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40 di Sauro Borelli C ertuni, in una sorta di parossismo critico- apologetico, hanno detto sul conto del Faust di Alexander Sokurov (Leone d’oro alla Mo- stra di Venezia 2011): “… non è nemmeno un film, ma un’esperienza intellettuale e sensoriale, un viag- gio cognitivo nel corpo e nella mente…”. In effetti, al di là di questi sproloqui cinefili, Sokurov è un ci- neasta russo, oggi sessantenne, che soltanto dopo una prolungata, tribolatissima carriera, prima della “liberatrice” perestroika, approda alla notorietà più meritata e vistosa proprio col suo intenso, originale Faust, personalissima rielaborazione dell’omonimo testo di Goethe. F atto segno, a suo tempo, delle ruvide censure dello zdanovismo imperante proprio a ragio- ne di film anticonformisti quali il dittico Pa- dre e figlio e Madre e figlio o come le ispirate Ele- gie, Sokurov, già amico sodale di Andrej Tarkovskij (altro grande cineasta sommamente inviso ai poten- ti del Kremlino), s’industriò a continuare per la pro- pria strada. E, superando disagi e contrarietà d’ogni specie, pervenne alla realizzazione di altre pellicole – Moloch (su Hitler), Taurus (su Lenin) e Il sole (su Hirohito) – incentrate significativamente su una ri- flessione dell’abnormità del potere dispotico in tut- te le età e le sue estrinsecazioni. T ra l’altro, va detto subito, l’odierno Faust è per sé solo il suggello sintomatico di una te- tralogia, raccordato appunto ai tre film prima menzionati, tutto ruotante com’esso risulta sulla vexata quaestio morale dell’uomo contemporaneo. Appunto, un “uomo in bilico”, come a suo tempo il Una rielaborazione tutta eccentrica del testo goethiano “Faust” da mito arc a i c o a moderno “uomo in bilico Faust in una litografia di Eugene Delacroix (1798-1863) IL FILM DI ALEXANDER SOKUROV LEONE D’ORO A VENEZIA 2011

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di Sauro Bore l l i

Certuni, in una sorta di parossismo critico-apologetico, hanno detto sul conto del Faustdi Alexander Sokurov (Leone d’oro alla Mo-

stra di Venezia 2011): “… non è nemmeno un film,ma un’esperienza intellettuale e sensoriale, un viag-gio cognitivo nel corpo e nella mente…”. In effetti,al di là di questi sproloqui cinefili, Sokurov è un ci-neasta russo, oggi sessantenne, che soltanto dopouna prolungata, tribolatissima carriera, prima della“liberatrice” perestroika, approda alla notorietà piùmeritata e vistosa proprio col suo intenso, originaleFaust, personalissima rielaborazione dell’omonimotesto di Goethe.

Fatto segno, a suo tempo, delle ruvide censuredello zdanovismo imperante proprio a ragio-ne di film anticonformisti quali il dittico Pa-

dre e figlio e Madre e figlio o come le ispirate Ele-gie, Sokurov, già amico sodale di Andrej Tarkovskij(altro grande cineasta sommamente inviso ai poten-ti del Kremlino), s’industriò a continuare per la pro-pria strada. E, superando disagi e contrarietà d’ognispecie, pervenne alla realizzazione di altre pellicole– Moloch (su Hitler), Taurus (su Lenin) e Il sole (suHirohito) – incentrate significativamente su una ri-flessione dell’abnormità del potere dispotico in tut-te le età e le sue estrinsecazioni.

Tra l’altro, va detto subito, l’odierno Faust èper sé solo il suggello sintomatico di una te-tralogia, raccordato appunto ai tre film prima

menzionati, tutto ruotante com’esso risulta sullavexata quaestio morale dell’uomo contemporaneo.Appunto, un “uomo in bilico”, come a suo tempo il

Una rielaborazione tutta eccentrica del testo goethiano.

“Faust” da mito arc a i c oa moderno “uomo in bilico”

Faust in una litografia di Eugene Delacroix (1798-1863)

IL FILM DI

ALEXANDER

SOKUROV

LEONE D’ORO

A VENEZIA

2011

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grande scrittore americano Saul Bellow ebbe a defi-nire uno dei suoi desolati antieroi. Confluiscono, al-tresì, nella struttura evocativa di questo stesso film itanti, ramificati “Faust” scaturiti, attraverso secoli eanni, nell’alta letteratura d’ogni dove – da Marlowea Thomas Mann e da infiniti altri scrittori –, così daconferire a quest’opera una densità di significati e disimbologie di una tormentata e sempre ravvicinatamoralità.

Sulle tracce della faticata esistenza dell’indigen-te dottor Faust – in una vicenda dislocata ametà tra un tardo Medioevo e un tetro Ottocen-

to – Sokurov costruisce, per scorci truculenti esquallide vicende – l’antico dramma tra il Bene(Faust) e il Male (un deforme, mostruoso Mefistofe-le) correndo a perdifiato tra fatti e figure sempre sul-l’orlo dell’orrore, della paura.Tutto ciò si staglia sullo schermo con una visiona-rietà sempre sovreccitata, morbosamente angoscio-sa. Anche le pur smaglianti prove interpretative di at-tori collaudati – Johannes Zeicler (Faust), Isolda Dy-chauk (Margherita) Anton Adasinskij (Mefistofele) ein una parte minore persino Hanna Schygulla – sisintonizzano qui in una rappresentazione cupa che hail ritmo, le rifrangenze di uno stregonesco sabba.

Ed è proprio in simile contesto che si disegnaun singolare Faust. Si è detto, infatti, che “nel-la sua vita ha molto studiato diritto, medicina

e purtroppo teologia. Ma la sua ansia non nasce dal-la voglia di trovare il tempo perduto e di fermarel’attimo bello. Il Faust visto da Sokurov è mossodalla voglia di sapere, conoscere, possedere infine.La tenera grazia della fatale Margherita è, comesempre, il simbolo incarnato dei suoi desideri. E il

. Un apparato tecnico-artistico di superlativo professionismo.

diavolo che gli offre il patto di sangue non è un av-venturiero bello e seducente ma un usuraio laido edeforme. Nessuna attenuante è concessa all’uomoche si fa tentare…”. Il prezzo di chi, come Faust, tra-sgredisce a tale norma è inesorabile: la solitudine,un’inappagata smania di sapere. Infine, un nichili-smo assoluto, senza redenzione di sorta né alcunasalvifica filosofia.

E’ evidente che l’intento di Alexander Sokurovcol suo desolato e desolante Faust va ben al dilà dell’antica leggenda, approdando in modo

altrettanto intuibile ad una lettura quanto mai attualedi una condizione esistenziale sempre esposta a ten-tazioni, pericoli devastanti. In questo senso, memo-rabile è stato, su questa stessa tragica tematica, l’im-ponente lavoro drammaturgico realizzato tra il 1989e il 1991 da Giorgio Strehler per il Piccolo Te a t r o ,ove Strehler medesimo in campo come attore diedevita alla rielaborazione sapientissima della prima eseconda parte del goethiano Faust, riscuotendo unsuccesso spettacolare davvero epocale.

So k u r o v, peraltro, può vantare a massimo credi-to per il suo Faust, un film di impareggiabileoriginalità e splendore: parliamo di Arca russa

non a caso salutato da queste lusinghiere parole:“…un film di fantasmi ideato e realizzato da un ci-neasta che cerca la dimensione del sacro nell’umanoe per il quale il cinema non è il riflesso della realtà:la reinventa al di là dello specchio”. Non incidentalmente, come abbiamo ricordato,Sokurov era legato da vincoli d’amicizia e di stimaal “poetico” e “trascendente” Andreij Tarkovskij, unaltro artista dall’estro irriducibile. Anzi, in una sola,preziosa parola: libero.

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O l t re 30.000 adozioni irregolari. Per r i s t a b i l i re la verità è sorta l’Associazione

“Los niños perdidos”

L’ignobile tratta dei bambinitolti alle madri dei franchismi

di Pietro Ramella

In Spagna la tragica vicenda della dittatura franchista(1939/1975), dopo trentasei anni dal suo epilogo, conti-nua a pro p o r re nuove agghiaccianti vicende successenei quaranta anni di governo di Francisco Franco.

L’opinione pubblica era al corrente dei massacri perpe-trati durante il conflitto, e solo nel dopoguerra appre s edelle fucilazioni e dei garrotamenti decisi dopo pro c e s s ifarsa, conobbe le pesanti condanne al carc e re o ai lavorif o rzati e le discriminazioni che punivano i “rossi” col-pevoli di aver sostenuto il legittimo governo dellaRepubblica.

Venticinque anni dopo il ritorno della democrazia sivenne a conoscenza degli oltre 100.000 desapare c i d o s ,cioè di quanti furono uccisi senza processo e sepolti infosse comuni.

Ora un nuovo casosconvolge l’opinionepubblica spagnola: la

tratta dei bambini dei re-pubblicani. S’iniziò con i fi-gli partoriti dalle donne co-muniste e anarchiche che ave-vano militato a favore dellaRepubblica, incarcerate inattesa di giudizio o di esecu-zione. Nel caso di condannaa morte, questa era procra-stinata a dopo il parto. Nel 1940 una legge del nuo-vo regime stabilì che la patriapodestà dei figli dei "repub-blicani", degli antifranchistimorti o incarcerati, passavaautomaticamente allo Statoche li consegnava a famiglie“politicamente aff i d a b i l i ” .Alle madri veniva fatto cre-dere che i bambini erano na-ti morti e che le autorità ave-vano provveduto a tumular-li; dato il clima dell’epoca,non era consigliabile mette-

re in discussione tale aff e r-mazione e non restava cherassegnarsi. Quando nellecarceri il numero delle don-ne incinte diminuì, il sistemasi trasferì negli ospedali enelle cliniche, ma ora “l’af-fidamento” era riservato aquanti pagavano.

Negli ospedali si trattòsempre di neonati,maschi e femmine,

mentre dai conventi spari-vano bambine anche di qual-che anno che le madri, ve-dove o impossibilitate a man-tenere una famiglia nume-rosa avevano affidate allemonache, che offrivano unasorta di servizio-collegio,dove le madri le potevanov i s i t a r e .Accadeva che da un giornoall’altro queste figlie spa-rissero e le monache assicu-ravano i parenti dicendo che

Una vignetta (qui sotto) terribilmente pro f e t i c a :nella caricatura Franco fa da balia sotto gliocchi perplessi di Hitler e Mussolini. Sulg rembiule è stampigliato il simbolo della falangefranchista. Nelle due foto qui riprodotte madriimprigionate nella carceri di Franco e piccoliorfani durante la guerra civile.

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“sconosciuta”. La prassi del-le false adozioni ebbe deiprecursori in Piemonte nelXVII secolo e dei seguacidal 1976 in A rgentina. Nelprimo caso i fatti accadderodurante la “crociata” del du-ca Vittorio Amedeo II con-tro i valdesi iniziata con l’e-ditto del 31 gennaio 1686

con cui venivabandito il cul-to protestantepraticato da cir-ca 13.500 suoisudditi, fu l’i-nizio del mas-sacro che de-cimò la picco-la comunità.Molti valdesi sirifugiarono inSvizzera, mol-ti furono ucci-si o incarceratiin condizionid i s u m a n e ,mentre i loro fi-gli piccoli fu-rono affidati afamiglie tori-

nesi affinché fossero “cat-tolicizzati.” Molte centinaiadi battesimi di giovani val-desi sono registrati nell’ar-chivio del Duomo di To r i n oe non si ritiene che siano sta-ti restituiti alle legittime fa-miglie, quando nel 1694 ilduca, ora alleato dell’Inghil-terra protestante, reintegra-va la tolleranza e la tuteladei valdesi.

Particolarmente atrocela pratica messa du-rante la dittatura dei

colonnelli in A rg e n t i n aquando i bimbi nati da pri-gioniere violentate dai mi-litari vennero assegnati a fa-miglie “sicure” mentre lemadri, dopo il parto, eranoeliminate così da far partedelle migliaia di d e s a p a re -cidos che caratterizzaronola ferocia disumana dellad i t t a t u r a .

nazionale delle vittime

le bambine avrebbero avutouna vita migliore presso fa-miglie senza problemi eco-nomici.

La “vendita” avvenivadietro versamento diuna consistente som-

ma di denaro, di cui lucra-vano i medici degli ospeda-li o le suore dei conventi.L’operazione ebbe anche ilsuo ideologo: Antonio Va l l e j aNaiera, uno psichiatra mili-tare che teorizzava la supe-riorità della “razza ispanica”e il diritto di sottometterequelle inferiori come eranolos ro j o s, che si erano oppo-sti al franchismo. Alla fine della guerra questo“luminare” per dimostrare lasua teoria aveva compiutodegli studi sui prigionieri diguerra spagnoli ed interna-zionali, in questo assistito damedici nazisti,e aveva pub-blicato dei lavori che gli era-no valsi una cattedra uni-v e r s i t a r i a .

Oggi molti degli “adot-tati” o loro parenti, sisono uniti nell’As-

sociazione nazionale dellevittime di adozioni irregola-ri, che intendono scoprire laverità e che sia fatta giusti-zia anche dopo tanti anni, fa-vorendo i ricongiungimenti.Le ricerche sono oltremodod i fficili in quanto i rapimen-ti erano ben organizzati, concancellazione d’atti di na-scita, falsificazione di docu-menti, il che ancora oggi ren-dono insospettabili molteadozioni.

Dapprima pochi miseroin dubbio la loro re-golarità e svolsero in-

dagini a titolo personale, co-me la consultazione dei re-gistri dei cimiteri dove i bam-bini segnalati morti avreb-bero dovuto essere sepolti ein alcuni casi nelle tombe non

Il dilemma dei giudici sta neldecidere se i reati si prescri-vono in cinque anni o se l’ul-timo – la detenzione illega-le – come sostiene il giudiceGarzon, si configura comecrimine contro l’umanità ecome tale non si prescrive. Itribunali hanno iniziato a in-terrogare medici, infermierie monache, mentre i paren-ti dei bambini hanno inizia-to a sottoporsi a prelievi perdeterminare il DNA.

Circa mille sono fino-ra le denunce presen-tate al solo tribunale

di Madrid dal che si stimache furono circa 30.000 ibambini sottratti illegalmentealle famiglie naturali. Vi sono stati i primi casi di ri-congiungimento come quel-lo tra una donna di quarantaanni “adottata” e la madre altempo del parto dichiarata

vennero trovati resti umani.Le madri cui erano stati sot-tratti i bambini raccontaronocome prima del parto venis-sero visitate per accertarnela sana costituzione e l’as-senza di malattie geneticheper avere la certezza che ilnascituro fosse sano e comein molti casi esse furono ane-stetizzate per essere sotto-poste a parto cesareo e al ri-sveglio apprendere che ilbimbo era nato morto.

Da queste prime ricer-che nacque l’Asso-ciazione e iniziarono

le denunce ai tribunali cheipotizzarono tre possibili rea-ti: falsificazione di docu-menti pubblici per aver iscrit-to il bambino come figli didonne che non erano le loromadri biologiche, sottrazio-ne di minori e detenzione il-legale.

L ́ o p e r a z i o n eebbe anche ilsuo ideologo:Antonio Va l l e j oNaiera, unop s i c h i a t r am i l i t a re cheteorizzava las u p e r i o r i t àdella "razzaispanica" e il diritto as o t t o m e t t e req u e l l e" i n f e r i o r i " ,come erano"los ro j o s "(i ro s s i ) .

L’ideologo per cui i“ rossi” erano inferiori