DEMOCRAZIA E TRASPARENZA NEGLI APPALTI PUBBLIC

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DEMOCRAZIA E TRASPARENZA NEGLI APPALTI PUBBLICI IL CORRETTO ITER PROCEDIMENTALE

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Un peculiare punto di riferimento a vantaggio delle Istituzioni e di tutti gli utenti nella direzione dello sviluppo sociale, culturale ed ambientale nell’ambito degli Appalti Pubblici.

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DEMOCRAZIA E TRASPARENZA NEGLI APPALTI PUBBLICI

– IL CORRETTO ITER PROCEDIMENTALE –

DEMOCRAZIA E TRASPARENZA NEGLI APPALTI PUBBLICI

– IL CORRETTO ITER PROCEDIMENTALE –

Hanno collaborato:

Teresa Serra Gloria GaggioliFrancesco A. Caputo Michele Lo SquadroDario De Santis Mariella Rotondo Sonia Troiani

Roma, 22 ottobre 2010

INDICE

Presentazione pag. 4Parte introduttiva pag. 5

PARTE I Le fasi di gara degli appalti pubblici

Capitolo ILa fase pre-gara

1. La determina a contrarre; la nomina del Responsabile del procedimento e i suoi compiti pag. 131.1 Il Dialogo tecnico pag. 162. L’approvazione delle regole di gara pag. 193. Le modalità di pubblicazione pag. 314. I rapporti da intrattenere medio tempore con gli operatori del settore aspiranti a concorrere ed il valore dei chiarimenti pag. 325. La nomina della Commissione giudicatrice pag. 33

Capitolo IILa fase di gara

6. L’apertura del seggio di gara e la verifica dei documenti: “dovere di soccorso” e mancata ammissione pag. 387. La verifica ex art. 48, D.Lgs. 163/06 pag. 418. La verifica delle offerte tecniche pag. 429. La verifica delle offerte economiche, l’eventuale sub-procedimento di verifica delle giustificazioni, e l’aggiudicazione provvisoria della gara pag. 44

Capitolo IIILa fase post-gara

10. I compiti della Stazione Appaltante - Commissione Aggiudicatrice pag. 4611. La stipula del contratto pag. 50

PARTE II- Appunti IEOPA 2009 – 2010 pag. 53

PARTE III

Appendice

- Linee guida per l’applicazione dell’art. 48, D.Lgs. 163/06 pag. 115- L. 136/10 sulla tracciabilità dei flussi finanziari negli appalti pubblici pag. 134- Artt. 120, 121 e 122, D.Lgs. 104/10 (“Codice processo amministrativo”) pag. 150

DEMOCRAZIA E TRASPARENZA NEGLI APPALTI PUBBLICI

– IL CORRETTO ITER PROCEDIMENTALE –

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PRESENTAZIONE

Un peculiare punto di riferimento a vantaggio delle Istituzioni e di tutti gli utenti nella direzione dello sviluppo sociale, culturale ed ambientale nell’ambito degli Appalti Pubblici. Questo è l’obiettivo verso il quale muove il presente progetto editoriale dell’Istituto Etico per l’Osservazione e la Promozione degli Appalti e che si sostanzia con una pubblicazione elettro-nica ad elevata vocazione innovativa e tesa alla massima accessibilità.

Il libro si compone di una parte introduttiva in cui la Prof.ssa Teresa Serra affronta pun-tualmente il tema democrazia, trasparenza e legalità stimolando attente riflessioni sui principi e sulle dinamiche di partecipazione nei processi decisionali pubblici all’interno di un stato di diritto. Segue una parte prima in cui l’Avv. Francesco A. Caputo illustra con dovizia di particolari e con piglio pratico - arricchita da orientamenti dottrinari e richiami giurispru-denziali assolutamente aggiornati - tutte le macro fasi di gara negli appalti pubblici curvando l’attenzione sulle criticità procedimentali. Una seconda parte in cui sono raccolti gli appunti IEOPA delle annualità 2009-2010, focus periodici pubblicati dall’Istituto sulle tematiche di maggiore interesse nelle materie degli appalti pubblici e del procedimento amministrativo. Una terza parte, appendice, che completa il testo con la determinazione n. 5 del 21 maggio 2009 della preposta Autorità di Vigilanza in ordine alle linee guida sui controlli da parte della stazione appaltante del possesso dei requisiti tecnico-economici e di capacità finanziaria dei concorrenti; con il Piano straordinario contro le mafie; con disposizioni specifiche ai giudizi amministrativi, inefficacia del contratto per gravi violazioni ed inefficacia del contratto negli altri casi, tratte dalla specifica sezione del nuovo Codice del processo amministrativo, in vigo-re dal 16 settembre scorso, dedicata alle procedure ad evidenza pubblica.

Un prezioso compendio, quindi, tra un chiaro diritto positivo e un mutevole diritto vivente, teso ad indirizzare con consapevolezza le attività di partecipazione democratica e di trasparenza per l’affermazione del principio di legalità nell’ambito dei procedimenti di affida-mento disciplinati dal Codice dei Contratti Pubblici.

Dario De Santis

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PARTE INTRODUTTIVADemocrazia, trasparenza e legalità nell’amministrazione

(Prof.ssa Teresa Serra)

Con questa introduzione ad un argomento specifico e tecnico, intervengo affrontando un discorso di carattere generale sulla democrazia, la trasparenza e la legalità.

Si tratta di tematiche ampie, che richiederebbero molto spazio, e che qui posso trattare solo schematicamente. Tematiche strettamente tra loro collegate, in quanto, una democrazia senza trasparenza e senza rispetto per le leggi non sarebbe tale e soprattutto una società nella quale il rispetto per le regole non entrasse nella struttura mentale del cittadino, del politico e dell’amministratore e non venisse effettivamente garantito, sarebbe destinata alla prevarica-zione del più forte. L’educazione alla legalità e al rispetto della regola rende possibile la rea-lizzazione di una società democratica e vitale nella quale il senso del diritto consenta la con-sapevolezza dell’appartenenza alla comunità e realizzi quella certezza senza la quale nessuna progettazione di vita è possibile. Una democrazia nella quale mancasse la coerente trasparenza delle decisioni e delle discussioni non sarebbe tale e una democrazia nella quale le leggi non fossero rispettate perderebbe le sue caratteristiche di stato di diritto.

La democrazia non può essere solo un programma politico o un metodo di governo, ma rappresenta un valore politico che si basa su un’antropologia interessata alla molteplicità delle forme e delle dimensioni attraverso cui si articola l’attività degli individui. I tempi attuali impongono di recuperare una visione complessa e completa della democrazia che, da un lato, cerca una sua sostanza che si specifica in base a determinati principi e finalità, e, dall’altro, ha una forma che si struttura nelle procedure e negli strumenti idonei al raggiungimento dei fini e al rispetto dei principi. Stante la situazione di crisi, che si verifica ai nostri giorni, occorre riflettere su come recuperare il senso del fine e quindi il principio della normatività a cui commisurare la funzionalità dello strumento procedurale.

Il principio democratico, oltre ad avere a suo fondamento eguaglianza e libertà, richiede, dunque, anche strumenti che possano garantire un rapporto equilibrato tra potere e libertà e che possano consentire la partecipazione del cittadino al suo mondo. In campo politico il principio, se pure variamente caratterizzato, ha trovato nei tempi moderni la sua realizzazione attraverso la rappresentanza e quindi attraverso le assemblee elettive che consentono la parte-cipazione delegata alle decisioni. Lo stesso principio è entrato nelle pieghe della società, per cui, in tutte le decisioni che toccano i cittadini, sembra che si sia risolto il problema di realiz-zare democrazia solo grazie al ricorso a una qualche forma di partecipazione elettiva. Questa permetterebbe alla società di intervenire con i suoi rappresentanti e con le discussioni pub-bliche in modo da garantire che le decisioni partano, se pur mediatamente, dalla base. Sulla crisi di questa forma di rappresentanza molto si è detto e negli ultimi tempi si discute sulla radicalità della democrazia che richiede forme partecipative rinnovate che possono funziona-re, però, solo se il cittadino vesta un habitus democratico di responsabilità e coinvolgimento e abbia il senso di rispetto della regola.

Se i principi di eguaglianza e libertà sono il fondamento della democrazia e se la demo-crazia è il governo del popolo allora deve capovolgersi il classico rapporto tra stato e citta-dino e quest’ultimo deve acquistare la priorità nei confronti della sua organizzazione. E qui occorre vedere quali strumenti utilizzare a tali fini. In campo politico, ma su questo punto

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non possiamo soffermarci a lungo, lo strumento della rappresentanza, se pure entrato in crisi, continua a resistere in quanto non si sono ancora trovati strumenti in grado di sostituirlo o completarlo, anche se a livello di riflessione si auspicano forme di intervento diretto nelle discussioni in modo, se non di realizzare una forma di democrazia diretta, almeno di con-sentire alle varie voci presenti nella società di intervenire nelle discussioni che conducono alla decisione politica. Ma, forse, partendo dall’amministrazione possiamo sperare di fare un passo avanti verso una forma che è stata anche definita neodemocratica e che possa realizzare, anche sul piano concreto, un progresso democratico nella direzione dell’appropriazione del proprio mondo da parte del cittadino. Ma si tratta di un’appropriazione che richiede una capacità di responsabilizzazione che il cittadino, abituato alla sudditanza e ad essere protetto in tutto dallo stato sociale, non sempre possiede. Una forma di appropriazione che richiede una consapevolezza diffusa dell’importanza delle regole finalizzate alla realizzazione del prin-cipio, la consapevolezza, soprattutto, che il rispetto delle procedure ha un suo rilievo non per se stesso ma a garanzia dei principi e del corretto funzionamento dell’amministrazione come della politica. Quando la democrazia rappresentativa è diventata solo un fatto procedurale, talvolta utilizzato non in coerenza col principio, ha perso la sua funzione ingenerando l’errata convinzione che, essendo le procedure autoreferenziali, possano essere disattese o aggirate. Ora, proprio per questo, se fino a qualche tempo fa l’elemento procedurale sembrava essere predominante rispetto al principio, e quindi autoreferenziale, negli ultimi tempi si torna a delineare l’importanza di una definizione più complessa nella quale non solo l’elemento pro-cedurale si arricchisce con il riferimento a forme di democrazia partecipativa, ma anche con riferimento ai principi fondanti della libertà e dell’eguaglianza, con tutti gli approfondimenti che fanno riflettere sull’eguaglianza sostanziale. Si tratta di una presa di consapevolezza, alme-no a livello teorico, che le procedure non sono vuote formule che possono essere disattese ma sono poste a difesa di principi e diritti e, come tali, devono essere rispettate e, ove necessario, fatte rispettare attraverso gli strumenti giurisdizionali.

Se dall’ambito politico e decisionale delle scelte dei fini da realizzare si passa all’ambito amministrativo, ci si può rendere conto di come negli ultimi anni in Italia si sia avviato un processo di cambiamento sul piano concreto, un capovolgimento del classico rapporto ammi-nistrazione-cittadino in termini coerenti col principio democratico. Non rappresentanza ma partecipazione, non contrapposizione ma collaborazione.

Si è molto discusso sulla definizione di democrazia e si parla di democrazia come prin-cipio, di democrazia come procedura e quindi di democrazia rappresentativa, di democrazia deliberativa e, da ultimo, anche di democrazia di prossimità. Con quest’ultima definizione si fa riferimento alla denominazione di démocratie de proximité, data alla legge francese del 2002 che regolava l’attività amministrativa sulla base di modelli giurisdizionali di confronto e contraddittorio tra i pubblici poteri e i soggetti privati partecipanti ai procedimenti. Si metteva in tal modo in evidenza un’esigenza di controllo dell’amministrazione, nelle sue varie forme, da parte del cittadino e, soprattutto si poneva in essere una filosofia di base vertente sulla partecipazione del cittadino alle varie fasi della vita associativa e amministrativa. È un modo nuovo di intendere la democrazia che fa riferimento ad un’amministrazione che, per essere rivolta alla soddisfazione degli interessi della società, non può che essere espressione della stessa società, quindi deve interessare non soltanto il livello di produzione delle regole, che avviene attraverso un meccanismo di rappresentanza in politica, ma anche quello della

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loro applicazione. Si fa riferimento, quindi, alla funzione, o al potere come funzione, e si passa da un paradigma bipolare, nel quale il rapporto stato-cittadino è dominato da una visione gerarchica e quindi conflittuale1, ad un paradigma della sussidiarietà, che si basa sul principio che le decisioni debbano essere prese dall’organo più vicino al problema e sulla consapevolezza che se la pubblica amministrazione è lo strumento attraverso cui la Repub-blica persegue l’uguaglianza sostanziale, essa diventa mezzo e non fine e quindi strumento di promozione della dignità della persona, per cui il cittadino non può più essere considerato in posizione subordinata, come un amministrato o al massimo un cliente, ma deve essere pro-tagonista, insieme all’amministrazione, nella realizzazione del proprio sviluppo. Si passa così al concetto di amministrazione condivisa, alla visione del cittadino come risorsa, certamente non passivo, e ad una concezione dell’amministrazione come non contrapposta al cittadino, quindi ad una visione di co-amministrazione e di amministrazione della sussidiarietà. La co-amministrazione sollecita i cittadini ad affrontare insieme un problema di interesse generale, l’amministrazione della sussidiarietà si fonda sull’autonoma iniziativa dei cittadini che si at-tivano per realizzare attività di interesse generale e si assumono oneri e responsabilità per fini generali e non solo egoistici.

Proprio dalla rivoluzione in campo amministrativo è iniziata l’era di una profonda tra-sformazione del rapporto tra stato e cittadino e quindi del rapporto tra autorità e libertà. Il riferimento è alla legge L. n. 241/90, che, disciplinando in maniera del tutto innovativa il procedimento amministrativo, ha introdotto un sistema che ha dato l’avvio per un rapporto paritario tra amministrazione e cittadino, nel quale al classico rapporto autorità-libertà viene affiancato il rapporto funzione-interesse che supera la contrapposizione tra amministrazione e amministrati in tutti i campi in cui si tratta di esercizio di una funzione e non di settori tipici dell’amministrazione autoritativa e di regolazione. Sulle difficoltà della realizzazione concreta di tale rapporto paritario non è il caso di soffermarsi, anche perché la transizione da un sistema all’altro si scontra sia con la vischiosità delle strutture, sia con la lentezza dei processi culturali, sia con la volontà di un legislatore che sembra rispondere a principi diversi. Da un lato, infatti, quest’ultimo esaspera l’intervento capillare nella società, dall’altro, detta principi di autonomia che difficilmente riescono a funzionare in un contesto che rimane statocentrico. Tuttavia, è fuor di dubbio che in campo amministrativo sono riconosciuti oggi ai cittadini un insieme di diritti che formano una sorta di ‘cittadinanza amministrativa’ alla quale partecipa un popolo diverso, e certamente più ampio, da quello tipico della cittadi-nanza politica. Di più, alle situazioni giuridiche soggettive tradizionali tutelabili mediante il ricorso alla magistratura si affiancano diritti del tutto nuovi quali il diritto all’informazione (ad essere informati dall’amministrazione e sull’amministrazione, ma anche diritto di acces-so), alla semplificazione degli atti amministrativi, all’efficienza, all’efficacia ed economicità, ma soprattutto il diritto alla partecipazione ai procedimenti amministrativi, ai tempi certi dei procedimenti, alla motivazione dei provvedimenti, e alla verificabilità dei risultati dell’azione amministrativa. Sarebbe complesso in poche pagine scendere nei particolari di queste attribu-

1 S. CASSESE, L’arena pubblica. Nuovi paradigmi per lo Stato, in “Rivista trimestrale di diritto pubblico”, 2001, pag. 604 per il quale il paradigma fondamentale del diritto pubblico per quanto riguarda il rapporto stato-cittadino nel XX secolo era il seguente: “due poli separati, né convergenti, né contrattanti, ma in contrap-posizione, a causa della superiorità di uno sull’altro; a compensare tale superiorità, quello più forte è astretto a regole e doveri, mentre il privato agisce secondo il proprio interesse, in modo libero, salvo limiti esterni imposti dalla legge”.

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zioni di diritti, ma si può e deve dire qui che non tutti hanno trovato una piena realizzabilità sul piano sostanziale: la transizione da una struttura dotata di uno strumentario finalizzato al principio bipolare ad una struttura della sussidiarietà incontra difficoltà ed ostacoli, tuttavia non v’è dubbio che il processo iniziato è estremamente significativo proprio ai fini del pro-gresso democratico e del significato che in esso rivestono il tema della trasparenza e quello della legalità. Se dal lato della libertà la co-amministrazione riconosce al cittadino maggiore libertà che non nel rapporto bipolare, sul piano del potere nella sua veste di funzione è l’amministrazione della sussidiarietà, che pure ha trovato qualche difficoltà a decollare, ad attribuire al cittadino una serie di poteri. Si tratta di un concetto che si è tradotto nella di-citura ‘cittadinanza attivà che viene spesso usato per indicare “cittadini che partecipano”, un concetto che esprime anche la possibilità di esercizio di un potere responsabile del cittadino all’interno dello spazio pubblico. Il riferimento è all’art. 118 del nuovo titolo quinto della Costituzione per il quale “Stato, Regioni, Città metropolitane, province e Comuni favori-scono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Dunque, il tema della democrazia in ambito amministrativo coinvolge il rapporto amministrazione-cittadino in modo nuovo, neanche immaginabile trenta anni fa quando, in Italia, non solo non si poteva pensare ad una partecipazione del cittadino, ma, per un’inveterata tradizione, il cittadino si sentiva og-getto degli atti della pubblica amministrazione e se poteva disporre dello strumento dell’im-pugnazione dell’atto di fronte al giudice non aveva strumenti di tutela prima dell’esercizio del potere. Sta qui la portata fortemente innovativa delle norme che riconoscono la parteci-pazione del cittadino.

A proposito si possono enucleare quattro tipologie di partecipazione: la prima è la par-tecipazione organica che si ha quando la struttura amministrativa risulta composta di organi rappresentativi di soggetti esterni, ad esempio il Consiglio di rappresentanza degli utenti all’interno dell’Autorità Garante delle Telecomunicazioni. Altra forma di partecipazione è quella popolare che si realizza quando si danno forme di partecipazione che consentono ad una collettività di esercitare poteri decisionali in sostituzione della pubblica amministrazione (vedi referendum nelle sue varie forme). Una terza forma è quella della partecipazione al pro-cedimento amministrativo nel quale intervengono vincoli precisi per l’amministrazione, vale a dire l’obbligo della comunicazione, della trasparenza e della valutazione. Una quarta forma riguarda la partecipazione come controllo di qualità dei servizi. Si tratta di un cambiamento decisivo che però può restare formula vuota se non è accompagnato dal concreto rispetto della trasparenza e dal pieno rispetto della legalità.

Parlare di trasparenza, spostando il baricentro dal piano politico e legislativo al piano amministrativo, comporta alcune riflessioni e approfondimenti. Sul piano politico la traspa-renza non riguarda soltanto il tema delle procedure, ma sta nel corretto rapporto politico e nell’informazione corretta, quindi libertà di stampa, di opinione, ecc. Inoltre le procedure da sole non bastano a garantire il rispetto del principio e soprattutto della trasparenza, là dove le decisioni si prendono in sedi diverse da quelle istituzionali che si limitano a ratificare deci-sioni prese in altre sedi. Qui ci interessa quell’aspetto specifico della trasparenza che riguarda l’amministrazione nel cui ambito esiste anche una codificazione di regole e quindi la possi-bilità che esse vengano conosciute e rispettate e, in caso di violazione, rivendicate attraverso strumenti giurisdizionali: in questo ambito la trasparenza ha una chiara funzione di difesa

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del cittadino e di questo il cittadino deve prendere consapevolezza. Nell’amministrazione il rapporto stato-cittadino è molto più ravvicinato di quanto non sia nella realtà politica e proprio per questo il cittadino deve conoscere i suoi diritti e i suoi doveri in modo da poterli far valere. La sua partecipazione all’amministrazione avviene anche in forma di controllo, sia nelle fasi di emanazione di atti amministrativi generali, di pianificazione o di programmazio-ne, sia sui provvedimenti. Ma nel primo caso, tuttavia, si ha un semplice coinvolgimento del singolo senza che questo implichi il suo interesse a veder rispettate pretese e condizioni che lo riguardano direttamente né comporti l’obbligo dell’amministrazione a rispettare le richieste, data la previsione dell’“indifferenza” della partecipazione quando il procedimento riguardi l’adozione di atti vincolati.

La trasparenza può essere vista dal lato dell’amministratore e dal lato del cittadino, nel primo caso è un modo di essere e un compito specifico dell’amministrazione, nel secondo è un modo di percepire l’operato della prima e di sentirsene parte.

Il tema della trasparenza è legato a tematiche centrali del diritto delle amministrazioni pubbliche, e ha un duplice aspetto. Se da un lato la trasparenza equivale ad un’amministra-zione trasparente, dall’altro, essa è amministrazione per la trasparenza e in questo aspetto coinvolge il ruolo dei soggetti pubblici nella garanzia della trasparenza. Nel primo caso si tratta di un modo d’essere dell’amministrazione, una condizione oggettiva, per la quale l’am-ministrazione si ‘espone’ al pubblico, cioè al cittadino. E non nel solo momento in cui gli consente l’accesso, che è momento particolare che interessa un singolo, ma nel suo completo funzionamento che deve essere improntato ad una sua piena visibilità, che rappresenta una qualità dell’amministrazione e non il risultato di una sua qualche funzione. La trasparenza richiede anche che il cittadino percepisca attraverso di essa il senso dell’amministrazione e il significato di quello che l’amministrazione fa. Ovviamente questa conoscenza di ciò che è e di ciò che fa l’amministrazione richiede che l’amministrazione stessa metta in essere determinati comportamenti e stabilisca procedure che garantiscano la trasparenza stessa, per cui esiste un complesso di principi che definiscono e tendono a realizzare questa trasparenza, dai principi comunitari e costituzionali, al rapporto tra modelli e meccanismi organizzativi e trasparenza, e soprattutto alla trasparenza in ambito procedimentale e quindi alle varie fasi sia di gestione dei documenti sia, soprattutto, di gestione del procedimento amministrativo. Sulla tematica della gestione dei documenti sono da comprendere, in primo luogo, tutti gli aspetti, anche tradizionali, sul grado di apertura delle amministrazioni pubbliche, cioè del grado di messa a disposizione del cittadino delle informazioni di cui l’amministrazione è titolare, così da tute-lare interessi coinvolti dall’azione amministrativa o da realizzare il controllo democratico sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni e sul perseguimento di finalità di pubblico interesse. In quest’ottica è importante il ruolo che le amministrazioni svolgono per contribu-ire alla trasparenza dei rapporti individuali e collettivi.

Si tratta della messa a disposizione e della diffusione di informazioni veritiere e verificate, sia quanto alla provenienza, all’affidabilità e ai metodi di formazione, che possono essere utili per il corretto svolgimento dei rapporti giuridici. In questa direzione l’utilizzo del mezzo in-formatico è decisamente determinante per consentire il massimo della trasparenza.

La partecipazione come controllo di qualità a sua volta modifica, e non poco, i rapporti del cittadino con la sua amministrazione. L’attenzione che l’amministrazione deve avere per la soddisfazione dei bisogni dei cittadini è alla base dell’innovazione amministrativa in quanto

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i cittadini possono partecipare alle decisioni in un processo di collaborazione e di coinvolgi-mento continuo grazie all’interattività on line e all’e-vote che apre le porte alla e-democracy.

L’art. 53, comma 1, del Codice dell’Amministrazione digitale fissa i principi su cui co-struire i portali della Pubblica Amministrazione. Essi vanno dalla usabilità alla reperibilità, all’accessibilità, completezza, affidabilità, interoperabilità, chiarezza, qualità ed omogeneità. Gli articoli del Codice riconoscono al cittadino diritti che rivoluzionano il rapporto con l’amministrazione. Tra questi ricordiamo in particolare il diritto alla qualità del servizio e alla misura della soddisfazione (art. 7) e il diritto alla partecipazione democratica (art. 9), perché attraverso essi si può attuare una concreta interazione tra amministrazione e cittadino. Tra-sparenza e pubblicità diffusa sono, infatti, importanti ai fini della cura della qualità da parte dell’amministrazione e della partecipazione effettiva del cittadino. Non che il processo sia pa-cifico e immediato in quanto, oltre alla considerazione delle difficoltà a cui si è accennato, la vischiosità delle istituzioni, vale a dire la difficoltà che le amministrazioni hanno di mantenere il passo imposto sia dal legislatore che dal rinnovamento digitale, o la lentezza del processo culturale che le nuove tecnologie hanno innescato, emergono forti criticità, una delle quali è il digital divide, il cui superamento è fondamentale ai fini della realizzazione di una concreta trasparenza e partecipazione egualitaria dei cittadini all’amministrazione.

Ma tutta l’innovazione corre il rischio di non realizzarsi pienamente se non si realizza anche una piena consapevolezza del principio di legalità e dell’importanza del rispetto delle norme in senso non solo formale ma anche sostanziale. È vero che il rispetto della legalità richiede anche la conoscenza delle norme e non v’è dubbio che la trasparenza e il rispetto del principio di legalità siano messi in crisi dall’iperlegificazione e dalla mancanza di chiarezza della produzione legislativa, per cui spesso anche all’interprete più competente e raffinato riesce difficile orientarsi. A ciò si aggiunga l’oscurità del linguaggio, la mancanza di coordi-namento fra vari provvedimenti normativi, l’ambiguità interpretativa, la lentezza e costosità del sistema giudiziario. Tutto questo ingenera nel cittadino una sfiducia nell’amministrazione che contrasta con i principi della co-amministrazione e della cittadinanza attiva, ma ingenera anche nei funzionari la tentazione di un utilizzo disinvolto o distorto delle procedure.

Il rispetto del principio di legalità diventa elemento portante dell’innovazione in senso democratico dell’amministrazione ed esso fa presa su una trasformazione culturale in senso ampio che porta sia il cittadino che il funzionario ad una cultura della legalità quale stru-mento necessario per il raggiungimento di fini generali, una cultura della legalità che deve ingenerare anche il senso della comunità e della necessità di agire nelle sedi opportune per la difesa del diritto e della stessa democrazia.

Per il principio di legalità tutti, dai cittadini agli organi dello Stato ai governanti sono tenuti ad agire secondo la legge. Non si tratta di un principio di poco conto se correlato al principio democratico, ma esso può essere considerato elemento determinante e fondamen-tale per il riconoscimento dello stato di diritto e di un’organizzazione democratica e soprat-tutto mette a disposizione del cittadino lo strumento dell’azionabilità in caso di mancanza di rispetto della legge.

Il principio stesso ammette tuttavia che il potere possa essere esercitato in modo di-screzionale, ma non in modo arbitrario. Si tratta, quindi, di distinguere tra un principio di legalità formale e un principio di legalità sostanziale. Per il primo sia l’amministrazione pubblica che la giurisdizione non hanno altri poteri se non quelli che conferisce loro la legge

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e quindi richiede una norma di legge attributiva del potere. Il secondo principio precisa che sia l’amministrazione che la giurisdizione devono esercitare i loro poteri in conformità con i contenuti prescritti dalla legge, quindi devono perseguire i fini determinati dalla legge secon-do quella che è la sua finalità (indirizzo), e operare in conformità alle disposizioni normative stesse (principio di garanzia).

Per un corretto funzionamento del principio di legalità è necessaria l’esistenza di corret-tezza formale ma anche di trasparenza dei procedimenti che portano alla scelta delle norme e alla loro applicazione, di chiare regole di comportamento, di durata delle regole stesse, di eguaglianza di tutti nei confronti delle regole, di efficienza delle strutture sociali che consenta-no a tutti l’attuazione e la difesa dei propri diritti. È evidente che la rispondenza della concre-ta realtà della democrazia nell’amministrazione dipende, oltre che dal rapporto di interattività che responsabilizza cittadini e funzionari, anche dall’effettiva garanzia che a questa partecipa-zione dà la capacità di penetrazione del controllo giurisdizionale sulla corretta applicazione delle regole da parte dell’amministrazione. Controllo giurisdizionale che dipende anche dalla capacità che hanno i soggetti di difendere i loro diritti, quindi da una cultura democratica e della legalità che rende i singoli, siano essi amministratori o cittadini, responsabili del buon andamento della società e dell’amministrazione.

BIBLIOGRAFIAAA.VV., Amministrazione e legalità: fonti normative e ordinamenti. Atti del Convegno di Macerata, 21-22 maggio 1999, Milano, 2000;AA. VV., Democrazia partecipativa, numero monografico della Rivista Democrazia e diritto, n. 3/2006; U. Allegretti, (a cura di), Democrazia partecipativa, Firenze, 2010;U. Allegretti, Basi giuridiche della democrazia partecipativa in Italia: alcuni orientamenti, in Democrazia e diritto, n. 3/2006,U. Allegretti, Democrazia partecipativa e controllo dell’amministrazione, in Democrazia e diritto, n. 4/2006; U. Allegretti, Procedura, procedimento, processo. Un’ottica di democrazia partecipativa, in Diritto amministrativo, n. 4/2007; G. Arena, Cittadini attivi. Un altro modo di pensare l’Italia, Bari, 2006;G. Arena, F. Merloni (a cura di), La trasparenza amministrativa, Milano, 2008;L. Bobbio, Dilemmi della democrazia partecipativa, in Democrazia e diritto, n. 4/2006;N. Bobbio, Liberalismo e democrazia, Milano, 1986; S. Cassese, La partecipazione dei privati alle decisioni pubbliche. Saggio di diritto comparato, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, n. 1/2007;L. Cedroni, La rappresentanza politica. Teorie e modelli, Milano, 2004; D. Della Porta, (a cura di), Comitati di cittadini e democrazia urbana, Soveria Mannelli, 2004;F. Lanchester, La rappresentanza in campo politico e le sue trasformazioni, Milano, 2006.M. Raveraira, (a cura di), “Buone” regole e democrazia, Soveria Mannelli, 2007;L. Pellizzoni, (a cura di), La deliberazione pubblica, Roma, 2005;L. Pellizzoni, La democrazia deliberativa nella pratica, in Stato e mercato, n. 73;G. Sartori, La democrazia in trenta lezioni, Milano, 2008.

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PARTE I Le fasi di gara degli appalti pubblici

(Avv. Francesco A. Caputo)

CAPITOLO ILa fase pre-gara

In via brevemente prodromica e con vanto, cercando di seguire il solco tracciato dalla Prof.ssa. Serra sulla ragione di democraticità intrinsecamente propria della regolarità di un procedimento, si ritrascrive una sintetica indicazione di pari autorevolezza, sia pur di diversa estrazione cultura-le, secondo la quale: “la tendenza delle legislazioni positive, a regolare secondo moduli procedimen-tali l’azione di un numero sempre maggiore di pubbliche autorità, può spiegarsi innanzi tutto in funzione della tutela degli interessi di chiunque possa essere inciso dai risultati dell’azione medesi-ma” (in Enciclopedia del diritto, ad vocem: Procedimento amministrativo, F. Tedeschini, 1986).

Per cui, nell’ottica di garantire la correttezza e quegli stessi “risultati”, la gara per la scelta dei commissionari dell’appalto di cui ha esigenza di esecuzione un’Amministrazione aggiudicatrice si atteggia, secondo un inquadramento che, a dire il vero, non trova agio in fonti di lettura che si assumono quali meglio qualificate, come una sorta di “procedimento amministrativo rafforzato”.

Se il “procedimento amministrativo consiste in una sequenza di atti aventi diversa natura e funzione, ma preordinati, nonostante la loro eterogeneità e la loro relativa autonomia, alla ema-nazione di un provvedimento centrale o conclusivo”2 e se “con l’emanazione dell’atto conclusivo il procedimento, attraverso il quale si è concretamente svolto il potere amministrativo (adempiendo all’obbligo giuridico imposto all’amministrazione di provvedere), si costituisce un rapporto tra amministrazione e destinatario dell’atto medesimo”3 è indubbio che il procedimento ad eviden-za pubblica, tendente allo scopo ut supra, trova ragione di consequenzialità e concatenaticità di comportamenti non solo nella sua raison d’etre procedimento, ma – vieppiù – nella tipizzazione delle fasi volute tanto nella legislazione di settore, quanto dalle evoluzioni giurisprudenziali sulla tematica.Da qui l’appellativo: “rafforzato”…

1. La determina a contrarre; la nomina del Responsabile del procedimento e i suoi compiti.…Infatti, ai sensi dell’art. 11, comma 2, D.Lgs. 163/06, “prima dell’avvio delle procedure

di affidamento dei contratti pubblici, le amministrazioni aggiudicatici decretano o determinano di contrarre, in conformità ai propri ordinamenti, individuando gli elementi essenziali del con-tratto e i criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte”, così dando luogo a ciò che già autorevole dottrina aveva definito “atto di impulso o di iniziativa, e cioè atto idoneo a de-terminare la messa in moto del meccanismo burocratico”4, laddove “ogni contratto della pubblica amministrazione da cui derivi un’entrata o una spesa deve essere preceduto da una gara, salvo che non ricorrano le ipotesi eccezionali in cui si possa far ricorso alla trattativa privata” (Consiglio di Stato, Sez. V, 4 marzo 2008, n. 889).

Pertanto, ogni procedura concorsuale ad evidenza pubblica trae il proprio fondamento 2 P. VIRGA “Diritto Amministrativo”, Milano 1987, pag.593 B. CAVALLO “Provvedimenti ed atti amministrativi” in “Trattato di Diritto Amministrativo”, diretto da G. SANTANIELLO, Padova 1993, vol. III, pag. 214 E. MELE, I contratti delle pubbliche amministrazioni, Milano 2002, pag. 52.

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non dal bando di gara, bensì dalla scelta dell’amministrazione di contrarre: vero atto intro-duttivo del procedimento e che, come si è detto, nell’attuale sistema degli appalti pubblici trova un esplicito riscontro normativo.

La “scelta di contrarre” rappresenta, quindi, il momento iniziale del procedimento stesso. La regola normativa contenuta nel Codice degli appalti è il portato dell’elaborazione giuri-sprudenziale che, in precedenza, aveva ritenuto la determina a contrarre quale atto ammini-strativo necessario e imprescindibile per la legittimità di tutti i successivi atti della sequela procedimentale (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 maggio 2003, n. 2992).

Inoltre, il D.Lgs. 267/00, aveva anticipato la formalizzazione del ruolo e delle funzioni della determina a contrarre disponendo, all’art. 192, che “la stipulazione dei contratti deve essere preceduta da apposita determinazione del Responsabile del procedimento di spesa indicante: a) il fine che con il contratto si intende perseguire; b) l’oggetto del contratto, la sua forma e le clau-sole ritenute essenziali; c) le modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti in materia di contratti delle pubbliche amministrazioni e delle ragioni che ne sono alla base”.

Infine, rifacendosi ai principi generali del procedimento amministrativo, si può ritenere che il procedimento di appalto rientri, a pieno titolo, nella categoria dei procedimenti am-ministrativi ed anzi sia un procedimento rafforzato in quanto la sequela di atti ha sempre trovato una collocazione nella normativa. Fisiologicamente ancorché il bando di gara sia atto amministrativo ex se, a prescindere dalla normativa introdotta dal “163”, la procedura di gara necessita, e ha sempre necessitato, di un atto amministrativo che specifichi la scelta di con-trarre dell’amministrazione, l’esigenza che perviene ad essa scelta e le modalità più idonee a conseguire il risultato e quindi l’oggetto esplicitato nell’atto introduttivo medesimo.

L’individuazione degli elementi menzionati risulta fondamentale per comprendere, non solo nell’ipotesi di andamento patologico dell’appalto, ma anche nei casi di esecuzione re-golare, il corretto adempimento da parte dell’appaltatore nonché la correttezza delle scelte dell’amministrazione appaltatrice sotto il profilo giuridico-normativo.

Pertanto, l’Organo competente adotta l’opportuno atto di impulso del procedimento e, per il “principio di economia degli atti”, contestualmente, ne nomina il responsabile, deman-dandogli la stesura delle regole di gara sulla base degli enucleati “elementi essenziali” e “criteri di selezione”. Infatti, ai sensi dell’art. 10, comma 1, D.Lgs. 163/06, “Per ogni singolo intervento da realizzarsi mediante un contratto pubblico, le amministrazioni aggiudicatrici nominano, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, un Responsabile del procedimento, unico per le fasi della progettazione, dell’affidamento, dell’esecuzione”.

Il secondo comma del sopra citato articolo dispone più in generale che: “Il Responsabile del procedimento svolge tutti i compiti relativi alle procedure di affidamento previste dal presente codice, ivi compresi gli affidamenti in economia, e alla vigilanza sulla corretta esecuzione dei con-tratti, che non siano specificamente attribuiti ad altri organi o soggetti”.Compiti dell’anzidetta figura, sono, in questa prima fase procedimentale:- dotare la procedura del codice C.I.G. (codice identificativo gara) e quindi versare la quota

prevista per le Stazioni appaltanti, giusta Deliberazione della AVCP, del 15 febbraio 2010, in attuazione dell’art. 1, commi 65 e 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 per l’anno 20105;

5 Si segnalano, ai fini di un completo inquadramento delle specifiche formalità: Avviso dell’AVCP del 31 marzo 2010 e comunicati del Presidente dell’AVCP del 5 agosto e 7 settembre 2010 (scaricabili dal sito internet www.autoritalavoripubblici.it).

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- approvare il bando, cui accludere il relativo DUVRI ove la natura dell’appalto lo impon-ga, il relativo capitolato, l’avviso per la G.U. e l’estratto per i quotidiani.

Per quanto riguarda l’onere posto in capo all’Ente Pubblico committente di predisposizione del DUVRI, la L. 3 agosto 2007, n. 123, dispone che il committente elabori un “documento unico di elaborazione dei rischi” che indichi le misure adottate per eliminare le “interferenze”. Rileva inoltre la modifica dell’art. 86 del Codice degli Appalti, circa i “criteri di individuazio-ne delle offerte anormalmente basse”, con l’inserimento del comma 3 ter, che prevede l’esclu-sione dei ribassi d’asta per il costo relativo alla sicurezza.

Sul punto, l’AVCP, nella Determinazione n. 3/08, parla di interferenza nella circostanza in cui si verifica un “contatto rischioso” tra il personale del committente e quello dell’appaltatore o tra il personale di imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti.

In linea di principio, secondo quanto indicato dall’Autorità, devono essere messi in re-lazione i rischi presenti nei luoghi in cui verrà espletato il servizio o la fornitura, con i rischi derivanti dall’esecuzione del contratto e non devono essere riportati i rischi propri dell’attività delle singole imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Nella Determinazione viene evidenziato, inoltre, come la valutazione dei rischi da interferenza, deve essere eseguita con riferimento, non solo al personale interno ed ai lavoratori delle imprese appaltatrici, ma anche agli utenti che, a vario titolo, possono essere presenti presso la struttura stessa quali i degenti, gli alunni ed anche il pubblico esterno in particolare negli edifici quali, a titolo esemplificativo, ospedali e scuole.Tornando ai compiti propri del Responsabile del procedimento, il medesimo:a) formula proposte e fornisce dati e informazioni al fine della predisposizione del program-

ma triennale dei lavori pubblici e dei relativi aggiornamenti annuali, nonché al fine della predisposizione di ogni altro atto di programmazione di contratti pubblici di servizi e di forniture, e della predisposizione dell’avviso di preinformazione;

b) cura, in ciascuna fase di attuazione degli interventi, il controllo sui livelli di prestazione, di qualità e di prezzo determinati in coerenza alla copertura finanziaria e ai tempi di rea-lizzazione dei programmi;

c) cura il corretto e razionale svolgimento delle procedure;d) segnala eventuali disfunzioni, impedimenti, ritardi nell’attuazione degli interventi;e) accerta la libera disponibilità di aree e immobili necessari;f ) fornisce all’Amministrazione Aggiudicatrice i dati e le informazioni relativi alle principa-

li fasi di svolgimento dell’attuazione dell’intervento, necessari per l’attività di coordina-mento, indirizzo e controllo di sua competenza;

g) propone all’Amministrazione Aggiudicatrice la conclusione di un accordo di program-ma, ai sensi delle norme vigenti, quando si rende necessaria l’azione integrata e coordi-nata di diverse amministrazioni;

h) propone l’indizione, o, ove competente, indice la conferenza di servizi, ai sensi della leg-ge 7 agosto 1990, n. 241, quando sia necessario o utile per l’acquisizione di intese, pareri, concessioni, autorizzazioni, permessi, licenze, nulla osta, assensi, comunque denominati.

Tali compiti devono essere integrati con quelli previsti dal Regolamento di attuazione del Co-dice dei Contratti Pubblici (artt. 9 e 10), tra cui in questa sede si segnala quello di richiedere all’Amministrazione Aggiudicatrice la nomina della Commissione giudicatrice nel caso di affidamento con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

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1.1 Il dialogo tecnicoPrima della stesura delle regole di gara, si ritiene che il Responsabile del procedimento,

opportunamente valutato l’organico in seno alla Stazione Appaltante che rappresenta e le proprie peculiarità e competenze rispetto allo specifico appalto da aggiudicare, debba rap-portarsi con la disposizione comunitaria di cui al considerato 8) della Direttiva 2004/18 CE, che testualmente recita: “Prima dell’avvio di una procedura di aggiudicazione di un appalto, le amministrazioni aggiudicatrici possono, avvalendosi di un “dialogo tecnico”, sollecitare o accettare consulenze che possono essere utilizzate nella preparazione del capitolato d’oneri a condizione che tali consulenze non abbiano l’effetto di ostacolare la concorrenza”. Come segnala qualificato ma-nuale: “Questo testo riprende e consolida quanto già si leggeva nel decimo della direttiva 97/52/CE (modificativa della direttiva 92/50/CE in tema di appalti di servizi), ovvero “considerando che gli enti aggiudicatori possono sollecitare, o accettare, consulenze che possono essere utilizzate nella preparazione di specifiche per un determinato appalto, a condizione che tali consulenze non abbiano l’effetto di ostacolare la concorrenza”, nonché – con formulazione identica a quella ora riprodotta – nel tredicesimo considerando della direttiva 98/4/CE (modificativa della direttiva 93/36/CE, in tema di appalti nei settori esclusi)6.

Come sostenuto in un testo in pubblicazione sul Codice degli Appalti, in memoria di Michele Pallottino, “ancorché previsto solo sotto uno degli alinea di «considerando» della Di-rettiva Comunitaria 2004/18/CE, il «dialogo tecnico» rappresenta un istituto, facoltativo per le Amministrazioni aggiudicatrici, di estrema innovatività nella fase procedimentale di predisposi-zione delle regole di gara, in materia di appalti ad evidenza pubblica, epperò che non ha trovato cittadinanza nel nuovo Codice”.

Si parla di “regole di gara” perché si ritiene, assumendo una posizione pronta ad essere smentita dalle evoluzioni dottrinarie e giurisprudenziali, che sia esperibile la facoltà di avva-lersi di tale strumento, non solo nella preparazione dei capitolati d’oneri, come testualmente detta lo specifico “considerando”, ma anche dei bandi di gara. Infatti, il rapporto di comple-mentarietà fra il bando e il capitolato, da redigere sotto un unico denominatore, frontegge-rebbe il rischio di disomogeneità di approntamento, la cui migliore prevenzione – a beneficio dell’interesse pubblico e della massimizzazione dell’efficienza amministrativa – sembra essere quella di accorpare in una sola mens il concepimento e la stesura – di concerto, perché no, con l’Amministrazione Aggiudicatrice – dei dicta di procedura: ad essi dovrà giocoforza con-formarsi la Commissione giudicatrice, alla quale il nuovo Codice preclude l’introduzione, anche a “buste chiuse”, di elementi e/o criteri di specificazione e di dettaglio per quanto concerne l’apprezzamento delle offerte, ove si debba aggiudicare a quella “economicamente più vantaggiosa”.

Non v’è dubbio che il Committente possa attivare discrezionalmente il “dialogo tecnico” e che lo stesso determini un rapporto di consulenza.

L’inciso normativo “possono” non lascia dubbi sulla discrezionalità/facoltà di specie: ne è consequenziale corollario una sorta di rafforzamento dell’obbligo di motivazione che in-combe sulla Stazione nella giustificazione della scelta e nell’esplicitazione dell’iter logico a fondamento della medesima. Sarà compito del Committente stesso indicare sia il “perché” e il “per come” dell’attivazione del “dialogo tecnico” in quanto di per sé attinente alla sfera della

6 R. Garofoli e M. A. Sandulli, Il nuovo Diritto degli appalti pubblici nella direttiva 2004/18/CE e nella legge comunitaria n. 62/2005, Milano 2005, pp. 317 e ss.

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discrezionalità, sia la necessità – con quanto ne è connesso – di dare vita ad un vero e proprio rapporto di consulenza.

Il sollecito passa attraverso l’informale dichiarazione dell’intento e quindi la definizione della scelta con i relativi obblighi di parità di trattamento, ove si riceva più di una proposta. L’accettazione può prescindere da un eventuale obbligo di prendere in considerazione più proposte, purché l’incarico di consulenza rispetti gli oneri formali e sostanziali qui argomen-tati. Infatti, a prescindere dall’onere di motivazione da assolvere nei dedotti aspetti, la consu-lenza non deve (né può) avere l’effetto di ostacolare la concorrenza.

Ad esempio, il “dialogante” non potrà indicare in modo troppo dettagliato, nel bando di gara, le caratteristiche del bene che l’amministrazione pubblica intende acquistare, in quanto questo comportamento ridurrebbe in maniera significativa la possibilità di partecipazione al concorso dei privati (rectius: dei professionisti e degli operatori economici) che intendano offrire soluzioni tecniche alternative ma equivalenti7. Infatti, “la partecipazione di un soggetto alle attività di ricerca o di studio preparatorie di una gara per il conferimento di un incarico di progettazione può viziare la sua successiva ammissione alla gara, a meno che egli non sia in grado di dimostrare di non essersi in concreto avvantaggiato di tale peculiare condizione”8.

Di diverso avviso, una recente pronuncia del Tribunale Amministrativo di Napoli, nella quale si afferma “che il divieto è applicabile solo a chi materialmente ha steso i documenti di gara e non a tutti coloro che, a vario titolo, abbiano fornito all’Amministrazione (comunale) il proprio contributo professionale nell’ambito dell’attività di pianificazione (urbanistica)”9.

In tale ottica va inquadrata la recente statuizione del Consiglio di Stato, nelle cui righe motive è scritto che: “…si verte in un ambito nel quale la Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha espresso un deciso monito, nel senso di un’illegittimità della legge nazionale che preclu-da la partecipazione a una gara di imprese in qualunque modo riconducibili ad un soggetto che abbia svolto prestazioni di progettazione relativamente alle specifiche opere, attività, forniture e servizi oggetto di gara «senza prima concedere la possibilità di dimostrare che tale circostanza non falsa la concorrenza» (in questo senso Corte Giustizia sentenza 3 marzo 2005 nelle cause riunite C-21/03 e C34/03)”10.

Ne discende, quindi, la prevalenza, in termini di prova di resistenza, del dato sostanziale rispetto a quello (astrattamente) formale11.Da qui:i) la domanda di dialogo tecnico ha un estremo valore quando la Stazione Appaltante

voglia studiare un prodotto già presente sul mercato per lanciare, a sua volta, una gara al fine di ottenere un prodotto a quest’ultimo riconducibile ma dotato di tutte le “personalizzazioni” richieste dal bisogno concreto di cui è portatrice, esprimendo un’esigenza il cui soddisfacimento è rimandato alla creatività dei concorrenti, senza per questo ostacolare la concorrenza, potenzialmente garantita dal rispetto dei relativi obblighi di parità di trattamento;

7 TAR Campania, Na, Sez. I, 19 maggio 2006, n. 4737.8 TAR Emilia Romagna, Pr, 29 novembre 2007, n. 580.9 Sez. II, 18 gennaio 2008, n. 295.10 Sez. V, 15 gennaio 2008, n. 36.11 Ne ha brillantemente relazionato F. Cardarelli, nel suo intervento al Convegno “La gestione del patrimonio stradale fra appalto di servizi, concessione di servizi e servizio pubblico. A margine della sentenza del Consiglio di Stato n. 36 del 2008”, IGI – Roma, 14 febbraio 2008.

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ii) sarà compito degli operatori del settore saper utilizzare il “dialogo tecnico” per suggerire formalmente alle Amministrazioni aggiudicatrici, in vista del loro bisogno oppure in vista di un input dettato da innovazioni tecnologiche, il migliore approntamento delle regole di gara in ragione concertativa, considerato che la nuova normativa ha “il merito di avere posto formalmente il problema dei contratti preliminari fra appaltante e imprese, con l’effetto di trarlo dalle segrete (talora oscure) stanze entro le quali esso si è in precedenza svolto”12.

A titolo esemplificativo si rende un avviso del Comune di Monte Porzio Catone, in cui viene “sollecitato” il dialogo tecnico in tema di projet financing:

COMUNE DI MONTE PORZIO CATONEPROVINCIA DI ROMA

AVVISO PUBBLICO FINALIZZATO ALL’INSTAURAZIONE DI “DIALOGO TECNICO” EX CONDIDERANDO 8), DIRETTIVA 2004/18/CE.

Gli operatori economici di cui all’art. 3, comma 22, D.Lgs. 163/06, e comunque i sog-getti di cui al successivo art. 34, possono presentare all’Amministrazione in epigrafe, studio di fattibilità (art. 153, comma 19, D.Lgs. 163/06), finalizzato all’instaurazione di project finan-cing, per la realizzazione di un parcheggio multipiano interrato nel Centro storico.

I supporti planimetrici e topografici sono rinvenibili presso l’Ufficio tecnico del Comune di Monte Porzio Catone (rif. Geom. __________- e.mail: [email protected]) e comunque scaricabili dal sito: ____________.

Eventuali sopralluoghi possono essere concordati con il suddetto Responsabile del Ser-vizio che – su apposita richiesta – fornirà tutti i dati che atterranno all’instaurando project fi-nancing per quanto concerne gli elementi essenziali e le finalità che l’Ente intende perseguire.

La redazione degli studi di fattibilità in termini di dialogo tecnico, non è condizione né propedeutica, né ostativa alla partecipazione alla gara di project financing che sarà successiva-mente esperita.

Gli estensori dello studio potranno essere convocati ad un tavolo concertativo finalizzato alla redazione della migliore proposta, anche attraverso la convenuta estrapolazione di pecu-liari aspetti di cui alle varie proposte.Resta inteso:i) gli studi di fattibilità non devono avere l’effetto di ostacolare la concorrenza nel

consequenziale procedimento di project financing;ii) gli studi medesimi non hanno diritto a compenso, né comportano illegittimo

arricchimento da parte dell’Ente e non sono tutelabili da copyright, nel senso che non potranno essere fatte valere guarentigie afferenti l’ingegno prestato e quindi vincolarne l’utilizzo, posto che è obbligo dell’Ente usufruirne solo ai presenti fini;

iii) la redazione dello studio di fattibilità, osservata la tutela di cui al punto i), non determina alcun “collegamento” con la proposta partecipativa all’instaurando project financing;

iv) al termine della procedura di project financing e prima della stipula della concessione l’aggiudicatario avrà diritto alla “liberatoria” di non aver nulla a che pretendere da parte dei

12 R. Garofoli e M.A. Sandulli, op. cit., pag. 325.

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partecipanti al presente dialogo tecnico, i quali sono obbligati a rendere in calce al redatto studio di fattibilità, pena l’inappropriatezza del medesimo, la seguente dichiarazione: “il presente elaborato viene rilasciato al Comune di Monte Porzio Catone per far si che l’iniziativa di che trattasi venga inserita, da parte del Consiglio Comunale, nel programma triennale delle opere pubbliche, senza alcun obbligo da parte dell’Ente a tale inserimento e quindi di avviare e definire la procedura di project financing e senza che lo scrivente abbia diritto a compenso, copyright oppure a rivalsa in termini di illegittimo arricchimento sia nei confronti del Comune di Monte Porzio Catone, sia nei confronti del futuro concessionario”.

2. L’approvazione delle regole di garaAncorché il bando di gara sia, secondo un antico orientamento, atto amministrativo ex

se,13 si ritiene che il Responsabile del procedimento, negli Enti locali, debba approvare le re-gole di gara (bando con accluso DUVRI e Capitolato) sotto la forma della determina.

Nella prassi si usa il cosiddetto disciplinare di gara che non rinviene nel Codice degli ap-palti una sua qualificazione giuridica e che ha trovato esplicazione pratica, laddove per bando debba intendersi la definizione dell’elaborato prototipale reso disponibile dall’Unione Europea.

A prescindere che i rapporti con il cosiddetto SIMAP attengono solo agli appalti so-pra soglia, (le soglie sono, allo stato: 193.000,00 € per gli appalti di servizi e forniture e 4.845.000,00 € per gli appalti di lavori), sembra utile per gli operatori dei Comuni, principali destinatari del presente elaborato, fornire un esempio di bando-tipo, che si riferisce al settore dei tributi locali e che prescinde dall’eventuale vincolo della pubblicazione in G.U.U.E. Esso è preceduto da dieci indicazioni di ordine pratico, quale viatico di buon comportamento: 1. Quando si decide di appaltare, tenere conto della Determina n. 5/08 dell’AVCP che

spiega la finalità dei due distinti metodi del prezzo più basso e dell’offerta economica-mente più vantaggiosa, con preferenza di quest’ultimo ove si ritengano rilevanti uno o più aspetti qualitativi.

2. A questo proposito, avere molta cura nella specifica dei criteri e dei sub-criteri, il cui inserimento nel corpo del bando è imposto dal novum ordo, così da “somatizzare” la prestazione alle esigenze del Committente14.

3. Nel bando di gara menzionare la Determina a contrarre, atto introduttivo del procedi-mento, in applicazione dell’art. 55, comma 3, D.Lgs. 163/06, e se il contratto d’esecu-zione dell’appalto contiene la clausola compromissoria15.

4. Indicare nel bando di gara la data ultima in cui gli aspiranti a partecipare possono chie-dere informazioni complementari, e quindi, chiarimenti al bando, ex art. 71, D.Lgs. 163/06, (specifica norma che si riferisce esclusivamente alle “procedure aperte”), perché è imposto alle Stazioni appaltanti il riscontro alla relativa domanda, a condizione che quest’ultima sia stata presentata in tempo utile, 6 giorni prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte: ciò consente di dare certezza ai rapporti che medio tempore devono intercorrere tra gli operatori del settore e le Amministrazioni aggiudicatrici dal momento della pubblicazione del bando.

5. Tenuto conto che il D.Lgs. 53/10 prevede, nell’inserimento del comma 5 quater, all’art.

13 TAR Veneto, 8 luglio 1989, n. 58214 Art. 83 commi 2 e 4, D.Lgs. 163/06, così come modificato dall’art. 1, D.Lgs. 152/08.15 Art. 241, comma 1 bis, D.Lgs. 163/06.

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79, D.Lgs. 163/06, che entro 10 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, bisogna rendere disponibili i documenti richiesti dai concorrenti, ove sussistano i presupposti, e che il D.P.R. 184/06 (Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi), all’art. 3, comma 2, continua a mantenere lo stesso termine perché il controinteressato (soggetto cui attengono i documenti), e al quale va data notizia della richiesta, esprima il proprio consenso, sembra opportuno in sede di bando chiedere sotto forma di “consenso preventivo” all’estrazione documentale, chiaramente non a penalità di esclusione ma solo a titolo collaborativo, che nel corpo della domanda partecipativa esso consenso venga espresso, per i dati di riferimento.

6. Fin dal bando di gara indicare, oltre alle altre tempistiche formali, anche il giorno e l’ora dell’insediamento della Commissione giudicatrice per l’apertura in seduta pubblica della documentazione amministrativa dei concorrenti, perché ciò consente, in ossequio al prin-cipio di economicità, di non inviare singole comunicazioni ai partecipanti alla gara: fra l’altro, questo sarà imposto dall’art. 117 dell’attuando Regolamento sui Contratti Pubblici.

Sempre quest’ultima norma prevede ancora che “Le sedute di gara possono essere sospese ed aggiornate ad altra ora o ad un giorno successivo salvo che nella fase di apertura delle buste delle offerte economiche”.7. Al momento dell’eventuale comminatoria di esclusione, chiedere se il rappresentante

dell’operatore economico escluso (legale rappresentante o mandatario ad hoc), intende rendere dichiarazioni a verbale, anche sotto forma di preavviso di ricorso ex art. 243 bis, D.Lgs. 163/06: è una fedele applicazione del principio del contraddittorio e del monito del Trattato di Lisbona che impone di “ascoltare” colui il quale sta per essere inciso da un provvedimento inibitorio.

8. Individuare nel bando di gara da aggiudicare all’offerta economicamente più vantag-giosa, la c.d. “clausola di sbarramento” (cfr. TAR Lazio, Rm, Sez II, 17 luglio 2009, n. 7071), vale a dire che ove l’offerta tecnica non raggiunga una determinata soglia di punteggio, può essere automaticamente esclusa. Questo consentirà di ottenere una pre-stazione sicuramente valida dal punto di vista progettuale.

9. Ai fini di una corretta stesura dei verbali le Commissioni giudicatrici devono tenere in conto le disposizioni di cui all’art. 78, D.Lgs. 163/06, nonché la sentenza del TAR Pie-monte n. 598/03, assolutamente illuminante, ed inoltre i principi giurisprudenziali via via evolutisi: “Nelle procedure di gara è illegittimo l’operato della Commissione di gara che rediga un verbale unico per le singole sedute – nella specie sedute riservate per la valutazione delle offerte tecniche – qualora da tale verbale non risulti l’indicazione del complesso delle attività espletate e dei partecipanti ad ogni singola seduta”16; “nelle gare pubbliche, l’unica verbalizza-zione riferita a più sedute, non è di per sé illegittima a condizione che la verbalizzazione non contestuale segua il compimento delle attività rappresentate entro un termine ragionevolmente breve, tale da scongiurare gli effetti negativi della naturale tendenza alla dispersione degli elementi informativi; inoltre, sul giudicante grava sempre l’obbligo di verificare, previo esame della fattispecie concreta, se la verbalizzazione unica e differita abbia determinato un vulnus apprezzabile degli interessi in gioco.”17; “è illegittima la verbalizzazione delle sedute di gara effettuata formando due soli verbali relativi alle sedute pubbliche, senza redigere alcun verba-

16 TAR Lazio, Rm, Sez. I bis, n. 32375/10.17 Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1589/10.

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le per le sedute segrete e sintetizzandone solo l’esito nel verbale della seconda e ultima seduta pubblica. Infatti, una tale generica verbalizzazione deve ritenersi insufficiente a ricostruire il concreto svolgimento dell’attività svolta dalla Commissione giudicatrice”18.

MODELLO DI BANDO DI GARA

BANDO DI GARA PER L’AFFIDAMENTO IN CONCESSIONE DELLA GESTIONE DEL SERVIZIO DI LIQUIDAZIONE, ACCERTAMENTO E RISCOSSIONE, ANCHE COATTIVA, DELL’IMPOSTA COMUNALE SULLA PUBBLICITA’, DEI DIRITTI SULLE PUBBLICHE AFFISSIONI, DELLA TASSA PER L’OCCUPAZIONE TEMPORANEA E PERMANENTE DI SPAZI ED AREE PUBBLICHE, E DELLA RISCOSSIONE COATTIVA, DELL’IMPOSTA COMUNALE SUGLI IMMOBILI E DELLA TASSA SMALTIMENTO RIFIUTI SOLIDI URBANI, NONCHÈ DEI RUOLI RELATIVI ALLE SANZIONI CONSEGUENTI AGLI ILLECITI AMMINISTRATIVI

1. Amministrazione Aggiudicatrice: 2. Categoria del servizio: CPV 72314000-9. 3. Oggetto: formano oggetto della concessione la gestione ordinaria e straordinaria dei seguenti servizi ed entrate comunali, così come disciplinati dalle specifiche leggi in materia, dai rispettivi re-golamenti comunali e dal capitolato d’oneri, del presente disciplinare, giusta Det _____________n. _____________ del _____________

i) Concessione della gestione del servizio comprese le attività di accertamento e ri-scossione ordinaria della Tassa occupazione suolo ed aree pubbliche (T.O.S.A.P.), compreso il recupero coattivo;

ii) Concessione della gestione del servizio comprese le attività di accertamento e riscos-sione ordinaria dell’Imposta Comunale sulla Pubblicità e dei Diritti sulle Pubbliche Affissioni (I.C.P.), compreso il recupero coattivo;

iii) Affidamento di tutte le procedure finalizzate all’incasso del recupero coattivo dell’Imposta Comunale sugli Immobili (I.C.I.);

iv) Affidamento di tutte le procedure finalizzate all’incasso del recupero coattivo della Tassa rifiuti solidi urbani (T.A.R.S.U.);

v) Affidamento di tutte le procedure finalizzate all’incasso del recupero coattivo relati-vo alle infrazioni al Codice della Strada ed agli altri illeciti amministrativi.

4. Importo presunto dell’appalto: il valore dell’appalto, ai fini dell’esatto computo degli ob-blighi fideiussori e del CIG, può configurarsi in €…../00, oltre IVA. Il valore dell’appalto viene desunto sulla base delle voci rinvenibili dalla sottoimpressa tabella, moltipli-cate per anni dodici (durata dell’appalto, compresa l’ipotesi del rinnovo, ex art. 29, comma 1, D.Lgs. 163/06) e per gli aggi (12% e 35%) a base d’asta, tenuto conto della specifica di cui al punto 6.2: 5. Luogo di esecuzione: _____________6. Procedura di gara: l’aggiudicazione avverrà con procedura aperta art. 3, comma 37, D.Lgs. 163/06 attenendosi, ai fini dell’aggiudicazione, al criterio dell’offerta economicamente più van-taggiosa, ai sensi dell’art. 83 del D.Lgs. n. 163/06, da valutarsi sulla base dei seguenti elementi: Offerta tecnica (65/100); Offerta economica (35/100).

18 Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2748/09.

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L’attribuzione dei punteggi verrà effettuata sulla base degli elementi dettagliati appresso che l’Ente af-fidante è in grado di stabilire e dovranno essere tenuti debitamente in conto dalla Commissione giudi-catrice. L’aggiudicazione è effettuata a favore del soggetto che riporterà complessivamente il punteggio più alto. A parità di punteggio, l’assegnazione verrà effettuata al concorrente la cui offerta comporta per l’Ente affidante un minor onere finanziario. In caso di ulteriore parità si procederà al sorteggio. 6.1 Il Progetto tecnico dovrà esplicitare le modalità di svolgimento dei servizi (metodo, procedure ed organizzazione del lavoro), essere rispettoso delle prescrizioni del Capitolato d’Oneri ed esecutivo, cioè immediatamente applicabile e realizzabile e dovrà, infine, comprendere le seguenti sottosezioni che saranno valutate, attribuendo a ciascuna un sottopunteggio massimo come illustrato:

SUB-CRITERI DI VALUTAZIONEDELL’OFFERTA TECNICA

PUNTEGGIOMASSIMO

6.1.1 RICEVIMENTO DELL’UTENZA 19 PUNTI

6.1.1.1 Ufficio locale e orario di apertura (la Commissione avrà cura di valutare, con assegnazione da 0 a 5 punti, la pre-disposizione dell’ufficio, con obbligo, pena l’inappropriatezza dell’offerta sul punto e quindi l’impossibilità di assegnare il relativo punteggio da 0 a 10 punti, del titolo di disponibilità, sia con riferimento alla facilità di raggiungibilità dell’utenza, sia con riferimento alla relativa strutturazione; la Commis-sione avrà cura di valutare, con assegnazione da 0 a 5 punti, la previsione degli orari di apertura, assumendo una quanti-ficazione matematica, parametrata alle indicazioni degli altri concorrenti);

10 PUNTI

6.1.1.2 Front – office e back – office (la Commissione avrà cura di valutare, con rispettiva assegnazione da 0 a 4,5 punti, le modalità di relazionarsi con l’utenza, posta la diversità del modo di rapportarsi del “front” rispetto al “back”).

9 PUNTI

6.1.2.SISTEMA INFORMATICO 11 PUNTI

6.1.2.1 Trasmissione della documentazione con l’ufficio tri-buti comunale (la Commissione avrà cura di valutare, con assegnazione da 0 a 2 punti, delle modalità e velocità di tra-smissione, anche con riferimento alla rapidità di conferimento del denaro di competenza delle Casse comunali);

2 PUNTI

6.1.2.2 Software e tecnologia utilizzata per lo svolgimento dei servizi affidati (la Commissione avrà cura di valutare, con assegnazione da 0 a 6 punti, il grado di know-how e le specifiche peculiarità);

6 PUNTI

6.1.2.3 Archiviazione e trattamento dei documenti (la Com-missione avrà cura di valutare, con assegnazione da 0 a 3 punti, il grado di know-how e le specifiche peculiarità).

3 PUNTI

23

6.1.3 ATTIVITA’ DI ACCERTAMENTO E CONTROL-LO DEL TERRITORIO (RELATIVAMENTE A I.C.P. – TOSAP – DIRITTI PUBBLICHE AFFISSIONI)

15 PUNTI

6.1.3.1 Procedimenti e metodologie attuate per il recupero delle somme evase ed eluse (la Commissione avrà cura di va-lutare, con assegnazione da 0 a 5 punti, il grado di know-how e le specifiche peculiarità);

5 PUNTI

6.1.3.2 Strumenti e tecniche utilizzate per l’identificazione dei soggetti abusivi (la Commissione avrà cura di valutare, con assegnazione da 0 a 5 punti, il grado di know-how e le specifiche peculiarità).

5 PUNTI

6.1.3.3 Strumenti, macchinari, software e hardware utiliz-zati per il controllo del territorio (la Commissione avrà cura di valutare, con assegnazione da 0 a 2,5 punti, il grado di know-how e le specifiche peculiarità);

2,5 PUNTI

6.1.3.4 Attività di bonifica per la creazione di una banca dati accurata (la Commissione avrà cura di valutare, con as-segnazione da 0 a 2,5 punti, il grado di know-how e le speci-fiche peculiarità).

2,5 PUNTI

6.1.4 TECNICHE E STRUMENTI PER IL TEMPESTI-VO RECUPERO COATTIVO

10 PUNTI

6.1.4.1 Attività per il recupero delle somme iscritte a ruolo (la Commissione avrà cura di valutare, con assegnazione da 0 a 5 punti, l’organizzazione all’uopo predisposta)

5 PUNTI

6.1.4.2 Tecniche e strumenti per il recupero coattivo (la Com-missione avrà cura di valutare, con assegnazione da 0 a 5 punti, tutte le tecniche e le metodologie proposte per il recu-pero coattivo delle somme accertate dall’Amministrazione co-munale )

5 PUNTI

6.1.5 OFFERTE MIGLIORATIVE 10 PUNTI

6.1.5.1 Servizi aggiuntivi per migliorare la qualità del servi-zio (la Commissione avrà cura di valutare, con assegnazione da 0 a 10 punti, il grado di innovatività della proposta del concorrente e gli intuibili vantaggi, a breve e a medio tempo-re, traibili dall’Amministrazione appaltante, con particolare riferimento all’ampliamento della cartellonistica e del piano affissioni ed eventuali progetti per la toponomastica).

10 PUNTI

TOTALE 65 PUNTI

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Nel dettaglio, l’attribuzione dei punteggi ai singoli contenuti dell’offerta tecnica avviene asse-gnando il relativo punteggio sopra dettagliato.

La somma che ne risulta determina il punteggio totale attribuito alla relativa componente dell’offerta. Non saranno considerate idonee, e quindi inappropriate, e verranno pertanto escluse dalla prosecuzione della gara, le imprese ammesse alla verifica della documentazione ammini-strativa che non avranno raggiunto complessivamente, in riferimento, per l’appunto, all’offerta tecnica, il punteggio minimo di 32,5 punti. 6.2 L’Offerta economica dovrà contenere le misure percentuali di ribassi distinti, rispetto agli aggi posti a base di gara appresso indicati, sub lett. a) e c) e sub b), quali corrispettivi in favore del concessionario, con riferimento ai distinti servizi oggetto della concessione.

Infatti, la gestione dei servizi è compensata dall’aggio percentuale sulla riscossione delle entra-te oggetto dell’appalto, derivante dalle attività di cui al Capitolato d’Oneri per cui gli aggi saranno riconosciuti all’aggiudicatario nella misura percentuale offerta in sede di gara, tenuto conto di quanto segue, al fine di assegnare il relativo punteggio per un massimo di punti 35 (trentacinque). a) un aggio pari al 12% (dodici per cento) per il recupero coattivo dell’I.C.I. e della T.A.R.S.U.

Dall’importo ivi indicato, sono escluse le spese postali e di notifica che si intendono a carico dei trasgressori;

b) un aggio pari al 35% (trentacinque per cento) per gli incassi ordinari, da accertamento e da recuperi coattivi della T.O.S.A.P, dell’I.C.P. e dei Diritti sulle Pubbliche affissioni. Dall’impor-to ivi indicato,sono escluse le spese postali e di notifica che si intendono a carico dei trasgressori;

c) un aggio pari al 12% (dodici per cento), da qualificare quale “onere del procedimento san-zionatorio” a carico dei trasgressori, per ogni atto incassato a seguito di infrazioni al Codice della Strada, rilevate mediante autovelox o apparecchiature similari e per ogni atto incassato a seguito di infrazioni al Codice della Strada, rilevate mediante agenti della Polizia Locale o da ausiliari della sosta. Dall’importo ivi indicato, sono escluse le spese postali, di notifica e quelle eventualmente di rito (CAN e CAD) che si intendono anch’esse a carico dei trasgressori.

Gli aggi sopra riportati s’intendono oltre Iva, da calcolarsi sulla globalità delle entrate incassate. Le imprese concorrenti dovranno formulare l’offerta economica indicando due ribassi distinti, di cui uno (unico) per le voci a) e c), e l’altro per la voce b) sulle percentuali degli aggi proposti per l’affidamento del servizio.

Ai fini di un’offerta equa e ponderata, l’operatore economico potrà fare riferimento alle indi-cazioni di cui sopra, che hanno determinato l’importo dell’appalto.

Le offerte economiche dovranno essere sottoscritte dal legale rappresentante in caso di impresa singola o dai rappresentanti legali degli operatori economici componenti un eventuale R.T.I., ed essere espresse attraverso l’indicazione dei due ribassi percentuali, di cui uno afferirà ai cespiti di cui alle lett. a) e c) e l’altro rispetto al cespite di cui alla lett. b) e, una volta presentate in sede di gara, otterranno i distinti punteggi, rispettivamente pari a punti 20 (venti), per il ribasso unico relativo alle ll. a) e c) e a punti 15 (quindici), per il ribasso relativo alla lett. b), ciascuno secondo la seguente formula:

P = Pm – [(Rm – M) / R ] P = Punteggio da assegnare Pm = Punteggio massimo attribuibile Rm = Maggior ribasso percentuale unico offerto M = Media dei ribassi percentuali delle offerte presentate R = Ribasso percentuale unico preso in esame

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Il punteggio ascritto alla componente economica delle offerte sarà determinato, per un massimo complessivo di 35 (trentacinque) punti, dalla sommatoria dei punteggi rispettivamente assegnati per le distinte valutazioni di cui alle voci a) e c) e di cui alla voce b).

Il raggiungimento della soglia dei 4/5 del massimo del punteggio attribuibile in sede di offerta economica, di cui all’art. 86, comma 2, D.Lgs. 163/06, verrà calcolato facendo riferimento al punteggio complessivamente attribuibile, ovvero punti 35 (trentacinque), e non (singolarmente) alle due distinte voci di ribasso che compongono l’offerta economica.

Non sono ammesse offerte in aumento. Le offerte saranno valutate da una Commissione giu-dicatrice che sarà nominata mediante successivo atto dal competente organo.

Saranno soggette a verifica, le offerte economiche che presentino caratteristiche anomale secon-do quanto previsto dagli artt. 86, 87, 88, D.Lgs. 163/06.

La Commissione redigerà una graduatoria sulla base dei criteri di valutazione sopra descritti. Nel caso di più offerte che abbiano conseguito il medesimo punteggio totale, all’aggiudicazione si pro-cederà assegnandola a quella che comporterà per l’Amministrazione un maggior vantaggio economi-co e in caso di ulteriore parità mediante sorteggio, fra gli aventi diritto, in apposita seduta pubblica.

In caso di raggruppamento di imprese, ai fini dell’attribuzione del punteggio di cui ai prece-denti punti si terrà conto cumulativamente di tutti gli elementi riferiti alle imprese raggruppate in R.T.I. e designate ad eseguire le prestazioni specificate. 7. Durata del contratto: anni 6 (sei) con decorrenza dal giorno successivo a quello della sotto-scrizione del contratto, con possibilità di rinnovo per pari periodo ad insindacabile giudizio della Stazione Appaltante, ove se ne ravvisino le condizioni di convenienza ed opportunità. 8. Partecipanti alla gara: sono ammessi a partecipare alla gara gli operatori economici da intendersi ai sensi dell’art. 3, comma 22, D.Lgs. 163/06 che abbiano i requisiti di cui al bando mercè la conformazione ad esso e alla normativa. È fatto divieto, a pena di esclusione, partecipare alla gara in più di un raggruppamento tempora-neo o consorzio, ovvero partecipare alla gara in forma individuale e quali componenti di un’asso-ciazione o di un consorzio. 9. Richiesta e ritiro documenti di gara: saranno altresì resi disponibili sul sito della Stazione Appaltante (http://www ___________) oppure presso la sede del Comune, in Via………………., il bando, il capitolato e i chiarimenti resi medio tempore ai potenziali concorrenti, celando il nome dei richiedenti, tanto al fine di attenersi alle prescrizioni che consentono un termine minore di 52 (cinquantadue) giorni dalla data di conoscibilità, ai fini della predisposizione dell’offerta, tenuto altresì conto del rispetto dell’art. 70, comma 8, D.Lgs. 163/06. 10. Termine ultimo per il ricevimento delle offerte: la documentazione richiesta, redatta in lingua italiana, dovrà pervenire, pena l’esclusione, alla sede comunale, in Via _____________ , entro e non oltre le ore 12.00 del giorno ___________ 2010, tramite raccomandata a mezzo del servizio postale di Stato o tramite agenzia di recapito autorizzata, ovvero tramite consegna diretta a mani, in plico sigillato con ceralacca, controfirmato sui lembi di chiusura, recante all’esterno, oltre all’intestazione ed indirizzo del mittente, indirizzata a: Comune di _____________ .Area Economico Finanziaria, in Via _____________ , recante l’indicazione del mittente, non-ché la seguente intestazione: “Gara d’appalto per l’affidamento in concessione della riscossione dei tributi comunali e delle sanzioni degli illeciti amministrativi”. 11. La documentazione dell’operatore economico ai fini dell’ammissione a concorrere e a far sì che la propria offerta venga valutata, deve essere contenuta in un plico debitamente sigillato con

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ceralacca e controfirmato sui lembi di chiusura, con l’indicazione del mittente e la seguente di-citura: “Gara d’appalto per l’affidamento in concessione della riscossione dei tributi comunali e delle sanzioni degli illeciti amministrativi”. Deve contenere, a pena di esclusione, tre buste chiuse con le identiche modalità del plico grande ove sono inserite. All’esterno di ciascuna va indicato il rispettivo contenuto: 1) contiene documenti; 2) contiene offerta tecnica; 3) contiene offerta economica. Le relative buste contengono, a pena di esclusione:

1) I DOCUMENTISpecifica dei seguenti requisiti di ammissibilità, in quanto la partecipazione, a pena di esclusione, è riservata: A. Alle imprese iscritte all’Albo di cui al Decreto del Ministero delle Finanze 289/10, art. 6,

comma 1, lett. a) o b) istituito ai sensi dell’art. 53 del D.Lgs. 446/97 e successive modifica-zioni, giusta disciplina di cui all’art. 3 bis D.L. 40/10, convertito in L. 73/10 del 25.05.10 relativo ai soggetti abilitati ad effettuare attività di liquidazione, accertamento e riscossione di tributi ed entrate patrimoniali di Comuni e Province;

B. Agli operatori degli Stati membri in un Paese dell’Unione Europea che esercitano le attività per cui è appalto con presentazione di certificazione, rilasciata dalla competente autorità del loro Stato di stabilimento dalla quale deve risultare la sussistenza dei requisiti equivalenti e quelli previsti dalla normativa italiana di settore;

C. Alle imprese iscritte alla C.C.I.A.A. competente, dalla quale risulti lo svolgimento di attività coerente con l’oggetto della gara, di non trovarsi in stato di fallimento/liquidazione coatta amministrativa/amministrazione controllata/concordato, alla data della gara e nell’ultimo quinquennio antecedente la stessa;

D. Alle imprese iscritte all’Albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle Pro-vince e dei Comuni, di cui all’art. 53 del D.Lgs. 446/97, per la categoria prevista all’art. 6, comma 1, lettera b) del D.M. 289/00 ed in conformità a quanto disposto dall’art. 3 bis del D.L. 40/10, convertito in L. 73/10 relativamente alla misura minima di capitale richiesto alle predette società. A tale proposito, le società partecipanti avente come capitale sociale un milione di euro, dovranno presentare contestuale dichiarazione sostitutiva ai sensi del D.P.R. 445/00 indicando il numero dei Comuni gestiti ed il corrispondente numero di abitanti per ogni Comune in gestione, specificando inoltre il tipo di servizio gestito. Mentre, non è richiesta la presentazione di dichiarazione sostituiva per le società aventi un capitale sociale di 5.000.000,00 milioni di euro o superiore;

E. Alle imprese che hanno in corso, alla data di pubblicazione della gara senza aver dato luogo a contestazioni e contenziosi con Enti per proprie inadempienze contrattuali, per almeno 36 (trentasei) mesi continuativi, la gestione congiunta in concessione del servizio di accertamento e riscossione dell’ICP, della TOSAP/COSAP, nonché dell’accertamento ICI e TARSU/TIA, in almeno un Comune appartenente alla classe V o superiore di cui all’art. 2, D.Lgs. 507/93;

F. Alle imprese che abbiano alle proprie dipendenze, regolarmente assunte, un numero di unità lavorative non inferiore a 20 (venti), dei quali almeno 2 con il titolo di ufficiali della riscossione;

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G. Alle imprese che sono in possesso della Certificazione di Qualità UNI EN ISO 9001:2000 nel settore di attività oggetto della gara.

Di seguito alle attestazioni di cui sopra, va accluso nella medesima busta, a pena di esclusione, quanto segue, ferma, inoltre, l’applicazione dell’art. 38, D.Lgs. 163/06 nella sua interezza e la normativa generale in ragione eterointegrativa: a) dichiarazione sostitutiva di certificazione ai sensi della normativa vigente, con allegazione di

fotocopia di documento di identità del dichiarante, vale a dire del legale rappresentante, che attesti di non trovarsi in alcuna delle condizioni che seguono: - che nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara non ha reso false

dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara;

- che non ha violato il divieto di intestazione fiduciaria posto all’articolo 17 della legge 19 marzo 1990, n. 55;

- che non ha commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e ad ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro;

- che non ha commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affi-date dalla Stazione Appaltante che bandisce la gara; o che non ha commesso un errore grave nell’esercizio della sua attività professionale;

- che non ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui è stabilito

- che non ha commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui è stabilito;

- che non si trova in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situa-zioni;

- che nell’ultimo quinquennio non ha subito sia come impresa singola, sia come compo-nente di un Raggruppamento d’Imprese, rescissioni contrattuali per rilevate inadempien-ze da parte di Amministrazioni aggiudicatrici;

- che nei suoi confronti non è stata applicata la sanzione interdittiva di cui all’articolo 9, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 o altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione, compresi i provvedimenti inter-dettivi di cui all’art. 36 bis, comma 1, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248;

- che nei suoi confronti non è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giu-dicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale; è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giu-dicato, per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’articolo 45, paragrafo 1, Direttiva 2004/18/CE; l’esclusione e il divieto operano se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti degli amministratori muniti di potere di rappresentanza. In

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ogni caso l’esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata; resta salva in ogni caso l’applicazione dell’articolo 178 del codice penale e dell’articolo 445, comma 2, del codice di procedura penale. Si precisa che in conformità ai più recenti orientamenti giurisprudenziali, l’operatore economico dovrà rendere, pena l’esclusione, per tramite di tutti i soggetti cui fanno riferimento le lettere b) e c) del comma 1 dell’art. 38, D.Lgs. 163/06, la relativa dichiarazione e in-dicare, indistintamente, tutte le condanne, spettando poi alla Commissione giudicatrice l’eventuale valutazione di gravità ed incidenza sulla moralità professionale ai fini di cui al presente appalto;

- che nei suoi confronti non è pendente procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 o di una delle cause ostative previste dall’articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575; l’esclusione e il divieto operano se la pendenza del procedimento riguarda gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza; che, anche in assenza, nei loro confronti, di un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione o di una causa ostativa ivi previste ed essendo stati vittime dei reati previsti e puniti dagli articoli 317 e 629 del codice penale aggravati ai sensi dell’articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, non risultino aver denunciato i fatti all’autorità giudiziaria, salvo che ricorrano i casi previsti dall’articolo 4, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689. La circostanza di cui al primo periodo deve emergere dagli indizi a base della richiesta di rinvio a giudizio, formulata nei con-fronti dell’imputato nei tre anni antecedenti alla pubblicazione del bando e deve essere comunicata, unitamente alle generalità del soggetto che ha omesso la predetta denuncia, dal procuratore della Repubblica procedente all’Autorità di cui all’art. 6, la quale cura la pubblicazione della comunicazione sul sito dell’Osservatorio;

b) denominazione, ragione sociale, sede legale, numero P. IVA, n. telefonico, fax ed e – mail; c) indicazione delle persone munite di poteri di rappresentanza, le quali dovranno rilasciare

distintamente la dichiarazione di insussistenza delle cause di cui alle lett. b) e c) dell’art. 38, D.Lgs. 163/06, indicando tutte le condanne;

d) dichiarazione di cui all’art. 38, comma 1, lett. m – quater, integrato con il comma 2, lett. a) e b), D.Lgs. 163/06;

e) consenso al trattamento dei dati acquisiti con la domanda, ai sensi della normativa vigente, ai soli fini istituzionali e nell’ambito delle attività previste dalla normativa sugli appalti;

f ) impegno ad osservare in caso di aggiudicazione tutti gli impegni assunti in sede di offerta; g) impegno al rispetto del contratto di lavoro nazionale e degli integrativi aziendali, delle norme

sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, nonché di tutti gli adempimenti di legge nei confronti dei lavoratori dipendenti o soci;

h) versamento all’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture, pari ad € 40,00 (euro quaranta/00), nelle modalità stabilite dall’Autorità medesima: il CIG che identifica la procedura risulta essere il seguente:____________.

La capacità economico-finanziaria dovrà essere provata con: i) dichiarazione bancaria in originale di due istituti di credito o intermediari autorizzati di cui

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all’art. 41, comma 1, lett. a), D.Lgs. 385/93, attestante che l’operatore economico è solido ed ha sempre fatto fronte ai propri impegni con regolarità e puntualità, pena l’esclusione;

l) dichiarazione contenente estratto del bilancio dell’impresa relativo all’ultimo esercizio appro-vato;

m) dichiarazione concernente il fatturato globale d’impresa, relativamente agli ultimi tre esercizi (2007 – 2008 – 2009), complessivamente, non inferiore a € 4.000.000,00.

L’estratto di cui alla lettera l) e la dichiarazione di cui alla lettera m) dovranno essere redatte me-diante dichiarazione sottoscritta in conformità alle disposizioni del D.P.R. 28.12.2000, n. 445, giusta art. 41, comma 4, D.Lgs. 163/06.

La capacità di cui alla lettera m) potrà essere provata ai sensi dell’art. 47, comma 2 e art. 48, comma 3, Direttiva 2004/18/CE, trasfusi nell’art. 49 del D.Lgs. 163/06.

Per gli RTI e per i Consorzi si applica la disciplina vigente con particolare riferimento all’art. 36, D.Lgs. 163/06; per quant’altro non previsto, vale la disciplina di cui all’art. 37, D.Lgs. 163/06 letto nella sua interezza, pena l’esclusione dalla gara.

In carenza di uno qualsiasi dei certificati o delle attestazioni sopra elencati, e anche nel caso in cui risulteranno parzialmente non conformi, si darà luogo all’esclusione del concor-rente, fatta salva la verifica di quanto dal medesimo dichiarato, in sede di ratifica dell’aggiu-dicazione definitiva, ex art. 11, comma 8, D.Lgs. n. 163/06

2) OFFERTA TECNICA Il progetto dovrà essere firmato in ogni pagina dal titolare o legale rappresentante dell’impresa

concorrente, dovrà esplicitare le modalità di svolgimento dei servizi (metodo, procedure ed orga-nizzazione del lavoro), dovrà essere rispettoso delle prescrizioni del Capitolato d’Oneri ed esecutivo, cioè immediatamente applicabile e realizzabile, e dovrà infine comprendere le relative sottosezioni esplicative, ciascuna per il relativo cespite di valutazione, ai fini dell’assegnazione dei relativi pun-teggi, al fine di agevolare l’apprezzamento meritocratico della Commissione giudicatrice.

In caso di raggruppamenti temporanei di imprese, a pena di esclusione, le firme dovranno essere apposte da tutti i titolari o legali rappresentanti delle singole imprese costituenti il raggrup-pamento.

Il progetto medesimo dovrà, pertanto, contenere, quanto richiesto ai fini della valutazione meritoria nelle modalità di cui sopra.

3) OFFERTA ECONOMICA L’offerta dovrà essere in bollo unica ed incondizionata, redatta in lingua italiana, in cifre ed

in lettere (in caso di discordanza dei rispettivi valori sarà ritenuto valido quello più vantaggioso per l’Amministrazione), e dovrà esprimere le due misure percentuali di ribasso sopra dettagliate rispetto agli aggi posti a base di gara indicati nel precedente punto 6.2, quale corrispettivo in favore del concessionario.

Sono ammesse solo offerte in ribasso, per cui ove ciò non dovesse avvenire, verrà comminata l’esclusione dalla gara.

Le imprese che concorrono alla gara in forma singola, dovranno presentare e sottoscrivere l’of-ferta economica a cura del legale rappresentante o suo procuratore, pena l’esclusione dalla gara. In caso di partecipazione alla gara in forma di Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) già costituito, l’offerta economica è da presentarsi in un’unica copia sottoscritta dal legale rappresen-

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tante dell’impresa capogruppo o di suo procuratore, pena l’esclusione dalla gara. Nel caso di partecipazione alla gara in forma di Raggruppamento Temporaneo di Imprese

(RTI) da costituirsi, l’offerta economica dovrà essere presentata in un’unica copia sottoscritta dal legale rappresentante o procuratore di ciascuna delle imprese che faranno parte del raggruppamen-to, pena l’esclusione dalla gara. 12. Persone ammesse a presenziare alle sedute pubbliche: legali rappresentanti degli opera-tori economici o mandatari muniti di procura ad hoc. 13. Data e luogo di apertura della documentazione: il giorno ____________ , alle ore ____________ presso la sopra indicata sede comunale. La Commissione, una volta insediatasi, procederà, aperta la “busta esterna”, ad esaminare quelle ivi contenute nella seguente successione: - verifica documenti; - verifica offerta tecnica; - verifica offerta economica.

La verifica dei documenti avverrà nella pubblica adunanza del giorno____________ , alle ore ____________ presso la sopra indicata sede comunale.

Successivamente alla disamina dei documenti si procederà ad effettuare il sorteggio per la ve-rifica a campione di cui all’art. 48, comma 1, D.Lgs. 163/06. La gara, come si stabilisce appresso, sarà aggiudicata anche in presenza di una sola offerta, purchè ritenuta valida dopo la verifica dei documenti contenuti nella busta 1) e purchè adeguatamente vagliata nei suoi elementi tecnico-costitutivi e purchè il prezzo e le sue componenti rispettino i requisiti e le normative regolamentari14. Altro: il servizio sarà aggiudicato anche in presenza di una sola offerta ritenuta valida, con-grua ed affidabile, che fin dalla documentazione amministrativa deve essere corredata da quanto previsto dall’art. 75, commi 1 e 8, D.Lgs. 163/06, sotto forma di polizza fideiussoria bancaria o assicurativa, a pena di esclusione. Si ribadisce che riguardo quanto dichiarare e produrre in sede di documentazione amministrativa, resta ferma l’applicazione dell’art. 38, D.Lgs. 163/06 nella sua interezza e delle regole di gara lette complessivamente, pena l’esclusione.

Inoltre l’offerta rimane vincolata per la durata di 180 giorni, a partire dalla data del termine ultimo di ricezione delle offerte.

Data la tipologia della commessa, attesa l’assenza di costi da interferenza, non sussistono oneri e costi di sicurezza, per cui essi sono pari a zero.

Si prevede fin d’ora, a salvaguardia della par condicio, che è prevista la facoltà, per la Sta-zione Appaltante, che a suo insindacabile giudizio possa essere avviata una procedura negoziata con l’aggiudicatario, ai fini del conferimento dei servizi di accertamento e riscossione dell’imposta comunale sugli immobili e della tassa smaltimento rifiuti solidi urbani, laddove nel corso dell’ese-cuzione dell’appalto, tale attività dovesse risultare opportuna e funzionale, per circostanze neces-sarie al migliore perfezionamento della commessa, nel rispetto dei limiti di cui all’art. 57, comma 5, lett. a.2), D.Lgs. 163/06.

Il contratto sottoscritto con l’aggiudicatario conterrà la clausola compromissoria. Si chiede al concorrente, al fine di agevolare le operazioni di accesso ai documenti, di espri-

mere fin dalla domanda partecipativa il consenso, di cui all’art. 3 del D.P.R. 184/06, alla estra-zione della propria documentazione amministrativa e delle componenti progettuali ed economiche dell’offerta, dandone conto nel corpo delle relative buste. Tale consenso, ove reso per la componente

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tecnica, si intende esteso anche alle giustificazioni e ai chiarimenti eventualmente forniti in sede di sub - procedimento di verifica.

Il dettagliato Capitolato integra a tutti gli effetti il bando. 15. Data di spedizione e ricezione alla G.U.U.E. del presente bando________:. Luogo ____________ e data ____________ . Il Responsabile del procedimento: ____________

Dalla lettura dell’elaborato di cui sopra emerge, in disparte le indicazioni fornite precedente-mente, quanto segue:i) specifica delle dichiarazioni di cui all’art. 38, comma 1, lett. b) e c), D.Lgs. 163/06,

esplicitando quanto è emerso dalla giurisprudenza;ii) rispetto del criterio di “proporzionalità”dei requisiti;iii) netta distinzione tra dati “dell’offerente” e dati “dell’offerta”.Gli elementi afferenti i requisiti di ammissione alla gara non possono essere valutati ai fini dell’attribuzione del punteggio dell’offerta, con la conseguenza che è illegittima la clausola del bando che preveda quali criteri di attribuzione del punteggio, elementi attinenti la capacità tecnica ed economico-finanziaria dei concorrenti, per violazione dei principi basilari e fon-damentali della concorrenza e della par condicio (cfr. Consiglio di Stato, VI, del 15 giugno 2010, n. 3740).

Tale principio trova eccezione, tuttavia, allorché gli elementi soggettivi si riverberano sulla qualità del servizio oggetto della procedura, senza che sia loro attribuito un peso, in ter-mini di punteggio, preponderante (Consiglio di Stato, Sez.VI, 18 settembre 2010, n. 5626).

3. Le modalità di pubblicazione.Ai fini dell’adeguata pubblicità occorrerà seguire quanto prescritto dall’art. 66, D.Lgs.

163/06. Operativamente, quindi, avvalendosi del formulario di cui al relativo sito (www.simap.eu.int), il Responsabile del procedimento, coadiuvato dai dipendenti dell’Amministra-zione, dovrà inserire tutti i relativi dati e, in via telematica, trasmettere lo stesso alla Comunità (in caso di appalto superiore alla soglia comunitaria).

Dovrà provvedere quindi – immediatamente dopo – all’invio dell’avviso alla G.U., te-nendo conto delle “modalità” di rito. La relativa pubblicazione, ai sensi dell’art. 66, comma 7, ult. periodo, D.Lgs. 163/06, viene effettuata “entro il sesto giorno feriale successivo a quello del ricevimento della documentazione da parte dell’Ufficio inserzioni dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato”.

Entro e non oltre i 2 (due) successivi giorni lavorativi, dovrà provvedere alle ulteriori pubblicazioni, in via telematica, sul sito informatico del Ministero delle Infrastrutture, di cui al decreto del Ministero dei Lavori Pubblici, 6 aprile 2001, n. 20, nonché sul sito infor-matico presso l’Osservatorio, con l’indicazione degli estremi di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale;

Dopo 12 giorni, è d’uopo la pubblicazione dell’estratto (art. 66, comma 7, D.Lgs. 163/06) su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due quo-tidiani a maggiore diffusione locale (nel luogo ove si deve eseguire il contratto). Al riguardo, si raccomanda di prenotarsi in tempo, previo raffronto di alcuni preventivi (ai fini di evitare problematiche erariali), perché i quotidiani di norma non provvedono alla pubblicazione

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nell’immediatezza. Si precisa che i bandi ed il loro contenuto, non possono essere pubblicati in ambito nazionale prima della data della loro trasmissione alla Commissione (art. 66, com-ma 9, Codice Appalti).

Inoltre l’Ente dovrà essere in grado di comprovare la data di trasmissione del bando alla G.U.U.E. Ciò è reso possibile dall’obbligo posto in capo alla Commissione di rilasciare alle Stazioni appaltanti conferma dell’informazione trasmessa, in cui è citata la data di pubblica-zione: tale conferma vale come prova di pubblicazione.

4. I rapporti da intrattenere medio tempore con gli operatori del settore aspiranti a concorrere ed il valore dei chiarimenti.

L’art. 71, comma 2, del D.Lgs. 163/2006 stabilisce che: “sempre che siano state richieste in tempo utile, le informazioni complementari sui capitolati d’oneri e sui documenti complemen-tari sono comunicate dalle Amministrazioni aggiudicatrici ovvero dallo sportello competente ai sensi dell’art. 9, almeno 6 giorni prima della scadenza del termine stabilito per la ricezione delle offerte”.

Il legislatore individua esclusivamente il dies ad quem entro cui devono essere forniti all’operatore economico i chiarimenti richiesti, sul presupposto che la domanda deve essere formulata in tempo utile. In tale senso, è quindi opportuno che il bando indichi un termine ultimo entro cui l’operatore economico può formulare le richieste.

L’interlocutore dei chiarimenti è il R.U.P.. È opportuno che siano trasmessi al richieden-te e pubblicati sul sito internet nel rispetto della par condicio dei concorrenti celando il nome del richiedente. Essi hanno la funzione di meglio esplicitare le regole di gara ma non quella di integrarle o modificarle.

Sotto tale profilo il Consiglio di Stato, Sezione VI, nella recente pronuncia n. 248 del 25 gennaio 2010 ha avuto modo di precisare che i chiarimenti forniti dal R.U.P. non sono idonei ad integrare od a modificare la lex specialis, che ha carattere imperativo. In tale con-testo, il concorrente legittimamente escluso non può invocare l’affidamento ingenerato dai chiarimenti forniti dal R.U.P..

Già la Sez. V, n. 4241 dell’8 settembre 2008, aveva stabilito che: “È illegittimo il provve-dimento di esclusione da una gara pubblica per mancato possesso di un requisito di partecipazione richiesto dalla Stazione Appaltante con una nota definitiva di chiarimenti pubblicata sul proprio sito internet successivamente alla pubblicazione del bando e del capitolato”.

Risulta evidente che l’oggetto delle richieste chiarificatrici deve essere connotato dal re-quisito della complementarietà, e devono strettamente inerire a ragioni d’ausilio per meglio rispondere alle prefigurate regole. Questo significa che non si possono formulare domande su “normativa applicabile” o su “giurisprudenza di riferimento”.

Si pone il quesito: se viene chiesto un chiarimento che non rientra nell’ambito delle chia-rificazioni cui la Stazione Appaltante può rispondere, come si pone la Stazione Appaltante stessa?

In questo caso quest’ultima non è tenuta a rispondere. Qualora tuttavia ritenesse op-portuno rispondere dovrebbe farlo attraverso la pubblicazione della risposta sul proprio sito internet, al fine che tutti gli altri operatori economici ne possano prendere conoscenza. Nel caso di risposta fornita individualmente all’operatore economico, sarebbe infatti violato il principio di par condicio tra gli operatori del settore potenzialmente interessati alla gara.

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5. La nomina della Commissione giudicatrice.Anteriormente alla disciplina dettata dal D.Lgs. 163/06, né la normativa sulle forniture

oggetto dell’appalto19, né quella sui servizi20, prevedevano una specifica disciplina sulla nomi-na della Commissione giudicatrice, nonché sui requisiti dei relativi membri. Né, fra l’altro, al R.D. 827/24 poteva essere ascritto valore normativo di riferimento in ragione residuale, in quanto neanche ivi vi era indicazione di specie.

Viceversa, la L. 109/94, afferente ai lavori pubblici ante riforma, significava: “5. La Com-missione giudicatrice, nominata dall’Organo competente ad effettuare la scelta dell’aggiudicatario od affidatario dei lavori oggetto della procedura, è composta da un numero dispari di componenti non superiore a cinque, esperti nella specifica materia cui si riferiscono i lavori. La commissione è presieduta da un dirigente dell’Amministrazione Aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore. I com-missari non debbono aver svolto né possono svolgere alcuna altra funzione od incarico tecnico od amministrativo relativamente ai lavori oggetto della procedura, e non possono far parte di orga-nismi che abbiano funzione di vigilanza o di controllo rispetto ai lavori medesimi. Coloro che nel quadriennio precedente hanno rivestito cariche di pubblico amministratore non possono essere no-minati commissari relativamente ad appalti o concessioni aggiudicati dalle amministrazioni presso le quali hanno prestato servizio. Non possono essere nominati commissari coloro i quali abbiano già ricoperto tale incarico relativamente ad appalti o concessioni affidati nel medesimo territorio provinciale ove è affidato l’appalto o la concessione cui l’incarico fa riferimento, se non decorsi tre anni dalla data della precedente nomina. Sono esclusi da successivi incarichi coloro che, in qualità di membri delle commissioni aggiudicatrici, abbiano concorso, con dolo o colpa grave accertata in sede giurisdizionale, all’approvazione di atti dichiarati conseguentemente illegittimi.

6. I commissari sono scelti mediante sorteggio tra gli appartenenti alle seguenti categorie:a) professionisti con almeno dieci anni di iscrizione nei relativi Albi professionali, scelti

nell’ambito di rose di candidati proposte dagli ordini professionali;b) professori universitari di ruolo, scelti nell’ambito di rose di candidati proposte dalle facoltà di

appartenenza;c) funzionari tecnici delle stazioni appaltanti, scelti nell’ambito di rose di candidati proposte

dalle amministrazioni medesime.7. La nomina dei commissari e la costituzione della commissione devono avvenire dopo la scadenza del termine fissato ai concorrenti per la presentazione delle offerte.8. Le spese relative alla commissione sono inserite nel quadro economico della progetta-zione tra le somme a disposizione dell’amministrazione”.

La giurisprudenza così si era evoluta in alcuni arresti sull’argomento che, in analogia alla ritrascritta disposizione normativa, hanno determinato:i) l’applicazione analitica del comma 7, al fine di rendere ancora più trasparente il ruolo

della Commissione giudicatrice e la sua totale estraneità dai concorrenti nelle more della predisposizione delle offerte: c.d. principio della terzietà. Infatti, “la terzietà della Commissione giudicatrice di una gara pubblica deve essere valutata con riferimento ai concorrenti e non all’amministrazione, dovendosi, con riguardo a quest’ultima, soltanto rispettare il principio della separazione tra i compiti di amministrazione attiva, svolti dalla

19 D.Lgs. 358/92, come sostituito dal D.Lgs. 406/98.20 D.Lgs. 157/95, come sostituito dal D.Lgs. 65/00.

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commissione di gara, e quelli di controllo, svolti dall’organo deputato all’aggiudicazione e stipulazione del contratto”21;

ii) la nomina della Commissione spettava (comma 5) all’organo competente ad effettuare la scelta dell’aggiudicatario;

iii) così, ancora, nella parte motiva di una pertinente decisione, il Supremo Consesso: “È sufficiente, al riguardo, rilevare che, in base alla ripartizione delle competenze negli enti locali delineata dal combinato disposto degli artt. 48, 50, 107 e 109, comma 2, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre gli atti di gestione che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, tra i quali quelli relativi alle procedure di appalto ed alla stipulazione dei contratti competono ai dirigenti dell’ente”22;

iv) era preferibile che il Presidente della Commissione fosse (o fosse stato) un dirigente della Stazione Appaltante, atteso che, comunque, tutti i membri dovessero avere le necessarie (ed opportune) competenze tecniche;

v) sempre il Consiglio di Stato ha ritenuto che la norma della “109” codificasse “un principio, immanente nell’ordinamento generale, che trascende il settore dei lavori pubblici, per rendersi operativo in qualsiasi gara, in quanto risponde ai criteri di rango costituzionale di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa. Pur in mancanza, nel settore degli appalti dei servizi, di una espressa disposizione concernente la composizione della Commissione giudicatrice, questa avendo anche in detto settore il compito di valutare la qualità del servizio offerto, deve essere composta, prevalentemente, da persone fornite di specifica competenza tecnica o munite di qualificazioni professionali che tale competenza facciano presumere”23, sulla falsariga del principio enunciato nel settore dei servizi di ingegneria dall’art. 55 del D.P.R. 554/99, che prevede che le Commissioni di gara siano composte da almeno tre esperti, di cui uno dipendente della Stazione Appaltante;

vi) Ed ancora: “in sede di operazioni di gara propriamente valutative, quali la fissazione di criteri di massima per la valutazione delle offerte, la Commissione giudicatrice di appalto costituisce collegio perfetto, e quindi deve operare con il plenum e non con la semplice maggioranza dei suoi componenti, a meno che si tratti di attività preparatorie, istruttorie o strumentali, che possano essere delegate a singoli componenti o gruppi di lavoro”24. “Le operazioni delle commissioni di gare di appalto devono essere svolte dal plenum e non possono essere delegate a singoli membri o a sottocommissioni, soprattutto per quel che riguarda le attività propriamente valutative (quale la valutazione delle offerte), potendosi al più consentire la deroga al principio della collegialità per le attività preparatorie, istruttorie o strumentali vincolate”25.

La nuova disciplina del D.Lgs. 163/06, all’art. 84, prevede una norma che è essenzialmente riproduttiva di quella precedente afferente, per l’appunto, i lavori pubblici, con la precisa-zione, che argina i dibattiti fin qui intercorsi sul punto, resa al comma 12, in cui: “In caso di rinnovazione del procedimento di gara a seguito di annullamento dell’aggiudicazione o di annul-lamento dell’esclusione di taluno dei concorrenti, è riconvocata la medesima commissione”.

Pertanto, in caso di accertata carenza in organico, i Commissari esterni vengono scelti,

21 Consiglio di Stato, Sez. V, 12 giugno 2002, n. 3267.22 Consiglio di Stato, Sez. V, 21 novembre 2003, n. 7632.23 Consiglio di Stato, Sez. V, 18 marzo 2004, n. 1408.24 Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2003, n. 3247.25 Consiglio di Stato, Sez. V, 20 gennaio 2004, n. 155.

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ai sensi del comma 8, “a) professionisti, con almeno dieci anni di iscrizione nei rispettivi albi professionali, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dagli ordini professionali; b) professori universitari di ruolo, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dalle facoltà di appartenenza”. All’articolo 120, lo schema di Regolamento, nella stesura attualmente in nostro possesso, cui il comma del citato articolo 84 demanda l’operatività della Commissione, a tal proposito prevede che: “l’accertata carenza di organico, di cui all’art. 84, comma 8, del codice è attestata dal Responsabile del procedimento sulla base degli atti forniti dal dirigente. In tal caso l’atto di nomina dei membri della commissione ne determina il compenso e fissa il termine per l’espletamento dell’incarico. Tale termine può essere prorogato una volta sola per giustificati motivi. L’incarico è oggetto di apposito disciplinare. Fermo restando quanto previsto al comma precedente, è possibile ricorrere alla nomina dei commissari, ai sensi dell’articolo 84, comma 8, secondo periodo, del codice, nel caso di interventi complessivi di cui all’articolo 3, comma 1, lettera l), ovvero nel caso di lavori di importo superiore a 25 milioni di euro nei quali le componenti architettonica e/o strutturale e/o impiantistica siano non usuali e di particolare rilevanza. Al momento dell’accettazione dell’incarico, i commissari dichiarano ai sensi dell’articolo 47 del decreto Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445, l’inesistenza delle cause di incompatibilità e di astensione di cui all’articolo 84, commi 4 e 5 e 7, del codice”26.

Va precisato che, ancorché l’epigrafe del disposto normativo si riferisce alla “Commissione giudicatrice nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggio-sa”, esso si applica anche alle gare da aggiudicare con il criterio dell’offerta più bassa. È bene spiegarsi meglio: in tale ultima circostanza la Stazione Appaltante è obbligata o meno a dotar-si di una Commissione giudicatrice?

Secondo una interessante pronuncia del TAR Lazio, “atteso l’ormai recepito principio co-munitario di pariordinazione tra il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e quello del prezzo più basso, in virtù del quale essi hanno, anche normativamente, in sede nazionale eguale dignità”27, l’Amministrazione può optare per la nomina della Commissione ed in tal caso, ove lo faccia, essa applica le “…disposizioni di cui all’art. 84 del Codice più volte citate”28.

Di fatto, la circostanza che le gare al prezzo più basso non abbisognino di alcuna Com-missione (e anche l’emanando Regolamento propende in tal senso), lascia assolutamente per-plessi per due ordini di considerazioni: l’uno, di fondo, che è proprio quello riferito in senten-za, del principio di pariordinazione tra le gare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e quelle con il criterio del prezzo più basso; l’altro, tecnico-applicativo, che nasce

26 Nello stesso cespite di schema di regolamento, al comma 1, è scritto che, in caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, i criteri di valutazione devono essere globalmente pari a 100, imponendo che l’elemento qualità non può essere inferiore a 65.La Corte Costituzionale, dal canto suo, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del testo dell’articolo 84, comma 8 (“I commissari diversi dal presidente sono selezionati tra i funzionari delle stazioni appaltanti. In caso di accertata carenza in organico di adeguate professionalità, nonché negli altri casi previsti dal regolamento in cui ricorrono esigenze oggettive e comprovate, i commissari diversi dal presidente sono scelti con un criterio di rotazione tra gli appartenenti alle seguenti categorie: a) professionisti, con almeno dieci anni di iscrizione nei rispettivi albi professionali, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dagli ordini professionali; b) professori universitari di ruolo, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dalle facoltà di appartenenza”), nella parte in cui, per i contratti inerenti a settori di competenza regionale, non prevede che le norme in esso contenute abbiano carattere suppletivo e cedevole.27 Cfr. Corte Giust. CE, Sez. II, 7 ottobre 2004, C-247/02; Consiglio di Stato, Sez. V, 14 marzo 2007, n. 1246. 28 Rm, Sez. II, 13 febbraio 2008, n. 1268.

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proprio dalla riferita (e necessaria) terzietà, nel rispetto della differenza fra i compiti di valuta-zione e quelli di controllo. Anche le gare al prezzo più basso meritano dignità di competenze in seno alla Commissione giudicatrice e non possono prescindere da un organo deputato a quella che è sempre una valutazione, sia per quanto concerne la declaratoria di conformità dei requisiti soggettivi, sia per quanto concerne la verifica, quale atto valutandi in senso stretto, delle eventuali giustificazioni.

Inoltre occorre evidenziare che, esplicitamente, il Regolamento di attuazione del Codice dei Contratti Pubblici prevede che al momento dell’accettazione dell’incarico, i commissari dichiarino ai sensi dell’art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445, l’inesistenza delle cause di incompatibilità e di astensione di cui all’art. 84, commi 4, 5 e 7 del Codice.

Proprio in tema di incompatibilità, una recente sentenza del TAR Sardegna ha ribadito che il soggetto che ha svolto la funzione di Responsabile del procedimento non può assumere l’incarico di componente della Commissione giudicatrice.29

Infine, occorre chiedersi: cosa accade se nel corso della procedura di gara la Stazione Appaltante è costretta ad effettuare un mutamento di uno o più membri della Commissione giudicatrice?

Ebbene a tale quesito risponde la recente pronuncia del TAR Lazio, Rm, Sez. I, 22 set-tembre 2010, n. 32375, secondo cui nelle procedure di gara è illegittimo il mutamento della composizione della Commissione in corso di procedura, senza prevedere anticipatamente e nominare i componenti supplenti, perché ciò comporta che le offerte dei concorrenti siano valutate, in sostanza, da diverse Commissioni.

Si rende un apposito schema di nomina dell’Organo giudicante, senza indicazione di “estremi”, ritenendo preferibile – se possibile – riferirsi solo agli “interni” della S.A., così da evitare ulteriori sub-procedimenti:

COMUNE DI ______________DETERMINAZIONE DEL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO

Oggetto: Nomina Commissione giudicatrice per la gara volta all’“affidamento del servizio di ________________________” - CIG: ____________L’anno duemiladieci, il giorno _________ del mese di __________ nel proprio ufficio.

PREMESSO

- Che nel rispetto delle imposte regole di pubblicità, questo Ente ha attivato l’iter ammi-nistrativo per l’espletamento della Gara di cui in oggetto;

- che al 4.10.10 u.s., ore 12.00, è scaduto il termine della presentazione delle offerte;- che pertanto ai sensi dell’art. 84, comma 10, D.Lgs. 163/06, si può procedere alla nomi-

na della Commissione giudicatrice;- che vengono in questa sede considerate tutte le previsioni dell’art. 84, D.Lgs. 163/06,

con particolare riguardo al comma 4.Ciò premesso e considerato,

29 TAR Sardegna, I Sez., n. 2273 del 28 settembre 2010.

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DETERMINAper i motivi detti in narrativa:

di nominare la Commissione come qui di seguito indicato:- Presidente: Dott. ____________ del Comune di ____________ ; - Membri: Dott. ____________ e Dott. ____________ , entrambi del Comune di

____________ , e le cui specifiche competenze correlate a quelle del Responsabile del pro-cedimento, Presidente di Commissione, consentono di valutare la complessiva materia in compiuta multidisciplinarietà. Essi membri, per le vie brevi, opportunamente interpellati dopo il termine di legge, hanno già dato consenso all’incarico ed espresso la loro disponibi-lità per l’indicata data di apertura delle offerte e per il prosieguo delle relative operazioni;

- Segretario di Commissione di gara: Sig. ____________ . La presente determinazione:

- Anche ai fini della pubblicità degli atti e della trasparenza amministrativa, sarà pub-blicata all’albo pretorio comunale da oggi per 15 giorni consecutivi.

- Esecutiva di precedente atto, non è soggetta a pubblicazione all’albo pretorio ed avrà esecuzione dopo il suo inserimento nella raccolta di cui all’art. 183, comma 9, del T.U. 267/00.

- Non comportando impegno di spesa, non sarà sottoposta al visto del Responsabile del servizio finanziario e diverrà esecutiva dopo il suo inserimento nella raccolta di cui all’art. 183, comma 9 del T.U. 267/00.

- Comportando impegno di spesa sarà trasmessa al Responsabile del servizio finanzia-rio per la prescritta attenzione di regolarità contabile e copertura finanziaria di cui all’art. 151, comma 4, del T.U. 267/00 e diverrà esecutiva con l’apposizione della predetta attestazione.

A norma dell’articolo 8 della legge n. 241/1990, si ribadisce che il Responsabile del procedi-mento è ________________________

IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO ________________________

RESPONSABILE DEL SERVIZIO FINANZIARIOIn relazione al disposto dell’art. 153, comma 5, del D.Lgs. n. 267 del 18.08.2000; APPONE

il visto di regolarità contabile eATTESTA

La copertura finanziaria della spesa. L’impegno contabile è stato registrato sull’intervento ____________ capitolo ____________ al n° ____________in data odierna.Nella residenza comunale, li ____________

IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO ________________________

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CAPITOLO IILa fase di gara

6. L’apertura del seggio di gara e la verifica dei documenti: “dovere di soccorso” e man-cata ammissione.

Solo successivamente alla scadenza del termine di ricezione delle offerte e dopo aver disposto l’atto di nomina della Commissione, il Responsabile del procedimento provvede a redigere l’elenco dei plichi ricevuti, rapportandosi con l’ufficio protocollo, per poi rimettere tutto alla Commissione medesima, il cui insediamento è contestuale all’apertura del seggio di gara con apposito verbale, che rende atto di ciò ed introduce le relative operazioni. I Com-missari verificano, o preliminarmente, o di volta in volta, la rispettiva ricezione dei plichi nel termine di cui alle regole di gara e ne accertano la prescritta integrità.

Sulla verifica dell’integrità dei plichi, il principio inderogabile da rispettare è quello se-condo cui gli adempimenti concernenti la verifica dell’integrità dei plichi contenenti l’offerta devono svolgersi in seduta pubblica, sia che si tratti di documentazione amministrativa, sia di documentazione riguardante l’offerta tecnica, ovvero l’offerta economica.

Sulla base del precedente principio, di recente il TAR Puglia, Bari, con la sentenza n. 244/10 ha dichiarato illegittima l’apertura in segreto dei plichi, fermo restando che, ultimate le fasi preliminari pubbliche di verifica e riscontro dei plichi e dei documenti in essi conte-nuti, la valutazione tecnico-qualititativa dell’offerta va invece effettuata in seduta riservata, al fine di evitare influenze esterne sui giudizi dei membri della Commissione giudicatrice.

Dopodichè, si passa alla verifica dei requisiti soggettivi degli aspiranti a concorrere. Nel rispetto di quanto le regole di gara prevedono, sia per quanto attiene ai c.d. requisiti morali (sono quelli di “ordine generale” di cui all’art. 38), sia per le capacità economiche e finan-ziarie, sia per quelle tecniche30, l’aspirante a concorrere è tenuto ad eseguire analiticamente le indicazioni del bando e, in disparte quanto specificato circa l’oppugnabilità delle clausole equivoche, ove dovesse necessitare di elementi di chiarificazione, ben si comporta chiedendo – per iscritto – al Responsabile del procedimento, ai sensi degli articoli 71 e seguenti, D.Lgs. 163/06, nei termini ivi previsti, di dipanare i dubbi interpretativi.

Eventuali manchevolezze, errate comprensioni o dimenticanze, non sono emendabili, vista l’assoluta sussidiarietà della disposizione sui “documenti e le informazioni complementa-ri”, di cui all’art. 46 del Codice degli appalti. Testé la norma: “Nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati”. Il prin-cipio, letto in combinato disposto con quello di carattere generale di cui alla “241”31, non ha 30 A tal proposito, si ribadisce la Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri (1 marzo 2007., che impone di distinguere i requisiti soggettivi di partecipazione dagli elementi oggettivi di valutazione dell’offerta. Vedi ciò che emerge dal 31 Art. 6: “Compiti del responsabile del procedimentoIl responsabile del procedimento: valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l’emanazione del provvedimento; accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all’uopo necessari, e adotta ogni misura per l’ade-guato e sollecito svolgimento dell’istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali; propone l’indizione o, avendone la competenza, indice le conferenze di servizi di cui all’articolo 14;

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il carattere dell’assolutezza e trova nella giurisprudenza la sua più chiara interpretazione in termini applicativi in un’interessante pronuncia del TAR di Bari32, da cui si estrapolano gli assunti principali: “la richiesta di regolarizzazione delle dichiarazioni e della documentazione mancante incontra i seguenti limiti applicativi: 1) l’inderogabile necessità del rispetto della par condicio; 2) il c.d. limite degli elementi essenziali, nel senso che la regolarizzazione non può essere riferita agli elementi essenziali della domanda, a meno che gli atti tempestivamente prodotti e già in possesso dell’amministrazione costituiscano ragionevole indizio del possesso del requisito di par-tecipazione non espressamente documentato; 3) l’equivocità della clausola del bando relativa alla dichiarazione o alla documentazione da integrare o chiarire. In tema di svolgimento della gara di affidamento di un appalto pubblico, i limiti che riguardano l’obbligo di leale collaborazione sussistente in capo alla p.a. non consentono che si possa addossare alla p.a. il gravoso onere di una defatigante ed approfondita istruttoria e di un completo contraddittorio su ogni singolo documento presentato dall’impresa interessata, quando è a questa, invece, in base al principio di «autorespon-sabilità» del privato, che incombe il dovere di giustificare documentalmente quanto dichiarato”.

Conformemente, si è pronunciato il Consiglio di Stato, specificando che “l’esercizio del potere della p.a. di invitare i concorrenti a regolarizzare la documentazione dei requisiti di parte-cipazione, presuppone il carattere equivoco della clausola del bando relativa alla dichiarazione od alla documentazione da integrare o da chiarire. Pertanto, in presenza di una prescrizione chiara e dell’inosservanza di questa, l’invito alla regolarizzazione costituisce violazione del predetto princi-pio”. Infatti, segue la statuizione: “qualora la lex specialis di gara prescriva, a pena d’esclusione, la produzione dei bilanci societari, non può ritenersi a ciò equivalente la produzione di una parte del bilancio – nella specie, la relazione del consiglio di amministrazione di cui all’art. 2428 c.c. – contenente gli elementi da tenere in conto al fine di consentire la valutazione della situazione economica”33.

Infine, due recentissimi approdi giurisprudenziali hanno fissato i due principi fonda-mentale che le Amministrazioni aggiudicatrici devono osservare per una corretta applicazione dell’art. 46, D.Lgs. 163/06:A. Tutte le irregolarità documentali che non siano esplicitamente sanzionate dal bando e che

non comportino alcun effetto, in termini sostanziali, sul procedimento o sulla parità di condizioni dei soggetti partecipanti devono essere considerate sanabili, in particolare ove siano originate da una non chiara formulazione delle regole del procedimento ad opera dell’Amministrazione, con la conseguenza che in capo all’Amministrazione sussiste sem-pre il potere, durante lo svolgimento del procedimento di gara d’appalto, di richiedere al privato un chiarimento od un completamento della documentazione esibita, ove ciò non contrasti con ragioni relative all’esigenza di corretto svolgimento del procedimento o di rispetto di situazioni giuridiche di altri soggetti34.

B. Il mancato rispetto di una determinata formalità di partecipazione non prevista espres-samente a pena di esclusione o di dubbia interpretazione, non è idonea a determinare

cura le comunicazioni, le pubblicazioni e le notificazioni previste dalle leggi e dai regolamenti; adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero trasmette gli atti all’organo competente per l’adozione. L’organo competente per l’adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale”.32 Sez. I, 6 giugno 2007, n. 1464.33 Consiglio di Stato, Sez. V, 16 luglio 2007, n. 4027.34 TAR Campania, Na, n. 17488/10.

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l’esclusione del concorrente, a meno che non si tratti di prescrizioni rispondenti ad un particolare interesse della Pubblica Amministrazione appaltante, o poste a garanzia della par condicio dei concorrenti. Infatti, in tali casi deve prevalere il cd. criterio teleologico su quello prettamente formale35.

La disposizione dell’art. 46 quindi, rinviene conferma limitatamente ai casi in cui il concor-rente abbia già dimostrato il possesso del requisito e sia chiamato a specificarlo in modo più puntuale, non quando egli debba dimostrare ex novo il possesso del medesimo36. Chiarificatri-ce, su tale punto, era già stata la sentenza del TAR Campania, Na, nella quale i Giudici distin-guono tra integrazione dei documenti (consentita anche oltre il termine di decadenza fissato nella data di presentazione delle offerte) e presentazione di nuovi documenti (non ammessa dopo tale data), in quanto, nel primo caso, è stato già dimostrato dalla concorrente il possesso del requisito prescritto per la partecipazione alla gara, mentre nel secondo caso, si tratta di documentazione ex novo e pertanto del possesso del dato necessario per la partecipazione non era stata data dal concorrente alcuna prova37.

In questa fase l’Ente dovrà osservare quanto espressamente stabilito dal bando e dal capi-tolato di gara, che vincolano l’Amministrazione relativamente a quanto ivi previsto.

In tal senso, la prevalente giurisprudenza ha avuto modo di affermare che allorquando la normativa di gara prevede l’esclusione dalla procedura selettiva per l’inosservanza di previ-sioni anche di carattere solo formale, la Stazione Appaltante è tenuta al rispetto delle norme a cui si è autovincolata e che essa stessa ha emanato sulla base di un giudizio discrezionale d’utilità procedimentale (Consiglio di Stato, Sez. V - n. 567/08; id. Sez. IV - n. 8262/06; TAR Campania, SA, Sez. I - n. 740/07 id. n. 3389/08).

L’AVCP nel parere n. 127 del 5 novembre 2007 ha stabilito in proposito che: “la vincola-tività delle disposizioni del bando e del disciplinare di gara comporta che, nel caso in cui le relative prescrizioni prevedono espressamente, con formulazione chiara e non equivoca, l’esclusione dalla procedura di gara a sanzione della loro inosservanza, l’Amministrazione è tenuta al rispetto della normativa alla quale si è autovincolata e che essa stessa ha emanato”.

Alla prevista penalità di esclusione ci si dovrà attenere in ragione di vincolante tassatività. Bisognerà, inoltre, appurare:i) se “sussiste incompatibilità, con conseguente obbligo di astensione per il componente della

commissione di aggiudicazione di un contratto della Pubblica amministrazione ove risulti dimostrato che fra lo stesso e un candidato esiste un rapporto di natura professionale, con reciproci interessi di carattere economico e una indubbia connotazione fiduciaria”38;

ii) se vi sono ipotesi di “collegamento” fra gli aspiranti stessi ai sensi dell’art. 2359 c.c. La nuova lettera m-quater introdotta, aggiunta dall’art. 3 del D.L. 25.9.09, n. 135, convertito dalla L. 166/09, prevede che i partecipanti non devono trovarsi, rispetto agli altri partecipanti, alla medesima procedura in una situazione di “controllo” di cui all’art. 2359 c.c. o in una qualsiasi relazione anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale. A tal fine l’art. 38, comma 2, lett. a) e b), del D.lgs. 163/06, impone che l’operatore

35 TAR Lazio, Rm, Sez. III ter, n. 32427/10.36 Cfr. TAR Piemonte, Sez. I, 26 novembre 2007, n. 3514.37 Sez. I, 14 marzo 2007, n. 3021, con espresso richiamo a TAR Lazio, Rm, Sez. III, 19 maggio 2003, n. 4354.38 Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 febbraio 2004, n. 563.

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economico concorrente alleghi una apposita dichiarazione attestante la sussistenza o meno di una situazione di controllo di cui all’art. 2359 c.c. sopra citato, corredata di documenti, da inserire in separata busta, utili a comprovare che la situazione di controllo non ha influito sulla formulazione dell’offerta;

iii) se, in caso di partecipazione in R.T.I. (Raggruppamento Temporaneo di Imprese), è stata resa la dichiarazione di specifica delle parti del servizio. A tale proposito, la giurisprudenza ha stabilito che l’obbligo imposto per le imprese raggruppate, di specificare le parti del servizio, o della fornitura, che saranno eseguite dalle singole imprese, è requisito essenziale ai fini dell’ammissione a concorrere e rende irrilevante che l’importo dell’appalto sia inferiore alla soglia comunitaria e che il bando non richiami esplicitamente la disposizione de qua, in quanto è espressione di un principio generale applicabile a tutti i contratti ad evidenza pubblica nei quali sia prevista la presentazione di offerte da parte di associazioni temporanee. L’indicazione delle parti della commessa che verrà svolta da ciascuna delle imprese raggruppate, assolve alla funzione di rendere, nei confronti dell’amministrazione, parziaria l’obbligazione del raggruppamento appaltante per le prestazioni che ciascuna delle imprese è tenuta a svolgere e non solidale, come l’obbligo sarebbe in mancanza della specificazione39 e, vieppiù, consente alla S.A. di capire “chi fa” e “che cosa sa”.

7. La verifica ex art. 48, D.Lgs. 163/06.A questo stadio della procedura, vale l’art. 48, comma 1, D.Lgs. 163/06, disciplina che

è stata estesa anche ai servizi ed alle forniture: e cioè la c.d. “verifica a campione”, che prevede la richiesta ad X offerenti – di numero non inferiore al 10% delle offerte presentate, arroton-dato alla unità superiore, scelti con sorteggio pubblico – di comprovare i requisiti di cui alla norma.

La finalità perseguita dalla norma, oltre a quella di garanzia dell’effettività della concor-renza tra i partecipanti alla gara, e di deterrenza alla presentazione di dichiarazioni non veri-tiere, è anche e soprattutto quella di semplificazione del procedimento selettivo.

Il meccanismo previsto dall’art. 48 mira infatti a scongiurare l’eventualità del rifacimen-to della gara nel caso in cui, una volta aperte le buste delle offerte presentate, si accertasse che uno o più concorrenti non fossero in possesso dei requisiti dichiarati.

Ne deriva che la ratio dei controlli ex art. 48 D.Lgs. n. 163/06 non è quindi quella di inspirare una sorta di caccia all’errore da parte della Stazione Appaltante, bensì quello di ottenere la comprova dell’effettivo possesso dei requisiti richiesti di capacità e conomico-finanziaria e tecnico-organizzativa mediante la verifica della veridicità delle dichiarazioni pre-sentate, onde salvaguardare quanto più possibile il procedimento di gara, antecedentemente alla verifica della componente tecnica e della componente economica delle offerte.

La giurisprudenza sul punto ha stabilito che: “L’art. 48, D.Lgs. n. 163 del 2006 secondo cui le stazioni appaltanti, prima di procedere all’apertura delle buste delle offerte presentate, ri-chiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10% di comprovare il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, ha una finalità di semplificazione del procedimento selettivo nella misura in cui, affidandosi alla efficacia di deterrenza insita nel mec-canismo di preventivo controllo a campione, mira ad evitare il rifacimento dell’intera gara una volta che, aperte le buste delle offerte presentate, si accerti che il concorrente non abbia i requisiti

39 Consiglio di Stato, Sez. V, 14 gennaio 2009, n. 98.

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dichiarati. Pertanto, la previsione non può valere a legittimare richieste di invalidazione della procedura di gara una volta che la stessa sia stata esperita senza che l’amministrazione appaltante abbia dato corso al citato sub-procedimento di verifica a campione, poiché si finirebbe per deter-minare un effetto opposto a quello della semplificazione procedimentale in violazione del principio costituzionale di buon andamento (Art. 97 Cost.)”40.

Per quanto riguarda invece la natura del termine di 10 giorni per la comprova dei requi-siti, è stato osservato dalla giurisprudenza che, il termine previsto dal primo comma dell’art. 48 deve intendersi quale termine perentorio, differentemente invece da quello previsto dal successivo secondo comma, relativo alla fase post-aggiudicazione41.

Ad ogni buon conto si forniscono, in appendice, ad agio del lettore, le linee guida trac-ciate dall’AVCP in merito agli adempimenti di cui all’art. 48 qui in analisi.

In sede di redazione del presente e.book abbiamo scorto questa statuizione di giurispru-denza che ben completa il presente argomento: “È legittima l’esclusione del concorrente che, in sede di comprova dei requisiti di cui all’art. 48, co. 1 D.Lgs. 163/2006, presenti in gara copia conforme all’originale dei documenti attestanti il possesso dei requisiti, contrariamente alle di-sposizioni della lex specialis che ne prevedevano la produzione in originale a pena di esclusione. In questo caso, del tutto inconferente è il richiamo alla disciplina civilistica di cui all’art. 2719, infatti non è in rilievo la regola generale dell’equipollenza probatoria di un documento prodotto in copia conforme a quello prodotto in originale, ma unicamente la violazione di una regola della lex specialis, posta a pena di esclusione.

È legittima la prescrizione di gara che richieda ai concorrenti di comprovare il possesso dei re-quisiti di ammissione già autocertificati in sede di offerta, di cui all’art. 48 co.1 D.Lgs. 163/2006, con documenti prodotti in originale, al fine di evitare qualsiasi eventuale controllo successivo e quindi di rendere più celeri le operazioni di gara” (Consiglio di Stato, Sez. V, 1 ottobre 2010, n. 7263.

8. La verifica delle offerte tecniche.

Successivamente, in seduta rigorosamente segreta, si procede alla verifica delle offerte tecniche. Non è escluso che possa prevedersi, con indicazione già in sede di bando, che la sola apertura (e verifica di aspetti puramente formali ed oggettivi), avvenga in sede pubblica, purchè non si valutino le relative componenti.

Occorre fare attenzione a che l’offerta tecnica sia sottoscritta dal legale rappresentante dell’impresa concorrente (o da procuratore dotato dei relativi poteri). Questa rappresenta condizione essenziale per l’ammissibilità dell’offerta, comportando l’esclusione dalla gara in caso di sua omissione.40 TAR Lazio, Sez. II, 17 luglio 2009, n. 7071.41 Tar Campania, Na, Sez. VIII, 11 gennaio 2008, n. 144. Si segnala, poi, TAR Lazio, Rm, Sez I quater, 26 febbraio 2008, n. 1695, per cui: “non sussiste la violazione dell’art. 48 del D.Lgs. 163/06 da parte del concorrente risultato primo qualificato, che abbia comprovato il possesso dei requisiti di capacità economico–finanziaria e tecni-co–organizzativa oltre dieci giorni dopo l’aggiudicazione provvisoria, in quanto quello previsto dall’articolo succitato, quando riferito al concorrente aggiudicatario, non costituisce termine perentorio. Infatti l’art. 48, al comma 1 prevede che le stazioni appaltanti, prima di procedere all’apertura delle buste delle offerte presentate, richiedano ad un congruo numero di offerenti, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare a pena di esclusione, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti, ma tale severa disciplina è giustificata dall’esigenza di concludere la gara in tempi brevi e non riguarda il comma 2, riferito specificamente all’aggiudicatario ed al concorrente che segue in graduatoria e che dunque attiene ad una fase in cui le operazioni di gara sono già concluse”. In dottrina, cfr. Davide Ponte, Verifica a campione: natura del termine e conseguenza, in Urbanistica e Appalti n. 4/08, pag. 491.

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Recentemente la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che la prescrizione della sottoscrizione, oltre ad essere espressamente prevista a pena d’esclusione, corrisponde all’esi-genza che l’offerta, avente natura giuridica di manifestazione di volontà destinata alla conclu-sione del contratto oggetto della procedura ad evidenza pubblica, sia formalmente imputata al soggetto titolato ad assumere le obbligazioni nonché le conseguenti prestazioni previste nell’offerta per l’esecuzione del servizio. Sicché la sua omissione, anche in caso di equivoca sanzione d’esclusione, che per altro – per le considerazioni fondate sul dato testuale appena rassegnate – nel caso in esame non sussiste, pregiudicando un interesse sostanziale pubblici-stico, comporta comunque che l’offerta non possa essere “tal quale” accettata42.

Attualmente, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 dell’ 11 settembre 2008, alla Commissione, prima dell’apertura delle buste, non è più attribuita la possibilità di fissare “…in via generale i criteri motivazionali cui si atterrà per attribuire a ciascun criterio e sub-criterio di valutazione il punteggio tra il minimo e il massimo prestabiliti dal bando”. Tale era l’ultimo periodo dell’art. 83, comma 4, D.Lgs. 163/06, oggi soppresso proprio per l’effetto dell’art. 1 del D.Lgs. n. 152/2008.

In buona sostanza, l’attuale sistema degli appalti pubblici prevede, come cennato ut supra nelle “indicazioni di ordine pratico”, antecedenti al modello di bando, diversamente da ciò che poteva avvenire in precedenza laddove la Commissione aveva la possibilità di emendare in ragione di specificazione – purchè prima dell’apertura dell’offerta tecnica e di quella econo-mica, nella disposta consequenzialità – i criteri di valutazione stabiliti dal bando, che “al fine di garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e trasparenza, le amministrazioni ag-giudicatrici non possono applicare regole di ponderazione e sottocriteri per i criteri di aggiudicazio-ne che non abbiano preventivamente portato a conoscenza degli offerenti, occorrendo al contrario che criteri, sub – criteri e sub – punteggi siano messi a disposizione dei concorrenti prima che essi formulino la loro offerta, in modo da permettere loro di tenerne conto” (Consiglio di Stato, Sez. V, 7 aprile 2009, n. 2147)43. Ebbene, l’accezione argomentativa “in modo da permettere loro di 42 TAR Liguria, Sez. II, 18 febbraio 2010, n. 630 43 Questi i più recenti assunti di giurisprudenza che propendono, con un orientamento che comunque non è univoco e che lascia talune perplessità, per la possibilità dell’introduzione postuma delle specificazioni dei sub criteri sia pur con gli indicati temperamenti: “Nelle gare pubbliche, è legittimo l’operato della Commissione giu-dicatrice che, prima dell’aperture delle buste, specifica in sub - criteri i punteggi da assegnare con i criteri principali prefissati dal bando ovvero avesse anche integrato questi ultimi ovvero ancora avesse fissato gli opportuni ed adeguati criteri per la modulazione del punteggio da assegnare ad ogni singolo elemento nei limiti del punteggio massimo sta-bilito nei documenti di gara, con l’unico fondamentale ed imprescrittibile limite costitutivo dal divieto di introdurre nuovi e diversi parametri di valutazione” (Consiglio di Stato, V, 15 febbraio 2010, n. 810); “Nelle gare d’appalto, la Commissione giudicatrice può introdurre elementi di specificazione e integrazione dei criteri generali di valutazione delle offerte già indicati nel bando di gara o nella lettera d’invito, oppure fissare sottocriteri di adattamento di tali criteri o regole specifiche sulle modalità di valutazione, a condizione però che vi provveda prima dell’apertura delle buste recanti le offerte stesse e che non introduca nuovi elementi di valutazione non previsti dal bando” (Consiglio di Stato, Sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1029); “Negli appalti pubblici che prevedono il criterio di aggiudicazione a mezzo dell’offerta economicamente più vantaggiosa l’integrazione da parte della Commissione giudicatrice degli elementi tecnici ed economici di valutazione, stabiliti dalla lex specialis di gara, tramite sub elementi e/o sub criteri ai fini dell’attribuzione del punteggio (come la determinazione di pesi e/o la ripartizione del punteggio massimo previsto dalla lex specialis di gara tra i vari sub elementi non previsti dalla lex specialis di gara), non contrasta con il diritto comunitario, a condizione che: 1) non siano modificati i criteri di valutazione stabiliti dalla lex specialis di gara; 2) non sia influenzata la preparazione delle offerte, per la previsione di elementi, che, se fossero stati noti al momento della formulazione delle offerte, avrebbero potuto indurre i partecipanti alla gara ad una diversa articolazione delle offerte; 3) non siano introdotte discriminazioni a danno dei concorrenti” (TAR Campania, NA, Sez. I, 10 giugno 2010, n. 13771)

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tenerne conto prima che si formuli l’offerta”, è identica a quella utilizzata nel procedimento di infrazione n. 2007/2309 (“Criteri utilizzati per l’aggiudicazione dell’appalto”) della preposta Commissione delle Comunità Europee, con lettera di costituzione in mora ex art. 226 del Trattato CE inviata allo Stato italiano in data 1-4 febbraio 2007.

La soppressione della precedente possibilità concessa alle Commissioni di gara, così come la specifica modifica apportata al D.Lgs. 163/06 dal D.Lgs. 152/08, è quindi scaturita princi-palmente dall’obiezione comunitaria qui ritrascritta, con doverosa sottolineatura in parte qua: “al fine di garantire il rispetto del principio di parità di trattamento di cui le regole delle direttive sono espressione, infatti, tutti i criteri che saranno utilizzati per l’aggiudicazione dell’appalto de-vono essere messi a disposizione dei concorrenti prima che essi formulino le loro offerte, in modo da permettere loro di tenerne conto. La previsione della possibilità di fissare dei criteri “motivazionali” dei punti attribuiti alle offerte che non erano previsti nei documenti di gara sembra contrario al principio di parità di trattamento fissato nelle direttive”.

9. La verifica delle offerte economiche, l’eventuale sub-procedimento di verifica delle giustificazioni e l’aggiudicazione provvisoria della gara.

Nella seduta pubblica di lettura delle offerte economiche e prima dell’apertura delle me-desime, il Presidente della Commissione legge i punteggi conseguiti dalle offerte tecniche, assegnati sulla base dei criteri (ed eventuali sub-criteri) predeterminati nella lex specialis di gara.

È importante precisare che l’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche deve sem-pre precedere e mai seguire l’apertura delle offerte economiche, nel rispetto del principio di imparzialità di giudizio delle Commissioni aggiudicatrici, che si troverebbero, in tal modo, a valutare “l’elemento discrezionale” tipico dell’offerta tecnica dopo avere conosciuto il punteg-gio economico assegnato in assenza di qualsiasi valutazione discrezionale44.

Nell’esempio di bando-tipo, si è indicata una formula per il calcolo del punteggio da assegnare alla componente economica dell’offerta che ipotizza uno scarto non eccessivo fra i concorrenti. Si può adoperare anche questa formula alternativa, che consente, in astratto una forbice più ampia: Pe x OM OE P: punteggio massimo Pe: Punteggio erogato OM: offerta migliore OE: offerta economica dell’operatore economico.Si procede, quindi, all’aggiudicazione provvisoria, ove non vi siano offerte anormalmente bas-se, così come previsto dai commi 2 e 3 dell’art. 86, D.Lgs. 163/06. In tal caso, si dovrà pro-cedere ad attuare il sub-procedimento di verifica, e poi si potrà aggiudicare in via provvisoria.

L’eventuale sub-procedimento anzidetto si articola in quattro, distinte eventuali fasi: 1) individuazione delle offerte sottoposte ad anomalia; 2) richiesta delle giustificazioni dell’offerta da parte dell’Amministrazione Aggiudicatrice e il conseguente invio entro 15 giorni; 3) richiesta di ulteriori chiarimenti e precisazioni dell’offerta ove persista il sospetto di anomalia, da rende-re entro 5 giorni; 4) audizione dell’offerente, convocato con anticipo di 3 giorni lavorativi, in applicazione del principio audi et alteram partem, prima di procedere all’eventuale esclusione.

44 TAR Lazio, Rm, Sez. I bis, n. 3364/08.

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La normativa di settore impone il contraddittorio esclusivamente con il concorrente in-teressato da tale verifica, circostanza che esclude la necessità di esperire tale sub-procedimento in seduta pubblica. Proprio la specificità degli accertamenti che pertengono all’ambito di tale sub-procedimento – che culmina con un giudizio di congruità o incongruità dell’offerta va-lutata nel suo insieme – porta la giurisprudenza a ritenere che la Commissione di gara abbia un ampio margine di valutazione tecnico-discrezionale dell’offerta e possa persino avvalersi, all’uopo, del parere di esperti esterni45.

Ed invero, tali poteri con l’entrata in vigore del Regolamento ex art. 5 D.Lgs. 163/06, confluiranno nel Responsabile del procedimento cui è demandato, quale Stazione Appaltan-te, ad personam il sub-procedimento in parola, con ruolo della Commissione giudicatrice e degli eventuali membri esterni di cui all’art. 88, comma 1 bis, puramente consultivo 46.

Come emerge da un approdo giurisprudenziale del TAR Piemonte, assolutamente con-divisibile, “l’aggiudicazione provvisoria si ha soltanto una volta effettuati gli eventuali riscontri che la P.A. ritenga di effettuare per appurare la bontà di un’offerta non convincente e cioè dopo che siano state effettuate le attività di cui agli artt. 86 - 88 del D.Lgs. 163/2006”.47

A parere del presente scritto, l’aggiudicazione provvisoria disposta proprio in conseguen-za del sub-procedimento di verifica delle giustificazioni, deve essere dichiarata tale in ap-posita seduta pubblica, in esito alla definizione dei lavori della Commissione giudicatrice, a prescindere degli specifici compiti del Responsabile del procedimento per come innovati dall’attuando Regolamento.

45 Consiglio di Stato V, 20 maggio 2008 n. 2348; TAR Campania, NAP, Sez. I, 6 maggio 2008 n. 3379; TAR Lazio, Rm, Sez. III, 29 aprile 2008 n. 3577.46 In realtà nel procedimento di cui all’art. 88, il Codice del Contratti, indica sempre la “stazione appaltante”, cui sono conferiti i compiti de quibus, ma fino all’indicazione regolamentare la competenza de qua, di prassi, continuava ad inerire alla Commissione giudicatrice.47 Sez. I, 15 febbraio 2010, n. 935.

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CAPITOLO IIILa fase post- gara

10. I compiti della Stazione Appaltante – Commissione Aggiudicatrice di cui all’art. 11, D.Lgs. 163/06.

Il Responsabile del procedimento dà corso quindi, ai sensi dell’art. 11, comma 5, D.Lgs. 163/06, alla verifica dell’aggiudicazione provvisoria (quale giusto operato della Commissio-ne giudicatrice, nonché quale valutazione di idoneità dell’offerta aggiudicataria ex art. 81, comma 3), richiede la conformità delle autodichiarazioni e poi provvede all’aggiudicazione definitiva (combinato disposto dell’art. 11, comma 5 e dell’art. 12, comma 148.

Detta aggiudicazione definitiva diventa efficace dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti (art. 11, comma 8, D.Lgs. 163/06). In pratica, il Responsabile del procedimento, con un ulteriore atto, accerta – tramite le attestazioni degli Organi competenti – la veridicità delle autodichiarazioni rese sia dal primo, sia dal secondo in graduatoria.

In effetti, il Codice distingue esplicitamente, facendo propria una segmentazione avva-lorata da copiosa giurisprudenza, l’aggiudicazione provvisoria da quella definitiva; vengono anche diversificati i soggetti preposti all’adozione dei rispettivi atti e dei compiti intermedi. Tanto nella falsariga di un orientamento manifestato già da tempo dal Consesso49: “La terzie-tà della Commissione aggiudicatrice di una gara pubblica deve essere valutata con riferimento ai concorrenti e non all’amministrazione, dovendosi, con riguardo a quest’ultima, soltanto rispettare il principio della separazione tra i compiti di amministrazione attiva, svolti dalla Commissione di gara, e quelli di controllo, svolti dall’organo deputato all’aggiudicazione e stipulazione del contratto”. Così, infatti, il testo dei commi 4 e 5 dell’art. 11: “4. Le procedure di affidamento selezionano la migliore offerta, mediante uno dei criteri previsti dal presente codice. Al termine della procedura è dichiarata l’aggiudicazione provvisoria a favore del miglior offerente. 5. La Sta-zione Appaltante, previa verifica dell’aggiudicazione provvisoria ai sensi dell’articolo 12, comma 1, provvede all’aggiudicazione definitiva”.

Fra l’altro, è esplicitata la natura non definitiva dell’“aggiudica” provvisoria, con l’indi-cazione (art. 12, comma 1) del termine entro il quale quest’ultima deve confluire nella “de-finitiva”, con pedissequa previsione di “silenzio-assenso” in caso di anodino comportamento della Stazione: vale a dire, implicita approvazione dell’aggiudicazione ove siano decorsi, senza adozione del relativo provvedimento, i relativi termini dell’atto endoprocedimentale di ag-giudicazione provvisoria (il dies a quo decorre dal ricevimento dell’aggiudicazione provvisoria da parte dell’organo competente).

È quindi fatto carico – sembrerebbe – alla Commissione giudicatrice, di trasmettere, con il crisma della ricettizietà, l’atto di aggiudicazione provvisoria, unitamente – all’evidenza – a tutti gli allegati (id est: verbali di gara e documentazione che, ob relationem, li ha determinati)

48 Sull’assenza dell’efficacia esterna dell’aggiudicazione provvisoria, cfr. in giurisprudenza pre-D.Lgs. 163/06, TAR Lazio, Rm, Sez. I ter, ordinanza 3321/06, la quale statuisce che: “…la mancata impugnazione della de-terminazione di aggiudicazione dell’appalto determina l’inammissibilità del … ricorso proposto avverso il bando e l’esclusione della ricorrente”, con la conseguenza che “si profila l’inutilità di un’eventuale pronuncia cautelare di accoglimento cui non potrebbe, comunque, seguire la rimozione anche dell’aggiudi-cazione”. In giurisprudenza post D.Lgs. 163/06, cfr. TAR Lazio, Rm, Sez. II, 13 febbraio 2008, n. 1268. In dottrina recente, vedi L. Olivieri, L’aggiudicazione provvisoria non ha efficacia esterna. Le funzioni della commissione quale responsabile del sub-procedimento di aggiudicazione, in Appalti & Contratti, Santarcangelo di Romagna (Rn) 12/2007, pag. 46.49 Sezione V, 12 giugno 2002, n. 3267.

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all’Amministrazione Appaltante, nella persona del Responsabile del procedimento: compito di quest’ultimo – ancorché passivo – non esplicitamente previsto nelle di Lui funzioni, giusta dettaglio dell’art. 10, comma 3, ll. a) – h), ma che, anche alla luce della lettura del riferito schema di regolamento ex art. 5, D.Lgs. 163/06, rientra nelle funzioni non “specificatamente attribuite ad altri organi o soggetti” (art. 10, comma 2 del Codice).

Pertanto, “l’aggiudicazione provvisoria rappresenta un atto infraprocedimentale, soggetto a conferma o a revisione, nei cui riguardi il partecipante dichiarato provvisoriamente aggiudica-tario non vanta alcuna posizione giuridicamente tutelata al provvedimento di aggiudicazione definitiva ma è titolare di una mera aspettativa, la cui inosservanza impone la comunicazione di riapertura del procedimento ove se ne verifichi la necessità e non l’annullamento dell’intera gara in presenza di fatti sopravvenuti che ne comportino la ripetizione di una fase, secondo il principio di conservazione degli atti della P.A. e di continuità della sua attività”50.

Ed ancora, più recentemente è stato stabilito che “in materia di appalti pubblici, la di-stinzione tra aggiudicazione provvisoria ed aggiudicazione definitiva poggia sulla diversa funzione dei due atti, il primo mirante alla selezione della migliore offerta da parte della Commissione di gara, il secondo volto alla verifica ed alla approvazione da parte dell’organo competente, secondo l’ordinamento dell’Ente aggiudicatore”.51

Pertanto, una volta effettuata la descritta verifica sull’operato della Commissione giudi-catrice, ove essa non denoti vizi di sorta, segue la pronuncia dell’aggiudicazione definitiva. Ai sensi del successivo comma 8 dell’art. 11, poi, l’efficacia della medesima è subordinata alla verifica del possesso dei prescritti requisiti in capo all’aggiudicatario, tramite richiesta a quest’ultimo e al secondo in graduatoria di comprovare, mercé le attestazioni delle Autorità competenti, quanto autodichiarato al seggio di gara.

È quindi il caso di distinguere la verifica (in termini oggettivi) sull’operato della Com-missione, da quella (in termini soggettivi) sui requisiti medesimi, per come assunti al seggio di gara ai fini dell’ammissione a concorrere dell’aggiudicatario.

La previsione dell’art. 16, quarto comma, R.D. 2440/2352, viene quindi abrogata dal D.Lgs. 163/06 in modo implicito e non esplicito, in quanto il cennato R.D. non figura fra le norme espressamente espunte dal panorama normativo, ai sensi dell’art. 256. Tanto diver-samente dalla specifica disposizione, sul punto, circa l’art. 14, D.Lgs. 190/02 (interamente soppresso)53.

50 Consiglio di Stato, Sez. V, 11 maggio 2006, n. 2612; TAR Lazio, Rm, Sez. II, 30 aprile 2010, n. 8975.51 Consiglio di Stato, Sez. V, 11 maggio 2010, n. 2817.52 È la norma che testualmente dispone: “I processi verbali di aggiudicazione definitiva, in seguito ad incanti pubblici o a private licitazioni, equivalgono per ogni effetto legale al contratto”.53 “1. Nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa che comunque riguardino le procedure di progettazione, approvazione e realizzazione delle infrastrutture ed insediamenti produttivi e relative attività di espro-priazione, occupazione ed asservimento:a) l’udienza di merito del ricorso non richiede la domanda di fissazione ed avviene non più tardi del quarantacinque-simo giorno dalla data di deposito dello stesso presso la segreteria del giudice competente;b) la valutazione del provvedimento cautelare eventualmente richiesto deve tener conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla solleci-ta realizzazione dell’opera; nel concedere la misura cautelare il giudice non potrà prescindere dal motivare anche sulla gravità ed irreparabilità del pregiudizio all’impresa del ricorrente, il cui interesse dovrà comunque essere comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure;c) per quanto non espressamente previsto dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’articolo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.2. In applicazione delle previsioni dell’articolo 2, comma 6, delle direttive 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicem-

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Si chiarisce, deinde, la perplessità di qualificata dottrina che, in sede di presentazione della relativa monografia54, aveva testé argomentato al riguardo: “… l’art. 14 del D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, disponendo che il contratto stipulato tra Pubblica Amministrazione e privato sia in-sensibile alle ipotesi di annullamento della aggiudicazione, ha sollecitato gli studiosi ad una più at-tenta meditazione dei rapporti tra procedimento amministrativo e contratto. In particolare è apparso utile individuare le ipotesi di stretto collegamento tra procedimento e contratto e conseguentemente verificare le conseguenze sul contratto di possibili vizi del provvedimento”. Ne discende che l’aggiu-dicazione definitiva non obbliga ope jure alla stipula dell’accordo negoziale, la cui sottoscrizione sposterà tutto ciò che attiene alla sfera pubblicistica a quella prettamente privatistica. Permane, infatti, nell’ambito pubblicistico, anche l’eventuale revoca dell’aggiudicazione definitiva, ri-spetto alla quale “vige il principio della necessità della comunicazione di avvio, partendo dal pre-supposto che la partecipazione dell’interessato può rivelarsi determinante nella fase di comparazione degli interessi in gioco”: l’interesse all’eliminazione dell’atto inopportuno e l’interesse alla con-servazione delle posizioni acquisite, avuto riguardo anche all’affidamento del privato maturato circa la stabilità del provvedimento della P.A.55 Ciò tanto più nei casi, in cui sia trascorso un apprezzabile lasso di tempo tra l’aggiudicazione e la revoca56. In sede di autotutela, infatti, la P.A. deve prendere in attenta considerazione le osservazioni degli interessati al mantenimento del provvedimento precedentemente adottato, dovendo essa dimostrare l’interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione del medesimo e la prevalenza di tale interesse rispetto a quello alla conservazione della situazione attuale. In sostanza, le previsioni degli artt. 7 e 8, L. 241/90, inducono a ritenere che la P.A., nell’esercizio dei suoi poteri di autotutela, non può far-si giustizia da sé, ma deve consentire all’interessato di difendersi, instaurando un propedeutico previo contraddittorio. Sul punto, sono intervenute le SS.UU. della Corte di Cassazione che, con Ordinanza n. 4508 dell’1 marzo 2006, hanno stabilito: “Ai sensi dell’art. 6 L. 205/00 spetta al Giudice Amministrativo di conoscere la controversia relativa alla domanda di dichiarazione di invalidità del contratto di appalto di opera pubblica proposta a seguito di autotutela della PA che ha sospeso gli effetti di contratto già stipulato per vizi della fase unilaterale dell’aggiudicazione”57.

bre 1989 e 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, la sospensione o l’annullamento giurisdizionale della aggiudicazione di prestazioni pertinenti alle infrastrutture non determina la risoluzione del contratto eventualmente già stipulato dai soggetti aggiudicatori; in tale caso il risarcimento degli interessi o diritti lesi avviene per equivalente, con esclusione della reintegrazione in forma specifica.3. Il soggetto aggiudicatore comunica il provvedimento di aggiudicazione ai controinteressati almeno trenta giorni prima della firma del contratto”.54 M. Sanino, Procedimento amministrativo e attività contrattuale della pubblica amministrazione, Torino 2003.

55 Consiglio di Stato, Sez. V, 20 gennaio 2003, n. 178; C.G.A, 20 gennaio 2003, n. 1; TAR Emilia - Roma-gna, Bo, Sez. I, 4 ottobre 2002, n. 1417.56 TAR Lazio, Rm, Sez. III, 1 settembre 2004, n. 8142. Contra: TAR Campania, Na, Sez. I, 10 novembre 2005, n. 18852: “Non necessita l’avviso di avvio del procedimento nel caso di revoca, da parte della P.A., del provve-dimento di aggiudicazione definitiva della gara d’appalto all’ATI costituenda. In tale caso ricorre, infatti, un’ipotesi in cui l’adozione del provvedimento finale è doverosa e vincolata, i presupposti fattuali sono incontestati, non vi sono margini di incertezze nel quadro normativo di riferimento e l’annullamento del provvedimento per violazione dell’ob-bligo formale di comunicazione di avvio del procedimento consentirebbe comunque all’Azienda di adottare un nuovo provvedimento di identico contenuto: circostanze in presenza delle quali si è escluso, ancor prima della introduzione dell’art. 21 octies nella legge 241/90, la rilevanza invalidante dell’eventuale inosservanza della norma invocata da parte ricorrente”.

57 Invero, è da registrare un’interessantissima pronuncia della “Plenaria” (n. 6 del 5.9.05, giusta rimessione della Sez. IV, 7 marzo 2005, n. 920) dalla quale – oltre ad altri aspetti di importante incidenza – è emerso tale

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Tanto nel rilievo di una sostanziale irrevocabilità della procedura ad evidenza pubblica e quindi di un’oggettiva (e sicuramente democratica, in pregio alla tutela dell’affidamento) pre-clusione alla sospensione o all’annullamento, posto che “è nulla la clausola del bando di gara che attribuisce all’ente appaltante la possibilità di sospendere o annullare la gara ovvero di non procedere all’aggiudicazione. Essa infatti integra una condizione meramente potestativa e come tale è contraria sia al principio civilistico di buona fede sia al principio pubblicistico di imparzia-lità e buona amministrazione”58. Infatti, l’Amministrazione Aggiudicatrice può procedere alla revoca dell’aggiudicazione definitiva in un appalto purché motivi adeguatamente la sussisten-za dell’interesse pubblico. Lo ha affermato il TAR di Milano59, i cui Giudici hanno chiarito che, sebbene l’aggiudicazione quale atto conclusivo del procedimento di scelta del contraente segni di norma il momento dell’incontro della volontà della P.A. di concludere il contratto e della volontà del privato manifestata con l’offerta ritenuta migliore, non è precluso comun-que alla prima di procedere, con atto successivo, alla revoca d’ufficio, ovvero all’annullamento dell’aggiudicazione stessa, purché venga fornita di adeguata motivazione con richiamo a un preciso concreto interesse pubblico. In particolare, espone il Collegio milanese, l’indagine della sussistenza dell’interesse pubblico deve essere condotta con specifico riferimento alla fattispecie concreta, avendo cura di verificare la situazione nella quale va a incidere il provve-dimento di autotutela di che trattasi60.

Si segnalano, sul punto, due arresti giurisprudenziali di Prime e Seconde Cure, che di-stinguono la portata, in subiecta fattispecie, della comunicazione di avvio del procedimento.

Così, in massima, il TAR di Bari61: “Nel caso in cui la p.a. decida di non aggiudicare la gara prima dell’esaurimento della relativa procedura, nessuna comunicazione di avvio del procedimen-to è dovuta alla ricorrente o ad altri, non trattandosi di procedimento di autotutela o comunque «di secondo grado» ma semplicemente di rivalutazione dell’interesse pubblico intervenuta nell’am-bito dell’unica, originaria procedura di gara”.

Così, sempre in massima, il Consiglio di Stato62: “Mentre in caso di aggiudicazione prov-visoria, in quanto atto endoprocedimentale, l’amministrazione può esercitare il suo potere di au-totutela rispetto all’aggiudicazione provvisoria senza dare comunicazione dell’avvio del relativo procedimento, in presenza di un provvedimento di aggiudicazione definitiva l’esercizio del potere di autotutela deve essere necessariamente preceduto, a pena di illegittimità, dalla comunicazione di avvio del procedimento, dovendo darsi modo all’aggiudicatario definitivo, titolare di una posizione giuridica evidentemente qualificata, di poter interloquire con l’amministrazione, rappresentando fatti e prospettando osservazioni e valutazioni finalizzate alla migliore individuazione dell’inte-resse pubblico, concreto ed attuale, alla cui unica cura deve essere indirizzata la potestà pubblica”.

principio. La sentenza costituisce un paradigma di essenziale riferimento anche a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Codice.58 TAR Lazio, Sez. III ter, 14 ottobre 2004, n. 10952.59 Sez. III, 4 febbraio 2005, n. 227.60 Permane pertanto la prerogativa oggettiva di cui all’art. 113 del R.D. 827/24 (“Per gravi motivi di interesse pubblico o dello Stato, il ministro o l’autorità delegata per l’approvazione può negare l’approvazione ai contratti anche se riconosciuti regolari. L’autorità delegata, nel caso in cui non ritenga di approvare il contratto, ne riferisce al ministro”). La relativa vigenza, dopo oltre ottant’anni, in uno Stato membro chiamato oggi al recepimento di una Direttiva comunitaria, è fenomeno sicuramente singolare.61 Sez. I, 7 novembre 2006, n. 3909.62 Consiglio di Stato, Sez. VI, 31 ottobre 2006, n. 6456.

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11. La stipula del contrattoIncombe, infine, sulla Stazione Appaltante l’obbligo di stipulare il contratto non prima

di trentacinque giorni dall’aggiudicazione, il cui esito andrà formalmente (e ricettiziamente) comunicato a tutti gli operatori economici che hanno concorso alla procedura, ai sensi del disposto combinato dell’art. 11, comma 10 e dell’art. 7963. È infatti fatto obbligo alle Stazio-ni appaltanti di comunicare l’aggiudicazione definitiva, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni, all’aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l’esclu-sione, o sono in termini per presentare dette impugnazioni, nonché a coloro che hanno im-pugnato il bando o la lettera di invito, se dette impugnazioni non siano state ancora respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva.

Al termine minimo corrisponde in via collaterale un termine ultimo, pari a sessanta gior-ni: “salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro il termine di sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell’invito ad offrire, ovvero l’ipotesi di differimento espressamente concordata con l’aggiudicatario” (art. 11, comma 9)64.

Ancorché non perentoria, la scadenza de qua è condizione perché l’aggiudicatario possa “sciogliersi dal vincolo o recedere dal contratto” (così nel comma medesimo).

Secondo quanto previsto dall’art. 11, comma 10, del D.Lgs. 163/2006 così come re-centemente modificato dal D.Lgs. n. 53 del 20 marzo 2010, pertanto, “Il contratto non può comunque essere stipulato prima di trentacinque giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva ai sensi dell’articolo 79”.

Ed ancora l’art. 10-bis dispone che: “il termine dilatorio di cui al comma 10 non si applica nei seguenti casi:a) se, a seguito di pubblicazione di bando o avviso con cui si indice una gara o inoltro degli in-

viti nel rispetto del presente codice, è stata presentata o è stata ammessa una sola offerta e non sono state tempestivamente proposte impugnazioni del bando o della lettera di invito o queste impugnazioni risultano già respinte con decisione definitiva;

b) nel caso di un appalto basato su un accordo quadro di cui all’articolo 59 e in caso di appalti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione di cui all’articolo 60”.

Infine, in base al successivo comma 10-ter: “Se è proposto ricorso avverso l’aggiudicazione de-finitiva con contestuale domanda cautelare, il contratto non può essere stipulato, dal momento della notificazione dell’istanza cautelare alla Stazione Appaltante e per i successivi venti giorni, a

63 Analogamente l’art. 24, comma 10, L. 62/05: “L’amministrazione aggiudicatrice ovvero il soggetto aggiudi-catore di un appalto pubblico, all’atto di una aggiudicazione definitiva, ne invia comunicazione ai concorrenti non aggiudicatari, provvedendo allo svincolo delle garanzie provvisorie eventualmente prestate da questi soggetti per la partecipazione alla gara”.64 Si fa propria la disposizione dell’art. 109, D.P.R. 554/99: “La stipulazione del contratto di appalto deve aver luogo entro sessanta giorni dalla aggiudicazione nel caso di pubblico incanto, licitazione privata ed appalto-concorso ed entro trenta giorni dalla comunicazione di accettazione dell’offerta nel caso di trattativa privata e di cottimo fi-duciario. 2. Per gli appalti di competenza di Amministrazioni statali, l’approvazione del contratto deve intervenire entro sessanta giorni dalla data di stipulazione. …L’appaltatore non ha diritto ad alcun compenso o indennizzo, salvo il rimborso delle spese contrattuali. Se è intervenuta la consegna dei lavori in via d’urgenza, l’impresa ha diritto al rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione dei lavori ordinati dal direttore dei lavori ivi compresi quelle per opere provvisionali”.

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condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del meri-to all’udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva. L’effetto sospensivo sulla stipula del contratto cessa quando, in sede di esame della domanda cautelare, il giudice si dichiara incompetente ai sensi dell’articolo 14, comma 4, del codice del processo ammi-nistrativo, o fissa con ordinanza la data di discussione del merito senza concedere misure cautelari o rinvia al giudizio di merito l’esame della domanda cautelare, con il consenso delle parti, da intendersi quale implicita rinuncia all’immediato esame della domanda cautelare”

Per quanto riguarda la forma, il contratto è stipulato mediante atto pubblico notarile, o mediante forma pubblica amministrativa a cura dell’ufficiale rogante dell’Amministrazione Aggiudicatrice, ovvero mediante scrittura privata, nonché in forma elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna Stazione Appaltante (cfr. art. 11, comma 13).

Può essere sottoposto ad una eventuale fase di approvazione, così come stabilito dai com-mi 2 e 3 dell’art. 12, D.Lgs. 163/06.

La Stazione Appaltante, dovrà infine comunicare, ai sensi dell’art. 79, comma 5, lett. b-ter, la data di avvenuta stipulazione del contratto con l’aggiudicatario, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni, ai seguenti soggetti: 1) aggiudi-catario, 2) concorrente che segue nella graduatoria, 3) tutti i candidati che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, 4) coloro la cui candidatura o offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l’esclusione, o sono in termini per presentare dette impugna-zioni, 5) coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se dette impugnazioni non siano state ancora respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva.

Per i casi di inefficacia del contratto e quindi del relativo intervento del G.A., - che oggi ne può conoscerne le sorti - che annulla l’aggiudicazione, si rimanda all’estratto del recente Codice sul Processo Amministrativo (artt. 120,121,122), ritrasfuso in appendice.

In conclusione si riporta l’ultima statuizione giurisprudenziale sulla natura dell’interven-to giudiziale, al cospetto dell’annullamento dell’aggiudicazione e di contratto già stipulato:

“In tema di contratti pubblici, in ipotesi di violazioni gravi e al di fuori dei casi di inefficacia del contratto, il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva può scegliere, ai sensi dell’art. 245-bis D.Lgs. n. 163/2006 di dichiarare o meno inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto dei seguenti elementi: 1) gli interessi delle parti; 2) l’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati; 3) lo stato di esecuzione del contratto; 4) la possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la relativa domanda sia stata proposta. (Nella specie il giudice ha ritenuto di non dichiarare l’inefficacia del contratto dal momento che la ricorrente si era classi-ficata al sesto posto nella graduatoria relativa ad un lotto, ed al settimo posto nella graduatoria relativa ad un altro lotto ed inoltre i vizi dell’aggiudicazione comportavano l’obbligo della stazione appaltante di rinnovare la gara)” (TAR Lazio, Rm, Sez. I bis, 22 settembre 2010, n. 32375), laddove vi è un rafforzamento del ruolo decisorio del giudice “nell’esercizio di una giurisdizio-ne in materia di aggiudicazione di appalti pubblici che viene certamente configurata di giurisdi-zione esclusiva, ma anche di merito in virtù degli incisivi poteri attribuitigli proprio dalla norma de qua in ordine alla valutazione, all’opportunità ed alla convenienza di mantenere l’efficacia del contratto stipulato ovvero di porla nel nulla eventualmente con effetto retroattivo” (TAR Lazio, Rm, Sez. III bis, 16 giugno 2010, n. 18131).

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BIBLIOGRAFIAF. A. Caputo, Vademecum sugli appalti pubblici, C&C Communication, 2008, pag. 70, disponibile anche sul sito www.ieopa.itF. Cardarelli, Convegno “La gestione del patrimonio stradale fra appalto di servizi, concessione di servizi e servizio pubblico. A margine della sentenza del Consiglio di Stato n. 36 del 2008”, IGI – Roma, 14 febbraio 2008;B. Cavallo “Provvedimenti ed atti amministrativi” in “Trattato di Diritto Amministrativo”, diretto da G. Santaniello, Padova 1993, vol. III;A. Clarizia, La disciplina dell’avvalimento nelle gare dei servizi integrati, www.gsanews.it/gsa/0309/art.2.htm R. Garofoli e M. A. Sandulli, Il nuovo Diritto degli appalti pubblici nella direttiva 2004/18/CE e nella legge comunitaria n. 62/2005, Milano 2005;E. Mele, I contratti delle pubbliche amministrazioni, Milano 2002;L. Olivieri, L’aggiudicazione provvisoria non ha efficacia esterna. Le funzioni della commissione quale responsabile del sub-procedimento di aggiudicazione, in Appalti & Contratti, Santarcangelo di Romagna (Rn) 12/2007;D. Ponte, Verifica a campione: natura del termine e conseguenza, in Urbanistica e Appalti n. 4/08;M. Sanino, Procedimento amministrativo e attività contrattuale della pubblica amministrazione, Torino 2003;P. Virga “Diritto Amministrativo”, Milano 1987;C. Zucchelli, Avvalimento dei requisiti di altre imprese, www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/studi_contributi/zucchelli.htm

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PARTE IIAppunti IEOPA

Si riportano di seguito gli appunti IEOPA 2009 e 2010, che l’Istituto Etico per l’Osser-vazione e la Promozione degli Appalti, invia ai propri soci sulle materie di interesse, a com-pletamento ed approfondimento di quanto sopra esposto.

Appunti IEOPA 2009

Appunto n. 1/09: Chiarimenti sulla questione se “la certificazione SOA è sufficiente a dimostrare l’adeguatezza tecnico-finanziaria della Società che partecipa ad un appalto di lavori?”.

Caro Socio Ordinario Collettivo, sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione l’interrogativo in oggetto, circa la dimostra-zione della esistenza dei requisiti di capacità tecnica, finanziaria e gestionale che una impresa deve possedere per partecipare, indi ottenere, l’affidamento di lavori pubblici di importo superiore a 150.000,00 euro.I. La richiesta di requisiti aggiuntivi rispetto alla certificazione SOA, che supera le cate-gorie di specializzazione e le classifiche di importo indicate dal bando, deve ritenersi illegit-tima. Lo ha stabilito il TAR Lazio di Roma, con la sentenza 12218 del 22 dicembre scorso. Il Giudice amministrativo ha ricalcato il principio che regola la qualificazione dei soggetti esecutori di lavori pubblici. La risposta è stata individuata nel D.P.R. 34/2000, art 1, comma 3, in base al quale “la qualificazione rilasciata dalle Soa è condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria necessari all’affidamento dei lavori pubblici”.

Di certo fu posta attenzione anche sul successivo comma 4, il quale stabilisce che “le stazioni appaltanti non possono richiedere ai concorrenti la dimostrazione della qualificazione con modalità, procedure e contenuti diversi da quelli previsti dal presente titolo, nonché dai titoli III e IV”.

Quanto sopra, trova altresì riscontro nel Parere dell’Autorità per la Vigilanza, il n. 71 del 23 ottobre 2007, secondo il quale “i requisiti di ordine generale, tecnico ed organizzativo che devono essere posseduti dalle imprese per poter partecipare alle gare di appalto di lavori pubblici, dettagliatamente individuati agli articoli 17 e ss. del suddetto regolamento, devono intendersi in-derogabili da parte della Stazione Appaltante, che non può prevedere requisiti maggiori o ulteriori rispetto a quelli fissati già dalla legge”.

Esistono però delle eccezioni, come per i lavori di importo inferiore ai 150 mila euro o superiore ai 20 mila, così come per le imprese straniere. Casi in cui l’attestazione Soa non è obbligatoria, anche se prevista, o il regime di qualificazione è indipendente.

Situazione diversa è prevista anche per l’appalto di servizi, in cui la qualificazione dei concorrenti è lasciata alla discrezione delle stazioni appaltanti, che provvedono all’elencazione dei requisiti richiesti in ogni bando di gara.

In realtà la possibilità di comprovare i requisiti soggettivi di partecipazione alla gara con

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documentazione aggiuntiva, rispetto all’attestazione SOA, non è preclusa del tutto ma, tor-nando alla penna del Collegio romano, “è consentita solo in casi eccezionali che devono essere adeguatamente motivati, peraltro nel rispetto del limite della logicità e ragionevolezza e cioè della loro pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito”.

Le conclusioni cui si è giunti di recente si sono consolidate sull’onda delle puntuali considerazioni riconosciute all’attestazione SOA dal Consiglio di Stato, che in più occasio-ni, soprattutto sulla base dei penetranti controlli di vigilanza e controllo che l’Autorità di Vigilanza esercita sulle Società organismo di attestazione, ha affermato che “non solo l’atte-stazione è atto unilaterale avente valenza pubblicistica, ma che si tratta di un vero e proprio atto pubblico, il quale, come noto, fa fede fin a querela di falso” (ex multis, cfr. Sez. VI, 3 febbraio 2004, n. 991).II. Nel caso in cui l’approdo sembrasse opinabile, una ricostruzione, in un’ottica dovero-samente sintetica, del sistema normativo, sicuramente renderebbe pregio alle conclusioni in querelle.

Eccoci, allora, dipanare la matassa normativa che nell’ambito della complessiva riforma del sistema dei lavori e delle opere pubbliche, avviata con la L. 109/94 e successive modi-ficazioni ed integrazioni, ha visto il Legislatore protagonista nell’innovazione del sistema di verifica della qualificazione delle imprese attive nel settore delle opere pubbliche. Si è scelta la strada dell’abbandonando della diretta e totale amministrazione della materia da parte della mano pubblica (espressione di una concezione statuale della qualificazione delle imprese) per affidarla ad organismi di diritto privato, preventivamente autorizzati da apposito organismo pubblico (l’Autorità), con il conseguente trasferimento dei relativi poteri di concessione e revoca delle attestazioni di qualificazione in capo a detti organismi privati.

Tutto ciò in coerenza con una generale tendenza alla semplificazione e accelerazione delle procedure.

In tale prospettiva si inquadra il sistema “unico” di qualificazione - disciplinato, in at-tuazione della legge, dal D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, recante il regolamento sulla qualifi-cazione - che, dunque, si avvale di organismi di diritto privato per il rilascio dell’obbligatorio attestato di qualificazione.

Tale attestato espressamente viene configurato come l’unica “…omissis.. condizione neces-saria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria, ai fini dell’affidamento dei lavori pubblici” (art. 1 del regolamento).

La vigilanza su tale nuovo sistema è attribuita all’Autorità che la esercita sulla base delle norme regolamentari allo scopo emanate, i cui contenuti dispositivi devono essere interpreta-ti sulla base dei principi e criteri dettati dall’articolo 8 della legge sopracitata.

A tal proposito è bene porre l’attenzione sul comma 3 dell’articolo appena menzionato il quale stabilisce che il sistema di qualificazione “è attuato da organismi di diritto privato di attestazione, appositamente autorizzati dall’Autorità”, mentre l’art. 14 ne disciplina puntual-mente i poteri, qualificati come “vigilanza” e come “controllo” sul sistema di qualificazione.

Dal dettaglio del procedimento di controllo e dai relativi effetti, si evince come viene attribuito all’Autorità il potere di controllare la sussistenza dei requisiti per il rilascio delle attestazioni, con un procedimento che richiede il necessario contraddittorio con l’impresa sottoposta a verifica.

Il procedimento sfocia in un provvedimento con cui l’Autorità incide in maniera pene-

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trante sul potere delle SOA in ordine alle attestazioni, in quanto l’Autorità “indica” in manie-ra vincolante le “condizioni da osservarsi nell’esecuzione del contatto stipulato”.

Dunque, l’Autorità detta alle SOA il contenuto dell’atto che la SOA deve adottare (sia che tale atto sia il rilascio dell’attestazione, sia che tale atto sia la modifica o la revoca di una attestazione già rilasciata).III. La ratio di tale disciplina si evince con chiarezza ove ci si soffermi sulla natura giuridica del potere esercitato dalle SOA.

Infatti, le SOA sono configurate come organismi privati, e il rapporto tra SOA e impresa è configurato come contratto privatistico. Ma tale contratto: - da un lato, ha elementi legali predeterminati (il rispetto delle tariffe, il rispetto delle

condizioni stabilite dall’Autorità (art. 17, comma 2: “L’autorità stabilisce mediante quale documentazione i soggetti che intendono qualificarsi dimostrano l’esistenza dei requisiti ri-chiesti per la qualificazione. Di ciò è fatto espresso riferimento nel contratto da sottoscriversi fra SOA e impresa”);

- dall’altro lato, sfocia nell’ “attestazione”, che è atto unilaterale della SOA, avente valenza pubblicistica. Si deve, infatti, ritenere che le SOA, ancorché siano organismi privati, svol-gono una funzione pubblicistica di certificazione, che confluisce in una attestazione con valore di atto pubblico. Si verifica pertanto una ipotesi di esercizio privato di funzione pubblica.

Vi è, quindi, un interesse pubblico all’attività di certificazione, e tale attività è circondata di garanzie e controlli pubblici, che consentono di attribuire alle attestazioni una particolare efficacia probatoria, c.d. privilegiata.

La motivazione appare semplice: “il legislatore, nell’ottica della semplificazione, ha inteso demandare lo svolgimento di una attività in passato demandata a soggetti pubblici, a soggetti privati, ma la diversa natura giuridica (pubblica o privata) del soggetto che esercita tale l’attività, non incide sulla natura giuridica dell’attività esercitata, che era in passato, e rimane oggi, una funzione pubblica di certificazione, volta a ingenerare pubblica fiducia nel contenuto dell’atto” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 14 maggio 2004, n. 2125).

La prospettiva appena delineata non poteva non incidere anche sulla verifica dei requisiti ex art. 48, comma 1, D.Lgs. 163/06, la quale dispone che le Stazioni appaltanti, prima di pro-cedere all’apertura delle buste delle offerte presentate, richiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10 per cento delle offerte presentate, arrotondato all’unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, presentan-do la documentazione indicata nel bando.

Tale adempimento, secondo la deliberazione n. 112 del 17 aprile 2007 dell’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici, “non risulta necessario nelle gare relative a lavori pubblici, per importi a base di gara superiori a 150.000 euro, essendo sufficiente l’attestazione SOA. Infatti, come richiamato dalla deliberazione n. 31/2006, “per quanto attiene ai requisiti di partecipazio-ne alla gara, si rammenta che il possesso della qualificazione attestata dalla certificazione SOA è sufficiente ad assolvere ogni onere documentale circa la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento dei lavori pubblici”, giusto quanto disposto dall’articolo 1, comma 3, del d.P.R. n. 34/2000”.

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In chiave ricostruttiva è bene ribadire che:- le SOA esercitano una pubblica funzione di certificazione;- le attestazioni sono atti pubblici di certificazione;- l’Autorità esercita un controllo sia sulle SOA che sulle attestazioni che esse rilasciano;- l’Autorità può indicare in modo vincolante il contenuto delle attestazioni;- l’Autorità può escludere dal mercato le SOA inadempienti;- l’Autorità vigila sull’intero sistema di qualificazione, e dunque ne garantisce l’efficienza e

l’efficacia, a tutela della concorrenza e della pubblica fiducia;- da tale complesso di poteri attribuiti all’Autorità si evince anche quello, strettamente

strumentale, di intervento diretto sulle attestazioni, mediante annullamento delle stesse.Ne discende, fedeli ad un’interpretazione logico-sistematica che tenga conto del confronto normativo-giurisprudenziale suesposto, che:- la qualificazione rilasciata dalle SOA è condizione necessaria e sufficiente per la dimo-

strazione dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria necessari all’affidamento dei lavori pubblici;

- che tale certificazione deve intendersi come inderogabile da parte della stazione appal-tante, che non può prevedere requisiti maggiori od ulteriori rispetto a quelli fissati già dalla legge;

- la suddetta inderogabilità risulta attenuata solo in casi eccezionali che devono essere ade-guatamente motivati, peraltro nel rispetto del limite della logicità e ragionevolezza e cioè della loro pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito.

Appunto n. 2/09: “L’accesso agli atti di gara: la novità apportata dal c.d. terzo decreto correttivo al Codice degli Appalti”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre l’attenzione sull’applicazione dell’istituto dell’accesso agli atti in materia di appalti pubblici e soprattutto sulla novità apportata dal c.d. terzo decreto cor-rettivo (D.Lgs. - 163/06), rendendo schema tipo di istanza di accesso in allegato.I. Nel Nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/06) il diritto di accesso è disci-plinato dall’art. 13 (“Accesso agli atti e divieti di divulgazione”); questo articolo recepisce (in parte) alcune delle indicazioni normative preesistenti al Codice, fra le quali l’art. 22 della L. 109/94, l’art. 10 del D.P.R. n. 554/99 e costituisce, intrinsecamente, l’applicazione degli indirizzi comunitari.

L’articolo del Codice dopo aver ribadito il rinvio alla legge generale sul procedimento amministrativo cataloga le ipotesi di “differimento”, vale a dire quelle in cui il riscontro alla richiesta di accesso non soggiace ai canonici termini normativi (trenta gg.), bensì va garan-tito, per le deducenti ragioni di opportunità, dopo determinati eventi procedimentali (Cfr. per approfondimenti “IL DIRITTO DI ACCESSO NELLE PROCEDURE AD EVIDENZA PUBBLICA” di F. A. Caputo in: “apporti di ricerca” di IEOPA, sul sito dell’Istituto, www.ieopa.it).

Ebbene, il potere di differimento è previsto e disciplinato, in via generale, dall’art. 24, comma 6, della L. n. 241/1990 e dall’art. 9, comma 2, del D.P.R. n. 184/2006 (regolamento

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applicativo sull’accesso), in cui si dispone che «il differimento dell’accesso è disposto ove sia suf-ficiente per assicurare una temporanea tutela agli interessi di cui all’articolo 24, comma 6, della legge, o per salvaguardare specifiche esigenze dell’amministrazione, specie nella fase preparatoria dei provvedimenti, in relazione a documenti la cui conoscenza possa compromettere il buon anda-mento dell’azione amministrativa».

Il differimento è previsto in specifici casi e con termini massimi temporali precisi, a seconda del tipo di procedura di selezione del contraente che sia stata selezionata dall’ammi-nistrazione procedente, ovvero a seconda che si tratti di procedure aperte o altre tipologie di procedure concorsuali.

In ogni caso, il diritto di accesso viene temporaneamente compresso se esercitato per conoscere del contenuto e delle informazioni relative alle offerte, mentre l’interessato potrà tornare a godere pienamente di tale diritto solo dopo l’avvenuta approvazione dell’aggiudica-zione (definitiva, art. 13, comma 2, lett. c).

Solo per completezza, giova ricordare che l’istanza di accesso presentata nelle more di una delle circostanze di cui al comma del medesimo articolo, non legittima l’Amministrazio-ne interessata ad opporre un diniego all’accesso agli atti, ma consente soltanto l’attivazione dei poteri di differimento in capo all’ufficio.

I quattro casi di esclusione vanno, comunque, distinti in casi di “esclusione assoluta” del diritto di accesso e casi di “esclusione relativa”. Tra i primi rientrano le richieste di pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del codice, che siano stati dati per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relativamente alla procedura e al contratto pubblico in questione (art. 13, comma 5, lett. c) e delle relazioni riservate del direttore dei lavori e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto (art. 13, comma 5, lett. d).

Le esclusioni “relative” il cui riferimento normativo è all’art. 13, comma 5, lett. a) e b), nelle quali è contemplata, per l’Amministrazione, la possibilità di opporre un diniego di accesso ove si cerchi la libera disponibilità di informazioni fornite dagli offerenti nell’ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime, che rappresentino, sulla base di una motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali, oppure di ulteriori aspetti riservati delle offerte, da individuarsi in sede di regolamento.

A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 152/08 c.d. terzo decreto correttivo al Codice degli appalti è stata aggiunta la c-bis) al comma 2, sopra indicato: “in relazione al procedimento di verifica della anomalia dell’offerta, fino all’aggiudicazione definitiva”.

Pertanto, volendo schematizzare la disciplina, nell’articolo 13 del nuovo Codice viene disciplinato l’accesso agli atti delle procedure di affidamento, tenendo conto: - della disciplina generale recata dalla L. n. 241 del 1990; - dell’art. 22 della Legge n. 109/1994, che disciplina il differimento dell’accesso in talune

ipotesi; - della disciplina comunitaria che si preoccupa della tutela dei segreti commerciali e tecnici

dei concorrenti e degli aspetti riservati delle offerte; - dell’art. 10 del D.P.R. n. 554/1999, che sottrae all’accesso la relazione riservata del diret-

tore dei lavori e dell’organo di collaudo; - della elaborazione giurisprudenziale in tema di accesso alle relazioni riservate e ai pareri

legali.

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In relazione al comma 2, si osserva che la disciplina del differimento dell’accesso, conte-nuta nella Legge n. 109/1994, è stata estesa a tutti gli appalti, rispondendo alla esigenza di evitare turbative, penalmente rilevanti, delle gare.

Infatti, il D.Lgs. 152/08 ha, quindi, aggiunto al comma 2 la lettera c-bis) la quale pre-vede che “Fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti segretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, il diritto di accesso è differito (omissis)…: in re-lazione al procedimento di verifica della anomalia dell’offerta, fino all’aggiudicazione definitiva”.II. Sembrerebbe che il Legislatore con tale aggiunta abbia voluto specificare che anche per l’acquisizione dei verbali e/o documentazione afferenti la verifica dell’anomalia dell’offerta, l’accesso è differito fino all’aggiudicazione definitiva.

Sono vari i principi che la Giurisprudenza ha ribadito in materia di accesso agli atti di gara. Tra i più rilevanti si riportano:- Il diritto di una impresa partecipante ad una gara di appalto di accedere a tutti gli atti (ivi

compresi quelli contenuti nel fascicolo elettronico) detenuti dall’INPS relativi alla regolarità contributiva della impresa aggiudicataria prevale sul diritto alla tutela dei dati personali, così come ormai previsto, nello specifico settore degli appalti, dall’art. 13, comma 6, del D.Lgs. n. 163/2006 (Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 febbraio 2008, n. 590);

- “Non è configurabile, difettando un interesse concreto ed attuale, un diritto di accesso in re-lazione alla documentazione di una gara d’appalto andata deserta” (TAR Emilia-Romagna, Bo, 11 dicembre 2006, n. 3208).

L’insegnamento giurisprudenziale consolidato ha chiarito che l’impresa partecipante ad una procedura concorsuale per l’aggiudicazione di un appalto pubblico può accedere nella for-ma più ampia agli atti del procedimento di gara (ancorché ufficiosa), ivi compresa l’offerta presentata dalla impresa risultata aggiudicataria, senza che possano essere opposti motivi di riservatezza, sia perché una volta conclusasi la procedura concorsuale i documenti prodotti dalle ditte partecipanti assumono rilevanza esterna, sia in quanto la documentazione pro-dotta ai fini della partecipazione ad una gara di appalto indetta dalla Pubblica Amministra-zione esce dalla sfera esclusiva delle imprese per formare oggetto di valutazione comparativa essendo versata in un procedimento caratterizzato dai principi di concorsualità e trasparenza (ex multis: Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 Giugno 2006, n. 3418; TAR Lazio, Rm, Sez. III, 4 Aprile 2006, n. 2212; TAR Puglia, Ba, Sez. II, 6 Marzo 2003, n. 1086; TAR Campania, Na, Sez. V, 27 Marzo 2003, n. 3032).

Inoltre, il Tribunale Amministrativo Regionale Puglia Bari, Sez. I con sentenza n. 2612 del 18 novembre 2008 ha specificato che “il differimento ex art. 13, c.2, lett. c) D.Lgs. 163/2006 opera solo relativamente alle offerte e non opera relativamente alla documentazione amministrati-va, ai verbali di gara ed ai provvedimenti adottati dalla commissione”.

Altrettanto consolidato è il principio secondo il quale “Non è consentito esercitare l’accesso alla documentazione posta a corredo dell’offerta selezionata, ove l’impresa aggiudicataria abbia dichiarato che sussistano esigenze di tutela del segreto tecnico o commerciale, ed il richiedente non abbia dimostrato la concreta necessità di utilizzare tale documentazione in uno specifico giudizio. Segreto tecnico o commerciale e accesso agli atti di gara” (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 dicembre 2008, n. 6121).

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Pertanto:1. l’accesso ai documenti, sia riguardo la documentazione amministrativa dei concorrenti,

sia riguardo agli atti redatti dalla Commissione giudicatrice ed afferenti alla seduta pub-blica di ammissione a concorrere, sono accessibili fin da subito;

2. il resto della documentazione sia dei concorrenti (anche in ordine agli elaborati proget-tuali), sia della Commissione e della Stazione Appaltante può essere oggetto di accesso, solo ove si ipotizzi un ricorso giustiziale e comunque al termine della procedura (atto di aggiudicazione definitiva ex art. 11, comma 5, D.Lgs. 163/06);

3. la Stazione Appaltante deve applicare l’art. 3, D.P.R. 184/06, che si riporta di seguito, e ri-spetto il quale va precisato che la “privacy” del controinteressato recede rispetto all’interesse di giustizia del richiedente “1. Fermo quanto previsto dall’articolo 5, la pubblica amministra-zione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, di cui all’ar-ticolo 22, comma 1, lettera c), della legge, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. I soggetti controinteressati sono individuati tenuto anche conto del contenuto degli atti connessi, di cui all’articolo 7, comma 2.

4. 2. Entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al comma 1, i controinteres-sati possono presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso. Decorso tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla richiesta, accertata la ricezione della comunicazione di cui al comma 1”.

1. Appunto n. 3/09: “Ammissibilità del bando ove richiesta la certificazione di qualità solo alla mandataria Capogruppo”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre l’attenzione su un’interessante sentenza del TAR del Lazio, Sez. III, la n. 897 del 29 gennaio 2009, la quale ammette l’autocertificazione sul possesso della qualità aziendale e ritiene legittimo, in caso di raggruppamento, chiederla alla sola mandataria.

La vicenda trae origine da una gara per l’affidamento di un appalto pubblico, nell’ambi-to della quale, nello specifico, viene contestata la mancata produzione da parte di una delle mandanti di un R.T.I. della copia conforme della certificazione di qualità.

In via preliminare si rileva che, secondo “una impostazione giurisprudenziale da condivi-dere”, le copie delle certificazioni di qualità possono essere ricomprese nel disposto dell’art. 19, D.P.R. 445/00, in materia di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, giacchè gli organismi deputati a tale certificazione, sebbene di natura privata, rilascerebbero attestazioni aventi contenuto vincolato e rilievo pubblicistico (Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2007, n. 121), e che, quindi, il certificato di qualità bene potrebbe essere prodotto in gara tramite una autocertificazione (Consiglio di Stato, Sez. V, 17 aprile 2007, n. 1790 e 11 mag-gio 2007, n. 2355), oltre che tramite copia conforme all’originale.

Pertanto, corretto, secondo i Giudici del TAR del Lazio, doveva ritenersi quanto prescrit-to nel bando di gara, secondo il quale, ai fini della prequalifica, era da ritenersi necessaria una “dichiarazione attestante il possesso del certificato del Sistema di gestione per la Qualità conforme alle norme UNI EN ISO 9001, rilasciato da un Organismo accreditato, relativo ai servizi posti

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a gara, e di essere dotata di un sistema certificato idoneo a garantire la qualità della produzione e l’assistenza post vendita, secondo le norme UNI EN ISO 9002”.

Ma soprattutto, nello specifico, i Giudici hanno ritenuto corretto l’operato della Stazio-ne Appaltante – ed è qui il punto focale della decisione – nell’aver ritenuto che il possesso del requisito della certificazione di qualità potesse essere posseduto “anche soltanto dalla manda-taria”.

Viene inoltre specificata la “sostanziale equivalenza … omissis …tra la stessa copia conforme e la autodichiarazione in funzione sostitutiva”, irrilevante essendo il fatto, come nel caso di spe-cie, che nella lettera di invito fosse prescritto espressamente il deposito della copia conforme.

Si tenga tuttavia presente, in conclusione, sulla premessa della sostanziale equivalenza tra la copia conforme e l’autodichiarazione in funzione sostitutiva della certificazione di qualità e della possibilità di ritenere legittimo, in caso di raggruppamento, di chiedere quest’ultima alla sola mandataria, che, a parere di questo Istituto:i) il suddetto principio vale solo se la stessa certificazione incide sulla parte del servizio che

interessa chi la abbia presentata;ii) fermo il principio medesimo, la mandataria potrebbe far propria la certificazione di qua-

lità, in termini di avvalimento, ove la detenesse la mandante.___________________________________

Appunto n. 4/09: “L’interpello n. 10/09 del Ministero del Lavoro circa l’obbligo di pre-sentazione del DURC da parte dei fornitori di beni, servizi e lavori in economia”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione l’interessante interpello n. 10/09 con cui il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali ha statuito che “il DURC debba essere richiesto senza alcuna eccezione, per ogni contratto pubblico e dunque anche nel caso degli acquisti in economia o di modesta entità”.

La disciplina ordinaria di cui all’art. 38, comma 3, del Codice degli appalti (D.Lgs. 163/06) dispone che “resta fermo, per l’affidatario, l’obbligo di presentare la certificazione di regolarità contributiva di cui all’art. 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito dalla legge 22 novembre 2002, n. 266 e di cui all’art. 3, comma 8, del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 e successive modificazioni e integrazioni”.

Sulla base di questa disposizione generale il Ministero del Lavoro ha emanato un proprio decreto (24 ottobre 2007) al fine di specificare quali sono i soggetti obbligati al possesso e alla presentazione del DURC. In particolare il DURC è richiesto ai datori di lavoro ai fini della fruizione dei benefici normativi e contributivi in materia di lavoro e legislazione sociale previsti dall’ordinamento nonché ai fini della fruizione dei benefici e sovvenzioni previsti dalla disciplina comunitaria; per quanto di specifico interesse, inoltre, il DURC è richiesto ai datori di lavoro ed ai lavoratori autonomi nell’ambito delle procedure di appalto di opere, servizi e forniture pubblici e nei lavori privati dell’edilizia.

Tale disposizione è stata oggetto di una ulteriore specificazione da parte del Ministero del Lavoro grazie proprio all’istanza di interpello avanzata dall’Amministrazione Aggiudicatrice – Università di Sassari con cui, correttamente, si è chiesto se l’obbligo permanga anche nell’am-bito delle procedure di acquisizione in economia di beni, servizi e lavori in considerazione della

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loro disciplina derogatoria rispetto ad una parte delle disposizioni del Codice degli Appalti.Il competente Dicastero, in risposta all’Università, e dopo aver acquisito anche il parere

dell’INAIL – Direzione Generale per le Politiche Previdenziali, ha sostenuto che: 1. a tutti i contratti aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere delle

Stazioni appaltanti, degli Enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori si applicano le norme del Codice degli Appalti (art. 1 e art. 3, comma 9 del D.Lgs. 163/06);

2. ai contratti sotto soglia, e per i quali è possibile procedere all’affidamento in economia, si applicano tutte le norme della parte II del Codice degli Appalti, salvo quelle oggetto di una deroga espressa (art. 121 del D.Lgs. 163/06);

3. nessuna deroga espressa è contenuta nel Codice degli Appalti, ed in particolare nell’art. 125, per quanto concerne l’applicazione agli affidamenti di lavori, servizi e forniture in economia delle disposizioni in materia di regolarità contabile di cui all’art. 38, comma 3, già riportato.

Sulla base delle considerazioni svolte, il Ministero ha quindi concluso affermando la sussi-stenza dell’obbligo di presentare il DURC anche per l’affidamento di lavori, servizi e forniture in economia. Naturalmente questo onere sussiste nel caso in cui l’affidamento avvenga nella forma del cottimo fiduciario (art. 125, comma 1, lett. b) e non anche nel caso di ammini-strazione diretta: solamente nel primo caso, infatti, l’attività viene affidata a terzi sui quali graverà l’onere di dimostrare la propria regolarità contributiva, mentre nel secondo caso è l’Amministrazione stessa che, attraverso mezzi e personale proprio, provvede allo svolgimento delle necessarie attività.

L’interpello 10/09 del Ministero del Lavoro ribadisce, quindi, il più generale principio secondo cui, indipendentemente dal valore dell’appalto, sia esso sopra o sotto la soglia co-munitaria, nonché dalla procedura di selezione utilizzata, il rispetto dei requisiti di ordine generale in materia contabile, contributiva e previdenziale rappresenta un elemento impre-scindibile per qualsiasi tipo di contratto con la Pubblica Amministrazione in quanto volto a garantire, non tanto la capacità tecnico-finanziaria dell’appaltatore, quanto i valori attinenti alla sfera dell’ordine pubblico, della solidarietà sociale e della moralità individuale del sogget-to imprenditore.

Appunto n. 5/09: “La modifica in corso in tema di requisiti di ordine generale (art. 38, D.Lgs. 163/06)”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione l’interessante modifica, approvata il 14 mag-gio 2009 dalla Camera dei Deputati, dell’art. 38 del D.Lgs. 163/06 in materia di requisiti di ordine generale che devono essere attestati dai soggetti che intendono partecipare alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, servizi e forniture (il provvedimento tornerà ora al Senato per l’approvazione definitiva che dovrebbe avvenire senza ulteriori modifiche).

La Camera dei Deputati ha adottato il disegno di legge A.C. 2180, cosiddetto “disegno di legge sicurezza”, al cui interno si colloca l’art. 34, recante “Modifiche all’articolo 38 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”, che così recita:

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1. All’articolo 38 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, dopo la lettera m-bis) è aggiunta la seguente:         «m-ter) di cui alla precedente lettera b) che, anche in assenza nei loro confronti di un

procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione o di una causa ostati-va ivi previste, pur essendo stati vittime dei reati previsti e puniti dagli articoli 317 e 629 del codice penale aggravati ai sensi dell’articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, risul-tino imputati, con riferimento a quei reati, per i delitti di cui agli articoli 371-bis, 372 e 378 del codice penale. Il procuratore della Repubblica procedente comunica la richiesta di rinvio a giudizio all’Autorità, la quale cura la pubblicazione della comunicazione sul sito dell’Osservatorio»;

b) dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1-bis. I casi di esclusione previsti dal presente articolo non si applicano alle aziende

o società sottoposte a sequestro o confisca ai sensi dell’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, o della legge 31 maggio 1965, n. 575, ed affidate ad un custode o amministra-tore giudiziario o finanziario».

L’art. 34, di cui alla novella, oggetto di numerose discussioni durante l’iter parlamentare del provvedimento, che hanno portato ad un’ultima modifica in sede di Commissioni referenti I Affari Costituzionali e II Giustizia alla Camera, novella l’art. 38 del codice dei contratti pubblici, al fine di ampliare la platea dei soggetti che, a causa della mancanza di determinati requisiti di ordine morale, sono esclusi dalla partecipazione a gare di appalto, servizi e forni-ture, nonché dall’affidamento di concessioni, da subappalti e dalla possibilità di stipula dei relativi contratti.

La lettera a) dell’articolo in esame, aggiungendo la lett. m-ter al comma 1 dell’art 38 del Codice degli appalti, introduce infatti un’ulteriore categoria di esclusi dalle citate gare d’appalto: i soggetti di cui alla lettera b) – titolare o direttore tecnico, per imprese individuali; socio o direttore tecnico per le società in nome collettivo, i soci accomandatari o il direttore tecnico per le società in accomandita semplice, gli amministratori muniti di poteri di rap-presentanza o il direttore tecnico, per gli altri tipi di società – anche in assenza di un proce-dimento di prevenzione pendente nei loro confronti o di un provvedimento definitivo che abbia loro applicato una misura di prevenzione, qualora tali soggetti, essendo stati vittime di reati di concussione (art. 317 c.p.) o estorsione (art. 629 c.p.) aggravate (dall’appartenenza ad associazioni mafiose, ex art. 7 del D.L. 152/1991), risultino imputati, con riferimento a quei reati, per i delitti di cui agli artt. 371-bis (False informazioni al P.M.), 372 (Falsa testimonian-za) e 378 (Favoreggiamento personale) c.p..

La medesima disposizione, alla lettera b), esclude l’applicazione della richiesta di sussi-stenza di tutti i requisiti di ordine generale indicati dal medesimo art. 38 rispetto alle aziende o alle società oggetto di sequestro e confisca antimafia, qualora siano state affidate ad un custode o amministratore giudiziario o finanziario, che possono quindi partecipare alle pro-cedure ad evidenza pubblica.

L’articolo 34 è stato inserito nel corso dell’esame della Commissione in Senato (em. 14.0.1 testo 2 - del Governo). La formulazione iniziale della norma, così come approvata

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dal Senato (A.S. 733), prevedeva che l’esclusione intervenisse nei confronti di coloro che, in quanto vittime di concussione o estorsione aggravata, non avessero denunciato i fatti all’au-torità giudiziaria. Tale circostanza sarebbe dovuta emergere dagli indizi alla base della ri-chiesta del PM di rinvio a giudizio dell’imputato (concussore o estorsore) formulata nei tre anni anteriori alla pubblicazione del bando di gara e comunicata dallo stesso PM procedente all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, insieme alle generalità del soggetto che avesse omesso la denuncia. L’Autorità di Vigilanza avrebbe quindi dovuto curare la pubblicazione della comunicazione sul sito Internet dell’Osservatorio dei contratti pubblici.

Successivamente, nel corso dell’esame presso la Camera dei Deputati è emersa l’inop-portunità delle previste sanzioni che risultavano essere del tutto sproporzionate e carenti di presupposti giustificativi. I rappresentanti dell’Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) nonché dell’Associazione imprese generali (AGI), nel corso delle audizioni par-lamentari, hanno evidenziato l’eccessività della previsione sulla sanzione comminatoria di esclusione dalle gare di appalto nei confronti dei soggetti, vittime di concussione o estorsioni aggravate, che non abbiano denunciato i fatti all’autorità giudiziaria, qualora tale circostanza emerga da indizi relativi a procedimenti che siano esclusivamente a carico di terzi. Al contra-rio, secondo le suddette Associazioni, sarebbe stato più opportuno inserire nell’ordinamento il reato di omessa denuncia di atti di concussione o estorsione aggravate e ricollegare la pre-detta sanzione all’accertamento della responsabilità di tali reati in quanto, così, si sarebbe consentito agli interessati di difendersi dalle accuse loro rivolte.

Sulla base di tali osservazioni le Commissioni I Affari Costituzionali e II Giustizia hanno approvato un emendamento dell’On. Contento (PdL) che ha dato alla norma l’attuale strut-tura (con la previsione quindi di esclusione a fronte di una formale imputazione per specifici reati), nonostante il parere contrario del Governo, espresso dal Sottosegretario all’Interno, Dott. Alfredo Mantovano in sede di votazione dell’emendamento.

A seguito di questa riformulazione, la portata letterale della norma sembrerebbe più chiara in quanto non si parla più di mancata denuncia, quale circostanza che deve emergere da indizi alla base della richiesta del PM di rinvio a giudizio dell’imputato (concussore o estorsore) formulata nei tre anni anteriori alla pubblicazione del bando di gara; bensì dalla presenza di una comunicazione del Procuratore della Repubblica procedente all’Autorità (la quale ne deve curare la pubblicazione sul sito dell’Osservatorio) della richiesta di rinvio a giudizio.

Inoltre con l’esclusione prevista dalla lettera b) del comma 1, dell’art. 34 si aggiunge allo stesso art. 38 del codice degli appalti un comma 1-bis che esclude dall’applicazione del descritto art. 38 del Codice degli appalti le aziende o società oggetto di sequestro e confisca antimafia ex art. 12-sexies D.L. 306/92, ovvero ai sensi della L. 575/65, ed affidate ad un cu-stode o amministratore giudiziario o finanziario.

Detta esclusione riguarda, quindi, le utilità oggetto di sequestro e confisca di cui il con-dannato (per una serie di gravi reati, tra i quali i delitti di mafia) non può giustificare la pro-venienza, e di cui risulta essere titolare (anche tramite prestanome) o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito.

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Appunto n. 6/09: “I tre principi di cui alla sentenza del Supremo Consesso n. 2871/09”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione l’interessante sentenza del Consiglio di Sta-to, Sez. V, 11 maggio 2009, n. 2871 contenente tre principi in materia di “gare d’appalto”.I. In primo luogo, quello relativo alla non equipollenza automatica della produzione della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà rispetto alla documentazione specificamente richiesta dalla Stazione Appaltante a corredo dell’offerta.

L’appellante, nel caso di specie, aveva fornito una dichiarazione sostitutiva dell’atto no-torio (non prevista peraltro, nel caso specifico, dalla lex specialis di gara), anziché produrre direttamente determinati documenti specificamente richiesti dalla Stazione Appaltante nel capitolato speciale.

Quanto alla produzione della dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio, l’appellante ne assumeva la piena equiparazione della stessa, ai sensi degli artt. 43, 46 e 47 del DPR 445/00, rispetto alla documentazione dettagliatamente imposta dalla lex specialis di gara.

I Giudici chiamati a decidere sul punto, al contrario, rilevano che “L’applicazione indi-scriminata alle gare d’appalto della normativa in materia di semplificazione amministrativa può infatti portare ad una inammissibile violazione del principio della par condicio competitorum quante volte gli atti generali che compendiano le regole di gara non abbiano espressamente previsto (anche a mezzo di generica dichiarazione di equipollenza) la possibilità di attingere a tale moda-lità semplificata ai fini della dimostrazione di fatti rilevanti ai fini partecipativi. Il meccanismo competitivo proprio della gara d’appalto è infatti tale per cui la lettera della lex specialis non è passibile di interpretazioni estensive, dato che le stesse si tradurrebbero in una violazione procedi-mentale in danno di quei concorrenti che si sono allineati alla legge di gara in modo pedissequo, osservandone alla lettera le prescrizioni”.

Infatti: “ Se il capitolato d’appalto prescrive, come appunto nello specifico, che la potenza dei mezzi può essere provata soltanto con la produzione di determinati documenti, ammettere la di-chiarazione sostitutiva di atto notorio (peraltro a prescindere da una specifica impugnativa avverso la clausola di lex specialis prescrittiva dell’obbligo incondizionato e del conseguente giudizio sulla ragionevolezza di detta clausola) significherebbe forzare inammissibilmente il meccanismo delle regole di gara”.

Peraltro, la scelta della Stazione Appaltante di non contemplare tra la documentazione di gara le dichiarazioni sostitutive – nella specie “di fatto notorio”, ai sensi dell’art. 47 DPR cit.- potrebbe iscriversi in una ragionevole logica di speditezza procedimentale.

Non si dubita, infatti, che la dichiarazione sostitutiva impone un controllo postumo (quantomeno a campione) su quanto dichiarato dal concorrente, che diviene obbligatorio e puntuale nella ipotesi in cui quest’ultimo viene ad assumere, in esito alla gara, le vesti dell’ag-giudicatario.

Ora, non vi è dubbio che tanto costituisca un aggravamento degli oneri procedimentali e che ragionevolmente la Stazione Appaltante, nell’esercizio dei margini di discrezionalità propri della fase della fissazione delle regole di gara, potrebbe orientarsi per una limitazione del ricorso alle dichiarazioni sostitutive, proprio a mezzo di previsioni imponenti la esibizione fin da subito di documentazione dalla più sicura efficacia probante .

In definitiva, il Collegio è persuaso che “nella specie l’applicazione puntuale, sotto i divisati

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profili, delle previsioni del capitolato non si è trasformata in un’operazione meccanicistica di regole di gara che avrebbero potuto incontrare, come sostanzialmente prospetta l’appellante, una inter-pretazione teleologicamente orientata a preservarne la finalità perseguita. Al contrario, l’attuazio-ne fedele delle prescrizioni di gara, con la consequenziale esclusione dalla competizione, per le già dette ragioni, della ditta odiernamente appellante ha rappresentato corretta applicazione al caso di specie del principio della par condicio competitorum, atteso che l’ammissione della ricorrente ad un (non previsto) regime documentale semplificato avrebbe certamente arrecato un vulnus al suddetto principio”.II. In secondo luogo, in ordine all’interesse ad impugnare gli atti di gara da parte del soggetto che ne sia stato legittimamente escluso.

In merito alla predetta problematica, la giurisprudenza, nel corso degli anni, ha mutato il proprio indirizzo.

Secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato (v. per tutte, Consiglio di Stato, Sez. V, 13 settembre 2005, n. 4692; Consiglio di Stato, Sez. V, 21 novembre 2007, n. 5925) un tale interesse non potrebbe sussistere in capo al soggetto legittimamente escluso, dato che quest’ultimo all’esito dell’accertamento in ordine alla legittimità della sua esclusione, rimane privo non soltanto del titolo legittimante a partecipare alla gara ma anche a contestarne gli esiti e la legittimità delle distinte scansioni procedimentali; il suo interesse, da qualificare qua-le interesse di mero fatto, non sarebbe diverso, secondo tale approccio interpretativo, a quello di qualsiasi operatore del settore che, non avendo partecipato alla gara, non avrebbe titolo ad impugnarne gli atti, pur essendo titolare di un interesse (di mero fatto) alla caducazione dell’intera selezione, al fine di poter presentare la propria offerta in ipotesi di nuova gara.

Al contrario, secondo più recente approccio interpretativo (Consiglio di Stato, Sez. V, 4 giugno 2008, n. 2629) l’interesse del soggetto legittimamente escluso dalla selezione non potrebbe invece ritenersi insussistente, quantomeno in ordine alla prospettazione di quelle censure che potrebbero portare a travolgere l’intera competizione. In tal caso il fatto della partecipazione (ancorché non legittima) alla selezione vale a fondare il titolo impugnatorio in vista della soddisfazione dell’interesse strumentale alla riedizione della gara, nonché a rimar-care la differenza rispetto al non partecipante (che di quel titolo è pacificamente sfornito).

I Giudici della sentenza in commento, avallano questo secondo indirizzo, specificando che, “salvo il caso in cui vengano dedotti vizi inficianti l’intera procedura di gara (in cui l’inte-resse strumentale alla rinnovazione della competizione emerge in modo appariscente), è chiaro che l’impresa legittimamente esclusa da una gara d’appalto, in tanto può avere interesse, nell’ottica della rinnovazione della selezione, a contestare l’aggiudicazione ad altri dell’appalto, in quanto dimostri che nessun altro concorrente aveva titolo a parteciparvi e/o a restarne aggiudicatario”.

Ne consegue che per dimostrare l’interesse alla renovatio dell’intera procedura di gara, non è sufficiente spiegare censure involgenti il preteso difetto del titolo partecipativo o co-munque la inidoneità a risultare aggiudicatari, all’indirizzo dei singoli soggetti vincitori della selezione, dovendosi estendere l’impugnativa a tutti gli altri concorrenti, aventi gradatamente titolo a subentrare nella posizione dell’aggiudicatario eventualmente rimosso.III. Infine, avuto riguardo al principio del rispetto puntuale delle formalità prescritte dalla lex specialis.

Con riferimento al principio in epigrafe citato, i Giudici di Palazzo Spada, nella sentenza in commento, statuiscono che “nelle procedure di affidamento degli appalti pubblici, il princi-

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pio che ravvisa nel rispetto puntuale delle formalità prescritte dalla lex specialis un efficace presidio a garanzia della par condicio tra i partecipanti può essere oggetto di temperamenti” perchè “del formalismo procedurale che sorregge il sistema delle gare d’appalto va scongiurata un’applicazione meccanica che contraddica, alla luce delle specifiche circostanze del caso concreto, la fondamentale ed immanente esigenza di ragionevolezza dell’attività amministrativa, finendo così per porsi in con-trasto con le stesse finalità di tutela cui sono preordinati i generali canoni applicativi delle regole del-la contrattualistica pubblica (in tal senso, Consiglio di Strato, Sez. V, 22 giugno 2004, n. 4347)”. Ne discende che:I. La S.A. può non contemplare nella documentazione di gara le dichiarazioni sostitutive:

tale principio soggiace all’obbligo del rispetto perentorio dei termini atti alla presentazio-ne delle offerte.

II. Il partecipante alla gara permane nell’interesse differenziato “nell’impugnativa tendente al rifacimento della procedura”, rispetto all’operatore economico non partecipante alla gara, anche ove venga legittimamente escluso, e quindi ove non censuri il provvedimen-to di esclusione (cfr. sul punto nota a sentenza del 2004 e rimessa in allegato per come all’epoca predisposta per rivista specializzata).

III. La lex specialis va letta nel rispetto del principio di ragionevolezza, per cui, dalla lettura della sentenza, discende, per converso, che le finalità di tutela di ordine generale si ap-plicano per eterointegrazione anche laddove non espressamente previste nel bando e nel capitolato.

All. c.s.

Nota alla sentenza del Consiglio di Stato Sezione V, n. 6874 del 20.10.2004

1. L’interesse processuale nelle procedure ad evidenza pubblicaNella statuizione dei Giudici della Sezione V di Palazzo Spada in commento viene af-

fermato il principio secondo cui la mancata impugnazione dell’esclusione dalla gara non sopprime l’interesse dell’impresa esclusa ad impugnare l’aggiudicazione di una gara d’appalto quando l’accoglimento della doglianza potrebbe condurre alla rinnovazione della procedura ad evidenza pubblica, con la relativa (ipotetica) possibilità di aggiudicazione da parte del soggetto ricorrente.

La questione in esegesi attiene pertanto in primo luogo ai presupposti processuali in capo al soggetto che propone il ricorso, in cui acquista specifica valenza oltre che la legittimazione, anche l’interesse ad agire ossia la possibilità che il ricorrente sia in condizione di ricevere un effettivo vantaggio, o perlomeno una qualche utilità, dall’accoglimento del gravame.

In sostanza, con quello che viene definito il superamento della prova di resistenza al ri-corso, allorché il gravame è realisticamente in grado di produrre una certa utilità, anche solo potenziale, in favore del ricorrente, questo non potrà essere ritenuto carente di interesse.

Tale vantaggio non deve necessariamente consistere in un’utilità patrimoniale o mate-riale, essendo sufficiente anche solo l’interesse morale65; in taluni casi è stato altresì ammesso che possa trattarsi di un vantaggio anche solo potenziale o strumentale, ritenendo sufficiente 65 Cfr. Cons. St. Sez. VI, 17 luglio 2000, n. 3968; Cons. St. Sez. IV, 22 giugno 2000, n. 3529;Cons. St. Sez. IV 3 novembre 1998 n. 1429.

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anche il solo fatto che il rapporto possa essere rimesso in discussione dopo l’annullamento, potendo così, astrattamente, giungersi ad una conclusione positiva per il ricorrente66; o, anco-ra, laddove la decisione sia comunque idonea a far conseguire il soddisfacimento dell’interesse sostanziale in relazione ad ulteriori attività amministrative, cioè in quei casi in cui la sentenza del giudice amministrativo non sia in grado di soddisfare direttamente l’interesse sostanziale a tutela del quale si è agito67.

Due possono allora essere definiti gli interessi oggetto di gravame nei procedimenti con-corsuali: uno cosiddetto “diretto” vale a dire tendente a far conseguire al soggetto ricorrente l’immediato vantaggio dell’aggiudicazione della gara e l’altro “strumentale”, che è per l’ap-punto volto a far sì che il ricorrente ottenga un “mediato” vantaggio di far rinnovare total-mente o parzialmente il procedimento in modo tale da avere una nuova possibilità di poter poi risultare aggiudicatario della ripetuta procedura concorsuale68.

In buona sostanza il concorrente ammesso a partecipare ad una procedura ad evidenza pubblica ha un interesse differenziato e giuridicamente qualificato all’ottenimento del bene della vita consistente nell’aggiudicazione del contratto ed ha un interesse strumentale a con-correre nuovamente all’aggiudicazione in sede di rinnovazione tout court della procedura69. 2. L’escluso e l’aggiudicatario: sussistenza dell’interesse a ricorrere.

La novità della sentenza in commento si ravvisa nella possibilità acché il ricorrente esclu-so dalla gara possa utilmente impugnare il provvedimento di aggiudicazione senza che abbia l’obbligo di impugnare tempestivamente l’esclusione ed i suoi sottesi motivi.

In precedenza, laddove il partecipante alla gara veniva escluso, al medesimo era con-sentito soltanto di ricorrere avverso ai motivi dell’esclusione costituendo essa atto lesivo - di per sè - del suo interesse a veder valutata la propria offerta70, ma non anche di impugnare l’avvenuta aggiudicazione per vizi attinenti alla posizione del soggetto aggiudicatario della procedura.

Peraltro, se l’esclusione riguardo alla sua collocazione nella sequela delle operazioni con-corsuali è da considerare un atto endo-procedimentale, in realtà tale esso non è atteso il carattere costitutivo degli effetti che vi si ricollegano; l’eventuale annullamento di un provve-dimento di esclusione infatti “si riverbera, in via pregiudiziale e caducante, su tutte le successive fasi della sequenza perché svoltesi illegittimamente”71. La conseguenza è che solo laddove dichia-rata l’illegittimità dell’esclusione, gli atti successivi della procedura concorsuale possono esse-re travolti e cadono automaticamente “de iure senza bisogno di un autonoma impugnativa”72 per l’illegittimità derivata.

Ed invero, sulla cogenza lesiva – e quindi definitorietà /esecutorietà – del provvedimento di esclusione, non sussistono dubbi. Tanto laddove si consideri che, a differenza dell’aggiudi-66 cfr. Cons. St., Sez. IV, 15 febbraio 1999 n. 154, Cons. St. sez. VI, 4 settembre 1998 n. 1212;67 cfr. Cons. St. Sez. VI, 11 gennaio 1999 n. 8;68 cfr. TAR Campania – NapoliSez. II del 6 settembre 2004 n. 11652 che chiaramente afferma “il concorrente che, avendo partecipato ad una gara per l’affidamento di un appalto di progettazione, si classifica in una posizione non utile ad ottenere l’aggiudicazione in luogo del primo classificato, la cui aggiudicazione reputa illegittima, ed in tal caso deduce in giudizio un interesse finale, vale a dire diretto ad ottenere immediatamente il bene della vita al quale aspira, oppure per ottenere la ripetizione della gara o di suoi segmenti, ed in tal caso deduce in giudizio un interesse strumentale, vale a dire diretto ad ottenere una nuova chance di aggiudicazione attraverso la ripetizione della gara.69 In termini TAR Lombardia – Milano, Sez. III del 16 ottobre 2003 n. 479870 Cfr. Cons. St. Sez. V, 11 giugno 1999 n. 43971 In termini Cons. St. Sez. V, 3 giugno 2002, n. 306472 Cfr. Con. St. Sez. V, 5 marzo 2003 n. 1218.

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cazione provvisoria73, la comminatoria di esclusione conclamata in sede di seggio di gara dalla Commissione giudicatrice, non abbisogna della supervisione ratificante della Commissione aggiudicatrice; e che la presenza del legale rappresentante dell’impresa esclusa o di un manda-tario fornito di procura ad hoc comporta la decorrenza del dies a quo della relativa impugnati-va, con consequenziale obbligo – pena acquiescenza – del rispetto dei fatidici sessanta giorni.

Sic et stantibus, si era canonizzato il principio giurisprudenziale secondo il quale l’escluso non poteva addurre vizi attinenti alla posizione dell’aggiudicatario in quanto il proprio inte-resse pretensivo non poteva convergere nell’aggiudicazione.Del vero, solo in un caso, che poi altro non è che il corollario applicativo della statuizione in commento, l’escluso poteva (giusta giurisprudenza precedente) e può (giusta giurisprudenza attuale) gravare lo status soggettivo dell’aggiudicatario: allorché il numero delle pretendenti alla procedura comporterebbe la ca-ducazione della medesima.

Ci spieghiamo: se oltre all’escluso rimane in gara un solo concorrente – come per l’ap-punto nel caso attinente alla sentenza in commento – le censure avverso ai requisiti attinenti all’aggiudicatario, o avverso a disfunzioni formali e/o sostanziali della relativa offerta, porte-rebbero – ove accolte - sicuramente al rifacimento della gara; se, viceversa, oltre all’escluso rimangono in competizione due concorrenti, le censure ut supra sarebbero ammissibili solo nel caso in cui non vi fosse la clausola nella lex specialis di gara che consente l’aggiudicazione anche in presenza di una sola offerta, perché solo in tale circostanza si verificherebbe la rin-novazione dell’intera procedura74. 3. La strumentalità dell’interesse rispetto alla lesività immediata di cui alla Adunanza Plenaria n. 1 del 29 gennaio 2003.

Resta da chiarire, a questo punto, come si rapporta la decisione dei giudici di Palazzo Spada con la nota sentenza della Plenaria sopra epigrafata, con cui è stato affermato il princi-pio che i bandi di gara e di concorso sono normalmente impugnabili unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, ossia con l’aggiudicazione della gara a meno che le clausole conte-nute siano immediatamente lesive perché impediscono l’ammissione dell’interessato alla se-

73 In merito alla natura endoprocedimentale della aggiudicazione provvisoria tra le tante si veda da ultimo TAR Toscana – Firenze Sez. II 13 febbraio 2004 n. 366 che ha affermato che “Il verbale di aggiudicazione prov-visoria di una gara si sostanzia in una proposta di aggiudicazione ed ha natura endoprocedimentale ed è inidoneo a produrre la lesione definitiva delle posizioni di interesse della ditta non vincitrice. Tale lesione si verifica soltanto con la aggiudicazione definitiva. Quest’ultima, che rende definitiva anche la lesione dell’interesse anche quando percepisce in toto i contenuti di quella provvisoria, contiene una nuova ed autonoma valutazione e non è mai atto meramente esecutivo e confermativo della provvisoria. Il ricorrente ha, pertanto, l’onere di impugnare anche l’aggiudicazione de-finitiva qualora abbia precedentemente impugnato quella provvisoria, pena l’inammissibilità del ricorso.” In merito alla necessità di impugnazione dell’aggiudicazione provvisoria si veda da ultimo TAR Campania – Napoli Sez. I del 27 febbraio 2004 n. 2449 che ha sancito che “Qualora il ricorrente impugni l’aggiudicazione provvisoria di una gara d’appalto, lo stesso è tenuto ad impugnare, a pena di improcedibilità del ricorso, anche l’aggiudicazione definitiva intervenuta successivamente alla notifica del ricorso. È principio giurisprudenziale consolidato che l’aggiudicazione definitiva non sia mai atto meramente confermativo ed esecutivo e che esso vada sempre fatto oggetto di impugnazione (anche utilizzando la proposizione di motivi aggiunti in pendenza di giudizio), e questo anche quando essa sembri costituire il frutto della mera ricezione dei risultati dell’aggiudicazione provvisoria e degli altri atti prodromici, poiché costituisce l’esito finale della sequenza procedimentale e consegue ad una autonoma e nuova valutazione della P.A. committente”; in termini anche C. Stato, V, 6 luglio 2002, n. 3717. 74 Per una singolare usanza tipicamente italiana, pur in vigenza di recentissime norme di rango comunitario nel nostro ordinamento risulta essere sempre applicabile il Regio Decreto n. 827 del 1924 il cui art. 69 prevede che “L’asta …. è dichiarata deserta ove non ne siano presentate almeno due, salvo il caso in cui l’amministrazione abbia stabilito, avvertendolo nell’avviso d’asta, che, tenendosi l’asta coi sistemi delle offerte segrete, si procede all’aggiu-dicazione anche se venga presentata una sola offerta.”

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lezione; sicché la partecipazione alla gara e la presentazione della domanda non costituiscono acquiescenza e legittimano la proposizione di un eventuale gravame.

Con la sentenza in commento la giurisprudenza dà l’impressione di compiere un ulterio-re passo in avanti, perché consentendo al soggetto escluso dalla gara di gravare il procedimen-to a prescindere dalla tempestiva impugnativa avverso all’esclusione di sé medesimo, sembra riconoscere siffatta prerogativa anche laddove l’esclusione sia stata determinata da una regola del bando ex ante lesiva.

Perché, infatti, se l’escluso che prescinde dall’impugnare analiticamente la propria esclu-sione, che come già detto è di per sé lesiva dell’interesse legittimo e non abbisogna di un ulteriore atto confermativo ed applicativo, può gravare l’aggiudicazione, non potrebbe avere anche titolo all’impugnativa dell’aggiudicazione pur non avendo censurato la clausola lesiva ab origine del bando e che – tale – ha determinato l’esclusione, tendendo in entrambi i casi solo e soltanto alla rinnovazione del procedimento?

Il tutto senza omettere che la giurisprudenza, che continua ad interessare un dibattito quasi estenuante rispetto al formale obbligo di inoltrare la domanda di partecipazione per impugnare le regole di gara ove ritenute di per sé pregiudizievoli, sembra orientata a ritenere la partecipazione alla procedura ad evidenza pubblica quale indefettibile presupposto proces-suale per poter legittimamente invocare i lamentati profili di lesione75.

Avv. Francesco A. Caputo

Appunto n. 7/09: “L’affidamento di servizi tra Comuni: brevi riflessioni alla luce del recente intervento della Corte di Giustizia”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione un’interessante pronuncia della Corte di Giustizia europea (Grande Sezione) del 9 giugno 2009, n. C-480/06, che ha affermato la pos-sibilità per i Comuni di affidare la gestione dei servizi pubblici ad un altro Ente locale senza necessità di espletare una gara e senza dover per questo sussistere necessariamente i requisiti per poter utilizzare l’istituto dell’in house providing.

I. La vicenda trae origine dalla scelta effettuata, nel 1995, da quattro Landkreise (circoscrizioni amministrative) tedesche di concludere direttamente un contratto di appalto per lo smaltimento dei rifiuti con i servizi per la nettezza urbana della città di Amburgo; in particolare il Comune di Amburgo si è impegnato a riservare una capacità di 120.000 tonnellate allo smaltimento dei rifiuti provenienti dai Comuni “appaltanti” per un prezzo calcolato secondo la stessa formula per ciascuna parte interessata.

Il problema individuato, e fatto oggetto da parte della Commissione Europea di un ricorso per inadempimento ex art. 226 TCE76, consiste nel fatto che il contratto di appalto

75 Sul punto deve peraltro segnalarsi una recentissima sentenza del Cons. St. Sez. V 11 novembre 2004 n. 7341 che afferma che “la mancata presentazione della domanda di partecipazione ad una procedura concorsuale (concorso o gara) non rende inammissibile il ricorso contro gli atti della selezione ogniqualvolta l’istanza appaia un inutile formalismo, in considerazione della palese carenza, in capo all’aspirante partecipante alla competizione, di un requisito di ammissione posto che in tali casi la domanda condurrebbe alla sicura esclusione del candidato”.76 Art. 226 TCE: “La Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi

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di servizi è stato concluso direttamente tra le parti, senza che fosse posta in essere alcuna procedura di appalto né di aggiudicazione, necessaria ai sensi della normativa allora vigente trattandosi, per certo, i Lankreise di amministrazioni aggiudicatici pubbliche (art. 8 in com-binato disposto con i Titoli III – VI della Direttiva 92/50/CEE).

Prosegue la Commissione, nel proprio ragionamento, sostenendo che l’evidente viola-zione delle regole comunitarie basilari in materia di appalti pubblici (mancato svolgimento di qualsivoglia forma di procedura ad evidenza pubblica) non possa venire meno, in virtù della equiparazione del contratto di appalto ad un affidamento in house, non essendo riscontrabili gli elementi minimi necessari.

Sulla base della consolidata giurisprudenza comunitaria (per tutti sentenza Teckal, C-107/98, punti 49 e 50), infatti si può parlare di in house providing e derogare alla nor-mativa appalti allorché: l’ente pubblico eserciti sulla sua controparte contrattuale, soggetto giuridicamente distinto da un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi e qualora, dall’altro, tale soggetto realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente pubblico. Nel caso di specie, infatti, né vi è un organismo creato ad hoc, né i soggetti coinvolti sono in grado di provare un controllo analogo, esercitando un effettivo potere sulla gestione dei servizi per la nettezza urbana della città di Amburgo (cfr. punto 21).

Infine, a tutto voler concedere circa l’effettivo utilizzo dello strumento dell’in house, conclude la Commissione stessa nel senso che la Repubblica federale di Germania non abbia comunque “fornito la prova che, per motivi di natura tecnica, soltanto i servizi per la nettezza urbana della città di Amburgo fossero in condizione di stipulare il contratto di cui trattasi e, di conseguenza, che essa poteva avvalersi della deroga prevista dall’art. 11, n. 3, lett. b), della diret-tiva 92/50” (cfr. punto 25).

Al contrario la difesa della Germania fa leva sulla considerazione che si è trattato di una operazione completamente interna alla Amministrazione e quindi al di fuori della direttiva 92/50, poiché “le controparti contrattuali interessate si forniscono un’assistenza amministrativa nello svolgimento di una funzione di servizio pubblico. In tal senso, i servizi per la nettezza urba-na della città di Amburgo potrebbero essere considerati non come un prestatore di servizi che agisce dietro pagamento di un corrispettivo, bensì come un organismo di diritto pubblico responsabile per lo smaltimento dei rifiuti, che offre un’assistenza amministrativa agli enti pubblici limitrofi dietro rimborso dei suoi costi di funzionamento” (cfr. punti 13-14).

Quanto alla possibilità di configurare il contratto come rapporto in house, invece, la Repubblica tedesca sostiene che il requisito relativo all’intensità del controllo esercitato, è soddisfatto poiché le amministrazioni interessate esercitano un controllo reciproco l’una nei confronti dell’altra, in quanto sia i servizi per la nettezza urbana della città di Amburgo, sia i Landkreise di riferimento sono interessati al mantenimento di una tale cooperazione e, di conseguenza, al rispetto dei comuni obiettivi.

II. La Corte di Giustizia, ascoltate le motivazioni addotte dalle parti, ha quindi respinto il ricorso della Commissione, ritenendo corretto il modus operandi della Repubblica tedesca. Se, infatti, nel caso di specie non sussistono gli elementi necessari per parlare di affidamento in

a lui incombenti in virtù del presente trattato, emette un parere motivato al riguardo, dopo aver posto lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni. Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia”.

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house e quindi per giustificare una deroga delle procedure in materia di appalti, d’altro canto è vero anche che, nell’ottica del miglior perseguimento degli interessi pubblici, un’Autorità pubblica possa adempiere ai compiti mediante strumenti propri, senza essere obbligata a far ricorso ad entità esterne non appartenenti ai propri servizi, e che possa farlo altresì in collabo-razione con altre Autorità (altrettanto) pubbliche.

Nell’ipotesi in cui si scelga di attuare forme di cooperazione con altri Enti, poiché “il diritto comunitario non impone in alcun modo alle autorità pubbliche di ricorrere ad una parti-colare forma giuridica per assicurare in comune le loro funzioni di servizio pubblico” (cfr. punto 47), ciò potrà essere fatto esternalizzando il servizio, oppure, semplicemente, tramite un con-tratto stipulato soltanto da Autorità pubbliche che costituisca tanto il fondamento, quanto il quadro giuridico, per la costruzione e la gestione futura di un impianto destinato all’espleta-mento di un servizio pubblico.

Ciò tanto più in ragione del fatto che una cooperazione di tal genere tra Autorità pubbli-che (id est: Amministrazioni aggiudicatrici) non si pone in contrasto con la libera circolazione dei servizi e l’apertura alla concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri, quali obiettivi della normativa comunitaria in materia di appalti: “l’attuazione di tale cooperazione è retta uni-camente da considerazioni e prescrizioni connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico e poiché viene salvaguardato il principio della parità di trattamento degli interessati di cui alla direttiva 92/50, cosicché nessun impresa privata viene posta in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti ” (cfr. punto 47).

In conclusione, quindi, la sentenza della Corte di Giustizia in esame consente agli Enti locali di stipulare un contratto di appalto di servizi con un altro Comune o più Comuni senza bisogno di gara, né di creare una società interamente partecipata.

Una precisazione merita, comunque, di essere fatta: la Corte si è espressa con riferimento ad una fattispecie venuta in essere durante la vigenza della Direttiva 92/50/CEE; ciò non to-glie che i principi giurisprudenzialmente affermati possano essere considerati validi ed efficaci anche in relazione alle Direttive 17/04 e 18/04 per come recepite nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 163/06.

Appunto n. 8/09: “La legge 69/09 e la possibilità di partecipazione contestuale alle gare di consorzi e consorziate: è conseguenza dell’intervento della Corte di Giustizia in tema di offerte collegate?”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione, l’interessante modifica legislativa in ma-teria di appalti intervenuta con la recentissima legge n. 69 del 18 giugno 2009, recante “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”.

L’art. 17 della legge di cui sopra, rubricato “Misure di semplificazione delle procedure relative ai piccoli appalti pubblici”, recita: “Al fine di fronteggiare la straordinaria situazione di crisi economica in atto e per incentivare l’accesso alle commesse pubbliche da parte delle piccole e medie imprese, a decorrere dal 1º luglio 2009 sono abrogate le disposizioni di cui all’articolo 36, comma 5, terzo periodo, nonché all’articolo 37, comma 7, terzo periodo, del codice dei contratti

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pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni”.

La norma ha, in estrema sintesi, abrogato, a far data dal 1 luglio 2009, il divieto per le so-cietà consorziate di partecipare a gare per l’affidamento di pubbliche commesse, qualora alla stessa gara partecipasse anche il consorzio di appartenenza. In particolare la novella legislativa ha modificato il Codice degli Appalti (D.Lgs. 163/06), abrogando le disposizioni di due arti-coli (art. 36, comma 5, terzo periodo e art. 37, comma 7, terzo periodo) che prevedevano un divieto di partecipazione in forma autonoma per i consorzi – stabili o di cooperative o di so-cietà di ingegneria e di professionisti – e per le singole imprese consorziate, con conseguente applicazione dell’art. 353 c.p. (turbata libertà degli incanti) in caso di violazione del divieto, nelle ipotesi di procedura di gara in cui l’Amministrazione appaltante si avvaleva della facoltà di esclusione automatica delle offerte anomale (ai sensi dell’art. 122, comma 9, per gli appalti di lavori fino a un milione di euro, e dell’art. 124, comma 8, per gli appalti di servizi e forni-ture fino a 100.000 euro per i quali sia prevista l’aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso e siano state presentate almeno dieci offerte)77.

Il divieto, introdotto solamente nel 2008, ad opera del cd. terzo decreto correttivo (D.Lgs. 152/08) era volto a limitare l’applicabilità dell’opposto principio secondo cui, posto che i consorzi stabili o di cooperative devono indicare nella propria documentazione a nome di quali imprese consorziate partecipano alla gara, le imprese non indicate possono parteci-pare autonomamente alla gara.

Il legislatore nazionale, a fronte della straordinaria situazione di crisi economica in atto, ha ritenuto invece opportuno, a solo un anno di distanza, abrogare le disposizioni che specificatamente introducevano il divieto di cui si è detto, con la finalità espressa di facilitare ed incentivare al massimo l’accesso delle piccole e medie imprese alle commesse pubbliche.

La novella si inserisce nel filone giurisprudenziale che potrebbe evolversi nella nostra prassi interna a seguito della sentenza della Corte di Giustizia del 19.05. u.s. (procedimento C – 538/07) che in tema di “società collegate” ha stabilito quanto segue: “il diritto comuni-tario osta ad una disposizione nazionale che, pur perseguendo gli obiettivi legittimi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, stabilisca un divieto assoluto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, di partecipare in modo simultaneo e concorrente ad una medesima gara d’appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara”.

Tanto va collegato con la disposizione letterale dell’art. 34, comma 2, D.Lgs. 163/0678.

77 La modifica è stata oggetto di critica da parte del Comitato per la Legislazione della Camera dei Deputati in merito alla tecnica legislativa utilizzata; il Comitato ha precisato nel proprio parere, reso il 23 settembre 2008, che “dovrebbe valutarsi l’opportunità di riformulare le seguenti disposizioni in termini di novella dei rispettivi testi codicistici su cui esse indirettamente incidono, anche al fine di preservare la struttura di fonte unitaria” con riferimen-to all’art. 17“che opera una modifica non testuale del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”.78 Non possono partecipare alla medesima gara concorrenti che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile. Le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi.

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Appunto n. 9/09: “Casellario informatico e sicurezza nei cantieri: le istruzioni dell’Autorità”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione l’interessante comunicato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 247 del 23 ottobre 2006 dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture riguardante le comunicazioni da effettuare al Casellario Informatico.I. Nel comunicato medesimo relativo alla “Sicurezza nei cantieri di lavori pubblici Imple-mentazione del Casellario informatico”, l’Autorità stabilisce che le Stazioni appaltanti devono comunicare all’Autorità stessa le “gravi inosservanze” delle norme in materia di sicurezza e delle previsioni contenute nei piani di sicurezza rilevate dal CSE, non solo quelle che compor-tano la risoluzione del contratto, ma anche quelle che determinano la sospensione dei lavori o l’allontanamento delle imprese dal cantiere.

Le Amministrazioni appaltanti sono tenute inoltre a comunicare le “gravi inosservanze” rilevate nel quadro delle attività ispettive e di controllo degli organi deputati alla vigilanza nei cantieri, allegando copia dei verbali di accertamento e delle diffide alle imprese volte alla regolarizzazione delle stesse infrazioni.

Per tali comunicazioni dovrà essere utilizzato il modello di cui all’Allegato B della Deter-minazione n. 1/2005.

La ratio di una tale previsione risiede nella grande rilevanza sociale del problema della sicurezza dei lavoratori la quale richiede il perfezionamento dei canali informativi, cui usufru-iscono le amministrazioni aggiudicatrici, in modo che la scelta dei (futuri) contraenti risulti il più possibile affidabile e quindi sottesa alla sola alea dell’imponderabilità, almeno per quel che concerne l’aspetto in querelle. Sorge, quindi, l’esigenza che il Casellario Informatico sia costantemente aggiornamento con tutte le infrazioni rilevate in merito agli obblighi di sicu-rezza. Ecco allora, oltre a quanto già detto, che il Ministero delle Infrastrutture deve comuni-care all’Autorità, per la necessaria iscrizione nel Casellario medesimo, i provvedimenti inter-dittivi assunti ai sensi dell’art. 36-bis della legge n. 248/2006 di conversione del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223. In più nel comunicato del 18 ottobre 2006: “Comunicazioni relative alle modalità di trasmissione dei certificati di esecuzione dei lavori - Comunicato agli operatori del mercato dei lavori pubblici”, l’Autorità precisa che:- le Stazioni appaltanti sono tenute a redigere i certificati di esecuzione lavori secondo lo

schema di cui all’allegato D del decreto del Presidente della Repubblica n. 34/2000 ed a trasmetterli, in copia, all’Osservatorio;

- le Società organismi di attestazione devono acquisire tali certificati, per la verifica della sussistenza dei requisiti tecnico-organizzativi delle imprese richiedenti la qualificazione, unicamente dall’Osservatorio.

II. A ciò vanno aggiunte le recentissime modifiche apportate dal decreto correttivo (del 3 agosto 2009, n. 106 recante “Disposizioni integrative e correttive del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”, in vigore dal 20 agosto 2009) sul T.U. della Sicurezza. Tra gli aspetti di maggiore interesse va senz’altro annoverato quello concernente la c.d. “patente a punti” sulla sicurezza in edilizia. Esclusiva-mente per il settore edile il provvedimento introduce un nuovo sistema per la qualificazione

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delle imprese edili e dei lavoratori autonomi e la valutazione dell’idoneità tecnico-professio-nale delle imprese. È un sistema basato sull’attribuzione di un punteggio iniziale soggetto a decurtazione in caso di violazione delle norme in materia di salute e sicurezza. Il meccanismo è stato già battezzato, per banale analogia, “patente a punti della sicurezza”. Tale meccanismo garantirà una corsia preferenziale per l’accesso agli appalti e ai finanziamenti pubblici. L’azze-ramento del punteggio per ripetute violazioni determinerà il blocco dell’attività e la chiusura dei cantieri. Per l’operatività dello strumento occorrerà però un regolamento (D.P.R.) che dovrà essere emanato dopo il confronto con le Regioni.

Frattanto, è opportuno prendere cognizione di quanto brevemente argomentato.

Appunto n. 10/09: “Società partecipate dagli Enti pubblici e prescrizioni per la dismissione”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre l’attenzione su un recente intervento legislativo in materia di dismissione delle società partecipate dagli Enti Locali. Il Governo ha, infatti, prorogato il termine al 31 dicembre 2010 (art. 71 della Legge 69/09)79.I. Per comprendere a pieno la portata e le ragioni di questa modifica appare prima ne-cessario un breve riepilogo sulle tappe più significative della disciplina in materia di società partecipate.

Gli Enti locali, ai sensi dell’art. 113 del TUEL (D.Lgs. 267/00), possono costituire socie-tà a partecipazione pubblica totalitaria o maggioritaria per la gestione delle reti e l’erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, per il perseguimento degli obiettivi di eco-nomicità, efficienza ed efficacia.

La possibilità di avvalersi di società partecipate, nonostante le numerose modifiche nor-mative intervenute nel corso degli anni e le frequenti pronunce giurisdizionali, è stata utiliz-zata con una notevole frequenza da parte degli Enti locali. Ciò nonostante non sempre questo ha portato a risultati positivi sotto i profili auspicati: da una valutazione effettuata dalla Corte dei Conti – Sezione delle Autonomie nel settembre del 200880, è infatti emerso che nel corso del biennio 2005-2006, fatti salvi alcuni casi di eccellenza, l’esternalizzazione di servizi e di attività attraverso la costituzione o la partecipazione a organismi terzi rispetto all’Ente non ha costituito una valida risposta alle esigenze di definizione di nuovi assetti organizzativi e gestio-79 Il termine per la dismissione delle partecipate è stato nuovamente oggetto di interesse da parte del Governo con il D.L. 78/09, recante “Provvedimenti anticrisi, nonchè proroga di termini e della partecipazione italiana a mis-sioni internazionali”. Il decreto legge all’art. 19, comma 2, nella sua formulazione iniziale, prevedeva che “All’ar-ticolo 3 della legge n. 244 del 2007 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 28, in fine, è aggiunto il seguente periodo: «La delibera di cui al presente comma è trasmessa alla sezione competente della Corte dei conti.»; b) al comma 29, primo periodo, le parole: «Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge», sono sostituite dalle seguenti: «Entro il 30 settembre 2009»; in fine, è aggiunto il seguente periodo: «Il mancato avvio delle procedure finalizzate alla cessione determina responsabilità erariale»”. Tuttavia, nel corso dell’iter di conversione in legge del decreto medesimo, l’art. 19 è stato modificato dal maxiemendamento governativo, poi approvato dalla Camera, con il quale è stata mantenuta la precedente previsione secondo cui la delibera di autorizzazione all’as-sunzione di nuove partecipazioni o il mantenimento di precedenti deve essere trasmessa alla sezione competente della Corte dei Conti, mentre è stata soppressa la lettera b) che, appunto, anticipava a settembre 2009 il termine per le dismissioni (L. 102/09).80 Deliberazione n. 13 /AUT/2008, Sezione delle Autonomie, Corte dei Conti, 16 settembre 2008, di-sponibile al seguente indirizzo: www.corteconti.it/Ricerca-e-1/Gli-Atti-d/Controllo-/Documenti/Sezione-de1/Referti-al/Anno-2008/Deliberazione-n.13.doc_cvt.htm.

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nali, né di revisione degli indirizzi strategici e degli obiettivi istituzionali. Al contrario, spesso tale scelta ha rappresentato una risposta disorganica ad estemporanee necessità derivanti da criticità di bilancio e, soprattutto, da difficoltà per il rispetto degli obblighi comunitari in tema di finanza pubblica, senza raggiungere, per tali vie, modelli gestionali ispirati a criteri di efficacia, efficienza ed economicità.

Anche a fronte di questo “fallimento” delle partecipate, il legislatore è intervenuto in più occasioni al fine di limitarne l’utilizzo. Di grande impatto è stato sicuramente l’art. 13 del D.L. 233/06, convertito con modificazioni nella L. 248/06, e meglio conosciuto come “decreto Bersani” o “decreto liberalizzazioni”, che ha introdotto la regola per cui le socie-tà, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali Enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli Enti di riferimento, mentre non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto, né con gara, e, inoltre, non possono partecipare ad altre società o Enti. Tale innovazione è volta principalmente a garantire che le società partecipate dagli Enti locali, ogni qual volta svolga-no attività economico-imprenditoriali, non afferenti ad un servizio pubblico locale a favore della collettività di riferimento, rispettino le regole della concorrenza e la par condicio tra gli operatori economici81.

Successivamente la Finanziaria 2008 (art. 3, comma 27 e ss., L. 244/07) ha cercato di porre un ulteriore paletto all’utilizzo indiscriminato delle società partecipate, al fine di raf-forzare ulteriormente gli obiettivi di concorrenza e mercato, già alla base del D.L. Bersani, riducendo l’operatività di soggetti che in virtù della presenza pubblica finiscono per sottrarsi al rischio d’impresa, nonché risanare i bilanci troppo spesso in rosso delle società stesse, e lo ha fatto introducendo: i) il divieto per le amministrazioni di cui all’art. 1, c. 2, del D.Lgs. 165/01, di costituire

società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali;

ii) il divieto di assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società, salvo apposita autorizzazione deliberata dall’organo compe-tente;

iii) la possibilità di costituire società che producono servizi di interesse generale e di assume-re partecipazioni in esse da parte delle amministrazioni, nell’ambito dei rispettivi livelli di competenza.

La norma, peraltro, ha esteso il novero dei soggetti interessati dalla nuova “stretta” in materia di partecipate, in quanto non fa più riferimento, come il D.L. Bersani, alle Regioni e agli Enti

81 In materia si è pronunciata anche la Corte Costituzionale che, con la sentenza 326/2008, ha ritenuto in-fondate le censure di illegittimità costituzionale circa l’art. 13 del D.L. 223/06, avanzate dalle Regioni Veneto, Sicilia, Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta, per contrasto con l’art. 117 Cost.: “le disposizioni censurate che prevedono, tra l’altro, per le società a capitale pubblico o misto costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbli-che regionali o locali il divieto di detenere partecipazioni in altre società o enti, di operare per soggetti diversi dagli enti territoriali soci o affidanti, rientrano nella competenza esclusiva del legislatore statale in materia di ordinamento civile, poiché funzionali alla definizione dei confini tra l’attività amministrativa e l’attività d’impresa, soggetta alle regole del mercato, nonché nella competenza legislativa esclusiva in materia di tutela della concorrenza, in quanto finalizzate ad eliminare distorsioni della concorrenza stessa”.

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locali, ma estende limiti di assunzione e obblighi di dismissione a tutte le amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. 165/0182. Al fine di procedere alla dismissione delle partecipazioni possedute, la Finanziaria ha previsto un termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa: la data di scadenza per l’effettiva cessione delle partecipazioni è stata quindi individuata al 30 giugno 2009.

In questo scenario si è inserita la Legge 69/0983 che, come già detto, ha inteso prorogare di oltre un anno il termine per effettuare le dismissioni (e quindi al 31 dicembre 2010): entro questa data, quindi, le amministrazioni locali dovranno effettuare la cessione, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, a terzi delle società e delle partecipazioni vietate ai sensi del comma 27, pena il sorgere della relativa responsabilità erariale dell’Amministrazione nei confronti degli amministratori delle società e dell’apparato tecnico84.

Al contempo l’art. 71 della L. 69/09, ha in parte limitato l’ambito di applicazione delle nuove regole in materia di partecipate in quanto è stato soppresso, al comma 27, il riferi-mento alle società partecipate indirettamente (le cui azioni potranno quindi continuare ad essere mantenute); inoltre sono state escluse dall’ambito di applicazione delle disposizioni dei commi 27-31, art. 3, L. Finanziaria 2008, le partecipazioni in società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati85.

Stante lo spostamento del termine per la dismissione, ciò che appare particolarmente rilevante in questa sede è la concreta individuazione delle società che dovranno essere oggetto della dismissione, nonché del procedimento che dovrà essere seguito dagli Enti locali.

II. Quanto al primo profilo, è evidente come siano escluse dall’obbligo di dismissione le società partecipate che producono servizi di interesse generale. In tale categoria rientrano sicuramente le società che si occupano della gestione dei servizi pubblici locali86, stante la

82 L’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/01 recita “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le ammini-strazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza ne-goziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 30”.83 Legge 18 giugno 2009, n. 69, recante “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competi-tività nonché in materia di processo civile”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19 giugno 2009 - Sup-plemento ordinario n. 95. Si veda l’art. 71, c. 1, lett. e): “al comma 29 [dell’art. 3. L. 244/07], le parole: «Entro diciotto mesi» sono sostituite dalle seguenti: «Entro trentasei mesi» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per le società partecipate dallo Stato, restano ferme le disposizioni di legge in materia di alienazione di partecipazioni»”.84 La Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, nel parere 48/2008, ha precisato che il termine del 30.06.09, ora spostato al 31.12.10, è un termine ordinatorio e non perentorio che impone alle Pubbliche Amministrazioni solamente di avviare entro il termine fissato per legge la procedura di dismissione, ma non anche di completarne obbligatoriamente l’iter, al fine di evitare svendite o speculazioni dei soggetti privati.85 L’art. 71 della L. 69/09 ha introdotto a tal fine il nuovo comma 32 bis all’art. 3 della Finanziaria 2008.86 In tal senso, da ultimo, si è espresso il Consiglio di Stato ribadendo che “Il divieto posto dall’art. 13 com-ma 1, d.l. 4 luglio 2006 n. 223, convertito con modificazioni nella l. 4 agosto 2006 n. 248, alle società a capitale pubblico o misto, costituite o partecipate dalle Amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti, di svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento né a conclusione di gara, non è applicabile alle società affidatarie di servizi pubblici locali”: Sez. V, 12 giugno 2009, n. 3766. La nozione di servizio pubblico locale è di difficile delimitazione nonostante gli sforzi in tal senso di dottrina e giurisprudenza; a titolo esemplificativo viene considerata tale l’attività di gestione del servizio farmaceutico comunale (TAR Lombardia, Mi, 23 aprile 2009, n. 3567), nonché del servizio di illumi-

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nozione di stampo comunitario, dei servizi di mercato e di quelli non di mercato che le auto-rità pubbliche considerano di interesse generale e assoggettano a specifici obblighi di servizio pubblico87.

Ciò che tuttavia non è chiaro ed immediato è l’individuazione delle società che dovranno essere dismesse, anche alla luce della parziale sovrapposizione delle norme di riferimento.

In via di prima approssimazione, con una nota in materia, l’Anci (Associazione Naziona-le Comuni Italiani) ha ritenuto che “l’ambito applicativo del comma 27 ricomprenda le società che corrispondono alle espressioni utilizzate dall’art. 13; quanto previsto dalla prima norma ha quindi una portata più vasta della seconda, fermo restando vincoli e divieti del decreto Bersani che incidono su un sottoinsieme, quindi, dell’ambito applicativo della norma recata dalla Finanziaria 2008”88. Conseguentemente, mentre solo le società riconducibili al Bersani avranno limita-zioni “qualitative” della propria attività, il divieto di costituzione e l’obbligo di dismissione dovrà essere riferito a: i) società partecipate per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali Enti

in funzione della loro attività (purchè non strettamente necessarie per il conseguimento delle finalità istituzionali);

ii) società partecipate per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di com-petenza dell’Ente di riferimento, allorché consentito dalla legge;

iii) società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali.

Quanto agli apparati societari riconducibili al divieto ex D.L. Bersani, appare chiarificatrice una recente sentenza del Consiglio di Stato in cui viene stabilito che “il divieto di partecipazio-ne alle gare [omissis] riguarda non già indistintamente tutte le società costituite da amministrazio-ni pubbliche regionali e locali o dalle stesse partecipate, ma soltanto quelle che hanno come oggetto esclusivo la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti, in funzione della loro attività” e, conseguentemente, che“non appare convincente far discendere l’applicazione del di-vieto normativo in oggetto dal solo dato afferente la partecipazione pubblica, diretta o indiretta, al capitale sociale, atteso che la fattispecie descritta dalla norma impone indubbiamente una più rigorosa verifica circa la sussistenza di ulteriori elementi che devono connotare le società colpite

nazione votiva del cimitero comunale (Consiglio di Stato, Sez. V, 5 dicembre 2008, n. 6049 e TAR Campania, Sa, Sez. I, 23 dicembre 2008, n. 4362). 87 Nel parere della Sezione regionale della Corte dei Conti per il Veneto, delibera n. 5 del 14 gennaio 2009 si legge che “Rientrano in tale categoria i servizi offerti dalle grandi industrie di rete quali energia, servizi postali, trasporti e telecomunicazioni, nonché la sanità, l’istruzione e i servizi sociali, nonché qualsiasi altra attività economica soggetta ad obblighi di servizio pubblico”, purchè rilevino “nell’ambito dei livelli istituzionali di competenza dei sog-getti partecipanti e partecipati, ed avere un impatto immediato sulla collettività locale”. Prosegue la Corte dei Conti precisando che “Nella gestione di un servizio pubblico locale (che ha per oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali), oltre al rapporto di stretta necessità e/o alla sussistenza di servizi di interesse generale, dovranno comunque emergere esigenze di ordine tecnico (ad esempio, con riferimento a beni e servizi non altrimenti reperibili nel libero mercato, o strutturalmente non erogabili direttamente dall’ente) o economico (per es., legate alla maggiore convenienza economica dell’autopro-duzione del bene o servizio rispetto all’acquisizione di esso sul mercato) che depongano in favore dell’opzione societaria. Inoltre, la valutazione in ordine all’attività sviluppabile dalla società partecipata dovrà essere risultato di un processo complesso, nel quale, seguendo il consolidato orientamento delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, l’ente dovrà attentamente valutare i costi e i benefici dell’affidamento del servizio alla società, in termini di efficienza, efficacia ed economicità di gestione in un’ottica di lungo periodo, nonché le ricadute sui cittadini e sulla responsabilità dell’amministrazione stessa”.88 Il Giornale dei Comuni, Magazine dell’ANCI, 2 luglio 2008.

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dal divieto normativo di partecipare alle gare d’appalto. Si deve infatti trattare, come detto, di società funzionali alla produzione di beni e servizi strumentali alle amministrazioni che le hanno costituite o che vi hanno partecipato; ma, soprattutto, detta funzionalizzazione deve essere tanto appariscente nei predetti enti societari da assurgere al rango di oggetto sociale esclusivo” (Sez. V, 23 marzo 2009, n. 1756).

Sempre rifacendosi all’interpretazione giurisprudenziale, si può ulteriormente precisare che “le società coinvolte nel divieto sono quindi esclusivamente quelle costituite per svolgere attività finalizzate alla produzione di beni e servizi da erogare a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica, di cui resta titolare l’ente di riferimento, e con i quali lo stesso ente provvede al perseguimento dei suoi fini istituzionali. In sostanza, non può che trattarsi di società costituite (o partecipate) per attività rivolte essenzialmente e in misura quasi totalitaria alla p.a., e non al pubblico indifferenziato di soggetti esterni (TAR Piemonte, Sez. I, 24 ottobre 2008, n. 2676)89.

Tuttavia, mentre la giurisprudenza è intervenuta in numerose occasioni al fine di spe-cificare l’ambito di applicazione del “Bersani”, minori interventi si sono avuti per quanto concerne l’applicazione della Finanziaria 2008.

Dal che le maggiori difficoltà per l’individuazione della più ampia categoria delle società che svolgono “attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perse-guimento delle proprie finalità istituzionali” e che ormai a breve dovranno essere dismesse dalle Amministrazioni: in tal senso appare utile l’indicazione fornita sempre dall’Anci secondo cui, posto l’esercizio delle attività strumentali come sopra individuate, risulta determinante l’oggetto sociale della compagine, dovendosi verificare se esso stesso sia strettamente con-nesso alle finalità istituzionali o meno, con la conseguente possibilità di applicare l’art. 27. Secondo un’impostazione restrittiva, l’esclusività dovrebbe ricondursi all’unicità dello scopo sociale, ossia dell’attività posta in essere; mentre, secondo un’impostazione estensiva, l’esclu-sività dovrebbe essere considerata relativamente alla produzione di beni e servizi strumentali alle attività dell’Ente. Per quanto concerne la posizione assunta dall’Anci, si propende per una prevalenza della seconda impostazione “più corretta sia rispetto all’espressione letterale della norma che alla ratio della norma stessa”90.

Per dirimere i dubbi interpretativi, si può prendere in considerazione anche un interes-sante parere della Sezione regionale di controllo per il Veneto della Corte dei Conti, che ha fornito alcune indicazioni di carattere generale relative all’applicazione dell’art. 3, commi 27-32, della Legge Finanziaria per il 200891. Se infatti la “funzionalizzazione” dell’attività di carattere imprenditoriale al perseguimento delle finalità istituzionali dell’Ente è il criterio guida per valutare l’obbligatorietà o meno della dismissione della società, è pur vero che detto criterio guida deve essere “riempito” di contenuti. E proprio in questo senso ragiona la Corte dei Conti nel citato parere, ritenendo sussistente un rapporto di funzionalizzazione allorché vi sia non “una pura e semplice strumentalità”, bensì “un rapporto di stretta necessità” per il perseguimento delle finalità istituzionali. E, ancora, la “stretta necessità” si riscontra in virtù di un raffronto tra “l’attività che costituisce l’oggetto sociale (art. 2328 c. 2 n. 3 c.c.) e le attività di competenza dell’ente, quali derivanti dall’attuale assetto istituzionale, che vede i Comuni, le

89 Sulla nozione di attività strumentali si vedano anche TAR Puglia, Ba, Sez. I, 6 febbraio 2009, n. 209; TAR Liguria, Ge, Sez. II, 9 gennaio 2009, n. 39; TAR Lazio, Rm, Sez. II, 5 giugno 2007, n. 5192; TAR Lombardia, Br, Sez. I, 27 dicembre 2007, n. 1373.90 Peraltro, in questo senso, anche Consiglio di Stato, Sez. II, 18 aprile 2007, n. 456.91 Parere della Sezione regionale della Corte dei Conti per il Veneto, delibera n. 5 del 14 gennaio 2009.

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Province e le Città metropolitane titolari di funzioni amministrative proprie e di funzioni confe-rite – secondo i noti criteri di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza -, con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”. Inoltre, ai fini dell’individuazione dell’attività isti-tuzionale dell’Ente, “utili indicazioni oltre che dalla legge possono derivare dalla stessa struttura del bilancio dell’ente”; dal “rispetto del quadro ordinamentale vigente”; dallo “statuto comunale (che delinea i contorni dell’attività istituzionale dell’ente, come definita dalle fonti legislative)”; e dalle “linee programmatiche di mandato”.

III. Quanto al secondo profilo, inerente al procedimento da utilizzarsi per effettuare la ces-sione della partecipazione, per come disciplinato dal testo vigente dell’art. 3, commi 27 e ss., della Legge Finanziaria 2008, gli Enti dovranno agire nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica.

Ciò significa, all’evidenza, l’espletamento di una gara nel rispetto delle ordinarie regole del D.Lgs. 163/06. Dovrà essere quindi adottata una motivata determina ad hoc che dia conto dell’avvenuta verifica dei presupposti di mantenimento ovvero di cessione delle parte-cipazioni, dell’indicazione delle partecipazioni da cedere e da mantenere, dell’indicazione del Servizio competente, dell’eventuale incarico ad un advisor da parte del competente Servizio, dell’indicazione della tipologia di gara prescelta, dell’esigenza che pertiene ad essa scelta e delle modalità più idonee a conseguire il risultato e, infine, dell’oggetto esplicitato nell’atto introduttivo medesimo.

La peculiarità della procedura però impone una verifica approfondita, ex ante, delle pro-fessionalità in seno all’Ente locale, per stabilire, nell’ambito del metodo dell’offerta econo-micamente più vantaggiosa – che è quello da perseguire nel caso di specie, se la Stazione Ap-paltante è in grado autonomamente di procedere all’individuazione dei criteri di valutazione delle offerte, nonché, ove necessario, dei sub-criteri e dei sub-pesi o sub-punteggi nel bando di gara (art. 83, comma 4, D.Lgs. 163/06).

Ove ciò non sia possibile, cioè nei casi in cui la verifica dia un esito negativo, casi peral-tro particolarmente plausibili se si prendono in considerazione i comuni micro-strutturati, la Stazione Appaltante dovrà provvedere a nominare uno o più esperti, affidando ad essi l’in-carico di redigere i criteri, i pesi, i punteggi e le relative specificazioni, ovvero potrà ricorrere all’adozione dello strumento ancora poco utilizzato del dialogo tecnico.

Le gare per la dismissione delle azioni di società partecipate rappresentano, infatti, un esempio particolarmente rilevante di gare “nuove” e “complesse”, differenziandosi dagli or-dinari lavori o servizi per i quali gli Enti locali sono ormai usi allo svolgimento di procedure ad evidenza pubblica. Le difficoltà che potrebbero sorgere nella redazione delle regole di gara, con le conseguenti ripercussioni in termini di svolgimento e aggiudicazione della gara, sarebbero invece superabili attraverso l’innovativo istituto del dialogo tecnico che, ai sensi del Considerando 8 della Direttiva 18/2004/CE, prevede la possibilità che “prima dell’avvio di una procedura di aggiudicazione di un appalto, le amministrazioni aggiudicatrici possono, avvalendosi di un “dialogo tecnico”, sollecitare o accettare consulenze che possono essere utilizzate nella preparazione del capitolato d’oneri a condizione che tali consulenze non abbiano l’effetto di ostacolare la concorrenza”.

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Inoltre, ai sensi della deliberazione 12/2009 della Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti sulle linee guida e i questionari riferiti al rendiconto 2008, i revisori degli Enti locali dovranno relazionare alla Magistratura contabile sulle deliberazioni dei Consigli relative alla verifica per il mantenimento o la dismissione delle partecipazioni societarie, a seconda che rientrino o meno nel perimetro delle finalità istituzionali dell’Ente.

Qualora, invece, gli Enti intendano assumere nuove partecipazioni o mantenere quelle attuali in società “vietate ex art. 27”, dovranno essere autorizzati dall’Organo competente (per le Amministrazioni dello Stato, l’autorizzazione è data con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente per materia, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze), con delibera motivata in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui al comma 27, con particolare attenzione alla compatibilità di dette partecipazioni con il quadro normativo e giurisprudenziale attuale; la delibera dovrà succes-sivamente essere trasmessa alla competente sezione della Corte dei Conti per la verifica della compatibilità stessa.In conclusione:A. la dismissione delle società partecipate aventi per oggetto attività di produzione di beni e

di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzio-nali da parte delle Amministrazioni di cui all’art. 1, c. 2, D.Lgs. 165/01, dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2010;

B. la dismissione medesima dovrà avvenire nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica;C. le Amministrazioni potranno mantenere la propria partecipazione nelle società aventi ad

oggetto attività di produzione di beni e di servizi strettamente necessarie per il persegui-mento delle proprie finalità istituzionali e nelle società che producono servizi di interesse generale sulla base dei presupposti ut supra delineati.

Appunto n. 11/09: “L’avvalimento nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 17 mar-zo 2009, n. 1589”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre l’attenzione su un’interessante pronuncia del Consiglio di Stato, con la quale il Supremo Consesso ha enucleato alcuni principi relativi all’istituto dell’avvali-mento ai sensi dell’art. 49 del D.Lgs. 163/06, su cui ci siamo già soffermati nel parere n. 2/08.

La Sezione V, con la sentenza del 17 marzo 2009, n. 1589, ha tracciato alcuni profili particolarmente rilevanti dell’istituto in oggetto, quali i rapporti giuridici intercorrenti tra le società che se ne avvalgono e la tipologia dei requisiti per cui è utilizzabile, ponendosi in un’ottica estensiva.

Il Giudice di Seconde Cure, infatti, partendo dal presupposto che l’ordinamento co-munitario ha previsto l’introduzione dell’istituto al fine di ampliare al massimo lo spettro dei possibili partecipanti alle procedure ad evidenza pubblica, con le conseguenti positive ripercussioni sul piano della concorrenza “nel” e “sul” mercato (Corte Cost., n. 401/07), ha statuito che “la finalità dell’istituto dell’avvalimento non è affatto quella di arricchire la capacità (tecnica o economica che sia) del concorrente, ma quella di consentire a soggetti che ne siano privi di concorrere alla gara ricorrendo ai requisiti di altri soggetti”.

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Conseguentemente, e sotto l’opposto punto di vista, i limiti previsti per l’istituto nell’art. 49 D.Lgs. 163/06 devono essere interpretati restrittivamente e possono essere ritenuti legit-timi solamente nelle ipotesi siano conformi all’obiettivo perseguito in sede comunitaria per come recepito dal nostro ordinamento.

Sulla base di questa premessa generale, in merito all’ambito di applicazione dell’istituto, si riportano di seguito gli importanti principi affermati dal Giudice Amministrativo:a) Il ricorso a più imprese ausiliarie per il medesimo requisito non determina esclusione

dalla gara.La scelta di un operatore economico di avvalersi di più imprese ausiliarie per la dimostrazione del medesimo requisito (fatturato dei lavori) non determina la sua esclusione dalla gara. Tale molteplice indicazione deve essere, infatti, ritenuta alternativa e non cumulativa, in virtù della considerazione che il requisito richiesto dal bando era soddisfatto dalla società ausiliata partecipante alla gara semplicemente grazie all’apporto di una delle tre imprese ausiliarie. Le ulteriori dichiarazioni di avvalimento devono essere invece considerate irrilevanti e quindi non idonee a determinare l’esclusione dalla gara dell’ausiliata.b) I rapporti giuridico-economici esistenti fra la concorrente e il soggetto «avvalso»,

sono irrilevanti ai fini della partecipazione ad una gara.Nelle procedure concorsuali indette per l’affidamento di appalti di lavoro, nel caso di ricorso all’istituto dell’avvalimento da parte di una delle imprese partecipanti, sono ininfluenti per la Stazione Appaltante i rapporti sottostanti esistenti fra la concorrente e il soggetto «avvalso», essendo indispensabile unicamente che il primo dimostri di poter disporre effettivamente dei mezzi del secondo92.

Infatti, ricollegandosi al principio secondo cui la finalità dell’istituto non è quella di ar-ricchire la capacità tecnico o economica del concorrente, ma solamente quella di consentire di ampliare il numero dei soggetti ammessi a partecipare, il fatto che precedenti legami tra le imprese possano determinare una sorta di «partita di giro» in quanto il concorrente “aveva documentato lavori svolti da una consorziata in favore di altra consorziata, nonché altri svolti a favore di imprese ausiliarie che hanno poi “prestato” il proprio fatturato in avvalimento allo stesso Consorzio (come sostenuto dal Ricorrente nel caso di specie) non incide sul buon andamento e sul corretto svolgimento della procedura di gara.

Conferma della correttezza di questa impostazione, e quindi dell’irrilevanza dei rapporti giuridici tra le parti di un avvalimento, si riscontra anche dalla lettura della normativa comu-nitaria, che con riferimento ai requisiti di capacità economica e finanziaria (art. 47 Direttiva 18/2004/CE) e di capacità tecniche e professionali (art. 48 Direttiva 18/2004/CE) dispone che “Un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi”.

92 Peraltro, la necessità della dimostrazione della disponibilità effettiva dei mezzi/prestazioni dell’impresa ausiliaria è stata recentemente ribadita dalla giurisprudenza anche con riferimento all’avvalimento infragruppo. Il TAR Piemonte, discostandosi dall’orientamento precedente, secondo cui per le imprese appartenenti al mede-simo gruppo societario fosse sufficiente, ai fini dell’avvalimento, una dichiarazione attestante il legame giuridico esistente nel gruppo dalla quale risultino i vincoli tali da dare luogo alla disponibilità dei requisiti oggetto di avvalimento, ha precisato che “La necessità della dimostrazione della effettiva e giuridica disponibilità da parte dell’impresa avvalsa, delle risorse e dei requisiti di qualificazione tecnico-economica dell’impresa ausiliaria, non può subire un’attenuazione nemmeno nell’ipotesi in cui l’impresa partecipante alla gara sia parte di un gruppo societario, non essendo a tal fine sufficiente la mera allegazione dei legami societari che avvincono i due soggetti, non fosse altro che per l’autonomia contrattuale di cui godono le singole società del gruppo”: Sez. I, 30 marzo 2009, n. 837.

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c) Il requisito del possesso di un determinato fatturato IVA per lavori analoghi nel triennio antecedente può essere oggetto di avvalimento.

È possibile ricorrere all’avvalimento per il requisito relativo al possesso di un determinato fatturato IVA per lavori analoghi nel triennio antecedente, poichè si tratta di un requisito di carattere economico-finanziario ai sensi dell’art. 41 del Codice degli appalti e quindi è perfettamente riconducibile ai “requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA” di cui all’art. 49, comma 1. d) I limiti all’utilizzo dell’istituto dell’avvalimento sono tassativamente previsti

dall’art. 49 D.Lgs. 163/06.Gli unici limiti all’utilizzo dell’istituto dell’avvalimento sono quelli tassativamente previsti – a pena di esclusione – dall’art. 49, comma 8, D.Lgs. 163/06, e successive modificazioni, che con-sistono nell’impossibilità che, in relazione ad una medesima gara, più concorrenti si avvalgano dei requisiti della stessa impresa ausiliaria (salvo l’ipotesi di particolari attrezzature possedute da un ristrettissimo numero di imprese, ex art. 49, comma 9) e che, sia l’impresa ausiliaria, sia quella che si avvale dei requisiti partecipino contemporaneamente alla medesima gara.

In conclusione non possono che formularsi due quesiti che si spera trovino agio in futuri dibattiti tecnico – pratici.1. Premesso che per l’Amministrazione appaltante non è necessario, ai fini dell’adempi-

mento di quanto prescritto dall’art. 49, comma 2, lett. f ), D.Lgs. 163/06, che dall’accor-do delle Parti emerga il corrispettivo economico – monetario previsto per l’avvalimento medesimo93, ciò – se ci può essere consentito e con tutte le cautele del caso – potrebbe anche “legittimare” passaggi di denaro non documentati tra le imprese? Questo non

93 Con riferimento al rapporto di provvista alla base del contratto di avvalimento (art. 49, comma 2, lett. f) l’AVCP ha precisato che “che tra la documentazione di cui al comma 2 del citato articolo, espressamente richiamato dalla lex specialis di gara, vi sia anche un atto giuridico costitutivo di un rapporto di provvista idoneo ad evidenziare specificamente l’effettiva disponibilità dei mezzi/risorse di cui trattasi” (parere 34 del 11 marzo 2009). Analoga-mente si è espressa la dottrina, cfr. in tal senso Clarizia laddove afferma che “il partecipante alla gara dimostri di disporre effettivamente, sulla base di un titolo giuridico, dei requisiti di capacità economica, finanziaria, tecnica e organizzativa propri del soggetto - individuale o collettivo - di cui intende avvalersi ed è pertanto tenuto a produrre l’originale o la copia del contratto stipulato con l’impresa ausiliaria. Va sottolineato che il legislatore interno in linea con il legislatore comunitario non tipizza il contratto con il quale si raggiunge l’accordo di avvalimento, però è previsto l’obbligo per la stazione appaltante di accertare l’esistenza di un vincolo idoneo a rendere effettiva la disponibilità delle risorse e dei requisiti”, A. Clarizia, La disciplina dell’avvalimento nelle gare dei servizi integrati, www.gsanews.it/gsa/0309/art.2.htm; ovvero Zucchelli secondo cui “l’Amministrazione può solo pretendere la prova della esistenza del rapporto giuridico che pone a disposizione i mezzi, la provvista del requisito per così dire, disgiunto da un qualsiasi legame preesistente, o successivo, che non sia di mera natura obbligatoria funzionale all’avvalimento”, C. Zucchel-li, Avvalimento dei requisiti di altre imprese, www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/studi_contributi/zucchelli.htm. Infine appare opportuno riportare la sentenza del TAR Puglia (Sez. I, 10 ottobre 2007, n. 2486), in cui trova ulteriore espressione la “ratio” dell’avvalimento, che non è affatto quella di arricchire la capacità (tecnica o economica che sia) del concorrente ma, anzi, quella di consentire a soggetti che ne siano privi di concorrere alla gara, ricorrendo ai requisiti di altri soggetti. Emerge, inoltre, da quest’ultima sentenza, che uno dei caratteri fondamentali dell’istituto consiste nell’assoluta irrilevanza ed indifferenza per la Stazione appaltante dei rapporti sottostanti esistenti fra il concorrente ed il soggetto “avvalso”, essendo indispensabile unicamente che il primo dimostri di poter disporre dei mezzi del secondo. Sull’irrilevanza del rapporto di provvista (ovvero ciò che l’impresa ausiliata rende in cambio all’impresa ausiliaria), si è espresso anche il Presidente del TAR Calabria, Dott. Cesare Mastrocola, nella relazione conclusiva del corso formativo IEOPA (Istituto Etico per l’Osservazione e la Promozione degli Appalti), in data 1.12.07, nell’ambito di un contratto che è atipico”, F. A. Caputo, Vademecum sugli appalti pubblici, C&C Communication, 2008, pag. 70, disponibile anche sul sito www.ieopa.it.

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toglie comunque che un’eventuale previsione normativa che obblighi le Parti ad indicare specificatamente i termini economici dell’avvalimento potrebbe ingenerare un irrigidi-mento dei rapporti reciproci, tale da rendere impossibili accordi “atipici” (in senso atipi-co) aventi, ad esempio, ad oggetto lo scambio reciproco di requisiti tecnico-economico per la partecipazione alternata alle gare quali impresa ausiliaria/ausiliata;

2. non dovrebbe essere consentita all’impresa avallante, in occasione di gare a cui partecipa autonomamente, la possibilità di comprovare il possesso dei requisiti tecnici richiesti dal bando di gara anche in virtù dell’accrescimento delle proprie capacità scaturente dalla prestazione effettuata in via ausiliaria a seguito dell’aggiudicazione del relativo appalto in capo all’ausiliato?

Appunto n. 12/09: “Autocertificazione e allegazione di un documento di identità scadu-to. Differenze e connessioni con la mancata allegazione”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre l’attenzione su un aspetto peculiare della più ampia tematica della semplificazione amministrativa e delle sue connessioni: la valenza della carta di identità nell’integrazione della fattispecie autocertificante.

Il consolidato orientamento del Consiglio di Stato attribuisce alla produzione della copia del documento di identità il valore di elemento costitutivo della fattispecie descritta dall’art. 38 del D.P.R. n. 445/00, escludendo che si tratti di un mero difetto formale suscettibile di regolarizzazione.

È stato, infatti, evidenziato che nella previsione di cui al combinato disposto degli art. 21, comma 1, e 38, commi 2 e 3, D.P.R. 445/00, l’allegazione della copia fotostatica, sia pure non autenticata, del documento di identità dell’interessato vale a conferire legale autenticità alla sua sottoscrizione, apposta in calce a una istanza o a una dichiarazione, e “non rappresenta un vuoto formalismo ma semmai si configura come l’elemento della fattispecie normativa diretto a comprovare, oltre alle generalità del dichiarante, l’imprescindibile nesso di imputabilità soggettiva della dichiarazione a una determinata persona fisica; pertanto, la mancata allegazione del documento di identità non costituisce una mera irregolarità sanabile con la sua produzione postuma, ma integra gli estremi di una palese e insanabile violazione della disciplina regolatrice della procedura amministrativa (Cons. Stato, V, n. 5761/2007; V, n. 5677/2003; IV, n. 435/2005; VI, n. 2745/2005)” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 luglio 2008, n. 3651).

Peraltro, il rispetto delle prescrizioni previste dal citato art. 38 assume rilevanza anche ai fini delle responsabilità cui va incontro il dichiarante in caso di dichiarazioni false.

Nelle dichiarazioni sostitutive, dunque, il collegamento esistente tra il profilo dell’effi-cacia amministrativa dell’attestazione proveniente dal cittadino e quello della responsabilità penale del dichiarante si presenta come assolutamente inscindibile, giacché l’impegno con-sapevolmente assunto dal privato a “dire il vero” costituisce l’architrave che regge l’intera costruzione giuridica degli specifici istituti di semplificazione: è evidente infatti che, in questa parte, il sistema amministrativo collasserebbe laddove l’ordinamento non presidiasse il rispet-to di tale “patto” di reciproca e leale collaborazione tra cittadini e P.A. con adeguate sanzioni, anche di natura penale (in questo senso, v. sempre, Cons. Stato, Sez. V, n. 7140/04). La tesi

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non è contraddetta dall’art. 71 D.P.R. n. 445/00, che prevede che “qualora le dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47 presentino delle irregolarità o delle omissioni rilevabili d’ufficio, non co-stituenti falsità, il funzionario competente a ricevere la documentazione dà notizia all’interessato di tale irregolarità. Questi è tenuto alla regolarizzazione o al completamento della dichiarazione; in mancanza il procedimento non ha seguito”.

In presenza di un difetto implicante, come già rilevato, l’inesistenza della dichiarazio-ne sostitutiva, non è possibile procedere a regolarizzazione, la quale invece risulta senz’altro ammessa quando si riscontrano irregolarità di altro tipo, quale il caso di specie, in cui l’alle-gazione di copia fotostatica di un documento di identità vi è stata, ma la validità dello stesso è scaduta: da ciò discende semplicemente la sua irregolarità, che, in forza del citato art. 71, impone al funzionario competente di ricevere la documentazione, di darne notizia all’interes-sato, al fine della regolarizzazione o del completamento della dichiarazione (ex multis: Cons. Stato, Sez. V, n. 7339/04).

La irregolarità di cui trattasi, che di certo non costituisce falsità, può essere agevolmente sanata o con la produzione di altro documento ovvero con una versione aggiornata di quello scaduto.

Non è poi senza rilievo che anche nelle ipotesi dell’art. 45 del D.P.R. 445/00, nel caso che il documento di identità prodotto sia scaduto, è consentita, con una semplice dichiarazione dell’interessato, l’integrazione con la comunicazione della mancata variazione dei dati risul-tanti dal documento irregolare. Da ciò si evince che, nel nuovo sistema di rapporti tra privato e Pubbliche Amministrazioni ispirato al principio di collaborazione e di auto-responsabilità dei privati nella fase istruttoria instaurato con l’art. 6 della legge 7 agosto 1990 n. 241, la dichiarazione del privato va valutata nei suoi contenuti sostanziali che prevalgono, in quanto dichiarati nelle forme previste, sulle risultanze eventualmente divergenti dei documenti ed atti formali irregolari o incompleti, documenti, quindi, che possono essere rettificati.

In subordine, valga ribadire il carattere di “doverosità” dell’applicazione dell’art. 46, D.Lgs. 163/06, allorché ne sussistano i presupposti così come indicati dalla norma e meglio specificati dalla giurisprudenza. In tal senso, infatti, la giurisprudenza consolidata ha pre-cisato come “l’istituto della integrazione documentale, disciplinato dall’art. 46 d.lg. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici), non si applica nel caso in cui il concorrente alla gara pubblica abbia integralmente omesso la produzione documentale prevista dalla lex specialis o dall’art. 38 dello stesso Codice (TAR Lazio, Rm, Sez. II, 22 settembre 2008, n. 8425) con la conseguenza che laddove vi sia un principio di prova il dovere di soccorso si configuri “non una mera facoltà o un potere eventuale, ma piuttosto come la codificazione di un ordinario modo di procedere, volto a far valere, entro certi limiti e nel rispetto della “par condicio” dei concorrenti, la sostanza sulla forma, orientando l’azione amministrativa sulla concreta verifica dei requisiti di partecipazione e della capacità tecnica ed economica, coerentemente con la disposizione di ca-rattere generale contenuta nell’art. 6 l. n. 241/1990, sempre che, naturalmente, la procedura di regolarizzazione e di ulteriore chiarificazione, ex art. 15 d.lg. n. 358/1992, non debba cedere di fronte al limite della garanzia della “par condicio” dei partecipanti” (TAR Lazio, Rm, Sez. III, 5 giugno 2008, n. 5491). Tali assunti risultano ribaditi in una recentissima sentenza del Tar Sardegna, Sez. I, 9 ottobre 2009, n. 1537 secondo cui “in ossequio ai principi di proporzionali-tà e di previa audizione dei privati, l’art. 46, D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 va inteso nel senso che l’Amministrazione ha il dovere di disporre la regolarizzazione quando gli atti, tempestivamente

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depositati, contengano elementi che possano costituire un indizio e rendano ragionevole ritenere sussistenti i requisiti di partecipazione”.Ad ogni buon conto non si può che così concludere:

verificare sempre la scadenza del documento d’identità da allegare tassativamente a tutte le autodichiarazioni, ancorché la Stazione Appaltante possa anche reperirlo “aliunde“, epperò sempre e comunque nel corpo della pedissequa (e specifica) documentazione cui essa autodi-chiarazione pertiene.

Appunto n. 1/10: “Esclusione dalla gara a seguito della mancata comunicazione all’Au-torità per la Vigilanza del versamento del C.I.G. da parte del concorrente”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione un’interessante sentenza del TAR della Cala-bria – Cz, Sez. I, la n. 58 dell’1 febbraio 2010, la quale statuisce l’illegittimità del disciplinare di gara nella parte in cui prevede che “la mancata dimostrazione dell’avvenuto versamento e della relativa comunicazione all’Autorità per la Vigilanza è causa di esclusione dalla gara”. Si precisa, in tal senso, che l’appunto posto alla Vs. attenzione in data 29.11.2007, n. 1, avente ad oggetto le “modalità di pagamento del C.I.G.”, ha posto in rilievo come la c.d. “tassa sulla gara” di cui all’art. 1, commi 65-71, L. 266/05, sia, in effetti, adempimento costituente con-dizione di ammissibilità alla procedura di selezione del contraente. Nell’appunto in questione si evidenziava, inoltre, come la sentenza del TAR Sicilia - Pa, Sez. III, 22 ottobre 2007, n. 2250 avesse ritenuto inammissibile la modalità di pagamento a mezzo di bonifico bancario, ritenendo necessario effettuare il pagamento tramite bollettino postale.

La specifica vicenda che ora occupa trae origine da una gara per l’affidamento di un ap-palto pubblico, nell’ambito della quale, nello specifico, il Comune di Castrolibero, con nota prot. n. 6112 del 8.6.2009 a firma del R.U.P. Geom. Mariano Zinno, comunicava alla costi-tuenda ATI (nata dal raggruppamento della Operae S.r.l. e della FRACLA S.r.l.), l’esclusione dalla gara in oggetto per la mancata prova della comunicazione all’Autorità di Vigilanza degli estremi del versamento, in violazione di quanto disposto dal disciplinare di gara al punto 5).

L’ATI ha eccepito anzitutto la violazione della previsione di disciplinare, rilevando che essa, come dimostrato dall’uso della congiunzione “e”, prevede l’esclusione nel caso in cui ricorrano entrambe le condizioni, vale a dire la mancata dimostrazione dell’avvenuto versa-mento e la relativa comunicazione all’Autorità. Tale censura non ha trovato l’avallo del TAR, il quale ha ritenuto non sostenibile la tesi dei ricorrenti ritenendo sufficiente, ai fini dell’inte-grazione della fattispecie, indifferentemente la sussistenza dell’una o dell’altra ipotesi.

Risulta invece fondata la successiva censura posta in essere dalla ricorrente con la quale si deduce l’illegittimità della previsione di cui al punto 5) del disciplinare di gara, nella parte in cui prevede che “la mancata dimostrazione dell’avvenuto versamento e della relativa comu-nicazione all’Autorità per la Vigilanza è causa di esclusione dalla gara”. La sentenza in esame ha avuto modo di rilevare che “non è ravvisabile alcun interesse dell’amministrazione appaltante rispetto ad un adempimento quale la comunicazione del versamento all’Autorità di Vigilanza, non incidendo ciò sul regolare andamento della gara, sulla tutela delle ragioni sottese all’attivi-tà dell’Autorità né, infine, sulla par condicio dei partecipanti alla gara”. La sentenza pone in

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evidenza come sia stata la stessa Autorità di Vigilanza, richiesta del caso, ad escludere che le stazioni appaltanti possano estromettere per un motivo del genere il soggetto partecipante alla gara. A corredo di tali argomentazioni, la pronuncia ad oggetto ha pertanto dichiarato “l’illegittimità della previsione in discorso e, quindi, in via derivata, dell’atto di esclusione e degli altri atti oggetto di impugnazione”.Alla luce delle considerazioni espresse dal TAR è dunque possibile sostenere che:i) è legittima la previsione di gara che stabilisce l’esclusione a seguito di mancata prova del

versamento. In tal senso risulta opportuno ribadire la sentenza del TAR Sicilia – Pa, Sez. III, 22 ottobre 2007, n. 2250, che non soltanto conferma la necessità di comprovare il pagamento pena l’esclusione dalla procedura di gara, (così come peraltro già precedente-mente stabilito da una deliberazione dell’Autorità per la Vigilanza in data 10.01.2007), ma ha altresì ritenuto inammissibile la modalità di pagamento a mezzo di bonifico ban-cario. Se ne deduce, dunque, la necessità di provvedere sempre tramite bollettino postale;

ii) è illegittima la previsione di gara che stabilisce l’esclusione a seguito di mera mancata prova della comunicazione del versamento all’Autorità per la Vigilanza;

iii) si precisa che tale clausola non inibisce ex ante la partecipazione alla gara, non è imme-diatamente lesiva, e va impugnata in uno all’esclusione, ove comminata sotto tale profilo.

Appunto n. 2/10: “Anche le gare informali soggiacciono alle regole di pubblicità. Cenni sulla redazione dei verbali di gara e sul principio di custodia”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione l’interessante sentenza del TAR Puglia, Le, Sez. I, n. 128 del 29 gennaio 2009, secondo la quale nelle trattative private non ci sarebbe l’obbligo di aprire in seduta pubblica le buste contenenti le offerte economiche.1. La statuizione scaturisce da una procedura negoziata indetta dall’ENEL, con aggiudicazione tramite il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e dalla conseguente impugnativa sollevata dalla società esclusa, nella specie, per violazione del principio di pubblicità e trasparenza delle sedute di gara, le quali si sarebbero sempre svolte in seduta segreta.

Al riguardo i Giudici, premesso che nessuna specifica previsione della lex specialis di gara avesse imposto di procedere alla apertura delle buste in seduta pubblica, si allineano con quell’indirizzo giurisprudenziale (Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 novembre 2002, n. 6004; Sez. V, 14 aprile 2000, n. 2235; Sez. V, 23 agosto 2000, n. 4577; CGARS, 28 gennaio 2002, n. 58) secondo il quale “il principio di pubblicità della gara può essere derogato, in relazione alla apertura dei plichi contenenti la documentazione di gara e le offerte, nell’ambito delle procedure regolate dal criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, stante la necessità per la Com-missione giudicatrice di procedere ad una specifica valutazione tecnica delle offerte”.

Ad ulteriore sostegno di quanto affermato, il Collegio si sofferma, altresì, sulla natura della procedura negoziata, la quale “pur divergendo in modo sensibile dal modello della tradi-zionale trattativa privata integralmente deproceduralizzata, conserva margini di snellezza e di elasticità che giustificano la sottrazione a regole formali operanti con riferimento alle gare sottopo-ste ad un più intenso tasso di pubblicità e di formalismo”, con la conseguenza che il richiamo ai

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principi di pubblicità e trasparenza, applicabili a tale fattispecie, assumerebbe un significato ben preciso e circoscritto, non coincidente con quello elaborato nel diritto interno.

Infatti, afferma la sentenza, non sussiste, in applicazione dei suddetti principi, “l’obbligo della Stazione Appaltante di consentire la fisica presenza alle operazioni di gara dei rappresentanti di tutti i concorrenti”.

Viceversa, tuttavia, l’applicazione di tali “concetti” di pubblicità e trasparenza, determina l’obbligo per “ciascuna amministrazione, da un lato, di rendere previamente nota la propria intenzione di contrarre e di definire, sempre ex ante, le modalità di valutazione delle offerte; dall’altro lato, di garantire ex post la leggibilità delle decisioni assunte dalla medesima Stazione Appaltante”.

In sintesi, per il Giudici leccesi, “non esistono regole od affermazioni giurisdizionali secondo cui la pubblicità delle operazioni di apertura dell’offerta economica, ossia la verificabilità imme-diata delle operazioni compiute dall’amministrazione, costituisca un obbligo incondizionato per le stazioni appaltanti”, e tanto, sempre secondo la ricostruzione del TAR Puglia citato, sia alla luce della normativa di Contabilità generale del 1924 che prescrive tale forma per le aste pub-bliche e le licitazioni private, non anche per le trattative private, sia per il Consiglio di Stato, Sez. V, 19 settembre 2008, n. 4520, per il quale non è, comunque, da trascurare la circostanza secondo cui anche il valore della trasparenza amministrativa debba comunque essere adegua-tamente coordinato con l’esigenza di evitare inopportuni aggravamenti del procedimento, in dispregio del principio consacrato nell’art. 1 della Legge n. 241 del 1990.2. Il principio affermato dai Giudici amministrativi secondo il quale nelle trattative private non ci sarebbe l’obbligo di aprire in seduta pubblica le buste contenenti le offerte economiche e le valutazioni dagli stessi effettuate, non possono assolutamente ritenersi condivisibili, alla luce delle considerazioni che seguono.2.1 Come noto, secondo un principio consolidato a partire dal R.D. del 1923 n. 2440, la redazione del “processo verbale” della gara si pone come momento indefettibile dell’intero svolgimento della stessa, in cui devono essere riportate tutte le operazioni (rilevanti) compiute dalla Commissione giudicatrice per giungere all’aggiudicazione o alla mancata aggiudicazione.

Infatti la necessità di riepilogare tutti gli accadimenti salienti, secondo l’ordine delle varie fasi della gara, risponde ad un evidente esigenza di trasparenza del complesso delle attività espletate dal soggetto giudicatore/valutatore e alle esigenze correlate al rispetto dei principi della par condicio e quelli che presiedono alle procedure ad evidenza pubblica.

Ogni momento rilevante dello svolgimento della gara deve essere riportato in modo tale da consentire una chiara lettura agli interessati.

Una verbalizzazione quindi deve avere le caratteristiche, tra le altre, della completezza, sia pure espressa in una sintesi che non deve pregiudicarne una immediata ricostruzione.

Nel rispetto del principio della segretezza delle offerte, si evidenzia poi che “l’obbligo di predisporre cautele a tutela dell’integrità delle buste concernenti le offerte delle imprese parteci-panti, in mancanza di apposita previsione da parte del legislatore, discende necessariamente dalla stessa ratio che sorregge e giustifica il ricorso alla gara pubblica per l’individuazione del contraente nei contratti della pubblica amministrazione, in quanto l’integrità dei plichi contenenti le offerte delle imprese partecipanti all’incanto è uno degli elementi sintomatici della segretezza delle offerte e della par condicio di tutti i concorrenti, assicurando il rispetto dei principi – consacrati dall’art. 97 della Costituzione – di buon andamento ed imparzialità cui deve uniformarsi l’azione ammi-

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nistrativa (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. V, 6 marzo 2006, n. 1068)” (Consiglio di Stato, 28 marzo 2008, n. 1296). Peraltro, prosegue l’alto Consesso, non può “revocarsi in dubbio che in concreto delle misure cautelari adottate deve essere data menzione nel verbale di gara, proprio al fine di assicurare l’effettivo ed ordinato svolgimento del prosieguo delle operazioni”.

E conclude “né vale ad escludere la illegittimità del comportamento tenuto dall’amministra-zione la considerazione che non si sarebbe concretamente verificata alcuna manomissione dei pli-chi contenenti le buste, atteso che la tutela giuridica dell’interesse pubblico al corretto svolgimento delle gare pubbliche, secondo i principi di cui all’art. 97 della Costituzione, deve essere assicurata in astratto e preventivamente e non può essere considerata soddisfatta sulla base della mera situa-zione di fatato del mancato verificarsi di eventi dannosi”.

Non si dimentichi, peraltro, la particolare “forza” che caratterizza il verbale di gara, a tutti gli effetti atto pubblico “facente piena prova fino a querela di falso dei fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza”, e che “il verbale di gara, la cui funzione consiste nel costituire una documentazione probante circa l’esistenza di fatti ed atti ritenuti di particolare rilevanza nella procedura, è dotato, sul piano probatorio, di una forza privilegiata tale che esso fa piena prova, fino a querela di falso, sia della sua provenienza che delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti ex art. 2700 c.c.” (TAR Lazio, Rm, III ter, n. 952/08, che richiama TAR Abruzzo, Pe, 7 gennaio 2008, n. 5).

Pertanto, l’organo che presiede allo svolgimento della gara, è tenuto ad inserire nel ver-bale tutto ciò che è utile e necessario per una corretta ricostruzione delle sedute, sia nella fase propedeutica relativa alla specificazione (ad esempio) dei criteri di valutazione nel caso di pre-vista aggiudicazione con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa e al riscontro dei requisiti formali, sia in relazione alle fasi più tecniche dedicate a eventuali valutazioni, finanche alla indicazione delle concrete misure cautelari adottate per la conservazione dei plichi in caso di svolgimento della procedura in più sedute.

“La verbalizzazione costituisce lo strumento attraverso il quale un organo amministrativo, in specie il seggio appaltante, dà conto della propria attività attraverso la fedele e puntuale rappresen-tazione delle operazioni compiute, al fine di consentire la verifica della correttezza delle attività di scrutinio, rifluendo la regolarità dello svolgimento della gara nella legittimità dell’atto conclusivo dei singoli subprocedimenti di cui si compone la gara, a cominciare dalla preliminare fase attinen-te l’accertamento della regolarità di presentazione delle domande di partecipazione e del possesso dei requisiti ai fini dell’ammissione dei partecipanti, fino al procedimento valutativo delle offerte, ed ancora alla finale aggiudicazione … omissis … pena altrimenti di una percezione della proce-dura concorsuale che rimarrebbe …omissis … sempre suscettibile di contestazioni e controversie” (TAR Lazio, Rm, Sez. I bis, 4854/04).3. Tenuto conto delle considerazioni di cui sopra, in ordine alla “forza” che caratterizza il verbale di gara considerato alla stregua di un atto pubblico, si comprende ancor di più la valenza che riveste l’obbligo di aprire in seduta pubblica le buste contenenti le offerte econo-miche, addirittura prevalente sulla verbalizzazione della gara.

La giurisprudenza è da sempre ferma nel ritenere che lo svolgimento di una gara in sedu-ta pubblica risponde al “principio della trasparenza delle operazioni concorsuali”.

La pubblicità è infatti di per sé garanzia di regolarità della gara, a tutela dell’interesse pubblico al buon andamento dell’azione amministrativa.

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E il principio di pubblicità non può certo limitarsi al momento della pubblicazione, ma deve estendersi a tutte le fasi del procedimento amministrativo, ivi compresa l’apertura delle offerte economiche.

In definitiva, il principio impone che, in sede di apertura dei plichi contenenti i docu-menti di ammissione e delle offerte, il materiale documentario trovi correttamente ingresso con le garanzie della seduta pubblica e secondo le procedure stabilite dalle norme generali di gara.

Lo scopo è evidente. Tutelare gli interessi dei concorrenti, garantendo la correttezza delle procedure e l’imparzialità dell’attività amministrativa, ciò nondimeno, questo impegno per l’amministrazione è motivato “anche e soprattutto, dall’esigenza di consentire agli interessati di poter interloquire in funzione collaborativi con l’ente appaltante” (cfr. TAR Lazio, Rm, Sez. II, 31 agosto 2002, n. 7506).3.1 Peraltro, per concorde giurisprudenza il principio generale di pubblicità delle sedute di gara deve ritenersi inderogabile in ogni tipo di procedura, almeno per quanto concerne le fasi di verifica dell’integrità dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e di apertura dei plichi medesimi.

La ratio della regola in esame risiede nell’esigenza di tutelare la pubblicità, la trasparenza e l’imparzialità che devono guidare l’attività amministrativa.

I suddetti principi costituiscono, del resto, cardini del diritto comunitario degli appalti e l’obbligo della pubblicità delle sedute di gara per la scelta del contraente è assolutamente conforme alla normativa comunitaria in materia. Sul punto specifico, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (3 marzo 2008, n. 1), ha rilevato che i principi del Trattato dell’Unio-ne europea (U.E.), tra cui vi sono quelli di trasparenza e adeguata pubblicità, i quali hanno trovato anche recepimento espresso nel diritto interno (artt. 27, comma 1, 30, comma 3, e 91, comma 2, del D.Lgs. 163/06), si elevano a principi generali di tutti i contratti pubblici e sono direttamente applicabili, a prescindere dalla ricorrenza di specifiche norme comunitarie o interne in modo prevalente su eventuali disposizioni interne di segno contrario.

Di recente il Supremo collegio amministrativo, Sez. VI, ha chiarito, con sentenza n. 1856 del 22 aprile 2008, che il rispetto del principio di pubblicità, applicabile ad ogni tipo di gara, impone che il materiale documentario trovi correttamente ingresso con le garanzie della seduta pubblica. Ciò anche in applicazione del più generale principio d’imparzialità dell’azione amministrativa, che ha ricevuto esplicito riconoscimento sin dall’articolo 89 del R.D. del 23 maggio 1924, n. 827, rappresentando uno strumento di garanzia a tutela dei singoli partecipanti, affinché sia assicurato a tutti i concorrenti di assistere direttamente alla verifica dell’integrità dei documenti e all’identificazione del loro contenuto.

Che ci si trovi in presenza di una gara informale, non cambia quanto sostenuto.La giurisprudenza identifica come gara informale (o ufficiosa) quel procedimento attra-

verso il quale la Stazione Appaltante non tratta con un unico soggetto, ma invita determinate ditte a proporre le offerte e, sulla base di criteri obiettivi predeterminati, giunge poi alla indi-viduazione dell’aggiudicatario.

In questo senso, è ritenuta gara informale la procedura contenuta nell’articolo 57, com-ma 6, D.Lgs. n. 163/06, come pure il procedimento dell’articolo 122, commi 7 bis e 8, del D.Lgs. citato, come riformulati prima del D.Lgs. 11 settembre 2008, n. 152, nonché dalla Legge 22 dicembre 2008, n. 201.

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Tanto premesso, nell’elaborazione giurisprudenziale sono stati stabiliti alcuni principi applicabili a questo modo di scelta del contraente, partendo dall’assunto che l’informalità della gara non può dar luogo ad arbitrii, poiché la scelta del contraente deve comunque rispondere a criteri di logicità ed attenersi a principi di trasparenza, imparzialità e buon anda-mento (Consiglio di Stato, Sez. V, 17 ottobre 2008, n. 5095).

In verità, il rispetto di tali regole è richiesto anche dal Legislatore (si confronti, ad esem-pio, l’art. 30 del D.Lgs. 163/06), ed anche tale richiamo appare tutto sommato pleonastico, poiché la trasparenza, l’imparzialità ed il buon andamento sono regole generali, di derivazio-ne costituzionale e comunitaria, che devono sempre essere rispettate dalla P.A., pur in assenza di una specifica norma di riferimento.

In conclusione, nella gara informale, fermo il principio secondo il quale le (specifiche) norme del D.Lgs. n. 163/06 si applicano solo ove contenute nella lex specialis, rimane comun-que impregiudicato il rispetto di norme di carattere sostanziale e precettiva, quali ermeneutici principi generali, in quanto la gara informale è comunque una gara vera e propria.

P.S.:Sulle regole di trasparenza e di pubblicità si segnalano: TAR Piemonte, Sez. I, 14 gennaio

2009, n. 82; Consiglio di Stato, Sez. V, 23 ottobre 2009, n. 6516; TAR Lombardia, Br, Sez. II, 2 novembre 2009, n. 1824; TAR Puglia, Ba, Sez. I, 2 febbraio 2010, n. 244.

Appunto n. 3/10: “Indicazioni in tema di Appalti pubblici nella Finanziaria 2010”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre l’attenzione sulle recenti indicazioni in tema di Appalti pubbli-ci nella Finanziaria 2010.

La Legge finanziaria 2010 approvata definitivamente dal Senato il 22 dicembre 2009 è composta di soli due articoli, ma ben 257 commi, il testo approvato con la legge n. 191 del 23 dicembre 2009 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 2009.

Con la manovra varata, l’azione del Governo prosegue nel percorso avviato per stimolare la crescita mantenendo al contempo la stabilità dei conti pubblici.

Modifiche importanti sono state apportate in materia di Appalti pubblici. L’articolo che qui ci interessa è il secondo, nello specifico:

- Art. 2, comma 223:“I commi 436 e 437 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono sostituiti dai seguenti:

«436. Nel rispetto del principio di trasparenza dell’azione amministrativa e delle procedure disciplinate dall’articolo 14-bis, comma 3, lettera f ), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, l’Agenzia del demanio può alienare beni immobili di proprietà dello Stato, singolarmente o in blocco: a) mediante trattati-va privata, se di valore unitario o complessivo non superiore ad euro 400.000; b) mediante asta pubblica ovvero invito pubblico ad offrire, se di valore unitario o complessivo superiore ad euro 400.000, e, qualora non aggiudicati, mediante trattativa privata. L’Agenzia del demanio, con propri provvedimenti dirigenziali, provvede a disciplinare le modalità delle procedure telematiche concorsuali di vendita. Alle forme di pubblicità si provvede con la pubblicazione su almeno due

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dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due quotidiani a maggiore diffusione locale, nonché sul sito internet dell’Agenzia del demanio. Le spese relative alla pubblicità delle procedure concorsuali sono poste a carico dello Stato. L’aggiudicazione avviene, nelle procedure concorsuali, a favore dell’offerta più alta rispetto al prezzo di base ovvero, nelle procedure ad offerta libera, a favore dell’offerta migliore, previa valutazione della sua convenienza economica da parte dell’Agenzia del demanio sulla base dei valori indicati dall’Osservatorio del mercato immobiliare per la zona di riferimento e avuto riguardo alla tipologia di immobile e all’andamento del mer-cato. In caso di procedura ad offerta libera, l’Agenzia del demanio può riservarsi di non procedere all’aggiudicazione degli immobili.

437. Per le alienazioni di cui al comma 436 è riconosciuto in favore delle regioni e degli enti locali territoriali, sul cui territorio insistono gli immobili in vendita, il diritto di opzione all’acquisto entro il termine di quindici giorni dal ricevimento della determinazione a vendere comunicata dall’Agenzia del demanio prima dell’avvio delle procedure. In caso di vendita con pro-cedure ad offerta libera, spetta in via prioritaria alle regioni e agli enti locali territoriali il diritto di prelazione all’acquisto, da esercitare nel corso della procedura di vendita»”.

- Art. 2, comma 225:“La società CONSIP Spa conclude accordi quadro, ai sensi dell’articolo 59 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, cui le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e le amministrazioni ag-giudicatici di cui all’articolo 3, comma 25, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, possono fare ricorso per l’acquisto di beni e di servizi. In alternativa, le medesime ammini-strazioni adottano, per gli acquisti di beni e servizi comparabili, parametri di qualità e di prezzo rapportati a quelli degli accordi quadro di cui al presente comma. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, dall’articolo 58 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dall’articolo 1, commi 449 e 450, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dall’articolo 2, comma 574, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”.

- Art. 2, comma 226:“Le convenzioni di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modifi-cazioni, possono essere stipulate anche ai fini e in sede di aggiudicazione degli appalti basati su un accordo quadro concluso ai sensi del comma 225 del presente articolo. Resta fermo quanto previsto dal comma 3 del citato articolo 26 della legge n. 488 del 1999, e successive modificazioni, per le convenzioni stipulate dalla società CONSIP Spa”.

- Art. 2, comma 227:“Nel contesto del sistema a rete costituito dalle centrali regionali e dalla società CONSIP Spa ai sensi dell’articolo 1, comma 457, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere indicati criteri utili per l’individuazione delle categorie merceologiche di beni e di servizi oggetto di accordi quadro, conclusi anche ai sensi dei commi 225 e 226 del presente articolo dalla società CONSIP Spa, al fine di determinare un’elevata possibilità di incidere positivamente e in maniera significativa sui processi di acquisto pubblici”.

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- Art. 2, comma 238:“Agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 237 si provvede con le disponibilità conseguenti alle revoche totali o parziali delle agevolazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, e successive modificazioni, al netto delle risorse necessarie per far fronte agli impegni già assunti per avvenuta sottoscrizione di atti convenzionali e compatibilmente con gli effetti stimati in cia-scun anno in termini di indebitamento netto. Le disposizioni di cui al comma 237 si applicano a condizione dell’adozione dei provvedimenti amministrativi, debitamente registrati dalla Corte dei conti, recanti l’accertamento delle risorse finanziarie disponibili di cui al primo periodo del presente comma. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 237 anche ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni”.

Appunto n. 4/10: “L’offerta tecnica va firmata”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione alcune importanti considerazioni in ordine agli interessanti contenuti della sentenza del TAR Liguria – Ge, Sez. II, n. 630 del 18 febbra-io 2010, relativamente alla sottoscrizione dell’offerta tecnica da parte del concorrente, onde evitare l’esclusione dalla gara.

La sentenza interviene sul caso in cui un Consorzio, quale mandatario capogruppo di un raggruppamento temporaneo di impresa, ricorre al TAR Liguria lamentando di aver parteci-pato ad una procedura concorrenziale aperta per l’affidamento della progettazione prelimi-nare del nuovo ospedale, e di essere stato escluso, impugnando così sia il provvedimento di esclusione disposto dalla Stazione Appaltante all’esito della verifica dell’anomalia dell’offerta, sia l’aggiudicazione del servizio in favore del raggruppamento temporaneo controinteressato.

È risultato però per tabulas che alcun legale rappresentate del Raggruppamento ricorren-te (e benché del mandatario Capogruppo) abbia sottoscritto l’offerta tecnica, né sussista alcun altro elemento in grado di asseverare in modo oggettivo l’effettiva provenienza del soggetto a cui imputare l’offerta come presentata, per cui - sul punto - è stato accolto, con prioritaria trattazione, il ricorso incidentale proposto dal controinteressato aggiudicatario.

La sottoscrizione di un documento è lo strumento mediante il quale l’autore fa propria la dichiarazione contenuta nello stesso, consentendo così di risalire alla paternità dell’atto e rendere l’atto vincolante verso i terzi destinatari della manifestazione di volontà; pertanto, l’offerta, nelle procedure a evidenza pubblica, è qualificabile come dichiarazione di volontà del privato volta alla costituzione di un rapporto giuridico e la sua sottoscrizione, secondo le regole previste dalla “lex specialis” di gara, assolve alla funzione di assicurare la provenienza, la serietà, l’affidabilità e l’insostituibilità dell’offerta stessa e la relativa sottoscrizione, assume il connotato di condizione essenziale per l’ammissibilità dell’offerta, sia sotto il profilo formale, sia sotto il profilo sostanziale e la mancanza anche parziale della sottoscrizione inficia la vali-dità e la ricevibilità della manifestazione di volontà contenuta nell’offerta (Consiglio di Stato, n. 5547/08). Tale principio affermatosi negli anni con costante giurisprudenza, per quanto riguarda l’offerta economica va ora ad incidere anche sull’offerta tecnica.

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Il Tribunale ligure aggiunge inoltre che l’omissione della sottoscrizione, anche allorché non prevista a pena di esclusione dalla gara o comunque indicata in maniera equivoca nel bando e nel capitolato di gara, comporta comunque che l’offerta non possa essere “tal quale” accettata.

La firma del legale rappresentante apposta a margine dell’offerta tecnica acquista quindi una sua sacralità che la rende idonea ad individuare la paternità nonché la provenienza della stessa.

Si raccomanda pertanto, che il legale rappresentante firmi l’offerta tecnica poiché det-ta sottoscrizione, come precedentemente argomentato, assume il connotato di condizione essenziale per l’ammissibilità dell’offerta comportando l’esclusione dalla gara in caso di sua omissione.

Appunto n. 5/10: “Possibilità di formazione tacita del provvedimento di aggiudicazione definitiva e la “componente oggettiva” dell’offerta in termini di idoneità/convenienza”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione un’interessante sentenza del TAR Piemonte, Sez. I, 15 febbraio 2010, n. 957, la quale statuisce in merito alla liceità dell’introduzione, all’interno della lex specialis, un’esplicita ipotesi di silenzio significativo. In particolare, la pronuncia fa riferimento ad un bando di gara che collega la formazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva al decorso di un determinato spatium temporis.

La lex specialis di cui all’oggetto recita espressamente che: “il presente esito provvisorio sarà da intendersi definitivo qualora non venisse modificato nei successivi 60 giorni dalla data dello stesso” con la conseguenza, dunque, che, spirato il termine previsto dal bando, l’esito provvi-sorio della gara si consoliderebbe, con formazione tacita del provvedimento di aggiudicazio-ne definitiva, suscettibile di annullamento solo attraverso apposito procedimento in sede di autotutela. In ordine a tale eventualità, la sentenza ad esame ha avuto modo di sottolineare come una previsione siffatta sia in realtà contrastante con il principio dettato dall’art. 2 della L. n. 241/90 che impone di concludere il procedimento amministrativo con un provvedi-mento espresso. In particolare il TAR Piemonte richiama, a sostegno delle proprie argomen-tazioni, la sentenza del TAR Lombardia, Br, Sez. II, 2 ottobre 2009, n. 1725, la quale ha espressamente stabilito che “Neppure la lex specialis di gara potrebbe prevedere legittimamente una clausola che colleghi la formazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva al decorso di un determinato spatium temporis”.

Va però segnalato che il D.Lgs. 163/06 prevede all’art. 12, comma 1, ultimo periodo, un termine (trenta giorni, salvo diversa previsione dei singoli ordinamenti), decorso il quale “l’aggiudicazione si intende approvata”. Tale disposizione sembra non dar credito all’approdo del TAR Piemonte di cui al presente appunto. Ed invero:i) l’aggiudicazione definitiva abbisognerebbe di un provvedimento espresso in ossequio a

quanto stabilito dall’art. 2 della L. n. 241/90 che esplicitamente dispone in tal senso;ii) ove il provvedimento espresso non intervenga entro trenta giorni, l’aggiudicazione defi-

nitiva si intende approvata;iii) una diversa previsione può essere disposta dai “singoli ordinamenti” e benché mai dal

bando di gara il quale, a tutto voler concedere, può rimandare ai singoli ordinamenti. Va

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tuttavia evidenziato come la possibilità conferita ai “singoli ordinamenti” di prevedere un termine diverso nella perdurante assenza del Regolamento di cui all’art. 5, D.Lgs. 163/06, non potrà trovare amministrazione disposta, in un’ovvia logica di gerarchia delle fonti, a provvedere in proprio, in assenza delle statuizioni regolamentari “primarie”;

iv) il silenzio-assenso è tuttavia “pericoloso” perché non si può prescindere dalla comunica-zione di cui all’art. 79, comma 5, con riferimento alle lett. a), b) e b-bis), D.Lgs. 163/06. Tale comunicazione, qualora non inviata, comporta infatti che non decorrono i termini per l’impugnativa e, conseguentemente, che il provvedimento di aggiudicazione defini-tiva non “passa in giudicato”;

v) si ricorda, per fini di completezza argomentativa, la sentenza del TAR Piemonte, Sez. I, 15 febbraio 2010, n. 935, la quale, in tema di aggiudicazione provvisoria, stabilisce che “la procedura di affidamento, culminante con l’aggiudicazione provvisoria, ha dunque termine solo dopo l’avvenuta effettuazione degli eventuali riscontri che l’Amministrazione, se del caso avvalendosi di un’apposita Commissione (art. 87, D.Lgs. 163/06), ritenga doveroso effettuare per appurare la bontà di un’offerta non convincente, sia valutandola con la lente delle disposizioni dedicate alle verifiche dell’anomalia, sia svolgendo riscontri di altro tipo eventualmente richiesti”;

vi) necessario corollario di tale principio ben può essere rinvenuto nell’art. 81, comma 3, D.Lgs. 163/06 il quale prevede espressamente che “le stazioni appaltanti possono decidere di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto”, così stabilendo anche un controllo della Stazione Appaltante, ai fini della determinazione di aggiudicazione definitiva, su tale componente “oggettiva” dell’offerta aggiudicataria. Il concetto di idoneità è rapportato all’oggetto del contratto, che deve essere indicato nel bando di gara. Si tratta della prestazione che si richiede a colui con il quale si intende stipulare. Non è offerta idonea, ad esempio: quella che ha ad oggetto un progetto che si discosta dalle previsioni del progetto posto a base di gara; quella in parte non conforme alle specifiche tecniche richieste dal capitolato speciale e quindi alla tipologia funzionale e alle caratteristiche del prodotto richiesto; quella, in sostanza, non rispondente alle esigenze per il cui soddisfacimento la Stazione Appaltante ha indetto la gara. Il provvedimento di aggiudicazione definitiva, dunque, non si limita a valutare la legittimità del procedimento seguito, ma contiene anche un apprezzamento complessivo sull’opportunità di concludere il procedimento di formazione del contratto.

Appunto n. 6/10: “La c.d. clausola verde quale criterio di valutazione della componente tecnica dell’offerta nelle gare da aggiudicare con l’offerta economicamente più vantag-giosa, anche alla luce della rilevanza del principio di tutela ambientale così come previ-sto nell’attuale testo dell’art. 2, comma 2, D.Lgs. 163/06”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione il dibattito, di estrema attualità, relativo all’incidenza della “materia ambientale” in tema di affidamento dei contratti pubblici. In tale breve documento si vogliono, in buona sostanza, esaminare le possibilità, che le Stazioni Ap-paltanti hanno, di introdurre considerazioni di tipo ambientale nelle procedure ad evidenza

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pubblica, anche al fine di proporre tale componente di valutazione alle Stazioni Appaltanti stesse sotto forma di “dialogo tecnico” – Considerando 8), Direttiva 2004/18/CE, cfr. Ap-punto IEOPA, n. 5/07 – e contestualmente attrezzarsi per farvi fronte.

L’argomento relativo alle “caratteristiche ambientali” prende le mosse dalla Direttiva 2004/18/CE, i cui principi sono stati successivamente trasfusi nell’attuale Codice dei Contrat-ti pubblici, D.Lgs. 163/06. I contenuti della Direttiva, testé citata, si basano essenzialmente sulla giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale, in particolar modo facendo riferimento ai criteri di aggiudicazione, ha in diversi casi chiarito che le Pubbliche Amministrazioni posso-no soddisfare l’esigenza dei cittadini, nelle peculiari materie ambientali e sociali, purché i cri-teri riferentisi alla materia ambientale, rispettino tali assunti (cfr. Appunto IEOPA, n. 25/08):i) siano collegati all’oggetto dell’appalto;ii) non conferiscano all’Amministrazione Aggiudicatrice una libertà incondizionata di scelta;iii) siano espressamente menzionati e rispettino i fondamentali principi di libera circolazio-

ne delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi, nonché i principi che ne derivano, quali i principi di parità di trattamento, di non discriminazio-ne, di riconoscimento reciproco, di proporzionalità e di trasparenza.

I requisiti ut supra citati, che, come visto, trovano la propria genesi nell’alveo della giurispru-denza comunitaria, sono stati trasfusi pedissequamente nel Considerando 1) della Direttiva 2004/18/CE e rappresentano, dunque, i presupposti fondamentali di liceità di qualsiasi clau-sola acclusa alle regole di gara che faccia riferimento alle c.d. “caratteristiche ambientali”.

Quanto alle modalità di incidenza della materia ambientale sull’aggiudicazione dell’ap-palto, occorre dar conto che tanto il Legislatore comunitario, quanto quello nazionale hanno disciplinato la materia ambientale facendo precipuo riferimento alle procedure ad evidenza pubblica da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente pìù vantaggiosa. In tal senso l’art. 53 della Direttiva 2004/18/CE espressamente prevede che “i criteri sui quali si basano le amministrazioni aggiudicatrici per aggiudicare gli appalti pubblici, quando l’appalto è aggiudicato all’offerta economicamente più vantaggiosa, sono, ad esempio, la qualità, il prezzo, il pregio tecnico, le caratteristiche estetiche e funzionali, le caratteristiche ambientali, il costo d’utiliz-zazione, la redditività, il servizio successivo alla vendita e l’assistenza tecnica, la data di consegna e il termine di consegna o di esecuzione”. Vale la pena di evidenziare che la disposizione testé citata richiede espressamente, in tal modo ribadendo un principio già consacrato nel Considerando 1) della Direttiva 2004/18/CE, che i criteri debbano essere collegati all’oggetto dell’appalto.

A livello nazionale, il concetto di “collegamento” è stato recepito utilizzando quello di “pertinenza”: ai sensi dell’art. 83, D.Lgs. 163/06, infatti, “quando il contratto è affidato con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il bando di gara stabilisce i criteri di valuta-zione dell’offerta, pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto”, riprenden-do poi l’esemplificazione dei criteri citati dalla Direttiva con qualche limitata integrazione. Per ciò che qui interessa, il Codice dei Contratti Pubblici fa riferimento, tra gli altri criteri, a quello relativo alle “caratteristiche ambientali e al contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell’opera o del prodotto”.

Dalle disposizioni normative menzionate si evince, dunque, come le caratteristiche am-bientali abbiano assunto, nell’ambito dei contratti pubblici da aggiudicare con l’offerta eco-nomicamente più vantaggiosa, una notevole rilevanza, tanto da costituire criteri assimilabili ed affiancabili a quelli ben più noti del prezzo o del pregio tecnico.

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In tal senso, il Legislatore comunitario (e successivamente quello nazionale nella fase di recepimento) hanno espresso tuttavia la necessità che siffatte “clausole verdi” siano stretta-mente correlate all’opera o al servizio oggetto di affidamento, ossia che il requisito ambientale richiesto dalla Stazione Appaltante faccia riferimento ad una caratteristica, ad una qualità o ad una proprietà dell’oggetto del contratto. L’ampia discrezionalità, generalmente attribuita all’Amministrazione nella fase di individuazione dei criteri di valutazione delle offerte (di-screzionalità che potrebbe sfociare in arbitraria indicazione di requisiti non coerenti con il contratto da stipularsi, onde favorire indebitamente taluni operatori a scapito di altri), ha infatti spinto il Legislatore a delineare dei limiti, tali da consentire l’esplicazione di un’attività amministrativa quanto più possibile imparziale e trasparente.

Giova evidenziare, da ultimo, che, nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, le “caratteristiche ambientali” assumono rilevanza anche per ciò che concerne l’attestazione della capacità tecnica relativa al rispetto, da parte dell’operatore economico, di determinate norme di gestione ambientale. La Direttiva 2004/18/CE, all’art. 50, dispone in tal senso che, qualora le Stazioni Appaltanti “richiedano la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare il rispetto da parte dell’operatore economico di determinate norme di gestione ambientale, le amministrazioni aggiudicatrici fanno riferimento al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) o a norme di gestione ambientale basate sulle pertinenti norme eu-ropee o internazionali certificate da organismi conformi alla legislazione comunitaria o alle norme europee o internazionali relative alla certificazione. Le amministrazioni aggiudicatrici riconosco-no i certificati equivalenti in materia rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri. Esse accettano parimenti altre prove relative a misure equivalenti in materia di gestione ambientale, prodotte dagli operatori economici”.

V’è da rilevare che siffatta disposizione è stata integralmente recepita in ambito nazionale e trova propria collocazione all’art. 44, D.Lgs. 163/06.

Alla luce delle considerazioni sin qui prodotte, può dunque affermarsi che la “materia ambientale” assume rilevanza nell’ambito della procedura ad evidenza pubblica sotto un tri-plice profilo:

1. Le “caratteristiche ambientali” possono costituire criteri di valutazione che la Stazione Appaltante predispone ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto, beninteso relativamente ai casi in cui la gara è da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Deve in tal senso aggiungersi che la Stazione Appaltante, specie un Ente locale, nell’ambito dell’aggiudicazione di un contratto pubblico, può considerare le “ca-ratteristiche ambientali”, richieste dai documenti di gara, quali criteri prevalenti rispetto a quello di stretta economicità. E ciò sul viatico di quanto espresso dall’art. 2, comma 2, D.Lgs. 163/06, il quale espressamente dispone che “Il principio di economicità può essere subordinato, entro i limiti in cui sia espressamente consentito dalle norme vigenti e dal pre-sente codice, ai criteri, previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute e dell’ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile”. Da tale disposizione si evince, dunque, che la tutela dell’ambiente ha ormai assunto un valore di rango talmente elevato da giustificare, ovviamente in presenza di determinati presupposti e contempera-menti, persino l’elusione di un principio cardine dell’attività amministrativa quale quello di economicità.

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2. Le “caratteristiche ambientali” medesime assumono rilevanza anche per ciò che concerne l’attestazione della capacità tecnica relativa al rispetto, da parte dell’operatore economi-co, di determinate norme di gestione ambientale.

3. L’operatore economico fa bene ad attrezzarsi al fine di rendere il proprio know how quan-to più conforme alle esigenze ambientali che, come visto, possono costituire un impor-tante criterio di apprezzamento e, dunque, requisito di valutazione in diversi casi deter-minante per l’aggiudicazione del contratto pubblico.

Appunto n. 7/10: “La sanabilità delle mere irregolarità formali in un recente approdo del TAR Toscana. Suggerimenti pratici”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione un’interessante sentenza del TAR Toscana, Sez. II, 2 aprile 2010, n. 916, la quale statuisce in merito alla verifica della regolarità della documen-tazione prodotta in sede di gara, la quale deve essere condotta non in senso meramente formale ma tenendo conto dell’evoluzione dell’ordinamento, in favore della semplificazione e del divieto di aggravamento degli oneri burocratici (cfr. sul punto, precedente appunto IEOPA n. 12/09).

La questione è quella della possibilità di sanare le irregolarità meramente formali, nelle procedure concorsuali, mediante integrazione documentale, ad opera del concorrente, senza che possa essere disposta l’automatica esclusione.

La sentenza citata si allinea con l’indirizzo secondo il quale, se è vero che l’Amministra-zione è titolare dell’ampio potere discrezionale di inserire in un bando di gara tutte quelle disposizioni, ritenute più opportune ed adeguate per l’effettivo raggiungimento dello scopo perseguito con la selezione ad evidenza pubblica indetta, tuttavia il concreto esercizio di tale potere discrezionale deve essere logicamente coerente con l’interesse pubblico perseguito, ben valutando la portata delle clausole del bando, ove comminano l’esclusione, in termini genera-li ed omnicomprensivi, alla stregua dell’interesse che la norma violata è destinata a presidiare ed alla rilevanza della lesione di un interesse pubblico effettivo e preminente (Consiglio di Stato, Sez. V, 10 novembre 2003, n. 7134).

Di conseguenza, la verifica della regolarità della documentazione prodotta in sede di gara, rispetto alle norme del bando e/o del capitolato, deve essere condotta non in senso meramente formale ma tenendo conto dell’evoluzione dell’ordinamento, in favore della sem-plificazione e del divieto di aggravamento degli oneri burocratici (Consiglio di Stato, Sez. V, 21 settembre 2005, n. 4941). In tal guisa, le singole clausole che comminano l’esclusione, in termini generali e omnicomprensivi, devono essere valutate alla stregua della norma violata che è destinata a presidiare, per cui, ove non sia ravvisabile la lesione di un interesse pubblico effettivo e rilevante, va accordata la preferenza al “favor partecipationis” (T.A.R. Calabria, Rc, 1 dicembre 2005, n. 2088; 10 maggio 2005, n. 399; Consiglio di Stato, Sez. V, 10 no-vembre 2003, n. 7134; 4 aprile 2002, n. 1857; 16 gennaio 2002, n. 226), con applicazione del principio di derivazione comunitaria di “sanabilità” delle mere irregolarità documentali e conseguente attenuazione del rilievo delle prescrizioni formali della procedura concorsuale (Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 ottobre 2005, n. 5367; Sez. V, 4 febbraio 2004, n. 364; TAR Calabria, Cz, Sez. I, 30 aprile 2009, n. 377).

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Si precisa, tuttavia, che la giurisprudenza ritiene che la possibilità di regolarizzazione, in corso di procedura, trovi un limite nel principio della par condicio dei partecipanti (Consiglio di Stato, Sez. V, 27 luglio 2007, n. 3645; 6 marzo 2006, n. 1068; TAR Liguria, Ge, Sez. I, 20 aprile 2007, n. 626): sicché non è possibile supplire a mancanze di natura sostanziale, quale, ad esempio, l’indicazione di un termine di adempimento doppio rispetto a quello previsto nel bando, che incide in maniera non irrilevante sull’interesse della Stazione Appaltante, e non può dunque considerarsi violazione meramente formale (TAR Lombardia, Mi, Sez. II, 24 marzo 2009, n. 1966).

In tale senso, si veda anche TAR Sardegna, Sez. I, 14 febbraio 2008, n. 191, secondo la quale è legittima l’esclusione da una gara d’appalto di un concorrente che non abbia pre-sentato la dichiarazione ex art. 38, comma 1, lett. l), D.Lgs. 163/06, pur in assenza di una esplicita previsione in tale senso nel bando di gara, la cui inosservanza non può mai ritenersi sanabile alla stregua di una mera irregolarità formale (Consiglio di Stato, Sez. V, 24 gennaio 2007, n. 256; Consiglio di Stato, Sez. V, 10 gennaio 2007, n. 33; TAR Basilicata, 26 giugno 2007, n. 476).

Al contrario, in tema di gara per l’affidamento di appalti pubblici, è illegittima l’automa-tica esclusione di una impresa per mere irregolarità formali della documentazione presentata, ove tali irregolarità non costituiscano, per chiara ed espressa previsione del bando di gara, cau-sa di esclusione e non abbiano formato oggetto di una valutazione che escluda la possibilità della loro regolarizzazione (TAR Calabria, Cz, Sez. II, 3 luglio 2009, n. 713).

Ad ogni buon conto, a prescindere dall’orientamento giurisprudenziale univoco o meno che sia, si consiglia:1. alle Stazioni Appaltanti, di rendere le regole di gara più chiare e comprensibili possibili,

in pregio al principio del “clare loqui”, richiamato anche nella celebre statuizione della Plenaria (1/03) che ha sancito il discrimen fra clausole di gara immediatamente o non immediatamente lesive;

2. agli operatori economici, di attenersi alle regole prestabilite, ancorché estremamente for-mali, e di tenere conto dell’eterointegrazione della norma primaria94. Il senso pratico induce, per esempio riguardo le autodichiarazioni, di ricopiare fedelmente la specifica del bando, magari attingendo dal sito informatico della S.A., con il tradizionale metodo del “copia e incolla” che, ci si perdoni la pochezza espressiva, fa sì che si evitino gli errori di ritrascrizione.

94 Cfr., a titolo esemplificativo, da ultimo, Tar Lazio, Rm, Sez. III bis, 5 maggio 2010, n. 9793, secondo la quale “Ai sensi dell’art.17 della L.68/1999 si impone alle imprese sia pubbliche che private,qualora partecipino a bandi per appalti pubblici bandite da amministrazioni pubbliche di presentare preventivamente la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, pena l’esclusione. Pertanto, l’omissione di detta dichiarazione costituisce causa di esclusione in virtù del potere cogente proprio della legge anche se non richiamata dalla lex specialis. La stessa dichiarazione inoltre, non si presta ad essere surrogata da una generica dichiarazione che non faccia riferimento espresso alla disciplina contemplata dal sopracitato art.17 l’attestazione quindi essendo un requisito di partecipazione alla gara e non di aggiudicazione della medesima, va prodotta nella fase anteriore all’apertura delle offerte, mirando la stessa a far conoscere immediatamente la posizio-ne dei concorrenti rispetto alla normativa sui disabili nel pieno rispetto della par conditio dei concorrenti”.

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Appunto n. 8/10: “Sentenza Tar Lazio, Rm, Sez. II quater, 2 aprile 2010, n. 5621: oppo-sizione all’annullamento della gara e quanto ne consegue”.

Caro Socio Ordinario Collettivo, sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione la sentenza del Tar Lazio, Rm, n. 5621 de-positata il 2 aprile 2010 la quale sviluppa tre principi di rilevante interesse.

Col primo punto si vuol sottolineare la sussistenza dell’interesse al ricorso avverso l’an-nullamento della procedura di gara, intervenuto prima dell’aggiudicazione provvisoria da parte del concorrente, quale titolare di un interesse a che l’attività avvenga secondo i canoni dell’imparzialità e del buon andamento, e che il provvedimento amministrativo diretto ad in-terrompere, per ragioni di opportunità, lo svolgimento della procedura di gara avviata, seppu-re non ancora giunta neanche all’aggiudicazione provvisoria, non può qualificarsi come mero ritiro, in quanto la relativa determinazione priva il concorrente, quale potenziale aggiudicata-rio, anche solo della possibilità di conseguire l’aggiudicazione sotto il profilo della perdita di chance o del ristoro del danno per l’impegno economico profuso ai fini della partecipazione.

Se è pur evidente, la sussistenza della possibilità di proporre ricorso non è detto che quest’ultimo venga accolto. Il Collegio, nella causa in questione, rigetta il ricorso nella parte relativa alla richiesta di annullamento del provvedimento di revoca della gara d’appalto, acco-glie però, seppur in parte, l’istanza di risarcimento dei danni poiché è stata lesa, come vedremo più avanti, la posizione soggettiva di potenziale aggiudicatario. È infatti violato l’interesse del concorrente alla conclusione del procedimento, soprattutto quando la P.A. trasferisce inte-gralmente l’onere della progettazione esecutiva sulle imprese partecipanti alla gara. Ciò detto non implica un’impossibilità alla rimozione degli atti di gara. Le Stazioni Appaltanti hanno infatti il potere di ritirare gli atti di gara, attraverso strumenti di revoca per ragioni di pubblico interesse o di vizi di merito e dell’annullamento per vizi di legittimità, anche dopo l’avvio della procedura di scelta del contraente. La revoca della gara è però legittima solo in presenza di do-cumentate e obiettive esigenze di interesse pubblico che siano opportunamente e debitamente esplicitate, che rendano evidente l’opportunità o comunque l’inutilità della prosecuzione della gara stessa, e nella causa in questione deve escludersi il difetto di motivazione.

Secondo importante principio che ivi ritroviamo, è quello della non necessarietà della comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca, nella specifica fattispecie. Nelle gare pubbliche, il procedimento di revoca non implica l’obbligo di comunicare l’avvio del proce-dimento di revoca di una gara d’appalto ancora in corso di svolgimento, in quanto nessuno dei partecipanti riveste, in relazione allo stato della procedura, una posizione di vantaggio concreta, e comunque tale da far sorgere un interesse qualificato e differenziato e quindi me-ritevole di tutela attraverso detta comunicazione. A differenza dei casi di autoannullamento degli atti di gara per motivi di legittimità, nel caso in cui si discute dell’opportunità ammini-strativa della revoca, i partecipanti alla gara non sono ne cointeressati e né controinteressati necessari, per cui per la legittimità del procedimento non è necessario alcun contraddittorio. E ciò, specie quando la revoca sia stata determinata da valutazioni, tutte interne all’Ammini-strazione, in ordine alle quali nessun reale apporto conoscitivo può essere offerto dalle parti private (Tar Lazio, Rm, Sez. II quater, 8 aprile 2010, n. 5913).

Infine, il terzo punto di interesse riguarda la responsabilità della P.A. Pur essendo legitti-ma la revoca degli atti di una procedura di gara, è configurabile una responsabilità della pub-

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blica amministrazione per danno precontrattuale nel caso del mancato rispetto dei generali canoni di correttezza in contrahendo. Costituisce infatti violazione del canone di correttezza, la circostanza che l’Amministrazione, non appena venuta a conoscenza dell’evenienza che avrebbe potuto legittimare la revoca, non si sia posta il problema degli affidamenti creati nei concorrenti e non abbia proceduto, quanto meno, all’immediata motivata sospensione degli atti di gara, in attesa di ogni definitiva decisone a riguardo.

Per cui: 1. si consiglia agli operatori economici – quando si partecipa alla gara – di precostituire

le spese sostenute, sia in termini di costi vivi, sia in termini di utilizzo di risorse (anche interne alla struttura); nonché verbalizzare negli interna corporis che facendo affidamento su una specifica gara si è scelto di non partecipare ad altre;

2. la conseguenza è quella di potersi rivalere in termini, sia di danno emergente, sia di “per-dita di chance” (mancata potenzialità di aggiudicarsi altre gare).

Appunto n. 9/10: “La coprogettazione quale strumento di erogazione dei servizi sociali alternativo alla tradizionale procedura ad evidenza pubblica”.

Caro Socio Ordinario Collettivo, sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione l’interessante istituto della coprogettazione nei servizi sociali, strumento attraverso il quale, per mezzo di una stretta concertazione tra le Amministrazioni locali ed i soggetti operanti nel sistema dei servizi suddetti, è possibile rispondere alle istanze dell’utente – cittadino, attraverso l’erogazione di un servizio in grado soddisfare le molteplici domande di interventi sociali provenienti dalla comunità locale.I. In questa prospettiva, il territorio è inteso non solo come spazio fisico nel quale ricadono gli interventi programmati, ma come luogo in cui le soggettività presenti, le istituzioni, le imprese, le associazioni sindacali, il volontariato, possono condividere progetti di sviluppo, concertare le loro azioni, ripartire consensualmente, e secondo gli ambiti di propria compe-tenza, le azioni da svolgere.

La disciplina normativa di riferimento è rinvenibile anzitutto nell’art. 6, L. 328/00, se-condo cui gli Enti locali hanno la possibilità di avviare iniziative e percorsi con forte grado di sperimentalità al fine di evolvere le proprie attività di programmazione, progettazione e realiz-zazione del sistema locale dei servizi sociali. Le modalità operative indicate dalla disposizione lasciano ampio spazio alla concertazione, con il coinvolgimento dei soggetti di cui all’art. 1, comma 1, L. 328/00 (si fa riferimento ai c.d. soggetti del terzo settore, ovvero, a titolo esemplificativo, agli Organismi non lucrativi di utilità sociale, Organismi della cooperazione, Organizzazione di volontariato, Associazioni ed Enti di promozione sociale). Sul viatico di siffatta legislazione si inserisce l’istituto della coprogettazione che, ai sensi dell’art. 7, comma 1, D.P.C.M. 30/03/01, viene ad essere definito come strumento di potenziale sviluppo dei servizi sociali, da realizzarsi con il coinvolgimento attivo dei soggetti del terzo settore.

Questo l’esatto tenore della disposizione ut supra citata: “Al fine di affrontare specifiche pro-blematiche sociali, valorizzando e coinvolgendo attivamente i soggetti del terzo settore, i Comuni possono indire istruttorie pubbliche per la coprogettazione di interventi innovativi e sperimentali su cui i soggetti del terzo settore esprimono disponibilità a collaborare con il Comune per la realiz-

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zazione degli obiettivi. Le Regioni possono adottare indirizzi per definire le modalità di indizione e funzionamento delle istruttorie pubbliche nonché per la individuazione delle forme di sostegno”.II. Come desumibile dalla lettura di siffatta norma, il procedimento de quo è avviato tramite l’indizione di un’istruttoria pubblica, da intendersi quale atto propulsivo con il quale l’Ente pubblico, che intende realizzare iniziative sperimentali nel campo dei servizi sociali (in parti-colare socio – assistenziali e socio – educativi), si rivolge ai soggetti del terzo settore affinché questi avanzino proposte (c.d. linee – guida) volte alla definizione progettuale di iniziative, interventi ed attività complesse. Le proposte così presentate dai soggetti del terzo settore sono prese in esame ed analizzate dall’Amministrazione locale sulla base di criteri – guida prece-dentemente predisposti che siano in grado di privilegiare l’innovazione e la sperimentalità delle azioni. L’Amministrazione avvia la selezione dei soggetti attuatori delle linee – guida del-la coprogettazione mediante una procedura comparativa (ad evidenza pubblica o negoziale), volta a consentire la selezione della migliore proposta di dettaglio. Il soggetto così selezionato assume il ruolo di attuatore della coprogettazione.

Nel corso dello sviluppo dell’intervento di coprogettazione, l’Amministrazione ed il sog-getto attuatore sviluppano interazioni continue finalizzate a migliorare il servizio socio – as-sistenziale o socio – educativo oggetto dell’azione.

Al soggetto attuatore delle iniziative della coprogettazione è riconosciuto dall’Ammi-nistrazione un budget complessivo, nel quale sono ricompresi gli elementi economici per la realizzazione delle attività e con il quale vengono ad essere soddisfatti gli oneri delle attività di coprogettazione e di adeguamento.

Alla luce di quanto evidenziato, può ben dirsi che coprogettare significa rispondere alla domanda di interventi sociali proveniente dal territorio, non tanto o non solo in termini di mera predisposizione di servizi, quanto di costruzione di una nuova contrattualità condivisa. Significa, cioè, coniugare positivamente le diverse risorse culturali, professionali ed economiche presenti nella comunità locale con la capacità dell’Ente pubblico di promuovere sul territorio i necessari sistemi di protezione sociale e di miglioramento della qualità della vita dei cittadini.III. Quanto, infine, alle differenze intercorrenti tra l’istituto ad esame e le procedure del “dialogo tecnico” e del “dialogo competitivo”, giova evidenziare che:iv) nell’ambito del “dialogo tecnico” (Considerando n. 8, Direttiva 2004/18/CE: cfr. Ap-

punto IEOPA n. 5/07), la concertazione tra la Stazione Appaltante e l’operatore eco-nomico afferisce alla sola fase preliminare della gara propriamente detta. La Stazione Appaltante, in altre parole, può sollecitare o accettare consulenze utilizzabili nella stesura delle regole di gara;

v) per ciò che concerne il “dialogo competitivo” (art. 58, D.Lgs. 163/06), la concertazione tra l’Ente locale ed il soggetto operante nell’ambito del servizio, trova la propria ratio giu-stificatrice nella particolare complessità della commessa, laddove, cioè, l’Amministrazio-ne non sia in grado di definire compiutamente l’oggetto del servizio in quanto sprovvista dei relativi mezzi tecnici.

Sebbene le differenze ut supra denunciate siano innegabili, altrettanto incontestabile è, tut-tavia, l’utilizzazione, propria nelle procedure de quibus, dello schema concertativo. Si deve dunque riconoscere, ferma restando la diversa finalità metodologica, una certa affinità fra gli indicati istituti.

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Appunto n. 10/10: “Inderogabilità o meno del principio della pubblicità della seduta afferente all’esame delle offerte economiche”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno porre alla Vs. attenzione un recente arresto giurisprudenziale afferente alla questione se la seduta per l’esame dell’offerta economica, nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica, debba necessariamente essere connotata dalla natura “pubblica”, pena l’insorgenza di un vizio del procedimento che comporta l’invalidità derivata di tutti gli atti successivi, ovvero se, al contrario, l’esame dell’offerta economica possa avvenire in seduta non pubblica laddove la gara comporti, come nel caso del metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, una “comparazione” di più fattori.

La questione giuridica ut supra evidenziata risulta essere di grande attualità, alla luce di un recentissimo arresto giurisprudenziale secondo il quale “in sede di gare d’appalto per l’ag-giudicazione di contratti della P.A., la pubblicità della seduta per l’esame dell’offerta economica non si può ritenere un principio inderogabile, in quanto la regola ha una sua ragion d’essere nelle procedure di gara meccaniche, basate su offerte di prezzo, mentre ben può essere derogata nelle procedure in cui il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, poiché in quest’ultima ipotesi il prezzo è solo uno dei molteplici elementi di valutazione dell’offerta a cui deve essere attribuito un punteggio tra il minimo ed il massimo stabiliti dal bando o dai cri-teri predeterminati dalla Commissione” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 giugno 2010, n. 3634).

Il tenore della statuizione summenzionata lascia, ad onor del vero, particolarmente per-plessi. Ed infatti, appare assai poco convincente l’affermazione secondo cui la seduta volta all’esame dell’offerta economica potrebbe legittimamente avere natura segreta, in ragione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, e della relativa comparazione di più fattori.

Ai fini di una corretta impostazione della questione giuridica de qua occorre, invero, prendere le mosse dalla notoria circostanza secondo cui “il principio di pubblicità delle sedute di gara per la scelta del contraente trova immediata applicazione in ogni tipo di gara, indipen-dentemente da un’espressa previsione da parte della lex specialis di gara, costituendo una regola generale riconducibile direttamente ai principi generali di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost.” (TAR Lazio, Rm, Sez. II, 9 luglio 2008, n. 6478).

Stante la c.d. copertura costituzionale al principio della pubblicità delle sedute di gara, appare assolutamente fuorviante e contra legem considerare derogabile la natura pubblica della seduta, finalizzata all’esame delle offerte economiche.

Né tale percorso argomentativo potrebbe in alcun modo essere inciso dalla natura, que-sta volta sì, legittimamente segreta, delle sedute volte all’esame delle offerte tecniche. Ed in-fatti, in relazione a queste ultime, v’è da considerare che la disapplicazione del principio della “pubblicità”, trova la propria ratio giustificativa nell’esigenza di salvaguardare l’imparzialità di giudizio e l’indipendenza dei membri della Commissione. Come a tal proposito il Supremo Consesso ci insegna, “la valutazione tecnico – qualitativa dell’offerta va effettuata in seduta ri-servata al fine di evitare influenze esterne sui giudizi dei membri della Commissione giudicatrice (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 aprile 2008, n. 1856).

Ebbene, mentre l’esame delle offerte tecniche viene legittimamente svolto in seduta ri-servata, in guisa di una maggiore serenità di giudizio da parte dei componenti della Commis-

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sione, la natura riservata dell’esame delle offerte economiche non troverebbe alcun margine di liceità, stante l’assenza di qualsivoglia esigenza da salvaguardare.

Si conclude, pertanto, ribadendo la natura necessariamente pubblica, anche negli appalti da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, della seduta fina-lizzata all’esame delle offerte economiche, sulla base di tre interrogativi di sintesi:vi) avuto riguardo che, nelle gare da aggiudicare all’offerta economicamente più vantaggio-

sa, nella seduta pubblica di insediamento della Commissione, si procede all’apertura del plico grande, nonché all’apertura della busta che contiene l’assolvimento dei requisiti partecipativi mentre le altre due (offerta tecnica e offerta economica) vengono sempli-cemente siglate all’esterno, come si fa – in via puramente potenziale – ad evitare che nell’eventuale assise segreta dell’apertura delle offerte economiche, talune – conosciuti i punteggi assegnati alla componente tecnica della proposta – non vengano sostituite “alla bisogna”?

vii) ed ancora, proprio per evitare quanto sopra, non sapevamo per prassi e per giurispruden-za95 che prima dell’apertura dell’offerta economica andavano letti i punteggi assegnati alla componente tecnica dell’offerta?

viii) non era proprio questo il discrimen, vale a dire la garanzia della certezza di non conoscere l’offerta economica prima di valutare quella tecnica, al fine di non avere influenza di sorta96? Se vale l’assunto della sentenza n. 3634/10, come si fa a garantire testé?.

Appunto n. 11/10: “Impugnativa dell’esclusione e aggiudicazione della gara”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,la questione che viene in esame è quella della sussistenza o meno di un interesse a ricorrere, in capo al concorrente legittimamente escluso da una procedura di evidenza pubblica, che chieda l’annullamento di atti successivi ed ulteriori rispetto all’inibitoria a concorrere alla gara, da cui è inciso.

In passato, con la sentenza n. 6874 del 20 ottobre 2004, il Consiglio di Stato aveva af-fermato il principio secondo il quale la mancata impugnazione dell’esclusione dalla gara non sopprime l’interesse dell’impresa esclusa ad impugnare l’aggiudicazione di una gara d’appalto quando l’accoglimento della doglianza potrebbe condurre alla rinnovazione della procedura

95 “In un pubblico appalto da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, lo scopo perseguito dal bando e dal capitolato, attraverso la previsione della lettura in seduta pubblica del punteggio attribuito alle offerte tecniche, lettura da farsi necessariamente prima di quelle delle offerte economiche, è quello di garantire i concorrenti da possibili mutamenti successivi del punteggio di merito, influenzati dalla sopravvenuta conoscenza delle offerte economiche. Per la soddisfazione di siffatto scopo, è, pertanto, sufficiente la lettura pubblica del punteggio totale di merito, che lo rende conoscibile agli interessati e non più modificabile, non occorrendo, altresì, la lettura pubblica dei singoli sottopunteggi (Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 gennaio 2002, n. 383).96 “La commissione di gara è tenuta a valutare prima i profili tecnici delle offerte e successivamente le offerte economiche, essendo irrilevante che il bando non richiami una specifica disposizione di legge per stabilire quale delle due deve essere esaminata con priorità sull’altra, atteso che l’esame delle offerte economiche prima di quelle tecniche costituisce una palese violazione dei principi inderogabili di trasparenza e di imparzialità che devono presiedere le gare pubbliche in quanto la conoscenza preventiva dell’offerta economica consente di modulare il giudizio sull’offerta tec-nica in modo non conforme alla parità di trattamento dei concorrenti e tale possibilità, ancorché remota ed eventuale, inficia la regolarità della procedura” (Consiglio di Stato, Sez. V, 25 maggio 2009, n. 3217). Cfr. anche Appunto IEOPA n. 6/08.

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ad evidenza pubblica, con la relativa (ipotetica) possibilità di aggiudicazione da parte del soggetto ricorrente.

In sostanza, la giurisprudenza precedente riteneva che con quello che viene definito il su-peramento della prova di resistenza al ricorso, allorché il gravame è realisticamente in grado di produrre una certa utilità, anche solo potenziale, in favore del ricorrente, questo non potesse essere ritenuto carente di interesse.

Due possono allora essere definiti gli interessi oggetto di gravame nei procedimenti con-corsuali: uno cosiddetto “diretto”, vale a dire tendente a far conseguire al soggetto ricorrente l’immediato vantaggio dell’aggiudicazione della gara e l’altro “strumentale”, che è per l’ap-punto volto a far sì che il ricorrente ottenga un “mediato” vantaggio di far rinnovare total-mente o parzialmente il procedimento, in modo tale da avere una nuova possibilità di poter poi risultare aggiudicatario della rinnovata procedura concorsuale (i Giudici amministrativi usano correntemente il termine “riedizione”).

In buona sostanza, il concorrente ammesso a partecipare ad una procedura ad evidenza pubblica si riteneva avesse un interesse differenziato e giuridicamente qualificato all’ottenimen-to del bene della vita, consistente nell’aggiudicazione del contratto ed un interesse strumentale a concorrere nuovamente all’aggiudicazione in sede di rinnovazione tout court della procedura.

Si ravvisava, in pratica, la possibilità acché il ricorrente escluso dalla gara potesse util-mente impugnare il provvedimento di aggiudicazione senza che avesse l’obbligo di impugna-re tempestivamente l’esclusione ed i suoi sottesi motivi.

Tale orientamento è radicalmente mutato nel corso degli ultimi anni.Ritiene, infatti, il Supremo Consesso, in un recente approdo, che anche se di regola è

sufficiente l’interesse strumentale del partecipante ad una gara pubblica di appalto, onde otte-nere la riedizione della gara stessa, deve in ogni caso ritenersi che un tale interesse non sussiste in capo al soggetto legittimamente escluso, dato che tale soggetto, per effetto dell’esclusione, rimane privo non soltanto del titolo legittimante a partecipare alla gara, ma anche a conte-starne gli esiti e la legittimità delle distinte scansioni procedimentali (Consiglio di Stato, Sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8969).

La Sez. VI, con sentenza n. 7441 del 26 novembre 2009, ha poi ribadito questo princi-pio, affermando che: “una volta appurata l’insussistenza di una posizione legittimante in capo al soggetto escluso da una procedura di aggiudicazione, insorge un ostacolo pregiudiziale di rito alla possibilità di valutare nel merito la fondatezza delle censure, a prescindere dalla considerazione del vantaggio che il candidato estromesso - non diversamente da qualsiasi altra impresa del settore - supponga di poter trarre dall’eventuale ripetizione della gara. In altre parole, l’utilità che si vuole conseguire con il processo non può essere ottenibile con questo, se il soggetto che propone il ricorso non è legittimato a proporre vizi che inficiano la gara nella sua interezza. Il partecipante escluso si trova, rispetto alla procedura, nella stessa posizione di un quisque de populo (…)”.

Di rilevante interesse, in materia, è altresì una recente sentenza del TAR Calabria, Cz, Sez. II, n. 450/2010, la quale affronta la problematica relativa ad una asserita illegittimità dell’aggiudicazione per la mancata esclusione della controinteressata che non avrebbe avuto i requisiti previsti dal bando. Con riferimento a tale problematica il TAR afferma che, una vol-ta ritenuto che sia stata legittima la esclusione della ricorrente, la stessa non ha legittimazione a contestare, per motivi diversi, l’aggiudicazione disposta a favore della controinteressata. In altri termini, una volta accertata, alla luce dei vizi prospettati, la legittimità della decisio-

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ne dell’Amministrazione di esclusione della ricorrente, quest’ultima non ha alcun interesse all’annullamento dell’intera gara.

Di recente, anche il TAR Campania, Na, Sez. I, con sentenza n. 13020 dell’8 giugno 2010, aderisce all’orientamento giurisprudenziale sopra indicato e decisamente prevalente, secondo il quale, come detto, il concorrente legittimamente escluso dalla procedura rimane privo non soltanto del titolo legittimante a partecipare alla gara, ma anche a contestarne gli esiti e la legittimità delle scansioni procedimentali, venendo ridotto dall’esclusione a portato-re di un interesse di mero fatto, non diverso da quello di qualsiasi altro operatore del medesi-mo settore che non abbia partecipato alla gara.

Ne consegue che il soggetto legittimamente escluso da una procedura di aggiudicazione essendo privo della legittimazione a contestare l’aggiudicazione stessa, potrà esclusivamente rivolgersi all’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture e semmai “confidare” nella possibilità che l’Amministrazione Aggiudicatrice provveda a rimuo-vere la situazione di asserita illegittimità, con azione di autotutela che, ai sensi dell’art. 21 nonies L. 241/90, deve avvenire in un “termine ragionevole”97.

Si precisa che non rientra nei poteri attribuiti alla suddetta Autorità prescrivere alla Stazione Appaltante di provvedere ad intraprendere azioni o di assumere tempestivamente atti conformi all’interpretazione dell’Autorità. Questa, infatti, ferme le competenze previste dall’articolo 6 del D.Lgs. n. 163 del 2006, non può eccedere dalla richiesta di informazio-ni e di sollecitazione all’esercizio dell’autotutela (TAR Lombardia – Bs, Sez. II, 29 giugno 2009, n. 1349), in quanto le relative posizioni, assunte dall’Autorità medesima, sottoforma di “determinazione” o di “parere” non hanno natura impositiva bensì soltanto di indicazione comportamentale.

Appunto n. 12/10: “La revoca dell’aggiudicazione provvisoria per sopravvenuta indi-sponibilità di fondi”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno porre alla Vs. attenzione la questione secondo la quale la mancanza di fondi, in seno alla S.A., è legittima causa di revoca della procedura ad evidenza pubblica.I. L’aggiudicazione di un appalto pubblico è suscettibile di riesame nell’esercizio della pote-stà, di autotutela, trattandosi di atto avente natura provvedimentale, ai sensi dell’art. 21-quin-quies, L. 241/90, secondo il quale ”Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge”. E se lo è l’aggiudicazione definitiva, ancor di più lo è l’aggiudicazione provvisoria.

Tuttavia, precisa la giurisprudenza, alla revoca può pervenirsi solo in costanza di concrete ed adeguate ragioni di interesse pubblico (Consiglio di Stato, Sez. V, 3 febbraio 2000, n. 661; Sez. IV, 14 gennaio 2000, n. 244; Sez. IV, 29 maggio 1998, n. 900). 97 Il Consiglio Giust. Amm. Sicilia, Sez. giurisd., con sentenza n. 553 del 21 aprile 2010, nell’indicare quali sono i presupposti per l’esercizio dell’annullamento d’ufficio, di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 ha specificato che per “termine ragionevole” debba intendersi un termine “non eccessivamente lungo”.

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Addirittura, per il Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 2838/07, ove in capo ai con-correnti non si sia consolidata alcuna situazione giuridica – come nel caso in cui non sia stato ancora esercitato il potere di approvazione, oppure non vi sia stata un’aggiudicazione provvi-soria ovvero a questa consegua l’onere di provare il possesso di determinati requisiti – non v’è neppure uno specifico onere di motivazione circa le ragioni di pubblico interesse che hanno mosso l’Amministrazione “essendo sufficiente che sia reso palese il ragionamento seguito per giun-gere alla determinazione negativa, attraverso l’indicazione degli elementi concreti ed obiettivi, in base ai quali si è ritenuto di non procedere all’aggiudicazione”.

Valutazione più approfondita del pubblico interesse attuale e concreto al ritiro, deve essere fatta, invece, quando sia decorso un congruo periodo di tempo dall’iniziale esecuzione del provvedimento (cfr., Consiglio di Stato, Sez. V, 20 luglio 1999, n. 847).II. Rileva che nel caso in cui l’Amministrazione non abbia dato corso all’esito della gara perché non disponeva dei fondi necessari per la realizzazione dell’opera, costituisce una mo-tivazione congrua ed esaustiva, “poiché il corretto svolgimento dell’azione amministrativa ed un principio generale di contabilità pubblica risalente all’art. 81 della Costituzione esigono che i provvedimenti comportanti una spesa siano adottati soltanto se provvisti di adeguata copertura finanziaria” (vedi, Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1457/03).

Si specifica che “l’eccessiva onerosità del prezzo indicato nell’offerta risultata aggiudicataria provvisoria costituisce grave motivo di interesse pubblico, tale da giustificare il diniego di approva-zione dell’aggiudicazione definitiva, specie in mancanza di risorse finanziarie”.

Spesso, infatti, i Giudici hanno reputato legittima la mancata approvazione dell’aggiu-dicazione provvisoria, sulla base della considerazione che il prezzo indicato nell’offerta, poi risultata aggiudicataria provvisoria, appariva eccessivamente oneroso rispetto ai valori di mer-cato e che l’Amministrazione non disponeva delle risorse finanziarie necessarie a far fronte alla relativa spesa.

Si può quindi affermare, richiamando l’orientamento giurisprudenziale prevalente, il seguente principio di diritto: “…l’eccessiva onerosità del prezzo indicato nell’offerta risultata aggiudicataria provvisoria costituisce grave motivo di interesse pubblico, tale da giustificare il diniego di approvazione dell’aggiudicazione definitiva, specie in mancanza di risorse finanziarie; circostanza, questa, già idonea di per sé ad integrare una motivazione congrua e sufficiente alla stregua dei principi fondamentali del corretto svolgimento dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost. e dell’adeguata copertura finanziaria di contabilità pubblica di ogni provvedimento compor-tante una spesa, riconducibile all’art. 81 Cost.98 Quanto sin qui esposto appare valido a maggior ragione, ove si consideri che l’Amministrazione si era trovata in presenza di una sola offerta valida, sicché in realtà non vi era stato effettivo confronto concorrenziale” (cfr., in termini, Consiglio di Stato, Sez. V, 2 febbraio 2009, n. 526).III. Il Supremo Collegio, nella statuizione di cui sopra, analizza anche altre due problematiche connesse, e cioè se la P.A. abbia l’obbligo di comunicare agli interessati l’avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in caso di mancata approvazione di un’aggiudicazione provvisoria e se abbia l’obbligo di corrispondere loro un indennizzo, ai sensi dell’art. 21 quinquies citato.

I Giudici, aderendo all’orientamento prevalente nella giurisprudenza amministrativa,

98 L’art. 81, comma 3, Cost., dispone che “Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”.

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che qualifica l’aggiudicazione provvisoria come atto endoprocedimentale, fornisce risposta negativa ad ambedue gli interrogativi e osservano, infatti, che l’aggiudicazione provvisoria non conclude il procedimento di gara ma si colloca all’interno di detto procedimento, già avviato con l’atto di indizione della gara (cfr., Consiglio di Stato, Sez. IV, 31 maggio 2007 n. 2838; precedentemente, idem, 19 marzo 2003, n. 1457, secondo la quale ultima “va an-zitutto rilevato come il carattere endoprocedimentale dell’atto rimosso, il mancato riferimento a vizi di legittimità, il richiamo alla sopravvenuta carenza di fondi indichino concordemente che si tratta in realtà non di un annullamento d’ufficio, ma di un diniego di approvazione. Tale essendo, in base al criterio contenutistico, che prevale sul dato letterale, la natura del decreto impugnato, cade la censura di violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990. Questa norma, infatti, sancisce l’obbligo di dare comunicazione all’interessato dell’avvio del procedimento, non già di preavvisarlo dell’adozione del provvedimento che lo conclude”).

Infatti, se è certo che l’aggiudicazione definitiva va preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, non altrettanto può dirsi nel caso dell’aggiudicazione provvisoria, posto che l’aggiudicatario provvisorio non è titolare di una posizione giuridica qualificata ma esclusivamente di una mera aspettativa alla conclusione del procedimento (Consiglio di Stato, Sez. IV, 29 ottobre 2002, n. 5903; 27 dicembre 2001, n. 642).

Quanto poi, in particolare, all’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria, si è spesso negato che tale atto potesse essere qualificato come atto di secondo grado.

Ciò in quanto, di regola, l’approvazione dell’aggiudicazione viene sottoposta, dalle Sta-zioni Appaltanti prima ancora che dalla legge, alla riserva dell’accertamento del possesso, da parte dell’aggiudicatario, dei requisiti stabiliti nel bando e dalla legge.

La conclusione del procedimento di gara, pertanto, o l’avvio del nuovo procedimento tendente al ritiro del provvedimento precedentemente emesso, si ha solo con lo scioglimento della riserva in senso favorevole all’aggiudicatario.

Tale orientamento considera quindi il provvedimento di annullamento dell’approvazio-ne dell’aggiudicazione espressione del potere di accertamento, nei confronti dell’aggiudicata-rio, dei requisiti necessari a pervenire alla stipula del contratto, e non già come provvedimen-to di secondo grado, emanato a seguito di un nuovo procedimento finalizzato al riesame del precedente (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 14 febbraio 2001, n. 1).IV. Nella richiamata statuizione n. 526/09, il Supremo Consesso si pronuncia anche in ordine alla sussistenza o meno del diritto, in capo all’impresa aggiudicataria provvisoria, di vedersi corri-spondere un indennizzo a fronte della mancata approvazione dell’aggiudicazione, ai sensi dell’art. 21 quinquies L. 241/90, nel testo di cui all’art. 14, comma 1, della L. 11 febbraio 2005, n. 15.

Anche in questo caso, il Consiglio di Stato si pronuncia in senso sfavorevole all’impresa, sul presupposto che l’art. 21 quinquies, ancora non innovato, subordinasse la corresponsione dell’indennizzo all’ipotesi di ritiro di un provvedimento amministrativo “ad efficacia durevole”.

Alla luce di quanto precede e facendo applicazione della tesi che vede nell’aggiudicazione provvisoria un atto infraprocedimentale, il Consiglio di Stato conclude che, in questo caso, se è vero che l’Amministrazione ha adottato un provvedimento di ritiro (implicito, in quanto connesso all’indizione di una nuova gara), non potendosi tuttavia qualificare il provvedimen-to ritirato come provvedimento ad efficacia durevole, tale ritiro non è idoneo a far sorgere al-cuna obbligazione indennitaria in capo all’Amministrazione procedente e quindi a beneficio dell’operatore economico pretermesso.

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Tuttavia, per completezza, si precisa che successivamente alla sentenza commentata, sono stati inseriti, all’art. 21-quinquies citato, il comma 1-bis ed 1-ter, i quali hanno esteso l’obbli-go della corresponsione dell’indennizzo, all’ipotesi di revoca avente ad oggetto, oltre che un atto amministrativo “ad efficacia durevole”, un atto amministrativo “a efficacia istantanea” che “incida su rapporti negoziali”. Non si ritiene che l’aggiudicazione provvisoria rientri anche in quest’ultima fattispecie.V. In conclusione:1. la mancanza di fondi è legittima causa di revoca della procedura ad evidenza pubblica;2. l’atto revocatorio, ordinariamente effettuato in sede di conversione dell’aggiudicazione

provvisoria in aggiudicazione definitiva, non abbisogna di comunicazione di avvio del procedimento;

3. è da escludersi, nell’effettiva (ed oggettiva) considerazione che l’impedimento sia sopravvenu-to rispetto all’indizione della gara, che i destinatari possano pretendere il relativo indennizzo.

Appunto n. 13/10: “Le cooperative sociali di fronte al recente “sbarramento” del Consiglio di Stato e all’“apertura” degli appalti riservati”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno porre alla Vs. attenzione le seguenti sentenze del Supremo Consesso, in materia di affidamento a cooperative sociali di servizi pubblici locali, per introdurre l’argo-mento di cui al presente appunto.

Il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza 11 maggio 2010, n. 2829, ha ritenuto illegittimo l’affidamento diretto a cooperative sociali del servizio di igiene urbana; con la sentenza 2 agosto 2010, n. 5100, ha ritenuto illegittimo l’affidamento diretto a cooperati-ve sociali del servizio di scuolabus. Entrambe le statuizioni muovono dal presupposto che sarebbe precluso all’Amministrazione pubblica l’affidamento a cooperative sociali di servizi pubblici locali, “in quanto diretti, per definizione, al conseguimento di fini sociali a favore della collettività e non dell’amministrazione”. Tale accezione preclusiva lascia, comunque, in linea di principio, oltremodo perplessi.

Del che il Consiglio di Stato, nelle statuizioni richiamate in punto di premessa n. 2829 e n. 5100 del 2010, richiama la “specificità” del servizio oggetto dell’affidamento: il servizio di igiene urbana e il servizio di scuolabus. Essi devono essere fatti rientrare nel novero dei servizi pubblici locali, ai sensi dell’art. 112 del Testo Unico degli Enti Locali, il quale sta-bilisce che “gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.

Dunque, muovendo dal dato di diritto positivo fornito dall’art. 112 T.U.E.L., deve ritenersi che la qualificazione di servizio pubblico locale spetti a quelle attività caratterizza-te, sul piano oggettivo, dal perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della società civile, selezionati in base a scelte di carattere eminentemente politico, quanto alla destinazione delle risorse economiche disponibili ed all’ambito di intervento, e, su quello soggettivo, dalla riconduzione diretta o indiretta (per effetto di rapporti concessori o di partecipazione all’assetto organizzativo dell’ente) ad una figura soggettiva di rilievo pubblico.

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La definizione di servizio pubblico locale distingue in modo chiaro i servizi passibili di affidamento diretto, ossia quelli oggetto di una fornitura diretta a favore del committente (ente locale), dai servizi pubblici locali, il cui ambito risulta essere più ampio, attesa la speci-fica finalità sottesa alla loro organizzazione.

Ed infatti, avuto riguardo a questo ultimo aspetto, il Consiglio di Stato, nello specifico nella sentenza n. 2829, richiama l’art. 198, D.Lgs. 152/06, secondo il quale spetta ai Comu-ni la gestione dei rifiuti urbani, compresa la disciplina delle modalità del servizio di raccolta e di trasporto.

Nella stessa sentenza, i Giudici di Palazzo Spada, affermano, altresì, che “non assume inoltre rilievo, … omissis …, la salvezza operata dall’art. 52 D.Lgs. 163/2006 delle norme vigenti in materia di cooperative sociali, la cui operatività – come è evidente – resta limitata al campo originariamente regolato e fatto salvo dalla normativa sopravvenuta. Per il resto, l’art. 52, di rece-pimento dell’art. 19 della Direttiva 2004/18, appresta strumenti di tutela a particolari istanze so-ciali, autorizzando, nell’ambito delle procedure di selezione per l’aggiudicazione di taluni appalti, una riserva nella partecipazione a talune categorie meritevoli di protezione sociale, senza tuttavia escludere in radice l’applicazione delle regole dell’evidenza pubblica”.I. Va da sé che la possibilità, per gli Enti pubblici, di affidare direttamente alle cooperative sociali la fornitura di beni e servizi, continua ad essere contemplata all’art. 5, L. 381/91 (Di-sciplina sulle cooperative sociali), che intende favorire, attraverso l’azione delle cooperative di solidarietà sociale, l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati.

Infatti, il suddetto articolo, al comma 1 stabilisce quanto segue: “Gli enti pubblici, com-presi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, possono stipulare convenzioni con le cooperative che svolgono le attività [di inserimento lavorativo] ovvero con analoghi orga-nismi aventi sede negli altri Stati membri della Comunità europea, per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi il cui importo stimato al netto dell’IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, purché tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate di cui all’articolo 4, comma 1.”

È opportuno, quindi, supportare la normativa delle cooperative sociali, in tema di ap-palti pubblici, con la disposizione dell’art. 52 richiamata nella statuizione del Supremo Con-sesso, n. 2829/10.II. A livello comunitario, la direttiva UE relativa al coordinamento delle procedure di aggiu-dicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi (2004/18 CE), dispone quanto segue: “L’occupazione e le condizioni di lavoro sono elementi chiave per garantire pari opportunità a tutti i cittadini e contribuiscono all’integrazione nella società. In questo ambito, i laboratori protetti ed i programmi di lavoro protetti contribuiscono efficacemente a promuovere l’integrazione o la reintegrazione dei disabili nel mercato del lavoro. Tuttavia, detti laboratori potrebbero non essere in grado di ottenere degli appalti in condizioni di concorrenza normali. Appare pertanto opportuno prevedere che gli Stati membri possano riservare la partecipazione alle procedure di ag-giudicazione di appalti pubblici a tali laboratori o riservare l’esecuzione degli appalti nel contesto di programmi di lavoro protetti” (28° “considerando”).

La disposizione sopra richiamata esprime una “preferenza” delle Istituzioni europee nei confronti di un approccio sociale all’erogazione dei servizi.

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E ciò è ribadito nell’art. 19 della Direttiva in argomento che stabilisce che gli Stati mem-bri possono “riservare la partecipazione alle procedure di aggiudicazione a laboratori protetti o riservarne l’esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti, quando la maggioranza dei lavoratori interessati è composta da disabili i quali, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professionale in condizioni normali”.III. Nel nostro ordinamento, il favor legis europeo è stato, per l’appunto, recepito dal Co-dice dei contratti pubblici (art. 2, D.Lgs. 163/06), laddove si può leggere che il principio di economicità può essere subordinato “a criteri ispirati a esigenze sociali”. In conseguenza, il Codice recepisce, altresì, integralmente anche l’art. 19 della Direttiva nell’art. 52, che, con formulazione assolutamente innovativa nel nostro ordinamento, stabilisce: “Fatte salve le nor-me vigenti sulle cooperative sociali e sulle imprese sociali, le Stazioni Appaltanti possono riservare la partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, in relazione a singoli ap-palti, o in considerazione dell’oggetto di determinati appalti, a laboratori protetti nel rispetto della normativa vigente, o riservarne l’esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando la maggioranza dei lavoratori interessati è composta da disabili, i quali, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professionale in condizioni normali. Il bando menziona la presente disposizione”.

Tale norma va opportunamente letta combinatamente con l’art. 69 del medesimo Codi-ce, che consente alle Stazioni Appaltanti di esigere – prevendendolo nel bando di gara – che nell’esecuzione dei contratti si tenga conto di “esigenze sociali”.

Ciò significa che, accanto a quanto già avviene per queste ultime forme di organizzazioni non profit, le cui legislazioni speciali dispongono espressamente la loro vocazione di inseri-mento lavorativo di soggetti svantaggiati nel processo produttivo, il Codice prevede che le Stazioni Appaltanti possano riservare la partecipazione alle procedure di aggiudicazione a “la-boratori protetti” ovvero riservarne l’esecuzione a programmi di lavoro protetti, senza alcun sbarramento di soglia.

La definizione di “laboratorio protetto” è stata fornita dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture che, con propria Determinazione del 23 gennaio 2008, n. 2, ha ribadito che: 1. entrambi gli istituti debbono riferirsi a situazioni in cui maggioritario sia l’impiego di

disabili, intesi quali soggetti portatori di handicap; 2. i laboratori protetti debbono, cumulativamente, possedere i seguenti requisiti soggettivi:

a) essere un soggetto giuridico che eserciti in via stabile e principale un’attività econo-mica organizzata;

b) prevedere, nei documenti ufficiali dell’organizzazione, tra le finalità istituzionali del-la stessa, l’inserimento lavorativo delle persone disabili;

c) avere nel proprio ambito una maggioranza di lavoratori disabili che, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professio-nale in condizioni normali.

In ordine a quanto stabilito dalle norme dell’ordinamento giuridico italiano (cfr. L. 68/99), con riferimento a sub c), si ritiene che per disabili si debbano intendere le persone in età lavo-rativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, i portatori di handicap intellettivo e le persone non vedenti e sordomute.

Avuto riguardo all’inquadramento delle cooperative sociali, l’Autorità sostiene che esse

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non coincidono necessariamente con la definizione di “laboratorio protetto” fornita all’art. 52, D.Lgs. 163/06 sia per quanto riguarda le categorie di persone individuate (persone svan-taggiate e non disabili), sia per quanto attiene alla percentuale minima di organico che deve essere costituita da dette persone svantaggiate.

Tuttavia, le cooperative sociali, in quanto soggetti dotati di propria autonomia giuridica, possono essere riconosciute quali laboratori protetti, e quindi avvalersi dei benefici disciplina-ti dall’art. 52, a condizione che siano in grado di dimostrare di essere in possesso dei requisiti sopra individuati. In questo caso, la loro partecipazione alle gare si dovrà svolgere in applica-zione del citato D.Lgs. 163/06.

Per quanto riguarda la riserva a favore dei “programmi di lavoro protetto”, essa non si fonda sulla qualifica soggettiva dei partecipanti alla gara, ma sul ricorso, da parte delle im-prese partecipanti, nella fase esecutiva dell’appalto, all’impiego, in numero maggioritario, di lavoratori disabili che, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività in condizioni normali.

L’Autorità infatti ha precisato che: “possono avvalersi della riserva a favore dei programmi di lavoro protetti anche soggetti giuridici diversi dai laboratori protetti che ricorrono, per l’esecuzione dello specifico appalto, all’impiego, in numero maggioritario, di lavoratori disabili che, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professionale in condizioni normali, anche sulla base di accordi conclusi con soggetti operanti nel settore sociale”.

Alle gare, pertanto, potranno partecipare soggetti che possono essere anche privi dei requisiti necessari ai fini del riconoscimento come “laboratori protetti”, ma che comunque si avvalgono, ai fini dell’esecuzione dello specifico appalto, di un piano che preveda il coin-volgimento di una maggioranza di lavoratori disabili, anche in virtù di accordi conclusi con soggetti che operano nel settore sociale.

Ed infatti, in un recente parere dell’8 luglio scorso, rif. AG 24/10, l’AVLP sottolinea “come non sia consentito apporre riserve di partecipazione alle gare di appalto sic et simpliciter ai soli soggetti non profit, ma che tale riserva sia consentita solo, nei limiti di quanto espresso in motivazione, se rivolta a soggetti che rivestono le caratteristiche dei laboratori protetti”.

L’Autorità di Vigilanza ha dunque contribuito ad ampliare l’ambito dei soggetti non pro-fit che si interfacciano con le Pubbliche Amministrazioni per risultare affidatari di servizi, sia che si tratti di importi sopra soglia ovvero sotto soglia.

Pertanto, accanto alle cooperative sociali, al settore del volontariato e a quello delle im-prese sociali, possiamo aggiungere i laboratori protetti e i programmi di lavoro protetti.

Per quanto riguarda, in specie, le cooperative sociali di tipo b) che intendano operare nel mercato dei servizi “soprasoglia”, avvalendosi della “riserva” di cui all’art. 52, D.Lgs. 163/06, e che non posseggano i requisiti necessari, se ne dovranno dotare.V. In conclusione:A. nell’applicazione che dell’art. 5 della L. 381/91 ha fatto la giurisprudenza, ne discende:

i) se si è sotto soglia, si può svolgere una competizione solo fra cooperative sociali, an-che ai sensi dell’art. 57, comma 6, D.Lgs. 163/06, purché si svolga comunque una gara propriamente detta99;

ii) se si è sopra soglia, si deve esperire una gara aperta a tutti100.

99 TAR Marche, 14 maggio 1999, n. 565.100 TAR Piemonte, Sez. II, 15 aprile 2005, n. 1043.

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B. per quanto riguarda, invece, gli appalti riservati, ex art. 52, D.Lgs. 163/06, la riserva a quei determinati soggetti (laboratori protetti e/o programmi di lavoro protetti) deter-mina la non rilevanza della distinzione tra appalti sopra e sotto soglia e quindi pure le cooperative sociali di fronte ad un’importante sbocco operativo, laddove o si diventa “laboratorio protetto” tramite una modifica statutaria (e chiaramente ove sussistano i riferiti presupposti), o in termini di avvalimento101 si usufruisce della peculiarità ogget-tiva afferente ad avvalersi, ai fini dell’esecuzione dello specifico appalto, di un piano che preveda il coinvolgimento di una maggioranza di lavoratori disabili, anche in virtù di accordi conclusi con soggetti che operano nel settore sociale.

Appunto n. 14/10: “L’“ambizione” a contrarre prescinde dall’eventuale contenzioso con l’Amministrazione Aggiudicatrice”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno porre alla Vs. attenzione la questione secondo la quale è illegittima la clau-sola del bando di gara pubblica che esclude, dalla partecipazione, le imprese che si trovano in posizione di contenzioso con la Stazione Appaltante.

Infatti la giustificazione addotta dalla Stazione Appaltante, per impedire la partecipa-zione ad una gara, di quelle imprese che si trovino in posizione di contenzioso con la stessa, non ha ragione di esistere, per i sottoelencati principi giurisprudenziali, che trovano agio nel presupposto costituzionale dell’art. 24 (“Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento…omissis …”), che riconosce la piena tutela in giudizio dei diritti ed interessi (Consiglio di Sta-to, Sez. VI, 19 luglio 2007, n. 4060):i) “...un contenzioso in atto con l’Amministrazione procedente si spiega non con riferimento

alla presunta inaffidabilità del soggetto ad eseguire correttamente la prestazione richiesta, esclusione che di fatto si tradurrebbe in una inaccettabile limitazione del diritto di difesa per le imprese che abbiano o comunque intendono avere rapporti contrattuali con le ammi-nistrazioni pubbliche, ma nell’esigenza di evitare che vi siano confusioni tra i due rapporti contrattuali e che le vicende concernenti il contenzioso possono riflettersi negativamente sulla nuova prestazione che viene richiesta all’impresa” (Consiglio di Stato, Sez. V, 17 febbraio 2006, n. 641).

ii) “È illegittima la clausola del bando di gara pubblica che esclude dalla partecipazione le im-prese che si trovano in posizione di contenzioso con la stazione appaltante, atteso che la stessa si pone in contrasto con l’art. 24 Cost., che riconosce piena tutela in giudizio ai diritti e agli interessi, restringe la facoltà di esercizio del diritto di impresa e riduce l’effettiva concorrenza fra le imprese del settore, senza che a ciò faccia riscontro una vera tutela di un interesse pubbli-co; infatti la semplice esistenza d’un contenzioso in atto non è di per sé indice d’inaffidabilità dell’impresa, potendosi la lite chiudere a favore della stessa, ragion per cui la disposizione im-

101 Il TAR Lazio, Rm, con sentenza 15 giugno 2010, n. 17762, nell’interpretare la norma prevista dall’art. 5 della L. 381/91, ha escluso l’avvalimento con una società di tipo lucrativo per non frustrare l’obiettivo della di-sposizione, ovvero quella di consentire a soggetti in difficoltà di accedere al mercato del lavoro. In conseguenza, è da escludere l’avvalimento del requisito di “laboratorio protetto”; mentre invece è perseguibile l’utilizzo dell’av-valimento medesimo ai fini del dedotto “programma di lavoro protetto”.

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pugnata non conduce a una selezione qualitativa dei partecipanti, non avendo alcun riflesso sull’efficacia dell’azione amministrativa, ma solo un’evidente e univoca finalità di penalizza-zione” (TAR Basilicata, 28 maggio 2010, n. 325).

Appunto n. 15/10: “Disciplina relativa ai requisiti di ammissione in caso di cessione d’azienda nelle more della verifica delle autodichiarazioni rese al seggio di gara alla luce della giurisprudenza sul punto”.

Caro Socio Ordinario Collettivo,sembra opportuno sottoporre alla Vs. attenzione la denuncia, inviata il 3 giugno 2010, dall’Istituto scrivente, nello svolgimento delle sue attività, alla Commissione delle Comunità Europee riguardante inadempimenti del diritto comunitario e il relativo riscontro.I. È stata evidenziata la mancanza nella normativa sugli appalti pubblici nello Stato mem-bro Italia, di una norma specifica che preveda, in caso di cessione d’azienda, da parte di un concorrente alla procedura ad evidenza pubblica, un obbligo di verifica delle autodichiarazio-ni rese dal cedente in ordine ai requisiti soggettivi, riferita sia agli amministratori e direttori tecnici, sia ai debiti tributari e previdenziali e quant’altro afferente ai requisiti di ordine gene-rale, indispensabili per partecipare alle gare e contrarre con le Amministrazioni aggiudicatrici ex art. 38, D.Lgs. 163/06. In pratica, il medesimo D.Lgs. 163/06 non contiene alcuna norma esplicita che preveda, in caso di cessione d’azienda, il controllo di quanto autodichiarato dal cedente all’atto della domanda partecipativa, e quindi, conseguentemente, solo oggetto di verifica in sede di ammissione a concorrere, nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica dello Stato membro Italia e non in sede di “comprova” a mezzo dei preposti Organi.

Infatti, l’art. 51 D.Lgs. 163/06, si limiterebbe a richiedere l’accertamento della sussisten-za dei requisiti di ammissione ai soli soggetti destinatari del trasferimento dell’azienda o del ramo, senza richiedere questo accertamento anche nei confronti del soggetto interessato dal trasferimento, il quale pur avendo inizialmente presentato la propria offerta, ha medio tempore ceduto o trasferito l’azienda.

Siffatta carenza ha determinato e sta determinando le più disparate e contrastanti pro-nunce giurisprudenziali in materia. Invero, un primo orientamento, sul presupposto dell’os-servanza del principio della necessaria continuità e/o permanenza del possesso dei requisiti di partecipazione ad una procedura concorsuale, statuisce che, in caso di modificazioni soggettive riguardanti il soggetto partecipante alla gara, l’esistenza dei requisiti previsti per l’ammissione a quest’ultima deve essere posseduta, e quindi, accertata, sia nei riguardi dell’impresa interessata dalla vicenda modificativa, sia nei riguardi di quella subentrante (cfr. TAR Lazio, Rm, Sez. III bis, 5 marzo 2009, n. 2279). Tale impostazione è stata recentemente ribaltata da una pronun-cia del Consiglio di Stato, Sez. V, 21 maggio 2010, n. 3213, secondo la quale non può essere esclusa da una gara l’impresa che subentra ad una società che non ha adempiuto agli obblighi previdenziali, perché il Codice dei contratti nulla afferma in materia di cessioni d’azienda.

La verifica dei suddetti requisiti si reputa indispensabile alla stregua di un principio giu-risprudenziale secondo cui “i requisiti di ammissione di gara devono inderogabilmente sussistere, in ossequio al principio di parità di trattamento e per esigenze di certezza di diritto, al momento della presentazione delle offerte e non già al momento dell’aggiudicazione, alla cui stregua deve

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farsi discendere un giudizio di sicura fondatezza del ricorso in appello” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 settembre 2009, n. 5548).

La Commissione Europea sottolinea che l’art. 45, par. 2, della direttiva 2004/18/CE ha per scopo di consentire all’Amministrazione Aggiudicatrice l’accertamento dell’insussistenza di situazioni di esclusione nei confronti di quei soggetti che dovranno poi concretamente eseguire l’appalto o la concessione, mentre l’azienda rileva solo sul piano strumentale per tale esecuzione. In tal senso, i requisiti di ammissione di cui all’art. 45 della citata direttiva non possono che essere verificati nei confronti di questi soggetti, con cui l’Amministrazione Aggiu-dicatrice si determinerà a contrarre. Pertanto, è sulla base della situazione personale di essi che l’Amministrazione Aggiudicatrice può decidere l’esclusione dalla conclusione del contratto.La preposta Commissione non reputa quindi in contrasto con la disciplina dettata da tale disposizione una norma, come l’art. 51 del Codice degli appalti, che limiti l’accertamento dei requisiti in parola all’impresa cessionaria dell’azienda, senza estenderla anche all’impresa interessata dal trasferimento. Né vede la necessità di un simile accertamento, posto che sarà comunque l’impresa cessionaria dell’azienda che procederà alla realizzazione dell’appalto. Rimanda quindi, secondo quanto stabilito dall’art. 45, par. 2 della direttiva 2004/18/CE, ultimo comma, alla disciplina degli Stati membri per quanto riguarda le clausole di esclusio-ne nel proprio ordinamento precisandone le condizioni di applicazione conformemente al proprio diritto nazionale e nel rispetto del diritto UE.II. Nell’ambito quindi del nostro sistema giudiziario, i Giudici continuano a pronunciar-si senza avere un quadro completo di tale disciplina. Il Consiglio di Stato, 4 agosto 2010, n. 5216, dispone, come dall’Istituto scrivente sostenuto, che “in ipotesi di cessione di ramo d’azienda ed anche qualora l’atto di cessione sia precedente la presentazione dell’offerta, le cause impeditive accertate in capo alla cedente operano anche nei confronti della cessionaria che ne ab-bia avuto conoscenza” (CGA, Sez. giur., n. 471/08; n. 893/04). Più recentemente, “Non può essere esclusa l’impresa cessionaria del ramo d’azienda che non abbia presentato le relative dichia-razioni in ordine alla posizione della cedente, in assenza di specifiche norme di legge o della lex specialis, tenuto conto che la cessione di azienda comporta non una successione a titolo universale del cessionario al cedente bensì una successione nelle posizioni attive e passive relative all’azienda tra soggetti che conservano distinta personalità giuridica. Né ostano al riguardo gli artt. 49 e 51 del codice degli appalti, dal momento che si riferiscono rispettivamente alle diverse ipotesi nelle quali la cessione sia avvenuta nel corso della gara ovvero il concorrente ricorra ad imprese ausiliarie mediante l’avvalimento al fine di integrare i propri requisiti per partecipare alla gara” (Consiglio di Stato, Sez. V, 10 settembre 2010, n. 6550); da ultimo Consiglio di giustizia amministrativa - Sezione giurisdizionale - 6 settembre 2010, n. 1153: “Laddove un soggetto debba presentare dichiarazioni che riguardino persone legate ad aziende acquisite, le dichiarazioni rese dall’offeren-te devono di norma essere complete e senza limitazione alcuna, perchè egli, in sede di acquisizione di azienda o di ramo di azienda, era in grado di acquisire documentazione esaustiva”.

Ne discende:nell’incertezza della disciplina e nell’auspicio di norme chiarificatrici, la necessarietà di

rendere dichiarazioni relative ai requisiti de quibus sia con riferimento alla cedente, sia con riferimento alla cessionaria del ramo d’azienda.

I.E.O.P.A.

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APPENDICE

1. Determinazione n. 5 del 21 maggio 2009 dell’AVCP – Linee guida per l’applicazione dell’art. 48 del D.Lgs. 163/06.Determinazione n. 5 del 21 Maggio 2009Linee guida per l’applicazione dell’art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006

PremessaCon il precedente atto di regolazione n. 15/2000 del 30 marzo 2000 questa Autorità, in

risposta a quesiti e segnalazioni di stazioni appaltanti, ha fornito chiarimenti, nell’intento di far conseguire un’applicazione uniforme della norma, in merito alle questioni interpretative derivanti dalla applicazione della procedura prevista dall’ art. 10, comma l quater, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 agli appalti di lavori pubblici

Tale norma, ora abrogata con l’entrata in vigore del Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (d’ora innanzi “Codice”), concerneva il controllo, da parte della stazione appaltante, del possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, richiesti alle imprese di costruzioni per la parte-cipazione alle gare di appalto e di concessione di lavori pubblici e per la stipulazione dei relativi contratti, previsti nel bando di gara. Per effettuare tale controllo, previsto su un campione di partecipanti, nella misura minima del 10%, nonché sui primi due graduati alla stessa gara, la stazione appaltante richiedeva la documentazione indicata nel bando o nella lettera di invito e, laddove l’impresa non fornisse risposta entro un termine di l0 giorni ovvero non confermasse documentalmente quanto oggetto di dichiarazione sostitutiva, la stessa amministrazione prov-vedeva ad escludere il concorrente dalla gara, ad escuterne la cauzione provvisoria e a segnalare il fatto alla Autorità di vigilanza per le ulteriori sanzioni previste dalla norma. Nel caso più gra-ve di false dichiarazioni rilasciate alla stazione appaltante, l’Autorità irrogava le sanzioni nella misura più severa: sanzione pecuniaria sino a circa € 50.000 e sospensione dalle procedure di affidamento dei lavori per un anno, da annotare nel casellario informatico per garantirne la necessaria pubblicità nei confronti delle stazioni appaltanti e delle SOA.

Con l’entrata in vigore del Codice sono sopravvenute sostanziali modificazioni legisla-tive. In particolare, i poteri dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici sono stati estesi al settore delle forniture e dei servizi, nonché ai settori speciali e il controllo a campione sul possesso dei requisiti, già previsto dall’ art. l0, comma 1 quater, della legge n. 109/94 è stato mantenuto, ed esteso ai servizi e alle forniture (art. 48).

La richiamata norma recata dall’art. 48 prevede una procedura analoga a quella stabilita dalla abrogata norma della legge Merloni, con la sola differenza, in merito alle sanzioni irro-gate dalla Autorità, che la sospensione dalle procedure di affidamento per un anno è sostituita dalla possibilità di graduare la sospensione da uno a dodici mesi dalla partecipazione alle procedure di affidamento, in base alla gravità del caso oggetto di procedimento sanzionatorio.

Ulteriore integrazione alla norma originaria è stata apportata di recente dall’articolo l, comma 1, lettera m), del D.Lgs. n. 152 del 2008, cosiddetto terzo correttivo al Codice, con l’aggiunta del comma l-bis che prevede l’ampliamento della verifica a campione prevista dall’art. 48 a tutti gli offerenti, nel caso in cui le stazioni appaltanti si avvalgano della facoltà di limitare il numero di candidati da invitare, ai sensi dell’articolo 62, comma l, del Codice.

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L’Autorità, pertanto, ritiene opportuno riesaminare la materia con una nuova determi-nazione che, sostituendo il precedente atto di regolazione, da un lato, consolidi quanto in precedenza affermato, in quanto ancora attuale, dall’altro, fornisca ulteriori chiarificazioni e suggerimenti agli operatori dei settori interessati dal Codice, soprattutto a quelli di servizi e forniture per i quali la predetta norma rappresenta una novità.

Sulla base di quanto sopra considerato,

il Consiglio

approva le seguenti linee guida:”Linee guida per l’ applicazione dell’art. 48 del D.Lgs. n 163/2006”

Il Consigliere Relatore: Guido MoutierIl Presidente: Luigi GiampaolinoDepositato presso la Segreteria del Consiglio in data 15 Luglio 2009Il Segretario: Maria Esposito

LINEE GUIDA PER L’APPLICAZIONE DELL’ART. 48 DEL D.Lgs. N. 163/2006 Sommario1. Ambito di applicazione della procedura.1.1. Appalti di rilevanza comunitaria o sotto soglia comunitaria; procedure aperte, ristrette,

negoziate, dialogo competitivo.1.2. Appalti di lavori pubblici e requisiti richiesti.1.3. Concessioni di lavori e concessioni di servizi.1.4. Inapplicabilità al controllo sui requisiti generali e sui requisiti di valutazione dell’offerta.1.5. Inapplicabilità ai settori speciali salvo alcune eccezioni. 2. I requisiti oggetto di verifica.2.1 Livelli minimi specifici di capacità tecnico-economica.2.2. Determinazione del periodo di attività documentabile relativa ai requisiti speciali.2.3. Caso in cui siano dichiarati requisiti sovrabbondanti rispetto ai minimi.2.4. Distinzione tra criteri di «selezione dell’offerente» e criteri di «selezione dell’offerta».2.5. Mezzi di prova per dimostrare il possesso dei requisiti.3. Applicazione dell’ articolo 48 agli appalti di progettazione ed esecuzione.4. Natura dei termini per gli adempimenti previsti dalla norma.4.1. Natura del termine posto ai concorrenti sorteggiati.4.2. Modalità di applicazione dell’art.48 comma l bis.4.3. Verifica sull’aggiudicatario provvisorio e sul secondo graduato.5. Modalità di espletamento della verifica.6. Compatibilità con la normativa sull’autocertificazione.7. Presupposti al cui verificarsi si ricollegano le misure sanzionatorie. Sanzioni irrogate dalla

Autorità.

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1. Ambito di applicazione della proceduraL’attivazione del procedimento di verifica di cui all’art.48 del Codice è obbligatorio,

così come si evince dalla lettera della norma, senza alcun margine di discrezionalità da parte della stazione appaltante. Ne consegue che non occorre preventivamente indicare negli atti di gara, né l’attivazione della procedura di verifica, né il numero di soggetti che ne saranno interessati; le sole indicazioni destinate ad essere espresse nel bando o nella lettera di invito, come di seguito sarà precisato, riguardano i mezzi di prova che gli operatori economici sa-ranno tenuti a produrre per dimostrare la veridicità di quanto dichiarato, nonché i requisiti minimi di partecipazione previsti nel bando di gara e i criteri per la valutazione degli stessi. Si ricorda che, nel caso in cui il partecipante alla gara non faccia ricorso alla dichiarazione sostitutiva circa l’attestazione del possesso dei requisiti, sottoscritta in conformità alle dispo-sizioni del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, ma presenti, già in sede di domanda di parteci-pazione o di offerta, la documentazione indicata nel bando di gara o nella lettera di invito, questi sarà direttamente ammesso alle operazioni di gara successive al sorteggio, mentre il campione su cui effettuare la verifica di che trattasi sarà pari, al minimo, al 10% del numero di partecipanti, depurato dello stesso. Analogamente, limitatamente agli appalti di lavori pubblici di importo inferiore a € 150.000, il sorteggio sarà condotto esclusivamente sui con-correnti non in possesso di attestato SOA e, di conseguenza, il 10% sarà calcolato sul numero di partecipanti al netto di quelli qualificati; questi ultimi saranno direttamente ammessi alle successive fasi di gara. Se, invece, la documentazione comprovativa da questi presentata, in sede di domanda di partecipazione o di offerta, sia integrata da dichiarazioni sostitutive circa il possesso dei residui requisiti richiesti, detto concorrente sarà inserito nel numero di par-tecipanti da cui estrarre il campione su cui effettuare la verifica e, se individuato mediante sorteggio, o in qualità di primo o secondo classificato, la stazione appaltante ne richiederà la documentazione di comprova limitatamente ai requisiti oggetto di dichiarazione.

1.1. Appalti di rilevanza comunitaria o sotto soglia comunitaria; procedure aperte, ri-strette, negoziate, dialogo competitivo

La procedura prevista dall’art. 48 si applica ai contratti aventi ad oggetto lavori, servizi, e forniture, nei settori ordinari, sia sopra che sotto soglia comunitaria (il Titolo II del Codice non ne esclude, infatti, l’applicazione ai contratti sotto soglia).

Sempre dal tenore letterale della norma in commento, si evince che essa trova applicazione agli appalti di lavori ed agli appalti di servizi e forniture che si svolgono con procedura aperta, ristretta, negoziata, con o senza pubblicazione di un bando di gara, o con dialogo competitivo, sempre che sia stata richiesta ai concorrenti, per la partecipazione alla gara, una dichiarazione sostitutiva circa il possesso dei requisiti speciali, individuati nei loro livelli minimi.

1.2. Appalti di lavori pubblici e requisiti richiesti.Riguardo all’ambito di applicazione della procedura, per appalti di lavori pubblici, poi-

ché vige un sistema unico di qualificazione (art. 40 del Codice), la cui disciplina attuativa è ad oggi contenuta nel D.P.R. n. 34/2000 e poiché l’attestazione di qualificazione, rilasciata dalle S.O.A - Società Organismo di Attestazione, “è obbligatoria per chiunque esegua i la-vori pubblici ... di importo superiore a 150.000 Euro” e “costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai

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fini dell’affidamento di lavori pubblici” (art. 1, rispettivamente, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 34/2000), non è applicabile la verifica ex art. 48 per appalti di importo superiore a 150.000 Euro. Infatti, in tal caso, l’attestato SOA costituisce la prova dei requisiti di capacità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria e le stazioni appaltanti ne verificano il possesso e la validità temporale in capo a tutti i concorrenti, mediante accesso al casellario informatico dell’Autorità.

Una eccezione alla regola prima enunciata è recata dall’art. 3, comma 6, del D.P.R. n. 34/2000, laddove prevede che per gli appalti di importo superiore ad Euro 20.658.276, il concorrente, oltre a possedere l’attestazione SOA nella categoria richiesta con classifica VIII, (appalti di importo illimitato), deve aver realizzato, nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando, una cifra d’affari, ottenuta con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta, non inferiore a tre volte l’importo a base di gara; tale ultimo requisito è soggetto, in gara, alla verifica ex art. 48.

I requisiti speciali necessari per la partecipazione alle gare d’appalto di lavori di importo pari o inferiore a € 150.000 che residuano quale oggetto della verifica, nonché le modalità di documentazione degli stessi, sono individuati nell’art. 28 del D.P.R. n. 34/2000. Riguar-do alla capacità tecnica, i lavori eseguiti dall’impresa, che concorre per appalti di importo pari o inferiore a tale soglia, non sono esprimibili in termini di categorie secondo il sistema unico di qualificazione, incentrato sulle attestazioni SOA, dal momento che quest’ultimo si applica per appalti di importo superiore. Il corrispondente requisito, per appalti di importo pari o sotto tale soglia, è stato individuato, dall’articolo 28, comma 1, lettera a), del citato regolamento nell’ importo dei lavori eseguiti direttamente nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando non inferiore all’importo del contratto da stipulare”. Questa Autorità, nella nota illustrativa alle «Tipologie di bandi di gara per l’affidamento di lavori pubblici», pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2002, ha sottolineato che per gli appalti di importo pari o inferiore a € 150.000, in base all’art. 8, comma 1, della legge 109/94 e s.m., si impone comunque il possesso di una professionalità qualificata che si traduce in un rapporto di analogia tra i lavori eseguiti dal concorrente e quelli oggetto dell’appalto da affidare, intesa come coerenza tecnica tra la natura degli uni e degli altri, la cui valutazione è rimessa alla discrezionalità delle stazioni appaltanti. (Cfr. Consiglio di Stato, sentenza n.352 del 21 gennaio 2002). Nel caso il partecipante sia in possesso di valida atte-stazione SOA relativa ad almeno una categoria attinente alla natura dei lavori da appaltare, questi sarà direttamente ammesso alle operazioni di gara successive al sorteggio, mentre il campione su cui effettuare la verifica di che trattasi sarà pari, al minimo, al 10% del numero di partecipanti, depurato di quelli in possesso di qualificazione SOA, come prima specificato. La documentazione comprovativa della capacità tecnica da richiedere alle imprese sorteggiate è costituita dai certificati dei lavori eseguiti nel quinquennio antecedente la data del bando o della cui condotta è stato responsabile uno dei propri direttori tecnici, indipendentemente dal quinquennio ed abbattuti ad un decimo dell’importo certificato.

In linea generale, nei bandi, quale natura dei lavori da appaltare potrà essere indicata una delle seguenti: edile, stradale, idraulica, fluviale e marittima, impiantistica, relativa a beni im-mobili sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali ed ambientali, relativa a superfici decorate e a beni mobili di interesse storico artistico, scavi archeologici, agricolo-forestale.

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Al riguardo, l’Autorità, con la Deliberazione n. 165 dell’ 11/06/2003, ha indicato quali categorie di lavori analoghi possono essere utilizzate dalle stazioni appaltanti per valutare l’idoneità dei certificati lavori esibiti dalle imprese concorrent.

natura dei lavori da appaltare Categorie che danno titolo alla partecipazione alla gara

a) lavori edilizi e stradali OG1, OG3, OG4, OG5 e OG12

b) lavori idraulici OG6

c) lavori fluviali e marittimi OG7 e OG8

d) lavori impiantistici OG9, OG10, OG11, OS3, OS4, OS5, OS28 e OS30

e) lavori su beni immobili sottoposti a tutela, ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali ed ambientali

OG2

f) lavori su superfici decorate e beni mobili di interesse storico artistico

OS2

g) lavori inerenti scavi archeologici OS25

h) lavori agricolo-forestali OG13

Nel caso, invece, che nel bando non sia indicata alcuna analogia tra la natura dei lavori da appaltare e le categorie che danno titolo alla partecipazione alla gara e che l’impresa partecipi alla gara facendo riferimento ai rapporti di corrispondenza previsti dalla richiamata Delibe-razione della Autorità n. 165 dell’ 11/06/2003 e dalle presenti “Linee guida”, l’Autorità, di norma, potrà procedere alla archiviazione della segnalazione inoltrata dalla stazione appaltan-te, ai sensi dell’art. 48.

1.3. Concessioni di lavori e concessioni di servizi.In base all’art. 30, comma 1, del Codice, le disposizioni dello stesso non si applicano

alle concessioni di servizi, e quindi neanche per è esse operante la procedura ex art. 48. In base all’art. 32, comma 1, lett. f ), del Codice si applica l’art. 48 per “lavori pubblici affi-dati dai concessionari di servizi, quando essi sono strettamente strumentali alla gestione del servizio e le opere pubbliche diventano di proprietà dell’Amministrazione Aggiudicatrice”.

Si applica la procedura prevista dall’art. 48 all’affidamento delle concessioni di lavo-ri pubblici, ivi comprese quelle previste dall’art. 153 del Codice. Infatti, in base all’artico-lo 142, comma 3, “Alle concessioni di lavori pubblici, nonché agli appalti di lavori pub-blici affidati dai concessionari che sono amministrazioni aggiudicatrici, si applicano, salvo che non siano derogate nel presente capo, le disposizioni del presente codice”, e in base all’art. 98 del D.P.R. n. 554/99, attualmente vigente, relativo ai “Requisiti del conces-sionario”, i soggetti partecipanti alle gare per l’affidamento di concessione di lavori pub-blici, se eseguono lavori con la propria organizzazione di impresa, devono essere in pos-sesso oltre che di attestazione SOA (se intendono eseguire con la propria organizzazione di impresa), anche di ulteriori requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi.

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Di conseguenza, su questi ultimi requisiti l’amministrazione concedente dovrà effettuare il controllo a campione, nonché la verifica ex art. 48 sui primi due classificati.

Agli appalti di lavori pubblici affidati dai concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici non si applica l’art.48 (ai sensi dell’art.142, comma 4); se i concessionari sono amministrazioni aggiudicatrici, si seguono le regole generali dell’art.142, comma 3.

1.4. Inapplicabilità al controllo sui requisiti generali e sui requisiti di valutazione dell’ offerta.

L’ambito di applicazione del procedimento, e le sanzioni ad esso correlate, sono limitati ai soli requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi e la relativa disciplina non si estende alla verifica delle dichiarazioni sostitutive circa il possesso dei requisiti di carattere generale e il rispetto delle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, e neppure al controllo delle eventuali dichiarazioni rese su elementi quantitativi e qualitativi delle offerte valutate secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa di cui all’ art. 83 del codice. Infatti, l’esplicito riferimento ai requisiti economico-finanziari e tec-nico-organizzativi porta ad escludere - trattandosi di norma sanzionatoria e quindi di stretta interpretazione - che gli effetti correlati al mancato adempimento possano estendersi anche al controllo disposto dalla stazione appaltante, delle dichiarazioni sostitutive relative alle fat-tispecie sopra richiamate. In particolare, la dimostrazione della veridicità delle dichiarazioni relative ai requisiti di carattere generale resta onere della stazione appaltante, secondo le regole generali in materia di autocertificazione (capi II e III e art. 77 bis del D.P.R. n. 445/2000), e l’eventuale falsità delle stesse non trova disciplina, quanto alle sanzioni, nell’ art. 48, ma la stazione appaltante procederà alla esclusione dalla gara per l’operatore inadempiente, alla de-nuncia dei fatti costituenti reato e alla segnalazione alla Autorità per l’iscrizione nel casellario informatico, secondo le modalità previste nella Determinazione n. 1 approvata dal Consiglio della Autorità il 10 gennaio 2008. Solo nel caso di carenza dei requisiti generali in capo all’ aggiudicatario provvisorio, la stazione appaltante oltre alla revoca dell’ aggiudicazione, proce-derà all’incameramento della cauzione, ma ciò non quale conseguenza dell’art. 48 ma dell’art. 75, comma 6, del codice che prevede tale sanzione per mancata stipula del contratto per fatto dell’affidatario.

1.5. Inapplicabilità ai settori speciali salvo alcune eccezioni.La parte III del Codice che disciplina i «Contratti pubblici di lavori, servizi, forniture

nei settori speciali», con l’articolo 206 opera una ricognizione delle norme, proprie dei settori ordinari sopra soglia comunitaria, che si applicano anche ai settori speciali, disponendo che della parte II, titolo I, hanno validità esclusivamente alcuni articoli, tra cui non ricade l’art. 48. Di conseguenza, ai settori speciali non si applica l’art. 48, salvo poche eccezioni, tra cui, la più rilevante è quella recata dall’ art. 230, comma 2, in base alla quale “Per l’accertamento dei requisiti di capacità tecnico professionale ed economico finanziaria gli enti aggiudicatori che sono amministrazioni aggindicatrici, ove non abbiano istituito propri sistemi di quali-ficazione ai sensi dell’articolo 232, applicano gli articoli da 39 a 48”. In tale ultima ipotesi, agli appalti di lavori si applica l’art.48, limitatamente a quelli di importo inferiore o uguale a 150.000 euro ed a quelli di importo superiore a 20.658.276 di euro; tale articolo si applica, inoltre, a tutti gli appalti di servizi e forniture a prescindere dali’ importo. Altra eccezione è

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prevista dall’art. 230, comma 3 che dà tre opzioni agli enti aggiudicatori che non sono ammi-nistrazioni aggiudicatrici (ossia, essenzialmente le imprese pubbliche) “..., alternativamente, istituire propri sistemi di qualificazione ai sensi dell’articolo 232, ovvero applicare gli articoli da 39 a 48, ovvero accertare i requisiti di capacità tecnico professionale ed economico finan-ziaria ai sensi dell’articolo 233”.

Di conseguenza, se tale ente aggiudicatore istituisce propri sistemi di qualificazione, val-gono le stesse considerazioni prima riferite in analogo caso alle amministrazioni aggiudicatri-ci; se non istituisce propri sistemi di qualificazione, applica gli articoli da 39 a 48, e in tal caso valgono le precedenti considerazioni riferite alle amministrazioni aggiudicatrici; infine, se non istituisce propri sistemi di qualificazione, o non applica gli articoli da 39 a 48, individua propri criteri di selezione qualitativa, seppure nel rispetto dei principi desumibili dagli arti-coli da 39 a 50, non utilizzando la procedura prevista dall’art. 48 ma una procedura specifica stabilita per le proprie esigenze.

2. I requisiti oggetto di verifica2.1. Livelli minimi specifici di capacità tecnico-economica

In merito alla definizione dei requisiti di carattere speciale, il codice dei contratti, in con-corso con la normativa attuativa ancora vigente per lavori ed, in continuità con le normative di settore sostituite ed abrogate (legge n. 109 del 1994, per lavori, D.Lgs. n. 157 del 1995 per servizi e D.Lgs. n. 358 del 1992, per forniture), ha confermato la netta distinzione tra il set-tore dei lavori e quelli di servizi e forniture (a differenza della disciplina dei requisiti generali, che è la medesima per ogni tipo di appalto).

Per la partecipazione alle procedure di affidamento di lavori pubblici, e per i servizi di ingegneria, l’individuazione dei requisiti e i valori minimi degli stessi, che debbono possedere le imprese/i progettisti sono stabiliti con precisione dalle norme del codice, del D.P.R. n. 34/2000 e del dPR 554/99.

Invece, con riferimento alle procedure di affidamento di forniture e di servizi, l’indivi-duazione dei requisiti e i valori minimi degli stessi sono definiti dalla stazione appaltante, gara per gara, e sono indicati nel bando e/o nel relativo disciplinare. Infatti, il codice, ha previsto la c.d. “qualificazione in gara”, ad opera della stazione appaltante, e ha stabilito quali requisiti, ed indici che li caratterizzano (per esempio, un indice della capacità economico - finanziaria è la cifra d’affari globale o settoriale; un indice di capacità tecnica è l’esecuzione di forniture o di servizi analoghi nel triennio), possano essere richiesti al concorrente e quali siano i possibili mezzi di prova del loro possesso (artt. 41 e 42 del D.Lgs. n. 163/2006), ma ha lasciato ampia discrezionalità alle stazioni appaltanti, seppure senza eccedere l’oggetto dell’appalto, circa la scelta dei requisiti, della loro quantificazione e dei relativi mezzi di prova (bilanci, modelli Unico, certificati dei servizi o delle forniture prestati nel triennio, ecc.).

Non è consentito alle stazioni appaltanti di richiedere ai concorrenti, requisiti spropor-zionati o discriminanti, quali ad esempio quelli che pongono limitazioni territoriali ai fini della partecipazione alla gara, o quelli di valore minimo esorbitante l’importo dell’appalto.

Inoltre, rispetto al settore dei lavori, in astratto le stazioni appaltanti potrebbero non prevedere requisiti di capacità tecnico - organizzativa e/o economico-finanziaria per la parte-cipazione degli operatori economici a gare di servizi e forniture, oppure non fissarne i livelli minimi (si veda l’allegato IX A al D.Lgs. n. 163/2006). La decisione della stazione appal-

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tante di non indicare detti valori minimi, è di fatto equiparabile al caso in cui, la stessa non preveda per la partecipazione alla gara alcun requisito di capacità tecnico-organizzativa e/o economico-finanziaria.

La mancata fissazione di livelli minimi di requisiti appare, quindi, illogica poiché un requisito di partecipazione, per essere defrnito tale, deve essere caratterizzato da un valore minimo che il concorrente deve dimostrare per partecipare all’appalto.

Malgrado un evidente difetto di coordinamento tra la norma in trattazione e le disposi-zioni in materia di requisiti speciali per servizi e forniture recate dagli artt. 41 e 42, laddove queste ultime prevedono la verifica dei suddetti requisiti solo sull’aggiudicatario, non può essere messa in dubbio la prevalenza della disciplina prevista dall’art. 48, formulata in termini generali rispetto ai settori di lavori, servizi e forniture e, quindi, assorbenti le richiamate pre-visioni contraddittorie.

D’altra parte, dal testo della norma si deduce che la procedura di controllo prevista dall’art. 48 é obbligatoria, in quanto applicabile, qualunque sia l’importo dell’appalto di servizi o forniture e solo laddove siano stati richiesti nel bando di gara i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, ed i relativi livelli minimi, così come lascia chiaramente intendere l’espressione ivi contenuta: “requisiti di capacità economico-finanzia-ria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara”. Conseguentemente, per quanto prima osservato, laddove, nei bandi di gara di appalti di servizi e forniture, non siano stati previsti requisiti minimi di partecipazione o non ne siano definiti i livelli minimi, la verifica in argomento non è applicabile, mancandone il presupposto principale.

2.2. Determinazione del periodo di attività documentabile relativa ai requisiti speciali.La clausola del bando che prevede un livello minimo di uno specifico requisito non deve

essere formulata in temini equivoci o indistinti neanche con riferimento al periodo di attività documentabile in base alla quale è maturato il possesso di quel requisito. In particolare, ri-guardo agli ultimi tre esercizi indicati sia dall’articolo 41, comma 1, lett. c), che 42, comma l, lett. a) e g), per perimetrare l’ambito temporale entro cui considerare maturati i relativi requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa per servizi e forniture, la data da cui procedere a ritroso per l’individuazione del suddetto triennio è quella individuata dalla data di pubblicazione del bando. Al riguardo, i documenti (bilanci, dichiarazioni IVA, modelli di dichiarazione dei redditi, modelli unici, certificati dei servizi e forniture eseguiti, ecc.) da prendere a base per la verifica del possesso dei requisiti sono relativi a periodi diversi e precisamente:a) i documenti tributari e fiscali sono quelli relativi ai tre esercizi annuali, antecedenti la

data di pubblicazione del bando di gara, che, alla stessa data, risultano depositati presso l’Agenzia delle Entrate o la Camera di Commercio, territorialmente competenti, come si ricava dal comma 4 dell’art. 41 ;

b) i certificati dei servizi e delle forniture eseguiti sono quelli relativi al periodo temporale costituito dai tre anni consecutivi (articolo 42, comma l, lett. a), immediatamente antece-denti la data di pubblicazione del bando di gara, come si ricava dal comma 4 dell’art. 42. Di conseguenza, per quanto riguarda il requisito di capacità economico-finanziaria pre-

visto all’art. 41, comma l, lett. c), del Codice, riguardante “il fatturato globale d’impresa e l’importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre

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esercizi”, ove il primo è da interpretarsi quale fatturato globale realizzato dall’operatore eco-nomico nelle eventuali molteplici attività costituenti l’oggetto sociale dello stesso, e il secon-do é da intendersi quale fatturato in servizi e/o forniture analoghi a quelli oggetto di appalto, nel bando occorre sempre individuare il triennio di riferimento, eventualmente prevedendo, a discrezione del concorrente, la scelta dell’ultimo anno del triennio oggetto di dichiarazione, in relazione al periodo in cui cade la pubblicazione del bando di gara. Infatti, tenuto conto che i mezzi di prova per dimostrare il possesso di detto requisito sono i bilanci o i documenti tributari e fiscali relativi ai tre esercizi annuali, antecedenti la data di pubblicazione del bando di gara, che, alla stessa data, risultano depositati, se la data di pubblicazione del bando di gara cade in un periodo in cui non è ancora scaduto il termine per la presentazione degli stessi (ad esempio, nel caso di bando pubblicato nel periodo 1° giugno / 31 ottobre 2009, laddove l’operatore economico faccia ricorso alla modalità telematica per la presentazione delle di-chiarazioni dei redditi), è assolutamente corretto che lo stesso concorrente possa dichiarare e poi documentare il possesso del requisito in argomento mediante presentazione, con rife-rimento all’esempio prima indicato, delle dichiarazioni I.V.A. riferite al fatturato conseguito nel triennio 2005-2007, ovvero nel caso che abbia già presentato le dichiarazioni dei redditi, al fatturato conseguito nel triennio 2006-2008. Analogo ragionamento può farsi per le so-cietà di capitale, i consorzi, le società cooperative e i G.E.I.E. che dimostrano il requisito in argomento tramite esibizione dei bilanci di esercizio approvati e depositati presso il Registro delle Imprese competente entro 30 giorni dalla data di approvazione dei bilanci stessi.

Per contro, in merito al requisito di capacità tecnica previsto all’ art 42, comma 1, lett. a), del Codice, riguardante “principali servizi o delle principali forniture prestati negli ultimi tre anni ... “, occorrerà precisare nel bando che in tal caso il triennio è effettivamente quello antecedente alla data di pubblicazione dello stesso e non necessariamente coincidente con quello prima adottato per il requisito di capacità economico-finanziaria.

2.3. Caso in cui siano dichiarati requisiti sovrabbondanti rispetto ai minimiStrettamente connessa alla problematica sopra evidenziata è l’anomalia, riscontrata dalla

Autorità nella prassi, determinata dall’ingiustificato rigore con cui alcune stazioni appaltanti procedono, nel corso della procedura prevista dall’ art. 48, alla valutazione delle dichiarazioni rilasciate dai concorrenti, sui requisiti sia di capacità tecnico - organizzativa che economico - finanziaria. Le stesse, infatti, non limitano la verifica al raffronto tra i valori dei requisiti comprovati e quelli minimi richiesti nel bando di gara, ma eccepiscono la non perfetta cor-rispondenza fra quanto dichiarato dai concorrenti, in sede di partecipazione alla gara o di prequalifica, e quanto comprovato con i documenti probatori prodotti in sede di verifica a campione. Ad esempio, a fronte della richiesta nel bando di gara, nel triennio di riferimento, di un fatturato globale non inferiore a € 1.000.000,00 o di capacità tecnica attraverso servizi analoghi a quelli a base d’asta di importo complessivo non inferiore a € 500.000,00, cui ha fatto seguito la dichiarazione del concorrente circa il possesso degli stessi requisiti per valori, rispettivamente, pari a € 2.000.000,00 e a € 800.000,00, l’esclusione viene motivata, nei casi evidenziati, per avere il concorrente comprovato i requisiti suddetti, rispettivamente negli im-porti di € 1.100.000,00 e di € 510.000,00, in difetto. Si deve tenere presente al riguardo che quanto previsto dall’ art. 48 deve essere comunque rapportato ai requisiti minimi prescritti dal bando di gara, essendo necessario e sufficiente, ai fini della comprova dei requisiti stessi,

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dimostrarne il possesso in relazione allo specifico affidamento; l’esplicito riferimento nella norma alla necessità di comprovare il possesso dei requisiti di capacità economico - finanziaria e tecnico - organizzativa, “richiesti nel bando di gara” porta ad escludere - trattandosi di nor-ma sanzionatoria e quindi di stretta interpretazione - che si possa considerare inadempiente un concorrente che abbia limitato la comprova ai valori minimi richiesti dal bando, anziché estenderla ai requisiti, di misura superiore, contenuti nella dichiarazione.

2.4. Distinzione tra criteri di «selezione dell’offerente», e criteri di «selezione dell’ offerta»L’Autorità ha avuto modo di riscontrare che le stazioni appaltanti nella prassi corrente, in

caso di utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tendono a confon-dere i criteri di selezione dell’offerente con i criteri di selezione dell’offerta.

Al fine di una corretta applicazione del criterio di aggiudicazione dell’offerta economica-mente più vantaggiosa, occorre tenere conto della netta distinzione, a partire dal bando e dai documenti di gara, tra i requisiti che devono possedere i concorrenti e quelli che caratterizza-no l’offerta (cfr. determinazione n. 4 del 2009).

L’ordinamento comunitario esige una distinzione rigorosa tra questi due aspetti delle gare (requisiti che devono possedere i concorrenti e criteri di aggiudicazione dell’offerta). La distinzione è stata recentemente confermata dalla sentenza della Corte di Giustizia, sez. I, 24 gennaio 2008, causa C-532/06, e, nell’ordinamento interno, dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Politiche Comunitarie, del 1° marzo 2007.

Tale netta ed inderogabile distinzione, oltre a trovare un preciso ed espresso riferimento nella normativa richiamata, ha una sua sostanziale ed evidente logica: quella di separare i requisiti di idoneità e partecipazione alla gara del concorrente da quelli attinenti all’ offerta e all’aggiudicazione. Donde, ad esempio, l’illegittimità dell’inserimento fra i criteri di selezione dell’offerta di un requisito, quale quello delle esperienze simili maturate nel corso del trien-nio, che è uno dei requisiti previsti dall’art. 42 del Codice.

In concreto, l’accertamento dell’idoneità degli offerenti deve essere effettuato dall’Am-ministrazione Aggiudicatrice in conformità ai criteri di capacità economica, finanziaria e tec-nica di cui agli articoli da 47 a 52 della direttiva 2004/18/CE, recepiti dagli artt. 40 e ss. del D.Lgs. 163/2006: in questa fase si tiene conto di criteri rivelatori della capacità dell’offerente ad eseguire la prestazione (esperienza, competenza, referenze, lavori già realizzati, risorse di-sponibili ecc .., che sono certificati, per gli esecutori di lavori pubblici, dall’attestazione SOA).

Al contrario, l’offerta deve essere valutata, in base al criterio dell’offerta economicamen-te più vantaggiosa (di cui all’art. 53 della direttiva 2004/l8/CE, recepito dall’art. 83 D.Lgs. 163/2006), alla stregua di criteri quali-quantitativi che hanno una diretta connessione con l’oggetto dell’appalto e che servono a misurarne il valore, escludendosi, quindi, la considera-zione delle qualità inerenti ai conco 

2.5. Mezzi di prova per dimostrare il possesso dei requisitiIl codice dei contratti ha confermato la netta distinzione, già riscontrabi-

le nelle precedenti norme di settore ora abrogate, tra il settore dei lavori e quel-li dei servizi e delle forniture per quanto riguarda l’individuazione dei requisiti di carat-tere speciale utili per la partecipazione alla gara e le modalità per dimostrarne il possesso. Riguardo a queste ultime, il titolo III del D.P.R. n. 34/2000 individua con precisione i mezzi

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di prova. Invece per servizi e forniture, l’Allegato IX A al D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i., preve-de, al punto 17, che nei bandi le stazioni appaltanti sono tenute, laddove richiedano requisiti minimi di carattere economico e tecnico che i concorrenti devono possedere, ad individuare le informazioni e le formalità necessarie per la valutazione degli stessi, e cioè devono preven-tivamente stabilire quali siano i mezzi di prova. Sia nel caso di procedure ristrette che nel caso di procedure aperte, i requisiti di capacità tecnico economica sono individuati univo-camente, e una volta per tutte, nel bando di gara o nel relativo disciplinare, e costituiscono, per le procedure ristrette, oggetto di “prequalifica”, seppure in forma di auto-dichiarazione. Secondo la lettera della norma, nel caso di procedura ristretta, la S.A., solo dopo ave-re espletata la “prequalifica’’ e avere ricevuto le offerte dai soggetti invitati, procede al sorteggio in seduta pubblica, alla richiesta di comprova e al conseguente controllo. Infatti, nelle procedure aperte, la documentazione da verificare viene specificata nel bando, conte-stualmente all’individuazione dei requisiti, invece, per le procedure ristrette, la documentazione utile per comprovare i requisiti di partecipazione auto-dichiarati, viene specificata dalla S.A nella lettera di invito. Inoltre, le dichiarazioni da verificare, in base all’art. 48, sono quelle contenute nella domanda di partecipazione, e cioè nella richiesta di invito formulata dal concorrente, in caso di procedure ristrette [cfr. art. 55, comma 6, del Codice]; viceversa, le dichiarazioni da veri-ficare, in caso di procedure aperte, sono quelle contenute nell’offerta [cfr. art. 55, comma 5, del Codice]. La normativa di riferimento (art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006), non fornisce alcuna in-dicazione in ordine alla documentazione da presentare, ma si limita solo a prescrivere l’onere per i concorrenti di presentare “la documentazione indicata in detto bando o neila lettera di invito”. In assenza di una esplicita indicazione nella lex specialis circa i documenti da presentare a ri-prova dei requisiti dichiarati con la domanda di partecipazione ad una gara, è ammissibile che il concorrente dimostri il possesso degli stessi con i documenti probatori da lui ritenuti più idonei.

3. Applicazione dell’articolo 48 agli appalti di progettazione ed esecuzioneIn relazione alla procedura di verifica prevista dall’art. 48 del “Codice” sono emerse

alcune questioni interpretative riguardanti la possibilità, nell’ambito di un appalto avente ad oggetto la progettazione esecutiva e la esecuzione dei lavori [articolo 53, comma 2, let-tere b) e c) del Codice e articolo 19, comma 1, lett. b) della legge 109/94], di sottoporre alle sanzioni previste dall’art. 48 del Codice (art. 6. comma 11, del Codice e sospensio-ne dalla partecipazione alle procedure di affidamento) il progettista indicato da un’impresa concorrente o partecipante come mandante all’interno di un raggruppamento, nel caso in cui non riesca a comprovare la dichiarazione del possesso dei requisiti richiesti dal bando. Al riguardo, si sottolinea in via preliminare che nell’appalto di progettazione ed esecuzione assume la qualità di concorrente l’appaltatore che individualmente o in forma associata, ancorché costituenda, partecipa alla gara; egli deve dimostrare nell’offerta il possesso dei requisiti professionali previsti dal bando per la redazione del progetto esecutivo e ciò anche mediante l’eventuale indicazione di professionisti esterni; con la conseguenza che a diffe-renza delle gare per incarichi di progettazione, i progettisti, fatta salva l’ipotesi di parteci-pazione al raggruppamento concorrente, non assumono la qualità di concorrenti né quella di titolari del rapporto contrattuale con l’Amministrazione in caso di eventuale aggiudica-zione, trattandosi di semplici collaboratori esterni delle imprese partecipanti alla gara (cfr.

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TAR Lazio n. 3305/2008). Così, mentre nel caso di raggruppamento costituendo l’offerta deve essere sottoscritta da tutte le imprese dell’associazione, nell’appalto di progettazione ed esecuzione il progettista, qualora sia soltanto indicato, non sottoscrive l’offerta e non assume quindi nessuna responsabilità rispetto ad essa, ma il relativo ambito funzionale e di responsabilità è ascritto nei limiti dell’incarico di progettazione conferito al medesimo dall’appaltatore. Ciò è comprovato dall’art. 140 del D.P.R. n. 554/99 che al comma 6 di-spone, nel caso in cui il progetto esecutivo redatto dall’impresa non sia meritevole di ap-provazione, il contratto è risolto per inadempimento dell’appaltatore (cfr. TAR Catania n. 1237/2005), e quindi anche del progettista nel caso sia uno dei mandanti del raggruppamento. Pertanto, le sanzioni previste dall’art. 48 (esclusione del concorrente dalla gara ed escussione della cauzione provvisoria) in caso di mancata dimostrazione dei prescritti requisiti in esito alla procedura ivi prevista agiranno, nel caso di appalto di progettazione esecutiva ed esecu-zione, nei confronti dell’appaltatore qualsiasi sia la forma di partecipazione del progettista. Riguardo invece all’ulteriore procedimento innanzi all’Autorità ai fini dell’applicazione delle sanzioni di competenza (art. 6. comma 11, del Codice ed sospensione dalla parte-cipazione alle procedure di affidamento), assume rilievo la condotta soggettiva del “di-chiarante”. Come già evidenziato, infatti, le sanzioni comminate dall’Autorità colpiscono il comportamento scorretto della singola impresa o del singolo professionista in ragione dell’interesse di portata generale a che nel settore degli appalti agiscano soggetti idonei. Pertanto, anche se l’art. 48 fa espresso riferimento al “concorrente” - circostanza che sembre-rebbe escludere il progettista indicato in caso di progettazione esecutiva ed esecuzione - in virtù di un’interpretazione logico sistematica del quadro normativo di settore con il D.P.R. 445/2000, che all’art. 76 prevede conseguenze di carattere penale in virtù di una responsabi-lità personale delle dichiarazioni rese, nonché della ratio stessa dell’art. 48, tesa ad escludere dalle procedure selettive soggetti non idonei, si deve concludere per l’applicazione delle san-zioni (compresa quella interdittiva) ivi previste sia nei confronti del progettista partecipante come mandante all’interno di un raggruppamento (e quindi concorrente), sia del progettista indicato dall’impresa, qualora abbiano reso dichiarazioni circa il possesso di requisiti suc-cessivamente non dimostrate. Si deve tenere conto, poi, che, in caso di progettista indicato dall’impresa, benché questi non assuma la qualità di concorrente, né quella di titolare del rapporto contrattuale con l’Amministrazione in caso di eventuale aggiudicazione, essendo un semplice collaboratore esterno dell’impresa partecipante alla gara, pur tuttavia lo stesso rilascia una auto-dichiarazione in merito al possesso dei requisiti di partecipazione, sia gene-rali che speciali. Infatti, per il caso di impresa che si avvalga (art. 53, comma 3, del codice) “ ... di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta, ...”, questa stessa norma va interpretata nel senso che la stazione appaltante è tenuta a richiedere nel bando, per siffatta eventualità, la dichiarazione sostitutiva di detti progettisti sia in merito ai requisiti generali che a quelli tecnico - economici relativi alla progettazione, in quanto l’espressione “progettisti quali-ficati” può interpretarsi solo in tal senso. Conseguentemente, essendo stata rilasciata una dichiarazione sostitutiva sui requisiti speciali, laddove il progettista esterno all’impresa, e non partecipante quale mandante, non riesca a comprovare l’auto-dichiarazione del possesso dei requisiti richiesti dal bando, sussistono i presupposti per l’applicazione delle sanzioni ex art. 48, da parte della Autorità (sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 6, comma 11, del Codice e sospensione dalla partecipazione alle procedure di affidamento). Un ultimo riferimento va

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fatto all’eventuale possibilità di applicare le sanzioni di cui all’art. 48, da parte dell’ Autorità, anche nei confronti del raggruppamento nonché nei confronti dell’appaltatore che abbia conferito l’incarico progettuale ad un professionista privo dei necessari requisiti; si ritiene, al riguardo, che l’Autorità possa valutare in concreto, caso per caso, le responsabilità attribui-bili all’interno del raggruppamento o all’appaltatore unitamente al progettista incaricato, in relazione all’inadempimento segnalato dalla stazione appaltante in fase di gara, in virtù del rilievo della condotta della singola impresa.

4. Natura dei termini per gli adempimenti previsti dalla norma4.1. Natura del termine posto ai concorrenti sorteggiati

In merito alla natura del termine di dieci giorni, entro cui i concorrenti sorteggiati devo-no documentare i requisiti richiesti nel bando ed oggetto di autodichiarazione, non si può che ribadire quanto dedotto dalla Autorità nell’atto di regolazione n. 15/2000, come confermato peraltro, da concorde giurisprudenza. Il termine di dieci giorni è perentorio e improrogabile, nel senso che il suo obiettivo decorso senza che il sorteggiato abbia fatto pervenire alla stazio-ne appaltante la necessaria documentazione implica l’automatico effetto dell’esclusione dalla gara, dell’incameramento della cauzione provvisoria e della segnalazione alla stessa Autorità per i provvedimenti di competenza. Né assume rilievo l’effettivo possesso dei requisiti da par-te dell’operatore economico ovvero la documentazione degli stessi successivamente al decorso dei dieci giorni assegnati, dal momento che, per come è formulata la norma, rileva, al fme della produzione degli effetti sanzionatori, il solo dato, obiettivo e formale, dell’ inadempi-mento nel termine prescritto.

La produzione di documentazione diversa da quella indicata nel bando o nella lettera di invito ovvero la presentazione di documentazione che pur rientrando nei tipi astratti richiesti dalla legge della gara, non sia concretamente sufficiente a dimostrare i requisiti richiesti, non impedisce l’irrogazione delle sanzioni previste dall’art. 48.

La richiesta di comprova può essere inoltrata per posta, per raccomandata o per tele-gramma, o via telefax. Nel caso di invio sia per posta che per fax, nella nota va precisato che il termine di dieci giorni decorre dalla data di inoltro via fax o dalla data di acquisizione della raccomandata.

Inoltre, per il computo dei termini previsti dall’art. 48 è legittimo fare riferimento alle disposizioni previste dal codice di procedura civile per gli atti processuali. Al riguardo, l’art. 155 c.p.c. stabilisce, al comma 1, che “Nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludo-no il giorno o l’ora iniziali”. Inoltre, l’art. 153 del c.p.c. afferma l’inderogabilità dei termini perentori: “I termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull’ac-cordo delle parti”. Se la scadenza cade in un giorno festivo, viene automaticamente prorogata al primo giorno feriale utile.

In merito alla interpretazione da dare all’art. 46 del Codice, in relazione alla perentorietà del termine previsto dall’art. 48, l’espressione “chiarimenti in ordine al contenuto dei certi-ficati, documenti e dichiarazioni presentati” va interpretata nel senso che, sia in fase di am-missibilità delle domande o delle offerte, con riferimento anche alle dichiarazioni sostitutive relative al possesso dei requisiti ex artt. 41 e 42, che in fase di comprova ex art. 48, sui certifi-cati e sui documenti presentati in sede di verifica a campione, la stazione appaltante prima di decidere l’applicazione delle sanzioni ex art. 48, può richiedere, con ciò differendo il termine

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di dieci giorni previsto dal comma 1, senza che con ciò venga menomata la par condicio dei concorrenti, gli opportuni completamenti o chiarimenti. In altri termini, l’accertamento del-la conferma di quanto dichiarato non va condotto in termini formalistici ma, in determinate situazioni, occorre concedere una proroga. E’, quindi, onere della stazione appaltante valuta-re e contemperare gli interessi della P.A. alla perfetta e regolare esecuzione dell’appalto, con quelli del privato relativi alla partecipazione dei concorrenti alle gare, in condizioni di parità, ed alla corretta verifica della documentazione rilevante per la dimostrazione del possesso dei requisiti richiesti.

4.2. Modalità di applicazione dell’art. 48, comma 1 bisIl D.Lgs. 152/2008 ha introdotto l’ulteriore comma l bis, escludendo per le fattispecie

ivi previste l’applicazione del comma l, primo periodo, e quindi eliminando il sorteggio pre-visto per la verifica a campione dalla procedura in argomento, in caso di applicazione della cd “forcella” alla procedura ristretta (art. 62, comma 1), vale a dire quando la stazione appaltante prevede di limitare il numero di candidati da invitare. Si rammenta che tale possibilità è at-tualmente ammessa, dall’articolo 62 del Codice, solo nelle procedure ristrette, relative a lavori di importo pari o superiore a quaranta milioni di euro, nonché nelle procedure negoziate con pubblicazione di un bando di gara e nel dialogo competitivo quale che sia l’oggetto del contratto. In concreto, la stazione appaltante chiede nella lettera di invito a tutti i candidati la pre-sentazione, in sede di offerta, della documentazione di comprova indicata nel bando o nella stessa lettera di invito. In tal caso, non è previsto un termine perentorio di die-ci giorni ma la scadenza è quella fissata per la presentazione dell’offerta, che, per le pro-cedure ristrette,non può essere inferiore a quaranta giorni dalla data di invio dell’invi-to a presentare le offerte, secondo quanto previsto dall’art. 70, comma 4, del Codice. Si ritiene. poi, che il candidato che, invitato, decida di non presentare offerta e, contestual-mente, ritenga di non dovere documentare il possesso dei requisiti non vada sanzionato. Altra eventualità che può prevedersi è allorquando il candidato presenti l’ offerta ma non la documentazione di comprova o questa sia inviata in un secondo tempo, in ritardo. In tal caso l’operatore economico va sanzionato con l’esclusione dalla gara, l’escussione della cauzione e la segnalazione alla Autorità, per il mancato adempimento.

4.3. Verifica sull’aggiudicatario provvisorio e sul secondo graduatoIl comma 2 dell’articolo 48 prevede che la richiesta della documentazione probato-

ria venga rivolta anche all’aggiudicatario ed al secondo graduato, nel caso in cui gli stessi non siano stati già in precedenza sorteggiati. L’inadempimento comporta anche in questo caso l’escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione alla Autorità oltre che la revoca dell’aggiudicazione o l’esclusione. Qui la norma non pone il termine di dieci giorni per la presentazione della documentazione di comprova dei primi due classificati, come avviene, in base al comma l, per i concorrenti sorteggiati. Infatti, per come è formulata la parte iniziale del comma 2, La richiesta di cui al comma 1 è, altresi, inoltrata, entro dieci giorni dalla con-clusione delle operazioni di gara, anche all’aggiudicatario e al concorrente che segue in gra-duatoria ..., il riferimento al termine di dieci giorni riguarda la richiesta che deve inoltrare la stazione appaltante ai suddetti concorrenti e, in quanto riferito all’attività di pubblici poteri, al suddetto termine non può riconoscersi che natura sollecitatoria.

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L’amministrazione può legittimamente fissare nella richiesta inoltrata ai due concorrenti un termine per l’adempimento, ma poiché i termini stabiliti all’interno del procedimento hanno natura ordinatoria, se la legge diversamente non statuisce o se dalla loro inosservanza non discende decadenza (v. per tutti Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 1987 n. 204), appare non giustificato un atteggiamento intransigente della stazione appaltante e, per contro, legittima la possibilità di un’integrazione documentale non essendovi più esigenze di par condicio tra i concorrenti, e purché detta integrazione avvenga in termini brevissimi (cfr. TAR Puglia - Lecce sentenza n. 946 del 22/03/2006). Ciò, anche tenuto conto che l’amministrazione può valutare, in considerazione dell’interesse pubblico all’affidamento dell’opera al concorrente che ha prodotto l’offerta più conveniente, di addivenire ugualmente alla stipulazione del contratto con il primo o, in subordine, con il secondo graduato, consentendo correzioni o integrazioni di documenti, nonché la comprova relativa al possesso dei requisiti in esame in ritardo, così come di norma avviene quando l’aggiudicatario provvisorio non risponde o ri-sponde parzialmente all’ invito della stazione appaltante di presentare la documentazione per la stipula del contratto.

Va, inoltre, osservato che la collocazione, successivamente alla conclusione delle opera-zioni di gara, della richiesta di comprova della stazione appaltante all’aggiudicatario e al con-corrente che segue in graduatoria, potrebbe far sorgere qualche incertezza interpretativa se la verifica vada condotta subito dopo l’aggiudicazione provvisoria ovvero dopo quella definitiva In base alle previsioni dell’art. 11, comma 8 del Codice, secondo cui l’aggiudicazione defini-tiva diviene efficace solo “dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti”, sembrerebbe prevalere la seconda ipotesi. Tuttavia, non vi sono motivi ostativi a procedere alla verifica dei requisiti speciali sull’aggiudicatario provvisorio, e ciò sia perché tale soluzione consente, nel momento in cui ancora opera la commissione di gara, una più rapida procedura, sia perché la verifica prevista dall’art. 48, comma 2 appare logicamente propedeutica alla formulazione della graduatoria finale, soggetta alla approvazione dell’organo competente secondo l’ordina-mento delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori, in base alle previsioni dell’art. 12, comma 1, del Codice.

Relativamente alla rideterminazione della soglia d’anomalia dell’offerta e alla conseguen-te nuova aggiudicazione, nel caso i primi due classificati non forniscano la prova o non con-fermino le loro dichiarazioni, come statuito dallo stesso comma 2 dell’art. 48, si ritiene che la riformulazione della graduatoria avvenga solo nel caso in cui sia il primo che il secondo classificato si rendano inadempienti (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV -sentenza 17 settembre 2007 n. 4840).

5. Modalità di espletamento della verificaRiguardo alla collocazione del controllo nell’ambito della procedura di gara, si pone il

dubbio che la verifica debba precedere nel tempo ogni altra operazione di gara, ivi compresa quella dell’accertamento della regolarità formale e della tempestività delle offerte, che come è noto condiziona l’ammissione stessa alla gara. Se è vero che la norma si riferisce alle offerte “presentate” e non a quelle “ammesse”, l’incertezza interpretativa deve risolversi nel senso che la verifica a campione non può che riguardare le sole offerte ammesse a concorrere: da un lato infatti la stessa norma impone che il controllo avvenga prima dell’apertura delle buste delle offerte presentate, e quindi la collocazione a ridosso della apertura delle offerte sembra

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presupporre esaurita la fase dei riscontri formali, dall’altro lato l’effettività stessa della verifica a campione sarebbe seriamente attenuata qualora si sottoponessero a verifica anche offerte destinate ad essere escluse comunque, ed inoltre con evidente spreco di attività amministra-tiva. Peraltro, non può trascurarsi che la procedura di verifica prevista dalla norma in esame non costituisce un quid distinto dalla fase di ammissione delle offerte, attenendovi invece essa stessa in quanto ha ad oggetto il controllo della veridicità di quanto l’impresa dichiara per essere ammessa a concorrere; quello che la distingue è solo la sua collocazione cronologica tra le operazioni di gara, logicamente successiva a quelle preposte a controlli formali circa la regolarità delle offerte.

Non si ritiene, invece, possibile l’ammissione con riserva delle offerte da sottoporre suc-cessivamente alla verifica di cui all’art. 48.

6. Compatibilità con la normativa sull’autocertificazioneI requisiti di capacità economica e fmanziaria e di capacità tecnica e professionale per le

imprese esecutrici di lavori pubblici, per i fornitori e per i prestatori di servizi, previsti, rispet-tivamente, dagli artt. 28, comma l, letto a), b) e c), del d.P.R. 34/2000, dall’art. 41, comma l, lett. b) e c) e dall’art. 42, comma 1, possono essere provati dai concorrenti in sede di gara mediante dichiarazione sottoscritta in conformità alle disposizioni del d.P.R. del 28 dicembre 2000, n. 445. La loro sussistenza è, poi, accertata dalla stazione appaltante in base all’art. 48, richiedendo ai concorrenti sorteggiati e ai primi due classificati la documentazione probatoria che gli stessi sono tenuti ad esibire a conferma delle dichiarazioni rilasciate.

L’art. 48 del Codice si differenzia, quindi, dalla disciplina generale in materia di autocerti-ficazione (art. 71 del D.P.R. 445/2000) in quanto la richiesta della documentazione è rivolta di-rettamente all’interessato anziché d’ufficio all’amministrazione o all’ente pubblico certificante. Si tratta, in realtà, di una norma speciale che comporta, rispetto alla disciplina generale, oneri aggiuntivi a carico dei concorrenti - dichiaranti e delle stazioni appaltanti - ammistrazioni riceventi la dichiarazione sostitutiva.

L’unico limite, in ordine alla presentazione della documentazione probatoria, è determi-nato dal vincolo posto, alle richieste di documenti da parte delle stazioni appaltanti, dall’art. 43, comma l, del DPR 445/2000 in base al quale “Le amministrazioni pubbliche ... non possono richiedere atti o certificati concernenti stati, qualità personali e fatti che risultino at-testati in documenti già in loro possesso o che comunque esse stesse siano tenute a certificare. In luogo di tali atti o certificati i soggetti indicati nel presente comma sono tenuti ad acquisire d’ufficio le relative informazioni, previa indicazione, da parte dell’interessato, dell’ammini-strazione competente e degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti,....”. Deve, quindi, ammettersi la possibilità per l’operatore economico di adempiere all’obbligo probatorio depositando nei termini dichiarazione circa il possesso da parte della stazione appaltante dei documenti richiesti, ove conservino validità.

In sede di sub procedimento di verifica di cui all’articolo 48, comma l, del D.Lgs. n. 163/2006, è necessario che l’operatore economico dimostri con la documentazione di sup-porto esclusivamente quanto dichiarato in sede di partecipazione alla gara, relativamente al possesso dei requisiti minimi, non potendo presentare nuovi e diversi elementi rispetto a quelli già indicati in gara, a prescindere dalla circostanza che la documentazione prodotta supporti l’effettivo possesso dei requisiti minimi richiesti dal bando.

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Infatti, il legislatore, nel prevedere espressamente la corrispondenza fra quanto dichiarato e quanto dimostrato, ha voluto garantire la par condicio dei partecipanti alla procedura di gara e tutelare la stazione appaltante sul fatto che il concorrente interessato dal procedimento di verifica sia in possesso dei requisiti richiesti per la partecipazione alla gara alla data della pubblicazione del bando di gara.

Il bando di gara non può escludere l’utilizzabilità della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai fini della conformità all’originale dei documenti, rilasciati da amministrazioni o enti pubblici, esibiti in sede di verifica a campione per l’attestazione dei requisiti di parteci-pazione ai sensi dell’art. 48 del codice dei contratti.

7. Presupposti al cui verificarsi si ricollegano le previste misure sanzionatorie. Sanzio-ni irrogate dalla Autorità.

Al fine di esaminare il segmento procedimentale, ex art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006, di competenza dell’ Autorità di Vigilanza, riguardante le ulteriori sanzioni (pecuniaria e di temporanea inibizione della partecipazione a procedure di affidamento) che l’Autorità stessa può applicare a seguito della comunicazione da parte della stazione appaltante dell’avvenuta esclusione di un operatore economico da una gara d’appalto, occorre analizzare la norma in parola nelle varie fasi in cui essa si articola e considerare distintamente i soggetti legittimati ad irrogare sanzioni.

Anzitutto, il potere sanzionatorio della stazione appaltante si esplica attraver-so l’esclusione dalla gara e l’escussione della cauzione, ed è esercitato non solo in caso di mancata conferma delle dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta ma anche “quando tale prova non sia fornita”, e cioè sia in caso di omis-sione o di rifiuto, sia in caso di ritardo rispetto al termine perentorio di dieci giorni. Si tratta di sanzioni che la stazione appaltante applica in modo automatico, indipendente-mente se i requisiti dichiarati dall’operatore economico siano effettivamente possedu-ti, risultando l’esclusione e l’incameramento della cauzione volti a sanzionare il compor-tamento inadempiente dell’operatore economico nel partecipare a quella specifica gara. Va, tuttavia, considerato che laddove, su istanza dell’operatore economico, sia comprova-ta la non imputabilità allo stesso della omissione o del ritardo, viene meno il riferimento allo stesso operatore del comportamento materiale che è a presupposto della sanzione. An-cora nell’ipotesi in cui si tratti di mancata prova del possesso dei requisiti generali ovve-ro di errore della stazione appaltante nell’applicare la procedura di controllo prevista dalla norma in argomento, vengono meno gli estremi per l’applicazione delle sanzioni previste dall’art.48 del Codice. In tutti questi casi si ritiene allora ammissibile, in sede amministra-tiva, l’esercizio dei poteri di autotutela, da parte della stazione appaltante, con restituzione della cauzione già incamerata. Ovviamente, seguirà, ovvero contestualmente o precedente-mente sarà disposta l’archiviazione del procedimento sanzionatorio attivato dalla Autorità. La contestuale segnalazione dei richiamati fatti da parte della stazione appal-tante alla Autorità non può considerarsi una ulteriore sanzione nei confron-ti dell’operatore economico inadempiente ma rappresenta esclusivamente un ob-bligo informativo nei confronti della Autorità, in quanto, quest’ultima é titolare di altro segmento sanzionatorio su cui la stazione appaltante non ha potere di intervento. Come si evince dal testo della norma la segnalazione puo comportare, da parte dell’Autorita”

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l’adozione del prowedimento di cui all’articolo 6, comma 11, di tipo pecuniario, oltre che una sanzione di tipo interdittivo riguardo alla partecipazione alle procedure di affidamento. Al riguardo, la norma non precisa che la segnalazione alla Autorità deve essere limitata al solo caso di mancata conferma delle dichiarazioni. Di conseguenza vengono rimessi alla prudente valutazione della stessa Autorità, nel rispetto del principio di proporzionalità, i differenti casi di falsa attestazione o di omessa, ritardata o non conforme presentazione della documenta-zione, nei prescritti termini. Infatti, nel momento successivo della concreta irrogazione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 6, comma 11, del Codice da parte dell’Autorità e della sanzione interdittiva da uno a dodici mesi prevista dall’art. 48, assumono rilevanza la gravità dell’infrazione commessa e la presenza di “giustificati motivi” e il sussistere della o’buone fede” o dell”’errore scusabile” nella condotta tenuta dall’operatore economico. Occorre con-siderare, infatti, che le sanzioni comminate dall’Autorità colpiscono il comportamento scor-retto del singolo operatore in ragione dell’interesse di portata generale a che nel settore degli appalti pubblici agiscano soggetti non solo idonei ma anche rispettosi delle regole previste dalle stazioni appaltanti per l’aggiudicazione delle procedure di appalto, a prescindere dalla singola procedura selettiva nel cui ambito si sono verificate le irregolarità in concreto rilevate. In merito alla prima delle due sanzioni che l’Autorità può irrogare, vale a dire la sanzione pe-cuniaria, dalla lettura combinata delle due norme, l’art.48 e l’art. 6, c. 11, secondo periodo, si desume che essa va distinta in base al comportamento dell’operatore economico che ha de-terminato l’inadempimento e, quindi, alla gravità dello stesso. I casi distinti trattati dall’art. 6, comma 11, secondo periodo, sono di due tipi: a) mancato riscontro alla richiesta della sta-zione appaltante nei termini prescritti; b) produzione di falsa dichiarazione o di documenti contraffatti, con riferimento alla documentazione di comprova esibita alla stazione appaltan-te. Quindi, entrambi i casi possonoessere sanzionati dall’Autorià anche se in misura diversa. Inoltre, nell’ambito dello stesso tipo di inadempimento previsto dall’art.6, comma 11, riguar-dante la “non ottemperanza alla richiesta della stazione appaltante “, la sanzione pecuniaria dovrà essere logicamente graduata, in coerenza con il principio di proporzionalità: a) in ra-gione della gravità dell’inadempimento, dovendo risultare più severa la sanzione per il caso di omissione o rifiuto, rispetto al caso di ritardo; b) in relazione alla presenza di attenuanti che de-terminano l’affievolimento della entità della stessa sanzione, se non addirittura l’archiviazione del caso; c) in proporzione all’importo dell’appalto alla cui procedura di affidamento partecipa I’operatore inadempiente, tenuto conto che, in base all’art. 6, comma 8, del Codice, “quan-do all’Autorità è attribuita la competenza ad irrogare sanzioni pecuniorie, le stesse, nei limiti edittali, sono commisurate al valore del contratto pubblíco cui le violazioni si riferiscono”. In più, l’Autorità sottopone lo stesso operatore inadempiente, ai sensi dell’art. 48, alla sospensione da uno a dodici mesi dalla partecipazione alle procedure di affidamento. Si fa presente che la formulazione dell’art. 48 consente alla Autorità di operare anche una ulteriore graduazione, consistente nell’irrogare la sola sanzione pecuniaria e non quella inter-dittiva, in presenza di casi di non particolare gravità, quale ad esempio quello di un semplice ritardo in cui l’inadempimento sia conseguenza del fatto che l’operatore non si é premunito tempestivamente, preparando in anticipo la documentazione utile per la comprova, ma che, una volta sorteggiato, dimostri di essersi adoperato al fine di adempiere alla richiesta della stazione appaltante, non riuscendovi solo a causa del ritardo da parte dei soggetti certificatori. Con riferimento ai casi di prova non fornita dall’operatore economico nei termi-

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ni prescritti, basandosi sulla sentenza del Consiglio di Stato n. 2482 del 2002, lad-dove, nell’affermare la perentorietà del termine di 10 giorni, precisa che: “né il termine può essere ritenuto irrazionalmente troppo breve perché i partecipanti alla gara ben co-noscono le regole del gioco laddove queste prevedono un controllo preventivo a cam-pione e quindi sono posti in grado di premunirsi tempestivamente per il caso che ven-gano sorteggiati”, va considerato negligente il comportamento dell’operatore economico che ritardi nella comprova, non essendosi premunito per il caso di sorteggio, e richieda i certificati di regolare esecuzione ai soggetti committenti successivamente alla comuni-cazione della stazione appaltante e li ottenga ad avvenuto decorso del suddetto termine. Negligenza, da cui deriva un semplice ritardo, che l’Autorità può sanzionare, ai sensi dell’art. 6, comma 11, secondo periodo, prima parte, esclusivamente con sanzione pecuniaria, senza sanzione interdittiva. Va, invece considerato omissivo, o gravemente negligente, il compor-tamento dell’operatore economico che, pur possedendo i requisiti dichiarati, o non cor-risponda per niente alla richiesta della stazione appaltante, ovvero richieda o, comunque, prepari la documentazione comprovativa in tempi successivi al decorrere dei dieci giorni.

Poiché la norma in argomento è destinata ad applicarsi a tutti i settori degli appalti e l’art. 48 prevede che l’Autorità disponga la sospensione da uno a dodici mesi dalla partecipa-zione alle procedure di affidamento, non limitata quindi ad un particolare settore, la suddetta sospensione opera indifferentemente nei settori di lavori, di servizi e di forniture, nel senso che l’operatore economico, resosi responsabile di inadempimento ex art. 48, ad esempio in una procedura per l’affidamento di un servizio, laddove il proprio oggetto sociale gli consen-ta anche di eseguire lavori o di fornire beni, sarà escluso parimenti dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti di lavori e di forniture, per tutto il periodo dell’inter-dizíone disposta dalla Autorità.

La decorrenza della disposta sospensione, “graduata” da uno a dodici mesi, vie-ne precisata dal Consiglio della Autorità nel provvedimento sanzionatorio e, di nor-ma, coincide con la data di inserimento della relativa annotazione nel casellario informatico; la data che la stazione appaltante deve confrontare con quella di pubblica-zione nel casellario, per verificare se la sospensione ex art. 48 è ancora in vigore, coinci-de con la data di pubblicazione del bando di gara. Per le procedure negoziate per le qua-li non sia prevista la pubblicazione del bando di gara, rileva la data della lettera d’invito. Infine, occorre precisare che l’art. 48 è una norma a carattere sanzionatorio, di stretta inter-pretazione, che prevede letteralmente la sola sospensione dalla partecipazione alle procedure di affidamento e non anche l’inibizione alla stipula dei contratti.

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LEGGE 13 agosto 2010, n. 1361 Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia

di normativa antimafia.(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 23 agosto 2010, n. 196.

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICAPromulgala seguente legge

Art. 1  (Delega al Governo per l’emanazione di un codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione)

1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recan-te il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato realizzando: a)  una completa ricognizione della normativa penale, processuale e amministrativa vigente in materia di contrasto della criminalità organizzata, ivi compresa quella già contenuta nei codici penale e di procedura penale; b)  l’armonizzazione della normativa di cui alla lettera a); c)  il coordinamento della normativa di cui alla lettera a) con le ulteriori disposizioni di cui alla presente legge e con la normativa di cui al comma 3; d) l’adeguamento della normativa italiana alle disposizioni adottate dall’Unione europea.

3. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, previa ricognizione della normativa vigente in materia di misure di prevenzione, il Governo provvede altresì a coordinare e armonizzare in modo organico la medesima normativa, anche con riferimento alle norme concernenti l’istituzione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestra-ti e confiscati alla criminalità organizzata, aggiornandola e modificandola secondo i seguenti principi e criteri direttivi: a) prevedere, in relazione al procedimento di applicazione delle misure di prevenzione: 1) che l’azione di prevenzione possa essere esercitata anche indipendentemente dall’eserci-zio dell’azione penale; 2) che sia adeguata la disciplina di cui all’ articolo 23-bis della legge 13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni; 3) che le misure di prevenzione personali e patrimoniali possano essere richieste e approvate disgiuntamente e, per le misure di prevenzione patrimoniali, indipendentemente dalla peri-colosità sociale del soggetto proposto per la loro applicazione al momento della richiesta della misura di prevenzione; 4) che le misure patrimoniali possano essere disposte anche in caso di morte del soggetto

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proposto per la loro applicazione. Nel caso la morte sopraggiunga nel corso del procedimen-to, che esso prosegua nei confronti degli eredi o, comunque, degli aventi causa; 5) che venga definita in maniera organica la categoria dei destinatari delle misure di preven-zione personali e patrimoniali, ancorandone la previsione a presupposti chiaramente definiti e riferiti in particolare all’esistenza di circostanze di fatto che giustificano l’applicazione delle suddette misure di prevenzione e, per le sole misure personali, anche alla sussistenza del re-quisito della pericolosità del soggetto; che venga comunque prevista la possibilità di svolgere indagini patrimoniali dirette a svelare fittizie intestazioni o trasferimenti dei patrimoni o dei singoli beni; 6) che il proposto abbia diritto di chiedere che l’udienza si svolga pubblicamente anziché in camera di consiglio; 7) che l’audizione dell’interessato o dei testimoni possa avvenire mediante videoconferenza ai sensi degli articoli 146-bis e 147-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e tran-sitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni; 8) quando viene richiesta la misura della confisca:8.1) i casi e i modi in cui sia possibile procedere allo sgombero degli immobili sequestrati; 8.2) che il sequestro perda efficacia se non viene disposta la confisca entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario e, in caso di impugnazione del provvedimento di confisca, se la corte d’appello non si pronuncia entro un anno e sei mesi dal deposito del ricorso; 8.3) che i termini di cui al numero 8.2) possano essere prorogati, anche d’ufficio, con decreto motivato per periodi di sei mesi, e per non più di due volte, in caso di indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti; 9) che dopo l’esercizio dell’azione di prevenzione, previa autorizzazione del pubblico mi-nistero, gli esiti delle indagini patrimoniali siano trasmessi al competente nucleo di polizia tributaria del Corpo della guardia di finanza a fini fiscali; b) prevedere, in relazione alla misura di prevenzione della confisca dei beni, che: 1) la confisca possa essere disposta in ogni tempo anche se i beni sono stati trasferiti o inte-stati fittiziamente ad altri; 2) la confisca possa essere eseguita anche nei confronti di beni localizzati in territorio estero; c) prevedere la revocazione della confisca di prevenzione definitiva, stabilendo che: 1) la revocazione possa essere richiesta: 1.1) quando siano scoperte nuove prove decisive, sopravvenute in epoca successiva alla con-clusione del procedimento di prevenzione; 1.2) quando i fatti accertati con sentenze penali definitive, sopravvenute in epoca successiva alla conclusione del procedimento di prevenzione, escludano in modo assoluto l’esistenza dei presupposti di applicazione della confisca; 1.3) quando la decisione sulla confisca sia stata motivata, unicamente o in modo determinan-te, sulla base di atti riconosciuti falsi, di falsità nel giudizio ovvero di un fatto previsto dalla legge come reato; 2) la revocazione possa essere richiesta solo al fine di dimostrare il difetto originario dei presupposti per l’applicazione della misura di prevenzione; 3) la richiesta di revocazione sia proposta, a pena di inammissibilità, entro sei mesi dalla

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data in cui si verifica uno dei casi di cui al numero 1), salvo che l’interessato dimostri di non averne avuto conoscenza per causa a lui non imputabile; 4) in caso di accoglimento della domanda di revocazione, la restituzione dei beni confiscati, ad eccezione dei beni culturali di cui all’ articolo 10, comma 3, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, e degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi degli articoli 136 e seguenti del medesimo codice, e successive modificazioni, possa avvenire anche per equivalente, secondo criteri volti a determinarne il valore, quando i beni medesimi sono stati assegnati per finalità istituzionali e la restituzione possa pregiudicare l’interesse pubblico; d) prevedere che, nelle controversie concernenti il procedimento di prevenzione, l’ammini-stratore giudiziario possa avvalersi dell’Avvocatura dello Stato per la rappresentanza e l’assi-stenza legali; e) disciplinare i rapporti tra il sequestro e la confisca di prevenzione e il sequestro penale, prevedendo che: 1) il sequestro e la confisca di prevenzione possano essere disposti anche in relazione a beni già sottoposti a sequestro nell’ambito di un procedimento penale; 2) nel caso di contemporanea esistenza di un sequestro penale e di un sequestro di preven-zione in relazione al medesimo bene, la custodia giudiziale e la gestione del bene sequestrato nel procedimento penale siano affidate all’amministratore giudiziario del procedimento di prevenzione, il quale applica, anche con riferimento a detto bene, le disposizioni in materia di amministrazione e gestione previste dal decreto legislativo di cui al comma 1, prevedendo altresì, a carico del medesimo soggetto, l’obbligo di trasmissione di copia delle relazioni pe-riodiche anche al giudice del procedimento penale; 3) in relazione alla vendita, all’assegnazione e alla destinazione dei beni si applichino le norme relative alla confisca divenuta definitiva per prima; 4) se la confisca di prevenzione definitiva interviene prima della sentenza irrevocabile di condanna che dispone la confisca dei medesimi beni in sede penale, si proceda in ogni caso alla gestione, alla vendita, all’assegnazione o alla destinazione dei beni secondo le disposizioni previste dal decreto legislativo di cui al comma 1; f ) disciplinare la materia dei rapporti dei terzi con il procedimento di prevenzione, prevedendo: 1) la disciplina delle azioni esecutive intraprese dai terzi su beni sottoposti a sequestro di prevenzione, stabilendo tra l’altro il principio secondo cui esse non possono comunque es-sere iniziate o proseguite dopo l’esecuzione del sequestro, fatta salva la tutela dei creditori in buona fede; 2) la disciplina dei rapporti pendenti all’epoca dell’esecuzione del sequestro, stabilendo tra l’altro il principio che l’esecuzione dei relativi contratti rimane sospesa fino a quando, entro il termine stabilito dalla legge e, comunque, non oltre novanta giorni, l’amministratore giu-diziario, previa autorizzazione del giudice delegato, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del proposto, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di risolvere il contratto; 3) una specifica tutela giurisdizionale dei diritti dei terzi sui beni oggetto di sequestro e confisca di prevenzione; e in particolare: 3.1) che i titolari di diritti di proprietà e di diritti reali o personali di godimento sui beni oggetto di sequestro di prevenzione siano chiamati nel procedimento di prevenzione entro trenta giorni dalla data di esecuzione del sequestro per svolgere le proprie deduzioni; che

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dopo la confisca, salvo il caso in cui dall’estinzione derivi un pregiudizio irreparabile, i diritti reali o personali di godimento sui beni confiscati si estinguano e che all’estinzione consegua il diritto alla corresponsione di un equo indennizzo; 3.2) che i titolari di diritti di credito aventi data certa anteriore al sequestro debbano, a pena di decadenza, insinuare il proprio credito nel procedimento entro un termine da stabilire, comunque non inferiore a sessanta giorni dalla data in cui la confisca è divenuta definitiva, salva la possibilità di insinuazioni tardive in caso di ritardo incolpevole; 3.3) il principio della previa escussione del patrimonio residuo del sottoposto, salvo che per i crediti assistiti da cause legittime di prelazione su beni confiscati, nonché il principio del limite della garanzia patrimoniale, costituito dal 70 per cento del valore dei beni sequestrati, al netto delle spese del procedimento; 3.4) che il credito non sia simulato o in altro modo strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego; 3.5) un procedimento di verifica dei crediti in contraddittorio, che preveda l’ammissione dei crediti regolarmente insinuati e la formazione di un progetto di pagamento degli stessi da parte dell’amministratore giudiziario; 3.6) la revocazione dell’ammissione del credito quando emerga che essa è stata determinata da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi; g) disciplinare i rapporti tra il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione e le procedure concorsuali, al fine di garantire i creditori dalle possibili interferenze illecite nel procedimento di liquidazione dell’attivo fallimentare, prevedendo in particolare: 1) che i beni sequestrati o confiscati nel procedimento di prevenzione siano sottratti dalla massa attiva del fallimento e conseguentemente gestiti e destinati secondo le norme stabilite per il procedimento di prevenzione; 2) che, dopo la confisca definitiva, i creditori insoddisfatti sulla massa attiva del fallimento possano rivalersi sul valore dei beni confiscati, al netto delle spese sostenute per il procedi-mento di prevenzione; 3) che la verifica dei crediti relativi a beni oggetto di sequestro o di confisca di prevenzione possa essere effettuata in sede fallimentare secondo i principi stabiliti dal decreto legislativo di cui al comma 1; che se il sequestro o la confisca di prevenzione hanno per oggetto l’intero compendio aziendale dell’impresa dichiarata fallita, nonché, nel caso di società di persone, l’intero patrimonio personale dei soci falliti illimitatamente responsabili, alla verifica dei cre-diti si applichino anche le disposizioni previste per il procedimento di prevenzione; 4) che l’amministratore giudiziario possa proporre le azioni di revocatoria fallimentare con riferimento ai rapporti relativi ai beni oggetto di sequestro di prevenzione; che, ove l’azione sia già stata proposta, al curatore si sostituisca l’amministratore giudiziario; 5) che il pubblico ministero, anche su segnalazione dell’amministratore giudiziario, possa richiedere al tribunale competente la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore o dell’ente nei cui confronti è disposto il procedimento di prevenzione patrimoniale e che versa in stato di insolvenza; 6) che, se il sequestro o la confisca sono revocati prima della chiusura del fallimento, i beni siano nuovamente attratti alla massa attiva; che, se il sequestro o la confisca sono revocati dopo la chiusura del fallimento, si provveda alla riapertura dello stesso; che, se il sequestro o la confisca intervengono dopo la vendita dei beni, essi si eseguano su quanto eventualmente

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residua dalla liquidazione; h) disciplinare la tassazione dei redditi derivanti dai beni sequestrati, prevedendo che la stessa: 1) sia effettuata con riferimento alle categorie reddituali previste dal testo unico delle impo-ste sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917; 2) sia effettuata in via provvisoria, in attesa dell’individuazione del soggetto passivo d’impo-sta a seguito della confisca o della revoca del sequestro; 3) sui redditi soggetti a ritenuta alla fonte derivanti dai beni sequestrati, sia applicata, da par-te del sostituto d’imposta, l’aliquota stabilita dalle disposizioni vigenti per le persone fisiche; 4) siano in ogni caso fatte salve le norme di tutela e le procedure previste dal capo III del titolo I della parte seconda del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legi-slativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni; i) prevedere una disciplina transitoria per i procedimenti di prevenzione in ordine ai quali sia stata avanzata proposta o applicata una misura alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1; l) prevedere l’abrogazione espressa della normativa incompatibile con le disposizioni del decreto legislativo di cui al comma 1.

4. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica, ai sensi dell’ articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è trasmesso alle Ca-mere ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmis-sione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato.

5. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, nel rispetto delle procedure e dei principi e criteri direttivi stabiliti dal presente articolo, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive del decreto medesimo.

Art. 2  (Delega al Governo per l’emanazione di nuove disposizioni in materia di documenta-zione antimafia)

1.  Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della pre-sente legge, un decreto legislativo per la modifica e l’integrazione della disciplina in materia di documentazione antimafia di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e di cui all’ articolo 4 del decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490, e successive modificazioni, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:a) aggiornamento e semplificazione, anche sulla base di quanto stabilito dalla lettera f ) del presente comma, delle procedure di rilascio della documentazione antimafia, anche attraverso la revisione dei casi di esclusione e dei limiti di valore oltre i quali le pubbliche amministra-zioni e gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti e i subcontratti di cui all’ articolo 10 della legge

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31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, né rilasciare o consentire le concessioni e le erogazioni di cui al citato articolo 10 della legge n. 575 del 1965, se non hanno acquisito complete informazioni, rilasciate dal prefetto, circa l’insussistenza, nei confronti degli inte-ressati e dei loro familiari conviventi nel territorio dello Stato, delle cause di decadenza o di divieto previste dalla citata legge n. 575 del 1965, ovvero di tentativi di infiltrazione mafiosa, di cui all’ articolo 4 del decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490, e successive modificazioni, nelle imprese interessate; b) aggiornamento della normativa che disciplina gli effetti interdittivi conseguenti alle cau-se di decadenza, di divieto o al tentativo di infiltrazione mafiosa di cui alla lettera a), accertati successivamente alla stipulazione, all’approvazione o all’adozione degli atti autorizzatori di cui alla medesima lettera a); c) istituzione di una banca di dati nazionale unica della documentazione antimafia, con immediata efficacia delle informative antimafia negative su tutto il territorio nazionale e con riferimento a tutti i rapporti, anche già in essere, con la pubblica amministrazione, finalizzata all’accelerazione delle procedure di rilascio della medesima documentazione e al potenzia-mento dell’attività di prevenzione dei tentativi di infiltrazione mafiosa nell’attività d’impresa, con previsione della possibilità di integrare la banca di dati medesima con dati provenienti dall’estero e secondo modalità di acquisizione da stabilirsi, nonché della possibilità per il pro-curatore nazionale antimafia di accedere in ogni tempo alla banca di dati medesima; d) individuazione dei dati da inserire nella banca di dati di cui alla lettera c), dei soggetti abilitati a implementare la raccolta dei medesimi e di quelli autorizzati, secondo precise mo-dalità, ad accedervi con indicazione altresì dei codici di progetto relativi a ciascun lavoro, servizio o fornitura pubblico ovvero ad altri elementi idonei a identificare la prestazione; e) previsione della possibilità di accedere alla banca di dati di cui alla lettera c) da parte della Direzione nazionale antimafia per lo svolgimento dei compiti previsti dall’articolo 371-bis del codice di procedura penale; f ) individuazione, attraverso un regolamento adottato con decreto del Ministro dell’inter-no, di concerto con il Ministro della giustizia, con il Ministro delle infrastrutture e dei tra-sporti e con il Ministro dello sviluppo economico, delle diverse tipologie di attività suscettibi-li di infiltrazione mafiosa nell’attività d’impresa per le quali, in relazione allo specifico settore d’impiego e alle situazioni ambientali che determinano un maggiore rischio di infiltrazione mafiosa, è sempre obbligatoria l’acquisizione della documentazione indipendentemente dal valore del contratto, subcontratto, concessione o erogazione, di cui all’ articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni; g) previsione dell’obbligo, per l’ente locale sciolto ai sensi dell’ articolo 143 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, di acquisire, nei cinque anni successivi allo scioglimento, l’in-formazione antimafia precedentemente alla stipulazione, all’approvazione o all’autorizzazione di qualsiasi contratto o subcontratto, ovvero precedentemente al rilascio di qualsiasi conces-sione o erogazione, di cui all’ articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, indipendentemente dal valore economico degli stessi; h) facoltà, per gli enti locali i cui organi sono stati sciolti ai sensi dell’ articolo 143 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, di deliberare, per un periodo determinato, comun-

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que non superiore alla durata in carica del commissario nominato, di avvalersi della stazione unica appaltante per lo svolgimento delle procedure di evidenza pubblica di competenza del medesimo ente locale; i) facoltà per gli organi eletti in seguito allo scioglimento di cui all’ articolo 143 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, di deliberare di avvalersi per un periodo determi-nato, comunque non superiore alla durata in carica degli stessi organi elettivi, della stazione unica appaltante, ove costituita, per lo svolgimento delle procedure di evidenza pubblica di competenza del medesimo ente locale; l) previsione dell’innalzamento ad un anno della validità dell’informazione antimafia qua-lora non siano intervenuti mutamenti nell’assetto societario e gestionale dell’impresa oggetto di informativa; m) introduzione dell’obbligo, a carico dei legali rappresentanti degli organismi societari, di comunicare tempestivamente alla prefettura-ufficio territoriale del Governo che ha rilasciato l’informazione l’intervenuta modificazione dell’assetto societario e gestionale dell’impresa; n)  introduzione di sanzioni per l’inosservanza dell’obbligo di cui alla lettera m).

2.  All’attuazione dei principi e criteri direttivi di cui alla lettera c) del comma 1 si provvede nei limiti delle risorse già destinate allo scopo a legislazione vigente nello stato di previsione del Ministero dell’interno.

3.  Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1 è trasmesso alle Camere ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che sono resi entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al precedente periodo senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato.

4.  Entro tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, nel rispetto delle procedure e dei principi e criteri direttivi stabiliti dal presente articolo, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive del decreto medesimo.

Art. 3  (Tracciabilità dei flussi finanziari)

1. Per assicurare la tracciabilità dei flussi finanziari finalizzata a prevenire infiltrazioni cri-minali, gli appaltatori, i subappaltatori e i subcontraenti della filiera delle imprese nonché i concessionari di finanziamenti pubblici anche europei a qualsiasi titolo interessati ai lavori, ai servizi e alle forniture pubblici devono utilizzare uno o più conti correnti bancari o postali, accesi presso banche o presso la società Poste italiane Spa, dedicati, anche non in via esclusiva, fermo restando quanto previsto dal comma 5, alle commesse pubbliche. Tutti i movimenti finanziari relativi ai lavori, ai servizi e alle forniture pubblici nonché alla gestione dei finan-ziamenti di cui al primo periodo devono essere registrati sui conti correnti dedicati e, salvo quanto previsto al comma 3, devono essere effettuati esclusivamente tramite lo strumento del bonifico bancario o postale.

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2.  I pagamenti destinati a dipendenti, consulenti e fornitori di beni e servizi rientranti tra le spese generali nonché quelli destinati all’acquisto di immobilizzazioni tecniche devono essere eseguiti tramite conto corrente dedicato di cui al comma 1, per il totale dovuto, anche se non riferibile in via esclusiva alla realizzazione degli interventi di cui al medesimo comma 1.

3.  I pagamenti in favore di enti previdenziali, assicurativi e istituzionali, nonché quelli in fa-vore di gestori e fornitori di pubblici servizi, ovvero quelli riguardanti tributi, possono essere eseguiti anche con strumenti diversi dal bonifico bancario o postale, fermo restando l’obbligo di documentazione della spesa. Per le spese giornaliere, di importo inferiore o uguale a 500 euro, relative agli interventi di cui al comma 1, possono essere utilizzati sistemi diversi dal bonifico bancario o postale, fermi restando il divieto di impiego del contante e l’obbligo di documentazione della spesa.

4.  Ove per il pagamento di spese estranee ai lavori, ai servizi e alle forniture di cui al comma 1 sia necessario il ricorso a somme provenienti da conti correnti dedicati di cui al medesimo comma 1, questi ultimi possono essere successivamente reintegrati mediante bonifico bancario o postale.

5.  Ai fini della tracciabilità dei flussi finanziari, il bonifico bancario o postale deve riportare, in relazione a ciascuna transazione posta in essere dai soggetti di cui al comma 1, il codice uni-co di progetto (CUP) relativo all’investimento pubblico sottostante. Il CUP, ove non noto, deve essere richiesto alla stazione appaltante.

6.  La stazione appaltante richiede il CUP alla struttura di supporto CUP, operativa presso il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri.

7.  I soggetti economici di cui al comma 1 comunicano alla stazione appaltante gli estremi identificativi dei conti correnti dedicati di cui al medesimo comma 1 entro sette giorni dalla loro accensione, nonché, nello stesso termine, le generalità e il codice fiscale delle persone delegate ad operare su di essi.

8. La stazione appaltante, nei contratti sottoscritti con gli appaltatori relativi ai lavori, ai servizi e alle forniture di cui al comma 1, inserisce, a pena di nullità assoluta, un’apposita clausola con la quale essi assumono gli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui alla presente legge. Il contratto deve essere munito, altresì, della clausola risolutiva espressa da attivarsi in tutti i casi in cui le transazioni sono state eseguite senza avvalersi di banche o della società Poste italiane Spa. L’appaltatore, il subappaltatore o il subcontraente che ha notizia dell’inadempimento della propria controparte agli obblighi di tracciabilità finanziaria di cui al presente articolo procede all’immediata risoluzione del rapporto contrattuale, informan-done contestualmente la stazione appaltante e la prefettura-ufficio territoriale del Governo territorialmente competente.

9.  La stazione appaltante verifica che nei contratti sottoscritti con i subappaltatori e i sub-contraenti della filiera delle imprese a qualsiasi titolo interessate ai lavori, ai servizi e alle

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forniture di cui al comma 1 sia inserita, a pena di nullità assoluta, un’apposita clausola con la quale ciascuno di essi assume gli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui alla pre-sente legge.

Art. 4  (Controllo degli automezzi adibiti al trasporto dei materiali)

1. Al fine di rendere facilmente individuabile la proprietà degli automezzi adibiti al traspor-to dei materiali per l’attività dei cantieri, la bolla di consegna del materiale indica il numero di targa e il nominativo del proprietario degli automezzi medesimi.

Art. 5  (Identificazione degli addetti nei cantieri)

1.  La tessera di riconoscimento di cui all’ articolo 18, comma 1, lettera u), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, deve contenere, oltre agli elementi ivi specificati, anche la data di assunzione e, in caso di subappalto, la relativa autorizzazione. Nel caso di lavoratori autonomi, la tessera di riconoscimento di cui all’ articolo 21, comma 1, lettera c), del citato decreto legislativo n. 81 del 2008 deve contenere anche l’indicazione del committente.

Art. 6  (Sanzioni)

1.  Le transazioni relative ai lavori, ai servizi e alle forniture di cui all’ articolo 3, comma 1, e le erogazioni e concessioni di provvidenze pubbliche effettuate senza avvalersi di banche o della società Poste italiane Spa comportano, a carico del soggetto inadempiente, fatta salva l’applicazione della clausola risolutiva espressa di cui all’articolo 3, comma 8, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria dal 5 al 20 per cento del valore della transazione stessa.

2.  Le transazioni relative ai lavori, ai servizi e alle forniture di cui all’ articolo 3, comma 1, effettuate su un conto corrente non dedicato ovvero senza impiegare lo strumento del bonifi-co bancario o postale comportano, a carico del soggetto inadempiente, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria dal 2 al 10 per cento del valore della transazione stessa. La medesima sanzione si applica anche nel caso in cui nel bonifico bancario o postale venga omessa l’indicazione del CUP di cui all’ articolo 3, comma 5.

3.  Il reintegro dei conti correnti di cui all’ articolo 3, comma 1, effettuato con modalità diverse dal bonifico bancario o postale comporta, a carico del soggetto inadempiente, l’appli-cazione di una sanzione amministrativa pecuniaria dal 2 al 5 per cento del valore di ciascun accredito.

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4.  L’omessa, tardiva o incompleta comunicazione degli elementi informativi di cui all’ ar-ticolo 3, comma 7, comporta, a carico del soggetto inadempiente, l’applicazione di una san-zione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro.

5.  Per il procedimento di accertamento e di contestazione delle violazioni di cui al presente articolo, nonché per quello di applicazione delle relative sanzioni, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, e del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

Art. 7  (Modifiche alla legge 13 settembre 1982, n. 646, in materia di accertamenti fiscali nei confronti di soggetti sottoposti a misure di prevenzione)

1. Alla legge 13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni, sono apportate le se-guenti modificazioni:a) l’ articolo 25 è sostituito dal seguente:«Art. 25. - 1. A carico delle persone nei cui confronti sia stata emanata sentenza di con-danna anche non definitiva per taluno dei reati previsti dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ovvero per il delitto di cui all’ articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, ovvero sia stata disposta, con provvedimento anche non definitivo, una misura di prevenzione ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, il nucleo di polizia tributaria del Corpo della guardia di finanza, competente in relazione al luogo di dimora abituale del soggetto, può procedere alla verifica della relativa posizione fiscale, economica e patrimoniale ai fini dell’accertamento di illeciti valutari e societari e comunque in materia economica e finanziaria, anche allo scopo di verificare l’osservanza della disciplina dei divieti autorizzatori, concessori o abilitativi di cui all’ articolo 10 della citata legge n. 575 del 1965, e successive modificazioni.

2. Le indagini di cui al comma 1 sono effettuate anche nei confronti dei soggetti di cui all’ articolo 2-bis, comma 3, e all’ articolo 10, comma 4, della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni. Nei casi in cui il domicilio fiscale, il luogo di effettivo esercizio dell’attività, ovvero il luogo di dimora abituale dei soggetti da sottoporre a verifica sia diverso da quello delle persone di cui al comma 1, il nucleo di polizia tributaria può delegare l’ese-cuzione degli accertamenti di cui al presente comma ai reparti del Corpo della guardia di finanza competenti per territorio.

3. Copia della sentenza di condanna o del provvedimento di applicazione della misura di prevenzione è trasmessa, a cura della cancelleria competente, al nucleo di polizia tributaria indicato al comma 1.

4. Per l’espletamento delle indagini di cui al presente articolo, i militari del Corpo della guardia di finanza, oltre ai poteri e alle facoltà previsti dall’ articolo 2 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, si avvalgono dei poteri di cui all’ articolo 2-bis, comma 6, della legge

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31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonché dei poteri attribuiti agli apparte-nenti al nucleo speciale di polizia valutaria ai sensi del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

5. La revoca del provvedimento con il quale è stata disposta una misura di prevenzione non preclude l’utilizzazione ai fini fiscali degli elementi acquisiti nel corso degli accertamenti svolti ai sensi del comma 1.

6. Ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, ai dati, alle notizie e ai documenti acquisiti ai sensi del comma 4 si applicano le disposizioni di cui all’ articolo 51, secondo comma, numero 2), secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e all’ articolo 32, primo comma, numero 2), secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settem-bre 1973, n. 600, e successive modificazioni»; b)   all’ articolo 30, il primo comma è sostituito dal seguente:«Le persone condannate con sentenza definitiva per taluno dei reati previsti dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ovvero per il delitto di cui all’ articolo 12-quin-quies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, o già sottoposte, con provvedimento definitivo, ad una misura di prevenzione ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, sono tenute a comunicare per dieci anni, ed entro trenta giorni dal fatto, al nucleo di polizia tributaria del luogo di di-mora abituale, tutte le variazioni nell’entità e nella composizione del patrimonio concernenti elementi di valore non inferiore ad euro 10.329,14. Entro il 31 gennaio di ciascun anno, i soggetti di cui al periodo precedente sono altresì tenuti a comunicare le variazioni intervenute nell’anno precedente, quando concernono complessivamente elementi di valore non inferiore ad euro 10.329,14. Sono esclusi i beni destinati al soddisfacimento dei bisogni quotidiani»; c) all’ articolo 31 è aggiunto, in fine, il seguente comma:«Nei casi in cui non sia possibile procedere alla confisca dei beni acquistati ovvero del corri-spettivo dei beni alienati, il giudice ordina la confisca, per un valore equivalente, di somme di denaro, beni o altre utilità dei quali i soggetti di cui all’articolo 30, primo comma, hanno la disponibilità».

Art. 8  (Modifiche alla disciplina in materia di operazioni sotto copertura)

1. All’ articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146, e successive modificazioni, sono appor-tate le seguenti modificazioni: a) al comma 1: 1) a lettera a) è sostituita dalla seguente:«a) gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione inve-stigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche ope-razioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti previsti dagli articoli 473, 474, 629, 630, 644, 648-bis e 648-ter, nonché nel libro II, titolo

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XII, capo III, sezione I, del codice penale, ai delitti concernenti armi, munizioni, esplosivi, ai delitti previsti dall’ articolo 12, commi 1, 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, nonché ai delitti previ-sti dal testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, dall’ articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e dall’ articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, anche per interposta persona, danno rifugio o comunque prestano assistenza agli associati, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano denaro, armi, documenti, sostanze stupefacenti o psicotrope, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere il reato o altrimenti ostacolano l’individuazione della loro provenienza o ne consentono l’impiego o compiono attività prodromiche e strumentali»; 2)   alla lettera b), dopo le parole: «commessi con finalità di terrorismo» sono inserite le se-guenti: «o di eversione»; b) b) dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1-bis. La causa di giustificazione di cui al comma 1 si applica agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria e agli ausiliari che operano sotto copertura quando le attività sono condotte in attuazione di operazioni autorizzate e documentate ai sensi del presente articolo. La disposi-zione di cui al precedente periodo si applica anche alle interposte persone che compiono gli atti di cui al comma 1»; c) al comma 2, dopo le parole: «o indicazioni di copertura» sono inserite le seguenti: «, rila-sciati dagli organismi competenti secondo le modalità stabilite dal decreto di cui al comma 5,»; d) d) il comma 3 è sostituito dal seguente:«3. L’esecuzione delle operazioni di cui ai commi 1 e 2 è disposta dagli organi di vertice ovvero, per loro delega, dai rispettivi responsabili di livello almeno provinciale, secondo l’ap-partenenza del personale di polizia giudiziaria impiegato, d’intesa con la Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere per i delitti previsti dall’ articolo 12, commi 1, 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. L’esecuzione delle operazioni di cui ai commi 1 e 2 in relazione ai delitti previ-sti dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, di seguito denominate “attività antidroga”, è specificatamente disposta dalla Direzione centrale per i servizi antidroga o, sempre d’intesa con questa, dagli organi di vertice ovvero, per loro delega, dai rispettivi responsabili di livello almeno provinciale, secondo l’appartenenza del personale di polizia giudiziaria impiegato»; e) il comma 4 è sostituito dal seguente:«4. L’organo che dispone l’esecuzione delle operazioni di cui ai commi 1 e 2 deve dare preventi-va comunicazione all’autorità giudiziaria competente per le indagini. Dell’esecuzione delle atti-vità antidroga è data immediata e dettagliata comunicazione alla Direzione centrale per i servizi antidroga e al pubblico ministero competente per le indagini. Se necessario o se richiesto dal pubblico ministero e, per le attività antidroga, anche dalla Direzione centrale per i servizi anti-droga, è indicato il nominativo dell’ufficiale di polizia giudiziaria responsabile dell’operazione, nonché quelli degli eventuali ausiliari e interposte persone impiegati. Il pubblico ministero deve comunque essere informato senza ritardo, a cura del medesimo organo, nel corso dell’operazio-

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ne, delle modalità e dei soggetti che vi partecipano, nonché dei risultati della stessa»; f ) al comma 5, le parole: «avvalersi di ausiliari» sono sostituite dalle seguenti: «avvalersi di agenti di polizia giudiziaria, di ausiliari e di interposte persone,»; g) il comma 6 è sostituito dal seguente:«6. Quando è necessario per acquisire rilevanti elementi probatori ovvero per l’individuazio-ne o la cattura dei responsabili dei delitti previsti dal comma 1, per i delitti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, limitatamente ai casi previsti agli articoli 73 e 74, gli ufficiali di polizia giudiziaria, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, e le autorità doganali, limitatamente ai citati articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e successive modificazioni, possono omet-tere o ritardare gli atti di propria competenza, dandone immediato avviso, anche oralmente, al pubblico ministero, che può disporre diversamente, e trasmettendo allo stesso pubblico ministero motivato rapporto entro le successive quarantotto ore. Per le attività antidroga, il medesimo immediato avviso deve pervenire alla Direzione centrale per i servizi antidroga per il necessario coordinamento anche in ambito internazionale»; h) dopo il comma 6 è inserito il seguente:«6-bis. Quando è necessario per acquisire rilevanti elementi probatori, ovvero per l’indivi-duazione o la cattura dei responsabili dei delitti di cui all’articolo 630 del codice penale, il pubblico ministero può richiedere che sia autorizzata la disposizione di beni, denaro o altra utilità per l’esecuzione di operazioni controllate per il pagamento del riscatto, indicandone le modalità. Il giudice provvede con decreto motivato»; i) al comma 7 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché delle sostanze stupefacenti o psicotrope e di quelle di cui all’ articolo 70 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni»; l) il comma 8 è sostituito dal seguente:«8. Le comunicazioni di cui ai commi 4, 6 e 6-bis e i provvedimenti adottati dal pubblico ministero ai sensi del comma 7 sono senza ritardo trasmessi, a cura del medesimo pubblico ministero, al procuratore generale presso la corte d’appello. Per i delitti indicati all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, la comunicazione è trasmessa al procuratore nazionale antimafia»; m) al comma 9 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero per lo svolgimento dei compiti d’istituto»; n) il comma 10 è sostituito dal seguente:«10. Chiunque indebitamente rivela ovvero divulga i nomi degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che effettuano le operazioni di cui al presente articolo è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da due a sei anni»; o) al comma 11 è aggiunta, in fine, la seguente lettera:«f-bis) l’ articolo 7 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni».

2.  Al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, sono appor-tate le seguenti modificazioni:

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a) l’ articolo 97 è sostituito dal seguente:«Art. 97. - (Attività sotto copertura). - 1. Per lo svolgimento delle attività sotto copertura con-cernenti i delitti previsti dal presente testo unico si applicano le disposizioni di cui all’ articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146, e successive modificazioni»; b) l’ articolo 98 è abrogato.

3.  All’articolo 497 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 è inserito il seguente: «2-bis. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, anche appartenenti ad organismi di poli-zia esteri, gli ausiliari, nonché le interposte persone, chiamati a deporre, in ogni stato e grado del procedimento, in ordine alle attività svolte sotto copertura ai sensi dell’ articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146, e successive modificazioni, invitati a fornire le proprie genera-lità, indicano quelle di copertura utilizzate nel corso delle attività medesime».

4.  Alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:a) all’articolo 115, dopo il comma 1 è inserito il seguente:«1-bis. Le annotazioni di cui al comma 1, se riguardanti le attività di indagine condotte da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria nel corso delle operazioni sotto copertura ai sensi dell’ articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146, e successive modificazioni, contengono le gene-ralità di copertura dagli stessi utilizzate nel corso delle attività medesime»; b) all’articolo 147-bis sono apportate le seguenti modificazioni: 1) nella rubrica, dopo la parola: «Esame» sono inserite le seguenti: «degli operatori sotto copertura,»; 2) dopo il comma 1 è inserito il seguente:«1-bis. L’esame in dibattimento degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria, anche ap-partenenti ad organismi di polizia esteri, degli ausiliari e delle interposte persone, che abbiano operato in attività sotto copertura ai sensi dell’ articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146, e successive modificazioni, si svolge sempre con le cautele necessarie alla tutela e alla riserva-tezza della persona sottoposta all’esame e con modalità determinate dal giudice o, nei casi di urgenza, dal presidente, in ogni caso idonee a evitare che il volto di tali soggetti sia visibile»; 3)   al comma 3 è aggiunta, in fine, la seguente lettera:«c-bis) quando devono essere esaminati ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, anche appar-tenenti ad organismi di polizia esteri, nonché ausiliari e interposte persone, in ordine alle at-tività dai medesimi svolte nel corso delle operazioni sotto copertura di cui all’ articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146, e successive modificazioni. In tali casi, il giudice o il presidente dispone le cautele idonee ad evitare che il volto di tali soggetti sia visibile».

Art. 9  (Modifica all’articolo 353 del codice penale, concernente il reato di turbata libertà degli incanti)

1.  All’articolo 353, primo comma, del codice penale, le parole: «fino a due anni» sono so-stituite dalle seguenti: «da sei mesi a cinque anni».

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Art. 10  (Delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente)

1.  Dopo l’articolo 353 del codice penale è inserito il seguente:«Art. 353-bis. - (Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032».

Art. 11  (Ulteriori modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del medesimo codice)

1.  All’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, le parole: «e dall’ articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43» sono sostituite dalle seguenti: «dall’ articolo 291-quater del testo unico appro-vato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e dall’ articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,».

2.  All’articolo 147-bis, comma 3, delle norme di attuazione, di coor-dinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decre-to legislativo 28 luglio 1989, n. 271, la lettera a) è sostituita dalla seguente: «a) quando l’esame è disposto nei confronti di persone ammesse al piano provvisorio di protezione previsto dall’ articolo 13, comma 1, del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, o alle speciali misure di protezione di cui al citato articolo 13, commi 4 e 5, del medesimo decreto-legge;».

Art. 12  (Coordinamenti interforze provinciali)

1.  Al fine di rendere più efficace l’aggressione dei patrimoni della criminalità organizzata, il Ministro dell’interno, il Ministro della giustizia e il procuratore nazionale antimafia stipulano uno o più protocolli d’intesa volti alla costituzione, presso le direzioni distrettuali antimafia, di coordinamenti interforze provinciali, cui partecipano rappresentanti delle Forze di polizia e della Direzione investigativa antimafia.

2.  I protocolli d’intesa di cui al comma 1 definiscono le procedure e le modalità operative per favorire lo scambio informativo e razionalizzare l’azione investigativa per l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali, fermo restando il potere di proposta dei soggetti di cui all’ articolo 2-bis della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.

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Art. 13  (Stazione unica appaltante)

1.  Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri dell’inter-no, dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti, del lavoro e delle politiche sociali, per i rapporti con le regioni e per la pubblica amministrazione e l’innovazione, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, le modalità per promuovere l’istituzione, in ambito regionale, di una o più stazioni uniche appaltanti (SUA), al fine di assicurare la trasparenza, la regolarità e l’economicità della gestione dei contratti pubblici e di prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose.

2.  Con il decreto di cui al comma 1 sono determinati: a) gli enti, gli organismi e le società che possono aderire alla SUA; b)  le attività e i servizi svolti dalla SUA, ai sensi dell’ articolo 33 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;c)  gli elementi essenziali delle convenzioni tra i soggetti che aderiscono alla SUA; d)  le forme di monitoraggio e di controllo degli appalti, ferme restando le disposizioni vi-genti in materia.

Art. 14  (Modifica della disciplina in materia di ricorso avverso la revoca dei programmi di protezione e ulteriori disposizioni concernenti le misure previste per i testimoni di giustizia)

1.   All’ articolo 10 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modi-ficazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, il comma 2-septies è sostituito dal seguente: «2-septies. Nel termine entro il quale può essere proposto il ricorso giurisdizionale e in pen-denza della decisione relativa all’eventuale richiesta di sospensione ai sensi dell’ articolo 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, o dell’ articolo 36 del re-golamento di cui al regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, il provvedimento di cui al comma 2-sexies rimane sospeso».

2.  All’ articolo 16-ter, comma 1, lettera e), del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’ articolo 13 del-la legge 23 febbraio 1999, n. 44, e il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno è surrogato, quanto alle somme corrisposte al testimone di giustizia a titolo di mancato guadagno, nei diritti verso i responsabili dei danni. Le somme recuperate sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero dell’interno in deroga all’ articolo 2, commi 615, 616 e 617, della legge 24 di-cembre 2007, n. 244».

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Art. 15  (Modifica della composizione del Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata)

1.  All’ articolo 1 del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, sono apportate le seguenti modificazioni:a)   al comma 1, le lettere d), e) e f ) sono sostituite dalle seguenti:«d) dal Direttore dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna; e) dal Direttore dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna; f ) dal Direttore della Direzione investigativa antimafia»; b)   al comma 3, le parole: «nonché dell’organismo previsto dall’articolo 3» sono sostituite dalle seguenti: «nonché della Direzione investigativa antimafia».

Art. 16  (Clausola di invarianza finanziaria)

1.  Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Artt. 120, 121, 122, D.Lgs. 104/10

Art. 120  Disposizioni specifiche ai giudizi di cui all’ articolo 119, comma 1, lettera a)

1.  Gli atti delle procedure di affidamento, ivi comprese le procedure di affidamento di incarichi e concorsi di progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esse connesse, re-lativi a pubblici lavori, servizi o forniture, nonché i connessi provvedimenti dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, sono impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.

2.  Nel caso in cui sia mancata la pubblicità del bando, il ricorso non può comunque essere più proposto decorsi trenta giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell’avviso di aggiudicazione definitiva di cui all’ articolo 65 e all’ articolo 225 del decreto le-gislativo 12 aprile 2006, n. 163, a condizione che tale avviso contenga la motivazione dell’at-to con cui la stazione appaltante ha deciso di affidare il contratto senza previa pubblicazione del bando. Se sono omessi gli avvisi o le informazioni di cui al presente comma oppure se essi non sono conformi alle prescrizioni ivi contenute, il ricorso non può comunque essere proposto decorsi sei mesi dal giorno successivo alla data di stipulazione del contratto.

3.  Salvo quanto previsto dal presente articolo e dai successivi, si applica l’ articolo 119.

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4.  Quando è impugnata l’aggiudicazione definitiva, se la stazione appaltante fruisce del pa-trocinio dell’Avvocatura dello Stato, il ricorso è notificato, oltre che presso detta Avvocatura, anche alla stazione appaltante nella sua sede reale, in data non anteriore alla notifica presso l’Avvocatura, e al solo fine dell’operatività della sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione del contratto.

5.  Per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di tren-ta giorni, decorrente dalla ricezione della comunicazione di cui all’ articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, auto-nomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’ articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto.

6.  Quando il giudizio non è immediatamente definito ai sensi dell’ articolo 60, l’udienza di merito, ove non indicata dal collegio ai sensi dell’ articolo 119, comma 3, è immediatamente fissata d’ufficio con assoluta priorità.

7.  I nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti.

8.  Il giudice decide interinalmente sulla domanda cautelare, anche se ordina adempimenti istruttori, se concede termini a difesa, o se solleva o vengono proposti incidenti processuali.

9.  Il dispositivo del provvedimento con cui il tribunale amministrativo regionale definisce il giudizio è pubblicato entro sette giorni dalla data della sua deliberazione.

10.  Tutti gli atti di parte e i provvedimenti del giudice devono essere sintetici e la sentenza è redatta, ordinariamente, nelle forme di cui all’ articolo 74.

11.  Le disposizioni dei commi 3, 6, 8 e 10 si applicano anche nel giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato, proposto avverso la sentenza o avverso l’ordinanza cautelare, e nei giudi-zi di revocazione o opposizione di terzo. La parte può proporre appello avverso il dispositivo, al fine di ottenerne la sospensione prima della pubblicazione della sentenza.

Art. 121  Inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni

1.  Il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva dichiara l’inefficacia del contratto nei seguenti casi, precisando in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva:

a)  se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta senza previa pubblicazione del bando o avviso

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con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Uffi-ciale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; b)  se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta con procedura negoziata senza bando o con af-fidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l’omissione della pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è pre-scritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; c)  se il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito dall’ articolo 11, comma 10, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento; d)  se il contratto è stato stipulato senza rispettare la sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudi-cazione definitiva, ai sensi dell’ articolo 11, comma 10-ter , del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell’aggiudicazione defini-tiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento.

2.  Il contratto resta efficace, anche in presenza delle violazioni di cui al comma 1 qualo-ra venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti. Tra le esigenze imperative rientrano, fra l’altro, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore attuale. Gli interessi eco-nomici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative solo in circostanze eccezionali in cui l’inefficacia del contratto conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all’eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporta l’obbligo di rinnovare la gara. Non costituiscono esigenze imperative gli interessi economici legati direttamente al contratto, che comprendono fra l’altro i costi derivanti dal ritardo nell’esecuzione del contratto stesso, dalla necessità di indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio dell’operatore econo-mico e dagli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia.

3.  A cura della segreteria, le sentenze che provvedono in applicazione del comma 2 sono tra-smesse alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche comunitarie.

4.  Nei casi in cui, nonostante le violazioni, il contratto sia considerato efficace o l’inefficacia sia temporalmente limitata si applicano le sanzioni alternative di cui all’ articolo 123.

5.  La inefficacia del contratto prevista dal comma 1, lettere a) e b) , non trova applicazione quando la stazione appaltante abbia posto in essere la seguente procedura:

a)  abbia con atto motivato anteriore all’avvio della procedura di affidamento dichiarato di ritenere che la procedura senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una

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gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repub-blica italiana sia consentita dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; b)  abbia pubblicato, rispettivamente per i contratti di rilevanza comunitaria e per quelli sotto soglia, nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana un avviso volontario per la trasparenza preventiva ai sensi dell’ articolo 79-bis del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in cui manifesta l’intenzione di conclu-dere il contratto;c)  il contratto non sia stato concluso prima dello scadere di un termine di almeno dieci gior-ni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell’avviso di cui alla lettera b).

Art. 122  Inefficacia del contratto negli altri casi

1.  Fuori dei casi indicati dall’ articolo 121, comma 1, e dall’ articolo 123, comma 3, il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effet-tiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta.