DI D - PaolinItalia · ragazze di squarciare il ve-lo, ... La parrucchiera di Kabul (Piemme): ......

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Deborah Rodriguez, dagli Usa all’Afghanistan D al Michigan a Kabul, per insegna- re alle donne afghane i segreti del- la bellezza, la magia del trucco, il fascino di un’acconciatura. Anche così si aiu- ta un popolo disperato a tornare alla vita. Nel 2002 Deborah Rodriguez lascia gli Sta- ti Uniti per l’Afghanistan con un’organizza- zione umanitaria. Lì decide che il modo mi- gliore per dare una mano è mettere a frutto la sua esperienza professionale di parrucchie- ra. Fra mille pregiudizi e difficoltà pratiche, nasce così la Kabul Beauty School, una scuo- la di formazione per esteti- ste, truccatrici e parruc- chiere, e l’ Oasis Salon. Un’opportunità per tante ragazze di squarciare il ve- lo, prendere coscienza di sé, imparare un mestiere, rendersi più indipendenti. Oggi la scuola è chiusa, ma la Rodriguez ha raccon- tato questa esperienza straordinaria in un libro, La parrucchiera di Kabul (Piemme): il 10% delle vendite è destinato a pro- getti di istruzione femmini- le. Proprio a causa dello scalpore suscitato dal li- bro, l’autrice ha dovuto la- sciare l’Afghanistan per motivi di sicurezza e rientrare in America. Ma forse per poco. I progetti futuri? Aprire, magari, una scuola in Iraq. Quali sono state le maggiori difficoltà che ha dovuto affrontare nel suo progetto di una scuola per parrucchiere a Kabul? «Abbiamo dovuto cominciare tutto da ze- ro, reperire i materiali e i prodotti, il colore, BIGODINI SOTTO IL BURQA I N I D O G I B CLUB 3 [L’INTERVISTA] APRILE 2008 CLUB 3 APRILE 2008 47 46 DI GIULIA CERQUETI – FOTO IMAGE Le ragazze afghane a volte mi sembravano bambine timide e spaventate, altre volte guerriere dure e orgogliose Qui sopra: Deborah Rodriguez. A sinistra: donne di Kabul con il burqa FOTO CHAD HUNT per scoprire il potere rivoluzionario della bellezza

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Deborah Rodriguez, dagli Usa all’Afghanistan

Dal Michigan a Kabul, per insegna-re alle donne afghane i segreti del-la bellezza, la magia del trucco, il

fascino di un’acconciatura. Anche così si aiu-ta un popolo disperato a tornare alla vita.Nel 2002 Deborah Rodriguez lascia gli Sta-ti Uniti per l’Afghanistan con un’organizza-zione umanitaria. Lì decide che il modo mi-gliore per dare una mano è mettere a fruttola sua esperienza professionale di parrucchie-ra. Fra mille pregiudizi e difficoltà pratiche,nasce così la Kabul Beauty School, una scuo-

la di formazione per esteti-ste, truccatrici e parruc-chiere, e l’Oasis Salon.Un’opportunità per tanteragazze di squarciare il ve-lo, prendere coscienza disé, imparare un mestiere,rendersi più indipendenti.

Oggi la scuola è chiusa,ma la Rodriguez ha raccon-tato questa esperienzastraordinaria in un libro,La parrucchiera di Kabul(Piemme): il 10% dellevendite è destinato a pro-getti di istruzione femmini-le. Proprio a causa delloscalpore suscitato dal li-bro, l’autrice ha dovuto la-sciare l’Afghanistan per

motivi di sicurezza e rientrare in America.Ma forse per poco. I progetti futuri? Aprire,magari, una scuola in Iraq.

Quali sono state le maggiori difficoltàche ha dovuto affrontare nel suo progettodi una scuola per parrucchiere a Kabul?

«Abbiamo dovuto cominciare tutto da ze-ro, reperire i materiali e i prodotti, il colore,

BIGODINI SOTTO IL BURQAINIDOGIBCLUB3

[L’INTERVISTA]

APRILE 2008CLUB3APRILE 2008

4746

DI GIULIA CERQUETI – FOTO IMAGE

Le ragazze afghanea volte mi sembravano

bambine timide espaventate, altre volte

guerriere duree orgogliose

Qui sopra:

Deborah

Rodriguez.

A sinistra:

donne di Kabul

con il burqa

FOTOCHADHUNT

per scoprire il potere rivoluzionario della bellezza

lo shampoo, le forbici, i pettini, e i disinfet-tanti per pulirli. Un altro problema è stato ca-pire le limitazioni delle donne: effettuare dasole il tragitto per arrivare alla scuola per lo-ro era un ostacolo, che abbiamo risolto prov-vedendo al trasporto. Ho imparato a capireche la maggior parte delle studentesse si sve-gliava alle 4 del mattino per sfamare le fami-glie: arrivare a casa tardi per loro significavanon far trovare la cena pronta al marito, cheavrebbe loro proibito di frequentare la scuo-la. Altro problema: la carenza di elettricità; epoi la sicurezza, della quale la scuola aveva bi-sogno 24 ore su 24».

In Occidente siamo ancora abituati aguardare le donne afghane attraverso i lo-ro veli e i burqa. Una visione, forse, pienadi stereotipi. Che idea si è fatta della popo-lazione femminile in questo Paese?

«Quando incontri delle ragazze di 30 an-ni ti aspetti che si comportino come delletrentenni. Ma il più delle volte a Kabul nonera così. Ho cominciato a capire che il livellodi maturità dipende molto dall’età alla qualele donne sono costrette a sposarsi, se sonofortunate dopo i 17-18 anni, altrimenti già a12-13 anni. A volte mi apparivano comebambine spaventate, altre volte come delleguerriere, dure, forti, orgogliose. Ma in real-tà sono molto simili a tutte le donne del re-sto del mondo. Vogliono essere felici, ama-te. Vogliono un marito amorevole e dei bam-bini. Il problema è che cercano tutto questoin un Paese in guerra. Ed è ciò che fa di lorole donne più straordinarie della terra».

Come le ha aiutate la Beauty School?«La scuola ha dato loro una grande fierez-

za. Molte di loro, quando sono arrivate, sa-pevano a malapena leggere e scrivere. Gra-zie al nuovo lavoro hanno cominciato a gua-dagnare più dei ministri del loro Paese. E so-no ammirate dalle altre donne».

Il mestiere di parrucchiera è remunera-tivo e ben sviluppato oggi in Afghanistan?

«È un giro di affari enorme. Un altro busi-ness molto diffuso è quello dei matrimoni.Gli sposalizi sono l’evento sociale più impor-tante nel Paese e costa alle famiglie anche de-

cine di migliaia di dollari. Nel Sud molte fa-miglie povere chiedono in prestito ai traffi-canti di droga il denaro per pagare un matri-monio, in cambio prestano le loro terre perla coltivazione di papaveri da oppio. Con ilbusiness matrimoniale cresce anche quellodelle acconciature per matrimoni. Pettinatu-ra e trucco per una sposa costano in Afghani-stan almeno 200 dollari».

Come sono cambiati in questi anni i gu-sti, la moda degli afghani?

«Oggi la moda è molto influenzata dal ci-nema indiano. I saloni di barbieri e parruc-chieri sono pieni di fotografie e poster dei di-vi di Bollywood e gli afghani cercano di asso-migliare a loro, anche nel modo di ballare».

Durante la permanenza in Afghanistanlei ha sposato un afghano, un ex mujahed-din. Che ne è oggi del suo matrimonio?

«Due anni fa Sam, mio marito, si è unitoalle truppe di un signore della guerra moltopotente, il generale Dostum. La sua vita èprofondamente cambiata ed è diventata piùrischiosa per me. Ho amato molto mio mari-to. Ma la sua scelta esistenziale mi ha allonta-nato da lui».

In che modo l’esperienza a Kabul hacambiato la sua vita?

«In molti modi, buoni e cattivi. Oggi sonopiù immersa nella politica e nell’informazio-ne. Ho aperto gli occhi. E mi sento frustratadal fatto che il Governo americano si com-porta come se avessimo già vinto la guerra inAfghanistan. Sento che oggi l’attenzione ètutta focalizzata sull’Iraq. Nessuno ascolta ilgrido del popolo afghano. In quel Paese ne-gli ultimi due anni la situazio-ne è peggiorata; la gratitu-dine verso la comunitàinternazionale si è esau-rita e un numero sem-pre maggiore di personeè ostile alla nostra presen-za. Piango ogni giorno.Amo profondamente l’Af-ghanistan, la sua gente, esupplico il mondo dinon dimenticarlo». �

«La scuola di bellezza ha dato alle ragazze la fierezza e la possibilità di guadagnare più di un ministro»

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[L’INTERVISTA]

APRILE 2008APRILE 2008

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In queste pagine: donne afghane

fotografate nelle strade di Kabul

Oggi l’attenzionedel mondo è tutta

focalizzata sull’Iraq,nessuno più ascoltail grido del popolo

afghano