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Cibo e alimentazione nel mondo greco-romano di Martina Savio MEDIACLASSICA UN PORTALE PER LE LINGUE CLASSICHE

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Cibo e alimentazione nel mondo greco-romano

di Martina Savio

MEDIACLASSICA UN PORTALE PER LE LINGUE CLASSICHE

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Il mondo greco

• Il concetto di “dieta” e l’etimologia del termine.

• Il ruolo cardinale della consumazione di cibi e bevande sul piano sociale e culturale.

• La nutrizione come pratica che connota l’essere umano in contrapposizione agli dèi.

• Le pratiche della nutrizione in quanto discriminante fra popoli civilizzati e stadio ferino/primitivo dell’umanità (barbari).

• Il banchetto (τὸ δεῖπνον -ου).

• Il simposio (τὸ συμπόσιον -ου).

• Il cibo nella commedia classica: “il mondo di cuccagna”.

La vendemmia (coppa attica a figure nere, VI sec. a.C.).

La raccolta delle olive (anfora attica a figure nere, VI sec. a.C.).

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ἡ δίαιτα -ης: “modo di vivere, tenore di vita”, nel lessico tecnico-medico “regime, dieta” dal verbo διαιτάω: “amministrare” o nel lessico medico “mettere a regime”, “sottoporre a cura”.

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Una definizione di partenza

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Il ruolo cardinale della consumazione di cibi e bevande sul piano sociale e culturale

Le modalità di consumazione di cibi e bevande costituiscono nel mondo greco (con peculiarità differenti a seconda dei contesti storico-geografici specifici) un elemento imprescindibile nella costruzione dell’identità sociale e culturale dell’essere umano in quanto tale, dell’uomo in quanto essere civilizzato e delle singole comunità.

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L’uomo vs. gli dèi

L’uomo si definisce in quanto tale come essere mortale (βροτός -οῦ: “mortale”/“uomo”) in contrapposizione agli dèi, esseri immortali: gli dèi del pantheon tradizionale sono in tutto simili agli uomini, l’unica, ma capitale, differenza sta proprio nel fatto che gli dèi sono esenti da ciò che per i mortali costituisce il male supremo, ossia il decadimento fisico e la morte.

Il sacrificio di un cinghiale: tondo di un kylix attico del Pittore Epidromo, ca 510-500 a.C.

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Per questo gli dèi non hanno necessità di rigenerare le proprie energie attraverso la nutrizione “terrena”, l’unico loro “alimento speciale” è l’ambrosia, “cibo degli immortali”, a questi soli riservato e precluso agli uomini.

L’uomo invece ha bisogno di nutrirsi per rigenerare le proprie energie e proprio questa sua necessità costituisce la pratica che più di ogni altra lo definisce in quanto tale in contrapposizione alle divinità. Scena di libagione su un altare: kylix attica a figure

rosse, ca 480 a.C.

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L’uomo vs. gli dèi

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Tale distinzione viene confermata e celebrata attraverso la pratica rituale più importante del mondo greco: il sacrificio.

Particolare di un oinochoe (οἰνοχόη) attico a figure rosse, 430 a.C.

Sgozzamento della vittima sacrificale (Eracle e il toro di Creta): mastos attico a figure nere, 500-475 a.C.

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L’uomo vs. gli dèi

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L’uomo vs. gli dèi: il mito di Prometeo, il sacrificio e la nutrizione

Secondo il mito sulle origini dell’umanità la cui più antica e diffusa versione a noi nota è narrata da Esiodo (Teogonia, vv. 507-570) in origine uomini e dèi vivevano insieme (età dell’oro) e anche a questi ultimi era concesso di nutrirsi di ambrosia e trascorrere una vita priva di affanni, ma durante un banchetto Prometeo (figlio del titano Giapeto), divinità amica dell’umanità e quasi suo “alter ego”, al momento di spartire le parti del bue ingannò Zeus; riservò infatti a questi solo le ossa, accuratamente ricoperte di grasso, e destinò agli uomini le carni, ossia le parti davvero commestibili e nutrienti. L’inganno fu all’origine della definitiva separazione fra dèi e uomini, i quali vennero per sempre abbandonati al proprio destino di mortali, costretti a procacciarsi con il duro lavoro il proprio nutrimento, senza però l’uso del fuoco, sottratto loro da Zeus come ulteriore punizione. Anche in questo frangente intervenne Prometeo, rubando il fuoco divino e donandolo agli uomini.

La punizione di Prometeo per il furto del fuoco: ogni giorno un’aquila gli divora il fegato, che poi ricresce di notte. Coppa in ceramica di produzione etrusca, VI sec. a.C.

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L’uomo vs. gli dèi: il mito di Prometeo, il sacrificio e la nutrizione

Il mito (eziologico) spiega l’origine della separazione fra gli dèi e gli uomini e la fa coincidere con l’esilio di questi ultimi dalla mensa degli dèi; al contempo esso definisce in quanto peculiarità umana il bisogno di nutrimento, associato primariamente alla carne, e la dipendenza umana dal fuoco, in quanto strumento di sopravvivenza (oltre che per sottrarsi al buio e al freddo, per la cottura delle carni); esso infine spiega l’origine della pratica del sacrificio cruento e del banchetto rituale che normalmente lo accompagna.

Nel sacrificio costituisce un passaggio rituale fondamentale la spartizione delle carni della vittima:

• agli DÈI si destina il profumo (non hanno bisogno del nutrimento) emesso dalla combustione di ossa e grasso;

• agli UOMINI invece spettano le parti NUTRIENTI dell’animale: le carni (bollite) e le interiora (arrostite), consumate nel banchetto rituale che conclude il sacrificio e ne è parte integrante.

Gli dèi non hanno bisogno di cibo nutriente: le offerte che si fanno loro sono dunque il profumo di ossa e grasso nel sacrificio cruento o i liquidi, nell’altra forma più diffusa di sacrificio, questa volta incruento, ossia la libagione.

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Uomini civili vs. primitivi/barbari

Nella concezione greca le modalità di reperimento e consumazione di cibi e bevande costituiscono l’elemento che più di ogni altro definisce in quanto tali e distingue gli uomini civilizzati da una parte e quelli primitivi e/o i barbari dall’altra.

La civiltà inizia con la pratica dell’agricoltura (cereali, vite, olive) e (in seconda istanza) dell’allevamento, con quella della lavorazione e della cottura dei cibi, e con quella della produzione del vino e di una sua consumazione regolata da norme ben precise.

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Uomini civili vs. primitivi/barbari

Solo le comunità che possiedono tali pratiche si possono definire civili, allo stesso modo l’assenza di tali pratiche caratterizza lo stadio ferino/primitivo dell’umanità e permane dunque solo in comunità non pienamente civilizzate.

σιτοφάγος -ου: “che mangia pane”

epiteto impiegato (a partire da Omero) per definire l’uomo civilizzato in contrapposizione all’uomo primitivo/incivile che non conosce l’agricoltura e le pratiche di lavorazione del pane.

Donna che impasta il pane (Attica), ca 500-475 a.C.

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Uomini civili vs. primitivi/barbari

Particolare rilevanza sotto questo profilo è riconosciuta:

• alla coltivazione dei cereali e alla produzione del pane (culto di Demetra) σῖτος-ου: “grano/frumento”/“pane”;

• alla coltivazione della vite (ἄμπελος-ου) e alla produzione (e consumazione) del vino (οἶνος-ου) (culto di Dioniso) vedi p. 2.

Scena di donne che impastano il pane al suono del flauto: terracotta da Tebe, ultimo quarto del VI sec. a.C.

Scena di vendemmia con raccolta e lavorazione dell’uva: spalla dell’Hydria Ricci, pittore del Louvre, VI sec. a.C.

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Il banchetto (τὸ δεῖπνον -ου)

Data la rilevanza assegnata alla nutrizione in quanto momento di auto-definizione degli uomini civili sul piano religioso in contrapposizione agli dèi e su quello culturale in contrapposizione agli uomini primitivi/barbari, la consumazione di cibi e vivande è caratterizzata da due aspetti fondamentali: la “socialità” e la “ritualità”. Il pasto è indissolubilmente connesso sul piano culturale al concetto di aggregazione sociale e definizione/costruzione di un gruppo e a quello della “ritualità”.

Il banchetto (insieme al simposio: vedi diap. 15-18) costituisce uno dei principali mezzi di celebrazione dei momenti più importanti di un’intera comunità o di un determinato gruppo sociale al suo interno: sul piano politico, religioso, familiare/privato. Ecamede prepara il kykeon per Nestore: kylix

del Pittore di Brygos, ca 490 a.C.

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Il banchetto (τὸ δεῖπνον -ου)

Il pasto comune e in qualche modo “ritualizzato” completava e sanciva/ufficializzava sul piano socio-religioso (solitamente si mangiava seduti vedi differenza simposio):

• le celebrazioni religiose ( pp. 5-9)

• gli accordi politico-militari fra diverse realtà statuali o fra singoli membri di un medesimo stato (“partiti politici”)

• l’appartenenza a una comunità di cittadini o un particolare riconoscimento da parte di quest’ultima (p. es. pasti “pubblici” nel Pritaneo ad Atene e Syssítia a Sparta)

• momenti di passaggio della vita familiare e “privata”: celebrazioni nuziali e funebri.

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Il simposio (τὸ συμπόσιον -ου)

συμπόσιον = συν (“insieme”) + πόσις -εως (bevuta, dal verbo πίνω: “bere”).

Si tratta del più importante momento di aggregazione e auto-definizione socio-politica e culturale dell’aristocrazia di età arcaica e classica (per stringere alleanze politiche, definire le proprie prerogative e gusti letterari e intellettuali). Il simposio era rigorosamente separato dal banchetto: si svolgeva dopo il banchetto e si concludeva con il corteo di baldoria per le vie della città, il κῶμος -ου (forse coinvolto nella nascita della commedia), nel quale i convitati, talvolta mascherati da animali, cantavano e ballavano.

Coppa a figure rosse del pittore di Epèleios, ca 510 a.C.

Anfora attica a figure nere, scena di κῶμος, ca 560 a.C.

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Il simposio (τὸ συμπόσιον -ου)

• Considerato l’effetto inebriante del vino (associato al culto di una divinità per il suo grande, ma anche ambivalente, potere: alleviare le sofferenze e dare pace all’uomo, ma anche, se consumato all’eccesso, privare l’uomo del proprio autocontrollo e dunque della razionalità) i modi del suo consumo distinguevano gli uomini civili dagli incivili/barbari: per questo l’unico consumo della bevanda consentito ai membri dell’élite aristocratica era quello che si realizzava nel simposio.

• Nel simposio il consumo del vino era scandito da regole elaborate e precise: il vino si beveva miscelato con acqua (e talvolta anche con miele, a seconda della qualità della bevanda e della fase del simposio) solo i barbari e le donne, esseri incivili, bevevano vino puro.

• Uno dei simposiasti (συμποσιασταί = partecipanti al simposio: solo uomini) veniva nominato simposiarca (συμποσιάρχης -ου: “capo/amministratore del simposio”); a costui spettava il compito di scandire le fasi della bevuta: in mezzo alla sala veniva posto il cratere, nel quale di volta in volta venivano miscelati vino e acqua in percentuali via via diverse.

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Il simposio (τὸ συμπόσιον -ου)

Il simposiarca dirigeva le operazioni dei servi: questi miscelavano il vino con acqua (e miele) secondo le indicazioni e lo servivano ai simposiasti, attingendolo con recipienti potori differenti a seconda del momento del simposio e della miscela.

Ceramica attica a figure nere: VI sec. a.C.

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Il simposio (τὸ συμπόσιον -ου)

La consumazione del vino era accompagnata da varie forme di intrattenimento, anch’esse connesse al culto di Dioniso:

• Musica e danza: uomini e donne (di condizione servile) si esibivano suonando e danzando;

• Giochi: i simposiasti si intrattenevano con giochi che mettevano alla prova la loro abilità, molti dei quali prevedevano l’uso degli strumenti potori e del vino;

• Poesia: il simposio era uno dei luoghi privilegiati di composizione e trasmissione della poesia lirica (elegiaca, giambica e melica monodica);

• Sesso: ballerini e ballerine (ἑταίραι)/ suonatori intrattenevano i simposiasti anche concedendosi loro sessualmente.

Kylix attica a figure rosse-480-470 a.C.

Cratere attico a figure rosse-ca. 420–400 a.C.

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Cibo = benessere: il “paese di Cuccagna” nella commedia

Nelle fonti letterarie e in particolare nella commedia (Sicilia e Atene V-IV sec. a.C.) il cibo occupa un ruolo importante, in quanto mezzo per costruire scene e situazioni di grande godimento e/o divertimento per il pubblico: come in tutte le civiltà antiche, in cui il reperimento dei mezzi di sussistenza si poneva in quanto difficoltà primaria per l’uomo, soprattutto per i membri degli strati più bassi della società, la condizione piacevole e “goduriosa” per eccellenza è quella in cui si trovano in straordinaria abbondanza e a disposizione di tutti cibo e bevande, anche quelli più rari e costosi (carni e pesci in particolare).

Ricordiamo in modo assolutamente cursorio e a puro titolo esemplificativo l’elenco di pietanze a base di pesce nelle Nozze di Ebe di Epicarmo (commedia dorica) o quello di tutti i prelibati prodotti che si possono trovare al mercato di Atene in tempo di pace evocato nella Pace di Aristofane (vv. 999-1009).

Lavorazione del tonno: personaggi rappresentati con probabili tratti comico-umoristici (scena di commedia?). Particolare di cratere a fondo nero con figure rosse, IV sec. a.C. Museo Regionale Mandralesca, Cefalù.

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Il mondo romano

• Continuità e differenze rispetto al mondo greco.

• Il cibo e le condizioni sociali.

• Il ruolo socio-culturale del cibo, lo status symbol per eccellenza: i banchetti.

• Il ruolo “etico” e “politico” del cibo.

• Cibo e salute: solo per chi poteva scegliere, ossia per gli strati più alti della società.

• I cibi per tutti.

• I cibi elitari.

“Mosaico della vendemmia”: complesso archeologico delle Terme di Traiano (Roma), ca seconda metà I sec. d.C.

Affresco con coppa di olive da Pompei.

Cucina con vasellame in bronzo sul focolare: Casa dei Vettii, Pompei.

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Continuità e differenze rispetto al mondo greco

• Anche nel mondo romano la consumazione di cibi e bevande riveste una funzione socio-culturale di capitale importanza, ma sotto profili differenti da quelli caratteristici del mondo greco: nel mondo romano il cibo è considerato il principale simbolo della condotta morale e dell’appartenenza sociale di un uomo.

• Il pasto non riveste una particolare importanza sul piano religioso-rituale: l’unica forma di banchetto rituale connesso alla pratica del sacrificio è il lectisternium, importato dal mondo greco e sempre riconosciuto dai Romani come pratica “alla greca”, impiegata nel culto di varie divinità (soprattutto di quelle importate dall’oriente greco come Apollo e Cibele).

• Produzione e consumazione di cibi e bevande non possiedono uno specifico valore nella definizione della “civiltà” in contrapposizione alla “barbarie”.

Scena di banchetto con letti triclinari e mensae: affresco da Pompei.

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Continuità e differenze rispetto al mondo greco

• Il banchetto e la consumazione del vino (bevanda più importante, soprattutto in termini di prestigio sociale, anche nel mondo romano) non sono destinati a momenti di aggregazione distinti: il vino, per lo più consumato in miscele (con acqua e, talvolta, miele) anche dai Romani, accompagnava il pasto.

• A differenza di quanto caratterizzava il simposio nel mondo greco, al banchetto dei Romani partecipavano anche le donne di condizione libera e di “buona famiglia”, le matrone, mogli dei convitati.

• Anche nel mondo romano i convitati mangiavano sdraiati, stesi sui letti, detti triclinia, nella sala da pranzo detta triclinium: l’origine greca della pratica è chiaramente denunciata dal nome stesso: κλίνη-ης.

Scena di banchetto con letti triclinari e mensae: affresco da Pompei.

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Il cibo e le condizioni sociali

Come in tutte le società caratterizzate da una divisione in classi e da un sistema di scambi di tipo mercantile, anche nella società romana l’alimentazione dei diversi gruppi sociali dipendeva necessariamente dalle disponibilità economiche dei loro membri.

Nella società romana però il cibo è investito di una particolare rilevanza nella definizione della condizione sociale dell’individuo, più che in altri contesti storico-culturali.

Rilievo in marmo con venditrice di uova, pollame e conigli da Ostia Antica.

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Il cibo e le condizioni sociali

Solo i piccoli proprietari terrieri (sempre più rari nelle fasi mature della repubblica e ancor più in età imperiale) basavano la propria alimentazione sull’autoconsumo (prodotti agricoli, carni e prodotti caseari ovini), tutti gli altri acquistavano i prodotti che consumavano nei mercati e nelle botteghe, di cui pullulavano i centri abitati: le persone di condizione medio-bassa potevano essenzialmente permettersi cereali e derivati (pane in primis), legumi, altre verdure “povere”, uova e formaggio; quelle di condizione medio-alta, oltre a potere (nel caso) consumare i prodotti delle proprie grandi aziende agricole, delegavano agli schiavi domestici l’approvvigionamento della dispensa, che spesso veniva riempita anche dei prodotti più costosi: prodotti ittici, cacciagione, carne suina, funghi, spezie, sale. Rilievo in marmo con venditrice di

verdure da Ostia Antica.

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Il ruolo socio-culturale del cibo, lo status symbol per eccellenza: i banchetti

Per la sua diretta dipendenza dalle disponibilità economiche della persona il cibo è considerato nella società romana uno dei più importanti status symbol, mezzo per mostrare le proprie possibilità e dunque rivendicare la propria appartenenza agli strati più ricchi della società.

Dalla ricchezza delle portate offerte in un banchetto si misurava la ricchezza dell’ospite e la sua “raffinatezza“.

Mosaico con scena di banchetto da Aquileia (V sec. d.C.)

Triclinio all’aperto: Casa dello Specchio, Pompei.

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Il ruolo socio-culturale del cibo, lo status symbol per eccellenza: i banchetti

Tale “ricchezza” di cibi e bevande, oltre che dell’intrattenimento (musica, danze, poesia e giochi, secondo le pratiche ereditate dalla tradizione italica greco-etrusca e dall’oriente ellenistico), non dipendeva tanto dall’effettiva bontà dei cibi, bensì dalla loro rarità ed esotismo (cui era direttamente proporzionale il prezzo) e dalla loro elaborazione, in termini di “tecniche culinarie” e di estetica, particolarmente importante era considerato lo stupore che i cuochi più esperti riuscivano a suscitare nei convitati presentando loro vivande che avevano la forma di un alimento, ma erano composte da un altro.

Suonatrice di arpa: affresco della Villa di Boscoreale, I sec. d.C.

Scena di banchetto: affresco della domus

dei Casti Amanti, Pompei.

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Il ruolo “etico” del cibo

Nel mondo romano, proprio in quanto concretizzazione dello status, il pasto viene considerato anche come “materializzazione” dell’ethos di un personaggio, ossia del suo carattere e della sua condotta morale: “dimmi cosa e come mangi e offri agli ospiti e ti dirò chi sei”.

Ciò emerge in particolare nella produzione letteraria comico-satirica (nella satira di Lucilio, Orazio, Persio e Giovenale e nella poesia epigrammatica, di Marziale e non solo).

Se gli strati più bassi della società potevano accedere a un tipo di alimentazione “obbligata”, ridotta cioè a quei pochi prodotti economici che potevano permettersi, coloro che appartenevano agli strati medio-alti potevano scegliere e in questa scelta si poteva riconoscere la loro impostazione etico-esistenziale. Fichi secchi, datteri e coppa di vino: affresco da Pompei.

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Il ruolo “etico” del cibo

• parca e morigerata, ossia ispirata ai principi del mos maiorum, alimentazione del cittadino “modello” di età arcaica, medio proprietario terriero, contadino e soldato, che si ciba in quantità moderata dei prodotti della propria terra, legumi e verdure, olive, fichi (secchi), vino di sua produzione, dei prodotti dei suoi animali, soprattutto uova e formaggio, e riserva solo per qualche ospite importante la macellazione di un agnello o un capretto, consumato arrosto, senza particolari preparazioni.

Cestini di ricotta: affresco della Casa dei Vettii, Pompei.

Pane e uova: affresco da Pompei.

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• eccessiva e lussuosa, ossia erede del lusso ellenistico-orientale, alimentazione che mira alla costante ostentazione delle possibilità economiche di chi la sceglie per sé e la offre agli ospiti, basata sulla presentazione scenografica di cibi rari ed esotici, su una spropositata abbondanza delle pietanze, di prodotti acquistati a caro prezzo, perché difficili da reperire, conditi in modo eccessivo, “innaffiati” da vini di importazione o comunque rari.

Frutta assortita, pesci, pollame e cacciagione: mosaico proveniente dalla Località Celoni sulla Via

Casilina datato tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C.

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Il ruolo “etico” del cibo

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Il ruolo “politico” del cibo

Il comportamento delle masse urbane è naturalmente sempre dipeso dal livello delle loro condizioni di necessità, in primis alimentare: per gli strati più bassi della popolazione il reperimento dei beni di prima necessità era il problema primario della vita quotidiana.

Scene varie di vita sul Foro di Pompei, con venditori di tessuti e di pentolame in bronzo: affresco dai praedia di Iulia Felix, Pompei.

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Il ruolo “politico” del cibo

Per questo la distribuzione di derrate alimentari (così dette frumentationes, di cui si occupavano gli edili, i tribuni della plebe e il praefectus annonae), cereali/pane prima di tutto in quanto alimento primario dell’alimentazione più modesta, ha sempre costituito per i membri dell’élite dominante un sicuro strumento di costruzione del consenso popolare: panem et circenses.

Negozio di un panettiere: affresco da Pompei. Pompei: panificio di Sotericus.

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Cibo e salute

• Per chi può scegliere, ossia per i membri degli strati più alti della società, le scelte alimentari possono essere ispirate anche a criteri connessi alla salute fisica.

• Alcuni alimenti infatti erano associati a particolari proprietà curative, soprattutto in relazione al loro effetto sulla digestione e sulla prestanza sessuale.

Mazzo di asparagi: affresco della Casa dei Vettii, Pompei.

Rapanello, ceci e bicchiere di vino: affresco da un

thermopolium di Ostia Antica.

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Cibo e salute

Gli alimenti normalmente considerati più salutari erano: • le verdure • la frutta Melagrane: affresco

da Oplontis.

Pesche: Affresco da Pompei. Frutta in un vaso di vetro: affresco da Oplontis.

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I cibi per tutti

• Il vino (vinum -i) era la bevanda più consumata anche nel mondo romano: la qualità e la rarità del vino erano direttamente proporzionali al suo prezzo e dunque alle disponibilità economiche di chi lo consumava.

• I cereali (fruges -um) e i legumi (legumina -um) erano i prodotti più diffusi e dunque più economici e costituivano pertanto l’elemento base della dieta degli strati più bassi della società: primi fra tutti pane (panis-is), focacce (placentae/globi/circuli) e polenta (di farro) (puls, pultis).

• Uno dei cibi più importanti, per tutti, erano le uova (ovum-i), che aprivano anche i pasti più ricchi e che solitamente erano consumate intere, cotte sulla brace.

Tegami per la cottura delle uova da Pompei.

Ceramica comune da Pompei: scodelle e piatti.

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I cibi per tutti

La circolazione dei prodotti alimentari sul mercato non si limitava alla vendita di prodotti non lavorati (mercati e botteghe vedi pp. 23-24) ma era inoltre caratterizzata dalla presenza di “luoghi di spaccio” di prodotti lavorati “a buon mercato”, cibi e bevande, di cui erano ricche le vie di tutti i centri urbani, accessibili anche agli strati più bassi della popolazione: thermopolia (“bar” in cui si vendevano bevande calde), popinae (osterie in cui si consumavano vino e cibi semplici: pane, olive e zuppe), cauponae (locande simili alle popinae).

Thermopolium con ripiani per l’esposizione di cibi e banco

di mescita, Pompei.

Affresco con avventori intenti nel gioco dei dadi e degli astragali. Da una caupona di Pompei.

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I cibi per tutti

Altri cibi piuttosto economici e dunque accessibili erano:

• verdure “povere” come l’aglio, le cipolle, i porri, il cavolo, le rape e le bietole;

• le olive meno pregiate, in particolare quelle scartate dalla produzione dell’olio;

• i fichi, soprattutto quelli secchi perché semplici da conservare, e l’uva secca;

• animali da cortile, in particolare pollame e conigli.

Cesta di fichi: affresco da Oplontis.

Cucina con tordi, recipienti per liquidi e piatto con uova: affresco da Pompei.

Galli e galline: affresco della Casa dei Vettii, Pompei.

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I cibi elitari

Oltre al sale e alle spezie (il pepe in primis), particolarmente pregiati erano considerati i prodotti ittici, soprattutto quelli più difficili da reperire: pesci, murene, molluschi (polpi, seppie e particolarmente pregiate erano considerate le ostriche), crostacei (in particolare l’aragosta). Dalla lavorazione/salagione del pesce si ottenevano poi tutti i vari tipi di garum, ossia della salsa più diffusa nelle forme più

“raffinate” di alimentazione.

Pesci, murena, polpo, aragosta e mitili: mosaico della “Casa del Fauno”, Pompei.

Pesci, seppia e mitili: affresco da Pompei.

Aragosta: affresco della Casa dei Vettii, Pompei.

Murene: affresco da Pompei.

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I cibi elitari

Per quanto riguarda i prodotti “di carne” era particolarmente costosa e dunque preziosa e ricercata la cacciagione:

Lepri, cinghiali, pernici, tordi, cicogne e pavoni (di cui si consumavano anche le uova, anch’esse considerate pregiate) la preziosità di cicogne e pavoni non risiedeva nella bontà della carne, ma esclusivamente nella “novità/stranezza” della consumazione di volatili dall’aspetto particolare.

Pernici: affresco da Pompei.

Lepre: affresco da Pompei.

Cinghiale: affresco dalla Casa del Centenario, Pompei.

Pavone: affresco dalla Casa dei Dioscuri, Pompei.

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Un ruolo di rilievo nell’alimentazione dei Romani era ricoperto dalla carne suina: non proprio economica, risultava accessibile solo agli strati medio-alti della popolazione, soprattutto nelle sue forme lavorate (prosciutti e insaccati). Particolarmente pregiate erano considerate le mammelle e la vulva della scrofa: cucinate con elaborati intingoli costituivano una delle portate “immancabili” nei banchetti più fastosi.

Scrofe in allattamento pronte per la macellazione: da un rilievo funerario con

rappresentazione di una macelleria, Ostia Antica.

Ceramica fine da mensa: piatti da Pompei.

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I cibi elitari

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Bibliografia (per cominciare…)

Murray O., L’uomo e le forme della socialità, in L’uomo greco, ed. J.-P. Vernant, Bari 1991, pp. 219-256

Vernant J.-P., Mito e pensiero presso i Greci, trad. it. di Mythe et pensée chez les Grecs (Paris 1971), a cura di M. Romano e B. Bravo, Torino 2001

Flandrin J.L., Montanari M., Storia dell’alimentazione, Roma-Bari 1997

Cerchiai Manodori Sagredo C., Cibi e banchetti nell'antica Roma. L'antica gastronomia romana rivive nelle pagine degli autori classici, nelle immagini, nell'arte e nelle scoperte dell'archeologia, Roma 2004

Salza Prina Ricotti E., L’arte del convito nell’antica grecia. L’evoluzione del gusto da Achille ad Alessandro Magno , Rome 2005

Tedesco P., A tavola nell'antica Roma. Il sistema 'cibo' nell'impero romano: pratica e ideologia, 2a ed., Trieste 2018

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Referenze iconografiche p. 1: (coppa apula) https://it.wikipedia.org/wiki/Salsa_di_Taso#/media/File:Fish_plate,_attributed_ to_Darius_Painter_workshop,_Greek-South_Italian,_Apulia,_c._340-320_BC,_red-figure_terracotta_-_Blanton_Museum_of_Art_-_Austin,_Texas_-_DSC07624.jpg; (mosaico) https://www.storiaromanaebizantina.it/a-cena-con-gli-antichi-romani/; p. 2: (vendemmia) http://www.museodelvinofirenze.it/cucina_etrusca.html; (raccolta olive) https://it.wikipedia.org/wiki/File:Amphora_olive-gathering_BM_B226_01.jpg; p. 5: https://it.wikipedia.org/wiki/Alimentazione_nell%27antica_Grecia#/media/File:Sacrifice_boar_Louvre_G112.jpg; p. 6: https://ierioggiincucina.myblog.it/2014/04/16/il-simposio/; p. 7: (toro) https://it.wikipedia.org/wiki/Sacrifici_religiosi_nell%27Antica_Grecia#/media/File:Mastos_Cretan_bull_Louvre_F475.jpg; (cottura carni vittima) https://it.wikipedia.org/wiki/Sacrificio#/media/File:Sacrifice_scene_Louvre_G402.jpg; p. 8: http://www.orsomarsoblues.it/2013/03/prometeo-e-il-vaso-di-pandora/; p. 11: https://it.wikipedia.org/wiki/Alimentazione_nell%27antica_Grecia#/media/File:NAMA_Figurine_p%C3%A9trissante_1.jpg; p. 12: (donne che impastano) E. Salza Prina Ricotti, L' Arte del Convito nella Grecia antica. L'evoluzione del Gusto da Achille a Alessandro, Roma 2005, p. 66; (vendemmia) http://lastoriaviva.it/storia-della-vite-e-del-vino-dalla-preistoria-a-roma/hydria-ricci-1/; p. 13: https://it.wikipedia.org/wiki/Alimentazione_nell%27antica_Grecia#/media/File:Briseis_Phoinix_Louvre_G152.jpg; p. 15: (coppa) https://www.lacooltura.com/2016/03/banchetto-simposio-antica-grecia/monaco2619f/; (anfora) https://it.wikipedia.org/wiki/Komos#/media/File:Komos_Staatliche_Antikensammlungen_1432.jpg; p. 17: https://www.lacooltura.com/2016/03/banchetto-simposio-antica-grecia/; p. 18: (Kylix) http://www.culturaitalia.it/opencms/viewItem.jsp?language=it&id=oai%3Aculturaitalia.it%3Amuseiditalia-work_66193; (cratere) https://it.wikipedia.org/wiki/Il_banchetto_di_Platone#/media/File:Symposium_scene_Nicias_Painter_MAN.jpg; p. 19: https://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/minisiti/alimentazione/sezioni/etastorica/grecia/articoli/magnagrecia.html; p. 20: (mosaico) https://www.romasegreta.it/index.php?option=com_content&view=article&id=260:terme-di-traiano&catid=22:monti&Itemid=392; Cerchiai Manodori Sagredo C., Cibi e banchetti nell'antica Roma. L'antica gastronomia romana rivive nelle pagine degli autori classici, nelle immagini, nell'arte e nelle scoperte dell'archeologia, Roma 2004, p. 92 (olive); p. 28 (cucina); p. 21: https://www.storiaromanaebizantina.it/a-cena-con-gli-antichi-romani/; p. 22: https://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/minisiti/alimentazione/approfondimenti/articoli/vino_spezie.html; p. 23: Cerchiai Manodori Sagredo C., Cibi e banchetti nell'antica Roma. L'antica gastronomia romana rivive nelle pagine degli autori classici, nelle immagini, nell'arte e nelle scoperte dell'archeologia, Roma 2004, p. 27; p. 24: Cerchiai Manodori Sagredo C., Cibi e banchetti nell'antica Roma. L'antica gastronomia romana rivive nelle pagine degli autori classici, nelle immagini, nell'arte e nelle scoperte dell'archeologia, Roma 2004, p. 86; p. 25: (suonatrice) https://it.wikipedia.org/wiki/Musica_nella_civilt%C3%A0_romana; (banchetto) https://biblioleoni.wordpress.com/2015/04/16/i-versi-del-satyricon-dialogo-con-silvia-stucchi; p. 26: (suonatrice) https://it.wikipedia.org/wiki/Musica_nella_civilt%C3%A0_romana; (banchetto) https://biblioleoni.wordpress.com/2015/04/16/i-versi-del-satyricon-dialogo-con-silvia-stucchi/; p. 27: Cerchiai Manodori Sagredo C., Cibi e banchetti nell'antica Roma. L'antica gastronomia romana rivive nelle pagine degli autori classici, nelle immagini, nell'arte e nelle scoperte dell'archeologia, Roma 2004, p. 97; p. 28: Cerchiai Manodori Sagredo C., Cibi e banchetti nell'antica Roma. L'antica gastronomia romana rivive nelle pagine degli autori classici, nelle immagini, nell'arte e nelle scoperte dell'archeologia, Roma 2004, p. 72 (ricotte); p. 61 (uova); p. 29: http://itinera-barbarae.over-blog.it/article-natura-morta-67768879.html; p. 30: https://it.wikipedia.org/wiki/Occupazioni_romane_(I_-_II_secolo_d.C.)#/media/File:Fresco_from_the_House_of_Julia_Felix,_Pompeii_ depicting_scenes_from_the_Forum_market.JPG; p. 31: Cerchiai Manodori Sagredo C., Cibi e banchetti nell'antica Roma. L'antica gastronomia romana rivive nelle pagine degli autori classici, nelle immagini, nell'arte e nelle scoperte dell'archeologia, Roma 2004, p. 104 (forno); p. 105 (affresco); p. 32: Cerchiai Manodori Sagredo C., Cibi e banchetti nell'antica Roma. L'antica gastronomia romana rivive nelle pagine degli autori classici, nelle immagini, nell'arte e nelle scoperte dell'archeologia, Roma 2004, p. 81 (asparagi); p. 88 (rapanello); p. 33: Cerchiai Manodori Sagredo C., Cibi e banchetti nell'antica Roma. L'antica gastronomia romana rivive nelle pagine degli autori classici, nelle immagini, nell'arte e nelle scoperte dell'archeologia, Roma 2004, p. 98 (pesche); p. 99 (melagrane); (vaso di vetro con frutta) https://www.pinterest.it/pin/525373112779966829; p. 34: Cerchiai Manodori Sagredo C., Cibi e banchetti nell'antica Roma. L'antica gastronomia romana rivive nelle pagine degli autori classici, nelle immagini, nell'arte e nelle scoperte dell'archeologia, Roma 2004, p. 29 (ceramica); p. 63 (tegami); p. 35: Cerchiai Manodori Sagredo C., Cibi e banchetti nell'antica Roma. L'antica gastronomia romana rivive nelle pagine degli autori classici, nelle immagini, nell'arte e

nelle scoperte dell'archeologia, Roma 2004, p. 68 (thermopolium); p. 132 (affresco); p. 36: Cerchiai Manodori Sagredo C., Cibi e banchetti nell'antica Roma. L'antica gastronomia romana rivive nelle pagine degli autori classici, nelle immagini, nell'arte e nelle scoperte dell'archeologia, Roma 2004, p. 48 (galli); p. 64 (uova e brocca); p. 96 (fichi); p. 37: (mosaico) http://www.pilloledistoria.it/2907/storia-antica/cucina-dellantica-roma-pesce-i-formaggi; Cerchiai Manodori Sagredo C., Cibi e banchetti nell'antica Roma. L'antica gastronomia romana rivive nelle pagine degli autori classici, nelle immagini, nell'arte e nelle scoperte dell'archeologia, Roma 2004, p. 8 (murene); p. 13 (aragosta); p. 14 (pesci e seppia); p. 38: erchiai Manodori Sagredo C., Cibi e banchetti nell'antica Roma. L'antica gastronomia romana rivive nelle pagine degli autori classici, nelle immagini, nell'arte e nelle scoperte dell'archeologia, Roma 2004, p. 8 (pernici); p. 44 (cinghiale); p. 46 (lepre); p. 58 (pavone); p. 39: Cerchiai Manodori Sagredo C., Cibi e banchetti nell'antica Roma. L'antica gastronomia romana rivive nelle pagine degli autori classici, nelle immagini, nell'arte e nelle scoperte dell'archeologia, Roma 2004, p. 42 (bassorilievo); p. 29 (vasellame fine).