Diagnosi precoce per salvare la vista Scatti dal Simposio ... · 4 Oftalmologia Sociale N.1-2011 I...

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Direttore Avv. Giuseppe CASTRONOVO Condirettore prof. Corrado BALACCO GABRIELI Capo Redattore prof. Filippo CRUCIANI Comitato di Redazione prof. Alfredo REIBALDI prof. Enzo TIOLI dott. Michele CORCIO dott. Glauco GALANTE prof. Leonardo MASTROPASQUA rag. Angelo MOMBELLI dott. Carlo Maria VILLANI COMITATO SCIENTIFICO NAZIONALE prof. Rosario BRANCATO Direttore Clinica Oculistica Ospedale San Raffaele - Milano prof. Mario STIRPE Fondazione Bietti prof. Emilio BALESTRAZZI Direttore Istituto Oftalmologia Policlinico A. Gemelli - Roma prof. Bruno LUMBROSO Già Primario Ospedale Oftalmico - Roma prof. Vito De MOLFETTA Clinica Oculistica - Università di Milano Bicocca AGENZIA INTERNAZIONALE PER LA PREVENZIONE DELLA CECITÀ SEZIONE ITALIANA ONLUS Sede operativa: Via G. Vico, 1 - 00196 Roma - Tel.06.36.00.49.29 Fax 06.36.08.68.80 sito internet: www.iapb.it e-mail: [email protected] ABBONAMENTI Contributo ordinario e 16 annui Contributo sostenitore e 26 annui Contributo benemerito e 52 annui Contributo volontario per l'attività promozionale da versare sul c.c.p. 24059008 - 00196 Roma, Via G. Vico 1, intestato a: Sezione Italiana del- l'Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità. Registrazione della testata: Tribunale di Roma N. 16799 - Spedizione in abbona- mento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2. CHIUSO IN REDAZIONE IL 9 FEBBRAIO 2011 Stampato da: EUROLIT s.r.l. via Bitetto, 39 - 00133 Roma O ftalmologia S ociale RIVISTA DI SANITÀ PUBBLICA Diagnosi precoce per salvare la vista Bisogna cercare di prevenire le malattie oculari o, almeno, di ridurne gli effetti devastanti. Quindi, l’atti- vità incessante di prevenzione è fondamentale: consiste nelle visite oculistiche dei cittadini di tutte le età, a par- tire da quando sono bambini. Molte malattie oculari, se individuate precocemente, sono reversibili; però, man mano che si va avanti negli anni, lo sono più difficil- mente o non lo sono affatto. Penso a una serie di pato- logie che vanno dalla retinopatia diabetica al glaucoma. La retinopatia dovuta al diabete è prevenibile soprat- tutto con una buona dieta: è tra l’altro favorita dal- l’opulenza. Poi c’è la degenerazione maculare legata all’età che – se diagnosticata per tempo – si può rallen- tare o, in alcuni casi, persino bloccare. Questa malattia è, purtroppo, in costante aumento a causa dell’invec- chiamento demografico. D’altronde l’allungamento della vita diminuisce non solo l’energia fisica, ma anche la vista. Oggi l’ipovisione è un problema sociale e sanitario importantissimo: secondo le ultime stime dell’Oms ci sono circa 250 milioni di ipovedenti nel mondo. Gli ipo- vedenti aumentano di giorno in giorno e si trovano in una situazione spesso drammatica: hanno timore di per- dere la vista e vivono questa condizione psicologica tutti i giorni, perdendo la fiducia in se stessi. Con la riabili- tazione visiva diamo a queste persone maggiori certezze, restituendo una qualità della vita che prima non ave- vano. Come diceva il filosofo Arthur Schopenhauer, “la salute non è tutto, ma senza salute tutto è niente”. Quindi, invito tutti i cittadini a sottoporsi a visite dall’oculista e non da altre figure professionali (quali gli ottici) già in occasione della settimana mondiale del glaucoma che quest’anno si svolge dal 6 al 12 marzo (info: www.iapb.it). Dunque solo l’oculista ci può pre- scrivere, in base a una giusta diagnosi, una buona cura. Inoltre invito i lettori a non rincorrere in modo facile l’eliminazione della miopia con il laser ad eccimeri per- ché ci sono stati casi di cittadini sottoposti ad interventi che non sono andati a buon fine. Dunque bisogna affi- darsi a mani esperte e sicure. Ai medici devo dire che devono parlare chiaramente con i pazienti: hanno sempre il dovere di avvertirli che c’è il rischio di complicanze legate agli interventi. In conclusione, l’informazione e la fiducia sono fonda- mentali per il cittadino, che non necessariamente si dovrà liberare degli occhiali da vista. Avv. Giuseppe Castronovo Presidente Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus

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DirettoreAvv. Giuseppe CASTRONOVO

Condirettoreprof. Corrado BALACCO GABRIELI

Capo Redattoreprof. Filippo CRUCIANI

Comitato di Redazioneprof. Alfredo REIBALDIprof. Enzo TIOLIdott. Michele CORCIOdott. Glauco GALANTEprof. Leonardo MASTROPASQUArag. Angelo MOMBELLIdott. Carlo Maria VILLANI

COMITATO SCIENTIFICO NAZIONALEprof. Rosario BRANCATODirettore Clinica Oculistica Ospedale San Raffaele - Milano

prof. Mario STIRPEFondazione Biettiprof. Emilio BALESTRAZZIDirettore Istituto Oftalmologia Policlinico A. Gemelli - Romaprof. Bruno LUMBROSOGià Primario Ospedale Oftalmico - Romaprof. Vito DeMOLFETTAClinica Oculistica - Università di Milano Bicocca

AGENZIA INTERNAZIONALE PER LA PREVENZIONE DELLA CECITÀSEZIONE ITALIANA ONLUSSede operativa:Via G. Vico, 1 - 00196 Roma - Tel.06.36.00.49.29 Fax 06.36.08.68.80sito internet: www.iapb.it e-mail: [email protected]

ABBONAMENTIContributo ordinario e 16 annuiContributo sostenitore e 26 annuiContributo benemerito e 52 annuiContributo volontario per l'attività promozionale da versare sul c.c.p.24059008 - 00196 Roma, Via G. Vico 1, intestato a: Sezione Italiana del-l'Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità.Registrazione della testata: Tribunale di RomaN. 16799 - Spedizione in abbona-mento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2.

CHIUSO IN REDAZIONE IL 9 FEBBRAIO 2011Stampato da: EUROLIT s.r.l. via Bitetto, 39 - 00133 Roma

OftalmologiaSociale

RIVISTA DI SANITÀPUBBLICA

Diagnosi precoce per salvare la vista

Bisogna cercare di prevenire le malattie oculari o,almeno, di ridurne gli effetti devastanti. Quindi, l’atti-vità incessante di prevenzione è fondamentale: consistenelle visite oculistiche dei cittadini di tutte le età, a par-tire da quando sono bambini. Molte malattie oculari, seindividuate precocemente, sono reversibili; però, manmano che si va avanti negli anni, lo sono più difficil-mente o non lo sono affatto. Penso a una serie di pato-logie che vanno dalla retinopatia diabetica al glaucoma.La retinopatia dovuta al diabete è prevenibile soprat-tutto con una buona dieta: è tra l’altro favorita dal-l’opulenza. Poi c’è la degenerazione maculare legataall’età che – se diagnosticata per tempo – si può rallen-tare o, in alcuni casi, persino bloccare. Questa malattiaè, purtroppo, in costante aumento a causa dell’invec-chiamento demografico. D’altronde l’allungamento dellavita diminuisce non solo l’energia fisica, ma anche lavista.

Oggi l’ipovisione è un problema sociale e sanitarioimportantissimo: secondo le ultime stime dell’Oms cisono circa 250 milioni di ipovedenti nel mondo. Gli ipo-vedenti aumentano di giorno in giorno e si trovano inuna situazione spesso drammatica: hanno timore di per-

dere la vista e vivono questa condizione psicologica tuttii giorni, perdendo la fiducia in se stessi. Con la riabili-tazione visiva diamo a queste persone maggiori certezze,restituendo una qualità della vita che prima non ave-vano. Come diceva il filosofo Arthur Schopenhauer, “lasalute non è tutto, ma senza salute tutto è niente”.

Quindi, invito tutti i cittadini a sottoporsi a visitedall’oculista e non da altre figure professionali (qualigli ottici) già in occasione della settimana mondiale delglaucoma che quest’anno si svolge dal 6 al 12 marzo(info: www.iapb.it). Dunque solo l’oculista ci può pre-scrivere, in base a una giusta diagnosi, una buona cura.Inoltre invito i lettori a non rincorrere in modo facilel’eliminazione della miopia con il laser ad eccimeri per-ché ci sono stati casi di cittadini sottoposti ad interventiche non sono andati a buon fine. Dunque bisogna affi-darsi a mani esperte e sicure.

Ai medici devo dire che devono parlare chiaramentecon i pazienti: hanno sempre il dovere di avvertirli chec’è il rischio di complicanze legate agli interventi. Inconclusione, l’informazione e la fiducia sono fonda-mentali per il cittadino, che non necessariamente sidovrà liberare degli occhiali da vista.

Avv. Giuseppe CastronovoPresidente Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus

Scatti dal Simposio internazionale ipovisione

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Sommario anno XXXIV - n.1/2011

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EDITORIALEUn Simposio che guarda al futurodi M. Corcio

L’EVENTOGuardiamo alla riabilitazionedi G. Galante

L’INTERVISTAStimolare il cervello con un ambiente arricchito. Parla il Prof. Avinoam Safran

L’INTERVISTABambini da tenere d’occhio. Colloquio col Prof. Alfredo Reibaldi

21 L’INTERVISTAUn Polo high-tech per gli ipovedenti. Parla il Prof. Leonardo Mastropasqua

24 NEWS DALL’OFTALMOLOGIA MONDIALEMalati di glaucoma più predisposti ad altre malattie; L’inquinamento ‘restringe’ i vasi retinici;Staminali embrionali, ok a sperimentazione da FDA; Più diritti per le cure in altri Paesi UEdi G. Galante

37 LAVORO SCIENTIFICOUn chip sottoretinico contro la cecitàdi Eberhart Zrenner, Karl Ulrich Bartz-Schmidt, Heval Benav, Dorothea Besch,Anna Bruckmann, Veit-Peter Gabel, Florian Gekeler, Udo Greppmaier, Alex Harscher,Steffen Kibbel, Johannes Koch, Akos Kusnyerik, Tobias Peters, Katarina Stingl, Helmut Sachs,Alfred Stett, Peter Szurman, Barbara Wilhelm, Robert Wilke

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L’EVENTOPlasticità neuronale e riabilitazione visivadi C. Casco

L’EVENTOAccendiamo una luce nel buiodi G. Galante20

NEWS DAL POLO NAZIONALEPiù prevenzione delle malattie oculari al Gemellidi F. Amore23

LAVORO SCIENTIFICOI traumi ocularidi F. Cruciani, G. Albanese, R. Anzidei27

WORKSHOPLe novità degli ausili ottici ed elettronici di P. PiscopoUtilizzo del microperimetroi di F. de Rossi e S. TurcoPiù psicologia per gli ipovedenti di S. FortiniL’importanza degli ausili informatici di M. Corcio e V. Silvestri

L’INTERVENTOSalvare la retina con la medicina rigenerativadi V. Broccoli

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4 Oftalmologia Sociale N.1-2011

Il Secondo simposio internazionalesulla riabilitazione dell’ipove-dente e sull’abilità visiva1 è scatu-rito innanzitutto dal bisogno diun confronto dei diversi modelli

riabilitativi. La nostra Agenzia internazionaleper la prevenzione della cecità-IAPB Italiaonlus ha voluto fortemente creare il Polo Na-zionale per la Riabilitazione Visiva2 e avendo,in questo senso, avviato una sperimentazionedi modello riabilitativo era necessario avereuna conferma della sua validità attraverso ilconfronto con le sperimentazioni più avanzatea livello internazionale.

Oltretutto è sentita fortemente, nel nostroPaese, l’esigenza di impostare una riabilita-zione non più di tipo solo funzionale, bensìglobale, cioè della persona nel suo complesso.Negli ipovedenti, infatti, non è solo la funzionevisiva da riabilitare, ma la persona nel suo in-sieme (nella sua dimensione psicologica, so-ciologica e relazionale). Solo da un Simposiointernazionale potevano venire le giuste indi-cazioni. Avevamo, d’altra parte, l’aspettativadi fare il punto della situazione sulla ricercaoftalmologica sull’ipovisione e, di conse-guenza, anche di mostrare l’utilità di alcuni

ausili per la riabilitazione visiva dell’ipove-dente. L’evento è stato di grande interesse nonsolo per la presenza di grandi esperti a livellointernazionale, ma soprattutto per la ric-chezza dei contenuti.

Le conclusioni dei lavori ci hanno vistoestremamente soddisfatti su un doppio ver-sante: sul fronte partecipativo (abbiamo regi-strato circa 500 partecipanti, sia nelle sessioniplenarie – con la presenza del Ministro dellaSalute Fazio – e sia durante le lezioni magi-strali) e sul versante contenutistico (relazionisui diversi modelli riabilitativi eworkshop). Perquanto riguarda la ricerca sono stati esami-nati sia aspetti tecnologici che clinico-scienti-fici. Sul piano tecnologico vi sono diversisoftware molto avanzati che danno la possibi-lità all’ipovedente di avere una completa pa-dronanza dello strumento informatico e diadattarlo alle sue esigenze. Sul piano clinico-scientifico abbiamo ascoltato delle interes-santi prospettive: non solo per quantoriguarda la plasticità cerebrale, ma anche, adesempio, per la cura del tessuto retinico.Quindi abbiamo dato motivo di speranza e difiducia: il progresso scientifico aiuterà molto aprevenire la cecità e, soprattutto, l’ipovisione.

Un Simposioche guarda al futuro

EDITORIALEM. CorcioComponente dellaDirezioneNazionale dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus

ARoma si sono tenuti tre giorni di lavorisulla riabilitazione degli ipovedenti e la ricerca clinico-scientifica

“OCCORRE

IMPOSTARE

UNA

RIABILITAZIONE

PER LA PERSONA

NEL SUO

COMPLESSO”

1 Si è tenuto dal 15 al 17 dicembre 2010 a Roma, presso il Centro Congressi Parco dei Principi.2 Si trova a Roma, presso il Policlinico A. Gemelli (ndr).

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5Oftalmologia Sociale N.1-2011

Salvare gli ipovedenti dalla ce-cità. Questo è il fine principaledi molti specialisti a cui si è ri-volto il Secondo simposio inter-nazionale sulla riabilitazione

dell’ipovedente e sull’abilità visiva, che si ètenuto a Roma dal 15 al 17 dicembre scorso.Non solo si è fatto il punto sulla plasticità ce-

rebrale e sui modi per imparare a sfruttare almeglio la vista residua, ma sono anche statepresentate soluzioni sperimentali avveniristi-che: dalle cellule staminali all’occhio bionico,passando per la terapia genica. Con la possi-bilità, in casi ancora eccezionali, di ridare lavista ai ciechi, in particolare ai malati di re-tinite pigmentosa.

Guardiamoalla riabilitazione

L’EVENTOG. Galante

Dal 15 al 17 dicembre si è tenuto aRomailSecondo simposio internazionale dedicato all’ipovisione,organizzato dalla IAPB Italia onlus,al quale è intervenuto ilMinistro della Salute Fazio

Simposio Internazionale organizzato dalla IAPB Italia onlus (Roma, 15 dicembre 2010)

“SI È PARLATO

ANCHE

DI STAMINALI,OCCHIO BIONICO

E TERAPIA GENICA”

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6 Oftalmologia Sociale N.1-2011

L’evento è stato organizzato dall’Agenziainternazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus attraverso il proprio “PoloNazionale di Servizi e Ricerca per la Preven-zione della Cecità e la Riabilitazione Visiva”(presso il Policlinico Agostino Gemelli diRoma). I relatori, provenienti da quindici na-zioni, sono stati centotredici mentre gliiscritti circa cinquecento.

In occasione dell’inaugurazione del Sim-posio si è avuta la partecipazione del Mini-stro della Salute Ferruccio Fazio, al quale èstato conferito il Premio Internazionale G. B.Bietti. In Italia la diffusione delle patologieoculari associate all’età, ha osservato il Mini-stro, “è destinata a crescere, visto il progres-sivo invecchiamento della popolazione delnostro Paese. Basti pensare che in Europa lepersone disabili incapaci di leggere e scrivere,non autonome per queste patologie, dopo gli80 anni sono tra il 10% e il 20%”. Per questaragione, ha continuato Fazio, “è importanteproseguire con l’attività di prevenzione [dellacecità] e diffondere a livello regionale i servizidi riabilitazione visiva, attualmente non di-

stribuiti in modo omogeneo”.Il Premio G. B. Bietti è stato conferito

anche al prof. Ahmed Trabelsi per la sua no-bile attività di prevenzione nei Paesi più po-veri dell’Africa. Inoltre, un doppio attestatodi benemerenza è stato consegnato aRadio24-IlSole24Ore (alla giornalista Nico-letta Carbone e all’amministratore delegatoRoberta Lai). Tra gli oculisti italiani sono in-tervenuti, oltre al prof. Mario Stirpe (presi-dente della Commissione Nazionale per laPrevenzione della Cecità), il prof. CorradoBalacco (direttore del Dipartimento di Of-talmologia dell’Università Sapienza diRoma), il prof. Filippo Cruciani (ricercatorepresso la stessa università e coordinatorescientifico del Polo Nazionale per la Riabili-tazione Visiva) e il prof. Reibaldi (docentepresso l’Università di Catania e direttorescientifico del Polo Nazionale). Questi ultimitre hanno, in diversi casi, presieduto i lavori.

Molte delle relazioni hanno avuto l’obiet-tivo di dare una prospettiva agli ipovedentinel mondo che, secondo i dati preliminari del-l’Oms dello scorso anno, sono 245 milioni

Il Ministro della Salute Ferruccio Fazio e l’Avv. Giuseppe Castronovo, presidente dell’Agenzia internazionale per la preven-

zione della cecità IAPB Italia onlus

“CRESCERÀLADIFFUSIONE

DELLE

PATOLOGIE

OCULARI

ASSOCIATE

ALL’ETÀ”

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7Oftalmologia Sociale N.1-2011

mentre i ciechi sono 40 milioni. In Italia,stando all’Istat, i non vedenti sono 362mila;gli ipovedenti, invece, si stima che siano circaun milione e mezzo, ovviamente principal-mente anziani. L’allungamento della vitamedia a livello mondiale rende urgente, oggipiù che mai, affrontare il problema delle ma-lattie degenerative e, in particolare, quelleche colpiscono gli occhi.

“Salvare una persona dalla cecità evita-bile, oltre a risparmiare un’inutile sofferenzaall’uomo, rappresenta – ha spiegato l’avv.Giuseppe Castronovo, Presidente della Se-zione italiana dell’Agenzia internazionale perla prevenzione della cecità – anche un rispar-mio per la spesa socio-assistenziale del nostroPaese. Quest’affermazione trova confermanello studio che la IAPB Italia onlus ha com-missionato alla LUISS Guido Carli. L’ado-zione di politiche per la prevenzione dellacecità consentirebbe allo Stato un risparmiostimato tra il 9,2% e il 34,2%, variabile a se-conda della precocità della diagnosi e dellacura (rispetto a uno scenario di mancato in-tervento)”.

Il 15 dicembre, il prof. Bruce Rosenthal,Direttore dei Programmi di Ipovisione dellaLighthouse di New York (Usa), si è cimentatoin una lezione magistrale sul passato, pre-sente e futuro della riabilitazione visiva. Il 16dicembre, invece, è stato il turno del prof.Avinoam B. Safran, che insegna a Parigi, ilquale ha affrontato il tema della plasticità ce-rebrale. Il docente svizzero ha insistito sul-l’importanza degli stimoli sociali e ambientalial fine di mantenere il cervello attivo, con-sentendogli di sviluppare nuove connessionineuronali. “Da cinque-dieci anni – ha ricor-dato Safran – ci sono nuove prospettive tera-peutiche per attivare la plasticità, per aiutarele persone ad adattarsi ai deficit visivi: questoè veramente fantastico”. Anche la prof.ssaClara Casco (Università di Padova) ha af-frontato l’argomento della plasticità cere-brale, concentrandosi soprattutto sugliaspetti riabilitativi. “Quello che si sa – ha ri-cordato la docente – è che noi possiamo mi-

surare l’attività di questi neuroni e aumen-tare la loro risposta”; la grande sfida è quelladi “riabilitare funzioni visive complesse”, au-mentando il livello di trasmissione tra retineuronali (potenziamento a lungo termine).

Il 17 dicembre, invece, il prof. RonaldSchuchard (Usa) ha parlato di retina artifi-ciale e prospettive future d’impianto, pensatesoprattutto per persone affette da retinitepigmentosa. “Attualmente ci sono due tipi dichip per l’occhio – ha affermato il docentedell’Università di Stanford – che vengono im-piantati”: uno viene collocato sotto la retinae non richiede una telecamera esterna perchéil chip stesso funge da sensore, mentre l’altroviene impiantato sopra la retina e richiedel’uso di una microtelecamera che normal-mente viene inserita negli occhiali. “La pro-tesi stimola la retina con una carica elettrica– ha precisato Schuchard a margine del con-gresso – e produce una rapida sequenza diflash luminosi”. Per poterli interpretare cor-rettamente occorre, tuttavia, che i pazientisui quali l’operazione d’impianto avesseavuto successo siano riabilitati e allenati a in-terpretare correttamente queste informazioniche arrivano alla corteccia cerebrale.

Un’altra sessione è stata dedicata ai trericercatori che, nel 2008, hanno vinto unbando di ricerca del Polo Nazionale per laRiabilitazione Visiva, struttura della IAPBItalia onlus: Vania Broccoli (capo dell’Unitàdi “Cellule staminali e neurogenesi”, Divi-sione di Neuroscienze dell’Istituto ScientificoSan Raffaele di Milano), Fabrizio Scotti(sempre del S. Raffaele) e Reza Dana (Mas-sachussets Eye and Ear Infirmary-Cornea Ser-vice, Usa), che, non potendo essere presente,è stato sostituito da un collaboratore.

Una relazione ampiamente apprezzata èstata quella del dott. Broccoli del Centro Ri-cerche del S. Raffaele, il quale ha presentatoun progetto di medicina rigenerativa per iltrattamento di malattie degenerative carat-terizzate dalla perdita di fotorecettori (in par-ticolare nei bambini). Per quanto riguarda leterapie innovative e di frontiera il ricercatore

“LARETINA

ELETTRONICA

CONSENTE

UNAVISIONE

PER FLASH”

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ha esordito sottolineando l’importanza dellaterapia genica, ossia dei trattamenti che ri-chiedono la ‘correzione’ del Dna, in cui ven-gono sostituiti i geni ‘difettosi’ con geni sani.Recentemente sono stati ottenuti buoni ri-sultati contro l’amaurosi congenita di Leber,una malattia retinica rara che porta all’ipo-visione e alla cecità.

La relazione del dott. Broccoli si è con-centrata, in particolare, sull’impiego dei pro-genitori locali delle cellule retiniche: unostrato, chiamato tecnicamente glia di Müller,ha la capacità di generare i fotorecettori apartire da cellule staminali. Iniettando sotto

alla retina di roditori cellule di questo tipo sisono ottenuti dei risultati interessanti. “Noipensiamo che questa glia di Müller possa – haconcluso Broccoli – funzionare da progeni-tore: possiamo ottenere un numero alto diqueste cellule in vivo ed è capace, quando tra-piantata, di dare origine ai fotorecettori inmodo efficiente”.

Dunque, se da un lato si è affrontato inmodo approfondito il tema della riabilita-zione, dall’altro sono stati esposti ai parteci-panti risultati di ricerche avveniristiche chepotranno costituire, in diversi casi, il futurodell’oculistica mondiale.

1Direttore scientifico del Polo Nazionale di Servizi e Ricerca per la Prevenzione della Cecità e la Riabilitazione Visiva (struttura della IAPB Italia onluspresso il Policlinico A. Gemelli di Roma) nonché Direttore della Clinica Oculistica della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Catania (ndr).

Colloquio col Prof. Reibaldi: fondamentale un’at-tenta riabilitazione dei più piccoli

Prof. Alfredo Reibaldi1, qual è stata la ratio delSimposio?I punti cardine del Congresso sono stati, da unlato, la partecipazione massiva dei relatori stra-nieri non solo estremamente qualificati, maanche tutti interessati (hanno partecipato al di-battito) e, dall’altro, la qualità scientifica dellerelazioni e dei temi proposti (che sono stati ‘az-zeccati’). Credo che mai, in Italia, ci sia statoun congresso sulla riabilitazione visiva con unacosì alta adesione (circa 500 persone, ndr).Il Polo Nazionale – come noi auspicavamo – stadiventando veramente un elemento fondamen-tale per la riabilitazione visiva in Italia, cosìcome anche speriamo che lo diventi a livello eu-ropeo.Si propone di diventare un centro di riferimentointernazionale?Sì, l’Organizzazione mondiale della sanità(Oms) è molto interessata; anzi, probabilmente

nel giro di due anni – se continuerà una simbiosiche sembra si stia già realizzando – noi diven-teremo partner ufficiali.Quali sono stati i punti di maggiore novità delSimposio?Credo che abbiamo preso coscienza dell’impor-tanza della riabilitazione. Storicamente que-st’ultima è nata negli Stati Uniti e nei Paesi delNord Europa. Però, se si è fatta una tavola ro-tonda a cui hanno partecipato tutti i Paesi delMaghreb, questa è una prova che la riabilita-zione visiva è diventata veramente un argo-mento comune: non è un argomento d’élite equesto è un dato di fatto. Per noi è utilissimo:siamo arrivati più tardi del Nord Europa, mail gap lo stiamo riducendo molto. Ci sono realtà,ad esempio in Tunisia (tra l’altro abbiamo pre-miato il Prof. Trabelsi) e in Marocco, dove lariabilitazione ha più che altrove un risvolto so-ciale estremamente importante.Quale problema riabilitativo vuole ricordare?Il problema della riabilitazione dei bambini,che da noi è fatta veramente in pochissimi cen-

BAMBINI DA TENERE D’OCCHIO

L’intervista

“ILPOLONAZIONALE

STADIVENTANDO

IMPORTANTE

PER LA

RIABILITAZIONE

VISIVA IN ITALIA”

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9Oftalmologia Sociale N.1-2011

tri. Invece ce ne sono tantissimi che ne hannobisogno. A volte i piccoli, più degli anziani, sonoportatori di multi-handicap; quindi, ci voglionoveramente strutture adeguate, in cui ci sia per-sonale ben ‘addestrato’. Quando si fa una visitaa un adulto è molto più semplice (in generale) diquando si fa a un bambino… Questa è unastrada che, secondo me, bisogna battere in ma-niera vigorosa. La simbiosi che si sta creandotra l’Agenzia internazionale per la prevenzionedella cecità e l’ospedaleBambino Gesù per laformazione di un Cen-tro per la riabilitazionevisiva dei bambinicredo che sia un se-gnale importante.Quali sono le possibi-lità di riabilitazionenel caso delle patologieretiniche?Ledifficoltà,purtroppo,sono enormi. La re-tina è la chiave divolta dell’apparato vi-sivo, ma le patologie

(particolarmente dellamacula) sono in crescitasoprattutto in tutti iPaesi industrializzati.Però è possibile fare deipassi avanti.Anche con le cellule sta-minali?Impiantarle è unatto chi-rurgico vero e proprio.Una volta che abbiamobattuto tutte le strade –mediche, chirurgiche eparachirurgiche – si passaalla riabilitazione.Ma è una strada che asuo giudizio potrà avereulteriori sviluppi?Credo assolutamente di

sì. Sono tentativi in atto da moltissimi anni.Ricordo che, negli anni ’90, sono andato negliStati Uniti e c’era un autore (Anderson) che giàallora cominciava a ipotizzare l’impianto di cel-lule sotto la retina contro le degenerazioni deltappeto retinico. Chiaramente erano i primis-simi tentativi: adesso ci sono studi con un ‘ra-zionale’, alle spalle, molto più importante ecredo che si arriverà, se pur lentamente, a fareun passo avanti. (g.g.)

Prof. Alfredo Reibaldi

Sessione dedicata alla prevenzione della cecità e alla riabilitazione nei Paesi del Maghreb

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10 Oftalmologia Sociale N.1-2011

Le nostre esperienze visive comportano una conti-nua riorganizzazione della rete neuronale.Ne parlail Prof. Avinoam Safran, intervenuto al Simposiointernazionale ipovisione

Prof. Safran, fino a che età si può parlare di pla-sticità cerebrale?Laplasticità cerebrale simanifesta a tutte le età,sinoallamorte cerebrale. Infatti, il principiodellaplasticità è quello di una capacità di riorganizza-zionedelle cellule in funzione delle circostanze. Cisonodelle circostanzenelle quali le cellule (ri)sta-biliscono delle connessioni in maniera dinamica,senza sosta: si tratta di un fenomeno fisiologico.Ad esempio, apprendiamo nuove lingue, ci adat-tiamo sempre a nuovi contesti. Tutto questo è laplasticità cerebrale: non siamo mai gli stessi. Cisono dei periodi particolari, generalmente legatiall’infanzia, che hanno un’importanza maggioreper il sistemavisivo, chepossiede– inmodoancorpiù rilevante – delle capacità di riorganizzazionedelle connessioni e di rimodulazione sinaptica(fino all’età di sette-otto anni). È un periodo incui si può sviluppare ancheuna rivalità oculare oaltri fenomeni che possono culminare in un’am-bliopia.Alla fine di questoperiodo – in cui la pla-

sticità simanifesta inunamodalità specifica – c’èuna riorganizzazione del sistema visivo che com-porta la nascita di ‘freni’. Il sistema visivo si irri-gidisce, ma non totalmente, poiché la plasticitàpersiste sino alla fine dei nostri giorni. Si può, per

STIMOLARE IL CERVELLO CON UN AMBIENTE ARRICCHITO

L’intervista

Mille ricerche di neuroftalmologiaIl Prof. Avinoam B. Safran è professore ricer-catore presso la Facoltà di Medicina dell’Uni-versità di Parigi VI/Istituto della Visione. È,inoltre, docente onorario presso laFacoltà diMe-dicina dell’Università di Ginevra.Si è laureato nel 1971 proprio a Ginevra; si èspecializzato prima in oftalmologia e poi in neu-roftalmologia a Miami e a San Francisco(Usa). È diventato professore ordinario nel1998nonché direttore dellaClinica universitariaginevrina di oftalmologia. Ha fatto di quest’ul-timauno dei principali centri di neuroftalmolo-gia a livello internazionale.È autore di oltre 200articoli e ha diretto la pubblicazione di quattrolibri, tra cui – nel 2004 – un ampio trattato dineuroftalmologia. Ha assunto la presidenzadella Società Internazionale di Neuroftalmolo-gia ed è attualmente anche vicepresidente del-l’Associazione europea per la visione e la ricercaoftalmologica. Le sue ricerche vertono princi-palmente sulla funzione visiva e la plasticità ce-rebrale in seguito a lesioni oculari e delle vievisive nonché sulla neuroftalmologia dell’ipovi-sione.Ha diretto, in collaborazione col professorJosé-Alain Sahel e la società Second Sight, unprogetto di sviluppo di una retina elettronica (ilcosiddetto ‘occhio bionico’), che nel 2008 a Gi-nevra ha portato all’impianto della prima pro-tesi retinica a livello europeo. Da quest’anno èprofessore ricercatore presso l’Università di Pa-rigi VI; porta avanti i suoi lavori presso il cele-bre Institut de la Vision parigino.

Prof. Avinoam Safran

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stimolare la persona, fare ricorso ad ambientiparticolari definiti ‘arricchiti’.Ossia?Si dicono arricchiti quegli ambienti – sia dalpunto di vista fisico che da quello puramente re-lazionale – che induconouna riflessione sullemo-difiche dell’ambiente stesso. Si può trattare diun’interazione affettiva tra persone diverse, cheinduce una ‘tensione’ e una modificazione dellereti neuronali, oppure semplicemente di un’inte-razione con i mobili posti in una stanza, cosìcome si potrebbe trattare di unaparticolare gab-bietta nel caso degli animali… Insomma, sitratta di un ambiente che induce a ricercare e ariflettere. Si può essere chiamati a riattivare la ri-flessione e la modalità attentiva: così si modifi-cano persino i parametri biologici del nostrosistema nervoso. Ad esempio, l’attività intellet-tuale e la riorganizzazione plastica dei neuroni siriducono se si somministrano dei calmanti odegli inibitori dei neurotrasmettitori (come ilGABA). Tutti hanno, in fondo, il bisogno di es-sere stimolati e di stare in un ambiente che cam-bia (cambiamento delle lingue, delle richiestedovute all’interazione con altre persone). Tuttociò che risveglia la persona può essere definito‘ambiente arricchito’. Tutti concorderanno sul-l’importanza di essere immersi in un ambientestimolante: esso va ad agire persino sulle basibiologiche dell’individuo.Questo è importante anche per chi ha dei pro-blemi visivi…Anche in chi ha dei problemi visivi, in partico-lare alla fine del primo periodo della vita, si ve-rifica un irrigidimento (ad esempio, nel casodell’ambliopia, entro i sette anni); tuttavia, certefunzioni – comunemente non considerate rever-sibili – possono essere in realtà ancora reversibili,come dimostrato in animali come l’orango. Se sicrea una condizione di ambiente arricchito per-sino l’ambliopia funzionale può essere reversibile,in una certa misura, per soppressione di unostrabismo. Per le ragioni che ho già esposto, si

può dire che si eliminano dei blocchi, dei freniche sono sorti alla fine dell’infanzia. Non vogliodire che la stimolazione funzioni sempre; ma, ineffetti, statisticamente parlando ciò è davveroevidente.Come lo si è capito?Si sono studiati degli animali relativamente evo-luti che manifestano questi fenomeni di bloccodella plasticità cerebrale alla fine della loro infan-zia; ma si sono riscontrati [in seguito a terapia]degli evidenti miglioramenti dell’attività visiva emodifiche dei parametri biologici, con una genesimolto importante di nuove sinapsi. Questo nonsignifica che funzioni sempre e in maniera totale;ma ci sono delle modificazioni significative. Na-turalmente anche la stimolazione visiva è impor-tante perché anch’essa ha degli effetti. Tuttoquesto discorso rientra nel quadro generale del-l’ambiente arricchito. Persino delle stimolazioninonvisivemiglioranoulteriormente la situazionein chi ha problemi visivi. Bisogna fare altre cose,compresa la ginnastica, che favoriscono lo svi-luppo delle sinapsi e la loro rimodulazione.Hadeiconsiglidadarea livellodimovimento fisico?Sì, esiste un’ampia letteratura sull’argomento.Rinnovare [l’ambiente] e, allo stesso modo, pra-ticare l’esercizio fisico.Nelle persone di una certaetà è stato dimostrato chiaramente come un’at-tività ginnica aerobica sia utile e modifichi [inmeglio] gli stessi parametri biologici.In che misura gli ipovedenti possono imparare avedere con una zona nonmaculare?Èchiaro che l’impiego della zona eccentrica dellaretina, vale a dire quella periferica di fissazioneretinica, è certamente ‘addestrabile’ grazie aun’espressione completa della plasticità cere-brale. Questo1 implica una riorganizzazione delsistema oculo-motorio. Ciò significa, effettiva-mente, che si può re-imparare ad apprendere, adutilizzare delle zone retiniche che abitualmentenon si sono sfruttate. Ogni apprendimento, perdefinizione, è un’espressione della plasticità delsistema visivo. (g.g.)

1 ad esempio il biofeedback. (ndr)

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La visione umana comprende unvasto insieme di funzioni, e ra-ramente queste coinvolgonomeccanismi neurali elementari.Non è semplice spiegare come

la plasticità sinaptica, un fenomeno che si veri-fica a livello dei siti di comunicazione tra neu-roni, possa migliorare funzioni visive cosìelaborate. Tuttavia, ciò è possibile perchéanche processi visivi molto complessi hannoalla base meccanismi più semplici.

Per esempio, per poter scrutare una scena vi-siva apprezzandone i dettagli, cogliere l’emo-zione nei volti e le intenzioni del nostrointerlocutore dalla posizione dei suoi occhi,dobbiamo ricorrere a meccanismi, i “canalidelle alte frequenze spaziali”, in grado di codi-ficare i dettagli dell’immagine. Il substratoneurale di questi canali sono i neuroni lungo lavia genicolo-striata, la cui finestra sul mondo, ilcampo recettivo, è piccola. I canali delle altefrequenze spaziali (FS) sono indipendenti daicanali delle “basse FS”, che sono invece allabase della visione globale, quella necessaria perdistinguere, ad esempio, la presenza degli og-getti sullo sfondo, per cogliere il significato diun quadro impressionista o vedere un pedonenella nebbia. Un’altra proprietà dei canali, laselettività per l’orientamento, è alla base difunzioni complesse come la lettura. Per leggereun testo scritto in corsivo, la discriminazione

dell’orientamento deve essere estremamente ef-ficiente, ma anche la curvatura deve essere ac-curatamente percepita. I vari tratti delle letteredevono essere analizzati e poi combinati in-sieme, un’operazione complessa che, se fallisce,ci restituisce una immagine “affollata” e,quindi, indecifrabile.

Per lo svolgimento di funzioni visive (semplicie complesse) le FS e gli orientamenti dell’imma-gine devono essere analizzati indipendentementee localmente (separatamente per ogni regionedella retina e per ciascun occhio) [1], e ciò è resopossibile dalla disposizione ordinata dei neuronientro blocchetti di corteccia visiva primaria(V1), organizzata in colonne e ipercolonne.

A lungo si è ritenuto che le proprietà di ri-sposta di questi neuroni potessero venire modi-ficate soltanto durante lo sviluppo precoce delsistema visivo e rimanessero stabili in etàadulta. Recentemente è stato invece dimo-strato che la risposta dei neuroni in V1 può con-tinuare ad essere modulata “allenando” ineuroni stessi a rilevare uno stimolo a bassocontrasto [8]; tale capacità di modulazione èspecifica per l’attributo allenato: la FS, l’orien-tamento, la fase, la direzione del movimento,l’occhio e la posizione retinica [7]. È proprio laspecificità che viene interpretata come indicedi plasticità nei processi visivi corticali precoci.

Poiché alla base dei molteplici aspetti dellavisione umana vi è la risposta di meccanismi

Plasticità neuronalee riabilitazione visiva

L’INTERVENTOC. CascoUniversità degli Studi di Padova-Facoltà di Psicologia-Dipartimento di Psicologia Generale

Uno specifico training può aumentare l’efficienzadella comunicazione tra i neuroni, migliorando le prestazioni visive

“LAPLASTICITÀ

SINAPTICA

PUÒMIGLIORARE

LE FUNZIONI

VISIVE”

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precoci ad attributi elementari dell’immagine,è lecito domandarsi se e come la modulazione ditale risposta permetta di migliorare le funzionivisive complesse. Ciò è possibile perché la vi-sione di stimoli complessi richiede reti di neuroniconnessi da interazioni laterali intracorticali fa-cilitatorie ed inibitorie [5]. Reti neuronali di-verse codificano oggetti diversi, anche se sonoformati dagli stessi elementi, come le parolenella frase che state leggendo. È l’efficienzadella comunicazione sinaptica tra i neuronidella rete che viene migliorata dall’allena-mento, sia aumentandone l’azione facilitatoriache diminuendone quella inibitoria.

L’insieme delle interazioni laterali può esseremodificato allenando i soggetti a rilevare la pre-senza di un’immagine a basso contrasto1, comequella in Figura 1a. Questa è chiamata Gabored è uno stimolo ideale per i neuroni visivi. Siprocede misurando la soglia, cioè quanto ampiodeve essere il contrasto affinché la Gabor risultivisibile. Se la sensibilità del soggetto è alta, ilvalore di contrasto a soglia sarà basso.

La riduzione della soglia a seguito dell’alle-namento comporta un aumento di sensibilitàal contrasto nel neurone stimolato. Ma l’alle-namento porta anche ad un miglioramentodella comunicazione tra neuroni, e questo si ot-tiene presentando la Gabor target, invece cheisolata, fiancheggiata da altre Gabor ad altocontrasto, i flankers (Figura 1b). Numerosistudi infatti hanno mostrato che la soglia dicontrasto può venir modulata dai flankers, masolo se hanno lo stesso orientamento (sono cioèco-assiali) [4] (Figura 1c). Che le Gabor flankers

facilitino o inibiscano il target, dipende dallaseparazione tra il target e i flankers co-assiali.La Figura 2 mostra che a separazioni medie siha facilitazione (valori sotto lo 0), mentre a se-parazioni piccole si ha inibizione (valori sopralo 0).Flankersmolto più distanti non hanno ef-fetto. La tecnica che permette la modulazionedi facilitazione e inibizione si chiama trainingneurovisivo (TNV).

I risultati del TNV nella fovea dell’occhionormovedente sono esemplificati in Figura 2:l’effetto del TNV si ha soprattutto nellagamma di separazioni che producono facilita-zione. Si hanno pertanto due risultati congiunti– un effetto dei flankers opposto a distanze pic-cole e grandi – ed un effetto del TNV, nonuguale a tutte le distanze, a dimostrazione cheil training neurovisivo induce un fenomeno diplasticità nelle interazioni laterali, non nel sin-golo neurone.

Infatti, è stato dimostrato che le interazionilaterali avvengono tra neuroni selettivi per lostesso orientamento [5]. L’inibizione è un feno-meno che si ha a piccole separazioni, quando icampi recettivi si sovrappongono parzialmente,mentre a separazioni superiori si può avere fa-cilitazione [12].

Per trarre una qualsiasi conclusione sugli ef-fetti di plasticità neuronale dovuti al TNV,l’evidenza psicofisica non basta: si deve trovareuna corrispondenza neurofisiologica. La valu-

La Figura 1 mostra una Gabor a basso contrasto isolata (a),

fiancheggiata da due Gabor ad alto contrasto poste a varie

distanze (b), il cui orientamento è co-assiale o trans-assia-

le col target (c). (Fonte: Polat 2004)

Figura 2. L’asse verticale mostra l’elevazione di soglia che i

flankers co-assiali producono rispetto a quelli trans-assia-

li, ottenuta prima e dopo il training, in funzione della sepa-

razione target-flankers, indicata sull’asse orizzontale

(Fonte: Polat & Sagi 1994)

“L’EFFICIENZADELLA

COMUNICAZIONE

SINAPTICA

MIGLIORA CON

L’ALLENAMENTO”

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tazione psicofisica richiede un follow-up e devemostrare soglie invariate a distanza di almenoun anno. Inoltre, l’effetto del training deve es-sere specifico per l’occhio, la posizione e, per gliattributi allenati come l’orientamento, la FS, lafase, ecc. ([3], [7], [6]). Se tutto ciò si verifica, laplasticità neuronale deve poi trovare confermanei risultati dei potenziali evocati visivi (VEPs).Un esempio di quanto detto sono i dati di Pur-tois et al. (2008) e Casco, Campana, Grieco eFuggetta (2004), che mostrano l’effetto del trai-ning sulle componenti precoci dei VEPs. I me-todi di neuroimmagine dimostrano la plasticitàneuronale in modo più diretto. Infatti, la riso-nanza magnetica funzionale rivela un’aumen-tata attivazione nell’area della corteccia visivacorrispondente al quadrante allenato, ma nes-sun aumento nell’area controlaterale [15].

Uno dei principali problemi relativi al TNV èl’apparente contraddizione tra i suoi effetti sullaplasticità neuronale, a livello corticale precoce, eil suo trasferimento a compiti complessi, miglio-randone l’esecuzione. Si è recentemente ipotiz-zato che l’allenamento sistematico inun compitodi basso livello, possa portare benefici percettivisignificativi a funzioni visive molto più com-plesse, se queste si basano sulla risposta deglistessi meccanismi allenati ([8], [9], [10], [2]).

Tuttavia, siamo ancora lontani dal dimo-strare la generale utilità del training neurovisivoper la riabilitazione dell’ipovisione. Effetti ria-bilitativi affidabili sono stati provati nei soggettiambliopi. In questi soggetti, il cui disturbo vi-sivo risulta da uno sviluppo anormale della V1in età precoce, il TNV porta al miglioramentoduraturo di funzioni visive relativamente com-plesse come il riconoscimento di lettere.

Invece, in altre forme di ipovisione foveale,come quelle prodotte da degenerazioni macu-lari, la potenzialità del TNV a scopi riabilita-tivi è tutta da dimostrare. Il problemaprincipale è che le interazioni laterali (nella re-gione V1), dov’è rappresentata la regione reti-nica periferica sana di questi soggetti, sonosoprattutto inibitorie e – come mostra la Fi-gura 2 – queste ultime interazioni non sem-brano modulabili dal TNV [11].

In conclusione, il TNV si è dimostrato, finoad ora, efficace nel trattamento dell’ipovisionecausata da ambliopia, miopia e presbiopialieve. La sfida della ricerca futura è di stabilirese altre forme di ipovisione, come quelle secon-darie a degenerazione maculare, retinopatiadiabetica e retinite pigmentosa, possano essereriabilitate con questo tipo di training.

Bibliografia[1] De Valois RL, De Valois KK (1988), Spatial Vision, OxfordUniversity Press.[2] Huang C. Zhou Y & Lu Z (2008) PNAS, 105(10), 4068-4073[3] Fiorentini A, Berardi N., Nature, 1980 Sep 4;287(5777):43-4[4]PolatU, SagiD (1994),ProcNatlAcadSciUSA 91: 1206-1209[5] Ts’o DY, Gilbert CD, Wiesel TN. 1986, JNeurosci 6:1160-170[6] Schoups AA, Vogels R and Orban GA (1995), J. Physiol.483;797-810[7] Grieco A, Casco C, Roncato S (2006), “Texture segregationon the basis of contrast polarity of odd-symmetric filters”,Vi-sion Res., 46(20):3526-36[8] Polat U, Ma-Naim T, Belkin M, Sagi D (2004), Proc NatlAcad Sci USA 101: 6692-6697[9] Tan DT, Fong A (2008), J Cataract Refract Surg., 34: 570-577[10] Polat U (2009), Vision Res. 49: 2566-73[11] Shani R, Sagi D (2005), Vision Res. 45:2009-2024[12] Polat U, Mizobe K, Kasamatsu T, Norcia AM (1998), Na-ture 391: 580-584[13] Gilbert CD, Sigman M, Crist RE (2001),Neuron 31: 681-697[14] Casco C, Campana G, Grieco A, Fuggetta G. (2004 ), Neu-rosci. Lett. Nov 16;371(1):18-23[15] Pourtois P, Rauss KS, Vuilleumier P, Schwartz S (2008),Vision Research 48 55-62[16] Schwartz S, Maquet P, and Frith C (2002), PNAS, 99, no.26, 17137-17142

Figura 3 Nel gruppo trattato con il TNV l’acuità visiva

aumenta fino a .25 unità logaritmiche dopo 44 sessioni gior-

naliere (circa 10 settimane) e il miglioramento rimane inva-

riato dopo 12 mesi. Non vi è miglioramento nel gruppo non

trattato. (Fonte: Polat 2004)

“EFFETTI

RIABILITATIVI

AFFIDABILI

SONO STATI

PROVATI

NEI SOGGETTI

AMBLIOPI”

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15Oftalmologia Sociale N.1-2011

“Il mio laboratorio si trovaall’ospedale S. Raffaeledi Milano, è un centro ri-cerche. Quello che vi pre-senterò è un progetto di

medicina rigenerativa per il trattamento dellemalattie retiniche complesse che comportanola perdita di fotorecettori.

Parliamo di terapie innovativedi frontiera per il trattamento dimalattie oggi incurabili. Ovvia-mente, dobbiamo parlare innan-zitutto di terapia genica, che è lanostra grande speranza per il fu-turo: ultimamente – anche gra-zie a studi di italiani – hadimostrato di essere efficace, ef-ficiente e sicura, come dimo-strato per i primi pazienti peruna forma di amaurosi congenitadi Leber1, che dà finalmente lapossibilità di passare dal laboratorio alla cli-nica.

È ovvio, però, che la terapia genica haanche qualche limitazione. Ce ne sono due fon-damentali: la prima è che può curare delle de-generazioni quando i fotorecettori sono ancorapresenti e possono recuperare la loro funzione.

La seconda limitazione è che il paziente deveessere ‘genotipizzato’2 per il gene che è mu-tato; sappiamo benissimo oggi che, data la va-rietà delle forme genetiche […] di questeforme di degenerazione, questo non è ancoracosì fattibile.

Quindi il mio laboratorio si occupa di me-dicina rigenerativa e di trapianto di cellule per

la sostituzione cellulare.Anche nelle forme più severe

di degenerazione, in cui tutto lostrato dei fotorecettori è com-pletamente perso, lo strato deineuroni sottostanti (dagli inter-neuroni fino ai neuroni gan-gliali) è completamentepreservato, anche dopo lungotermine. Questo significa che, senoi vogliamo trapiantare dei fo-torecettori nella regione in cui siè verificata una loro perdita,

forse è possibile pensare che essi possano inte-grarsi nella rete neuronale preservata e ripri-stinare la funzione visiva.

Questo è stato dimostrato: abbiamo unaprova di principio che – almeno nei modellianimali – ciò è possibile. I fotorecettori tra-piantati dall’esterno della retina degenerante

Salvare la retinacon la medicina rigenerativa

L’INTERVENTOV. BroccoliCapo dell’Unità di cellule staminali e neurogenesi dell’Istituto Scientifico San Raffaele, Milano

Il trapianto di fotorecettori dall’esterno può potenzialmenteripristinare la funzione visiva contrastando la degenerazione retinica

Dott. V. Broccoli (S. Raffaele)

1 Malattia della retina che si trasmette geneticamente nella modalità detta autosomica recessiva. I bambini affetti da questa malattia in genere presen-tano sintomi sin dalla nascita. Colpisce all’incirca tre bambini ogni centomila. (ndr)

2 Bisogna identificare, all’interno del codice genetico, le sequenze che causano la malattia.

“FOTORECETTORITRAPIANTATI

DALL’ESTERNOPOSSONO

RIPRISTINARE

LA FUNZIONE

VISIVA”

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possono reinserirsi all’interno della strutturaretinica, riformare le connessioni con i neuronie ripristinare la funzione visiva. […].

È ovvio, quindi, che abbiamo bisogno diuna sorgente di possibili fotorecettori per ef-fettuare questa possibile sostituzione cellu-lare. Principalmente, nel mondo, oggi questesorgenti sono: 1) cellule staminali localizzatenella retina; 2) cellule staminali embrionali; 3)conversione cellulare (cellule adulte ripro-grammate geneticamente fino a tornare allostadio di staminali, ndr). Il mio laboratorio sioccupa di tutte e tre queste fasi. Oggi vi pro-porrò solo i risultati ottenuti con la primalinea di ricerca, cioè l’uso di progenitori localinella retina.

Noi ci siamo focalizzati sulla glia di Müller,il settimo tipo di cellula retinica: ovviamenteè stato studiato come una cellula di riferi-mento per il metabolismo dei neuroni, ma ul-timamente nuove ricerche hanno dimostratoche hanno due funzioni principali. In qualchemodo viene riattivata per costruire la cicatricegliale a seguito di un danno; ma in secondoluogo c’è il fatto – ancor più promettente –che, nei bassi vertebrati (uccelli e rettili), laglia di Müller è capace di riproliferare nel-l’adulto, dando origine a nuovi neuroni e anuovi fotorecettori. Questo, nei mammiferi enell’uomo, non è stato molto investigato. Ilmio laboratorio si è posto proprio l’obiettivodi capire se la glia di Müller – nei topi di labo-ratorio e nell’uomo – sia in grado di dare ori-gine a neuroni e fotorecettori.3

Da retine di laboratorio abbiamo ottenutodelle colture di glia di Müller: si possono iso-lare dagli animali delle cellule che possonoproliferare a lungo in vitro (in laboratorio).[…]. Cambiando i trattamenti che noi pos-siamo fare in vitro, abbiamo scoperto che sipuò far sì che la glia di Müller, quando diffe-renzia, dia origine a dei neuroni e a delle cel-lule piccolissime, che sono dei fotorecettori.[…]. Se questo è vero negli animali di labora-torio può essere vero nell’uomo? Grazie a una

collaborazione con la dottoressa Grazia Fer-tile4 siamo riusciti a ottenere 52 piccoli cam-pioni di retina umana adulta. Da questipiccoli campioni siamo riusciti a derivare dellecolture di glia di Müller, molto simili a quelledi topo, che possiamo proliferare in vitro perun certo periodo di tempo.

Quando applichiamo dei particolari tratta-menti, quello che riusciamo a ottenere sonodei fotorecettori caratterizzati da marcatorispecifici e da una certa morfologia. […]. Que-sti ultimi sono funzionanti: grazie a una col-laborazione con Del Monte dell’Università diPisa siamo riusciti a registrare delle correntielettriche di queste cellule, che sono esatta-mente indistinguibili da quelle dei fotorecet-tori adulti presi dalla retina.

L’altra domanda che ci siamo fatti: è possi-bile isolare le cellule di questa glia di Mülleranche da campioni autoptici della retina didonatori post-mortem? La risposta è sì, anchese l’efficienza è un po’ più bassa. Anche da re-tine post-mortem è possibile stabilire delle col-ture proliferanti di glia di Müller e differenziarequest’ultima in fotorecettori.

Qual è la loro possibilità in vivo […]? Ab-biamo cominciato a trapiantarle sotto alla re-tina seguendo un protocollo sperimentale cheviene usato negli animali da laboratorio (inquesto caso roditori). […] Le cellule si sono in-tegrate nello strato esterno dei fotorecettori[…]. Questo vuol dire che questa cellula di re-tina umana è stata trapiantata in una retinadi topo adulto: è capace di differenziare e diintegrarsi nello strato giusto e di completare laconnessione, probabilmente con gli interneu-roni. […]. Questa glia di Müller, una volta invivo nella retina, è un vero e proprio fotore-cettore, con tutti i marcatori tipici: è indistin-guibile. Quindi noi pensiamo che essa possaessere una cellula che funziona da progenitore(possiamo ottenerne un numero elevato invitro) e poi, quando è trapiantata, è capace didare origine ai fotorecettori in modo effi-ciente”.

3 Questo è il lavoro fatto dalla ricercatrice del mio laboratorio, Serena Giannelli, che ha fatto colture di retina di adulto, sia di topo che dell’uomo.4 Ospedale Sacro Cuore-Don Calabria, Negrar, Verona.

“LAGLIA

DIMÜLLER

È CAPACE

DI RIPROLIFERARE

NELL’ADULTO,DANDO ORIGINE

A NUOVI

FOTORECETTORI”

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17Oftalmologia Sociale N.1-2011

1 a nome della Microlens.2 in rappresentanza della Centrostyle.3 il rappresentante della Eyetecnologies.4 Low Vision.5 Ottica Sacco-Green Vision.

Nel campo dell’ipovisione sappiamo bene come gli au-sili ottici o elettronici rivestano un ruolo importanteper un percorso riabilitativo utile a migliorare la qua-lità della vita del soggetto con menomazione visiva.Quindi, ogni esperto riabilitatore deve essere a cono-scenza sulle novità degli ausili, in modo da riabilitareil soggetto ipovedente con l’ausilio più ottimale perquelle che sono le difficoltà manifestate. Tuttavia,quando parliamo di ausili ottici non dobbiamo limi-tare la nostra attenzione ai soli ausili ingrandenti. Trai disagi che un soggetto ipovedente manifesta non è datrascurare il discomfort visivo procurato dall’abba-gliamento, cioè da una condizione in cui si presentauna riduzione della capacità di discriminare gli og-getti e i dettagli a causa di una ripartizione sfavore-vole delle luminanze o di un basso contrasto.Rivestono, quindi, un ruolo fondamentale i filtri,mezzi efficaci per migliorare la qualità della funzionevisiva in termini di acuità e sensibilità al contrasto.Ma, una volta individuato l’ausilio ottimale, come sideve utilizzare il nomenclatore tariffario al fine di unaprescrizione? Come possono gli aventi diritto ottenere,tramite il Sistema Sanitario Nazionale (SSN), ausilivalidi e moderni utilizzando il vecchio “RegolamentoNomenclatore” in vigore? Tali argomenti sono statiaffrontati attraverso la voce di esperti nel settore. Ilavori sono stati aperti da Luciano Martinelli1, che hapresentato le novità in campo di ausili ottici per lon-tano, vicino e per le distanze intermedie, partendodagli ausili più semplici (come le lenti d’ingrandi-mento) fino a quelli più complessi, soffermandosi, inparticolare, su quegli ausili unici che possono avereduplice funzione, che attraverso un “click” possonoessere usati anche per le distanze intermedie. Succes-sivamente a tale esposizione l’attenzione si è concen-trata sulle novità nel campo di ausili elettronici: ilprimo relatore a prendere la parola è stato Mario Bel-lini2. Quest’ultimo ha fornito indicazioni, attraversoalcuni esempi, di ausili ingrandenti elettronici sia fissiche portatili, riservando adeguata attenzione alle esi-

genze di quegli utenti ai quali non è sufficiente il vi-deoingranditore portatile per limite di ingrandi-mento, ma che hanno l’esigenza di un ausilio chepossa renderli autonomi nella lettura e nella scrittura,soprattutto quando hanno necessità di muoversi.Sempre nel campo degli ausili elettronici Roberto Iaz-zolino3 ha focalizzato l’attenzione sulle nuove tecno-logie dirette a studenti e a professionisti. Ausili siaportatili che fissi, ma sicuramente versatili, in quantocollegabili anche a sistemi informatici e comunqueausili non solo ingrandenti; si tratta, infatti, di stru-menti che allo stesso tempo presentano sintesi vocalee una memoria utile a poter registrare informazionipoi riproducibili. Importante è stato poter “toccarecon mano” le molteplici proprietà di alcuni ausili at-traverso vere e proprie prove pratiche. A chiudere laprima parte della sessione sulle novità in campo di au-sili ottici è stata la discussione sui filtri medicali, af-frontata dal dott. Adriano Romani4. Ausilioprescritto più di ogni altro per ambienti con natura didiversa tipologia ed entità di luce. Importante è statomettere a confronto le lenti da sole con le lenti medi-cali, sottolineando come sia di fondamentale impor-tanza, al fine di una prescrizione, specificare ilproduttore di tali ausili. Infatti è stato fatto notarecome, a parità di taglio nanometrico, la colorazionedel filtro possa variare da produttore a produttore,con il conseguente rischio di non migliorare la qualitàvisiva del soggetto ipovedente. Alla seconda parte delworkshop è stato dato un taglio di natura legislativa,affrontando la modalità di prescrizione dei nuovi au-sili, attenendosi però a un documento del 1998 re-datto da esperti. È stato invitato, come esperto inmateria, il Dott. Paolo Carelli5, che ci ha spiegato det-tagliatamente, anche con esempi, come si possa risol-vere il problema “vecchio nomenclatore ma nuovidispositivi” utilizzando l’opportunità offerta dalla ri-conducibilità, come recitato dal Decreto n. 332 delMinistero della Sanità del 27 Agosto 1999, nell’arti-colo 1 al comma 5. (P. Piscopo)

LE NOVITÀ DEGLI AUSILI OTTICI ED ELETTRONICI

Workshop coordinato da F. Amore e P. Piscopo

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18 Oftalmologia Sociale N.1-2011

6Nidek Technologies, Italy.7Dipartimento di Oftalmologia di Padova.8 Dipartimento di Oftalmologia dell'Università di Toronto.9 Amministratore Delegato della Nidek Technologies, Italy.10 si è svolto il 17 dicembre 2010 a Roma (ndr).11 dirigente psicologa del Presidio Ospedaliero dell’Asl di Cesena “M. Bufalini”.12 insegna presso il dipartimento di oftalmologia della McGill University di Montreal e presso la scuola di optometria della medesima università canadese.13dipartimento di psicologia dell’Università di Sherbrooke.14 Intervento psicologico sul padre e la madre (ndr).

L’obiettivo delworkshopmonotematico diPsicologiae Ipovisione10 è stato creare unmomento di confrontoe di scambio sulle diverse esperienze e modalità di in-tervento nell’ambito della riabilitazione visiva.Adoggiin Italia, infatti, la figura dello psicologo non è inseritaa pieno titolo all’interno dei centri di riabilitazione vi-siva, con la conseguente disomogeneità neimetodi e neimodelli di intervento.Durante il workshop sono stati presentati due modellid’intervento psicologico relativi all’adulto: uno italianorelazionato dalla dr.ssa Barbara Novelli11 e un modellocanadese relazionato dalla prof.ssa Olga Overbury12 e,infine, il prof. Aggiunto13.Nell’ambito dell’età evolutiva, invece, è stato presen-tato unmodello d’intervento rivolto ai genitori di bam-bini-ragazzi con disabilità visiva: “il ParentTraining-dal sostegno iniziale al monitoraggio dei geni-

tori”, su cui ha relazionato la dott.ssa Ester Delpino –psicologa, psicoterapeuta –, responsabile psicologo delCentro di riabilitazione disabilità visiva dell'IstitutoChiossone di Genova. Il confronto tra i due modellioperativi relativi all’adulto ha permesso uno scambioproduttivo d’informazioni che troveranno un riscontroapplicativo nelle attività quotidiane di lavoro dello psi-cologo. Nello stesso tempo sono state ribadite e condi-vise criticità quali: la necessità di una formazionespecifica in materia d’intervento psicologico sul sog-getto ipovedente; l’inadeguatezza degli strumenti divalutazione ad oggi esistenti (questionari, test, ecc.). Ildato che emerge è che – proprio perché l’aspetto psi-cologico è entrato tardivamente nel processo riabilita-tivo – sono ancora numerose le sfide da affrontare epromettenti i traguardi da raggiungere.Dalla relazione sul parent training14 è emersa la neces-

PIÙ PSICOLOGIA PER GLI IPOVEDENTI

Workshop coordinato da S. Fortini

L’obiettivo del Workshop “Utilizzo del microperime-tro nell’inquadramento, nel training e nel follow-upriabilitativo” è stato quello di fornire ai partecipantile nozioni necessarie ai fini della comprensione delfunzionamento dello strumento e delle possibili ap-plicazioni cliniche dell’indagine che esso consente. Perquesto motivo, l’ingegnere Mauro Campigotto6 ha in-trodotto, con la sua relazione, la tematica del Wor-kshop, illustrando in modo dettagliato lecaratteristiche tecniche del microperimetro MP1 e lesue attuali possibilità di impiego. La dottoressa En-rica Convento7 – con la sua esperienza di operatrice almicroperimetro – ha poi ben documentato, attraversol’esposizione di casi clinici, l’utilità dell’MP1 in fasediagnostica e di follow-up di diverse patologie oculari,anche attraverso il confronto con altre metodiche

d’indagine. L’impiego più specificamente riabilitativodello strumento è stato approfondito dal professor Sa-muel Markowitz8, una vera eminenza nel campo del-l’ipovisione, che ci ha portato i risultati di uno studiocondotto presso il proprio centro e che ha sottolineatoil ruolo del sistema oculomotore nell’acquisizione distrategie visive. Infine, il dottor Cesare Tanassi9, in-sieme all’ingegnere Campigotto (uno dei padri del mi-croperimetro MP1), ha illustrato lo straordinariopotenziale applicativo di questo strumento in conti-nua evoluzione attraverso il possibile progressivo ag-giornamento consentito da software sempre piùsofisticati. Sono poi seguite le numerosissime do-mande da parte dell’uditorio ai nostri relatori, mani-festo dell’interesse suscitato nonché dei tanti spunti estimoli suggeriti. (F. de Rossi, S. Turco)

UTILIZZO DEL MICROPERIMETRO

Workshop coordinato da F. de Rossi e S. Turco

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19Oftalmologia Sociale N.1-2011

L’uso delle apparecchiature informatiche rappresentaun fenomeno importante. Basti pensare alla presenzadi almeno un computer in ogni casa, in continua evo-luzione per l’ampia varietà di opportunità offerte, siaper lo studio e il lavoro che per la vita di relazione. Ap-pare, dunque, fondamentale che anche le persone conminorazione visiva possano accedere a questomondo eche il riabilitatore possa guidarli nella costruzione diun ambientemigliore.D’altra parte ogni operatore do-vrebbe essere a conoscenza delle svariate possibilità diutilizzo dell’informatica, sia per la raccolta e l’elabora-zione dei dati clinici e sia per stimolare l’iter riabilita-tivo nell’adulto e nell’età evolutiva. All’interno delworkshop sono stati analizzati due aspetti principali:l’informatica da intendere, da un lato, quale ausilio deldisabile visivo e, dall’altro, come risorsa per l’operatoreda utilizzare per la stimolazione e la progettazione dipercorsi riabilitativi. Il dott. Massimiliano Martines –componente della Commissione Osservatorio siti in-ternet dell’Unione Italianadei Ciechi e degli Ipovedenti– ha illustrato la possibilità di personalizzare il sistemainformatico in base alle esigenze dell’ipovedente (mo-strando espressamente le possibilità che offre la piat-taforma Windows). Sono stati, inoltre, analizzati isoftware ingrandenti più diffusi, che tra l’altro possonoconsentire di modulare il colore e il contrasto e forni-scono la possibilità di addizionare una sintesi vocaleche guida l’utente. L’ingegnere Marco Gregnanin15 hapresentato diversi tipi di hardware combinati con soft-ware specifici, che permettono al soggetto con mino-razione visiva di essere il più autonomopossibile. Sonostati passati in rassegna alcuni prodotti informatici,fornendo una spiegazione del funzionamento deglistessi e delle loro numerose capacità d’impiego.Alcunetecnologie assistive coniugano sistemiOCR (sistemadi

riconoscimento dei caratteri), una fotocamera digitale(per il riconoscimento di oggetti e la lettura dellescritte); inoltre danno la possibilità di integrare anchela sintesi vocale. Il dott. Gaetano Savaresi – ottico epsicologo, consulente esterno presso il reparto di Ipo-visione dell’Ospedale San Paolo di Milano – ha illu-strato i vantaggi dell’informatica, che consente aglioperatori-riabilitatori di ipovisione di disporre di pro-tocolli informatici che permettono un’efficace valuta-zione della funzionalità visiva. Le nuove tecnologieconsentonodi definire unpercorso riabilitativopersona-lizzato, così da fornire all’utente una prescrizione validadi ausili. La dott.ssa Livia Laureti – neuro-psicomotri-cista dell’età evolutiva presso il Centro Regionale diEducazione eRiabilitazioneVisiva di Firenze – ha sot-tolineato l’importanza dell’informatica nell’abilita-zione e nella stimolazione dei bambini attraversopercorsi differenti (differenziati per età). Le abilità vi-sive vengono rafforzate grazie all’utilizzo di softwaredi stimolazione, all’uso del mouse e dei comandi da ta-stiera sindai4-6anni, cosìdapotenziare lacoordinazioneoculo-manuale. L’informatica risulta fondamentaleanche dagli 8-10 anni in poi, poiché consente di ridurrel’affaticamento visivo e di elaborare nuove tecniche ingrado di affinare le performance di lettura e scritturanonché di modificare la visualizzazione dei documentidi studio. Infine, la dottoressa ha sottolineato che l’im-piego del computer risulta di fondamentale impor-tanza anche durante l’attività scolastica, poichépermette di ampliare il grado di autonomia dell’alunnoe di raggiungere lemete prefissate. Sono stati, dunque,presentati casi di bambini che utilizzano il computer evari software sia come ausilio che come strumento distimolazione visiva.

(M. Corcio, V. Silvestri)

L’IMPORTANZA DEGLI AUSILI INFORMATICI

Workshop coordinato daM. Corcio e V. Silvestri

15 lavora per la ditta Itex, che realizza tecnologie assistive.

sità di creare e potenziare “spazi” specifici in cui ai ge-nitori è data la possibilità di dar voce alle loro paure, in-sicurezze, aspettative, al fine di aiutarli a sviluppare glistrumenti e le strategie necessari alla creazione di unarmonioso rapporto con il proprio figlio, con le sue po-tenzialità e con i suoi limiti. È risultata evidente l’effi-cacia di tale intervento di cui, pertanto, è stataauspicata unamaggiore diffusione. Anche nell’ambito

della riabilitazione visiva in età evolutiva è stata riba-dita la necessità di ampliare la formazione degli opera-tori del settore.Infine, le sfide potranno essere vinte e i traguardi po-tranno essere raggiunti solo attraverso una stretta col-laborazione tra figure professionali nonché colconfronto con tutti gli altri operatori dell’équipe mul-tidisciplinare. (S. Fortini)

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20 Oftalmologia Sociale N.1-2011

Accendere una lucepuntando alla ria-bilitazione degliipovedenti. È que-sta la finalità del

Polo Regionale dell’Agenzia interna-zionaleper laprevenzionedellacecità-IAPB dell’Abruzzo, presentato loscorso 14 gennaio. L’evento si èsvolto presso l’Università degliStudi G. d’Annunzio di Chieti-Pe-scara e ha visto la partecipazione diautorità del mondo universitario,politico e sociale. L’iniziativa è statavoluta principalmente dal Prof.Leonardo Mastropasqua, che dirigeil Centro Regionale di Eccellenza in Oftalmolo-gia, in collaborazione con l’avv. Giuseppe Ca-stronovo,Presidente dell’Agenzia internazionaleper la prevenzione della cecità-IAPB Italiaonlus.

I principali obiettivi del Polo Regionaledella IAPBItalia onlus sono i seguenti: a) la ria-bilitazione dei pazienti ipovedenti; 2) la speri-mentazione di nuovi modelli di riabilitazione edi ausili ottici ed elettronici; 3) la ricerca nelcampo dell’ipovisione, della medicina preven-tiva e dell’epidemiologia; 4) la formazione e l’ag-giornamento degli specialisti.

“Oggi l’ipovisione – ha affermato l’avv.Giu-seppe Castronovo – è un problema sociale e sa-nitario importantissimo: nelmondo ci sono circa250 milioni di ipovedenti”. I non vedenti si atte-stano, secondo le ultime cifre fornite dall’Oms(2010), attorno ai 40milioni. Complessivamente

il fenomeno della disabilità visiva va accentuan-dosi a causa del tendenziale invecchiamento de-mografico globale. Però “l’ipovedente – harilevato l’avv. Castronovo – si trova in questacondizione e ha paura di diventare cieco”; perquesto con la riabilitazione visiva è possibile rag-giungere una migliore qualità della vita. ColCentro per la prevenzione della cecità e per la ria-bilitazione visiva abruzzese, quindi, si è regi-strato un altro progresso in un campodove, sinoa qualche anno fa, l’Italia registrava un forte ri-tardo. La disabilità visiva ha notevoli ripercus-sioni sia a livello personale che sociale: la personaaffetta da ipovisionemoderata – ha sottolineatoil Prof.Mastropasqua –ha “qualità della vita si-mile a quella di pazienti affetti da angina severao frattura del femore”. Se, invece, l’ipovisione ègrave, “la qualità della vita è simile a quella dipazienti allettati per un ictus catastrofico”.

Accendiamo una luce nel buio

L’EVENTOG. Galante

Presentato presso l’Università G. d’Annunzio di Chieti-Pescarail Polo Regionale Ipovisione dell’Abruzzo

Da sinistra: l’avv. G. Castronovo, il Prof. L. Mastropasqua e il Rettore del-

l’Università di Chieti-Pescara F. Cuccurullo

“OGGI

L’IPOVISIONEÈUN PROBLEMA

SOCIALE

E SANITARIO

MOLTO

IMPORTANTE”

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21Oftalmologia Sociale N.1-2011

L’ipovisione provoca anche notevoli problemi alivello d’inserimento nella società civile.

“La prevenzione della cecità – ha osservatoil Rettore dell’Università degliStudi G. d’Annunzio di Chieti-Pe-scaraFrancoCuccurullo – significaprevenzione di una delle disabilitàpiù mortificanti e terribili che sipossano immaginare. Prevenire èun’impresa altamente nobile”.Proprio in quest’ottica sarebbe im-portante che i sindaci dei comunieuropei sottoscrivessero un impe-gno comune, com’è già avvenutoper l’ambiente: lo ha auspicato ilsindaco di Chieti Umberto Di Pri-mio, secondo il quale “la preven-zione e la conoscenza sono fondamentali” anche

per “il miglioramento della vita del cittadino el’eliminazione della cecità evitabile”.

Il Presidente della Commissione regionaleSanità, dott.ssa Nicoletta Verì, hasottolineato l’importanza dellaprevenzione e riabilitazione nel-l’infanzia. È intervenuto, inoltre,il Professore FrancescoNicola Za-vattaro.

Ha chiuso i lavori il Governa-toredellaRegioneAbruzzo,GianniChiodi, chenonhamancatodi sot-tolineare i numerosi pregi dell’ini-ziativa, elogiando al contempo lepolitiche di razionalizzazione sulpiano delle politiche sanitarie e iprogressi registrati nel periodo

post-sismico.

Intervista al Prof. Mastropasqua, Direttore delCentro di Eccellenza in Oftalmologia dell’Univer-sità G. d’Annunzio di Chieti-Pescara

Quali caratteristiche ha il Polo di ipovisione e ria-bilitazione abruzzese?La IAPBnazionale ha individuato il nostroCen-tro di Eccellenza Universitario come Polo di ri-ferimento nellaRegioneAbruzzo1 per le attivitàdi prevenzione oculare e riabilitazione visiva.L’obiettivo del Polo è quello di incrementare laprevenzione delle patologie che conducono al-l’ipovisione ed il miglioramento della qualitàdella vita dei pazienti ipovedenti e non vedenti.In quest’ambito stiamo progettando un per-corso, che, mediante l’uso di un bastone elettro-nico e del bluetooth consentirà ai pazienti condeficit visivo grave dimuoversi autonomamentesia nell’ambito del Policlinico che nei giardini delCampus della nostra università di Chieti-Pe-scara.

Quali sono le patologie più invalidanti che ri-scontrate conmaggiore frequenza?Le patologie che riscontriamo con maggiore fre-quenza sono: l’ambliopia nel bambino e, nel-l’adulto, il glaucoma e la degenerazionemaculare legata all’età. Quindi problemi legatiprevalentemente alla pressione dell’occhio, al-l’occhio pigro ed alla retina. La degenerazionemaculare legata all’età colpisce dai 55 anni in su,mentre l’ambliopia (l’occhio pigro) è curabilefino a 5-6 anni e va diagnosticata nelle scuolematerne. Nell’area geografica di nostra compe-tenza stiamo conducendo già da dieci anni unacampagna di screening nelle scuole materne.Quindi a causa dell’invecchiamento demograficoaumentano gli ipovedenti?L’innalzamento dell’età media aumenta l’inci-denza e la prevalenza della degenerazione macu-lare legata all’età che coinvolge e danneggia laretina centrale e precisamente la macula depu-tata alla visione distinta. Il paziente hadifficoltà

UN POLO HIGH-TECH PER GLI IPOVEDENTI

L’intervista

1 con nota 81/U/10 dell’11/02/2010.

Il Prof. F. N. Zavattaro

“LA PREVENZIONE

E LA CONOSCENZA

SONO

FONDAMENTALI

PER ELIMINARE

LA CECITÀ

EVITABILE”

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22 Oftalmologia Sociale N.1-2011

specialmente nella lettura. Lo scopodella riabilitazione èquello di insegnareal paziente ad usare delle aree di retinaperiferica, che restano integre, in sosti-tuzione (ovviamenteparziale) dell’areacentrale.Un’altra patologia molto comune è lacataratta: lei ha parlato dell’uso dellaser per operarla…L’utilizzo del femto-laser per la chirur-gia della cataratta è ancora in fase spe-rimentale. Ad oggi il gold standard èrappresentato dall’utilizzo della facoe-mulsificazione fredda attraverso dellemicro-incisioni. Presso il nostroCentrodi Eccellenza è in corso una sperimen-tazione clinica tesa all’utilizzodella ro-botica nella chirurgia della catarattaI pazienti quando potranno fruire degliinterventi di cataratta al laser?In questa fase sperimentale sono stati fatti degliinterventi pilota.Lavocazione di unCentroUni-versitario di Eccellenza come il nostro non è sol-tanto assistenziale, ma comprende anche laricerca e la didattica. Siamo stati già pionieri inmolti campi, credendo da sempre che il laserpossa sostituire il bisturi e che il robot possa so-stituire la mano umana. Abbiamo eseguito ilprimo trapianto di cornea in Italia completa-mente assistito dal femto-laser ed il primo inter-vento di cataratta mediante tecnica torsionale emicroincisioni. Ciò è stato possibile grazie all’in-terazione con il Centro Universitario Studi perl’Invecchiamento (Ce.S.I.), dove si svolgono leattività di ricerca di base che poi vengono utiliz-zate nella pratica clinica dal Centro di Eccel-lenza. Il Ce.S.I. rappresenta per noi un valoreaggiunto.Fino a che punto si può evitare che l’ipovedentediventi cieco?Fondamentale è la prevenzione. Molte patologieche conducono il paziente all’ipovisione sonopassibili di prevenzione primaria e secondaria.Un altro cardine del trattamento dell’ipovisioneè la riabilitazione funzionale.

Nel caso di unmalato di degenerazionemacularelegata all’età come procedete?Le tecniche riabilitative in questo caso si avval-gono di un raggio laser a bassa potenza che, op-portunamente focalizzato, esercita unastimolazione delle aree retiniche vicine alla le-sione maculare. Tali aree paracentrali sane po-tranno così svolgere una funzione visivavicariante. È chiaro che non si potrà mai arri-vare a vedere come prima della malattia. Maconsentire al paziente ipovedente di leggere ilgiornale con il videoingranditore è già un granrisultato.Saranno necessari ulteriori investimenti?Assolutamente sì. La Regione, l’Università e laASL, attraverso una classe dirigente fortementemotivata, hanno intuito che si devono investirerisorse in strutture che abbiano un’esposizionenazionale ed internazionale. Bisogna selezionarele aree di intervento e non finanziare a pioggia,come spesso nel pubblico si è fatto. Il nostroCen-tro, nel 2010, ha effettuato oltre 4000 interventi(con attrazione di pazienti fuori Regione del53%). Le istituzioni private, oggi indispensabiliper il salto di qualità, integrano il pubblico cofi-nanziando soltanto progetti validi.

Il Prof. Mastropasqua e il Governatore della Regione Abruzzo Chiodi

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23Oftalmologia Sociale N.1-2011

Nel periodo 2008-10, presso la struttura del-l’Agenzia internazionale per la prevenzionedella cecità-IAPB Italia onlus, le attività sonocresciute

Si consolida la riabilitazione visiva alPolo Nazionale Ipovisione dell’Agen-zia internazionale per la prevenzione

della cecità-IAPB Italia onlus presso il Policli-nico A. Gemelli tra il 2008 e il 2010. Inoltre c’èuna maggiore attenzione nei confronti dellaprevenzione delle malattie oculari. C’è stato unincremento consistente del numero di pazientivisitati: nel 2010, rispetto al 2008, è stato quasidel 23%, con un trend in tendenziale aumento.Il dato che più di tutti balza agli occhi è un in-cremento nel numero di prestazioni, tra il 2009e il 2010, del 55,5% (si è arrivati a 2611 presta-zioni), mentre lo scorso anno rispetto al 2008l’aumento è stato del 65,7%. Tale incremento sipuò spiegare, da un lato, con l’arrivo di nuovipazienti – anche in seguito alla maggiore ri-chiesta di (ri)valutazioni della funzionalità vi-siva da parte del’INPS – e, dall’altro, con ilritorno dei pazienti per i follow-up, che dà unatestimonianza della crescente fiducia ripostanel Centro. La degenerazione maculare legataall’età rappresenta, in assoluto, la patologiaoculare con cui oggigiorno ci ritroviamo sem-pre di più a fare i conti (secondo l’Oms è la

prima causa di cecità e ipovisione nei Paesi dimaggiore benessere); ma c’è stato anche un in-cremento di pazienti con malattie eredo-dege-nerative (tipo retinite pigmentosa). In ognicaso, è importante sottolineare come ci sia at-tualmente una maggiore sensibilità nei con-fronti della prevenzione delle patologie oculari:abbiamo registrato un incremento del numerodi persone normovedenti dal punto di vista le-gale (ossia non ipovedenti). L’età media è ri-masta sostanzialmente stabile (attorno ai 50anni), con una tendenza all’aumento: si è pas-sati dai 49 anni del 2008 ai 52 anni e mezzo del2010. Da rilevare, inoltre, la netta prevalenzadelle donne rispetto ai pazienti uomini. Nel pe-riodo2008-10 sono stati seguiti 422donne contro274 uomini. Questo conferma una prevalenzadella popolazione femminile (specialmentenella terza età) ed una probabile maggiore at-tenzione nei confronti della salute da partedelle donne. Si conferma, inoltre, la validità delmodello integrato di approccio riabilitativomultidisciplinare (oculista, ortottista, tiflologo,istruttore di orientamento e mobilità, psico-logo); il dato di circa 200 prestazione nel 2010,effettuate dalla sola psicologa – che non rien-tra nel totale cui prima abbiamo fatto riferi-mento – evidenzia sempre più l’importanza delsostegno psicologico nella presa in carico glo-bale dell’ipovedente come persona.

PIÙ PREVENZIONE DELLE MALATTIE OCULARI AL GEMELLI

NEWS DAL POLO NAZIONALEF. Amore

2008 2009 2010 Incremento 2009-10 Incremento 2008-10 2008-10

N° PAZIENTI VISITATI (con cartella) 197 238 242 1,7% 22,8% 677

N° PRESTAZIONI EFFETTUATE 1576 1679 2611 55,5% 65,7% 5866

N° PRESTAZIONI PSICOLOGA 194 194

N° PAZIENTI RIABILITATI 147 200 174 -13,0% 18,4% 521

N° PAZIENTI NON RIABILITATI 50 57 68 19,3% 36,0% 175

ETÀ MINIMA 4 6 7

ETÀ MASSIMA 94 95 98

ETÀ MEDIA 49 50,5 52,5 4,0% 7,1%

TOT PAZIENTI DONNE 114 132 176 33,3% 54,4% 422

TOT PAZIENTI UOMINI 83 125 66 -47,2% -20,5% 274

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Un’analisi di oltre 76mila persone ha di-mostrato una maggiore incidenza di iperten-sione, diabete, iperlipidemia e depressione

Chi ha il glaucoma è più a rischio diavere altre malattie: si va dalle ul-cere ai problemi al fegato, passando

per la pressione alta, il diabete e ladepressione. Il nesso tra queste pa-tologie non è sempre chiaro, ma èstato individuato grazie a un ampiocampione statistico. Un’équipe diricercatori guidati dalla Tapei Me-dical University di Taiwan ha ana-lizzato, infatti, i dati relativi a76.673 persone affette dalla formapiù comune di glaucoma (detta ‘adangolo aperto’), confrontandoli poicon 230.019 individui con occhisani, tenendo conto dell’età, del genere e dialtri fattori.

Più della metà dei pazienti glaucomatosisoffriva d’ipertensione (50,5%) e oltre il 30 percento aveva il diabete (il 30,2% aveva un ec-cesso di zuccheri nel sangue) o l’iperlipidemia(il 30,5% aveva troppi grassi dannosi in cir-colo). Inoltre, la prevalenza di malattie quali

l’ictus, le malattie epatiche o l’ulcera era piùelevata almeno del 3%.

Il glaucoma stesso, a sua volta, può pro-vocare altri problemi di salute: quando ilcampo visivo si riduce in seguito a danni alnervo ottico, il fatto di avere difficoltà a leg-gere, guidare e godere degli altri piaceri della

vita accresce il rischio di depres-sione e di altri problemi psicolo-gici. Dunque, è fondamentalesottoporsi regolarmente a controllioculistici che comprendano la mi-surazione della pressione intraocu-lare (tono): nel caso in cui siatroppo elevata bisogna trattarlamediante colliri e, nei casi estremi,si può ricorrere a un interventochirurgico.

“I dottori che curano il glau-coma o le altre malattie elencate dovrebberoessere consapevoli del fatto che i loro pazientipossono avere patologie multiple”, ha dichia-rato il direttore della ricerca Jai-Der Ho dellaTapei Medical University. Lo studio è statocondotto a Taiwan su scala nazionale e pub-blicato su Ophthalmology, rivista ufficiale del-l’American Academy statunitense.

MALATI DI GLAUCOMA PIÙ PREDISPOSTI AD ALTRE MALATTIE

NEWS DALL’OFTALMOLOGIA MONDIALEG. Galante

Secondo ricercatori americani i mutamentimicrovascolari osservabili sul fondo ocularesono associati a un maggior rischio cardiova-scolare

L’inquinamento fa ‘restringere’ ivasi sanguigni della retina: lohanno concluso ricercatori ame-

ricani dell’Università del Michigan e dell’Uni-versità di Washington. Misurando il diametrodelle arteriole della retina di 4.607 persone – dicui è stata scattata una foto del fondo oculare– si sono resi conto che a lungo andare esso siriduce e, tra l’altro, aumentano i rischi car-diovascolari.

La ricerca è stata condotta per tre anni su

L’INQUINAMENTO ‘RESTRINGE’ I VASI RETINICI

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25Oftalmologia Sociale N.1-2011

persone di età compresa tra i 46e gli 87 anni inizialmente privedi malattie cardiache. Dopodi-ché si sono valutate le concen-trazioni di polveri sottilissime(PM2,5), capaci di penetrare afondo nei polmoni, e si è trovatauna correlazione tra la riduzionedel diametro delle arteriole reti-niche e i maggiori livelli d’inquinamento (te-nendo conto anche dello stile di vita, delgruppo etnico, del fumo di sigaretta, dell’in-dice di massa corporea). Si è concluso che sonopiù a rischio di problemi cardiovascolari e

hanno vasi retinici più piccoli glianziani che sono vissuti in città.

“Queste scoperte – scrivonoi ricercatori su PLOS Medicine1

– suffragano l’ipotesi secondocui importanti fenomeni vasco-lari sono associati a piccoli in-crementi dell’esposizione all’ariainquinata a breve o a lungo ter-

mine, persino agli attuali livelli d’inquina-mento, e corroborano ulteriormente leassociazioni osservate tra l’inquinamento at-mosferico e lo sviluppo e l’esacerbazione dimalattie cardiovascolari”.

1 Adar SD, Klein R, Klein BEK, Szpiro AA, Cotch MF, et al. (2010) Air Pollution and the Microvasculature: A Cross-Sectional Assessment of In VivoRetinal Images in the Population-Based Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis (MESA). PLoS Med 7(11): e1000372. doi:10.1371/journal.pmed.1000372

2University of Medicine and Dentistry of New Jersey; Dr. Shalesh Kaushal, University of Massachusetts; and Dr. Peter Francis, Oregon Health & Scien-ces University. Lo studio sarà diretto da Marco Zarbin.

Ammesso il trattamento in dodici pazientiaffetti da maculopatia di Stargardt

Luce verde all’uso delle staminaliembrionali negli Usa a livello ocu-lare per una specifica sperimenta-

zione clinica. Secondo unasocietà privata che ha otte-nuto l’autorizzazione, l’FDAha dato l’ok – dopo aversciolto precedenti riserve – auna nuova fase sperimentaleche prevede l’impiego di sta-minali per trattare il centrodella retina in dodici pazienticolpiti da una malattia gene-tica rara: la maculopatia diStargardt. La ricerca verràcondotta in tre università americane2 e le in-formazioni cliniche saranno pubblicate su in-ternet.

La morte dei fotorecettori deputati alla vi-sione centrale distinta (i coni), indispensabiliper la visione ad alta definizione, potrebbe es-

sere compensata così dalla rigenerazione deitessuti ottenuta attraverso staminali embrio-nali sviluppate nel modo opportuno. Tutta-via, il loro impiego in molti Stati del mondo èvietato per motivi etici.

In generale va detto, comunque, che l’usodelle staminali è molto promet-tente (possono anche essere ri-programmate, ossia ottenuteda cellule adulte e artificial-mente ringiovanite grazie a un‘innesto’ nel Dna). Le difficoltàprincipali sono però legate a uncorretto sviluppo della cellula,che da pluripotente deve spe-cializzarsi: ci sono casi in cui sigenera un tumore, per cui l’im-piego delle staminali deve es-

sere monitorato molto attentamente e puòessere persino controproducente.

Però esso consente di evitare il rischio dirigetto, rendendo virtualmente infinito il ri-corso a cellule di ricambio per i tessuti più di-sparati, a partire da quello retinico. Infatti le

STAMINALI EMBRIONALI, OK A SPERIMENTAZIONE DA FDA

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26 Oftalmologia Sociale N.1-2011

Approvata dal Parlamento europeo la di-rettiva sull’assistenza sanitaria transfronta-liera

Spazio ai diritti di chi si cura neglialtri Paesi Ue. È stata approvata il19 gennaio 2011 dal Parlamento eu-

ropeo la direttiva sull’assistenza sanitariatransfrontaliera. Una volta recepita dalle sin-gole nazioni entro i prossimi trenta mesi saràpiù facile, ad esempio, farsi operare di cata-ratta da uno specialista in Spa-gna ed essere poi rimborsati dalSistema sanitario del proprioPaese di provenienza. Un se-condo esempio è quello di un te-desco anziano ammalato didiabete (con annessi rischi di re-tinopatia): portando con sé inItalia le apposite prescrizioni,potrà ottenere dal farmacista diturno i medicinali per cui vigel'obbligo di ricetta. “I pazienti che si recanoin un altro paese dell’Unione europea per curemediche – spiega il sito ufficiale dell’Ue –avranno diritto allo stesso trattamento deicittadini del Paese in cui ricevono le cure.Questa nuova legge andrà a vantaggio dei pa-zienti dell’Ue anche sotto diversi altri aspetti.Essa renderà più facile per le autorità sanita-rie nazionali collaborare e scambiare infor-mazioni sugli standard qualitativi e disicurezza applicabili all'assistenza sanitaria”.Comunque i pazienti hanno il diritto di “ac-cedere a un trattamento medico sicuro e dibuona qualità e di venire rimborsati”. Finoad oggi, tuttavia, i pazienti hanno preferitoricevere un’assistenza sanitaria nel loro pro-

prio Paese: la domanda di assistenza sanitariatransfrontaliera rappresenta soltanto l’1%della spesa pubblica per la sanità. Quando cisi reca all’estero è, comunque, sempre op-portuno portare con sé la Tessera Sanitariarilasciata dal proprio Sistema Sanitario Na-zionale.

Una delle novità di maggior rilievo è che,“nei casi che non richiedono un ricovero ospe-daliero i pazienti potranno chiedere assi-stenza sanitaria all’estero senza dover

ottenere previamente un’auto-rizzazione o espletare formalitàe potranno chiedere il rimborsodei costi una volta ritornati acasa. La direttiva riguarda nonsoltanto i prestatori pubblici dicure, ma anche quelli privati”. Irichiedenti riceveranno qualerimborso lo stesso importo cheavrebbero ricevuto nel loroPaese per lo stesso tipo di cure.

Le autorità nazionali potrebbero però intro-durre un sistema di “autorizzazione previa”in tre casi: 1) per le cure che comportano unricovero ospedaliero di almeno una notte; 2)per un’assistenza sanitaria altamente specia-lizzata e costosa; 3) in casi gravi e specificicorrelati alla qualità o alla sicurezza dellecure prestate all’estero. Tuttavia, “se un trat-tamento non è disponibile in uno Stato mem-bro le autorità sanitarie nazionali nonpossono rifiutare l’autorizzazione”. In talcaso, precisa ancora la fonte ufficiale del-l’Unione, “i pazienti però riceveranno il rim-borso per tale trattamento a patto che essocorrisponda al ‘pacchetto’ nazionale di pre-stazioni sanitarie”.

PIÙ DIRITTI PER LE CURE IN ALTRI PAESI UE

ricerche potrebbero essere un primo passoanche verso un trattamento della forma seccadi AMD (la prima causa di cecità nei Paesi dimaggior benessere), attualmente considerata

incurabile. I malati che, dopo i 55 anni, nesono affetti finiscono per non riuscire più asvolgere compiti quotidiani come leggere, gui-dare o riconoscere i volti.

Bandiera dell’Unione europea

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27Oftalmologia Sociale N.1-2011

IntroduzioneI traumi oculari rappresentano tuttora

uno dei maggiori problemi di sanità mon-diale. Essi costituiscono una delle maggioricause di perdita della vista. Nella popolazioneal di sotto dei 25 anni di età il trauma oculareè la prima causa di cecità ed il più frequentemotivo di enucleazione in bambini con più di3 anni. Negli Stati Uniti il fenomeno è quan-tificato con più precisione: per citare un nu-mero su tutti, basti pensare che ogni annocirca 2,4 milioni di persone vanno incontro adun trauma oculare.

Tutto ciò fa scaturire due immediate con-siderazioni: la prima riguarda l’enorme im-patto epidemiologico e sociale dellatraumatologia oculare, la seconda si riferiscealla giovane età della gran parte delle vittimedi questo tipo di infortuni. Tale dato risultaancora più sconcertante se si pensa che circail 90% di questi eventi potrebbe essere preve-nuto.

CLASSIFICAZIONELa classificazione nosologica dei traumi

oculari riconosciuta a livello mondiale è laBETTS (Birmingham Eye Trauma Termino-logy System). Quest’ultima distingue traumi“a globo aperto” e traumi “a globo chiuso”.Tra i primi rientrano la lacerazione e la rot-tura. La lacerazione è, a sua volta, suddivisain “penetrante”, “corpo estraneo intraocu-lare” e “perforante”.

I traumi “a globo chiuso” comprendonola “contusione” e la “lacerazione lamellare”.La parete oculare (eyewall) – presa in consi-derazione nella pratica clinica per distinguere

tra globo chiuso e globo aperto – non è quellacostituita dai 3 strati che compongono ana-tomicamente l’occhio (sclera, uvea, retina),bensì soltanto la sua porzione più esterna,cioè la cornea (anteriormente) e la sclera perla rimanente parte del bulbo oculare. In que-sti termini, per globo aperto s’intende una fe-rita che attraversi a tutto spessore cornea e/osclera; nel globo chiuso, invece, l’interessa-mento della parete oculare è parziale, non atutto spessore.

La contusione bulbare presuppone l’as-senza di una soluzione di continuo della pa-rete oculare. L’energia che scaturisce daltrauma, pur non provocando ferite evidentiesternamente, può arrecare gravi danni al-l’integrità di altre strutture dell’occhio (adesempio rotture coroideali) o cambiamentinella sua forma (ad esempio una recessionedell’angolo irido-corneale).

La lacerazione lamellare si distingue dallalacerazione vera e propria perché la feritadella parete oculare non è a tutto spessore. Asua volta la lacerazione vera e propria è di-stinta dalla rottura perché – nonostante sianoentrambe ferite a tutto spessore – la prima èprovocata da un oggetto tagliente, mentre laseconda da uno con superficie smussa. La di-versa natura dell’oggetto contundente sot-tende due diversi meccanismi patogenetici.Nella lacerazione l’oggetto con superficie ta-gliente o a punta esercita un meccanismo de-struente di tipo fuori-dentro, mentre nellarottura il meccanismo è opposto, di tipo dentro-fuori, perché all’interno dell’occhio è presentemateriale liquido e geliforme incomprimibile(vitreo, umore acqueo) e l’impatto dell’og-

I traumi oculari

LAVORO SCIENTIFICO

Aspetti clinici, prognostici ed epidemiologici

F. Cruciani, G. Albanese, R. AnzideiSapienza - Università di Roma - Dipartimento di Oftalmologia

“SOTTOI 25 ANNI

IL TRAUMA

OCULARE

È LA PRIMA

CAUSA

DI CECITÀ”

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28 Oftalmologia Sociale N.1-2011

getto contundente con punta smussa provocaun improvviso aumento della pressione in-traoculare (IOP). In tal modo la parete ocu-lare cederà nel suo punto più debole,coincidente o meno con il punto dell’impatto;ad esempio, un trauma in un occhio prece-dentemente operato di cataratta potrebbeprovocare con facilità lo scoppio a livello dellavecchia incisione corneale, nonostante l’im-patto sia avvenuto altrove.

Il trauma penetrante provoca una feritad’ingresso in assenza di una ferita d’uscita.Teoricamente la ritenzione di un corpo estra-neo costituirebbe un esempio di ferita pene-trante, ma è classificato separatamente per lediverse implicazioni cliniche.

Nel trauma perforante sono presenti unaferita d’ingresso e una d’uscita, arrecate dallostesso agente. Rimane, tuttavia, difficile in-serire alcuni particolari traumi nella suddettaclassificazione. Ad esempio un pallino sparato

da un’arma da fuoco ritenuto nel vitreo èsenza dubbio un corpo estraneo intraoculare;ma, nel contempo, essendo un oggetto smussoche ha provocato una ferita a tutto spessore,sarà presente una rottura. Il trauma sarà,dunque, classificabile come una rottura conritenzione di corpo estraneo intraoculare.

FISIOPATOLOGIADEL TRAUMA OCULAREL’occhio costituisce un “sistema chiuso”,

nel quale le forze contusive dirette ed indi-rette, sotto forma di onde d’urto, si trasmet-tono a tutto l’organo, mentre le forzepenetranti determinano una minore diffu-sione di energia con lesioni più isolate, maspesso più gravi.

Quando l’energia del trauma si trasmettedirettamente sul punto d’impatto, determi-nando in questa sede una ferita, si parla di“lesione da colpo”. Nel caso in cui le caratte-

“NEGLIUSACIRCA

2,4MILIONI

DI PERSONE

L’ANNOSUBISCONO

UN TRAUMA

OCULARE”

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29Oftalmologia Sociale N.1-2011

ristiche dell’oggetto contundente e la dina-mica dell’evento traumatico non determininola creazione di una soluzione di continuo, maprovochino una diffusione dell’energia cine-tica all’interno del bulbo con prevalente inte-ressamento della parte opposta al sitod’impatto, si parla di “lesione concussiva o dacontraccolpo”.

L’effetto meccanico-lesionale del traumaoculare dipende da una serie di fattori tra cui:

- densità del corpo contundente;- dimensioni;- margini (smussi o taglienti);- superficie;- velocità d’impatto;- massa;- effetto indentante sul bulbo oculare.

La velocità ha un effetto maggiore delladensità nel determinare la quantità di ener-gia cinetica posseduta da un corpo estraneo,nel momento in cui quest’ultimo colpisce ilglobo oculare. Oggetti contundenti con den-sità e velocità maggiore rilasciano più energiacinetica sul bulbo rispetto a oggetti con den-sità e velocità minori. La velocità elevata con-tribuisce però in misura maggiore all’effettodestruente rispetto all’elevata densità.

Altro importante fattore è la direzione delcorpo estraneo ed il suo effetto indentante.Qualora la forza colpisca la superficie oculareformando un angolo di 90° con la tangente alglobo in quel punto, la massima energia è tra-smessa intraocularmente. Nel caso, invece, incui la forza colpisca la superficie oculare for-mando un angolo minore di 90° con la tan-gente al globo in quel punto, solo il vettoreperpendicolare alla tangente avrà un effettomassimo e l’energia trasmessa intraocular-mente sarà minore.

Il trauma contusivo oculare è il risultatodella redistribuzione dell’energia cinetica (Ec)d’impatto, con effetti su qualunque strutturadell’apparato visivo, dal segmento anterioreal segmento posteriore, fino al nervo ottico,alle vie ottiche e alla corteccia visiva occipi-tale. Nel trauma contusivo l’occhio subisce un

violento cambiamento dimensionale, con unincremento del diametro equatoriale delbulbo e brusche trazioni sulla base del vitreoe sulla retina. Le forze idrauliche generate insede intraoculare durante un trauma concus-sivo sono dirette posteriormente contro lalente e l’iride e, in periferia, contro l’angolodella camera anteriore. Le strutture che ven-gono coinvolte maggiormente in questo tipodi traumi sono quindi:

• sfintere pupillare;

“NEGLI

STATIUNITI

I TRAUMI

OCULARI

SONO

LA PRINCIPALE

CAUSA

DI CECITÀ

MONOCULARE”

Fattori prognostici delle ferite perforanti (Fonte:

Highlights of Ophthalmology)1:

1) le ferite limitate alla cornea hanno la prognosi migliore,

anche di quelle con interessamento corneosclerale limitato;

2) le ferite corneosclerali hanno un interessamento legger-

mente migliore di quelle sclerali.

3) le dimensioni della ferita condizionano la prognosi;

4) più posteriore è l’estensione della ferita peggiore è la pro-

gnosi;

5) le ferite con coinvolgimento sclerale anteriori all’inser-

zione delmuscolo retto hannouna prognosimigliore di quel-

le più posteriori;

6) le ferite che si estendono posteriormente all’equatore

hanno una prognosi pessima;

7) le ferite con doppia perforazione hanno una prognosi peg-

giore di tutte le altre (sia nel caso del foro d’entrata sclera-

le che in quello corneale)

1 Nell’edizione italiana “Principi per una gestione di successo deltrauma oculare”, parte 1, Benjamin F. Boyd, co-editore Rosario Bran-cato, 1995.

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30 Oftalmologia Sociale N.1-2011

• base dell’iride;• corpo ciliare e sua inserzione;• trabecolato;• zonula del cristallino;• interfaccia vitreo-retinica.

I punti che potrebbero andare incontro arottura per il loro esiguo spessore sono:

1. il limbus a livello del trabecolato edella lamina cribrosa (0,8 mm);

2. la sclera a livello dell’inserzione deimuscoli retti (0,3 mm).

Alcune caratteristiche patologiche prece-denti al trauma possono aggravare in manieradeterminante gli effetti lesivi di un traumaoculare. I più importanti di essi sono l’elevatamiopia, per la presenza di un eventuale stafi-loma postico che renderebbe la sclera assaisottile e debole, le distrofie e le degenerazionicorneali, ectasie (corneali e sclerali), il glau-coma, per un’anomala anatomia dell’angoloirido-corneale e del trabecolato, pregressi in-terventi di chirurgia oculare quali cataratta,trapianto di cornea, interventi filtranti, che-ratotomia radiale e chirurgia refrattiva, perla costituzione di multipli punti di debolezzanella cornea e, infine, malattie sistemiche

quali ipertensione arteriosa, diabete e con-nettivopatie.

FATTORI PROGNOSTICINEI TRAUMI A BULBO APERTOI traumi che provocano l’interruzione

della parete bulbare, siano essi penetranti operforanti o solo corpi estranei, hanno unaprognosi peggiore rispetto ai traumi a bulbochiuso. Il motivo principale di tale differenzaè per lo più legato all’elevato rischio d’infe-zione, tipico dei traumi a bulbo aperto. La ne-cessità di una valutazione del rischiod’infezione è la ragione che spiega l’impor-tanza di un’anamnesi attenta ed esaustiva.

Una dettagliata raccolta d’informazioniaiuta, in primo luogo, a stabilire la probabi-lità della presenza di corpi estranei all’internodel bulbo. L’individuazione e, se possibile, larimozione di questi ultimi è essenziale per ri-durre il rischio d’infezione. Le ferite che oc-corrono nei lavoratori del settore agricolohanno un’elevata incidenza di infezioni.

Il secondo grave problema legato alla pre-senza di corpi estranei intrabulbari sono lemetallosi acute. Un corpo estraneo conte-nente rame può provocare un acuto dannotossico ed una pessima prognosi. La tossicitàretinica da rame si manifesta con un quadroclinico simile a quello di un’endoftalmite [8].Una siderosi intraoculare può essere, invece,provocata da corpi estranei in ferro.

I problemi maggiori a lungo termine cuipuò andare incontro un occhio che ha subitoun trauma perforante sono il distacco di re-tina post-traumatico e la vitreoretinopatiaproliferativa post-traumatica. È anche perquesto motivo che un trauma perforante ne-cessita di un trattamento chirurgico eseguitoda mani esperte. Non ci sono regole precise daseguire, come in un intervento di cataratta,ma occorre essere estremamente flessibili epronti a far fronte a diversi tipi di situazione.In linea di massima è possibile affermare cheoggi si tiene una linea nettamente più conser-vativa rispetto al passato, evitando di enu-cleare occhi che potrebbero avere un seppur

“OGNI ANNO

500.000‘ANNI DI VISTA’SONO PERDUTI

A CAUSA

DI INFORTUNI

OCULARI”

La zona pericolosa del globo per le complicanze secondarie

è quell’area compresa tra il limbus e l’equatore (Fonte

Highlights of Ophthalmology)

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31Oftalmologia Sociale N.1-2011

minimo recupero funzionale. “Se un occhio èaperto deve essere chiuso” (Prof. Klaus Hei-mann,Highlights of Ophthalmology, 1995). Lasutura della ferita deve essere eseguita al mi-croscopio, dal momento che l’estensione dellastessa gioca un ruolo importante nella pro-gnosi [12].

Nei traumi perforanti, sede ed estensionepossiedono grandi implicazioni prognostiche.Le ferite limitate alla cornea hanno prognosimigliori anche di quelle con interessamentocorneo sclerale limitato. Queste ultime, a lorovolta, hanno una prognosi lievemente mi-gliore delle ferite sclerali. Le dimensioni dellaferita condizionano la prognosi, così come lasede. Più posteriore è l’estensione della feritapeggiore sarà la prognosi. Le ferite con coin-volgimento sclerale anteriore all’inserzionedel muscolo retto hanno miglior prognosi ri-spetto a quelle più posteriori o che si esten-dono posteriormente all’equatore. Questeultime hanno una prognosi pessima. Le feriteperforanti hanno una prognosi peggiore diquelle penetranti, indipendentemente dallasede sclerale o corneale del foro d’entrata.

L’area compresa tra il limbus e l’equatoreè detta “zona pericolosa” a causa dell’alta in-cidenza di complicanze secondarie dopotraumi perforanti. Dopo un trauma occorsoin questa zona ha luogo una proliferazione fi-brovascolare che coinvolge la base del vitreo ela pars plana. Si viene a creare una membranaciclitica di tessuto fibrovascolare con sedepost-lenticolare cha appare all’esame biomi-croscopico come un velo dietro alla capsulaposteriore. I processi ciliari subiscono unaconsiderevole trazione. Contestualmente,nella periferia retinica, vi è una proliferazionedi materiale cellulare, la cui contrazione causatrazioni tangenziali sulla retina periferica. Ilrisultato di tale processo patogenetico è un di-stacco di retina regmatogeno, distante circa180° dalla sede della ferita.

Un concetto di fondamentale importanzache giunge dall’analisi dei dati INAIL è che,nonostante l’elevatissima frequenza con cuil’occhio sia colpito da traumi (al terzo posto

dopo mani e piedi), il trauma oculare arrecacon minore frequenza lesioni gravi e tendentiad esiti permanenti. Tale considerazione èstata estrapolata dalla valutazione del pe-riodo di invalidità temporanea e dal numerodi casi con forme di invalidità permanente.Tuttavia, qualora si verificassero esiti perma-nenti il grado di invalidità arrecato da untrauma oculare sarebbe maggiore rispetto aquello di traumi occorsi in molte altre sedianatomiche.

EPIDEMIOLOGIADELLA TRAUMATOLOGIA OCULAREGli aspetti epidemiologici della trauma-

tologia oculare sono molteplici. L’importanzadi questi aspetti ha spinto alla creazione,negli USA, di un registro mondiale degli in-fortuni oculari, il WEIR (World Eye InjuryRegistry). Le stime più precise riguardantil’impatto generale dei traumi oculari sulla po-polazione provengono da alcuni Paesi indu-strializzati e solo da pochi Paesi in via disviluppo. La considerazione che ne segue èche se, da una parte, gli Stati ad economia piùavanzata hanno un livello di rischio più ele-vato proprio per il maggiore impiego di forzalavoro nel settore secondario, vale a dire nel-

“IMASCHI

ADULTI

CORRONO

UNRISCHIO

PIÙ ALTO

D’INFORTUNIOOCULARE”

La “zona pericolosa” del globo per le complicanze seconda-

rie è quell’area compresa tra il limbus e l’equatore (Fonte:

Highlights of Ophthalmology)

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32 Oftalmologia Sociale N.1-2011

l’industria, dall’altra in questi Paesi do-vrebbe, teoricamente, essere presente unamaggiore sensibilizzazione verso l’adozione didispositivi di protezione che, al contrario –come vedremo –, vengono utilizzati da unapiccola minoranza di lavoratori. Negli USA,ogni anno, circa 2,4 milioni di persone vannoincontro a un trauma oculare. Di questi unnumero variabile tra 40.000 ed un milione, aseconda degli studi che si considerano, avràun deficit visivo permanente ed il 75% di que-sti ultimi diventeranno monocoli a causa deltrauma. Se si prende in esame il numero dipazienti che richiede l’ospedalizzazione il nu-mero varia da 8 a 57 ogni 100.000 [6;7]. Ladifferenza tra i diversi studi è data con ogniprobabilità dal diverso disegno dei lavori edalla loro scarsa durata nel tempo. Uno stu-dio di popolazione della durata di 5 anni pub-blicato su Ophthalmology nel 2000, il BeaverDam Eye Study [13] riporta un una preva-lenza del 19,8% e un’incidenza media annualedi 3,1 ogni 100.000 abitanti. Un successivostudio, sempre statunitense, portato avantidal 1992 al 2001 – Trends in Eye Injury in theUnited States –, ha registrato un importantedeclino dell’incidenza dei traumi oculari, ri-scontrando un range tra 8,2 e 13 ogni 100.000

abitanti/anno. Un altro lavoro condotto inAustralia da Raymond, Favilla et al. ha rile-vato un’incidenza di 15,2 traumi oculari ogni100.000 nelle aree urbane e di 11,8 ogni100.000/anno nelle aree rurali, mentre in Spa-gna Larque-Daza e Peralta-Calvo et al. [9]hanno riscontrato un’incidenza pari a 6,77per 100.000 all’anno.

Sempre negli USA i traumi oculari rap-presentano la principale causa di cecità mo-noculare e la seconda causa più comune dideficit visivo dopo la cataratta. Un parame-tro innovativo, adottato negli Stati Uniti perquantificare la dimensione sociale del pro-blema, è il numero di anni di vista perduti acausa di traumi oculari. Lo USEIR (UnitedStates Eye Injury Registry) ha stimato cheogni anno 500.000 “anni di vista” siano per-duti a causa di infortuni agli occhi e il traumacostituisce la prima causa di ospedalizzazioneper cause oftalmologiche. Un così elevato nu-mero di anni di vista perduti documenta lagiovane età delle vittime di questo tipo d’in-fortuni.

Molto interessanti sono i dati che proven-gono dal Dipartimento della Difesa degliUSA, pubblicati sull’American Journal ofPreventive Medicine del gennaio 2010 [5].Questo studio epidemiologico si è presentatocome il primo, fondamentale passo della de-scrizione di un importante problema di sanitàpubblica. Sono stati registrati tutti i casi ditrauma oculare occorsi in uomini e donne inservizio attivo presso il Dipartimento dellaDifesa dal 1996 al 2005. Ciò che ne è emerso èche le donne hanno avuto un maggior tassodi infortuni oculari rispetto ai colleghi uo-mini; le differenze nell’incidenza tra i diversigruppi di età sono risultate essere pressochénulle, con un minimo al di sotto dei 20 anni dietà ed un massimo al di sopra dei 40; l’abra-sione corneale ha rappresentato la diagnosipiù comune nel 2005 e i colpi d’arma da fuocosono stati la causa più frequente, seguiti dalcombattimento , dal trasporto via terra e, inultimo, dalla pratica sportiva.

Lo studio condotto da Kwong-Weng

“NELLE

DONNE

UN TRAUMA

OCULARE

SUDUE

AVVIENE

IN CASA”

Fondo oculare in seguito a trauma

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33Oftalmologia Sociale N.1-2011

Soong et al. nel 2008 [4] presso la Universityof Malaya Medical Centre in Malesia è unodei più recenti in merito all’epidemiologia deitraumi oculari. Si tratta di uno studio pro-spettico che ha preso in considerazione le vi-site effettuate per trauma in tutto il 2008. Èstato rilevato che i maschi adulti risultano ilgruppo di popolazione con rischio più alto diandare incontro ad infortunio oculare a causadel tipo di lavoro svolto. L’età media riscon-trata è di 31,5 anni. Entrambi questi dati ap-paiono in piena continuità con gli altri studisull’argomento. Altro aspetto indagato èstato la diversa distribuzione razziale delcampione. Gli autori hanno rilevato come ladistribuzione degli eventi traumatici tra le di-verse razze rifletta in maniera quasi sovrap-ponibile la distribuzione delle diverse etnienella classe operaia della Malesia. Importanteanche la considerazione fatta dagli autori cherilevano una maggiore incidenza di trauminegli strati della popolazione con più basso li-vello di scolarità a causa di una minore cono-scenza delle norme di utilizzo dei dispositividi protezione. Il trauma sul posto di lavoro sicolloca al primo posto, con una frequenza del43,6%, seguito dagli incidenti stradali(23,1%), domestici (17,7%), aggressione(10,3%) e sport (3,1%). La cornea (43,6%),la congiuntiva (39,5%) e la palpebra (20,4%)sono risultate essere le sedi anatomiche mag-giormente colpite. Il dato in assoluto piùsconcertante è che nel 93,3% dei casi la vit-tima dell’infortunio non aveva in dotazionealcun dispositivo di protezione, mentre nel 4,2% lo aveva, ma non lo ha utilizzato [10].

È tuttavia interessante evidenziare, comefatto da Luo e Gardiner del MassachussetsEye and Ear Infirmary in un recentissimo la-voro pubblicato su Ophthalmology [1] che, no-nostante i corpi estranei corneali di naturametallica siano i reperti di più frequente ri-scontro nei traumi accaduti in ambiente la-vorativo, il contestuale ritrovamento di corpiestranei intraoculari costituisce evenienzaassai rara (0,007%).

Nello studio di Gupta et al., pubblicato

sullo European Journal of Ophthalmology [2],vengono prese in considerazione la presenta-zione clinica e l’acuità visiva finale di tutti ipazienti recatisi presso il pronto soccorso ocu-listico del Jawaharlal Institute di Pondi-cherry, India, divisi in due gruppi: adulti dietà superiore a 15 anni e bambini di età supe-riore a 30 mesi. Ciò che ne è emerso è una so-stanziale corrispondenza tra l’outcome visivoalla dimissione tra i due gruppi, nonostantela presentazione clinica degli adulti – in ter-mini di acuità visiva, prolasso di vitreo, defi-cit del riflesso foto-motore ed incidenza diendoftalmite – fosse stata nettamene peg-giore. L’ambiente domestico e quello lavora-tivo sono risultati ancora una volta gli scenaripiù frequenti per i traumi oculari nei bambinie negli adulti rispettivamente.

Uno studio retrospettivo pubblicato nel2008 su BMC Ophthalmology da parte di Cil-lino R, Casuccio A et al. [11] del Diparti-mento di Neuroscienze dell’Università diPalermo, rappresenta un valido contributo al-l’inquadramento della situazione italiana. Ilcampione è costituito da tutti i casi di traumaoculare rilevati in maniera retrospettiva nel-l’arco di 5 anni. Di 298 traumi, 146 sono aglobo aperto. 152 a globo chiuso. Il 16,8%presenta un corpo estraneo intraoculare. L’in-cidenza annuale è pari al 4,9 per 100.000 abi-tanti e la grande maggioranza (84,6%) delle

“IL 90%DI TUTTI

GLI INFORTUNI

OCULARI

SONO

PREVENIBILI”

Dialisi iridea per trauma con elastico per pacchi

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34 Oftalmologia Sociale N.1-2011

vittime è di sesso maschile con età media paria 33 anni. La causa dell’infortunio differiscegrandemente in relazione al sesso e all’am-biente urbano o rurale. Le occasioni più fre-quenti negli uomini sono tipicamente legateallo svolgimento di attività all’aperto (30,9%), attività lavorativa manuale (25,4%) o spor-tiva (17,5%). Per quanto riguarda le donne,gli incidenti domestici si collocano al primoposto (52,2%).

Aree urbane e rurali si differenziano perla maggiore frequenza, rispettivamente, ditraumi oculari durante incidenti stradali etraumi oculari sul posto di lavoro associati acorpi estranei intraoculari. Nel 48,3% dei pa-zienti è stata misurata un’acuità visiva finalepari a 5/10 o superiore, tra 1/10 e 5/10 nel30,2% e inferiore ad 1/10 nel 15,5%. Nel 6%dei casi l’esito è stato l’assenza di percezionedella luce. Un dato importante è la correla-zione statisticamente significativa tra il visusiniziale e quello finale: l’86,6% dei pazientiche si erano presentati con acuità visiva paria “motu manu” o migliore ha raggiunto unvisus pari o superiore ad 1/10.

Le possibilità preventive che derivanodalla conoscenza e divulgazione di dati trattidalla letteratura in merito sono reali, soprat-tutto se si pensa che, secondo le stime delWEIR, il 90% di tutti gli infortuni ocularisono prevenibili.

LA SITUAZIONE IN ITALIA:I NOSTRI DATINuove informazioni sulla dimensione del

problema sul nostro territorio vengono for-nite dai dati riguardanti l’attività del ProntoSoccorso Oculistico del Policlinico universita-rio Umberto I di Roma. Il periodo preso inconsiderazione va dal 1 gennaio 2009 al 30giugno 2010. Il totale degli accessi al ProntoSoccorso è pari a 44.278, con una media gior-naliera di 81,1. Il 35,3% del totale delle visited’emergenza è dovuto a traumi. Di questi lagrande maggioranza (99%) è rappresentatoda microtraumi, il rimanente 1% da macro-traumi. Tra i microtraumi i più frequentisono corpi estranei corneali (14,2%), abra-sioni corneali (13,4%), corpi estranei con-giuntivale (4,2%), ustione chimica dellacornea (1,58%), mentre agli ultimi posti sitrovano fotocheratiti (0,86%) e ustioni cor-neali (0,01%). Tra i macrotraumi sono ri-scontrati più di frequente emorragiepalpebrali ed ecchimosi congiuntivali, contu-sioni del globo oculare, ferite penetranti del-l’orbita, emorragie orbitarie e retinopatiesolari. Per quanto riguarda la distribuzione difrequenza dei traumi in base al sesso risultaevidente, in linea con tutti i maggiori studipresenti in letteratura, che il sesso maschile ècolpito da 2 a 3 volte più del sesso femminile,a seconda dei diversi tipi di trauma conside-rati. In particolare nella nostra casistica ilsesso maschile è vittima del trauma ocularenel 79% dei casi. Da una parziale analisi deidati inerenti i ricoverati presso la II Divisionedel Dipartimento di Scienze Oftalmologichedell’Università “Sapienza” di Roma nel bien-nio 2009-2010, su un totale di 649 ricoveri, il19% (n=157) è avvenuto per traumi. Le ca-ratteristiche di questo campione sono tipichedelle vittime di traumi oculari di tutto ilmondo. Il 75% è di sesso maschile, il 73% èin piena età lavorativa (21-65 anni), mentre il17% ha tra gli 11 e i 20 anni, il 9% tra 0 e 10anni e solo l’1% al di sopra dei 65. Per quantoriguarda l’occasione del trauma oculare è pos-sibile affermare, dall’analisi dei nostri dati,

“IN ITALIASI VERIFICA

UN INFORTUNIO

OCULARE

OGNI 10MINUTI

(DATI INAIL)”

Forte arrossamento oculare in seguito a trauma

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35Oftalmologia Sociale N.1-2011

che gli incidenti domestici, sul lavoro e gli in-fortuni sportivi coprono il 99% di tutti i rico-veri per trauma, rispettivamente con il 43%,26% e 30%. La diagnosi che è stata formu-lata al momento del ricovero è, in più dellametà dei casi, quella di contusione bulbare(55%). È importante segnalare a tal propo-sito, che le diagnosi cui ci si riferisce sonoquelle effettuate dall’oculista al momento del-l’ingresso in reparto e che pertanto, come nelcaso della suddetta contusione bulbare, pos-sono risultare piuttosto generiche e non an-cora confermate dagli appropriati esami

diagnostici strumentali.Ferite penetranti senza ri-tenzione di corpo estra-neo e scoppi bulbaricostituiscono parimentila causa nel 14 % dei casi.Nel 7% il motivo del rico-vero è riferibile a feritesclero-corneali non perfo-ranti , mentre nel 6% aferite penetranti con ri-tenzione di corpo estra-neo. Un aspetto di grandeattualità è quello dell’in-cremento negli ultimianni del numero di accessidi pazienti sranieri alPronto Soccorso Oculi-

stico e nei reparti di degenza, molto spessocolpiti da infortuni oculari sul posto di lavoroperché privi degli indispensabili presidi diprotezione. L’edilizia ed il lavoro agricolosono tra i settori maggiormente colpiti daquesto tipo di fenomeno, su cui sarebbe dove-rosa una più concreta focalizzazione dell’at-tenzione da parte delle istituzioni. Il 22% deiricoveri nella nostra degenza è dato da pa-zienti stranieri, quasi sempre per trauma. Piùrassicurante sembra essere il dato progno-stico, riferibile al visus alla dimissione. Il 49%dei soggetti è dimesso con un’acutezza visiva

pari o superiore a 9/10, il 27% tra i5/10 e gli 8/10, il 14% tra 1/10 e4/10 e, infine, il 10% è dimesso convisus inferiore a 1/20.

Grande significato epidemiolo-gico, specie alla luce di quantodetto a proposito della situazioneattuale, è uno studio svolto nel1997 dal primo autore di questo ar-ticolo, in collaborazione conl’INAIL, dal titolo “Work-relatedaccidents of ophthalmologicinterest in Italy” (Ophthalmo-logica. 1997;211(4):251-5.) [3].L’INAIL si occupa di ogni infortu-nio la cui prognosi sia superiore a 3

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36 Oftalmologia Sociale N.1-2011

giorni. Su ognuno di questi infortuni è apertauna pratica che verte su tutta l’evoluzione cli-nica dell’evento sino alla definizione e quan-tificazione di eventuali esiti permanenti. InItalia si verifica, secondo le stime INAIL, uninfortunio oculare ogni 10 minuti. Ognigiorno ci sono circa 140 casi di trauma ocu-lare e 4 di questi vanno incontro a conse-guenze permanenti. Un lavoratore su 300(0,37%) va incontro ad un trauma oculareogni anno.

Gli aspetti più importanti che i numeriINAIL sottolineano sono i seguenti:

1) L’infortunio oculare si presenta conuna frequenza molto elevata; risulta la terzasede anatomica più colpita dopo mano epiede;

2) Attraverso la valutazione della duratadel periodo di invalidità temporanea ed il nu-mero di casi che esitano in invalidità perma-nente, è possibile affermare che l’infortuniooculare non possiede, rispetto ad altre sedianatomiche, una frequente evoluzione versodanni permanenti;

3) Qualora dal trauma oculare originas-sero lesioni senza possibilità di restitutio ad in-tegrum, il grado di invalidità arrecato,rispetto a quello di altre parti anatomiche, èmaggiore.

Il motivo per il quale i danni permanentioculari causano un maggior decremento dellafunzionalità dell’organo è legato alla presenzanell’occhio di delicate strutture diottricheavascolari nonché tessuti nervosi fragili e vul-nerabili.

In conclusione è possibile affermare che,anche nel campo della traumatologia ocularela strada della prevenzione, accanto al conti-nuo miglioramento delle tecniche chirurgiche,è l’unica percorribile e, senza, dubbio la piùproficua.

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37Oftalmologia Sociale N.1-2011

Abstract.Unmicrochip sensibile alla luce,alimentato esternamente, è stato impiantato chi-rurgicamente sotto la retina vicino alla regionemaculare di volontari divenuti ciechi a causa didistrofie retiniche ereditarie. L’impianto con-tiene una griglia di 1500 microfotodiodi attivi(‘chip’), ognuno dei quali ha il proprio ampli-ficatore e un elettrodo per la stimolazione locale.Nella parte superiore dell’impianto un altrogruppo di 16 elettrodi connessi tra loro consentela stimolazione diretta, indipendente dalla luce,

per testare l’interfaccia neurone-elettrodo. Na-turalmente le scene vengono proiettate, attra-verso il cristallino dell’occhio, sul chip postosotto la retina trasparente. Il chip genera un’im-magine corrispondente di 38x40 pixel1, ognunodei quali rilascia impulsi elettrici tanto più sti-molanti quanto più è intensa la luce. Di conse-guenza tre persone prima cieche hanno potutoindividuare oggetti chiari, posti su un tavoloscuro, e due di esse sono riuscite a discernererighe parallele2. Uno di questi pazienti è riuscito

Un chip sottoretinicocontro la cecità

LAVORO SCIENTIFICO*

Eberhart Zrennera,h, Karl Ulrich Bartz-Schmidta, Heval Benava,Dorothea Bescha, Anna Bruckmanna, Veit-Peter Gabelb, Florian Gekelera,Udo Greppmaierc, Alex Harscherc, Steffen Kibbelc, Johannes Kocha,Akos Kusnyerika,d, Tobias Peterse, Katarina Stingla, Helmut Sachsf,Alfred Stettg, Peter Szurmana, Barbara Wilhelme, Robert Wilkea

aCentre for Ophthalmology, University of Tübingen, Schleichstr. 12, 72076 Tübingen, GermanybEye Clinic, University of Regensburg, Franz-Josef-Strauss-Allee 11, 93053 Regensburg, GermanycRetina Implant AG, Gerhard-Kindler-Str. 8, 72770 Reutlingen, GermanydDepartment of Ophthalmology, Semmelweis University, Tomo u. 25-29, 1083 Budapest, HungaryeSteinbeis Transfer Centre Eyetrial at the Centre for Ophthalmology, Schleichstr. 12-16, 72076 Tübingen, GermanyfKlinikum Friedrichstadt, Friedrichstr. 41, 01067 Dresden, GermanygNMI Natural and Medical Sciences Institute at the University of Tübingen, Markwiesenstr. 55, 72770 Reutlin-gen, GermanyhAuthor for correspondence ([email protected])

* Proceedings of the Royal Society: “Subretinal electronic chips allow blind patients to read letters and combine them to words”, Eberhart Zrenner etal., Proc. R. Soc. B, published online 3 November 2010 (doi: 10. 1098/rspb.2010.1747). Questo articolo è ad accesso libero ed è distribuito in inglese con lalicenza Creative Commons, il che permette un suo uso e una distribuzione illimitati, una riproduzione con qualunque mezzo, ammesso che gli autori e lafonte originale siano citati.

1 Punti da cui è composta l’immagine (ndt).2 Bande alternate in bianco e nero tipo quelle della figura 3b (ndt).

Per la prima volta un occhio bionico da 1500 pixel è stato impiantatoinmalati di retinite pigmentosa e coroideremia. Tre pazienti su dieciora possono leggere singole lettere e combinarle in parole

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a nominare e a descrivere correttamente oggetti,come una forchetta o un coltello posti su un ta-volo, figure geometriche, diversi tipi di frutta, edè stato capace di discernere una scala di grigicon [differenze di] contrasto solo del 15 percento. Dopo molti anni di cecità ha recuperato,senza un periodo di training, le funzioni visiveche gli permettono di localizzare e di avvicinarsiliberamente alle persone presenti in una stanzae di leggere grandi lettere che compongono paroleintere. Questi risultati dimostrano, per la primavolta, che una griglia di microelettrodi retinicicomposta da 1500 fotodiodi può generare, in in-dividui precedentemente ciechi, una percezionevisiva dettagliata e dotata di senso.

Parole chiave: neuroprotesi subretiniche,impianto retinico, retinite pigmentosa, cecità,visione artificiale, visione bionica.

IntroduzioneLa retinite pigmentosa (RP) e la degene-

razione maculare correlata all’età sono ma-lattie che colpiscono soprattutto ifotorecettori della retina e causano una per-dita progressiva della vista, causando infinececità in oltre 15 milioni di persone nel mondo[1]. Sebbene la cecità dovuta alla degenera-zione dei fotorecettori resti attualmente incu-rabile, le cellule nervose della retina internapossono continuare a funzionare per moltianni, nonostante la riorganizzazione neuro-nale [2]. Mentre la terapia genica e l’applica-zione di fattori neuroprotettivi possonoaiutare a mantenere la visione entro i primistadi degenerativi, la sopravvivenza della re-tina interna ha spinto noi [3] e altri ricerca-tori [4-11] a tentare un parziale ripristinodella funzione visiva sfruttando la stimola-zione elettrica del network retinico rimanente.

In questo campo sono stati adottati dueapprocci del tutto differenti: (i) un impiantoepiretinico in cui le griglie di elettrodi si in-terfacciano con le cellule ganglionali retini-che, che formano un percorso di output [6-7,11-13]; (ii) un impianto di un microchip col-locato sotto la retina trasparente per sosti-

tuire i fotorecettori degenerati. L’ultimo tipodi microchip capta la luce e genera i segnalidi stimolo in molti punti simultaneamente,che corrispondono ai pixel, attraverso unagriglia di microfotodiodi (MPDAs; [3-14]).Mentre il primo approccio richiede tipica-mente [il rilevamento di] un’immagine este-riormente alla retina e l’elaborazione dei datiottenuti con la sua analisi, il secondo cerca disopperire alla funzione dei fotorecettori dege-nerati traducendo direttamente, punto perpunto, la luce che costituisce l’immagine reti-nica in piccole correnti, [la cui intensità] èproporzionale allo stimolo luminoso. Il nostroè l’unico approccio in cui l’insieme fotodiodo-amplificatore-elettrodo è contenuto in un sin-golo pixel dell’MPDA, in modo tale checiascun elettrodo mandi uno stimolo elettricoai neuroni sopravvissuti e vicini, rispec-chiando così il segnale visivo che normal-mente verrebbe ricevuto attraverso ilcorrispondente fotorecettore degenerato.

Sulla base delle misurazioni in vivo [15] edegli studi condotti sugli animali [16] il no-stro gruppo ha sviluppato un impianto elet-tronico sottoretinico, che rispetta pienamentela biocompatibilità, la biostabilità e la fatti-bilità chirurgica attraverso una tecnica tran-scoroideale [17], con una soglia di stimolazionesicura, garantendo un’ampia gamma di sti-moli e limiti della risoluzione spaziale in vitro[19]. Questo articolo descrive i risultati di unostudio clinico pilota, dimostrando che la seriedi elettrodi multipli impiantanti sotto la re-tina ripristina la funzione visiva in modo suf-ficiente per riconoscere gli oggetti elocalizzarli, consentendo di espletare le atti-vità visive essenziali della vita quotidiana. Irisultati di questo studio pilota offrono solideprove del fatto che le funzioni visive di pa-zienti, divenuti ciechi a causa di una distrofiaretinica ereditaria, possono, in linea di prin-cipio, essere ripristinate in misura sufficienteper gli usi della vita quotidiana.

L’impianto subretinicoCome mostrato nella figura 1a, la parte

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superiore dell’impianto è composta da unMPDA (una griglia di microfotodiodi, ndt),con 1500 singoli elementi fotosensibili e uncampo test per la stimolazione diretta (DS),costituito da 4x4 elettrodi per la stimolazioneelettrica indipendente dalla luce. Entrambisono posizionati su una pellicola di polyimide(figura 1b, in fondo a sinistra). Per i dettaglisull’unità di controllo che eroga energia e i se-gnali di controllo wireless, vedi le figure 2a,d[…].

PazientiI pazienti (due uomini e una donna, ri-

spettivamente di 40, 44 e 38 anni d’età) eranociechi a causa di una degenerazione retinicaereditaria (i pazienti 1 e 2 per la retinite pig-mentosa; il paziente 3 per la coroideremia), maprecedentemente avevano una buona visionecentrale. L’insorgenza della malattia è avve-nuta, nel paziente 2, all’età di 16 anni, mentrenei pazienti 1 e 3 all’età di 6 anni. Avevanoperso la loro capacità di leggere almeno cinque

Figura 1. Impianto subretinico. (a) La griglia di microfotodiodi (MPDA) è un chip CMOS fotosensibile 3,0 x 3,1 mm, con 1500

elementi che generano altrettanti pixel su una pellicola di polyimide spessa 20 μm, su cui è presente un campo test addi-

zionale di 16 elettrodi per la stimolazione elettrica diretta (campo test DS). (b) La pellicola è collocata approssimativamente

a 25 mm dall’estremità [dell’impianto subretinico], in corrispondenza dell’equatore del bulbo oculare, ed è attaccata alla

sclera attraverso un piccolo cursore che passa attraverso l’orbita, arrivando a un cavo subcutaneo in silicone collegato, at-

traverso uno spinotto, a un’unità di controllo dell’alimentazione collocata dietro all’orecchio. (c) L’ingrandimento della gri-

glia di elettrodi DS mostra i 16 elettrodi quadrupli e le loro dimensioni. (d) La stimolazione delle immagini attraverso la

griglia DS (lettera ‘U’ nell’esempio). (e,f) Passaggio da un triangolo a un quadrato mediante spostamento della stimola-

zione di un singolo elettrodo. (g) Ingrandimento di quattro dei 1500 elementi (‘pixel’); si notano i fotodiodi rettangolari

sopra ogni elettrodo quadrato e il loro foro di contatto che li connette al circuito di amplificazione (sovrapposto allo schema).

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40 Oftalmologia Sociale N.1-2011

anni prima dell’impianto. La stimolazione conluce intensa consentiva solo una percezione li-mitata della luce, senza alcun riconoscimentodelle forme in nessuno dei tre pazienti. Nonerano affetti né da malattie sistemiche né as-sumevano regolarmente farmaci […].

Metodi

(a) Procedura chirurgicaL’impianto, protetto da un lungo tubo in

acciaio, è stato inserito attraverso un’inci-sione retroauricolare verso il margine lateraledell’orbita e guidato dentro quest’ultima fino

alla superficie del bulbo oculare ([21]; figure2a,b,e). Il cavo di silicone (figura 2a) è statoimpiantato subperiostalmente al di sotto delmuscolo temporale. La pellicola di polyimideè stata, quindi, protetta da un tubo di siliconee guidato, a partire dal margine laterale del-l’orbita (dov’è stato fissato), fino all’equatoredell’occhio. Di conseguenza è stata eseguitauna vitrectomia via pars plana. Un distaccodi retina locale è stato indotto mediante inie-zione salina nel quadrante temporale supe-riore, sopra l’area programmata d’incisionesclerale e coroideale. Dopo la preparazione diuno sportello sclerale, l’impianto è stato fatto

Figura 2. Posizione dell’impianto nel corpo. (a) Il cavo, partendo dal chip impiantato nell’occhio, arriva sotto il muscolo

temporale per poi uscire dietro l’orecchio e connettersi con un’unità di controllo che funziona senza fili. (b) La posizione del-

l’impianto sotto la retina trasparente. (c) I fotodiodi MPDA, gli amplificatori e gli elettrodi in relazione ai neuroni retinici e

all’epitelio pigmentato. (d) Un paziente con un’unità di controllo wireless appesa al collo. (e) Percorso della pellicola di po-

lyimide (in rosso) e il cavo (in verde) in una ricostruzione tridimensionale ottenuta con scansioni della tomografia compu-

terizzata. (f) Fotografia dell’estremità dell’impianto subretinico collocato nel polo oculare posteriore, scattata attraverso la

pupilla di un paziente.

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41Oftalmologia Sociale N.1-2011

avanzare ab externo attraverso la coroide,lungo una pellicola-guida, sino allo spazio su-bretinico, fino a quando ha raggiunto la posi-zione in precedenza definita ([22][…]).Sebbene piazzare un chip direttamente sottola fovea non si è rivelato un problema chirur-gico, nei primi pazienti ci siamo astenuti dalsistemare il chip sotto la macula, ma abbiamochiesto di collocarlo sempre più prossimo allafoveola, tanto più quanto la curva di appren-dimento chirurgica migliorava. L’olio di sili-cone è stato poi iniettato nella cavità vitrealeper favorire il riattaccamento della retina. Nelcorso dello studio non si sono osservati gravieventi avversi. […].

(b) Test psicofisiciIniziando 7-9 giorni dopo l’intervento,

sono stati effettuati unicamente i test con sti-moli elettrici mediante il campo test DS3. Do-podiché le funzioni evocate con la lucemediante l’apparato MPDA sono state ri-scontrate usando test psicofisici che coinvol-gevano il rilevamento della luce, la risoluzione

temporale di base, la localizzazione degli og-getti e il rilevamento del movimento (impie-gando il ‘test di base del movimento e dellaluce’) (BaLM [23]). […].

Quando questa fase è stata superata consuccesso, sono seguiti tre passi ulteriori: testper il riconoscimento delle righe (BAGA [24]),la localizzazione e il riconoscimento degli og-getti comuni della vita quotidiana e la veri-fica dell’acuità visiva […]. Se questi esercizisono stati completati con successo, ne sonostati preparati altri più difficili (figure 3a e4a). Ad eccezione di alcuni esercizi opzionali(indicati), sono stati utilizzati alcuni metodiben precisi di scelta forzata tra due o quattroalternative (2AFC e 4AFC [acronimi di alter-native forced choice]) per verificare il signifi-cato statistico della performance del paziente.Tutti i test sono stati effettuati separata-mente in due situazioni: col chip acceso(‘Power ON’) e col chip spento (‘Power OFF’)[‘performance di base’].

La luminanza massima dello schermo eraapprossimativamente di 3200 cd per m-2 (per

3 Campo test per la stimolazione diretta (Direct Stimulation).

Figura 3. Riconoscimento delle proiezioni (allestimento 1) (a) Allestimento per proiezioni su uno schermo. (b) Linee variabili

in spessore, distanza e luminanza, presentate individualmente nella modalità delle quattro scelte forzate (4AFC). (c) Anelli

(C) di Landolt usati nei test clinici di valutazione dell’acuità visiva. (d) Lettere (altezza: 8,5 cm, larghezza: 1,7 cm). (e)

Punti distribuiti casualmente che si muovono in quattro direzioni diverse per verificare la risoluzione spazio-temporale. Gli

istogrammi riportati sotto ciascun pannello mostrano i migliori risultati ottenuti dal paziente 2 col chip acceso e col chip

spento.

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42 Oftalmologia Sociale N.1-2011

la luce bianca), i filtri neutri […] sono servitiper la sua attenuazione […].

RISULTATI

(a) Stimolazione elettrica […]Impulsi di varia durata, polarità e forma

sono stati applicati attraverso il campo testDS (16 elettrodi, come mostrato nella figura1c-f) in un pre-test di routine. Questa proce-dura ha determinato il voltaggio delle sogliedi percezione, abituando i pazienti ai poten-ziali evocati visivi e testando l’eccitabilità re-tinica e la risoluzione spaziale […].

Tutti i pazienti hanno rilevato una stimo-lazione [basata] su un singolo elettrodo e unsingolo impulso (impulsi da 0,5-6 ms, tipica-mente 20-60 nC per elettrodo). I pazienti 1 e2 hanno coerentemente riferito che questi sti-moli erano percepiti come punti biancastricircolari, mentre il paziente 3 ha riferito dipercepire linee allungate, corte e bianco-gial-lastre. Con l’attivazione di quattro elettrodicon un solo impulso, tutti e tre i pazientihanno correttamente distinto in pochi se-condi le linee verticali da quelle orizzontali ele hanno spontaneamente descritte come

rette. I pazienti 1 e 2 hanno distinto moltipunti singoli in seguito all’attivazione di pa-recchi elettrodi disposti in diagonale e hannoosservato delle zone scure tra un punto e l’al-tro. Il paziente 3 ha visto delle linee diagonaliformate dai quattro elettrodi, ma non le areescure tra i punti.

Sono stati presentati motivi grafici sem-plici grazie al dispositivo DS, facendo pulsaregli elettrodi in sequenza (figura 1d); ogni elet-trodo è stato acceso per 3-6 ms a intervalli di208 ms. I pazienti 1 e 2 hanno riprodotto cor-rettamente questi motivi grafici dopo la loroprima e unica presentazione; il paziente 2 nonci è riuscito. Alla presentazione di quattro di-verse alternative forzate (4AFC), i pazienti 1e 2 hanno differenziato con affidabilità quat-tro diverse posizioni dell’apertura della let-tera U (rispettivamente col 73% e l’88% dirisposte corrette […]). Inoltre il paziente 1 hadistinto correttamente la ‘U’ dalla ‘I’ e,quando un solo elettrodo è stato attivato inposizioni differenti, ha distinto persino i qua-drati dai triangoli (risposta corretta in 16 casisu 16, vedi figura 1e,f). Il paziente 2 ha di-stinto correttamente una dall’altra quattrolettere presentate a caso, una alla volta […],

Figura 4. Riconoscimento degli oggetti (allestimento 2). (a) Elementi bianchi su una tovaglia nera uniformemente illumi-

nata. (b) Differenziazione dei quattro oggetti geometrici con identiche superfici. (c) Differenziazione delle maiuscole (altezza:

5-8 cm). (d) Quadranti di orologi per testare l’angolo e la dimensione delle lancette. (e) Carte di diversa luminanza presen-

tate in coppia per determinare l’apprezzamento del contrasto. Gli istogrammi rispettivi, collocati sotto ogni pannello, mo-

strano i migliori risultati del paziente 2 col chip acceso e spento.

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43Oftalmologia Sociale N.1-2011

in test ripetuti in giorni diversi […]. Ha anchedistinto una stimolazione in senso orario da unain senso antiorario (15 risposte corrette su 16).

(b)Percezione della luce con la grigliadi microfotodiodi

Il chip fotosensibile MPDA viene fattofunzionare a un ritmo di rilevamento compresotra 1 e 20 Hz, con una durata dell’impulso(PD) di 1-4 ms. La testa del paziente è statacomodamente posizionata sulla mentoniera(posizione 1, figura 3a) e la refrazione è statacorretta per consentire la visione a una di-stanza di 60 cm. I settaggi del chip sono statidecisi in modo da operare in una gamma di 8-800 cd al metro quadrato con luce bianca o 1,2-4,3 cd al metro quadro con luce rossa […].

(i) Percezione della luce e localizzazioneTutti e tre i pazienti sono riusciti a perce-

pire la luce per mezzo del chip. Questo è statoverificato con l’esercizio 1, usando il testBaLM nella versione 1 (figura 3a):

- Il test BaLM per flash: nell’esercizio 1l’intero schermo, dopo un segnale acustico, èstato illuminato brevemente con uno o dueflash (200 ms di durata con 600 ms di pausa).Tutti e tre i pazienti hanno superato questotest di rilevamento della luce (rispettivamentecon risposte corrette all’81,3%, al 100% e al100%) e hanno conseguito un punteggio net-tamente superiore al tasso di risposta correttacasuale; (n=16; ON contro OFF: p=0,00005,t-test).

- Il test BaLM di localizzazione: quando siè testata la capacità di individuare grandiaree chiare nel campo visivo (un piccolo trian-golo in rapporto al punto di fissazione cen-trale nel test BaLM), solo il paziente 2(87,5%; n=16) c’è riuscito con successo.

- Il test BaLM per il movimento: la perce-zione del movimento è stata testata con un di-segno composto da punti casuali ad unavelocità angolare di 1,11° al secondo, che simuoveva in una delle quattro direzioni (dia-metro dei punti: 1,4 cm, distanza media (1,5cm (s.d.0.26), superato solo dal paziente 2 (8

su 12, 4AFC, figura 3e).

Nel secondo test la risoluzione spaziale èstata testata usando figure composte da righeparallele (figura 3b). Le linee luminose larghe0,6 cm sono separate da linee scure larghe 0,8cm, alternate a barre scure larghe 2,4 cm emostrate da 63 cm di distanza. L’orienta-mento di questi motivi grafici è stato ricono-sciuto correttamente dal paziente 2. Intermini di frequenza spaziale ciò corrispondea 0,46 cicli/deg (cinque risposte corrette suotto, 4AFC, p=0,02) e 0,34 cicli/deg rispetti-vamente (quattro su quattro corrette, 4AFC,p=0,004) […]. Il paziente 3 è riuscito a 0,22cicli/deg (12 su 20, 4AFC, luce bianca). Il pa-ziente 1 ha avuto difficoltà a vedere le righe,probabilmente a causa del suo nistagmo, maha distinto le linee orizzontali da quelle ver-ticali proiettate sul suo chip grazie a un’ap-parecchiatura speciale: una fotocamera per ilfondo [oculare] con caratteristiche spaziali edi luminanza simili.

Poiché la sensibilità spettrale del chip ar-riva nella regione dell’infrarosso, i pazientihanno manifestato in diversi casi una grandesensibilità alla luce infrarossa.

(ii) L’anello (C) di LandoltNell’esercizio n. 3 singole lettere e anelli

(C) di Landolt sono stati presentati sulloschermo in varie dimensioni (figura 3c). I pa-zienti 1 e 3 non hanno visto né gli anelli (C)di Landolt né le lettere e, di conseguenza, nonsono passati ai test più difficili nell’esperi-mento 1. Il paziente 2, il solo col chip im-piantato sotto la macula, ha avuto [invece]un certo successo […].

Il paziente 2 è riuscito a distinguere accu-ratamente sullo schermo anche le lettereL,I,T,Z (22 su 24 [tentativi], 4AFC, figura 3d;8,5 cm d’altezza, linee larghe 1,7 cm, un’al-tezza approssimativa corrispondente a 9° diampiezza dell’angolo visivo). Ha riferito che,una volta individuata una lettera, è apparsachiaramente nella sua forma naturale; è ri-sultata visibile nella sua interezza persino

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quando è stata mostrata per la prima volta.

(iii) Riconoscimento degli oggetti su un tavoloNel quarto esercizio la capacità di perce-

pire delle scene più naturali è stata testata,mediante un dispositivo standardizzato, conun tavolo da pranzo apparecchiato da unistruttore di mobilità […]. Il paziente 1 ha lo-calizzato correttamente sul tavolo un piat-tino, un quadrato e una tazza.

Il paziente 2 ha individuato e, inoltre, hariconosciuto e differenziato correttamente traloro forme quadrate, triangolari, circolari,rettangolari e a diamante che avevano lastessa area (figura 4b[…]). Inoltre, ha potutolocalizzare e descrivere correttamente un cuc-chiaio, un coltello, una tazza […] così comeuna banana e una mela […]. A differenza dialtre tavole da pranzo apparecchiate questaera del tutto sconosciuta al paziente, che sidoveva sforzare di dare un senso a una scenache non gli era familiare.

(iv) Esercizi opzionali con le lettere, un oro-logio e fogli grigi in varie tonalità

Il quinto gruppo di esercizi è stato svoltosolo dai pazienti che avevano superato consuccesso quelli precedenti. Il paziente 2 èstato capace di distinguere tra 16 lettere di-verse ritagliate su un foglio bianco (alte 5-8cm, carattere: Thaoma), sistemate su un ta-volo nero (vedi figura 4c, risposte giuste:22/36). Il paziente è riuscito a leggere corret-tamente quattro-cinque lettere (LOVE,MOUSE, SUOMI, ecc.), anche ripetutamentee in giorni diversi. Quando ha visto per laprima volta il suo nome MIIKKA ha notatodue refusi, osservando che mancavano una ‘I’e una ‘K’)4 […], vale a dire ha percepito sia lesingole lettere che parole intere dotate disenso (un prerequisito per leggere).

Come esercizio aggiuntivo è stata mo-strata una sveglia con due lancette (6x1,5 cmquella delle ore, 12x1,5cm quella dei minuti,

vedi figura 4d). Al paziente 2 è stato chiestodi dire l’ora regolata sui quarti d’ora. Il pa-ziente ha riconosciuto correttamente 11 posi-zioni delle lancette su 12. Inoltre, il paziente2 ha distinto, in sette casi su nove, differenzedi contrasto del 15 per cento tra nove cartecontigue (10x10cm, presentate in modalità2AFC, p=0,07) con differenze costanti e pro-gressive nelle sfumature di grigio compresetra 3 e 35 cd/m2 (figura 4e) […].

(v) Riflessi pupillariLa contrazione della pupilla in risposta

alla luce è stata riscontrata con la pupillo-grafia infrarossa, con esame obiettivo del-l’MPDA […]. La sua ampiezza è statachiaramente più pronunciata quando il chip èstato attivato […]. In tutti e tre i pazienti incui era stato impiantato il chip c’è stato unpiù marcato riflesso pupillare ed è semprestato accompagnato dalla percezione sogget-tiva della luce […].

Discussione

(a) Approcci generali alle protesi re-tiniche

Una serie di gruppi di ricerca hanno rac-colto la sfida di sviluppare una protesi reti-nica. Rizzo et al. [4] e Weiland et al. [26]hanno pubblicato lavori sui primi esperimentidi stimolazione della retina con singoli elet-trodi epiretinici. Chow et al. [27] sono stati iprimi a usare impianti subretinici ben tolle-rati, composti da griglie di fotodiodi multipli,con lo scopo di sfruttare direttamente l’ener-gia creata dalla luce incidente per la stimola-zione neuronale, senza amplificazione.Tuttavia, a causa dell’energia insufficienteproveniente dai piccoli sensori fotosensibili,questi hanno fallito nel ridare la vista. SecondSight (Medical Products INc., Sylmar, CA) hain corso uno studio multicentrico col disposi-tivo ARGUS II da 60 elettrodi5; alcuni pa-

4Per meglio dire, gli sperimentatori hanno presentato al volontario la parola MIKA, mentre il suo vero nome finlandese contiene una I e una K in più (ndt).5 Al momento in cui gli autori scrivevano l’articolo, pubblicato on-line il 3 novembre 2010, in anticipo rispetto alla pubblicazione cartacea (ndt).

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zienti sono riusciti a riconoscere singole egrandi lettere scansionandole con rapidi mo-vimenti della testa [28]. Sono stati condottianche studi clinici con una serie di elettrodiepiretinici da Kock et al. [29] e da Richard etal. [30]. Altri gruppi hanno sviluppato [di-versi] approcci piazzando gli elettrodi tra lasclera e la coroide [8,10]. Questi gruppi so-stengono che quest’approccio ‘sovracoroi-deale’ possa avere il vantaggio di essere menoinvasivo, comportando, quindi, meno rischiin termini di procedure chirurgiche. Allostato attuale, poiché sono disponibili solopoche informazioni approvate da esperti re-lativamente agli esperimenti in corso cheadottano gli approcci subretinici, epiretinicie sovracoroideali, è troppo presto per con-frontare i risultati finali a lungo termine deidiversi studi. Tutti possiedono vantaggi esvantaggi teorici intrinseci; le differenze difondo e le loro conseguenze sono evidenziatequi di seguito.

Gli impianti epiretinici cercano d’intera-gire direttamente con i neuroni retinici in out-put; l’elaborazione delle immagini delcomplesso network retinico interno deve av-venire esternamente. L’elaborazione delle im-magini catturate dalla videocamera puòessere regolata più facilmente in modo datener conto dei livelli di soglia dei singoli elet-trodi. Tuttavia, il numero degli elettrodi atti-vabili simultaneamente è limitato dallatecnologia attuale. Diversi gruppi hanno svi-luppato sistemi epiretinici alimentati ester-namente, interamente impiantabili, condispositivi fino a 60 microelettrodi [7,28-32].Nonostante abbiano ottenuto risultati pro-mettenti, anche per lunghi periodi d’impiego,il basso numero di elettrodi limita la perfor-mance visiva alla localizzazione dell’oggetto ealla percezione della forma [33]. Yanai et al.[6] non hanno riscontrato alcuna differenza,usando il prototipo dell’impianto ARGUS I,tra la performance dei pazienti in cui veni-vano attivati un singolo pixel oppure unaserie di pixel. Negli impianti epiretinici cheusano videocamere montate sulla testa, i mo-

vimenti oculari non sono correlati alla scenapercepita visivamente. Tale discrepanza tral’informazione visiva e propriocettiva deverendere difficile la localizzazione degli oggetti[34].

Viceversa, gli approcci subretinici, in lineadi principio rimpiazzano solo i fotorecettorimalati che hanno perso la loro funzione;quindi, il network rimanente della retina in-terna può essere usato per un’elaborazionedell’immagine più naturale, così come vieneinviata – punto per punto, diverse volte al se-condo – ai neuroni della retina interna. No-nostante la procedura chirurgica possarichiedere una maggiore perizia, il numero dipixel può essere molto più alto, limitato at-tualmente solo dalla dimensione dell’im-pianto e dalla propagazione spaziale dellostimolo elettrico. La fissazione del chip nellospazio subretinico è più facile e, una volta po-sizionato, rimane al suo posto, in stretta con-nessione con la retina interna, senza ilbisogno dei chiodini sclerali impiegati negliapprocci epiretinici. Inoltre il nostro im-pianto subretinico (Retina Implant AG, Reu-tlingen, Germany) è, fino ad oggi, l’unico incui l’apparato che capta le immagini si muoveesattamente assieme all’occhio. Ciò ha impli-cazioni pratiche […], poiché i movimenti na-turali degli occhi possono essere sfruttati perindividuare e fissare un oggetto. D’altro cantola durata del nostro studio è stata limitata acausa dei vincoli temporali imposti dall’usodi un cavo transdermico; in altri studi la du-rata dell’impianto è stata superiore [33]. Inol-tre, la capacità di elaborare le immagini intempo reale, in dispositivi che funzionanosotto la retina con un’autonomia [energetica]pressoché totale, è limitata.

Gli impianti sovracoroideali, nonostantecomportino rischi superiori a livello chirur-gico, sono collocati ben distanti dalle cellulebersaglio. Questo può avere come conse-guenze delle soglie di stimolazione elevate, unmaggiore consumo di corrente e, certamente,una perdita di risoluzione spaziale. Nono-stante la chirurgia sia più economica e meno

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invasiva, la collocazione tra la sclera, che as-sorbe molto la luce, e la coroide non consentel’impianto di un dispositivo fotosensibile chesi muova assieme all’occhio.

Nei paragrafi successivi i risultati ottenutinel nostro studio subretinico sono discussi piùnel dettaglio.

(b) Il dominio spazialeUsando la visione protesica simulata,

Perez et al. [35] hanno dimostrato che la pre-cisione negli esercizi di riconoscimento è au-mentata, nei soggetti con vista normale, finoa una risoluzione di 1000 pixel in un campovisivo di 10°x7°. Quindi dovrebbero essereutilizzate almeno diverse centinaia di elet-trodi per offrire una buona visione: si tratta diun limite tecnico scoraggiante [35]. Il pre-sente studio – il primo a sfruttare con suc-cesso dispositivi elettronici con un numerotanto ampio di elettrodi – presenta una di-mostrazione di fattibilità: questi apparecchipossono ripristinare la vista in modo utile neisoggetti ciechi; persino se l’obiettivo è un’ap-plicazione clinica più ampia, ci vorrà deltempo per essere sviluppata.

La dimensione del campo visivo dei nostripazienti (11°x11°), seppur piccola, è suffi-ciente per l’orientamento e la localizzazionedegli oggetti, così come avviene in pazienticon distrofie retiniche periferiche. La letturarichiede, secondo Aulhorn [36], un campocompreso tra i 3 e i 5 gradi.

Variazioni tra un individuo e l’altro nellaperformance visiva dei pazienti di questo stu-dio possono essere supposte come conse-guenza dei rispettivi stadi della degenerazione[2], della durata della loro cecità e della loca-lizzazione retinica dell’impianto, sebbene at-tualmente non possa essere stabilita alcunacorrelazione convincente. Chiaramente av-viene una riorganizzazione spaziale retinica;tuttavia essa è molto lenta, richiede decenni.Poiché la retina interna non dipende dallaperfusione coroideale, questa sopravviveanche a una perdita completa della coroide,come osservato in un nostro paziente con co-

roideremia. Ciò spiega anche perché il bloccodel trasporto coroido-retinico del nostro im-pianto non influenzi la sopravvivenza dellaretina interna.

Nel nostro studio la localizzazione precisadel dispositivo con microelettrodi sotto lafovea sembra importante per il ripristino dellepercezioni utili, mediante la stimolazioneelettrica artificiale. L’elevata risoluzione spa-ziale e la capacità di leggere sono limitate,negli osservatori ordinari, alla retina centrale(5°x3°), significativamente sovrarappresen-tata nella corteccia visiva rispetto alle zonedella periferia retinica.

(c) Il dominio temporale e il problemadella scomparsa delle immagini

Abbiamo analizzato la risoluzione tempo-rale in un range che va da 1 a 20 Hz. Quandogli stimoli elettrici vengono applicati conti-nuamente col dispositivo DS (campo test perla stimolazione diretta, ndt) in un punto reti-nico prefissato con PD (durata dell’impulso,ndt) di 1-4 ms, ciò che percepisce il pazientesparisce approssimativamente in 15 s quandoviene presentato ad una frequenza di 0,3 Hz,dopo 2 s circa con 2Hz e dopo 0,5 s circa con10 Hz. Questo è in linea con le osservazioni diPerez et al. [37] condotte con i dispositiviARGUS II epiretinici, con cui un’immaginesulla retina svanisce rapidamente; il suo ri-pristino ha richiesto un movimento dell’im-magine sulla retina, per mezzo di una rapidaoscillazione della testa. Analogamente Jensen& Rizzo [38] hanno osservato nella retina deiconigli che la risposta retinica, ad un secondoo terzo impulso, decresce rapidamente ri-spetto al primo impulso con l’aumentare dellafrequenza di ripetizione; apparentemente ineuroni della retina interna soffrono di unaprolungata inibizione se stimolati elettrica-mente in condizioni in cui il network che lecirconda viene attivato nel suo complesso. Alcontrario, figure come le righe o le lettere pos-sono essere percepite con continuità medianteil nostro MPDA subretinico fotosensibile. Per-sino il primo giorno di stimolazione i pazienti

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vedono costantemente l’immagine nella suainterezza senza muovere la testa. La fonte diquesta differenza può essere rintracciata neimovimenti oculari involontari controllati dalcollicolo superiore. Persino durante la fissa-zione, i nostri occhi fanno continuamente pic-coli movimenti (lenti spostamenti emicrosaccadi fino a 50 minuti di arco e da 1 a3 Hz), che consentono il refresh dell’immaginevariando continuamente la popolazione di fo-torecettori attivati, persino durante la solafissazione [39]. Gli oggetti visti dai nostri pa-zienti – col chip che si sposta in sincronia colmovimento oculare naturale – attivano dina-micamente una serie di pixel adiacenti sulchip, mentre i movimenti oculari e le micro-saccadi spostano continuamente l’‘immagineelettrica’ sulla retina di circa 1-3 pixel, impe-dendo così i meccanismi di adattamento lo-cale e di scomparsa dell’immagine. […]

(d) L’‘interfaccia’cellulareGli esperimenti in vitro hanno mostrato

che la stimolazione subretinica, almeno a li-vello di soglia, stimola preferibilmente le cel-lule bipolari [15,19]. Questa può essere unaragione per [cui si sono ottenute] le correttepercezioni retinotopiche riportate in questostudio, poiché l’eccitazione locale di piccoligruppi di cellule bipolari attiva nel cervello lazona esatta del campo visivo. Al contrario, lastimolazione epiretinica delle fibre ganglio-nali cellulari può avere come esito delle di-scrasie tra il luogo di stimolazione e lacorrispondente zona del campo visivo perce-pito, poiché gli assoni delle cellule ganglionaliretiniche (RGCs) corrono attraverso la retinae, mediante il nervo ottico, giungono al cer-vello. D’altro canto nessuno dei diversi ap-procci ha grandi problemi nello stimolaresimultaneamente i neuroni ON e OFF […].

(e) Apprendimento e cognizioneCon l’approccio subretinico e la sua tra-

smissione spaziale retinotopicamente cor-retta, nessuna procedura di apprendimento alungo termine è stata necessaria per consen-

tire ai pazienti di riconoscere correttamentele forme. Persino nel primo esperimento colcampo test DS o con l’MPDA i pazienti sonoriusciti a percepire correttamente la forma fi-sico-geometrica completa di un oggetto, conle parti più luminose che apparivano bianca-stre o giallastre e le parti scure risultavanogrigie o nere; non si sono avute testimonianzedi percezioni di colori, ad eccezione di casi ra-rissimi di pazienti che hanno notato delle sfu-mature cromatiche per un tempo breve.

È di particolare importanza l’osserva-zione del paziente 2, che poteva nominarechiaramente un oggetto presentato per laprima volta nel suo campo visivo ed è in lineacon le nostre osservazioni di una percezioneretinotopicamente corretta per esperimenticon DS e con altri pazienti che hanno ricono-sciuto chiaramente una linea e la sua dire-zione. Questo non significa che i pazientiabbiano percezioni non disturbate. I pazientihanno riferito qualche sfarfallamento del-l’immagine, dovuto probabilmente a una fre-quenza relativamente bassa della sua cattura(5-7 Hz), a cui si sono adattati velocemente.

Come ci si aspettava, la performance deipazienti è migliorata nel tempo. Utilizzandol’MPDA dalle 4 alle 6 ore al giorno hanno im-parato a controllare la loro posizione oculare,perché ogni oggetto è stato presentato all’in-terno di un campo visivo relativamente pic-colo (11°x11°). Il paziente 2 ha riferito che ledue stanghette da cui è composta la lettera Lsi muovevano lentamente e in modo indipen-dente l’una dall’altra, ma dopo una settimanacirca sono sembrate connettersi ad angolo[retto]. […]. Se ai pazienti è stato chiesto difissare un oggetto, hanno scoperto che c’èstato un chiaro miglioramento delle capacitàvisuo-motorie nel giro di una settimana.

(f) Idee per il futuroAspetti tecnici e metodologici: il nostro

primo approccio è stato progettare una du-rata dello studio di diverse settimane solo inpochi pazienti, in modo da ottenere il proto-tipo cablato di una versione funzionante del-

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l’impianto subretinico. Il nostro studio di fol-low-up, ancora in corso, sta utilizzando il si-stema di prossima generazione (Alpha IMS;[40], prodotto da Retina Implant AG, Reuti-lingen, Germania), dove una bobina seconda-ria incapsulata [impiegata] per l’alimentazionee la trasmissione del segnale viene posizionatasubdermicamente dietro l’orecchio, assieme auna bobina primaria fissata magneticamentesulla superficie. Anticipiamo anche che l’ela-borazione laterale in termini di mutua inibi-zione dei pixel […] migliorerà il contrasto ela risoluzione spaziale. Elettrodi tridimensio-nali penetranti, sviluppati da diversi gruppi,possono migliorare il contatto con lo strato dicellule bipolari, ma possono danneggiaremaggiormente la retina.

CONCLUSIONI

Questo studio ha dimostrato che i dispo-sitivi subretinici con microelettrodi possonoripristinare percezioni visive nei pazienti [di-venuti] ciechi a causa di degenerazioni retinicheereditarie, fino al punto in cui la localizzazionee il riconoscimento degli oggetti può offrireuna visione utile per leggere le lettere. Nono-stante tutte le sfide biologiche e tecniche ri-manenti, i nostri risultati danno una speranza:restituire la vista ai ciechi con protesi elettro-niche retiniche è una strada percorribile peraiutare coloro che non possono beneficiaredelle terapie geniche emergenti e/o di neuro-protettori. Il vantaggio del nostro approccioè che tutte le parti del dispositivo possano es-sere impiantate nel corpo senza essere visibili;inoltre, viene sfruttata [la capacità] di elabo-razione della retina interna; l’immagine fissaviene percepita con una risoluzione mai rag-giunta prima. Ulteriori sviluppi saranno an-cora necessari per garantire una stabilità[dell’immagine] a lungo termine, migliorareil contrasto, la risoluzione spaziale e aumen-tare il campo visivo mediante un impiantomultiplo di chip. Ciononostante questo studiooffre una dimostrazione di fattibilità: i dispo-sitivi elettronici subretinici hanno il poten-

ziale di migliorare la funzione visiva, [pas-sando] da uno stato di cecità assoluta a unod’ipovisione, che consente la localizzazione eil riconoscimento di oggetti sino a renderepossibile la lettura.

(Traduzione di G. GalanteRevisione di F. Amore)

Gli autori dell’articolo ringraziano tutti coloro

che hanno contribuito al progetto ‘SUBRET’.

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