esclamò il cocchiere, il quale scese dalla sua postazione e domandò “Ci passiamo o la evitiamo?”. Constance rifletté un attimo e poi rispose “Possiamo evitarla, per cortesia?” “Certo” rispose il ragazzo e attraversò le immense e verdi campagne tedesche al confine con il Belgio, facendo traballare i passeggeri come su una giostra. Arrivati in Belgio, il cocchiere spronò i cavalli a correre ancora più velocemente, ma fu costretto a rallentarne il galoppo, perché di sabato le città del Belgio erano affollate per i mercati cittadini. Quindi pensò che se i centri urbani erano trafficati, le strade di campagna potevano essere libere. Per i ragazzi la giornata fu tutta un sobbalzo e, tra risate e spinte da un lato all’altro della carrozza, l’atmosfera si rese più leggera e spensierata. Nel tardo pomeriggio del 27 gennaio arrivarono a

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Knokke-Heist, dove salirono su una nave non molto grande, ma che consentiva un passaggio della Manica lontano da occhi indiscreti.Partirono verso sera e nel frattempo non chiacchierarono molto, ma mangiarono qualcosa. Vyvyan scese dalla carrozza e si accomodò su una panchina tenendo in mano il volumetto. Lo aprì per vedere tutte le storie contenute e una in particolare colpì la sua attenzione per il titolo: ‘Il gigante egoista’. Iniziò a leggerlo e Cyril, vedendo il fratello tutto solo con il libretto delle fiabe, scese anche lui dal cocchio, gli si avvicinò e chiese a Vyvyan che cosa stesse leggendo. Vyvyan rispose: ”Sai, ho scoperto che il papà assomigliava anche al gigante egoista perché custodiva alcuni segreti dentro una sorta di barriera personale, come il gigante racchiude tutta la bellezza del suo giardino con un alto muro. Che ne pensi?”. Cyril replicò: “No Vyvyan, questa volta sei proprio fuori strada. Il papà ha raccontato tutti i suoi segreti attraverso le storie da lui narrate; non se li è tenuti dentro, o almeno non proprio tutti.” Arrivò Constance e chiese con aria curiosa: “Che fate?”“Stiamo leggendo” ripeterono in coro i ragazzi “Queste storie mi sembrano tutte nuove. Le ricordavo molto diverse.” aggiunse Vyvyan. Spuntò la luna. Quella notte fu una notte piuttosto tranquilla. Si respirava l'aria gelida dell’inverno, ma il cielo era bellissimo e stellato. Il mare ad un tratto cominciò ad essere più mosso e a Vyvyan questo non faceva bene. Soffriva di mal di mare e ad un certo punto Cyril dovette andargli a prendere qualcosa per evitare che cominciasse a rigurgitare tutta la cena. Arrivarono a Felixstowe intorno all’una di pomeriggio del 28 gennaio. Scesero in fretta e presero un’altra carrozza che sembrava provenire da un carcere per trasferire i prigionieri da una prigione all’altra. Non

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sembrava essere il mezzo migliore per compiere un viaggio di molte ore ma, per il bene che volevano alla nonna, non ci fecero caso e partirono verso Londra. “Come avete passato gli ultimi tempi?” domandò la madre dopo circa mezz’ora di viaggio silenzioso. “Abbastanza bene” rispose Cyril con aria sollevata “Gioco con gli amici, frequento le lezioni ... , le valutazioni sono buone. L’unica cosa è che sento la nostalgia di te e della vecchia casa” continuò. “Lo so, Cyril, però devi pensare che tutto può cambiare: nulla è immutabile e nella novità c’è sempre del positivo.”Vyvyan, che già non era nelle condizioni fisiche migliori dopo la traversata via mare, cercò di stare tranquillo e non intervenne nella conversazione per tutto il tempo. Arrivarono a casa di Jane verso le dieci e mezza della mattina del 29 gennaio.Lo zio Willie li accolse calorosamente e li invitò ad entrare. Scaricate le valigie, andarono nella stanza dove riposava sul letto la nonna ormai in fin di vita. “Nonna!” gridarono i ragazzi “Abbassate la voce” ribatté Willie ”E’ più debole di prima”. In quel momento Jane, che aveva cominciato a riposare, si svegliò, li abbracciò e li baciò. “Ma come siete cresciuti, ragazzi miei” disse con voce fievole Jane. Una volta scambiati i saluti, fecero colazione con uova e bacon e una bella tazza di tè con il latte. I ragazzi, che ora comprendevano il motivo del lungo viaggio, con aria triste, continuarono a consumare il pasto mattutino. Dopo colazione passarono il tempo a raccontarsi come avevano passato gli ultimi giorni e le novità delle loro vite. Cyril raccontò del progetto che stava ideando per una mostra di scienze organizzata dalla propria scuola. Constance era la più silenziosa, si limitò solo ad ascoltare. Lo zio Willie raccontò ai

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ragazzi, con voce decisa come un vero attore, di come la nonna, fino a pochi giorni prima, fosse felice, solare e di quanto fosse gioiosa nel ricevere le amiche per il gioco delle carte. Nel pomeriggio Cyril, stanco dei discorsi degli adulti, se ne andò a curiosare in giro per la casa. Trovò, su uno scaffale dell’ enorme biblioteca, una scatola dall’aspetto vissuto, chiusa con lucchetto. Non era molto pesante, e, dopo averla scossa, sembrava quasi che fosse vuota. Preso dalla sua irrefrenabile curiosità, senza farsi vedere dallo zio o dalla mamma, corse fino alla camera della nonna. Dato che ella stava dormendo, Cyril si mise a trovare una chiave, immaginando di essere un esploratore. Cercò e cercò, ma niente. Dall’emozione, fece cadere un soprammobile di vetro. La nonna si destò e vide Cyril con la scatola in mano. “Ma come hai fatto a trovarla?” chiese Jane con aria sorpresa. “Era su uno scaffale della libreria. Scusami nonna, non volevo” Cyril si giustificò tenendo gli occhi bassi. “Ma che cosa contiene?” aggiunse Cyril. “La devi aprire tra qualche giorno. Mi devi promettere una cosa: devi vivere ogni giorno come se fosse l’unico giorno. Anche il sole del giorno peggiore tramonta”. Quelle parole erano decisamente misteriose per Cyril, tuttavia disse: “Serberò le tue parole nel cuore, nonna. Ma tu hai realizzato i tuoi sogni?” “Sì, poiché sono sempre stata felice con i miei libri”.

Il 3 febbraio Jane Francesca morì e fu un triste giorno per tutti. Cyril, a cui la nonna aveva consegnato la chiave, aprì la scatola e vi trovò solo una lettera. La estrasse e la consegnò allo zio perché la leggesse. Willie la aprì e recitò ad alta voce:

Qui vi sono le ultime volontà di Jane Francesca Elgee Wilde.

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Non possiedo nulla di valore da lasciavi, miei cari. La mia biblioteca contiene tutto di me, vorrei non andasse perduta insieme al mio ricordo. Nutro grandi speranze per i miei adorati nipoti e a loro voglio lasciare l’invito ad essere forti e a non rinunciare mai alla libertà di pensiero che tutti noi abbiamo testimoniato: l’aquilone si alza con il vento contrario, mai con quello a favore.Quanto al il mio caro Oscar, che soffre più di tutti noi come in un lungo gelido inverno,sento che vivrà una nuova primavera e una brezza che profuma di fiori spazzerà via il suo dolore.

Vi abbraccio, Jane Francesca ElgeeUna volta letto il testamento, lo ripiegarono e se ne stettero lì ammutoliti per qualche tempo. Poi Constance ruppe quell’ assordante silenzio e disse a Willie che avrebbe voluto comunicare, lei in persona, la notizia a Oscar.

***Constance morì due anni dopo e Oscar Wilde si spense nel 1900.Roby Ross, ed in seguito Vyvyan e Merlin Holland, hanno lavorato intensamente per riabilitare l’opera di Oscar Wilde.La Prima Guerra Mondiale spazzò via, insieme a milioni di vite, tutte le certezze dell’epoca vittoriana.Già nel 1920 le opere di Oscar Wilde erano le più lette in Gran Bretagna dopo quelle di William Shakespeare.