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DIDAT-TIC-EBOOK Queste sono mie lezioni dell’a.s. 2015/16 prof.ssa Gloria Sica 1 Didattic – E book Ebook realizzato dalla prof.ssa Gloria Sica - Liceo Classico «Turriziani» Frosinone -

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DIDAT-TIC-EBOOK

Queste sono mie lezioni dell’a.s. 2015/16

prof.ssa Gloria Sica 1

Didattic – E book

• Ebook realizzato dalla prof.ssa Gloria Sica -Liceo Classico «Turriziani» Frosinone -

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Progetto Insegnare la Filosofia attraverso i film

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Il silenzio del Novecento

"Possiamo dire" scrive Valéry "che tutto ciò che sappiamo, e cioè tutto ciò che possiamo, ha finito per opporsi a ciò

che siamo"

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L’Amleto di Valery

Di fronte ad avvenimenti epocali come le due guerre mondiali l'intellettuale europeo, o l'"Amleto intellettuale" affacciato su un'immensa terrazza , si ritrova a contemplare "milioni di spettri" e a interrogarsi sul senso della transizione dalla guerra alla pace e sulla direzione che prenderà il mondo.

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Sergio Corazzini

«Io non sono un poeta Io non sono che un piccolo fanciullo che piange

Vedi: non ho che lacrime da offrire al Silenzio»

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“Alle fronde dei salici”

“E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull’erba dura di ghiaccio, al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento.”

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Alle fronde dei salici [da Giorno dopo giorno (1947)]

Nel settembre 1943 l’Italia risultava divisa in due parti. Nella parte meridionale, controllata dagli Alleati, era stata restaurata la monarchia, sotto il re Vittorio Emanuele III. Nella parte centro-settentrionale, occupata dai tedeschi, Mussolini aveva creato la Repubblica sociale italiana. Dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 l’esercito di liberazione condusse una lotta senza esclusione di colpi contro i tedeschi e i fascisti, che rispondevano con rastrellamenti, deportazioni e veri e propri massacri. Particolarmente feroci furono quelli di Boves, in Piemonte, di Marzabotto, in Emilia, dove le SS sterminarono l830 civili, e di Roma, dove i nazisti come rappresaglia a un attentato partigiano, che era costato la vita a 32 soldati tedeschi, uccisero 335 prigionieri italiani. Di fronte agli orrori, ai mali della guerra, i poeti non potevano cantare, scrivere versi, ma solo agire come gli antichi ebrei schiavi a Babilonia, che appesero le loro cetre ai rami dei salici. IL MESSAGGIO La poesia come impegno civile, per "rifare" l’uomo, abbrutito dagli orrori della guerra e reso incapace di parola e di poesia.

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La voce del silenzio

Il silenzio, il non detto, sono pieni di potenziale significato, e non soltanto in musica (come vedremo tra breve): basti pensare alla psicoanalisi (nel momento in cui Webern scopriva il silenzio in musica, Freud lo scopriva in analisi), o alla filosofia, che, secondo Ludwig Wittgenstein, finisce proprio con il silenzio (“Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”, si legge nel suo Tractatus).

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Martin Heidegger

Anche nell’ultima fase della filosofia di Heidegger l’ascolto diventa una pratica ermeneutica

Andare alla cosa vuol dire andare alla parola (soprattutto il linguaggio poetico esprime l’essere) : allora, compito dell’uomo che vuole avvicinarsi all’essere sarà ascoltare

Nel silenzio avviene il disvelamento dell’essere (come per i mistici)

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L’auctoritas del silenzio

“Il dialogo tende al tacere ed è piuttosto l’ascoltatore colui che tace. Chi parla riceve senso da esso, chi tace è sorgente irrefrenabile di senso”. Con queste parole Walter Benjamin descrive in un testo tratto dalla raccolta Metafisica della gioventù la peculiare situazione del dialogo. Queste considerazioni celano una visione radicalmente nuova del processo comunicativo. All’autoritaria concezione secondo la quale chi parla determina senso e chi ascolta lo riceve, Benjamin contrappone un’idea attiva dell’ascolto.

La passività del silenzio si trasforma in un’attività incontenibile di fondazione di senso.

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Concetto spaziale di Lucio Fontana (1959)

«Le idee non si rifiutano, germinano nella società, poi pensatori e artisti le esprimono.»

I buchi con l’arte intorno

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Luigi Nono - Il silenzio dell’ascolto

L'utopia del nuovo ascolto Il compositore veneziano Luigi Nono è forse tra i compositori del

20° secolo colui che ha posto al centro del suo discorso artistico in maniera più radicale sia la questione del silenzio che quella dell’ascolto. I lavori dell’ultimo decennio della sua vita articolano quasi ossessivamente la pratica e l’utopia di un nuovo ascolto e di una presenza del silenzio nella struttura musicale. Anche i testi e le interviste di quel periodo sono attraversati da questa ricerca, una questione che assume più volte il carattere di un discorso politico. L’ascolto sovverte per Nono l’ordine della comunicazione, nella misura in cui esso non è la semplice percezione passiva di un suono ma, in senso benjaminiano, lo schiudersi di un silenzio che restituisce senso ai suoni.

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“Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz” (1966)

Quale musica potrebbe esprimerlo?

Il silenzio fragilissimo della ricerca di Nono, la frammentazione del discorso musicale così come la sovversione dell’ascolto sono in realtà proprio gli aspetti di un impegno politico nuovo

Nono dichiarava che “anche la fragilità ed il privato hanno un lato collettivo e politico”.

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L'ascolto come atto sovversivo

Negli ultimissimi anni, infatti, Nono concepì un lavoro (mai realizzato) intitolato Stammheim – Non un mistero – Infinito, su testi di Ulrike Meinhof e Giacomo Leopardi e realizzò poco prima un’opera straordinaria – Caminantes… Ayacucho – dedicata alla guerriglia di Sendero Luminoso in Perù . Il movimento denominato “Sendero Luminoso” era un gruppo armato che da alcuni anni aveva dato inizio ad una sorta di guerra civile che andava insanguinando il paese Andino nella stessa misura in cui i militari del governo di Alan García (e poi di Alberto Fujimori) massacravano la popolazione contadina.

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La musica : un viaggio attraverso il silenzio

Per Nono ascoltare significa aprire gli orecchi ed aprire gli orecchi significa “aprire il cervello”

« Questo silenzio della natura fa ascoltare i suoni »

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John Cage

“Questo è ciò che chiamo silenzio”, afferma Cage, “cioè uno stato libero dalle intenzioni, visto che – ad esempio – abbiamo sempre dei suoni; e, di conseguenza, non disponiamo di alcun silenzio nel mondo. Viviamo in un mondo di suoni. Li chiamiamo silenzio quando non c’è una connessione diretta con le intenzioni che producono i suoni. Diciamo che è un mondo silenzioso (immobile) quando, in virtù della nostra assenza di intenzioni, ci sembra che ci siano molti suoni. E quando ci sembra che ce ne siano molti, diciamo che c’è rumore. Ma tra un silenzio silenzioso e un silenzio pieno di rumore, non c’è una differenza veramente essenziale. Ciò che va dal silenzio al rumore, è lo stato di non-intenzione, ed è questo stato che m’interessa “

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Cage, il musicista che esplorò il silenzio

“Mi è sempre parso che la musica dovrebbe essere soltanto silenzio”, ha scritto Marguerite Yourcenar.

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“4,33” di J. Cage (1952)

“Cerco di pensare a tutta la mia musica posteriore 4.33 come a qualcosa che fondamentalmente non interrompa quel pezzo”. Chiunque di noi, compresi tutti coloro che non hanno mai preso uno strumento in mano, lo può eseguire magistralmente. Perché? La domanda è più che legittima. Basta indossare un abito da concerto (giusto per entrare meglio nella parte dell'esecutore) e accomodarsi al pianoforte per quattro minuti e trentatré secondi, senza suonare alcunché. L'esecutore non deve fare assolutamente niente e il pubblico non deve fare altro che ascoltare, ascoltare la “musica” che viene creata dai rumori interni alla sala da concerto, bisbigli, colpi di tosse, scricchiolii vari, ed anche da quelli che provengono dall'esterno. Cage ha dimostrato così che il silenzio assoluto non esiste (nemmeno in una stanza anecoica, e cioè totalmente insonorizzata, perché anche lì uno sente almeno il proprio battito cardiaco). Il silenzio sarebbe da intendersi dunque semplicemente come un rumore di sottofondo. Durante il primo movimento della leggendaria prima esecuzione assoluta di 4.33 si sentiva il vento che spirava, nel secondo la pioggia, e nel terzo il pubblico che parlottava o si alzava indignato per andarsene.”

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La cultura del silenzio

E se 4.33 non contiene alcun suono, Robert Rauschemberg ha realizzato dei dipinti, semplicissime tele bianche, che non contengono alcuna immagine (“questi dipinti diventano aeroporti per le particelle di polvere e le ombre che sono presenti nell'ambiente), mentre il compositore coreano Nam June Paik ha girato un film della durata di un'ora, che non contiene immagini, e Dieter Schnebel ha concepito la Muzik zum Lesen (musica da leggere), partiture che non sono destinate all'ascolto o all'esecuzione, ma alla lettura.

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S. Beckett: l’Atto senza parole, 1956 L'unico personaggio, solo nel deserto, viene comandato a

bacchetta da un fischietto fuori scena che esorta, impedisce e definisce i suoi movimenti. L'azione scenica vede il protagonista muto nel tentativo di raggiungere una caraffa d'acqua che cala dall'alto legata ad una fune. Vano qualunque espediente escogitato per raggiungerla. A nulla servono i cubi che pure vengono calati dall'alto insieme alla brocca. Vano anche il tentativo di uccidersi (una tentata impiccagione fallisce, come in Aspettando Godot). Alla fine della rappresentazione l'uomo è sdraiato per terra, sconfitto. La caraffa d'acqua è ormai così vicina che basterebbe allungare una mano per prenderla, ma ormai l'uomo non la vuole più.

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F. De Gregori, Niente da capire

Le stelle sono tante, milioni di milioni, la luce dei lampioni si confonde con la strada lucida. Seduto o non seduto, faccio sempre la mia parte, con l'anima in riserva e il cuore che non parte. Però Giovanna io me la ricordo ma è un ricordo che vale dieci lire. E non c'è niente da capire. Mia moglie ha molti uomini, ognuno è una scommessa perduta ogni mattina nello specchio del caffè. Io amo le sue rughe ma lei non lo capisce, ha un cuore da fornaio e forse mi tradisce, però Giovanna è stata la migliore, faceva dei giochetti da impazzire. E non c'è niente da capire. Se tu fossi di ghiaccio ed io fossi di neve, che freddo amore mio, pensaci bene a far l'amore.

È giusto quel che dici ma i tuoi calci fanno male, io non ti invidio niente, non ho niente di speciale. Ma se i tuoi occhi fossero ciliege io non ci troverei niente da dire. E non c'è niente da capire. È troppo tempo amore che noi giochiamo a scacchi, mi dicono che stai vincendo e ridono da matti, ma io non lo sapevo che era una partita, posso dartela vinta e tenermi la mia vita. Però se un giorno tornerai da queste parti, riportami i miei occhi e il tuo fucile. E non c'è niente da capire

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Progetto «Laudato si’»

Analisi filosofica della Enciclica di Papa Francesco

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Premessa

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La lettura della Enciclica “Laudato Si’” di papa

Francesco, definita dal vescovo Semeraro come

una “Rerum Novarum 2”, può ispirare una

programmazione disciplinare incentrata sui

temi del Nuovo Umanesimo e della Ecologia

integrata, quasi in una sorta di fusione del

pensiero di Maritain, Teilhard de Chardin e

Jonas.

Infatti il messaggio contenuto nella Enciclica

lancia la sfida di uno sforzo di tutta l’umanità

per operare un cambiamento nel paradigma

economico-sociale dominante e, come afferma

lo stesso Pontefice, “ogni cambiamento ha

bisogno di motivazioni e di un cammino

educativo” (pag. 38).

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L’edizione richiamata è quella della casa

editrice san Paolo, con guida alla lettura di

Carlo Petrini, 2015, Città del Vaticano .

“ Dimentichiamo che noi stessi siamo

terra (cfr.Gen 2,7). Il nostro stesso

corpo è costituito dagli elementi del

pianeta, la sua aria è quella che ci

dà il respiro e la sua acqua ci vivifica

e ristora “.

All’inizio della sua Enciclica – pag. 27 del testo

citato – papa Francesco esprime concetti che ci

riportano alla filosofia presocratica.

L’uomo viene visto come essere naturale fatto

di aria (Anassimene) , di acqua (Talete), di tutti

gli elementi del pianeta (Empedocle).

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Per sentirsi in comunione con la natura, l’uomo

deve provare stupore, meraviglia, - cfr. pp. 34 e

35- quella stessa meraviglia che Aristotele

pone all’origine del filosofare.

Oggi il problema che tutti dobbiamo porci è

quello del futuro del pianeta e per questo

abbiamo bisogno di una nuova solidarietà

universale – pag. 37 - , di una nuova etica : è il

percorso che la filosofia intraprende da Kant e

Schopenhauer fino a Jonas.

Uno dei mali della nostra società viene subito

individuato da papa Bergoglio : si tratta della

“rapidizzazione”- pag. 41 - , in quanto “benché

il cambiamento faccia parte della dinamica dei

sistemi complessi, la velocità che le azioni

umane gli impongono oggi contrasta con la

naturale lentezza dell’evoluzione biologica”.

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Si pensa immediatamente alle analisi di De

Kerckhove, il quale ci definisce “uomini

velocità”, cambiati nel loro autentico modo di

essere dall’utilizzo di quei “terminali cognitivi”

– cfr. Lévy – costituiti dalle nuove tecnologie.

L’evoluzione biologica, invece , è lenta, come ci

insegna Darwin.

I problemi considerati dal papa sono quelli

legati all’inquinamento, ai cambiamenti

climatici, allo smaltimento dei rifiuti, alla

cultura dello scarto.

La causa di questi problemi viene individuata

nella economia, nella tecnologia legata alla

finanza – cfr. pag. 43.

Dunque tutto si è originato con il sistema

industriale – pag. 44.

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I cambiamenti climatici colpiscono soprattutto

i Paesi più poveri, quelli in via di sviluppo –

pag. 46. Oggi corriamo il serio pericolo

dell’esaurimento delle risorse naturali –

pensiamo alla povertà di acqua in Africa, pag.

49 - , e ciò ci conduce alle analisi di Malthus e

della economia classica inglese, studiata anche

da Marx nella sua critica del capitalismo .

Nei Paesi più sviluppati assistiamo ad un

deterioramento della qualità della vita umana

e alla degradazione sociale – pag. 58.

“Quale progresso c’è stato – si chiede papa

Francesco a pag. 59 – se è così peggiorata la

qualità della vita?”, e le sue parole mettono in

discussione il falso mito del progresso di

matrice illuminista, perché uno sviluppo

autentico “deve possedere un carattere morale

“ (pag.30) e non basarsi solo sull’utilitarismo,

favorendo i pochi a scapito dei molti.

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Oggi si parla spesso anche dei pericoli

provocati dai “nuovi media” e riguardanti

l’eccessiva mole di dati a disposizione – cfr.

pag. 59 - : è il “diluvio informazionale” di cui

parla Lévy e nei confronti del quale la filosofia,

provocando il consolidamento del senso

critico, può fornire un utile antidoto.

“ I grandi sapienti del passato, in questo

contesto, - scrive Bergoglio a pag. 59 –

correrebbero il rischio di vedere soffocata la

loro sapienza in mezzo al rumore dispersivo

dell’informazione”.

Gran parte della cultura contemporanea ,

infatti e da tempo , esalta il silenzio come un

valore : dalle considerazioni filosofiche di

Wittgenstein e del secondo Heidegger al valore

terapeutico del silenzio nella psicanalisi di

Freud, dagli atti senza parole nel teatro di

Beckett alla musica senza suono di Luigi Nono

e John Cage.

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Così Giovanni Paolo II ha scritto : “ Per il

credente contemplare il creato è anche

ascoltare un messaggio, udire una voce

paradossale e silenziosa “ – pag. 91 - .

E’ certo poi per papa Francesco che “un vero

approccio ecologico diventa sempre più un

approccio sociale “ – pag. 62.

La vera colpa di tutti i mali del mondo di oggi

deve essere attribuita al consumismo estremo

– pag. 63 - : la scala dei bisogni di Maslow è

stata modificata da una cultura in cui , in modo

conforme alle analisi di Fromm e Marcuse,

l’avere conta più dell’essere.

E occorre aggiungere che l’inequità nella

distribuzione delle risorse non colpisce solo i

singoli individui bensì Paesi interi : occorre

dunque un’etica delle relazioni internazionali –

pag. 63 - , come quella agognata da Kant nello

scritto “Per la pace perpetua”.

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Purtroppo finora “la sottomissione della

politica alla tecnologia” – auspicata da Saint-

Simon e Comte- “e alla finanza” – Marx diceva

alla struttura economica dominante – “ si

dimostra nel fallimento dei vertici mondiali

sull’ambiente ” – pag.67. Oggi esiste infatti una

alleanza tra economia e tecnologia : chi vi si

oppone viene considerato un “sognatore

romantico” - scrive il papa a pag. 67.

Ma se le risorse si esauriscono nascono nuove

guerre e la guerra, oltre a tutto il resto, causa

sempre gravi danni all’ambiente – pag. 69 - :

pensiamo alla energia nucleare, alle armi

biologiche, alla guerra chimica e batteriologica

, temi molto importanti da affrontare anche

nelle lezioni di storia riguardanti la guerra di

Etiopia , i casi di Hiroshima e Nagasaki, la

guerra del Vietnam.

Certamente non esiste una unica via di

soluzione per tutti questi enormi problemi –

pag. 71.

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Allora “ nessuna forma di saggezza può essere

trascurata “ scrive Bergoglio a pag. 74 , nello spirito

del “ tutto può andare bene “ espresso da Feyerabend

in “Contro il metodo”, ma avendo anche riguardo al

prospettivismo nietzscheano.

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Occorre un dialogo tra scienza e religione –

pag. 73 – da ricostituire su basi nuove dopo il

“caso Galilei”; occorre una sintesi tra fede e

ragione – pag. 74 – così come indicato da

sant’Agostino.

Contro tutta la tradizione dello Esistenzialismo

ateo – pensiamo a Sartre e Camus, ad

Heidegger e Jaspers – la Enciclica, citando

anche Benedetto XVI, evidenzia poi che ogni

uomo “è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è

necessario” –pag. 76.

Per comprenderlo, occorre leggere la Bibbia

“con una giusta ermeneutica” - pag. 77 – e

questo concetto può essere proficuamente

analizzato alla luce del pensiero di Gadamer.

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Interessante è leggere che “la Bibbia non dà

adito ad un antropocentrismo dispotico che

non si interessi alle altre creature” – pag. 78 - ,

che invece era proclamato nell’epoca laica

dell’Umanesimo e del Rinascimento, quando

magia, alchimia, “stregoneria” cercavano di

assaltare la natura per costringerla a rivelare i

suoi segreti , già criticate, in questo, da Telesio.

Nella modernità si è verificato quello che il

papa definisce un “ eccesso antropocentrico” –

pag. 115- , erede del sogno di Prometeo di

dominio sul mondo, quale autentico atto di

ubris.

Oggi dobbiamo abbandonare quella

“sfrenatezza megalomane” che ha collocato la

ragione tecnica al di sopra della realtà - pag.

114 - .

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Anche i vescovi tedeschi hanno reagito contro

la teoria della mera “utilizzabilità” delle cose,

indicata da Heidegger, sostenendo che anche

per le altre creature, non solo per gli uomini,

“si potrebbe parlare della priorità dell’ Essere

rispetto all’Essere utili” – cfr. pag. 79. Ma,

proprio come in Heidegger, verso il prossimo

tutti abbiamo il dovere della cura – pag. 80 – e

della custodia , dal momento che “ tutto è in

relazione “ – pag. 80 – come sostenuto da ogni

filosofia olistica. Certamente parlare di

creazione, così come avviene nella filosofia

cristiana, è più che parlare di natura , perché si

fa riferimento al progetto di amore di Dio –

pag. 84 - : in questo consiste la profonda

differenza tra il dio aristotelico, primo motore

immobile che per l’eternità pensa a se stesso e

agisce come causa finale del movimento

dell’universo, e il Dio di amore cristiano di cui

parlano sant’Agostino e san Tommaso.

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La natura è comunque una creatura, e ciò

esclude qualsiasi forma di panteismo – pag. 85

- .

Dio ha voluto limitare se stesso creando un

mondo in cammino, bisognoso di sviluppo –

pag. 87 - :

partendo da questi concetti si possono

sviluppare le tematiche filosofiche

dell’esistenza del male, da sant’Agostino a

Leibniz, da Kant a Jonas, oltre che affrontare

criticamente il concetto di volontà di potenza,

da Nietzsche ad Heidegger.

Contro Darwin e ogni forma di riduzionismo

contemporaneo, l’Enciclica sostiene poi che

“l’essere umano, benché supponga anche

processi evolutivi, comporta una novità non

pienamente spiegabile dalla evoluzione “ –

pag. 88 - .

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Noi uomini, pur non essendo “lo scopo finale

delle altre creature” – pag. 89 – abbiamo una

meta comune che è Dio – pag. 89 - : il punto

omega di Theilhard de Chardin.

Citando Ricoeur, il papa scive : “Io mi esprimo

esprimendo il mondo; io esploro la mia

sacralità decifrando quella del mondo” – pag.

91 - , riportandoci all’importante tema della

“cifra”, così presente nel pensiero di Jaspers.

Tutti noi oggi dobbiamo sviluppare delle virtù

ecologiche – pag. 93 - , che andrebbero così a

potenziare l’elenco aristotelico delle virtù

etiche e dianoetiche, alla luce dei nuovi

imperativi categorici indicati da Hans Jonas.

Proprio come pensava Schopenhauer, occorre

compassione per gli altri esseri umani – pag.

95 - .

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Inoltre “ogni approccio ecologico deve

integrare una prospettiva sociale che tenga

conto dei diritti fondamentali dei più

svantaggiati” , secondo il principio della

subordinazione della proprietà privata alla

destinazione universale dei beni – pag. 97 - .

Questi concetti ci riconducono al dibattito

filosofico concernente la proprietà privata, da

Rousseau a Proudhon , da Marx a Lenin e a

tutte le argomentazioni dei grandi utopisti , da

Platone a T. Moro e Campanella.

Ricordiamo, pensando alla nostra Costituzione,

che “ su ogni proprietà privata grava sempre

una ipoteca sociale “ – pag. 98 - .

E’ stato il paradigma , come direbbe Kuhn,

tecnocratico dominante a provocare l’attuale

crisi ecologica – cfr. pag. 103 - .

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La critica al primato della tecnica , già

contenuto nei testi di Husserl, Heidegger e

Marcuse, ci spinge a considerare in modo

altrettanto critico il Positivismo, lo scientismo,

la rivoluzione digitale e robotica – pag. 103 - .

L’etica deve prendere la guida della

tecnoscienza – pag. 104 -.

La globalizzazione ha reso il paradigma

tecnocratico omogeneo e unidimensionale ,

esteso poi alla economia e alla politica – pag.

109 - : occorre dunque ripensare questo

paradigma.

Occorre una “coraggiosa rivoluzione culturale”

– pag. 114 – che deve partire dalla scuola e

dalla educazione – “occorre un programma

educativo” scrive il papa a pag. 112 - .

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L’eccessiva specializzazione prodotta dalla

tecnologia ha infatti causato la

frammentazione del sapere – cfr. pp. 110 e 111

- : è la fine delle grandi narrazioni che , per

Lyotard , ha caratterizzato il post-modernismo.

In questo modo si è perso il senso, il significato

di un orizzonte più ampio – pag.111 - , di un

Umgreifende, un universo conglobante,

direbbe Jaspers.

Questo impedisce di trovare soluzioni per i

problemi del mondo contemporaneo, troppo

fiducioso nella validità del metodo razionalista

cartesiano, basato sulla semplice

scomposizione e ricomposizione di problemi

complessi, perché il tutto è superiore alla

somma delle parti.

Assumono per questo un valore fondamentale

la filosofia e l’etica sociale – pag. 111 -.

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Il progresso della scienza e della tecnica

purtroppo non ha prodotto un uguale

progresso della umanità e della storia – pag.

113 -.

Ci si può però liberare dal paradigma

tecnocratico imperante, come avviene nel caso

delle comunità di piccoli produttori – pag. 112

- , che riportano alla memoria l’organizzazione

della fase del comunismo autentico di Marx.

Dunque è possibile resistere e non rassegnarsi

allo status quo :

“…non rinunciamo a farci domande sui fini e

sul senso di ogni cosa “ – che poi è la

definizione stessa di filosofia - . Diversamente,

legittimeremo soltanto lo stato di fatto e

avremo bisogno di più surrogati per sopportare

il vuoto “, scrive papa Francesco a pag. 113,

facendoci ricordare le tesi di Freud e di

Recalcati.

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Fondamentale è poi la considerazione del

valore delle relazioni interpersonali quale

autentica apertura ad un “tu” – pag. 117 - : già

Feuerbach sosteneva che la vera filosofia non è

un monologo del pensatore solitario con se

stesso, ma la relazione dialettica tra un “io” e

un “tu”, principio cui si ispira anche la teologia

di Buber.

Nessuno può e deve pensare solo ai propri

interessi immediati – pag. 119 - :

degrado ambientale e degrado sociale sono

provocati dagli stessi egoistici atteggiamenti.

La cultura del relativismo ci fa trattare gli altri

come meri oggetti – pag. 119 - , mentre già lo

imperativo categorico kantiano, nella sua

seconda formulazione, ci obbligava a trattare

noi stessi e gli altri sempre come fini e mai

come semplici mezzi.

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Il mondo contemporaneo ha anche la priorità

di difendere il lavoro :

lavoro e sviluppo personale devono andare di

pari passo, favorendo creatività, proiezione nel

futuro, sviluppo delle capacità, esercizio dei

valori, comunicazione con gli altri,

realizzazione personale, come avviene al

vertice della scala dei bisogni di Maslow – pp.

122-123 - .

Per una autentica ecologia culturale, occorre

poi il rispetto delle culture locali :

“Neppure la nozione di qualità della vita si può

imporre, ma deve essere compresa all’interno

del mondo di simboli e consuetudini – la

cultura simbolica di cui parla Cassirer - propri

di ciascun gruppo umano “ – pag. 137 - .

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“La scomparsa di una cultura” – e come non pensare al genocidio degli Amerindi – “può essere grave come o più della scomparsa di una specie animale o vegetale. L’imposizione di uno stile egemonico di vita legato a un modo di produzione” – proprio nel modo analizzato da Marx – “può essere tanto nocivo quanto le alterazioni degli ecosistemi”, scrive papa Bergoglio a pag. 137. L’etica sociale deve allora veramente perseguire il bene comune, applicando quel principio di sussidiarietà con il quale l’Europa ha riempito le pagine del Trattato di Maastricht .

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Si deve inoltre costruire una autentica solidarietà fra le generazioni – pag. 146 – perché oggi , come diceva Hans Jonas, il principio di responsabilità ci impone di riformulare l’imperativo categorico kantiano nel senso di un obbligo verso la stessa sopravvivenza delle generazioni future, valutando le conseguenze di azioni che siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra. Occorre dunque adottare un nuovo stile di vita, contrario alla cultura dello spreco, in grado di educare alla alleanza tra uomo e ambiente – pag. 183 - .

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Anche la scuola deve contribuire, così come la

famiglia, i mezzi di comunicazione e la

catechesi, a creare una vera “cittadinanza

ecologica” – pag. 184 -.

Bisogna operare una vera “conversione

ecologica” sul modello di san Francesco di

Assisi – pag. 189 - , riscattando gli abbandonati

e i dimenticati di questa terra, proteggendo il

mondo e seminando bellezza e non

inquinamento e distruzione – pag. 209 - ,

avendo cura della nostra casa comune che è la

terra.

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