DICHIARAZIONE NON FINANZIARIA: SE LA SOSTENIBILITÀ È … · il territorio e una propensione alla...

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DICHIARAZIONE NON FINANZIARIA: SE LA SOSTENIBILITÀ È PARTE DEL BUSINESS Integrare la sostenibilità. È questa la nuova sfida per i CFO con l’entrata in vigore, da inizio anno, del Decreto sulle Non Financial Informaon. Diversi i nodi da sciogliere: in primis capire quali siano i gius indicatori per fare emergere le strategie in ao. Ma anche trovare il modo più appropriato per leggere e comunicare il business alla luce delle sfide poste dalla sostenibilità dossier - Lundquist 26 dfo - dicembre 2017

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DICHIARAZIONE NON FINANZIARIA:

SE LA SOSTENIBILITÀ È PARTE DEL BUSINESS

Integrare la sostenibilità. È questa la nuova sfida per i CFO con l’entrata in vigore, da inizio anno, del Decreto sulle Non Financial Information. Diversi i nodi da sciogliere: in primis capire quali siano i giusti indicatori per fare emergere le strategie in atto. Ma anche trovare il modo più appropriato per leggere e comunicare il business alla luce delle sfide poste dalla sostenibilità

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La sostenibilità è un compito da Chief Fi-nancial Officer. Con l’entrata in vigore, a gennaio 2017, del Decreto Legislativo

254/2016 sulle Non Financial Information, le imprese si trovano di fronte a una novità: rendicontare all’interno di un documento, la Dichiarazione Non Finanziaria, la gestione e le performance in ambiti di sostenibilità, ri-levanti a livello globale. Una novità legislativa che in questi mesi ha sicuramente portato fermento all’interno del mondo aziendale e finanziario italiano. In particolare, a causa del passaggio di ownership e gestione dei dati non finanziari: che passa dall’area Corporate Social Responsibility (CSR) all’area Finanza, guidata dal CFO.

Area finanza e CSR vanno a braccettoUn logico passaggio di consegne, d’altronde, in quanto il Decreto richiede che DNF e Bilan-cio Finanziario siano depositati contestual-mente, ma la DNF può essere o una sezione del Bilancio oppure un documento a parte. I dati finanziari e non sono quindi equiparati e il CFO diventa, di fatto, responsabile dell’af-fidabilità e della corretta rendicontazione di una parte di quei dati rintracciabili solita-mente nei bilanci di sostenibilità. È proprio questa commistione di responsabilità, tra l’area finanza e quella CSR, l’opportunità più grande offerta dalla nuova normativa. Infat-ti, da quando è approdata nelle imprese, la

sostenibilità ha difficilmente agito in sinergia con le altre aree operative, bloccando la sua stessa crescita all’interno dell’organizzazione. Grazie al Decreto, il CFO è chiamato a lavorare in maniera sinergica con l’area CSR per costruire un vero approccio strategico – e non di semplice complian-ce – alla rendicontazione non finanziaria e, di conseguenza, alla sostenibilità. Ma i CFO sapranno cogliere questa op-portunità? Sul piatto ci sono grandi vantaggi: le aziende che saranno in grado di met-tere in relazione le performance finanziarie e non e leggere i dati secondo un approccio integrato, potranno intraprendere percorsi di crescita distintivi e acquisire nuove opportu-nità. Tra queste, la possibilità di potenziare la relazione con i propri stakeholder (e in par-ticolare analisti, investitori, banche etc.), e creare un valore duraturo nel tempo, con un approccio vincente.

La sostenibilità in ItaliaMa guardiamo al presente. Oggi le aziende italiane non spiccano per la loro capacità di comunicare la sostenibilità. Nel 2016, su un campione composto dalle prime 80 aziende

James Osborne,Partner & Head of Sustainability

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quotate, solo il 64% ha redat-to un bilancio di sostenibili-tà o un documento analogo (fonte, Ricerca CSR Online Awards). Come risultato di-retto dell’entrata in vigore del Decreto, il trend si sta rapida-mente modificando (fonte: ricerca Webranking 2017-2018): molte altre aziende ita-liane infatti, siano esse pronte o meno, devono approcciarsi per la prima volta alla rendi-contazione di sostenibilità. L’I-talia ha dunque le carte in re-gola per emergere in questo campo. Innanzitutto, anche

se non numerose, esistono imprese eccellen-ti da questo punto di vista, capaci di guidare con il loro esempio tante altre realtà impren-ditoriali. In secondo luogo, il tessuto indu-striale italiano è composto in larghissima par-te da aziende di dimensioni medio-piccole e di stampo famigliare. Queste caratteristiche portano con sé due importanti considerazio-ni: le PMI, infatti, hanno un forte legame con il territorio e una propensione alla sostenibi-lità socio-ambientale spesso già connaturate nel loro modo di fare business; inoltre, una proprietà stabile permette di strutturare stra-tegie di sostenibilità solide e capaci di creare valore nel lungo periodo.

I nodi da sciogliere: l’obbligo di certificazione...Non mancano tuttavia i risvolti critici. Tra tutti, l’obbligo di certificazione (assurance) dei dati non finanziari, che deve provenire da una società di revisione terza (come ac-cade d’altronde per le informazioni finanzia-rie, NdR). Pena, una sanzione da parte delle Consob per non conformità alla legge. Ma la rendicontazione non è solo un esercizio di compliance. Dai numeri della DNF deve in-fatti emergere anche la strategia in materia di sostenibilità dell’azienda e creare quindi valore duraturo.

... e la mancanza di uno standard per i datiUn altro punto del Decreto molto discusso riguarda poi l’assenza di indicazioni sulle linee guida da utilizzare per la rendiconta-zione dei dati di sostenibilità. Le aziende hanno libertà assoluta nella scelta del fra-mework da seguire, così da fare emergere una serie di aspetti difficili da incasellare in una linea guida standard. Tuttavia, c’è un pericolo: ovvero che i dati non siano alla fine compatibili tra loro, vanificando quindi la valutazione univoca delle performance di sostenibilità.

GRI: il framework più diffusoCopiare dai grandi è forse il modo più sem-plice per non commettere errori, quindi.

Vittoria Ghirlanda,Sustainability Consultant di Lundquist

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Tanto che quasi tutte le imprese nel mondo stanno seguendo gli standard pubblicati dal-la Global Reporting Initiative (GRI), un’orga-nizzazione internazionale indipendente che da 20 anni si occupa di rendicontazione di sostenibilità. Il successo di queste linee gui-da è nella solidità e personalizzazione degli indicatori forniti: per le aree più standard, come l’ambiente e gli aspetti sociali, il fra-mework presenta KPI riconosciuti a livello internazionale, mentre per aiutare le im-prese a far emergere le loro peculiarità in questo ambito sono creati indicatori ad hoc.

Tre elementi per raccontare la sostenibilitàI numeri non sono mai abbastanza. Tanto che il bilancio in sé è solo la base per mette-re a sistema le informazioni che poi devono essere comunicate agli stakeholder, attra-verso i canali più adeguati. In questo senso è fondamentale dare concretezza ai numeri spiegandoli alla luce dei fatti concreti e dei progetti portati avanti nell’anno. Nell’ultima edizione della ricerca CSR Online Awards, Lundquist ha identificato 3 elementi chiave per una comunicazione efficace.1. Storie legate ai temi più rilevanti. Qui l’aspetto emozionale sulle esperienze vissu-te è preponderante: attraverso le storie si illustrano temi importanti per la sostenibili-tà del business e si può spiegare la strategia messa in campo;

2. Storie integrate nell’eco-sistema digitale. Una storia può essere presentata in di-versi luoghi dell’ecosistema aziendale: dal sito corporate ai siti di Paese, dall’intranet ai social media. È uno sfor-zo fondamentale se si vuo-le diffondere il racconto tra tutti gli stakeholder: è quindi importante raccontare l’im-pegno agli utenti, anche sui social media. È una integra-zione formale e concettuale, che allinea lo storytelling del-la sostenibilità alla narrazione più ampia;3. Storie visuali. Molti studi suggeriscono che presentare contenuti in modo visuale aiuta il cervello a elaborare meglio le in-formazioni e renderle più convincenti. Le aziende che investono in immagini, video e infografiche hanno quindi un’arma in più. Soprattutto perché questi contenuti per-mettono di generare engagement sui social media.

James Osborne,Partner & Head of Sustainability

Vittoria Ghirlanda,Sustainability Consultant

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“ I dati

finanziari e di sostenibilità vanno letti in maniera integrata