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D G l P SDirezione Generale Programmazione Sanitaria,livelli di assistenza e principi etici di sistema
Linee di Indirizzo per la Riorganizzazione dei Servizi di p g
Medicina di Laboratorio nel Servizio Sanitario Nazionale
Marzo 2009
Componenti del Gruppo di lavoro Giuseppe Zuccatelli Esperto SIVEAS - Ministero del Lavoro della Salute e
delle Politiche Sociali Marina Cerbo Dirigente Sezione Innovazione, Sperimentazione e
Sviluppo – age.na.s Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali – Roma
Direttore Reggente age.na.s Laura Arcangeli Economista - Ministero del Lavoro della Salute e delle
Politiche Sociali - Direzione Generale Programmazione Sanitaria, livelli di assistenza e principi etici di sistema
Piero Cappelletti Direttore Dipartimento Medicina di Laboratorio,
Direttore SOC Patologia Clinica - Azienda Ospedaliera S.Maria degli Angeli di Pordenone Presidente Nazionale SIMeL
Giovanni Fadda Direttore del Dipartimento di Diagnostica Morfologica,
Microbiologica, Molecolare e delle Malattie del Sangue - Facoltà di Medicina e Chirurgia Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico Universitario “A. Gemelli”, Roma
Renzo Fenoil Direttore f.f. Dipartimento Servizi Diagnostici A
Direttore della S.C. Patologia Clinica - Ospedale Martini ASL TO1.
Claudio Maria Maffei Servizio Salute - Regione Marche Cosimo Ottomano Direttore U.S. Laboratorio Analisi Chimico-Cliniche
Direttore Dipartimento di Medicina di Laboratorio - A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo
Mario Plebani Cattedra di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare
Clinica - Università degli Studi, Padova Direttore Dipartimento Interaziendale Medicina di laboratorio - Azienda Ospedaliera-Università di Padova Presidente Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica (SIBioC)
Alberto Spanò Direttore di Dipartimento dei Servizi Diagnostici e del
Farmaco - ASL Roma B Vicepresidente AMCLI
INDICE 1. Linee di Indirizzo per la Riorganizzazione dei Servizi di Medicina
di Laboratorio nel Servizio Sanitario Nazionale 1) Premessa ................................................................................................................1
2) Obiettivi ....................................................................................................................1
3) La medicina di laboratorio: un quadro generale di riferimento .................................2
4) La situazione italiana................................................................................................5
5) Laboratori generali, laboratori specializzati e laboratori di ricerca ...........................8
6) Laboratori di analisi privati .....................................................................................10
7) I principi generali ed i criteri specifici cui ispirare i processi di
riorganizzazione dei laboratori di analisi ................................................................11
8) Il sistema di monitoraggio dei progetti regionali .....................................................12 2. ALLEGATO 1
Principi Generali e Criteri Specifici nella Gestione e Riorganizzazione in Rete dei Laboratori di Analisi
3. ALLEGATO 2
Check List per la Valutazione dell’Attuazione dei Piani Regionali di Riorganizzazione della Rete delle Strutture Pubbliche e Private di Diagnostica di Laboratorio
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Linee di indirizzo per la riorganizzazione dei servizi di Medicina di Laboratorio nel Servizio Sanitario Nazionale
1. PREMESSA
La Medicina di Laboratorio italiana è stata oggetto negli ultimi anni di interventi di riorganizzazione, a livello delle singole Regioni, disomogenei e spesso contraddittori, privi di un comune disegno organico basato su solide prove di efficacia, ispirato a criteri scientifico-professionali che garantiscano la corretta risposta ai bisogni assistenziali ed allo sviluppo della qualità complessiva dell’ assistenza sanitaria.
La Finanziaria 2007, sulla base delle necessità di riequilibrio economico del sistema, aveva previsto che le Regioni definissero piani per la riorganizzazione della rete delle strutture di diagnostica di laboratorio. In particolare per le Regioni con l’obbligo di Piano di rientro fu predisposto al riguardo dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze un documento di indirizzo.
In tale contesto alcune delle più rappresentative Società Scientifiche italiane afferenti alle discipline della Medicina di Laboratorio insieme al Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali hanno avviato a livello nazionale un percorso per la definizione di un documento di pianificazione della Medicina di Laboratorio che, nel rispetto della autonomia delle Regioni, possa proporre soluzioni per garantire la qualità della diagnostica ed evitare che i processi di riorganizzazione avvengano sulla base di esclusive considerazioni di carattere economico, facendo in modo che si tenga adeguatamente conto delle indicazioni di tipo tecnico-professionale che la comunità scientifica può mettere a disposizione.
Per arrivare a definire il documento di pianificazione è stato costituito presso l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, che lo coordina, un gruppo di lavoro con rappresentanti delle Società Scientifiche della Medicina di Laboratorio e del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali.
2. OBIETTIVI
Gli obiettivi del documento sono:
a) orientare le iniziative regionali per la riorganizzazione delle attività di laboratorio erogate dalle strutture pubbliche, definendo con le stesse logiche i criteri di selezione delle strutture private del settore e di
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gestione degli accordi di fornitura con le stesse per una corretta sinergia fra pubblico e privato, nell’ottica di un servizio effettivamente centrato sul paziente e sui reali bisogni di salute;
b) definire i requisiti essenziali, le tipologie di servizi erogati, e gli
indicatori di qualità ed efficienza, anche in rapporto alle aree specialistico-disciplinari, nonchè i criteri di funzionamento delle reti di laboratorio a livello locale e regionale, ed anche, per quanto attiene le strutture di riferimento, interregionale e/o nazionale;
c) predisporre i criteri di verifica da adottare per il monitoraggio a livello
centrale dai Piani regionali di riorganizzazione comprensivi dei livelli qualitativi, di efficienza ed efficacia di tutte le strutture di laboratorio clinico siano esse pubbliche e/o private.
3. LA MEDICINA DI LABORATORIO: UN QUADRO GENERALE DI
RIFERIMENTO
Alla base del presente documento vi è una considerazione di fondo: la Medicina di Laboratorio è una componente fondamentale dei processi assistenziali, che determina il 60-70% delle decisioni cliniche, oltre che una variabile organizzativa che influenza l’utilizzo delle risorse. I percorsi diagnostico-terapeutici non possono pertanto prescindere dal contributo e dall’integrazione con i servizi di medicina di laboratorio che rappresentano un elemento fondamentale per la gestione della salute del singolo e della collettività. I piani di organizzazione delle strutture delle diverse discipline della medicina di laboratorio devono pertanto garantire contemporaneamente i due obiettivi della razionalizzazione e della qualificazione.
Ciò premesso, la Medicina di Laboratorio è una delle aree pluridisciplinari cliniche che si sono evolute in modo più significativo negli ultimi decenni. L’inimmaginabile aumento della tipologia e numerosità degli esami di laboratorio richiesti e praticati ogni giorno nei Paesi avanzati ha mutato definitivamente la concezione tradizionale del laboratorio clinico ed il suo contributo all’assistenza, sia in senso di cura dei pazienti che di prevenzione delle patologie. Esistono documentate evidenze dell’importanza del contributo e dell’innovazione in Medicina di Laboratorio nel migliorare gli outcome clinici non solo di singole patologie, ma in generale nell’allungamento della vita media e nella riduzione dell’inabilità sociale.
La definizione stessa di Medicina di Laboratorio, fortemente incentrata fino a qualche anno fa sull’ aspetto analitico, che resta fondamentale, si è ampliata a favore di una visione più integrale ed olistica, volta a riconoscere l’apporto delle discipline in un’ottica centrata sul paziente e, più in generale, sui bisogni clinici. In sostanza, la fase pre-analitica e quella post-analitica
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che prevedono il rapporto diretto con i clinici hanno assunto un fondamentale rilievo.
In generale, il cambiamento del modo tradizionale di intendere e praticare la Medicina di Laboratorio, può essere sinteticamente documentato dai seguenti fenomeni:
a) possibilità di eseguire e refertare gli esami di laboratorio in tempo reale. In particolare, nella medicina d’urgenza, la disponibilità di informazioni di laboratorio in tempo reale ha modificato l’approccio al paziente e la gestione clinica di numerose condizioni e patologie;
b) crescente disponibilità di esami di laboratorio sempre più sensibili e specifici e come tali determinanti per il ragionamento clinico ed essenziali nella scelta delle opzioni terapeutiche. E’ il caso a titolo di esempio dei nuovi marcatori biochimici di danno miocardico ed in particolare della Troponina cardiaca che è considerata il gold standard nella diagnosi e stratificazione del rischio nella sindrome coronarica acuta;
c) disponibilità di esami molecolari essenziali nella definizione della natura di patologie ad elevata prevalenza, specie nell’area delle patologie da infezione, ed ugualmente indispensabili nelle scelte terapeutiche. L’esempio più clamoroso è l’approccio alle epatopatie ad eziologia virale (epatiti A, B e C);
d) disponibilità di esami nell’area della biologia molecolare clinica per la diagnosi precoce e certa di numerose patologie genetiche ed ancor più per lo studio della suscettibilità individuale e del rischio di contrarre patologie finora considerate incurabili. E’ il caso delle malattie tumorali nelle quali, specialmente in ambito oncoematologico, le indagini di laboratorio sono essenziale presupposto per una diagnosi precisa, per la scelta terapeutica e per la valutazione della malattia minima residua. In molti casi la diagnosi tempestiva, anche attraverso screening neonatali od a cascata, consente l’avvio immediato di terapie “personalizzate” che possono garantire al paziente outcome migliori.
Di fronte a questi elementi sicuramente positivi, l’evoluzione della Medicina di Laboratorio si orienta verso assetti organizzativi accentrati e delocalizzati legati al fabbisogno logistico e di automazione della fase produttiva, con il rischio di generare talvolta un “allontanamento” del laboratorio dalla Medicina Clinica. Questa, che può essere una criticità, si è aggravata per l’assenza di linee guida condivise di organizzazione del settore, generando una situazione di forte disomogeneità strutturale-organizzativa a livello nazionale e regionale, tale da condizionare, sia pure in parte, tanto l’efficienza operativa del sistema che le potenzialità qualitative, anche connesse alle ricadute in termini di efficacia.
Non va dimenticato che in origine i pochi, basilari e semplici esami di laboratorio disponibili venivano eseguiti dai medici e dal personale infermieristico dei reparti di cura. Tale modo tradizionale di intendere la
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pratica del laboratorio clinico ha condizionato e condiziona tuttora sia l’insegnamento nelle Scuole di medicina e pertanto la formazione dei nuovi medici, sia la formazione nelle scuole di specializzazione rivolta a tutti i professionisti dirigenti medici, biologi e chimici. Il gap creatosi tra conoscenza (ricerca di base) e pratica clinica (assistenza) è destinato a divenire ancor più ampio con l’emergere delle “omics” e cioè della genomica, transcrittomica, proteomica, epigenomica, metabolomica.
E’ ormai evidente, sia nella letteratura scientifica che nella pratica clinica, l’esigenza di saldare in modo più coerente e valido la traduzione delle nuove conoscenze e dell’innovazione nella pratica clinica, in una logica di integrazione tra medicina ospedaliera e medicina territoriale. La Medicina di Laboratorio rappresenta un contesto culturale e professionale ideale che rende possibile la saldatura tra i due ambiti che necessariamente devono convivere.
A livello globale, altri fondamentali vettori del cambiamento della natura e del ruolo dei laboratori clinici sono:
a) le prove sulla natura dell’errore in Medicina di Laboratorio. L’errore analitico nelle ultime tre decadi si è fortemente ridotto per l’apporto di tecnologie evolute e per l’innalzamento delle competenze professionali. Attualmente sono le fasi pre e post-analitica ad essere le più frequenti fonti di errore, ed in particolare nella fase pre-analitica sono emersi i problemi del rischio legato ad errori nella richiesta di esami di laboratorio ed a pratiche, ritenute erroneamente semplici, nelle modalità di identificazione/accettazione del paziente e dei campioni biologici, di etichettatura/codifica delle provette/contenitori, di tecniche di prelievo e manipolazione in sicurezza dei campioni, incluso trasporto e conservazione;
b) le prove sull’impatto di errori di interpretazione degli esami di
laboratorio sulla gestione del paziente e sugli esiti clinici. La crescente complessità delle indagini di laboratorio e l’insufficiente attività di formazione continua per i clinici hanno determinato difficoltà nell’interpretare i risultati di singoli esami o pannelli di esami, specialmente di nuova generazione, e che pertanto non erano materia di insegnamento nel corso di studi;
c) la crescente pressione economica in sanità ha fatto individuare nel
laboratorio clinico una delle aree destinate ad interventi volti a ridurre i costi, per la trasparenza dei fattori che contribuiscono a determinare la produzione dei risultati e per la immotivata presunzione che i risultati degli esami di laboratorio dipendano esclusivamente dalle tecnologie, a loro volta ritenute confrontabili e standardizzate. La pressione alla riduzione del costo per esame, disgiunta da iniziative sull’ appropriatezza o meno del numero e della tipologia di esami eseguiti, e sul loro corretto inserimento in un profilo diagnostico
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condiviso tra clinico e specialista della medicina di laboratorio, può comportare un’errata visione del laboratorio clinico come commodity, ossia di un bene standardizzato e distinguibile solo in base al prezzo praticato;
d) l’evoluzione tecnologica, attraverso processi di consolidamento delle
piattaforme ed integrazione, ha reso possibile ed in parte opportuna la riduzione numerica, o meglio la razionalizzazione del numero delle strutture di laboratorio clinico di dimensione produttiva al di sotto di certi livelli. Infatti, oltre all’ammortamento degli investimenti tecnologici, l’adeguato dimensionamento dei laboratori clinici è necessario anche per rispondere ai requisiti di qualità previsti dai processi di accreditamento e certificazione. Inoltre, specie per le diagnostiche di livello avanzato, il corretto dimensionamento del numero e della complessità delle casistiche afferenti è condizione essenziale per garantire qualità ed efficacia. Il laboratorio clinico è stato e rimane un contesto sperimentale ideale per i processi di assicurazione di qualità in medicina e per il miglioramento della sicurezza del paziente;
e) l’evoluzione dell’informatica in sanità ha trovato nel laboratorio clinico
uno dei principali campi di applicazione. Inizialmente, l’informatica ha svolto un ruolo insostituibile per facilitare la gestione dei processi interni e per sostenere l’incredibile aumento di richieste di esami provenienti da utenti in regime di ricovero ed ambulatoriale. Successivamente, l’informatica ha sostenuto il miglioramento della comunicazione da e verso i reparti di cura, dimostrandosi strumento insostituibile per gestire l’informazione di laboratorio e la comunicazione in tempo reale. Attualmente l’informatica deve sostenere la realizzazione delle Reti di laboratorio locali e regionali e l’integrazione dell’informazione di laboratorio con tutte le altre informazioni cliniche e rendere disponibile in tempo reale la ricompattazione dell’informazione centrata sul paziente.
4. LA SITUAZIONE ITALIANA
Se il quadro globale è pressochè comune a tutti i sistemi sanitari dei paesi evoluti, in Italia i problemi, come in parte già delineato, sono caratterizzati da alcuni fenomeni specifici:
a) la diversa configurazione numerica ed organizzativa dei laboratori clinici a livello regionale si caratterizza, in alcune realtà, per un numero eccessivo di strutture al di sotto di una massa critica prestazionale accettabile, solo in parte giustificata da peculiari situazioni orografiche. Dall’altro lato, in altre regioni, si sono poste le basi per una riduzione del numero dei laboratori clinici potenzialmente disancorata da una corretta logica di rete assistenziale e per la creazione di strutture ad
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esclusivo orientamento produttivo. La dissociazione si può sinteticamente concettualizzare nell’esasperata differenza fra le oltre 500 strutture di laboratorio di alcune Regioni e la previsione di non più di 5 laboratori clinici in altre con simile numero di abitanti;
b) il differente rapporto tra presenza di strutture pubbliche e private
esistente a livello regionale, con situazioni di assoluto predominio del pubblico nella maggior parte delle realtà e rapporti del tutto diversi in altre. Al di là dei rapporti quantitativi esistenti, è la corretta e compiuta applicazione della normativa sull’autorizzazione e l’accreditamento istituzionale che deve regolare la possibile integrazione tra pubblico e privato. A tale riguardo va sottolineata l’esigenza di garantire l’avvio e la messa a regime dell’attività di accreditamento, assente in alcune Regioni, quale presupposto per garantire la presenza dei requisiti di accreditamento previsti, la corretta selezione degli erogatori, la definizione degli specifici accordi contrattuali, nel rispetto dei vincoli della programmazione e delle risorse finanziarie disponibili;
c) carente elaborazione e successiva attivazione di modelli condivisi di
strutturazione, programmazione della rete dei servizi e di regolamentazione delle attività di laboratorio clinico. In poche realtà regionali, i processi di autorizzazione ed accreditamento sono stati compiutamente attivati, dopo aver condiviso con i professionisti del settore la definizione degli standard e dell’iter procedurale. Mancano chiare evidenze sulla soddisfazione dei requisiti non solo strutturali ed organizzativi, ma più in generale della qualità dei processi, inclusa la scarsa attenzione ai programmi di valutazione esterna di qualità. Vi è pertanto un’altra fonte di dissociazione tra normativa esistente e relativa attuazione;
d) permanenza di situazioni di non chiara distinzione fra assistenza ed
attività di ricerca, specialmente a livello di Policlinici universitari ed Aziende miste, con creazione di microstrutture specialistiche che si appropriano di sfere di attività assistenziale proprie della medicina di laboratorio, senza possedere, talvolta, i medesimi requisiti strutturali e professionali richiesti per legge;
e) permanenza di frammentazione e parcellizzazione delle strutture
specialistiche afferenti all’area della medicina di laboratorio che comprende le discipline della Patologia clinica, Biochimica clinica, Microbiologia e Virologia, Genetica di laboratorio, Anatomia patologica e, almeno per alcuni aspetti, la Medicina trasfusionale. L’unicità dell’area, sancita a livello internazionale, deve portare ad una più efficace interazione ed integrazione dell’informazione di laboratorio per il clinico ed il paziente, ed anzi si prospettano nuove necessità di interrelazione in particolare con l’area disciplinare dell’Anatomia patologica, specialmente per quanto attiene a biomarcatori di malattia. Vi è perciò necessità di riarticolare l’erogazione dei servizi di medicina di laboratorio secondo il
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modello del Dipartimento strutturale o con altre modalità che favoriscano una maggior integrazione, preservando la dignità e lo sviluppo delle singole discipline;
f) possibile dissociazione fra programmi di riduzione numerica e
consolidamento dei laboratori “istituzionali” e proliferazione incontrollata di analisi decentrate, sia nella forma di Point-Of-Care-Testing (POCT) sia degli esami eseguiti nelle Farmacie. Gli esami decentrati, in realtà, rappresentano un aspetto organizzativo della attuale Medicina di Laboratorio, che deve essere considerato integrativo e non sostitutivo, ed in ogni caso da attivare solo e se l’attività del Laboratorio non sia in alcun modo possibile o tempestiva. Il presupposto dell’attivazione del POCT, come di ogni altro tipo di analisi decentrate, rimane comunque la “neutralità del sito”, sancita nella legge di regolamentazione dei laboratori clinici negli USA ed in altri Paesi, e cioè l’esigenza di omogenea qualità degli specifici esami per i quali è possibile il decentramento, in risposta alle esigenze cliniche, a prescindere dal sito di erogazione. E’ evidente, infatti, che le specifiche di qualità sono diverse se l’esame è utilizzato per la diagnosi ovvero quando invece è utilizzato per il monitoraggio. Quest’esigenza di garantire omogenee specifiche di qualità è pre-requisito alla continuità assistenziale ed alla confrontabilità dei dati di laboratorio nella documentazione clinica del singolo paziente. Vi è, inoltre, la necessità di adeguata connettività ai fini del controllo remoto delle prestazioni e dell’archiviazione dei dati. Il rischio di uno scambio inappropriato tra immediatezza ed accuratezza, le evidenze sulla natura degli errori dei POCT, la scelta degli stessi come scorciatoia organizzativa, rendono assolutamente necessario, per non compromettere la sicurezza dei pazienti, l’affidamento diretto di responsabilità ai professionisti del laboratorio clinico, di adeguata formazione, il controllo delle strumentazioni, controlli di qualità ed appropriati programmi di verifica della qualità dei risultati gestiti direttamente dagli specialisti della medicina di laboratorio, e soprattutto una rigorosa regolamentazione;
g) degna di considerazione per le ricadute nel medio-lungo termine, è la
diminuzione di “vocazioni” nelle discipline della medicina di laboratorio per effetto di una serie di demotivanti interventi avvenuti negli ultimi anni. La crisi, che colpisce tutte le figure professionali, trova precise ragioni di natura economica, scarso apprezzamento delle necessità formative e professionali, e scarsa valorizzazione delle professioni negli interventi di razionalizzazione. La lezione che proviene da altri Paesi insegna che non è possibile assicurare qualità in medicina di laboratorio basandosi esclusivamente sul ruolo della tecnologia, e che invece bisogna investire fortemente nelle risorse professionali. .
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5. LABORATORI GENERALI, LABORATORI SPECIALIZZATI E
LABORATORI DI RICERCA
Si assiste, in tutta la evoluzione della organizzazione sanitaria, a due
fenomeni apparentemente in contrasto tra loro. Da una parte vi è una spinta alla forte specializzazione all’interno delle diverse aree generali di attività clinica (da quelle chirurgiche a quelle di supporto, ai processi assistenziali come il laboratorio analisi e la diagnostica per immagini, passando per tutte le altre) che finiscono così per articolarsi in una serie di linee di attività con una propria caratterizzazione culturale, professionale ed organizzativa, fino a delimitare ambiti scientifico disciplinari ed assistenziali tali da configurare discipline specifiche ed autonome. D’altra parte, vi è sempre più l’esigenza di unitarietà e di un servizio centrato sui bisogni del paziente piuttosto che sulle particolari realtà organizzative.
Per la Medicina di Laboratorio, ricompresa nell’Area della Medicina Diagnostica e dei Servizi, questo è il caso della Patologia clinica, della Biochimica clinica, della Microbiologia e Virologia, della Anatomia patologica, della Medicina trasfusionale, della Genetica di laboratorio. Inoltre all’interno dell’area si vengono a configurare articolazioni operative di tipo specialistico.
La presenza nella rete assistenziale di strutture specialistiche afferenti a
tali discipline specifiche ed a tali settori consente di promuovere la qualità e di caratterizzare i servizi in risposta ai bisogni assistenziali, considerando comunque che anche nell’ambito dei cosiddetti laboratori generali, da organizzare in rete, non tutti fanno necessariamente tutto, ma ogni punto di erogazione può specializzarsi in qualche settore/processo. Allo stesso tempo anche nell’Area della Medicina di Laboratorio vi è una forte esigenza di unitarietà sia sul piano culturale che organizzativo e strutturale, e ciò per evitare diseconomie organizzative ed una parcellizzazione dei processi nell’ottica della centralità del paziente.
In un assetto organizzativo evoluto è possibile valorizzare le diverse competenze specialistiche senza farle entrare in conflitto, ma anzi promuovendone lo sviluppo armonico ed integrato. Nel caso dei laboratori di analisi cliniche ciò significa che va innanzitutto sviluppata l’integrazione dipartimentale di tutte le attività specialistiche in cui si articola la medicina di laboratorio come previsto anche dal documento di indirizzo del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, citato in premessa, ivi comprese le attività svolte nei confronti del servizio trasfusionale, secondo quanto disposto dall’art. 5, comma 1 della Legge 21 ottobre 2005, n. 219.
Al riguardo le attività di laboratorio necessarie all’erogazione dei livelli di assistenza trasfusionali, in una logica di razionalità tecnico-organizzativa, afferiscono alle strutture competenti per disciplina, ovvero Patologia clinica, Biochimica clinica, Microbiologia e Virologia, Genetica di laboratorio, poiché queste possono assicurare la necessaria competenza, i livelli adeguati di qualità ed economicità, restando in capo alle strutture di medicina
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trasfusionale il controllo finale del processo, nonché l’esecuzione degli esami immunoematologici e le attività di produzione, distribuzione e razionale utilizzo di sangue ed emoderivati.
La rete dei laboratori prevederà un corretto equilibrio tra laboratori generali, articolati anche in settori specialistici, e laboratori specializzati con autonomia organizzativa. Ciò potrà avvenire, in rapporto alla disciplina e alla tipologia di attività interessata, anche per bacini di utenza sovra-aziendali e nel rispetto esplicito di tutti i criteri previsti nel percorso di riorganizzazione dei laboratori. Dovrà, comunque, essere sviluppata la effettiva integrazione dipartimentale delle strutture nella rete aziendale, sovra-aziendale e regionale, attraverso un forte livello di coordinamento, la condivisione dei processi gestionali, delle politiche per la qualità e la formazione continua del personale.
La ricerca clinica, anche finalizzata alla messa a punto di nuove tecniche
diagnostiche, è attività istituzionale della rete dei laboratori pubblici e costituisce momento di formazione professionale. Un problema particolare viene posto da quei laboratori che definiamo convenzionalmente “di ricerca”, esclusivamente o prevalentemente impegnati in tali attività al di fuori dei laboratori “istituzionali”. Tali laboratori hanno spesso un doppio filone di finanziamento in cui alle risorse istituzionali (Fondi Pubblici per la ricerca, Comunità Europea,etc.) si aggiungono quelle derivanti da partecipazione a trials clinici, altri progetti di ricerca e sperimentazione.
Il mantenimento e ancor più l’attivazione di tali laboratori non è
perseguibile con oneri a carico del SSN, ma sviluppando l’area dei finanziamenti centrali per la ricerca e quella delle sponsorizzazioni/partnership. Tali laboratori con specifica vocazione per la ricerca possono divenire “risorsa assistenziale” e allora come tale ricevere finanziamenti dal SSN, qualora gli stessi vengano integrati nella rete, come nel caso degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, e laddove la vocazione alla ricerca tenda ad integrarsi armonicamente con la vocazione per l’assistenza, con una specifica attenzione ai seguenti punti:
� il laboratorio che è impegnato in attività di ricerca clinica garantisce
comunque l’adesione alle specifiche organizzative che caratterizzano le attività clinico- diagnostiche nella rete integrata dei laboratori;
� vanno evitate inutili duplicazioni di omogenee linee di diagnostica
avanzata; � nella logica dipartimentale che si viene a creare, deve esistere un
meccanismo continuo di trasferimento ai laboratori “istituzionali” degli esami/sistemi diagnostici di riconosciuto valore, presenti nelle linee-guida cliniche e nei protocolli diagnostico-assistenziali;
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� deve essere prevista l’eventuale integrazione organizzativa del personale per la gestione delle attività esclusivamente assistenziali.
In sede di riorganizzazione della rete dei laboratori analisi occorre che:
� il mantenimento o la creazione di laboratori specialistici ad elevata
autonomia organizzativa o di laboratori con settori di diagnostica avanzata con compiti assistenziali venga verificata in base alle reali necessità che emergono nei processi di riorganizzazione dei laboratori diagnostici ed in rapporto alla creazione di una rete assistenziale;
� i laboratori specialistici e di ricerca vengano integrati a livello
dipartimentale con tutti i laboratori della rete. 6. LABORATORI DI ANALISI PRIVATI
Per quanto riguarda i Laboratori di Analisi privati occorre tenere conto di
alcune considerazioni preliminari:
a) il rapporto tra erogatori pubblici ed erogatori privati è da inquadrare rigorosamente all’interno della normativa nazionale e regionale sull’autorizzazione accreditamento istituzionale, nonché all’interno delle recenti disposizioni governative in materia finanziaria;
b) i principi generali e i criteri specifici esposti nel presente documento
vanno utilizzati non solo nella riorganizzazione della rete dei Laboratori pubblici, ma anche nel ridefinire l’assetto dei Laboratori privati e la committenza nei loro confronti.
Date tali premesse e tenuto conto della grande variabilità che esiste tra le
Regioni in termini di peso delle due componenti nell’area dei Laboratori di Analisi, si ritiene che:
a) vada perseguita una razionalizzazione della rete dei Laboratori privati parallela e coerente, sia in termini metodologici che cronologici, in rapporto a quella generale del settore, partendo dal presupposto che il sistema pubblico deve comunque porsi l’obiettivo di ottimizzare l’uso delle risorse umane e tecnologiche disponibili;
b) la committenza locale (e quindi piani di attività e controlli) nei
confronti dei Laboratori privati deve prevedere il coinvolgimento della rete locale dei Laboratori pubblici specie per quanto attiene alla politica dell’appropriatezza e del controllo di qualità che vanno condivise.
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7. I PRINCIPI GENERALI ED I CRITERI SPECIFICI CUI ISPIRARE I
PROCESSI DI RIORGANIZZAZIONE DEI LABORATORI DI ANALISI
Perchè i Piani regionali di riorganizzazione del settore possano perseguire il duplice obiettivo della razionalizzazione e della qualificazione occorre partire da alcuni principi generali cui ispirarli e tradurli poi in criteri specifici da adattare sia alla disciplina della Medicina di Laboratorio nel suo complesso che alle singole linee di attività più significative in cui essa si subarticola.
L’obiettivo finale è la costituzione in ogni Regione della Rete Assistenziale dei Servizi di Medicina di Laboratorio, articolata per livelli di complessità e per settori specializzati, che può risultare subarticolata in reti disciplinari specifiche, sottoposta unitariamente ad una attività di “clinical governance” posta in capo ad una Commissione regionale tecnico-scientifica della medicina di laboratorio, costituita da specialisti afferenti alle diverse discipline costitutive dell’area stessa.
Si ritiene che i principi generali da cui far discendere i criteri specifici siano i seguenti:
1) stretta interrelazione tra tipo di ospedale e tipo di laboratorio ospedaliero: la presenza o meno e la configurazione del laboratorio deve dipendere dalla natura dell’attività svolta nella struttura ospedaliera (presenza di reparti di malattie infettive, svolgimento o meno di attività in urgenza, attività chirurgiche e intensive, etc.); in altre parole nella condizione di regime del riordino della rete ospedaliera regionale, in ogni ospedale per acuti deve essere prevista la presenza di un laboratorio clinico con una organizzazione adeguata rispetto la complessità e specificità dei servizi clinici erogati;
2) continuità ospedale-territorio: il Piano deve favorire al massimo la
copertura da parte dei Laboratori ospedalieri del territorio di riferimento (bacino di utenza) in modo da favorire la condivisione orizzontale dei criteri di accesso ai vari esami, intervalli di riferimento comuni che consentano un corretto approccio ai modelli interpretativi dei relativi risultati tra componente ospedaliera e componente territoriale;
3) prossimalità al bisogno del paziente: alcune attività come quella di
prelievo vanno ragionevolmente capillarizzate, favorendo l’accessibilità al servizio preservando, nel contempo, la qualità pre-analitica;
4) prossimalità al bisogno del clinico: la riorganizzazione deve favorire il
rapporto tra Medicina di Laboratorio e le discipline più direttamente coinvolte nei processi assistenziali e quindi la qualificazione della fase pre e post-analitica;
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5) ruolo della formazione continua e della ricerca: perchè la Medicina di Laboratorio possa esprimere al massimo il proprio valore aggiunto occorre che essa sia quanto più possibile sostenuta dalla formazione continua degli operatori e dalla attività di ricerca clinica;
6) ruolo dei sistemi informatici: l’informatizzazione delle attività di
laboratorio può e deve favorire la creazione di reti di strutture che condividono protocolli e dati;
7) ruolo del technology assessment: è decisiva la validazione sia delle
nuove tecnologie, che delle nuove tecniche e delle relative indicazioni;
8) ruolo della verifica esterna della qualità: è elemento essenziale per permettere ai laboratori di valutare l’affidabilità dei risultati ed assumere decisioni basate sulle evidenze. Appare sempre più necessario superare la frammentazione dei programmi di natura locale-regionale per assicurare qualità, adeguata numerosità e validità del trattamento statistico dei dati, come già avviene negli altri Paesi europei (Regno Unito, Olanda, Belgio, etc);
9) centralità della promozione e controllo della appropriatezza: il ricorso al
laboratorio va migliorato attraverso la costruzione di linee guida, protocolli e profili di assistenza da sperimentare e monitorare sul campo per ridurre inefficienze, esami inutili ed obsoleti e costi impropri;
10)ruolo di un sistema di reporting mirato sulle attività di laboratorio:
occorre guidare e monitorare il processo di riorganizzazione con un sistema informativo dedicato che rilevi i dati sia sulle strutture e sui costi che sulla produzione e sui consumi.
Le ricadute dei diversi principi generali sul piano di riorganizzazione
regionale dei Laboratori si traducono nei criteri specifici dell’Allegato n.1 da adottare – come già anticipato - per la costruzione e successiva verifica dei piani per le attività di laboratorio nel loro complesso e per i diversi settori specialistici di maggiore rilevanza.
Con la sigla “A” vengono identificati i criteri ritenuti essenziali ai fini della definizione e del monitoraggio dei Piani Regionali di Riorganizzazione. 8. IL SISTEMA DI MONITORAGGIO DEI PROGETTI REGIONALI
Per il monitoraggio dei progetti regionali si potrebbe utilizzare un sistema di indicatori analogo a quello riportato nella check-list dell’Allegato 2.
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Allegato 2 pag 1
Allegato 2
CHECK LIST PER LA VALUTAZIONE DELL’ATTUAZIONE DEI PIANI
REGIONALI DI RIORGANIZZAZIONE DELLA RETE DELLE STRUTTURE PUBBLICHE E PRIVATE DI DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
1) Va verificato quanti dei seguenti punti sono stati presi in considerazione
dell’analisi della situazione di partenza (si assume che le analisi siano state fatte a livello di singola ASL ed Azienda Ospedaliera):
a) numero di strutture di laboratorio pubbliche (in rapporto alla rete ospedaliera e tenendo conto della distinzione tra strutture complesse e semplici) e private;
b) volumi prestazionali complessivi e per singola linea analitica erogati nell’ultimo anno da ciascuna struttura separatamente per interni (reparti di degenza, urgenza) ed esterni espressi come numero di prestazioni e valorizzazione delle stesse;
c) analisi del rapporto tra consumi di esami per interni ed attività di ricovero nelle strutture ospedaliere (numero medio esami per ricovero e/o per reparto);
d) analisi del rapporto tra consumi di esami esterni e popolazione di riferimento (numero medio esami per cittadino);
e) appropriatezza delle richieste per esami sentinella come i marcatori tumorali, cardiaci e tiroidei;
f) gestione degli aspetti correlati all’attività consulenziale nella richiesta ed interpretazione degli esami di laboratorio;
g) numero per qualifica e costi del personale delle strutture a gestione diretta; h) costi analitici delle strutture a gestione diretta; i) budget riconosciuto e valore fatturato delle singole strutture private.
2) Vanno verificati i criteri utilizzati per la riorganizzazione dei laboratori pubblici a gestione diretta con particolare riferimento a:
a) modalità di organizzazione del laboratorio in funzione della tipologia di ospedale in cui lo stesso è collocato;
b) modalità di organizzazione del servizio in orario notturno e festivo; c) saturazione delle capacità produttive del servizio pubblico (anche in
considerazione dell’utenza ambulatoriale e territoriale); d) criteri per acquisizione di beni e servizi, in rapporto alla necessità di
riconoscere le specificità delle singole strutture all’interno della rete e dei servizi che debbono erogare;
e) criteri proposti per la individuazione e reingegnerizzazione dei laboratori da consolidare;
f) criteri proposti per la concentrazione di specifiche linee analitiche in laboratori dedicati;
g) costi della logistica (trasporto dei campioni e procedure connesse per salvaguardare la qualità e sicurezza);
Allegato 2 pag 2
h) costi dell’informatica di laboratorio; i) eventuali problematiche legate alla gestione di esami decentrati (POCT) ed
alle responsabilità medico legali correlate; j) ipotesi di impatto economico del progetto proposto; k) crono-programma del progetto ed individuazione delle fasi in cui lo stesso
viene articolato; l) atti previsti per la sua adozione; m) criteri proposti per il suo monitoraggio.
3) Vanno verificati i criteri con i quali è stato eventualmente reso operativo il
progetto di cui al punto 2) con particolare riferimento a:
a) numero di laboratori oggetto di riordino organizzativo-strutturale; b) numero di linee analitiche ricollocate in laboratori specializzati; c) revisione complessiva dei costi con particolare riferimento al personale ed ai
materiali.
4) Va verificato il coinvolgimento delle società scientifiche e dei gruppi professionali più coinvolti per la messa a punto di percorsi di appropriatezza con particolare riferimento a:
a) numero di linee guida approvate, rese operative e monitorate a livello di Regione e di ASL per la richiesta di specifiche prestazioni ad alto rischio di inappropriatezza (markers tumorali, marcatori tiroidei, esami allergologici, esami per le epatiti, ecc.);
b) numero di esperienze ospedaliere con documentata riduzione dei consumi interni a seguito di specifiche iniziative;
c) messa a punto di un sistema di verifica esterna della qualità a supporto del processo di riorganizzazione e qualificazione dei laboratori.
5) Modalità di gestione della committenza nei confronti dei laboratori privati con
particolare riferimento a:
a) atti regionali di definizione dei tetti di produzione e dei tetti massimi di spesa;
b) atti regionali sulle procedure per l’autorizzazione di nuovi laboratori; c) esistenza di criteri di selezione dei fornitori per la scelta dei laboratori
privati più qualificati; d) linee storiche di tendenza della spesa per l’acquisto di prestazioni di
laboratorio da privati a livello regionale e di singola ASL.
age.na.s - Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali
Sezione A.G.P. - Centro Stampa
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