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ADORNO e HORKHEIMER: la critica all’industria culturale La post verità L’informazione nel mondo antico. Tra fake news e reporter di grido Le curve che descrivono le fake news LETTERATURA ITALIANA SCIENZE UMANE e Cittadinanza LETTERATURA FRANCESE LETTERATURA TEDESCA MATEMATICA LETTERATURA INGLESE LETTERATURA LATINA STORIA FILOSOFIA LETTERATURA SPAGNOLA SCIENZE MOTORIE ROBERTO SAVIANO Il mio viaggio nel web oscuro CHARLES DE GAULLE Appel à la résistance WINSTON CHURCHILL Without victory there is no survival ARTURO PÉREZ REVERTE Sobre miedo: periodismo y libertad La propaganda e l’evoluzione dei mass media. Lo scandalo Watergate Il linguaggio del corpo IL POTERE DELLE PAROLE la funzione performativa del linguaggio HEINRICH BÖLL Katharina Blum LA COMUNICAZIONE

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ADORNO eHORKHEIMER:la critica all’industria culturale La post verità

L’informazione nel mondo antico. Tra fake news e reporter di grido

Le curve che descrivono le fake news

LETTERATURA ITALIANA

SCIENZEUMANE

e Cittadinanza

LETTERATURA FRANCESE

LETTERATURA TEDESCA

MATEMATICA

LETTERATURA INGLESE

LETTERATURA LATINA

STORIA

FILOSOFIA LETTERATURA SPAGNOLA

SCIENZE MOTORIE

ROBERTO SAVIANO Il mio viaggio nel web oscuro

CHARLES DE GAULLEAppel à la résistance

WINSTON CHURCHILL Without victory there is no survival

ARTURO PÉREZ REVERTE Sobre miedo: periodismo y libertad

La propaganda e l’evoluzione dei mass media.Lo scandalo Watergate Il linguaggio

del corpo

IL POTERE DELLE PAROLEla funzione performativa del linguaggio

HEINRICH BÖLLKatharina Blum

LA COMUNICAZIONE

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Roberto Saviano (classe 1979) è uno scrittore italiano noto per aver raccontato il mondo della camorra, e della criminalità organizzata in senso più generale, in uno dei più famosi best-seller dell’inizio di questo millennio: Gomorra (2006). Il libro, tra i più venduti e tradotti testi italiani degli ultimi anni, ha provocato non solo una mole impressionante di reazioni anche opposte tra loro, dall’entusiasmo al disgusto, ma perfino minacce di morte rivolte all’autore da parte di un clan camorristico implicato nel racconto: e ciò ha trasformato Saviano prima in una figura pubblica, difesa dalle istituzioni attraverso una scorta armata permanente, e poi in una vera e propria star mediatica.Proprio da un evento mediatico organizzato dal quotidiano La Repubblica e dedicato alla società digitale (Onlife, il futuro visto da vicino) ha origine il testo riportato, frutto delle riflessioni che l’autore ha prima sviluppato di fronte al pubblico che lo ascoltava in sala, e poi messo per iscritto in un articolo.Saviano esamina, nel suo ragionamento, quanto avviene oggi sui social network, si addentra nei meccanismi che regolano il mondo del web e analizza i comportamenti che assumono gli utenti quando sono online. La sua tesi è, in sintesi, questa: chi frequenta i social network spesso dà il peggio di sé, senza che i gestori di queste piattaforme facciano nulla per impedirglielo. Nascondendosi dietro la neutralità degli algoritmi che regolano l’interazione tra gli utenti e la pubblicazione dei contenuti, essi “garantiscono (e si garantiscono) impunità” (r. 20). Il problema – denuncia Saviano – è che tutto ciò ha conseguenze molto negative sulla possibilità di confrontarsi e dialogare in modo autentico in rete (e quindi, più in generale nel mondo), perché porta a considerare sincera e veritiera solo l’opinione di chi difende sé e i propri interessi.

La tecnologia non è né buona né cattiva ma neanche neutrale: questa è la prima legge della tecnologia di Melvin Kranzberg1. In questa frase c’è già tutto: la potenza dei motori di ricerca e dei social network è sempre lì a suggerirci che non prendono posizione, che non sono responsabili di quello che si scrive e possono solo dirigere il traffico. La prima grande bugia è considerare i motori di ricerca, le piattaforme di chat o i social network, luoghi neutrali. Organizzare i profitti, verso che direzione orientare i propri algoritmi, sono scelte precise, economiche e politiche, l’algoritmo non è neutrale, non è buono né cattivo. Quando decide di premiare la quantità indipendentemente dalla qualità, questa è una scelta profondamente politica perché va a impattare con quanto dice Roger McNamee: “Quando gli utenti sono arrabbiati, consumano e condividono più contenuti. Se rimangono calmi e imparziali hanno relativamente poco valore per Facebook che fa di tutto per attivare il cervello rettile2”. McNamee, che fu uno dei primi investitori in Facebook - e ne è oggi pericolosamente spaventato per il mondo che ha creato - descrive la dinamica della rabbia come capitale primo dei social network: se non sei arrabbiato non stai tutto il tempo attaccato al telefono, se aggredisci, senti con la pancia, rispondi nell’immediato, allora sei utile e aiuti a rendere virale il contenuto.Quello che i social network fanno ho provato a compararlo al mercato delle auto. Perché più dell’ottanta per cento delle auto sul mercato italiano ha motori in grado di arrivare (e superare) i duecento chilometri orari? In nessuna strada sei autorizzato a tale velocità. Eppure puoi comprare un’auto che corre oltre i limiti, puoi farlo sapendo che rischierai, oltre che di ammazzare e ammazzarti, il ritiro della patente. I social network fanno qualcosa di simile ma senza limiti. Autorizzano a spammare3 ogni sorta di contenuto, di insulto, di bugia, di manipolazione, violano sistematicamente la privacy raccogliendo ogni sorta di informazione su di te ma non solo ti autorizzano a farlo: ti garantiscono (e si garantiscono) impunità. Al massimo in qualche raro caso banneranno4 qualche insulto, e ci sarà qualche episodico processo su qualche violazione gravissima avvenuta all’interno dei loro spazi. Ma per il resto ogni secondo lasceranno che si condividano palesi bugie, propaganda di ogni tipo, attacchi personali, porcherie di ogni genere. Non solo produci motori che vanno oltre i limiti consentiti, ma dai l’impunità a correre il più possibile.

ROBERTO SAVIANO Il mio viaggio nel web oscuro

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LETTERATURA ITALIANA

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1. Melvin Kranzberg (1917-1995) è stato uno storico statunitense; è noto per le sue sei leggi sulla tecnologia.2. cervello rettile: secondo una nota teoria del medico statunitense Paul Donald Mac Lean, è la parte più antica del nostro

cervello, legata agli istinti e agli impulsi.3. spammare: diffondere una grande quantità di messaggi indesiderati.4. banneranno: bloccheranno, bandiranno

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Ovviamente non è solo questo il web, non sono solo questo i social network anzi, la loro ragione d’essere si fonda sulla diffusione del sapere, la connessione degli esseri umani, la creazione di nuove grammatiche emozionali. Questo in linea di principio ancora sopravvive in residuali spazi perché la trasformazione è ormai completamente avvenuta, come scrive Franco Berardi, “Bifo”5: “Innumerevoli tempeste di merda sommandosi hanno trasformato l’infosfera globale in uno tsunami di merda che ha disattivato l’universalismo della ragione, ridotto la sensibilità e distrutto i fondamenti del comportamento etico. Il risentimento identitario ha sostituito la solidarietà sociale, e la cultura dell’appartenenza ha sostituito la ragione universale”. Esprimere i propri pensieri con un tono corretto ed educato viene percepito come inautentico, non utilizzare un registro sarcastico6 ti degrada immediatamente all’ambiguità: cosa nascondi se provi a convincere e non demolire, a ragionare e non vincere? Questo ha creato un riflesso automatico per cui nello spazio dei social il sentire comune crede solo a chi palesa il suo interesse chiaramente, a chi si sente chiaramente che difende se stesso, la sua parte, i suoi soldi, il suo successo, la sua razza. Insomma, sé e basta. Sé e quelli come sé, o in nome di quelli come sé.

Siamo disposti a credere non solo esclusivamente a ciò che è governato da un interesse personale, ma peggio, che l’odio sia autentico e disinteressato e che la ricerca di empatia, di giustizia e la possibilità di essere buoni siano ambigue e segretamente mosse da oscuri profitti. Una persona che è abitata dalle sue contraddizioni, dai suoi errori, che per vivere lavora o vuole migliorare se stesso ma che oltre che guadagnare per sé e la sua famiglia prova a migliorare la società in cui vive, che prova a credere che il diritto alla felicità sia diritto dell’umanità, non solo è derisa e non creduta ma per sostenere questi suoi principi è sistematicamente sottoposta a una prova di stress, indagine e diffidenza estrema. Qualsiasi suo errore umano e contraddizione servirà a delegittimare la sua voglia di mutare in meglio il mondo come se gli fosse fatta tana. Ti abbiamo beccato! Al contrario se appartieni alla categoria degli insultatori, di coloro che si palesano autenticamente come avversari di qualsiasi moto solidale, ti è permessa ogni sorta di errore, ogni compromissione è tollerata.

Insomma il bene sarebbe concesso nell’infosfera soltanto a esseri metafisici che non ricercano il loro benessere e che non errano. In una parola il bene è impossibile: persegui solo il tuo profitto e difendi la tua zolla, sentiti simile ai tuoi prossimi, leggi solo ciò che ti conferma il tuo sentire. Fine. Di questo odio si nutrono i social network, questo pensiero è alimentato dai filtri dei motori di ricerca che fingono di non esserne parte ma sono organizzatori di ciò che viene versato nell’oceano in cui poi su richiesta vanno a rassettare e ordinare informazioni su richiesta. Come ricorda il formatore Andrew Lewis, “se non state pagando qualcosa non siete un cliente: siete il prodotto che stanno vendendo”.

Analisi del testoWeb oscuroQuella del romanzo è per Saviano solo una delle tante possibili forme di testimonianza, al pari dell’articolo di giornale, del dramma teatrale, del saggio politico, del discorso alla televisione: si tratta sempre di parlare, per poter incidere sulle coscienze e cambiare in meglio la società. È quanto l’autore di Gomorra prova a fare anche in questo articolo, ricco di citazioni suggestive e frutto anche – si capisce tra le righe – di personali esperienze di vita e di navigazione.La posizione di Saviano è chiara fin dal titolo dell’articolo: il mondo di internet è definito infatti “oscuro”. Il web è oscuro perché i reali meccanismi di funzionamento (gli algoritmi) di motori di ricerca, piattaforme di chat o social network sono poco trasparenti e poco conosciuti; ma anche perché sono moralmente poco limpidi, anzi eticamente più che discutibili.

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5. Franco Berardi: filosofo e saggista italiano, detto “Bifo”.6. un registro sarcastico: un tono improntato a un’ironia pungente, sprezzante, corrosiva.

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La tecnologia e la rabbiaUna tecnologia può essere utilizzata per fini buoni o cattivi, sostiene Saviano, ma non è neutrale perché dietro a essa c’è sempre la scelta di qualcuno. Nel caso dei motori di ricerca, delle chat o dei social network la scelta è quella di tenere l’utente il più possibile ancorato alla piattaforma su cui si trova, privilegiando la quantità rispetto alla qualità dei contenuti veicolati. Ecco perché, allora, la rabbia costituisce il “capitale primo dei social network: se non sei arrabbiato, non stai tutto il tempo attaccato al telefono, se aggredisci, senti con la pancia, rispondi nell’immediato, allora sei utile e aiuti a rendere virale il contenuto” (r. 13).Il paragone con il mercato delle auto, che segue, serve a Saviano per dare concretezza al suo discorso e far capire chiaramente come a suo avviso stanno le cose. Sia i gestori dei social che le case produttrici di auto, sostiene l’autore, mettono a disposizione degli utenti strumenti in grado di superare i limiti consentiti. Se una persona supera i limiti di velocità in macchina, però, almeno rischia qualche conseguenza (come il ritiro della patente), mentre nel mondo dei social le è praticamente garantita l’impunità per quasi ogni cosa. I social infatti “autorizzano a spammare ogni sorta di contenuto, di insulto, di bugia, di manipolazione, violano sistematicamente la privacy raccogliendo ogni sorta di informazione su di te ma non solo ti autorizzano a farlo: ti garantiscono (e si garantiscono) impunità” (rr. 18-20).

I social network oggiIl mondo è cambiato e i social, constata Saviano, non sono nell’età presente quello che erano in passato o, almeno, quello che avrebbero dovuto o potuto essere: non sono (quasi) più uno strumento di “diffusione del sapere” e di “connessione degli esseri umani”, ma praterie in cui gli haters scorrazzano liberamente, finendo con il distorcere i tradizionali meccanismi di comunicazione ed empatia. Oggi chi si espone per esprimere in modo pacato e razionale il proprio punto di vista, evidenzia l’autore, è guardato con profonda diffidenza; diffidenza che aumenta se con le proprie opinioni “prova a migliorare la società in cui vive, […] prova a credere che il diritto alla felicità sia diritto dell’umanità” (rr. 42-43), in ragione di una “solidarietà sociale” e di una “ragione universale” in cui fermamente crede.La difesa della propria zolla, dei proprio profitto e dei propri interessi (che spesso trova espressione in un registro sarcastico e corrosivo) sembra invece essere diventato l’unico atteggiamento ritenuto sincero (e quindi lecito) nelle comunità online. Insomma, “in una parola il bene è impossibile” – sentenzia Saviano – perché solo l’odio e l’egoismo sono visti come disinteressati, mentre la ricerca di giustizia e di empatia appaiono sempre mosse da opachi e ipocriti interessi personali.

Iscriviti! È gratisLa tecnologia, ribadisce l’autore in conclusione, non è davvero neutrale: non solo lascia che tutto questo accada, ma lo favorisce, lo incentiva. Social e motori di ricerca provano a fingersi estranei ai meccanismi di difesa identitaria e di odio che caratterizzano alcuni dei contenuti che essi veicolano, ma in realtà favoriscono e promuovono tali contenuti.In primo luogo perché essi propongono all’utente informazioni parziali o addirittura distorte (è quello che avviene per esempio sulla base del meccanismo del filter bubble, per il quale un utente riceve prevalentemente informazioni in linea con le proprie opinioni e le proprie preferenze, finendo in una sorta di bolla autoreferenziale, chiusa a ogni novità o opinione discorde dalla propria). In secondo luogo perché tutto ciò permette loro di avere molte interazioni e quindi più informazioni sugli utenti. Ai social network interessano queste ultime, perché gli utenti non sono per loro dei clienti, ma dei prodotti da vendere. Il web, quando si presenta “indifferente” al denaro (“Iscriviti! È gratis”) sta in realtà solo speculando sull’ignoranza e sull’ingenuità delle persone.

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LaboratorioCOMPRENDERE 1. Che cosa intende dire Saviano quando afferma “questa è una scelta profondamente politica” (r. 7)?2. Spiega la frase: “Qualsiasi suo errore umano e contraddizione servirà a delegittimare la sua voglia di

mutare in meglio il mondo come se gli fosse fatta tana.” (rr. 44-46).3. Perché chi sui social prova a ragionare in modo pacato o mostra di saper guardare oltre il suo personale

tornaconto è visto con diffidenza e generalmente non è creduto?

ANALIZZARE 4. Nel testo Saviano si riferisce al mondo di internet ricorrendo a vari sinonimi e metafore. Individuali e

spiegane il significato.5. Le idee e l’operato di Saviano (che è uno scrittore civilmente molto impegnato) sono stati talvolta oggetto

di critiche poco benevole. In quali passaggi del testo sembra emergere questo doloroso vissuto personale?

CONTESTUALIZZARE E INTERPRETARE6. Sei d’accordo con quanto afferma Saviano nell’articolo? Ci sono passaggi del suo ragionamento che ti

sembrano eccessivamente pessimistici? Oppure ritieni che la sua analisi sia, al contrario, tutto sommatotroppo ottimistica e che il web sia anche peggio di quanto ci racconta?

7. Con quali meccanismi i social network raccolgono informazioni sui loro utenti? Quali usi ne fanno? Qualipericoli tale pratica può comportare? Il diritto alla privacy e all’oblio possono davvero tutelare chi nondesidera apparire sul web o non vuole essere tracciato e profilato? Quali cattive abitudini (spesso indotte)dovremmo abbandonare per essere più tutelati? Rispondi facendo anche riferimento alla tua esperienzapersonale.

8. “Gratis” è sempre sinonimo di “fregatura”? Esiste ancora – a tuo parere – un internet non degradato eimbruttito dagli interessi economici o di parte, ma solidale, empatico, dialogante, volto a promuovere lacollaborazione e non il conflitto? Se sì, prova a fare qualche esempio.

9. Nel 2017 la Rai ha dedicato la 69° edizione del Prix Italia, un premio internazionale annuale per i prodottiradio-televisivi (e ora anche web), al tema delle cosiddette fake news. Lo spot radiofonico creato perl’evento così diceva:

«Abbiamo visto blog che rifiutano farmaci ed altri credere in cure miracolose...Abbiamo visto mostri in prima pagina ed eroi in ultima...Abbiamo visto social manipolare menti e corpi con microchip nascosti...Abbiamo visto la Terra piatta e prove che non siamo mai stati sulla Luna...Abbiamo visto l’odio crescere e l’amore ridursi a emoticon...Abbiamo visto tutto e il contrario di tutto e non abbiamo ancora visto niente...Basta fake news, riprendiamoci la verità.»

Che cosa ne pensi? Ti sembra che lo spot descriva bene anche il mondo di internet? Spiega oralmente le ragioni della tua risposta.

[tratto da C. Giunta-A. Mezzadrelli, 1, 2, 3… Maturità, vol. 1, pp. 24-25]

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Uno degli aspetti emersi durante la recente pandemia di Covid-19 è stata la conferma dell’importanza dell’informazione nella società contemporanea. Prima di affrontare l’argomento direttamente, è bene ricordare forse alcuni concetti fondamentali sulla comunicazione in generale, ormai acquisiti tra gli studiosi delle scienze umane. Innanzitutto, è bene ricordare che la comunicazione ormai non è considerata solamente come un mezzo neutro per trasmettere messaggi o distribuire informazioni, ma piuttosto come una modalità utile per conservare e rafforzare i valori della società. Comunicare è il modo in cui le persone quotidianamente “costruiscono” la realtà sociale, mantenendo rapporti sociali e affermando i valori importanti.Questo modo di intendere la comunicazione privilegia due funzioni particolari del linguaggio: la funzione fàtica, o di contatto, e la funzione performativa.La funzione fàtica o di contatto è la capacità del linguaggio di creare e mantenere relazioni sociali. Spesso,infatti, noi non parliamo per chiedere o per ottenere informazioni, ma per il gusto di parlare, di condividere, distare insieme. Gran parte delle nostre conversazioni faccia a faccia e delle comunicazioni dei mass media nonsono finalizzate a ottenere o rilasciare informazioni, ma a mantenere relazioni, a intrattenerci o a divertirci.La funzione performativa è invece la capacità del linguaggio di agire sul mondo, per trasformarlo. Il modellodel puro e semplice trasferimento di informazioni è inadeguato se pensiamo che con le parole si fanno cosemolto più complesse.Con funzione performativa intendiamo, infatti, un modo di considerare le parole come vere e proprie azioni,che deriva dalle riflessioni sul linguaggio del filosofo inglese John Austin. Questi, nel libro Come fare cosecon le parole, sottolineò il carattere performativo degli atti linguistici: affermazioni come “vi dichiaro marito emoglie”, o “sei licenziato”, sono azioni nel senso che modificano la realtà. La prima modifica lo status familiaredi una coppia; la seconda sancisce un passaggio di status individuale (da lavoratore a non lavoratore). Questopotere, secondo le riflessioni più recenti, è insito in qualsiasi parola, frase o atto comunicativo in generale.Un ulteriore esempio a supporto di tale funzione è offerto dagli studi sull’intersoggettività di George H.

Il potere delle parole: la funzione performativa del linguaggio

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SCIENZE UMANEe Cittadinanza

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Mead, considerato il precursore dell’interazionismo simbolico. Secondo Mead i suoni che emettiamo per indicare le cose, quindi le parole, sono simboli che rimandano a un significato condiviso. Tali simboli sono in grado di orientare le emozioni e gli atteggiamenti dei soggetti, pertanto bisogna fare attenzione alle parole

che si usano: se uso la parola “lupo” posso provocare timore nel mio interlocutore, non tanto per la parola in sé, quanto perché attraverso di essa evoco una situazione di pericolo. Possiamo fare un secondo esempio, tratto dall’attualità, osservando le reazioni alle parole “virus”, o “infetto”, o “contagio”.Proprio per questo suo potere di modificare la realtà, alla funzione performativa è legato un secondo concetto importante: quello di responsabilità, e in particolare di responsabilità rispetto alle conseguenze delle nostre parole. Il tema della responsabilità rispetto alle

conseguenze delle nostre parole emerge in modo pressante a maggior ragione se pensiamo a quanto i nuovi media consentano di amplificare queste parole, a come facciano da cassa di risonanza pressoché senza limiti a ogni tipo di espressione, inclusa l’espressione di atteggiamenti e posizioni denigratori, offensivi, razzisti, discriminatori, che possono sortire effetti anche pesanti su chi ne viene colpito. Chi controlla i social network e in generale la Rete – ma anche chi semplicemente ne fruisce, partecipando con i propri interventi, piccoli o grandi che siano, alla discussione collettiva – non può esimersi da una forte assunzione di responsabilitàrispetto alla straordinaria libertà di espressione che tali mezzi consentono a chiunque.

Guida alla comprensione1. Perché la comunicazione non può essere considerata solo un modo di scambiarsi informazioni?2. Che cosa si intende per funzione fàtica? Sapresti fare un esempio?3. Che cosa si intende per funzione performativa? Sapresti fare un esempio?4. Che cosa intende George H. Mead affermando che le parole sono simboli?5. Perché la funzione performativa è strettamente legata al concetto di responsabilità?

Comunicazione e informazione nei mass mediaAlla luce di quanto detto sulla funzione performativa del linguaggio e sulla responsabilità ad essa associata, possiamo ora guardare alla comunicazione tipica dei mass media. Il primo punto da mettere a fuoco è il fatto che la conoscenza del mondo offerta dai media – conoscenza dei fenomeni, delle notizie, delle realtà locali o di interesse globale – non è una conoscenza diretta ma selezionata e mediata dai media stessi.La conoscenza della realtà che noi abbiamo attraverso di essi, infatti, non è come quella che abbiamo di fatti ed eventi della nostra vita quotidiana, ma è sempre filtrata dall’interposizione del medium.

Questa mediazione in un certo senso “modifica” sempre il fatto che ci viene presentato; inoltre, produce una specie di allontanamento emotivo da esso, tale da “anestetizzare” anche gli aspetti più cruenti e drammatici

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della realtà. Per esempio, quando, all’ora di cena, assistiamo a un telegiornale che ci presenta le immagini di un attentato, siamo di fronte a due ordini di mediazione:• il fatto viene presentato attraverso l’interpretazione del giornalista che sceglie come presentarcelo, quali

informazioni darci e quali immagini farci vedere;• il fatto appare distante e questa distanza lo depura dai suoi aspetti più disumani e impressionanti, cosa che

ci permette di continuare a cenare tranquillamente anche di fronte alla visione di centinaia di morti.Possiamo ancora fare un esempio tratto dall’attualità. Agli inizi della pandemia, il virus sembrava confinato a una remota provincia della Cina. La nostra reazione alle notizie della sua comparsa e della sua diffusione, nonché sul numero crescente delle vittime, è stata inizialmente “fredda”, distaccata, proprio in virtù della distanza e della mediazione realizzata dal mezzo di comunicazione. Solo quando i media hanno dato notizia che il virus era tra noi il nostro coinvolgimento è aumentato, certo in considerazione della inattesa vicinanza del pericolo, ma anche perché la “temperatura emotiva” del discorso giornalistico sul contagio è a sua volta cresciuta.

I media influenzano il comportamento?Le prospettive più recenti degli studi sui media hanno abbandonato l’idea di effetti immediati, a breve termine e potenti, su spettatori inermi e passivi (sostenuti, per esempio, dalla teoria ipodermica diffusa tra le due guerre mondiali). La capacità dei media di influenzare i nostri comportamenti è oggi interpretata in modo complesso: le comunicazioni di massa non ci influenzano direttamente e immediatamente, ma tendono piuttosto a modificare lentamente il nostro stile di vita, facendoci allineare a modelli preconfezionati.Il risultato è un effetto definito agenda setting: gli individui tendono a includere nelle proprie conoscenze e nei propri interessi solo ciò che viene loro proposto ogni giorno dai media. Specularmente, tendono a escludere dalle proprie conoscenze ciò che i media escludono dal proprio contenuto. In conseguenza dell’azione dei media, la gente è consapevole o ignora, dà attenzione o trascura, considera importanti o insignificanti fatti ed eventi della vita quotidiana.Sulla base del criterio interpretativo che privilegia gli effetti a lungo termine e l’agenda setting, diventa interessante comprendere il criterio con cui chi controlla i media sceglie gli argomenti di cui parlare e il peso da attribuire loro (che in gergo si chiama notiziabilità). Sono proprio questi argomenti, infatti, a costituire l’orizzonte dei nostri pensieri e dei nostri discorsi quotidiani.

Guida alla comprensione e alla riflessione1. Che cosa vuol dire che la conoscenza offerta dai media è una conoscenza selezionata e mediata?2. Che cos’è l’effetto “agenda setting”? E che cosa si intende per “notiziabilità?3. Con riferimento all’influenza del linguaggio sulla nostra percezione della realtà e alla sua capacità di

orientare le nostre emozioni, prova a pensare alle parole e alle espressioni usate in questi mesi perraccontare lo sviluppo della pandemia e per esortare le persone a modificare le proprie abitudini al fine dicontenere la diffusione del Covid-19. Riesci a isolare parole o espressioni ricorrenti? Quali effetti generano,o hanno generato, in te quelle parole? E in quelli che ti sono vicini? Credi che, nel periodo della pandemia, imedia si siano comportati con responsabilità? Argomenta la tua risposta.

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Guida alla comprensione1. Quali sono, in dettaglio, le libertà garantite dall’art. 21 della Costituzione?2. Le libertà garantite dall’art. 21 sono limitate solo alla stampa o si estendono anche agli altri media?3. Che cosa si intende con “libertà di espressione responsabile”?4. Condividi le esortazioni alla prudenza nell’esercizio della libertà di espressione esposte nell’articolo o ritieni che si

tratti di una limitazione eccessiva o non necessaria di un diritto fondamentale? Argomenta la tua risposta.

Libertà di parola e responsabilitàLa libertà di parola – intesa come una forma della più ampia libertà di manifestare il proprio pensiero, o libertà di espressione – è uno dei cardini delle democrazie moderne. In essa è compresa la libertà di stampa che, fin dai tempi della Rivoluzione francese, è uno degli strumenti fondamentali della lotta contro ogni forma di oppressione politica, sociale e culturale. La Costituzione italiana tutela la libertà di espressione e la libertà di stampa e di informazione all’art. 21, che recita:«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto.La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.»

Benché sia corretto considerare la libertà di parola e di stampa come diritti acquisiti e inalienabili, è forse bene interrogarsi su quale sia, oggi, il modo migliore di esercitare tale diritto. Il cattivo esercizio di questa libertà – o semplicemente il suo uso improprio o superficiale – può infatti avere conseguenze drammatiche. Il potere performativo della parola, la sua capacità di modellare il mondo e il pensiero, l’accesso diffuso a internet con le potenzialità di comunicazione che comporta, impongono cautela: basti pensare anche a quanto le parole pubblicate sui social media possono ferire i ragazzi presi di mira dai coetanei, o semplicemente più sensibili al giudizio degli altri – soprattutto oggi che i processi migratori propongono con urgenza il problema della convivenza tra individui portatori di riferimenti valoriali diversi. La complessità del presente richiede forse una libertà di espressione responsabile, consapevole dei suoi effetti, che talvolta sfuggono alle nostre stesse previsioni.

CITTADINANZA

A seguito dell’attentato del 7 gennaio 2015, a Parigi, contro la sede del settimanale satirico Charlie Hebdo, l’espressione “Je suis Charlie”, esibita in diverse forme (magliette, manifesti, insegne, testate giornalistiche...), si è diffusa ovunque in maniera capillare, come segno di condanna unanime della violenza nei confronti dei giornalisti uccisi, ma anche come affermazione del diritto alla libertà di espressione, considerato uno dei pilastri della cultura occidentale.

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SCIENZE MOTORIE

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Il linguaggio verbale, orale o scritto, rappresenta la più diffusa modalità di comunicazione fra gli esseri umani. Grazie alla ricchezza, alla precisione e alla flessibilità delle parole, esso permette di dar voce al pensiero, di riferire tanto cose concrete quanto concetti astratti, di parlare attraverso simboli e comunicare idee complesse, di trasferire conoscenze, di condividere progetti, esperienze, informazioni sulla realtà, di esprimere il proprio mondo interiore, di creare opere d’arte.Tuttavia quella verbale non è la sola forma di comunicazione tra gli uomini e, diversamente da ciò che si può pensare, non sempre è la più completa e corretta. Non tutto, infatti, può essere “detto” in modo adeguato con le parole. Per esempio, quando si vogliono descrivere le emozioni, le parole sembrano limitate, sia perché non è sempre agevole riconoscere e dare un nome puntuale e appropriato alle mille sfumature di ciò che si prova, sia perché l’espressione dell’emozione ha bisogno di un’immediatezza che la comunicazione verbale non permette.

Più spesso e più velocemente di quanto non crediamo, l’espressione, prima di tradursi in parole, si manifesta tramite il corpo con gesti, sguardi, sorrisi, posture… Anche un piercing, un tatuaggio, un certo modo di vestirsi comunicano una scelta, un bisogno, un disagio, una storia, il desiderio di raccontare qualcosa di sé.

Il corpo racconta

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Il linguaggio del corpoIl corpo è l’espressione visibile di ciò che siamo, lo strumento con il quale conosciamo il mondo ed entriamo in relazione con gli altri, è un potentissimo mezzo di espressione. Muovendosi, esso rivela molto del nostro carattere e modo di essere e offre all’osservatore attento preziose informazioni per cogliere il reale contenuto di ciò che siamo e stiamo comunicando. Come afferma lo psichiatra e psicoterapeuta statunitense Alexander Lowen, che attraverso la bioenergetica ha approfondito il legame fra mente e corpo, “L’organismo vivente si esprime più chiaramente con il movimento che con le parole. Ma non solo con il movimento! Nelle pose, nelle posizioni e nell’atteggiamento che assume, in ogni gesto l’organismo parla un linguaggio che anticipa e trascende l’espressione verbale”.Al di là delle parole c’è dunque un linguaggio non verbale, o linguaggio del corpo: proprio da quest’ultimo, secondo quanto affermano gli studi condotti sulla comunicazione, dipende oltre il 60% degli scambi comunicativi tra uomini.

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Gli elementi principali attraverso i quali il corpo “parla” sono: • le espressioni del volto, che hanno la funzione fondamentale di comunicare le emozioni e gli atteggiamenti

verso gli altri, di sostenere e accompagnare il discorso;• la prossemica, cioè le posizioni che assumiamo nello spazio rispetto agli altri e in modo particolare

l’orientamento e la distanza;• la postura, che può riflettere uno stato d’animo, il ruolo o lo stato sociale e può rivelare l’immagine che si ha

del proprio corpo;• la gestualità, cioè i movimenti come scuotere il capo, stringersi le spalle, toccarsi i capelli ecc.;• il linguaggio para-verbale, cioè tutti quei modi di usare la voce che accompagnano un messaggio verbale

orale, quali il tono, il volume, il ritmo, la velocità, le pause.

Una caratteristica fondamentale del linguaggio del corpo è il carattere solitamente involontario delle informazioni che gli interlocutori forniscono di se stessi, perché fare gesti, avere espressioni mutevoli del volto, arrossire e così via sono “espressioni” difficilmente controllabili.

Le principali funzioni del linguaggio del corpoCon il linguaggio del corpo: 1. esprimiamo le emozioni, soprattutto attraverso il viso, il corpo e la voce; la parola emozione viene

dal latino e-movere, “portare fuori”, quindi per esprimere ciò che proviamo dobbiamo compiere unmovimento dall’interno del nostro corpo verso l’esterno;

2. comunichiamo atteggiamenti interpersonali: per esempio esprimiamo il nostro stato d’animo eciò che pensiamo del nostro interlocutore attraverso la vicinanza fisica, modificando il tono della voce,guardandolo dritto negli occhi o distogliendo con lo sguardo, con l’espressione del volto;

3. presentiamo noi stessi: il modo in cui siamo vestiti e più in generale il nostro aspetto esteriore, lagestualità, il tono della voce hanno un ruolo fondamentale e un impatto immediato nella presentazionedi sé;

4. integriamo e/o modifichiamo ciò che stiamo dicendo: in uno scambio comunicativo, il messaggioverbale è fortemente influenzato, sottolineato, amplificato e anche smentito da una serie di segnali cheintercorrono fra gli interlocutori durante la conversazione, come cenni del capo, intonazione della voce,postura, gesti, espressioni del volto.

La comunicazione efficaceComunicare non vuole dire semplicemente trasmettere qualcosa a qualcuno, bensì condividere, scambiarsi informazioni, punti di vista, idee, consigli, emozioni, sentimenti. Questo scambio, questa “messa in comune” di informazioni, esperienze, conoscenze è l’elemento sulla cui base si costruisce la relazione tra due o più persone.L’uomo ha bisogno della relazione perché solo interagendo con i suoi simili può sviluppare a pieno la sua personalità, sentirsi “visto” e riconosciuto. Ma senza comunicazione non c’è relazione: perciò essa è un aspetto così importante nella vita di ogni uomo. Saper comunicare in modo efficace è una competenza fondamentale nella vita, perché gli scambi comunicativi non sono mai neutri, bensì producono modificazioni sui soggetti che entrano in relazione.Perché la comunicazione sia efficace (quindi per essere in grado di comunicare esattamente ciò che si vuole comunicare, così come di cogliere il messaggio del nostro interlocutore) è necessario diventare consapevoli dei propri processi comunicativi, quindi anche del linguaggio del corpo.

Nell’esperienza quotidiana linguaggio verbale e linguaggio del corpo sono compresenti: la comunicazione verbale definisce il contenuto del messaggio, cioè che cosa si vuole dire, mentre quella non verbale riguarda di più il come lo si dice, quindi dà informazioni soprattutto sulla relazione tra gli interlocutori trasmettendo emozioni e sentimenti che vanno oltre la semplice denotazione della realtà. La comunicazione non verbale può confermare o smentire ciò che viene detto con le parole e fornisce una chiave interpretativa all’ascoltatore, che avalla o nega il contenuto del messaggio intenzionale. Quando si verifica un’incongruenza tra questi due livelli (per esempio si afferma di essere contenti mentre l’espressione del viso indica il contrario), la comunicazione è distorta o poco efficace.

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Per decodificare un messaggio non verbale bisogna innanzitutto percepirlo, poi interpretarlo in modo corretto; poiché è legato allo stato emozionale dell’individuo, per poterlo interpretare è necessario prendere in considerazione non solo il messaggio in se stesso ma l’intero contesto della relazione.

La comunicazione mediata dalla tecnologiaSempre più spesso oggi, anche a causa del distanziamento fisico reso necessario dall’emergenza sanitaria provocata dal COVID-19, la comunicazione interpersonale, tanto professionale quanto privata, è mediata dagli strumenti tecnologici. Quando si comunica in modi che non contemplano l’interazione diretta tra le parti, bisogna tenere presente che, in misura maggiore o minore, si perdono gli aspetti non verbali importanti per la comprensione reciproca.

Per esempio, mentre con la videoconferenza si riescono a conservare molti elementi non verbali, una conversazione al telefono preserva il verbale e il paraverbale, ma perde tutta la comunicazione a base corporea.Un testo o un messaggio inviato via e-mail o attraverso i social contiene praticamente solo il verbale e la sua utilità in termini di comprensione reciproca è molto labile: in questo caso ci si trova più vicini a una semplice “trasmissione” di informazioni invece che a una comunicazione.Talvolta è proprio per la paura di esprimere in modo involontario delle verità nascoste che si sceglie di relazionarsi attraverso uno strumento come il cellulare o il computer, che medi la comunicazione e nasconda le involontarie informazioni trasmesse dal corpo.Se da un lato l’uso dei mezzi tecnologici permette di superare difficoltà oggettive, come la distanza, e soggettive, come la timidezza, dall’altro tende a far perdere le informazioni sull’altro che provengono dall’osservazione e dall’ascolto del linguaggio delle parole e del corpo. Ne risulta una comunicazione sicuramente meno efficace.

Non diamoci la mano, tocchiamoci il piedeCome cambiano le forme di saluto e di comunicazione non verbale al tempo del Coronavirus. Gaggioli: «Data l’eccezionalità del momento, possiamo utilizzare gesti vicari del consueto tipo di gestualità affidati alla nostra creatività»Le restrizioni sanitarie dovute all’emergenza del Coronavirus, come il mantenere le distanze tra persone e l’evitare strette di mano e abbracci, vedono un nuovo modo di vivere la socialità con la sospensione di quelli che - almeno nella nostra cultura - erano ritenuti gesti

normali e spontanei, segno non solo di cortesia ed educazione ma anche di amicizia e affetto.Adesso in città sono pochi coloro che circolano per la strada e i poliziotti all’ingresso dei supermercati controllano che le persone siano a distanza di sicurezza. «La città offre uno scenario apocalittico al quale non eravamo abituati e che modifica le relazioni e ciò che diamo per scontato», osserva Rita Bichi, docente di Sociologia generale. «Prima non si faceva caso alle distanze, ora si sta attenti e costa fatica non poter coltivare il rapporto con i familiari anziani che in questo periodo è consentito accudire ma con opportune cautele per salvaguardare la loro maggiore vulnerabilità».Allora si intensificano i rapporti virtuali a distanza consentiti dalla tecnologia: con maggior frequenza rispetto a prima i contatti personali e professionali avvengono per lo più tramite telefono, internet, Skype.

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Per la professoressa Bichi «l’attuale situazione, con i relativi accorgimenti anche nel contatto fisico, offre lo spunto per una riflessione sul dopo, per capire quello che diamo per scontato e che invece è importante nella nostra vita di relazione, come la vicinanza fisica degli altri».Sul tema del contatto nelle normali relazioni sociali Andrea Gaggioli, docente di Psicologia generale, evidenzia l’importanza della comunicazione non verbale, presidiata da diversi sistemi del linguaggio del corpo, come la pantomima e la prossemica. «Anche la distanza comunica, esistono varie tipologie di distanza, in base alle diverse tipologie di relazione, da quelle intime a quelle personali fino a quelle pubbliche. Esiste un automatismo legato all’uso della comunicazione non verbale, con gesti ritualizzati che azionano la conversazione. In assenza di questi, data l’eccezionalità del momento, possiamo utilizzare gesti vicari del consueto tipo di gestualità affidati alla nostra creatività per superare l’automatismo della stretta di mano, come ad esempio salutare toccandoci i piedi o inventando nuove forme che possono anche dire l’appartenenza a un gruppo, comitiva, associazione. È bello immaginare che sia possibile

creare forme alternative che siano espressione d’improvvisazione e di nuove culture».Secondo il professor Gaggioli «l’attuale contingenza emergenziale può costituire l’occasione per apprendere come si costruiscono i nuovi codici espressivi, come quello del tocco del piede, perché dà l’idea di quanto sia plastica la comunicazione umana rispetto all’evolvere degli eventi e mutevoli i linguaggi e codici della comunicazione non verbale. In realtà si tratta di gestualità che sono già presenti nella nostra micro cultura».È questo un segno della “comunicazione positiva” che non mira a creare allarmismi ma, anche grazie a una buona dose di fantasia, a condividere messaggi di altruismo e solidarietà, per controbilanciare lo tsunami che ci ha colpito in questo periodo.

tratto da https://www.cattolicanews.it, 11 maggio 2020

Spunti di riflessioneCon l’aiuto delle domande stimolo rifletti sul tema proposto e riporta le tue considerazioni in un’esposizione che duri tra i 3 e i 5 minuti.

• “Noi parliamo con gli organi vocali, ma conversiamo con tutto il nostro corpo”(David Abercrombie, studioso di lingua e fonetica): qual è il significato di questa affermazione?

• Quali sono i canali principali attraverso i quali il corpo si esprime?• Perché spesso il linguaggio del corpo è involontario? Quando invece secondo te la comunicazione non

verbale avviene in maniera consapevole?• Perché per saper comunicare è importante educare all’ascolto dei messaggi del corpo?• In che modo l’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus sta modificando la comunicazione

interpersonale?A cura di Nicoletta Monteforte Bianchi

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LETTERATURA SPAGNOLA ARTURO PÉREZ REVERTESobre miedo, periodismo y libertad (2014)

Sobre miedo, periodismo y libertad es el título del artículo publicado en el diario El País el 23 de mayo de 2014 por el famoso novelista y periodista español Arturo Pérez Reverte. El escritor murciano cuenta su experiencia personal como aprendiz de periodista, y cómo, a distancia de muchos años, aún recuerda las palabras que más marcaron su carrera periodística: “Cuando lleves un bloc y un bolígrafo en la mano, quien debe tenerte miedo es el alcalde a ti.” Pérez Reverte identifica la palabra miedo como elemento disuasorio para aquellas personas que por su posición política, social o económica, mantienen comportamientos perjudiciales contra la colectividad o parte de ella, ocultando su responsabilidad gracias a la influencia que ejercen en la sociedad. Se trata así de un abuso de poder, que un periodista serio tendría que denunciar y poner al descubierto. Por esta razón el escritor afirma que los hombres de poder deberían tenerle miedo a los periodistas, sobre todo a aquellos que ponen el amor a la verdad por encima de todo interés personal.

Sin embargo, Pérez Reverte critica en el artículo la falta de valor por parte de muchos colegas periodistas, que no se atreven a buscar la verdad por el miedo a las repercusiones. Por ello el autor insiste en que la prensa es el único instrumento verdaderamente democrático, sin el cual el sistema político se vuelve en tiranía, donde la información es filtrada por intereses particulares y llega a los ojos de los lectores envuelta en la mentira y en el engaño, con el único fin de orientar la opinión pública hacia la dirección más conveniente. A este respecto el artículo sostiene la importancia de la educación y de la cultura en una nación que, junto con el amor por la verdad y una prensa independiente, hacen que un país esté habitado por ciudadanos verdaderamente libres.

Hace medio siglo recibí la más importante lección de periodismo de mi vida. Tenía 16 años, había decidido ser reportero, y cada tarde, al salir del colegio, empecé a frecuentar la redacción en Cartagena del diario La Verdad. […] Un día que andaba escaso de personal me encargaron que entrevistase al alcalde de la ciudad sobre un asunto de restos arqueológicos destruidos. Y cuando, abrumado por la responsabilidad, respondí que entrevistar a un político quizás era demasiado para mí, y que tenía miedo de hacerlo mal, el veterano me miró con mucha fijeza […] y dijo algo que no he olvidado nunca: “¿Miedo?... Mira, chaval. Cuando lleves un bloc y un bolígrafo en la mano, quien debe tenerte miedo es el alcalde a ti”. […]

Miedo, es la palabra. No hay otra. O al menos, no la conozco. […] El único freno que conocen el político, el financiero o el notable, cuando llegan a situaciones extremas de poder, es el miedo. […] Miedo del poderoso a perder la influencia, el privilegio. Miedo a perder la impunidad. A verse enfrentado públicamente a sus contradicciones, a sus manejos, a sus ambiciones, a sus incumplimientos, a sus mentiras, a sus delitos. Sin ese miedo, todo poder se vuelve tiranía. Y el único medio que el mundo actual posee para mantener a los poderosos a raya, para conservarlos en los márgenes de ese saludable miedo, es una prensa libre, lúcida, culta, eficaz, independiente. Sin ese contrapoder, la libertad, la democracia, la decencia, son imposibles. […]

Aquel objetivo elemental, que era obligar al lector a reflexionar sobre el mundo en el que vivía, proporcionándole datos objetivos con los que conocer este, y análisis complementarios para mejor desarrollar ese conocimiento, casi ha desaparecido. Parecen volver los viejos fantasmas, las sombras siniestras que en los regímenes totalitarios planeaban, y aún lo hacen, sobre las redacciones. Lo peligroso, lo terrible, es que no se trata esta vez de camisas negras, azules, rojas o pardas, fácilmente identificables. La sombra es más peligrosa, pues viene ahora disfrazada de retórica puesta a día, de talante tolerable, de imperativo técnico, de sonrisa democrática. Pero el hecho es el mismo: el poder y cuantos aspiran a conservarlo u obtenerlo un día no están dispuestos a pagar el precio de una prensa libre, y cada vez se niegan a ello con más descaro. […]

Aterra la docilidad con la que últimamente, salvo concretas y muy arriesgadas excepciones, el periodismo se pliega en España a la presión del poder. Creo que nunca se ha visto, desde que se restauró la democracia, un periodismo tan agredido por el poder político y financiero. […] Apenas hay afán por buscar, por investigar, excepto cuando se trata de servir intereses particulares. […] Y en pocos casos se trata de hacer reflexionar al lector sobre esto o aquello. Se trata, por lo general, de imponerle una supuesta verdad. Y ese parece ser el triste objetivo del periodismo español de hoy: no ayudar al ciudadano a pensar con libertad. Solo convencerlo. Adoctrinarlo.

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España es un lugar con una larga enfermedad histórica que se manifiesta, sobre todo, en un devastador desprecio por la educación y la cultura, y una siniestra falta de respeto intelectual por quien no comparte la misma opinión. Por el adversario. Siempre creí, porque así me lo enseñaron de niño, que los únicos antídotos contra la estupidez y la barbarie son la educación y la cultura. Que, incluso con urnas, nunca hay democracia sin votantes cultos y lúcidos. Y que los pueblos analfabetos nunca son libres, pues su ignorancia y su abulia política los convierten en borregos propicios a cualquier esquilador astuto, a cualquier manipulador malvado. A cualquier periodismo deshonestamente mercenario. […]

Supongo que habrá soluciones para eso. Posibilidades de cambio y esperanzas. […] Esa es, y será siempre, la verdadera épica del periodismo y de quienes lo practican: pelear por la verdad, la independencia y la libertad de información pagando el precio del riesgo, en batallas que pueden perderse, pero que también se pueden ganar. Haciendo posible todavía, siempre, que un alcalde, un político, un financiero, un obispo, un poderoso, cuando un periodista se presente ante ellos con un bloc, un bolígrafo, un micrófono o lo que depare el futuro, sigan sintiendo el miedo a la verdad y al periodismo que la defiende. El respeto al único mecanismo social probado, la única garantía: la prensa independiente que mantiene a raya a los malvados y garantiza el futuro de los hombres libres.

Otras sugerencias:• Lo que no se puede decir, no se debe decir, de: Collección (1835) – Mariano José de Larra• Sobre el poder de la prensa, de: El Sol (13/11/1930) – José Ortega y Gasset• Hay que nombrar la verdad, de: El País (10/05/2002) – Ernesto Sabato

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Quali erano i mezzi e le modalità con cui le news raggiungevano e condizionavano l’opinione pubblica in epoca imperiale?

Tacito1. L’incendio di Roma tra verità, complotti e capri espiatoriLa ricostruzione dell’incendio che devastò Roma nel 64 d.C. è narrata da Tacito (Annales XV, 38-39) conpiglio documentaristico e resoconto giornalistico da reporter sul fronte di guerra. È interessante soffermarsi sulragionamento minuzioso e dettagliato dello storico che, a distanza di circa mezzo secolo dai fatti, rispolvera le fonti su cui ha modo di lavorare, ponendole in continuo confronto e provando a delineare un quadro sintetico e il più possibile corretto (sine ira et studio) della situazione.

38. Sequitur clades, forte an dolo principis incertum (nam utrumque auctores prodidere)1, sedomnibus quae huic urbi per violentiam ignium acciderunt gravior atque atrocior. Initium in ea parte circiortum quae Palatino Caelioque montibus contigua est, ubi per tabernas, quibus id mercimonium ineratquo flamma alitur, simul coeptus ignis et statim validus ac vento citus longitudinem circi corripuit. Nequeenim domus munimentis saeptae vel templa muris cincta aut quid aliud morae interiacebat2. Impetupervagatum incendium plana primum, deinde in edita adsurgens et rursus inferiora, populando, antiitremedia velocitate mali et obnoxia urbe artis itineribus hucque et illuc flexis atque enormibus vicis, qualisvetus Roma fuit. Ad hoc lamenta paventium feminarum, fessa aetate aut rudis pueritiae3 [aetas],quique sibi quique aliis consulebant, dum trahunt invalidos aut opperiuntur, pars mora, pars festinans,cuncta impediebant. Et saepe dum in tergum respectant lateribus aut fronte circumveniebantur, vel si inproxima evaserant, illis quoque igni correptis, etiam quae longinqua crediderant in eodem casu reperiebant.Postremo, quid vitarent quid peterent ambigui, complere vias, sterni per agros; quidam amissis omnibusfortunis, diumi quoque victus, alii caritate suorum, quos eripere nequiverant, quamvis patenteeffugio interiere4. Nec quisquam defendere audebat, crebris multorum minis restinguere prohibentium,et quia alii palam faces iaciebant atque esse sibi auctorem vociferabantur, sive ut raptus licentiusexercerent seu iussu 5.

(Tacito, Annales XV, 38)

L’informazione nel mondo antico. Tra fake news e reporter di grido

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LETTERATURA LATINA

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1. Da notare l’imparzialità dello storico che, da buon“giornalista”, presenta entrambe le versioni della storia, inmodo tale che il lettore abbia il quadro della situazione etutti i materiali per poter formulare una propria opinione.

2. Tacito conosce bene la planimetria della Roma dell’epoca, forse per via delle sue ricerche d’archivio, stilando così unasorta di perizia da vigile del fuoco.

3. Tratto tipico di Tacito: la capacità di rappresentare scenecorali di folla, con attenzione specifica alla psicologia deipersonaggi coinvolti che, in preda all’agitazione e al panico,

accrescono il numero delle vittime (nel pieno dell’emergenza sanitaria attuale, questa può essere l’occasione per discutere dell’ormai noto distanziamento sociale e dell’isteria collettiva che ci ha sorpresi impreparati).

4. Altra scena corale, da vero reporter di guerra.5. Tacito si comporta da inviato di inchiesta: l’incendio diventa

il pretesto per predare le abitazioni (il pensiero corre alleattuali inchieste giornalistiche sul modo di far cassa in pienacrisi, ammassando risorse preziose per la comunità per farrialzare i prezzi e guadagnare oltre misura).

39. Eo in tempore Nero Antii agens non ante in urbem regressus est quam domui eius, qua Palatium etMaecenatis hortos continuaverat, ignis propinquaret. Neque tamen sisti potuit quin et Palatium et domuset cuncta circum haurirentur. Sed solacium populo exturbato ac profugo campum Martis ac monumentaAgrippae, hortos quin etiam suos patefecit et subitaria aedificia extruxit quae multitudinem inopemacciperent; subuectaque utensilia ab Ostia et propinquis municipiis pretiumque frunienti minutum usque adternos nummos1. Quae quamquam popularia in inritum cadebant, quia pervaserat rumor2 ipso temporeflagrantis urbis inisse eum domesticam scaenam et cecinisse Troianum excidium, praesentia malavetustis cladibus adsimulantem3.

(Tacito, Annales XV, 39)

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1. Ecco un bel modo di fare informazione: una volta raccolti idati e formulate delle ipotesi, si promuove la propria visionee interpretazione della realtà. Da esponente dell’aristocraziasenatoria, Tacito accusa, neanche poco velatamente, Nerone, reo d’aver agevolato la diffusione dell’incendio per ricavareuno spazio enorme in cui costruire la sua Domus Aurea. Inoltre, da questa ricostruzione molto acuta, si arguisce lastrategia propagandistica dell’imperatore: distruggere per

ricostruire e presentarsi così come salvatore della patria.2. Termine fondamentale dell’informazione in età antica, di

cui Tacito è estremamente consapevole: le voci, l’opinionepubblica, le notizie che circolano sottobanco sono necessarieper fornire un quadro d’insieme appropriato.

3. Celebre immagine di Nerone che canta l'incendio di Troiaispirandosi allo scenario che lo circonda: come ricordano glistorici, questa è una colossale fake news.

Si possono confrontare questi due passi dal punto di vista linguistico, stilistico e contenutistico con Dione Cassio, Historia Romana LXII, 17-18 e Svetonio, Nerone, 38. Il primo, storico di lingua greca, presenta una ricostruzione dei fatti tutto sommato simile a quella tacitiana, con la differenza importante di uno stile più asciutto e scarno, privo di quel colorito patetico presente invece nei brani latini. Manca in questo scrittore l’attenzione ai dettagli, la precisione della ricostruzione, l’uso adeguato delle fonti, insomma tutto il necessario e l’occorrente per essere un valido “giornalista d’inchiesta”. Per Svetonio la situazione si complica ancora di più. Da grande “pettegolo” (come lo definiva A. Rostagni), questo storico latino informa per lo più in modo aneddotico e fantasioso, per nulla prodigo di dati certi e confrontabili. In altre parole, Svetonio è il classico polemista senza peli sulla lingua: secondo lui, Nerone è certamente colpevole delle peggiori nefandezze, incendio incluso (cfr. Nerone, 38: nam quasi offensus deformitateveterum aedificiorum et angustiis flexurisque vicorum, incendit urbem).

2. A cena con l’assassino: la morte di AgrippinaInteressante pista di ricerca sull’informazione, o meglio, sulle modalità di erogazione della notizia, è il resocontotacitiano dell’attentato progettato da Nerone ai danni della madre Agrippina (Annales XIV, 3-10).

3. Igitur Nero vitare secretos eius congressus, abscedentem in hortos aut Tusculanum vel Antiatem in agrumlaudare, quod otium capesseret. Postremo, ubicumque haberetur, praegravem ratus interficere constituit,hactenus consultans, veneno an ferro vel qua alia vi. Placuitque primo venenum. Sed inter epulas principissi daretur, referri ad casum non poterat tali iam Britannici exitio; et ministros temptare arduum videbaturmulieris usu scelerum adversus insidias intentae; atque ipsa praesumendo remedia munierat corpus. Ferrumet caedes quonam modo occultaretur, nemo reperiebat; et ne quis illi tanto facinori delectus iussa sperneretmetuebat. Obtulit ingenium Anicetus libertus, classi apud Misenum praefectus et pueritiae Neroniseducator ac mutuis odiis Agrippinae invisus. Ergo navem posse componi docet, cuius pars ipsoin mari per artem soluta effunderet ignaram1: nihil tam capax fortuitorum quam mare; et si naufragiointercepta sit, quem adeo iniquum, ut sceleri adsignet, quod venti et fluctus deliquerint? additurumprincipem defunctae templum et aras et cetera ostentandae pietati.

4. Placuit sollertia, tempore etiam iuta, quando Quinquatruum festos dies apud Baias frequentabat. illucmatrem elicit, ferendas parentium iracundias et placandum animum dictitans, quo rumorem reconciliationisefficeret acciperetque Agrippina, facili feminarum credulitate ad gaudia. Venientem dehinc obvius inlitora (nam Antio adventabat) excepit manu et complexu ducitque Baulos. Id villae nomen est, quaepromunturium Misenum inter et Baianum1 lacum flexo mari adluitur. Stabat inter alias navis ornatior,tamquam id quoque honori matris daretur: quippe sueverat triremi et classiariorum remigio vehi. Ac tuminvitata ad epulas erat, ut occultando facinori nox adhiberetur. Satis constitit extitisse proditorem, etAgrippinam auditis insidiis, an crederet ambiguam, gestamine sellae Baias pervectam. Ibi blandimentumsublevavit metum: comiter excepta superque ipsum collocata. Iam pluribus sermonibus, modo familiaritateiuvenili Nero et rursus adductus, quasi seria consociaret, tracto in longum convictu, prosequiturabeuntem, artius oculis et pectori haerens, sive explenda simulatione, seu pe[ri]turae matrissupremus adspectus quamvis ferum animum retinebat2.

1. Da notare la ricostruzione del “dietro le quinte”, quella che nel linguaggio politico odierno viene definita “teoria del complotto”.

1. Da autentico esperto, Tacito precisa il contesto, l’ambiente e le condizioni in cui si svolge l’azione (le cosiddette 5 W delgiornalismo).

2. Tacito fa del gossip: Nerone, prima di accomiatarsi dalla madre, la stringe forte al petto, premurandosi che tutto fili liscio (al temposi vociferava anche del possibile rapporto incestuoso tra i due).

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5. Noctem sideribus inlustrem et placido mari quietam quasi convincendum ad scelus dii praebuere. necmultum erat progressa navis, duobus e numero familiarium Agrippinam comitantibus, ex quis CrepereiusGallus haud procul gubernaculis adstabat, Acerronia super pedes cubitantis reclinis paenitentiam filii etrecuperatam matris gratiam per gaudium memorabat, cum dato signo ruere tectum loci multo plumbograve, pressusque Crepereius et statim exanimatus est: Agrippina et Acerronia eminentibus lecti parietibusac forte validioribus, quam ut oneri cederent, protectae sunt. nec dissolutio navigii sequebatur, turbatisomnibus et quod plerique ignari etiam conscios impediebant. Visum dehinc remigibus unum in latusinclinare atque ita navem submergere; sed neque ipsis promptus in rem subitam consensus, et alii contranitentes dedere facultatem lenioris in mare iactus. Verum Acerronia, imprudentia dum se Agrippinamesse utque subveniretur matri principis clamitat, contis et remis et quae fors obtulerat navalibus telisconficitur. Agrippina silens eoque minus agnita (unum tamen vulnus umero excepit) nando, deinde occursulenunculorum Lucrinum in lacum vecta villae suae infertur.

6. Illic reputans ideo se fallacibus litteris accitam et honore praecipuo habitam, quodque litus iuxta, nonventis acta, non saxis impulsa navis summa sui parte veluti terrestre machinamentum concidisset, observansetiam Acerroniae necem, simul suum vulnus adspiciens, solum insidiarum remedium esse [sensit], si nonintellegerentur; misitque libertum Agermum, qui nuntiaret filio benignitate deum et fortuna eius evasissegravem casum; orare ut quamvis periculo matris exterritus visendi curam differret; sibi ad praesens quieteopus. atque interim securitate simulata medicamina vulneri et fomenta corpori adhibet; testamentumAcerroniae requiri bonaque obsignari iubet, id tantum non per simulationem1.

7. At Neroni nuntios patrati facinoris opperienti adfertur evasisse ictu levi sauciam et hactenus aditodiscrimine, [ne] auctor dubitaret[ur]. Tum pavore exanimis et iam iamque adfore obtestans vindictaeproperam, sive servitia armaret vel militem accenderet, sive ad senatum et populum pervaderet, naufragiumet vulnus et interfectos amicos obiciendo: quod contra subsidium sibi, nisi quid Burrus et Seneca?[expurgens] quos statim acciverat, incertum an et ante ignaros. Igitur longum utriusque silentium, ne inritidissuaderent, an eo descensum credebant, [ut], nisi praeveniretur Agrippina, pereundum Neroni esset. PostSeneca hactenus promptius, [ut] respiceret Burrum ac s[c]iscitaretur, an militi imperanda caedes esset.Ille praetorianos toti Caesarum domui obstrictos memoresque Germanici nihil adversus progeniem eiusatrox ausuros respondit: perpetraret Anicetus promissa. Qui nihil cunctatus poscit summam sceleris. Adeam vocem Nero illo sibi die dari imperium auctoremque tanti muneris libertum profitetur: iret propereduceretque promptissimos ad iussa. Ipse audito venisse missu Agrippinae nuntium Agermum, scaenamultro criminis parat, gladiumque, dum mandata perfert, abicit inter pedes eius, tum quasi deprehenso vinclainici iubet, ut exit[i]um principis molitam matrem et pudore deprehensi sceleris sponte mortem sumpsisseconfingeret.

8. Interim vulgato Agrippinae periculo, quasi casu evenisset, ut quisque acceperat, decurreread litus. Hi molium obiectus, hi proximas scaphas scandere; alii, quantum corpus sinebat,vadere in mare; quidam manus protendere. Questibus votis clamore diversa rogitantium autincerta respondentium omnis ora compleri; adfluere ingens multitudo cum luminibus, atque ubiincolumem esse pernotuit, ut ad gratandum sese expedire, donec adspectu armati et minitantisagminis deiecti sunt1. Anicetus villam statione circumdat refractaque ianua obvios servorum abripit, donecad fores cubiculi veniret; cui pauci adstabant, ceteris terrore inrumpentium exterritis. Cubiculo modicumlumen inerat et ancillarum una, magis ac magis anxia Agrippina, quod nemo a filio ac ne Agermus quidem:aliam fore laetae rei faciem; nunc solitudinem ac repentinos strepitus et extremi mali indicia. Abeuntedehinc ancilla, «tu quoque me deseris?» prolocuta respicit Anicetum, trierarcho Herculeio et Obaritocenturione classiario comitatum: ac si ad visendum venisset, refotam nuntiaret, sin facinus patraturus, nihilse de filio credere; non imperatum parricidium. circumsistunt lectum percussores et prior trierarchus fusticaput eius adflixit. Iam [in] morte[m] centurioni ferrum destringenti protendens uterum «ventrem feri»exclamavit multisque vulneribus confecta est2.

1. Il testo è una pagina di cronaca nera di squisita fattura e altissima tensione patetica: la nave manomessa falcidia gli accompagnatoridi Agrippina, ma ella, con un improvviso colpo di scena, riesce a salvarsi a nuoto, comprendendo che ormai le resta pocoda vivere, divenuta ostile a suo figlio. Tacito crea qui un pezzo di larghissima diffusione: i suoi lettori sono così perfettamenteinformati sull’accaduto e sui vari retroscena.

1. Altra bellissima scena corale in cui il lessico è proprio quello della comunicazione e dell’informazione (cfr. vulgato): sono itestimoni oculari che Tacito immagina partecipino alla notizia della scampata morte di Agrippina.

2. Siamo di fronte a un tipico esempio di cronaca nera.

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9. Haec consensu produntur1. Aspexeritne matrem exanimem Nero et formam corporis eiuslaudaverit2, sunt qui tradiderint, sunt qui abnuant. Cremata est nocte eadem convivali lecto et exequiisvilibus; neque, dum Nero rerum potiebatur, congesta est aut clausa humus. Mox domesticorum curalevem tumulum accepit, viam Miseni propter et villam Caesaris dictatoris, quae subiectos sinus editissimaprospectat. Accenso rogo libertus eius cognomento Mnester [se] ipse ferro transegit, incertum caritatein patronam an metu exitii. Hunc sui finem multos ante annos crediderat Agrippina contempseratque.Nam consulenti super Nerone responderunt Chaldaei fore ut imperaret matremque occideret; atque illa«occidat» inquit, «dum imperet3».

10. Sed a Caesare perfecto demum scelere magnitudo eius intellecta est. Reliquo noctis modo per silentiumdefixus, saepius pavore exsurgens et mentis inops lucem opperiebatur tamquam exitium adlaturam. Atqueeum auctore Burro prima centurionum tribunorumque adulatio ad spem firmavit, prensantium manumgratantiumque, quod discrimen improvisum et matris facinus evasisset. Amici dehinc adire templa, et coeptoexemplo proxima Campaniae municipia victimis et legationibus laetitiam testari: ipse diversa simulationemaestus et quasi incolumitati suae infensus ac morti parentis inlacrimans. Quia tamen non, ut hominumvultus, ita locorum facies mutantur, obversabaturque maris illius et litorum gravis adspectus (et erant quicrederent sonitum tubae collibus circum editis planctusque tumulo matris audiri)1, Neapolimconcessit litterasque ad senatum misit, quarum summa erat repertum cum ferro percussorem Agermum, exintimis Agrippinae libertis, et luisse eam poenam conscientia, qua[si] scelus paravisset.

(Tacito, Annales XIV, 3-10)

PetronioChiacchiere al thermopoliumIl testo di riferimento è il Satyricon di Petronio (41, 9-12; 42; 43, 1-7). Siamo nel vivo della cena di Trimalcione quando iniziano una serie di conversazioni tra banchettanti sui temi più disparati e di comune pettegolezzo (cfr. la satira dei dialoghi filosofici in stile platonico, tipico tratto della parodia petroniana). Si tratta di un affresco genuino di come dovevano svolgersi le semplici chiacchiere da bar nel mondo latino, un po’ come capita ai giorni nostri, mentre al bancone di un locale si sorseggia un caffè, sfogliando le pagine della stampa e scambiando qualche battuta con gli altri avventori. Si parla così di eredità, di problemi politici, di economia, di necrologi pubblici e storie horror (per chi si interessa di musica, è possibile fare riferimento alla canzone di G. Paoli Quattro amici al bar, in cui i luoghi comuni, le conversazioni, le dicerie sono le stesse… a duemila anni di distanza!).Questo spaccato vivido della società romana, un mondo «da rotocalco e fotoromanzo» (G.B. Conte), ricorda anche qualche estratto della strepitosa satira dello scrittore greco Luciano di Samosata La morte di Peregrino, il cui protagonista è una sorta di avventuriero e ciarlatano, ma anche santone e impostore, sul quale si scatena l’autore. Si tratta di un caustico racconto sulla morte miracolosa di Peregrino, strano personaggio realmente esistito e citato da varie fonti antiche. A Olimpia, nel 167 d.C., Peregrino annuncia con teatralità il proprio suicidio, per dimostrare il suo totale disprezzo per la morte, sperando in realtà di essere trattenuto. Ma il pubblico esclama: «Compi la promessa!» e Peregrino è così costretto a darsi fuoco. Luciano assiste all’evento come testimone oculare e riporta l’aneddoto, ingigantendolo con particolari irridenti: La morte di Peregrino è quindi uno spaccato affascinante di un'epoca per certi aspetti molto simile alla nostra (cfr. per esempio tutti i servizi contro i finti maghi che appaiono nei programmi televisivi di servizio). Razionalità e credulità, scienza e superstizione rappresentano così gli antipodi tra cui spazia la nostra curiosità di lettori in cerca di scoop.

1. Chi informa ha l’obbligo di conoscere le fonti: ecco un validoesempio dei classici, utili a comprendere il mondo di oggi (cfr. l'art. 21 della Costituzione italiana).

2. Di nuovo, dopo la cronaca nera, un poco di cronaca rosa,

con i dubbi espressi da Tacito sul rapporto anomalo tra Nerone e la madre.

3. Celebre frase divenuta aforisma: l’informazione antica siriverbera sulla contemporaneità.

1. Emerge evidente il concetto di relata refero.

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LETTERATURA INGLESE WINSTON CHURCHILL Without victory there is no survival (1940)

By the spring of 1940, Hitler had invaded much of Western Europe and Britain itself was threatened. King George VI gave Winston Churchill the task of forming a new administration to face this unprecedented crisis. On 13 May 1940, Winston Churchill made this speech to the House of Commons describing the dramatic future England was about to experience. There was no television so no one could see “live” what was happening at the House of Commons, but many families owned a radio and those that didn’t have one, could listen to the speech in pubs or neighbours’ houses. Millions of British people listened to the Prime Minister’s words, urging the whole country to stand together, to fight together and to defend their country. The speech reached everyone. The radio proved to be a formidable instrument of communication and resistance.

Mr Speaker, on Friday evening last I received from His Majesty1 the mission to form a new administration. It was the evident will of Parliament and the nation that this should be conceived on the broadest possible basis and that it should include all parties. I have already completed the most important part of this task.A war cabinet has been formed of five members, representing, with the Labour, Opposition, and Liberals, the unity of the nation. It was necessary that this should be done in one single day on account of the extreme urgency and rigour of events. Other key positions were filled yesterday. I am submitting a further list to the King tonight. I hope to complete the appointment of principal ministers during tomorrow. […]I now invite the House by a resolution to record its approval of the steps taken and declare its confidence in the new government. The resolution:‘That this House welcomes the formation of a government representing the united and inflexible resolve of the nation to prosecute the war with Germany to a victorious conclusion’.Sir, to form an administration of this scale and complexity is a serious undertaking in itself. But we are in the preliminary phase of one of the greatest battles in history. We are in action at many other points – in Norway and in Holland – and we have to be prepared in the Mediterranean. The air battle is continuing, and many preparations have to be made here at home.In this crisis I think I may be pardoned if I do not address the House at any length today, and I hope that any of my friends and colleagues or former colleagues who are affected2 by the political reconstruction will make all allowances for any lack of ceremony with which it has been necessary to act.I say to the House as I said to ministers who have joined this government, I have nothing to offer but blood, toil3, tears, and sweat. We have before us an ordeal of the most grievous kind.We have before us many, many months of struggle and suffering.You ask, what is our policy? I say it is to wage4 war by land, sea, and air. War with all our might and with all the strength God has given us, and to wage war against a monstrous tyranny never surpassed in the dark and lamentable catalogue of human crime. That is our policy.You ask, what is our aim? I can answer in one word. It is victory. Victory at all costs – victory in spite of all terrors – victory, however long and hard the road may be, for without victory there is no survival.Let that be realised. No survival for the British Empire, no survival for all that the British Empire has stood for, nosurvival for the urge, the impulse of the ages, that mankind shall move forward toward his goal.I take up my task in buoyancy and hope. I feel sure that our cause will not be suffered to fail among men. I feelentitled at this juncture, at this time, to claim the aid of all and to say, ‘Come then, let us go forward together withour united strength’.

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1. Mr Speaker… His Majesty: the Speaker is the president of the House of Commons; His Majesty refers to King George VI.2. affected: interested, involved.3. toil: labour, work.4. wage: conduct.

Other suggestions:• Communication as totalitarian propaganda: George Orwell, 1984 (1948), Part 3, chapter 2• Absence of communication: Wole Soyinka, Telephone Conversation (1963)• Social communication through poetry: Margaret Atwood, The immigrants (1970)• Communication as memory: Jonathan Safran Foer, Extremely Loud&Incredibly Close (2005), chapter 1• Social media communication and loss of privacy: Dave Eggars, The Circle (2013), Book I

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Che cosa sono le fake news?«I gargarismi con acqua salata e oli essenziali ci proteggono dal nuovo coronavirus». «Le zanzare diffondono l’infezione». «I bambini non rischiano il contagio». Con l’epidemia di coronavirus i mezzi di informazioni si sono riempiti di fake news (“notizie false” in inglese), bufale che si diffondono in modo virale (la parola non è casuale). La circolazione di queste bufale è alimentata dalla facilità con cui chiunque può pubblicare su Internet qualunque notizia, indipendentemente dalla sua fondatezza.Secondo alcun studi, le fake news hanno addirittura più visibilità delle notizie vere, e una durata d’interesse simile (Fig. 1).

Perché ci crediamo?Il modo più semplice per valutare l’attendibilità di una notizia è verificarne la fonte: se la fonte è affidabile possiamo essere ragionevolmente sicuri che la notizia sia fondata; in caso contrario facciamo bene ad avere dei dubbi.Perché molte persone credono alle bufale? La risposta non è semplice perché il tema è complesso e le cause sono numerose. Una di esse potrebbe essere l’effetto Dunning-Kruger, dal nome dagli psicologi statunitensi David Dunning e Justin Kruger che l’hanno studiato nel 1999. In parole povere, l’effetto Dunning-Kruger dice che se conosciamo poco un argomento corriamo il rischio di sopravvalutare la nostra competenza (Fig. 2). L’effetto è stato verificato per la prima volta su un gruppo di studenti a cui è stato chiesto di autovalutarsi.

Le curve che descrivono le fake news

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MATEMATICA

Figura 1 Confronto tra la visibilità di una notizia vera (in blu) e di una notizia falsa (in rosso).

visibilità

O tempo

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Figura 2 L’effetto Dunning-Kruger.L’effetto Dunning-Kruger è dovuto all’incapacità di chi conosce poco un argomento di riconoscere i propri limiti: alcuni studi mostrano che basta cercare qualcosa sul web per sentirci subito più competenti in materia. Al contrario, chi è davvero competente tende a essere vittima della distorsione inversa e giudicarsi meno competente di quanto realmente è.Nonostante sia stato studiato solo recentemente, l’effetto Dunning-Kruger ha una lunga storia. Per esempio, già Bertrand Russell diceva: «Il problema dell’umanità è che gli stupidi sono sicuri di sé mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi».

Perché sbagliamo a valutare le probabilità di un evento?Durante l’epidemia di coronavirus si è assistito a un fatto sorprendente: alcune persone che prima dell’entrata in vigore delle restrizioni si accalcavano senza mascherina nei supermercati e in altri luoghi affollati, dove la probabilità di contagio è alta, dopo le restrizioni indossavano la mascherina non solo nei supermercati ma anche in luoghi isolati, dove la probabilità di contagio è bassa.Perché ci preoccupiamo per qualcosa che ha una piccola probabilità di verificarsi, mentre non percepiamo il pericolo quando ci troviamo in una situazione davvero rischiosa? Questo comportamento si spiega anche con la nostra incapacità di valutare correttamente le probabilità. Lo sostiene la teoria del prospetto, formulata dagli psicologi israeliani Daniel Kahneman e Amos Tversky.La Fig. 3 mette in relazione la probabilità percepita di un dato evento e la sua probabilità reale. Idealmente le due grandezze dovrebbero coincidere ed essere rappresentate dalla retta tratteggiata. Nella realtà, però, le persone tendono a sopravvalutare l’eventualità che accada un evento improbabile, e viceversa sottovalutano l’eventualità che accada un evento più probabile: la curva blu rappresenta la situazione.

Figura 3 Il grafico illustra la teoria del prospetto.

sicurezza

competenzanessuna media elevata

probabilità percepita

sovrastimata

sottostimata

100%

100%probabilità reale

0

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Ora tocca a te• Ti è mai capitato di sperimentare personalmente l’effetto Dunning-Kruger? Hai mai valutato scorrettamente

la probabilità di un evento?• Analizza le proprietà di monotonia della funzione rappresentata nella Fig. 1. Quale trasformazione

geometrica permette di trasformare il grafico in blu nel grafico in rosso? Quale potrebbe essere unapossibile espressione di queste funzioni?

• Analizza le proprietà di monotonia, continuità e derivabilità della funzione rappresentata nella Fig. 2. Qualepotrebbe essere la forma dell’espressione analitica della funzione rappresentata?

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LETTERATURA TEDESCA HEINRICH BÖLLKatharina Blum (1974)

Die Rolle und die Macht der Presse in der modernen Gesellschaft stehen im Mittelpunkt der Erzählung Die verlorene Ehre der Katharina Blum (1974) von Heinrich Böll. Anlass zur Idee einer solchen Geschichte war ein Artikel, den die „Bild-Zeitung“ am 23. Dezember 1971 veröffentlicht hatte; es ging um den Bericht über einen Banküberfall in Kaiserslautern, während dessen ein Polizist erschossen worden war. Der Bild-Artikel wurde mit der Schlagzeile aufgemacht: Baader-Meinhof-Bande mordetweiter, obwohl die Polizei noch nicht des Schuldigseins der Gruppe um Ulrike Meinhof sicher war.Polemisch behauptet der Autor: „Wo die Polizeibehörden ermitteln, vermuten, kombinieren, ist Bild schonbedeutend weiter: Bild weiß“ und er spricht von „Verhetzung“ und „Demagogie“. Daraufhin beginnt eine Diffamierungskampagne der „Bild-Zeitung“ gegen ihn, die Bild-Reporter vergleichen Böll mit Goebbels. Nach seiner Attacke auf die boulevardjournalistische BM-Verfolgung sieht Böll sich selbst als „BM-Komplize“ und „Vater der Gewalt“ gebrandmarkt. In der Zeitung Quick liest man: „Die Bölls sind gefährlicher als Baader-Meinhof“.

Aufschlussreich ist der Untertitel der Erzählung: Wie Gewalt entstehen und wohin sie führen kann, als ob der Autor durch dieses Werk die Ursache der Gewalt untersuchen möchte. Protagonist dieser Erzählung ist eine Frau, die sich in einen verdächtigen Terroristen, einen radikalen Rechtsbrecher verliebt, ihn beherbergt und ihm zur Flucht verhilft. Wegen dieser Beziehung zu einem Verbrecher wird sie von der Kriminalpolizei verhört und zum Opfer einer skrupellosen und hysterischen Zeitungskampagne.

Katharinas GeständnisDie Tatsachen, die man vielleicht zunächst einmal darbieten1 sollte, sind brutal: am Mittwoch, dem 20.2.1974, am Vorabend von Weiberfastnacht2, verlässt in einer Stadt eine junge Frau von siebenundzwanzig Jahren abends gegen 18.45 Uhr ihre Wohnung, um an einem privaten Tanzvergnügen teilzunehmen.Vier Tage später, nach einer – man muss es wirklich so ausdrücken (es wird hiermit auf die notwendigen Niveauunterschiede3 verwiesen4, die den Fluss ermöglichen) – dramatischen Entwicklung, am Sonntagabend um fast die gleiche Zeit – genauer gesagt gegen 19.04 –, klingelt sie an der Wohnungstür des Kriminaloberkommissars Walter Moeding, der eben dabei ist, sich aus dienstlichen, nicht privaten Gründen als Scheich5 zu verkleiden, und gibt dem erschrockenen Moeding zu Protokoll, sie habe mittags gegen 12.15 in ihrer Wohnung den Journalisten Werner Tötges erschossen, er möge veranlassen, dass ihre Wohnungstür aufgebrochen6 und er dort „abgeholt“ werde; sie selbst habe sich zwischen 12.15 und 19.00 Uhr in der Stadt umhergetrieben, um Reue7 zu finden, habe aber keine Reue gefunden; sie bitte außerdem um ihre Verhaftung8, sie möchte gern dort sein, wo auch ihr „lieber Ludwig“ sei.Moeding, der die junge Person von verschiedenen Vernehmungen9 her kennt und eine gewisse Sympathie für sie empfindet, zweifelt nicht einen Augenblick lang an ihren Angaben, er bringt sie in seinem Privatwagen zum Polizeipräsidium, verständigt10 seinen Vorgesetzten11 Kriminalhauptkommissar Beizmenne, lässt die junge Frau in eine Zelle verbringen, trifft sich eine Viertelstunde später mit Beizmenne vor ihrer Wohnungstür, wo ein entsprechend ausgebildetes Kommando die Tür aufbricht und die Angaben der jungen Frau bestätigt findet.

(Focus KonTexte Neu, Cideb, S. 339-342)

6. aufbrechen: (qui) scassinare, forzare l’apertura di unaporta

7. e Reue: pentimento8. e Verhaftung, -en: arresto9. e Vernehmung, -en: interrogatorio

10. verständigen: avvertire, informare11. r/e Vorgesetzte, -n (agg. sost. masch. / femm.): superiore

1. darbieten: presentare2. e Weiberfastnacht: nell’ambito delle festività di Carnevale, il giovedì prima del mercoledì delle ceneri, in Italia “giovedì grasso”3. r Niveauunterschied, -e: differenza di livello4. verweisen: accennare, richiamare l’attenzione su5. r Scheich, -e: sceicco

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FocusDurch die Verleumdungskampagne, die die Presse gegen Katharina durchführt, wird die Frau den Lesern der Boulevardpresse als „Mörderbraut“ und „Kommunistensau“ vorgestellt. Katharinas Mutter stirbt an der Aufregung. Die Erzählung besteht in einer Zusammensetzung von Zeugenaussagen, Zeitungsartikeln, -zitaten, -schlagzeilen, Auszügen aus Gerichtsprotokollen und Verhören: Der Zweck einer solchen Komposition ist die Entlarvung journalistischer Praktiken, die nichts von der Wahrheit wissen wollen und ausschließlich auf die Sensation gerichtet sind. Von ihren Arbeitgebern wird Katharina als „ruhig und freundlich“ sowie als „fleißiges,ordentliches“ Mädchen bezeichnet, aber in der ZEITUNG werden solche Aussagen über Katharina verfälscht abgedruckt. Durch dieses zusammengesetzte Material aus den verschiedensten Quellen dokumentiert Böll die Verfälschung des Geschehens durch die journalistischen Gewohnheiten. Die ZEITUNG verursacht den Ehrverlust Katharinas. Der Journalist, der sie als anständige Person in der Öffentlichkeit ruiniert hat und der sogar in ihre Intimsphäre eindringen möchte, wird am Ende von der Protagonistin erschossen. Katharina tötet den Reporter der Zeitung, die ihren Ruf systematisch zerstört hat. Gegen die Gewalt greift Katharina zur Gegengewalt. Die Folgen werden im Untertitel aufgegriffen: Wie Gewalt entstehen und wohin sie führen kann. Die erwähnte Gewalt ist natürlich nicht nur die Reaktion von Katharina, sondern auch die Gewalt der Presse in gesellschaftspolitischen Strukturen. Um eine große Bevölkerungsschicht zu erreichen, müssen Berichte möglichst sensationell erscheinen. Um dieses Ziel zu verfolgen, schreckt die ZEITUNG nicht vor der Verfälschung von Informationen zurück.Sehr deutlich erscheinen Parallelen zwischen der ZEITUNG und der „Bild-Zeitung“. Böll setzt seiner Erzählung eine vielsagende Klausel voraus: „Personen und Handlung dieser Erzählung sind frei erfunden. Sollten sich bei derSchilderung gewisser journalistischer Praktiken Ähnlichkeiten mit den Praktiken der „Bild-Zeitung“ ergeben haben, so sind diese Ähnlichkeiten weder beabsichtigt noch zufällig, sondern unvermeidlich.“Die dargestellten Zustände sind noch sehr aktuell. Bölls Beschreibung der Praktiken der Boulevardpresse entsprechen auch den heutigen Vorgehensweisen.

In einem Interview aus dem Jahr 1974 behauptet Böll: „Lest mit äußerstem Misstrauen Zeitungen, alle ... Ich lesesehr viele Zeitungen, manchmal vier oder fünf verschiedene an einem Tag und vergleiche immer, wie schreiben die jetzt über Chile und die und die und die. Ich stelle mir vor, ich wäre nur der Leser einer Zeitung. Ich wäre verloren. Auch eine weitere Moral wäre: Glaubt nicht an die Unfehlbarkeit der Zeitung, [...] alle Leute sagen ‚das stand aber in der Zeitung‘ und halten das für einen Wahrheitsbeweis. Das wäre meine Moral: Misstrauisch sein, und wenn man zum Opfer wird, [...] sich wehren dagegen, wie, weiß ich nicht.‘ Diese junge Dame wählt diesen Weg, den ich nicht empfehlen kann, aber es gibt andere Möglichkeiten, sich zu wehren und die Unfehlbarkeit der Zeitungen permanent in Frage zu stellen. Das wäre meine Moral.“

Tipps:• Propaganda in der Nazizeit: „Dieses Reinemachen unserer Kultur hat sich auf fast alle Gebiete zu erstrecken.

Theater, Kunst, Literatur, Kino, Presse…“ bis zur Bücherverbrennung am 10. Mai 1933• Günter Wallraff, Der Aufmacher - Der Mann, der bei BILD Hans Esser war (1977)

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LETTERATURA FRANCESE CHARLES DE GAULLEAppel à la résistance (18 juin 1940)

Le 18 juin 1940, depuis Londres, le général Charles de Gaulle lance un appel à la Résistance des Français sur les ondes de la radio BBC : encouragé par Winston Churchill, le premier ministre anglais, il refuse la défaite militaire de la France contre l’Allemagne. Il sauve l’honneur de la France, en l’incitant avec le discours suivant à continuer le combat contre l’ennemi.

Ce discours est un exemple important de communication de masse : l’appel est en effet une forme rhétorique par laquelle on peut à la fois émouvoir et de donner des directives à suivre, soient elles morales ou pratiques. Par ailleurs, la radio, qui permet d’utiliser les nuances de la voix, est le moyen idéal pour le diffuser et le faire arriver à un grand nombre de personnes.Charles De Gaulle rappelle d’abord avec réalisme la situation, en utilisant les répétitions pour marquer sa volonté de s’engager pour la France et pour charger d’émotion et d’espoir son appel.Il s’adresse aux Français à la première personne pour montrer son engagement et sa ténacité et, en quelque sorte, se présenter comme leader.Cet appel, si bien construit, consacrera Charles de Gaulle comme le promoteur de la résistance française.

Les chefs qui, depuis de nombreuses années, sont à la tête des armées françaises, ont formé un gouvernement. Ce gouvernement, alléguant la défaite de nos armées, s’est mis en rapport avec l’ennemi pour cesser le combat. Certes, nous avons été, nous sommes, submergés par la force mécanique, terrestre et aérienne, de l’ennemi. Infiniment plus que leur nombre, ce sont les chars, les avions, la tactique des Allemands qui nous font reculer. Ce sont les chars, les avions, la tactique des Allemands qui ont surpris nos chefs au point de les amener là où ils en sont aujourd’hui. Mais le dernier mot est-il dit ? L’espérance doit-elle disparaître ? La défaite est-elle définitive ? Non ! Croyez-moi, moi qui vous parle en connaissance de cause et vous dis que rien n’est perdu pour la France. Les mêmes moyens qui nous ont vaincus peuvent faire venir un jour la victoire. Car la France n’est pas seule ! Elle n’est pas seule ! Elle n’est pas seule ! Elle a un vaste Empire derrière elle. Elle peut faire bloc avec l’Empire britannique qui tient la mer et continue la lutte. Elle peut, comme l’Angleterre, utiliser sans limites l’immense industrie des États-Unis. Cette guerre n’est pas limitée au territoire malheureux de notre pays. Cette guerre n’est pas tranchée par la bataille de France. Cette guerre est une guerre mondiale. Toutes les fautes, tous les retards, toutes les souffrances, n’empêchent pas qu’il y a, dans l’univers, tous les moyens nécessaires pour écraser un jour nos ennemis. Foudroyés aujourd’hui par la force mécanique, nous pourrons vaincre dans l’avenir par une force mécanique supérieure. Le destin du monde est là. Moi, Général de Gaulle, actuellement à Londres, j’invite les officiers et les soldats français qui se trouvent en territoire britannique ou qui viendraient à s’y trouver, avec leurs armes ou sans leurs armes, j’invite les ingénieurs et les ouvriers spécialistes des industries d’armement qui se trouvent en territoire britannique ou qui viendraient à s’y trouver, à se mettre en rapport avec moi. Quoi qu’il arrive, la flamme de la résistance française ne doit pas s’éteindre et ne s’éteindra pas. Demain, comme aujourd’hui, je parlerai à la Radio de Londres. »

D’autres suggestions :• La communication pour sensibiliser : Victor Hugo, Le dernier jour d’un condamné (1829)• La communication contre une injustice : Emile Zola, J’accuse (1898)• La communication épistolaire : Boris Vian, Le Déserteur (1954)• La communication manipulée : Franck Pavloff, Matin brun (1998)• La communication engagée : Indignez-vous, Stéphane Hessel (2011)

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