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Collegio Regionale dei Costruttori Edili Siciliani 90133 Palermo, Via A. Volta, 44 Tel.: 091/333114/324724 Fax: 091/6193528 C.F. 8029280825 - [email protected]www.ancesicilia.it La Rassegna Stampa è consultabile nel sito: www.ancesicilia.it Del

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Collegio Regionale dei Costruttori Edili Siciliani 90133 Palermo, Via A. Volta, 44 Tel.: 091/333114/324724 Fax: 091/6193528 C.F. 8029280825 - [email protected] – www.ancesicilia.it

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Condanna (non comunicata) dopo l'aggiudicazione? La Pa può revocare l'appalto Roberto Mangani

Per il Tar Lazio si tratta di un'applicazione legittima della causa di esclusione per grave

illecito professionale

La sentenza di condanna – ancorché non definitiva – per il reato di turbata libertà degli incanti che sia intervenuta nei confronti di un procuratore dell'impresa aggiudicataria successivamente all'intervenuta aggiudicazione e che non sia stata comunicata all'ente appaltante legittima quest'ultimo a procedere alla revoca dell'aggiudicazione medesima. Ciò in relazione alla previsione contenuta all'articolo 80, comma 5, lettera c) del d.lgs. 50/2016 che disciplina l'ipotesi del grave illecito professionale quale causa di esclusione dalle gare e che l'ente appaltante ha ritenuto di prendere a riferimento per il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione.

In questo senso si è espresso il Tar Lazio, Sez. I, 21 ottobre 2019 n, 12106, che ha così offerto un'ulteriore lettura del grave illecito professionale, fattispecie sulla cui concreta definizione si confrontano da tempo diverse interpretazioni anche giurisprudenziali. Il fatto. Un ente appaltante aveva bandito una procedura aperta per l'affidamento dei lavori relativi a interventi migliorativi di un complesso infrastrutturale.

Successivamente all'espletamento della gara e dopo la verifica in merito al possesso dei requisiti veniva disposta l'aggiudicazione definitiva. Tuttavia, a seguito di un ulteriore successiva verifica che veniva operata dall'ente appaltante prima della stipula del relativo contratto, veniva riscontrata dal certificato dei carichi pendenti la sussistenza di una sentenza non definitiva di condanna emessa nei confronti di un procuratore dell'impresa aggiudicataria per il reato di turbata libertà degli incanti.

L'ente appaltante riteneva che la situazione riscontrata integrasse la fattispecie del grave illecito professionale che, intervenendo dopo l'aggiudicazione, non poteva dar luogo all'esclusione dalla gara ma legittimava invece l'adozione del provvedimento di revoca dell'aggiudicazione. Ciò anche in considerazione del fatto che dell'intervenuta sentenza di condanna l'impresa aggiudicataria non aveva dato alcuna evidenza all'ente appaltante. Contro il provvedimento di revoca proponeva ricorso l'impresa aggiudicataria, che impugnava anche le Linee guida Anac n. 6 nella versione aggiornata del 19 aprile 2017. In particolare il ricorrente contestava che queste ultime avrebbero operato un'indebita estensione del grave illecito professionale sotto il profilo soggettivo, ricomprendendovi fatti e situazioni non riferibili all'operatore economico in sé considerato – cioè all'impresa concorrente in quanto tale – bensì alle persone fisiche che lo rappresentano. Con ciò estendendo al grave illecito professionale quanto l'articolo 80 del d.lgs. 50 prevede in realtà solo per le condanne penali e per i provvedimenti antimafia. Occorre infatti ricordare che il comma 3 dell'articolo 80 individua una serie

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di soggetti (amministratori, soci, procuratori) nei cui confronti devono intervenire i provvedimenti affinché gli stessi siano imputabili alle imprese concorrenti. E tuttavia, per espressa previsione della norma, ciò vale solo in relazione alle cause di esclusione contemplate dai precedenti commi 1 e 2, e cioè le condanne definitive per determinati reati e i provvedimenti antimafia. Sarebbe quindi illegittima l'estensione della previsione normativa del comma 3 anche alla fattispecie del comma 5, cioè al grave illecito professionale. Dalla ritenuta illegittimità delle Linee guida discenderebbe anche l'illegittimità del provvedimento di revoca dell'aggiudicazione.

L'imputazione del grave illecito professionale. Il giudice ammnistrativo ha respinto la censura mossa nei confronti delle Linee guida n. 6, ritenendo del tutto legittima l'impostazione dettata nelle stesse. Secondo il Tar Lazio è del tutto coerente che la sussistenza del grave illecito professionale sia accertata in termini e secondo modalità diverse a seconda delle differenti fattispecie. Il grave illecito professionale va riferito all'operatore economico in quanto tale in tutti i casi in cui esso sia configurabile direttamente in capo alla persona giuridica; al contrario va riferito ai soggetti individuati al comma 3 quando le condotte che lo possono integrare possono essere poste in essere solo da persone fisiche. Questa soluzione è l'unica che appare coerente con la diversità delle fattispecie che possono dar luogo al grave illecito professionale. Se infatti alcune condotte sono imputabili direttamente all'impresa in quanto persona giuridica (risoluzioni contrattuali, penali, annotazioni nel casellario informatico ANAC), altri comportamenti sono riferibili solo indirettamente all'impresa, in quanto possono essere adottati solo da persone fisiche, che in realtà agiscono in nome e per conto della stessa. In quest'ultimo caso il comportamento potenzialmente idoneo a integrare il grave illecito professionale deve essere imputato a quei soggetti che, sia pure ad altri fini, il comma 3 dell'articolo 80 ritiene a pieno titolo rappresentanti dell'impresa, in virtù di un rapporto di immedesimazione organica che consente di imputare all'impresa persona giuridica i comportamenti posti in essere dai suoi organi. D' altro canto la diversa impostazione proposta dal ricorrente avrebbe come conseguenza l'impossibilità di colpire tutte quelle condotte che presuppongono un'azione umana. Nello specifico, qualunque sentenza di condanna per reati diversi da quelli indicati al comma 1 dell'articolo 80 e comunque incidente sulla moralità professionale non potrebbe assumere alcun rilievo. La posizione del giudice ammnistrativo è invece diversa. Qualunque sentenza di condanna - anche non definitiva – relativa a reati idonei a incidere sulla moralità e affidabilità dell'impresa va considerata ai fini della configurabilità del grave illecito professionale, se intervenuta nei confronti dei soggetti che il comma 3 dell'articolo 80 individua come legittimi rappresentanti dell'impresa. La condanna successiva all'aggiudicazione. Non rileva ai fini di escludere la configurabilità del grave illecito professionale la circostanza che la sentenza di condanna non definitiva sia intervenuta successivamente all'aggiudicazione definitiva e prima della stipula del contratto. Essendo il grave illecito professionale una causa di esclusione dalle gare, poteva trovare spazio la tesi che ne circoscriveva l'operatività allo

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svolgimento della procedura di gara, rimanendo irrilevanti gli accadimenti verificatesi in un momento successivo alla sua conclusione. Questa tesi è stata respinta dal giudice ammnistrativo sulla base del principio giurisprudenziale consolidato secondo cui i requisiti di partecipazione alla gara – inclusa l'assenza delle cause di esclusione - devono persistere senza alcuna soluzione di continuità non solo durante lo svolgimento dell'intera procedura di gara, ma anche successivamente fino alla stipula del contatto e anche dopo fino alla conclusione del rapporto contrattuale con l'ente appaltante. Né assume rilievo che i fatti oggetto di condanna siano stati posti in essere dal soggetto coinvolto nell'interesse proprio e non in quello dell'impresa concorrente. Va infatti evidenziato che ai fini della configurabilità del grave illecito professionale occorre considerare non solo il fatto in sé (l'intervenuta condanna) ma anche che di tale fatto il concorrente non abbia fornito alcuna comunicazione all'ente appaltante, impedendo quindi a quest'ultimo di valutare l'affidabilità e la moralità dello stesso. Sotto quest'ultimo profilo va infatti ricordato che sussiste in capo all'ente appaltante un ampio potere di apprezzamento discrezionale in ordine alla sussistenza dei requisiti di affidabilità e moralità dei concorrenti. Ed è proprio per consentire che tale potere discrezionale si possa dispiegare compiutamente e con piena cognizione delle situazioni di fatto che i concorrenti stessi sono tenuti a rendere edotto l'ente appaltante di qualunque circostanza possa ragionevolmente avere influenza sulla valutazione che lo stesso è chiamato a compiere. E tra tali circostanze non può non rientrare una sentenza di condanna, ancorché non definitiva, che attenga al reato di turbata libertà degli incanti. Peraltro, il sindacato giurisdizionale sull'esercizio del suddetto potere valutativo è necessariamente circoscritto, dovendosi limitare al riscontro della non pretestuosità delle valutazione effettuate e non potendo, al contrario, estendersi a una non condivisione delle valutazioni stesse. La commissione di reati e l'esclusione dalle gare. La commissione di reati da parte di rappresentanti dell'impresa produce effetti diversi a seconda della tipologia di reati e dello stato in cui si trova il relativo procedimento penale. Vi sono in primo luogo i reati esplicitamente indicati al comma 1 dell'articolo 80 (associazione mafiosa, partecipazione a un'organizzazione criminale, concussione, corruzione, traffico di influenze illecite, turbata libertà degli incanti, etc.). La loro commissione da parte dei rappresentanti dell'impresa – come indicati al comma 3 - determina l'automatica esclusione del concorrente dalla gara. Tuttavia affinché si produca tale effetto automatico è necessario che il reato sia stato accertato con una sentenza di condanna definitiva o con un decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o con una sentenza emessa a seguito di patteggiamento. Se invece in relazione a tali reati è stata emanata solo una sentenza di condanna non definitiva si deve ritenere che, in coerenza con quanto affermato nella pronuncia in commento, vi sia un obbligo di comunicazione da parte dei concorrenti all'ente appaltante affinché quest'ultimo ne possa tenere conto ai fini della valutazione, ampiamente discrezionale, in merito alla integrità e affidabilità dell'impresa e alla conseguente configurabilità del grave illecito professionale e relativa eventuale esclusione dalla gara. Infine, non sembra che possa assumere rilievo – neanche ai limitati fini della

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configurazione del grave illecito professionale - la pendenza di un procedimento penale, sia pure per i reati indicati, che non abbia ancora prodotto alcuna sentenza di condanna, ancorché non definitiva.

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Ddl bilancio/1. Scadenze sprint sui progetti dei comuni: richieste entro il 15 gennaio Patrizia Ruffini

Per favorire gli investimenti e finanziare la spesa di progettazione definitiva ed esecutiva

per interventi di messa in sicurezza sono previsti contributi soggetti a rendicontazione

È il fondo sviluppo capacità progettuale la novità di interesse immediato per i Comuni nella legge di Bilancio 2020. Per favorire gli investimenti e finanziare la spesa di progettazione definitiva ed esecutiva per interventi di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, di messa in sicurezza ed efficientamento energetico delle scuole, degli edifici pubblici e del patrimonio comunale, e per la messa in sicurezza di strade sono previsti contributi soggetti a rendicontazione per 85 milioni di euro nell’anno 2020, con stanziamenti crescenti negli anni successivi (128 nel 2021, 170 nel 2022 e 200 milioni l’anno dal 2023 al 2034).

Per accedere al fondo i Comuni dovranno richiedere il contributo al ministero dell’Interno, entro il termine perentorio del 15 gennaio dell’esercizio di riferimento del contributo. La domanda dovrà contenere le informazioni riferite al livello progettuale per il quale si chiede il contributo, il codice unico di progetto (Cup) dell’opera che si intende realizzare; le informazioni necessarie per permettere il monitoraggio complessivo degli interventi.

Ciascun Comune potrà inviare fino a un massimo di tre richieste di contributo per la stessa annualità e la progettazione dovrà riferirsi, nell’ambito della pianificazione comunale, a un intervento compreso negli strumenti programmatori del Comune o in altro strumento di programmazione.

Entro il 28 febbraio il ministero dell’Interno, di concerto con il Mef, determinerà l’ammontare del contributo attribuito a ciascun Comune. L’assegnazione terrà conto del seguente ordine di priorità: messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico; messa in sicurezza di strade, ponti e viadotti; messa in sicurezza ed efficientamento energetico degli edifici, con precedenza per quelli scolastici, e di altre strutture di proprietà dell’ente.

In caso di risorse insufficienti l’attribuzione sarà effettuata a favore dei Comuni che presentano la maggiore incidenza del fondo di cassa sul risultato di amministrazione. Le informazioni sul fondo di cassa e sul risultato di amministrazione sono desunte dal prospetto dimostrativo allegato al rendiconto della gestione trasmesso alla banca dati delle amministrazioni pubbliche (Bdap). Gli enti devono fare attenzione al rispetto degli obblighi di invio dei bilanci alla Bdap, perché la norma prevede l’esclusione delle richieste di contributo effettuate dai Comuni che alla data di presentazione dell’istanza (entro il 15 gennaio) non hanno ancora trasmesso i documenti contabili riferiti all’ultimo rendiconto della gestione approvato. Per i Comuni per i quali sono sospesi

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per legge i termini di approvazione del rendiconto, le informazioni sono desunte dall’ultimo consuntivo trasmesso alla Bdap.

Il Comune beneficiario del trasferimento deve affidare la progettazione entro tre mesi dall’assegnazione. In caso contrario, il Ministero recupererà il contributo.

Per il controllo delle attività di progettazione e dei relativi adempimenti si ci avvarrà del sistema di monitoraggio delle opere pubbliche previsto dal Dlgs 229/2011, dove il contributo sarà classificato come «Sviluppo capacità progettuale dei Comuni». L’affidamento della progettazione sarà verificato attraverso le informazioni correlate al codice identificativo di gara (Cig). Infine è previsto anche un controllo a campione da parte del ministero delle Infrastrutture, in collaborazione con il ministero dell’Interno.

Nel piatto investimenti di cui si potrà beneficiare già dal 2020 ci sono anche mezzo miliardo all’anno, fino al 2024, per le opere comunali che puntano all’efficientamento energetico, all’illuminazione pubblica e al trasporto sostenibile e 100 milioni aggiuntivi fino al 2022 (che diventano 250 dal 2020 al 2034) per la manutenzione straordinaria delle strade e l’efficientamento energetico delle scuole di Province e Città metropolitane.

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Ddl bilancio/2. Consip estende ai lavori pubblici e alle concessioni il proprio raggio d’azione Alberto Barbiero

Potrà sviluppare iniziative, mediante convenzioni, accordi quadro, sistemi dinamici di

acquisizione e mercato elettronico per l’affidamento di tutte le tipologie di lavori pubblici

Consip estende ai lavori pubblici e alle concessioni il proprio raggio d’azione, mentre le amministrazioni pubbliche dovranno ricorrere alle iniziative dei soggetti aggregatori per l’acquisto di veicoli (con alcune eccezioni).

Il disegno di legge di Bilancio per il 2020 presenta un’ampia serie di disposizioni che rafforzano il ruolo della società di procurement del Mef e l’utilizzo di alcune tipologie di strumenti innovativi per favorire i processi di acquisto degli enti.

Consip potrà anzitutto sviluppare iniziative, mediante convenzioni, accordi quadro, sistemi dinamici di acquisizione e mercato elettronico per l’affidamento di tutte le tipologie di lavori pubblici, ampliando quindi lo spazio di operatività, oggi limitato agli interventi di manutenzione ordinaria.

Il potenziamento si rileva anche in una nuova disposizione che consente alla società di svolgere il ruolo di soggetto affidante di concessioni di servizi, integrando in tal modo le sue funzioni di macro-centrale di committenza, sin dall’origine focalizzate solo sugli appalti.

In questo quadro, la legge di bilancio 2020 inserisce anche l’obbligo, per le amministrazioni statali, per gli enti previdenziali, per le agenzie fiscali, per le università e per le scuole di approvvigionarsi non solo mediante ricorso alle convenzioni centralizzate, ma anche utilizzando gli accordi quadro e i sistemi dinamici di acquisizione attivati da Consip.

Proprio il sistema delle convenzioni viene innovato e potenziato, attraverso anzitutto il riconoscimento al soggetto aggregatore nazionale della possibilità di stipularle per specifiche categorie di amministrazioni o per specifici ambiti territoriali, consentendo quindi una migliore articolazione di tali strumenti di acquisto, che dovrebbe permettere di evitare anche il problema dei super-lotti (più volte contestato dall’Anitrust).

Inoltre, le nuove disposizioni permettono a Consip di affidare le convenzioni e gli accordi-quadro mediante procedure sviluppate con il sistema dinamico di acquisizione, ottimizzando quindi i processi selettivi (che, grazie a questo strumento, si basano sulla costituzione di un sistema di pre-qualificazione degli operatori economici e su procedure di gara ad evidenza pubblica con tempi più ridotti).

Nella prospettiva di razionalizzazione della spesa pubblica in relazione ad alcune tipologie di beni e servizi con elevati volumi di acquisizione, le amministrazioni, compresi gli enti territoriali, dovranno procedere all’approvvigionamento mediante le

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iniziative attivate con le convenzioni e gli accordi-quadro da Consip e dai soggetti aggregatori regionali anche per l’acquisto di veicoli, ampliando quindi il novero delle categorie merceologiche di beni e servizi assoggettati all’obbligo previsto dall’articolo 1, comma 7 del Dl 95/2012.

Sono tuttavia sottratti dall’ambito oggettivo di applicazione della nuova disposizione, con esplicita indicazione nella stessa, i veicoli adibiti al trasporto di linea (autobus) e alle esigenze di servizio delle forze di polizia.

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Consiglio di Stato, nelle gare tra progettisti i servizi svolti per i privati valutabili solo se i lavori sono realizzati Guglielmo Saporito

Per valutare gli incarichi svolti per i committenti pubblici basta il loro inserimento

nell’ambito di una procedura amministrativa

Nelle gare tra progettisti di opere pubbliche, i servizi svolti per committenti privati sono valutabili, ma solo a condizione che i lavori relativi siano stati eseguiti e ultimati, con adeguata prova. Lo sottolinea il Consiglio di Stato nella sentenza 28 ottobre 2019 n. 7397.

Invece, per valutare i servizi di progettazione svolti per i committenti pubblici, basta il loro inserimento nell’ambito di una procedura amministrativa, cioè basta che siano stati formalmente “approvati” dal committente. Se quindi un committente pubblico ha solo aggiudicato una gara per servizi di progettazione, tali servizi sono valutabili in gare successive, senza che abbia rilievo la circostanza che i lavori progettati non siano stati realizzati.

Ciò perché l’articolo 263 del Dpr 207/2010 esclude la rilevanza della «mancata realizzazione dei lavori» solo nel caso di committente pubblico, perché contiene un rinvio al precedente articolo 252, sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, cioè ai servizi (con committente pubblico) iniziati, ultimati e approvati. Una seconda parte dell’articolo 263 riguarda anch’essa i servizi di progettazione, ma non quelli affidati dalla Pa, bensì quelli affidati dai privati. Per questi ultimi, con una previsione che il Consiglio di Stato ritiene autonoma rispetto alle progettazioni per committenti pubblici, non vi è alcun accenno alla “mancata realizzazione”. La realizzazione non è richiesta solo per le progettazioni pubbliche.

Una diversità di trattamento giustificata dalla diversità soggettiva dei destinatari dei servizi di progettazione, in particolare perché la pubblica amministrazione «offre garanzie di certificazione anche in mancanza della concreta attuazione del progetto»; le stesse garanzie, in caso di servizi di progettazione per committenti privati, possono essere valutate solo se le attività progettuali affidate da questi «abbiano ricevuto concreto svolgimento mediante l’esecuzione dei lavori» (Consiglio di Stato, n. 2567/2015). Per i progetti privati si rimedia all’assenza degli obblighi di verifica preventiva con l’accertamento dell’ultimazione dei lavori: circostanza che consente di avere (in via retrospettiva) garanzie sull’affidabilità, adeguatezza e coerenza dei servizi di progettazione svolti.

Anche in altri settori il lavoro per il committente privato viene valutato in modo diverso rispetto a quello prestato al committente pubblico: ad esempio nel settore della pubblica istruzione si sono dovute attendere le leggi 62/2000 e 333/2001 per ottenere

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l’equiparazione del servizio di insegnamento nelle scuole paritarie rispetto a quello prestato nelle scuole pubbliche.

Tornando ai progettisti di opere private, è ragionevole subordinare la valutabilità degli incarichi alla esibizione dei certificati di buona e regolare esecuzione, fermo l’obbligo di fornire, su richiesta della stazione appaltante, la documentazione (Consiglio di Stato, 195/2019), e cioè atti autorizzativi, concessori, ovvero il certificato di collaudo, copia del contratto e delle fatture inerenti il lavoro per il quale è stata svolta la prestazione che si chiede di valutare.

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Cassazione, se la parte abusiva pregiudica il manufatto la demolizione è sostituita da una sanzione pecuniaria Andrea Magagnoli

Il caso trae origine dall'attività di costruzione abusiva che aveva portato all'erezione di un

vano delle dimensioni di 31 mq attiguo ad un edificio già esistente

Nel caso in cui l'ordine di demolizione della parte abusiva di un manufatto pregiudichi la parte eretta in conformità alla normativa vigente dovrà essere sostituito con una sanzione pecuniaria . Lo afferma la corte di cassazione con la sentenza n. 43433/2019 depositata il 23 ottobre 2019. Il caso trae origine dall'attività di costruzione abusiva che aveva portato all'erezione di un vano delle dimensioni di 31 mq attiguo ad un edificio già esistente, che aveva determinato una modifica della sagoma dell' immobile alterandone la fisionomia in maniera definitiva. L'attività era stata effettuata in assenza del permesso a costruire, necessario ai sensi della normativa per attività come questa. L' immobile infatti si trovava in una zona soggetta vincolo paesaggistico, pertanto circondata da particolari forme di tutela nel caso in cui si fosse dato corso ad attività edilizie o comunque di modifica alla struttura di un immobile. A seguito dell'accertamento degli illeciti edilizi veniva comminata, ai costruttori una sentenza di condanna la quale oltre a contenere le tradizionali sanzioni penali, tale provvedimento ricomprendeva altresì un ordine di demolizione del manufatto abusivo. Infatti veniva ordinato al costruttore di eliminare la parte abusiva dell'immobile, al fine di ripristinare lo stato dei luoghi antecedente all' attività illecita. Tuttavia l'ordine di demolizione dell'immobile riguardava come ovvio la sola parte dell' edificio eretta in violazione alla normativa, determinando un pregiudizio e un danno alla restante parte che risultava invece edificata in maniera del tutto lecita. Pertanto osservava il costruttore come ove si fosse data esecuzione all'ordine di demolizione dell'immobile il suo patrimonio avrebbe subito un danno ingiusto ed insanabile, in aperto contrasto ai canoni previsti dall' ordinamento che ad ogni modo salvaguardano gli immobili edificati in modo lecito. La questione pare molto delicata, dato che si tratta un provvedimento di grande delicatezza, come l'ordine di demolizione. Questo infatti svolge una funzione di grande importanza nella repressione degli abusi edilizi per la sua funzione di ripristino dello stato dei luoghi antecedente alle violazioni edilizie. Nei casi infatti in cui l'esecuzione di un ordine di demolizione della parte illecita di un immobile finisca per determinare un danno a quella invece eretta in maniera lecita, dovranno essere contemperate due opposte esigenze parimenti degne di tutela.

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Infatti se da un lato non bisogna lasciare impuniti abusi edilizi, come in questo caso molto gravi, dall' altro pare necessario tutelare la salvaguardia della parte dell' immobile eretta in conformità alla normativa. Allora in ottemperanza a tali esigenze i giudici della corte suprema di cassazione propendono per una soluzione particolare, relativa alla sanzione applicabile in tale caso. L'ordine di demolizione infatti dovrà essere sospeso, tanto da salvaguardare la parte dell'immobile eretta in conformità alla normativa vigente, tuttavia la condotta del reo non andrà esente da sanzioni, infatti in tale caso dovrà essere applicata una sanzione di carattere pecuniario per certi versi ancor più afflittiva dell'ordine di demolizione. Così facendo osservano i giudici della corte suprema di cassazione, entrambe le esigenze vengono salvaguardate. La sanzione pecuniaria infatti assicura la punizione della condotta illecita del reo senza tuttavia arrecare un danno alla parte dell'edificio eretta in maniera lecita.

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Gare: Asmel non può fare da centrale appalti, il Tar ferma maxi-bando da 831 milioni Mauro Salerno

I giudici lombardi danno ragione all'Anac che aveva chiesto all'associazione di ritirare il

bando ritenendolo illegittimo

Non è un soggetto aggregatore (come Consip) e neppure un'amministrazione aggiudicatrice, visto che nella sua compagine compaiono ancora soggetti privati. Per questo, il consorzio Asmel - che raggruppa migliaia di Comuni e finora ha gestito gare per svariati miliardi di euro - non può svolgere funzione di centrale di committenza per conto degli enti locali. Con questa motivazione - che sposa in toto la linea dell'Autorità Anticorruzione - il Tar Lombardia (ordinanza n.2031/2019 del 2 novembre) ha bocciato un maxi-bando da 831 milioni promosso dall'Asmel per la stipula di una o più convenzioni quadro per la fornitura di lampioni a led (controllabili a distanza) per conto degli enti associati. Accogliendo il ricorso dell'Anac, il Tar ha sospeso l'efficacia del bando, pubblicato lo scorso 7 agosto, imponendo di fermare la corsa verso l'aggiudicazione in attesa dell'udienza di merito che si terrà il prossimo 10 gennaio.

Per il Tar- che ha concesso la sospensiva con un provvedimento insolitamente articolato e che dunque in qualche modo anticipa le conclusioni attese per gennaio - esiste infatti già da ora il rischio che il bando Asmel, «anche per l'ingente valore economico», possa finire per consolidare «posizioni pregiudizievoli e potenzialmente irreversibili per le pubbliche amministrazioni e per l'intero sistema degli appalti pubblici». Bocciata, inoltre, anche la prassi di chiedere alle imprese un corrispettivo per il servizio erogato a favore dei Comuni. In questo caso ben 80mila euro, che i concorrenti/aggiudicatari, in violazione delle norme del codice appalti (articolo 41, c. 2-bis), avrebbero dovuto versare prima della stipula delle convenzioni-quadro. Di qui lo stop, che getta anche un'ombra pesante sull'attività futura del Consorzio.

L'intervento del Tar Lombardia arriva dopo «l'alert» inviato dall'Anticorruzione in forza dei poteri di «raccomandazione» concessi dal codice appalti (articolo 211, commi 1-bis e 1-ter). Non è la prima volta che l'Anac usa questo potere, gestito in realtà con molta prudenza e azionato solo in caso di appalti molto rilevanti. È stata però la prima volta che la stazione appaltante ha deciso di ignorare la richiesta dell'Anac (ritirare il bando) e procedere per la propria strada come nulla fosse, fino ad arrivare all'aula del Tar.

La decisione di giudici ha tenuto conto anche degli eventuali risvolti comunitari. Sulle gare Asmel è infatti attesa anche una pronuncia della Corte Ue, chiamata in causa dal Consiglio di Stato, secondo cui il fatto di escludere i privati dal servizio di centralizzazione delle gare potrebbe inficiare il principio di libera concorrenza. Un problema che non sussiste secondo il Tar Lombardia che, ricostruendo le norme della direttiva appalti, conclude che l'unica maniera per consentire a un soggetto privato di svolgere attività di centralizzazione degli appalti pubblici sia quella di passare per il

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mercato, affidando a una gara pubblica il compito di selezionare il soggetto cui affidare un tale servizio. Altrimenti, si legge nella sentenza - «si consentirebbe ad un soggetto privato ed anche privo dei requisiti pubblicistici richiesti dall'ordinamento di svolgere direttamente un servizio remunerato senza la preventiva applicazione delle regole in tema di evidenza pubblica».

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Sud in recessione, dal 2000 persi 12 miliardi di spesa pubblica Carmine Fotina

Rapporto Svimez: investimenti calati da 22 a 10 miliardi

Il rapporto della Svimez quest’anno coincide con quella che rischia di essere la più grande emergenza industriale della storia recente del Mezzogiorno, la chiusura dell’ex Ilva di Taranto. Sarebbe un uragano sugli investimenti privati, quelli che paradossalmente negli ultimi anni avevano retto meglio rappresentando la componente più dinamica, seppure in rallentamento, della domanda interna del Sud.

La Svimez, nel solco del suo storico approccio alle politiche meridionaliste, sottolinea semmai la riduzione costante della componente pubblica. La spesa in conto capitale è calata dai 22,3 miliardi di euro del 2000 ai 10,3 del 2018, con le risorse «ordinarie» in percentuale sul totale italiano diminuite dal 25,4 al 21,6%. In altre parole il ritardo di spesa dei fondi europei, che sono risorse «straordinarie», e vedono 2,2 miliardi da certificare entro l’anno solo in riferimento ai Piani regionali, è una parte di un problema ancora più ampio. Fa ancora più clamore infatti quel 2,8% appena di pagamenti del Fondo nazionale sviluppo e coesione (dati al 30 giugno su un totale di 37,6 miliardi di risorse programmate).

Pil e occupazione

A questa fotografia strutturale il Rapporto abbina l’aggiornamento sull’andamento e le previsioni per il prossimo anno. «Nel 2019 – dice il direttore generale, Luca Bianchi - con l’Italia che si ferma, il Sud entra in recessione (-0,2%, a fronte del +0,3% del Centro-Nord). Nel 2020 ci si attende una debole ripresa (0,2%) a fronte dello 0,7% del Centro-Nord». Oltre all’intervento pubblico di cui si è già detto pesano l’apatia ei consumi privati delle famiglie (-0,5% quelli alimentari) e l’interruzione della crescita occupazionale, con quello che per la Svimez è un effetto nullo del reddito di cittadinanza, e con un tasso di disoccupazione femminile che attestandosi intorno al 20% è tra i peggiori in assoluto delle regioni europee. L’associazione stima che per raggiungere i livelli occupazionali del Centro-Nord occorrerebbe creare 3 milioni di posti. E nel contempo calcola in aumento i cosiddetti lavoratori poveri (working poor): nel caso in cui il capofamiglia occupato ha un contratto di operaio la quota di nuclei in povertà assoluta è salita nel Mezzogiorno al 14,7%.

Demografia e servizi

La lettura della Svimez, più che nelle edizioni passate del rapporto, mette in evidenza l’interdipendenza del Mezzogiorno e del Centro-Nord che a catena risente del gap nei suoi risultati economici. Al punto che a livello superiore – è l’analisi – bisogna parlare chiaramente di un divario tra l’Italia e l’Europa. E viene rilanciata la questione della rottura dell’equilibrio demografico, comune alle due macroaree ma con incidenza ben diversa: nel 2065 la popolazione in età da lavoro diminuirà del 15% nel Centro-Nord (-3,9 milioni) e del 40% nel Mezzogiorno (-5,2 milioni).

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Per quanto riguarda poi i divari sempre più ampi sui diritti di cittadinanza – dall’accesso alle strutture sanitarie all’abbandono scolastico – anche il premier Giuseppe Conte, nel suo intervento alla presentazione, certifica il tema: «Chi vive al Sud vede compromessi, molto più facilmente rispetto a chi vive al Centro-Nord, diritti primari come quelli all’istruzione e alla salute. E a tutto questo si aggiunge il ritardo nella dotazione infrastrutturale». Per Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria, il tema delle infrastrutture resta centrale, comprese quelle istituzionali. Non voglio dire - commenta - che non ci siano le istituzioni ma c’è un tema enorme di capacità amministrativa, che è cruciale nell’allocare risorse e realizzare i progetti che le risorse vanno a finanziare».

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Decreto Terremoto, Ance: subappalti senza limiti e pagamenti certi per accelerare la ricostruzione Mauro Salerno

Le proposte dei costruttori in audizione alla Camera: bene gli incentivi a restare per gli

imprenditori e la volontà di semplificare le procedure

Eliminare i vincoli ai subappalti, in linea con le indicazioni arrivate dalla Corte Ue, assicurare pagamenti alle imprese allineati alle necessità di cantiere e semplificare le procedure i assegnazione dei lavori eliminando il ricorso al sorteggio e puntando sulle procedure a inviti con aggiudicazione al prezzo più basso ed esclusione automatica delle offerte anomale. Sono alcune delle proposte avanzate dall'associazione costruttori per accelerare la ricostruzione delle aree del centro Italia colpite dal terremoto. «A oltre tre anni dal sisma - ha sottolineato il vicepresidente dell'Ance Rudy Girardi - la ricostruzione stenta a decollare». Solo il 12% dei privati interessati ai contributi della ricostruzione ha presentato domanda, mentre rispetto ai 2.300 interventi programmati per quasi 2,2 miliardi «a fine maggio scorso risultano erogati solo 41 milioni di euro per l'avvio della fase di progettazione». Nel corso dell'audizione, l'Ance ha apprezzato le novità del decreto «perché testimoniano la volontà concreta del Governo di imprimere un'accelerazione al processo di ricostruzione attraverso uno snellimento reale delle procedure». «Tuttavia - ha spiegato Girardi -, non è possibile non sottolineare alcuni limiti delle disposizioni previste». Tra queste la difficotà di rendere realmente operativa la norma e che consente all'Ufficio speciale per la ricostruzione di adottare il provvedimento di concessione del contributo, sulla base della sola certificazione redatta dal professionista. In questo caso il progettista deve assumersi responsabilità che in genere competono agli enti. Di qui il pericolo «che la norma rimanga di fatto inattuata». Positivi i commenti sulla scelta di estendere gli incentivi dell'operazione «Resto al Sud» anche agli imprenditori delle aree colpite dal sisma così come sulle novità relative alla gestione delle macerie. Bene anche la scelta di dare priorità alla costruzione delle scuole. Ma cambiando la norma che impone di mantenere la stessa destinazione d'uso dell'area in cui si trova «l'edificio scolastico danneggiato anche qualora, per impedimenti oggettivi, si optasse per la ricostruzione in altro sito». Per accelerare la ricostruzione pubblica l'Ance propone poi di eliminare i vincoli sui subappalti. «Tale richiesta- ha spiegato Girardi - risulta ancora più ragionevole alla luce della recente sentenza della Corte di Giustizia Europea del 26 settembre 2019 che ha confermato l'incompatibilità con il diritto europeo dei limiti in materia di subappalto previsti dalla normativa nazionale di cui al Codice dei contratti pubblici». Bisognerebbe poi semplificare le gare, adottare i prezzari più aggiornati e assicurare che « i pagamenti alle imprese siano scadenzati in modo tale da garantire un regolare svolgimento dei lavori».

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Appalti, ok al punteggio assegnato sulla base di una formula indipendente che «marginalizza» il prezzo Dario Immordino

Per il Consiglio di Stato si tratta di una legittima espressione dell'ampia discrezionalità

spettante alla stazione appaltante

Nell'ambito di una gara da aggiudicarsi all'offerta economicamente più vantaggiosa è legittima l'assegnazione del punteggio economico sulla base di una formula matematica "parabolica" ed "indipendente" che non consente l'utilizzo dell'intero possibile differenziale previsto per la valutazione dell'elemento prezzo.

L'adozione di un criterio finalizzato a rendere marginale il peso degli elementi economici dell'offerta, infatti, costituisce legittima espressione dell'ampia discrezionalità spettante alla stazione appaltante nella determinazione delle formule in base alle quali attribuire il punteggio alla componente economica delle proposte dei concorrenti.

La sentenza 7389/2019 del Consiglio di Stato rileva al riguardo che la stazione appaltante può discrezionalmente individuare criteri di valutazione concretamente idonei a evidenziare le caratteristiche migliorative delle offerte e a differenziarle in ragione della rispondenza alle proprie esigenze, ed a tal fine può prevedere una graduazione del punteggio economico secondo criteri di proporzionalità o di progressività, che possono essere sindacati in sede giurisdizionale nelle sole ipotesi di manifesta illogicità o irragionevolezza ovvero qualora determinino una violazione della trasparenza o della possibilità di partecipazione o di comprensione delle relative clausole ai partecipanti.

L'utilizzo di una formula "indipendente – parabolica (od esponenziale)"che limita l'utilizzo del differenziale per la valutazione del prezzo, secondo il Collegio, rispetta pienamente tali parametri di legittimità.

Sotto il profilo della logicità/ragionevolezza, infatti, tale criterio, marginalizzando il peso degli elementi economici dell'offerta, persegue lo scopo di attribuire importanza centrale alle componenti qualitative dell'offerta, obiettivo non soltanto legittimo ma particolarmente apprezzabile in relazione agli appalti ad elevato tasso tecnico (cfr Cons. Stato, V, 23 novembre 2018, n. 6639).

La valutazione della componente economica delle offerte sulla base della formula matematica in oggetto rispetta altresì i parametri di proporzionalità/progressività nell'attribuzione del punteggio in quanto, seppure "limita le differenziazioni tra le varie offerte economiche, a fronte di ribassi apprezzabilmente diversi, non può tuttavia sostenersi che escluda un collegamento proporzionale tra l'entità del ribasso ed il punteggio attribuito".

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D'altra parte l'utilizzo di un criterio che assegni il punteggio massimo al maggiore ribasso ed un punteggio pari a zero al minore ribasso consentirebbe certamente una maggiore estensione del punteggio nel range attribuito all'offerta economica, e quindi una maggiore graduazione, ma produrrebbe "estreme valorizzazioni delle offerte economiche anche ove il minimo ribasso e quello massimo si differenziassero per pochi punti percentuali". Tale criterio, in sostanza, presenta l'inconveniente di poter condurre a differenze elevate anche a fronte di scarti in valore assoluto limitati, , che potrebbero rivelarsi in contrasto con i principi di proporzionalità e progressività.

Quanto ai requisiti di trasparenza ed intelligibilità dei criteri di assegnazione del punteggio, l'utilizzo di formule indipendenti (per le quali il punteggio attribuito al concorrente non dipende dal punteggio attribuito agli altri) consente ad ogni concorrente di individuare ex ante il punteggio che sarà applicato alla sua offerta, a prescindere da quelle degli altri concorrenti, e di valutare le proprie convenienze nella formulazione dell'offerta grazie alla possibilità "di evincere il c.d. punto di flesso, oltre il quale l'offerta non è conveniente".

Il Collegio rileva infine che il ricorso ad una formula indipendente che limiti il valore ponderale della progressione del ribasso ai fini dell'aggiudicazione è espressamente contemplato nelle Linee Guida n. 2 dell'Anac in tema di offerta economicamente più vantaggiosa, approvate con delibera n. 1005 in data 21 settembre 2016, e successivamente aggiornate con delibera n. 424 del 2 maggio 2018, ove viene riconosciuto il vantaggio di scoraggiare offerte con ribassi eccessivi (poiché ricevono un punteggio incrementale ridotto).

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Appalto da 16,1 milioni per ripristinare le condotte idriche tra Lentini e Catania Alessandro Lerbini

Il Consorzio di bonifica 9 manda in gara l'adeguamento funzionale della condotta

principale tra contrada Sigona e contrada Grotta San Giorgio

Condotte idriche in gara in Sicilia. Il Consorzio di bonifica 9 Catania appalta il ripristino e l'adeguamento funzionale della condotta principale ubicata tra contrada Sigona nel comune di Lentini (Siracusa) e contrada Grotta San Giorgio nel Comune di Catania - I stralcio funzionale. L'appalto dal valore di 16.117.465 euro prevede l'esecuzione dello stralcio funzionale del ripristino ed adeguamento funzionale della condotta principale e intende conseguire, nel tempo, di diminuire le perdite di risorse idriche e, al contempo, adeguare l'esercizio irriguo a tecniche sempre più moderne e produttive, come il riutilizzo delle acque reflue. Il tutto per creare una maggiore disciplina delle utenze con drastica riduzione degli sprechi, così come descritto negli elaborati progettuali e di gara. Il bando a procedura aperta scade il 16 dicembre. Il cantiere avrà una durata di 700 giorni.

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Associazioni imprese fondazioni, no a sottrazioni di liquidità con ritenute e compensazioni negli appalti Q. E. T.

L'Aif ribadisce che l'introduzione della norma ostacola inutilmente la corretta e ordinaria

esecuzione degli appalti

«Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti, no a sottrazioni ingiustificate di liquidità». L'Associazione imprese fondazioni consolidamenti ed indagini nel sottosuolo (Aif) si schiera contro l'applicazione dell'art. 4 del Dl 124/19 "Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili", collegato alla legge di Bilancio 2020, in relazione alla introduzione della responsabilità in solido del committente che prevede oneri fiscali e burocratici per i quali l'impresa appaltatrice e subappaltatrici sono tenute a versare almeno 5 giorni prima del termine fissato per il versamento delle ritenute fiscali in un conto corrente dedicato, senza nessuna possibilità di compensare con posizioni creditorie proprie. «Ciò che emerge in maniera chiara, in un contesto nazionale nel quale le committenti sovente ritardano i pagamenti creando non pochi problemi di liquidità agli esecutori, è il pesante drenaggio atteso di risorse ai danni delle imprese. Si chiede nuovamente alle imprese di sottrarre propria liquidità, senza peraltro poter utilizzare la compensazione con i rispettivi crediti fiscali. Ancora una volta, quindi, si scelgono strumenti che mettono a rischio il fragile equilibrio finanziario delle imprese». Ad affermarlo è Antonio Arienti, presidente dell'Aif (Associazione Imprese Fondazioni). «Si aggiunga - ha detto - che un meccanismo di tal fatta crea evidentemente criticità e ostacoli anche alla corretta e tempestiva esecuzione delle opere affidate, laddove, in virtù della prevista responsabilità solidale della committente con le imprese nei confronti dell'erario, la stessa committente per tutelarsi, in caso di mancato versamento tempestivo delle ritenute da parte degli esecutori, dovrebbe sospendere i pagamenti, così sottraendo liquidità alle imprese che in mancanza potrebbero trovarsi evidentemente in difficoltà per la prosecuzione delle attività, innescando un pericoloso meccanismo a catena tale da paralizzare l'attività di impresa». L'Associazione Imprese Fondazioni ribadisce che l'introduzione di tale norma, non ha altro effetto che quello di ostacolare e aggravare inutilmente la corretta e ordinaria esecuzione degli appalti, aumentando la complicazione burocratica nella gestione amministrativa dell'appalto, mettendo così a rischio l'esecuzione dell'intera opera e la sopravvivenza degli stessi operatori economici. AIF auspica pertanto l'intervento del legislatore, scongiurandone l'applicazione attraverso una eliminazione dall'ordinamento di tale disposizione già in sede di conversione in legge del decreto fiscale o quanto meno, la possibilità di introdurre dei meccanismi tali da ridurre l'impatto di tale norma, prevendendo ad esempio la sospensione dei pagamenti nei limiti delle ritenute non versate.

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