di Luigi Sanità di Toppi dai metalli...

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CRISTALLI DI CADMIO, UN METALLO pesante che può inquinare le acque e i terreni. Alcune specie di piante, come Thlaspi caerulescens fotografata nella pagina a fronte, sono in grado di comportarsi come pompe per metalli a energia solare, sottraendo e accumulando nei loro tessuti zinco, piombo, nichel e cadmio, e talora anche molibdeno, cromo, argento, manganese, alluminio, cobalto, ferro e rame. dai metalli pesanti Se queste sostanze tossiche sono presenti in alte concentrazioni, i vegetali si difendono producendo fitochelatine mpianti di riscaldamento, traffico, inceneritori, processi industriali, ma anche alcune pratiche agricole sono tutti ben note fonti di sostanze inquinanti che non solo si diffondono nell'atmosfera, ma in misura maggiore o minore danneggiano le ac- que o il terreno e quindi gli organismi che vivono in quegli ambienti. Tra gli inquinanti del terreno, sono particolarmente te- mibili i cosiddetti metalli pesanti - così definiti in quanto la loro densità è maggiore di 5 grammi per centimetro cubo - non- ché alcuni metalli di minore densità e metalloidi, come il selenio e l'arsenico, che sono dotati di proprietà fisiche e chimi- che simili a quelle dei metalli pesanti in senso stretto. Per questo è stato talora proposto di abbandonare la classificazio- ne in base alla densità in favore di una nuova suddivisione tripartita dei metalli a seconda che esibiscano una prevalente affinità per gli atomi di ossigeno, per quelli di azoto e zolfo, o infine un comportamento intermedio tra le due categorie. L'uso del termine «metalli pesanti», tuttavia, pur se non rigoroso e talora fuorviante, è pertradizione talmente consolidato che sarà uti- lizzato anche in questo articolo. www.lescienze.it 8? J\1111,F_, 1,7-J di Luigi Sanità di Toppi ime difese delle

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CRISTALLI DI CADMIO, UN METALLO

pesante che può inquinare le acque e i

terreni. Alcune specie di piante, come

Thlaspi caerulescens fotografata nellapagina a fronte, sono in grado di comportarsi

come pompe per metalli a energia solare,

sottraendo e accumulando nei loro tessuti zinco,

piombo, nichel e cadmio, e talora anche molibdeno,cromo, argento, manganese, alluminio,

cobalto, ferro e rame.

dai metalli pesantiSe queste

sostanze

tossiche sono

presenti

in alte

concentrazioni,

i vegetali si

difendono

producendo

fitochelatine

mpianti di riscaldamento, traffico, inceneritori, processi industriali, ma anche alcune pratiche agricole sono tutti ben note

fonti di sostanze inquinanti che non solo si diffondono nell'atmosfera, ma in misura maggiore o minore danneggiano le ac-

que o il terreno e quindi gli organismi che vivono in quegli ambienti. Tra gli inquinanti del terreno, sono particolarmente te-

mibili i cosiddetti metalli pesanti - così definiti in quanto la loro densità è maggiore di 5 grammi per centimetro cubo - non-

ché alcuni metalli di minore densità e metalloidi, come il selenio e l'arsenico, che sono dotati di proprietà fisiche e chimi-

che simili a quelle dei metalli pesanti in senso stretto. Per questo è stato talora proposto di abbandonare la classificazio-

ne in base alla densità in favore di una nuova suddivisione tripartita dei metalli a seconda che esibiscano una prevalente

affinità per gli atomi di ossigeno, per quelli di azoto e zolfo, o infine un comportamento intermedio tra le due categorie. L'uso del

termine «metalli pesanti», tuttavia, pur se non rigoroso e talora fuorviante, è pertradizione talmente consolidato che sarà uti-

lizzato anche in questo articolo.

www.lescienze.it 8?

J\1111,F_,1,7-Jdi Luigi Sanità

di Toppi

ime difese delle

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(-T11 forte potere inquinante e, in particolare, il notevole impatto

che i metalli pesanti hanno su tutti gli organismi sono legati inprimo luogo alla loro capacità di avere diversi stati di ossidazio-ne, il che si traduce in una elevata reattività e in una grande fa-cilità a formare composti intermedi; inoltre, sono ottimi cataliz-zatori di numerose reazioni biologiche. Ma non basta: a causadei loro orbitali d spesso incompleti, possono dare origine acomplessi; infine, hanno in generale elevata affinità con i grup-pi tiolici (SH) degli amminoacidi e delle proteine, e discreta affi-nità con i loro gruppi carbossilici e amminici.

All' interno delle cellule viventi i metalli pesanti inibisconopiù o meno pesantemente l'attività di svariati enzimi, indispen-sabili per lo svolgimento di importanti reazioni biologiche.Inoltre, alcuni di essi (in particolare rame, cobalto e cromo, maanche manganese e nichel) sono in grado di indurre la forma-zione di specie reattive dell'ossigeno (ROS, Reactive OxygenSpecies), radicali liberi responsabili di dannose perossidazionilipidiche, che danneggiano le membrane e gli organelli cellula-ri. Tra i deleteri effetti dei metalli pesanti vanno anche ricorda-te la mutagenicità e la cancerogenicità. 11 DNA rappresenta in-fatti un bersaglio primario a causa dei numerosi siti di intera-zione che esso offre.

Danni e risposte nelle h. D

I metalli pesanti possono causare seri danni agli organismivegetali, in quanto molti processi fisiologici delle piante sononegativamente influenzati (per lo più inibiti) dalla loro presen-za. Le fasi «luminosa» e «oscura» della fotosintesi, la respirazio-ne cellulare, l'assorbimento e il trasporto dell'acqua e delle so-stanze minerali, i movimenti stomatici, la sintesi e la trascri-zione del DNA sono tutti processi essenziali, che in varia misu-ra possono essere compromessi, talora irreparabilmente, daimetalli pesanti. Va detto che alcuni di questi metalli sono mi-croelementi indispensabili (si veda la tabella a pagina 91), allebasse concentrazioni, per la vita delle piante. Se presenti inconcentrazioni superiori alla cosiddetta soglia di tossicità, tut-tavia, questi microelementi diventano dannosi; un esempio ti-pico è rappresentato dal rame, un micronutriente essenziale,ma molto tossico in concentrazioni appena superiori a quelleconsiderate ottimali! Altri metalli sono invece decisamentetossici anche in tracce.

Le piante devono perciò difendersi dalla tossicità dei metallipesanti e cercare a ogni costo di impedirne la libera circolazioneentro le cellule, oppure ripararne prontamente i danni. Se, comespesso avviene, i processi di disintossicazione e riparazione sonopronti ed efficaci, le piante riescono a sopravvivere e a riprende-re le loro funzioni vegetative e riproduttive. Se viceversa - spe-cie in presenza di concentrazioni molto alte di metalli pesanti,quasi sempre di origine antropica! - il sistema non riesce a ri-spondere efficacemente, la pianta deperisce e può soccombere.

Mentre gli animali possono rapidamente allontanarsi di fron-te a molti stress ambientali, le piante superiori sono ancorate alsubstrato e le loro «vie di fuga» non possono che consistere instrategie di risposta, essenzialmente fisiologiche e morfologiche,inducibili nell'arco di pochi minuti o, al massimo, poche ore dal-lo stress. Se l'attivazione di questi meccanismi non è estrema-mente rapida, il destino probabile per l'organismo vegetale è lamorte. Questo grave rischio giustifica appieno il notevole di-spendio energetico sopportato dalla pianta per difendersi dallostress, specie da quello acuto causato dai metalli pesanti.

Le fitochelatine, sequestratrici di metalli

Nell'ormai lontano 1973, presso l'Università di Pisa, PaoloPelosi e collaboratori notarono che piante di tabacco trattate

LE PIANTINE DI POMODORO coltivate in presenza di elevate

concentrazioni di cromo esavalente mostrano un accrescimento

stentato (a destra) rispetto a quelle non trattate (a sinistra). Alyssumbertolonii, della famiglia delle crucifere, (nella pagina a fronte) cresce

invece molto bene nei terreni ricchi di nichel.

IN SINTESI

• Molte specie di piante sono in grado di contrastare latossicità dei metalli pesanti presenti naturalmente nel terrenoo, più spesso, prodotti dall'attività dell'uomo.• Per evitare o ridurre i danni indotti da alcuni metalli, le pianteutilizzano particolari peptidi, le fitochelatine, che sono in gradodi formare complessi molecolari con i metalli stessi. Cosìimmobilizzati, i metalli non circolano più liberamente nellecellule, ma sono immagazzinati in vacuoli.• Accanto alle piante che usano le fitochelatine perdisintossicarsi dai metalli pesanti, vi sono specie che tolleranoquesti metalli o addirittura li iperaccumulano nei tessuti. Essequindi possono essere impiegate per disinquinare i terreni.

con elevate concentrazioni di mercurio metallico non mostrava-no, incredibilmente, apparenti sintomi di sofferenza, pur accu-mulando nelle foglie anche fino a 5675 parti per milione (ppm)di mercurio. Inoltre, dopo 70 giorni di trattamento le piante in-tossicate con il mercurio producevano elevate quantità di alcuniamminoacidi (acido glutammico, cisteina e glicina, in rapportimolari di 6:6:2), mentre i livelli di tutti gli altri amminoacidi ri-manevano invariati rispetto a un campione di piante non tratta-te che fungevano da controllo. I ricercatori pisani compreseroche doveva essere all'opera un sistema di protezione dai dannistimolato dal mercurio, ma i loro risultati pionieristici e le loroacute intuizioni furono pubblicati in riviste minori e non ebberol'eco internazionale che avrebbero meritato.

Soltanto nel 1985, con un lavoro pubblicato su «Science»,Erwin Grill, Ernst-L. Winnacker e Meinhart H. Zenk, allora all'U-niversità di Monaco di Baviera, dimostrarono in modo incontro-vertibile che acido glutammico, cisteina e glicina sono i tre am-minoacidi costituenti gli specifici peptidi che vengono sintetiz-zati nelle cellule vegetali in risposta allo stress da metalli pesan-ti, soprattutto da cadmio, già pochi minuti dopo l'esposizione.

Questi peptidi furono battezzati da Zenk «fitochelatine», a sotto-lineare la loro origine vegetale e la loro capacità di chelare talu-ni elementi chimici, ossia di sottrarli alla libera circolazione al-l'interno delle cellule.

Come dimostrarono successivamente vari gruppi di ricerca,le fitochelatine sono ampiamente distribuite nel regno vegeta-le, dalle alghe ad alcune specie di funghi, dai muschi alle felci,dalle gimnosperme alle angiosperme. Recentemente, il miogruppo all'Università di Parma, in stretta cooperazione con ilgruppo di Tadeusz Skowronski e Barbara Pawlik-Skowronskadell'Accademia delle scienze polacca, a Lublino, ha dimostratola presenza di fitochelatine anche in diverse specie di licheni,raccolti sia in Italia sia in Polonia. Nei licheni studiati, inoltre,si è osservato che è solo l'alga a produrre fitochelatine, mentreil fungo svolge l'importante ruolo di immobilizzare i metallipesanti sulle pareti cellulari, impedendo che essi penetrino al-l'interno delle cellule.

Ma che cosa sono esattamente le fitochelatine? Si tratta dipeptidi costituiti da (y-glutammil-cisteinil) n-glicina, dove n staper un numero variabile (da 2 a 11, ma più comunemente da 2 a5) di ripetizioni del dipeptide y-glutammil-cisteina. Grazie aigruppi tiolici (SH) della cisteina, le fitochelatine possono forma-re complessi con vari metalli pesanti, chelandoli e sottraendolicosì dalla libera circolazione all'interno del citoplasma delle cel-lule, possibilmente prima che essi possano esercitare effetti tos-sici. I pesi molecolari dei complessi cadmio-fitochelatine varia-no in genere da 1800 a 4000 dalton, arrivando in certi casi an-che a 8000 dalton, in dipendenza della forza ionica dell'eluenteimpiegato per separarli con tecniche di cromatografia per gel-filtrazione.

• se.; riedl

Essa avviene direttamente a partire dal tripeptide glutatione(y-glutammil-cisteinil-glicina) oppure da una fitochelatina a piùbasso grado di polimerizzazione, per mezzo dell'enzima y-glu-tammil-cisteina dipeptidil transpeptidasi (EC 2.3.2.15), comune-mente detto fitochelatina sintasi. Funghi e piante superiori mu-tanti privi di glutatione o dell'enzima fitochelatina sintasi sonodel tutto incapaci di produrre fitochelatine e risultano ipersensi-bili ai metalli pesanti, in particolare al cadmio. Per esempio, imutanti cadi di Arabidopsis thaliana, isolati dal gruppo diChris S. Cobbett dell'Università di Melbourne, hanno normali li-velli di glutatione, ma sono carenti nell'attività della fitochelati-na sintasi; questo difetto li rende sensibili al cadmio che, anchea bassissime concentrazioni, provoca in essi clorosi, riduzionedell'accrescimento, comparsa di anomale pigmentazioni sulleradici e, se lo stress persiste, morte. Tali effetti, viceversa, non siriscontrano in piante normali (wild-type) trattate con le stesseconcentrazioni di cadmio.

A ulteriore riprova dell'importanza delle fitochelatine come«scudo protettivo» dagli effetti tossici del metallo pesante, Zenke Ralf Kneer hanno evidenziato, già 10 anni fa, che diversi en-zimi cadmio-sensibili tollerano concentrazioni di cadmio da 10a 1000 volte superiori nelle situazioni in cui il metallo è presen-te sotto forma di complesso con le fitochelatine. Inoltre, sempreKneer e Zenk hanno dimostrato che le fitochelatine sono ingrado di riattivare alcuni enzimi precedentemente resi inattividal cadmio.

Qual è il meccanismo che induce la fitochelatina sintasi adattivarsi e a produrre fitochelatine? Va detto, innanzitutto, chequesto enzima è sempre presente nel citosol delle cellule vegeta-li, anche in assenza di metalli pesanti. Ciò è stato dimostratocoltivando cellule vegetali, radici o giovani piantine in assenzadi metallo, effettuando una parziale purificazione dell'enzima eaggiungendo, soltanto in provetta, i metalli pesanti, dopo aver

88 LE SCIENZE 404/aprile 2002

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M li pesanti e metalloidi che inducono rispostedi difargli organismi vegetali

METALLO FORMA IONICA METALLO FORMA IONICA

Selenio Se032-,Se042-gento AffiArsenico As02-,As043- Stagno Sn2+

Cadmio Cd2+ r Alluminio m2+

Rame Cu2+ Cobalto Co2+Mercurio Hg2+ Cromo Cr, Cr042-

Piombo Pb2+ Ferro Fe2+

Zinco Zn2+ Molibdeno Mo042-Oro Au+ Manganese Mn2+

Bismuto Bi3+ Nichel Ni2+

Gallio Ga3+ Tellurio

Indio

Antimonio

In3-

Sb3+

Wolframio

Te _N+

Wai

y-Glu-Cys

[Y-Glu-Cys)n-Gly (y-Glu-Cys)n-P-Ala

[Y-Glu-Cys)n-Gln

[Y-Glu-Cys)n

[Y-Glu-Cys)n-Ser

(Y-Glu-Cys)n-Glu

PC orno-PC glutammina-PC

des-PC

idrossimetil-PC

iso-PC

Cys-(y-Glu-Cys)n-Gly

cisteinil-PC

.53

a

posto l'enzima parzialmente purificato in un apposito mezzo diincubazione contenente glutatione. In queste condizioni, già do-po pochi minuti, la fitochelatina sintasi si attiva e comincia aprodurre fitochelatine gradualmente sempre più polimerizzate.Per contro, l'enzima fitochelatina sintasi non produce fitochela-tine in assenza di cadmio, o di altri metalli pesanti. Affinché lafitochelatina sintasi si attivi sono dunque necessarie contempo-raneamente due condizioni: la presenza di uno o più metalli pe-santi e la disponibilità di glutatione o di una fitochelatina qual-siasi già formata.

Isolati in un vacuolo

Con una metafora semplice, ma efficace, potremmo parago-nare le fitochelatine ad agenti delle forze dell'ordine in grado dibloccare i metalli pesanti impedendo loro di commettere «effe-rati delitti» nel citosol. Ma non solo: le fitochelatine sono anchein grado di «imprigionare» i metalli pesanti all'interno di un va-cuolo, una struttura tipica delle cellule vegetali. Nel vacuoloavviene un «passaggio di consegne» dalle fitochelatine agli aci-di organici, che sono «di stanza» in questo compartimento cel-lulare e impediscono ai metalli pesanti di «evadere» e tornarenel citosol.

Con una terminologia più consona, il meccanismo, per unmetallo pesante come il cadmio, sembra essere il seguente: l'e-sposizione al metallo induce la sintesi di fitochelatine, che a lo-ro volta formano con il cadmio un complesso a basso o a mediopeso molecolare. Questi complessi entrano nel vacuolo, dove ac-quisiscono gruppi solfuro acido-labili (S2-) e si trasformano in

complessi ad alto peso molecolare. Va notato che, in presenza diATP, il trasferimento dei complessi cadmio-fìtochelatine dalcitosol al vacuolo avviene contro il gradiente di concentrazio-ne grazie a specifiche proteine che fungono da trasportatori efanno sì che la concentrazione all'interno delle vescicole arri-vi a superare di 38 volte quella esterna. Il cadmio libero,eventualmente presente, sembra entrare nel vacuolo con unaltro meccanismo di trasporto attivo. A causa del pH acido(intorno a 5-5,5) all'interno del vacuolo, il complesso ad ele-vato peso molecolare si dissocia e il metallo viene chelato daacidi organici (prevalentemente citrato, ossalato, malato), eforse anche da fitati, ioni cloruro e amminoacidi. Le fitochela-tine, a loro volta, possono essere degradate da idrolasi vacuo-lari e/o lasciare il vacuolo per tornare nel citosol, dove conti-nuano a svolgere il loro ruolo di navette, eventualmente rein-tegrate da nuove fitochelatine.

Relativamente agli altri metalli pesanti, i dati relativi ai mec-canismi di compartimentazione vacuolare sono molto meno cer-ti e più frammentari. Di sicuro sono stati caratterizzati complessiin vivo costituiti da rame-fitochelatine e argento-fitochelatine,mentre nel caso di mercurio, piombo, zinco e arsenico i comples-si con le fitochelatine sono stati finora isolati solo in vitro.

LE VARIANTI DELLE FITOCHELATINE prodotte da diverse specie di piante

sono tutte in grado di contrastare la tossicità dei metalli formando

chelati con i gruppi SH della cisteina. Da sinistra a destra: PC, fitochelatine

tipiche; omo-fitochelatine, presenti nelle leguminose, in esse la P-alanina

sostituisce la glicina; glutammina-fitochelatine, isolate nelle radici di

ravanello, la glutammina sostituisce la glicina; cisteinil-fitochelatine,

isolate nelle radici di mais, hanno una cisteina in più; desglicil-

fitochelatine, si accompagnano spesso alle fitochelatine classiche e sono

prive della glicina terminale; idrossimetil-fitochelatine, tipiche di

frumento, riso, avena e segale, la serina sostituisce la glicina; infine, iso-

fitochelatine di mais, il glutammato sostituisce la glicina.

hanno un ruolo fondamentale per

I VACUOLI DELLA CELLULA VEGETALE

Il Il Il Illa disintossicazione e per la tolleranza dei

metalli pesanti. Come mostra lo schema,

il sistema permette di sottrarre i metalli

dalla libera circolazione nel citosol

confinandoli in un ambiente circoscritto.

Vacuolo

211,-

ATP

GSH FITOCHELATINEv)Fitochelatina

sintasi

Cd2+

Tra gli elementi nutritivi indispensabili alla vita delle piante vi sono anche

alcuni metalli (detti microelementi), che sono dannosi soltanto a

concentrazioni superiori a un valore soglia. Altri metalli (evidenziati in

neretto) sono invece sicuramente tossici, e derivano in larga parte dalle

attività umane. I metalli del primo raggruppamento (da argento a zinco)

inducono in genere rapide risposte di difesa, specie in termini di biosintesi

di fitochelatine, mentre quelli del secondo raggruppamento (da oro a

stagno) sono meno efficaci nell'indurre la sintesi di fitochelatine. Infine,

nell'ultimo raggruppamento sono elencati i metalli che non inducono la

sintesi di fitochelatine. La tossicità di questi ultimi viene contrastata

mediante altri meccanismi, alcuni dei quali non sono ancora ben noti.

NELL'EUFORBIACEA PHYLLANTHUS PALA WANENSIS l'analisi dell'essudato

dai fusticini ha rivelato una concentrazione del 9 per cento di nichel.

L'AUTORE

LUIGI SANITÀ DI TOPPI è ricercatore di botanica generale pres-

so il Dipartimento di biologia evolutiva e funzionale dell'Uni-

versità di Parma e docente incaricato di fisiologia vegetale e

di biologia vegetale presso le Facoltà di scienze e di agraria

dello stesso Ateneo. È autore di numerosi articoli scientifici ecomunicazioni a congressi sulla risposta delle piante ai me-

talli pesanti e ad alte concentrazioni di biossido di carbonio.

Sempre lo fitoch me?

Le fitochelatine non sono tuttavia l'unica difesa di cui lapianta dispone per proteggersi dei metalli pesanti e, soprattutto,non tutti i metalli inducono la biosintesi di fitochelatine. Soloper citare qualche esempio, per quel poco che se ne sa, il nichelnon induce alcuna sintesi di fitochelatine, ma è chelato dal-l'amminoacido istidina e da acidi organici; il cromo esavalentesembra essere dapprima ridotto a cromo trivalente, probabil-mente non tossico, il quale è a sua volta chelato dai gruppi car-bossilici di amminoacidi e proteine; l'alluminio è immobilizza-to da acidi organici già a livello delle radici; il ferro è chelato daproteine ubiquitarie, le ferritine. Ancora, il ferro, il cobalto e ilmanganese sono complessati dalla nicozianammina, un tripep-tide derivato della solfo-adenosil-metionina; infine, il rame,pur inducendo la biosintesi di fitochelatine, è in buona parteimmobilizzato a livello della parete cellulare e/o chelato da aci-di organici.

Pertanto, in generale, si può affermare che i meccanismi diprotezione dai metalli pesanti nelle piante possono seguire diver-se strategie e, a seconda della specie vegetale o del metallo pe-sante coinvolto, agire indipendentemente o sinergicamente traloro. A tutt'oggi tali meccanismi sono ancora in larga parte poconoti, ma è probabile che la risposta delle piante superiori a taliinquinanti sia a largo spettro e poco specifica, ossia analoga aquella che - per il mondo animale - già nel 1936 Hans Selye ave-va indicato come generai adaptation syndrome. Nello studio del-la risposta delle piante ai metalli pesanti sembra necessario unapproccio olistico, in quanto non vi è un meccanismo specificosufficiente a garantire in ogni caso una protezione adeguata.

Una curiosità: alcune piante non solo non detestano i metal-li pesanti, ma addirittura li iperaccumulano nei loro tessuti. (Periperaccumulatrici di metalli pesanti vanno intese quelle specievegetali in grado di accumulare cadmio per almeno lo 0,01 percento del loro peso secco, oppure non meno dello 0,1 per centodi cobalto, nichel e piombo, o almeno 1'1 per cento di zinco.) Siconoscono circa 300 specie che iperaccumulano nichel, circa25 per cobalto e rame, una ventina per il selenio, una quindici-na per lo zinco, 11 per il manganese, 2 per il tallio, una solaspecie rispettivamente per il cadmio e l'arsenico. La famigliadelle brassicacee (a cui appartengono importanti piante coltiva-te come cavolfiore, colza e senape) annovera un elevato nume-ro di specie iperaccumulatrici di metalli pesanti. I coefficienti dibioaccumulo del cadmio (rapporto tra la concentrazione di me-tallo nel tessuto secco e nella soluzione somministrata) nelle ra-dici e nei germogli di Brassica juncea sono risultati addiritturapari rispettivamente a 6700 e 1200. Di recente il gruppo di Le-na Q. Ma, dell'Università della Florida a Gainesville, ha scoper-to che la comune felce Pteris vittata è estremamente efficientenell'estrarre l'arsenico da suoli contaminati, arrivando ad accu-mulare nelle fronde, in sole due settimane, circa 126 volte laconcentrazione presente nel terreno.

Peraltro, al momento sono assolutamente incerti i meccani-smi che permettono alla pianta questo iperaccumulo dei metal-li e assai poco noto è il loro significato ecologico ed evolutivo.Un'ipotesi suggestiva è stata proposta da Alan J. M. Baker, giàall'Università di Sheffield e oggi all'Università di Melbourne,secondo cui questi meccanismi consentirebbero alle piante ipe-raccumulatrici di colonizzare, pressoché in assenza di competi-zione interspecifica, suoli ricchi di metalli pesanti, come i suoliserpentinosi. Non solo: l'iperaccumulo di certi metalli, quali lozinco, scongiurerebbe l'attacco di insetti fitofagi, che non «gra-discono» una dieta così «indigesta»! Da un punto di vista fisio-logico, non esiste un rapporto chiaro e diretto tra il fenomenodell'iperaccumulo e la biosintesi di fitochelatine. In altre paro-le, mentre nelle piante normali la disintossicazione da alcuni

CONFIGURAZIONE

DEL COMPLESSO

a basso peso

molecolare che si

forma tra il cadmio

e i gruppi tiolici

della cisteina

contenuta

nella molecola delle

fitochelatine. Si tratta

di un primo passaggio

che consente

alla cellula vegetale

di sequestrare

il metallo pesante

all'interno

di un vacuolo.

Cd2,-

,SCd Cd Cd

S"S S"S S"SI

I,I1

1 I

Cd 3 [(y-Gli-Cys)3-Gly]4

Cd2+ V

FITOCHELATIN E

t ./

90 LE SCIENZE 404 /aprile 2002

www.lescienzeit 91

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Fitochelatinasintasi

Dominio N-terminale:

Dominio C-terminale:SITO CATALITICO

«SENSORE PERIL METALLO PESANTE»

ENZIMA INATTIVO

ey-glutammil-cisteina admio

Fitochelatinasintasi

e

Dominio N-terminale:SITO CATALITICO

Dominio C-terminale:«SENSORE PER

IL METALLO PESANTE»

ENZIMA ATTIVO

Biosintesi di FITOCHELATINE:gli ioni metallici vengono chelati e l'enzima ritorna inattivo

5 cisteine

STRESS DA METALLI PESANTI

PREVENZIONE, DISINTOSSICAZIONE, RIPARAZIONE

RISPOSTA «A VENTAGLIO»

Perossidasi Metallotioneine

Essudatiradicali

GlutationeFitochelatine

Etilene da stress

Lignificazioneradicale

Acidiorganici

Proteine da stress

LA FITOCHELATINA SINTASI si attiva in presenza di y-glutammil-cisteina(del glutatione o di una fitochelatina) e di un metallo pesante (libero

oppure, meglio ancora, legato a sua volta a gruppi SH), e comincia a

produrre fitochelatine, a partire da quella a più basso grado di

polimerizzazione. Quando tutti gli ioni metallici liberi sono stati catturatidalle fitochelatine prodotte (in particolare dai gruppi SH delle cisteine in

esse presenti), la reazione termina e la fitochelatina sintetasi ritorna allo

stato inattivo. Accurate analisi molecolari hanno accertato che il sito

catalitico della fitochelatina sintetasi si trova sul dominio ammino-terminale, mentre il sensore per i metalli pesanti è rappresentato dal

dominio carbossi-terminale, ove probabilmente vi sono alcune cisteine

che agganciano il metallo e lo portano rapidamente a contatto con il sito

catalitico, con la conseguente immediata attivazione dell'enzima.

metalli pesanti è senz'altro basata sulla biosintesi delle fitoche-latine, la tolleranza «vera» che si riscontra nelle specie iperac-cumulatrici non è conferita da una supersintesi di fitochelatine,ma da altri meccanismi, poco noti, evolutisi in tempi lunghi aseguito della pressione selettiva.

s.

ite e an

Le fitochelatine sembrano rappresentare l'omologo vegetaledelle metallotioneine, polipeptidi tipici del regno animale chechelano anch'essi i metalli pesanti. Anche nelle metallotioneinevi sono percentuali significative di cisteina, ma la loro originebiosintetica è completamente diversa. Tuttavia, la rigida distin-zione tra fitochelatine delle piante da una parte e metallotionei-ne degli animali dall'altra, considerata certa fmo a un recentepassato, non sembra più così salda.

Nuovi affascinanti dati sull'esistenza di strategie di rispostacomuni ai due regni sono stati recentemente pubblicati su im-portanti riviste internazionali. Per esempio, diversi geni per lemetallotioneine (e in taluni casi anche i rispettivi prodotti geni-ci) sono stati rinvenuti in varie specie di piante e funghi. Inoltre,il gruppo di Philip A. Rea ha pubblicato sul «Journal of Biologi-cal Chemistry» dati rivoluzionari che dimostrano la presenza diun gene codificante per la fitochelatina sintetasi nel venne ne-matode Caenorhabditis elegans. Di più: Rea e collaboratori han-no notato che, inattivando quel gene ed esponendo i nematodi avarie concentrazioni di cadmio, essi rimangono allo stato larva-le, oppure si accrescono molto lentamente, sviluppano necrosidiffuse, non producono uova e a volte muoiono. Pertanto, la di-sintossicazione dal cadmio (e forse anche da altri metalli pesan-ti) operata dalle fitochelatine sembra estendersi anche al regnoanimale. Se le fitochelatine verranno rinvenute ubiquitariamen-te anche nel regno animale, sarà indispensabile «ribattezzarle»definitivamente con un nuovo nome, ma, soprattutto, si apri-ranno nuove, suggestive prospettive di ricerca sulle strategie co-muni adottate dai due regni per regolare l'omeostasi e difender-si dai metalli pesanti.

IL MODELLO DELLA RISPOSTA «A VENTAGLIO» allo stress indotto dai

metalli pesanti nelle piante prevede che gli organismi vegetali possano

reagire efficacemente all'aggressione operata dai metalli modulando più

ameno l'espressione di ciascun raggio del ventaglio. Secondo questomodello, elaborato dall'autore, i meccanismi di prevenzione,

disintossicazione e riparazione possono agire indipendentemente o in

sinergia tra di loro.

BIBLIOGRAFIA

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92 LE SCIENZE 404/aprile 2002