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La democraziaLa democraziaLa democraziaLa democrazia

L'esperienza storica ha prodotto e collaudato due tipi di democrazia: 1)la

democrazia diretta, cioè la democrazia come partecipazione; 2) la

democrazia indiretta, vale a dire la democrazia rappresentativa.

La prima è un esercizio in proprio e in questo senso diretto del potere,

laddove la seconda è un sistema di controllo e di limitazione del potere.

Nel primo caso un regime democratico è fondato sulla partecipazione dei

cittadini al governo della loro città: è la democrazia della "polis" e delle

sue imitazioni medievali. Nel secondo caso è invece affidato ai

meccanismi rappresentativi di trasmissiione del potere.

A prima vista la "partecipazione" può sembrare più soddisfacente, sicura,

autentica, quindi migliore, della "rappresentanza".

Ma sta di fatto che la polis e i comuni medievali hanno vissuto

un'esistenza effimera e turbolenta; e questo nonostante le dimensioni

della città antica fossero piccolissime e i cittadini vivessero in quella

piccola comunità cementata da un comune sentire religioso, morale e

politico.

Il punto debole della polis risiedeva nella concezione greca dell'uomo. Nel

vivere politico i greci non vedevano una parte o un aspetto della vita: ne

vedevano la pienezza e l'essenza. L'uomo non-politico era per i greci un

essere incompleto e carente (un idiota). L'uomo era senza residui il

cittadino: il che rendeva inoncepibile distinguere e poi contrapporre il

singolo alla sua città.

Il fatto che un preopotente istinto individualistico traversi tutta

l'esperienza della democrazia di tipo ateniese, non smentisce che

l'individuo vi restava indifeso e in balìa della collettività. Quella

democrazia non aveva rispetto degli individui, che anzi guardava con

sospetto. Diffidente e gelosa di ogni personalità emergente, spietata nelle

sue persecuzioni, era una città nella quale il valore dell'individuo e della

sua condotta si misurava esclusivamente in ragione del vantaggio o del

danno della polis.

La questione è, allora, che per noi non è più vero che il cittadino sia "tutto

l'uomo".

Noi riteniamo invece che la persona umana sia un valore in sé

indipendentemente dalla società e dallo Stato. Tra noi e gli antichi c'è

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stato il cristianesimo, il rinascimento, il giusnaturalismo, la Riforma e

tutta la meditazione filosofica e morale che si conclude in Kant.

E' la differenzza che spiega come mai il mondo antico non conosceva

l'individuo-persona e non poteva valorizzare "il privato" come sfera

morale e giuridica liberante e promotrice di auto-realizzazione.

La formula "tutto nello Stato" (anche se la polis è una città-comunità, una

città senza Stato), è la formula che ha condotto allo Stato totalitario.

Secondo l'impostazione greca, noi saremmo perfettamente schiavi.

La democrazia antica fu dunque breve. Nell'esperienza dei greci il potere

popolare velocemente divenne un rullo compressore che travolse

"l'isonomia" (uguali leggi, regole uguali per tutti) e poi se stesso. Alla fine

tutto quello che la folla acclamava diventava legge, né limiti di sorta

limitavano quel discrezionale potere di esercitare un assoluto potere. E

così fu la fine. La parola democrazia fu coniata da Erodoto attorno al 450

a.C.. La riforma di Clistene fu del 508 a.C.e la democrazia ateniese

virtualmente finì nel 323 a.C.: ebbe a durare circa un secolo e mezzo.

Dopoidiché sparì sia come realtà che come parola. Per circa duemila anni

di democrazia non si parla quasi, e quando viene ricordata la parola è

dispregiativa.

Per tutto questo tempo l'ottimo regime è stato chiamato "respublica",

repubblica. E dire repubblica era diversissimo da dire democrazia.

Res publica è "cosa di tutti" (e difatti in inglese diventa common weal e

poi commonwealth), mentre democrazia stava, ad esempio, in Aristotele,

"per cosa di parte" (il demos come parte povera del tutto).

Storicamente la differenza tra democrazia e repubblica diventa addirittura

opposizione.

Alla fine del XVIII secolo ancora Kant criticava coloro che "avevano

cominciato a confondere la costituzione repubblicana con quella

democratica". I costituenti americani non erano di diverso avviso e la

Costituzione degli Stati Uniti era intesa a creare una repubblica salva da

pericoli democratici. Anche la Rivoluzione francese aveva in mente l'ideale

di repubblica (fatta eccezione per Rousseau che, peraltro, considerava

quella ateniese cattiva democrazia).

Come mai un termine che oggi ci sta tanto a cuore sia stato per così

lungo tempo mal visto?

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Il rigetto della parola democrazia sino al XIX secolo attesta quanto il

tracollo della democrazia antica sia stato memorabile e definitivo.

Parimenti il termine riemerge, quando riemerge, per idicare una realtà del

tutto nuova: la liberaldemocrazia.

Il seme dal quale emerge si chiama "pluralismo", ossia la scoperta e la

comprensione che il dissenso, la diversità di opinioni, il contrasto, non

sono nemici di un ordine politico-sociale.

La genesi ideale delle democrazie liberali è nel principio che la

differenzazione e non l'uniformità costituisce il lievito e il più vitale

alimento del convivere. Questa idea si è venuta strutturando nell'età della

Riforma e di fronte alle terribili devastazioni e crudeltà delle guerre di

religione tra il 1562 e il 1648. Fino ad allora si era sempre guardato alla

diversità come causa della rovina degli Stati, come fonte di discordia e di

disordine, e si pensava che l'unanimità fosse il necessario fondamento dei

governi.

Da allora si cominciò a pensare all'opposto, a guardare con sospetto

l'unanimità e a valorizzare il "dissent", la varietà.

E' su questa rivoluzionaria inversione di prospettive che si è andata

lentamente costruendo la civiltà liberale; ed è per questo tramite che si

arriva alle attuali democrazie.

I dispotismi, le vecchie e nuove dittature, sono il mondo tutto di un

colore; la democrazia è un mondo multicolore. Non la democrazia antica,

che fu anch'essa monolitica. E' la liberal-democrazia che viene strutturata

sulla diversità.

Sono i moderni e non i greci ad aver scoperto come costruire un ordine

politico attraverso il molteplice e le differenze.

I punti caratterizzantipunti caratterizzantipunti caratterizzantipunti caratterizzanti sono i seguenti:

- il pluralismo deve essere concepito come pluralità di credenzepluralità di credenzepluralità di credenzepluralità di credenze (la

frammentazione medievale era di strutture, non di credenze);

- il pluralismo presuppone e comporta tolleranza tolleranza tolleranza tolleranza: è negato dal fideismo e

dal fanatismo;

- il pluralismo chiede che lo Stato abbia la giusta autonomia dalla Chiesa Stato abbia la giusta autonomia dalla Chiesa Stato abbia la giusta autonomia dalla Chiesa Stato abbia la giusta autonomia dalla Chiesa

e dalle religioni e che la società civile sia autonoma da entrambe società civile sia autonoma da entrambe società civile sia autonoma da entrambe società civile sia autonoma da entrambe (il

pluralismo è minacciato sia dallo Stato che è braccio secolare della

Chiesa, sia dallo Stato che politicizza la società).

Insomma, a Dio quello che è di Dio, a Cesare quello che è di Cesare, e alla

società civile quello che non è né di Dio né di Cesare: in soldoni, è questa

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la visione del mondo che porta al liberalismo e poi alla democrazia

liberale. Una visione del mondo che a tutt'oggi resta tipicamente

occidentale. L'Islam la rifiuta frontalmente e in Africa non ha le minime

radici.

Ma come possiamo definire la democrazia? -Ma come possiamo definire la democrazia? -Ma come possiamo definire la democrazia? -Ma come possiamo definire la democrazia? -

La questione è semplice e al contempo complessa: ben diversa è la

democrazia a cui guardava Lenin da quella di Kelsen, a sua volta

scarsamente comparabile con quella di Rawls o di Habermas, che

differisce dalla democrazia secondo Tocqueville, o Bergson, o Maritain.

Forse la sua piu compiuta e celebre definizone si rinviene in A. Lincoln,

che nella allocuzione di Gettysburg (19 novembre 1863) determinò la

democrazia come govemement of the people, by the people, for thegovemement of the people, by the people, for thegovemement of the people, by the people, for thegovemement of the people, by the people, for the

peoplepeoplepeoplepeople. Il popolo dunque esercita il propno originano diritto

all'autogoverno ed è la fonte immediata dell'autontà politica (of Iheof Iheof Iheof Ihe

peoplepeoplepeoplepeople); questa è espressa dal popolo (for the peoplefor the peoplefor the peoplefor the people). Questa

determinazione sembra realizzata nella democrazia dei moderni, meno in

quella degli antichi, che era inquinata dalla schiavitu, per cui il popolo

non era cosituito dalla totalità delle persone bensl solo dai cittadini

liberi.

L'idea di libertà democratica recupera I'intuizione degli antichi,

concependo la libertà politica autentica come partecipazione alle

decisioni politiche da parte dei cittadini.

E preferibile perciò parlare di democrazia repubblicana oppure di

repubblica democratica, per mettere in maggior risalto la necessaria

convergenza del principio democratico (autogoverno del corpo politico,

cnterio dell'autorità che sale dal basso) con quello repubblicano, volto al

bene comune e sensibile alle virtù civiche.

In un lungo e accidentato processo che giunge sino a noi sono stati via

via elaborati i principi di ogni autentico governo politico, che corrisponde

allo “spirito democratico”: “spirito democratico”: “spirito democratico”: “spirito democratico”:

dignità dell'uomo e suoi diritti/doveri; istituzioni che li difendono e li

promuovono; bene comune; difesa del povero; solidanetà o fraternita

civica; personalismo comunitario; interdipendenza dei popoli e

cooperazione internazionale; lavoro quale servizio comune; legge morale

quale fondamento della società; base morale dell'autorità politica; diritto

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positivo soggetto al giudizio di leggi razionali non scritte; autogoverno

quale diritto inalienabile risiedente nel popolo; autorita politica nominata

dal basso; governo limitato e controllato; governo delle leggi e non degli

uomini (lex facit regem lex facit regem lex facit regem lex facit regem e non viceversa); costituzonalismo; ecc.

I - LA DEMOCRAZIA SENZA NEMICO

Nel 1789 scoccava la scintilla della nvoluzione francese. Per una singolare

coincidenza è nel 1989 che è scoccata la scintilla che chiude il ciclo

rivoluzionario avviato a Parigi esattamente due secoli prima Il simbolo

delI'awio dell'età delle rivoluzioni è stato la caduta della Bastiglia: era il 14

luglio del 1789. I1 simbolo della fine dello Stato nvoluzionario per

antonomasia è stato la caduta del muro di Berlino: era il 9 novembre

1989. E la dissoluzione del socialismo reale ci lascia al cospetto di un

vincitore assoluto: la democrazia liberale.la democrazia liberale.la democrazia liberale.la democrazia liberale.

Importa sottolineare che il vincitore è la democrazia liberale perché da

mezzo secolo a questa parte ci è stato raccontato che le democrazie

erano due: formale e reale, capitalista e comunista. Questa «alternativa

inesistente» ci è dovuta scoppiare tra le mani perché la sua inesistenza

venisse riconosciuta. Ma oramai il falso è in bella vista e per tutti da

vedere.

La democrazia ha vinto, e la democrazia che ha vinto è la sola democrazia

“reale” che si sia mai realizzata in terra: la liberal-democrazia.

Perdere il nemico cambia tutti i punti di riferimento. La democrazia senza

nemico non ha piu problemi esterni, fuori da sé. Paradossalmente, ma

non tanto, perdere il nemico esterno scoperchia il vaso di Pandora dei

problemi interni. Da un lato diventa sempre piu difficile rifiutare la

democrazia; dall'altro, e congiuntamente, puo diventare sempre piu

difficile gestirla.

Che vittoria è stata?. Oggi la vittona della democrazia è in primis vittoria

di un principio di legittimità. Alla lunga è una vittoria decisiva; ma a

breve è solo una vittoria preliminare.

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E qual è lo stato dei fatti? Geograficamente la vittoria della democrazia si

circoscrive al mondo modernizzato. La sola superiorità certa della

modernizzazione è tecnologica. Ma questa superiorità basta da sola a

rendere la modernizzazione un processo inarrestabile, un destino

pressoché inesorabile.

Se dunque la democrazia marcia con la modernizzazione, se dove arriva

I'una arriva poi, prima o dopo, anche I'altra, è ragionevole prevedere che

la geografia della democrazia si andrà estendendo in sintonia con la

geografia della modernizzazione.

Ma agli inizi degli anni Novanta lo stato dei fatti è che la vittona dellala vittona dellala vittona dellala vittona della

democrazia si arresta grosso modo ai confini dell'Africa, esclude unademocrazia si arresta grosso modo ai confini dell'Africa, esclude unademocrazia si arresta grosso modo ai confini dell'Africa, esclude unademocrazia si arresta grosso modo ai confini dell'Africa, esclude una

grossa parte del continente asiatico (la Cina è grandissima), e si imbattegrossa parte del continente asiatico (la Cina è grandissima), e si imbattegrossa parte del continente asiatico (la Cina è grandissima), e si imbattegrossa parte del continente asiatico (la Cina è grandissima), e si imbatte

nel rigetto dei paesi islamici nei quali politica e religione, spirituale enel rigetto dei paesi islamici nei quali politica e religione, spirituale enel rigetto dei paesi islamici nei quali politica e religione, spirituale enel rigetto dei paesi islamici nei quali politica e religione, spirituale e

temporale, sono tutt'unotemporale, sono tutt'unotemporale, sono tutt'unotemporale, sono tutt'uno. Dunque la vittona spaziale della democrazia è

ancora lontanissima dall'essere g]obale. Peraltro se la geografia della

democrazia come forma politica si circoscnve a metà del pianeta Terra,

piu estesa e piu importante è la vittoria della democrazia come principio

di Iegittimità.

Su questo fronte resistono solo l'Islam e le società nelle quali il

tradizionalismo non è stato ancora corroso. Ma in tutto il mondo

«risvegliato» e scalfito dalla modernità·diventa sempre piu vero che il

solo potere legittimo - il solo potere al quale è dovuta libera obbedienza

- è il potere da investitura popolare, eletto dal basso.

Mentre diviene sempre più difficile resistere alla democrazia, saprà la

democrazia resistere a se stessa?

Nelle carte antiche le terre sconosciute venivano indicate con “hic sunt

leones”, qui stanno i leoni.

Noi stiamo entrando in un mondo pieno di leoni. Alcuni leoni sono già

identificati, per esempio la bomba demografica e la minaccia di collasso

ecologico; ma non riguardano la teoria della democrazia.

Ma altri leoni ci guardano e sono animali tuttora da identificare

1. La prima incognita è che stiamo uscendo dal mondo costituito da “cose1. La prima incognita è che stiamo uscendo dal mondo costituito da “cose1. La prima incognita è che stiamo uscendo dal mondo costituito da “cose1. La prima incognita è che stiamo uscendo dal mondo costituito da “cose

lette” per entrare nel mondo delle “cose viste”.lette” per entrare nel mondo delle “cose viste”.lette” per entrare nel mondo delle “cose viste”.lette” per entrare nel mondo delle “cose viste”.

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La transizione passa attraverso un mezzo secolo - o anche meno - di

«cose sentite», e cioè di ascolto della radio. Ma la radio è ancora, a suo

modo, lettura. Chi abbandona il giornale per la radio smette di leggere

ma pur sermpre «si fa leggere». Ed ecco che d'un tratto la televisione fafafafa

vederevederevederevedere. È una novità straordinaria, la rivoluzione che batte di mille e mille

leghe tutte le rivoluzioni, ivi inclusa quella della stampa (la prima Bibbia a

stampa di Gutenberg apparve attorno al 1445. Fu l’inizio della

«mobilitazione intellettuale» e del pubblico «consumatore di cultura». La

consumazione della cultura è oggi moltilicata per mille e mille. Ma la

video-cultura non è piu «cultura» nel senso storico (e radicato nella

storia) del termine.

Da quando I'uomo esiste, gli eventi del mondo I'uomo non li ha mai visti:

gli sono stati raccontati, e piccolissime élites intellettuali si sono

adoperate a spiegare il mondo pensandolo. Da quando I'uomo esiste e

fino all'inizio dei viaggi di massa, il mondo “visto” si riduceva al mondo

nel quale I'uomo era nato e trascorreva la vita: una determinata

campagna, un villaggio, una città. Oggi, invece, stando seduti al cospetto

di un video possiamo vedere tutto, dovunque.

In generaie il primo impatto del tele-vedere è «risvegliante»«risvegliante»«risvegliante»«risvegliante». Ilmondo che

precede le comunicazioni di massa era un mondo che dormiva,

addormentato perché chiuso in milioni e milioni di nicchie senza finestre.

Con la televisione le nicchie sono state penetrate, e così il tele-vedere «fa

cambiare», mette in moto I'immobile e vitalizza I'inerte. che il video-

potere è stato «liberante».

Negli avvenimenti dell’Est è indubbio che il video-potere è stato liberante.

Le rivoluzioni che là hanno travolto i regimi comunisti sono state rapide e

pacifiche, pressoché non resistite e senza sangue (salvo che in Romania),

anche e proprio perché rinforzate e protette dalla visibilità. In Cina le

autorità hanno silenziato i media e spento le televisioni occidentali prima

di intervenire e di schiacciare gli studenti con carri armati; ma a Praga, a

Budapest, in Germania, e infine, nel 1991, a Mosca creare il «buio dell’

etere» non era piu possibile. Quando i cittadini chiusi in casa hanno visto

in video che si poteva uscire e scendere in strada senza pericolo, sono

discesi in massa in strada e la rivoluzione è stata lentamente vinta. Ma

senza tele-vedere e video-potere non sarebbe andata così.

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Fin qui i meriti. Ma nel piu lungo periodo la domanda diventa: cosacosacosacosa

succede dell'homo sapiens a fronte dell'homo videns?succede dell'homo sapiens a fronte dell'homo videns?succede dell'homo sapiens a fronte dell'homo videns?succede dell'homo sapiens a fronte dell'homo videns?

Idealmente vorremmo che il primo venisse completato, e anche arricchito,

dal secondo.

Nel fatto assistiamo, invece, alla brutale sostituzione delI'uomo sapiente

con I'uomo vedente, e così all'avvento di un animale oculare che sa solo

quel che vede, che vede «senza sapere», e quindi di un essere umano la

cui vita non è piu intessuta da concetti ma eminentemente da immagini.

Dal che ultenormente consegue che il nostro vivere si intesse sempre più

di emozioni. La lettura non ci scuote e riscalda piu di tanto; le immagini

commuovono e coinvolgono. Il nostro destino dipenderà sempre più,

allora; dal «potere dell'immagine». Nel mondo dominato dalla televisione

tutto o quasi tutto si riconduce a un «vedere».

La televisione traduce i problemi in immagini; ma se poi le immagini non

sono ritradotte in problemi, I'occhio mangia la mente: ché il puro e

semplice vedere non ci illumina per nulla su come i problemi siano da

inquadrare, proporzionare, affrontare e risolvere. Semmai è il contrario:

tutto va fuori proporzione, e nemmeno si capisce più quali problemi

siano fasulli e quali veri.

Che la televisione spieghi poco e male è generalmente ammesso. Ma - si

nbatte - la televisione informa. Dawero? - Quel che è vero è che informa

un più alto numero di persone; ma le informa tutte (rispetto al giornale)

molto meno.

Inoltre, e questo è il punto sul quale si deve sempre insistere e tornare,

riduce I'informazione al visibile. Anche se «informare» è soltanto «dare

notizie» (una accezione davvero minima di quel concetto), le notizie che

vanno in onda sono a loro volta filtrate da due criteri: devono essere

video-geniche (attraenti e facili da vedere) e anche videoredditizie (in

ragione degli indici di gradimento degli utenti). E il video-redditizio

finisce per essere il metro di tutto. Il fatto è che il degno di essere visto

non corrisponde in alcun modo al degno di essere saputo. E poi - per

tornare alla prenessa - una informazione sempre insufficientemente

spiegata che informazione è· Informazione o, piuttosto, disinformazione?

McLuhan diceva che i mass media producono il villaggio globalizzato. Si

può invece dire che producono, all’inverso, un mondo «villaggificato».

Mentre la realtà si complica, le meni si semplicizzano. E mentre il mondo

si ingrandisce in visibilità, noi vediamo più che altro piccolezze.

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La democrazia è un’apertura di credito all’homo sapiens, a un animale

abbastanza intelligente da saper creare e gestire da sé una città buona.

Ma se l’homo sapiens è in pericolo, la democrazia è in pericolo.

Il marxismo non è riuscito a fabbricare un “uomo nuovo”; ma il video-

potere lo sta di fatto fabbricando.

LA SECONDA INCOGNITA RIGUARDA IL RISCHIO DI CADERE NELLA

TRAPPOLA DELLA DEMOCRAZIA SOLO FORMALE

Nell'epoca moderna si è sviluppato un concetto di democrazia che ho

esaltato.

Ma in un ‘ottica che potremmo chiamare per comodità "illuminista", e

che ha conosciuto I'apporto anche di altre correnti di pensiero, si fonda,

in estrema sintesi, sui seguenti presupposti:

IndiuidualismoIndiuidualismoIndiuidualismoIndiuidualismo. L'uomo, secondo questa visione, non è originariamente

sociale. Quando decide di dar vita alla società, non può farlo da solo in

quanto non ha il potere in proprio di costituire un ordine che vada oltre la

propria individualità. La società, per alcuni moderni, nasce da un patto o

contratto tra una maggioranza di uomini. Ecco, quindi, che il criterio della

maggioranza, nella concezione moderna, si applica al principio stesso

della società politica e ne è il fondamento assoluto.

Sovranità della maggioranzaSovranità della maggioranzaSovranità della maggioranzaSovranità della maggioranza. Ne deriva che la maggioranza, essendo

legittimata a decidere sui fondamenti stessi della convivenza, ha un

potere assoluto, e non è da nulla limitata.

Indifferenza ai valoriIndifferenza ai valoriIndifferenza ai valoriIndifferenza ai valori. Sostenere che la maggioranza può decidere sui

fondamenti, sulla ragion d'essere, cioè sui valori che stanno alla base

della convivenza, vuol dire sostenere che non esistono fondamenti

oggettivi e valori indiscutibili alla base della società, nemmeno la natura

umana e i suoi diritti, in quanto è la maggioranza che decide cosa

significhi persona umana e quali siano o non siano i suoi diritti.

FormalismoFormalismoFormalismoFormalismo. La democrazia modema è quindi indifferente ai valori in

quanto lascia che sia la maggioranza a determinarli. Ecco, quindi, che la

democrazia si riduce a un insieme di regole del gioco, alla cui base sta

una filosofia scettica (ossia che non ritiene possibile trovare nessuna

verità oggettiva). Democratico, in questo senso, è chi non giudica le

decisioni della maggioranza a partire da valori superiori e riduce i

rapporti democratici a rapporti quantitativi, di conta di voti, e quindi a

rapporti meccanici, indifferenti ai fini e a un qualche bene comune.

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Siffatta visione della democrazia, deve necessariamente aprirsi alla sfida

del personalismo comunitario di tipo cristiano.

Che:

* all'individualismo contrappone la comunitarietà originaria dell'uomo.* all'individualismo contrappone la comunitarietà originaria dell'uomo.* all'individualismo contrappone la comunitarietà originaria dell'uomo.* all'individualismo contrappone la comunitarietà originaria dell'uomo.

L'ordine sociale c'e già, non è costituito dalla maggioranza; esso si fonda

sulla natura umana e sui suoi naturali rapporti di socialità e solidarietà

con le altre persone. La società non nasce da un patto di maggioranza, è

sempre esistita; la socialità è una dimensione originaria e fondamentale

dell'uomo. La maggioranza, quindi, potrà esercitare il suo potere su molte

questioni determinate e particolari, ma non sul principio dello stare

assieme e sui valori che lo qualificano.

* alla sovranità intesa come potere assoluto, contrappone l’ autorità il cui* alla sovranità intesa come potere assoluto, contrappone l’ autorità il cui* alla sovranità intesa come potere assoluto, contrappone l’ autorità il cui* alla sovranità intesa come potere assoluto, contrappone l’ autorità il cui

scopo è il bene comune. scopo è il bene comune. scopo è il bene comune. scopo è il bene comune. Nemmeno la volontà della maggioranza, quindi,

e assolutamente sovrana e senza limiti.

Dice il Papa nella Centesimus annus: "E' dovuto qualcosa all'uomo in

quanto uomo" e nessuna maggioranza democratica ha il diritto di

negarglielo. Infatti onginario e I'uomo è non il regime politico.

* che una democrazia senza valori si trasfonnerebbe subito nella* che una democrazia senza valori si trasfonnerebbe subito nella* che una democrazia senza valori si trasfonnerebbe subito nella* che una democrazia senza valori si trasfonnerebbe subito nella

prevalenza del piu forte nei confronti del piu deboleprevalenza del piu forte nei confronti del piu deboleprevalenza del piu forte nei confronti del piu deboleprevalenza del piu forte nei confronti del piu debole. La maggioranza è

pur sempre una forma di potere, quindi di forza. Se essa non viene

esercitata nel rispetto di fondamentali valori, niente piu proteggerà chi

non ha voce. I rapporti democratici privi di riferimento a valori comuni si

riducono di fatto a rapporti di forza. Quando una maggioranza

democratica può decidere se una persona può vivere o meno, la

democrazia si è già trasformata in totalitarismo.

Non è accettabile, quindi, una visione solo formalistica della democrazia,

che si limiti a registrare meccanicamente il prevalere della maggioranza.

Liberarsi dai valori è molto comodo per un potere che non vuole essere

giudicato.

Quando la maggioranza si svincola da ogni verità oggettiva inizia il

percorso che la condurrà al totalitarismo; quando il diritto positivo (cioè

quello stabilito dalla maggioranza) sarà fatto coincidere con il diritto

naturale (cioè quello iscritto nella natura umana e che dovrebbe essere

criterio di giudizio per I'altro) ci si incammina nella stessa via; quando lo

Stato pretende di assorbire in se stesso la nazione, la società civile, la

famiglia, le comunità religiose, negando I'autonomia dei corpi intermedi,

viene aperta la porta del totalitarismo; quando il consumismo é il

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materialismo ottenebrano le coscienze e fiaccano la partecipazione

chiudendo le persone nell'immediato e nelI'individuale, I'esito non può

essere che il medesimo. In generale, quando la libertà viene separata

dalla verità, anche in un regime democratico, non possono che nascere

aberrazioni totalitarie.

Altra sfida per la democrazia è quella dell’uguaglianza e della diversitàAltra sfida per la democrazia è quella dell’uguaglianza e della diversitàAltra sfida per la democrazia è quella dell’uguaglianza e della diversitàAltra sfida per la democrazia è quella dell’uguaglianza e della diversità

degli uomini.degli uomini.degli uomini.degli uomini. La democrazia si fonda sull'uguaglianza tra tutti gli uomini

e, nello stesso tempo, sulla loro diversità irriducibile. Se in qualche modo

qualcuno è impedito a dare quanto può e deve per il bene comune, la

società ne risulta impoverita irrimediabilmente, perchè nessun altro

riuscirà a sostituirlo. La democrazia non è da intendersi come un

appiattimento delle singole individualità, ma come uno sviluppo della

creatività di ognuno, ossia partecipazione.

La democrazia e quel sistema in cui è piu facile partecipare alla gestione

della cosa pubblica. E' qui che propriamente, la democrazia non può non

far suo il principio di sussidiarietà.principio di sussidiarietà.principio di sussidiarietà.principio di sussidiarietà. II sistema socio-politico deve essere

strutturato in modo che le persone, le famiglie, i gruppi presenti nella

società civile vedano riconosciuto il loro giusto protagonismo, facciano

essi quanto sono in grado di fare, con I'aiuto (subsidium = aiuto) dello

Stato e delle istituzioni. Queste non si devono sostituire alle persone, alle

famiglie e ai gruppi, ma appoggiarle, dare loro il sostegno necessario

affinchè facciano da sè. Una logica eccessivamente accentratrice,

burocratica ed assistenzialistica non è in linea con la democrazia.

La democrazia autentica non vede di fronte I'individuo e lo Stato, come

due soggetti isolati e contrapposti. La persona, in quanto originariamente

sociale, partecipa alla vita sociale e politica all'interno di comunità

intermedie, dalla famiglia alle varie associazioni della società civile, e non

si rapporta allo Stato isolatamente. Autentica democrazia e quella che

favorisce questa partecipazione organica e sviluppa le autonomie dei

corpi intermedi.

Non è possibile, cioè, una democrazia politica, se non si diffonde anche

una democrazia economica (ossia se non aumenta la partecipazione alla

creazione e alla distribuzione della ricchezza), una democrazia sociale

(investendo delle proprie responsabilità i vari soggetti sociali secondo il

principio di sussidiarietà di cui abbiamo parlato) e una democrazia

Page 12: democrazia - Stefano Gentili · Res publica è "cosa di tutti" (e difatti in inglese diventa common weal e poi commonwealth), mentre democrazia stava, ad esempio, in Aristotele, "per

terntoriale con un sano decentramento e una corretta organizzazione

delle autonomie locali.

Viceversa, in presenza di monopoli economici, di una società inerte e

passiva, di una amministrazione centralizzata e burocratizzata non si

potrà parlare nemmeno di una vera e propria democrazia politica, se non

in senso solo formale ma non sostanziale. Ecco: una democrazia

compiuta altro non è se non una democrazia sostanziale, ossia reale e

non solo apparente.

C'è allora un significato riduttivo di democrazia, ed uno piu ricco,

complessivo, positivo. Democrazia non è la disciplina della convivenza tra

individui casualmente giustapposti, non è un insieme di regole per

disciplinare i rispettivi egoismi e impedirsi I'un I'altro di pestarsi i piedi.

La democrazia presuppone dei legami forti, una unità di intenti in vista

del bene comune, presuppone un popolo e non una massa. La

moltitudine amorfa fa sempre il gioco del potere esplicito o implicito, può

facilmente essere manovrata, la massa non ha una coscienza comune di

valori condivisi con cui criticare il potere e limitame I'uso, la massa non è

consapevole delle proprie responsabilità, ognuno persegue interessi

individuali anzichè comunitari. La folla massificata non può aspirare ne a

partecipare, né ad assumersi responsabilità per il bene di tutti.

Lo stretto legame con la solidarietà collega strettamente la democrazia

con la morale. La democrazia ha a che fare con la solidarietà perlomeno

in due sensi. Innanzitutto perche essa si fonda su dei legami forti,

naturali, originari degli uomini tra loro. Ma questi legami, questo stare

assieme, questo camminare al fianco implica dei fini da raggiungere,

delle mete comuni da conquistare. Solidarietà è allora anche impegno

sociale e politico per raggiungere in solido (tutti assieme) queste mete

comuni. Una democrazia fondata sulla solidanetà deve allora rispettare e

potenziare la riscoperta continua di queste due dimensioni: la comune

umanità di partenza, il bene comune collettivo come punto di arrivo.

Questo, per esempio, vorrà dire sviluppare il senso della libertà non solo

in chiave rivendicativa ma anche partecipativa e di impegno; vorrà dire

convergere su alcuni valori comuni; nutrire le obbligazioni giuridiche di

obbligationi morali; educare e formare alla democrazia.

L'individualismo e la frammentatione, la chiusura nel privato e la

deresponsabilizzazione. la difesa gelosa di livelli di benessere raggiunti

Page 13: democrazia - Stefano Gentili · Res publica è "cosa di tutti" (e difatti in inglese diventa common weal e poi commonwealth), mentre democrazia stava, ad esempio, in Aristotele, "per

senza cura per gli altri, la crescita sociale a piu velocità, particolarismi e

localismi, corporativismi e tutela di interessi solo di categoria, in quanto

ledono la prassi della solidarietà, in qualche modo anche inquinano la

vera democrazia.

La Centesimus annus evita sia il relativismo, secondo cui alla base della

convivenza democratica non ci possono essere valori comuni assoluti, sia

il fondamentalismo secondo cui la fede religiosa va applicata alla lettera

nelle situazioni concrete, anche con metodi violenti. Ma nel rispetto della

laicità della politica ed anche della democrazia, occorre rispettare alcuni

valori umani intangibili, mentre su mille altre questioni della convivenza

sociale ci possa e ci debba essere un sano pluralismo di proposte, idee,

opinioni.

C'è una verità della politica e quindi una verità della democrazia, perchè

c’è una verità sull’uomo. E’ negativo sia ritenere che la politica sia

portatrice di verità (soluzione ideologica potenzialmente totalitaria), sia

che la politica sia senza verità (soluzione tecnocratica che di fatto lascia

libero campo ai rapporti di forza).

Si tratta piuttosto di prendere atto che quando si scende sotto una certa

soglia di condivisione di valori umani (quando si nega I'uguaglianza tra gli

uomini, guando si nega il diritto alla vita ecc...) si cade in una

“democrazia senza valori” incapace di servire I'uomo.

Guardando in profondità esistono alcuni fondamentali diritti della

persona misconosciuti e violati i quali non si sarebbe piu di fronte ad una

democrazia vera e propria.