Deliberazione della Giunta n. 157 del 26 gennaio 2010 · sociali ed integrazione socio-sanitaria e...

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8^ legislatura Deliberazione della Giunta n. 157 del 26 gennaio 2010 Presidente V. Presidente Assessori Segretario Giancarlo Franco Renato Giancarlo Marialuisa Oscar Elena Massimo Renzo Sandro Vendemiano Flavio Stefano Antonio Galan Manzato Chisso Conta Coppola De Bona Donazzan Giorgetti Marangon Sandri Sartor Silvestrin Valdegamberi Menetto Mod. A - originale OGGETTO: Approvazione delle Linee Guida Regionali sui Piani di Zona ((L. n. 328/2000, LL.RR. n. 56/1994, n. 5/1996, n. 11/2001, DGR n. 1764/2004, DGR n. 1560/2006, DGR n. 3702/2006, DGR 1809/2009). L’Assessore alle politiche sociali, dott. Stefano Valdegamberi, riferisce quanto segue. La legge regionale n. 56 del 14 settembre 1994: “Norme e principi per il riordino del Servizio sanitario regionale in attuazione del D.Lgs. n. 502/92” ha individuato, quale principale strumento di integrazione, il Piano di zona dei servizi sociali che viene elaborato ed approvato dal Sindaco, qualora l’ambito territoriale dell’Unità locale socio sanitaria coincida con quello del Comune o dalla Conferenza dei sindaci, con le modalità previste dal piano socio sanitario regionale. La successiva legge regionale n. 5 del 3 febbraio 1996, di approvazione del Piano Socio-Sanitario Regionale per il triennio 1996/1998, all’articolo 5, ha affermato che l'integrazione socio-sanitaria viene attuata dal direttore generale attraverso il direttore dei servizi sociali che fornisce il supporto per l'elaborazione del piano di zona e che ne segue l'attuazione. Con provvedimento n. 2865 del 5 agosto 1997, recante: “PSSR96/98. LR n. 5/1996, artt. 4 e 5. Approvazione schema tipo di piano di zona”, la Giunta Regionale ha definito quest’ultimo quale strumento per: l’analisi dell’evoluzione qualitativa e quantitativa dei bisogni; lo sviluppo di forme di gestione dei servizi adeguate, flessibili e creative; l’integrazione delle risorse pubbliche e private; la creazione di nuove opportunità e la produzione di risorse aggiuntive; la definizione delle prestazioni da erogare, rapportate alle responsabilità dei diversi soggetti e al quadro delle risorse rilevate. Con legge n. 328 dell’8 novembre 2000, i piani di zona sono diventati il principale strumento della programmazione sociale e sono stati chiamati a perseguire due obiettivi: facilitare il governo della integrazione sociosanitaria; promuovere una nuova programmazione sociale, in grado di coniugare le strategie di protezione con quelle di promozione, con riferimento alle aree di bisogno indicate dalla legge suddetta e dalle altre norme che hanno definito in modo più ampio e organico le materie proprie degli interventi sociali. La legge regionale n. 11 del 13 aprile 2001: “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112”, all’art. 128, comma 5, ha ulteriormente ampliato l’importanza del piano di zona, definendolo come “… lo strumento primario di attuazione della rete dei servizi sociali e dell’integrazione sociosanitaria …” . Con provvedimento n. 1764 del 18 giugno 2004: “Linee Guida per la predisposizione dei Piani di Zona”, al fine di recepire quanto introdotto dalla normativa statale e regionale citata, in materia di servizi sociali ed integrazione socio-sanitaria e relativamente ai piani di zona, la Giunta Regionale ha individuato i contenuti e le priorità regionali per i piani di zona. Con provvedimento n. 1560 del 23 maggio 2006, recante: “Piani di Zona dei Servizi alla Persona 2003/2005: allineamento della programmazione in corso al 31 dicembre 2006. Indicazioni per la presentazione Piani di Zona dei Servizi alla Persona 2007/2009 (L. n. 328/2000, LL.RR. n. 56/1994, n. 5/1996, n. 11/2001, DGR n. 1764/2004)”, la Giunta Regionale ha previsto, tra l’altro: di integrare le linee

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8^ legislatura Deliberazione della Giunta n. 157 del 26 gennaio 2010

Presidente V. Presidente Assessori Segretario

Giancarlo Franco Renato Giancarlo Marialuisa Oscar Elena Massimo Renzo Sandro Vendemiano Flavio Stefano Antonio

Galan Manzato Chisso Conta Coppola De Bona Donazzan Giorgetti Marangon Sandri Sartor Silvestrin Valdegamberi Menetto

Mod. A - originale

OGGETTO:

Approvazione delle Linee Guida Regionali sui Piani di Zona ((L. n. 328/2000, LL.RR. n. 56/1994, n. 5/1996, n. 11/2001, DGR n. 1764/2004, DGR n. 1560/2006, DGR n. 3702/2006, DGR 1809/2009).

L’Assessore alle politiche sociali, dott. Stefano Valdegamberi, riferisce quanto segue.

La legge regionale n. 56 del 14 settembre 1994: “Norme e principi per il riordino del Servizio sanitario regionale in attuazione del D.Lgs. n. 502/92” ha individuato, quale principale strumento di integrazione, il Piano di zona dei servizi sociali che viene elaborato ed approvato dal Sindaco, qualora l’ambito territoriale dell’Unità locale socio sanitaria coincida con quello del Comune o dalla Conferenza dei sindaci, con le modalità previste dal piano socio sanitario regionale.

La successiva legge regionale n. 5 del 3 febbraio 1996, di approvazione del Piano Socio-Sanitario Regionale per il triennio 1996/1998, all’articolo 5, ha affermato che l'integrazione socio-sanitaria viene attuata dal direttore generale attraverso il direttore dei servizi sociali che fornisce il supporto per l'elaborazione del piano di zona e che ne segue l'attuazione.

Con provvedimento n. 2865 del 5 agosto 1997, recante: “PSSR96/98. LR n. 5/1996, artt. 4 e 5. Approvazione schema tipo di piano di zona”, la Giunta Regionale ha definito quest’ultimo quale strumento per: l’analisi dell’evoluzione qualitativa e quantitativa dei bisogni; lo sviluppo di forme di gestione dei servizi adeguate, flessibili e creative; l’integrazione delle risorse pubbliche e private; la creazione di nuove opportunità e la produzione di risorse aggiuntive; la definizione delle prestazioni da erogare, rapportate alle responsabilità dei diversi soggetti e al quadro delle risorse rilevate.

Con legge n. 328 dell’8 novembre 2000, i piani di zona sono diventati il principale strumento della programmazione sociale e sono stati chiamati a perseguire due obiettivi: facilitare il governo della integrazione sociosanitaria; promuovere una nuova programmazione sociale, in grado di coniugare le strategie di protezione con quelle di promozione, con riferimento alle aree di bisogno indicate dalla legge suddetta e dalle altre norme che hanno definito in modo più ampio e organico le materie proprie degli interventi sociali.

La legge regionale n. 11 del 13 aprile 2001: “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112”, all’art. 128, comma 5, ha ulteriormente ampliato l’importanza del piano di zona, definendolo come “… lo strumento primario di attuazione della rete dei servizi sociali e dell’integrazione sociosanitaria …” .

Con provvedimento n. 1764 del 18 giugno 2004: “Linee Guida per la predisposizione dei Piani di Zona”, al fine di recepire quanto introdotto dalla normativa statale e regionale citata, in materia di servizi sociali ed integrazione socio-sanitaria e relativamente ai piani di zona, la Giunta Regionale ha individuato i contenuti e le priorità regionali per i piani di zona.

Con provvedimento n. 1560 del 23 maggio 2006, recante: “Piani di Zona dei Servizi alla Persona 2003/2005: allineamento della programmazione in corso al 31 dicembre 2006. Indicazioni per la presentazione Piani di Zona dei Servizi alla Persona 2007/2009 (L. n. 328/2000, LL.RR. n. 56/1994, n. 5/1996, n. 11/2001, DGR n. 1764/2004)”, la Giunta Regionale ha previsto, tra l’altro: di integrare le linee

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guida, approvate con deliberazione n. 1764/2004, con specifiche indicazioni per la valutazione dei piani di zona da definirsi entro il mese di giugno dello stesso anno e di rimandare la loro approvazione ad un successivo provvedimento di Giunta Regionale; di includere nei piani di zona, relativi al triennio 2007/2009, i piani settoriali, prevedendo una progressiva armonizzazione ai tempi previsti per l’attuazione degli stessi.

Con DGR n. 3702 del 28 novembre 2006: “Approvazione delle specifiche indicazioni per la valutazione dei piani di zona dei servizi alla persona e proroga del termine di presentazione dei piani di zona 2007/2009. (L. n. 328/2000, LL.RR. n. 56/1994, n. 5/1996, n. 11/2001, DGR n. 1764/2004, DGR n. 1560/2006)”, è stato pertanto stabilito: • di procedere alla riadozione del documento “Linee guida per la predisposizione dei Piani di Zona” di cui

alla DGR n. 1764/2004 e, ad integrazione dello stesso, all’approvazione delle “Indicazioni per la valutazione dei documenti dei piani di zona 2007-2009 con criteri di valutabilità”;

• di declinare la valutazione dei piani di zona sia a livello della singola Azienda ULSS sia a livello regionale, prevedendo, per quanto riguarda il primo livello, che ciascuna Azienda ULSS proceda, al termine di ciascuna annualità di validità del piano, alla redazione di una “Relazione valutativo-previsionale” contenente: la valutazione di ciò che è stato realizzato nell’anno precedente; le azioni correttive degli obiettivi strategici del piano; il piano attuativo per l’anno successivo;

• di procedere ad una valutazione annuale, a cura della Direzione Regionale per i Servizi Sociali, condotta sulla base delle “Relazioni valutativo-previsionali” prodotte dagli Uffici di Piano di ciascuna Azienda ULSS, che al termine del triennio di validità dei piani di zona avrà come oggetto i risultati complessivi di tutti e tre gli anni di validità dei piani, nonché ad una valutazione annuale delle politiche perseguite;

• di prorogare il termine stabilito con precedente DGR n. 1560/2006, stabilendo nella data del 30 aprile 2007 il nuovo termine per la presentazione dei piani di zona 2007/2009 che avranno validità a far data dal 1 maggio 2007 fino al 31 dicembre 2009.

Ciò premesso, in attuazione delle deliberazioni di Giunta Regionale n. 1560/2006 e n. 3702/2006, la Regione del Veneto ha avviato un percorso di accompagnamento per le Aziende ULSS del Veneto sui processi di valutazione dei piani di zona. Tale attività ha fatto emergere, tra l’altro, alcune criticità legate alle linee guida regionali che hanno indotto la Regione del Veneto ad intraprendere un percorso di modifica del documento, approvato con le deliberazioni n. 1764/2004 e n. 3702/2006, al fine di perfezionare lo stesso in vista dell’elaborazione dei prossimi piani di zona.

Considerato che l’adozione delle nuove linee guida richiederanno la realizzazione di azioni per la promozione e diffusione della conoscenza delle stesse, al fine di supportare i territori nelle fasi di costruzione dei nuovi piani di zona e che l’elaborazione di questi ultimi impegnerà i territori per tutto l’anno 2010, la Giunta Regionale con provvedimento n. 1809 del 16 giugno 2009: “Piani di Zona dei servizi alla persona 2007/2009: proroga della validità al 31 dicembre 2010 ((L. n. 328/2000, LL.RR. n. 56/1994, n. 5/1996, n. 11/2001, DGR n. 1764/2004, DGR n. 1560/2006, DGR n. 3702/2006)”, ha stabilito di prorogare la validità dei piani di zona 2007/2009 al 31 dicembre 2010.

Nello specifico, le nuove linee guida, frutto del confronto attivato tra la Direzione Regionale ai Servizi Sociali, alcuni Direttori dei Servizi Sociali delle Aziende ULSS ed i Dirigenti dei Servizi Sociali dei Comuni Capoluogo della Regione Veneto, mirano a rendere il piano di zona uno strumento ancor più centrale per programmare a livello territoriale le risposte ai problemi di salute delle persone e delle comunità locali.

Il documento, sviluppato a partire da quanto indicato nelle linee guida per la predisposizione dei piani di zona del 2006 (DGR 3702/2006) e dalle esperienze di programmazione che ne sono conseguite, presenta alcuni importanti aspetti innovativi che mirano a sostenere il processo di integrazione nella programmazione, sia tra i diversi livelli istituzionali, sia tra i diversi soggetti locali che intervengono a vario titolo nel sistema di welfare. Tra le innovazioni più rilevanti introdotte, si evidenziano in particolare le seguenti: • per quanto riguarda le finalità, il piano di zona viene configurato come uno specifico strumento di

programmazione delle politiche sociali e socio-sanitarie definite a livello locale in coerenza con le linee di indirizzo regionali e pertanto sono inclusi nel piano di zona tutti gli interventi sociali e socio-sanitari, pubblici e privati, siano essi riferiti al territorio comunale, sovracomunale, distrettuale o all’intero ambito territoriale di riferimento dell’Azienda ULSS;

• per quanto riguarda i processi partecipativi, si è distinta la partecipazione degli attori locali alla costruzione del piano di zona, tra consultazione e concertazione;

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• per quanto riguarda l’integrazione nella programmazione regionale e locale, l’integrazione gestionale viene realizzata attraverso la definizione di un documento di indirizzo promosso dalla Direzione Regionale e approvato dalla Giunta Regionale, concernente gli obiettivi di sviluppo generali della programmazione sociale e socio-sanitaria e specifici per singola area di intervento (ex piani settoriali), nonché l’identificazione annuale delle risorse economiche disponibili e dei vincoli di riparto per la programmazione locale;

• il piano di zona, al fine di garantire l’integrazione tra i diversi livelli istituzionali, è sottoposto al visto di congruità regionale in funzione della sua coerenza con gli indirizzi strategici definiti nei suddetti documenti;

• l’integrazione gestionale è promossa nel territorio attraverso azioni mirate a garantire la gestione unitaria delle funzioni sociali almeno a livello distrettuale già prevista dall’art. 4 della L.R. 5/1996, mediante il ricorso alle diverse modalità gestionali previste dalla normativa nazionale e regionale;

• per quanto riguarda la durata, il ciclo di vita del piano di zona è di 5 anni (è prevista una maggiore dinamicità al piano su base annuale, attraverso successivi momenti di monitoraggio e ri-pianificazione degli interventi previsti);

• per quanto riguarda le modalità di finanziamento, le Aziende ULSS, sulla base delle determinazioni regionali in materia di finanziamento per le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, ed i comuni definiscono di comune intesa la misura di finanziamento dei livelli di assistenza da finanziare sulla base di “quote capitarie correlate ai livelli essenziali di assistenza” (comma 6, art. 3, D.Lgs. 502/92);

• per quanto riguarda la procedura di costruzione e gestione del piano di zona, la struttura organizzativa prevede: un organo di governo politico, costituito dall’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci del territorio e dalla Direzione Generale dell’Azienda ULSS che si avvale a questo fine del Direttore dei Servizi Sociali; un gruppo di coordinamento tecnico, nominato in ciascun territorio dall’organo di governo politico, presieduto dal Direttore dei Servizi Sociali e costituito dai referenti dei tavoli tematici e dai componenti dell’Ufficio di Piano, con la funzione di seguire dal punto di vista tecnico e metodologico le attività necessarie alla costruzione e gestione del piano di zona; i tavoli tematici, definiti a livello territoriale, che rappresentano l’articolazione organizzativa attraverso la quale si realizza il coinvolgimento degli attori del territorio e si concretizza il processo di confronto territoriale;

• l’istituzione dell’Ufficio di Piano quale organismo tecnico di staff che facilita e supporta operativamente il processo di programmazione, con riferimento alle attività di costruzione, monitoraggio e valutazione del piano di zona.

Tutto ciò considerato, si sottopone all’approvazione della Giunta Regionale il documento recante: “Linee guida per la predisposizione dei piani di zona” , di cui all’Allegato A al presente provvedimento che costituisce parte integrante dello stesso.

Il relatore conclude la propria relazione e propone all'approvazione della Giunta Regionale il seguente provvedimento.

LA GIUNTA REGIONALE - Udito il relatore, incaricato dell’istruzione dell’argomento in oggetto, ai sensi dell’art. 33, II comma

dello Statuto, il quale dà atto che la struttura competente ha attestato l’avvenuta regolare istruttoria della pratica, anche in ordine alla compatibilità con la vigente legislazione regionale e statale;

- Visto il D.Lgs. n. 502 del 30.12.1992, art. 6, comma 3; - Vista la legge n. 328 dell’8.11.2000; - Vista la L.R. n. 56 del 14.9.1994; - Vista la L.R. n. 5 del 3.2.1996; - Vista la L.R. n. 11 del 13.4.2001; - Vista la DGR n. 2865 del 5.8.1997; - Vista la DGR n. 1764 del 18.6.2004; - Vista la DGR n. 1560 del 23.5.2006; - Vista la DGR n. 3702 del 28.11.2006; - Vista la DGR n. 1809 del 16.6.2009.

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DELIBERA

1. le premesse formano parte integrante e sostanziale del presente atto; 2. di approvare il documento: “Linee guida per la predisposizione dei piani di zona”, di cui all’Allegato A

al presente provvedimento che costituisce parte integrante dello stesso; 3. di disporre l’integrale pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Veneto del presente atto.

Sottoposto a votazione, il provvedimento è approvato con voti unanimi e palesi.

IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE Dott. Antonio Menetto On. dott. Giancarlo Galan

VISTO: se ne propone l’adozione, attestandone la conformità agli atti, la regolare istruttoria e la compatibilità con la vigente legislazione statale e regionale. Il Dirigente Regionale Dott. Michele Maglio

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giunta regionale – 8^ legislatura

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LINEE GUIDA PER LA PREDISPOSIZIONE DEI PIANI DI ZON A

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Indice 1. Introduzione 2. Finalità ed obiettivi dei Piani di Zona 3. Titolarità e partecipazione

3.1. Soggetti titolari del Piano di Zona 3.2. Altri apporti istituzionali 3.3. Altri attori locali

4. L’integrazione nella programmazione regionale e locale 5. I contenuti del piano di zona

5.1. Gli interventi oggetto di programmazione 5.2. La durata e la struttura del Piano di Zona

6. Le fonti e le modalità di finanziamento 7. La procedura di costruzione e gestione del Piano di Zona

7.1. La struttura organizzativa 7.2. Le fasi di costruzione e gestione del Piano

8. Il monitoraggio e la valutazione del piano di Zona

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1. Introduzione

Le presenti linee guida si propongono di delineare il quadro entro il quale attuare nei prossimi anni i processi di programmazione integrata e partecipata nei diversi ambiti del territorio regionale veneto. I contenuti del documento sono frutto del percorso di maturazione della programmazione locale e, in particolare, delle esperienze acquisite negli ultimi anni a seguito dell’allineamento temporale dei piani di zona in tutti gli ambiti territoriali e dell’avvio del processo di valutazione dei piani di zona. Questi ultimi due aspetti, in particolare, hanno permesso lo sviluppo del confronto in merito ai contenuti del piano di zona, alle risorse da considerare ed alle modalità attraverso le quali tale strumento possa rappresentare un reale meccanismo di governo del sistema integrato di interventi sociali e socio-sanitari del territorio. Le nuove linee guida da un lato riprendono molti elementi già previsti nelle “Linee guida per la predisposizione dei piani di zona” approvate nel 20061, dall’altro presentano alcuni importanti aspetti innovativi che mirano a sostenere il processo di integrazione nella programmazione, sia tra i diversi livelli istituzionali di governance, sia tra i diversi soggetti locali che intervengono a vario titolo nel sistema integrato dei servizi di welfare. Rif. normativi l.r. n. 56 del 14/09/1994 l.r. n. 5 del 3/2/1996 e DGR 2865 del 5/08/1997 D.l. n.229 del 19/06/1999 l. n. 328 del 8/11/2000 l.r. n. 11 del 13/04/2001 DGR 1764 del 8/06/2004 DGR 3702 del 28/11/2006

2. Finalità ed obiettivi dei Piani di Zona Il piano di zona rappresenta lo strumento mediante il quale la Regione Veneto intende continuare a sostenere la programmazione dei servizi sociali e sociosanitari nei diversi ambiti regionali, identificati nei territori coincidenti con quelli delle Aziende Ulss e delle loro articolazioni distrettuali. Attraverso il piano di zona, si perseguono le seguenti finalità: • promuovere una programmazione sociale integrata in grado di coniugare le strategie di protezione

con quelle di promozione del benessere dei cittadini; • favorire l’equità territoriale, sostenendo l’equilibrio nell’offerta dei servizi e promuovendo

regolamenti e comportamenti uniformi all’interno del territorio; • favorire lo sviluppo di un sistema di offerta in grado di cogliere l’evoluzione dei bisogni della

popolazione; • favorire la piena integrazione tra i soggetti pubblici e i soggetti del privato sociale interessati alla

costruzione del sistema integrato di interventi e servizi sociali; • sostenere e facilitare il governo dell’integrazione sociosanitaria. Per poter perseguire tali finalità, il piano di zona si configura come specifico strumento di programmazione delle politiche sociali e socio-sanitarie definite a livello locale in coerenza con le linee di indirizzo regionali. Attraverso il piano di zona si programmano la distribuzione e l’allocazione delle risorse, coerentemente con i vincoli stabiliti su base regionale, nonché tutti gli interventi sociali e socio-sanitari del territorio, includendo sia gli interventi consolidati, sia le azioni di potenziamento e di

1 Allegato A Dgr n. 3702 del 28/11/2006

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innovazione promosse. A tale scopo, devono essere inclusi nel piano di zona tutti gli interventi sociali e socio-sanitari, pubblici e privati, siano essi riferiti al territorio comunale, sovracomunale, distrettuale o all’intero ambito territoriale di riferimento dell’Azienda Ulss. Le esperienze realizzate negli ultimi anni suggeriscono inoltre di porre particolare attenzione all’insieme delle politiche che intervengono nel migliorare la qualità della vita sociale dei cittadini, poiché spesso sostengono investimenti che integrano le risposte assistenziali, di contrasto al disagio e all’esclusione, nonché di promozione della salute. Il piano di zona infatti rappresenta lo strumento attraverso il quale possono essere definiti progetti di collegamento tra la programmazione sociale e socio-sanitaria e le altre politiche di supporto alla persona ed alla comunità; tale possibilità deve tuttavia conciliarsi con la effettiva capacità del territorio di governare in modo concertato le azioni delle diverse politiche di intervento (ad esempio le politiche abitative, del lavoro, dell’istruzione e dell’educazione, ..) prevedendo esplicita integrazione tra i soggetti competenti per le altre politiche, nonché tra le risorse e gli strumenti programmatori ad esse relativi.

3. Titolarità e partecipazione

3.1. Soggetti titolari del Piano di Zona La titolarità per la formulazione del piano di zona è definita considerando le responsabilità che i diversi attori istituzionali hanno sulle materie oggetto di programmazione locale. Sono identificati, in ordine di rilevanza, i seguenti soggetti istituzionali responsabili del piano di zona: • I Comuni, ricompresi negli ambiti territoriali corrispondenti alle Aziende Ulss, come previsto

all’art. 128, IV comma, L.r. 11/2001, quali enti rappresentativi della comunità locale e titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale2. Nell’ambito delle loro funzioni i comuni sono chiamati ad affrontare e risolvere i problemi inerenti l’esercizio unitario delle funzioni proprie in materia di assistenza e di promozione sociale, così da garantire livelli essenziali di assistenza nel territorio, avvalendosi di soluzioni gestionali a ciò finalizzate3, come indicato nel successivo capitolo 4.

• La Regione, attraverso le Aziende Ulss, cui competono responsabilità generali di programmazione, coordinamento, vigilanza e controllo sulle materie sanitarie e sociali, nonché, ai sensi dell’art. 2, I comma, dgls n. 502/92 del 30/12/1992 e successive modifiche, quale titolare delle funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera. A questo fine la Regione interviene nella predisposizione dei piani di zona avvalendosi delle Aziende Ulss per meglio finalizzare la programmazione territoriale, per la parte di assistenza sanitaria integrata con quella sociale4, nonché per quanto attiene agli interventi sui determinanti di salute e per l’esercizio delle funzioni delegate dai comuni alle Aziende Ulss. Il supporto all’elaborazione del piano di zona viene svolto dal Direttore dei Servizi Sociali che ne segue anche l’attuazione, svolgendo un ruolo di coordinamento tecnico-operativo nel territorio di

2 Si veda D.P.R. n. 616 del 24 luglio 1977 e successive riforme in materia di autonomie locali e art. 6 legge 328/2000.

3 Come previsto all’art. 4 della l.r. 5/1996.

4 Ai sensi dell’art. 3 septies del dlgs n. 502/92 e successive modificazioni

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competenza5. Il suo ruolo consiste nel garantire la saldatura tecnica sull’intera materia sociale tra Azienda Ulss e Comuni, nonché con le altre realtà istituzionali e private operanti sul territorio6.

3.2. Altri apporti istituzionali

Partecipano alla stesura del piano di zona i seguenti soggetti istituzionali: • Le Province, che concorrono all’attuazione dei piani di zona nelle materie di propria

competenza e con risorse proprie, nonché in quanto facenti parte organica dei fattori determinanti per il buon esito delle politiche di promozione e sviluppo sociale, entro ambiti territoriali tali da richiedere lo sviluppo di strategie di area vasta. Fra le materie di interesse provinciale possono ad esempio essere richiamate quelle inerenti la formazione professionale, l’integrazione lavorativa, la mobilità in rapporto con i tempi di vita delle famiglie, i determinanti ambientali di salute, la gestione delle emergenze. A ciò si aggiungono le funzioni indicate dalla l. 328/00, in merito alla conoscenza dei bisogni e delle risorse presenti nel territorio.

• Gli altri soggetti pubblici (Amministrazioni periferiche dello Stato: scolastiche, della giustizia, del lavoro, IPAB, Comunità Montane, ecc.) che possono partecipare al processo di programmazione locale di zona con proprie risorse per il conseguimento di traguardi comuni di interesse generale.

3.3. Altri attori locali

Gli obiettivi della politica sociale del territorio possono essere perseguiti con efficacia soltanto mediante il coinvolgimento di tutti i soggetti della comunità locale che a vario titolo intervengono nella progettazione, nel finanziamento e nella realizzazione degli interventi del sistema integrato territoriale. Sia le leggi nazionali7, sia la legislazione regionale8 prevedono l’impegno degli enti locali e delle regioni nel riconoscere ed agevolare il ruolo dei soggetti della comunità locale, sostenendo la valorizzazione delle diverse responsabilità non solo per garantire legittimazione alle scelte e maggiore condivisione delle risorse necessarie alla loro attuazione, ma come sostanziale applicazione del principio che l’intera comunità locale è chiamata a rendersi responsabile del proprio sviluppo, in una logica di sussidiarietà e di condivisione delle responsabilità ai diversi livelli. Secondo tali principi, è riconosciuta ed agevolata la partecipazione degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti privati accreditati, delle organizzazioni sindacati, degli enti riconosciuti, delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore per la programmazione, la organizzazione e la gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Nel processo di programmazione locale può inoltre essere stimolata la partecipazione di altri attori locali interessati al sistema dei servizi socio-sanitari del territorio, quali associazioni di categoria, associazioni produttive, imprese ed altre organizzazioni che abbiano un interesse allo sviluppo del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

5 Art. 5 l.r. 5/1996

6 Punto 5 documento di indirizzo del Consiglio Regionale per l’attuazione del piano socio-sanitario 1996-1998

(allegato alla l.r. 5/1996)

7 Art. 1 comma VI, art. 3 comma II lettera B), art. 5 comma IV, art. 6 comma III lettera D) della legge n. 328/00

8 L.r. 40/1993, l.r. 5/1996, l.r. 11/200,L.r. 23/2006

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L’attivazione dei processi partecipativi è promossa e garantita dalla Conferenza dei Sindaci non solo come strategia di valorizzazione dei soggetti attivi ma anche e soprattutto come condizione strutturale e strategica per facilitare l’incontro delle responsabilità e delle risorse disponibili nel territorio. Il ricorso al principi di sussidiarietà e valorizzazione del capitale sociale della comunità non significa tuttavia confondere la funzione di partecipazione con la titolarità decisionale in merito alle scelte da compiere sul piano politico ed operativo. Al fine di rendere trasparente ed efficace il processo partecipativo è compito dei soggetti titolari del piano di zona definire chiaramente i diversi livelli di partecipazione promossi nei confronti degli attori della comunità locale, distinguendo almeno tra: - Azioni di consultazione, finalizzate ad informare i soggetti coinvolti sui contenuti della

programmazione per raccogliere indicazioni, proposte e consigli utili a migliorare i contenuti programmatori rispetto alle politiche, alle priorità, alle azioni, alle risorse e/o alle strategie di intervento;

- Azioni di concertazione, finalizzate a coinvolgere i soggetti selezionati in un processo di confronto e di partecipazione attiva alle decisioni che saranno formalmente individuate dai soggetti titolari del piano di zona nel processo programmatorio, in merito alle politiche, alle priorità, alle azioni, alle risorse e/o alle strategie di intervento. Tale coinvolgimento si configura come instaurazione di un rapporto di partenariato tra il soggetto pubblico e gli attori della comunità locale, che costituiscono la rete sociale nella quale si realizzano le azioni del piano di zona.

Nell’ambito del coinvolgimento degli attori locali, gli enti titolari, con particolare riguardo ai Comuni, possono attivare altre strategie di promozione della partecipazione, promuovendo, a puro titolo di esempio, azioni puramente informative rivolte alla cittadinanza o occasioni di co-progettazione degli interventi con attori specificamente selezionati.

4. L’integrazione nella programmazione regionale e locale L’integrazione nella programmazione regionale e locale si sviluppa mediante: • L’integrazione istituzionale, realizzata attraverso la definizione di un documento di indirizzo

promosso dalla Direzione Regionale e approvato dalla Giunta Regionale, concernente gli obiettivi di sviluppo generali della programmazione sociale e socio-sanitaria e specifici per singola area di intervento (ex piani settoriali), nonché l’identificazione annuale delle risorse economiche disponibili e dei vincoli di riparto per la programmazione locale; tali documenti rappresentano la cornice di riferimento della programmazione locale che declina le politiche e le azioni di intervento in coerenza con le linee strategiche ed i vincoli di risorse definiti dalla Regione. Al fine di garantire l’integrazione tra i diversi livelli istituzionali, il Piano di Zona è sottoposto al visto di congruità regionale in funzione della sua coerenza con gli indirizzi strategici definiti nei suddetti documenti.

• L’integrazione socio-sanitaria: il piano di zona rappresenta la programmazione sociale e socio-sanitaria del territorio e comprende la programmazione delle risorse economiche e degli interventi per tutte le aree sociali e socio-sanitarie9. Su base territoriale il piano di zona viene adottato mediante accordo di programma sottoscritto dalla Conferenza dei Sindaci e dal Direttore Generale dell’Azienda Ulss, il quale provvede a garantirne l’integrazione con gli altri strumenti di programmazione sanitaria (relazione aziendale annuale, Programma delle Attività Territoriali) e a

9 Il piano di zona, quale strumento di programmazione integrata a livello locale, comprende ed integra la

programmazione settoriale, superando la frammentazione legata all’attuazione dei piani settoriali (piano della disabilità, piano delle dipendenze, piano infanzia e adolescenza, piano della domiciliarità, ecc.).

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recepirne i contenuti nel Programma di Attuazione Locale. Tale processo deve garantire applicazione operativa a quanto previsto dall’art. 3 septies del dlgs n. 502/92 e successive modificazioni dove vengono disciplinate le soluzioni per garantire risposte integrate ai bisogni (comma 4) che attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, disabilità, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative.

• L’integrazione gestionale, promossa nel territorio attraverso azioni mirate a garantire la gestione unitaria delle funzioni sociali almeno a livello distrettuale già prevista dall’art.4 della l.r. 5/1996, mediante il ricorso alle diverse modalità gestionali previste dalla normativa nazionale e regionale e richiamate di seguito. La promozione della gestione unitaria su base distrettuale deve permettere l’identificazione delle specificità del territorio garantendo una unitarietà di risposta nell’ambito territoriale del piano di zona.

Possibili procedure per la gestione associata delle funzioni

Al fine di garantire la gestione unitaria delle funzioni sociali almeno a livello distrettuale, i Comuni possono scegliere tra le seguenti diverse modalità:

L’attivazione di forme associative tra comuni, ai sensi:

- legge 142/1990, dgl 267/2000, art. 24, comma 1 “Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, i comuni e le province possono stipulare tra loro apposite convenzioni”; art. 25, comma 1 “Gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l’esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali..”, art. 26, comma 1 “Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza” (come previsto anche nel dlgs 267/2000 art. 30, 31, 32);

- l.r. 11/2001, art. 128, comma 6 “le forme associative e di cooperazione di cui al decreto legislativo n. 267/2000 sono utilizzate dai soggetti interessati in armonia con la programmazione del piano di zona, al fine di conseguire un uniforme livello qualitativo dei servizi sociali e di integrazione socio-sanitaria e di realizzare un miglior coordinamento degli interventi nel territorio”

La convergenza verso il comune capofila del distretto attraverso lo strumento dell’accordo di programma.

La delega da parte dei Comuni verso l’Azienda Ulss, ai sensi:

- l.r. 56/1994, art. 8 comma 1 “La Regione persegue l'integrazione delle politiche sanitarie e sociali e promuove la delega della gestione dei servizi sociali da parte dei comuni alle Unità locali socio-sanitarie, anche prevedendo specifici finanziamenti, con le modalità definite dal piano regionale socio-sanitario” e comma 2 “La Regione persegue altresì l'integrazione delle attività svolte da soggetti pubblici e privati sia all'interno del comune sia a livello intercomunale in ambiti territoriali corrispondenti a quelli definiti per le nuove Unità locali socio-sanitarie. Il principale strumento di integrazione, per tale finalità, è rappresentato dai piani di zona dei servizi sociali che vengono elaborati ed

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approvati dal sindaco, qualora l'ambito territoriale dell'Unità locale socio-sanitaria coincida con quello del comune o dalla conferenza dei sindaci, con le modalità previste dal piano socio-sanitario regionale”.

- l.r. 5/1996, art. 27, comma 2 “La Giunta regionale assegna risorse finalizzate del Fondo sociale regionale a favore dei comuni che delegano le Unità locali socio-sanitarie o stipulano accordi di programma per la gestione delle funzioni ad elevata integrazione socio-sanitaria”.

- l.r. 11/2001, art. 130, comma 3 “Allo scopo di perseguire pienamente l’integrazione sociosanitaria, la Giunta regionale promuove la delega da parte dei comuni alle ULSS anche mediante l’utilizzo delle risorse nel fondo sociale regionale, delle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria di cui al comma 2 lettera b) dell’articolo 3 septies del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modifiche ed integrazioni nonché della gestione dei servizi sociali”.

5. I contenuti del piano di zona

5.1. Gli interventi oggetto di programmazione I contenuti del Piano di Zona vanno affrontati con riferimento alla definizione di cui alla L.R. 11/2001 all’art. 124, e in particolare ai bisogni indicati dall’art. 22., comma 2, della l. n. 328/00, ai bisogni sociosanitari individuati dall’art. 3 septies, dlgs n. 502/92 e successive modificazioni, nonché ai contenuti di offerta dell’art. 22, comma 4, della l. n. 328/00. In sintesi: • le aree di bisogno indicate dalla Legge 328/00 (art. 22, comma 2) sono le misure di contrasto

della povertà e di sostegno al reddito familiare, le misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti o incapaci di compiere gli atti propri della vita quotidiana, gli interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio e per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, le misure di sostegno alle responsabilità familiari, le misure per favorire l’armonizzazione del tempo di lavoro e di cura familiare, le misure di sostegno alla donna in difficoltà; gli interventi per la piena integrazione delle persone disabili, gli interventi per le persone anziane e disabili per favorire la permanenza a domicilio, le prestazioni integrate di tipo socio educativo per l’infanzia e l’adolescenza, gli interventi per contrastare le dipendenze, l’informazione e la consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione di servizi e per promuovere iniziative di auto-mutuo aiuto, nonché - come ulteriormente specificato dal Piano sociale nazionale 2001/2003 (D.P.R. 3-5-2001) – le misure volte a contrastare la povertà e l’esclusione sociale, a favorire l’inclusione della popolazione immigrata.

• I bisogni identificati dall’art 3 septies del Dlgs n. 502/92 e successive modificazioni, sono quelli riguardanti l'esperienza quotidiana di molte persone e famiglie con gravi bisogni, che richiedono integrazione sociosanitaria di diversa intensità nelle aree: materno infantile, anziani non autosufficienti, malati mentali, persone disabili, persone con problemi di dipendenza, persone con patologie a forte impatto sociale quali ad esempio l’hiv, persone nella fase terminale della vita, e persone con inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative.

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• L’articolo 22, comma 4, della legge 328/00 descrive le principali modalità di risposta sociale da garantire su scala zonale, e cioè il servizio sociale professionale e il segretariato sociale, il servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personale e familiare, l’assistenza domiciliare, le risposte residenziali e semi residenziali per soggetti con fragilità sociali, i centri di accoglienza residenziali diurni e residenziali a carattere comunitario.

I diversi problemi devono essere affrontati con una visione di ampio respiro, considerando globalmente i determinanti delle politiche di welfare idonee a favorire la socializzazione, l’inserimento lavorativo, l’integrazione sociale delle persone e famiglie, l’inclusione sociale delle persone immigrate, la partecipazione, i processi di aggregazione e di promozione della cittadinanza solidale, la qualità ambientale, il suo impatto positivo negli ambienti di vita, di lavoro e, più in generale, nei tempi di vita delle persone e delle famiglie.

5.2. La durata e la struttura del Piano di Zona

Il piano di zona è unico e coincide con l’ambito territoriale delle Aziende Ulss; può eventualmente essere articolato a livello distrettuale. La durata e la struttura del documento del piano di zona tengono conto del processo necessario alla costruzione, alla gestione ed alla valutazione del piano. Il documento piano di zona deve quindi occuparsi di rappresentare l’intero processo necessario alla pianificazione locale degli interventi, a partire dall’analisi dei bisogni delle popolazione fino alle modalità previste per la gestione del piano di zona e la sua valutazione. 5.2.1. La durata del piano di zona

Con il presente atto si avvia in Regione Veneto un nuovo processo di programmazione che mira ad integrare la programmazione di medio periodo con quella di breve periodo, allungando il ciclo di vita del piano di zona a 5 anni e prevedendo maggiore dinamicità al piano su base annuale, attraverso successivi momenti di monitoraggio e ri-pianificazione degli interventi previsti. Il piano di zona dovrà quindi presentare, a partire dall’analisi dei bisogni della popolazione e del sistema di offerta presente nel territorio, le prospettive per un quinquennio, declinando annualmente l’esplicitazione delle azioni di intervento e l’allocazione delle risorse economiche che sostengono l’attivazione ed il mantenimento delle suddette azioni. Sono da considerare nell’ambito del piano di zona strutture e presidi, interventi centralizzati e territoriali, progetti previsti nel periodo di programmazione considerato, pubblici e privati, includendo le azioni di mantenimento, potenziamento ed innovazione.

5.2.2. Le aree del piano di zona Il piano di zona mantiene un’articolazione per aree di intervento, definite per ciclo di vita (infanzia, anziani) o per specificità prevalente (dipendenze, disabilità, marginalità, immigrazione, salute mentale). Tale suddivisione, ancorché rischi di segmentare i bisogni della popolazione, appare ancora oggi funzionale a rendere il processo di programmazione orientato all’individuazione di priorità prevalenti con riferimento a fasce omogenee di popolazione, nonché a programmare il sistema di offerta in modo coerente con le strutture organizzative già presenti in regione. È presumibile che nel prossimo periodo di programmazione sia utile iniziare un percorso di approfondimento sull’articolazione delle aree di intervento attraverso cui si definisce la programmazione locale, anche alla luce del progetto di implementazione del sistema informativo sociale veneto, che potrà fornire indicazioni utili alla classificazione dei target di utenza in modo maggiormente flessibile e integrato.

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Al fine di evitare un eccessivo frazionamento tra le aree di intervento e di promuovere la capacità di gestire le multi-problematicità nella risposta al cittadino, all’interno del piano di zona dovranno essere individuati in modo specifico le strategie adottate per garantire: • L’integrazione tra le diverse aree di intervento nella fase di programmazione; • L’integrazione degli interventi previsti nelle diverse aree di intervento, nelle fasi di

gestione e valutazione del piano di zona. Le aree di intervento da prevedere nel piano di zona sono almeno le seguenti: 1. infanzia, adolescenza, minori in condizione di disagio e famiglia 2. persone anziane 3. disabilità 4. dipendenze 5. salute mentale 6. marginalità sociale 7. immigrazione

5.2.3. La struttura del documento “piano di zona” Il documento piano di zona dovrà essere articolato nel seguente modo:

1. Il processo di costruzione dei piani di zona

• Le modalità di avvio del piano di zona e la struttura organizzativa

• L’attivazione dei processi partecipativi

2. L’analisi

• Analisi dei bisogni della comunità

• Analisi del sistema di offerta e delle risorse attualmente impiegate

Tali analisi, o eventuali documenti relativi a specifiche indagini, possono configurarsi come documenti allegati al piano di zona10 e devono tener conto dei ritorni informativi che gli osservatori regionali possono fornire a ciascun territorio, alla luce dei dati raccolti con i diversi flussi informativi.

3. La definizione delle strategie di indirizzo per il periodo di riferimento del piano di zona

• Confronto tra bisogni e offerta

• Definizione delle priorità di intervento (sui bisogni e sul sistema di offerta)

• Definizione delle politiche di intervento

TALE DESCRIZIONE DEVE ESSERE PROPOSTA PER CIASCUNA AREA DI INTERVENTO

4. Le scelte operative sviluppate (in coerenza con il documento di indirizzo regionale)

• Individuazione delle azioni (di mantenimento, di potenziamento, di innovazione)

• Descrizione degli interventi, indicando almeno:

10

Si rammenta che l’analisi del sistema di offerta esistente può essere basata sulle informazioni contenute nel web

piani di zona (per i territori che abbiano già mappato in modo integrale il proprio sistema di offerta).

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→ Anno di riferimento

→ Tipologia di intervento (mantenimento, potenziamento, innovazione)

→ Capienza e/o utenza destinataria

→ Forme di gestione

→ Risorse dedicate e relative fonti di finanziamento

TALE DESCRIZIONE DEVE ESSERE PROPOSTA PER CIASCUNA AREA DI INTERVENTO

La descrizione degli interventi e la loro articolazione (anni di riferimento – risorse dedicate – ecc.) può essere inserita nel web piani di zona, allegandone una sintesi al documento di piano.

5. Gli strumenti ed i processi di governo del piano di zona

• Il sistema di responsabilità

• Il monitoraggio e la valutazione del piano di zona

6. Le fonti e le modalità di finanziamento La programmazione delle azioni di intervento previste nel piano di zona deve tenere conto dei livelli di assistenza socio-sanitaria, nonché dei livelli delle prestazioni sociali che si intendono garantire nel territorio, coerentemente con le indicazioni nazionali e la programmazione regionale in materia, tenuto conto dei vincoli posti dalle risorse effettivamente disponibili o attivabili. Al finanziamento delle azioni previste nella programmazione locale di zona concorrono in primis i soggetti titolari del piano, secondo quanto previsto dall’art. 3, comma 4, Dlgs 502/92, che indica la necessità di precisare i “criteri di finanziamento” delle prestazioni sociosanitarie “per quanto compete alle unità sanitarie locali e ai comuni”. A questo fine le Aziende Ulss, sulla base delle determinazioni regionali in materia di finanziamento per le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, ed i comuni devono definire di comune intesa le misura di finanziamento dei livelli di assistenza da finanziare sulla base di “quote capitarie correlate ai livelli essenziali di assistenza” (comma 6, art. 3, Dlgs 502/92). Il finanziamento del sistema integrato di interventi e servizi si compone delle seguenti fonti: a) quota locale del fondo sociale nazionale b) fondo sanitario regionale per la parte dell’integrazione sociosanitaria c) fondo sociale dei comuni (o quota % di esso) d) fondo sociale regionale (o quota % di esso) e) concorso alla spesa degli utenti f) eventuali contributi finalizzati g) fondi di altre istituzioni o enti coinvolti

_____________________________________________________________ BUDGET LOCALE PER L’ATTUAZIONE DEL PIANO DI ZONA

Al fine di integrare i diversi livelli di programmazione, nel documento di indirizzo e nei piani di riparto dei fondi la Regione terrà conto dell’articolazione del piano di zona in aree di intervento e dell’organizzazione del sistema di offerta in termini di: servizi per l’accesso, la consulenza e la presa in carico; interventi domiciliari; interventi semi-residenziali; interventi residenziali; erogazioni di natura economica; altri interventi specifici attivati a livello territoriale.

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Ciascun ambito, coerentemente con le indicazioni ed i vincoli posti su base regionale, potrà allocare il budget complessivo per l’attuazione del piano di zona secondo il seguente schema:

offerta →

aree di intervento ↓

Accesso Consulenza e presa in

carico

Interventi domiciliari

Interventi semi-

residenziali

Interventi residenziali

Sostegno economico

Altri interventi

(promozione della

salute,..)

Infanzia, adolescenza ..

(0-18 anni)

Anziani (>64 anni)

Disabilità

Dipendenze

Salute mentale

Immigrazione

Marginalità

I suddetti finanziamenti dovranno essere aggiornati di anno in anno, in relazione alla verifica dello stato di attuazione della programmazione, dei bisogni emergenti nel territorio e delle possibili variazioni nella disponibilità di risorse economiche disponibili.

7. La procedura di costruzione e gestione del piano di zona

7.1. La struttura organizzativa L’organo di governo politico, che ha una visione complessiva del piano di zona, è costituito dall’ Esecutivo della Conferenza dei Sindaci del territorio e dalla Direzione Generale dell’Azienda Ulss che si avvale a questo fine del Direttore dei Servizi Sociali. Tale organismo nomina in ciascun territorio un gruppo di coordinamento tecnico presieduto dal Direttore dei Servizi Sociali, costituito

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dai referenti dei tavoli tematici e dai componenti dell’Ufficio di Piano, che si occupa di seguire dal punto di vista tecnico e metodologico le attività necessarie alla costruzione e gestione del piano di zona. I tavoli tematici rappresentano l’articolazione organizzativa attraverso la quale si realizza il coinvolgimento degli attori del territorio e si concretizza il processo di confronto territoriale; tali tavoli sono definiti (tipologie, numerosità, composizione, ecc.) a livello territoriale. Facendo riferimento alle precedenti esperienze di programmazione si possono individuare alcuni suggerimenti operativi per migliorare la struttura organizzativa del piano di zona a livello locale e renderla funzionale allo scopo: • avvicinare la concertazione ed il confronto al livello territoriale distrettuale (es: comitato dei

sindaci di distretto, tavoli distrettuali multi-stakeholders, ecc.) in modo compatibile con le dimensioni e la complessità del territorio;

• rendere esplicito il livello di coinvolgimento proposto (consultazione, concertazione, co-progettazione, ecc.) ai diversi attori in gioco;

• adottare processi decisionali semplificati, costituendo gruppi poco numerosi e attribuendo in modo chiaro le responsabilità decisionali.

7.1.1. L’Ufficio di Piano È costituito, per ciascuno ambito territoriale un ufficio di piano (UdP). L’ufficio di piano si configura quale organismo tecnico di staff che facilita e supporta operativamente il processo di programmazione, con riferimento alle attività di costruzione, monitoraggio e valutazione del piano di zona. L’Ufficio di Piano: • di norma è collocato presso la Direzione dei Servizi Sociali dell’Azienda Ulss, in qualità

di soggetto che svolge il compito di coordinamento territoriale; sono possibili diverse disposizioni definite a livello locale che vanno espressamente autorizzate dalla Giunta Regionale;

• fornisce supporto metodologico per il processo di analisi dei bisogni, progettazione, monitoraggio e valutazione del piano di zona e delle sue azioni; può supportare i processi formativi ai fini del monitoraggio e della valutazione del pdz; può fornire supporto ai comuni nella progettazione, nel monitoraggio e nella valutazione degli interventi inseriti nel piano di zona;

• è composto da persone che hanno competenze metodologiche, capacità di coordinamento ed attivazione degli attori territoriali, nonché capacità relazionali necessarie al confronto con il livello tecnico degli attori coinvolti.

7.2. Le fasi di costruzione e gestione del piano

La costruzione del piano di zona comporta la successione delle seguenti fasi di lavoro: 1. Avvio del procedimento, a cura del Presidente della Conferenza dei Sindaci di concerto con il

Direttore dell’Azienda Ulss che a questo fine si avvale del Direttore dei Servizi Sociali11; 2. Costituzione del gruppo di coordinamento tecnico; 3. Definizione della struttura organizzativa e delle responsabilità: individuazione dei tavoli tematici

e nomina dei rispettivi referenti; 4. Avvio delle procedure di consultazione e di concertazione; 5. Analisi dei bisogni e del sistema di offerta;

11

Ai sensi dell’art. 5 della l.r. 5/1996.

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6. Stesura del piano di zona, con l’individuazione delle priorità, delle politiche e delle azioni per ciascuna area di intervento;

7. Adozione del piano di zona da parte della Conferenza dei Sindaci e del Direttore Generale dell’Azienda Ulss attraverso l’Accordo di Programma che da attuazione al piano di zona (art. 19 legge 328/2000 e art. 34 D.L.vo n. 267/2000); l’Accordo di programma deve essere sottoscritto dal Presidente della Conferenza dei Sindaci, per espresso mandato della Conferenza dei Sindaci, dal Direttore Generale dell’Azienda Ulss e da eventuali altre istituzioni pubbliche interessate.

8. Attivazione delle azioni del piano di zona, mediante la stipulazione di contratti di programma, protocolli d’intesa, accordi collaborazione o convenzioni con i soggetti che partecipano, con proprie risorse finanziarie, alla attuazione delle azioni previste nel piano di zona12.

Il coinvolgimento degli attori locali deve rispondere a criteri di trasparenza e imparzialità, qualsiasi sia la forma prevista per la loro partecipazione al processo di programmazione e la forma giuridica individuata per la definizione degli accordi nell’attuazione delle azioni tra i soggetti pubblici e quelli privati.

Il piano di zona va redatto in forma cartacea e consegnato alla regione per il visto di congruità – gli allegati (schede relative alle azioni e risorse) possono essere inseriti come previsioni nel web regionale dedicato alla programmazione locale di zona.

8. Il monitoraggio e la valutazione del piano di zona Il monitoraggio del piano di zona è svolto su base annuale mediante la rilevazione dei dati relativi alle azioni attivate con la programmazione locale, che devono essere inseriti da ciascun ufficio di piano nel web regionale per i piani di zona entro il 31 maggio di ogni anno, con riferimento ai dati relativi all’anno precedente. Oltre alla raccolta dei dati da inserire nel web regionale, annualmente ciascun ambito dovrà produrre una relazione valutativo-previsionale finalizzata a rendere conto dell’avanzamento della programmazione in termini di priorità e risultati raggiunti anche con riferimento al documento di indirizzo regionale, nonché dei cambiamenti da apportare nell’anno successivo di programmazione. La relazione dovrà essere redatta conformemente allo schema tipo di riferimento definito dalla Regione. Il momento di valutazione annuale del piano di zona diviene quindi lo strumento operativo attraverso il quale il piano di zona coniuga l’individuazione di scelte strategiche di medio periodo con la necessaria flessibilità legata al mutamento in corso delle caratteristiche del contesto decisionale. Al termine del quinquennio di programmazione sarà stesa una relazione valutativa finalizzata a valutare complessivamente i risultati raggiunti con le politiche perseguite nel quinquennio di programmazione locale. La raccolta dei dati per il monitoraggio annuale del piano di zona e le relazioni valutativo-previsionali presentate da ciascun ambito rappresentano inoltre lo strumento di raccordo tra: • I diversi ambiti della regione, stimolando possibilità di confronto e fornendo indicazioni di

benchmark su base regionale; • Il livello di programmazione territoriale e quello regionale, poiché garantiscono integrazione e

circolarità nel processo di programmazione fungendo da riferimento per la definizione del piano di indirizzo promosso dalla regione.

12

Si veda, a tal proposito, anche la DGR 4189/2007 che disciplina le modalità di affidamento dei servizi alle

cooperative sociali.