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Ingegnere Giuseppe Guariglia - via Monticelli n.20/c - Salerno V.A.S. - Rapporto preliminare per la verifica di assoggettabilità Pagina 1 Sommario 1. Premessa. 2. Quadro normativo della Valutazione Ambientale Stragetica. 3. La progettazione del Piano Urbanistico Attuativo. 3.1. Inquadramento della zona di intervento e riferimenti catastali. 3.2. Dati urbanistici e riferimenti amministrativi. 3.3. Vincoli esistenti. 3.4. Descrizione dello stato dei luoghi. 3.5. Intervento proposto. 3.6. Standard urbanistici. 4. La progettazione edilizia. 4.1. Caratteristiche costruttive. 4.2. Caratteristiche costruttive delle opere esterne. 4.2.1. Strade, parcheggi, marciapiedi. 4.2.2. Recinzioni. 4.2.3. Piantumazioni e verde attrezzato. 4.2.4. Rete idrica. 4.2.5. Rete fognante. 4.2.6. Impianto di energia elettrica. 4.2.7. Impianto di illuminazione. 4.2.8. Impianto antincendio. 5. Norme di attuazione del Piano (art. 100, punto 8 del R.E.C.). 6. Tempi di attuazione dell'intervento (art. 100, punto 1 del R.E.C.). 7. Un progetto ecologico.

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Sommario

1. Premessa.

2. Quadro normativo della Valutazione Ambientale Stragetica.

3. La progettazione del Piano Urbanistico Attuativo.

3.1. Inquadramento della zona di intervento e riferimenti catastali.

3.2. Dati urbanistici e riferimenti amministrativi.

3.3. Vincoli esistenti.

3.4. Descrizione dello stato dei luoghi.

3.5. Intervento proposto.

3.6. Standard urbanistici.

4. La progettazione edilizia.

4.1. Caratteristiche costruttive.

4.2. Caratteristiche costruttive delle opere esterne.

4.2.1. Strade, parcheggi, marciapiedi.

4.2.2. Recinzioni.

4.2.3. Piantumazioni e verde attrezzato.

4.2.4. Rete idrica.

4.2.5. Rete fognante.

4.2.6. Impianto di energia elettrica.

4.2.7. Impianto di illuminazione.

4.2.8. Impianto antincendio.

5. Norme di attuazione del Piano (art. 100, punto 8 del R.E.C.).

6. Tempi di attuazione dell'intervento (art. 100, punto 1 del R.E.C.).

7. Un progetto ecologico.

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8.1. Introduzione alla V.A.S. e allo sviluppo sostenibile.

8.2. Il concetto di sostenibilità.

8.3. Le tappe fondamentali del concetto di sostenibilità.

8.4. La Valutazione Ambientale Strategica per la sostenibilità.

9. Sintesi legislativa.

9.1. La normativa europea.

9.2. La normativa nazionale.

9.3. La normativa della Regione Campania.

10.1. Quadro programmatico territoriale.

10.2. Indirizzi strategici per i sistemi STS.

10.3. Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.

10.4. Piano Stralcio per l’assetto idrogeologico dell’Autorità di Bacino destra Sele.

10.5. Piano Regolatore Generale.

11.1. Problematiche ambientali.

11.2. La gestione dei rifiuti.

11.3. L’impatto del PUA.

11.4. Rischi per la salute umana o per l’ambiente.

11.5. Caratteristiche naturali e patrimonio culturale.

11.5.1. Quadro geomorfologico, topografico e territoriale.

11.5.2. Inquadramento storico archeologico.

11.5.3. Beni culturali di rilievo storico, architettonico.

11.5.4. Elementi ambientali.

11.6. Utilizzo intensivo del suolo.

11.7. Impatto su aree protette.

12.0. Conclusioni.

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1. Premessa.

Il sottoscritto ingegnere Giuseppe Guariglia con studio in Salerno, alla via Monticelli, n.20/c, ha

ricevuto incarico dal signor d’Agostino Giovanni, nato a Salerno il 5 luglio 1956, residente a

Salerno, corso Garibaldi, n. 153, codice fiscale DGS GNN 56L05 H703B, di approntare la

seguente relazione di Rapporto preliminare per la verifica di assoggettabilità alla V.A.S. per

l'area di proprietà situata alla Strada Statale n. 18 del Tirreno Inferiore, località S. Antonio,

comune di Pontecagnano Faiano.

Viene di seguito illustrato il progetto redatto per il P.U.A. riguardante la suddetta area.

2. Quadro normativo della Valutazione Ambientale Strategica.

Normativa comunitaria:

Dir. 85/337/CEE del 27 giugno 1985;

Dir. 97/11/CE del 3/3/1997;

Dir. 79/409/CEE del 2 aprile 1979;

Dir. 92/43/CEE del 21 maggio 1992.

Normativa Statale:

D.P.C.M. 10 agosto 1988, n.377;

D.P.C.M. 27 dicembre 1988;

art. 40 L. 22 febbraio 1994, n.146;

L. 3 novembre 1994 , n.640;

D.P.R. 12 aprile 1996;

art. 71 D. Lgs. 31 marzo 1998, n.112;

D. Lgs. 20 agosto 2002, n.190;

D. Lgs. 3 aprile 2006, n.152;

D. Lgs. 16 gennaio 2008, n.4;

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D.P.R. 8 settembre 1997, n.357;

D.P.R. 12 marzo 2003, n.120;

D.M. 3 aprile 2000;

L. 21 dicembre 2001, n.443;

L. 31 luglio 2002, n.179;

L. 27 dicembre 2002, n.289.

Normativa regionale:

D.G.R. 28 novembre 2000, n.6010;

D.G.R. 15 novembre 2001, n.6148;

D.G.R. 14 marzo 2008, n.426;

D.G.R. 15 maggio 2009, n.912;

D.P.G.R. 18 dicembre 2009, n.17;

D.G.R. 5 marzo 2010, n.203;

Circ. Prot. n. 331337 del 15 aprile 2010;

D.G.R. 8 ottobre 2010, n. 683;

Decreto Dirigenziale 13 gennaio 2011, n.30;

D.G.R. 4 agosto 2011, n.406;

Regolamento n.5 del 4 agosto 2011 "Regolamento di attuazione per il Governo del Territorio";

Circ. Prot. n. 765763 del 11 ottobre 2011;

D.G.R. 7 marzo 2013, n.63.

3. La progettazione del Piano Urbanistico Attuativo.

3.1. Inquadramento della zona di intervento e riferimenti catastali.

Il territorio del Comune di Pontecagnano-Faiano si articola su una superficie di circa 37,18 Kmq

ed è tipologicamente formato da montagna, collina e pianura; su di esso scorrono diversi corsi

d’acqua che, considerata la distanza dei monti dal mare, sono di modesta portata.

Il Comune di Pontecagnano-Faiano confina a nord con il comune di Salerno e Giffoni Valle

Piana, ad est con i comuni di Montecorvino Pugliano e Bellizzi, a sud con il comune di

Battipaglia ad ovest con il Mar Tirreno.

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Le principali infrastrutture a servizio del territorio sono:

- Autostrada A3 Salerno - Reggio Calabria, infrastruttura di livello nazionale che, nel progetto di

modernizzazione prevede un ulteriore svincolo a sud delle città;

- Strada Statale 18 Tirrenia Inferiore, infrastruttura di livello interregionale che connette i

comuni del comprensorio “Picentino”, dislocati in pianura, con Napoli, Avellino e Salerno a

nord e con la Basilicata e la Calabria a sud;

- Strade provinciali di connessione tra i principali centri del comprensorio “Picentino”;

- Linea ferroviaria Salerno - Reggio Calabria con scalo a Pontecagnano;

- Strada a scorrimento veloce denominata “AVERSANA” in fase di ultimazione;

- Aeroporto.

L’intervento è previsto su un’area di circa mq. 34.400, situata in località S. Antonio, e compresa

fra la S.S. n° 18 del Tirreno Inferiore, la strada Cristoforo Colombo che da essa si diparte, ed i

recenti insediamenti residenziali a sud ed a est.

E’ riportata in catasto al foglio n° 7 del Comune di Pontecagnano Faiano:

- mappale n° 2210 (ex 2189a) mq. 24.459

- mappale n° 2213 (ex 2191a) mq. 9.000

- mappale n° 661 mq. 947

per una superficie totale pari a mq. 34.406.

3.2. Dati urbanistici e riferimenti amministrativi.

La zona interessata all'intervento è sottoposta ad un regime urbanistico articolato.

Un'area di circa mq. 300.000, comprendente l'area in oggetto, fu individuata dal Programma di

Fabbricazione come area PEEP.

Con Decreto del Presidente della Giunta Regionale n° 6360 del 01.10.1979 di approvazione

della variante al Piano di Zona del Comune di Pontecagnano Faiano, adottato con

deliberazione Consiliare n° 87 del 06.04.1977, veniva espressamente previsto negli allegati

tecnici e nel parere 1501/1504 del 24.11.1978 del Servizio Urbanistico Regionale (parte

integrante di detto decreto) un volume per attrezzature pari a mc. 50.000,00.

Il successivo Piano Regolatore Generale approvato con Decreto del Presidente della Giunta

Regionale Campana n. 18 del 07/01/1988 in vigore in Pontecagnano Faiano confermava in toto

l'indicazione del Programma di Fabbricazione denominando l'intera area zona C1.

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Negli anni successivi si procedeva all'edificazione di cooperative utilizzando un indice fondiario

quasi doppio rispetto a quello permesso dal PRG, senza tuttavia utilizzare la volumetria

commerciale, con il risultato che oggi i terreni residui, con una superficie pari a circa mq.

140.000, vedono saturata la volumetria residenziale ma esprimono interamente quella

commerciale.

Il S.I.A.D. comunale approvato con delibera di Consiglio Comunale n° 50 del 06.04.2001 e

ratificato con Visto di Conformità della Regione Campania rilasciato con deliberazione di G.R.

n° 6630 del 03.12.2001, prevede una riserva nella zona C1 di n° 3 medie strutture di vendita

(ciascuna di massimo mq. 1.500) di cui una alimentare e due non alimentari.

Per quanto riguarda il lotto d'Agostino si può utilizzare una volumetria commerciale pari a:

mc. 50.000/ mq. 140.000 x mq. 34.406 = mc. 12.287,86 circa.

Il progetto in allegato, solo indicativamente, prevede le seguenti volumetrie:

edificio A: volume = mc. 5.309,60;

edificio B: volume = mc. 4.906,80.

Complessivamente l'attuale progettazione prevede una volumetria di mc. 10.216,40, valore

puramente indicativo, a fronte di un volume massimo realizzabile, vincolante per

l'approvazione del presente P.U.A., di mc. 12.287,86.

Appare chiaro da quanto sopra esposto che la zona omogenea che dovrebbe essere oggetto di

P.U.A. risulta ben più ampia di quella presa in considerazione dalla presente progettazione.

Tuttavia il comparto individuato è dotato di tutte le urbanizzazioni primarie al contorno, è

autosufficiente per quanto attiene gli standard, è chiaramente individuabile fisicamente,

circondato dalla viabilità pubblica e dalla zona edificata, è, inoltre, totalmente separato dalla

restante parte della zona C1, ed è certamente territorialmente omogeneo.

Pertanto lo scrivente ritiene che per esso possa ammettersi, da parte dei competenti organi

dell'Amministrazione Comunale, l'adozione di un P.U.A. autonomo che tuttavia tenga conto

degli interessi dei proprietari delle restanti parti della zona C1.

3.3. Vincoli esistenti.

L'area rientra per una superficie di circa mq. 5.680 nel Parco Archeologico di Pontecagnano, si

tratta di una zona a forma triangolare con la base, lunga circa m. 215, lungo la strada principale

e il vertice al centro dell'area ad una distanza dalla strada di circa m. 50.

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Su tale zona non è prevista la realizzazione di nessun manufatto.

3.4. Descrizione dello stato dei luoghi.

L'area in oggetto presenta una superficie di circa mq. 34.400, ha una forma all'incirca

rettangolare per una lunghezza di circa m. 400 ed una larghezza di circa m. 85, completamente

pianeggiante è occupata in parte da colture arboree (alberi di albicocco), verso est, e in parte

da colture erbacee spontanee, verso ovest.

Ospita, grosso modo nella parte centrale del lato lungo, una costruzione apparentemente

all'incirca della metà del secolo scorso, utilizzata presumibilmente come fabbricato rurale dai

vecchi proprietari. Si tratta di un manufatto con misure in pianta di circa m. 18,00 x 10,95,

costituto da un piano terra e da un piano in elevazione con copertura piana, e realizzato con

murature portanti in pietra locale, in parte residenziale e in parte adibito a deposito agricolo,

in aderenza insiste un altro annesso agricolo ad un unico livello con misure in pianta di m.

11,45 x 5,55, presumibilmente utilizzata come ricovero per animali.

Il sopra descritto immobile non subirà interventi di sorta.

3.5. Intervento proposto.

L’area oggetto dell'intervento è suddivisa in tre parti: il lotto A, di circa mq. 6.500, occupato dal

fabbricato commerciale “A”; il lotto B, di circa mq. 4.700, occupato dal fabbricato commerciale

“B”; il lotto C, di circa mq. 22.800, occupato per la maggior parte da verde privato oltre che dal

manufatto esistente sopra descritto, e dalla zona a est, di superficie pari a circa mq. 3.450,

adibita a standard pubblico.

Si sottolinea che soltanto i lotti A e B, che assommano a circa mq. 11.200, sono interessati

all’intervento, mentre il lotto C, quindi circa mq. 22.800, resta inalterato e mantiene la sua

destinazione agricola.

Il lotto A presenta due ingressi, in prossimità della rotatoria di via C. Colombo, ad una distanza

di circa m. 50, l’uno dall’altro; è occupato dall’edificio commerciale, da circa 115 posti auto con

adeguate corsie di manovra, e la zona in prossimità dei confini di lotto è sistemata a verde.

I fabbricati di progetto si sviluppano sul solo piano terra.

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Il fabbricato commerciale è di forma rettangolare, e di dimensioni di m. 51,65 x m. 25,70, per

una superficie di mq. 1.327,40 e un volume di mc. 5.309,60; è progettato con funzione di

supermercato per generi alimentari.

Presenta un ingresso per la zona vendita, con quattro uscite di sicurezza, e un ingresso merci

con rampa per la zona deposito.

Il lotto B ha un ingresso sulla S.S. 18 via Picentia; in corrispondenza dell’entrata sulla Strada

Statale, la forma del lotto rientra, formando un’ansa, in modo da avere due ingressi canalizzati

sulla strada, senza invadere la sezione della stessa. Il lotto è occupato dall’edificio

commerciale, da circa 80 posti auto con adeguate corsie di manovra, e la zona in prossimità dei

confini di lotto è sistemata a verde.

Il fabbricato commerciale è di forma rettangolare, e di dimensioni di m. 47,00 x m. 26,10, per

una superficie di mq. 1.226,70 e un volume di mc. 4.906,80; è progettato con funzione di

supermercato per generi non alimentari.

L’edificio B presenta un ingresso per la zona vendita con tre uscite di sicurezza.

Per quanto riguarda il lotto C, esso è occupato da verde privato, in particolare da una coltura di

alberi da albicocca. In essa insiste l’abitazione esistente con annessi agricoli.

All'interno del lotto C ricade quasi completamente l'area sottoposta a vincolo di parco

archeologico.

La parte adibita a standard pubblici occupa una fascia verticale nella zona est del comparto, e

una piccola fascia a sud, in modo da collegarsi direttamente alla strada che porta alla via S.

Pertini. Si tratta di una superficie di circa mq. 3.450, maggiore di un decimo della superficie del

lotto di intervento, che assomma a circa mq. 34.406.

Si precisa espressamente che la su indicata divisione in lotti ha carattere meramente

funzionale e non valenza urbanistica, così come le chiusure, le aperture e le recinzioni previste

sono indicative e saranno compiutamente individuate e realizzate così come disciplinato dal

successivo atto di convezione da stipularsi con l'Ente Pubblico.

3.6. Standard urbanistici.

Per quanto attiene l'adozione degli standard si è ritenuto opportuno equiparare l'area oggetto

dell'intervento a quelle commerciali esistenti, anche per supplire alle carenze esistenti

nell'area, per cui si prevede di concedere all'amministrazione pubblica una superficie pari al

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10% del comparto individuando un'area di circa mq. 3.450 nella zona est, utilizzabile a servizio

dell'adiacente edificio scolastico.

Per quanto riguarda le aree minime da destinare a parcheggi e spazi pubblici, si avrà:

- D.M. del 2 aprile 1968 n.1444 per il soddisfacimento degli standard per la volumetria

commerciale da realizzare:

Area di parcheggio e spazi pubblici = Superficie utile di progetto x 0,80 = mq. 2.555,75 x 0,80 =

mq. 2.044,60.

Tale superficie va suddivisa al 50% tra aree di parcheggio e spazi pubblici, quindi si avrà:

Area di parcheggio = mq. 2.177,37 x 0,50 = mq. 1.022,30

Spazi pubblici = mq. 2.177,37 x 0,50 = mq. 1.022,30

- Ex legge 765 e 122 per il soddisfacimento dei parcheggi per la volumetria commerciale da

realizzare: Area di parcheggio = Volume massimo di progetto x 0,10 = mc. 12.287,86 x 0,10 =

mq. 1.229.

- L.R. 1/2000 per il soddisfacimento dei parcheggi per la superficie di vendita da realizzare:

Area di parcheggio = Superficie di vendita x 0,80 = mq. 2.050,00 x 0,80 = mq. 1.640,00.

Da progetto si avranno le seguenti superfici, sempre maggiori o uguali rispetto a quelle minime

di legge:

- D.M. del 2 aprile 1968 n.1444:

Parcheggi = mq. 1.076 > mq. 1.022

Spazi pubblici = mq. 1.193 > mq. 1.022

- Ex legge 765 e 122: Parcheggi = 1.305 > mq. 1.229

- L.R. 1/2000: Parcheggi = mq. 1.706 > mq. 1.640

4. La progettazione edilizia.

4.1. Caratteristiche costruttive.

I manufatti da realizzare avranno le seguenti caratteristiche dimensionali:

- edificio “A”:

dimensioni in pianta massime: m. 51,65 x 25,70;

altezza alla gronda: m. 4,00;

altezza massima: m. 6,50;

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superficie coperta: mq. 1.327,40;

volume: mc. 5.309,60;

- edificio “B”:

dimensioni in pianta massime: m. 47,00 x 26,10;

altezza alla gronda: m. 4,00;

altezza massima: m. 6,50;

superficie coperta: mq. 1.226,70;

volume: mc. 4.906,80.

Si tratta di due capannoni con copertura a falde inclinate da costruirsi con strutture

prefabbricate in cemento armato precompresso.

Avranno le seguenti caratteristiche tecniche:

- le fondazioni saranno realizzate in calcestruzzo cementizio armato gettato in opera, nel

rispetto delle norme per le costruzioni in zona sismica; al di sotto dello strato di magrone sarà

applicata una membrana isolante e impermeabilizzante in polietilene ad alta densità, al fine di

isolare le stesse fondazioni dall’umidità del terreno e dalle eventuali emissioni di gas radon, a

tutela della salubrità degli ambienti interni e della durata delle strutture;

- le strutture in elevazione saranno realizzate in cemento armato precompresso prefabbricate

in stabilimento e montate in opera con pilastri, travi e pannelli di tompagno;

- la copertura sarà realizzata con tegoli in cemento armato precompresso.

Le strutture saranno calcolate e montate nel rispetto delle vigenti normative in materia di

rischio sismico.

All'interno, ad un'altezza di m. 4,00, altezza alla gronda, sarà montata una controsoffittatura

che dividerà il volume utile da quello di sottotetto, non computato nel calcolo delle

volumetrie, e che servirà ad occultare gli impianti necessari per i vari servizi tecnologici.

Saranno presenti gli impianti: idrico, elettrico, di condizionamento, telefonico, citofonico, di

allarme, tutti realizzati nel rispetto delle rispettive normative.

Il carico idrico sarà assicurato dalla rete idrico comunale, così come pure l'eventuale impianto

antincendio.

Le acque reflue, provenienti dal fabbricato saranno immesse nel collettore fognario comunale.

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4.2. Caratteristiche costruttive delle opere esterne.

4.2.1. Strade, parcheggi, marciapiedi.

Le strade interne saranno realizzate con un misto stabilizzato di sottofondo opportunamente

rullato, con uno strato di cm. 10 di manto di asfalto (binder) ed uno di cm. 3 di tappetino di

usura.

Per i parcheggi si utilizzerà una pavimentazione drenante con elementi di sostegno

autobloccanti in cemento e terreno di coltivo con prato naturale.

I marciapiedi saranno realizzati con un sottofondo di calcestruzzo armato ed una

pavimentazione in blocchi di cemento autobloccanti.

4.2.2. Recinzioni.

Le recinzioni esterne, lungo il perimetro della lottizzazione saranno in acciaio su un muretto in

calcestruzzo cementizio armato o tufo e due filari di laterizio;

4.2.3. Piantumazioni e verde attrezzato.

Si prevede la piantumazione di essenze ad alto fusto, a foglia caduca, nelle aree sistemate a

verde, le quali saranno poste in ragione di almeno 1 albero per ogni 50 mq. Si prevede inoltre

l’utilizzo di prato formato da un miscuglio di graminacee ed erba medica;

4.2.4. Rete idrica.

Sarà realizzata una rete interna collegata con la rete comunale esistente. Si prevede la

realizzazione di una rete per l’irrigazione in modo da evitare da un lato sprechi di acqua e

dall’altro che venga assicurata la necessaria cura alle piante. In dettaglio si prevede un

impianto di irrigazione a goccia, con tubazioni in PEAD, dotato di programmatore elettronico,

per l’irrigazione delle siepi e del prato;

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4.2.5. Rete fognante.

Sarà realizzato una impianto che convoglierà i reflui in apposito pozzetto di raccordo con il

collettore fognario esistente. Considerato che la grande dimensione delle superfici a verde e/o

permeabili, consente già di per sé uno smaltimento naturale nella terra, che riduce

notevolmente la necessità di regimentazione delle acque meteoriche, non si prevede la

realizzazione di un impianto di smaltimento delle stesse. Fondamentale in tal senso la

realizzazione, nelle zone a verde, di un adeguato strato drenante di sottofondo, per il migliore

deflusso naturale delle acque.

4.2.6. Impianto di energia elettrica.

Per quanto attiene l'alimentazione elettrica è stato previsto un impianto interrato, collegato

alla rete Enel.

4.2.7. Impianto di illuminazione.

L'impianto di illuminazione riguarderà solo l’interno del lotto. Pertanto si prevede la messa in

opera di una serie di pali tubolari metallici, di altezza di circa m. 4,00 fuori terra, con armature

e lampade da 250 Watt.

4.2.8. Impianto antincendio.

La progettazione del manufatto rispetta le normative previste dalla normativa antincendio:

sono state calcolate le corsie di manovra, le vie di fuga, la dimensione delle aperture per la

ventilazione esterna, la presenza di estintori e quella di idranti; le relative specifiche tecniche

saranno presentate così come prevede l'attuale normativa in materia.

5. Norme di attuazione del Piano (art. 100, punto 8 del R.E.C.).

L’area di intervento risulta individuata all'interno della zona omogenea C1 dal vigente P.R.G., si

estende per mq. 34.406, che rappresenta la superficie dell’area di intervento in questione.

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La zona in questione del citato comprensorio C1 è già servita dalle urbanizzazioni primarie,

ovvero da rete fognante, elettrica, idrica, gas metano, pubblica illuminazione e dalle strade di

accesso.

In conclusione, va ribadito che:

- le tipologie edilizie proposte, per quanto esecutive, potranno essere sottoposte a qualsiasi

tipo di modifica planivolumetrica in sede di realizzazione, fermo restando il rispetto delle

superfici coperte e dei volumi massimi previsti e assentiti;

- hanno valore vincolante per la realizzazione delle opere e degli edifici previsti dal presente

Piano di riconversione:

la determinazione delle aree incluse nel P.d.L.;

la quantità delle aree di standard pubblico;

il volume e la superficie coperta massimi realizzabili (non distinti per corpi di fabbrica);

- hanno valore indicativo e non vincolante:

le destinazioni d’uso degli immobili;

le tipologie edilizie indicate;

le sistemazioni superficiali delle aree scoperte e degli spazi pedonali;

le sezioni delle sedi stradali interne ai lotti;

le indicazioni delle superfici fondiarie parziali;

le sagome planimetriche e le altezze massime degli immobili;

il volume e la superficie coperta dei singoli fabbricati che potranno anche variare fermo

restando le quantità massime consentite sull’intero lotto;

le finiture dei corpi di fabbrica;

la ubicazione delle aree di parcheggio.

6. Tempi di attuazione dell'intervento (art. 100, punto 1 del R.E.C.).

L'intervento proposto si realizzerà in un'area completamente dotata di tutte le urbanizzazioni

primarie, pertanto sarà solo necessario effettuare gli allacciamenti ad esse.

Tuttavia nel caso in cui siano richieste variazioni o aggiunte agli impianti pubblici esistenti si

procederà, come attività iniziale, all'avvio della realizzazione delle opere eventualmente

richieste.

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Pertanto, qualora sia necessario, a seguito del rilascio dell’Autorizzazione del Piano Urbanistico

Attuativo, si procederà alla redazione di un progetto esecutivo delle succitate opere di

urbanizzazione primaria, da approvare da parte degli organi competenti, ed alla successiva

esecuzione, fermo restando le relazioni tra l’esecuzione delle stesse ed il rilascio dei Permessi

di Costruire, così come regolamentati anche dalla Convenzione a stipularsi.

Il completamento delle eventuali opere di urbanizzazione primaria, con successiva cessione

all’Ente pubblico, avverrà nel termine massimo di 10 anni, a decorrere dalla data di stipula

della Convenzione, salvo diversi accordi intercorsi tra la parte pubblica e quella privata; mentre

l’intervento fondiario verrà realizzato nei termini previsti dai necessari Permessi di Costruire.

La cessione degli impianti relativi alle eventuali urbanizzazioni primarie verrà effettuata,

comunque, dopo i collaudi previsti per Legge: in ogni caso, le aree sulle quali sarà prevista la

realizzazione di opere, rimarranno, previa opportuna recinzione, in custodia alla parte

proprietaria, fino alla consegna al Comune o ad altro Ente interessato.

7. Un progetto ecologico.

Il progetto vuole essere a dimensione di tutti gli utenti, attento quindi alle necessità, esplicite e

implicite, di coloro i quali fruiranno di questi spazi, operando dunque con l'obiettivo di

realizzare un habitat vivibile e di benessere, in sintonia con l’ambiente circostante e con lo

spirito dell'iniziativa privata.

L’obiettivo è quindi un progetto il più possibile "ecologico", che abbia le seguenti finalità:

- controllare il microclima;

- progettare ambienti salubri;

- disegnare gli spazi in modo che vengano percepiti positivamente;

- assicurare l’incolumità delle persone;

- rispettare l’ambiente;

- attuare una politica di risparmio/efficienza energetica e delle risorse;

- utilizzare materiali sani e che si caratterizzino per durabilità, recuperabilità e riciclabilità.

Il progetto si caratterizza per la forte volontà di ridurre al minimo le superfici pavimentate ed

evitare l’eccessiva cementificazione del territorio, lasciando gran parte del terreno permeabile,

e mantenendo tutto il lotto C completamente verde grazie alla sua funzione originaria di spazio

agricolo.

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Si è anche cercato di ridurre al minimo l'impatto sull'ambiente, mantenendo un giusto

compromesso tra l'altezza e la pianta, per limitare sia l'impatto visivo che la percezione dei

nuovi volumi, e imprimendo all'intervento una dimensione a scala umana e naturale.

Tutti i parcheggi sono circondati da siepi per assicurare una funzione di filtro visivo e privacy

con l’esterno e una barriera ai fumi nocivi provenienti dalle strade esterne al lotto, oltre che

l’ombreggiatura nei periodi estivi.

Tutti gli spazi esterni sono, per quanto possibile, a verde, con una superficie pavimentata

ridotta al minimo; si tratta di un accorgimento importante non solo per la percezione estetica,

ma anche per un migliore comportamento energetico del complesso: in tal caso c'è un minor

accumulo e/o riflessione del calore e quindi delle condizioni microclimatiche migliori che

consentono di ridurre al minimo l'uso di impianti di condizionamento dell'aria.

Le zone obbligatoriamente non verdi, quali i parcheggi e le corsie di manovra, sono in ogni

caso permeabili: gli stalli per le automobili sono previsti con elementi autobloccanti in

cemento, le corsie di manovra invece in asfalto drenante.

Per quanto riguarda la qualità energetico - ambientale dei singoli edifici e dell'intero

complesso, il progetto è stato redatto tenendo conto di quelle semplici attenzioni che fanno

parte della tradizione del costruire, quelle conoscenze del "costruire in relazione all'ambiente",

che molto spesso sono dimenticate o sacrificate per ridurre i costi o per barriere culturali

prima che tecniche.

L’architettura bioclimatica tende ad adattarsi alle caratteristiche naturali del luogo per

migliorare il comfort climatico ed ottenere la massima efficienza energetica, utilizzando al

meglio le risorse messe a disposizione dalla natura.

In tal caso, quindi, il singolo edificio deve accumulare calore e disperderne la minima parte in

inverno, e deve accumularne il meno possibile ed essere ventilato nel periodo estivo.

Il progetto, in sintesi, prevede:

-l'utilizzo di strutture ad alta inerzia termica, fresche d'estate e calde in inverno;

-utilizzo di vetri camera;

-sistemi di schermatura regolabili esterni per il controllo del microclima e dell'illuminazione

naturale;

-accurato isolamento termico delle superfici verticali e orizzontali;

-piantumazione esterna preferibilmente con alberi a foglia caduca, che proteggono dal sole in

estate e permettono l'irradiazione in inverno;

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-ricca vegetazione per il raffrescamento naturale.

Fondamentale in tale discorso è la presenza della vegetazione, che consente in estate il

raffrescamento degli spazi esterni, dando un notevole contributo per il comfort ambientale e

al risparmio energetico: tutto ciò consente di ridurre notevolmente la necessità di far ricorso a

impianti di condizionamento, oltre a rendere gli spazi molto più vivibili e sani.

8.1. Introduzione alla V.A.S. e allo sviluppo sostenibile.

La sostenibilità è un mezzo per superare la povertà e perseguire l’equità sociale presente e

futura, attribuendo maggiore considerazione all’impatto che le nostre azioni producono sul

benessere delle generazioni future.

Emerge da ciò che per essere sostenibile lo sviluppo deve preservare le risorse e distribuirle

equamente fra le generazioni.

Lo sviluppo sostenibile è: “Lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni della generazione

presente, senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i

propri” (Gro Harem Bruntdland, 1987). Lo strumento che consente l’attuazione del principio di

sostenibilità è la Valutazione Ambientale Strategica. Essa si fonda sull’integrazione delle

problematiche ambientali con i processi valutativi economici e sociali e sottolinea,

principalmente, il ruolo strategico che riveste l’ambiente nella strutturazione dei piani

territoriali e urbani e dei modelli di sviluppo.

La VAS ha pertanto la potenzialità di trasformare i processi di pianificazione/territoriale

urbanistica e programmazione dello sviluppo, in processi di pianificazione/programmazione di

tipo integrato in grado di perseguire uno sviluppo sostenibile in termini e ambientali e sociali,

economici, culturali e politici.

L’integrazione della dimensione ambientale nei processi di formazione delle decisioni e nella

predisposizione di politiche, piani e programmi settoriali, richiede la piena introduzione della

“Valutazione Ambientale Strategica” la quale, per questo motivo, può essere vista come mezzo

per attuare lo sviluppo sostenibile.

La Direttiva 2001/42/CE dell’Unione Europea concernente la valutazione degli effetti di

determinati piani e programmi sull’ambiente, nota come direttiva sulla VAS, all’art.1 cita: “la

presente direttiva ha l’obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di

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contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione di piani e

programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile”.

Si riscontra pertanto una crescente attenzione alle questioni ambientali nelle fasi decisionali

molto più accentuata che in passato ove spesso risultava debole o inadeguata quando del tutto

inesistente.

La Valutazione Ambientale merita comunque una più esauriente definizione. La già citata

Direttiva 2001/42/CE del 27 giugno 2001, all’art. 2 lettera b) precisa che “per “valutazione

ambientale” si intende: l’elaborazione di un rapporto di impatto ambientale, lo svolgimento di

consultazioni, la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni nell’iter

decisionale e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione a norma degli articoli

da 4 a 9”, e che, inoltre (lettera c) “per “rapporto ambientale” s’intende la parte della

documentazione del piano o del programma prescritte all’art. 5 e nell’allegato I”.

Le informazioni che devono essere contenute nel Rapporto ambientale (art. 5 comma 2 della

suddetta direttiva) sono “quelle che possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto

del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione attuali, dei contenuti e del livello di

dettaglio del piano o del programma…”.

Tali elementi sono stati recepiti dal D.L. n. 152/2006, come modificato dal recente D.L. 4/2008,

attualmente in vigore e di cui si tratterà nel seguito.

8.2. Il concetto di sostenibilità.

I Paesi più ricchi e industrializzati del pianeta prelevano sempre più risorse, acqua ed energia

dall’ambiente, diffondono inquinanti e disperdono rifiuti, producendo in questo modo danni al

territorio, all’aria, all’acqua in maniera irreversibile. I sistemi economici richiedono, in ogni

caso, indici di crescita positivi, mentre l’ambiente richiede equilibrio e stabilità.

Per lo sviluppo sostenibile l’equilibrio, l’autosufficienza e l’auto organizzazione degli ecosistemi

devono convivere con i processi antropici, in squilibrio permanente, generatori continui di

nuova entropia. Ogni abitante nel mondo sviluppato consuma, rispetto ad un abitante di un

paese povero, maggiori risorse. La crescita economica e demografica ed il bisogno legittimo di

nuovi consumi dei Paesi poveri, non hanno altre risorse che quelle naturali. Per contro il

modello di benessere richiede per noi e per le future generazioni aria, acqua e cibi non

inquinanti, paesaggi non degradati, mari e coste accoglienti, città capaci di contenere e

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proteggere gli immensi patrimoni di cultura sviluppati nel tempo ma anche funzionali ed

organizzate sulle nuove scale dei bisogni.

La definizione dello sviluppo sostenibile, che “garantisce i bisogni del presente senza

compromettere le possibilità delle generazioni future di fare altrettanto”, è una conquista del

pensiero umano di fine millennio che mira alla qualità della vita, alla pace e ad una prosperità

crescente e giusta in un ambiente pulito e salubre.

Lo sviluppo sostenibile non è un idea nuova. Molte culture nella storia hanno compreso la

necessità dell’armonia tra ambiente, società ed economia. Di nuovo c’è la formulazione di

questa idea forza nel concetto globale di società industriali ed in via di sviluppo e nella

consapevolezza dell’esaurimento tendenziale delle risorse del pianeta.

Lo sviluppo sostenibile non è perseguibile senza un profondo cambiamento degli attuali

modelli di sviluppo e dei rapporti economico-sociali.

8.3. Le tappe fondamentali del concetto di sostenibilità.

L’evoluzione del concetto di sviluppo sostenibile ha avuto numerosi stadi di sviluppo, partendo

dal 1972 con la Dichiarazione di Stoccolma, sino ad arrivare alla Conferenza di Johannesburg

nel 2002.

Il 1972 è l’anno della Dichiarazione di Stoccolma. Si afferma che siamo ormai giunti ad un

punto della storia in cui “noi dobbiamo condurre le nostre azioni in tutto il mondo con più

prudente attenzione per le loro conseguenze sull’ambiente”. La difesa e il miglioramento

dell’ambiente sono divenuti uno scopo imperativo per tutta l’umanità. Particolarmente

significativo in relazione al tema che ci occupa, cioè la Valutazione della variante al PRG (ora

PUC), risulta l’art.15 della Dichiarazione: “Nella pianificazione edile e urbana occorre evitare gli

effetti negativi sull’ambiente, ricavandone i massimi vantaggi sociali, economici ed ecologici

per tutti”.

Segue la Strategia Mondiale per la conservazione del 1980. Negli anni ‘80 si fa strada l’esigenza

di conciliare crescita economica ed equa distribuzione delle risorse in un nuovo modello di

sviluppo. Il principio organizzativo di questo paradigma viene individuato nel concetto di

sostenibilità dello sviluppo: “un insieme di valori che interessa tutti i campi dell’attività umana,

in modo trasversale e in una prospettiva di lungo termine”. Per affrontare le sfide di una rapida

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globalizzazione del mondo una coerente ed una coordinata politica ambientale deve andare di

pari passo con lo sviluppo economico e l’impegno sociale.

Durante il Rapporto Brundtland del 1987, Gro Harem Brundtland, Presidente della

Commissione Mondiale Ambiente e Sviluppo presenta, su incarico delle Nazioni Unite, il

proprio rapporto e formula una efficace definizione di sviluppo sostenibile, secondo la quale:

“lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente, senza

compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri”. Nella

pianificazione e nei processi decisionali di governi e industrie devono essere inserite

considerazioni relative a risorse e ambiente in modo da permettere una continua riduzione

dell’influenza che energie e risorse hanno nella crescita, incrementando l’efficienza nell’uso

delle seconde, incoraggiandone la riduzione e il riciclaggio dei rifiuti.

Nel 1992 c’è la Conferenza ONU su Ambiente e Sviluppo a Rio de Janeiro. La necessità di

costruire uno sviluppo sostenibile, conduce la comunità mondiale a riunirsi a Rio. Nasce la

Commissione per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite CSD, con il mandato di elaborare

indirizzi politici per le attività future. A Rio vengono sottoscritte due convenzioni e tre

dichiarazioni: la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, la Convenzione quadro sulla

biodiversità, Programma d’azione per il XXI° secolo Agenda 21, Dichiarazione per la gestione

sostenibile delle foreste, Dichiarazione di Rio su ambiente e sviluppo.

Nel 1993 segue il Piano d’azione dell’Unione Europea, “per uno sviluppo durevole e sostenibile

93/99”. E’ necessario un cambiamento radicale in tutti i settori d’intervento della comunità.

Esso presuppone che la tutela dell’ambiente venga integrata nella definizione e nell’attuazione

delle altre politiche comunitarie, non solo per il bene dell’ambiente, ma per il bene del

progresso degli altri settori. I settori di intervento sono: industria manifatturiera, energia,

trasporti, agricoltura.

Nello stesso anno viene stilato il Piano d’azione per lo sviluppo sostenibile in Italia. Perseguire

lo sviluppo sostenibile significa ricercare un miglioramento della qualità della vita pur

rimanendo nei limiti della ricettività ambientale. Sviluppo sostenibile non vuol dire bloccare la

crescita economica anche perché, persino in alcune aree del nostro paese, l’ambiente stesso è

una vittima della povertà e della spirale di degrado da essa alimentata. Un piano d’azione per

lo sviluppo sostenibile, non deve solo promuovere la conservazione delle risorse, ma anche

sollecitare attività produttive compatibili con gli usi futuri. L’applicazione del concetto di

sviluppo sostenibile è da un lato dinamica, ovvero legata alle conoscenze e all’effettivo stato

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dell’ambiente e degli ecosistemi e dall’altro consiglia un approccio cautelativo riguardo alle

situazioni e alle azioni che possono compromettere gli equilibri ambientali, attivando un

processo continuo di correzione degli errori.

L’anno successivo ad Aalborg, in Danimarca, si tiene la Conferenza Europea sulle città

sostenibili. La città è individuata come luogo prioritario di attuazione delle politiche per la

sostenibilità ambientale, soprattutto in attuazione dei programmi di Agenda 21. Le città

europee riconoscono il ruolo fondamentale del processo di cambiamento degli stili di vita e dei

modelli di produzione, di consumo e di utilizzo degli spazi. Esse si impegnano: ad attuare

l’Agenda 21 a livello locale, ad elaborare piani a lungo termine per uno sviluppo durevole e

sostenibile, ad avviare una campagna di sensibilizzazione.

Nel 1996 a Lisbona, in Portogallo, si tiene la Seconda Conferenza Europea sulle città sostenibili.

Le città si impegnano ad attuare l’Agenda 21 locale, riconoscendo le proprie responsabilità

nella regolamentazione della vita sociale. Viene approvato il piano d’azione di Lisbona: dalla

carta all’azione.

La Conferenza ONU sugli insediamenti umani di Istanbul del 1996 rilancia l’Agenda 21 come

procedimento per la programmazione delle politiche e la pianificazione del territorio.

Attraverso la Dichiarazione di Istanbul e l’Agenda Habitat, la conferenza di Istanbul sottolinea

la necessità da parte degli Enti Locali di adottare l’Agenda 21.

Il 1997 è l’anno del Protocollo di Kyoto per la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui

cambiamenti climatici. Il protocollo di Kyoto è un documento redatto e approvato nel corso

della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici tenutasi in Giappone nel 1997. Nel

protocollo sono indicati per ogni Paese gli impegni di riduzione e di limitazione quantificata

delle emissioni di gas serra (anidride carbonica, gas metano, protossido di azoto, esafloruro di

zolfo, idrofluorocarburi e perfluorocarburi). Precisamente le parti dovranno, individualmente o

congiuntamente, assicurare che le emissioni antropogeniche globali siano ridotte di almeno il

5% rispetto ai livelli del 1990 nel periodo di adempimento 2008-2012. Per il raggiungimento di

questi obiettivi, i Paesi possono servirsi di diversi strumenti tali da intervenire sui livelli di

emissione di gas a livello locale-nazionale oppure transnazionale.

Lo stesso anno a New York si riunisce la XIX Sessione Speciale delle Nazioni Unite per la

valutazione dello stato di attuazione dell’Agenda 21.

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Nel 1997 si tiene il Trattato di Amsterdam. Con le modifiche introdotte nei Trattati Europei, la

tutela ambientale è divenuta un principio costituzionale dell’Unione Europea, ed una politica

comunitaria non subordinata ma di pari livello rispetto alle altre fondamentali finalità dell’UE.

L’art.2 del trattato afferma che: “La Comunità Europea promuoverà uno sviluppo sostenibile,

armonioso ed equilibrato delle attività economiche, un alto livello di occupazione e della

sicurezza sociale, l’eguaglianza tra donne e uomini, una crescita economica sostenibile e non

inflativa…un alto grado di protezione e miglioramento della qualità dell’ambiente, la crescita

degli standards e della qualità della vita, la solidarietà e la coesione sociale ed economica tra

gli Stati membri”.

Grazie alla Convenzione di Aarhus del 1998, il cittadino, primo attore del processo di

cambiamento, ha la possibilità di contribuire attivamente alla promozione dello sviluppo

sostenibile. Per questo le pubbliche amministrazioni si impegnano ad ottimizzare le

potenzialità dell’intera società civile attraverso azioni di sensibilizzazione ed informazione e a

promuoverne il coinvolgimento nei processi decisionali.

Nel 1999 in Italia, si discute l’agenda 21 locale. Oggi in Italia sono numerose le amministrazioni

che, firmando la Carta di Aalborg e aderendo alla Campagna Europea città sostenibili, stanno

promuovendo processi di Agenda 21 locale sul proprio territorio. Un impulso decisivo in questa

direzione, viene dalla nascita del Coordinamento Nazionale Agenda 21 locale del 1999 a

Ferrara, recentemente trasformato in associazione.

Nel 2000 ad Hannover c’è la Terza Conferenza sulle città sostenibili. Ad Hannover 250 autorità

locali di 36 Paesi Europei diversi si riuniscono per valutare i risultati conseguiti e per

concordare una linea d’azione comune alle soglie del 21°secolo. Dichiarazione del millennio. La

dichiarazione è stata adottata dalla Sessione Speciale dell’Assemblea generale dell’ONU. A

seguito di tale Dichiarazione nel 2001, l’OCSE, il Segretario dell’ONU e la Banca Mondiale,

hanno messo a punto gli obiettivi di sviluppo, tra cui: l’adozione, entro il 2005, da parte di ogni

Paese di una strategia per lo sviluppo sostenibile, per ribaltare, entro il 2015, la tendenza alla

perdita di risorse ambientali.

Nel 2001 si tiene il Sesto Piano d’Azione Ambientale 2002/2010 dell’Unione Europea. Al

Consiglio dei Ministri dell’Ambiente del giugno 2001 in Lussemburgo, è stata adottata in prima

lettura, una posizione comune sul Sesto Piano di Azione per l’ambiente, ed in particolare “uso

sostenibile delle risorse naturali e gestione dei rifiuti”: garantire che il consumo di risorse

rinnovabili e non rinnovabili e l’impatto che esso comporta non superino la capacità di carico

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dell’ambiente e dissociare l’utilizzo di risorse dalla crescita economica migliorando

sensibilmente l’efficienza delle risorse, dematerializzando l’economia e prevedendo la

riduzione dei rifiuti.

Nell'ambito del Vertice dell’organizzazione mondiale del commercio di Doha, nel Katar, del

2002, viene concordata una posizione comune che costituisce la cosiddetta Dichiarazione

Ministeriale. In particolare per l’Ambiente, si è riaffermato l’obiettivo di intraprendere un

processo di sviluppo sostenibile ed è stato riproposto il “principio di precauzione”, cioè la

possibilità di limitare l’importazione di prodotti che potrebbero risultare nocivi.

Nel 2002 si tiene la Strategia d’Azione Ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia.

Approvata dal CIPE la Strategia Nazionale per lo sviluppo sostenibile individua, per il prossimo

decennio, i principali obiettivi per quattro aree prioritarie: clima, natura e biodiversità, qualità

dell’ambiente, uso sostenibile e gestione delle risorse naturali. Tra gli strumenti d’azione, la

strategia prevede l’integrazione del fattore ambientale in tutte le politiche di settore, a partire

dalla valutazione ambientale di piani e programmi.

Il Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile dell’ONU a Johannesburg nel 2002 rappresenta

l’occasione per riflettere su quanto stabilito al Summit di Rio e per realizzare gli obiettivi dello

sviluppo sostenibile. Uno dei risultati più importanti del vertice è stata l’adozione di un piano

d’azione, sottoscritto da tutti gli Stati presenti, nel quale sono stati individuati i temi chiave per

il prossimo decennio. Al vertice sono state presentate una serie di iniziative volontarie di

collaborazione tra governi, istituzioni, imprese e società civile per dare concretezza al piano.

Infine è stata adottata una dichiarazione politica che si propone di rinnovare l’impegno dei

leader mondiali a favore della lotta alla povertà attraverso uno sviluppo economico svincolato

dal degrado ambientale e dal consumo esasperato di risorse. L’obiettivo primario del vertice è

stato quello di puntare l’attenzione sulle nuove sfide da affrontare per realizzare uno sviluppo

sostenibile, cioè un modello di sviluppo che coniughi gli aspetti economici con quelli sociali e

ambientali, in grado di assicurare una società più equa e prospera, nel rispetto delle

generazioni future.

Da una pubblicazione del 1999 di Herman Daly emerge una definizione di sviluppo sostenibile

ancora più arricchita ed esauriente delle precedenti. Il nostro modo di vivere, di consumare, di

comportarsi, decide la velocità del degrado antropico (misura del grado di disordine di un

sistema), la velocità con cui viene dissipata l’energia utile e il periodo di sopravvivenza della

specie umana.

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Si perviene così al concetto di sostenibilità, intesa come l’insieme delle relazioni tra le attività

umane la loro dinamica e la biosfera, con le sue dinamiche, generalmente più lente. Queste

relazioni devono essere tali da permettere alla vita umana di continuare, agli individui di

soddisfare i loro bisogni e alle diverse culture umane di svilupparsi. Tuttavia le variazioni

apportate alla natura dalle attività umane devono essere contenute entro certi limiti in modo

tale da non distruggere il contesto biofisico globale. Se riusciremo a realizzare una economia

da equilibrio sostenibile come indicato da Herman Daly, le future generazioni potranno avere

almeno le stesse opportunità che la nostra generazione ha avuto. E’ un rapporto tra economia

ed ecologia, in gran parte ancora da costruire, che passa attraverso la strada dell’equilibrio

sostenibile.

8.4. La Valutazione Ambientale Strategica per la sostenibilità.

Le necessità della protezione ambientale devono essere integrate nella definizione e

implementazione delle politiche e delle attività comunitarie, con l’ottica di promuovere lo

sviluppo sostenibile. La protezione ambientale, quindi, non va considerata come una politica

settoriale, ma come un denominatore comune per tutte le politiche.

All’azione ambientale deve accompagnarsi un nuovo tipo d’azione degli altri settori, che

devono internalizzare le preoccupazioni ambientali.

La Valutazione Ambientale Strategica realizza compiutamente l’integrazione della dimensione

ambientale nei processi di formazione delle decisioni e nella predisposizione di politiche, piani

e programmi settoriali e per questo motivo può essere vista come mezzo per attuare lo

sviluppo sostenibile.

La richiamata Direttiva 2001/42/CE, nota come direttiva sulla VAS, si pone strettamente

l’obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire

all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione di piani e programmi al

fine di promuovere lo sviluppo sostenibile.

Essa richiede un approccio integrato, interattivo e intersettoriale che assicuri la partecipazione

del pubblico al processo consultivo e garantisca l’inserimento di obiettivi di qualità ambientale

e le modalità per il loro concreto perseguimento negli strumenti di programmazione e di

pianificazione infrastrutturale, territoriale e urbanistica.

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Il processo valutativo nell’ambito della VAS, accompagnando l’iter di pianificazione e

programmazione, dovrà verificare la coerenza ed il contributo di politiche, piani e programmi

agli obiettivi, criteri ed azioni definiti dalle Strategie di sostenibilità a tutti i livelli.

Da quanto detto, emerge tutto il significato del termine “Strategico”: esso indica che la

valutazione è realizzata ad un livello più alto rispetto alla VIA (Valutazione di Impatto

Ambientale), e che si tratta di uno strumento capace di supportare efficacemente le scelte

sulle politiche da intraprendere, anche in base a considerazioni ambientali.

La diversità tra VAS e VIA è nel soggetto da valutare: piani e programmi per la prima, progetti

di singole opere per la seconda. La VAS compendia, a monte della programmazione e della

pianificazione, gli obiettivi di sostenibilità ambientale. Nella VIA ciò non risulta possibile,

giacché essa interviene nella fase in cui l’opera è stata già pianificata o programmata.

In definitiva si comprende come la valutazione delle singole opere non sia da sola sufficiente a

garantire la sostenibilità complessiva. La VIA deve essere integrata a monte con Piani e

Programmi che nella loro formulazione abbiano già assunto i criteri necessari alla sostenibilità

ambientale. A questo fine occorre sviluppare nuove metodologie di “Valutazione Ambientale

Strategica” dei Piani e Programmi per andare oltre la difesa dell’ambiente ed indirizzare le

trasformazioni progettate verso lo sviluppo sostenibile.

9. Sintesi legislativa.

9.1. La normativa europea.

Con la Direttiva 2001/42/CE l’Unione Europea impegna i Paesi membri ad adottare procedure

per la valutazione ambientale di piani e programmi che “possono avere effetti significativi

sull’ambiente” (art.3, comma 1): tra questi vi sono i PUC (art. 23 L.R. della Campania n°16 del

2004) in quanto regolamentano la “destinazione dei suoli “.

La Direttiva 2001/42/CE, tratta la “valutazione degli effetti di determinati piani e programmi

sull’ambiente”. L’obiettivo generale della direttiva, che conviene qui ulteriormente riprendere,

è quello di “garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire

all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e

programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che venga effettuata la

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valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti significativi

sull’ambiente” (art.1).

La direttiva stabilisce che per “valutazione ambientale” s’intende l’elaborazione di un rapporto

di impatto ambientale, lo svolgimento delle consultazioni, la valutazione del rapporto

ambientale e dei risultati delle consultazioni nell’iter decisionale e la messa a disposizione delle

informazioni sulla decisione” (art.2 comma b). L'elaborazione della valutazione ambientale è

prevista per i settori: agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della

gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione

territoriale e della destinazione dei suoli (art. 3 comma 2).

La valutazione “deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma

ed anteriormente alla sua adozione” (art.4 comma 1).

La direttiva stabilisce che per “rapporto ambientale” si intende la parte della documentazione

del piano o programma “in cui siano individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che

l’attuazione del piano o programma potrebbe avere sull’ambiente nonché le ragionevoli

alternative alla luce degli obiettivi e dell’ambito territoriale del piano o programma” (art.5

comma 1).

Si osservi che la Direttiva prevede uno screening iniziale per decidere se il piano o programma

in questione sia o meno da assoggettare a valutazione ambientale. Per fasi successive si

procede a dare comunicazione al pubblico sugli esiti della verifica e di seguito a definire la

portata del rapporto ambientale, il piano o programma e le ragionevoli alternative.

Si valutano quindi gli effetti delle precedenti, si preseleziona il piano o programma, si stende il

rapporto ambientale, e si consulta nuovamente il pubblico.

All’esito delle consultazioni effettuate segue la definitiva selezione del piano o programma e la

procedura di approvazione.

Riesaminando quanto fin qui detto, si comprende come la Direttiva ponga due vincoli principali

alla valutazione:

-una relativamente al campo di applicazione, ristretto ad alcuni piani e programmi;

-uno di ordine temporale: il momento di applicazione della valutazione appare principalmente

destinato alla fase di elaborazione dei piani e programmi e alla fase anteriore alla loro

adozione, interessando marginalmente quello riservato al monitoraggio della fase gestionale

degli stessi.

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9.2. La normativa nazionale.

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 29 gennaio, il decreto

legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, reca ulteriori disposizioni correttive ed integrative al decreto

legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “norme in materia ambientale”.

In Italia, oltre al riferimento normativo sopra indicato che ha recepito la Direttiva n.

2001/42/CE, sono state emanate delle linee guida per la valutazione ambientale strategica che

fanno riferimento ai fondi strutturali 2000-2006.

Le suddette linee guida sono state riportate sul supplemento del Ministero dell’Ambiente,

“l’Ambiente informa n°9 del 1999”. In queste linee guida si fa riferimento allo schema

cosiddetto Dpsir, caratterizzato da una struttura di relazioni causali che legano tra loro i

seguenti elementi:

- Determinanti (settori economici, attività umane);

- Pressioni (emissioni, rifiuti, ecc.);

- Stato (qualità fisiche, chimiche, biologiche);

- Impatti (su ecosistemi, salute, funzioni, fruizioni, ecc.);

- Risposte (politiche ambientali e settoriali, iniziative legislative, azioni di pianificazione, ecc.).

Le caratteristiche del sistema così tratteggiate permettono di definire la rappresentazione

dell’ambiente in termini di sistema organico in modo da esprimere, a diversi livelli di sintesi,

stati e qualità, pressioni, grado e entità della correlazione tra pressioni e cambiamenti. Lo

schema che viene descritto nelle linee guida è riportato di seguito nella figura.

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In uno con l’illustrazione dello schema Dpsir, le linee guida forniscono una prima informazione

sugli indicatori da utilizzare in una Valutazione Ambientale. Un altro riferimento non

espressamente normativo, ma non per questo meno importante a livello nazionale, è la

Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia.

Essa individua settori dell’ambiente (clima e atmosfera, natura e biodiversità, qualità

dell’ambiente e qualità della vita negli ambienti urbani, prelievo delle risorse e produzione di

rifiuti) e per ognuno di essi la strategia per lo sviluppo sostenibile, riportando degli obiettivi

generali e specifici, degli indicatori e dei target da raggiungere nel tempo.

Per questo motivo essa rappresenta un eccellente punto di riferimento per chi si appresti a

compiere una valutazione ambientale.

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 29 gennaio, il decreto

legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, reca ulteriori disposizioni correttive ed integrative al decreto

legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “norme in materia ambientale”.

Il nuovo codice dell’ambiente, così integrato, nella parte prima “disposizioni comuni e principi

generali”, reca i principi generali che costituiscono il riferimento per la produzione normativa

ambientale e sancisce che i principi ambientali possono essere modificati o eliminati soltanto

mediante espressa previsione di successive leggi della Repubblica italiana, purché sia

comunque sempre garantito il corretto recepimento del diritto europeo.

Con questa premessa viene introdotto il principio dell’azione ambientale, secondo il quale la

tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere

garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o

private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione,

dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati

all’ambiente, nonché al principio «chi inquina paga», che ai sensi dell’articolo 174, comma 2,

del Trattato delle Unioni Europee, regolano la politica della Comunità in materia ambientale.

L’emendato art. 3 del nuovo codice dell’ambiente sancisce che ogni attività umana debba

conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento

dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le

possibilità delle generazioni future, consentendo di individuare un equilibrato rapporto tra

risorse ereditate, risorse risparmiate e quelle da trasmettere, affinché nell’ambito delle

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dinamiche della produzione e del consumo si inserisca il principio di solidarietà, per

salvaguardare e migliorare la qualità dell’ambiente anche in futuro. Con ciò, un ruolo

fondamentale è attribuito alla pubblica amministrazione che, in caso di scelta comparativa di

interessi pubblici e privati, deve indirizzare la propria attività verso scelte finalizzate che

consentano la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, tenendo in

prioritaria considerazione gli interessi di tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale.

Nella parte seconda del nuovo codice dell’ambiente vengono riscritte le procedure oltre che

per la valutazione ambientale strategica (VAS) che qui interessa, anche per la valutazione

dell’impatto ambientale (Via) e per l’autorizzazione integrata ambientale (Ippc). La valutazione

ambientale di piani e programmi, definita Vas (valutazione ambientale strategica), riguarda

piani e programmi che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio

culturale. Questa si sostanzia in quel processo, propedeutico all’approvazione di un Piano o

Programma, che prevede, nei casi di cui all’art. 6 - comma 3 del D.L. 152/2006 e ss.mm.i.., la

verifica di assoggettabilità attraverso l’elaborazione di un rapporto ambientale preliminare.

La fase di verifica di assoggettabilità, detta anche screening, è finalizzata a valutare la

possibilità di applicare la VAS ai piani e ai programmi di cui all'art. 6 comma 3 del D.L.

152/2006 e s.m.i. secondo le modalità definite dall'art.12.

In particolare, l’art.6, comma 3 sopra richiamato che “Per i piani e i programmi che

determinano l’uso di piccole aree a livello locale, la valutazione ambientale è necessaria

qualora l’autorità competente valuti che possano avere effetti significativi sull’ambiente,

secondo le disposizioni di cui all’art. 12”.

L’art. 12 del D.L. 152/06 come modificato, prescrive che” Nel caso di Piani e Programmi di cui

all’art. 6, comma 3, l’autorità procedente trasmette all’autorità competente, su supporto

cartaceo ed informatico, un rapporto preliminare, comprendente una descrizione del piano o

programma e le informazioni ed i dati necessari alla verifica degli impatti significativi

sull’ambiante dell’attuazione del piano o programma, facendo riferimento ai criteri

dell’allegato I del presente decreto”.

Come schematizzato nella figura successiva, detto Rapporto Preliminare è inviato ai soggetti

competenti in materia ambientale i quali, entro trenta giorni dal ricevimento, inviano il proprio

parere all'Autorità Competente e a quella Procedente.

L'Autorità Competente valuta, sulla base degli elementi di cui all'allegato I e tenuto conto delle

osservazioni pervenute, se il Piano o Programma possa avere impatti significativi sull'ambiente

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ed emette un provvedimento di verifica assoggettando o escludendo il Piano o Programma dai

successivi obblighi della procedura di VAS.

Il risultato della verifica di assoggettabilità, comprese le motivazioni, deve essere reso

pubblico.

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9.3. La normativa della Regione Campania.

La normativa campana si riconduce alla legge regionale n° 16 del 22 dicembre 2004 che è la

nuova legge per il governo del territorio della regione Campania. Essa all’art.1 cita: “La regione

Campania disciplina con la presente legge la tutela, gli assetti, le trasformazioni e le

utilizzazioni del territorio al fine di garantire lo sviluppo, nel rispetto del principio di

sostenibilità, mediante un efficiente sistema di pianificazione territoriale e urbanistica

articolato a livello regionale, provinciale e comunale.”

Da quanto detto emerge che nella Legge Regionale affiorano quei principi di sviluppo

sostenibile, auspicati dalla stessa opinione pubblica mondiale alla luce dei sempre più

frequenti disastri ambientali dovuti ai cambiamenti climatici.

La nuova legge regionale rende obbligatoria la valutazione ambientale dei piani, precisando

all’art.47 che:

1 . I piani territoriali di settore ed i piani urbanistici sono accompagnati dalla valutazione

ambientale di cui alla Direttiva 2001/42/CE del 27 giugno 2001, da effettuarsi durante la fase di

redazione dei piani.

2 . La valutazione scaturisce da un rapporto ambientale in cui sono individuati, descritti e

valutati gli effetti significativi dell’attuazione del piano sull’ambiente e le alternative, alla luce

degli obiettivi e dell’ambito territoriale di riferimento del piano.

3 . La proposta di piano e il rapporto, sono messi a disposizione delle autorità interessate e del

pubblico con le procedure di cui agli articoli 15 - 20 - 24 della presente legge.

4 . Ai piani di cui al comma 1 è allegata una relazione che illustra come le considerazioni

ambientali sono state integrate nel piano e come si è tenuto conto del rapporto ambientale di

cui al comma 2.

Dalla lettura dell’art. 47 emerge che la legge regionale in materia di valutazione ambientale, si

riconduceva completamente alla Direttiva europea, vista l’assenza del già citato quadro di

riferimento nazionale colmata con l’entrata in vigore, solo nel luglio 2007, del D.L. n. 152/2006.

10.1. Quadro programmatico territoriale.

Il piano proposto è un piano di attuazione delle direttive del PRG vigente nel Comune di

Pontecagnano-Faiano, e come tale è collocato alla fine della scala gerarchica dei piani comunali

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e sovracomunali; pertanto, come già sopra evidenziato, il PUA non determina scelte strutturali

nell’organizzazione del territorio, quanto semplicemente applicazioni operative di opzioni

locali e puntuali. Di seguito, al solo fine di fornire gli elementi caratterizzanti di tali Piani o

Programmi, tutti gerarchicamente sovraordinati, si riporta il quadro programmatico territoriale

per inquadrare la zona di intervento, ovvero la pianificazione territoriale, sovraordinata o di

settore, e le possibili aree protette o vincolate che sono presenti sul territorio in esame. Nello

studio effettuato si terrà conto dei seguenti strumenti:

- Piano Territoriale Regionale della regione Campania adottato con D.G.R. n° 287 del

25/02/2005.

- Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di Salerno adottato con

delibera di C.P. n°145 del 18/12/2001.

- Piano Stralcio per l’assetto idrogeologico dell’Autorità di Bacino destra Sele adottato con

delibera del Comitato Istituzionale n°80 del 17/10/2002 e approvato con Delibera di Giunta n°

5241 del 31/10/2002 e s.m.i.

- Piano Regolatore Generale del Comune di Pontecagnano Faiano adottato con delibera di C.C.

n°14/s del 02/09/1985 e successiva n°15/s del 05/04/86 ed approvato con D.P.G.R. del

07/01/1988.

- Regolamento Edilizio del comune di Pontecagnano Faiano adottato con delibera di C.C. n°6

del 16/01/1993, e ratificato dal Consiglio Provinciale con delibera n°91 del 18/11/1996.

Dagli strumenti di programmazione riportati si sono estrapolati tutti quegli elaborati che

danno una classificazione e una caratterizzazione dal punto di vista ambientale del territorio.

Inoltre si sono riportati quegli aspetti, in particolare per il PRG che possono, in una seconda

fase, supportare le scelte coerenti dal punto di vista ambientale.

Dalla cartografia prodotta dal PTR (Piano Territoriale Regionale - 2002) si riportano di seguito

alcuni utili stralci delle cartografie relative alle aree protette o interessate da Piani Paesistici.

Emerge quale area tutelata ai sensi del D.L. n° 490/99 (sostituito dal vigente D.L. 22/01/2004

n°42) anche l’area del Comune di Pontecagnano Faiano che si estende tra la linea di costa e

l’attraversamento ferroviario, sottoposta a vincolo ai sensi della legge n°1497 del 1939 con DM

22/02/1970. Tale ambito territoriale oggetto di vincolo non interessa l’area oggetto del PUA in

esame.

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Il territorio comunale non è interessato da altre aree protette: quella più prossima al comune

di Pontecagnano Faiano è rappresentata dal Parco Regionale dei Monti Picentini istituito con

L.R. n°33 del 01/09/1993, che si trova a nord est rispetto ad esso.

PTR - Parchi nazionali e aree protette

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PTR - Parchi regionali e piani paesistici

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Nell’ambito del PTR è presente un elaborato molto interessante ai fini di considerazioni sui

sistemi ambientali, cioè quello relativo alla rete ecologica regionale.

Si tratta di una cartografica nella quale sono riportate le maggiori linee di connettività di tipo

ecologico a livello regionale, allo scopo di mettere a sistema aree di notevole interesse per la

biodiversità.

Tale carta consente di verificare se sono presenti attraversamenti della rete ecologica

regionale sul territorio comunale.

PTR – Rete ecologica regionale

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Osservando l’elaborato predisposto dall'autorità regionale si nota come il comune di

Pontecagnano Faiano non sia attraversato da corridoi ecologici di livello regionale, ma sia

invece classificato da essa come un area a massima frammentazione ecosistemica.

Questa circostanza implica che gli interventi urbanistici che comportano la trasformazione

della destinazione d’uso dei suoli, devono mirare ad una minore frammentazione del territorio.

L’intervento proposto, di fatto, costituisce proprio il completamento di una parte

estremamente limitata del territorio comunale, razionalizzando, tra l’altro, anche la struttura

viaria “rompendo” diaframmi preesistenti che ne costituivano un evidente inefficienza. Infatti

l’organizzazione viaria nella situazione attuale è costituita da una serie di traverse “cieche”

che, con i tronchi viari previsti dal PP, vengono riammagliate e rese funzionali.

Il Piano Territoriale Regionale della regione Campania approvato inquadra il comune di

Pontecagnano-Faiano nel STS (Sistema Territoriale di Sviluppo) nella zona D5 Area-Urbana di

Salerno (Tav. 7 – Tav. 8 – Tav. 9).

10.2. Indirizzi strategici per i sistemi STS.

Per il Sistema Territoriale di Sviluppo D5 (Sistema Urbano di Salerno) si sono individuati i

seguenti indirizzi strategici:

A. Interconnessione

A1. Accessibilità attuale

A2. Programmi

B. Difesa e recupero della “diversità” territoriale: costruzione della rete ecologica

B1. Difesa della biodiversità

B2. Riqualificazione della costa

B3. Valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio

B4. Recupero delle aree dismesse e in via di dismissione

C. Governo del rischio ambientale

C1. Rischio vulcanico

C2. Rischio sismico

C3. Rischio idrogeologico

C4. Rischio incidenti rilevanti nell’industria

C5. Rischio rifiuti

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C6. Rischio da attività estrattive

D. Assetto policentrico ed equilibrato

D1. Riqualificazione e messa a norma della città

E. Attività produttive

E1. Attività produttive per lo sviluppo industriale

E2. Attività produttive per lo sviluppo agricolo-Sviluppo delle filiere

E3. Attività produttive per lo sviluppo agricolo-Diversificazione territoriale

E4. Attività produttive per lo sviluppo turistico

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10.3. Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.

Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di Salerno, in fase di

rielaborazione a seguito dell’approvazione della LR n. 16/2004, prevede per l’area urbana di

Salerno-Pontecagnano, nell’ambito di sviluppo di servizi integrati, la valorizzazione e

potenziamento dei servizi di rilievo provinciale: riorganizzazione dell’assetto urbano e

promozione della qualità complessiva dello spazio (Tav. 10 – Tav. 11).

PTCP – Stralcio sistema ambientale

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Confini Comunali Pontecagnano Faiano

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10.4. Piano Stralcio per l’assetto idrogeologico dell’Autorità di Bacino destra Sele.

Si riportano di seguito le informazioni elaborate dall’Autorità di Bacino Destra Sele in relazione

agli ambiti ed ai settori di specifica competenza, segnatamente gli studi relativi a rischio frane

e rischio idraulico.

Poiché dagli elaborati emerge che il territorio del comune di Pontecagnano Faiano è

individuato in larga misura come non soggetto a rischio frane, è presente solo una limitata

zona del territorio nei pressi di Faiano, direttamente interessata a tale rischio.

Si riportano di seguito gli elaborati del rischio idraulico e le aree inondabili della zona

interessata dall’intervento.

Emerge, anche con riferimento sia al rischio idraulico che a quello frane, l’assoluta assenza di

qualsiasi limitazione o vincolo riferita all’area oggetto di PUA in esame.

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10.5. Piano Regolatore Generale.

Il Piano regolatore Generale di Pontecagnano Faiano è stato approvato con DPGR n.18 del

07/01/1988.

Le previsioni del PRG di cui sopra individuano una moltitudine di destinazioni urbanistiche:

zone residenziali di completamento e di espansione, zone artigianali-commerciali-direzionali,

zone industriali, zone turistiche e zone per servizi generali su cui sono previste varie tipologie

di servizi.

Il territorio comunale per ragioni strutturali può, urbanisticamente parlando essere

considerato diviso in due macrozone delineate dalla strada ferrata.

Il territorio a sud della strada ferrata, vincolato ai sensi della Legge 1497/39, ha conservato per

la maggioranza l’uso agricolo con eccezione della fascia a ridosso della strada ferrata che è

stata destinata a residenziale di espansione, e della fascia che si estende dalla foce del fiume

Picentino alla foce del fiume Tusciano che è stata destinata per larga parte ad uso turistico;

inoltre sono presenti, anche se in misura ridotta, zone a destinazione produttiva di tipo

artigianale-commerciale e di tipo industriale.

A nord delle strada ferrata si trova il centro urbano di Pontecagnano con le sue frazioni di S.

Antonio e Pagliarone e il centro urbano collinare di Faiano, in questa fascia di territorio, le

destinazioni urbanistiche previste dal P.R.G. vanno dalle zone residenziali di completamento e

di espansione, alle zone turistiche collinari, alle zone artigianali-commerciali-direzionali, alle

zone industriali e a servizi generali; nel centro urbano di Pontecagnano sono presenti

contenitori industriali dimessi, retaggio delle fiorenti attività agro-alimentari che per anni

hanno caratterizzato la vita economica e sociale della zona.

La densità delle zone urbanisticamente predisposte alla trasformazione edilizia è decisamente

più alta nella zona a nord della strada ferrata.

Dall’analisi del P.T.R. e P.T.C.P. si evince che l’intervento proposto è compatibile sia con le

previsioni di P.R.G. che con i piani sovracomunali, non potendo incidere su alcuno di essi, ma

rappresentando, si ripete, una semplice attuazione dello strumento urbanistico generale in

una porzione molto limitata del territorio comunale.

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11.1. Problematiche ambientali.

Uno dei problemi ambientali attinenti ai mutamenti che l’espansione di una città comporta,

deriva dalla struttura economica del territorio e le problematiche ambientali legate allo

sfruttamento delle risorse naturali.

Allo stesso tempo le risorse naturali presenti in una determinata area territoriale influiscono

sui processi di antropizzazione, sulla dimensione degli insediamenti abitativi e sulla

localizzazione delle attività produttive.

La densità della popolazione, le attività produttive, i trasporti, i flussi turistici producono effetti

rilevanti sulle condizioni ambientali esistenti. Inoltre la crescita demografica comporta un

aumento della domanda dei beni prodotti dall’agricoltura e per questo un’utilizzazione dei

suoli più elevata ed intensiva.

Le attività localizzate negli insediamenti urbani, necessitando di elevati consumi di energia,

causano un forte sfruttamento delle risorse naturali e un’elevata produzione di inquinamento.

Si generano altresì, flussi dall’esterno, come approvvigionamenti alimentari, e verso l’esterno,

come i rifiuti da destinare allo smaltimento.

Esiste una relazione causa effetto tra il grado di antropizzazione presente in un territorio ed il

livello di utilizzo delle risorse naturali, la quantificazione di tali relazioni non è immediata e

necessita di modelli interpretativi.

Si riportano di seguito alcuni risultati derivanti da uno studio condotto dal Dipartimento di

Scienze Economiche e Statistiche dell’Università di Salerno riguardo la stima di un indicatore

ambientale applicato ai comuni della Campania, che ha lo scopo di fornire una metodologia

per misurare i livelli di pressione ambientale calcolati per i singoli comuni della Campania.

Lo schema utilizzato per elaborare gli indicatori diretti a misurare l’impatto sull’ambiente delle

attività umane è il modello Pressione Stato Risposta (RPS) elaborato dallo statistico canadese

A. Friend negli anni ’70 e adottato dall’(OCSE, 1993).

Il set delle variabili è costituito da 12 indicatori, cinque di essi sono di natura demografica (la

densità della popolazione, il rapporto stanze su popolazione, variazione della popolazione

1991-1999, ecc.)

La densità della popolazione è una delle variabili ritenuta più importante per determinare il

grado di pressione sulle risorse naturali, perché essa è il fattore maggiormente collegato al

livello di antropizzazione presente nel territorio oggetto di indagine.

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Anche la variazione di popolazione è ritenuta importante nel quantificare l’indice di pressione

in special modo in un territorio come quello campano, perché si ipotizza che, a parità di

densità demografica, l’impatto sull’ambiente aumenti con la velocità con la quale gli

insediamenti antropici si realizzano.

Lo studio si compone di due parti. Nella prima parte viene descritto il legame esistente tra

l’attività economica e l’ambiente, nella seconda parte si propone un metodo per la stima di un

indice di pressione ambientale a livello comunale e per l’individuazione di aree ambientali

omogenee.

Oltre all’indice di pressione ambientale sono state considerate altre tre variabili relative allo

stato dell’ambiente e delle risorse naturali, che sono:

- l’indicatore di vulnerabilità

- l’indicatore di naturalità

- l’indicatore di protezione

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A queste quatto variabili, è stata applicata un’analisi di Cluster. Il risultato ottenuto è

l’individuazione di 5 gruppi di comuni, le cui principali caratteristiche sono di seguito riportate:

- area mediamente antropizzata: tali comuni hanno livelli di naturalità, di protezione e di

pressione ambientale di poco inferiore alla media ed una vulnerabilità minima. La maggior

parte di essi sono comuni di dimensione minima che si trovano all’interno ma che hanno

comunque un grado di antropizzazione maggiore dei cluster 4 e 5.

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- area fortemente antropizzata: sono quei comuni per i quali sono stati rilevati livelli minimi di

naturalità e protezione, una vulnerabilità media ed un alta pressione sulle risorse naturali. Essi

sono 122, pari al 22% del totale. Questa classe raggruppa i 5 comuni capoluoghi di provincia, i

comuni localizzati nell’area metropolitana di Napoli sino a Caserta, i comuni di Battipaglia ed

Eboli nel Salernitano.

- area urbana periferica: in questa classe sono compresi i comuni con pressione media,

naturalità e protezione media e vulnerabilità alta. Vi rientrano i comuni prossimi alle aree

metropolitane di Napoli, Salerno e Caserta, quelli del Vallo di Diano attraversati dall’autostrada

SA-RC alcuni comuni della costiera Sorrentina e alcuni facenti parte del sistema locale di

Agropoli.

- area naturale antropizzata: in questa classe sono inclusi i comuni dell’isola d’Ischia, dell’isola

Flegrea (Pozzuoli) e la maggior parte dei comuni della costiera cilentana. Pur avendo un grado

di antropizzazione non basso, presentano un elevato livello di naturalità e protezione.

- area con alta vocazione naturale: questa classe raggruppa i comuni con pressione ambientale

minima, livelli massimi di naturalità, di protezione e vulnerabilità.

Rientrano in questa classe 87 comuni prevalentemente localizzati nelle aree interne, con

alcune eccezioni di comuni della fascia costiera Amalfitana e Cilentana.

Secondo questo studio il comune di Pontecagnano- Faiano viene a trovarsi nell’area 1. Area

mediamente antropizzata, tra i comuni che hanno livelli di naturalità, di protezione e di

pressione ambientale di poco inferiore alla media ed una vulnerabilità minima.

In conclusione della valutazione di tale specifico punto, può desumersi che, anche in

considerazione della limitatezza dell’area interessata dall’intervento, dei bassi profili delle

nuove costruzioni, il PUA in esame non determina problematiche di natura ambientale,

contribuendo, al contrario, a promuovere il completamento con caratteri di sviluppo

sostenibile di questa limitata parte della città.

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11.2. La gestione dei rifiuti.

Stante quanto sopra già riportato, in considerazione della limitatezza dell’area interessata e

delle modeste densità abitative previste, il PUA in oggetto non può comportare alcuna

conseguenza rilevante nel settore dell’ambiente.

Tuttavia, nella predisposizione del PUA si è posta attenzione alle problematiche della gestione

dei rifiuti con specifica previsione, anche in accordo con le indicazioni dell’Amministrazione

Comunale, di un’area ecologica specifica, da prevedere nell’ambito della dotazione di

standards ed in prossimità della viabilità pubblica.

In tale area, adeguatamente schermata a verde, saranno localizzati i contenitori per la raccolta

differenziata, già attuata con successo nel Comune, a servizio di tutto il comprensorio.

Per quanto riguarda la situazione della gestione dei rifiuti nel territorio comunale, il comune di

Pontecagnano-Faiano è dotato di un piano per la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani.

Il Commissario Straordinario del Comune ha reso noto che tale raccolta differenziata, ha

raggiunto nel mese di febbraio 2007 il 60% della produzione totale dei rifiuti.

Questo traguardo rappresenta, in un momento molto critico per la Regione Campania, un

successo che si và ad aggiungere a quelli conquistati negli anni precedenti e che ha consentito

al Comune di essere premiato come Ente trai più attenti al riciclo della provincia di Salerno.

E’ da ricordare, altresì, che in questa ottica di continuo miglioramento del sistema di raccolta

differenziata “porta a porta”, è stata avviata nel passato mese di giugno, una campagna di

comunicazione e di sensibilizzazione sia dei cittadini che dei villeggianti. Parallelamente però è

stato avviato un controllo più pregnante per colpire coloro che contravvengono alle

disposizioni dettate per tale raccolta.

Di seguito si riportano grafici diffusi dall’ARPAC e di fonte APAT sulla produzione totale

procapite di RSU per provincia nell’anno 2000 e le percentuali di raccolta differenziata per

provincia nell’anno 2000.

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11.3. L’impatto del PUA.

Per quanto fin ora descritto, e considerando la natura, la localizzazione e le dimensioni limitate

del progetto proposto, possiamo asserire che, in relazione alla probabilità, frequenza e

reversibilità degli impatti, la realizzazione dello stesso, non potrà in alcun modo avere

influenza su di essi.

In particolare per quello che riguarda il carattere cumulativo degli impatti che l’attuazione del

piano produce sulle aree che possono essere interessate, possiamo affermare che le azioni del

Piano possono essere considerate come quelle attività dirette o indirette che l’esecuzione

dello stesso produce o va a realizzare.

Queste sono determinate dall’analisi delle caratteristiche e dei contenuti della proposta

effettuata. Esse costituiscono le pressioni ambientali che alterano lo stato di qualità

ambientale e territoriale, generando così gli elementi di impatto.

L’analisi proposta ha lo scopo di identificare le azioni del Piano che producono pressioni sulle

tematiche ambientali/territoriali e valutarne l’entità al fine di verificarne la loro sostenibilità o

meno.

In particolare le tematiche ambientali/territoriali possono essere definite come quelle

componenti su cui si risentono gli effetti generali delle azioni del Piano.

Esse comprendono non solo le componenti fisiche dell’ambiente (aria, acqua, suolo, ecc.) ma

anche quelle più propriamente connesse alle attività umane (attività economiche, verde

urbano, ecc.)

Ai fini della valutazione del piano, è necessario seguire un percorso metodologico che

consenta:

- di individuare le tematiche ambientali e territoriali sulle quali si ipotizza un effetto delle azioni

del Piano;

- di esplicitare, per ciascuna tematica, i temi prioritari che rappresentano gli ambiti interessati

dagli effetti delle singole azioni del Piano;

- di determinare, la valutazione dei possibili effetti prodotti dalle azioni del Piano nell’ambito

dei temi prioritari considerati.

In particolare, si è ritenuto opportuno prendere in considerazione alcune delle tematiche

ambientali e territoriali, quelle più pertinenti, e per ciascuna di esse, si individuano i temi

prioritari interessati dagli effetti della singola azione come riportato nelle tabelle seguenti.

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COMPONENTI TERRITORIALI

Socio – Economica

Popolazione, Occupazione,

Economia

Ambiente Urbano

Ambiente edificato, Standard

urbanistici e attrezzature

Mobilità

Emissioni dei principali inquinanti

atmosferici

Energia

Consumi energetici

COMPONENTI AMBIENTALI

Aria

Qualità dell’aria

Suolo

Uso del territorio, Aree

impermeabilizzate

Natura e biodiversità

Aree naturali

Rifiuti

Produzione di rifiuti

Acqua

Consumi idrici, Acque reflue

Paesaggio Qualità visiva

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Di seguito, sono riportate e messe in relazione, le “azioni” sulla base della descrizione fornita

dal Piano che ne definisce formalmente le modalità attuative, le tematiche ambientali e

territoriali sulle quali si prevede un effetto e gli interventi di mitigazione e compensazione, che

si intendono le indicazioni correttive che possono essere applicate alla scala dei progetti, se

necessarie.

Nei casi in cui le azioni del piano intervengono apportando degli effetti positivi, sulle tematiche

prioritarie analizzate, non sono previsti interventi di compensazione o mitigazione.

AZIONI

DEL PIANO

TEMATICHE

TERRITORIALI

POSSIBILI EFFETTI

INTERVENTI DI

MITIGAZIONE/COMPENSAZIONE OVE NECESSARI

Realizzazione del PUA

Popolazione,

Occupazione,

Economia

Non vi è aumento di popolazione in quanto

si tratta di un insediamento a

carattere commerciale.

Realizzazione del PUA

Ambiente edificato

Standard urbanistici

e

attrezzature

Il Piano prevede un grande incremento di standard in una parte

di città dove essi risultano essere quasi

assenti.

Realizzazione del PUA

Emissioni dei

principali inquinanti

atmosferici

Possibile aumento del traffico

veicolare per incremento dei servizi

Dotare le aree di specie arboreo-arbustive,

autoctone con spiccate capacità depurative.

Razionalizzare il traffico veicolare afferente alla

lottizzazione promuovendo modalità innovative di

mobilità sostenibile

Realizzazione del PUA

Consumi energetici

Aumento del consumo

delle risorse energetiche per

l’alimentazione degli impianti

Uso di tecnologie a basso consumo

energetico; evitare la dispersione termica,

sfruttare a pieno l’illuminazione naturale

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AZIONI DEL PIANO

TEMATICHE AMBIENTALI

POSSIBILI EFFETTI

INTERVENTI DI

MITIGAZIONE/COMPENSAZIONE OVE NECESSARI

Realizzazione del PUA

Qualità dell’aria

Emissioni dovute al traffico veicolare

Previsione di massima dotazione di verde

Realizzazione del PUA

Uso del territorio

Consumo relativo di suolo dovuto a

nuove edificazioni.

Potenziamento del patrimonio

vegetale e degli aspetti naturalistici dell’area

Realizzazione del PUA

Aree

impermeabilizzate

Alterazione degli equilibri

idrogeologici dovuti all'aumento

di superfici

impermeabili

Mantenere bassi rapporti di copertura delle nuove costruzioni.

Mantenere alte percentuali di suolo permeabile in

profondità per permettere la ricarica della falda.

Scelta della tipologia di materiali adeguati per le

pavimentazioni (semipermeabili). Realizzare una efficiente rete di

raccolta e trattamento delle acque di scolo opportuna per la regimazione

delle acque

Realizzazione del PUA

Aree naturali

Riduzione

dell’estensione e della varietà di ambienti naturali

connessa all’aumento della

pressione antropica. Possibili

interazioni con habitat

naturali

Potenziare il patrimonio vegetale e gli

aspetti naturalistici attraverso la

ricollocazione proporzionale al suolo occupato,

delle specie eventualmente eliminate. Dotare le aree di elementi arboreo-

arbustivi di specie autoctone

Realizzazione del PUA

Produzione

di rifiuti

Aumento della produzione

conseguente ai nuovi

insediamenti

Messa a punto di sistemi e impianti innovativi di raccolta.

Riutilizzo materiali di scavo. Incremento della raccolta

differenziata

Realizzazione del PUA

Consumi idrici

Aumento dei consumi.

Elevati costi di gestione

(irrigazione e

Ottimizzazione dei sistemi di distribuzione.

Predisporre impianto per la raccolta dell’acqua piovana

per usi irrigui e non potabili. Utilizzare tra le specie autoctone

quelle che hanno

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manutenzione)

meno bisogno di acqua. Campagna di sensibilizzazione per il

risparmio idrico. Riuso delle acque grigie di scarico

Realizzazione del PUA

Acque reflue

Maggiore carico alla

rete fognaria derivante

dall’aumento dei reflui.

Interventi progettuali di adeguamento relativamente

alle portate per evitare sovraccarichi sul sistema fognario comunale.

Raccolta e trattamento delle acque di scolo inquinate.

Realizzazione del PUA

Qualità visiva

Alterazione degli

aspetti caratteristici

dell’urbanizzato circostante. Inserimento inadeguato

di nuovi volumi ed impianti

L’impatto visivo delle trasformazioni sul paesaggio

sarà mitigato mediante accorgimenti di carattere progettuale.

Inserimento paesaggistico delle strutture e degli spazi

accessori. Utilizzazione del verde come

elemento di progetto. Utilizzo di tecnologie ecocompatibili e

di linee interrate e non volanti anche per ridurre

pericolo e disagio visivo

Dall’analisi di questi schemi emergono una serie di considerazioni, che possono essere

riassunte come segue.

Gli interventi per la realizzazione dei nuovi insediamenti dovranno costituire esempio di

applicazione di progettazione integrata e di qualità, da tradurre nella proposta esecutiva

dell’intervento e nelle opere di urbanizzazione del PUA.

Si terrà conto pertanto già nella proposta esecutiva di:

- previsione di elevate percentuali di superfici permeabili;

- previsione di una elevata dotazione arbustiva/arborea con spiccate capacità depurative e di

filtro per gli agenti inquinanti;

- studio dell’inserimento ambientale che tenga conto dei materiali utilizzati, delle tipologie, dei

colori, degli elementi architettonici, nel rapporto con il contesto;

- realizzazione di aree a parcheggio a raso con impiego di pavimentazioni semipermeabili e di

un’alta dotazione arboreo/arbustiva.

La realizzazione del piano dovrà tener conto di modalità realizzative volte al risparmio

energetico e all’edilizia sostenibile.

Esempi di indicazioni e tecniche di risparmio energetico:

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- controllare le temperature ambientali interne, installando sistemi di regolazione locale

(valvole termostatiche, ecc.) agenti sui singoli elementi riscaldanti;

- realizzare strutture di tamponamento (pareti verticali, coperture…) con un livello di

isolamento termico superiore rispetto a quello previsto dal regolamento nazionale;

- utilizzazione di doppi vetri;

- prevedere pannelli solari fotovoltaici allacciati alla rete elettrica di distribuzione;

- utilizzare materiali naturali e finiture bio-compatibili.

11.4. Rischi per la salute umana o per l’ambiente.

Non si può ragionevolmente pensare che la realizzazione del PUA in oggetto potrebbe in

qualche modo essere causa di rischio per la salute umana o per l’ambiente, né che le persone

che fruiranno della zona potrebbero essere soggetti a rischi derivanti da attività pericolose per

la salute. Si può invece affermare che nel territorio comunale non risultano essere presenti

industrie che comportano rischi di incidenti rilevanti, e a conferma di ciò si riporta un grafico

della regione Campania, diffuso dall’ARPAC, con la localizzazione delle industrie a rischio

incidenti rilevanti.

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11.5. Caratteristiche naturali e patrimonio culturale.

L’area oggetto dell’intervento non è un’area naturale protetta, parte del territorio comunale è

inserito nelle aree di tutela paesistica ai sensi dell’art. 136, D.L 42/2004, ma esso riguarda

quella parte dello stesso posta a valle della linea ferroviaria fino alla fascia costiera, e quindi

non interessa il sito in questione.

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Inoltre vi è un’area vincolata e destinata al Parco Archeologico all’interno del centro urbano,

che racchiude i resti del più importante centro etrusco della Campania meridionale, gli

insediamenti più antichi, nella zona, però risalgono al periodo eneolitico (2000 a.c.). In epoche

successive si sono avvicendati: un importante centro Greco (dal IX al III sec. A.c.) e

successivamente Romano.

Del Parco Archeologico, ad oggi è stata portata alla luce ed è visitabile solo una piccola area.

Esso, insieme con nuovo Museo Archeologico, di recente costruzione, costituiscono un

importante risorsa per la città e più in generale, per il patrimonio culturale del paese.

La parte meridionale dell’area destinata a parco archeologico si insinua all’interno del lotto C

del PUA in oggetto, ma, come già specificato, il lotto C resta inalterato e non rientra nell’area

di intervento, quindi anche la piccola parte di parco all’interno di esso non è in alcun modo

interessato all’intervento.

Si riporta di seguito lo stralcio delle risorse naturali e storiche del PTCP.

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11.5.1. Quadro geomorfologico, topografico e territoriale.

Secondo le indicazioni delle fonti antiche l’Ager Picentinus corrisponde alla parte

settentrionale della piana del fiume Sele.

Si considera interessante approfondire il quadro geomorfologico dell’area in considerazione

del fatto che la conformazione della piana ha fortemente influenzato la disposizione e lo

sviluppo dei siti nel territorio.

Si tratta di una vasta zona dalla variegata conformazione che presenta una serie di condizioni

che hanno facilitato l’insediamento umano. La principale è la ricchezza delle risorse naturali ed

in particolare di quelle idriche.

L’area si può dividere in tre macroinsiemi geomorfologici: la piana di origine alluvionale, la

fascia collinare e l’area montana interna, essa è percorsa, trasversalmente, da un notevole

numero di corsi d’acqua, alimentati dalle sorgenti poste sui monti Picentini.

La piana di origine alluvionale si affaccia sul mar Tirreno nel suo versante meridionale ed ha su

questo fronte la sua maggiore estensione, restringendosi notevolmente verso l’interno,

assumendo una forma sub triangolare.

L’attuale configurazione della fascia costiera non è rispondente a quella antica.

L’area è stata fortemente modificata nel suo assetto a partire dalla seconda metà del XIX

secolo, in seguito ad un’intensa azione di bonifica operata dal governo borbonico.

Oltre all’azione antropica si sono aggiunte, nel corso del tempo, modifiche di tipo naturale in

seguito alla costante sedimentazione di apporti detritici ed alluvionali.

L’azione di bonifica, continuata anche nel secolo scorso, ha portato alla cancellazione, tramite

la creazione di canalizzazioni e colmate, di alcune formazioni palustri e lagunari, concentrate

soprattutto nei pressi della costa, col tempo divenute malsane, soprattutto per la presenza

endemica di febbri malariche.

Il costante avanzamento della linea costiera, dovuto, come detto, all’apporto continuo di

detriti, è sottolineato dalla presenza di alcune fasce di cordoni dunari, separati da fasce

interdunari. La loro presenza è appena percepibile, attualmente, grazie a lievi ondulazioni del

paesaggio, in quanto gli apporti alluvionali hanno conferito alla piana costiera un aspetto

estremamente piatto.

Attualmente l’area del comune di Pontecagnano Faiano, si trova a circa 28 metri sul livello del

mare, dista circa 10 chilometri dalla città capoluogo, Salerno, e conta circa 25.000 abitanti.

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Situata al limite settentrionale della piana del Sele, confina con i comuni di Salerno, Giffoni

Valle Piana, Montecorvino Pugliano, Bellizzi e Battipaglia.

Nell’area sono distinguibili tre zone diverse:

la zona collinare, con l’abitato urbano di Faiano posto a circa 100 metri sul livello del mare;

la zona pianeggiante digradante verso il mare, con il centro abitato di Pontecagnano e vaste

aree a vocazione agricola ricche di corsi irrigui;

la fascia costiera affacciata sul mar Tirreno è stretta tra il fiume Picentino ed il fiume Tusciano.

L’area comunale descrive una superficie di circa 36,00 chilometri quadrati.

11.5.2. Inquadramento storico archeologico.

L’Ager Picentinus è stato occupato in antico sia nella sua parte costiera sia nella fascia collinare

che lo chiude verso nord, in maggior modo lungo i corsi fluviali che, sicuramente, sono stati

una via di comunicazione privilegiata tra la piana e le valli interne dell’odierna Irpinia.

L’area occupata dall’attuale comune di Pontecagnano Faiano costituiva uno dei principali

insediamenti dell’Agro Picentino. Essa si trova a confine con l’attuale territorio comunale di

Salerno, il cui centro storico, dove va posto l’antico insediamento di Salernum, si trova a circa

10 km.

L’attuale centro di Pontecagnano sorge a circa 4 km. dalla costa e si sviluppa lungo la Strada

Statale 18 per le Calabrie.

Le fonti letterarie che trattano le notizie storiche della zona si riferiscono all’epoca ellenistica e

si riferiscono ad un insediamento denominato Picentia.

Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia afferma che l’Ager Picentinus un tempo era abitato

dagli Etruschi e che alla sua epoca Picentia si trovava nel territorio di Salernum.

Strabone nel V libro della Geografia ci fornisce notizie che risalgono al 268 a. C., in quell’anno i

Romani deportano dal Piceno la tribù dei Picentini e li stabiliscono in questo territorio,

costituendo un insediamento denominato Picentia.

La cittadina ebbe rapporti spesso contrastati con Roma fino a che si schierò apertamente

contro i Romani dopo la sconfitta di Canne e per tale motivo venne pesantemente punita al

termine delle guerre puniche.

Probabilmente a questi avvenimenti si ricollega la scelta dei Romani di fondare, nel 197 a. C.,

una colonia a Salernum, essa si inquadra in un ampio progetto di controllo delle linee costiere

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ed è presentata dalle fonti come fortificazione di un precedente castrum controllato dai

romani.

La colonia ebbe il controllo del territorio e gli abitanti di Picentia furono dispersi a vivere in

villaggi.

Comunque un centro urbano con tale denominazione dovette continuare ad esistere poiché,

secondo Floro, fu messo a ferro e fuoco durante la guerra sociale.

Dopo tale evento le fonti non forniscono ulteriori informazioni circa la sorte dell’insediamento

ed anche i rinvenimenti epigrafici, ancorché limitati, non si spingono oltre il II, III secolo d. C.

Nell’Ager Picentinus oltre a Salernum vi è un altro insediamento romano, Eburum, di cui non è

chiaro lo statuto e la data di fondazione, sicuramente in età imperiale era un municipium retto

da duoviri.

Il dato importante che emerge da questa ricostruzione è che Picentia non ebbe mai autonomia

amministrativa, ma dipese sempre da altri centri costituiti dai romani nell’Ager Picentinus o ai

confini dello stesso.

Rivestono una considerevole importanza le notizie archeologiche ottenute in seguito alle

indagini sistematiche svolte a partire dagli anni sessanta.

I primi insediamenti dell’area risalgono all’Eneolitico, come dimostrato dal ritrovamento di

alcune sepolture che si possono ben inserire nella facies del Gaudo.

Per tutto il periodo che va dal IX al IV secolo a.C. si ha nell’area una densa occupazione, come

testimonia l’alto numero di tombe riferibili a questo periodo.

L’insediamento antico doveva essere di origine Etrusca come dimostrano le sepolture in gran

numero rinvenute.

Le testimonianze archeologiche si spingono fino al finire del IV secolo d.C. quando venne

abbandonata la necropoli sul fiume Picentino, fino al V secolo d.C. con attestazioni di attività

artigianali all’interno del centro abitato, essenzialmente legate alla produzione vetraria, e al VI,

VII secolo d.C. con due sepolture individuate nell’area dell’abitato.

In epoca imperiale la frequentazione del sito si basa su due nuclei distinti, uno gravitante

intorno alla fascia costiera, si dovrebbe trattare di ville marittime con annesse necropoli, ed

uno interno nei pressi dell’antico abitato.

In seguito Picentia è ricordato solo come toponimo indicando che si tratta di un centro di

minore importanza.

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Le fonti contribuiscono a dare l’idea che in luogo dell’antico agglomerato urbano si sia

sviluppato un territorio organizzato sulla base di piccoli agglomerati di abitazioni, con annesse

attività artigianali e necropoli, sviluppatisi intorno a quello che era l’asse principale viario.

Inoltre i dati sembrano indicare che la necropoli lungo il fiume Picentino possa essere connessa

ad un piccolo centro posto a controllo del guado, del resto sembra che anche in antico in

quell’area vi fosse un attraversamento del fiume.

In definitiva, in epoca imperiale, non vi è più un unico centro urbano, ma una serie di piccoli

centri disposti all’interno di un vasto territorio controllato amministrativamente da Salernum.

Nel corso del medioevo l’area fu assoggettata al feudo ecclesiale di Faiano, avendo come

centro principale il monastero di San Benedetto.

I Borboni, nella seconda metà dell’800, promossero una vasta riforma delle terre semi

abbandonate, bonificando l’area e spingendo la popolazione a stabilirvisi.

Pontecagnano era amministrativamente retto dal comune di Montecorvino da cui si separò il

18 giugno 1911 quando fu emesso il Regio Decreto che istituiva il comune di Pontecagnano

Faiano.

11.5.3. Beni culturali di rilievo storico, architettonico.

Gli elementi storico architettonici con valenza culturale, presenti sul territorio, sono

rappresentati, essenzialmente, da due distinte tipologie:

le masserie, di cui le più antiche vennero costruite, su impulso dei Borboni, nella prima metà

dell’ 800, nel corso del primo serio intervento di bonifica e di sfruttamento agrario della piana;

i contenitori industriali, oggi praticamente tutti dismessi, realizzati dall’inizio del novecento in

avanti ed adibiti, nella maggior parte, alla lavorazione del tabacco ed alla produzione di

conserve alimentari.

Una menzione a parte meritano:

il convento di San Benedetto in Faiano, che ha rappresentato il nucleo principale che ha tenuto

insieme la comunità nei secoli bui dell’alto medioevo, la cui struttura odierna, salvo i successivi

rimaneggiamenti, è coeva con quella della Badia di Cava, ovvero risale all’incirca all’anno

millecento;

il mulino Califano a Faiano, recentemente ristrutturato, che risale all’anno milletrecento, fu

realizzato, in posizione strategica per lo sfruttamento delle copiose acque che sgorgano dalle

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falde dei Picentini e che da Faiano irrompono verso il mare, interamente con conci squadrati di

travertino di Faiano.

- Masserie

Le caratteristiche costruttive di tali manufatti sono abbastanza omogenee.

La tipologia è quella tipica degli insediamenti rurali:

pianta quadrata con ampia corte interna, oppure pianta ad L o a C con corte esterna;

piano terreno occupato dalle pertinenze agricole e dalle stalle;

piano nobile residenziale con copertura a tetto a falde inclinate.

La corte interna è spesso pavimentata con pietra basaltica, le scale esterne, per l’accesso al

primo livello, sono realizzate con arco asimmetrico in pietra, sovente, in sommità, vi è la

presenza di piccionaie.

Le murature portanti del fabbricato sono ottenute con pietre squadrate in travertino locale

ricavate dalle cave di Faiano.

Gli orizzontamenti del primo livello sono realizzati con volte, sempre di travertino, a botte, a

crociera o a vela, quelli del secondo livello sono solai piani con travi di castagno, la struttura

del tetto è lignea, spesso a vista per la parte eccedente le murature perimetrali, con copertura

con coppi ed embrici di terracotta.

Le soglie delle porte ed i davanzali delle finestre sono realizzati con pietre lavorate di

travertino locale o di basalto vesuviano.

Gli intonaci esterni sono spesso colorati in rosa pesca, più raramente in giallo, con fascia

marcapiano bianca, fascia che, talora, circoscrive anche le aperture.

Gli insediamenti rurali più significativi sono:

Conforti in località Denteferro;

Casella ed Incarto in via Colombo;

Valentinia in località Picciola;

Arbusto Grande in località Casa Parrilli;

Morese e Carrara alla frazione S. Antonio;

Gaudino e Moscati a Faiano;

Alfani in via Puglia.

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- Contenitori industriali

Un forte impulso industriale ha avuto origine nei primi decenni del secolo scorso con la

realizzazione di numerosi insediamenti, che hanno rappresentato la causa principale del

consistente inurbamento che ha portato alla creazione del centro urbano attuale.

In pratica si può ben dire che è stata la città che è cresciuta intorno alle fabbriche, buona parte

di esse, infatti, sono attualmente racchiuse all’interno dell’area urbana e ne rappresentano

buona parte del tessuto.

I primi insediamenti, ovvero: il tabacchificio Centola, le industrie conserviere Crudele e Cirio, la

falegnameria Sada, tutte all’interno del centro urbano, ed il tabacchificio Farinia in località

Picciola, hanno una tipologia costruttiva simile, essenzialmente rappresentata da:

ampie aperture con costolature verticali a ritmare i prospetti;

utilizzo di murature portanti in mattoni in cotto salernitano con svettanti ciminiere, laddove

erano necessarie, splendidamente realizzate anch’esse in mattoni in cotto salernitano

singolarmente numerati;

coperture realizzate con lunghe travate lignee, a diversi componenti sovrapposti, saldamente

vincolate alla testa di lunghi ed, apparentemente, esili pilastri in calcestruzzo cementizio

armato, e con tegole di terracotta;

in alcuni casi, conservificio Crudele e tabacchificio Farinia in particolare, si rilevano fortemente

i caratteri distintivi dell’architettura del ventennio.

11.5.4. Elementi ambientali.

Il territorio comunale comprende i primi contrafforti collinari dei monti Picentini e l’ampia

piana alluvionale essenzialmente racchiusa tra l’alveo del fiume Picentino, a confine con il

territorio comunale di Salerno, e l’alveo del fiume Tusciano a confine con l’area comunale di

Battipaglia.

Il fiume Picentino nasce dal monte Acellica, della catena dei Picentini, situato tra Acerno e

Giffoni Valle Piana, alle sorgenti di Capo di Fiume.

Nel tratto alto il fiume supera considerevoli dislivelli con formazione di salti e cascate.

L’alveo, composta da ghiaia e sabbia, è largo dai 3 ai 5 metri ed è contornato da essenze miste

locali tra le quali spiccano il faggio, l’ontano, il carpino, il frassino e l’acero.

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Il fiume raccoglie, in località Cucchiaduro, le acque del torrente Fiumicello, ingrossandosi

notevolmente.

Il Picentino ha una lunghezza di circa km. 22,00.

Le sue acque vengono, essenzialmente, utilizzate per uso irriguo: a monte per la coltivazione di

nocciole, noci, castagne ed olive, nella fertile piana vi sono ampie coltivazioni di ortaggi,

verdura e frutta, sia all’aperto che, in buona parte, sotto serra.

Il fiume Tusciano nasce dal monte Polveracchio, della catena dei monti Picentini, posto tra

Acerno e Campagna.

Il suo nome deriva, probabilmente, dal fatto che esso rappresentava il confine meridionale dei

possedimenti etruschi.

Il fiume riceve le acque di numerosi torrenti ed alimenta, nei pressi di Olevano sul Tusciano,

una centrale idroelettrica dell’ENEL, il cui invaso lo impoverisce notevolmente.

Dai monti Picentini al mar Tirreno il Tusciano percorre circa km. 37,00 attraversando la piana di

Battipaglia e di Pontecagnano e contribuendo, con le sue acque, all’irrigazione delle numerose

colture presenti.

L’area comunale di Pontecagnano è attraversata, da monte al mare, da altri corsi d’acqua

minori, il più importante è il torrente Asa, che, nella parte alta, costituisce il confine con il

comune di Montecorvino Pugliano, nasce dal monti Picentini e raggiunge il mar Tirreno,

raccoglie, nella piana di Pontecagnano, le acque della Frestola, ricche di carbonati di calcio, che

nasce poco più in alto dell’abitato di Faiano.

Nella zona dell’abitato di Faiano, al confine con vicino comune di Montecorvino Pugliano, sono

presenti alcune sorgenti sulfuree curative, le più importanti sono le cosiddette sorgenti delle

Sette Bocche, nei pressi del bosco denominato Macchia Morese, le cui proprietà lenitive sono

state clinicamente testate, costituivano la fonte delle Terme Morese un tempo attive ed oggi

abbandonate.

11.6. Utilizzo intensivo del suolo.

Per il Comune di Pontecagnano-Faiano il rapporto tra superficie agricola totale e superficie

totale comunale è passata dal 68-83% del 1990 al 30-50% nel 2000. La crisi che ha investito il

settore negli ultimi anni ha determinato un progressivo abbandono dell’attività agricola con la

conseguente dismissione delle coltivazioni.

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11.7. Impatto su aree protette.

Le aree e i paesaggi riconosciuti come protetti a livello nazionale e comunitario sono: Parchi

Nazionali, Riserve Naturali Statali, Aree Naturali Marine, Zone a Protezione Speciale (ZPS), Siti

di Interesse Comunitario (SIC), sono riportati nella figura seguente, nella quale si evidenzia la

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localizzazione dell’area in esame, e dalla quale si può evincere che l’intervento proposto, data

la sua localizzazione, non potrebbe avere alcun impatto su tali siti.

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12. Conclusioni.

Si sono finora comparate le caratteristiche del Piano Urbanistico Attuativo che si propone in

zona C1 con le caratteristiche ambientali e territoriali, dimostrando che il PUA che si propone

non ha un impatto significativo sull’ambiente, comportando effetti limitati e circoscritti all’area

di intervento.

Il comparto edificatorio, infatti, prevede un utilizzo pari a poco più del 30% dell’area

complessiva, mentre la restante parte, ovvero il lotto C, resta completamente inalterata,

mantenendo la sua funzione agricola.

Inoltre l’intervento non investirà in alcun modo la piccola porzione di Parco Archeologico

contenuta all’interno del lotto C che, come sopra specificato, non rientra nel campo della

trasformazione urbanistica. In ogni caso, come previsto dai protocolli della Soprintendenza

Archeologica, prima dell’edificazione saranno effettuati i dovuti saggi investigativi, in modo da

accertare l’eventuale presenza di vestigia antiche.

Le investigazioni effettuate permettono di affermare che l'intervento edilizio proposto non

sarà fonte di impatto paesistico o ambientale sull'area circonvicina.

L'area non è soggetta al alcun tipo di restrizione determinata dalla necessità di tutela di

elementi idrologici, idrogeologici, naturali, archeologici e architettonici.

Essa, inoltre, non è soggetta a rischi di tipo geologico o a rischi connessi alle inondazioni.

L'intervento che si propone non è fonte di contaminazione e non è soggetta ad alterazioni

della qualità organolettica del suolo e del sottosuolo.

Si può dunque concludere che l’adozione del PUA in zona C1, non produce effetti considerevoli

sul territorio nel quale si andrebbe ad insediare la trasformazione urbanistica, e non incide

sull’impatto complessivo esercitato sull’ambiente.

Si ritiene pertanto in conformità con l’allegato I del D.L. n. 152/2006, così come modificato

dal D.L. n. 4/2008, e ai sensi del comma 3, art.3 direttiva 2001/42/CE, limitatamente ai

parametri indagabili allo stato attuale della progettazione, che, per l’adozione del PUA in

zona C1, non risulta necessaria la Valutazione Ambientale Strategica, facendo salva una

diversa valutazione degli organi preposti.

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Si allega:

- Stralcio aerofotogrammetrico;

- Planimetria di progetto generale;

- Planimetria di progetto di dettaglio;

- Pianta, prospetti e sezione dell'edificio A;

- Pianta, prospetti e sezione dell'edificio B.

Il tecnico

Ing. Giuseppe Guariglia

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