Dedicas674f46e4388a92fa.jimcontent.com/download/version... · Web viewIntegrazione e interazione...

667
Normodiversabilit à Integrazione e interazione MARIO GORI – NELLA BELARDINELLI 1

Transcript of Dedicas674f46e4388a92fa.jimcontent.com/download/version... · Web viewIntegrazione e interazione...

NormodiversabilitàIntegrazione e interazione

MARIO GORI – NELLA BELARDINELLI

2013

1

2

SOMMARIO

PREMESSA 7

CAP. I - DIVERSABILITÀ, NORMODIVERSABILITÀ 101.1. Educazione, prevenzione, terapia 101.2. Normodiversabilità; perché? 201.3. Interpretazioni dualistiche e unitarie 271.4. Persona, comunicazione, comunione, comunità 311.5. L’io e il tu si riflettono 321.6. Amore e altruità 341.7. Il corpo è la persona 36

CAP. II - LE LEGGI 402.1. La diversabilità fino alla Costituzione 402.2. Le leggi dal 1948 in poi 432.3. I documenti internazionali e le iniziative più importanti fino agli anni 90 652.4. Primo documento dell’OMS (ICIDH) 772.5. Secondo documento dell’OMS (ICF) 782.6. Il nuovo concetto di disabilità 802.7. Le leggi nazionali 92

CAP. III - CHI È IL DIVERSABILE 1023.1. Cenni storici 1023.2. Concetto e definizione di diversabilità 1063.3. La scoperta del positivo 1143.4. Tipologia di diversabilità 1163.5. Classificazione delle diversabilità 1183.6. Classificazione dei diversabilità in motori, psicosociali e sociali 1223.7. Cause 125

CAP. IV - DIVERSABILITÀ E RELAZIONI 1274.1. Il diversabile nel rapporto con sé e con gli altri 1274.2. Il diversabile e la sua famiglia 1284.3. Il volontariato 1304.4. Il lavoro di rete 1324.5. Il mutuo aiuto 134

CAP. V - DALL'INSERIMENTO ALL'INTEGRAZIONE 1365.1. Le forme particolari di sostegno 1365.2. Integrazione 1385.3. I vari aspetti dell'integrazione 1405.4. Integrazione scolastica 1425.5.. La diagnosi funzionale 1605.6. La diagnosi funzionale e il PEI 162

3

5.7. Gli obiettivi 1685.8. Metodologie e didattiche educative 1725.9. Apprendere dal diversabile 177

CAP. VI - PROGRAMMAZIONE NELLA SCUOLA 1806.1. Programma e programmazione 1806.2. Programmazione curricolare 1816.3. La programmazione e i suoi contenuti 1856.4. I principali presupposti della programmazione 1906.5. Lo skill analysis model 1956.6. Apprendimento discriminativo senza errori (ADSE) 1966.7. Le abilità integranti 1976.8. Le piste curricolari 1996.9. Programmare la normalità 2026.10. Il concetto "dell'appropriatezza all'età" nelle attività ricreative 2116.11. Attività ricreative appropriate all’età 2156.12. Abilità prelavorative e lavorative 2226.13. Modalità nella comunità 2256.14. Interventi comportamentali 2266.15. Definizione degli obiettivi 2278.16. Task analysis 2278.17. L’assesment e l’analisi funzionale 228

CAP. VII - DOCENTE DI SOSTEGNO E PROGRAMMAZIONE 2377.1. Il personale docente 2377.2. Specificità dell’insegnante di sostegno 2407.3. Docente di sostegno e programmazione educaiva 243

CAP. VIII - RIEDUCAZIONE MOTORIA 2478.1. Cause del mancato sviluppo psicomotorio 2478.2. Rieducazione psicomotoria 2488.3. Importanza dell’azione motoria 2518.4. I fattori della motricità 2538.5. Il soggetto di fronte al nondo 2558.6. Il soggetto di fronte agli altri 2568.7. Il soggetto nel rapporto con sé e con gli altri 2608.8. Corporeità e comunicazione 2618.9. Espressione cinestesica 2648.10. Tecniche di rieducazione psicomotoria 2788.11. Motricità e linguaggio 3068.12. Relazioni soggetto-soggetto e soggetto mondo 3118.13. Diversabilità e linguaggi non verbali 3158.14. Linguaggio gestuale 3258.15. Linguaggio dei segni (LIS) 329

CONCLUSIONE 238

4

ENTI E ASSOCIAZIONI 344

LEGGI 346

BIBLIOGRAFIA 365

SITI WEB 369

5

6

PREMESSA

Qualunque progetto presuppone una certa concezione dell'uomo, un quadro di valori a cui richiamarsi che rimanda a contenuti e a scelte metodologiche e didattiche consequenziali in ogni aspetto della realtà (e quindi anche in campo scolastico e lavorativo), al fine di una reale integrazione e interazione, soprattutto di quei soggetti che presentano maggiori difficoltà. La scelta di base è costituita dai valori che contraddistinguono la concezione dell'uomo come persona, motivata da due ordini di rapporti:- legittimazione filosofica e consenso che sulla concezione di persona come unità, converge anche da versanti ideologici diversi: da ciò deriva che il concetto di "educazione" significa creare le premesse perché qualunque soggetto sia messo nelle condizioni di acquisire una libera e consapevole scelta del proprio progetto di vita.Si ha pertanto educazione solo se essa è posta intenzionalmente al servizio dei valori di cui la persona è portatrice.- accettazione di qualunque soggetto come persona, nella sua totale e piena dignità, al fine di riconoscergli il diritto all'educazione.Pertanto la premessa di riferimento riguarda:. la dignità della persona, coessenziale alla sua natura come origine e originalità;. l'unità della persona come dato di fatto dinamico;. l'attuazione della unità della persona, nello sviluppo della personalità come atto educativo (e autoeducativo).L'antropologia ci indica le coordinate della vera natura umana; l'antropologia pedagogica avvalla la persona nel suo essere soggetto di educazione; la teleologia pedagogica ci indica i fini desunti dalla natura dell'educando e che gli sono coessenziali.Si tratta quindi di rispondere in prima istanza a domande radicali che si pongono sull'origine, l'originalità, la presenza, la testimonianza, il fine dell'essere e il senso dell'avere di ciascuna persona, del suo originale, particolare, irripetibile essere ed avere, poiché è solo nel riconoscere la diversità dell'altro, nella accettazione, nella tolleranza e nella solidarietà, che riconosco me stesso.In secondo luogo occorre riattivare, in maniera inderogabile, una dimensione ecologica globale, nel senso di una visione positiva e piena di speranza del soggetto, dell'ambiente e delle relazioni.

7

All'interno di questa concezione ecologica, rientra l'utopia, il progetto di salvezza di sé e del mondo, che, in questo caso, chiameremo "azzeramento delle diversità", senza più Rupe Tarpea, aborto, eutanasia, emarginazione, rifiuto.Le diverse visioni dell'uomo sono chiamate a rispondere, in ogni caso, alle domande di senso e significato presenti in ogni persona, nella consapevolezza che questa è l'unica via di umanizzazione, offrendo a ciascuno le opportunità per realizzare pienamente il potenziale educativo che gli appartiene per diritto di natura e di nascita e per vivere pienamente tutti quei valori che la comunità ritiene necessari alla convivenza, primi fra tutti il rispetto e la solidarietà, in uno spirito di dialogo e di pluralismo.La persona si configura come soggetto dell'educazione, un soggetto che custodisce il proprio potenziale umano, le proprie disposizioni, impegnandosi a realizzarle secondo la libertà che gli è propria, la coscienza del proprio agire e le proprie capacità espressive-comunicative.Le virtualità profonde dell'essere umano (intuizione, fantasia, affettività, pensiero, linguaggi, socialità, ragione, religiosità...) non possono essere mortificate né dai condizionamenti negativi, né dalle varie forme di disadattamento che giungono a mettere in forse le motivazioni stesse dell'agire umano e gli aspetti positivi che lo caratterizzano.Chi è allora il diversabile?È ciascuno di noi. Chiunque trova una qualche difficoltà nel rapporto con se stesso, nelle relazioni sociali, nell'espressione-comunicazione, nel testimoniare le proprie idee, nella limitazione della libertà, nell'uso di oggetti e strutture... insomma ai diversi gradi e livelli della conoscenza, dell'amore, della corporeità, della socialità.Pertanto il concetto di "normalità" finisce per essere una astratta matematizzazione di una inesistente realtà; così come quello di "diversabile".Vogliamo dire che si tratta sempre di una "normalità relativa" che può anche essere, dall'altra parte, letta come "relatività della diversa abilità".Nessuno è "normale" in assoluto, solo i pazzi e i presuntuosi lo sono.Riteniamo che il concetto di diversabilità sia riduttivo, escludente, segregante e propendiamo per quello di "normalità relativa", inclusivo di tutti.Tutto ciò non elimina, anzi necessita di una volontà di normalizzazione che sostiene il cammino verso il progetto utopico dell'azzeramento. E non vuole assolutamente misconoscere la diversabilità, ma assumerlo prima di tutto come ineliminabile caratteristica dell'uomo.

8

Una persona nasce diversabile (o lo diventa) per volontà dell'uomo, per ignoranza, egoismo, presunzione, indifferenza, violenza, superficialità, ottusità... e diventa ancora più differente perché il sistema non la reputa funzionale, produttiva ai propri fini.È solo a partire da una sostanziale modifica degli atteggiamenti complessivi nei confronti dell'altro (e quindi anche dell'universo diversabilità), che si può veramente cominciare a parlare di integrazione. La presa in carico del problema "altro" da parte della comunità, ha una storia recente e si sta ancora delineando; necessita una coscienza civile e interiore che sta ancora muovendo i primi passi.Manca in maniera macroscopica la prevenzione ed è ancora troppo deficitaria l'integrazione nella scuola, nel lavoro, nello sport, nel tempo libero.La maggior parte dei modelli sociali, basati sulla prestazione, strutturano le persone in gerarchie per classi sociali e per generazioni.Una concezione dell'esistenza prevalentemente pessimistica, distoglie dall'evidenziare gli aspetti positivi del singolo.È difficile parlare di integrazione del diversabile quando ancora è lontana da realizzare l'integrazione tra i cosiddetti normali.Ed è forse anche dalla realizzazione di una reale integrazione dell'andicappato, che gli uomini potranno salvare se stessi.Forse il problema va ribaltato: la persona non è diversabile, ma diversa nel suo essere altro da me.La diversabilità ha origine quando, nel rapportarmi con l'altro, lo riferisco al mio egoismo e alla mia presunzione, quasi che la sua originalità mi renda una sorta di "dio disturbato" (Montale) che non è riuscito a modellare l'altro a propria immagine e somiglianza.Spetta in particolare alla scuola rifiutare al proprio interno la ripartizione secondo modelli gerarchici (disciplinari, linguistici, apprenditivi…).Una migliore interpretazione e applicazione dei programmi, una maggiore competenza alla programmazione, il cambiamento degli atteggiamenti, permetterebbe di ottenere livelli di integrazione certamente più consoni alle caratteristiche e ai bisogni di ciascuno.È necessario pertanto superare la riduzione categoriale della diversabilità riflettendo innanzitutto su una “metateoria della diversabilità”.Cominciamo ad accettare l'altro, chiunque e comunque sia, aiutiamolo ad esprimere e a sviluppare il suo positivo. Riteniamo che sia l'unico modo per camminare e crescere insieme.

9

CAP. I - DIVERSABILITÀ, NORMODIVERSABILITÀ

1.1. Educazione, prevenzione, terapia

Siamo di fronte alla indecifrabilità della vita, della malattia, della morte.Ciascuno può trovare la sua risposta a giustificazione di alcuni accadimenti e confutarne altri. A ciascuno è dato vivere una vita che non ha scelto né come inizio, limitatamente come svolgimento, né come fine.Quanto per destino e per caso, quanto per scelta e impegno personale, quanto per condizionamenti socio-ambientali?E un diversabile che nasce o lo diventa, accade per destino, sfortuna, un dio malvagio, natura caotica, o per ignoranza, superficialità, presunzione, distrazione dei genitori, dei medici, degli educatori, o per colpa di una società ingiusta o di se stessi?Oppure, in un prossimo futuro già iniziato con il peccato originale o con la prima apparizione dell’uomo sulla terra e sempre più sviluppatosi con l’evoluzione della scienza, della tecnica e delle tecnologie, saremo in grado di far nascere chi-quando-come vogliamo, di prevedere e prevenire la diversabilità azzerandone la presenza al mondo con la selezione prenatale o la modificazione del DNA, di vincere le malattie e la morte con le cellule staminali e i trapianti biologici e tecnologici?La storia della cultura (politica, scienza, religione…) dagli albori della civiltà fino ad oggi e in maniera esponenziale nel futuro, ci dice che l’uomo ha sempre cercato di ridurre lo scarto tra essere e avere, tra esistere e divenire.Quando si accorse di non avere le ali cominciò a costruirle.Quando si accorse che aveva fame cominciò a coltivare la terra e allevare gli animali.Quando si accorse di essere soggetto alla malattia cominciò a curarla con svariate modalità naturali, magico-religiose, scientifico-tecnologiche.

10

Quando si accorse di essere per la morte cercò di risolvere la paura con la religione, la scienza, fino a ipotizzare prima e presumere poi la possibilità di trasformarsi da creatura a creatore.Da una parte il potere di sciamani, stregoni, ciarlatani si è basato sul ricatto malattia-guarigione. Dall’altro laricerca scientifica si è ininterrottamente dedicata a diminuire gli infiniti scarti esistenti o percepiti come tali tra l’utopia dell’immortalità e l’umanità vissuta come finita e delimitata.Tutto questo ha portato in ogni tempo a ipotizzare ideologie diverse, l’una basata sui limiti della conoscenza e l’altra della conoscenza senza limiti ma, in entrambi i casi, a costruire e generare gerarchie, classi sociali e biologiche, differenze tra gruppi e individui…trasformando l’uomo in essere bivalente, poi frantumandolo sia come soggetto individuale che sociale.I dualismi corpo-mente, corpo-anima, teoria-pratica, natura-cultura, individuo-società, sano-malato…sono modelli socioculturali di potere-dominio che hanno spezzato la nostra unità originaria e originale ambivalente per poterla meglio gestire?Forse ciascuno di noi è unità originaria per nascita e originale per destino, pur nella consapevolezza che si tratta di una unità contemporaneamente data e potenziale, permanentemente dinamica perché irrisolvibile, ma continuamente ridiscutibile nell’esserci, un filo conduttore che inseguiamo durante tutta la nostra vita, senza esserlo mai fino in fondo perché siamo fatti per la morte.La nostra natura ci propone uguali-diversi, la cultura amplifica le diversità facendole diventare differenze classificandole e gerarchizzandole: dal più veloce al più lento, dal più ricco al più povero, dal più bello al più brutto, dal più giovane al più vecchio, dal più sano al più malato, dal più normale al più diversabile…La consapevolezza di essere ciascuno, diversabilmente gettato nel mondo, ci spinge a ricercare in ogni modo e con ogni mezzo la normalità inesistente.Ma ciascun, pensando a se stesso, si sente normale o diversabile?Allora, perché normodiversabilità? Per suggerire un termine unico e composto.Potevamo usare il termine normodiversità, ma usando quello di normodiversabilità abbiamo voluto suggerire con maggiore evidenza il concreto delle azioni.

11

È forse la genetica che ci costruisce diversi, oppure è il sistema socio-culturale che ci divide, ci spezza e ci frantuma?Forse siamo tutti uguali-diversi secondo una logica sfumata che confonde i confini naturali-culturalicome nel passaggio tra la notte e il giorno.Nella realtà esistenziale individuale e collettiva non sono separabili. Si contaminano reciprocamente e si evidenziano contemporaneamente in ciascuno di noi con maggiore o minore presenza contestuale e situazionale1.Se è vero che per la selezione naturale i più deboli soccombono, noi che siamo l’animale più debole, perché non soccombiamo?Nel genere umano la debolezza diventa la forza della reazione, del tentativo di superamento della finitudine, del dolore, verso la ricerca della felicità.C’è chi propone la speranza come terapia. E c’è chi propone l’abbandono di qualunque freno.Da una lato molta cultura propone la salvezza attraverso l’esperienza del dolore, mentre altra cultura di vincere definitivamente il dolore: subire il dolore o eliminarlo per guadagnare la felicità?Come si può coniugare la ricerca scientifica con la consapevolezza antropologica?La pace si oppone alla guerra, il cibo alla fame, la salute alla malattia, l’ecologia all’inquinamento, la conoscenza all’ignoranza, l’amore all’odio, la natura alla cultura, l’ordine al disordine, la scelta al destino, il soggetto all’oggetto, la socialità all’individualismo, l’amore all’egoismo, i metalinguaggi ai linguaggi formali, la meta educazione all’educazione, l’esilio al paradiso…Ho sempre cercato di sollecitare nella scuola, nelle relazioni interpersonali e verso me stesso il passaggio dalla frammentazione alla ricomposizione dell’unità polivalente dell’individuo, della conoscenza, della fratellanza.

1 Quando attraverso lentamente un bosco, mi fermo meravigliato ad osservare la natura e vedo che la lumaca si sposta lentamente, lo scoiattolo si arrampica in un istante, la gazzella è velocissima, la formica è forte, la pulce salta lontano. Nella naturalità del bosco c’è posto per tutti, essa propone e accetta l’infinito delle variabili senza costruire gerarchie. Cfr. S. Francesco, Cantico delle Creature. Tuttavia esistono la velocità e la lentezza, la salute e la malattia, la nascita e la morte. Per chi rimane è più facile accettare la morte che la malattia perché chi muore smette di soffrire e chi rimane soffre meno. Ma chi muore ha chiuso, la morte è solo per chi muore.

12

Può realizzarsi ciò attraverso una antropologia della speranza e una pedagogia dell’amore, oppure l’educazione, la prevenzione e la terapia sono sempre esercizio di potere-dominio verso la normalizzazione pianificata e massificata?Educazione, prevenzione, terapia2 sono certamente parole diverse che sembrano specificare atteggiamenti e comportamenti attivati da istituzioni specializzate come la scuola, il volontariato, l’ospedale.Ma ogni educazione è preventiva e terapeutica, ogni prevenzione è terapeutica e educativa, ogni terapia è preventiva e educativa. Così le differenze semantiche sfumano ancora una volta nella quotidianità del vivere e dell’agire. È il vivere di ciascuno che, senza alcuna separazione, necessità con sfumature diverse di educazione-prevenzione-terapia.E invece si costruiscono e si diffondono una grande quantità, sempre più in espansione, di terapie: danzaterapia, musicoterapia, ippoterapia, teatroterapia, acquaterapia, arteterapia, terapie sessuali, tecniche e discipline orientali come terapie per il corpo, la mente, l’anima, addirittura la cristoterapia. Crescono le ginnastiche correttive, anzi, sport, fitness, wellness, chirurgia estetica, suggerendo l’identificazione esteriore con modelli inesistenti, hanno il solo scopo di essere terapeutiche.Ad esempio si parla di educazione acquatica, di prevenzione con/nell’acqua, di idroterapia.Si parla di ippoterapia, ma in Africa bisognerebbe parlare di cammelloterapia e in Alaska di focoterapia.La musica e la danza possono essere usate per acquisire conoscenza, affinare il gusto estetico, allietare l’anima, rilassare o contrarre il corpo, incanalare l’aggressività, socializzare…E cosi anche la danza, la musica, l’arte, l’acqua, la sessualità, il teatro, il gioco, il disegno, lo sport vengono usati strumentalmente come educazione, prevenzione e terapia. Si spezzetta l’uomo spezzettando la sua energia creativa, la sua interpretazione soggettiva situazionale e contestuale. Sono io che scelgo e sento, ad esempio, lo stesso brano di 2 Possiamo intendere i termini nel seguente modo:Educazione: predisporre le condizioni affinché per ciascun soggetto si realizzino il più possibile le sue condizioni.Prevenzione: predisporre le condizioni affinché certi eventi non accadano.Terapia: intervenire quando certi eventi sono accaduti e cercare di ridurne e/o eliminarne le conseguenze negative.

13

musica, come conoscenza, o come estetica, o come rilassamento, o come incontro con gli altri, o come disturbo…Lo sport aumenta le differenze distinguendo vincitori e vinti (sempre meno vincitori e sempre più vinti), tra primi e ultimi, tra titolari e panchinari, tra promossi e retrocessi, gli uomini dalle donne, le generazioni tra loro, i normali dai diversabili dividendoli in olimpici e paraolimpici.E anche nello sport per diversabili si ripetono le stesse categorie che per i cosiddetti normali3.3 Si producono nuove categorie di disabili da sport con gli infortuni fisici, psichici, spesso la morte.Un atteggiamento ecologico tende a ridurre l’inquinamento, ma India e Cina metteranno in circolazione entro qualche anno 2 miliardi di auto in più. Il cambiamento non può che essere radicale. Ma sarà possibile?I Governi sembrano impegnarsi a ridurre il deficit e le disuguaglianze ridistribuendo la ricchezza, a diminuire la fame, le malattie, a scegliere la pace e la convivenza universale.È in commercio la “pillola dell’obbedienza” per controllare i ragazzi agitati (sindrome di ADHD). Una volta bastavano due ceffoni.Ciascuno di noi è quotidianamente impegnato a correggere e cambiare il comportamento del partner, dei figli, degli alunni.Tutti presi da questi grandi problemi sociali e soggettivi, spesso non ci accorgiamo che abbiamo dimenticando di ritrovare noi stessi.Da un lato la ricerca riduce i deficit, dall’altro la società e la stessa ricerca li aumentano poiché aumenta lo scarto tra poveri sempre più poveri e ricchi sempre più ricchi, tra diversi sempre più emarginati e normali sempre più presuntuosi e violenti.Se diminuisce parzialmente lo scarto tra salute e malattia, aumenta quello tra essere e avere, tra l’io e l’altro, tra localizzazione e globalizzazione, tra sostenibile e insostenibile.Quando il modello efficientista della competizione invade il comportamento umano, l’etica si dissolve.Quasi sempre anche la pedagogia e la didattica si preoccupano di ridurre i deficit, individuare i prerequisiti mancanti e ciò che il soggetto non sa. L’insegnante-terapeuta tende a ridurre i deficit

3 Sport: antagonismo-scontro-arrivismo-commercializzazione, superamento dei limiti, vuoto di valori.Fitness-welness: esteriorità, narcisismo, visibilità, liberismo morale.

14

cognitivi e la scuola viene sempre più psicologizzata e medicalizzata; l’allenatore i deficit coordinativi-condizionali e tecnici, lo psicologo i deficit psichici, il medico i deficit bio-fisiologici. E i soggetti che non riducono lo scarto vengono classificati e emarginati.Ci sono i normali più normali e i diversabili più diversabili di altriLe spinte all’integrazione si risolvono in aumento dell’isolamento (scuola), poiché la presenza del soggetto diversabile è vista come disturbante allo svolgimento del programma, diventa oggetto di bullismo, di ulteriore riduzione della comunicazione quando l’insegnante privilegia i linguaggi formali e non i metalinguaggi e la metacomunicazione. Le bivalenze biologiche si moltiplicano aggiungendosi a quelle socioculturali.L’altro, chiunque esso sia, è una risorsa, anzi è la risorsa e nella scuola (e non solo) dovrebbe essere il fulcro della realizzazione di progetti finalizzati alla semplificazione dell’apprendimento e della relazione di tutti e con tutti.Nella scuola la classe va intesa come laboratorio che semplifichi la complessità, soprattutto per i più deboli e poveri, così come dovremmo assumere lo stesso atteggiamento nel sociale.La programmazione non è ancora personalizzata, le proposte sono genericamente le stesse per tutti, ma soprattutto vengono richieste risposte identiche preconfezionate; l’errore è visto come scarto e non come risorsa.Sto sostanzialmente usando il linguaggio dei documenti internazionali ICF e ONU 2007: le problematiche affrontate riguardano tutta l’umanità e ciascuno di noi.Mentre il primo documento OMS associava lo stato di un individuo a strutture e funzioni del corpo insieme ad attività individuali e di partecipazione alla vita sociale4, il secondo documento (ICF) indica un

4 Nel vocabolario Il grande Italiano, Hoepli, Milano 2007 si trovano le seguenti accezioni:- Gara in cui i concorrenti, di diversa levatura, danno o ricevono un vantaggio di peso, di distanza o di tempo, in modo che alla partenza le loro probabilità di vittoria siano equiparate. Vantaggio o svantaggio assegnato in questo tipo di competizione.- Ciò che mette in condizioni di inferiorità rispetto agli altri.- Menomazione di carattere fisico o psichico congenita o acquisita che ostacola il normale inserimento di una persona nella vita sociale.- Danneggiare, mettere in difficoltà o in una posizione di svantaggio.Il verbo diversabilitàpare ha due accezioni:- Dare gli diversabilità ai concorrentiRiguardo all'etimologia: Voce ingl. dalla loc. hand ("mano") in ("nel") cap (cappello); in origine gioco con estrazione a sorte di numeri da un cappello. (p. 1149) Per molti aspetti la

15

sostanziale cambiamento: il disturbo strutturale e/o funzionale viene rapportato ad uno stato di salute. Pertanto l’ICF è una classificazione che descrive lo stato di salute delle persone in relazione agli ambiti esistenziali per cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale possono causare disabilità, soprattutto nelle situazioni di vita quotidiana.L’ICF parlando di positivo dell’individuo (funzioni, strutture, attività di partecipazione anziché di impedimenti, disabilità) permette un salto di qualità nell’approccio culturale e scientifico a tali problematiche. Viene sottolineata l’unicità e la globalità della persona pur avente malattie e disabilitàViene analizzata la salute dell’individuo in chiave positiva (ciò che funziona).Pertanto la disabilità viene intesa come condizione di salute in ambiente sfavorevole.Il modello di disabilità diviene così universale e applicabile a qualsiasi persona.Al posto dei termini menomazioni, disabilità che indicano qualcosa che manca, si usano quelli di “funzioni corporee” (funzioni fisiologiche del corpo comprese quelle psicologiche), “strutture corporee” (o anatomiche, organi, arti e loro componenti), “attività” (esecuzione di un compito o di una azione da parte dell’individuo), “partecipazione” (coinvolgimento di un soggetto in una situazione di vita), “fattori ambientali” (caratteristiche del mondo fisico e sociale e degli atteggiamenti che possono avere impatto sulle prestazioni di un individuo in un determinato contesto). Ognuno di questi termini viene ulteriormente sottoclassificato.Il documento ICF (2001) copre tutti gli aspetti della salute umana raggruppandoli nel termine salute (direttamente: vedere, udire, imparare, ricordare; indirettamente: mobilità, istruzione, partecipazione alla vitasociale, ecc.).In un mio intervento a Proscuola di Verona nel 1988, avevo sostenuto: ogni individuo è relativamente diversabile e/o relativamente normale.Sono pertanto confortato nel nostro discorso pur con la consapevolezza che si tratta di una dinamica, continua, permanente riduzione e mai dell’azzeramento totale.vita è una lotteria.

16

Come nella conoscenza microcosmica e macrocosmica procediamo verso il sempre più piccolo e il sempre più lontano, consapevoli che anche questo cammino forse non si concluderà mai.Così come per ogni altro comportamento umano o forma e settore della conoscenza.Il concetto di normodiversabilità va nella direzione del rispetto dell’originalità di ciascuno attraverso un atteggiamento scientifico romantico.La scienza positivistica si è sempre più allontanata dalla dimensione romantica.La “scienza romantica” è termine di cui parla Lurija5.5 “Gli studiosi romantici non vogliono frammentare larealtà vivente in componenti elementari, né passare dalla ricchezza degli eventi ad aridi schemi, essi ritengono di fondamentale importanza preservare inalterata tutta la ricchezza della realtà vivente ed aspirano perciò ad una scienza che sia in grado di non disperdere tale ricchezza delle realtà concrete” (LURIJA, 1983)Le anamnesi sono una forma di storia, ma non ci dicono nulla sulla storia vera della persona, sulla sua esperienza, di come affronta la malattia e lotta per sopravvivere. Non vi è “soggetto” nella storia di un caso clinico; le formule sono sbrigativamente generiche. Per approfondire la persona che soffre, si avvilisce, lotta, dobbiamo farne una vera storia, un racconto: solo così avremo un “chi” oltre a “un che cosa”, avremo una persona reale.” (SACKS, 1985)Una scienza romantica vuol dire pensare a colori, andare più piano, fermarsi meravigliati a odorare un fiore, fare una carezza, camminare tenendosi per mano, guardarsi negli occhi…La vita ha sempre un sapore, un odore, un calore, un’immagine, un suono.Ciascuno ha un sapore, un odore, un calore, un’immagine, un suono.La persona ha un nome, una storia, non è un sintomo, vive e lotta per diventare se stesso.È la scoperta del volto dell’altro di cui parla Foucault.

5 Pavlov aveva già intuito dividendo gli uomini in due categorie: gli artisti e i pensatori “Tra di essi vi è una differenza sostanziale. Tutti i tipi di artisti…comprendono la realtà come un tutto, come una continuità, una completa realtà vivente senza divisioni e separazioni. L’altro gruppo, i pensatori, la dividono, la uccidono per così dire, facendone uno scheletro temporaneo e poi, solo gradualmente, la rimettono insieme di nuovo pezzo per pezzo, cercando così di donargli la vita”. (PAVLOV, 1941)

17

Dice Espinas "Alcuni ti chiamano Mongoloide, altri Down, i tuoi amici ti chiamano Paolo".La scienza romantica ci fa comprendere che la forza della narrazione è una composizione olistica6 che, nella riscoperta di un tutto significante, restituisce comprensibilità al singolo evento, alla piccola storia di vita dove c’è, prima di tutto una persona, e poi viene un ruolo legato a quel momento storico e tutto il resto. Capire le ragioni dell’altro è una operazione empatica, che se pur scoraggiata dai sistemi di cura, si rivela decisiva nella demolizione del modello unico di normalità e della presunzione della scienza7.Non ci sono solo i corpi azzoppati, vi sono anche le anime claudicanti che in genere si sentono più normali degli altri.. Pascal e Fromm, tra tanti, hanno ben affrontato il problema8.6 “Qual è la struttura che connette un granchio con un’orchidea, con me, con un’ameba e uno schizofrenico. Notevole campionario di apparenti lontananze. La struttura che connette. Perché a scuola non insegnano nulla di questo argomento?” (BATESON, 1984)7 In un racconto di fantascienza si parla di una giovane coppia americana del futuro, entrambi belli e biondi, dediti al lavoro e allo sport. Lei è incinta, aspettano il bambino felici, ma invece del bambino nasce una piramide gelatinosa, azzurrina, fluorescente. I medici non sanno spiegarlo, deve essere accaduto qualche pasticcio strano con i mondi di altre dimensioni. La coppia torna a casa muta, costernata, depone la piramide nella cameretta preparata; si chiudono in casa, evitano la cameretta e il mondo di fuori. Sono disperati: non riusciranno mai ad accettare di avere come figlio la piramide... a meno che... si guardano e capiscono, devono fare un salto, entrare in un'altra dimensione, diventare anche loro piramidi. Si tengono per mano, chiudono gli occhi e fanno questo salto, quando li riaprono, c'è un bambino che gli sorride.8 "Qual è il motivo per cui uno zoppo non ci irrita, ma uno spirito azzoppato sì? Il fatto è che uno zoppo riconosce che noi camminiamo diritti, mentre uno spirito azzoppato dice che gli zoppi siamo noi. Se non fosse per questo proveremmo pietà invece di collera." PASCAL (91)…"Quando considero la breve durata della mia vita, assorbita dall'eternità che la precede e da quella che la segue..., il piccolo spazio che occupo e che vedo, inabissato nell'infinita immensità di spazi che ignoro e che mi ignorano, mi spavento e mi stupisco di vedermi qui piuttosto che là, perché non c'è motivo che sia qui piuttosto che là, ora piuttosto che un tempo. Chi mi ci ha messo? Per ordine e volontà di chi questo luogo e questo tempo sono stati destinati a me?" (64) “Se una persona non riesce a raggiungere libertà, spontaneità e genuina espressione di sé, si può ritenere che essa abbia delle gravi forme di deficienza, sempre che si creda che libertà e spontaneità siano delle mete obiettive raggiungibili da ogni creatura umana. Se poi questa meta non è raggiungibile dalla maggioranza dei membri di una data società, allora abbiamo a che fare con il fenomeno di una deficienza socialmente strutturata. L'individuo la condivide con molti altri, ma non crede si tratti di una deficienza e la sua sicurezza non è minacciata dalla consapevolezza di essere diverso, di essere, per così dire, un proscritto. Ciò che può aver perso in ricchezza, in sentimento genuino di felicità, è compensato dal senso di sicurezza datogli dall'adattamento al resto dell'umanità, sempre però com'egli la vede. In effetti può avvenire che proprio questa deficienza sia stata elevata a virtù dalla sua cultura, e che pertanto gliene derivi un accresciuto sentimento di successo. (E. FROMM Psicoanalisi della società contemporanea, Mondadori, Milano 1987, pp. 22-24)

18

Fromm identificava nell'organizzazione socio-culturale la causa di questo stato di cose, perché essa non forniva ai singoli soggetti adeguate opportunità di sviluppo. Oggi le cose stanno ancora così. Avvolto da una cultura che gli dà l'impressione di essere potente e padrone di sé, l'essere umano utilizza sempre più spesso protesi tecnologiche per porre rimedio alle sue deficienze strutturali e al modesto grado di sviluppo delle sue potenzialità naturali.Ciò che vale per i deficit sensoriali e motori vale anche per le potenzialità psicologiche: l'emozionalità, l'intelligenza, ecc. Anche esse sono distribuite secondo uno spettro non uniforme, che si può ritenere ingiusto. Ingiusto per coloro la cui iperdotazione si trasforma spesso in un dramma psicopatologico, ma ingiusto anche per i normodotati o gli ipodotati, i cui orizzonti, per quanto rassicuranti, escludono la possibilità che essi pensino o sentano ciò che arricchisce la vita.Tutto ciò cosa significa ai fini di una comprensione più profonda del rapporto tra normalità e diversabilità, anzi del loro specchiarsi?9

La casualità sembra quasi l'espressione di una natura matrigna o che si diverte a fare brutti "scherzi" agli esseri umani.Lo sviluppo delle potenzialità umane, anche secondo le diverse intelligenze di cui parlano gli studiosi degli ultimi decenni, dipende in misura rilevante dalle opportunità che l'ambiente offre che sono distribuite secondo criteri iniqui. A monte dell'ambiente, però, si danno differenze naturali, genetiche. Gli esseri umani non si rendono conto, se non marginalmente, di tali differenze perché, per fortuna, la coscienza le minimizza e porta ogni soggetto a pensare di essere compiuto nel suo essere10.

9 Un essere umano riporta un danno alla nascita che pagherà per sempre; un altro vive novant'anni senza avere mai bisogno del medico. Un soggetto che, per via della sua sensibilità emozionale, si pone problemi fin da bambino sviluppa un disagio psicopatologico; un altro, che vive come un automa, e di fatto è morto dentro, trascorre una vita tranquilla. Un individuo giunge tardi all'aeroporto e si salva la vita perché l'aereo ha un incidente, un altro si ritrova senza lavoro perché l'azienda fallisce, un altro ancora vince all'Enalotto, ecc. Perché proprio Beethoven, che vive solo per la musica, diventa sordo? Perché proprio Mozart muore a trentasei anni avendo dentro ancora un capitale creativo immenso? Perché proprio Stephen Hawking, che nell'ambito della fisica è ritenuto l'erede di Einstein, è affetto da una malattia muscolare progressiva che lo costringe su di una carrozzella e gli permette di parlare stentatamente solo avvalendosi di un'attrezzatura elettronica? Perché proprio Borges, forse il maggior scrittore del Novecento, diventa quasi cieco e brancola nel buio negli ultimi decenni della sua vita?

19

E ciò ci rende tutti normodiversabili e quindi tutti bisognosi di educazione, prevenzione e terapia.Forse non bisogna più ragionare per categorie: ai ragazzi spetta l’educazione, agli adulti la prevenzione, agli anziani la terapia; oppure il gioco spetta ai bambini, lo studio ai ragazzi, l’amore ai giovani, il lavoro agli adulti, il riposo ai vecchi. Ognuno di noi, in ogni giorno della propria vita, deve usufruire dell’educazione, della prevenzione e della terapia; così come, dalla nascita alla morte, ciascuno, a qualunque età, ha il diritto di giocare, studiare, amare, lavorare, riposarsi.Forse la lontananza o l’allontanamento dell’altro dipendono dal fatto che non sto usando le sue modalità comunicative. Forse dovremmo inventare nuovi linguaggi per ampliare le possibilità di reciproca comunicazione e comprensione.Forse bisogna recuperare la presenza nella relazione, oltre la virtualità e l’astrazione, per incarnarci di nuovo nel mondo e con gli altri.

1.2. Normodiversabilità; perché?

Cosa vi può essere di interessante ad usare il termine normodiversabilità?Assumere la realtà come luogo e cornice del confronto, può essere la via di accesso a una ritrovata e rinnovata sensibilità, immaginazione, profondità, umanità, perché siamo costretti a fare i conti con la nostra integrità ferita e con quella dell’altro11.Entriamo in un mondo affascinante e paradossale dove tutto converge sull’ambiguità del concreto.Gli stili di relazione normocentrati prevedono pratiche oggettivanti di cura, l'autoritarismo e l'infantilizzazione dei pazienti o degli utenti, lo

10 “In che senso l'uguaglianza si può ritenere un diritto naturale se la genetica attesta inconfutabilmente che gli uomini sono diversi non solo nelle loro fattezze esteriori ma anche nelle potenzialità e nelle caratteristiche psichiche? TH. DOBZHANSKY, 1981, p. 4 "la diversità genetica umana non è una disgrazia o un difetto della natura umana, ma un tesoro di cui i processi evolutivi hanno dotato la specie umana". TH., DOBZHANSKY, 1981, p. 4511 “L’attenzione al concreto “può diventare un veicolo del mistero, della bellezza e della profondità, può condurre alle emozioni, all’immaginazione, allo spirito non meno di qualsiasi concezione astratta…il concreto è pronto ad assorbire sentimento e significato, forse più di qualsiasi concezione astratta. È pronto a passare nella dimensione estetica, drammatica, comica, simbolica, nel vasto e profondo mondo dell’arte e dello spirito”. (O., SACKS, 1985)

20

"stile neutro", la pretesa del distacco e l'anaffettività della relazione, la ripetizione costante verso automatismi di risposta.La causa di questa normalità fittizia è l'adultomorfismo che fin da subito comincia a correggere tutte le caratteristiche del bambino quali la debolezza, la dipendenza, l'emotività.All'autoritarismo e all'infantilizzazione corrisponde un ideale di normalità totalmente scevro da debolezze, mancanze, abilità diverse, tale da legittimare il martellamento riabilitativo o l'accanimento terapeutico: se l'obiettivo, irraggiungibile, è quello della "guarigione", ci sarà sempre un ciclo di terapia da aggiungere, un miglioramento possibile da perseguire, un'imperfezione da correggere, sacrificando a tale obiettivo la libertà e l'individualità del soggetto, limitando la sua volontà divergente.Il modello di normalità adultomorfo e iperefficientista, storicamente recente, ha indubbiamente contribuito ad innalzare l'assicella delle prestazioni che vanno erogate per essere ritenuti normali e a squalificare quelli che non la superano. Lo scarto aumenta, pur con tutti i tentativi di una sua diminuzione.La diversità è una variabile biologica che nel mondo naturale non costituisce un problema per nessun essere vivente.L'uguaglianza è un precetto etico, non un fenomeno biologico. Una società può concederla o negarla ai suoi membri. Concederla significa fornire a ciascuno adeguate possibilità di sviluppo delle sue diversità-potenzialità genetiche.Se la disuguaglianza genetica è un dato di fatto, la normalità può essere valutata solo in termini individuali tenendo conto che essa non dipende solo dal corredo genetico, ma anche, e in misura rilevante, dalle opportunità ambientali, dal modo in cui il soggetto le usa e da eventi di vita casuali. Normale è l'individuo che utilizza le sue potenzialità al massimo grado, quali esse siano12.

12 La parabola dei talenti. “Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo le sue capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti andò subito ad impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti ne presentò altri cinque, dicendo...Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco ti darò autorità nel molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. (Mt 25,14-21)

21

Se si assume questo metro di misura, il problema dei disabili senza saperlo, riguarda tutti. Il vero diversabile è chi, in maniera più o meno rilevante, vive al di sotto delle potenzialità contenuta nel suo corredo genetico13.Se la cultura riconoscesse come nuovo modello di normalità quello (implicito ed esplicito) atto a misurare lo scarto tra ciò che il soggetto è e il suo potenziale di autorealizzazione, vale a dire ciò che sarebbe potuto essere o divenire utilizzando appieno le sue capacità (quali che esse siano), la scala dei valori antropologici si modificherebbe radicalmente. Al vertice risulterebbero coloro che si impegnano a diminuire quello scarto.In questa categoria non sarebbe sorprendente trovare uno scarso numero di persone normalmente inseriti nella società e un buon numero di diversabili, i cui limiti incentivano gli sforzi di sopperire ad essi sviluppando il più possibile il loro essere. In successione, troveremmo una gamma indefinita di spiriti più o meno azzoppati, fino al fondo della scala ove si collocano coloro che sono gravemente azzoppati, ma tronfi della loro presunta normalità: i normodotati gravi.Gli spiriti azzoppati dovrebbero avvertire l'esigenza di una "riabilitazione" e i diversabili di sentirsi apprezzati per gli sforzi che essi fanno per coltivare le loro diverse abilità.La critica si appunta quindi contro quei tipi di intervento che, ignorando o minimizzando l'aspetto psichico, sociale, umano, optano tramite la "medicalizzazione", per una riabilitazione normalizzante, da raggiungere a ogni costo, quella delle tre A: Autonomia, Autosufficienza, Anaffettività. Qui repressione, normalizzazione epregiudizi vanno a coincidere in un modello di razionalizzazione di tipo aziendale (con taglio di tempi e costi)."C'è un paradosso, si nega la differenza e si enfatizza la medicalizzazione delle diversità. La gamma delle normalità possibili si è infinitamente ristretta, con la diversità non si riesce a fare i conti,

13 Il modello di normalità vigente nel nostro mondo fa riferimento al fatto che l'individuo deve impegnarsi per raggiungere la capacità di destreggiarsi nel mondo così com'è, di competere con gli altri, di trovare un inserimento lavorativo, di costruire un suo mondo privato di amicizie e di affetti, ecc. Posto che egli raggiunga tali obiettivi anche in forma minimale, la tensione verso la crescita, la maturazione, la consapevolezza personale - in breve verso l'umanizzazione - tende ad estinguersi. In conseguenza di questo molte persone si cristallizzano in un modo di essere che assicura loro l'inserimento e il riconoscimento sociale della loro "normalità", ma rinunciano ad evolvere, ad utilizzare potenzialità che vanno sprecate.

22

probabilmente perché il modello proposto è talmente a senso unico, da far percepire come 'strano' chiunque se ne allontani".La cancellazione della personalità in un tipo di individuo che dovrà perennemente rinnegare se stesso è un processo in atto da tempo nel nostro tipo di socializzazione, che qualcuno ha chiamato socialità asociale, che stringe nessi sempre più stretti con la cosificazione dei soggetti, cioè con la loro riduzione a cose, indotta anche dalla tecnicizzazione14.Senza dover essere necessariamente tutti ricondotti agli standard di normalità, ma dobbiamo accogliere e dare valore alle nostre abilità diverse perché abilità di persone.La sfida è quella della normodiversabilità. Ecco allora che accetto Pinocchio burattino, una Sirenetta che mantiene la sua coda da pesce anziché perdere la voce; oppure quando Belle bacia in punto di morte la bestia, non l'avesse trasformata in un principe, ma l'avesse semplicemente mantenuta in vita con le sue sembianze di bestia; faccio il tifo perché Biancaneve si innamori di uno dei nani e ho sempre avuto antipatia per i normali gravi come il principe15.

14 La prima volta che ascolati la favola di Biancaneve, provai a indovinare quale dei sette nani l'avrebbe sposata! Ma le mie attese furono deluse dall'arrivo del bel principe azzurro: è come se Biancaneve venisse salvata da una situazione "sbagliata", ovvero la convivenza con l'inferiorità, rappresentata dai nani, per tornare a una situazione di normalità. Questo ha fatto sì che il principe mi risultasse sempre particolarmente antipatico, il prototipo del "normodotato grave". Ma chi sono i "normodotati gravi"? Forse chi è sicuro delle proprie abilità e non riconosce quelle altrui se non riflettono le proprie, forse chi vede nella diversità un problema e non una ricchezza, forse chi non è disposto a lanciarsi in una relazione alla pari con la debolezza, forse chi ha bisogno della forza per avere delle conferme, sicuramente chi rivolge altrove lo sguardo per non vedere.In una poesia degli anni ’70 scrivevo. “…sono il burattino Pinocchio/che non ha mai strappato l’ultima pagina”. M., GORI, 197815 Prendiamo le due concezioni del passato che hanno profondamente inciso nella nostra cultura: quella greco-latina e quella ebraica. Platone nella sua Città Ideale, propose che gli eventuali figli malformati avrebbero dovuto essere rinchiusi in un luogo oscuro e separato, con la chiara intenzione di farli al più presto morire. Aristotele auspicava una legge che proibisse esplicitamente alle famiglie di allevare figli diversabili; il diritto romano nella quarta delle Dodici Tavole confermava tale legge (come risulta da Cicerone). Nella religione ebraica la presenza del dolore era la prova della presenza del peccato. Ogni dolore era visto come colpevole. Nel Medioevo e in epoca moderna i diversabili il più delle volte venivano soppressi al momento della nascita (le levatrici avevano precise istruzioni) e, se sopravvivevano, era per un'esistenza che non aveva quasi nulla di umano. Forse i più fortunati, dopo tutto, erano quegli infelici che - dall'aspetto particolarmente deforme - venivano esibiti nelle fiere e nelle feste paesane come mostri da ammirare dietro pagamento (Saggi, Montagne).

23

È solo nel Novecento (soprattutto nella seconda metà) che inizia la rivoluzione nei confronti del diversabile affermando il valore assoluto del singolo.La rivoluzione sociale verso la diversabilità parte da qui. Non sono le qualità esteriori o interiori che contano, conta solo il fatto di essere una persona. È questa idea alla base del mutato atteggiamento culturale verso i diversabili, con la conseguenza delle corrispondenti politiche sociali e di assistenza16.Dolore, sofferenza e morte pongono radicalmente il problema del "senso" ultimo della vita: È significativo che il dolore cominci ad essere scientificamente combattuto dai tempi di Cartesio. Prima, esso veniva trattato come la rivelazione dell’imperfezione dell’essere umano. Non riducendo l’uomo a un meccanismo, i medici cercavano piuttosto di lenire che di combattere il dolore, per aiutare il malato a ritrovare se stesso nella malattia. Il dolore era scuola della saggezza in cui l’uomo poteva vedere meglio la verità del proprio essere.Davanti alla malattia e alla morte l’uomo comincia a domandare il senso del suo essere che nasce e muore, vale a dire la sua verità17. L'umanità ha sempre conosciuto la paura. Ogni epoca ha dato un nome ad angosce conosciute da sempre.Siamo minacciati dalla sofferenza da tre versanti: dal nostro corpo, condannato al declino e al disfacimento e che non può funzionare senza il dolore e l'ansia come segnali di pericolo; dal mondo esterno, che può scagliarsi contro di noi con la sua terribile e formidabile forza distruttiva; infine, dalle nostre relazioni con gli altri. (S. FREUD, 1978, vol. X)Dietro le tre forme di paura si intravede la presenza di una «madre di tutte le angosce», la minaccia che quotidianamente genera tutte le altre e non permette loro di allontanarsi troppo: quella della fine, l'epilogo16Nel Cristianesimo il valore assoluto della vita umana, di ogni singola vita umana, discende direttamente dal dogma teologico dell'incarnazione. Se Dio si fa uomo, allora l'uomo assume un valore divino. In duemila anni di storia questo pensiero ha generato, seppure faticosamente e con tante incoerenze, la cultura dei diritti umani di cui oggi l'Occidente va fiero e dentro cui si inscrivono le politiche sociali di sostegno verso i diversabili e le loro famiglie. 17 Osserviamo due possibili atteggiamenti a riguardo del rapporto salute-salvezza: uno di tipo carismatico, che "[...] si concentra simbolicamente sul corpo, sul gesto, sul rito, sull’entusiasmo: l’esperienza diventa il criterio unico, interpreta se stessa e non si lascia più verificare dalla ragione e dalla dottrina", e uno di tipo gnostico, in cui "[...] la ragione, divorziando dall’esperienza, diventa razionalismo, pretesa di una conoscenza orgogliosa e autonoma capace, almeno per chi ne possiede il segreto, di salvare da sola e di vincere, mediante la loro semplice negazione, il male, la malattia e talora perfino la morte".

24

brutale e improvviso, l'unico oltre il quale non c’è inizio.La morte diventa per l’uomo, per dirla [...] con Sant’Agostino, “magna quaestio". La morte è l'archetipo di questa fine, l'unica che si mostra solo in un'unica forma. La condizione umana, allo stesso tempo vincola il tempo (tìme-binding) ed è vincolata dal tempo (time-bound); la mente che padroneggia il tempo, vorrebbe sperimentare se stessa come eterna, ma dimora in un involucro chiaramente e irrimediabilmente transitorio.La caducità di quest'ultimo ridimensiona, frena e annichilisce il senso di immortalità della prima; alla fine interromperà quella sensazione di eternità, ma molto prima che il sereno «per sempre» si trasformi in un più inquietante «finché». Essere «umani» significa allo stesso tempo conoscere questa condizione, essere incapaci di influire su di essa in qualche modo, ed essere consapevoli di questa incapacità.La vita sente, in modo lacerante, sin dall'inizio, di essere minacciata. La morte preme, e la vita la sente.Ognuno vi cammina incontro e più la vita aumenta più la morte si approssima.Il tentativo incessante di distacco dell'uomo di rimuovere la sua dimensione biologica, è causato dal timore della morte e dalla sete di immortalità.C’è il timore della morte e voglia di immortalità e di infinito, ed è questo desiderio a essere una costruzione posteriore, consolatoria per non guardare in faccia la fine che incombe?La verità non la sappiamo. Possiamo solo dire che è la morte a svelare all'uomo di essere finito.I primi monumenti sono tombe, le piramidi sono tombe che vogliono "bucare il cielo" alla ricerca dell'eterno.Schopenhauer diceva che «la morte è il genio ispiratore della filosofia».Alla base di tutte le costruzioni scaturite dall'anima umana vi è una grande domanda di salvezza, un immenso desiderio di vita. L'uomo non vuole morire, noi non vogliamo morire.Purtroppo, si muore. Molto spesso anche in modo stupido o ingiusto.Allora perché la morte e perché le morti insensate?"Si muore perché si vive": la vita naturale che conosciamo è fin dal suo inizio intrecciata con la morte.Questa è la vita che ci è stata data. Chiedersi il perché delle morti insensate equivale a chiedersi il perché nascano esseri umani

25

malformati. Perché Dio è silente, si nasconde, non si rivela più? Perché è assente nella natura? Perché è assente dalla storia? Dalla mia storia? Come pensare che Dio è amore?18

L’interpretazione della croce stravolge il "dolorismo" per farsi scelta per gli altri.Le nuove antropologie e un nuovo approccio sociale cambiano i concetti, ancora estremamente invasivi di classi, gerarchie, prestazione, competizione…19

Questa è la ragione per cui essere umani significa anche provare paura. dall’altro hanno posto nuovi problemi morali. Il dibattito sul concetto di persona non si ferma alla semantica, ma coinvolge antitetiche posizioni morali ciascuna delle quali si rifà ad un diverso statuto descrittivo-cognitivo e ontologico.Il quesito più ricorrente sta nel conferimento di tale status: tutti gli esseri umani sono persone? Tutte le persone sono esseri umani? Il concetto di persona, diversamente da quella di homo sapiens, non è solo descrittivo, ma anche prescrittivo e normativo, capace di avere il ruolo fondativo nell’attribuzione di criteri etici e giuridici nella nostra società.

18 Dostoievskij ne “Il grande inquisitore” ci propone una risposta: siamo liberi. E l’idiota è l’uomo assolutamente buono. Padre Pavel Florenskij, in una lettera alla moglie del 18 febbraio 1937, pochi mesi prima di essere fucilato per ordine di Stalin scriveva: “Per il dono della grandezza l'uomo deve pagare con il proprio sangue”.19 «L’diversabilità è il processo di estraneità, l’essere agito da altri o dal mondo; la perdita dell’esserci nello spazio, nel tempo, con gli altri, nel mondo.» (A, GOUSSOT, 2000, pag. 60) «Il bambino che presenta un difetto non è ancora un bambino diversabile, con il difetto esistono anche gli stimoli per superarlo. È quando processo sociale e compensazione non si incontrano che nasce la situazione diversabilitàpante.» (A., GOUSSOT, 2000, pag. 73) «…a chi è diversabile si attribuisce senza esitazioni una condizione di dolore e di afflizione…Ma tristezza e afflizione possono essere valutazioni che non tengono conto della reale situazione dell’altro. Possono quindi essere pregiudizi. Il più delle volte espropriano l’altro della sua dimensione, che contiene il “suo” dolore, che però può essere accompagnato dalla sua gioia.» (A., CANEVARO, 2000, pag. 14) «La pedagogia deve rendersi conto che il difetto non è soltanto un deficit, una mancanza, una debolezza, ma un sovrappiù, un elemento di forza e di valore, dotato di una connotazione positiva.» (A. GOUSSOT, 2000, pag. 73) «L’educatore non deve limitarsi a lavorare sui sintomi, sulla patologia, ma deve considerare la persona dell’educando nella sua interezza.» (A., GOUSSOT, op. cit, Carocci 2000, pag. 69) «La presenza nella propria vita di un rapporto affettivo con una persona diversabilitàpata non è solo una ricchezza, ma è un’opportunità educativa enorme per ognuno…L’integrazione dei bambini diversabili nella scuola non è solo un’opportunità educativa per loro, ma anche per gli altri bambini. È una possibilità di crescita, di relazionarsi e porsi verso la realtà nei suoi diversi aspetti.» (S., DONINI; 2000, pag. 182)

26

Da una parte vi è la concezione che considera i termini “persona” ed “essere umano” divergenti per intenzione, ma anche per estensione e cioè che non tutti gli esseri umani hanno i requisiti per essere persone.Alla base di questa “non-equivalenza” tra i due concetti, è il fatto che l’essere umano può possedere lo status di persona soltanto nel momento in cui ha determinate qualità e proprietà.È proprio la distinzione tra la titolarità della persona e l’appartenenza alla specie homo sapiens a costituire l’assunzione fondamentale per poter parlare di tematiche bioetiche. Questo approccio può essere chiamato, in senso lato, funzionalista o attualista20.Dall’altra c’è chi afferma la corrispondenza semantica tra i termini “persona” ed “essere umano” e che, come corollario, dichiara che tutti gli esseri umani sono persone. Ciò vuol dire che lo status di persona, coinvolgendo tutti gli appartenenti alla specie homo sapiens, genera una parità indifferenziata tra le diverse classi di entità umane (embrioni, feti, individui adulti, disabili, malati terminali, ecc.) che si esplica in diritti etico-pratici. Tale concezione è rappresentata principalmente da filosofi teologicamente orientati i quali sostengono l’identità e l’interscambiabilità del concetto di essere umano con quello di persona: l’affermazione “l’uomo è una persona” rende il primum anthropologicum un primum ethicum. Questa dichiarazione ha importanti conseguenze a livello etico-pratico, poiché implica una relazione diretta tra l’essere umano e il possesso di diritti morali (alla vita, all’inviolabilità del corpo). La persona è l’essere umano singolo e sussistente che non si esaurisce nella sua manifestazione fenomenica e, proprio per tale visione ontologica, questa tesi è definita personalista o sostanzialista.

1.3. Interpretazioni dualistiche e unitarie

Il dualismo non è ontologico, ma prodotto di un processo storico dell'antropologia occidentale, che ha voluto leggere solo nell'anima o solo nel pensiero il fondamento di ogni soggettività, misconoscendo alcorpo ogni valore e riducendolo o a carne da redimere o a rappresentazione del razionale21. 20 Cfr. S. MAFFETTONE, , p. 183.21 Il dualismo Corpo-Anima che caratterizza il pensiero dell'occidente, non si è sviluppato parallelamente alla nascita e all'evoluzione dell'uomo. tra le popolazioni primitive lo spirito non era ancora considerato trascendente al corpo. Se invece spostiamo l'attenzione

27

L'antropologia trova il suo significato più alto nel momento in cui guarda l'uomo come essere che si esprime e realizza nel corpo.Non “io ho un corpo”, ma “io sono il mio corpo”. Non si parla più di un corpo separato dallo spirito o dal pensiero, ma un Io (inteso come totalità) speculare ad un Tu.L’essere qualcuno (persona, soggetto unico ed inconfondibile) non è una qualità (impersonale e neutra), o una proprietà che non si può mai scoprire né ricostruire seguendo la pista di una accumulazione di qualità.Il significato “umano” del corpo viene dal fatto che è il corpo di una persona, di tutta la persona: unito nella persona, che condivide la sua sorte con quella dell’organismo stesso nelle sue relazioni ed aspetti costitutivi22.

sull'etimologia del termine notiamo che: "Anima" è un nome universale e antico (nell'espressione greca psyché dice il soffio, nell'espressione latina anima traduce il vento-anemos). Originariamente mobile e vitale, l'anima si concede a quell'accostamento aristotelico che la fa identica alla vita: alla vita del corpo nell'intendimento di Aristotele, o alla vita imprigionata nel corpo come più volte suggerisce Platone. È nell'antica Grecia, quindi, e precisamente con Platone, che possiamo rintracciare la nascita del dualismo: nel linguaggio del filosofo, infatti, non compare la distinzione omerica di soma, che designa solamente il cadavere, e corpo che raffigura il corpo vivo non certo prigione o tomba dell'anima. Per Platone il corpo è già tomba dell'anima, quindi ogni differenza tra i due termini (soma e corpo) è superflua. L'anima platonica abita l'interiorità, raccolta e concentrata in se stessa rimane distante dal mondo sensibile: essa è esortata a ritenere per vero solo ciò che essa è in sé e per sé. Da Platone al cristianesimo l'Occidente ha conosciuto solo questa concezione dell'anima, fino al passaggio dall'interiorità all'esteriorità di questa avvenuto nel XVII secolo con Cartesio..Il dualismo non è certo risolto, è radicalizzato: il mondo si risolve in una rappresentazione dell'anima razionale che, non più interiorizzata, diventa coestensiva a questo. Cartesio, riprendendo il dualismo platonico dell'anima e del corpo, priva il corpo del suo mondo e di tutte quelle formazioni di senso che si fondano sull'esperienza corporea per relegarlo nella "res extensa" dove è risolto in oggetto, e inteso, al pari di tutti gli altri corpi, in base alle leggi fisiche che presiedono l'estensione e il movimento. Non si tratta dell'io umano che abita il mondo, ma dell'ego cogito che ne fissa esattamente le misure attraverso quell'operazione idealizzante che non ci mette in contatto con le cose, ma con le loro formule matematiche. Non è più il corpo o il mondo a dire di sé, ma sono le funzioni anticipanti dell'ego a dire che cos'è il corpo e che cosa è il mondo. Queste funzioni, che sono a loro volta il prodotto del metodo matematico-quantitativo adottato, producono oggetti ideali che valgono come norma per l'interpretazione delle cose reali. Ma ogni tentativo della ragione di configurarsi come unico senso del corpo è vano; essa non può pretendere di assolvere a questa funzione poiché essa stessa non è altro che uno degli infiniti segni del corpo, il quale ha per natura una valenza plurima come centro simbolico di irradiazione di senso. Ridurre alla sola ragione (psyche) la specificità dell'uomo ha rappresentato quindi l'esigenza del sapere psicologico che, incapace di districarsi tra gli innumerevoli significati del corpo, ne ha eletto solamente uno (risolvendo l'ambivalenza in monovalenza) come segno distinguente l'uomo.22 “Solo alla luce della totalità della persona è possibile comprendere e valutare il significato umano del corpo e delle azioni corporali. È in questa luce che si potrà leggere e scoprire

28

Il dualismo cartesiano ha posto le premesse per la nascita della scienza esatta, che si propone di conoscere in base a considerazioni oggettive esprimibili nella forma dell'esattezza matematica.Ma è nell'azione corporea del pensiero incarnato che possiamo individuare la chiave per il superamento del dualismo corpo ragione.La mente non è quindi qualcosa che esiste in sé e per sé, ma è corporeità da essa non scindibile ma scaturente.Dice Bateson che"non esiste una mente separata dal corpo, separata dalla società e separata dalla natura" (BATESON, G., 1992, p. 505)Il mondo si offre al corpo come ambito delle sue azioni; la riflessione scaturisce in un secondo momento ma senza ledere l'unità pre-esistente corpo-mondo23.È qui allora che identificheremo ogni forma di soggettività dell'uomo, nella sua capacità di dare costantemente significato alle cose del mondo grazie all'azione che le investe.Questa interpretazione antropologica punta ad una visione dell'uomo intesa come sostanziale unità che vede insita nel proprio DNA l'apertura al mondo24.Se facciamo nostra una concezione dell'uomo come unità tra pensiero e corpo, che trova espressione nel realizzare sé nel mondo con altri esseri umani, risulterà l'insufficienza del termine individuo per voler designare l' “Io” nella molteplicità delle sue componenti (biologica, sociale, psicologica, cognitiva...).

l’iniziale umanità delle strutture biologiche e fisiologiche.” (GEVAERT, J., op. cit., 1989, p. 71) “Un sorriso è espresso da tratti somatici, eppure l’allegria è immateriale. Così, per via simbolica, l’iconicità del corpo si fa leggibile, secondo un procedimento che non è astratto né irrazionale, anzi appartiene alla forma dell’uomo: se è un’immagine, l’uomo si proietta naturalmente in una dimensione metaforica riconoscendo ovunque, a cominciare dalle proprie membra, le valenze delle quali si sente costituito. D’altronde, senza la facoltà simbolica non sarebbero concepibili né la parola né la scrittura.” (cfr. GIANFRANCESCHI, F., 1986, p. 15).23 "Ri-flettere, dunque, non è costruire il mondo, ma restituirgli la sua offerta, non è nemmeno un atto deliberato, ma lo sfondo senza il quale nulla potrei deliberare. Per quanti sforzi faccia quando "rifletto su di me, ciò che trovo non è mai la mia "interiorità", ma la mia originaria esposizione al mondo." Di originario non c’è quindi l'interiorità della ragione separata da tutto il resto, ma la naturale propensione del corpo verso il mondo come luogo di espletamento delle sue azioni. (GALIMBERTI, U., 1988, pgg. 178-179)24 “L’esistenza umana è un intelligente essere-nel-mondo, perché il mondo ha fatto irruzione nell’uomo. Egli perciò non “è” aperto verso il mondo allo stesso modo in cui lo sono i sensi, il corpo e altre proprietà. L’apertura al mondo non è toccata in sorte all’uomo, ma, al contrario, è l’uomo che è toccato in sorte all’apertura al mondo, egli esiste in un atteggiamento estatico verso la vastità dell’universo che si agita intorno a lui, dalla quale gli viene la luce della ragione, del linguaggio e della comprensione ontologica.” (cfr. FINK, E., 1969, p. 62)

29

Merleau-Ponty (1965) afferma che il corpo è il veicolo dell'essere al mondo, e per un vivente avere un corpo significa unirsi ad un ambiente definito, confondersi con certi progetti e impegnarsi continuamente.Foucault inscrive il dualismo corpo-anima all'interno di meccanismi di potere. L'anima è il frutto di un potere che, costituendo il concetto di essa scissa dal corpo, è riuscito a svilirlo e quindi ad utilizzare quest’ultimo come mezzo del suo perpetuarsi e consolidarsi.In "Sorvegliare e punire", si ha un capovolgimento del pensiero platonico. Il corpo soggiogato al potere diventa prigione dell'anima.Galimberti sottolinea il fatto che il mondo della vita è soggettivo e corporeo, mentre il mondo della scienza è oggettivo e astratto, e la sua costruzione è possibile solo prescindendo dall'universo di intuizioni in cui si articola il mondo della vita. L'indipendenza da questo mondo è condizione preliminare per quella costruzione logico ideale in cui la scienza si esprime. La nascita della scienza e il seguito della sua storia ci dicono che i risultati scientifici non sono il prodotto di un intelletto che abita un corpo, ma di un intelletto puro che, solo prescindendo dall'individuazione corporea, è in grado di produrre le costruzioni logico- ideali in cui la scienza si riconosce.Ognuno di noi è, oltre che individuo, persona. Il concetto di persona sottintende l'idea di unicità, di comunione in cui la prima si rivela, di interiorità, di sacralità…25

Affermando che ogni uomo è persona, si sottolinea che egli (oltre le differenze categoriali ed individuali) è un singolo essere, inconfondibile ed insostituibile, unico. È quella unicità che si manifesta in un modo tragico nella morte di sé o della persona amata. L’unicità della persona si rivela nella comunione interpersonale. Essa è sempre in qualche modo inserita nella comunione, la quale però è suscettibile di diversi gradi di realizzazione, e può anche essere intralciata o impedita dalla condizione corporea. (cfr. J. GEVAERT, 1989, p. 49)

25 “Nell’incontro con l’altro uomo, cioè con il Tu, ognuno è anche in grado di comprendere il significato genuino dell’Io, che ha indiscutibilmente un posto nella filosofia dell’uomo. Per indicare il vero significato dell’Io, distinguendolo dalla dimensione biologica (soggetto biologico), dai ruoli sociali (Io sociale), dalla personalità (Io psicologico) e dall’aspetto epistemologico (soggetto della conoscenza), si usa di preferenza il termine “persona”, pur riconoscendo che questo termine non privo di equivoci, in contrapposizione a quello di individuo.” (J. GEVAERT, 1989, p. 48)

30

Seguendo i pensatori personalisti, diciamo che persona è il soggetto che non rimane chiuso in sé stesso, volto al solo appagamento dei propri bisogni, veri o suggeriti dal consumismo, ingigantente il suo io nella sola quantità. È persona il soggetto della donazione di sé, in relazione, non dimentico di sé, ma de-centrato da sé per porre al centro l’altro e gli altri26.La persona è una realtà fontale che ha dentro una ricchezza di energie con le quali realizza storicamente se stessa nella reciprocità con altre persone. Il mio Io vive e si realizza in una intensa attività di dare e ricevere con l'Io di altri esseri umani, ognuno dei quali ha le stesse energie fontali e gli stessi problemi di realizzarsi che ha il mio e che hai tu, il tuo io.Mounier ritiene la persona una realtà “indefinibile”, un “mistero profondo il cui significato fondamentale è difficile a depistarsi”27.

1.4 Persona, comunicazione, comunione, comunità

Con il termine “persona” si vuole inoltre indicare una realtà relazionale per la cui esistenza centrale è prioritario il ruolo riconosciuto alla comunicazione. Comunicare significa rapportarsi diversamente a seconda delle diverse personalità e usando tutti i linguaggi28.26 Solo io posso dire all’altro il suo vero essere, solo l’altro mi dice chi io sia, e mi dà me stesso. In questo tipo di relazione l’uomo va oltre sé stesso, si supera, cresce nella generosità, cresce in un movimento che lo conduce sempre più oltre, che lo getta fuori di sé e lo chiama alla revisione di sé, in un equilibrio di espansione e di interiorizzazione.” (A. DIANA, 1994, p. 30)27 “L'uomo non è una contraddizione. Occorre tener presente che vi possono essere e vi sono diverse unità sostanziali. L'uomo nella sua costituzione non è una contraddizione ontologica. Che poi l'uomo storicamente esistente sia una contraddizione perché è infelice e felice, onesto e disonesto, sano e malato, insoddisfatto e insaziabile, delinquente e santo, dimostra di avere una natura vulnerata, dubiti se è destinato alla disperazione o alla salvezza, è un ulteriore discorso: discorso forse più misterioso, ma per il quale vi devono pur essere alcune luci per orientarsi, se non altro perché nonostante tutto, essendo così da millenni vive e si agita ancora, e ancora vivrà e si agiterà. Qualche cosa ci deve essere per evitare che sia una contraddizione storica; anche questa è ugualmente impossibile come quella logica e ontologica.” (C. GIACON, 1979, p. 90)28 La bipolarità individuo (chiuso)-persona (aperta) va intesa come una tendenza generale, qualcosa che diventa causa-effetto di uno “spirito del tempo” specifico. L’enfasi sulla persona (persona nel senso latino) è correlativa ad una realtà relazionale, ad un primato della comunicazione che può essere di vario tipo. (M. MAFFESOLI, 1993, p. 272) La persona quindi si costruisce dentro e mediante la comunicazione. Ciò che permette all'uomo di realizzarsi nel mondo insieme con gli altri produce valori. Il fulcro attorno a cui ruota ogni

31

La comunità è la rete vitale delle relazioni attivata dalla persona e si connota come lo spazio di cui essa ha bisogno per la propria realizzazione. Se la persona si può definire come “un'organizzazione di necessità e di possibilità”, la comunità è la condizione prima di tale organizzazione.La comunità è, pertanto, la spazio vitale e di realizzazione della persona. Essa occupa un ampio spazio concettuale che inizia dalla comunione di due persone e si sviluppa attraverso una molteplicità di forme relazionali ed organizzative, nelle quali vige ed è rintracciabile la condizione antropologica della sussistenza del rapporto (diretto o indiretto) di unicità-identità fra ogni singola persona e la pluralità degli uomini e fra ogni singola persona e i suoi gruppi di appartenenza e di riferimento.La comunità è tale se partecipa di tale rapporto, se lo consente, lo promuove e lo realizza, è la “rete vitale” delle persone: spazio, dunque, dinamico e aperto, segnato nelle sue espansioni dai “progetti storici” delle singole persone e dai “progetti storici” delle varie comunità, via via che esse si costituiscono, si identificano, si espandono e si relazionano.In questa logica il processo di universalizzazione sociale dei valori, dei patti e delle alleanze è conseguente e secondario rispetto al processo primario di identificazione degli stessi (valori, patti, alleanze) e quindi di appartenenza delle persone che ne sono portatori. Si sostituisce così un rapporto preciso nello sviluppo dell'uomo e dell'umanità configurabile in una serie di nessi e di costruzioni che muovono dalla persona verso la comunione, verso la/e comunità e la società, in un rapporto dinamico in continua espansione o riduzione.Ben lungi da una posizione di negazione della società, questa prospettiva la fonda e la riconsegna positivamente alle possibilità-necessità dell'uomo e alla sua misura, ponendo però in evidenza un principiofondamentale, secondo cui la persona non può “essere” e “porsi” con la società in una relazione diretta, ma solo in un rapporto mediato attraverso le comunità e dai relativi progetti/percorsi storici.

sistema di valori è e rimane la persona, origine e fine del loro riconoscimento, mai mezzo. Questi valori vengono richiesti non dalla necessità di vivere, bensì di vivere in un modo più degno dell’uomo. Essi ci legano anche in un modo molto più profondo con gli altri. I valori della persona o valori etici si distinguono per il fatto che si riferiscono esplicitamente all’insieme della persona. Essi esprimono il riconoscimento dell’uomo nel mondo, e perciò accompagnano tutti gli altri valori.

32

1.5. L’io e il tu si riflettono

Alcune filosofie hanno offerto le risposte più diverse: l’altro non esiste, l’altro è il nemico, l’altro è lo straniero, l’altro è un tu che limita l’io29.Se l’uomo è costitutivamente con gli altri, orientato verso gli altri, e se realizza la sua esistenza per aiuto degli altri ed insieme con gli altri, ciò non significa che le promesse della relazione interpersonale siano pienamente realizzabili. Si costata che i rapporti interpersonali sono offuscati da conflitti e contrasti.Vi sono anche due altri fatti che sembrano contrastare fondamentalmente con la realizzazione piena e completa delle promesse intersoggettive. Vi è il fatto che ogni rapporto Io-Tu deve esprimersi e realizzarsi nel mondo, attraverso la creazione di un mondo più umano. Poiché l’uomo è anche un essere corporeo e incarnato, il rapporto Io-Tu è esposto alla morte, in cui si manifesta la radicale impotenza dell’uomo nel realizzare con le proprie forze una relazione interpersonale permanente30.

29 Sull'uguaglianza tutti sono d'accordo, mentre sulla natura no. “A differenza di Kant non tutti i soggettivisti pensano che le preferenze dei singoli siano tout-court egoistiche; accanto a coloro che sostengono questa tesi (per esempio Hobbes), vi sono altri autori, come Hume, che individuano nelle preferenze soggettive, accanto ad una componente egoistica, anche una componente altruistica, in virtù della quale ogni uomo sarebbe animato anche da benevolenza nei riguardi degli altri uomini. La benevolenza che secondo questa concezione sarebbe connaturata negli esseri umani, tuttavia non scaturisce da un riconoscimento del valore oggettivo dell'altro, quanto piuttosto da un interesse di fatto che ognuno ha al bene altrui, così che non è necessario abbandonare il piano delle preferenze soggettive per dare ragione di un possibile comportamento altruistico. Il principio fondamentale della morale diventa allora quello della massimizzazione della soddisfazione delle preferenze soggettive (criterio teologico-utilitaristico). Anche i soggettivisti più estremi riconoscono che le singole preferenze, ossia i contenuti del volere dei singoli individui, non possono essere di per se moralmente vincolanti e che la moralità, soprattutto in virtù della sua natura sociale, rende necessario uscire dal circuito chiuso delle preferenze personali per attingere al piano transpersonale.” (A., CORRADINI, 1992, p. 15).30 “Questa potenza sovrana dell’uomo è finita e limitata, non solo perché non riusciamo a sottomettere tutte le cose e la nostra forza produttiva si esaurisce di fronte all’immensità della natura, ma perché ci crediamo superati da esseri più potenti, invisibili, che hanno modi di manifestarsi sottili, che parlano con la misteriosa voce della coscienza o che ci visitano nei rovesci di fortuna. Perché non possiamo disporre del nostro destino sottratto all’intervento umano. E ciò non in modo tranquillo, disteso; al contrario, è lacerato nel suo essere da opposte aspirazioni, ha bisogni animaleschi e brame bestiali, si accende di ardore selvaggio, di ira e di collera, ma conosce anche la pace dell’anima nello sguardo contemplativo, l’anelito verso la felicità spirituale, la nostalgia che ci spinge al di là di noi stessi. L’uomo viene concepito come l’animale con in sé la scintilla divina, uno spirito macchiato di sensualità e un

33

Ma l’incontro dell’Io e del Tu non è inizialmente di tipo conflittuale. È invece un rapporto in cui due poli equivalenti si costituiscono l’un l’altro in perfetta reciprocità. Nell’incontro l’uomo diventa autenticamente Io e l’altro autenticamente Tu.Il rapporto tra le persone, secondo M. Buber, non ha più come spazio o orizzonte il mondo (come è per il rapporto con le cose) ma lo spazio interpersonale. La vera realtà, il vero essere non è più la soggettività (come nell’idealismo) ma l’incontro delle persone: l’intersoggettivo che si costituisce in Io e Tu31.Il fatto ultimo è il rapporto dell’io con l’altro, e cioè della mia accoglienza dell’Altro: qui le cose non si manifestano come ciò che viene costruito, ma come ciò che viene donato.Levinas non soltanto conferisce il primato al rapporto con l’altro, ma conferisce anche una certa superiorità al Tu rispetto all’Io, che esige ed ha diritto di esigere. La relazione interpersonale rivela così una fondamentale asimmetria-reciprocità.L’uomo si realizza e si esprime nel mondo attraverso il corpo per autoaffermarsi, il corpo stesso può essere base e mezzo della comunione. Accrescere quindi una piena consapevolezza della corporeità, significa anche aiutare gli altri ad essere donazione più compiuta.

1.6. Amore e altruità

Ogni amore autentico è incondizionato. Si rivolge cioè non verso avere l’altro, l’avere dell’altro, né verso le sue qualità corporali o psichiche o intellettuali, ma unicamente verso l’altra persona. Non si ama l’altro per quello che ha, ma per quello che è. L’amore è disinteressato. L’amore è fedeltà creatrice che cerca di realizzare l’altro nelle diverse circostanze in cui si trova.” (Cfr. J. GEVAERt, 1989, p. 44)Da un primo gradino rappresentato dall’identificazione con l’Altro si sale poi alla “immedesimazione” affettiva che consiste nel rivivere l’esperienza di gioia o di sofferenza di un altro, la quale viene

animale turbato dalla spiritualità, quasi una natura doppia”. (cfr. E. FINK, 1969, pp. 46-48)31 Le cose non sono, come pensa Heidegger, il fondamento del luogo, la quintessenza di tutte le relazioni che costituiscono la nostra presenza nel mondo (...) . (amore per l’uomo, per ogni uomo). Il gradino più elevato è l’“amore morale” che ama il valore della persona, ama il bene e i valori che ha, a prescindere dal fatto che essa in concreto abbia queste o quelle qualità.

34

sperimentata come diversa e come simile. La immedesimazione fonda la simpatia e l’empatia, questa la filantropia.Se Sartre afferma: “ciascuno deve non essere l’altro”, l’esperienza personalistica, rivolge l’invito a “essere gli altri”.L’Altro, dunque, è una realtà che attira il mio essere. E non solo è un mio simile, non solo è vivo riferimento delle mie riflessioni teoriche, è un mio prossimo, che attira il mio agire e dei cui problemi io posso farmi carico.L’Altro innanzitutto è un Essere che ha natura, esigenze, problemi uguali ai miei. Egli è, sì, altro da me nel senso che siamo persone distinte e diverse, ma è un mio simile. In fondo non è tanto altro da me: è un Altro-Io. In più è anche un essere che mi aiuta ad essere me stesso.Certo posso pensare l’Altro come mia negazione e mio limite, se sono nella paura, nell’egoismo, nell’odio.Posso cancellare l’Altro dalla mia vita (l’Altro non esiste) anche semplicemente vivendo distratto e chiuso me. Ma se scelgo l’apertura, l’attenzione, la donazione, allora riconosco, comprendo, accetto l’Altro. Allora l’Altro per me è tanto Essere e tanto Io, per quanto io gli darò modo di essere e mi comunicherò a lui. Così io posso farmi uno con lui, identificandomi con lui. Posso essere un altro-lui ed egli può essere un altro-me stesso.Ma un mio eventuale nemico, una persona di altra razza, un criminale, è per me un Altro-io? Uscendo fuori dalle emozioni, senza coinvolgere valori etici, giuridici e religiosi, si deve rispondere che sì, anche in quei casi io ho davanti a me un Altro-Io32.I rapporti interumani sono di tipo diversissimo: di amore come di odio, di cooperazione come di conflitto. Un attore sociale può anche

32 “Il fatto fondamentale è che ogni uomo viene interpellato come persona da un altro essere umano, nella parola, nell’amore, nell’opera. Uomo si diventa per grazia di un altro, amando, parlando, promovendo l’altro. Se le relazioni interpersonali hanno un certo primato, ciò significa anche che hanno valore in se stesse, indipendentemente dalla loro utilità nella trasformazione del mondo. Anzi la loro “inutilità” esprime la superiorità del valore. La relazione con l’altra persona è dunque una dimensione costitutiva dell’uomo. J. Moller sintetizza molto bene: “Il Tu ha la sua radice nell’uomo. L’uomo non è un soggetto isolato. Il Tu è dato all’uomo con la sua umanità, poiché l’essere umano come linguaggio è relazionato al Tu e poiché l’uomo nel suo agire è indirizzato verso il Tu. Il Tu è dato all’uomo con la sua umanità, poiché l’uomo è un essere che risponde e che vive nella responsabilità. Il Tu è dato all’uomo poiché l’uomo porta in sé la nostalgia di essere trattato come un Tu dagli altri uomini. Il rapporto con il Tu è quindi costitutivo dell’essere umano come tale”.” (J., GEVAERT, 1989, p. 42)

35

non far esistere un altro attore sociale: o ignorandolo o anche sopprimendolo fisicamente o psicologicamente. Ma gli atteggiamenti interiori e i comportamenti esterni soggettivi non cambiano la realtà oggettiva: l’Altro, qualunque forma concreta lo rivesta (sesso, età, colore della pelle, bellobrutto, virtù-vizio…), è un essere umano, una persona come me. È un Altro-Io della mia stessa natura, anche se ha tutto un suo mondo, che può incontrarsi o scontrarsi con il mio. È sono tanti questi Altri-Io viventi sulla faccia della terra, che io non incontrerò mai, ma che non cessano per questo di essere oggettivamente ciascuno un Altro-Io.” (T., SORGI, 1991, p. 88 - 92)Alla luce dell’amore, quindi, rivedendo tutte le capacità e qualità dell’uomo, è pensabile di intraprendere il cammino verso l’unità, in simbiosi tra l’unicità del singolo e la molteplicità33.

1.7. Il corpo è la persona

Il corpo umano è la persona e solo guardandolo alla luce della totalità della persona è infatti possibile comprenderne il significato e il valore delle singole azioni. Nel corpo l’uomo realizza la sua esistenza; il corpo è il mezzo di riconoscimento dell’altro e il luogo di ogni umanizzazione e cultura. Se l’uomo vive l’unità col corpo, esso diventa il luogo dove le possibilità umane prendono forma e concretezza.33 “Occorre quindi ripensare l’essere umano, le sue capacità e le sue caratteristiche. Le sue capacità: oltre l’intelligenza e la volontà, che tutti riconoscono, noi pensiamo che nell’essere umano sia fondamentale la sua capacità di ricevere e di dare vicinanza, solidarietà, amore. Questa capacità è costitutiva dell’essere uomini, al pari delle altre due, che di fatto su di essa si fondono. Rinunciarvi significa lasciare inutilizzata un’enorme ricchezza per il progresso della persona e della società. L’essere umano è poi caratterizzato dal fatto di essere insieme individuo unico e irripetibile e tuttavia simile a tutti gli altri, di essere insieme singolo e molteplicità. Quest’insieme si evidenzia e si realizza nella relazione fra individui e di essi colla società. La storia umana è anche ricerca di un giusto rapporto fra individui e fra questi e la molteplicità. Noi pensiamo che la relazione fra i soggetti, ispirata dall’amore come forma della volontà e dell’intelligenza sia basilare per il singolo e per la società: questa è la prima nostra risposta alle domande del nostro tempo. Ognuno, nel dono di sé, è più che mai sé stesso: perché donandosi esprime il meglio di sé, e perché venendo reciprocamente amato dagli altri è ulteriormente posto e confermato da essi. Buona parte della psicologia ci conferma che la relazione intersoggettiva matura la persona e che la carenza di relazionalità ne impedisce lo sviluppo e può farla cadere nell’immaturità. Naturalmente, nelle relazioni ispirate dall’amore c’è una gradualità: si comincia dal poco per arrivare poi più in alto. Uno psicologo definisce così i vari gradi: aiuto e servizio fisico, servizio verbale, condivisione, ascolto profondo, empatia, solidarietà e unità.” (A., DIANA, 1994, p. 23)

36

Solo alla luce della totalità della persona è possibile comprendere e valutare il significato umano del corpo e delle azioni corporali. È in questa luce che si potrà leggere e scoprire l’iniziale umanità delle strutture biologiche e fisiologiche.I significati umani fondamentali del corpo alla luce di questa totalità dell’esistenza umana saranno:- riguardo alla singola persona che deve vivere la propria esistenza nel corpo e attraverso il corpo, il significato fondamentale del corpo è di essere campo espressivo dell’uomo: luogo primo dove l’uomo deve realizzare la propria esistenza;- riguardo agli altri uomini, verso i quali la persona è costitutivamente orientata, il corpo ha come significato fondamentale l’essere per gli altri. E ciò da un triplice punto di vista: il corpo è fondamentalmente presenza nel mondo; esso è luogo della comunicazione con l’altro; esso è mezzo di riconoscimento dell’altro;- riguardo al mondo materiale ed umano, al quale ogni persona appartiene, il corpo è fondamentalmente la sorgente dell’intervento umanizzante nel mondo: origine della strumentalità e della cultura.È importante che questi tre significati fondamentali non vengano staccati l’uno dall’altro. L’espressione non è mai solamente per me, ma anche per gli altri, ed essa si svolge necessariamente nel mondo. L’essere per gli altri implica necessariamente espressione nel mondo materiale e sociale. Infine la trasformazione umana del mondo prende il suo significato dalla realizzazione della persona nelle sue relazioni con le altre persone umane. Si tratta dunque di una distinzione nell’unità, dove però si possono mettere accenti diversi.Rivolgere il volto verso qualcuno significa interessarsi personalmente di lui, essere benevolo verso di lui. Il povero o lo straniero che chiede l’ospitalità, non chiede puramente un favore materiale, ma chiede il riconoscimento come persona. La sessualità non è soltanto congiungimento di corpi, ma incontro di persone; essa non è negativa e peccaminosa, ma fecondità con una dimensione specificamente religiosa. (cfr. J. GEVAERT, 1989, pp. 56-57)Una rinnovata attenzione per il corpo prende le mosse dal profondo mutamento che ha investito la condizione umana: poiché il corpo è il luogo dei rapporti dell'individuo con sé e con il suo mondo, diventa pure l'ambito in cui si evidenziano sia la crisi dell'esistenza e dei suoi significati, sia l'emergere di una diversa coscienza di sé a partire dalla quale vivere, incontrarsi, completarsi. Il corpo si propone così tanto

37

come la cifra di una fatica nella comprensione della vita quanto come l'epifania di nuove possibilità di libertà. La comprensione del corpo è, quindi, un'importante esperienza culturale, profondamente correlata al sistema dei rapporti sociali: là dove l'ideologia efficientista e consumista del nostro modello sociale ha perso il suo indiscusso consenso e ha fatto emergere critiche e ricerche alternative, anche il significato del corpo si è fatto oscuro e oscillante34.34

La nostra cultura antropologica non ha abbandonato del tutto ogni forma di dualismo, anche se si è lasciata alle spalle tanto il positivismo che pensava l'intero essere umano come un organismo biologico, come una macchina, dove la realtà della coscienza era del tutto secondaria, quanto l'idealismo che riconduceva la verità dell'uomo alla sola coscienza declassando il corpo a puro oggetto di conoscenza.L'antropologia contemporanea considera la persona come un tutto e coglie l'originalità dell'uomo nell'apertura al mondo della sua libertà intelligente, un’apertura mediata appunto dal corpo. Il corpo umano è un modo particolare di essere al mondo, del tutto diverso da quello delle cose ignare di sé e di quanto le circonda. Il corpo umano è un corpo vissuto, abitato da una intenzionalità, reso luogo originario della manifestazione e della comunicazione della interiorità umana a ciò che è fuori, a ciò che è altro. Il mio corpo sono io, nel mio agire e vivere. In Nietzsche, Zarathustra è circondato da una turba di storpi, diversabili e mendicanti che gli chiedono di essere guariti, ma egli replica, in modo inatteso, che la sua esperienza gli ha insegnato che non è la cosa peggiore il fatto che a uno possa mancare un occhio od un orecchio o qualcos'altro ed afferma: 'Io vedo e ho visto ben di peggio...: uomini cioè a cui manca tutto, se non che hanno una sola cosa di troppo - uomini che non sono nient'altro se non un grande occhio o una grande bocca o un grande ventre o qualcos'altro di grande - costoro, io li chiamo storpi alla rovescia. E quando venni 34 "Se esaltiamo solo il corpo, che è importantissimo, diventiamo mostruosi. Se esaltassimo solo lo spirituale, diventiamo mostruosi. Chi di voi vuole vivere da angelo probabilmente si troverà presto bestia. Perché noi non siamo angeli. Noi siamo uomini: quindi tutte le dimensioni vanno valorizzate". "La logica 'diabolica' (= dia-bolon da dia-ballo = spezzare e sparpagliare i frantumi) percorre i sentieri della ricerca umana, s'intreccia con i suoi passi e crea le rotture, le lacerazioni, gli spezzamenti, distruggendo la possibilità del ritrovamento del bene in grado di mantenere il desiderio insito nel cuore dell'uomo. Sgorga una serie di dualismi. Già all'interno della persona esplode un conflitto che tocca l'uomo nella sua radice: tra la dimensione corporea e quella spirituale, generando stagioni spiritualistiche disincarnate a cui succedono ondate materialistiche, corporeistiche. (Concilio Vaticano II)

38

dalla mia solitudine e per la prima volta passai da questo ponte, non potevo credere ai miei occhi, e guardai, guardai ancora e alla fine dissi: - Questo è un orecchio, un orecchio grande quanto un uomo!Guardai meglio: e, realmente, sotto l'orecchio si muoveva una coserella piccola e misera e stentata da far pietà. In verità, l'orecchio mostruoso poggiava su di un piccolo esile stelo - ma lo stelo era un uomo!'...L'immoralità è la povertà di umanità che nasce dal frammentare l'uomo in pezzetti (logica diabolica) e quindi dal scegliere un frammento, una parte e ingigantirla 'ideologicamentè fino a farla diventare il tutto. Questo è violenza, perché se un parte - che in sé è vera e basilare come contributo per il tutto - pretende di essere il tutto, deve extrapolare dal suo campo, occupare tutto lo spazio e quindi eliminare le altre dimensioni che sono altrettanto umane. Il corpo non è mai puro oggetto, ma rimanda sempre ad una ulteriore profondità. formale, indicare il particolarissimo rapporto del mio corpo con la mia libertà; astenersi però dal precisarne i contenuti è operazione rinunciataria che lascia spazio alle peggiori confusioni. In particolare, bisogna pensare fino in fondo il nodo, carico di contraddizioni, che oppone l'aspirazione umana verso l'Assoluto e l'infinito alla ammissione della finitudine e della fugacità della materia e del corpo35.

35 Schopenhauer vi scorgerà il dramma dialettico di un'armonia e di una lacerazione da comporre nella sintesi superiore della volontà; Nietzsche vi coglierà l'espressione di un'affermazione della vita al cui significato bisogna mantenersi fedeli; Blondel vi troverà la base per fondare un discorso sulla speranza. In realtà, la franca ammissione del limite della corporeità non è in contrasto con il pieno recupero del suo valore e della sua importanza, anche se ne impedirà ogni assolutizzazione. Caro cardo salutis, scriverà Tertulliano (220 ca.). Socrate, dialogando con Fedro, avvicina la retorica alla medicina affermando che "in tutte due si deve dividere una natura: nell’una quella del corpo, nell’altra quella dell’anima, se tu intendi, non solo per pura pratica e in maniera empirica, al corpo procurare salute e forza, offrendo medicine e nutrimento, e all’anima infondere quella convinzione che tu desideri e la virtù, offrendo discorsi e attività rispettose delle leggi. [...] E ritieni che sia possibile conoscere la natura dell’anima in modo degno di menzione - aggiunge -, senza conoscere la natura dell’intero?". Questa la risposta di Fedro: "Se si deve credere a Ippocrate, che è della stirpe degli Asclepiadi, non è possibile conoscere neppure la natura del corpo, se non si segue questo metodo" (PLATONE, Fedro, 270b-c, trad. it. di Giovanni Reale).

39

CAP. II - LE LEGGI

2.1. La diversabilità fino alla Costituzione

I primi provvedimenti legislativi sono, da un lato testimonianza di una diversa attenzione rivolta al disabile, che va oltre la semplice risposta caritativo-assistenziale, per tentare una prima forma di recupero del deficit; dall'altro indicano il permanere di un sostanziale rifiuto verso questi soggetti, che si traduce in parte in una concezione di diversabilità esclusivamente in termini di "malattie da curare" ed in parte nella emarginazione dei soggetti in apposite istituzioni separate da quelle che accolgono i normodotati.Da questa dicotomia di atteggiamenti scaturiscono norme legislative caratterizzate dalla compresenza di affermazioni di cauta apertura, ma sostanzialmente con provvedimenti di rifiuto ed emarginazione verso il mondo dei disabili. La prima norma riguardante i soggetti in difficoltà è il R.D. 31 dicembre n° 3126 (1923) che si pronuncia su: "L'obbligo scolastico, l'istruzione per ciechi ed i sordomuti, nonché l'organizzazione delle classi differenziali per fanciulli anormali".Con il R.D. 4.5.1925 n° 653, all'art. 5 si dà facoltà al preside di allontanare dall'istituto alunni o candidati affetti da malattie contagiose o ripugnanti (offrendo lo strumento per eliminare dalla scuola tutti i diversabili fisici e sensoriali).Il R.D. 5 febbraio 1928 n° 577 (T.U.) specifica: "l'obbligo scolastico è esteso ai fanciulli dai 6 ai 14 anni di età (art.171); i ciechi e i sordomuti sono sottoposti allo stesso obbligo che per questi ultimi si protrae fino al 16 anno di età; la loro educazione avviene in scuole speciali (art.175); i maestri di tali ultime due categorie di soggetti dovranno frequentare apposite scuole di metodo (art. 179); le classi differenziali sono sottoposte al controllo delle facoltà mediche (art. 230)"36.36 Ma, accanto a questo primo relativo inserimento dei disabili della vista nelle scuole normali, lo stesso decreto contrappone l'articolo 415 che recita "quando gli atti di permanente indisciplina siano tali da lasciare il dubbio che possano derivare da anormalità psichiche, il maestro può su parere conforme dell'ufficiale sanitario, proporre l'allontanamento definitivo dell'alunno al direttore governativo o comunale, il quale curerà l'assegnazione dello scolaro alle classi differenziali che siano istituite nel comune, o, secondo i casi, d'accordo con le famiglie, inizierà pratiche opportune per il ricovero in istituti per l'educazione dei corrigendi". Con questo articolo si profila l'istituzione

40

Il R.D. 26 aprile 1928 n° 1297 introduce importanti innovazioni: i fanciulli ciechi frequentano le scuole speciali fino alla terza classe, dalla quarta saranno inseriti in classi di scuole normali (art.406): i sordomuti invece sono sottoposti alla frequenza di due corsi elementari: uno inferiore e l'altro superiore della durata di 4 anni ciascuno (art.486). È prevista anche la frequenza di un biennio di corso preparatorio; vengono istituite le scuole di metodo per la partecipazione dei maestri per ciechi (art. 460) e dei sordomuti (art 520).La prima legge che parla esplicitamente delle classi speciali, è il R.D. 1 luglio 1933 n° 786, sul passaggio allo Stato dalle scuole elementari rimaste fino ad allora alle amministrazioni comunali, che agli artt. 28 e 29 dà la facoltà alle scuole speciali istituite dai comuni di continuare a funzionare come scuole statali in regime di convenzione, consentendo ai comuni di aumentare il numero delle classi in relazione alle esigenze che si manifestavano. Fu così che lo Stato intervenne direttamente, mediante l'incremento degli insegnanti, nello sviluppo che dal 1934 in poi ebbe l'educazione speciale in Italia. Nel frattempo, per offrire possibilità educative nei casi più gravi di diversabilità, sorsero ad opera di istituzioni assistenziali, religiose o laiche, istituti medico-pedagogici con internato, per accogliere i minori che risiedevano in piccoli centri sprovvisti di classi speciali e differenziali.Con la C.M. 22 dicembre 1947 n° 6676/87, il ministero invita ad organizzare le classi differenziali per andare incontro agli alunni sottoposti ai disagi e ai traumi bellici. Tali classi dovevano funzionare presso le scuole normali ed accogliervi alunni tardivi, instabili e comunque incapaci di trarre vantaggio dai metodi di insegnamento praticati nelle scuole comuni. La situazione resta immutata sul piano legislativo fino al 1948, anno di entrata in vigore della Carta costituzionale, mentre nei fatti vi saranno delle reali innovazioni nella scuola solo negli anni '70, grazie soprattutto alla legge n° 118 e alla legge 517/1977.L'analisi dei provvedimenti normativo-legislativi sulla diversabilità dagli anni 20 alla fine degli anni 60, ha messo in evidenza due elementi fondamentali.

della scuola speciale. La dizione "altra anormalità" è un segno della trascuratezza che la legge opera nei confronti degli alunni affetti da altri diversabilità. Le citate classi differenziali non esistevano però tranne che per alcuni casi in cui erano sorte per iniziativa di qualche comune.

41

Il primo riguarda l'esistenza di un attenzione da parte dello stato verso i soggetti diversabili, finora ignorati. La nascita di provvedimenti istituzionali che determinano i limiti e le modalità di gestione del problema-diversabilità, segna il passaggio da un approccio di tipo individuale-caritatevole, ad uno che coinvolge direttamente l'apparato decisionale ed esecutivo del paese. Lo stato, pur nei limiti e nelle ambiguità della normativa emanata in questo periodo, comincia a farsi carico del problema dei disabili che finalmente cessano di essere formalmente invisibili e conquistano un primo, anche se limitato, spazio di cittadinanza della nostra collettività. Un secondo aspetto che emerge dalla normativa, riguarda l'immagine di diversabilità che ci rimanda e che coincide in gran parte con quello dell'opinione pubblica della prima metà del secolo.L'individuo diversabile smette gradualmente di essere fonte di paura e di vergogna, diventando un essere non "cattivo" ma "malato". Questo è indubbiamente un passaggio importante perché, in quanto "malattia", l'diversabilità diviene qualcosa che si presta a delle cure ed anche ad un possibile recupero e guarigione. Di conseguenza riceve impulso la ricerca e lo studio delle caratteristiche e delle modalità di recupero del deficit fisico-psichico e sensoriale, che porta indubbiamente alla scoperta ed elaborazione di importanti strumenti e strategie di intervento volte a colmare tale deficit.A testimonianza di ciò l'istituzione dei corsi di specializzazione per insegnanti, che rivela l'esigenza di una maggiore e più specialistica professionalità da parte di chi è chiamato ad operare con alunni disabili. Sul rovescio della medaglia, bisogna osservare che l'intervento di recupero rimane principalmente di tipo medico, come viene ribadito nella normativa.Questo evidenzia gli aspetti più oscuri della prima fase di attenzione verso la diversabilità. Rimane tuttavia il fatto che i diversi provvedimenti fanno riferimento ad un'idea fortemente riduttiva di questi soggetti.L'approccio di tipo medico-specialistico porta inevitabilmente a focalizzare l'attenzione solo sugli aspetti negativi, "malati" del soggetto, dimenticando che un essere umano è portatore anche di affettività, idee, pensieri, sentimenti,...All'idenficazione del diversabile con la sua diversabilità, consegue una mutilazione dell'individuo di tutte le altre componenti della sua personalità, che non necessariamente sono lacunose. Esse, al contrario, richiedono proprio per questo di essere stimolate e valorizzate.

42

Di questo non sembra accorgersene il Legislatore degli anni '20-'60 che continua a indicare i soggetti diversabili in base alla natura del loro diversabilità, utilizzando suddivisioni e denominazioni sempre più specifiche e sofisticate (cfr. la C.M. 103/62).Questo approccio, se può ricevere una legittimazione pedagogica in base alla specificità di intervento legato ad ogni singola forma di diversabilità, porta alle estreme conseguenze un processo di di sconferma dell'individuo disabile come persona.Ne sono espressione la logica della classe differenziale e della scuola speciale, che ha pervaso la normativa fino agli anni '60. Queste istruzioni, infatti, rispecchiano una cultura dell'emarginazione e non dell'inserimento scolastico e sociale del diverso. Questo anche in contrasto con gli obiettivi stessi dei provvedimenti normativi.L'esempio più evidente è quello delle classi differenziali. Nate con il compito di accogliere i soggetti disabili meno gravi, come recita la C.M. 1771/12 del '53, sono state distinte dalle strutture speciali, perché considerate classi di "transizione", frequentate dall'alunno in difficoltà solo per consentire un recupero dello scarto con i coetanei normodotati ed un successivo rientro nelle classi comuni. Ma, di fatto, tale rientro è avvenuto solo in rarissimi casi: la funzione di transizione si è realizzata più spesso verso un ulteriore emarginazione di questi alunni nelle scuole speciali, che verso un loro reinserimento nelle classi comuni.Un ultimo aspetto legato alla cultura dell'emarginazione, riguarda il diverso modo di vivere la scuola e le altre strutture sociali prima degli anni ‘70.L'invio di bambini in difficoltà alle strutture differenziali e speciali, veniva giustificato dall'impossibilità della scuola comune di fornire loro quegli specifici stimoli educativi di cui avevano bisogno. Sono questi gli anni di forte selezione scolastica che va a colpire i soggetti socialmente più deboli: i bambini provenienti da un contesto socio-culturale deprivato, come gli immigrati, gli indigeni ecc...L'emarginazione dell'alunno diversabile viene operata da una scuola e da una società che, negli anni '60 non ancora riconosceva l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte allo stato, sancita dalla Costituzione.

2.2. Le leggi dal 1948 in poi

I provvedimenti legislativi adottati in Italia dalla Costituzione della Repubblica fino ad oggi a favore dei soggetti in difficoltà, sono rilevanti

43

sia per il numero che per l'impegno assunto nel voler realizzare l'integrazione delil diversabile nella scuola e nella società. La Carta Costituzionale del 1948, afferma: (art.3) "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione pubblica, di condizioni personali e sociali" …"è fatto obbligo allo stato di rimuovere gli ostacoli economico sociali che limitano di fatto l'uguaglianza dei cittadini ed impediscono il pieno sviluppo della personalità umana". (Art.34) "La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze che devono essere attribuite per concorso" (art.31) "...Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo". (Art.38) Stabilisce il diritto, per "gli inabili e i minorati, all'educazione e all'avviamento professionale…Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti od integrati dallo Stato".Nella Costituzione, come appare evidente, sono impliciti due concetti:a) affermazione di principio del diritto all'educazione da parte di ogni cittadino;b) assimilazione delil diversabile all'individuo inabile e minorato.Basterebbe già la Costituzione per garantire agli diversabili un'esistenza accettabile, ma, come spesso accade, molti principi rimangono solo sulla carta37.Tali norme non trovarono però attuazione, nella scuola italiana continuarono a proliferarsi classi differenziali e scuole speciali. Con la legge n. 1463 del 26.10.52, viene sancita la statizzazione delle scuole elementari per ciechi, che restano comunque istituzioni a sé stanti.Permane, in queste leggi, la volontà politica di emarginazione il soggetto portatore di diversabilità in apposite strutture separate dagli alunni normali.La C.M. 11.3.1953 n.1771/12 dà una serie di indicazioni sulle modalità di selezione dei soggetti disabili da inviare nelle classi differenziali,

37 Partendo da un'epoca nella quale si uccidevano senza pietà i figli deformi si è arrivati ad un'altra epoca dove le barriere architettoniche e mentali costruite dalla società si sono sostituite alla barbarie del passato e dove il ritmo di vita e l'efficientismo regnante rendono ancora più difficile l'inserimento dei più deboli compreso anche anziani, malati e poveri.

44

funzionanti presso le scuole normali oppure nelle scuole speciali per minorati fisici, psichici e sensoriali.La circolare definisce le scuole speciali per minorati "istituti nei quali viene impartito l'insegnamento elementare ai fanciulli aventi determinate minorazioni fisiche o psichiche". Le classi differenziali invece non sono istituti a sé stanti, ma funzionano presso le comuni classi elementari e vi sono accolti alunni tardivi, nervosi, instabili ecc..., i quali rivelano inaddattabilità alla disciplina comune o ai normali metodi di insegnamento e possono raggiungere un livello normale solo se l'insegnamento viene ad essi impartito con modi e forme particolari. L'attenzione per il problema dei diversabili si è articolata dal '60 in poi secondo due prevalenti strategie, che in certa misura corrispondono anche a due successivi periodi di tempo. Nel primo decennio, negli anni sessanta, vi fu la prevalenza delle classi differenziali e speciali a scuola e degli istituti psicopedagogici. Nel secondo, negli anni settanta, l'indirizzo è stato, invece, quello dell'inserimento a scuola e nel tessuto sociale. Durante il primo decennio le idee sostenevano che anche dal diversabile bisognava dare qualcosa che a casa non ci sarebbe stato e neanche nella scuola normale: l'istituto pedagogico e la classe speciale e differenziale. Negli anni settanta, invece, le spinte decisive nella lotta contro l'emarginazione e la selezione nella scuola dell'obbligo e il più generale indirizzo anti-istituzionale nella politica sanitaria, in particolare in quella psichiatrica. Nel triennio 1962-65 si ha l'istituzione di classi differenziali e scuole speciali anche nei comuni minori.Il primo intervento legislativo dello Stato nel settore delle scuole speciali non è stato, come ci si sarebbe aspettato, una legge sull'ordinamento scolastico, bensì una legge sul bilancio (24-7-62 n.1073) che stanziava fondi per l'assistenza igienico-sanitaria, didattica e le attrezzature necessarie al funzionamento delle scuole speciali e differenziali.Dal '62 al '70 le classi speciali passano da 271 a 880; nello stesso periodo le classi differenziali passano da 86 a 98738.

38 Questa esplosione anomala fu frutto di una serie di problemi e forti contrasti nei rapporti tra cittadini e strutture ai quali andò incontro l'Italia negli anni 60-80. L'aumento della violenza, le grandi migrazioni interne verso le regioni settentrionali più industrializzate, e l'apertura della scuola ad un numero sempre più crescente degli alunni, contribuì ad aumentare ulteriormente il clima di forti tensioni e disagi. Le strutture scolastiche vennero investite da una massa di diversi disadattati, mettendo in crisi tutto il sistema scolastico: la mancanza di insegnanti qualificati, attrezzature ad aule, aumentò la preoccupazione di un possibile recupero e del successivo inserimento nelle strutture dei soggetti diversabili. Partiti politici, movimenti culturali e sindacali si mossero cercando di dare ad ogni persona la propria dignità e il proprio posto nella società. Si ipotizzò allora una

45

Con il D.P.R. n. 264 dell'11 febbraio 1961, viene regolamentata la "disciplina degli organi che esercitano la loro attività nel campo dell'igiene e della sanità pubblica. "Le mansioni dei medici scolastici specie in relazione alla indagine e alla cura di: - dislalie e disturbi emendabili del linguaggio e della audizione; - dismorfismi, paramorfismi e alterazioni dello sviluppo fisio-psichico. Servizi di natura esclusivamente medica non fanno perciò riferimento alla scuola. Un interessamento dello stato al problema del diversabile e al suo inserimento nel sistema educativo, si ritrova nella circolare n°103 del 4 gennaio 1962 titolata "Classi differenziali". Dopo le scarsissime indicazioni legislative rintracciabili nella regolamentazione del 1928, questa circolare per la prima volta cerca di dare orientamenti più completi sul problema dell'integrazione scolastica. Tale problema viene messo in stretta relazione con lo sviluppo complessivo della scuola elementare. In particolare si fa riferimento a quei soggetti dei quali sia prevedibile un totale o anche parziale inserimento nella vita sociale. Viene fatta una netta distinzione tra le categorie dei soggetti diversabili che dovranno essere destinati alle classi (tardivi, falsi anormali psichici, minorati psichici, minorati fisici, ambliopi e sordastri).Segue la circolare del 9 luglio 1962 n. 4525, denominata "Scuole speciali e classi differenziali" che disponeva i criteri per la segnalazione del soggetto diversabile; tali segnalazioni dovevano essere fatte dagli insegnanti al direttore didattico, sentito il parere delle autorità sanitarie, il quale avrebbe inserito il soggetto in una scuola speciale o in una classe differenziale. Le scuole speciali accoglievano in appositi edifici soggetti con menomazioni e disabilità fisiche e/o psichiche costituzionali. Le classi differenziali, ospitate in plessi comuni, erano frequentate da soggetti scarsamente dotati o con lievi anomalie considerate temporanee. Tendenzialmente questo documento mira a consolidare le istituzioni speciali: "a seconda delle forme e del tipo delle minorazioni, gli alunni saranno avviati alle scuole speciali o alle classi differenziati". Gli insegnanti, dal canto loro, dovranno essere forniti del prescritto titolo di specializzazione di cui all'art. 104 dei R.G. Importante anche rilevare il numero massimo di alunni che potranno appartenere ad un unica classe differenziale: per i minorati psichici da 8 a 15; per i sordastri da 8 a 10; ugualmente per ambliopi.

scuola "di tutti e per tutti" con finalità prevalentemente educative di pari passo alle crescente contestazioni degli Istituti e scuole speciali per alunni diversabili.

46

Con la legge n. 1852 del 31.12.1962 si prevede la possibilità di istituzione di "classi differenziali per alunni disadattati scolastici nella scuola media inferiore. Viene data facoltà alle commissioni medico-psico-pedagogiche di stabilire il passaggio di questi alunni alle classi differenziali che non devono avere un numero di alunni superiore a 15, (art.12). Nel triennio '62-65 con la legge n.1073 del 24.07.1962 si allarga l'istituzione di classi differenziali e scuole speciali anche nei comuni minori.O.M. 31 luglio 1963, n.1900. Un'ordinanza che bandisce il concorso magistrale, precisa che l'assegnazione a sedi di scuole speciali per minorati e a classi differenziali potrà essere disposta soltanto nei confronti di coloro che, avendo diritto alla nomina nel ruolo, siano in possesso del titolo di specializzazione. Viene altresì introdotta la prassi dell'impiego quinquennale; l'insegnante assegnato a scuole speciali o a classi differenziali deve impegnarsi per iscritto a rimanere per almeno un quinquennio in dette strutture.L'importanza dei rapporti con la famiglia perché "le istituzioni scolastiche (...) possono compiutamente realizzare i loro propositi mediante una fiduciosa e costante collaborazione..." è stata richiamata dalla Circolare 934/6 del 2 febbraio 1963. La negatività delle scuole differenziali è stata individuata nel processo di emarginazione istituzionalizzata, di separazione dei soggetti "anormali " da quelli "normali", espressione di una cultura impregnata di pregiudizi storici.C.M. 28 ottobre 1965, n.196. Detta istruzioni sulla formazione di classi differenziali per alunni che successivamente potranno essere inseriti nelle classi normali della scuola elementare. L. 18 marzo, n.444. Si tratta della legge istitutiva della scuola materna statale. L'art. 3 precisa: "... per i bambini dai tre ai sei anni affetti da disturbi dell'intelligenza o del comportamento o da menomazioni fisiche o sensoriali, lo Stato istituisce sezioni speciali presso scuole materne statali e, per i casi più gravi, scuole materne speciali. Ad ogni sezione non possono essere iscritti più di dodici bambini. Per il reperimento di casi da ammettere alle sezioni speciali e alle scuole materne speciali e per l'assistenza sanitaria specifica, il servizio medico-scolastico si avvale di gruppi esperti". L'art. 5 puntualizza: "L'assistenza, compresa quella sanitaria e assicurativa, agli alunni della scuola materna è regolata secondo le norme in vigore per gli alunni della scuola elementare". L'art. 10 specifica che le insegnanti addette alle scuole e alle sezioni speciali "debbono essere fornite di diploma specifico riconosciuto dal Ministero della Pubblica Istruzione".

47

C.M. 2 agosto 1968, n° 347. Istituisce le équipes sulle quali il ministero ritornerà con frequenza annuale pressoché regolare; esse avranno sostanzialmente due compiti: A) Razionalizzare il reperimento degli alunni da assegnare alle scuole speciali e alle classi differenziali B) Assistere dal punto di vista igienico, sanitario e didattico i soggetti medesimi.C.M. 8 ottobre 1970, n° 5521. Viene puntualizzata la convenzione per il funzionamento dell'équipe. L'area operativa di questo organismo è riferita al numero delle classi: si va dalle 20 alle 13 classi assegnate di competenza ad ogni équipe.Solo negli anni '70 si comincia a capire che "le classi differenziali" e le "scuole speciali" erano fonte di emarginazione.1971- Legge 30 marzo n. 118, detta le nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili: art.2 "...si considerano mutilati ed invalidi civili i cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici per oligofrenie di carattere organico o dismetabolico, insufficiente mentali derivati da difetti sensoriali e funzionali, che abbiamo subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore a un terzo e, se minore di anni 18, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età..."Le minorazioni di cui tratta la presente legge sembrano doversi ricondurre tutti ai cosiddetti "casi organici", poiché anche gli irregolari psichici sono da individuare in quei casi dovuti ad oligofrenie di carattere organico, o ad insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali. Per i soggetti in età scolare (minori di 18 anni) il legislatore estende il concetto di minorazione e di inabilità ai casi di persistenti difficoltà a svolgere compiti e funzioni relative all'età stessa e quindi alle attività scolastiche di tale fase dello sviluppo infantile o adolescenziale.Art. 28 "L'istruzione dell'obbligo - per i mutilati ed invalidi civili - deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica, salvi i casi in cui i soggetti siano affetti da gravi deficienze intellettive o da menomazioni fisiche di tale gravità da impedire o rendere molto difficoltoso l'apprendimento o l'inserimento nelle predette classi normali"."Le classi differenziali nella scuola elementare, come nella scuola media, si erano via via rivelate inutili per il recupero, ma piuttosto fonte di emarginazione; e neppure molto più valide si rivelarono le classi di aggiornamento. Pertanto, proprio a seguito della legge n° 118, con la C.M.

48

n° 257/1971, si volle iniziare una graduale trasformazione delle classi differenziali della scuola media in classi sperimentali formate da non più di 20 alunni, di cui un massimo di 5 alunni disadattati.C.M. 29 luglio 1971, n° 4408. Il documento fa riferimento al programma 1971/72 per la consulenza nella prospettiva della rieducazione degli anormali nelle classi normali. Per questo ci troviamo di fronte ad una circolare di grande rilievo "in linea di principio". L'itinerario ideologico, culturale, legislativo percorso da questa data in poi, ha consolidato il principio delle integrazioni. Non si dissente più , come in passato, sull'opportunità o meno dell'inserimento, ma si intendono modificare le modalità, i tempi, i supporti necessari per raggiungere questo obiettivo. In questa prospettiva il recupero strumentale ed intellettuale ha un valore, dipendente dal recupero umano e sociale. Non è possibile, infatti, pensare che in strutture situate ai margini della società e non integrate con essa, possa avvenire un recupero rispettoso della personalità del soggetto. In questo periodo anche in ambito internazionale, fu emanato un documento da parte dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (21 dicembre 1971). Venivano riconosciuti alle persone con diversabilità, dei diritti fondamentali. La "Dichiarazione dei Diritti dei diversabili Mentali "sanciva infatti:- gli stessi diritti degli altri cittadini - la possibilità di avere una vita insieme alla famiglia, d'origine o acquisita, con un'adeguata assistenza;- il diritto a partecipare alle attività creative o ricreative;- il riadattamento; - la formazione professionale. Su questi principi anche la Comunità Europea muoveva i primi passi. Il 27 giugno 1974, il consiglio dei Ministri stilava un documento con il quale veniva stabilito un programma per l'inserimento professionale, in modo da garantire una maggiore integrazione sociale basata su una riduzione dell'assistenzialismo per spronare il raggiungimento di più alti livelli di autonomia. Nello stesso anno vengono emanati i Decreti Delegati, che istituiscono, tra l'altro, gli organi collegiali nella scuola materna, elementare, secondaria ed artistica.39

39 I principali riferimenti in questo trentennio sono, oltre agli articoli della Costituzione, che in questo periodo viene rieletta e valorizzata anche a fini operativi, la legge n.482/68 sull'assunzione obbligatoria di soggetti diversabili; la legge n.833/78 che istituisce il servizio sanitario nazionale; la legge 180/78 di riforma psichiatrica; la legge per il decentramento amministrativo alle regioni n. 616/77; il D.P.R. 416/74 istitutivo degli organi collegiali della scuola; la 188/77 sugli invalidi civili,

49

Il decreto relativo alla istituzione degli organi collegiali nella scuola è il D.P.R. 31 maggio 1974 n° 416. Dalle attribuzioni di detti organi emergono competenze relative al problema della integrazione a più livelli.40

Questa legge, mentre sembra assimilare tout court l'invalido civile al diversabile, fissa in modo inequivocabile che l'istruzione ai soggetti di cui trattasi deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica. Il legislatore introduce una graduazione nelle minorazioni dei soggetti stessi e perciò distingue tra deficienze gravi e quelle non gravi. Distinzione che consente di tenere in essere le scuole speciali e le classi differenziali (non abolite, in via di diritto neanche dopo l'entrata in vigore della legge n. 517/77) per gli alunni cosiddetti "gravi".Con questa legge e con la C.M. n° 257 del '71, si volle iniziare una graduale trasformazione delle classi differenziali della scuola media in "classi sperimentali" formate da non più di venti alunni con un massimo di cinque disadattati. Anche se la 118 non è una legge sull'ordinamento scolastico, perché affronta principalmente problemi di assistenza e sicurezza sociale per tutte le categorie di diversabili, al comma 2 dell'art. 28 si legge: "L'istruzione dell'obbligo deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica, salvo i casi in cui i soggetti siano affetti da gravi deficienze intellettive o da menomazioni fisiche di tale gravità da impedire o rendere molto difficoltoso l'apprendimento o l'inserimento nelle predette classi normali".Viene così codificato il principio dell'integrazione. Per anni, tuttavia, la legge 118 non trovò attuazione concreta, ma i suoi effetti furono dirompenti .In data 8/10/74 viene nominato dal M.P.I. una commissione di studio presieduta dalla Senatrice Falcucci, per approfondire il problema della partecipazione del diversabile alla scuola comune dell'obbligo.C.M. 19 agosto 1974, n.191/17. Viene delineato il programma per il servizio socio-psico-pedagogico agli alunni della scuola dell'obbligo. Si sul assistenza economica, sanitaria, protesica e sull'inserimento scolastico ed infine il D.P.R. 384/78 sull'eliminazione delle barriere architettoniche. e la legge quadro del 1991.40 "Primo livello: collegio dei docenti. L'art. 4 affida al collegio il compito di esaminare, "allo scopo di individuare i mezzi per ogni possibile recupero, i casi di scarso profitto o di irregolare comportamento degli alunni, su iniziative dei docenti della rispettiva classe e sentiti gli specialisti che operano in modo continuativo nella scuola con compiti medico, socio-psico-pedagogoci e di orientamento"."Secondo livello": consiglio di circolo. L'art. 6 stabilisce che spetta al consiglio fissare i "criteri per la programmazione e l'attuazione delle attività parascolastiche, interscolastiche, extrascolastiche, con particolare riguardo ai corsi di recupero e di sostegno".

50

tratta di una circolare rilevantissima. La sua importanza consiste in questi punti essenziali: a) finalmente non ci si limita più alla sola scuola elementare, ma si allarga il discorso anche a quella e materna e media; b) non si parla solo di reperimento e di recupero dei soggetti, ma di "porre in atto interventi idonei a prevenire e a superare, in maniera tempestiva ed adeguata, difficoltà relative all'inserimento nella vita scolastica";c) L'art. 2 costituisce l'équipe scolastica di cui fanno parte il neuro-psichiatra, lo psicologo, l'assistente sociale, il medico scolastico, il direttore didattico o il preside. L'importanza degli organi collegiali nei confronti del diversabile e della sua partecipazione alla scuola è dato da un impegno sociale più vasto. Laddove ad esempio sia inserito un soggetto diversabileattraverso l'interclasse ai problemi organizzativi è possibile far partecipare tutti i genitori, in modo da informarli e sensibilizzarli sugli atteggiamenti educativi necessari. Nonostante i molti aspetti positivi emersi da questi decreti di storica importanza, in realtà l'istituzione degli organi collegiali della scuola ha creato grandi difficoltà, dovute principalmente all'aver travisato gli scopi della loro istituzione. Le grandi possibilità che si prospettavano sono state attuate cosi solo parzialmente e, in questi anni, intanto, venivano realizzate alcune esperienze d'integrazione che hanno avuto un gran peso sul documento elaborato, nel 1975, dalla commissione presieduta dalla sen. Falcucci. Sulla base del documento di tale commissione l'8 agosto 1975 venne emanata la C.M. n. 227 che rendeva esecutiva la legge del 30 ottobre 1971 n.118.Nel febbraio 1975, viene redatto un documento (Documento Falcucci) comprendente gli indirizzi operativi emersi dal confronto delle esperienze di integrazione scolastica effettuate in precedenza.La C.M. n. 227 del Documento Falcucci, avente per oggetto "Interventi a favore degli alunni diversabili programma per l'anno scolastico 1975/76", rappresenta il primo documento che fa esplicito riferimento all'immissione dei diversabili nella scuola media comune. Premessa di fondo è che in ogni persona esistono, potenzialità conoscitive, operative e relazionali che la scuola ha il compito di portare a maturazione sotto i profilo culturale, sociale e civile.Fra le varie disposizioni del documento troviamo l'organizzazione dei servizi socio-sanitari che, accanto alla scuola, deve considerarsi essenziale affinché intervenga fin dalla nascita e in tutto l'arco prescolare, nei confronti del bambino che presenti particolari difficoltà. Il documento

51

prospetta poi un nuovo modo d'essere della scuola come condizione della piena integrazione dei soggetti diversabili. Deve essere superato il concetto rigido del voto e della pagella ed il criterio di valutazione dell'esito scolastico deve far riferimento al grado di maturazione raggiunto sia globalmente sia in relazione agli apprendimenti realizzati, valorizzando tutte le forme espressive attraverso le quali l'alunno realizza e sviluppa le proprie potenzialità. La parte finale del documento contiene la proposta di costituzione, presso ogni Provveditorato agli Studi di un "Centro per i servizi Socio-Psico-Pedagogici" e di un "Ispettorato Generale" o di uno speciale "Reparto dell'Ufficio Studi e Programmazione presso il Ministero della Pubblica Istruzione, col compito di sostenere e seguire l'evoluzione del problema dell'integrazione scolastica dei diversabili.Il M.P.I., per la prima volta, affronta in maniera globale il problema dell'inserimento del diversabile nella scuola comune, integrando la visione socio-politica con un progetto di scuola più attenta ai bisogni individuali e sociali cui deve far fronte.Solo verso il 1974/75 si inizia a parlare di alunni diversabili nelle scuole comuni; infatti con la C.M. n° 227 del 08/08/1975, si rendeva esecutiva la L. n° 118 del '71. Quindi a partire dall'anno scolastico 1975/76 si ha l'afflusso di questi bambini nelle scuole normali; gli insegnanti si resero particolarmente sensibili al problema. Sempre nel 1975 con il D.P.R. n°970, si prevede che nelle classi in cui sono inseriti i soggetti in difficoltà, sia presente oltre al personale direttivo di classe anche un "insegnante specializzato ". C.M. 8 agosto 1975, n. 227 concernete interventi a favore degli alunni diversabili nella scuola dell'obbligo per l'anno scolastico 1975/76. "Per facilitare, per quanto possibile, un sempre più ampio inserimento di detti alunni nelle scuole aperte a tutti gli allievi. Nei quattro paragrafi che costituiscono il testo della circolare si danno indicazioni in merito al raggruppamento delle scuole (in una o due gruppi per provincie, ognuno dei quaii comprende una scuola materna, una scuola elementare e una media) presso le quali promuovere l'inserimento dei diversabili"…"Per l'inserimento dei diversabili non si faranno distinzioni di minorazioni purché l'ammissione sia possibile e positiva per i soggetti..." In via sperimentale, ai sensi di questa circolare, si procedeva all'immissione degli alunni provenienti dalle scuole speciali e alle classi differenziali. Per questo, presso i provveditorati agli studi vennero costituite nelle classi ordinarie delle commissioni, definite "gruppi di lavoro", che dovevano

52

affrontare i problemi che si presentavano nell'inserire i soggetti diversabili nei contesti ordinari. I gruppi di lavoro composti da personale docente, direttivo, ispettivo, dovevano informare attraverso dibattiti o assemblee i docenti, ancora riluttanti, i genitori e le stesse famiglie dei diversabili.C.M. 5 settembre 1975, n. 235. Impartisce disposizioni relative all'iscrizione alla scuola materna dei bambini diversabili. Suggerisce criteri meno rigidi in merito alla frequenza dopo il 6° anno di età. Questo perché l'età mentale non sempre corrisponde a quella cronologica. Perciò, in attesa di nuova regolamentazione, si demanda al collegio dei docenti, con la partecipazione degli specialisti aventi compiti medico e socio-psico-pedagogici, di "decidere dell'iscrizione di bambini diversabili che abbiano superato il sesto anno di età".D.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970. Il decreto detta le "norme in materia di scuole aventi particolari finalità". Esso rappresenta una tappa fondamentale nell'evoluzione legislativa sui diversabili. Tra le caratteristiche del decreto rientrano: a) l'estensione degli organi collegiali a scuole aventi particolari finalità; b) la formazione specialistica del personale educativo, docente e direttivo che "...deve essere fornito di apposito titolo di specializzazione da conseguire al termine di un corso teorico-pratico di durata biennale presso scuole o istituti riconosciuti dal ministero della P.I."; c) il reclutamento del personale medesimo; d) il passaggio dello stesso personale alle scuole normali.D.P.R.n.970 del 31 ottobre 1975 "norme in materia di scuole aventi particolari finalità" al Titolo II: Personale direttivo, docente ed educativo, (art. 2), prevede per quelle classi in cui erano inseriti soggetti in difficoltà la presenza di insegnanti specializzati. Specializzazione che doveva essere conseguita al termine di un corso teorico-pratico di durata biennale presso scuole od istituti riconosciuti dal Ministero della P.I. Viene sanata così una situazione che fino a questa data non chiedeva alcuna qualifica agli insegnanti che operavano in classi integrate. A partire dall'anno scolastico 1975/76 l'afflusso nelle classi normali, dove gli insegnanti particolarmente sensibili al problema furono disponibili, diventò una realtà.Nel '76 si precisa con la C.M. n°228, che quando in una classe sono inseriti soggetti provenienti dalle strutture speciali o differenziali, il numero non deve superare le venti unità. Solo però con la L. 517 del 1977 si ha una "miniriforma" per quanto riguarda la materia scolastica, infatti all'art. 2 e al 7 si dispone: "...al fine di agevolare l'attuazione del diritto allo studio e la promozione della piena

53

formazione della personalità degli alunni, la programmazione educativa può comprendere attività scolastiche integrative (art.7)" organizzate per gruppi di alunni delle stessa classe, oppure di classi diverse" (art.2)..."anche a carattere interdisciplinare, organizzate per gruppi di alunni della stessa classe o di classi diverse ed iniziative di sostegno (art.7)...anche allo scopo di realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni" (art.2-7). Con questa legge vengono abolite le classi di aggiornamento e le classi differenziali previste agli art. 11-12 della L. 1859 del 31/12/1962. C.M. 29 settembre 1976, n. 228. Qui vengono indicate iniziative per l'inserimento degli alunni diversabili nelle scuole comuni, relative all'anno scolastico 1976/77. Interessante segnalare: a) numero massimo di 20 alunni per classe in presenza di alunni diversabili; b) possibilità per ogni classe di includere fino a due alunni diversabili. C.M. n.216, 3 agosto 1977. Viene prevista la possibilità di affiancare all'insegnante curricolare un insegnante specializzato al quale si chiede di seguire, ben sei soggetti diversabiliIl 4 agosto 1977 viene emanata la legge n. 517 che prevede forme di integrazione e di sostegno a favore degli alunni diversabili. L'art. 2 è dedicato alle attività scolastiche integrative e alla realizzazione di interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni. Nell'ambito di tali attività la scuola è chiamata ad attuare forme di integrazione in favore degli alunni diversabili con la prestazione di insegnanti specializzati. Oltre a questo si assicura la "necessaria integrazione specialistica, il servizio socio-pedagogico e forme particolari di sostegno".È il provvedimento legislativo più rilevante per quanto concerne l'innovazione didattica e l'integrazione dei soggetti diversabili.I punti più importanti della legge sono:a) prescrive la programmazione educativa come obbligo dei docenti, prevede l'organizzazione delle attività per gruppi di alunni, anche per classi aperte e di vario livello, indica negli interventi individualizzati le forme educative più idonee alle diverse esigenze dei singoli alunni, prescrive alla scuola l'attuazione di "forme d'integrazione a favore degli alunni diversabili con la prestazione di insegnanti specializzati...". Viene assicurata la "necessaria integrazione specialistica" attraverso il servizio socio-psico-pedagogico e le "forme particolari di sostegno". La

54

programmazione predisposta dai docenti, al fine di facilitare quanto sopra prescritto, potrà contemplare "attività scolastiche integrative";b) introduce la scheda personale dell'alunno quale strumento di verifica e di valutazione; c) riduce a 20 il numero di alunni per ogni classe in presenza di un soggetto diversabile. Per le attività scolastiche integrative è previsto un massimo di 160 ore annue. Vengono abolite le classi di aggiornamento e quelle differenziali previste dagli artt. 11-12 della L. 1959/62. Da notare che non vengono soppresse le scuole speciali e le classi differenziali nella scuola elementare, mentre la legge nel suo complesso non menziona la scuola materna perché non compresa nella scuola dell'obbligo;d) a differenza di quanto stabilito in precedenza (C.M. 216/77) viene concesso un insegnante di sostegno ogni 4 alunni diversabili inseriti in classi diverse;e) deve essere evitata l'utilizzazione di insegnanti che non abbiano alcuna qualifica (insegnanti specializzati) o alcuna esperienza in ordine alle condizioni di diversabilità per le quali sono previsti gli insegnanti di sostegno. I compiti dell'insegnante di sostegno non debbono essere interpretati in modo riduttivo, in sottordine cioè all'insegnante titolare della classe.La circolare n.216 del 3/8/77, che ha per oggetto "iniziative per l'inserimento degli alunni diversabili nelle scuole comuni e attività di gruppi di lavoro", afferma: "Per quanto riguarda la scuola elementare si ritiene che possa essere adottato il criterio di utilizzare un insegnante di "sostegno" per ogni sei alunni diversabili inseriti nelle diverse classi, riducendo tale rapporto al limite minimo di quattro solo nel caso in cui tale processo di integrazione richieda particolari forme di intervento da parte dell'insegnante". La circolare dà poi direttive per l'inserimento di alunni ciechi, mentre, per avere indicazioni per i sordomuti bisogna attendere la circolare n. 5147 del 4 agosto 1977, in cui l'art. 10, abrogando l'art. 175 del T.U. e l'art. 407 del Regolamento stabilisce che "l'obbligo scolastico sancito dalle vigenti disposizioni, si adempie per i fanciulli sordomuti, nelle apposite scuole speciali e nelle classi ordinarie delle scuole pubbliche elementari e medie, nelle quali siano assicurate la necessaria integrazione scolastica e i servizi di competenza dello Stato e degli Enti Locali preposti, in attuazione di un programma che deve essere predisposto dal Consiglio Scolastico Distrettuale".La situazione appare complessa, in quanto l'inserimento dei bambini nella scuola dell'obbligo, nella scuola per l'infanzia e nell'asilo nido attraversa

55

un momento decisivo. La realtà del problema e la validità della linea politico-sanitaria vengono confermate in una legge nazionale che per la prima volta non affronta il discorso isolandolo con un taglio settoriale. In particolare gli artt. 2-7, rispettivamente per la Scuola Elementare e per la Scuola Media sanciscono che "la scuola attua forme di integrazione a favore degli alunni diversabili con la prestazione di insegnanti specializzati" e che " devono inoltre essere assicurati la necessaria integrazione specialistica, il servizio socio-psico-pedagogico e forme particolari di sostegno secondo le rispettive competenze dello Stato e degli Enti Locali, nei limiti delle relative disponibilità di bilancio e sulla base del programma predisposto dal Consiglio Scolastico Distrettuale".Con la legge 517/77 si è aperto un orizzonte nuovo per la scuola italiana che, finalmente, sviluppa la capacità di gestire in modo migliore l'inserimento, facendo un salto di qualità notevole.Viene superato il tradizionale rapporto educativo-scolastico basato sulla presenza di un solo insegnante, per spostarlo in un contesto collegiale che prevede l'azione combinata di più insegnanti, agenti anche all'interno della stessa classe. Le classi vengono "aperte" in modo da far sperimentare agli alunni nuove situazioni educative e, riguardo agli diversabili inseriti, permettere che siano al centro dell'interesse anche degli altri insegnanti così da cumulare le esperienze ed avere risultati più positivi. L'attività integrativa e di sostegno che viene effettuata dall'insegnante specializzato e programmata dal collegio dei docenti nelle sue linee di base, trova spazi e contesti più moderni ed avanzati strutturalmente. Ulteriori effetti innovativi scaturiscono dagli articoli 2 e 7 della C.M. 28 luglio 1979 n.199 che stabiliscono l'inserimento di un solo alunno diversabile per classe e, nella scuola elementare, la riduzione da 6 a 4 del numero massimo di soggetti per ogni insegnante specializzato. C.M. 21 agosto 1978, n.200: "attività sportiva scolastica". Al punto 8 essa si richiama al "coinvolgimento degli alunni diversabili" nelle precedenti attività. "Ha grande rilevanza, sul piano umano e sociale, l'inserimento e il coinvolgimento degli alunni diversabili in un tipo di attività sportiva. È rimesso alla sensibilità dei docenti trovare i modi per evitare, anche psicologicamente, l'emarginazione dei ragazzi stessi, sia interessandoli ai problemi organizzativi, sia dando loro compiti di giudici o di arbitri, sia, ove possibile, facendoli partecipare attivamente alla preparazione".Tutte le norme emesse nell'ultimo decennio non portano sostanziali mutazioni giuridiche rispetto ai radicali mutamenti portati dalla legge 517/77. Ciò che è importante è la sempre maggiore volontà di trasformare

56

l'inserimento in integrazione effettiva. Alla legge 517/77 non potevano mancare delle lacune come quella di avere escluso dalla normativa la scuola materna. La lacuna viene colmata con la L. 20 maggio 1982 n. 270 chiamata comunemente "legge sul precariato", per mezzo della quale vengono istituiti posti di sostegno nella scuola materna con le stesse modalità degli altri gradi della scuola, cioè un insegnante ogni 4 alunni diversabili ed impone l'assegnazione dei posti esclusivamente a docenti in possesso del titolo di specializzazione. Oltre a prevedere che le situazioni comprendenti un alunno diversabile devono subire una riduzione numerica, da quello che era un massimo di 30 ad un minimo di 20, si passa ad un massimo di 20 ad un minimo di 10.Il 20 maggio 1982. Tratta della revisione della disciplina di reclutamento per il personale docente della scuola. È questo un provvedimento importante perché, tra l'altro, prevede: "ciascuna sezione di scuola materna è costituita da un numero massimo di 30 bambini e un minimo di 13 bambini, ridotti rispettivamente a 20 ed a 10, per le sezioni che accolgono alunni diversabili". In detto ordine di scuole vengono istituiti posti di maestro di sostegno per ogni 4 bambini diversabili cosi come previsto dalla scuola elementare. La successiva ordinanza ministeriale n. 233 del 10 novembre 1983 stabilisce che il collegio dei docenti, per rispondere alle forme di integrazione ed ai criteri di attuazione delle attività, deve attuare una programmazione che evidenzi: a) le proposte dei consigli di interclasse o di classe (motivazioni, obiettivi, livelli operativi, itinerari metodologici articolati, aree d'intervento, tempi, ecc.), b) i criteri generali enunciati dal consiglio di circolo o d'istituto; c) la pianificazione organica e dettagliata degli interventi deliberati dal collegio dei docenti. All'insegnante di sostegno si chiede una precisa individuazione delle condizioni soggettive del bambino e dei diversabili veri e propri, degli impedimenti che ne condizionano lo sviluppo e di conseguenza dei suoi specifici bisogni.C.M. 22 settembre 1983, n. 258. Il documento impartisce indicazioni sulle linee d'intesa tra scuola, Enti Locali e UU.SS.LL. in materia di integrazione scolastica degli alunni diversabili. Si tratta di una circolare importante che consente di stipulare i protocolli d'intesa tra scuola ed enti interessati.

57

Nel 1985 con il D.P.R. vengono approvati i nuovi programmi della scuola elementare, essi prevedono: "L'esercizio all'educazione ed all'istruzione obbligatoria non può essere impedito dalla presenza di difficoltà nell'apprendimento scolastico, sia esso legato a situazioni di diversabilità o di svantaggio che peraltro, non vanno tra loro confuse". C.M. 3 settembre 1985, n.250. La circolare, predisposta dal servizio scuola materna, fa rilevare che nei Nuovi Programmi per la scuola elementare del 1985 "è dedicata una particolare attenzione ai problemi relativi all'inserimento ed integrazione degli alunni diversabili, ai quali, secondo l'ordinamento scolastico, si riconosce il diritto-dovere all'educazione e all'istruzione nelle scuole comuni... Le suddette considerazioni valgono naturalmente - precisa il documento - anche per gli alunni della scuola materna nella quale si debbono porre le premesse per un raccordo pedagogico, curricolare ed organizzativo con la scuola elementare". Particolare rilievo viene dato ai seguenti temi: a ) integrazione scolastica e bisogni educativi;b) integrazione degli alunni diversabili gravi; c) comunità scolastica ed interventi di sostegno.Altre variazioni di cui la più recente è rappresentata dall'O.M. 24 giugno 1986 e dall'omonima circolare (trasmissione del D.M. 24/4/86 ed O.M. del 24/6/86). Questi documenti legislativi recano l'approvazione dei programmi dei corsi biennali di specializzazione per il personale direttivo, docente ed educativo operante in attività di sostegno agli alunni diversabili frequentanti la scuola materna e dell'obbligo o iscritti a scuole con particolari finalità". In particolare l'O.M. 24/6/86 n. 194 riporta le norme applicative del DM 24/4/86 per la gestione e l'organizzazione dei Corsi biennali ed il conseguimento dei titoli di specializzazione di cui agli artt. 8-10-11 del DPR n. 970/75. Il contenuto dell'orientamento programmatico dei corsi precedenti risente dell'orientamento polivalente dato alla specializzazione superando il precedente DM del 3/6/77 che prevedeva tre indirizzi specifici. Secondo questa normativa il carattere polivalente non danneggerebbe la specialità dei diversi interventi pur facendone carico ad un solo insegnante. È previsto infatti un solo tirocinio diretto ed indiretto per ciascuna disciplina che viene assunto come fulcro della "dimensione operativa" ed è la base per l'esperienza necessarie alla elaborazione delle tesi di diploma. La polivalenza del titolo è richiesta anche a quanti si sono specializzati in precedenza. La riconversione dei titoli monovalenti (artt. 26-27-28-29-30 dell'OM 24/6/86) si articola in tre diverse modalità a seconda del titolo/i posseduti. Nella Premessa dei programmi di tali corsi

58

biennali viene valorizzata l'importanza della polivalenza del nuovo titolo e le possibilità offerte da questo approccio nel delineare una nuova figura professionale dell'insegnante specializzato. Approfondendo le motivazioni che sottostanno al lavoro della Commissione redattrice, troviamo un riferimento concreto al cambiamento di prospettiva creato dall'obbligatorietà degli studi universitari nella formazione degli insegnanti. A questo proposito la polivalenza si inserisce come importante momento formativo a largo raggio che promuove una competenza metodologica indispensabile per il momento operativo. C'è inoltre un aspetto giuridico non trascurabile rappresentato dall'espressa antinomia tra formazione polivalente e formazione specifica e la certezza che in una data prossima i titoli monovalenti saranno sostituiti. Nella stesura del testo viene mossa una critica molto dura verso la precedente gestione del tirocinio con l'obiettivo di cambiare qualitativamente questo momento formativo essenziale. Non solo, troviamo anche altre novità che scaturiscono da un modello nel quale apportano integrate tre diverse dimensioni: quella culturale, quella operativa e quella didattica unita all'esperienza di tirocinio come modello. Da tutto questo scaturisce un nuovo profilo dell'insegnante specializzato chiamato a fornire prestazioni professionali anche in rapporto agli specialisti terapeutico-riabilitativi operanti sul territorio.I programmi in questione tracciano un profilo preciso dell'insegnante specializzato. Egli è chiamato ad avere ad avere una maggiore professionalità che gli permetta di osservare funzionalmente l'alunno e di costruire un intervento metodologico-didattico integrato con le esigenze dello stesso e dell'organizzazione scolastica; inoltre è tenuto ad usare una metodologia basata su moduli operativi oggettivi trasmissibili e verificabili rispetto alla rispondenza del soggetto trattato. Cambia l'orientamento delle conoscenze che derivano ora "dall'acquisizione culturale ed esperienziale dei contenuti dei diversi insegnamenti". Le conoscenze sono caratterizzate quindi da un'attiva partecipazione al tirocinio attraverso il quale è possibile calare la teoria nella pratica. La nuova professionalità e l'orientamento polivalente delle conoscenze porterebbe ad un ampliamento delle competenze, altro punto del profilo ritenuto importante. L'ambito educativo e didattico in cui l'insegnante specializzato deve operare pone delle richieste sempre maggiori che impongono una capacità risolutoria pronta e mirata. La competenza dell'insegnante di sostegno deriva in definitiva da una capacità concreta di operare sul singolo soggetto attraverso strategie e strumenti che tengano conto delle potenzialità

59

dell'alunno, individuate da un'attenta e sistematica osservazione. Una chiarificazione programmatica delle competenze presuppone una modifica degli atteggiamenti basali o di orientamento che riguardano le capacità relazionali e dinamico-sistemiche indispensabili per portare avanti un qualsiasi intervento educativo. All'identikit che così prende forma si contrappongono delle critiche mosse proprio a quella polivalenza che risulta essere il motore di tutto il rinnovamento dell'immagine. In primo luogo essere in un mercato lavorativo in cui è chiara la tendenza alla specificità dei ruoli e delle competenze è ritenuta da molti anacronistica. La formazione specialistica, imposta dalla crescente complessità delle conoscenze e delle prestazioni, riguardanti ormai tutti i campi del sapere è l'unica capace di garantire un certo grado di professionalità in sede operativa. In secondo luogo i due anni del corso sono insufficienti per l'acquisizione di tutte le conoscenze teorico-pratiche riportate riportate nei programmi specie se in riferimento ai corsi monovalenti di uguale durata. Forse è proprio nell'affannosa ricerca di una via per testimoniare sempre più quella sostanziale concreta efficacia degli impegni a favore dell'integrazione dei soggetti diversabili che è stata smarrita la strada dell'efficacia e dell'efficienza. Nonostante questo è presente nelle normative una continua tendenza al miglioramento con la quale verrà fatta luce sulle situazioni ottimali, per adesso lontane ma in continuo avvicinamento, basti pensare ai nuovi Programmi del 1985 per la scuola elementare. Un interesse sociale, il nostro, nei confronti del "pianeta H", che sulla scia di quello internazionale, vuole essere padrone di una reale integrazione. Per questo non possiamo trascurare il DPR. 12 febbraio 1985 n. 104, che trascorsi oltre 30 anni sostituisce gli anacronistici programmi del '55. Già fuori tempo all'epoca, essi pesavano come un'onta sull'odierno sistema scolastico italiano. Adesso i Nuovi Programmi hanno portato numerose e fondamentali innovazioni delle quali elencheremo solo quelle rivolte all'integrazione delil diversabile in abito scolastico come espressione assoluta del diritto allo studio per tutti. La normativa precedente pur avendo favorito l'avvicinamento spaziale dei soggetti diversabili al contesto dei normodotati, non era ancora riuscita a concretizzare situazioni organizzative capaci di garantire un'integrazione adeguata. Il primo fondamentale passo in tal senso è rappresentato dalla Premessa dei Nuovi Programmi dove si legge un invito a non confondere la socializzazione con quel processo d'integrazione basato largamente sull'apprendimento e lo sviluppo delle potenzialità. Una chiarificazione semantica del termine " integrazione " richiama alla mente il più alto

60

concetto di intervento integrante volta a colmare le lacune strumentali e di apprendimento e a " rendere intero " il soggetto. Perseguire l'obiettivo dell'integrità della persona è un richiamo alla partecipazione attiva del singolo al gruppo e il superamento di una collocazione ex-margine. Questa chiave di lettura, insieme all'indiscussa importanza delle dinamiche relazionali all'interno della classe, fa intravedere alcune conseguenze positive. Con i Nuovi Programmi viene superata infatti la necessità di quella certificazione a carattere immobilistico che non tiene conto della dinamicità delle situazioni d'apprendimento. Un diverso modo di concepire la patologia per dare un largo spazio ai potenziali residui del soggetto attraverso l'assunzione di capacità da parte dell'insegnante specializzato di osservare per apprendere la programrnazione deve tenere conto dei livelli gnosico-prassici, cognitivi di base, delle abilità espressive e comunicative proprio della rappresentazione grafica e ritmica, nonché dei livelli affettivirelazionali del soggetto per delineare un precorso didattico individuale aderente ai livelli di apprendimento di ogni singolo alunno. Nel paragrafo "diversità e uguaglianza" troviamo un chiaro riferimento alle mansioni e competenze dell'insegnante in cui primo dovere è tener conto e valorizzare "le conoscenze acquisite da ogni alunno (...) e le sicurezza raggiunte sul piano affettivo, psicologico e sociale". Questo assume un valore di primaria importanza quando le diversità si fanno più marcate come nel caso dei diversabiliL'obiettivo relativo allo "sviluppo integrale della persona" si avvale dell'ottica, sistemica, capace di garantire l'uso di metodologie educativo-didattiche più avanzate in diretta dipendenza del bambino e della sua rispondenza ad esse anche in riferimento alla realtà familiare, sociale e territoriale. I Nuovi Programmi dedicano una parte alle patologia gravi e tornano a fare riferimento al concetto di "sistema-bambino" e di universo individuale trasformando la didattica in didattica differenziata, favorita da sostegni terapeutico-riabilitativi, provenienti da strutture stabilmente disponibili sul territorio. Si prende coscienza delle necessità di offrire un intervento globale in cui l'azione di diverse realtà territoriali (famiglia, scuola, sistema socio-sanitario, ecc.) sia volta alla collaborazione per stabilire interrelazioni sinergiche e funzionali e delineare "un percorso unitario e fondamentale continuo, quanto più possibile in armonia coi ritmi di maturazione e di apprendimento del soggetto". C.M. n.1 4 gennaio 1988. Sulla continuità educativa nel processo di integrazione degli alunni portatori da diversabilità. "...Limitatamente ai primi due-tre mesi di frequenza del nuovo anno scolastico e solo nel caso in cui per

61

problematiche connesse alle situazioni di diversabilità, il primo ambientamento nella nuova istituzione scolastica e il passaggio a nuove figure di riferimento costituiscono per l'alunno difficoltà tali da compromettere i risultati già raggiunti...".C.M. n. 262 del 22 settembre 1988. Sulla frequenza dei diversabili nella scuola secondaria di 2° grado. Se si esclude l'Italia, dove l'integrazione dei soggetti diversabili è pressoché totale, in tutti i paesi della CEE e in quelli dell'Europa orientale esistono scuole speciali e classi differenziali nelle quali vengono trattati i soggetti diversabili. Ciò non implica necessariamente che di fatto il nostro paese, a differenza degli altri, abbia risolto il problema in maniera adeguata, però non si può non riconoscerci il merito di aver predisposto dei testi legislativi di grande rilievo politico e sociale, a cominciare dalla carta Costituzionale fino alle leggi 118/71 e 517/77. Però malgrado questa completezza normativa, le difficoltà da noi persistono ancora, e soprattutto a causa della carenza di collegamenti tra la scuola e le strutture medico-socio-sanitarie. Di contro, in alcuni paesi della CEE, malgrado la persistenza di classi speciali, l'impegno delle strutture sociali e specializzate è molto forte e i collegamenti con la scuola solidi.Appare la necessità di una razionalizzazione delle organizzazioni delle strutture scolastiche per gli alunni diversabili, anche per evitare che permanga nel tempo la conflittualità fra la non superata cultura della segregazione e quella dell'equiparazione di tutti i bambini rispetto al diritto dell'inserimento nelle scuole di tutti. Nel frattempo un soggetto titolare di competenza in materia è intervenuto, la Unità Sanitaria Locale, con la circolare 258 del 22/09/1983, sono state date indicazioni per il raggiungimento di operatività di intesa fra le scuole, di Enti Locali e le U.U.S.S.L.L. in materia di integrazione scolastica degli alunni diversabili. Una circolare in cui si cerca di coinvolgere gli operatori del territorio per garantire opportuni interventi assistenziali e terapeutico-riabilitativo e come da una diagnosi per l'attestazione della diversabilità è possibile arrivare ad una diagnosi funzionale, ossia una diagnosi in positivo, attraverso la quale poter individuare le potenzialità più o meno manifestate dea un soggetto in situazione di diversabilità e su questa base delineare il "piano educativo individualizzato" o "PEI". L'attestazione della diversabilità costituisce l'elemento necessario per attivare le procedure relative alla nomina dell'insegnante specializzato.Tale attestazione deve essere richiesta alla U.S.L. di residenza dei genitori, o su suggerimento del medico che segue il soggetto. All'attestazione della diversabilità, che si tenta di eliminare, deve subentrare la diagnosi

62

funzionale degli specialisti interessati, seguita a sua volta sin dall'inizio dell'anno scolastico dall'osservazione dell'alunno da parte degli insegnanti, al fine di evidenziare le capacità e le abilità possedute, le difficoltà di apprendimento e le relative strategie di intervento. Prevenire, significa essere tempestivi nel coinvolgere attorno dal diversabile tutti gli interventi di cui necessita.La diagnosi funzionale dovrebbe avere lo scopo di fornire agli operatori della scuola un contributo di conoscenze sulla realtà del bambino portatore di diversabilità ed essere informatrice delle attenzioni da seguire, dettate dagli specifici bisogni, essere il primo atto formale che raggiunge la scuola, e che non solo attesta l'diversabilità, ma ne definisce i problemi per farvi fronte. La diagnosi funzionale nasce dalle conoscenze delle patologie invalidanti e i loro esiti, dalla conoscenza dettagliata dei livelli di abilità e di deficit, suggerita dai che il bambino ci invia in lettura di sé. Ne deriva che l'diversabilità non è un problema sociale per il quale non bastano i si incondizionati dei medici, degli psicologi, dei pedagogisti.Alle valutazioni cliniche e agli esami di laboratorio con le quali è consentito fare una valutazione eziopatologica dovranno aggiungersi i risultati di tutte le discipline. La conoscenza dettagliata dei livelli di abilità e dei deficit presenti, in sintesi delle conoscenze del bambino può essere infatti realizzata solo con un rapporto integrato dalle più ampie competenze professionali.Al pari di una diagnosi funzionale, raccolta senza la deplorevole confusione a cui assistiamo frequentemente, emerge la necessità di una mutazione delle strutture affinché sia possibile stabilire in esse relazioni personalizzate. L'ampiezza degli insuccessi e della inadattabilità può sconvolgere ed incidere ancora di più negativamente se non ci decidiamo ad avviare un'azione di prevenzione che veda gli specialisti, gomiti a gomito impegnati ad approntare le cause anziché gli effetti e le conseguenze.I problemi di individuazione, di diagnosi, non sono un affare di questo o quello specialista, l'analisi strutturale necessita del contributo di tutti per potere acquisire attraverso l'immagine i possibili elementi di casualità; un lavoro integrato che solo può garantire le cause che si trovano all'origine dei sintomi esposti: fasi di cause che ogni operatore dovrà sforzarsi di analizzare in vista di una sintesi esplicativa e coerente, utilizzabile nella programmazione educativa individualizzata.

63

La costruzione di impegni seri a favore del portatore di diversabilità, può essere garantita solo per mezzo della reidificazione di un rapporto sano, arricchita dal lavoro di équipe, dell'intesa di tutti gli operatori della scuola e delle UU.SS.LL., da costruttive riunioni periodiche in cui si scambiano informazioni, confronti e riflessioni. Una abilità professionale quella che in tal caso si richiede, costituita da adattabilità, aggiustamento emotivo del dominio dei metodi e delle tecniche di indagine e di intervento, di conoscenza quindi oltre che di formazione cosciente delle personalità.Con la L. 104 del 05/02/1992, (legge quadro sull'diversabilità) l'diversabilità non è più una diversità da accettare, bensì una persona che presenta particolari difficoltà a cui viene garantito "il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia" (art. 1, punto a).La legge ribadisce il "diritto all'educazione e all'istruzione" già affermato dalla Costituzione italiana, e prevede che tale diritto " non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse alla diversabilità" (art.12, comma 4). Il bambino "disabile deve essere inserito negli asili nido come nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie" (art. 12, comma 4). Per garantire questo diritto, la scuola e l'università dovrebbero avere in dotazione "attrezzature tecniche", "sussidi didattici" e ogni altra forma di "ausilio tecnico" (art. 13, punto b). Il continuo interscambio di informazione tra gli insegnanti e i "centri specializzati, aventi funzione di consulenza pedagogica" è importante per garantire "la produzione e l'adattamento di specifico materiale didattico" (art. 13, punto b). L'obiettivo principale dell'azione educativa è: "quello di offrire un'effettiva uguaglianza di opportunità educative ad ogni soggetto in formazione, allo scopo di superare i condizionamenti sociali, economici, culturali ed ambientali". Per poter aspirare ad una effettiva integrazione sociale dei bambini in difficoltà, si deve in primo luogo superare il "concetto di scuola speciale" Questo tipo di istituzione scolastica, "manca dei requisiti essenziali per essere scuola, vale a dire la presenza di un gruppo relativamente vasto ed eterogeneo di coetanei in una situazione normale di vita".Mentre la "scuola speciale" crea una situazione emarginante, segregando ed isolando dalla realtà sociale i soggetti "disabili", le strutture comuni come la scuola, le associazioni ricreative e culturali, i quartieri, i posti di

64

lavoro creano la "condizione primaria" ed indispensabile " per poter sviluppare il sentimento dell'accettazione da parte di tutti".I genitori, gli insegnanti e tutti gli altri operatori che si interessano dell'educazione del bambino diversabile, devono prendere in considerazione le "potenzialità residue", e attraverso questi punti focali, mirare allo sviluppo globale. "Fino ad ora, invece, l'obiettivo del sistema educativo non è stato lo sviluppo globale della personalità del bambino, compatibilmente con i limiti fisici e psichici di cui può essere portatore, ma la categorizzazione degli utenti in quanto potenzialmente inseriti in un sistema di ruoli professionali". (Bellomo L., Ribolzi L., 1983). La condizione migliore per l'inserimento é quindi: "una struttura a 'classi apertèin cui i gruppi dei bambini possono, almeno in alcuni momenti del lavoro nella scuola, aggregarsi secondo le attività e, per quanto riguarda il diversabile, secondo i livelli di impegno che ogni attività richiede. Si tratta, in altri termini di destrutturare l'unità classe per formare gruppi di bambini di classi parallele, o di diversi livelli di età, secondo quanto sarà stato previsto dalla programmazione". (Lalli F., 1984). Se si vuole affrontare il problema dell'inserimento dei diversabili nella scuola comune, è necessario tener presente:" - diagnosi funzionali differenziali delle tipologie e dei gradienti dei vari tipi di diversabilità;- insegnanti qualificati ed esperti della riabilitazione;- strutture adeguate ed efficienti per soddisfare le esigenze del bambino;- inserimento non selvaggio e demagogico, ma corrispondente in modo reale ai loro bisogni;- una scuola nuova, maggiormente relazionata con l'esterno (soprattutto la famiglia) per un sistema educativo integrato;- maggiore scientificità nelle diagnosi e nelle metodologie di intervento". (Barsotti P., Gori M., 1993).

2.3. I documenti internazionali e le iniziative più importanti fino agli anni 90

Sono tre i documenti internazionali più importanti per quanto riguarda i diritti dei diversabili:- Dichiarazione dei diritti generali e speciali dei disadattati mentali, a cura della "Lega Internazionale delle associazioni in favore dei disadattati mentali", del 1968.

65

- I diritti del subnormale redatto dall'assemblea delle Nazioni Unite nel 1971.- Dichiarazioni delle Nazioni Unite sui diritti delle persone minorate a cura delle Nazioni Unite nel 1975.La prima dichiarazione del 1968 esprime alcuni principi fondamentali che saranno ripresi anche successivamente: "la persona mentalmente disadattata gode degli stessi diritti fondamentali degli altri cittadini dello stesso paese e della sua età". Ed ancora: "la persona mentalmente disadattata ha il diritto di ricevere le cure, il trattamento, l'educazione e l'insegnamento che necessitano al suo stato in vista di una guarigione"; ma il più importante dei principi espressi è forse il più dimenticato e trascurato. "Prima di tutto e soprattutto la persona minorata ha il diritto al rispetto".L'assemblea generale delle Nazioni Unite, riaffermando la fede nei diritti dell'uomo e nelle libertà fondamentali e ribadendo i principi espressi dalla dichiarazione dei diritti espressi dell'uomo, ha proclamato la seguente dichiarazione: "Il subnormale mentale deve, nella maggior misura possibile, beneficiare dei diritti fondamentali dell'uomo alla stregua degli altri esseri umani. Il subnormale mentale ha diritto alle cure mediche e alle terapie più appropriate al suo stato, nonché alla sua educazione, alla istruzione, alla formazione, alla riabilitazione ed alla consulenza che lo aiuteranno a sviluppare al massimo le sue capacità ed attitudini. Il subnormale mentale ha diritto alla sicurezza economica ed a un tenore di vita dignitoso. Egli ha diritto, secondo le sue possibilità, a svolgere un lavoro produttivo, ad esercitare una qualche occupazione utile.Ove sia possibile, il subnormale mentale deve vivere in seno alla sua famiglia o in un'istituzione famigliare e deve partecipare a diverse forme di vita collettiva. L'istituzione del tipo di cui sopra deve essere assistita. Qualora si rendesse necessario il suo collocamento in un istituto specializzato, l'ambiente e le sue condizioni di vita dovranno essere il più possibile simili a quelle della vita normale.Il subnormale mentale deve poter beneficiare di una tutela qualificata quando ciò è indispensabile alla protezione della sua persona e dei suoi beni.Il subnormale deve essere protetto contro ogni forma di sfruttamento, abuso o trattamento denigrante. Se fosse oggetto di procedimento giudiziario, egli dovrà beneficiare di una procedura regolare che tenga pienamente conto del suo grado di responsabilità in relazione alle sue facoltà mentali.

66

Se, a causa della gravità del loro diversabilità alcuni subnormali mentali non fossero capaci di esercitare effettivamente l'insieme dei loro diritti, oppure se una limitazione dei loro diritti, o persino la loro soppressione si rilevasse necessaria, la procedura seguita ai fini di tale limitazione o soppressione deve salvaguardare legalmente il subnormale contro ogni forma di abuso. Tale procedura dovrà essere fondata su una valutazione, fatta da esperti qualificati, delle sue capacità sociali. L'eventuale limitazione o soppressione dei diritti sarà sottoposta a delle revisioni periodiche e presupporrà un diritto di appello ai gradi superiori di giurisdizione.Nel 1975, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, chiese che fosse intrapresa, sul piano nazionale ed internazionale, un'azione affinché la dichiarazione costituisse una base ed un riferimento comuni per la protezione dei diritti delle persone minorate, l'ONU proclamò: "il temine minorato o diversabile designa ogni persona incapace di provvedere da sè, interamente o in parte, alle normali necessità della propria vita individuale e sociale, a causa di una deficienza, congenita o acquisita, fisica o mentale. Il minorato deve usufruire di tutti i diritti enunciati nella presente dichiarazione. Questi diritti devono essergli riconosciuti senza alcuna eccezione e senza discriminazione basate sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l'opinione politica, l'origine nazionale e sociale, la condizione economica ed ogni altra situazione del minorato stesso e della sua famiglia.Il minorato ha diritto al rispetto della sua dignità: quale siano l'origine la natura e la gravità delle sue turbe e deficienze, ha gli stessi diritti fondamentali dei suoi concittadini coetanei, cio che implica, implicitamente, di godere di una vita decorosa, sviluppata al massimo delle sue capacità e possibilità.Il minorato ha gli stessi diritti civili e politici degli altri individui; l'art. 7 della dichiarazione dei diritti del minorato mentale va applicata per ogni limitazione o soppressione di tale diritto di cui il minorato mentale fosse oggetto.Il minorato ha il diritto alle misure adatte a permettergli la più ampia autonomia possibile.Il minorato ha il diritto alle cure mediche, psicologiche e funzionali, compresi gli apparecchi di protesi e di ortesi; ha diritto al riadattamento medico e sociale; all'educazione; alla formazione professionale; agli aiuti, consigli, uffici di collocamento ed altri servizi che gli permettano di esplicare e valorizzare le sue capacità ed attitudini, favorendo altresì il

67

processo della sua integrazione o reintegrazione sociale. Il minorato ha diritto alla previdenza sociale in modo che possa condurre una vita decorosa. Ha il diritto, secondo le sue possibilità di ottenere e conservare un impiego e di esercitare un'occupazione utile, produttiva e redditizia remunerata e di far parte di organizzazioni sindacali. Il minorato ha diritto ad una particolare attenzione verso i suoi specifici bisogni in ogni stadio della pianificazione economica e sociale. Il minorato ha il diritto di vivere in seno alla propria famiglia o in un'altra che la sostituisca e di partecipare ad attività creative e ricreative. Nessuno minorato può essere costretto a cambiare o mantenere l'abituale residenza, ove ciò non sia richiesto dal suo stato o dal miglioramento che gli può essere apportato. Se il soggiorno di un minorato in un istituto specializzato è indispensabile, l'ambiente e le condizioni di vita devono essere simili, per quanto possibile, a quelli della vita normale dei suoi coetanei. Il minorato deve essere protetto contro ogni sfruttamento, contro norme e trattamenti discriminatori, abusivi o degradanti. Il minorato deve poter beneficiare di una tutela legale qualificata, allorché tale misura si rilevi indispensabile alla protezione della sua persona e dei suoi beni. Se è oggetto di procedimenti giudiziari, deve beneficiare di una procedura regolare che tenga conto della sua condizione fisica e mentale. Le organizzazioni dei minorati possono essere utilmente consultate su tutte le questioni riguardanti i diritti dei minorati. Il minorato, la famiglia e la comunità devono essere informati con tutti i mezzi appropriati, dei diritti contenuti nella presente dichiarazione.L'O.N.U. ha proclamato nel 1981 l'Anno Internazionale delil diversabile ponendo l'attenzione di tutti i Paesi, e soprattutto di tutti gli uomini, su quella parte di umanità che vive in una condizione di emarginazione. In seguito alle iniziative del 1981, l'assemblea generale dell'ONU ha adottato il "Programma mondiale per le persone disabili" per il decennio 1983-1992. Con il programma ci si proponeva di promuovere misure efficaci per la prevenzione della disabilità, la riabilitazione e la realizzazione degli obiettivi di piena partecipazione delle persone disabili alla vita sociale. Oltre 140 Stati fondarono un proprio comitato nazionale per il programma del decennio.Il Quartier generale per la realizzazione del programma mondiale è il Centro per lo sviluppo sociale e gli affari umanitari a Vienna. Questo organismo ha pubblicato un "Manuale per l'uguaglianza delle opportunità delle persone disabili".

68

Nel 1981 è stata creata la Dpi (Disable peoples international) con il ruolo di federazione delle associazioni rappresentanti i 500 milioni di disabili nel mondo allo scopo di appoggiare lo sviluppo di totali organizzazioni.L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico con sede a Prigi (OCSE) già negli anni '70 lanciò un programma di attività sul processo di integrazione dei diversabili. Secondo recenti studi condotti dalla commissione della Comunità Europea, nei paesi che fanno parte della Cee vi si trovano circa 130 milioni di cittadini colpiti da diversabilità fisici, sensoriali, mentali e psicologici (Pedagogia e Vita 1992). L'OCSE con il suo intervento vuole promuovere "la loro integrazione economica e sociale nella vita attiva".Le iniziative della CEELa CEE con i suoi programmi vuole sensibilizzare l'opinione pubblica nell'intento di eliminare i pregiudizi e l'emarginazione.La Comunità Europea, dalla sua costituzione del 25.03.1957, si è occupata a più riprese del problema diversabilità, nel tentativo di portare avanti una politica a favore dei disabili, attraverso programmi e progetti specifici.Il primo impegno è stato preso il 21.01.1974 con una risoluzione del Consiglio relativa ad un programma di azione sociale per l'integrazione ed il recupero dei diversabili.Fino ai primi anni '80, le iniziative hanno riguardato soprattutto la formazione professionale del portatore di diversabilità. In seguito i provvedimenti della Comunità hanno affrontato il problema della diversabilità in chiave globale, assumendo un ruolo-guida nei riguardi degli stati membri.L'11.03.1981 viene emanata una risoluzione del Parlamento Europeo per l'integrazione economico sociale e professionale dei disabili.In questo stesso anno viene istituita la Divisione "azioni a favore dei diversabili". A questo fa seguito nel 1983 il primo programma di azione comunitaria sui problemi di questi soggetti. L'attuazione di questo primo programma ha consentito un vivace scambio di esperienze e conoscenze fra gli stati membri ed ha ottenuto un notevole impulso all'impegno successivo della Comunità.Dal 1982 è in funzione a Bruxelles un ufficio della Comunità europea che ha il compito di elaborare e realizzare un programma di azione comunitaria, con scadenza quadriennale, per l'integrazione delle persone diversabili. Nel 1988, a cinque anni dalla prima esperienza la Comunità promuove il secondo programma quadriennale di azione comunitaria a

69

favore dei minorati: il programma HELIOS (G.U. CEE n.104/38 del 23.04.1988).Tale programma che è stato rinnovato nel 1991, si muove nell'ambito della riabilitazione, dell'integrazione scolastica, della formazione professionale e dell'integrazione sociale ed economica della diversabilità. Esso è finalizzato a creare le condizioni per una coerente politica europea a favore di tutti i soggetti disabili della Comunità, attraverso l'assunzione di una linea di condotta unitaria, ricavata dalle migliori esperienze degli stati membri inerenti questi aspetti dell'integrazione. (Via libera: mobilità ed autonomia del disabile).A tal fine il programma dispone la creazione di organismi specifici e consultivi a livello CEE, organismi di consultazione tecnica, servizi di informazione e strutture operative in tutti gli stati membri.Oltre a impegnarsi affinché gli interessi delle persone diversabili e la loro integrazione vengano presi in considerazione nell'ambito delle politiche comunitarie, l'ufficio si è fatto promotore di iniziative legislative quali, ad esempio, la raccomandazione del consiglio Cee sul lavoro delle persone diversabili n. 379 del 1986. La Cee ha anche creato quattro reti di esperienze pilota nei vari Stati membri allo scopo di sostenere lo scambio e la diffusione di esperienze innovative in fatto di integrazione. Esse Riguardano la formazione e la riabilitazione professionale; l'integrazione economica, tramite la formazione professionale e l'inserimento lavorativo; l'integrazione scolastica; l'integrazione sociale e la vita autonoma, soprattutto per quanto riguarda i trasporti, l'accessibilità e l'abitare.Con il progetto Handynet (rete informativa computerizzata multilingue della Cee sui problemi della diversabilità) viene dato un importante contributo all'abbattimento della prima barriera all'integrazione: la mancanza di informazione.Una tappa fondamentale a favore delle persone diversabili fu, certamente, il programma d'azione comunitario per il periodo 1988-1991 denominato HELIOS 1 (Diversabilitàped People in the European Community Leaving Indipendently in an Open Society) i cui obiettivi si possono così riassumere: scambio di informazioni ed esperienze condotte dagli stati membri, identificazione di misure innovatrici per una migliore convergenza e coordinazione delle azioni in favore dei diversabili, migliorando a livello comunitario la loro partecipazione, e delle organizzazioni che li rappresentano. Iniziative politiche. Hanno costituito una logica conseguenza delle attività intraprese a diversi livelli. Si può citare la risoluzione del consiglio e dei

70

ministri dell'educazione del 1990 riguardante l'integrazione nei sistemi di insegnamento comune dei fanciulli e dei giovani colpiti da diversabilità.Cooperazione tecnica, parte importante del progetto, è consistita nell'attivare 50 centri per esperienze di formazione e riabilitazione professionale; 21 "attività modello locale" in materia di integrazione dei fanciulli e dei giovani diversabili nel settore dell'educazione; 27 "attività modello locale" nel campo dell'integrazione economica; 32 "attività modello locale" in materia di integrazione sociale e di vita autonoma.Cooperazione con le ONG (Organizzazioni Non Governative). Le 50 ONG riconosciute a livello europeo e operanti a favore delle persone diversabili hanno svolto un lavoro importante, cooperando con la commissione attraverso consigli su questioni tecniche, partecipando all'elaborazione di criteri per la messa in atto d'iniziative, disseminando informazioni relative ai progetti.Sensibilizzazione dell'opinione pubblica. Nei progetti della Comunità tale problema ha sempre rivestito grande importanza. La sensibilizzazione ha avuto come scopo quello di cambiare la mentalità e l'atteggiamento di gran parte della popolazione europea: l'uso dei media in tal senso è stato essenziale.Studi. Sono serviti ad impostare e a svolgere correttamente le varie iniziative, a precisare nuovi orientamenti, a facilitare la presentazione d'iniziative politiche (studi sulle attività occupazionali, ateliers protetti, nuove tecnologie, tempo libero, sistemi di sicurezza sociale ecc..) (Zani G.L. 1992).Il grande vantaggio riscontrato da parte delle persone interessate, grazie alle iniziative politiche, ma più che altro alla cooperazione e allo scambio sociale di informazioni da parte delle varie organizzazioni, ha convinto la Commissione delle Comunità Europee ad istituire un nuovo programma per il quinquennio 1992-96 denominato HELIOS II, in continuità con HELIOS I, che "sostiene gli sforzi degli stati membri e mira ad accrescere la cooperazione e la coordinazione delle azioni a livello locale, nazionale e comunitario, per altro allarga i settori di intervento volendo rispondere agli accresciuti bisogni delle persone diversabili (dai più giovani agli anziani)" (Zani G.L.1992)."Una novità di HELIOS II è costituita dal sistema di informazione e documentazione HANDYNET. La rete, divenuta operativa dal 1990, contiene una banca dati, un corriere, un giornale elettronico e costituisce un prototipo europeo unico al mondo in ragione delle lingue utilizzate (ben nove). Notevoli le implicazioni sul piano sociale ed economico: la rete

71

permette alle persone diversabili di scegliere, nella propria lingua, l'aiuto tecnico più appropriato e meno costoso comparando i differenti prodotti esistenti sul mercato il quale diventa così intercomunicante e trasparente (Zani G.L. 1992).Il 24.07.86 viene promulgata la Raccomandazione al Consiglio concernente l'occupazione dei disabili. Essa invita gli stati membri ad offrire pari opportunità lavorative e di formazione professionale ai cittadini diversabili, evitando licenziamenti dovuti alla diversabilità e facilitando loro l'accesso ai corsi di formazione professionale. (G.U. CEE, L. n. 225/43 del 12.08.1986).Le conclusione del Consiglio dei Ministri dell'Istruzione, riunito il 14.05.1987, riguardo l'istruzione e l'integrazione scolastica alla luce di un programma di collaborazione europea (G.U. CEE n. C.211/1 dell'08.08.1987).Nel 1989 il Parlamento di Strasburgo approva la Carta Comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori che contiene un importante disposizione per i disabili: "Tutte le persone diversabili, qualunque sia l'origine e la natura del loro diversabilità devono poter beneficiare di misure addizionali concrete miranti alla loro integrazione sociale e professionale. Queste misure di miglioramento devono in particolare concernere, in funzione delle capacità degli interessati, la formazione professionale, l'ergonomia, l'accessibilità, la mobilità, i mezzi di trasporto e di accoglienza". Le iniziative promosse dalla Comunità sono finanziate dal Fondo Sociale Europeo che, insieme al Fondo Europeo di Sviluppo Regionale ed il Fondo Europeo d'Orientamento e di Garanzia Agricola, è uno dei tre sistemi strutturali con la funzione di garantire la copertura finanziaria delle azioni comunitarie, come disposto dal regolamento CEE n. 4255/88 del 19.12.1989.Esso vuole offrire un adeguato supporto economico a iniziative concernenti attività di formazione professionale, di integrazione lavorativa, di orientamento e consulenza alla disoccupazione. Fra i destinatari sono compresi i disabili, come individui soggetti a difficoltà nell'accesso nel mondo del lavoro.I progetti rivolti alla rimozione di tali difficoltà ed alla promozione di un inserimento lavorativo dei cittadini con diversabilità elaborati da Regioni, Province e Comuni e da altri Enti organizzati, possono accedere ai finanziamenti del Fondo sociale Europeo. In applicazione dei principi della Carta dei diritti dei lavoratori, la Comunità ha adottato il 28.02.1991 una proposta direttiva a favore della mobilità dei lavoratori disabili (G.U. CEE

72

n.C. 68/7 del 16.03.1991). Essa prevede, ai fini della sicurezza tramite l'adattamento dei mezzi di trasporto pubblico e privato, tre alternative: un ausilio tecnico incorporato nel mezzo o un aiuto tecnico esterno come una passerella o una piattaforma mobile o un aiuto individualizzato da parte di operatori del servizio.Il 31.05.90 viene emanata una risoluzione del Consiglio dei Ministri dell'Istruzione, riuniti in sede di Consiglio, sull'integrazione dei bambini e dei giovani minorati nel sistema scolastico normale (G.U. n.C. 162/2 del 03.07.1990).Questa indicazione, che in Italia risulta ormai superata dalla normativa vigente, è rivolta a quei paesi della comunità ove l'inserimento scolastico dei soggetti diversabili non è ancora previsto.Nel 1990 viene promossa l'iniziativa "HORIZON" che fissa gli orientamenti per programmi operativi e sovvenzioni globali che gli Stati Membri sono invitati a stabilire nel quadro di una iniziativa comunitaria in materia di formazione professionale, formazione degli operatori, accessibilità, promozione di attività economiche autonome (G.U. CEE n. C. 68/7 del 16.03.1991). Essa è finalizzata ad un miglioramento delle condizioni di integrazione economica, sociale e professionale dei cittadini diversabili e ad un loro inserimento nel lavoro e nella società civile.Altri programmi sono HANDYNET, volto ad un sistema europeo di informazione computerizzata che offra, nelle nove lingue della Comunità, notizie sui vari ambiti della disabilità: ausili tecnici, istruzione, formazione professionale, occupazione, accessibilità, trasporto, turismo, sport, tempo libero ed arte.Tra gli strumenti operativi di questo programma c'è HANDYAIDS, una banca dati su tutti gli ausili tecnici e le protesi prodotti e importati in Europa dai diversabili.Nell'ambito delle proposte relative alla progettazione del terzo programma HELIOS per il quadriennio 1992-96 vanno segnalati i programmi di ricerca RACE, AIM, e TIDE (Manuale di informazione sull'diversabilità).Il primo (Research and Development in Advanced and Communication technology in Europe) affronta i temi delle telecomunicazioni "a banda larga" che appariranno al pubblico negli anni 2000, e della realizzazione di macchine con un solo canale numerico e multimediali. All'interno di tale programma, tre progetti sono destinati direttamente ai disabili e riguardano: i servizi ausiliari commercializzati nel settore della terapia a favore dei minorati della vista e dell'udito, della mobilità dei non udenti e delle persone anziane; un modello di trasformazione dei terminali

73

audiovisivi; informazioni sulle esigenze delle varie categorie di disabili, per definire le condizioni necessarie alla messa a punto di attrezzature e innovatrici.Il secondo (Advanced Informatics in Medicine) riguarda studi sull'informatica in campo medico. In questo ambito due progetti si riferiscono ai disabili: i sistemi e gli strumenti destinati alla valutazione funzionale a distanza dei disabili, nonché all'organizzazione e al miglioramento delle cure a domicilio e gli ausili atti a rendere più accessibili le tecnologie moderne a favore dei disabili.L'ultimo programma riguarda la ricerca di tecnologie per la disabilità e per gli anziani, finalizzata all'analisi delle relazioni fra disabile ed il suo ambiente e all'individualizzazione delle modalità d'intervento per consentire il progressivo e reciproco adattamento di questi individui al loro ambiente.Il problema dei disabili trova spazio anche in altri programmi CEE come l'E.S.C.E.U.R.E.A. per la promozione della creatività in campo artistico, PETRA: per i giovani dopo la scuola dell'obbligo; ERGO per i lavoratori disoccupati; PAUVRETE: per le persone in condizioni di emarginazione sociale ed economica; LEDA: per le persone disoccupate od in difficoltà a reperire un impiego; ILE rivolto alle donne in difficoltà; EUROTECNET: per innovazioni in materia di formazione professionale e FORCE: per la formazione professionale permanente.La normativa europea riferita al pia5neta-diversabilità è relativamente recente rispetto a quella Italiana.Con HELIOS II, la CEE, non interviene direttamente sull'diversabilità, bensì cerca di favorire la qualità e l'efficacia delle opere nazionali per facilitare l'integrazione sociale dei disabili. Praticamente essa demanda alle nazioni il compito di integrazione, costituendo degli enti(sparsi in tutti gli Stati) il cui scopo sarà la riabilitazione e l'integrazione sia sociale, sia economica, sia scolastica.Questi Enti dovranno realizzare esperienze avanzate nei rispettivi settori, creando un circuito di scambi internazionali delle conoscenze così acquisite.Oltre a svolgere questo ruolo, HELIOS II, coordina le azioni dei vari programmi CEE (che in seguito riporterà) tra loro e con se stesso.La novità importante di questo programma rispetto ai precedenti, sta nella costituzione di un "FORUM EUROPEO DEI DIVERSABILI" che si affianca ai due già esistenti organismi: COMITATO CONSULTIVO e GRUPPO DI COLLEGAMENTO.

74

I rappresentanti del FORUM, che vengono nominati dalla Commissione, previo parere di tutti gli stati membri, sono affiancati da un rappresentante dei datori di lavoro e da un rappresentante delle organizzazioni dei lavoratori.In questo modo si realizza un contatto anche con le organizzazioni non governative costituite da diversabili e loro famiglie.Il COMITATO CONSULTIVO è invece costituito da due rappresentanti governativi per ogni Stato Membro ed è presieduto da un rappresentante della Commissione. Il Comitato esprime pareri sui progetti da adottare.Il GRUPPO DI COLLEGAMENTO è costituito dai rappresentanti degli Stati, da nove rappresentanti dei minorati, da un rappresentante dei datori di lavoro e da un rappresentante delle organizzazioni sindacali. Esso deve essere convocato prima di consultare il Comitato e il suo compito è individuare le priorità d'azione.Per realizzare delle azioni finalizzate al raggiungimento di ottimi risultati, HELIOS II lavora con tematiche annuali ben precise alle quelli devono riferirsi le iniziative proposte. Èchiaro che ciò non è sempre possibile dato che durante l'anno potrebbero sorgere dei gravi problemi che necessitino un intervento immediato.Dopo aver analizzato il progetto più importante che la CEE ha adottato, passo a descrivere anche le altre iniziative e gli altri progetti.Iniziativa HorizonÈ stata decisa nel dicembre del 1990 per favorire l'accesso dei diversabili al mondo del lavoro. Essa promuove infatti attività di formazione professionale nonché di assistenza alla creazione di attività produttive.Per fare questo, opera sovvenzionando le attività che permettono ai disabili di formarsi professionalmente acquisendo competenze e/o specializzazioni che utilizzano tecnologie capaci di diminuire lo sforzo fisico (e migliorare di conseguenza il rendimento).HORIZON sostiene inoltre la creazione di piccole imprese o di cooperative formate da disabili allo scopo di integrarli sul mercato. Il disabile deve essere partecipe dello sviluppo così come deve avvalersi di finanziamenti produttivi e non solamente assistenziali.La cosa più importante è che il progetto HORIZON prevede una priorità per le regioni più povere: i progetti infatti saranno sovvenzionati dalla CEE solo a condizione che almeno uno dei partecipanti provenga da suddette regioni.Progetto Handynet

75

HANDYNET è programma di realizzazione di un sistema Europeo computerizzato d'informazione sull'diversabilità.Creato nel 1988 nell'ambito di HELIOS, ha realizzato a tutt'oggi una BANCA DATI degli ausili tecnici per i disabili.Attraverso dodici centri di riferimento in ciascuno degli Stati membri, vengono raccolte informazioni relative agli ausili tecnici prodotti.Esse confluiscono poi in un centro di raccolta dal quale è possibile ricevere tutte le notizie su tutti gli ausili disponibili in Europa.Un elemento molto importante di HANDYNET è la dimensione Europea del sistema: è stato creato infatti a tale scopo, HANYVOC, un vocabolario di sostegno finanziario, di manifestazioni, avvenimenti o progetti che coinvolgono i disabili come protagonisti.Come funziona HANDYNET?In Italia il centro di riferimento HANDYNET è il SIVA, (Servizio Informazione e Valutazione Ausili) di Milano situato presso la fondazione "Pro iuventute don Gnocchi".In detto centro risiede la banca dati, la cui consultazione non richiede alcun tipo di conoscenza informatica: il programma è infatti semplice, flessibile e di facile uso. Oltre ad elencare gli ausili, la banca dati offre notizie utili per il loro reperimento e per attuare le procedure per l'ottenimento (ove esso sia possibile).Le schede ausili presenti nella banca dati del SIVA sono 5310. Per ogni ausilio recensito la scheda comprende une vasta gamma di dati tecnici dimensionali e strutturali; inoltre l'informazione è completata da un'immagine computerizzata dell'ausilio richiamabile su video. Infine sono inseriti i nomi dei produttori e dei fornitori dell'ausilio corredati dai prezzi.Come si può notare questo programma è fondamentale per coloro che operano nel settore (il SIVA è infatti anche un centro di consulenza sull'diversabilità) poiché consente una rapida informazione sugli ausili disponibili sul mercato per ogni tipo di diversabilità.Programma TideTIDE (Technology Initiative for Disabled and Elderly people) è un programma volto a favorire l'individuazione di soluzioni tecniche concrete per la riduzione della diversabilità.Il suo scopo è infatti la realizzazione di prototipi di strumenti per disabili rimandando ad una fase successiva la realizzazione dei modelli.È un programma di sviluppo che intende favorire il sorgere di iniziative per consentire alle imprese Europee di competere con quelle Americane e

76

Giapponesi: tutto ciò è permesso con l'assunzione dei costi dello sviluppo da parte della CEE.La fase pilota del TIDE è stata infatti finanziata dal Parlamento Europeo poiché TIDE non è stato ancora inserito nel programma-quadro-pluriennale sulla ricerca scientifica.La principale novità del progetto è quella di essere concentrata sull'adattamento ai bisogni dei disabili della tecnologia esistente e non la realizzazione di nuove tecnologie.Programma A.I.M.A.I.M. (Advanced Informatic Medicine) è un programma finalizzato alla applicazione dell'informatica al campo medico.Tra le iniziative approvate troviamo quelle concernenti lo sviluppo della tecnologia per la valutazione del movimento, (necessaria per realizzare protesi sofisticate) e quelle concernenti la creazione di una banca dati multimediale sulle ricerche riabilitative.L'operatività del programma è stata assicurata grazie alla stipulazione di contratti di ricerca a compartecipazione finanziaria della Comunità.Oltre ai programmi sopracitati, gli interventi della CEE in favore dei disabili, possono essere ritrovati anche all'interno di programmi non specificatamente rivolti ai disabili stessi.Notevole rilievo hanno infatti avuto, oltre alle ricerche relative alla qualità della vita e alla salute dell'uomo (programma sul Genoma Umano), quelli svolti nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.Tra i più significativi troviamo:ESPRIT (European Strategie Programme for Research and Developement in Information Tecnologies).RACE (Research and Developement in Advanced Comunications techno-logies for Europe).DRIVE (Dedicated Road Infrastructure for Vehicle Safety in Europe).DELTA (Developing European Learning Through technological AdCAP.

2.4. Primo documento dell’OMS (ICIDH)

Nel 1980 l’OMS nel documento International Classification of Impairments, Disabilities and Diversabilità (ICIDH) distinse fra "menomazione" (impairment) definita come "perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psico-logica, fisiologica o anatomica"; "disabilità" (disability) come "qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o

77

nell’ampiezza considerati normali per un essere umano"; "diversabilità" come la "condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’età, al sesso e ai fattori socioculturali". ICIDH - Menomazioni1. Menomazioni della capacità intellettivaMenomazioni del linguaggio e della parolaAltre menomazioni psicologiche2. Menomazioni auricolari3. Menomazioni oculari4. Menomazioni viscerali5. Menomazioni scheletriche6. Menomazioni deturpanti7. Menomazioni generalizzate, sensoriali e di altro tipoICIDH - Disabilità1. Disabilità nel comportamento2. Disabilità nella comunicazione3. Disabilità nella cura della propria persona4. Disabilità locomotorie5. Disabilità dovute all’assetto corporeoDisabilità nella destrezza6. Disabilità circostanziali7. Disabilità in particolari attività8. Altre restrizioni all’attivitàICIDH - Diversabilità1. Diversabilità nell’orientamento2. Diversabilità nell’indipendenza fisica3. Diversabilità nella mobilità4. Diversabilità occupazionali5. Diversabilità nell’integrazione sociale6. Diversabilità nell’autosufficienza economica7. Altre diversabilità  Ad esempio un non vedente è una persona che soffre di una menomazione oculare che gli procura disabilità nella comunicazione e nella locomozione e comporta diversabilità nella mobilità, nella occupazione, ecc. Quindi un unico tipo di menomazione può dar luogo a più tipi di disabilità e implicare diversi diversabilità.

78

Così come un diversabilità può essere collegato a diverse disabilità che a loro volta possono derivare da più tipi di menomazione. La menomazione ha carattere permanente, la disabilità dipende dalla attività che esercita e l’diversabilità esprime lo svantaggio nei riguardi di normodotati. Un paraplegico avrà certamente un diversabilità quando si tratti di giocare al calcio, ma non ne avrà praticamente nessuno nel far uso di un personal computer. In questo primo documento lo stato di un individuo viene associare non solo a funzioni e strutture del corpo umano, ma anche ad attività a livello individuale o di partecipazione nella vita sociale.

2.5. Secondo documento dell’OMS (ICF)

Già nel titolo International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF) si ha un cambiamento sostanziale nel modo di porsi di fronte al problema fornendo un quadro di riferimento e un linguaggio unificato. Non ci si riferisce più a un disturbo, strutturale o funzionale, senza prima rapportarlo a uno stato considerato di "salute".Il documento sostituisce ai termini "impairment", "disability" e "diversabilità" che indicano qualcosa che manca per raggiungere il pieno "funzionamento", altri termini nella nuova prospettiva, che sono:ICF - Funzioni corporee1. Funzioni mentali2. Funzioni sensoriali e dolore3. Funzioni della voce e dell’eloquio4. Funzioni del sistema cardiovascolare, ematologico, immunologico e respiratorio5. Funzioni del sistema digestivo, metabolico e endocrino6. Funzioni genitourinarie e riproduttive Funzioni neuromuscoloscheletriche e collegate al movimento7. Funzioni cute e strutture associateICF - Strutture corporee1. Strutture del sistema nervoso2. Occhio, orecchio e strutture collegate3. Strutture collegate alla voce e all'eloquio4. Strutture dei sistemi cardiovascolare, immunologico e respiratorio5. Strutture collegate al sistema digestivo, metabolico e endocrino6. Strutture collegate al sistema genitourinario e riproduttivo

79

7. Strutture collegate al movimento8. Cute e strutture collegateICF - Attività e partecipazione1. Apprendimento e applicazione della conoscenza2. Compiti e richieste di carattere generale3. Comunicazione4. Mobilità5. Cura della propria persona6. Vita domestica7. Interazioni e relazioni interpersonali8. Principali aree della vita9. Vita di comunità, sociale e civicaICF - Fattori ambientali1. Prodotti e tecnologia2. Ambiente naturale e cambiamenti apportati dall’uomo all’ambiente3. Supporto e relazioni4. Atteggiamenti5. Servizi, sistemi e politicheLe funzioni corporee includono le funzioni fisiologiche e psicologiche. Le strutture corporee sono parti anatomiche. Attività è l’esecuzione di un compito o di un’azione. Partecipazione è il coinvolgimento di un individuo in una situazione di vita. I fattori ambientali sono caratteristiche, del mondo fisico, sociale e degli atteggiamenti, che possono avere impatto sulle prestazioni di un individuo in un determinato contesto.La classificazione si ferma ai primi due livelli, ma nel documento OMS si arriva a livelli superiori di ulteriori sottoclassificazioni. Ad ogni livello di classificazione è associata una sigla.Così, ad esempio, la classificazione b11420 viene inserita nella seguente gerarchia di livelli:b     Strutture corporeeb1     Funzioni mentalib11     Funzioni mentali globalib114     Funzioni dell’orientamentob1142     Orientamento alla personab11420     Orientamento a se stessie ad essa è associata la definizione “funzioni mentali” che producono la consapevolezza della propria identità.

80

Il documento ICF copre tutti gli aspetti della salute umana, raggruppandoli nel dominio della salute (health domain: vedere, udire, camminare, imparare e ricordare) e in quello collegato alla salute (health-related domains: mobilità, istruzione, partecipazione alla vita sociale…). L’ICF riguarda tutti, non solo le persone con disabilità.Rispetto a ciascuna delle centinaia di voci classificate, a ciascun individuo può essere associato uno o più qualificatori che quantificano il suo "funzionamento". Per le funzioni e strutture del corpo il qualificatore può assumere i valori:0     Nessuna menomazione     0-4%     (impairment)1     Lieve menomazione     5-24%     (impairment)2     Moderata menomazione     25-49%     (impairment)3     Grave menomazione    50-95%     (impairment)4     Totale menomazione     96-100%     (impairment)8     Non specificato9     Non applicabileAnaloghi qualificatori esistono per le attività, per le quali si parla di restrizioni e per la partecipazione, per la quale si possono avere limitazioni. Infine sui fattori ambientali si hanno delle barriere.La classificazione "positiva", che parte dal funzionamento per dire se e quanto ciascuno se ne discosta, ha il vantaggio rispetto alla classificazione ICIDH di non aver l’obbligo di dover specificare le cause di una menomazione o disabilità, ma solo di indicarne gli effetti.Il termine "diversabilità" è stato abbandonato, estendendo il termine disabilità a ricoprire sia la restrizione di attività che la limitazione di partecipazione.

2.6. Il nuovo concetto di disabilità

Il 21 maggio 2001, 191 Paesi partecipanti alla 54ma Assemblea Mondiale della Sanità hanno accettato la nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (International Classification of Functioning, Disability and Health -ICF) come “standard di valutazione e classificazione di salute e disabilità”.Lo scopo generale dell’ICF è quello di fornire un linguaggio standard e unificato che serva da modello di riferimento per la descrizione delle componenti della salute e degli stati ad essa correlati.

81

Quest’ultime sono descritte dal punto di vista corporeo, individuale e sociale in due elenchi principali: 1) Funzioni e Strutture Corporee, 2) Attività e Partecipazione. La classificazione elenca anche i fattori ambientali che interagiscono a determinare una situazione di disabilità. Questa infatti viene definita come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, i fattori personali e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui vive l’individuo.L’ICF può essere utilizzata in discipline e settori diversi (clinico, statistico, ricerca, politiche di welfare, ad esempio) in quanto: fornisce una base scientifica per la comprensione e lo studio della salute, delle condizioni, conseguenze e cause determinanti ad essa correlate; stabilisce un linguaggio comune allo scopo di migliorare la comunicazione fra i diversi utilizzatori, tra cui gli operatori sanitari, i ricercatori, gli esponenti politici e la popolazione, incluse le persone con disabilità; rende possibile il confronto tra dati raccolti in Paesi, discipline sanitarie, servizi e periodi diversi; fornisce uno schema di codifica sistematico per i sistemi informativi sanitari. La classificazione è il risultato di un lungo lavoro di revisione, iniziato nel 1993 dall’OMS, della Classificazione Internazionale delle Menomazioni, Disabilità e Svantaggi Esistenziali (International Classification of Impairments, Disabilities and Diversabilità - ICIDH) del 1980.L’Italia è tra i 65 paesi che hanno attivamente partecipato alla validazione dell'ICF. A partire dal 1998 il lavoro di revisione della precedente classificazione ICIDH è stato svolto in Italia da una rete, inizialmente informale, di istituzioni, servizi, esperti e associazioni di persone con disabilità denominata Disability Italian Network-DIN, coordinata dall'Agenzia Regionale della Sanità della Regione Friuli Venezia Giulia. La stessa Agenzia ha organizzato la presentazione ufficiale della versione italiana dell'ICF tenutasi il 17 aprile 2002 a Trieste durante la “WHO-Conference on Health and Disability”. Malattia e disabilità: classificazioni differenti ma complementariLa nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) è una delle classificazioni internazionali, sviluppate dall’ Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) che permettono di codificare un'ampia gamma di informazioni relative alla

82

salute (ad es. diagnosi, funzionamento e disabilità, accesso ai servizi…). Esse utilizzando un linguaggio comune standardizzato favoriscono la comunicazione, in materia di salute e assistenza sanitaria, tra gli operatori in tutto il mondo e tra varie scienze e discipline.Nelle classificazioni internazionali dell’OMS le condizioni di salute in quanto tali (malattie, disturbi, lesioni, ecc) vengono classificate principalmente nella Classificazione Internazionale delle Malattie (International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems - ICD) che viene periodicamente rivista ed aggiornata. Attualmente è in uso l’ICD-10 (OMS, 1992-94), tradotta in italiano nel 2000. Oltre alla classificazione Internazionale delle Malattie, vi sono altri sistemi classificatori che si concentrano su gruppi di patologie. Ad esempio per quanto riguarda le malattie mentali il principale riferimento, dopo l’ICD-10, è dato dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM IV TR) realizzata dall’American Psychiatric Association.La Classificazione Internazionale delle Malattie e la Classificazione Internazionale sul Funzionamento, sulla Disabilità e sulla Salute vanno considerate come complementari. L’ICD-10 si basa sulla sequenza Eziologia -> Patologia -> Manifestazione Clinica e fornisce una “diagnosi” delle malattie mentre l’ICF classifica il funzionamento41 e la disabilità42

associati alle condizioni di salute.Dall'ICIDH all'ICFConcetti base e struttura dell'ICIDH Menomazione: qualsiasi perdita o anormalità a carico di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche; essa rappresenta l’esteriorizzazione di uno stato patologico e in linea di principio essa riflette i disturbi a livello d’organo. Disabilità: qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a una menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano. La disabilità rappresenta l’oggettivazione della menomazione e come tale riflette disturbi a livello della persona. La disabilità si riferisce a capacità funzionali estrinsecate attraverso atti e comportamenti che per generale consenso costituiscono aspetti essenziali della vita di ogni giorno.

41 Funzionamento è un termine ombrello che comprende tutte le funzioni corporee, le attività e la partecipazione ed indica anche che non sussistono aspetti problematici della salute e degli stati ad essa correlati.42 Disabilità serve come termine ombrello per menomazioni, limitazioni delle attività o restrizioni della partecipazione.

83

Diversabilità: condizione di svantaggio vissuta da una determinata persona in conseguenza di una menomazione o di una disabilità che limita o impedisce la possibilità di ricoprire il ruolo normalmente proprio a quella persona (in base all’età, al sesso e ai fattori socio-culturali). Esso rappresenta la socializzazione di una menomazione o di una disabilità e come tale riflette le conseguenze – culturali, sociali, economiche e ambientali – che per l’individuo derivano dalla presenza della menomazione e della disabilità. Lo svantaggio deriva dalla diminuzione o dalla perdita delle capacità di conformarsi alle aspettative o alle norme proprie dell’universo che circonda l’individuo. Il concetto fondamentale dell’ICIDH è basato sulla sequenza: Menomazione -> Disabilità -> Diversabilità.La sequenza descritta è sintetizzata nel seguente schema: 

A seguito di un evento morboso, sia esso una malattia (congenita o meno) o un incidente, una persona può subire una menomazione, ovvero la perdita o anomalia strutturale o funzionale, fisica o psichica. La menomazione può poi portare alla disabilità, ovvero alla limitazione della persona nello svolgimento di una o più attività considerate “normali” per un essere umano della stessa età. Infine, la disabilità può portare alla diversabilità, ovvero allo svantaggio sociale che si manifesta a seguito dell’interazione con l’ambiente.La sequenza descritta non è comunque sempre così semplice: l’diversabilità può infatti essere conseguenza di una menomazione, senza

84

la mediazione di uno stato di disabilità. Una menomazione può ad esempio dare origine ad ostacoli nei normali tentativi di instaurare dei rapporti sociali; essa determina l’diversabilità ma non la disabilità.Inoltre, la sequenza può essere interrotta: una persona può essere menomata senza essere disabile e disabile senza essere diversabilitàpata.L’ICIDH prevede per le Menomazioni e le Disabilità 9 macro-categorie mentre per gli Diversabilità le macro-categorie sono 7:Categorie delle menomazioni 1. Menomazioni della capacità intellettiva 2. Altre menomazioni psicologiche 3. Menomazioni del linguaggio 4. Menomazioni auricolari 5. Menomazioni oculari 6. Menomazioni viscerali 7. Menomazioni scheletriche 8. Menomazioni deturpanti 9. Menomazioni generalizzate, sensoriali e di altro tipo Categorie delle disabilità 10. Disabilità nel comportamento 11. Disabilità nella comunicazione 12. Disabilità nella cura della propria persona 13. Disabilità locomotorie 14. Disabilità dovute all’assetto corporeo 15. Disabilità nella destrezza 16. Disabilità circostanziali 17. Disabilità in particolari attitudini 18. Altre limitazioni nell’attività Classificazione dei diversabilità 19. Diversabilità nell’orientamento 20. Diversabilità nell’indipendenza fisica 21. Diversabilità nella mobilità 22. Diversabilità occupazionali 23. Diversabilità nell’integrazione sociale 24. Diversabilità nell’autosufficienza economica 25. Altri diversabilità Concetti base e struttura dell'ICFA differenza della precedente Classificazione ICIDH, l’ICF non è una classificazione delle "conseguenze delle malattie" ma delle "componenti della salute". Nel primo tipo di classificazione l’attenzione viene posta

85

sulle "conseguenze" cioè sull’impatto delle malattie o di altre condizioni di salute che ne possono derivare mentre nel secondo tipo si identificano gli elementi costitutivi della salute. In tal senso l’ICF non riguarda solo le persone con disabilità ma tutte le persone proprio perché fornisce informazioni che descrivono il funzionamento umano e le sue restrizioni.Inoltre, essa utilizza una terminologia più neutrale in cui Funzioni e Strutture Corporee, Attività e Partecipazione vanno a sostituire i termini di menomazione, disabilità e diversabilità.La sequenza Menomazione -> Disabilità -> Diversabilità, alla base dell’ICIDH, nella nuova Classificazione viene superata da un approccio multiprospettico alla classificazione del funzionamento e la disabilità secondo un processo interattivo ed evolutivo.La classificazione integra in un approccio di tipo “biopsicosociale” (in cui la salute viene valutata complessivamente secondo tre dimensioni: biologica, individuale e sociale) la concezione medica43 e sociale44 della disabilità. È in sostanza il passaggio da un approccio individuale ad uno socio-relazionale nello studio della disabilità.La disabilità viene intesa, infatti, come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, fattori personali e fattori ambientali che rappresentano le circostanze in egli vive. Ne consegue che ogni individuo, date le proprie condizioni di salute, può trovarsi in un ambiente con caratteristiche che possono limitare o restringere le proprie capacità funzionali e di partecipazione sociale.L’ICF correlando la condizione di salute con l’ambiente promuove un metodo di misurazione della salute, delle capacità e delle difficoltà nella realizzazione di attività che permette di individuare gli ostacoli da rimuovere o gli interventi da effettuare perché l’individuo possa raggiungere il massimo della propria auto-realizzazione. Funzioni corporee: sono le funzioni fisiologiche dei sistemi corporei, incluse le funzioni psicologiche.

43 L’approccio medico considera la disabilità come un problema della persona (causato direttamente da malattie, traumi o altre condizioni di salute) ed è su di essa che, esclusivamente, si deve intervenire nei termini di cura dell’individuo, o di adattamento della persona alla propria condizione o di cambiamento comportamentale.44 L’approccio sociale ritiene che la disabilità sia principalmente un problema creato dalla società, la disabilità, quindi, non è un caratteristica dell’individuo ma il risultato di una complessa interazione di condizioni, molte delle quali create dall’ambiente sociale. Questa nuova concezione della disabilità richiede interventi che migliorino le condizioni di salute ma che determino anche cambiamenti nel contesto sociale.

86

Strutture corporee: sono le parti strutturali o anatomiche del corpo (organi, arti e loro componenti) classificati secondo i sistemi corporei.Menomazione: una perdita o una anormalità45 nella struttura del corpo o nella funzione fisiologica (comprese le funzioni mentali).Attività: è l’esecuzione di un compito o di una azione di un individuo; essa rappresenta la prospettiva individuale del funzionamento.Limitazione delle attività: sono le difficoltà che un individuo può incontrare nell’eseguire delle attività. Una limitazione dell’attività può essere una deviazione da lieve a grave, in termini quantitativi o qualitativi, nello svolgimento dell’attività rispetto al modo e alla misura attesi da persone senza la condizione di salute. (sostituisce il termine disabilità usato nell’ICIDH).Partecipazione: coinvolgimento in una situazione di vita; essa rappresenta la prospettiva sociale del funzionamento.Restrizioni della partecipazione: sono i problemi che un individuo può sperimentare nel coinvolgimento nelle situazioni di vita. La presenza di una restrizione alla partecipazione viene determinata paragonando la partecipazione dell’individuo con quella che ci si aspetta da un individuo senza disabilità in quella stessa cultura o società. (sostituisce il termine diversabilità usato nell’ICIDH) Fattori ambientali: tutti gli aspetti del mondo esterno ed estrinseco che formano il contesto della vita di un individuo e, come tali, hanno un impatto sul funzionamento della persona (es. ambiente fisico e sue caratteristiche, atteggiamenti, valori, politiche, sistemi sociali e servizi etc).Fattori personali: sono fattori contestuali correlati all’individuo quali l’età, il sesso, la classe sociale, le esperienze di vita, modelli di comportamento generali e stili caratteriali che possono giocare un certo ruolo nella disabilità a qualsiasi livello. Essi non sono classificati nell’ICF a causa della loro estrema variabilità ma fanno parte del modello descrittivo del funzionamento e della disabilità. Funzionamento: termine ombrello che comprende tutte le funzioni corporee, le attività e la partecipazione. Esso indica gli aspetti positivi dell’interazione tra un individuo (con una condizione di salute) ei fattori contestuali di quell’individuo (fattori ambientali e personali).Disabilità: termine ombrello per menomazioni, limitazioni dell’attività e

45 Il termine anormalità viene usato solo ed esclusivamente per indicare uno scostamento significativo rispetto a norme statistiche significative.

87

restrizioni della (alla) partecipazione. Esso indica gli aspetti negativi dell’interazione dell’individuo (con una condizione di salute) e i fattori contestuali di quell’individuo (fattori ambientali e personali). Il modello concettuale alla base della Classificazione è presentato nello schema seguente: Interazioni tra le componenti dell’ICF

L’ICF è suddiviso di due parti principali: Parte 1 - Funzionamento e Disabilità, Parte 2: Fattori Contestuali.Ogni parte è poi composta da due componenti:Parte 1 - Funzionamento e Disabilità: Funzioni e strutture corporee, comprende due classificazioni una per le funzioni dei sistemi corporei e una per le strutture corporee Attività e Partecipazione, comprende la gamma completa dei domini indicanti gli aspetti del funzionamento da una prospettiva sia individuale che sociale. Parte 2- Fattori Contestuali: Fattori Ambientali, comprende l’ambiente fisico, sociale e degli atteggiamenti in cui vivono le persone che possono avere un’influenza sulla capacità dell’individuo di eseguire azioni o compiti, o sul suo funzionamento o sulla struttura del corpo. Fattori Personali, sono il background personale della vita e dell’esistenza di un individuo che possono giocare un certo ruolo nella disabilità ma non vengono classificati nell’ ICF. Le componenti del Funzionamento e della Disabilità nella Parte 1 dell’ICF possono essere espresse in due modi. Da un lato possono essere usate per indicare problemi (per es. menomazioni, limitazione dell’attività o restrizione della partecipazione, raggruppati sotto il termine ombrello disabilità); dall’altro possono indicare aspetti non problematici (neutri) della salute e degli stati ad essa correlati, raggruppati sotto il termine

88

funzionamento.I domini sono insiemi di funzioni fisiologiche, strutture anatomiche, azioni, compiti o aree della vita correlate tra loro e costituiscono i diversi capitoli e i blocchi all’interno di ciascuna componente.Queste componenti del funzionamento e della disabilità vengono interpretate attraverso quattro costrutti separati ma correlati che vengono resi operativi utilizzando i qualificatori.I costrutti della Parte 1 sono: Cambiamento nella funzione corporea Cambiamento nella struttura corporea Capacità (l’abilità di un individuo di eseguire un compito o un’azione) Performance (ciò che un individuo fa nel suo ambiente attuale) I costrutti della Parte 2 sono: Facilitatori nei fattori ambientali (fattori che mediante la loro presenza o assenza limitano in funzionamento e riducono la disabilità) Barriere nei fattori ambientali (fattori che mediante la loro presenza o assenza limitano in funzionamento e creano disabilità). Elenco dei titoli e dei capitoli dell'ICFFunzioni corporee 1. Funzioni mentali 2. Funzioni sensoriali e dolore 3. Funzioni della voce e dell'eloquio 4. Funzioni dei sistemi cardiovascolare, ematologico, immunologico e dell'apparato respiratorio 5. Funzioni dell'apparato digerente e dei sistemi metabolico ed endocrino 6. Funzioni genitourinarie e riproduttive 7. Funzioni neuro-muscoloscheletriche e correlate al movimento 8. Funzioni della cute e delle strutture correlate STRUTTURE CORPOREE 9. Strutture del sistema nervoso 10. Occhio, orecchio e strutture correlate 11. Strutture coinvolte nella voce e nell'eloquio 12. Strutture dei sistemi cardiovascolare, immunologico e dell'apparato respiratorio 13. Strutture correlate all'apparato digerente e ai sistemi metabolico ed endocrino 14. Strutture correlate ai sistemi genitourinario e riproduttivo 15. Strutture correlate al movimento 16. Cute e strutture correlate

89

ATTIVITÀ E PARTECIPAZIONE 17. Apprendimento e applicazione delle conoscenze 18. Compiti e richieste generali 19. Comunicazione 20. Mobilità 21. Cura della propria persona 22. Vita domestica 23. Interazioni e relazioni interpersonali 24. Aree di vita principali 25. Vita sociale, civile e di comunità FATTORI AMBIENTALI 26. Prodotti e tecnologia 27. Ambiente naturale e cambiamenti ambientali effettuati dall'uomo 28. Relazioni e sostegno sociale 29. Atteggiamenti 30. Servizi, sistemi e politiche La tabella seguente presenta una visione d’insieme dell’ICF:

90

La definizione di disabilità e gli strumenti di misurazione utilizzati dall’ISTATPer rilevare il fenomeno della disabilità l’Istat, nell’ indagine campionaria sulle Condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari, fa riferimento ad una batteria di quesiti, predisposti da un gruppo di lavoro dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) sulla base della classificazione ICIDH dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che consente di studiare specifiche dimensioni della disabilità: la dimensione fisica, riferibile alle funzioni della mobilità e della locomozione, che nelle situazioni di gravi limitazioni si configura come confinamento; la sfera di autonomia nelle funzioni quotidiane che si riferisce alle attività di cura della persona; la dimensione della comunicazione che riguarda le funzioni della vista, dell’udito e della parola.Ad ogni tipo di disabilità corrisponde una batteria di quesiti con modalità di risposta che prevedono diversi gradi di difficoltà (da una parziale autonomia ad una difficoltà maggiore fino ad arrivare all’inabilità di adempiere la funzione senza l’aiuto di altre persone). Per una corretta interpretazione dei dati è rilevante sottolineare che, per ciascuna domanda, l’intervistato risponde secondo la valutazione soggettiva del proprio livello di autonomia. Tale valutazione può variare non solo in funzione delle diverse condizioni di salute e di livello di autonomia, ma anche per differenze culturali e cognitive o per disparità nel disporre di sostegni materiali e relazionali di cui il disabile può avvalersi per far fronte alle proprie limitazioni.È definita disabile la persona che, escludendo le condizioni riferite a limitazioni temporanee, dichiara il massimo grado di difficoltà in almeno una delle funzioni rilevate con ciascuna domanda, pur tenendo conto dell’eventuale ausilio di apparecchi sanitari (protesi, bastoni, occhiali, ecc.).A seconda della sfera di autonomia funzionale compromessa, sono state costruite quattro tipologie di disabilità: confinamento, difficoltà nel movimento, difficoltà nelle funzioni della vita quotidiana, difficoltà della comunicazione.Per confinamento si intende costrizione permanente a letto, su una sedia, o nella propria abitazione per motivi fisici o psichici; coloro che risultano confinati rispondono solo ai quesiti sull’attività motoria compatibili con la relativa tipologia di confinamento.

91

Le persone con difficoltà nel movimento hanno problemi nel camminare (riescono solo a fare qualche passo senza aver bisogno di fare soste), non sono in grado di salire e scendere da soli una rampa di scale senza fermarsi, non riescono a chinarsi per raccogliere oggetti da terra.Le difficoltà nelle funzioni della vita quotidiana riguardano la completa assenza di autonomia nello svolgimento delle essenziali attività quotidiane o di cura della persona, quali mettersi a letto o sedersi da soli, vestirsi da soli, lavarsi o farsi il bagno o la doccia da soli, mangiare da soli anche tagliando il cibo.Nelle difficoltà della comunicazione sono infine comprese le limitazioni nel sentire (non riuscire a seguire una trasmissione televisiva anche alzando il volume e nonostante l’uso di apparecchi acustici); limitazioni nel vedere (non riconoscere un amico ad un metro di distanza); difficoltà nella parola (non essere in grado di parlare senza difficoltà).È infine importante precisare che, poiché nel set di quesiti per rilevare la disabilità è inclusa la scala ADL (Activities of Daily Living – Attività della Vita Quotidiana) costruita per valutare il grado di autonomia nello svolgimento delle attività quotidiane, tale strumento non è adatto alla somministrazione ai bambini di età inferiore ai 6 anni. Pertanto la consistenza numerica dei disabili non include questo segmento di popolazione. La scala inoltre consente solo in modo parziale di cogliere le disabilità connesse a patologie psichiatriche e ad insufficienze mentali. A ciò occorre aggiungere che la stima derivante dall’indagine si riferisce alle persone che vivono in famiglia - le unità finali di campionamento sono infatti le famiglie - e non tiene conto quindi degli individui residenti permanentemente in istituzioni. Tra questi ultimi sono senz’altro presenti quote non trascurabili di disabili presumibilmente con elevati livelli di gravità (basti pensare alle Residenze Sanitarie Assistenziali per anziani non autosufficienti). Tuttavia, poiché in Italia i disabili vivono molto frequentemente in famiglia, l’effetto in termini di sottostima della consistenza del fenomeno risulta abbastanza contenuto.L’indagine comunque, pur tenendo conto dei limiti degli strumenti utilizzati e della complessità ed eterogeneità del fenomeno, rappresemta la principale fonte statistica a livello nazionale per lo studio delle caratteristiche socio-demografiche, degli stili di vita e dello stato di salute delle persone disabili.

92

Accanto al fenomeno della disabilità, l’indagine rileva anche alcuni specifici tipi di invalidità: invalidità di tipo motorio46, insufficienza mentale47, cecità48, sordomutismo49 e sordità50.Si tratta di dimensioni non perfettamente sovrapponibili alle corrispondenti tipologie di disabilità, e ciò sia per il differente approccio concettuale sottostante i due fenomeni, sia per le differenze negli strumenti adottati. Rilevare la disabilità significa valutare il livello di riduzione dell'autonomia nello svolgere le principali funzioni, conseguente al deficit o menomazione dovuta alla malattia, tenendo conto dell’eventuale ausilio di apparecchi. L’invalidità, invece, è riferita alla menomazione che colpisce un organo ed è quindi indipendente dalla valutazione complessiva di autosufficienza. Il fenomeno quindi è rilevato, a differenza di quanto avviene per la disabilità, anche per i bambini fino a 6 anni. Inoltre gli strumenti adottati per la rilevazione non sono confrontabili: la disabilità deriva infatti da una sintesi di quesiti, l’invalidità è rilevata invece in termini di presenza e assenza della specifica menomazione dichiarata dagli intervistati.In altri termini può accadere che una persona presenti un’invalidità motoria per mancanza o anchilosi di un arto, ma ricorrendo al supporto di una protesi o di altro apparecchio, risulti non dipendente al punto da presentare una disabilità motoria. Al contrario, una persona che non presenta menomazioni negli arti ma, ad esempio, a causa dell’avanzata età, non riesce a muovere qualche passo senza ricorrere all’aiuto di altre persone, presenta una disabilità motoria pur non dichiarandosi invalido motorio.

2.7. Le leggi nazionali

Per quanto riguarda il concetto di disabilità, nel maggio 2001, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha approvato l'International Classification of Functioning, Disability and Health

46 Grave limitazione o impedimento delle capacità di movimento di uno o più parti del corpo per mancanza o perdita di uno o più arti.47 Insufficienze mentali congenite (down, microcefalia, ecc.), perinatali (incompatibilità del gruppo sanguigno materno/fetale, ecc.), o acquisite (meningiti, encefaliti, tumori ecc.); la frenastenia, o l’oligofrenia (difetti permanenti dell’intelligenza).48 Parziale o totale assenza della vista sino a meno di un ventesimo con eventuale correzione.49 Incapacità o grave difficoltà nell’esprimersi tramite il linguaggio.50 Parziale o completa mancanza della capacità di udito anche se corretta con apparecchi acustici.

93

(ICF), con lo scopo di integrare sia il modello medico sia il modello sociale; pur non essendo una condizione esclusiva della popolazione anziana, la disabilità è prevalentemente osservabile nella fascia degli ultra settantacinquenni dove la cronicità, la morbilità, la compromissione funzionale, la polifarmacoterapia e le problematiche di tipo sociosanitario, giocano un ruolo determinante.I trend demografici evidenziano un rilevante aumento assoluto e relativo del segmento della popolazione anziana ultrasettantacinquenne (+25%, pari a più di 1.400.000 persone nei prossimi 10 anni), con andamenti di grosso impatto soprattutto sulla prevalenza di molte patologie cronico degenerative; ad esempio, le demenze sono destinate ad un sostanziale raddoppio degli attuali malati (sono circa 450.000 nel 2007) entro il 2020.Dall’indagine La disabilità in Italiaemerge che la famiglia è il soggetto che generalmente prende in carico la persona disabile. Circa il 10% delle famiglie ha almeno un componente con problemi di disabilità e, oltre un terzo di queste famiglie è composto da persone disabili che vivono sole. Quasi l’80% delle famiglie con persone disabili non risulta assistita dai servizi pubblici a domicilio ed oltre il 70% non si avvale di alcuna assistenza, né pubblica né a pagamento soprattutto nel Sud.Le persone con disabilità sono 2 milioni 600 mila di cui l’80% hanno un’età superiore a 65 anni.La disabilità è più diffusa tra le donne (6,1% contro 3,3% degli uomini). Le persone confinate nell’abitazione sono 1 milione 130 mila (2,1%); tra le persone anziane tale percentuale raggiunge 8,7%. Il 3,0% della popolazione di 6 anni e più presenta invece limitazioni nello svolgimento delle indispensabili attività di cura personali.Il Sud e le Isole presentano tassi più elevati per le patologie croniche “gravi” e la disabilità. Si supera la percentuale del 14% dei cronici gravi contro il 12,4% del Nord-ovest e il 12,6% del Nord-est.Per la disabilità nelle Isole si arriva al 6,2% e nel Sud al 5,8% contro il 4,1% del Nord-ovest e il 4,0% del Nord-est. Particolarmente critica la situazione delle donne anziane nel Sud, tra le quali la percentuale di disabili sfiora il 30% contro il 19,5% delle coetanee nel Nord Italia.La definizione di disabilità cambia a seconda della rilevazione statistica e di chi la effettua; spesso si usano in modo impreciso termini come non autosufficiente, disabile, portatore di diversabilità, invalido e inabile.In Italia, la tutela assistenziale del cittadino disabile si realizza in primis con l’istituto dell’invalidità civile (Decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5), creato nel nostro Paese negli anni Settanta, ed inizialmente orientato al

94

collocamento mirato al lavoro di soggetti impossibilitati a lavorare per malattia (art. 38 della Costituzione), si è nel tempo trasformato in un sistema che - attivato per l’erogazione di indennità di natura economica – è stato utilizzato anche per la tutela dei soggetti anziani ultra sessantacinquenni o dei minorenni.L’accertamento delle percentuali di invalidità civile avviene attraverso il DM 5 febbraio 1992, e successive modificazioni, che ha recepito, in forma limitata, alcune indicazioni elaborate dall’OMS nell’ambito della classificazione internazionale delle menomazioni “Classificazione Internazionale delle menomazioni, delle disabilità e dei diversabilità” (ICIDH-1, 1980). Il sistema rimane legato all'analisi e alla misurazione percentuale di ciascuna menomazione anatomo-funzionale e dei suoi riflessi negativi sulla capacità lavorativa e molte infermità non risultano gabellate, tuttavia, è possibile valutarne il danno con un criterio analogico.I cittadini che richiedono il riconoscimento dello stato d’invalidità, dopo l’esito positivo della visita, disposta dalla regione e dall’INPS (che è il soggetto istituzionale pagante), attraverso la Commissione medica di accertamento, hanno diritto a: benefici di natura economica (assegno di invalidità, pensione di inabilità, indennità mensile di frequenza per i minori ed indennità di accompagnamento); benefici di natura socio-assistenziale (assistenza protesica, collocamento mirato al lavoro ed esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria “esenzione ticket” per le prestazioni di diagnostica clinica e di diagnostica strumentale).La legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone diversabili) ha introdotto un nuovo modello di assistenza alle persone disabili che fa riferimento alla capacità della persona di espletare autonomamente (anche se con ausili) le attività fondamentali della vita quotidiana.Come precedentemente anticipato, la definizione di disabilità non è universale. L’ISTAT, ad esempio, usa la nuova classificazione dell’OMS la “Classificazione Internazionale del funzionamento e delle disabilità” (ICF, 2001) che definisce non autosufficienti le persone con disabilità fisica, psichica, sensoriale, relazionale, accertata attraverso l’adozione di criteri uniformi su tutto il territorio nazionale. In particolare, la classificazione ICIDH-1 considera la disabilità come la conseguenza di una menomazione strutturale o funzionale al livello corporeo, l’ICF definisce la disabilità come risultato di una complessa relazione tra salute,

95

fattori personali e ambientali e, conseguentemente, determina la necessità di un’integrazione tra l’intervento sanitario e quello sociale.L’indennità di accompagnamento (Legge 11 febbraio 1980, n. 18 “Indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili”) è un istituto che riguarda essenzialmente  la disabilità e l’diversabilità dei minori e degli adulti, più che degli anziani, non considerati ancora, al momento dell’introduzione del nuovo istituto, una priorità sociosanitaria.Nel corso del tempo, l’indennità di accompagnamento ha progressivamente mutato il proprio target, rivolto oramai alla non autosufficienza in generale, in particolare delle persone anziane, e strumento universalistico, per un’utenza in crescita, gli anziani non autosufficienti.In Italia, secondo gli ultimi dati resi disponibili dell’ISTAT, si registrano ad oggi circa 2.600.000 persone non autosufficienti, ossia di persone che riferiscono una totale mancanza di autonomia per almeno una delle funzioni essenziali che permettono di condurre una vita quotidiana normale.La legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), ha indicato i princípi fondamentali della materia (tra cui l'applicazione dell'ISEE per l'accesso al servizio integrato di servizi ed interventi sociali), ha istituito a fini di programmazione il piano nazionale triennale degli interventi e dei servizi sociali (approvato per il triennio 2001-2003 con D.P.R. 3 maggio 2001 e non seguíto da altri piani, a causa del mutato assetto delle competenze istituzionale, dopo la riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione) ed ha precisato le aree in relazione alle quali il piano deve specificare gli interventi integranti i livelli essenziali delle prestazioni di assistenza sociale (LIVEAS).Le iniziative del Ministero del lavoro e delle politiche socialiLe principali attività del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sono indirizzate a: Promuovere, sostenere e coordinare progetti ed iniziative finalizzate all’inclusione delle persone con disabilità, alla promozione dell’accesso a tutto per tutti, alla partecipazione attiva nello sviluppo sociale nonché a diffondere una nuova cultura della disabilità, fondata sul riconoscimento della pari dignità e delle pari opportunità per tutti. Assicurare la piena attuazione della normativa in materia di disabilità, con particolare riferimento alla legge quadro 5 febbraio 1992, n. 104 e successive modificazioni, alla legge 8 novembre 2000, n. 328, alla

96

disciplina sulla tutela giuridica anche attraverso attività di assistenza e consulenza sull'applicazione delle normative. Fornire supporto informativo ad istituzioni e cittadini anche al fine di verificare adeguati standard di qualità e utilizzabilità dei servizi socio-assistenziali. Curare le attività volte alla predisposizione di iniziative legislative nonché a promuovere analisi e rapporti sulla condizione delle persone con disabilità. Assicurare il raccordo con le organizzazioni rappresentative delle persone con disabilità, con le organizzazioni di volontariato, delle parti sociali, e con le formazioni della cittadinanza attiva per la promozione e il coordinamento di interventi in favore delle persone con disabilità. Favorire lo scambio di buone pratiche, anche in raccordo con le regioni e gli enti locali, in materia di integrazione delle persone con disabilità, assistenza, progetti innovativi per la vita indipendente, “dopo di noi”. Partecipare alle attività promosse dall'Unione europea, dal Consiglio d'Europa, dalle Nazioni Unite e da altri organismi internazionali nel campo della disabilità anche in collaborazione con le competenti istituzioni di altri Paesi.L'Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità è un organismo istituito ai sensi dell’art. 3 della legge 3 marzo 2009, n. 18 e presieduto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il Regolamento dell’Osservatorio è stato disciplinato con il Decreto Interministeriale del 6 luglio 2010 n. 167. L’Osservatorio ha funzioni consultive e di supporto tecnico-scientifico per l’elaborazione delle politiche nazionali in materia di disabilità con particolare riferimento: alla promozione dell’attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, siglata a New York il 13 dicembre 2006; alla predisposizione di un programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e internazionale; alla promozione della raccolta di dati statistici e della realizzazione di studi e ricerche sul tema; alla predisposizione della relazione sullo stato di attuazione delle politiche sulla disabilità.

97

All’interno dell’Osservatorio è istituito un Comitato tecnico-scientifico con finalità di analisi ed indirizzo scientifico in relazione alle attività e ai compiti dell’Osservatorio. Il comitato è composto da un rappresentante del Ministero del Lavoro e da uno del Ministero della Salute, da rappresentante delle Regioni e da uno delle autonomie locali, da due rappresentanti delle associazioni nazionali maggiormente rappresentative delle persone con disabilità e da tre esperti facenti parte dell’Osservatorio.Il primo Programma d’azione italiano per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità è stato approvato dall’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, a cui si deve anche il primo Rapporto italiano alle Nazioni Unite sulla implementazione della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità nel nostro Paese.Il Programma d'azione, di durata biennale, individua le aree prioritarie verso cui indirizzare azioni e interventi per la promozione e la tutela dei diritti delle persone con disabilità, al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi generali della Strategia europea sulla disabilità 2010-2020 e della Convenzione ONU ratificata dall’Italia nel 2009.In particolare, le principali forme di aiuto economico riguardano: l’indennità di accompagnamento, erogata direttamente al disabile, all’anziano, e al non autosufficiente, senza alcun limite di reddito, per migliorare le sue condizioni di vita, e diverse agevolazioni fiscali riguardanti: i figli a carico diversabili, in funzione del reddito e del numero dei figli stessi; l’acquisto di veicoli, mezzi di ausilio, sussidi tecnici e informatici; le spese per i cani dei non vedenti e di interpretariato per i non udenti; le spese per le realizzazioni di interventi di abbattimento delle barriere architettoniche; le spese mediche e quelle per l’assistenza personale e domestica.Dal punto di vista sanitario, le persone disabili e non autosufficienti, possono ricevere, a richiesta, dalle strutture presenti nel luogo dove vivono, varie tipologie di assistenza sanitaria (medico, infermieristico, protesico, psichiatrico). Tali interventi possono essere erogati negli ambulatori pubblici, a domicilio, in strutture semiresidenziali o residenziali.Per quanto concerne le prestazioni di carattere socio-assistenziale, lo Stato attraverso proprie leggi (legge n. 104 del 1992) garantisce l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone diversabili e dei loro familiari. In particolare, sono tutelati i diritti riguardanti l’inserimento scolastico - diritto all’insegnante di sostegno e agli ausili

98

scolastici - e l’accesso al mondo del lavoro (legge n. 68/1999) - collocamento mirato e assunzioni obbligatorie -. Ai cittadini lavoratori, diversabili grave, riconosciuto ai sensi dell’art. 3, comma 3 Legge 104/92 e ai loro familiari vengono concessi, in presenza di determinate condizioni, dei permessi retribuiti aventi come scopo la cura e l’assistenza del portatore di diversabilità.Inoltre, per le persone disabili sono i comuni, singoli o associati, che nel territorio di appartenenza, intervengono con loro iniziative, che vanno dallo scuola bus per le persone non autosufficienti, alla consegna a domicilio di documenti o generi di prima necessità, al personale che assiste i minori che frequentano gli istituti dell’obbligo.Per le finalità di natura socio-assistenzialele risorse necessarie vengono stanziate annualmente attraverso la legge finanziaria nell’ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali e dal Fondo per le non autosufficienze, che possono essere integrati da proprie risorse regionali e comunali al fine di garantire ulteriori servizi.Gli altri interventi di natura sanitaria, fiscale e del lavoro, sono a carico del Fondo sanitario nazionale, che si alimenta attraverso vari tributi e viene ripartito tra le Regioni, della previdenza e della fiscalità generale dello Stato.Archivio Materiali e Download - integrazione e inclusione La prima classificazione rilevante delle disabilità è stata approntata nel 1980 dall’OMS che pubblicò l’International Classification of Impairments, Disabilities and Diversabilità (ICIDH) (OMS, 1980)distinguendo: menomazione, intesa come perdita o anomalia transitoria o permanente a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica, che una persona riporta a seguito di una malattia (congenita o meno) o di un incidente; disabilità, intesa come qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano, che può essere transitoria o permanente, reversibile o irreversibile, progressiva o reversiva; diversabilità, inteso come condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento di un ruolo sociale considerato normale in relazione all’età, al sesso e ai fattori socioculturali, condizione soggettiva e dipende dalle aspettative di vita e dalle esigenze della persona disabile e del suo contesto sociale. Successivamente, nel 1999, l'OMS ha pubblicato la nuova Classificazione Internazionale delle Menomazioni, delle Attività personali e della

99

Partecipazione sociale (ICIDH-2) (OMS, 1999), in cui i termini “attività personali” e “partecipazione sociale” sostituiscono rispettivamente quelli di “disabilità” ed “diversabilità”.Nel 2001 l’OMS appronta un nuovo strumento di classificazione, innovativo rispetto ai precedenti, dei quali supera molti limiti; si tratta della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) (OMS, 2001). Uno degli aspetti più rilevanti di questa nuova classificazione è che, invece di partire dai limiti delle persone, prende come punto di riferimento lo stato di salute, arrivando a parlare di disabilità come di una condizione di salute in un ambiente sfavorevole; considera l’individuo nella sua unicità e globalità, tenendo presente anche il contesto ambientale in cui è inserito e consentendo di riflettere su cosa è possibile fare per migliorare la sua qualità di vita. Si tratta di una classificazione multidimensionale, dall’approccio universale (valido per qualsiasi persona) e integrato (prevede l’analisi biopsicosociale dell’individuo). L’ICF è strutturato in due parti: la prima è inerente a Funzionamento e Disabilità e prende in considerazione sia fattori organici, ossia funzioni (fisiologiche e psicologiche) e strutture corporee, sia attività (esecuzione di un compito o di un’azione) e partecipazione (coinvolgimento in una situazione di vita) dell’individuo; la seconda parte riguarda i Fattori Contestuali, ossia i fattori ambientali (caratteristiche dell’ambiente fisico e sociale e atteggiamenti che possono avere impatto sulle prestazioni di un individuo in un determinato contesto) e i fattori personali (razza, età, stili di vita…). Ci sono poi sottoclassificazioni che entrano nel dettaglio di ogni singolo livello della classificazione; inoltre, rispetto a ciascuna delle centinaia di voci classificate, a ogni individuo possono essere associati qualificatori che descrivono il suo “funzionamento”: per funzioni e strutture corporee si parla di menomazione, per le attività di limitazioni (disabilità), per la partecipazione di restrizioni (diversabilità) e per i fattori ambientali di barriere.Ampio è sempre stato il dibattito rispetto alla terminologia da utilizzare per identificare la persona con disabilità. Attualmente manca ancora, a livello internazionale, un'univoca e coerente definizione del concetto di disabilità. Termini come diversabile e poi disabile, utilizzati in passato, sono stati ritenuti inadeguati, in quanto identificano un individuo con la sua problematica. Tale terminologia è stata sostituita con quella di persona diversabilitàpata o persona disabile, o, ancora meglio, portatore di diversabilità, persona con diversabilità, o persona in situazione di

100

diversabilità. Negli ultimi anni è sempre più diffuso l’utilizzo dell’espressione diversamente abile, che pone in evidenza la differenza qualitativa delle abilità in queste persone. In realtà, se alcuni individui con disabilità hanno la capacità di raggiungere gli stessi obiettivi delle altre persone, seppure con modalità qualitativamente diverse, molti altri non ne hanno la possibilità, per cui il termine diversamente abile può essere fuorviante, in quanto può allontanare da una valutazione delle reali difficoltà della persona (Vianello, 2010).Rispetto ai diritti delle persone con disabilità, è stata promulgata dall’ONU (2007) nel 2007 la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, risultato di una serie di documenti e dichiarazioni che si sono susseguiti negli anni. Uno degli aspetti più salienti sottolineato dalla Convenzione è come la disabilità non sia della persona stessa, bensì sia il risultato dell’interazione dell’individuo con l’ambiente, con la società in cui vive. Le persone con disabilità non vengono più viste come oggetti passivi bisognosi di cure, bensì come soggetti attivi a livello sociale. Viene sottolineato come i diritti umani e le libertà fondamentali debbano essere garantiti a tutte le persone con disabilità e vengono definiti principi fondamentali quali il rispetto della persona nelle sue scelte di autodeterminazione, la non discriminazione, l'integrazione sociale, l'accettazione delle condizioni di diversità della persona disabile, le pari opportunità, il rispetto dello sviluppo dei bambini disabili. Due sono gli organismi deputati al controllo dell’applicazione della Convenzione: il Comitato sui diritti delle persone con disabilità e la Conferenza degli stati aderenti. Viene sottolineato inoltre il ruolo rilevante della società civile e, soprattutto, delle persone con disabilità e delle organizzazioni dedicate rispetto al controllo dell’applicazione della Convenzione. Con la legge n. 18 del 3 marzo 2009, la Convenzione viene ratificata dal Parlamento Italiano e viene istituito un Osservatorio Nazionale sulla disabilità presieduto dal Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, che coinvolge gli osservatori diffusi a livello regionale, le associazioni di disabili e i sindacati. Questo Osservatorio rimane in carica tre anni, promuove la Convenzione dell’ONU e raccoglie dati statistici, sulla base dei quali vengono poi predisposti una relazione sullo stato di attuazione delle politiche sulla disabilità e un programma biennale per la promozione dei diritti e per l’integrazione sociale delle persone con disabilità.Di grande importanza la legge-quadro n. 104 del 5 febbraio 1992 per

101

l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone diversabili, i cui principi fondamentali sono di garantire i diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie, di prevenire e rimuovere le condizioni invalidanti, di mirare al recupero funzionale e sociale e al superamento dell'emarginazione. Fino all'entrata in vigore di questa legge, la normativa sull'diversabilità e soprattutto sull'integrazione veniva definita esclusivamente da Circolari Ministeriali e gli interventi e le iniziative in materia di integrazione scolastica erano rimandate alla volontà e al buon senso dei singoli insegnanti. Tale legge mira a favorire, oltre all’integrazione scolastica, anche l’integrazione sociale della persona con disabilità, esortando ad una collaborazione fra servizi scolastici, sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi e sportivi.Vale la pena di citare anche la legge n. 517 del 4 agosto 1977 che riguarda le “Norme sulla valutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica dell'ordinamento scolastico", fondamentale soprattutto perché mette fine alle scuole speciali e definisce l’integrazione dei bambini con disabilità nella normale scuola dell’obbligo (già anticipata dalla legge n. 118 del 1971); a questa hanno fatto seguito numerose Circolari Ministeriali che hanno di volta in volta effettuato delle specifiche. Una citazione meritano inoltre la legge n. 68 del 12 marzo 1999, che definisce le norme per il diritto al lavoro dei disabili (collocamento mirato) e, in ambito regionale (per la Regione Marche), la legge n. 18 del 1996 per la “Promozione e coordinamento delle politiche di intervento in favore delle persone in condizione di disabilità”.

102

CAP. III - CHI È IL DIVERSABILE

3.1. Cenni storici

Popoli primitiviI popoli primitivi dovevano affrontare una lotta quotidiana contro altri popoli o tribù rivali, contro gli animali, per la conquista del cibo...; per questo motivo il vigore e la forza fisica assumevano una grande importanza. Un disabile non aveva molte possibilità di sopravvivenza, considerando anche le condizioni igieniche molto precarie, la medicina ancora inesistente, gli incidenti che si saranno verificati in un tale ambiente e gli errori dietologici. Ma quale poteva essere il destino di queste persone? "Incapaci a provvedere personalmente alle loro necessità vitali, essi perivano per abbandono o erano uccisi per rimuovere un peso" (Barsotti P., Gori M., 1993). "Nell'individuo minorato doveva alloggiare necessariamente uno spirito maligno. "(Barsotti P., Gori M., 1993). La minorazione fisica o mentale di un individuo era considerata come la diretta conseguenza della presenza di uno spirito "che andava eliminato uccidendo il suo ospite, e cioè il minorato stesso."Le prime societàLa sorte delle persone "disabili" non mutò con il sorgere delle prime forme sociali. Alcuni antichi popoli obbligavano i minorati a lasciare i centri abitati, relegandoli a morire in aree disabitate. Presso altre popolazioni, come in India, venivano gettati nei fiumi; in alcuni casi non era permesso loro di accedere ai luoghi pubblici. L'atteggiamento degli antichi ebrei si fondava soprattutto sulla repulsione e sulla paura di ciò che non poteva essere spiegato. Essi non permettevano ai

103

sacerdoti deformi di compiere le loro funzioni nel Tempio. In alcune sinagoghe si proibiva ai minorati di avvicinarsi all'altare. In particolare le deformità spinali erano considerate opera del demonio. (Barsotti P., Gori M., 1993). Grecia e RomaLa "Polis" Spartana mirava al raggiungimento della supremazia sulle altre polis greche. Per far ciò si doveva, prima di tutto, purificare la razza, creando un popolo "perfetto" dove veniva esaltata e curata la forza fisica. "Con la eliminazione dei minorati si sperava che le imperfezioni fisiche sarebbero scomparse. Gli Spartani portavano i bambini minorati sul monte Taigeto e là venivano eliminati " (Barsotti P., Gori M., 1993). Il popolo ateniese, più proiettato verso l'arte, la filosofia, la poesia e in generale verso ogni forma di cultura, si limitava "a lasciare che i loro minorati morissero per mancanza di cure e di assistenza adeguata". Ippocrate cercò di migliorare le condizioni di molti disabili; purtroppo però i sistemi terapeutici e le sue idee avanzate, che andavano uniti ad una buona dose di comprensione, morirono con lui.Nella penisola Italica la situazione non era così diversa. Per la legge romana il padre poteva eliminare il minorato alla nascita. Nel caso in cui l'amore paterno impediva un simile atto, l'unico rimedio era l'abbandono del figlio nelle pubbliche vie, dove qualcuno probabilmente lo avrebbe salvato con l'unico scopo di farne un servitore. Con il Cristianesimo si sposta l'attenzione dalla forza e dalla perfezione fisica, all'uomo in quanto tale. "La premura per l'individuo, indipendentemente dalla sua condizione, era un nuovo ed importante principio di vita". (Barsotti P., Gori M. 1993). Togliere volontariamente la vita ad una persona, indipendentemente dalle sue capacità psico-fisiche, costituiva un peccato. Fortunatamente il destino di queste persone cominciò a migliorare con l'affermarsi della dottrina cristiana.Medio Evo"Il duro trattamento, l'abbandono e l'assenza di adeguate terapie, provocarono un alto tasso di mortalità soprattutto fra i minorati ortopedici, per tutto il Medio Evo". (Barsotti P., Gori M., 1993) I pochi che riuscivano a sopravvivere non avevano, sicuramente, di fronte a sé un futuro in cui poter affermare le doti personali. Le sorti dei minorati erano legate ad insolite occupazioni alle dipendenze di persone "potenti", il loro compito era quello di allietare le lunghe ore vuote dei signori di Corte. "Erano vestiti con costumi multicolori ed in testa portavano un berretto con le campanelle. La loro funzione era quella di far divertire; essi

104

godevano di una insolita libertà di parola e di comportamento solo in quanto riuscissero ad essere divertenti; essi erano spesso scherniti e punzecchiati per gioco". (Barsotti P., Gori M., 1993). C'era però chi era meno fortunato, perché oltre a dovere sopportare la propria deformità fisica, doveva accettare gli insulti e l'isolamento. La loro condizione era interpretata come un segno della presenza di Satana. La società modernaTra il XV e il XVI sec. si realizza il passaggio da una cultura medievale, proiettata verso il mondo di Dio, ad una post-medievale o rinascimentale, più profana, più laica, rivolta alla conoscenza del materiale, della natura, dell'uomo. "La superstizione, la fede irrazionale nel soprannaturale e le estreme forme di ascetismo, lasciarono il posto all'investigazione scientifica, alla logica e alla comprensione delle funzioni della società…" .(Barsotti P., Gori M., 1993). Ma in molti casi la deformità continuò ad essere considerata opera del maligno ed eliminarla era l'unico modo per sconfiggere Satana. I minorati fisici trovarono molti benefici quando l'interesse della filosofia e della scienza si spostò verso problemi di salute e di benessere.La Rivoluzione IndustrialeLo sviluppo del commercio e dell'industria portò ad un graduale miglioramento delle condizioni di vita, riscontrabile solo molti anni dopo la Rivoluzione Industriale. L'ambiente malsano delle miniere, il lungo orario lavorativo delle fabbriche, lo sfruttamento dei bambini, aggiunte alla povertà e alla fame, incrementarono il numero dei minorati. Gli scarsi controlli sociali e l'inadeguatezza della scienza medica non riuscirono a controllare questo fenomeno. Per motivi legati all'esigenza del momento, nacque una legislazione sociale che regolò il numero delle ore lavorative per i ragazzi e migliorò le condizioni ambientali ed igieniche nei luoghi di lavoro. I progressi medici e chirurgici del XIX sec. portarono un ulteriore miglioramento delle condizioni umane. In Italia si deve attendere, però, l'inizio del nostro secolo per vedere interventi mirati a favore dei soggetti diversabili. All'inizio del 1900 furono aperti i primi istituti per l'educazione e rieducazione dei minorati e si ebbe una maggiore sensibilità dell'opinione pubblica al problema. L'attenzione verso i soggetti diversabili, nasce sul finire del 1800 ed è legata al notevole sviluppo scientifico realizzatosi in Europa in Italia nella seconda metà del secolo. Pinel (1745-1825) per primo aprì la strada alle

105

ipotesi eziologiche delle manifestazioni patologiche ingeneranti una anormalità fisica e psichica.Lo sviluppo delle scienze mediche dà origine ad un nuovo interesse verso i soggetti diversabili. La ricerca delle cause dell'anormalità psico-fisiche ed i successivi primi tentativi di recupero, produsse un diverso modo di pensare e di porsi di fronte a questi soggetti, se pure esclusivamente di tipo medico. Nacquero così i primi istituti di cura e riabilitazione per individui diversabili, che si diffusero in Europa con lo scopo di intervenire per superare le loro difficoltà intellettivo-sensoriali.L'ulteriore evoluzione della scienza permise, in seguito, ulteriori tentativi di recupero dei soggetti diversabili modificando così, gradualmente, il modo di pensare e di porsi nei loro confronti, sebbene ancora nella gente comune fosse presente il rifiuto.Al Voisin si deve l'apertura del primo istituto per diversabili a Parigi.Sebbene all'estero, nel 1894, si contassero circa 90 istituti, in Italia, purtroppo, l'unico istituto era quello di Antonio Gonnelli Cioni, precursore della pedagogia speciale, il primo ad aver indicato la via da seguire per raggiungere l'integrazione delil diversabile nella società. Cioni proponeva la possibilità che i soggetti disabili superassero difficoltà e lacune attraverso una didattica correttiva elaborata allo scopo.51

51 I diversabili psicofisici in Italia erano, fino al 1889, completamente abbandonati a se stessi. L'intento di Gonnelli Cioni, fu quello di creare un istituto capace di offrire le "cure dell'insegnamento", intervenire in loro aiuto per superare "l'arretratezza nello sviluppo intellettivo" e ordinare le modalità operative che altri avrebbero potuto utilizzare nell'apertura di istituti analoghi. Un insegnamento, quello del Gonnelli Cioni, basato "sul metodo intuitivo, pratico, relazionale", che teneva conto delle attitudini e delle "forze" di ciascun soggetto, creando un buon punto di partenza per una educazione fisica, intellettuale e tecnica. Le attività erano scelte e regolate in modo da permettere l'abilità e la consapevolezza delle rappresentazioni motorie, garantire nuove abilità sensoriali, risvegliare gli interessi. La regolamentazione pedagogica e didattica teneva conto dell'individualità del soggetto, della sua disposizione e della sua attitudine oltre alle necessità dell'educatore di variare le sollecitazioni per non rendersi noiosi e poco profittevoli gli esercizi. Nella prospettiva di essere individualizzato, l'intervento imponeva la conoscenza di ciascuno degli allievi e si calibrava a seconda dei loro modi di essere e di rappresentarsi. Per gli "inerti" e "torbidi" erano previste attività come il saltare, il lanciare, il battere, il suonare, ecc.; per gli "inquieti" e gli "eccitabili" erano privilegiati gli esercizi come il camminare con correttezza, assumere una postura e mantenerla, riunire, selezionare, ordinare oggetti, ecc. Le attività potevano essere fatte singolarmente o in piccoli gruppi, sempre sollecitati, udenti o no, dalla viva voce dell'operatore. All'effetto tonematico veniva riservata una grande attenzione durante gli esercizi di lettura e di scrittura, sia per vincere ogni noiosa cantilena, sia per attirare l'attenzione e meglio definire la produzione sonora. Anche il problema della grammatica visiva era affrontato tenendo conto che un gran numero di fanciulli "guardano male" e che certi "vedono in una direzione che non sembra abbracciare il loro raggio visuale". La vista è un organo attivo per destinazione, inattivo per abitudine, per questo si rendeva necessario aiutarlo per estendere la sua azione verso la totalità dell'orizzonte sensibile: alzare, abbassare gli occhi, volgerli sia a destra che a sinistra, per seguire un

106

Accanto alla "cultura dell'assistenza", si fa così strada la "cultura del recupero", primo gradino verso una graduale conquista dei diritti da parte delil diversabile. Testimonianza di questa nuova sensibilità sono le molte pubblicazioni che si diffondono su questi problemi fino ad allora accuratamente evitati e nascosti. È in questo periodo che si sviluppa l'opera di Maria Montessori che elaborò e diffuse la didattica speciale.Questa presa di coscienza denota un radicale cambiamento della società che passa a principi legislativi che proteggono i diritti della persona diversabilitàpata.Anche l'opinione pubblica cominciò ad interessarsi dell'assistenza dei bambini minorati, ma il peso di questa cura era a carico di pochi enti che li accoglievano per beneficenza.Tra le due Guerre Mondiali"Le importanti esperienze ortopediche e l'affermarsi delle tecniche fisioterapiche nel trattamento dei minorati, contribuirono alla conoscenza necessaria per curare le minorazioni derivanti dalle ferite di guerra. A loro volta le tecniche della chirurgia e della fisioterapia in questo campo, migliorarono ulteriormente sotto la valanga dei feriti di guerra. Più tardi queste conoscenze furono messe a frutto nel trattamento dei minorati civili".In questo periodo nacque e si sviluppò la terapia occupazionale. Il "laboratorio curativo", come venne chiamato all'inizio, mirava, attraverso attività opportunamente scelte, al recupero dell'efficienza lavorativa, ridando a molti "emarginati sociali" una speranza per il futuro. Attraverso la terapia occupazionale molti sono potuti ritornare in modo permanente ad essere utilmente inseriti nel processo produttivo. Gli ultimi decenniDopo la seconda guerra mondiale i rapidi sviluppi nel campo medico e delle tecniche chinesiterapiche, la maggiore comprensione e accettazione da parte della società, hannodeterminato un progressivo aumento della durata media della vita, in particolare per quelle persone che presentavano una salute cagionevole. Le statistiche nel campo della rieducazione hanno dimostrato che si possono ottenere risultati soddisfacenti se si abbandona il tradizionale

oggetto o un punto luminoso. Indicazioni assai utili e sempre attuali. Misure educativo-correttive dunque, tecniche didattiche, prassi che dimostrano la massima efficienza e la manifesta volontà di ovviare ad ogni tipo di emarginazione, favorendo nelil diversabile sentimenti di fiducia per vivere liberamente nella società.

107

pietismo, per orientarci verso "un vigoroso programma di recupero funzionale anche attraverso la rieducazione fisica".

3.2. Concetto e definizione di diversabilità

Quelli che operano nella scuola sanno quanto noi come sia stato lungo il cammino per arrivare a parlare chiaro in materia di diversabili. Forme di reticenza, insensibilità socio-politica, pietà, o peggio, pietismo, hanno creato formule di ambiguità semantica che hanno portato ad utilizzare in maniera non sempre appropriata i termini del vocabolario della nostra lingua. Così l'aggettivo "diversabile", o il sostantivo "diversabilità", (a seconda della collocazione grammaticale) veniva camuffato con termini ai quali si voleva dare una denotazione diversa da ciò che in realtà esso sottintendeva. Il termine così ha subito la stessa sorte di altri non certamente meno "orribili", come tumore o cancro. La preoccupazione di non turbare la coscienza dell'opinione pubblica, infatti, ci fa usare parafrasi del tipo "male inguaribile", "brutto male", "malaccio", "male del secolo", "male grave", ecc.., piuttosto che parlare, quasi a voler attenuare la gravità del male stesso o celare qualcosa di cui ci vergogniamo. Così, invece di ottenere solidarietà e comprensione, si crea intorno a tali soggetti un velo di ipocrisia fino a forme di isolamento ed emarginazione. Il diversabile non esiste, è un'invenzione socialeSi può parlare di soggetto "diverso" e non di diversabile, in quanto i tipi di diversabilità, di anomalie possono essere considerati da vari punti di vista, sotto diverse gerarchie di valori; seconda del parametro di rilevamento si può avere o meno un soggetto diversabile. Da qui l'uso e l'abuso di "bambino diverso", senza mai menzionare "diversabile".Col tempo il termine "diverso" è caduto in disuso per due circostanze concomitanti: da una parte c'è stata una maggiore consapevolezza del problema e una più puntuale conoscenza dell'intera tematica e dall'altra, dal termine "diverso" si è appropriata una letteratura di altro campo sociale: oggi per "diverso", nell'accezione più usuale, si intende infatti non più un bambino diversabile, ma il soggetto che compie esperienze non ancora accettate dalla generalità degli individui.La diversabilità nasce in situazioneIl diversabile in realtà è un disadattato e la vera disadattata è la scuola che non sa adeguarsi a lui. In questa situazione c'è già insito un elemento di critica seria: non vi è dubbio infatti che la scuola spesso si configuri come struttura disadattante e in molti casi complica, invece di risolvere, i

108

problemi inerenti all'inserimento. Tuttavia è altrettanto vero che l'diversabilità non nasce sempre in situazione-scuola: esso è nel soggetto oltre che con il soggetto. Il diversabile esiste È un fatto reale e va definito con il suo giusto termine: "diversabile". Studiosi seri, responsabili, non hanno esitato ad intitolare le loro opere (libri, articoli ecc...) facendo emergere nel titolo stesso il termine in questione.È questa una crescita culturale di cui bisogna prendere positivamente atto, anche perché da quando ne abbiamo acquistato consapevolezza, il problema dei diversabili viene affrontato con nuova efficacia. Un segno in tal senso è percepibile anche nei nuovi programmi della scuola elementare che non si fanno scrupoli di intitolare un apposito paragrafo della Premessa all'integrazione dei soggetti diversabili, i quali "non vanno confusi con gli svantaggiati". È una precisazione quest'ultima senz'altro utile e comunque fonte di chiarezza."La condizione di svantaggio - viene precisato - infatti, è legata a carenze familiari ed affettive, a situazioni di disagio economico e sociale, a divari culturali e linguistici dovuti a scarsità di stimolazioni intellettuali".Il termine diversabilità non possiede una definizione univoca. Non siamo in presenza di una categoria clinica ben precisata, ma di una generalizzazione approssimativa.La sua diffusione è dipesa soprattutto dagli elementi di critica ideologica e sociale che evoca, richiamando la situazione di "svantaggio" di alcuni soggetti in una società che si proclama fondata su principi democratici ed egualitari. E sottolineando ancora, implicitamente, che si tratta di un "dislivello" o di un "fardello" iniziale che non va dato per scontato e definitivo, ma che è in parte compensabile con adeguati interventi.Diversabilità "è un termine vago ed elastico" sicché diversabili risultano tutte le persone affette da qualsiasi tipo di lesione, minorazione, disturbo, difficoltà: si vuole dunque sottolineare, l'intenzione di mettere in primo piano gli aspetti sociali e psicologici che accomunano tali persone per contrastare l'altra tendenza, fino a ieri vincente, che, in nome della scienza, voleva differenziarle, distinguerle, separarle. Diversabilità però possiede anche una sfumatura più precisa, di significato che vuol dire svantaggio iniziale, ostacolo, inconveniente e non impedimento o danno irreversibile e irreparabile: si vuole dunque affermare l'intenzione di non disarmare mai di fronte a nessun caso, in opposizione all'altra tendenza, non ancora tramontata, di considerare

109

quanti più casi possibili come irrecuperabili, secondo i quieti suggerimenti della pigrizia e con l'alibi rassicurante della scienza.L'diversabilità può essere definito da vari punti di vista: medico-clinico, sociale, statistico, giuridico-amministrativo ecc…Con tale termine però ci si riferisce anzitutto ad aspetti medico-chimici: i deficit di natura organica e funzionale che riguardano il sistema nervoso, gli apparati motorio e sensoriale, i disturbi della vita psichica ecc. Si tratta di categorie diagnostiche che appaiono abbastanza precise. In realtà anche qui emergono dei problemi: a che punto un lieve difetto fisico diventa vero e proprio diversabilità?Scrive Kozloff: "la designazione di diversabilità è risultato dell'interazione tra le disabilità dell'individuo e le aspettative di normalizzazione che la società esprime particolarmente nei confronti delle seguenti aree comportamentali, autonomia, comunicazione, locomozione, lavoro e socializzazione".Tale distinzione concettuale viene spesso evidenziata dagli autori mediante l'uso di una duplice terminologia: le disabilità e cioè i deficit propri del soggetto e lo svantaggio, che fa riferimento all'ambito sociale. Di qui i termini di "soggetto disabili" e "soggetti svantaggiati" accanto a quello più comune di soggetti diversabili".Il termine diversabilità in definitiva, non è un concetto assoluto, ma un concetto relativo alle varie società e alle differenti sub-strutture presenti in esse.Ne sono una conferma certi stereotipi più o meno inconsapevoli per cui ad esempio in una società rurale, quando si parla di diversabilità, si pensa più frequentemente a disabilità sul piano motorio-manipolatorio, mentre in una società a tecnologia avanzata e meno asservita al lavoro manuale sono ritenuti più negativi gli diversabilità di tipo intellettuale. Così pure cambia la rilevanza attribuita al medesimo tipo di diversabilità nelle varie sub-strutture sociali. La scuola ad esempio tende a minimizzare lievi deficit motori o sensoriali che siano accompagnati da buone capacità intellettive o quantomeno a tollerare l'insufficiente mentale con discrete attitudini sul piano della socializzazione; mentre ritiene più "diversabili" certi comportamenti asociali o di marcata instabilità; l'inverso può avvenire in ambito sportivo o lavorativo ecc.Per il Prof. Bollea è possibile distinguere due grandi tipologie di diversabilità:

110

- una con sintomi e manifestazioni neuropsichiche (che si può trovare distribuito omogeneamente nelle diverse classi e strati sociali);- l'altra, (costituito in maniera preponderante da bambini di classi sociali più svantaggiate), esente da manifestazioni neurologiche.In entrambi i gruppi comunque si può avere ritardo di apprendimento. Infatti:a)- negli insufficienti mentali, di gradi diversi, prevale il deficit intellettivo, anche se frequentemente altri elementi, quali le stigmate malformative, la goffaggine psicomotoria, l'infantilismo affettivo assumono rilevante importanza: b)- negli epilettici le crisi ripetute, soprattutto nei primi anni di vita, possono produrre un danno organico cerebrale con conseguente disturbo di apprendimento; inoltre altri fattori hanno effetto, anche se indiretto, sullo sviluppo intellettivo; infatti: 1)- i momenti anche brevissimi di "assenze" (nel piccolo male) interrompono il flusso dell'attenzione; 2)- vi è molto spesso un disturbo nella costituzione sia dello schema corporeo che del carattere: ciò è dovuto al fatto che la crisi che giunge improvvisa, inevitabile anche se talora preavvertita dal bambino, viene vissuta come una minaccia al Sé, anche corporeo, minaccia alla quale è impossibile sottrarsi, e il corpo viene vissuto come involucro inadatto a difendere; come contenitore "aperto" che permette le aggressioni, o peggio come luogo da cui si generano tali attentati; si può ben immaginare le possibili conseguenze: sentimenti di grave impotenza, vissuti persecutori che provengono proprio dal corpo.Sul lato del carattere va poi ricordato che l'esperienza della crisi epilettica può essere inscritta in un vissuto di "morte e risurrezione" che condiziona fortemente l'organizzazione di personalità del bambino; c)- nei bambini con paralisi cerebrale infantile o disturbi muscolari (miodistrofie ecc.), anche se spesso non vi è una diretta compromissione intellettiva, l'impossibilità esistente per il bambino di compiere esperienze senso-motorie corrette (esperienze sulla cui base si sviluppano, secondo Piaget, le funzioni intellettive superiori), costituisce un grosso ostacolo alla maturazione intellettiva; ciò in quanto vengono a mancare o sono difettosi i mattoni necessari per la costruzione di un pensiero via via sempre più astratto dalle percezioni;d)- in molte malattie genetiche, o ereditarie o dismetaboliche è prevalente il deficit psichico (vedi tabella dell'Organizzazione Mondiale della Sanità);

111

e)- nei deficit sensoriali (cecità, sordità, ambliopia ecc.) è gravemente condizionata in senso negativo l'acquisizione di dati esperienziali da elaborare;f)- nei disturbi dell'organizzazione e dello sviluppo psicomotorio, della strutturazione dello schema corporeo, dello spazio-temporalità, del linguaggio (disturbi specifici dello sviluppo), ritroviamo difficoltà di apprendimento in quanto viene a mancare l'acquisizione di concetti e di referenti basilari sui quali e attraverso i quali poter operare, prima concretamente, e poi in maniera più astratta.I casi organici precedentemente citati, possono di per sè essere causa di deficit intellettivo e quindi di disturbi dell'apprendimento; tuttavia è bene ricordare che i disturbi intellettivi possono essere aggravati dal sovrapporsi, specie in casi di insufficienza mentale medio-grave, di processi di psicotizzazione o nevrotizzazione secondari: infatti un "Io" particolarmente fragile, con scarse possibilità di codificazione/decodificazione della realtà, può indurre a difese, nei confronti appunto di tale realtà (che diviene poco chiara e significativa, minacciosa, fonte di angosce e di paure), sia psicotiche (rifiuto della stessa realtà), sia nevrotiche (fissazione a certi stadi di sviluppo infantile per paura di crescere e quindi di affrontare situazioni ansiogene).Tale processo complica ulteriormente il quadro, a tal punto, talora, che diviene difficile districare e separare nella osservazione-comprensione la componente organica da quella psicologica difensiva.Nel gruppo esistente per cause organiche troviamo, come cause più frequenti di disturbi dell'apprendimento, la situazione socio ambientale e relazionale. Nel gruppo esente da cause organiche troviamo come cause più frequenti di disturbi dell'apprendimento, la situazione socioambientale e relazionale. Infatti:a)- nei bambini detti pseudoinsufficienti mentali la causa prima del cattivo apprendimento, è la carenza di stimoli e quindi l'impossibilità di elaborare informazioni che non si ricevono, interessi che non vengono alimentati;b)- nei bambini nevrotici di una certa gravità, l'ansia o i comportamenti difensivi che si possono strutturare (fobie, ossessioni ecc.) impediscono di indirizzare le energie psichiche sul mondo fuori di sé in maniera costante e fiduciosa.Inutile ricordare che nei bambini psicotici non si può parlare di vero apprendimento in quanto il rapporto con la realtà è gravemente alterato;c)- nei disadattamenti sociali e nelle caratteristiche psicotiche diventa problematico l'apprendimento in quanto disturbi nella stabilità di relazioni

112

affettive, reazioni alle frustrazioni anormali, instabilità della condizione sociale sono tutti fattori di destabilizzazione. Non esiste un unico concetto di diversabilità coniato in un momento ben preciso che è rimasto tale nel tempo, bensì esistono vari termini tra cui "malattia", "danno", "invalidità", "disabilità", ognuno dei quali costituisce una tessera particolare che serve per completare, in diverse sue parti, questo concetto così ampio. Sempre più il termine, piuttosto che indicare una patologia specifica, tende ad indicare una "discordanza tra le capacità di un individuo e le sue aspettative e quelle dell'ambiente di cui fa parte" (Morosini C., 1982).In base a questa definizione si può dedurre che "l'ambiente socio-culturale è determinante per l'esistenza della diversabilità visto che le aspettative ambientali variano notevolmente a seconda delle situazioni storico-geografico-culturali ed economiche in cui il soggetto colloca la propria esistenza".Quindi la disabilità non ha un valore assoluto, ma è una realtà dinamica e relativa come è ben illustrato da un proverbio orientale: "ho pianto perché non avevo le scarpe, fino a che non ho incontrato un uomo che non aveva i piedi ".La parola diversabilità deriva dall'anglosassone "Hand i cap" e letteralmente significa "mano nel berretto", un termine utilizzato per indicare il giocatore d'azzardo nell'atto di nascondere la posta in gioco. Oggi, soprattutto in Italia, il termine diversabilità è utilizzato per indicare quei soggetti che, a causa di menomazioni fisiche e/o mentali sono in condizione di inferiorità rispetto alla società in cui vivono.Il vocabolario della lingua italiana definisce il termine diversabilità: "Sostantivo inglese che tradotto nella nostra lingua significa svantaggio, ostacolo, gravame". (Da Vocabolario illustrato, Devoto 1967)L'articolo 3 della legge 76 del 1978 stabilisce che: "Sono diversabili i soggetti che, a causa di una menomazione stabile della condizione fisica o psicofisica, abbiano una limitazione della propria autonomia o necessitino di un intervento nei vari ambiti di socializzazione"Il consiglio d'Europa del 1982 ha invece formulato la seguente definizione: "Nel contesto sanitario, un diversabilità è uno svantaggio per un determinato individuo derivante da una deficienza o da una incapacità che limita o impedisce lo svolgimento di un ruolo normale"…"Le caratteristiche della diversabilità sono che esso si rapporta al valore dato, alla situazione o all'esperienza di un individuo quando si allontana dalla

113

norma ed è caratterizzato quindi da una contraddizione tra le condizioni o le possibilità e le aspirazioni dell'individuo stesso".La legge N°104 del 5 Febbraio 1992, ritiene che: "È persona diversabilitàpata colui che presenta una menomazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione".Pochi esempi, quelli riportati sopra, per far capire i diversi parametri di caratterizzazione.In realtà il termine diversabilità si riferisce a qualunque riduzione delle attitudini fisiche o mentali causate da un funzionamento deficitario del pensiero e di un organo relativo al pensiero o all'azione.Nella legislazione nazionale ed Europea si riconosce come persona diversabilitàpata quella le cui possibilità sono ridotte in seguito ad un'insufficienza o ad una riduzione di almeno due terzi delle sue capacità.Chiaramente non possiamo utilizzare questa definizione nel parlare di attività motoria: per questo trattando la pratica motoria definiamo come persona diversabilitàpata chi presenta un diversabilità o una malformazione di carattere definitivo o di lunga durata, riduttiva delle sue capacita fisiche, mentali o psichiche, che la renda incapace di praticare le attività motorie in condizioni normali.Se si vuole arrivare all'inserimento e all'integrazione senza confonderli con la semplice collocazione, è necessario definire bene il termine diversabile .Molto spesso si è creato confusione "comprendendo nello stesso termine sia coloro che in età evolutiva presentano più o meno gravi disfunzioni organiche, sia coloro che non hanno deficit organici, i cosiddetti disadattati del carattere" (Barsotti P., Gori M. 1993). Da queste definizioni ci rendiamo conto che il termine diversabilità ha assunto connotazioni più evidentemente relative alle deficienze che si determinano nel rapporto tra il soggetto e il sociale, piuttosto che alle caratteristiche strutturali deficitarie del soggetto. La società moderna ha ormai definitivamente maturato la convinzione che: "il soggetto in difficoltà di sviluppo e di apprendimento, indipendentemente dal sesso, dall'età, dalla condizione sociale in cui possa trovarsi, dal grado più o meno grave di deficit di cui è portatore, è assolutamente e primariamente una persona umana, detentore di tutti i diritti inerenti a tale condizione. Diritti che non solo debbono essergli riconosciuti, ma resi concretamente ed effettivamente esigibili con la messa a disposizione del tipo e dell'entità di aiuto corrispondente alla

114

natura e al grado di bisogno individuale accertato". (Barsotti P., Gori M. 1993). Vediamo cosa si intende per minorazione e per diversabilità. "Per minorazione si intende una diminuzione o perdita stabile di facoltà corporee o intellettuali. La radice 'minus' dà al termine una connotazione quantitativa, nel senso di una ridotta o assente potenzialità nel settore interessato, ma anche qualitativa, che si estrinseca con uso distorto o imperfetto del sistema funzionale coinvolto. Minorazione ed diversabilità vengono talvolta impiegati come sinonimi, ma in realtà rappresentano due momenti distinti di una sequenza temporale che può essere schematizzata come segue: evento morboso ------› danno strutturale e/o funzionale ------› minorazione ------› diversabilità nella quale tra i termini c'è un rapporto di causa-effetto, per altro non univoco né automatico: vi possono essere diversabilità senza minorazione (diversabilità estrinseci, da causa ambientale), così come una stessa minorazione può produrre diversabilità di ben diversa entità, o anche non produrne affatto". (Ravetto F. 1988). Quali sono allora le relazioni che si instaurano tra minorazione ed diversabilità?"La minorazione produce diversabilità nella misura in cui le sue conseguenze sono causa di esclusione, di discriminazione, di preclusione: tali conseguenze solo in parte sono intrinseche alla minorazione stessa, alla sua natura e gravità, dipendendo in genere per la maggior parte dalla possibilità che l'individuo minorato ha di vicariare le funzioni menomate, di organizzare relazioni intra ed extra personali valide, di trovare il suo percorso vitale, di percorrerlo, favorito od impedito in questo dall'apporto ambientale. Esempi noti, come quello della scrittrice H. Keller, cieca e sorda, o di S. Hawking, uno tra i tantissimi fisici teorici viventi, docente a Cambridge e attivissimo nel campo scientifico internazionale malgrado la pressoché totale paralisi e impossibilità di parlare, sono la prova dello spazio esistente fra menomazione ed diversabilità, anche se la loro eccezionalità irripetibile non può purtroppo costituire la regola". (Ravetto F. 1988).

3.3. La scoperta del positivo

Di solito, le persone che per prime si accorgono che in un soggetto "c'è qualcosa che non va", sono identificabili nei genitori, negli insegnanti e nei

115

medici; proprio questi ultimi più degli altri, riescono a riscontrare delle patologie anche piccole, come la mancanza di riflessi perinatali o l'insufficienza mentale leggera.Ma cosa accadeva in passato dopo essersi resi conto di avere a che fare con un "diverso"? Di solito si riscontravano da parte dei genitori sentimenti di insicurezza che sfociavano "nell'iper-protezionismo, nell'autoritarismo o addirittura nella deresponsabilizzazione", atteggiamenti non utili per migliorare la situazione. Proprio per questo motivo, non è utile dare sostegno solo al soggetto diversabile, ma anche alla sua famiglia; essa deve diventare un "membro attivo dell'équipe terapeutica tramite continui contatti con gli operatori del settore che hanno in cura il soggetto". (Barsotti P., Gori M.,1993). "I rifiuti umani, gli emarginati, 'gli scemi di guerrà, i 'barboni', sono persone che non sono riuscite ad entrare in sintonia con le aspettative della società in cui erano calati e ne sono stati emarginati, costretti a vagabondare ai lati come randagi ". (Barsotti P., Gori M.,1993), Altri, a causa di una patologia evidente, sono stati confinati in istituti specializzati dove il clima non era sicuramente migliore poiché accanto alla noncuranza delle persone addette, si aggiungeva l'inadeguatezza del luogo."Ad un certo punto ci si è accorti che l'diversabilità poteva essere utilizzato sfruttandone le potenzialità residue. Il disabile fisico poteva utilizzare la parte sana del proprio corpo per qualche lavoro che non richiedesse la totale integrità fisica, o addirittura poteva utilizzare solo l'intelletto facendo il professore di storia, filosofia, ecc., mentre il disabile mentale, se lieve, poteva essere adoperato per semplici lavori manuali ed artigianali". (Barsotti P., Gori M.,1993). Questa iniziativa non è risultata molto importante solo per il diversabile, che poteva quindi imparare piccoli lavori, conoscere nuove persone ed integrarsi nella realtà di tutti i giorni, uscendo dall'iperprotezionismo dei genitori o dall'isolamento degli istituti, ma anche per gli stessi familiari che non lo dovevano seguire più ventiquattro ore al giorno ed avevano anche un ritorno economico.Anche se a promuovere una tale iniziativa è stato il concetto di utilitas, non c'è voluto molto tempo per capire che il lavoro è una fonte di realizzazione per l'uomo e che il diversabile è primariamente una persona e come tale deve essere rispettata.Da questo momento il disabile è considerato una persona che nonostante le sue difficoltà, presenta anche molte potenzialità. Si deve considerare che

116

una simile opportunità non era offerta a tutti, ma solo ad alcuni soggetti con deficit lievi e solo dove le strutture erano idonee. I meno fortunati venivano confinati "in strutture specifiche e particolari, se pure aperte in qualche modo a scambi interrelazionali con i 'normali', strutture che seguivano una ormai vecchia impostazione assistenziale e che quindi difficilmente lasciavano al disabile la possibilità di comunicare ed esprimersi secondo la propria volontà" (Barsotti P., Gori M.,1993). "Il disabile ha le esigenze di qualsiasi altro uomo (vita affettiva, spirituale, realizzazione e riconoscimento di quello che fa....) ed è per il fatto stesso che queste esigenze non vengono accolte e soddisfatte dalla società circostante a renderlo diverso". (Barsotti P., Gori M., 1993). La nostra società tende all'essenzialità e alla produttività e per questo motivo seleziona le persone che hanno maggiori capacità a scapito di altre che occupano i posti più bassi di graduatorie. Molti di noi pensano che il disabile abbia delle capacità ridotte, creando "a priori" un concetto classificatorio, senza pensare che ogni persona messa in un ambiente idoneo, può avere la stessa produttività di qualsiasi altro individuo. "Compito di chi opera con il disabile, o potenziale tale, è quello di non caricare il soggetto di eccessive aspettative, ma di stimolarlo a dare il meglio di sé in base al potenziale di salute posseduto. Questo è possibile innanzi tutto con una competenza specifica per il campo in cui si opera, unito ad un altro pre-requisito indispensabile: l'amore e la spontaneità verso il soggetto con cui si entra in relazione ed il desiderio che i miglioramenti vadano unicamente a beneficio e godimento di chi le vive" (Barsotti P., Gori M. 1993). "Nell'educazione é il bambino che cresce, che si sviluppa secondo le norme che soddisfano al massimo i propri bisogni; è il bambino che edifica la sua costruzione con l'aiuto degli adulti. Nell'ammaestramento, invece, l'adulto decide anticipatamente quale sarà la forma della costruzione, quale porzione di edificio deve essere ignorata a vantaggio di un altro settore verso cui viene convogliato tutto il materiale a disposizione"...(Freinet C.) "L'operatore deve accettare l'altro in difficoltà quale egli è e non come vorrebbe che fosse. Egli è il risultato di una storia, é storia che deve comprendere e non giudicare". (Empinet J.L.). In questo modo si instaura un rapporto diverso tra l'operatore e il disabile e tra i disabili stessi che permetterà al "soggetto" di esprimersi in maniera più ampia.Il disabile abituato ad interagire con gli altri è in grado di integrarsi bene in un gruppo "normale", dove la sua differenza non è più quantizzabile in

117

termini negativi, ma è accettata come qualsiasi altro particolare, ad esempio il colore degli occhi, dei capelli o l'altezza."Una differenza quindi fisiologica, come esiste tra chiunque e che non preclude il fatto di godere di pari dignità fra tutti".L'operatore deve intervenire in questo processo come "catalizzatore" cioè deve fornire" la reazione senza entrare direttamente a farne parte, perché lui già vive i risultati di questo cambiamento e ne fa specchio per altri " (Barsotti , P. Gori M.,1993). 3.4. Tipologia di diversabilità

È importante fare una distinzione tra malattia ed diversabilità, perché i due termini non sono interscambiabili, ma identificano due situazioni ben distinte. La malattia è una condizione soggettiva e transitoria per la quale, instaurando particolari cure, si prospetta la guarigione. "Il diversabile non guarirà mai, ma potrà adattarsi a vivere nel contesto sociale di cui fa parte con la sua diversità, la sua anomalia, la sua deficienza". (Gori M., 1989). Il concetto di diversabilità non è stabile, unico, perché è elaborato in base al rapporto che esiste tra il soggetto e le aspettative che la società ha nei suoi confronti. Per pervenire ad una classificazione è utile far riferimento a due parametri ben distinti: "a)- parametro medico-biologico, in relazione a menomazioni fisiche e biologiche;b)- parametro psico-sociale, in relazione ad emarginazioni o autoemarginazione per cause relazionali e non per cause organiche" (Gori M., 1989). Una classificazione tipologica della diversabilità non è fatta per esaltare la difficoltà e le anomalie del singolo soggetto, perché in questo caso non avrebbe significato, ma è utile per progettare interventi educativi e riabilitativi.Una prima classificazione, semplicemente potrebbe dividere gli diversabilità in due grandi categorie: diversabilità fisici e diversabilità psichici. Nell'ambito della categoria diversabilità fisici si opera una suddivisione per aree:

118

a)- Minorazioni fisiche, che comprende paralitici, i focomelici, i mutilati, gli spastici, i poliomielitici, gli auxopatici. Le minorazioni fisiche sono determinate dall'assenza o immobilità di uno o più arti, dalla assenza totale o parziale dell'attività motoria o dall'anormale sviluppo di una parte del corpo che possono essere gravi o lievi, distribuendosi in un continuum che va dai più gravi ai più leggeri, da un massimo ad un minimo.b)- Minorazioni sensoriali: determinate da "lesioni o imperfezioni degli organi di senso che, soprattutto vista e udito, hanno un'enorme importanza nell'attività psichica" .In quest'area sono compresi difetti visivi come cecità, ambliopia, astigmatismo, nistagmo, strabismo, miopia, presbiopia, daltonismo, diplopia, difetti uditivi come: la ipoacusia, la sordastria, la cofosi e difetti locutori come blesità, balbuzie, disartria, dislalia, afasia, dislessia, disgrafia, disortografia. c)- Disturbi psicomotori, consistenti in sincinesia, disgrafia, paratonia, ipotonia, disturbi da lesioni del sistema neuromotore, disturbi connessi all'età evolutiva, disturbi da mancata strutturazione dello schema corporeo e mancata strutturazione temporo-spaziale. In questi disturbi sono compresi l'atassia e l'atetosia.Nella categoria dei diversabilità psichici si comprende: a)- Le deficienze mentali: "causate da un anormale sviluppo prenatale, da traumi perinatali, da malattie infettive, da disordini del metabolismo".b)- Le anormalità del carattere e del comportamento: comprendono una varietà di fenomeni così complessi da rendere molto difficile la loro interpretazione e classificazione. Il comportamento anormale denuncia le anomalie del carattere."La sintomatologia delle cardiopatie e delle anomalie del comportamento è oltre modo vasta ed eterogenea; essa si manifesta soprattutto con disturbi affettivi, aggressività, gelosia, atteggiamenti vendicativi, disubbidienza, menzogna, fughe, evasioni scolastiche, avversioni per il lavoro, indifferenza per le punizioni, asocialità, crudeltà verso gli animali, rifiuto delle regole, spavalderia, teppismo, mancanza di interesse, frustrazioni".Gli anormali del carattere sono distinti in tre categorie: gli instabili, gli anormali affettivi e gli anormali neuropsicopatici.1)- Gli instabili, pur dotati di intelligenza normale, dimostrano carattere irrequieto, iperattività , ipereccitabilità, apatia, incostanza. In questa sub-categoria sono compresi anche gli instabili motori .2)- Gli anormali affettivi possono manifestare ritardo affettivo, regressione, carenze affettive, sentimenti di inferiorità.

119

3)- Anormali neuropsicopatici presentano disturbi causati da alterazioni del sistema nervoso associati spesso a deficienze mentali. Si possono avere iperemotività, mitomania paranoidismo, ciclotimie, psicastenia, schizoidismo, epilettoidismo, isteroidismo, perversità, psicopatie in genere. c) Demenza minorile. (Gori M., 1989 )

3.5. Classificazione delle diversabilità a)- DIVERSABILITÀ FISICI GRAVI1- paralitici2- focomelici3- mutilati4- spastici colpiti da paralisi cerebrale infantile5- poliomeliticib)- DIVERSABILITÀ FISICI LIEVI1- auxopatie (gigantismi, nanismi, ecc...)2- irregolarità nella ossificazione che provocano deformazioni3- sviluppo disarmonico di peso e statura4- paramorfismic)- MINORAZIONI SENSORIALI1- cecità2- ambliopia3- astigmatismo4- strabismo5- miopia6- presbiopia7- ambliopia, difetto visivo per cui il soggetto non è in grado di percepire simultaneamente le immagini che gli provengono da tutti e due gli occhi perché manca la cosiddetta "fusione".L'immagine che arriva al cervello da uno dei due occhi è confusa a causa di qualche difetto visivo, allora è portato ad eliminare l'immagine confusa data dall'occhio debole arrestandone così lo sviluppo.d)- DIFETTI UDITIVI1- ipoacusia, deficit uditivo di grado lieve2- sordastri, deficit di medio grado3- sordità, deficit di alto grado4- cofosi, deficit di altissimo grado (90-100 decibel)e)- DIFETTI LOCUTORI

120

1- blesità, consiste nella cattiva pronuncia di parole contenenti consonanti: s,c,l,r.2- balbuzie3- disartria, difettosa formazione ed emissione delle parole4- dislalia, turba funzionale ed organica del linguaggio organizzato5- disfasia, il disfasico parla male, ha scarsa memoria e lo schema corporeo alterato6- afasia, disturbo motorio e sensitivo del linguaggio dovuto a lesione cefalica, caratterizzata da una mancata capacità di utilizzare con proprietà le parole, riconoscerle sia quando si parla che quando si scrive7- dislessia 8- disgrafiaf)- DISTURBI PSICOMOTORI1- ipertonia2- ipotonia3- disturbi da lesione del sistema neuro-motore, che si dividono in tre categorie: alterazioni per eccesso, per difetto e per incoordinazione.g)- DIVERSABILITÀ PSICHICI- Insufficienza mentale.Per insufficienza mentale non si intende un unico quadro clinico ben definito, ma varie situazioni che hanno come denominatore comune un deficit cognitivo e che si manifestano in modo diverso in ogni soggetto in rapporto alla causa, al grado di gravità, ad eventuali patologie associate, alle condizioni di vita, all'organizzazione della personalità, agli stimoli e alle richieste dell'ambiente.L'Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 1953, ha definito insufficienza mentale: "l'insieme di una vasta gamma di condizioni che si presentano con grado, causa, patologia, aspetti sociali diversi caratterizzati però da uno stato e da uno sviluppo incompleto della psiche in modo tale che l'individuo è incapace di adattarsi all'ambiente sociale in modo ragionevole, efficiente ed armonioso".Ogni definizione dell'insufficienza mentale è generica e limitata, data la complessità del problema e le sue vaste implicazioni mediche, psicologiche e sociali.Per queste caratteristiche, l'insufficienza mentale è da distinguere: - dai quadri di demenza di cui, per una patologia celebrale intervenuta in età più avanzata dello sviluppo, si ha perdita delle funzioni già acquisite;- da quadri di disorganizzazione della personalità di tipo psicotico;- da quadri di disadattamento sociale e di pseudo-insufficienza intellettiva;

121

- da carenze sociali o da problemi affettivi ecc...Per quanto riguarda i fattori causali si distinguono:1)- Insufficienze mentali legate a fattori endogeni:- alterazioni cromosomiche (es.mongolismo)- alterazioni congenite del metabolismo- alterazioni delle ghiandole endocrine2)- Insufficienze mentali legate a fattori esogeni:- fattori che agiscono prima della nascita con danno all'embrione od al feto (es. rosolia, radiazioni, farmaci, ecc...)- fattori che agiscono durante il parto- fattori che agiscono nei primi mesi dopo la nascita (es. gravi malattie infettive, traumi cranici ecc...)3)- Insufficienti mentali legate a gravi e precoci carenze psicoaffettive.Anche nei casi di insufficienza mentale è necessaria una diagnosi precoce; a volte molti casi, anche molto gravi, si potrebbero evitare con una buona prevenzione.Un'altra classificazione, utile sul piano operativo, considera:a)- soggetti I.M. con normali funzioni sensomotorie.b)- Soggetti I.M. con riduzione delle capacità sensomotorie.c)- soggetti con substrato organico stabilizzato, cioè l'I.M. è l'esito di una alterazione del S.N.C. ormai spenta.d)- Soggetti con possibilità di peggioramento per una malattia del S.N.C. che evolve in senso progressivo;Un altro criterio importante tiene conto della strutturazione globale della personalità :- soggetti I.M. globalmente armoniosi, che hanno relazioni adeguate con gli altri e con la realtà- soggetti I.M. con associati problemi affettivi che determinano una struttura disarmonica della personalità nella vita di relazione.Sono frequenti negli I.M. problemi di comportamento reattivi, con instabilità, aggressività, sintomi di tipo nevrotico con ansia, regressione, frustrazione, sentimenti di insicurezza, inferiorità.Caratteristiche fondamentali dell'insufficienza mentale:- difetto di assimilazione ed elaborazione dell'esperienza percettiva per un difetto dei poteri di analisi, comparazione, integrazione, ecc...Ne risulta un quadro patologico di tipo globale, rigido, stereotipato, ancorato ad esperienze precedenti già fissate, con difficoltà di analizzare e collocare ogni nuova esperienza in un contesto spazio-temporale;

122

- difetti di espressione verbale. Il linguaggio dell'I.M. é sempre povero, infantile e poco organizzato;- incapacità di raggiungere un pensiero astratto, difficoltà di comprensione critica e ragionamento.I principali deficit mentali sono:1)- idiozia amaurotica o malattia di Tay Sachs.È caratterizzata da alterazioni del fondo oculare con progressiva atrofia della papilla ottica ed ipotonia muscolare che presto degenera in paralisi spastica; tale malattia compare tra il primo e il secondo anno di vita con esito sempre letale.2)- MicrocefaliaSi presenta con eccessiva piccolezza del cranio con riduzione di massa cerebrale.3)- GargolismoSi manifesta con aspetto corporeo goffo e disarmonico, cifosi lombare, cranio grosso; si associa ad alterazioni osteo-articolare con deficienza psichica.4)- Oligofrenia fenilpiruvicaTale malattia è data dall'eliminazione attraverso le urine, dell'acido fenil-piruvico provocato dal difetto congenito di un enzima essenziale nell'alimentazione.6)- CretinismoÈ legato ad un grave disturbo funzionale della tiroide (gozzismo) e si presenta con povertà intellettuale.7)- Trisomia 21Il grado di insufficienza mentale di questi soggetti é variabile, ma rimane comunque sempre grave.8)- ImbecillitàÈ chiamata anche "oligofrenia biopatica" perché il limitato sviluppo mentale dipende da fattori eredo-degenerativi; si differenziano dagli idioti perché creano rapporti con altre persone e portano a termine qualche lavoro utile.9) Idiozia. È una deficienza mentale così grave da non consentire la vita di relazione.

3.6. Classificazione dei diversabilità in motori, psicosociali e sociali.

Diversabilità motoriDistinti in:

123

1)infermi motori cerebrali2)infermi a causa di incidenti stradali3)infermi per poliomielite anteriore acuta4)infermi per miopatieGli infermi motori cerebrali sono tutti coloro affetti da paralisi cerebrale infantile. Con questo termine si intende un insieme di quadri patologici di origine cerebrale dovuti ad un'affezione dell'encefalo entro e non oltre il terzo anno di vita.L'diversabilità può colpire diversi segmenti corporei.Parleremo allora di:- monoplegia: deficit motorio di un solo arto;- emiplegia: deficit motorio unilaterale;- triplegia: deficit motorio dei due arti inferiori e di uno superiore;- tetraplegia : deficit di tutti e quattro gli arti.Associata alla paralisi, vi è spesso: spasticità (mancanza di scelte posturali dovuta a un'insufficienza del sistema nervoso piramidale), atetosia (caratterizzata da movimenti lenti, continui, vermicolari, sempre uguali e dovuta a un deficit del sistema nervoso extrapiramidale. Possono esservi associati anche movimenti distonici con tremori), atassia (caratterizzata da scarsa coordinazione di tipo cerebellare o propriocettivo.)Gli infermi per incidenti stradali sono coloro che, in seguito ad incidenti, hanno riportato traumi di vario genere. Tra essi troviamo quindi: amputazioni, traumi cranici gravi e lesioni medullari in seguito a traumi vertebrali.Gli infermi per poliomielite acuta anteriore sono naturalmente coloro che hanno contratto questa malattia.La poliomielite è una malattia di origine intestinale che si manifesta come una qualsiasi altra influenza e come tale risulta molto difficile diagnosticarla prima che produca danni. Un sintomo caratteristico è però il dolore agli arti con retrazione delle capsule articolari.La paralisi che ne deriva è una paralisi floscia, con ipotonia molto accentuata dei riflessi tendinei e generalmente è asimmetrica. Si evidenzia inoltre un'atrofia dei muscoli colpiti.Gli infermi per miopatie sono coloro i quali hanno contratto malattie alla muscolatura dello scheletro, ovvero coloro che hanno contratto la distrofia muscolare.Questa è una malattia che colpisce le fibre muscolari, facendole diventare pallide e disintegrandole e facendo proliferare il connettivo dell'endonervio e del perinervio.

124

Vi sono diverse forme di distrofia:- neonatale caratterizzata da ipotonia e spesso da disturbi respiratori;- di Duchenne che ha un'evoluzione rapida e il cui inizio clinico si situa tra i 2 ed i 4 anni.Il sintomo caratteristico è l'ipotonia muscolare e la conseguente diminuzione della forza.Diversabilità psicosocialiGli diversabilità psicosociali vengono ancora divisi in:1) disturbi del comportamento2) diversabilità mentali3) dislessiaI disturbi del comportamento sono molto frequenti nell'infanzia e nell'adolescenza. Essi riguardano: disturbi del carattere, dell'attività, dell'affettività e dell'immaginazione.I disturbi del carattere interessano il rendimento mentale o l'integrazione ambientale. Le persone con questo problema hanno delle reazioni che per intensità e prolungamento non sono proporzionate all'età che hanno.I mezzi utilizzati per reagire sono: regressione ad un'età inferiore, evasione nella fantasia e identificazione in persone reali o immaginarie.I disturbi dell'attività sono caratterizzati da pigrizia, fughe, instabilità psicomotoria. Le persone con questo problema non riescono a stare immobili e tranquille per pochi minuti, non riescono a concentrare la propria attenzione su una cosa precisa, sono svogliate e spesso, quando si sentono insoddisfatte affettivamente, fuggono.I disturbi dell'affettività coinvolgono la sfera dei sentimenti. Le reazioni che i soggetti hanno sono o per eccesso o per difetto. Nel primo caso cercano tutti i modi per essere coccolati e manifestano verso particolari persone un amore smodato. Nel secondo caso invece, mostrano poco interesse per le persone che li circondano, rimangono impassibili e distaccati con tutti; non sopportano inoltre segni di affettività di altre persone compiuti verso di loro.I disturbi dell'immaginazione sono rappresentati da isteria e mitomania. I soggetti si immedesimano con qualche mito, comportandosi come lui. Nell'isteria invece queste persone sono colpite da crisi di tipo diverso: asmatiche, epilettiche e di agitazione motoria.A volte può anche comparire sordità, cecità, mutismo e tentativi di suicidio.Diversabilità mentaliGli diversabilità mentali possono essere distinti in:

125

- nevrosi- psicosi- disturbi del comportamentoLe nevrosi. Il soggetto nevrotico si presenta come incapace di affrontare la vita sociale; le sue reazioni sono illogiche, inadatte ed erronee.Le psicosi sono intese come anomale formazioni della personalità; sono turbe della personalità che rientrano in un disturbo di organizzazione dell'io e delle relazioni con il mondo esterno. Tra esse troviamo: schizofrenia (in cui vi è una perdita dei rapporti con l'ambiente associata a labilità dell'umore con stati ansiosi patologici) e autismo (in cui vi è perdita di contatto con il mondo esterno e conseguente isolamento in se stessi).I disturbi del comportamento sono caratterizzati da anomalie del comportamento. I soggetti sono o inibiti eccessivamente, o iperemotivi fino ad arrivare a condotte patologiche. Essi non riescono ad accettare e a superare le difficoltà che l'ambiente pone e cercano tutti i modi possibili per non affrontarle arrivando a trasformarsi persino in ladri, mitomani, perversi, piromani...DislessiaLa dislessia è una patologia caratterizzata da disturbi del linguaggio. Il soggetto dislessico presenta difficoltà nel parlare, balbetta e utilizza una parola per un'altra; talvolta parla ma non riesce a comprendere ciò che altre persone gli dicono oppure ciò che legge.Diversabilità socialiIn questa categoria troviamo un problema sociale molto importante: la droga.Sembrerebbe strano trovarlo tra gli diversabilità, ma la realtà è che essa è un diversabilità vero e proprio dato che, come tutti gli altri, riduce le attitudini fisiche e mentali.La tossicomania è un problema sociale molto vasto, caratterizzato da un'intossicazione cronica o periodica, causata da assunzione di droghe varie.L'assunzione prolungata può provocare: assuefazione, con desiderio continuo ed invincibile e tendenza ad assumere droga in dosi sempre più massicce.L'unico desiderio di chi si droga è drogarsi. Questi soggetti non hanno altri stimoli, non sono motivati a realizzare assolutamente niente!

3.7. Cause

126

I rischi di comparsa di diversabilità sono molto alti soprattutto nel periodo prenatale e neonatale.Le cause possono verificarsi:- nella fase precedente alla gravidanza- durante la gravidanza- durante il partoNella fase precedente alla gravidanza possono intervenire tre tipi di fattori: biologici, sociali e ostetrici.I fattori biologici sono da ricercarsi nelle variabili della madre e possono essere:- età avanzata della madre: è stato dimostrato che prima dei 18/19 anni e dopo i 40 anni, il rischio di gravidanze patologiche è molto alto.- fecondità materna: le madri che hanno avuto più di sei figli rischiano di più ad ogni parto successivo.- numero di aborti: sono soggette a maggior rischio le donne che abbiano avuto aborti precedenti.- fattori genetici: possono esservi predisposizioni genetiche a generare figli diversabili.I fattori sociali sono caratterizzati da quei fatti che risultano favoriti da un assetto istituzionale incongruo alle esigenze dell'individuo. Questi fatti possono essere: la mancata attuazione delle norme che tutelano la maternità e la mancanza di collegamento tra le istituzioni e le strutture sanitarie e/o sociali che debbono fornire prestazioni. È chiaro che il rischio di gravidanze patologiche sia più frequente in classi sociali basse, in cui la donna continua a lavorare anche negli ultimi mesi di gravidanza (a volte ciò è causa di sofferenze del bambino).I fattori ostetrici: in quest'ambito occorre distinguere un rischio materno e un rischio neofetale. Il rischio neofetale assume importanza nel periodo che va dalla ventottesima settimana di gestazione fino alla prima settimana di vita del neonato. Il rischio materno è naturalmente la morte della gestante per varie cause: oggi questo rischio è ridotto al minimo.Durante la gravidanza le cause possono essere:- assunzione di farmaci o terapie: vi sono alcuni farmaci o vaccini che, assunti in gravidanza, possono danneggiare il nascituro.- aumento eccessivo del peso della gestante: può causare sofferenze al bambino.- contrazione di malattie infettive: la rosolia contratta in gravidanza può provocare malformazione nel bambino.

127

Durante il parto invece possono verificarsi lesioni in caso di:- parto prolungato con asfissia del bambino.- parto con ausilio di forcipe (oggi è utilizzato raramente).- complicazioni varie in sala parto -errori del personale medico.Per evitare l'insorgere di queste patologie basterebbe (almeno nella maggioranza dei casi) osservare poche e banali norme di profilassi. Una visita prematrimoniale è il mezzo più efficace per conoscere lo stato di salute dei futuri genitori, per verificare la predisposizione verso particolari stati patologici e per venire a conoscenza delle norme di comportamento da adottare durante la gravidanza (evitare fumo, alcolici, stress prolungati....)

CAP. IV - DIVERSABILITÀ E RELAZIONI

4.1. Il diversabile nel rapporto con sé e con gli altri

Molto spesso il bambino diversabile possiede degli svantaggi che non sono relativi alla menomazione di cui è portatore, ma più spesso al vissuto problematico che ha dovuto affrontare. Dal momento in cui il disabile si accorge della sua condizione, inizia un lungo periodo di conoscenza ed accettazione o rifiuto della minorazione. La sua "condizione", legata a problemi di natura motoria, sensoriale od intellettiva, lo fa sentire inferiore ai propri coetanei; questo, molto spesso, provoca l'isolamento, il cui unico scopo è legato alla paura di misurare le sue capacità a confronto di altri. Il bambino riesce ad accettare sé stesso nella misura in cui le persone che gli sono vicino, "la madre e i familiari in primo luogo, vivono ed accettano tale diversabilità, cioè dal fatto se il bambino sente di essere amato, non per ciò che ha (o non ha), cioè capacità motorie, intellettive, ecc.., ma per ciò che è, cioè figlio, alunno, ecc.." (Benedetti B., 1981).

128

"Il compito di rilevare, chiarire, precisare, analizzare l'diversabilità.... spetta anzitutto ai genitori ed il loro atteggiamento è fondamentale nella costruzione della sensibilità del bambino nei confronti di sé stesso, della sua identità" . (Barsotti P., Gori M., 1993). Gli adulti hanno un compito fondamentale in questa fase, ma molto spesso compiono degli errori: "la minimizzazione o addirittura la negazione delil diversabile, oppure al contrario la riduzione del bambino alla sua menomazione" (Barsotti P., Gori M.,1993).In entrambi i casi viene negata la sua vera identità . I genitori, con il loro graduale aiuto, dovrebbero portare il soggetto alla conoscenza della sua minorazione, ma anche delle sue potenzialità, aiutati, quando il bambino inizia a frequentare la scuola, anche dagli insegnanti. "Da sempre gli diversabili, sia nella comunità sociale che nella scuola, sono una minoranza e come appartenenti ad essa tendono a comportarsi". (Barsotti P., Gori M., 1993). Dobbiamo aggiungere che il contesto in cui viviamo é fatto a misura di "soggetto normale" e questo crea ulteriori problemi di inserimento. Un disabile che si trova in una società proiettata verso la produttività, la cui tendenza socio-culturale è quella di mettere in evidenza la diversità, non può non sentirsi schiacciato e come tale diviene candidato alla emarginazione. Ogni bambino diversabile si trova ad operare insieme ad altri, così detti normali, che possono avere atteggiamenti diversi nei suoi confronti. "Spesso i bambini temono che dalla presenza nel loro gruppo di un diversabile derivino limitazioni di spazio e di qualità ai loro giochi e ai loro movimenti. Altre volte tendono ad essere eccessivamente ablativi, a dimenticare quasi sé stessi per dedicarsi al compagno che vedono e sentono più debole". (Barsotti P., Gori M., 1993). In entrambi i casi si notano gli errori che sono stati compiuti anche dai genitori. Di solito i bambini che cercano un'amicizia dei diversabili sono quelli isolati dalla classe, o hanno dei problemi: "Il bambino diversabile nei primi tempi dell'inserimento è in continuo stato d'allarme. Egli si sente spesso minacciato in un ambiente in cui molti comportamenti scontati per gli altri sono spesso conquiste per lui. I suoi compagni dovrebbero perciò soprattutto sapere che cosa non fare per non danneggiarlo. Per esempio evitare di offrirgli aiuto quando non serve ". (Barsotti P., Gori M., 1993).

4.2. Il diversabile e la sua famiglia

129

La nascita di un bambino diversabile è un evento traumatizzante per ogni famiglia ed in particolare per la madre che lo vive in prima persona. I genitori di solito rispondono a tale situazione in maniera inappropriata e spesso patologica, guidati da sentimenti diffusi nell'ambiente socio-culturale nel quale vivono. "Può verificarsi un rifiuto palese o mascherato da cure eccessive che si rivolgono non tanto al bambino, quanto al suo deficit; oppure una tendenza a fondersi col figlio, prevedendone i bisogni, difendendolo da presunti pericoli, impedendogli di crescere e sostanzialmente negando a se stessi e al figlio la possibilità di prendere coscienza ed elaborare il tutto dell'esistenza del deficit, tenendo il figlio in una situazione di dipendenza che assomiglia ad una gravidanza interminabile. Inevitabilmente tali magri tendono a vivere col figlio in simbiosi sempre più stretta eliminando dalla relazione qualsiasi altra persona sentita come estranea, in primo luogo il padre, e preparando così la strada verso una forma di psicosi; e assumendo nei confronti del mondo esterno, atteggiamenti di tipo persecutorio destinati ad influenzare in maniera determinante lo sviluppo affettivo della diade madre-bambino. Inoltre è inevitabile e naturale che si produca una certa distorsione anche nella relazione famiglia-bambino. Spesso il bambino diversabile suscita reazioni abnormi nei confronti della famiglia, reazioni ad esempio aggressive - già in realtà presenti precedentemente - per es. tra i genitori o tra fratelli o tra figli e genitori mai estrinsecatesi, ma sempre vissute interiormente. La presenza del bambino diviene il pretesto, il punto di convergenza su cui indirizzare, sublimandola, questa aggressività mai repressa, un capro espiatorio che permette il mantenimento di un'omeostasi familiare e la scarica delle tensioni su tale punto critico. Si può constatare spesso che miglioramenti oggettivi del bambino producono nella famiglia non gioia, contentezza, moltiplicazione di sforzi, bensì, controreazioni negative, manovre che tendono a riportare la situazione nello 'status quo'. È come se la famiglia avesse bisogno per mantenersi unita, per non disgregarsi, di avere dentro di sé un bambino su cui convogliare le ansie, l'aggressività, i timori, le speranze ecc. che non devono tuttavia manifestarsi nei confronti del vero oggetto (l'altro coniuge, un figlio, un genitore)". (Benicasa G. , Benedetti L., 1981). I genitori, dovendo valutare il proprio figlio, mettono in evidenza le sue carenze, dimenticandosi delle potenzialità, che sono la parte fondamentale su cui lavorare.

130

"Per quanto riguarda la valutazione della diversabilità da parte dei genitori, emerge che soltanto in 4 casi su 12 si ha una valutazione 'di realtà', caratterizzata dall'accettazione della diversabilità, dei deficit specifici e dei problemi ad essi collegati, unita ad una chiara consapevolezza delle potenzialità e dei limiti del bambino: ciò si traduce in un atteggiamento di progettualità, contro una statica ed irreale definizione del bambino. Negli altri casi le valutazioni oscillano tra minimizzazione e irrecuperabilità-immodificabilità con le rispettive caratteristiche di negazione dei problemi e loro enfatizzazione con conseguente rifiuto" (Bozzo M. T. 1984).Gli stessi genitori svolgono un ruolo che non assomiglia a quello dei genitori di bambini normali, perché essi stessi si sentono, accanto al figlio diversabile dei "diversi". Burden (1978) ha sintetizzato gli atteggiamenti e le reazioni più frequenti dei genitori: - shock e grave sconvolgimento emotivo; - incredulità e negazione; - tristezza, dolore profondo; - isolamento e incapacità di partecipazione emotiva; - bisogno di incolpare qualcuno o qualcosa; - vergogna e imbarazzo; - sovracompensazione che produce sovraprotezione; - abbassamento dell'autostima; - mancanza di fiducia; - insicurezza educativa, che spesso si traduce nella difficoltà di stabilire limiti e divieti.Il bambino trova nella famiglia tutto ciò che gli serve, affetto, protezione, ed è con i genitori o con i parenti che trascorre il numero maggiore di ore. Pertanto la famiglia è indubbiamente un elemento fondamentale per la strutturazione della personalità. Per questo motivo i genitori dovrebbero essere parte attiva, collaborando con gli insegnanti quando il bambino inizia a frequentare la scuola, senza pretendere di delegare ogni responsabilità alla scuola stessa. La loro partecipazione può incrementare le opportunità che il bambino ha di imparare. "L'importanza del precoce inserimento in strutture educative per tutti i bambini, ma in particolare per i bambini diversabili, viene così riconfermata, non solo dal punto di vista della stimolazione precoce, ma anche per quanto riguarda la possibilità di contribuire ad evitare la cristallizzazione dei genitori di vissuti fantasmatici sganciati dall'analisi

131

delle reali potenzialità del bambino, a loro volta influenzate dalle aspettative che da tali vissuti derivano". (Bozzo M. T., 1984). Se tra scuola e famiglia non c'è un rapporto di interscambio si possono creare problemi di integrazione.

4.3. Il volontariato

Molte delle conquiste degli ultimi venti anni nel campo della lotta contro l'emarginazione sociale - dalla riforma della legge sull'adozione alla proposta dell'affidamento familiare, dall'inserimento degli alunni diversabili nella scuola - trovano origine nel lavoro di volontariato promozionale svolto a gruppi e associazioni, non a vantaggio dei propri membri, dei propri soci, ma per tutta la comunità ed, in particolare, per i più deboli.Parlando di volontari ci riferiamo a quelle persone o a quei gruppi che operano a titolo di volontariato, direttamente nel campo dell'assistenza e dell'emarginazione. Non bisogna, però dimenticare che quanti lavorano come volontari nei sindacati, nei partiti, nelle organizzazioni culturali, sportive, ricreative, possono contribuire allo sviluppo della società e perciò anche a ridurre l'area della emarginazione ed al migliorare le condizioni di vita degli assistiti.Il volontariato non può essere confuso con l'intervento di privati che gestiscono servizi assistenziali e per i quali ricevono compensi sotto varie forme.Schematizzando, possiamo identificare due tipi di volontariato: quello che svolge compiti esclusivamente o prevalentemente promozionali, quello che provvede ad assistere persone o famiglie in difficoltà:Il volontariato promozionale: è quello che, assunti i problemi politici dell'emarginazione ed operativi dell'assistenza, sollecita, attraverso iniziative di vario genere gli enti tenuti ad intervenire (Parlamento, Governo, Regioni, Unità locali...) ad adempiere ai loro compiti.Il volontariato di assistenza diretta. È quello costituito da gruppi organizzativi o spontanei o da singoli cittadini che provvedono autonomamente, in accordo o meno con gli enti pubblici, ad assistere direttamente persone o famiglie.Due forme di impegno tutt'altro che incompatibili tra loro; anche se l'obiettivo vero non deve essere quello di assistere tante persone e bene, ma di lavorare prioritariamente e fare in modo che vi siano pochi da assistere e da assistere bene.

132

No al volontariato solo gestionaleVolontariato gestionale non è incompatibile con il volontariato promozionale. Di seguito spiegheremo perché il volontariato solo gestionale non è consigliabile. Se si continua a praticare l'assistenza a chi ne ha bisogno, senza agire per eliminarne le cause, si permette che le attuali e future disfunzioni sociali ledano o neghino uno dei diritti fondamentali delle persone: il diritto alla propria autonomia.Si lede e si intacca quindi, il diritto alla libertà di centinaia di migliaia di persone cioè degli assistiti di oggi e di domani. Se le condizioni sociali fossero diverse e se l'impegno di Parlamento, Stato, Enti locali puntasse maggiormente alla prevenzione del bisogno assistenziale, molte di queste persone sarebbero in grado di vivere senza ricorrere all'aiuto di altri, si tratti di servizi pubblici o privati poco importa.Eloquente è l'esempio di due giovani torinesi diversabili che hanno potuto lasciare il Cottolengo dopo decenni di ricovero e costruirsi una vita autonoma, per il solo fatto che il Comune ha messo a loro disposizione un alloggio privo di barriere architettoniche.È possibile per gli assistiti avanzare rivendicazioni per la prevenzione del bisogno assistenziale? Mai o quasi mai. Dovendo dipendere dagli altri, in tutto o in parte (per il vitto, l'alloggio, per il vestiario ecc.), l'assistito si guarda bene dal reclamare. Solo quando la sua sopravvivenza è in pericolo vi sono proteste che presto vengono sedate. Ma si tratta di proteste rivolte al miglioramento del trattato subito come assistiti e non per ottenere l'autonomia.Se gli assistiti non possono ne potranno mai intervenire, è indispensabile che agisca chi non accetta che centinaia di migliaia di persone debbano sopportare oggi e domani livelli di vita sub-umani. L'esperienza del volontariato italiano dimostra che, pur fra gli alti e i bassi, è possibile fare molte cose concrete; ma è necessario far avanzare, contestualmente, la prevenzione del bisogno assistenziale e migliorare le condizioni di vita degli assistiti.Sì ai gruppi di volontariato solo promozionaleÈ necessario ribadire che non si intende collocare il volontariato promozionale su un gradino più alto di quello gestionale, cioè dell'intervento diretto nei confronti di persone e famiglie in difficoltà. Tuttavia, i dati di fatto dimostrano due cose:- in primo luogo l'assunzione diretta di casi personali o familiari pone il volontariato gestionale nella necessità di scendere a mediazioni con le autorità: a volte, se si denunciassero pubblicamente certe carenze si

133

rischierebbe di danneggiare chi deve ricorrere ad altri perché sta male, col pericolo di farlo star peggio;- in secondo luogo, l'esperienza dice che, spesso, gli enti intervengono immediatamente per togliere al denunciante, sia esso un singolo volontariato o un gruppo, la possibilità di venire a conoscenza di altri casi.Ecco perché riteniamo fondamentale che vi siano gruppi di volontariato solo promozionale, meno condizionabili e perciò più liberi di svolgere quel ruolo di stimolo, di sollecito, di denuncia nei confronti di chi è tenuto ad intervenire.

4.4. Il lavoro di rete

Le reti sociali primarie (ossia le relazioni familiari, parentali, amicali, di vicinato) o altre forme micro-associative della comunità (gruppo di auto aiuto, volontariato ecc.) costituiscono un supporto sociale essenziale per molte persone e per gli utenti dei servizi sociali in particolare. Spesso si sono "rappresentate" queste realtà informali (la famiglia soprattutto) solo per il loro potere patogenetico, che in molti casi effettivamente esiste, come le teorie sistemiche hanno dimostrato.Il lavoro sociale di rete è un approccio che tende, al contrario, ad enfatizzare, di queste realtà, le "risorse" che possiedono, per valorizzarle e orientarle efficientemente verso la soluzione dei molteplici problemi umani che affliggono le moderne società occidentali. La attuale tendenza delle politiche sociali verso il mantenimento e il reinserimento nella comunità di origine di utenti altrimenti istituzionali (malati di mente, diversabili mentali, non autosufficienti), impone all'operatore sociale una particolare capacità di interazione con l'ampia gamma di risorse/supporti formali e informali che la comunità può esprimere.Si dice networking un processo finalizzato tendente a "legare" fra loro tre più persone tramite connessioni e catene di significative relazioni interpersonali.Il sistema formale di aiuto alle persone è costituito da assistenti sociali, psicologi, educatori, medici e terapisti di vario genere.Il sistema "informale" è composto invece di parenti, amici, vicini di casa, colleghi di lavoro i quali possono "agire" sulle persone affinché queste diventino disponibili e capaci di aiutarsi da sole. Il sistema informale è composto da "terapeuti naturali" i quali si differenziano dagli operatori del sistema formale in quanto non sono specificatamente formati e addestrati per dare aiuto, non accettano alcuna forma di remunerazione, conducono la

134

loro azione fuori dalla loro casa e, se danno il loro aiuto sul posto di lavoro non considerano comunque ciò come una parte necessaria del lavoro.I terapeuti naturali al contrario dei professionisti non hanno la necessità di strutturare un "ruolo separato e asettico"; essi tendono piuttosto ad agire in modo spontaneo, offrendo liberamente se stessi come risorsa di self-help.È ovvio comunque che essi non possono fornire molti dei servizi specialistici propri del settore formale di aiuto; non è detto inoltre che molte d queste qualità di genuino altruismo non si ritrovino qualche volta nei professionisti.Le persone trovano maggior vantaggio dai professionisti quando hanno bisogno di servizi che richiedono abilità o conoscenze altamente specialistiche mentre invece si dimostra più adatto il settore informale in caso di problemi che richiedono disponibilità e interesse personale.Fino a qualche anno fa l'importanza delle prestazioni dei professionisti veniva esasperata e non veniva presa in considerazione l'importanza del contributo familiare.In opposizione a quanto detto ci sono state anche teorie estremiste che sostenevano che i trattamenti psicoterapeuti non aveva non alcun effetto.L'approccio basato sui network sembra molto più efficace se coordinato con gli interventi professionali.I servizi sociali tradizionali, specie quelli che richiedono prestazioni individualistiche e di lungo periodo, lasciano certamente a desiderare. In realtà è evidente che occorra un sempre maggiore coordinamento e un utilizzo intersecato dei due sistemi.Vi sono molte ragioni che impongono di utilizzare sempre meglio le strategie di rete. Dal momento che lo stato continuerà senz'altro a porsi ancora come interlocutore ambiguo dei servizi sociali, sia a livello di direttive che di finanziamento vi è la necessità impellente di stabilizzare e coordinare nel modo migliore le risorse disponibili nonché di ricercare e valorizzare le naturali risorse umane laddove esistono.Gli interventi basati sui network, diretti e coordinati dai professionisti ma che utilizzano al meglio le potenzialità naturali della comunità, potrebbe rappresentare una promettente prospettiva per i servizi sociali.Occorrerebbe un sistema di servizi più solido, basato sul reciproco rispetto e sulla collaborazione tra sistema "formale" quello "informale" di aiuto; questo riuscirebbe ad ammortizzare almeno in parte gli effetti negativi dovuti ai periodici tagli di bilancio sul capitolo socio-assistenziale, a consolidare ulteriormente il sistema "naturale" nonché a legare tra loro persone, gruppi e comunità potenziandone le solidarietà mutuali.

135

4.5. Il mutuo aiuto

È fondamentale prima di parlare di mutuo aiuto affermare che: finché le associazioni di invalidi sono o restano dei movimenti di promozione sociale, di sensibilizzazione pubblica o di pressione politica, esse rientrano in una logica democraticamente corretta e sociologicamente motivata, ma quando questi gruppi costituiscono un "insieme di compagni di sofferenza" cui si deve necessariamente appartenere perché ci si identifica come diversi rispetto all'ambiente sociale, allora il gruppo stesso diventa uno strumento di esclusione e autosegregazione. Noi tutti sentiamo il bisogno di essere amati e curati, di soddisfare i nostri bisogni fisici ed emozionali fondamentali, di sentirci sicuri in quanto parte di una famiglia e di una comunità. Nell'affrontare i vari problemi della vita, tutti abbiamo bisogno dell'aiuto di altre persone a noi vicine che possono guidarci nel passare attraverso esperienze magari ben familiari tra loro, mentre per noi essere nuove ed impegnative.Tradizionalmente i genitori svolgono questo ruolo nei confronti dei loro figli. Poi, mentre i figli crescono e si sviluppano, molte altre persone, altri membri della famiglia, amici, vicini insegnanti possono anch'esse assumere un ruolo di guida riguardo a molti problemi ed esperienze della vita. Molte persone hanno scoperto che a volte possono ricevere più aiuto e chiarificazione da estranei che hanno lo stesso problema di quanto ne ricevono da persone che sono loro più vicine sul piano relazionale.È spesso più facile infatti imparare da coloro con i quali possiamo identificarci, poiché essi si trovano o si sono trovati, nelle stesse circostanze in cui noi ci troviamo. In ogni caso, possiamo condividere sentimenti, esperienze e comprensione. Non ci sentiamo più così soli quando ci rendiamo conto che non siamo gli "unici" a provare certe difficoltà.Ciò che propongo quindi è la collaborazione tra diversabili non quale mezzo per allontanarsi dalla società bensì, unione di più forze per raggiungere un fine comune.

136

CAP. V - DALL'INSERIMENTO ALL'INTEGRAZIONE

5.1. Le forme particolari di sostegno

Le disposizioni ministeriali in materia di integrazione scolastica sono numerose, ma poche appaiono di un rilievo tale da essere qui menzionate.In genere si tratta di "indirizzi protocollari" che il Ministero ogni anno impartisce ai Provveditorati agli studi, perciò non sempre hanno carattere innovativo. Riteniamo interessanti tre circolari, anche tenuto conto del tempo in cui esse sono state emanate:1)- C.M. n° 199 del 18/07/79 dell'Ufficio Studi e Programmazione sulle "Forme particolari di sostegno a favore degli alunni diversabili".È un documento molto lungo che delinea in modo organico le forme particolari di sostegno. In esso emergono in sostanza tre elementi:a) "Il processo di integrazione va rapportato alla peculiarità del singolo soggetto e non consente generalizzazioni... Le esperienze positive che sono più numerose di quanto non si possa pensare, si verificano soprattutto dove la responsabilità dell'integrazione è assunta non dalla singola classe, ma da tutta la comunità scolastica, che costituisce di per sè uno dei sostegni più validi".b) "Altro elemento determinante per il successo dell'integrazione, secondo esperienze ormai acquisite, è la precisa individuazione delle condizioni soggettive del bambino, dei diversabilità veri e propri e degli impedimenti che condizionano lo sviluppo e, di conseguenza, dei suoi specifici "bisogni educativi".c) "Terza condizione è l'esistenza di insegnanti di classe o di sostegno capaci di rispondere ai bisogni educativi degli alunni con interventi calibrati sulle condizioni personali di ciascuno".Ad ogni segnalazione di alunno diversabile, al fine di ottenere le: "particolari forme di sostegno di competenza sia dello Stato sia degli Enti locali", dovrà corrispondere una specifica descrizione di situazione o di comportamento formulata da personale competente, attestante la necessità, per quel soggetto, degli interventi ipotizzati dalla legge a favore degli alunni diversabili inseriti nelle scuole comuni. Le attestazioni di cui sopra dovranno essere tempestivamente fornite alla scuola dai servizi medici scolastici, dai servizi preventivi e/o riabilitativi territoriali, dai servizi di igiene mentale. L'essenziale è che la definizione del soggetto diversabile

137

non venga lasciata alla sola responsabilità e discrezionalità degli insegnanti e dei dirigenti scolastici".L'utilizzazione dei servizi di competenza sia dello Stato che degli Enti locali deve essere fatta sulla base del programma predisposto dal Consiglio scolastico distrettuale. Altri spunti e indicazioni desumibili dalla circolare sono:- non inserire più di un diversabile per classe; afferma che il rapporto docente allievo dovrà essere di 1: 4 e non più di 1: 6; il sostegno non è un fatto privato del maestro specializzato, ma coinvolge l'intera comunità scolastica; il maestro di sostegno è docente a pieno titolo e non elemento aggiuntivo a detta comunità; la programmazione è un fatto collegiale che vede impegnati tutti, anche i docenti di sostegno; i gruppi di lavoro presso il Provveditorato acquistano un ruolo più puntuale e non sono dei semplici apparati semi-burocratici.2)- C.M. n° 206 del 04/08/79 della Direzione Generale dell'Istruzione Secondaria sulle "Attività integrative ed iniziative di sostegno nella scuola media";3)- C.M. n° 250 del 03/09/85 della Direzione e Servizio scuola materna, relativa alla "Azione di sostegno a favore degli alunni diversabili"."Nel testo dei nuovi programmi di insegnamento per la scuola elementare è dedicata una particolare attenzione a problemi relativi all'insegnamento ed alla integrazione degli alunni diversabili, ai quali secondo l'ordinamento scolastico si riconosce il diritto - dovere all'educazione ed all'istruzione nelle scuole comuni. Le difficoltà di apprendimento derivanti da situazioni di diversabilità non possono costituire un ostacolo all'esercizio di tale diritto-dovere; si ribadisce, pertanto, che la scuola deve garantire a ciascun alunno le opportunità di esperienze e le risorse culturali di cui ha bisogno. Le suddette considerazioni valgono naturalmente anche per gli alunni della scuola materna, nella quale si debbono porre le premesse per un "raccordo pedagogico, curricolare ed organizzativo con la scuola elementare".Le attestazioni diagnostiche cui fa riferimento la circolare n°199/79, sono attualmente di competenza dei servizi esistenti nell'ambito delle UU.SS.LL. e costituiscono, al presente, un elemento necessario per mettere in moto le procedure amministrative relative alla nomina degli insegnanti di sostegno.Alla segnalazione dell'alunno come portatore di diversabilità e all'acquisizione della documentazione attestante tale situazione deve far seguito, dopo una attenta osservazione dell'alunno stesso, una "diagnosi funzionale" ad un intervento educativo e didattico adeguato, alla cui

138

definizione provvederanno ognuno per la parte di competenza, gli operatori delle UU.SS.LL., degli Enti locali e della Scuola con la collaborazione dei genitori.La "diagnosi funzionale" dovrà porre in evidenza, accanto ai dati anagrafici e familiari e a quelli risultati dalle acquisite certificazioni della diversabilità, il profilo dell'alunno dal punto di vista fisico, psichico, sociale ed affettivo, comportamentale, e dovrà mettere in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di diversabilità, e le relative possibilità di recupero, sia le capacità ed abilità possedute, che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate.I successivi itinerari di preparazione dell'attività scolastica saranno indirizzati a rendere gli obiettivi educativi e didattici quanto più possibile adeguati alle esigenze e potenzialità evidenziate nella "diagnosi funzionale" dell'alunno e daranno luogo alla elaborazione di un "progetto educativo individualizzato" (PEI) ben inserito nella programmazione educativa e didattica. Tale programma personalizzato di integrazione e di apprendimento dovrà essere finalizzato di integrazione e di apprendimento dovrà essere finalizzato a far raggiungere a ciascun alunno portatore di diversabilità in rapporto alle sue potenzialità, attraverso una progressione di traguardi intermedi ed utilizzando metodologie e strumenti differenziali e diversificati, obiettivi di autonomia, di acquisizione di competenze e abilità (motorie, percettive, cognitive, comunicative, espressive) e di conquista degli strumenti operativi basilari (linguistici e matematici).Il "progetto educativo individualizzato" per la scuola elementare potrà prevedere il superamento di rigidi riferimenti ad un gruppo-classe e dalla scansione annuale del lavoro scolastico per garantire all'alunno ritmi di attività più distesi e maggiori opportunità di successo e di esperienze gratificanti sul piano psicologico.

5.2. Integrazione

L'esercizio del diritto all'educazione ed all'istruzione nell'ambito dell'istruzione obbligatoria, non può essere impedito dalla presenza di difficoltà nell'apprendimento scolastico, siano esse legate a situazioni di diversabilità o di svantaggio che, peraltro, non vanno tra loro confuse.La condizione di svantaggio è legata a carenze familiari ed affettive, a situazioni di disagio economico e sociale, a divari culturali e linguistici dovuti a scarsità di stimolazioni intellettuali. La programmazione

139

educativa e didattica dovrà, quindi articolarsi e svilupparsi in modo da prevedere la costruzione e la realizzazione di percorsi individuali di apprendimento scolastico che, considerando con particolare accuratezza i livelli di partenza, ponga una progressione di traguardi orientati, da verificare in itinere.Il processo di integrazione di alunni diversabili, soprattutto se gravi, esige non tanto una "certificazione medica", quanto la possibilità per la scuola di affrontare il processo educativo-didattico, sulla base di una "diagnosi funzionale" predisposta da servizi specialistici.La diagnosi funzionale deve porre in evidenza le principali aree di potenzialità e di carenza presenti nella fase di sviluppo osservata, cosicché gli interventi da attivare nel quadro della programmazione educativo-didattica, di competenza dei docenti, siano più idonei a corrispondere ai bisogni ed alle potenzialità del singolo soggetto tali interventi devono mirare a promuovere il massimo di autonomia, di acquisizione di competenze e di abilità espressive e comunicative e, fin dove è possibile, il possesso di basilari strumenti linguistici e matematici.In ogni caso, l'obiettivo dell'apprendimento non può mai essere disatteso e tantomeno sostituito da una semplice socializzazione "in presenza", perché il processo di socializzazione è in larga misura una questione di apprendimento, e perché la mancanza di corretti interventi di promozione dello sviluppo potrebbe produrre ulteriori forme di emarginazione.L'alunno in situazione di diversabilità pone alla scuola una domanda più complessa di aiuto educativo e di sostegno didattico. Mentre per la maggior parte dei soggetti può essere sufficiente il potenziamento, l'affinamento e la differenziazione della prassi didattica, per un minor numero di alunni in condizione di particolare gravità sono necessari interventi qualificati di didattica differenziata, integrata da sostegni terapeutico-riabilitativi.In questo quadro la scuola deve potersi avvalere della collaborazione di specialisti, nonché di servizi e di strutture stabilmente disponibili sul territorio.È necessario, in questi casi, che al suo lavoro si accompagnino lo sforzo solidale della famiglia e l'azione concorde di un sistema socio-sanitario che realizzi forme di prevenzione, di intervento precoce e di assistenza.Per disabilità collegate ad diversabilità particolarmente gravi è opportuno prevedere, nell'ambito di uno stesso distretto, il funzionamento di centri adeguatamente attrezzati al fine di consentire interventi mirati

140

specificatamente, da realizzare in stretta collaborazione tra scuola, strutture sanitarie del territorio e istituzioni specializzate. La valutazione dei risultati scolastici degli alunni diversabili non può che essere rapportata ai ritmi ed agli obiettivi formativi perseguiti nell'azione didattica.Comunque, l'esperienza scolastica dell'alunno in situazione di diversabilità dovrebbe potersi sviluppare secondo un percorso unitario e fondamentalmente continuo, quanto più possibile in armonia con i ritmi di maturazione e di apprendimento propri del soggetto. 5.3. I vari aspetti dell'integrazione

Il problema della diversabilità non è esclusivamente sanitario, esso è soprattutto sociale.All'aspetto medico del problema si associa l'incompatibilità sociale che costituisce " l'altro diversabilità " che è più mortificante, più doloroso e più intollerabile.Il rifiuto, l'emarginazione e il pietismo costituiscono l'diversabilità sociale che non permette a una persona disabile di superare il disagio inflittole dalla natura e di poter, quindi, vivere dignitosamente e serenamente, per quanto possibile, nella sua diversità, integrato, per la solidarietà umana, nel contesto sociale.Far conoscere il problema della diversabilità vuol dire abbattere degli steccati, eliminare l'altro diversabilità che è costituito dall'indifferenza, dai pregiudizi e dall'ignoranza, e favorire il coinvolgimento attivo di tutte le componenti della società.L'obiettivo di ogni lavoro svolto a favore delil diversabile non deve essere soltanto l'assistenza e la riabilitazione ma soprattutto l'integrazione sociale.Tale condizione racchiude 4 aspetti:1. ASPETTO POLITICO. L'integrazione comporta prestazioni sanitarie ed economiche, istituzione lavoro, vita di relazione, secondo un processo che si svolge con le stesse modalità e gli stessi servizi pubblici di cui usufruiscono tutti i cittadini. Questo dato essenziale della non specificità e non settorialità degli interventi comporta una discussione complessiva su tutte le strutture di formazione e di socializzazione di cui gli diversabili evidenziano e anticipano sempre disfunzioni e carenze.Se la scuola è selettiva, se il sistema produttivo non rispetta la dignità dell'uomo, se la realtà urbana è impraticabile, se l'istituto familiare e la vita

141

di relazione sono in crisi, se tutte queste condizioni sono negative per i cittadini normali, lo saranno, in misura ben maggiore per gli diversabili.Discutere e risolvere i problemi dell'integrazione significa creare le condizioni limite, politiche e sociali di una qualità di vita migliore per tutti. Le difficoltà e i bisogni dei diversabili hanno un carattere emancipatorio ed evolutivo per tutta la società.2. ASPETTO SOCIOLOGICO. Se è vero che gli diversabili in un progetto di socializzazione fanno risaltare la disfunzionalità dell'organizzazione sociale ed economica per un impegno politico che conviene a tutti, è anche vero che le loro esigenze e bisogni non sono eterogenei e straordinari; le situazioni di povertà, di inferiorità culturale, di dipendenza e di isolamento, sono comuni a molte fasce della popolazione sotto-privilegiata, ma sono anche realtà esistenziali che possono accadere a chiunque e che in qualche misura si prospettano nel futuro di tutti.Questa constatazione si riferisce alle categorie universali della malattia, della devianza e della vecchiaia, che dal punto di vista biologico e sociale coincidono per vari aspetti con il concetto di diversabilità. Con questa attenzione si può affermare che la condizione umana dei diversabili non appartiene alla eccezionalità ma è sovrapponibile a quella di tutti.3. ASPETTO CULTURALE. Un dato che spesso sfugge, è costituito dal fatto che l'integrazione non si esaurisce nella presenza fisica dei diversabili nelle scuole, nelle fabbriche nelle attività di tempo libero. Evitare la segregazione in una prospettiva di tolleranza e di accondiscendenza non annulla il rischio del rifiuto e della indifferenza. Integrazione vuole dire relazione, comunicazione, reciprocità: è il risultato di un impegno di conoscenza fra i gruppi e le persone.Non ci può essere integrazione dei diversabili senza un'azione di educazione sociale, di consapevolezza e di accettazione vicendevole fra il gruppo "minoritario" ed il gruppo "egemone" in un convergente e contestuale avvicinamento che non è soltanto fisico, ma soprattutto psicologico e culturale.4. PARTECIPAZIONE. L'integrazione sociale non può essere imposta ma richiede il coinvolgimento e l'adesione dei cittadini; risulta evidente quindi l'importanza dell'ipotesi politica e organizzativa della partecipazione.La linea partecipazionistica che è all'origine del decentramento istituzionale dei servizi socio-sanitari prevista in tutti gli statuti regionali, e che ha avuto alcune importanti espressioni legislative è in crisi. L'ideologia partecipativa con i suoi presupposti di pluralismo, di democratizzazione e

142

controllo dei meccanismi decisionali e di politica del territorio, risulta soccombente sia rispetto alla logica tradizionale della gestione del potere politico e amministrativo, sia in rapporto a criteri di "efficienza".

5.4. Integrazione scolastica

La società odierna ha ormai definitivamente maturato la convinzione che il soggetto in difficoltà di sviluppo e di apprendimento, indipendentemente dal sesso, dall'età, dalla condizione sociale in cui possa trovarsi, dal grado più o meno grave di deficit di cui è portatore, è assolutamente e primariamente una persona umana, detentore di tutti i diritti inerenti a tali condizioni. Diritti che non solo debbono essergli riconosciuti, ma resi concretamente ed effettivamente esigibili con la messa a disposizione del tipo e dell'entità di aiuto corrispondente alla natura e al grado di bisogno individuale accertato. La scuola, pertanto viene ad avere compiti specifici, quale quello di offrire un'effettiva uguaglianza di opportunità educative ad ogni soggetto in formazione, allo scopo di superare i condizionamenti sociali, economici culturali ed ambientali. Per questo l'azione educativa da essa svolta rimanda scelte intenzionali e criticamente responsabili per la costruzione di progetti che aiutino il soggetto nella sua crescita e nel suo sviluppo. Per il diritto all'educazione sarebbe sufficiente citare comunque gli art. 34 e 38 della Costituzione: la scuola è aperta a tutti. Gli inabili e i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale."Tutti nella scuola normale si diceva intorno al 1975; ma che cosa è cambiato nella scuola normale, perché essa possa fare adesso ciò che un tempo non fece e che condusse appunto alla costituzione di un sistema scolastico parallelo? Fino a che punto, cioè, al termine "socializzazione" viene assegnato un valore carismatico che tutto comprende e tutto risolve? Che la socializzazione abbia fondamentale importanza nel processo educativo è ben chiaro nella visione di ogni educatore.È altrettanto chiaro che la socializzazione, cioè la convivenza nella struttura scolastica comune, non può risolvere tutti i problemi educativi di diversabile, soprattutto se l'diversabilità è di natura mentale.Si può onestamente conseguire l'obiettivo dell'uguaglianza umana, nella misura in cui riusciamo, nella scuola come anche nella società, a offrire a ciascun bambino le opportunità necessarie a un reale avanzamento della crescita personale. Così noi, quando abbiamo pensato all'inserimento non come slogan , ma come primo momento reale di soluzione dei problemi di

143

crescita e di convivenza del bambino diverso nella scuola normale, abbiamo innanzitutto sentito l'esigenza di sgombrare il terreno da una illusione: che la socializzazione possa corrispondere a un processo di cambiamento spontaneo. Il semplice far vivere insieme bambini con difficoltà con bambini percepiti come normali, non è mai di per sé una soluzione. E abbiamo pure respinto l'ipotesi di che supponeva che per il bambino diverso occorresse un insegnante dotato di comprensione e bontà particolari che, se debbono essere richieste genericamente per ogni rapporto educativo, non sono certamente sufficienti a far vivere il rapporto interpersonale con l' "atipico" come rapporto di crescita." (Lalli F., 1984) Ribadita l'importanza dell'inserimento dei diversabili nelle classi normali vogliamo sottolineare che tale inserimento ha comunque creato seri problemi all'organizzazione scolastica. Infatti si può ben vedere che: "Il verbalismo, il mito dei "programmi", la competitività, l'insofferenza per le differenze culturali e l'impotenza a colmarle, il prevalere dei criteri moralistici su quelli scientifici per analizzare il comportamento e la struttura relazionale del bambino, la scorsa attenzione ai problemi della comunicazione, della socializzazione, della motivazione sono alcune delle cause che producono ancor oggi, quando si affida alla scuola l'integrazione dei "diversi", disadattamento ed emarginazione anche di bambini normodotati." (Bellomo Ribolzi,1983)Troppo spesso l'inserimento provoca spesso eccessive aspettative da parte di tutti: ci si attende una sorta di affetto di normalizzazione dal fatto che il bambino "diverso" viene inserito in un contesto "normale". Invece non è tanto la presenza delil diversabile nella scuola per tutti che si propone come garante di miglioramento per il suo sistema relazionale, quanto la presenza di competenze e di condizioni atte a facilitarne l'inserimento."L'inserimento degli alunni diversabili nella scuola di tutti ha reso più nettamente percepibile il divario fra la preparazione professionale dell'insegnante e le aspettative sociali circa il suo ruolo. Anche per effetto di questo divario, ma forse soprattutto sull'onda di una diffusa contestazione ideologica, rivolta all'insegnamento scolastico e all'istruzione formale visti nelle loro conseguenze selettivo emarginanti, l'inserimento degli alunni diversabili è stato accompagnato da una visione conflittuale delle finalità della scuola: socializzazione/ insegnamento. Questo falso dilemma, nel caso specifico degli alunni diversabili, si è tradotto in una scelta parziale: si è ritenuto cioè che la socializzazione dovesse essere il principale - o più spesso l'unico- obiettivo da perseguire. Ma dare priorità a questo aspetto nell'ambito dell'inserimento scolastico, se

144

ha avuto il significato di focalizzare l'attenzione sull'importanza delle dinamiche relazionali in contrapposizione al funzionamento selettivo dell'istituzione e quindi al processo di emarginazione dell'individuo che trasgredisce le attese di rendimento (stabilite sulla base di una norma di prestazione), ha contribuito a sottovalutare l'aspetto di apprendimento che non è invece così facilmente scindibile dalla socializzazione." (Bozzo M.T., 1984)Occorre anche dire che non è assente in questa ottica la convinzione che basta inserire il bambino diversabile in un ambiente normale perché i suoi problemi si risolvano. Assai di frequente l'inserimento provoca aspettative inadeguate in coloro che in qualche modo ne sono coinvolti, mentre è evidente che non basta la presenza fisica del bambino diversabile nella classe per sostenere che l'inserimento è avvenuto. Di fatto il bambino diversabile "ben inserito" nell'ambito relazionale della classe se viene escluso dal processo di apprendimento corre il rischio, più spesso di quanto non si creda, di vivere l'esperienza dell'emarginazione proprio all'interno della sua stessa classe, cioè l'esperienza della "separazione in vicinanza" (Neri e Valgimigli, 1980). Il rifiuto di ogni soluzione discriminativa ed emarginante ha sostenuto la tendenza a progettare massicci ed indiscriminati inserimenti di soggetti anche molto gravi, senza un'adeguata preparazione delle componenti operative della scuola e dell'ambiente, oltre che della famiglia, e senza coordinamento con strutture specialistiche di recupero funzionale, idealizzando così il momento dell'inserimento come momento di scomparsa della malattia.L'attuale tendenza relativa all'inserimento è diametralmente opposta all'impostazione tradizionale che aveva circoscritto a un ambito nosografico il problema dei diversabili includendo fra di essi anche i disadattati (e quindi anche gli svantaggiati sociali) e organizzando il loro trattamento in strutture separate: la "patologia" veniva considerata esclusivamente individuale e il trattamento riservato dal diversabile in un ambiente in cui vivevano solo altri diversabili dello stesso tipo. Il progresso scientifico e lo sviluppo socio-culturale ha presentato quello dell'andicappato come un problema non solo del singolo, ma della società, alla quale viene ricondotta la responsabilità nella genesi dei diversabilità. L'orientamento che si è venuto sviluppando negli ultimi anni ha valorizzato l'apporto positivo della nuova tendenza ma ha ridimensionato quegli aspetti di tale apporto che sembrano sacrificare all'affermazione

145

ideologica il benessere dei singoli individui: ha considerato la necessità che gli diversabili siano inseriti nelle strutture "normali", evitandosi ogni forma di emarginazione, ma ha anche ribadito che per ciascuno di essi dovrà essere studiato l'intervento terapeutico o rieducativo più appropriato e che tale intervento dovrà realizzarsi per quanto possibile nelle strutture normali."Generalmente i soggetti diversabili che entrano in una scuola affrontano un'esperienza nuova alla quale non sono stati preventivamente preparati. Si tratta di un cambiamento, spesso brusco, che si verifica sulla spinta di una nuova istanza sociale e di un conseguente nuovo diritto acquisito.Noi temiamo che gli diversabili debbano in larghissima misura essere inseriti nella scuola di tutti, in quanto ciò può costituire per loro un reale vantaggio immediato e soprattutto futuro. Ma tale inserimento deve avvenire nei modi che corrispondono ai loro bisogni. L'inserimento, cioè, non deve essere fatto alla cieca, ma deve presupporre una prassi scientifica e tecnica che, coinvolga profondamente tutte le strutture interessate, poiché è la struttura nei suoi vari aspetti e momenti che deve adeguarsi all'individuo, normale o diversabile che sia, e non viceversa. È la struttura che deve articolarsi diversamente da come è stata finora, per rispondere in modo efficiente e responsabile ai bisogni di tutti i cittadini." (Bellomo Ribolzi,1983)E inoltre occorre valutare l'integrazione in relazione a un doppio ordine di fattori: "da un lato l'approntamento delle strutture opportune del piano edilizio architettonico, su quello strumentale dei servizi, degli interventi specifici e di coordinamento globale; dall'altro la qualità delle componenti psico-sociali, l'atteggiamento degli insegnanti, degli operatori e di tutto il mondo sociale che gravita intorno alla scuola e interagisce con il bambino handi-cappato e la sua famiglia sul piano affettivo-motivazionale e culturale. (Bozzo M.T.1984. )A conclusione di queste valutazioni circa la corretta modalità di integrazione si può senz'altro affermare che salvo in casi assolutamente eccezionale, dei cosiddetti "gravi", l'inserimento nelle classi normali deve avvenire interamente per tutti, pur con una programmazione individualizzata al massimo. Ed anche per gli stessi gravi, si sta pensando ad alternative da valutare e programmare attentamente, caso per caso, alternative che, prevedano comunque un'area di socializzazione nella comunità scolastica, con spazi più o meno ampi di permanenza in comunità educative sperimentali terapeutiche, di riabilitazione, nei centri

146

diurni in gruppi speciali in laboratori scuola, finalizzati soprattutto alla preparazione ad un eventuale inserimento lavorativo.Occorre considerare però il grado più o meno accentuato delle lesioni invalidanti."Di qui i molteplici problemi che insorgono per l'inserimento dei minorati gravi e gravissimi nelle strutture scolastiche comuni. D'altra parte tanto i q.i. quanto il "deficit" costituiscono elementi classificatori di base anche se vanno inseriti in un contesto unitario che tenga conto dell'intero quadro invalidante. Si tratta in sostanza, di stabilire il grado di autonomia del soggetto diversabile in relazione alla scuola da frequentare ed alle strutture sociali e territoriali nelle quali la scuola stessa è inserita e vi si esprime. Per i minorati fisici e sensoriali (non affetti da altre infermità) l'inserimento non si presenta in genere difficile, a condizione di attuare quelle differenziazioni metodologiche e didattiche richieste dal loro particolare status. Il problema diventa, invece, molto più difficile per gli diversabili psichici, per i pluriminorati e per coloro che sono largamente privi di una autonoma vita di relazione, poiché le strutture ordinarie non son quasi mai riconducibili anche alle sole loro esigenze minime". (Biagioni E.1982)Perciò il ritenere corretta la collocazione delil diversabile nell'ambiente a lui più favorevole non significa negare le necessità che permangono, entro certi limiti, strutture terapeutiche per coloro che non trarrebbero giovamento dal solo inserimento nella scuola comune è riabilitante anche perché vivere un'esperienza come quella che la scuola propone porta a certi esisti nel campo della socializzazione e dell'apprendimento che possono senz'altro essere considerati positivi.Per altri soggetti, la frequenza in una scuola comune non basta: occorrono altri interventi e altri supporti perché una riabilitazione possa aver luogo. E non c'è dubbio che l'inserimento debba avere fini abilitativi, nei limiti che il deficit di cui il diversabile è portatore consente di definire.Riteniamo dunque che per affrontare all'interno della scuola il problema dell'integrazione dei diversabili siano necessari:- diagnosi funzionali differenziali delle tipologie e dei gradienti dei vari tipi di diversabilità;- insegnanti qualificati ed esperti nella riabilitazione;- strutture adeguate ed efficienti per soddisfare le esigenze del bambino;- inserimento non selvaggio e demagogico, ma corrispondente in modo reale ai loro bisogni;

147

- una scuola nuova, maggiormente relazionata con l'esterno (soprattutto la famiglia) per un sistema educativo integrato;- maggiore scientificità nelle diagnosi e nelle metodologie di intervento.La scuola non può non tener conto di quanto detto precedentemente, anzi, deve essere ed è uno dei cardini più importanti sui quali si deve basare la promozione umana delil diversabile.È proprio per questo che evidenzierà l'importanza che riveste la diagnosi funzionale, perché punto di partenza di una programmazione educativo didattica che deve mettere in luce gli aspetti positivi di ogni individuo, al di là di quello che può esserci di negativo, ovvero al di là della diversabilità.Il piano educativo individualizzato quindi, come abbiamo già evidenziato precedentemente, non deve portare all'emarginazione delil diversabile, bensì permettere di creare situazioni ottimali al raggiungimento non solo degli obiettivi educativo-didattici ma anche socio-emotivi.La diagnosi classica poggia sull'acquisizione di informazioni sul soggetto ed il suo ambiente tramite colloqui, accertamenti, tests medici e psicologici e verifica periodica dell'intervento terapeutico. Tale concetto di diagnosi richiede alcune osservazioni.1) a causa della notevole influenza del modello medico, l'operatore verte ogni volta su aspetti molto parziali, su una competenza particolare del soggetto: esame neuromotorio delle capacità sensoriali, psicomotorio, psicologico, linguistico, ecc.Qualunque sia la qualità di ciascun esame pratico è assai difficile, a queste condizioni, superare la soglia in cui vengono ristabilite le "verità" parziali dell'identità della persona che è una totalità che trascende le sue componenti. Ed è ancor più difficile riunire il puzzle, per la scoperta di tale o tal'altra carenza od diversabilità che ogni volta rischia di impedire definitivamente la percezione globale del soggetto;2) l'illusione, d'origine cartesiana, che si possa passare facilmente dalla conoscenza delle parti a quella del tutto spiega anche a successione logico-temporale diagnosi/terapia: dopo aver penetrato cognitivamente il soggetto si decide di agire su di lui;3) all'operatore tale successione provoca problemi in quanto spesso il "diagnosta" non è il protagonista dell'azione educativo-terapeutica;4) poiché l'indagine verte unicamente su una zona fisica o psichica limitata, il soggetto non ha occasione di produrre un discorso globale che necessita di condizioni particolari, e gioiose. Ciò non vuol dire rifiuto di

148

informazioni mediche, psicologiche o sociali, ma questo sapere non può sostituirsi a quello acquisito con la sua osservazione diretta. A questo punto della nostra analisi il termine diagnosi ci pone dei problemi per il fatto che spesso ha un significato di giudizio fisso, statico, elaborato in maniera distanziata, oggettivamente. L'operatore deve invece essere rivolto all'elaborazione di una diagnosi-progetto educativo che:- trovi necessariamente il proprio fondamento nel cogliere la globalità del discorso del soggetto, in un luogo ed in un tempo specifici - la palestra dei giochi - ove tutto è concepito con lo scopo di suscitare e facilitare l'espressione e la comunicazione;- non sia in rapporto di priorità temporale e logica rispetto all'attuazione della terapia o della didattica. La terapia e la didattica permettono di produrre, affinare e correggere questa diagnosi-progetto educativo che a sua volta modifica senza sosta la strategia di aiuto. Alla rigidità della successione di fasi sostituisce un processo dialettico;- ci permetta di rapportare il soggetto ad una tipologia rinnovata, flessibile ed aperta, che rispetti ogni identità irriducibile.Gli importanti provvedimenti che consentono al soggetto diversabile di passare da una situazione di sostanziale estromissione ad un inserimento alle classi normali, sono legati ad una scuola che ha mutato fisionomia dalla fine degli anni '60 ai nostri giorni, sulla scia dei grandi cambiamenti sociali del nostro paese.Il cambiamento fondamentale riguarda la diversa assunzione di responsabilità da parte dell'istituzione-scuola, relativa agli esiti scolastici dell'alunno che accoglie. Mentre prima tale responsabilità ricadeva completamente sullo studente, capace o meno di adeguarsi ad una struttura preformata e rigida, ora la scuola, diventata nel frattempo obbligatoria fino al 14° anno di età (legge 31.12.1962 n.1859), si fa carico di realizzare l'obiettivo della formazione e della crescita di tutti i cittadini.A questo fine diviene una struttura più flessibile e capace di adeguarsi ai soggetti ed all'ambiente con cui ha a che fare, e soprattutto aperta alle sollecitazioni ed al contributo delle forze sociali presenti nel territorio in cui opera.In questa scuola, anche il portatore di diversabilità riesce a trovare un suo spazio ed un graduale riconoscimento di sé finalmente come "soggetto di diritti" (C. Scaglioso op. Cit.).I provvedimenti legislativi a suo favore, nascono nei primi anni '70 anche sulla spinta delle polemiche e delle obiezioni verso le classi differenziali che, come è già stato detto, si andavano connotando sempre più come

149

strutture non di recupero, ma di irreversibile emarginazione dell'alunno che ci finiva.In particolare, le critiche si rivolgevano alla discriminazione su base classista operata verso i bambini inseriti in queste classi che in percentuale statisticamente significativa appartenevano agli strati sociali culturalmente ed economicamente più deprivati (C. Padua Schioppa, Scuola e classi sociali in Italia, ed. Il Mulino Bologna 1969).La loro "ghettizzazione" nelle strutture differenziali serviva solo ad allargare la forbice dello scarto con gli alunni normodotati (Canevaro, Il bambino che non sarà padrone; il bambino con l'diversabilità e l'educazione di tutti, dalla pedagogia della competizione a quella della cooperazione, Ed.Emme Milano).Di questo disagio si rende interprete la legge n. 118 del 30.03.1971 che fissa le norme a favore dei mutilati ed invalidi civili. All'art. 28 si indica, per la prima volta, l'opportunità di realizzare l'istruzione obbligatoria nelle classi comuni, salvo casi molto gravi.Nello stesso anno viene emanata la C.M. n.4408 che tratta della consulenza medico-psico-pedagogica ad alunni della scuola elementare per mezzo delle apposite equipes. L'importanza di questa circolare consiste, nel definire il programma 71/72, nel muoversi già nella logica dell'inserimento dei soggetti anormali nelle classi comuni.Devono passare ancora alcuni anni prima che la legge 118 divenga operativa; in molte realtà locali, tuttavia, vengono attivate fin da ora le prime forme di inserimento dei soggetti diversabili nelle classi comuni, grazie all'impegno di educatori sensibili al problema e sotto la guida delle equipes medico-psico-pedagogiche.A supporto di queste iniziative è la C.M. 25.08.1971 n. 257 che promuove una graduale trasformazione delle classi differenziali della scuola media in classi sperimentali formate da non più di 20 alunni, con un massimo di 5 bambini svantaggiati.Sulla base degli incoraggianti risultanti delle migliori esperienze condotte in questo campo, nasce nel 1974 la commissione di studio Falcucci con il compito di affrontare il problema dell'inserimento scolastico degli alunni diversabili e di individuare le linee di intervento operativo. Il documento elaborato dalla Commissione prevede l'abolizione graduli delle classi differenziali e la modifica della struttura delle istituzioni speciali, per favorire il processo di inserimento nelle scuole normali dei disabili e l'attuazione di una programmazione volta a promuovere sia la socializzazione che l'acquisizione delle competenze di questi alunni. A tale

150

fine sollecitata la collaborazione fra insegnanti ed operatori dei servizi parascolastici, specialmente quelli socio-sanitari, volta in parte alla formulazione di diagnosi precoci, da operare nella scuola materna, ed in parte alla elaborazione di itinerari didattici personalizzati.Viene sancita così una vera e propria inversione di rotta nella politica della diversabilità. Il 1974 è anche l'anno dell'emanazione dei decreti delegati che con D.P.R. n.416 del 31.05.1974 istituiscono gli organi collegiali nei vari ordini di scuola (C. Scaglioso op. Cit.).Questo provvedimento, che segna l'inizio di un nuovo è più produttivo rapporto fra scuola e territorio, attribuisce ai vari organi specifiche competenze relative all'integrazione della diversabilità.In particolare l'art.4 affida al collegio docenti il compito di rilevare ed esaminare i casi di difficoltà di apprendimento e comportamento al fine di individuare, in stretta collaborazione con l'equipes medico-pedagogiche, tutti i possibili mezzi di recupero.L'art. 6 attribuisce al consiglio di circolo il compito di fissare i criteri per la programmazione e l'attuazione delle attività parascolastiche, interscolastiche ed extra scolastiche con riferimento ai corsi di recupero e sostegno, alle attività competenti, alle visite guidate e ai viaggi di istruzione. L'art.12 stabilisce che il Consiglio Scolastico Distrttuale elabori i programmi inerenti i servizi di medicina scolastica e l'assistenza socio-psico-pedagogica e, su espressa delega della Regione, possa gestire direttamente i compiti di assistenza scolastica di pertinenza di quest'ultima.Infine l'art. 15 attribuisce al Consiglio Scolastico Provinciale il compito di indicare i criteri per il coordinamento dei servizi di orientamento scolastico, di medicina scolastica e di assistenza psico-pedagogica, in base ai programmi elaborati dai Consigli Scolastici Distrettuali.Gli organi rappresentano un importante passaggio nel processo di integrazione delil diversabile, dal momento che coinvolgono, a tale scopo, la più ampia comunità sociale in cui è inserita la scuola. L'integrazione diviene compito non solo di insegnati e specialisti, ma anche di genitori e delle altre forze sociali, favorendo così una più diffusa conoscenza e sensibilizzazione degli aspetti e dei problemi ad essa legati.In seguito la C.M. del 08.08.1975 offre una prima attuazione concreta delle indicazioni contenute nel documento elaborato dalla Commissione Falcucci. Essa prevede le modalità relative al raggruppamento delle scuole presso le quali promuovere l'inserimento dei diversabili "senza distinzioni di minorazioni, perché l'ammissione sia possibile e positiva per i soggetti".

151

Un altro elemento rilevante è la costituzione di gruppi di lavoro presso i Provveditorati agli Studi con esperti sul problema diversabilità.La C.M. n.228 del 29.06.1976 limita il numero totale degli alunni per classe che, in presenza di un soggetto diversabile non deve superare le 20 unità.La C.M. n.235 del 05.09.1975 tratta dell'inserimento del bambino diversabile nella scuola materna, suggerendo criteri flessibili nell'eventuale trattenimento in questa scuola oltre il sesto anno di età. La circolare attribuisce al collegio degli insegnanti, in collegamento con gli specialisti delle equipes medico-psico-pedagogiche la decisione di iscrizione di bambini diversabili che abbiano superato il sesto anno di età.Il D.P.R. n. 970 del 31.10.1975 stabilisce che la specializzazione all'insegnamento ad alunni diversabili debba conseguirsi al termine di un corso teorico-pratico di durata biennale, presso scuole od istituti riconosciuti dal Ministero della Pubblica Istruzione.Questo rappresenta il primo passo verso l'istituzione dell'insegnante di sostegno da affiancare al titolare della sezione, in presenza di alunni diversabili.Nell'anno successivo con la C.M. n. 216 del 03.08.1977, infatti viene istituita tale figura, ma ne viene prevista la nomina in appoggio a ben sei soggetti diversabili. Questo inadeguato rapporto numerico insegnante-alunni, invalida in gran parte l'innovazione introdotta dalla circolare con l'istituzione del sostegno.Il 04.08.1977 viene emanata la legge 517 che rappresenta il più rilevante provvedimento legislativo in materia di integrazione scolastica della diversabilità, prima legge-quadro del1992.Essa trattano il problema dell'inserimento dei diversabili negli articoli 2 e 7 relativi, rispettivamente, alla scuola elementare e media.L'elemento novità sta nel coinvolgere, nell'integrazione dei diversabili, non solo il singolo insegnante, ma l'intero team dei docenti di un plesso.Questo attraverso un'organizzazione flessibile dei tempi e dei modi di realizzazione dell'intervento didattico che prevede: l'apertura delle sezioni, l'articolazione delle attività per piccoli gruppi di ragazzi misti di varie classi, l'introduzione di attività integrative all'interno di questi gruppi, la realizzazione di interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni."Nell'ambito di tale attività la scuola attua forme di integrazione a favore degli alunni diversabili con la prestazione di insegnanti specializzati".

152

La legge prevede, sia per la scuola elementare che per la scuola media, la collaborazione dei servizi socio-psico-pedagogici; ed altre forme di sostegno sulla base delle rispettive competenze dello Stato e degli Enti Locali, nei limiti delle rispettive responsabilità di bilancio e con riferimento del programma predisposto dal Consiglio Scolastico Distrettuale. Si ribadisce la necessità di utilizzare insegnanti di sostegno forniti di titolo di specializzazione di cui al D.P.R. n.970/75 e, parziale emendamento della C.M. 216/77, si stabilisce la nomina di un insegnante di sostegno ogni quattro alunni diversabili inseriti in classi diverse.Infine, vengono abolite le classi di aggiornamento e le classi differenziali previste dagli artt.12 e 13 della legge n.1859/62. (C. Scaglioso, op.cit.).La legge 517 rappresenta così un fondamentale passo avanti nella via dell'integrazione, perché, unificando e coordinando i vari provvedimenti normativo-legislativi emanati nei primi anni 70, offre finalmente un'immagine di scuola aperta, attenta alle esigenze dei singoli soggetti e capace di modificarsi per venire incontro ai bisogni di tutti. In particolare, la collegialità delle scelte e la corresponsabilità dei docenti nella formazione del bambino diversabile, segnano un passaggio determinante sulla via della sua formazione.Nonostante questo la legge presenta alcuni spunti oscuri. Il primo riguarda la totale dimenticanza della scuola materna per la quale non vengono previste né indicazioni particolari relativa all'organizzazione delle attività, né (e questo è peggio) viene istituita l'insegnante di sostegno.Questa "amnesia" del Legislatore mette una pesante ipoteca sull'adeguatezza delle iniziative di integrazione dei soggetti diversabili. Infatti la mancanza di insegnanti specializzati a sostegno della scolarizzazione del bambino diverso, rende vuote le indicazioni del documento Falcucci sull'opportunità di una diagnosi precoce e di un tempestivo intervento di recupero del deficit.Devono passare ben cinque anni prima che questa situazione venga sanata con la legge 20.05.1982 n. 270 che istituisce posti di sostegno per la scuola materna ogni quattro bambini diversabili, come previsto per gli ordini scuola.In modo analogo viene previsto il tetto massimo di alunni per sezione, in presenza di soggetti diversabili, nel numero di 20 (C. Scaglioso, op.cit.).Il secondo elemento discutibile della 517, si riferisce ad una impostazione più generale degli anni '70 rispetto al problema-diversabilità, che traspare dalla legge.

153

Ferma restando l'importanza della mutata concezione del soggetto diversabile sorta in questi anni e dell'emergere in un moderno concetto di integrazione, l'interesse si rivolge ora non tanto all'opportunità o meno dell'inserimento di questo soggetto nella scuola normale, ma sulle diverse modalità attraverso le quali questo inserimento può avvenire.La legge 517, in sintonia con l'opinione corrente e le iniziative promosse al riguardo, propone un tipo di inserimento che valorizza principalmente gli aspetti inerenti la socializzazione nel gruppo di coetanei. Questo è un aspetto fondamentale dell'accoglienza del portatore di diversabilità. Ma autorevoli studiosi hanno contestato questo approccio, considerato riduttivo nei confronti delle potenzialità del soggetto. L'inserimento delil diversabile si realizza non solo introducendo "tout court" in un gruppo di coetanei normodotati, ma soprattutto colmando, nei limiti del possibile, l'diversabilità cui è soggetto e sviluppando al massimo tutte le altre sue potenzialità (E. Bonistalli, Prevenzione e trattamento della dislessia, Ed. Nuova Italia, Firenze, 1973; Introduzione alla didattica speciale, Ed. Manzuoli, Firenze,1973).Solo così si darà un vero aiuto al soggetto disabile: fornendolo di tutti quegli strumenti che gli permettano una vita il più possibile "normale".La legge 517, se è eloquente nello specificare l'esigenza di socializzazione di questi soggetti, lo è meno nell'indicare i bisogni inerenti l'acquisizione delle competenze. Tale chiaro-scuro della normativa si riflette, alla fine degli anni '70, nell'esperienza concreta. Il notevole afflusso di soggetti diversabili nelle scuole, non sempre ha trovato insegnanti e genitori in grado di gestire in modo adeguato l'inserimento.La logica della collegialità delle scelte e dell'apertura della classe, prevista dalla 517, non è riuscita a "sfondare" in molte realtà, ancorate ad una gestione ancora privatistica della classe.Gli insegnanti di sostegno sono stati spesso nominati in difformità dalla norma che prevedeva il possesso del titolo di specializzazione. Spesso il posto di sostegno è stato occupato da insegnanti privi di titolo, per far fronte a problemi di soprannumero, o peggio, nella scuola materna da insegnanti assistenti privi addirittura del diploma magistrale.L'utilizzazione di insegnanti privi di titolo ci riporta purtroppo allo spirito di fondo che in questo periodo ha animato sia le iniziative concrete, che le norme di legge: che l'inserimento delil diversabile si riduca ad una generica socializzazione nei luoghi frequentati dai soggetti normali.Così, accanto a situazioni positive, non sono mancate anche situazioni di vero e proprio rifiuto del disabile da scuola, e molte voci si sono levate a

154

protestare contro quello che è stato definito "inserimento selvaggio". Di questi citeremo: "Lo sforzo di tutti i servizi, specie dei più avanzati è rivolto alla scuola ordinaria, dove vengono oggi inviati i soggetti più gravi. Ma la scuola deprivata di certe strutture (classi differenziali, speciali ecc...) anche là dove si è raggiunta una buona sensibilizzazione, dopo un periodo di entusiasmo, si arrende in quanto non sa come procedere sul piano operativo. Si ha paura della impopolarità nel richiamare organizzazioni didattiche e metodologiche delle scuole speciali e differenziali. Cosa fare? à giusto rinnegare tutta l'esperienza terapeutica-riabilitativa fatta in questo settore? Dobbiamo recuperarla? Come? (Pesci G. Diversabili e scuola in 7 paesi europei, ed. Armando, Roma,1977).Queste perplessità sono comunque destinate a rientrare quando i provvedimenti legislativi si faranno carico di indicare modalità più efficaci e rigorose di recupero tecnico-riabilitativo. Questo non avviene prima degli anni '80. In sintonia con la legge 517 sono i nuovi programmi per la scuola media emanati con D.P.R. 06.02.1979 n.50 e tutt'ora in vigore.Nella seconda parte della premessa generale al paragrafo "individualizzazione degli interventi" viene trattato il problema dei soggetti diversabili "...i quali evidentemente esigono, pur se inseriti, come disposto dalla legge, nelle classi normali, il rispetto più attento della loro differenziata situazione e la messa in funzione di appropriati interventi educativi e didattici. Gli interventi specialistici di medicina scolastica, la disponibilità di docenti particolarmente preparati, il servizio socio-psico-pedagogico, le forme particolari di sostegno previsti dalla legge n.517 del 1977 a favore dei diversabili, tanto più che il solo inserimento delil diversabile nella scuola non risolve le difficoltà, ma rischia addirittura di determinare situazioni dannose per lo stesso diversabile e gli altri membri della comunità-classe, concorrono proprio ad assicurare un servizio scolastico adeguato alla delicatezza dell'inserimento. Di fronte queste situazioni peraltro l'individualizzazione didattica diventa esigenza imprescindibile nella programmazione del consiglio di classe".Sono evidenti in questo testo i principi ispiratori della legge 517, peraltro esplicitamente menzionata: esigenza di inserimento dei soggetti diversabili nelle classi normali, coinvolgimento di personale operante a più livelli proveniente da diverse amministrazioni, necessità di individualizzare l'intervento. Ma tale individualizzazione resta un invito generale, che privo di concrete indicazioni rischia di rimanere sulla carta. In più , va rilevata una certa ambiguità nel timore espresso che l'inserimento delil diversabile

155

possa, se male gestito, essere dannoso per sè e per gli altri alunni. Questo timore, se indicativo del disagio connesso con talune pratiche di "inserimento selvaggio", sembra far riemergere pericolose forme di rifiuto legate all'idea di diverso come minaccia per i normodotati. Il testo del documento programmatico per la scuola medi è probabilmente lo specchio delle difficoltà e delle contraddizioni in cui si muovono le iniziative volte all'integrazione scolastica degli alunni diversabili negli anni '70.Bisogna arrivare ai Nuovi Programmi 85 per la scuola elementare ed ai Nuovi Orientamenti 91 per la scuola materna, per arrivare ad una base programmatica in grado di ricomporre i problemi esistenti ed offrire indicazioni più valide e rassicuranti per gli operatori scolastici.Nel frattempo gli interventi legislativi si sono orientati verso una reale attuazione della legge 517.Dopo la già citata legge 270/82 nel 1983 con la C.M. n. 258 si danno indicazioni di linee di intesa fra scuola , enti locali e UU.SS.LL. in materia di integrazione scolastica degli alunni diversabili.Tuttavia il rapporto fra insegnanti ed operatori delle equipes medico-psico-pedagogiche, risultano in molti casi insoddisfacenti. Quelli che viene lamentata è la scarsa utilità dell'intervento degli specialisti della U.S.L. nella scuola che spesso, limitandosi a formulare diagnosi, non offrono un reale aiuto all'insegnante nell'elaborazione di piani di intervento individualizzato. L'impreparazione dell'insegnante a far fronte alle importanti disposizioni contenute nella 517 e le difficoltà di rapporto fra questi e le equipes psico-pedagogiche, hanno messo in moto alcune rilevanti iniziative, alla fine degli anni '70 volte a colmare tali lacune.Sulla scia anche delle polemiche e delle difficoltà con cui si realizzava l'inserimento dei diversabili nella scuola, è stata creata la figura dello psico-pedagogista con il compito, tra gli altri, di promuovere questo inserimento raccordando scuola e servizi specialistici del territorio (C.M. n.167 del 10.07.1978; C.M. n.158 del 28.06.1979; C.M. n.209 del 18.07.1980).L'elemento di novità sta nel reclutare tali figure all'interno del team docenti, attraverso forme di distacco temporaneo dell'insegnamento, su progetti elaborati ed approvati dai singoli collegi docenti. Le richieste di distacco (la cui attuazione è stata purtroppo subordinata alla disponibilità di personale appartenente alla Dotazione Organica Aggiuntiva) si sono moltiplicate negli anni '80, dando luogo a vari ed interessanti interventi a supporto della diversabilità. Ma la stretta economica ed i successivi tagli ai fondi destinati alla scuola, non hanno più consentito il distacco di

156

insegnanti su progetto psicopedagogico e queste figure sono progressivamente scomparse dagli anni '90.Con essa si è persa certamente una preziosa opportunità per l'integrazione, ma l'esperienza svolta, tuttavia, ha avuto in molti casi il merito di sensibilizzare i vari operatori e di indicare modalità concrete di inserimento dell'alunno portatore di diversabilità. Superato il primo decennio di perplessità, resistenze e disagi nell'accogliere tutti i soggetti diversabili nelle scuole comuni, in modo diverso da realtà e realtà e graduale si sta discutendo non più sull'opportunità o meno di inserire questi soggetti, ma sull'individuazione delle modalità più valide di inserimento.Da più parti si sottolinea che l'integrazione non può limitarsi ad una vicinanza fisica dl soggetto disabile con il coetaneo normodotato, ma richiede particolari forme di intervento perché egli realizzi, al pari degli altri, tutte le potenzialità di cui è portatore, oltre naturalmente ad un recupero del deficit.Un importante passo in avanti in questo senso, viene operato dal D.P.R. 12.02.1985 n.104 che istituisce i Nuovi Programmi per la scuola elementare (C. Scaglioso, op. Cit.).Nella premessa del documento al paragrafo "Alunni in difficoltà d'apprendimento ed integrazione di soggetti diversabili" si afferma che "...l'obiettivo dell'apprendimento non può essere disatteso e tanto meno sostituito da una semplice socializzazione" in presenza, "perché il processo di socializzazione è in larga misura una questione di apprendimento e perché la mancanza di corretti interventi di promozione dello sviluppo potrebbe produrre ulteriori forme di emarginazione".Questo diverso orientamento nell'approccio con l'diversabilità, appartiene a dei programmi che, nella convinzione delle pari dignità di aspetti educativi e curricolari della formazione, approfondiscono in modo dettagliato i vari ambiti di intervento didattico offrendo un ampio ventaglio di esperienze ed attività da proporre.Esso ha il merito di richiamare l'attenzione su un più rigoroso e professionale intervento per la formazione dell'alunno portatore di diversabilità.Su questa linea di condotta si pone l'O.M. 24.06.1986 che supera l'orientamento monovalente dato a titoli di specializzazione per l'insegnamento ai soggetti diversabili previsto dal D.P.R. 970/75.In precedenza i titoli di specializzazione erano divisi in base al tipo di diversabilità trattato (deficit psichici, della vista, dell'udito).

157

Con la nuova normativa viene istituito il titolo polivalente da conseguirsi con appositi corsi biennali. Esso vuole garantire una formazione a più vasto raggio dell'insegnante specializzato, capace di fornire prestazioni anche in rapporto con gli specialisti medico-pedagogici del territorio.Tuttavia, la polivalenza del titolo ha lasciato perplessi alcuni studiosi preoccupati di un eventuale appiattimento di una professionalità che è meno specialistica di prima. In secondo luogo, il corso biennale viene ritenuto insufficiente per acquisire tutte le competenze necessarie a lavorare con soggetti portatori di tutti i tipi di diversabilità.D'altro lato è da apprezzare, nell'orientamento polivalente, un'attenzione verso il disabile inteso come "persona" e non solo come portatore del suo diversabilità, a supporto di un intervento centrato sullo sviluppo integrale dell'individuo. L'identità e l'unitarietà del soggetto viene valorizzata anche dai provvedimenti volti a promuovere la continuità didattica fra i vari segmenti della scuola di base.La C.M. n.1 del 04.01.1988 si occupa, anche se limitata ai momenti di raccordo fra scuole elementare e media, dei problemi di continuità per i soggetti diversabili. In particolare, si ribadisce l'opportunità di promuovere iniziative volte a colmare il disagio di questi soggetti nel primo ambientamento del primo ordine della scuola.L'esistenza di fratture e discontinuità nei passaggi ai successivi cicli scolastici è dannosa per tutti gli alunni, ma risulta particolarmente deleteria nei riguardi dei soggetti diversabili che rischiano di compromettere molti dei risultati raggiunti.La recente C.M. n.339 del 16.11.1992 offre un più ampio quadro di indicazioni relative alla comunità didattica da realizzarsi in senso longitudinale, fra i successivi cicli scolastici e trasversale in rapporto con le famiglie e l'extrascuola.La continuità rappresenta un'indispensabile tassello al processo di integrazione della diversabilità, anche se, al momento, le iniziative previste dalla circolare sono operative solo in poche realtà. In modo analogo procede l'inserimento dei soggetti diversabili nelle scuole medie superiori.Con la C.M. n.262 del 22.09.1988 si prevede la possibilità per gli alunni disabili di frequentare anche la scuola media superiore. A tal fine viene istituita la figura dell'insegnante di sostegno anche in queste scuole (C. Scaglioso, op. cit.). Tale iniziativa, se sancisce il diritto del diverso ad una piena ed una elevata istruzione che va oltre la formazione di base, è caduta su una scuola, la secondaria superiore, che purtroppo rappresenta l'unico segmento del sistema scolastico nazionale non ancora riformato e

158

caratterizzato da disposizioni che risalgono addirittura all riforma Gentile del 1923.Nonostante esitano realtà anche molto positive, in attesa di una riforma, che è pronta da molto tempo, la scuola superiore sembra al momento, non possedere la fisionomia adatta ad accogliere i soggetti diversabili, caratterizzata com'è da rigidità di struttura, curricoli ed esiti. In tale contesto la C.M. 262/88 è in anticipo rispetto ad una realtà tutta da riformulare. Nel frattempo l'applicazione di questo provvedimento è spesso determinata dalla sensibilità degli insegnanti che sono coinvolti in ogni specifico caso di integrazione. Nelle situazioni peggiori, purtroppo, l'insegnante di sostegno, scarsamente integrato con un gruppo di docenti poco abituati a lavorare insieme, svolge semplicemente il compito di allontanare e nuovamente emarginare l'alunno diversabile, dal contesto-classe, attraverso un rapporto esclusivo e limitante con la propria insegnante di appoggio. Diversa è la situazione nella scuola materna che, pur attendendo a sua volta l'emanazione di un'adeguata legge di riforma, può contare sui Nuovi Orientamenti emessi con D.M. 03.06.1991, che al paragrafo "diversità ed integrazione", propongono un'integrazione scolastica del bambino portatore di diversabilità che deriva da un'idea di "diversità come valore".Infatti: "la presenza nella scuola dei bambini in difficoltà è fonte di una preziosa dinamica di rapporti ed interazioni, che è, a sua volta, occasione di maturazione per tutti, dalla quale si impara a considerare ed a vivere la diversità come una dimensione esistenziale e non come caratteristica emarginante".In più il documento, sulla base delle indicazioni già fornite dai Nuovi Programmi/85, sostiene la necessità di un intervento valido e qualificato volto alla formazione di questi soggetti. A tal fine specifica le varie fasi del progetto educativo e didattico da elaborare in presenza di bambini diversabili. Esse vanno dalla elaborazione della diagnosi funzionale, alla formulazione di itinerari individualizzati volti a colmare il deficit, e a sviluppare le capacità potenziali, alla collaborazione con le famiglie, alla utilizzazione delle risorse scolastiche ed extrascolastiche per la loro realizzazione, alla collaborazione con gli specialisti per un coordinamento dei vari interventi ed infine prevede verifiche periodiche sull'evoluzione del soggetto e valutazione dell'intervento proposto.I documenti programmatici dei tre cicli della scuola di base (materna, elementare e media) sono collegati rispettivamente al periodo i cui sono nati.

159

I programmi '79 della scuola media sono testimonianza della prima fase di inserimento dei disabili nelle classi comuni; i Nuovi Programmi elementari '85 lo sono della fase in cui si impone l'esigenza di offrire a questi soggetti un intervento di maggior spessore disciplinare. Infine i Nuovi Orientamenti è91 per la scuola materna, specificando in modo approfondito e puntuale le modalità di integrazione degli alunni diversabili, si muovono in un ottica di integrazione vissuta non solo come onere a cui far fronte, ma come opportunità di crescita morale e civile di tutta la collettività che accoglie i soggetti diversabili.Si arriva infine alla legge-quadro n. 104 promulgata il 05.02.1992 per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone diversabili. Si tratta di un provvedimento di estrema importanza perché coordina e unifica in un solo testo tutti gli interventi sull'integrazione dei soggetti diversabili relativo ai settori scolastico, lavorativo, sanitario, previdenziale ecc... Esso rappresenta il punto d'arrivo di quel movimento antiemarginante, sorto alla fine degli anni '60 che ha favorito una presa di coscienza collettiva del disabile come "soggetto di diritti" al pari del normodotato. Così la legge-quadro si presenta come un testo articolato e complesso volto all'attuazione concreta degli articoli 2 e 3 della Costituzione. Tuttavia, non sono mancate critiche rivolte soprattutto alla scarsa copertura finanziaria della legge, che rischia di diventare una sorta di principi astratti se non approda ad una concreta attuazione.Va comunque apprezzato l'ottica multidimensionale con cui la legge-quadro affronta l'integrazione del disabile, ottica che ha un illustre precedente solo nella legge 118/71 e che riconosce finalmente il diritto di questa categoria di cittadini a vivere la vita nel modo più completo.In merito all'integrazione scolastica, la legge-quadro riafferma il diritto allo studio delle persone con diversabilità, favorendo la loro integrazione nelle scuole di ogni ordine e grado, dall'asilo-nido fino all'università. Essa prevede, a tal fine, la dotazione a ciascuna struttura scolastica dei sussidi ed attrezzature tecniche necessarie e, nelle università, la presenza di interpreti per facilitare la frequenza e l'apprendimento di soggetti non udenti.Viene inoltre garantita l'educazione e l'istruzione scolastica anche ai minori diversabili soggetti all'obbligo scolastico, temporaneamente impossibilitati a frequentare la scuola per motivi di salute. Si prevede la programmazione comune dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti pubblici o privati (artt.12 e 13).

160

Al Ministero della Pubblica Istruzione viene attribuito il compito relativo alla formazione ed all'aggiornamento del personale docente sul problema-diversabilità. In particolare viene disposto che nei piani di studio dei corsi di laurea e dei diplomi di specializzazione per docenti siano comprese discipline inerenti l'integrazione degli alunni diversabili.Infine, il Ministero della Pubblica Istruzione deve provvedere a forme sistematiche di orientamento adeguate alla persona diversabilitàpata e garantire la continuità educativa fra i vari ordini di scuola (art. 4).L'articolo 15 prevede la formazione di gruppi di lavoro presso i Provveditorati agli studi allo scopo di rendere operativi i provvedimenti a garanzia del diritto allo studio.Infine l'articolo 16 dà indicazioni circa l'assegnazione degli insegnanti di sostegno nella scuola secondaria superiore, prevista con lo stesso rapporto numerico degli ordini di scuola, e le modalità di svolgimento delle prove di esami per i soggetti diversabili. Vengono consentite prove equipollenti, tempi di esecuzione più lunghi, ed infine la presenza di assistenti per favorire l'autonomia e la comunicazione.

5.5.. La diagnosi funzionale

Fondamentale per una corretta impostazione della programmazione didattica è la conoscenza del bambino. "La diagnosi funzionale deve porre in evidenza le principali aree di potenzialità e di carenza presenti nella fase di sviluppo osservata, cosicché gli interventi da attivare nel quadro della programmazione educativo-didattica, di competenza dei docenti, siano i più idonei a corrispondere ai bisogni e alle potenzialità del singolo soggetto; tali interventi devono mirare a promuovere il massimo di autonomia, di acquisizione di competenze e di abilità espressive e comunicative e, fin dove è possibile, il possesso di basilari strumenti linguistici e matematici" (D.P.R. 104/1985).Essa dovrebbe tenere conto oltre che delle capacità fisiche, psichiche e sensoriali del bambino, anche delle possibilità di sostituire rapporti, di istituire un circuito comunicativo, di entrare in relazione con gli altri. In tal senso dovrebbero essere determinate le tappe raggiunte, i bisogni specifici del bambino, le limitazioni presenti ed anche un'indicazione per il trattamento delle difficoltà. In questo contesto, anche la descrizione della diversabilità, lungi dal costituire un'etichetta discriminante, si rivela un utile punto il riferimento, fornendo all'insegnante una serie di informazioni da integrare con la propria personale conoscenza del bambino.

161

La diagnosi funzionale è qualcosa di estremamente serie e complesso, che è possibile conseguire solo dopo avere soddisfatto la definizione di un procedimento clinico e lo scopo della diagnosi clinica, aver interpretato i risultati e studiato le modalità operative e gli strumenti adatti per iniziare una valida attività educativa o migliorarla.Conosciuto il potenziale di sviluppo, gli ostacoli presenti sotto forma di deficit specifici, l'integrità e l'adeguatezza dell'efficienza, esplorate le cause dell'insuccesso e come il bambino giunge alla soluzione del superamento dei compiti, la diagnosi si progetta funzionale, mezzo indispensabile per un programma educativo individualizzato, adeguato, efficace. Dal punto di vista dell'azione educativa che la scuola deve compiere, non ha importanza tanto la classificazione tipologica della diversabilità, quanto l'analisi e la conoscenza delle potenzialità del soggetto che ne è portatore e la definizione dei suoi bisogni educativi.Se si vuole che i programmi educativi vadano incontro effettivamente alle reali esigenze dei bambini, sia la gamma di diversabilità presentati dagli alunni che la loro gravità dovranno esser tenuti nel debito conto all'atto di progettare tali programmi. Ogni modello operativo dovrà, quindi, essere sufficientemente flessibile per rispondere a questa diversificazione di esigenze che ogni bambino presenta.Tre sono i punti chiave della diagnosi funzionale:1) l'anamnesi2) l'osservazione3) le prove di accertamento L'anamnesi è il racconto della storia di un individuo, comprendente le fasi principali del suo sviluppo, gli eventi importanti della sua vita e le sue reazioni ad essi.

SCHEDA ANAMNESTICAData dell'esame

Cognome e nome _________________________________________________

nato a _____________________ il ___________________________________

indirizzo_________________________________________tel.

frequenta la classe _______________________________________________ANAMNESI FISIOLOGICA

162

(Gravidanza, tipo di parto, disturbi importanti durante il periodo pre-peri-postnatale, allattamento, svezzamento, sviluppo somatico, ecc.)ANAMNESI FAMILIAREANAMNESI SOCIO-AMBIENTALEANAMNESI PATOLOGICA REMOTASITUAZIONE ATTUALE(Altezza, peso, alimentazione, alvo, diuresi, sonno, malattie concomitanti,altri disturbi, esami pratici, interventi terapeutici svolti o in corso, ecc.)SCUOLA SCOLASTICA ED EDUCATIVAAREA DELLE AUTONOMIE DI BASEAREA SENSO-PERCETTIVAAREA PSICO-MOTORIAAREA DELLA COMUNICAZIONEAREA COGNITIVAAREA AFFETTIVAAREA PSICOSOCIALEAREA DELLE ATTIVITÀAREA DELLE TENDENZIALITÀNOTE SUL COMPORTAMENTO DURANTE L'ANAMNESIPROVENIENZA ED ATTENDIBILITÀDELLE INFORMAZIONI

Questi vissuti vengono organizzati lungo direttrici che risentono della sistematicità dello "storiografo", capace di puntualizzare l'organizzazione della personalità ed il suo sviluppo clinico, di capire come il comportamento attuale del soggetto si sia costituito, quali condizioni abbiano agito sull'individuo ed abbiano determinato il suo modo di vivere e di agire. Si tratta quindi di assumere notizie su un passato che nell'anamnesi è visto in rapporto funzionale col presente, una ricostruzione che è possibile raggiungere dalla narrazione fatta dal soggetto, da altre persone e da dati obiettivi scaturiti dai registri scolastici e dalle cartelle cliniche. Un passato che peraltro può essere considerato o come l'individuo lo ha vissuto, ossia fenomenologicamente, o come esso è stato nella realtà. Proponiamo una scheda anamnestica con la sola pretesa di semplice esempio per la raccolta di informazioni e dati indispensabili all'indagine.Osservazione sistematica.Essa diventerà un preciso strumento di lavoro e si articolerà in precisi punti di riferimento:- osservazione diretta dei bambini che agiscono in situazioni spontanee;- registrazione delle osservazioni;- analisi della situazione.

163

Per scendere nel pratico e nell'esemplificativo, soprattutto riferendoci a casi di alunni diversabilis, decidiamo in precedenza il comportamento che si vuole osservare privilegiandolo rispetto ad altri comportamenti che intervengono contemporaneamente: particolarmente in una situazione psicomotoria, nella quale il bambino è più che mai coinvolto in modo globale. È sempre bene assumere un atteggiamento sereno, di obiettività, senza farsi influenzare dalle proprie aspettative, dal modo personale di intendere e di fare. Ovviamente il periodo più indicato per condurre le osservazioni con costanza e sistematicità sono le prime settimane di scuola, specie nelle prime classi, per le quali torna utile proporre occasioni per consolidare alcuni 'vissuti motori' importanti per la preparazione alla successiva attività di carattere scolastico. Per avere una completa conoscenza del bambino l'uso dei reattivi psicologici ci mette in grado di avere un quadro globale della sua personalità con particolare attenzione alle dinamiche affettivo-emotive, alla valutazione dello sviluppo intellettivo, percettivo e motorio di diversi soggetti in condizioni paragonabili con garanzia di oggettività.

5.6. La diagnosi funzionale e il PEI

La diagnosi si è sempre caratterizzata come operazione distinta e preliminare; noi vorremmo, invece, proporre un modello dialettico più duttile, che integri l'azione di ritorno (feed-back) del trattamento portando nuovi elementi, consentendo di perfezionare e correggere la diagnosi iniziale, aggiustando in modo più raffinato l'azione curativa. Così alla nozione statica si sostituisce quella di diagnosi progressiva che si integra in un processo dinamico.Tuttavia l'introduzione di un modello cibernetico non muta la natura del modello poiché la diagnosi, di diritto, determina sempre l'azione terapeutica. In effetti non a caso tale modello essenziale meccanicista è adottato dal mondo "meccanico": che presuppone sempre l'azione di un "uomo del mestiere" il quale partendo da "sintomi" individua le cause "razionali" di una disfunzione e propone "rimedi" funzionali. Tale schema, sicuramente adatto alla medicina somatica, appare di difficile trasposizione nel campo dell'aiuto psicologico, in particolare per quei soggetti che non presentano disturbi patologici caratteristici.È in questo contesto che, attraverso l'attività giocosa, la diagnosi funzionale appare come un concetto indispensabile, occasione di una

164

nuova unità ed integrazione in un clima di collegialità ed interdisciplinarità.L'indagine approfondita per l'esplorazione delle possibili cause degli insuccessi, la valutazione delle abilità funzionali e del probabile potenziale di sviluppo del soggetto, potranno fornire a ciascun specialista un solida base per l'elaborazione di un corrispondente piano particolare di educazione.Conosciuto il potenziale di sviluppo, gli ostacoli presenti sotto forma di deficit specifici, l'integrità e l'adeguatezza dell'efficienza, esplorate le cause dell'insuccesso e come il soggetto giunge alla soluzione del superamento di compiti, la diagnosi si progetta funzionale, mezzo indispensabile per un programma educativo individualizzato, adeguato, efficace.Possiamo delineare due grandi filoni patologici di cui uno riconosce una origine organica e l'altro risulta invece di natura socio-culturale o ambientale. Sarà quindi necessario individuare, esaminando il soggetto, se esistono cause organiche che spieghino il suo "disadattamento". Qualora esistano queste cause organiche, a volte entrando a scuola i bambini sono già "certificati", e siano risolvibili in modo relativamente semplice con, ad esempio, trattamento farmacologico (epilessia, allergie...), intervento chirurgico (cardiopatie...), protesizzazione (problemi acustici, ortopedici...) od altro, è bene farlo per permettere ai ragazzi di inserirsi tranquillamente con i coetanei. Il venir meno a certi momenti della giornata a causa di fattori organici potrebbe far subentrare infatti quei problemi socio-culturali di cui si accennava prima.Eliminate, ove è possibile, le cause organiche, si può iniziare ad elaborare un progetto educativo tenendo presente che: "l'essenza delle cose non coincide con la loro espressione. Chi giudica le cose soltanto per le loro manifestazioni casuali, le giudica erroneamente, giunge inevitabilmente a rappresentare in modo sbagliato la realtà che sta studiando, a dare delle indicazioni pratiche sbagliate sull'azione da esercitare su questa realtà" 7.Infatti le manifestazioni esteriori ed il loro aspetto fenomenico non sono identici fra di loro per cui si impone di osservare attentamente, andando oltre la superficie, muovendo "dallo studio dei sintomi all'analisi di ciò che sta dietro ai sintomi, cioè dalla manifestazione esteriore dei fenomeni allo studio della loro essenza esteriore dei fenomeni allo studio della loro essenza interiore". In più l'operatore, oltre a definire le cause e le limitazioni provocate dal deficit, deve tener conto anche ed in particolare delle complicazioni secondarie prodotte da questa insufficienza, ossia dei

165

rapporti di collaborazione esistenti all'interno della collettività e come questi siano garanzia di esperienza sociale.Si tratta quindi di comprendere ogni momento della vita trascorsa dal soggetto, ogni disarmonia di sviluppo aggravato dal deficit ed ogni sua esigenza di essere sociale.È un compito difficile che risulta dall'attualizzare una metodologia diagnostica che porti ad una vera conoscenza scientifica della natura e dello sviluppo del soggetto in difficoltà e permetta di redigere risposte reversibili in esperienze educative e didattiche, capaci di valorizzare le attitudini individuali e garantire un clima emozionale-affettivo opportuno.Una diagnosi può considerarsi "funzionale" alle necessità educative solo se indica all'insegnante come basare l'istruzione oltre che sui livelli di sviluppo raggiunto dai soggetti in quel momento, anche sulla zona di sviluppo più prossima. Inoltre la diagnosi funzionale dovrà definire la gradualità dell'azione educativa, dovrà prescrivere come promuovere lo sviluppo ed il potenziamento delle strutture, come dare impulso ad una pedagogia positivamente creativa capace di organizzare una scuola di compensazione sociale e di educazione sociale.Formulare una diagnosi funzionale vuol dunque dire addentrarci nei meccanismi di ricezione, di selezione, di integrazione, di rielaborazione e di produzione. Vuol dire delineare un quadro completo del soggetto con precisi dati valutativi raccolti in tutte le aree variamente correlate o correlabili con l'diversabilità specifico. Solo quando si è raggiunto un approfondimento valutativo di questo tipo, è possibile pensare onestamente di poter impostare un programma riabilitativo ed educativo, o progettare gli interventi nelle tre dimensioni interattive: quella globale della persona, quella contestuale dei suoi rapporti con l'ambiente fisico e sociale e quella evolutiva che riguarda il futuro.L'insegnante, per impostare la sua programmazione educativa, ha bisogno di conoscere il soggetto. In questo quadro assume un ruolo rilevante la diagnosi funzionale, che "deve porre in evidenza le principali aree di potenzialità e di carenza ". Solo in questo modo gli interventi dell'insegnante nell'ambito della programmazione saranno corrispondenti: "ai bisogni e alle potenzialità del singolo; tali interventi devono mirare a promuovere il massimo di autonomia, di acquisizione di competenze, di abilità espressive e comunicative e, fin dove é possibile, il possesso di basilari strumenti linguistici e matematici" ,(D.P.R. 104 del 1985). Ma cos'è la diagnosi funzionale?

166

"È un quadro completo del soggetto con precisi dati valutativi raccolti in tutte le aree variamente correlati o correlabili con l'diversabilità specifico" (Barsotti P., Gori M., 1993). Per saperne di più é bene vedere i punti chiave della diagnosi stessa:"1)- l'anamnesi 2)- l'osservazione 3)- le prove di accertamento.L'anamnesi é il racconto della storia di un individuo, comprendente le fasi principali del suo sviluppo, gli eventi importanti della sua vita e le sue reazioni ad essi. Questi vissuti vengono organizzati lungo direttrici che risentono della sistematicità dello "storiografo", che puntualizza l'organizzazione della personalità ed il suo sviluppo clinico, cerca di capire come il comportamento attuale si sia costituito, quali condizioni abbiano agito sull'individuo determinando il suo modo di vivere ed agire. (Barsotti P., Gori M., 1993). Il secondo punto della diagnosi è l'osservazione."Essa diventerà un preciso strumento di lavoro e si articolerà in precisi punti di riferimento:-osservazione diretta dei bambini che agiscono in situazioni spontanee;-registrazione delle osservazioni;-analisi della situazione ".(Barsotti P., Gori M. ,1993). Una migliore conoscenza del bambino ci viene offerta dai reattivi psicologici perché ci delineano: "un quadro globale della personalità con particolare attenzione alle dinamiche affettivo-emotive, alla valutazione dello sviluppo intellettivo, percettivo e motorio". (Barsotti P., Gori M., 1993). Una 'diagnosi' è veramente utile all'insegnante se oltre alle indicazioni relative allo sviluppo raggiunto dai soggetti, gli indica come basare l'istruzione.Dalla documentazione presente nella "diagnosi funzionale" si può rilevare un "profilo dinamico funzionale" che serve per la formulazione: "di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori della persona diversabilitàpata, gli operatori delle unità sanitarie locali e, per ciascun grado di scuola, personale insegnante specializzato della scuola, con la partecipazione dell'insegnante operatore psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dal ministro della pubblica istruzione." (L. n° 104 del 05/02/ 1992).

167

"La diagnosi funzionale e il Piano Educativo Individualizzato si presentano come due momenti che si fondono e si completano realizzando il serio impegno scientifico che nei fatti diviene promotore di integrazione sociale del soggetto in difficoltà". (Barsotti P., Gori M., 1993). La Diagnosi Funzionale e il Piano Educativo Individualizzato si presentano come due momenti che si fondono e si completano realizzando il serio impegno scientifico che nei fatti diviene promotore di integrazione sociale del soggetto in difficoltà.La Diagnosi Funzionale, per essere un valido ausilio alla progettazione del Piano Educativo Individualizzato dovrà fornire indicazioni sullo stato di necessità del soggetto per mezzo di descrizioni dettagliate e scientifiche, capaci di indirizzare ad una idonea attività educativa. Il Piano Educativo Individualizzato che ne seguirà, bisognerà che tenga conto dei vari specialisti e della Diagnosi Funzionale decifrata dalla situazione dinamica e sociale da genitori, medici ed insegnanti resi abili ad apprendere dai soggetti il rispettivo modo di essere, di conoscersi e di accettarsi, il loro sapere e le loro potenzialità di apprendimento. I terapisti, se non affidati all'empirismo ed allo spontaneismo, possono cogliere ogni possibilità di adeguamento del soggetto alla realtà, premessa per la definizione di un'ipotesi adatta a muovere verso gli obiettivi del recupero e dell'integrazione.Per questo occorre conoscere il soggetto ed assumere una metodologia di osservazione che, nel quadro dell'empatia col soggetto, permette di far emergere, oltre alle potenzialità gnosico-prassiche, le capacità acquisite e le capacità potenziali.Un lavoro che richiede, da parte dell'educatore, una preparazione sui rapporti intercorrenti fra i processi di istruzione e di educazione e lo sviluppo intellettivo-affettivo.Non si disdegneranno quindi, schede di rilevazione di valutazione di potenzialità e deficit con le quali mettere in evidenza ogni possibile aspetto dello sviluppo del soggetto ed ogni necessaria decifrazione delle sue capacità espressive e comunicative, schede che non dovranno essere intese come delle prove, bensì come tante voci che dovranno far parte del bagaglio conoscitivo dell'operatore. Indicazioni utili per lo studio dei problemi, senza creare situazioni competitive o strumenti di misurazione che avrebbero solo la pretesa di etichettare e selezionare, e non di indirizzare sull'intervento educativo più necessario anche l'eventuale sostituto o successore del terapista.

168

In seguito ai rilievi effettuati e sulla base di questi, si dovrà concretizzare una attività ludica n cui la didattica non potrà mantenersi su classificazioni nosografiche o su divisioni in categorie. I momenti operativi che proporremo ai soggetti non sono indirizzati a difficoltà specifiche di apprendimento o ad una sindrome clinicamente riconosciuta o ad un preciso indice di intelligenza desunto da particolari mezzi d'indagine, anche se ne terranno giustamente conto. D'altronde non esiste un "pacchetto di tecniche correttive" in risposta specificamente al mongolismo, alla sindrome fenilchetonurica od al valore dato per definire "imbecille" un soggetto. Possono solo esistere dei suggerimenti educativi e didattici in risposta ai segnali d'allarme che il soggetto ci invia. Proporre un "pacchetto di correttivi" significherebbe mantenersi su un concetto di pedagogia terapeutica indirizzata sulla malattia anziché raggiungere traguardi educativi nel rispetto dell'individuo.Le proposte operative superano l'avvilente azione correttiva improntata su modelli ripetitivi per muovere verso un colloquio rassicurante, stimolatore di partecipazione e di vissuti, momento di scambi comunicativi verbali e silenziosi, adatto a favorire abilità organizzativo-funzionali, ad analizzare i vissuti, ad esplorare le reazioni emotivo-affettive. Un "colloquio" quindi "giocoso" e non un trattamento inteso come cura o seduta.Il colloquio giocoso è una forma di collaborazione reciproca e richiede da parte dell'operatore una vasta abilità, padronanza e capacità a comunicare, ossia a cogliere ed interpretare i messaggi, i contenuti ed i modi delle espressività degli altri. Per questo bisogna riformulare continuamente del rapporto ed alla evoluzione del soggetto nella capacità di scambio.Al colloquio giocoso non appartiene l'ammaestramento né la penalizzazione per i tempi non rispettati; i messaggi saranno recepiti senza deludere o frustrare, mai conquistati imponendo al soggetto gesti inutili o meccanici. Non crediamo che il soggetto possa esprimersi e comunicare con mezzi che non possiede, anzi una richiesta meccanica e senza appello sarebbe un'aggressione che rischierebbe solo di far aumentare nell'individuo il senso di sfiducia e di autoinsufficienza e, nel timore di far male, assumere una ancor più prudente lentezza, premessa per ulteriori e più clamorose sconfitte.I modelli meccanici di apprendimento che vogliono il diversabile un semplice esecutore devono mutare in una soluzione che necessita di un lavoro creativo capace di contribuire ad esaltare nell'individuo il sentimento di sé, di raggiungere una reale integrazione psicologica. Inoltre ai problemi psicologici e pedagogici si devono aggiungere anche i principi

169

dell'educazione sociale. Infatti no il deficit in se stesso decide le sorti della personalità ma le sue conseguenze sociali, e l'ordito invisibile delle relazioni interpersonali è un fine gioiello di fili che muovono da diverse direzioni per intrecciarsi. Perciò è necessario promuovere un colloquio giocoso, inteso come occasione di incontro, dove è possibile sviluppare no solo una serie di movimenti determinati, ma esprimere le possibilità creative del singolo e del gruppo, una occasione in cui tutti sono attori partecipi alla creazione comune di un accrescimento di messaggi.

5.7. Gli obiettivi

Se la meta essenziale dell'azione educativa è quella di favorire lo sviluppo della personalità umana in modo che l'individuo sia capace di trattare adeguatamente con gli altri, cioè di integrarsi completamente nella attività di gruppo e nella vita associata, è chiaro che soltanto l'immersione in una situazione sociale è in grado di favorire pienamente una tale integrazione.Perché la personalità possa svilupparsi e socializzarsi come si deve occorre insegnare al bambino attraverso l'esperienza vissuta come integrarsi nel contesto del suo ambiente sociale; in altri termini, la socializzazione avverrà senz'altro in modo più efficace e più completo se l'individuo viene posto, sin dalle prime fasi del suo sviluppo, in un normale ambiente educativo: la scuola per l'alunno e non viceversa; quindi strutture, mezzi e contenuti sono da considerarsi sempre e in ogni caso strumenti di rispetto al fine che è la crescita dell'alunno, di ogni alunno. Ciò che vale per il bambino normale vale a maggior ragione, per il bambino diversabile.L'insegnante deve sapere che questi più di ogni altro, ha diritto a una scuola in cui siano assicurate le condizioni culturali e psicologiche, per una crescita globale e armoniosa. La scuola speciale va superata, proprio perché manca dei requisiti essenziali per essere scuola, vale a dire la presenza di un gruppo relativamente vasto ed eterogeneo di coetanei in una situazione normale di vita.Spesso parlando di bambini con diversabilità presenti nella scuola comune si usa distinguere fra inserimento ed integrazione. È inserito ma non integrato si usa dire."Forse sarebbe più giusto non contrapporre i due termini, ma considerarli come due modi di divenire di un unico processo, che è quello della maturazione sociale di un individuo, che si avvia a convivere in una nuova situazione ambientale o istituzionale o comunitaria. Parlare di "maturità sociale" significa fissare un prerequisito, essenziale e costante, di ogni

170

possibile apprendimento nella scuola. Distinguere tra socializzazione e apprendimento è esercizio di pura astrazione: sono due modi di raggiungere lo stesso obiettivo, che è la crescita socio-ambientale dell'individuo. Per essi il processo di relazione-integrazione con gli altri (coetanei o adulti) e con l'ambiente (cose, oggetti, edificio, arredi, strumenti, sussidi, spazi, tempi, ecc.) si svolge attraverso una serie di operazioni, a tempi lunghi e spesso distinti per brevissime tappe. Fra queste operazioni, alcune possono essere ricondotte ad una prima fase, in cui si può attribuire il valore di "ambientamento", come adattamento, cioè, alla nuova situazione ambientale; altre potrebbero costituire oggetto di una seconda fase, quella che, realizzando forme reciproche di comunicazione, consolida rapporti di interrelazione personale e di gruppo e quindi di collaborazione". (STANZIAL V., 1985) Nel considerare gli obiettivi dell'integrazione possiamo suddividerli in obiettivi didattici e obiettivi sociali.Obiettivi didattici."Il passaggio dell'inserimento da criteri intensivi, quali quelli indicati dalla circolare ministeriale n. 227, a criteri estensivi: ciascun bambino dovrebbe essere iscritto alla scuola normale. Non si deve però identificare in modo semplicistico 'scuola normale' con quella al cui bacino di utenza il diversabile appartiene anche in una prospettiva di normalizzazione, l'inserimento richiede pur sempre particolari cautele e la disponibilità di strutture e di personale, che non si possono polverizzare indiscriminatamente se non a scapito della qualità dell'intervento.- la generalizzazione di forme innovative sia nei metodi che nei curricoli, attuate attraverso una scuola integrata, a tempo pieno o parziale che permette a tutti i bambini e in particolare a quelli diversabili, una maggiore possibilità di esperienze presentate secondo un disegno educativo adeguato ai loro bisogni."Obiettivi sociali.Sulla relazione del bambino con gli altri e sulla evoluzione affettiva è però possibile agire con efficacia forse maggiore che sulla sviluppo delle capacità intellettive, rimuovendo in questo modo ostacoli all'apprendimento; è importante, perciò, che anche la scuola metta in primo piano il raggiungimento di obiettivi socio-affettivi.Perché un ragazzo abbia voglia di impegnarsi, di risolvere i problemi, di superare difficoltà deve avere fiducia in se stesso, negli altri, nel mondo. Deve avere capito se gli adulti intorno a lui, vogliono che prenda iniziative o che sia passivo, che cresca o resti piccoli, che pensi o vi rinunci.

171

Un ragazzo ritardato ha molto spesso bisogno di migliorare il suo vissuto, cioè di riacquistare o sperimentare per la prima volta la gioia di muoversi, di giocare, di fare; ha bisogno di riappropriarsi del diritto di decidere e di sbagliare; ha bisogno di ricostruire una nuova immagine di sé sperimentando successo, piacere, gioia, sicurezza, accettazione di un rapporto libero dall'angoscia e dall'ossessiva preoccupazione di farlo diventare diverso da quello che è. A volte il ragazzo ha nella sua storia un'esperienza negativa della scuola: fallimenti, ripetute esercitazioni in attività non significative, richieste di compiti per i quali non era pronto. È quindi necessario recuperare il suo interesse e la sua fiducia di riuscire.Si tratta di 'decondizionare', proponendo attività nuove in un clima stimolante.Per questo bisogna nelle scelte tenere conto delle attività che lo rendono felice, che lo fanno sentire bravo ed importante.Bisogna fare anche molta attenzione ad introdurre nell'ambiente tutte le possibilità di essere autonomo, di essere attivo, di evitare confronti inferiorizzanti.L'incidenza più o meno pesante della diversabilità nella vita di una persona è fortemente legata al contesto nel quale la persona si trova a vivere: un ambiente non adatto, un gruppo che mette a disagio, diminuiscono notevolmente le possibilità di autorealizzazione di una persona che parte con uno svantaggio e che ha limitate capacità di adattamento."Fino ad ora invece l'obiettivo del sistema educativo non è stato lo sviluppo globale della personalità del bambino, compatibilmente con i limiti fisici e psichici di cui può essere portatore, ma la categorizzazione degli utenti in quanto potenzialmente inseriti in un sistema di ruoli professionali.Di qui un effetto di 'dirottamento guidato' per cui chi fa riferimento a matrici culturali diverse, viene convinto attraverso un sistema di esclusioni di non essere adatto allo studio. Si ha per fini strumentali, la stessa dinamica di cui parlavamo a proposito della diagnosi precoce: si dà al bambino svantaggiato l'immagine di non farcela mantenendola ben al di là di quelli che possono essere i limiti oggettivi del bambino". (BELLOMO L. RIBOLZI L., 1983).È chiaro che gli obiettivi debbono essere graduati, se per i meno gravi si deve puntare al recupero di tutte le possibili abilità, per i gravi si deve pensare innanzitutto a migliorare il comportamento promuovendo un'evoluzione fisico-psico-socio-cognitiva minima ma sicura per

172

l'acquisizione degli strumenti personali necessari a cogliere gli stimoli provenienti dalle altre persone e dall'ambiente. Tale obiettivo dovrebbe essere conseguito attraverso passaggi graduati per il conseguimento di determinate facoltà. Queste sono per esempio, l'accettazione di sé, la capacità di comunicazione, la socializzazione nel gruppo dei pari e con i normodotati.De Bartolomeis afferma che "come conseguenza delle proprietà intrinseche dell'organismo e dei poteri psichici, il comportamento è ampiamente modificabile da parte dell'azione dei fattori socio-culturali. Quindi l'intelligenza, le attitudini, gli interessi, non sono stabili e lo sviluppo non è predeterminato: il loro manifestarsi dipende anche dalle condizioni della socializzazione, dalle occasioni di esperienze, dalla qualità degli stimoli, dal modo in cui si presentano nell'ambiente di vita dell'individuo" (De Bartolomeis, 1978).Uno degli aspetti più importanti dell'apprendimento a tutte le età e per tutti i livelli intellettuali è costituito dalla motivazione. La motivazione è una spinta o uno stimolo all'azione. Di conseguenza non avviene un effettivo apprendimento se non c'è una motivazione, intrinseca o estrinseca.La motivazione estrinseca è la ricompensa, il premio; con un bambino mentalmente ritardato sono particolarmente importanti i premi affettivi e cioè l 'approvazione, la lode, la risposta affettuosa degli adulti, il battimani dei compagni; il bambino lavora per sentirsi bravo ed amato di fronte all'insegnante, ai genitori, ai compagni e vuole segni concreti di riconoscimento; in alcuni casi funzionano anche ricompense quali il poter svolgere, in seguito, l'attività preferita, il poter ascoltare un po' di musica ecc., la particolare mentalità del bambino esige mete immediate e ricompense a brevissimo termine.Naturalmente la motivazione più efficace risulta, a distanza, quella estrinseca, fondata cioè sull'interesse per il compito.La motivazione più semplice ed immediata è che il compito gli piaccia, lo diverta.A questo proposito è opportuno ricordare che anche dove le capacità logiche sono carenti e l'affettività è immatura, possono essere presenti interessi adeguati all'età: il materiale didattico predisposto per bambini piccoli ed utilizzato per la sua semplicità non è motivante per ragazzi che si interessano di sport, di spettacoli televisivi per adulti, di moda, di rapporti tra i sessi.

173

Giocare invece non è una cosa da bambini piccoli; la motivazione ludica è sempre molto efficace (adesso fai tu il maestro...), ma la risorsa migliore per suscitare interessi è la possibilità che si offre di autorealizzarsi, di creare qualcosa che può essere apprezzato, di rendersi utili, di diventare oggetto di attenzione.Con molti alunni bisogna sempre far riferimento al già noto, a ciò in cui hanno precedentemente avuto successo, perché, diversamente dal bambino con buone doti intellettive, naturalmente curioso ed amante delle novità, il bambino ritardato ama la sicurezza di ciò che conosce bene, non si stanca mai di ripetere qualcosa che gli ben riuscito, fatica ad adattarsi alle novità ed ha quindi bisogno di essere rassicurato in partenza.

5.8. Metodologie e didattiche educative

Metodo è il complesso di procedimenti con cui si attua il progetto educativo. La determinazione del metodo dipende allora dai termini del progetto e riguarda i modi con cui si vuole promuovere l'apprendimento, il tipo di comunicazione meglio adatta ad animare il rapporto educativo, l'uso di strumenti e di sussidi.E se il metodo per promuovere la socializzazione e gli apprendimenti dei bambini normodotati è correttamente fondato su un buon margine di libertà, è evidente che questa libertà poggia, a sua volta, su efficienze che per il bambino diversabile sono ridotte. Per lui il dosaggio degli stimoli all'autonomia alla libera scelta, all'espressione di sé deve essere estremamente attento, commisurato alle sue possibilità di risposta e comunque sostenuto da addestramenti che, pur avendo, ove possibile, la struttura del gioco, siano finalizzati alla facilitazione degli apprendimenti.Gli diversabili sono certamente eterogenei (spastici, deboli motori, disartrici, distrofici, instabili psicotici) ma tutti hanno alcune note comuni: sul piano motorio quasi sempre la scarsa abilità, l'imprecisione e la goffaggine; sul piano emotivo l'ansia, la sfiducia in se stessi, l'esigenza di un affetto tangibile; sul piano relazionale lo scarso o non idoneo uso del linguaggio, l'oscillare tra poli opposti di apatia irrequietezza, la grave instabilità dell'attenzione, la scarsa iniziativa e immaginazione, le difficoltà a comunicare con le persone, a usare correttamente le cose, ad affrontare le situazioni comuni.È proprio per queste caratteristiche che tutta la parte nozionistica dei contenuti che può costituire informazione utile per i bambini normodotati, è dubbio che sia utile dal diversabile. Mentre infatti per i bambini

174

normodotati la parte più specificatamente informativa delle proposte didattiche può essere stimolante (entro i limiti a ciascuno consentiti), per i bambini diversabili certe informazioni costituiscono un accumulo di nozioni difficilmente assumibili e non utilizzabili ai fini della crescita cognitiva, rivelandosi in sovrastrutture senza senso.Allo stesso modo, mentre i bambini normodotati lo sforzo attentivo e mnemonico potrebbe essere, nei dovuti limiti, una dimensione del processo cognitivo, per i bambini diversabili la tensione, lo sforzo devono essere attentamente commisurati alle possibilità, che sono in genere scarse, e sempre direttamente condizionate dalla diversabilità."Lo svantaggiato apprende, ma generalmente non può apprendere ciò che la scuola pretende. Sul problema dell'apprendimento dovremmo condurre le considerazioni più importanti, poiché è un tema facilmente e l'uso è affrontato con estrema superficialità. Gli insegnanti sono spesso spinti a paragonare l'apprendimento dei ragazzi normali con quello dei 'diversi'. Il raffronto non regge poiché troppo superficiale; parte da un dato di fatto anziché analizzare diverse possibilità e diverse disponibilità e potenziali. È un dato di fatto che il soggetto normale apprenda in modo qualitativamente e quantitativamente superiore all'alunno insufficiente mentale, tuttavia ciò non significa ancora che quest'ultimo non apprenda in condizioni adeguate al suo sviluppo personale.Anche per lo svantaggiato l'apprendimento è un processo in base al quale l'individuo modifica il suo modo di adattarsi all'ambiente, di manipolarlo, di instaurare relazioni in se stesso e con gli altri in modo qualitativo e durevole. Qualità e durata di un processo trovano il loro presupposto in alcuni fattori fondamentali: possibilità di comunicare e di esprimersi in un contesto sereno e promuovente; opportunità di manifestare le proprie capacità attraverso metodi e mezzi adeguati alla propria condizione personale; necessità di percepirsi persona tra persone e di sentirsi valorizzato, non in astratto, ma nei concreti processi di apprendimento sia a livello di gruppo sia attraverso l'individualizzazione". (MORETTI G., VICO G.,1978)Il diversabile, ma il principio vale anche per gli altri alunni, viene favorito negli apprendimenti specifici se con il docente e con il gruppo ha predisposto la sua persona attraverso adeguati interventi educativi (psicomotricità, dialogo, attività ludico sportiva, ecc.), ad affrontare compiti che coinvolgono precise funzioni.

175

Le possibilità di apprendimento dei diversabili variano in relazione alle capacità dei vari soggetti; accanto ad alunni con possibilità intellettive normali abbiamo coloro che manifestano un'immaturità globale.Per alcuni si richiede un programma particolare, un'articolazione della vita scolastica giornaliera che preveda momenti di intervento specifico e individualizzato.Molti alunni seguono inoltre trattamenti terapeutici e riabilitativi; altri necessitano di interventi individualizzati per i singoli apprendimenti. La socializzazione, ossia il semplice inserimento, non basta a creare le condizioni affinché il diversabile possa trovare le motivazioni valide all'integrazione personale e sociale. Circa i contenuti da apprendere è bene tener presente che il debole mentale non arriverà forse mai ad acquisire ciò che apprendono gli altri alunni, tuttavia è bene che sia inserito in un contesto operativo nel quale svolgere una sua funzione e nel quale attuare validi processi di imitazione attiva. Non contano tanto i risultati, quanto i processi che si mettono in atto per conseguire obiettivi a breve scadenza, sui quali anche lo svantaggiato possa rivolgere interessi e attenzioni con la certezza di poter vedere concluso il suo lavoro. Il diversabile non sa e non può attendere risultati a lunga scadenza; per cui occorre strutturare il lavoro in brevi sequenze operative, programmare in modo da implicare verifiche a breve scadenza che offrano possibilità di gratificazioni positive.Il diversabile è incapace di interessi prolungati su uno stesso compito, il che non significa allora passare da un'attività all'altra con eccessiva frequenza. La labilità e la discontinuità di interessi richiedono invece, a livello didattico ed educativo, la sollecitazione prolungata sullo stesso apprendimento, ma con l'avvertenza di variare le stimolazioni. È opportuno, ad esempio, affrontare un apprendimento e riprenderlo dopo alcuni giorni sulle stesse tematiche del momento iniziale per verificare qualità e quantità dell'assimilazione e per trovare il punto di partenza delle fasi successive. Questo processo di ripetizione e verifica, se condotto con equilibrio e sempre attraverso il dialogo personale insegnante-alunno mantiene inoltre costantemente elevato il tono della comunicazione sollecitando l'alunno svantaggiato, in genere molto inibito e condizionato, a parlare, ad esprimersi attraverso i linguaggi di cui dispone. Soprattutto per gli alunni con disturbi del linguaggio la costanza della possibilità di comunicare è un fattore indispensabile di sviluppo e di serenità.Un bambino sano quando ha verificato l'utilità di una informazione, può anche non utilizzarla subito, ma riporla in 'freezer' per 'sgelarlà al momento opportuno, anche dopo molto tempo. Un bambino con

176

diversabilità riceve molte informazioni vedendo altre persone che si muovono, che parlano, che prendono oggetti, che corrono. Quando prova le informazioni si accorge che non sono spendibili, allora può cominciare l'inibizione e può prendere il sopravvento.Nasce un'inibizione ad usare il linguaggio connotativo riferito al proprio modo di essere, perché, ci si accorge che non ha nessuna possibilità di essere utilizzato. Bisogna immettere un 'trasformatore' bisogna far sì che le informazioni siano decodificate e ricodificate sul proprio modo di essere, sul proprio schema corporeo, sulla propria percezione corporea, sulla postura e anche sui propri impedimenti.Emerge la possibilità che anche per una persona adulta con diversabilità di tipo fisico soprattutto (però se ne può dedurre anche qualche spunto riguardo a qualsiasi diversabilità) vi sia un modo interessante di lavorare; perché ciascuno ha in qualche modo diritto, (non un diritto di tipo giuridico, ma legato alle qualità della vita, alle possibilità di migliorare le proprie capacità, il proprio star bene) di incontrare se stesso come è. Il grande sforzo per un operatore è imparare, insieme a un ragazzo, come fare a farlo incontrare con se stesso". (CANEVARO A., 1987)Per il diversabile ci sono tre tipi di attività:- quelle che non può assolutamente fare, e allora deve essere esonerato dal fare;- le cose che può fare mettendoci più tempo degli altri, e allora è inutile che lo si aiuti, perché può fare da sé;- le cose che può fare come gli altri, perché in quel settore il suo diversabilità no gli crea difficoltà. Spesso invece viene aiutato anche in questi casi, e molto dipende dall'insegnante, che deve percepire e presentare l'diversabilità come una realtà circoscritta, e non globale.L'aiuto perciò è quello di un'accettazione della persona, con le aree in cui ha dei limiti, ma anche con le aree di autonomia, senza atteggiamenti di compassione."Il nuovo ordinamento consente, nella scuola dell'obbligo, la massima individualizzazione dell'insegnamento e dell'apprendimento. Gli insegnanti, però non debbono confondere 'individualizzazione' con 'isolamento': infatti, se l'individualizzazione è lo strumento sovrano per consentire l'inserimento dei diversabili nella scuola normale, l'isolamento del soggetto con diversabilità è il rischio maggiore da evitare.Solo la condotta dell'insegnante può evitare il pericolo. Tale condotta dipende direttamente dalla competenza". (BELLOMO L. RIBOLZI L., 1983)

177

Per favorire l'individualizzazione dell'apprendimento bisogna superare la struttura della classe, rigida e uniforme, e dare all'allievo la possibilità di svolgere certe attività educative al di fuori della classe, con altri ragazzi di altre classi, o anche solo, secondo un programma di lavoro in cui le esigenze di ogni singolo alunno siano tenute presenti in modo da prevedere dei momenti educativi specifici.Rientra in questo quadro la proposta di: 1. classi aperte; 2. orari modulari; 3. situazioni laboratorio; 4. uso di sussidi. Il punto 1 è pregiudiziale agli altri.Tale organizzazione scolastica si fonda su gruppi di lavoro articolati e flessibili coinvolgenti più classi insieme nell'attuazione di un programma preventivamente messo a punto dal gruppo docente.A questo proposito riportiamo l'esperienza effettuata da un gruppo di docenti di una scuola elementare."Le modalità di intervento a favore degli alunni diversabili, di cui ci siamo serviti per svolgere tale attività nell'arco di un settennio, hanno tenuto conto dei seguenti principi:- operare sul gruppo classe e non sul gruppo diversabili.- Operare in collaborazione con l'insegnante di classe, programmando unitamente il piano di lavoro da realizzare nel corso dell'anno.- Svolgere attività integrative o aggiuntive a quelle curricolari, desumibili dai bisogni educativi del singolo con gli altri.- Lavorare su ciò che il bambino fa da solo e su quello che potrebbe fare con l'aiuto di un altro insegnante con capacità specifiche in ordine a situazioni particolari.Nell'ambito di questi principi ci è parso conveniente prefissare le seguenti finalità generali.- Socializzazione, intesa come processo mediante il quale l'individuo, interagendo con i membri di un gruppo impara a sviluppare i suoi specifici modelli di comportamento, a rispettare le esigenze e tendenze altrui, a cooperare.- Potenziamento delle capacità reali e conquista di nuovi strumenti nell'ambito dello sviluppo linguistico-espressivo, spazio-temporale, logico-matematico.- Dare auspicabilmente, la possibilità e la capacità a ogni bambino di programmare i propri interventi". (LALLI F., 1984)Riteniamo necessario considerare due fondamentali indicazioni di base.

178

La prima è che ogni strategia di intervento riguardo l'inserimento dei bambini diversabili non può essere che globale, organica, complessiva, pena la possibilità di un esito positivo.In pratica non si può intervenire solamente nella scuola o sugli insegnanti o sugli operatori sociali o sul territorio: è necessaria una linea di trasformazione trasversale, solidale ed estesa alle varie componenti che il delicato problema chiama in gioco.La seconda è che occorre ribaltare il punto di vista con cui solitamente ci si avvicina al problema del bambino diverso.Non si tratta tanto di definire come deve essere il bambino diversabile per essere accettato dagli altri, (scuola, insegnanti, operatori sociali, compagni, società), quanto definire come devono essere 'gli altri' per accettarlo.A livello della scuola poi è proprio tempo di abbandonare un'impostazione di lavoro rigidamente centralizzata, basata sulla pura e semplice trasmissione di contenuti ad alunni considerati tutti genericamente pronti ad apprenderli e su un giudizio finale soggettivo, viziato dal confronto con 'un modello ideale' di alunno, e di promuovere un rinnovamento profondo nel modo di far scuola, considerando seriamente come una progettazione di tipo curricolare sia strumento efficace per coniugare le due strategie dell'integrazione.

5.9. Apprendere dal diversabile

Il termine valutazione è per noi solo la necessità definizione di un grado, un ordine, una classe, un modo di distribuire un punteggio, una estimazione, un parametro ipotetico. Un criterio docimologico quindi, col quale raggiungere una misurazione per mezzo di prove d'esame da non accettare.Ogni valutazione metrica ha del resto la presunzione di voler spiegare la realtà umana riconducendo ogni fenomeno ad una unicità e totalità causale, ad una mera descrizione di abilità e disabilità e la loro misura, nel tentativo di incasellare tutto nel sistema di scaffali, preordinati dalla pedagogia burocratica.Abituati, purtroppo, a sentirsi più impegnati ad insegnare anziché ad apprendere dal soggetto in difficoltà, sfugge infatti il vero significato di riferirsi ad esso per individuare e comprendere l'origine ed il valore di ogni sua manifestazione, e non per ottenere una descrizione pura e semplice di un complesso di fenomeni. Infatti:

179

I messaggi non hanno mai la certezza di essere recepiti con lo stesso significato di cui erano stati caricati: è la conferma che ogni valutazione degli altri è una astrazione con la pretesa di obiettività, adatta solo ad un essere umano concepito come la struttura di una macchina. Dunque ogni espressione, ogni comunicazione hai il significato di precisare, nella traduzione semantica, i rapporti referenziali, i sentimenti e le emozioni, connessi ai segni verbali, ai suoni, alle posture, alle distanze, ad ogni linguaggio cinesico e paralinguistico.Perché quindi apprendere dal diversabile?Una diagnosi delil diversabile, data la polidimensionalità che le sue difficoltà rappresentano, richiede agli operatori una ampia conoscenza ed esperienza. Egli ci parla con la grammatica che gli è propria, col suo modo di essere e rappresentarsi, con un linguaggio che noi dobbiamo comprendere per arrivare al vero significato dei messaggi che in esso sono contenuti. Un conoscere il soggetto, quindi, attraverso lo stare insieme per apprendere da lui gli elementi che lo caratterizzano. Per questo è necessario abbandonare le semplici categorizzazioni per giungere ad una considerazione globale che non annulli la sua identità. Il diversabile è e rimane un soggetto seppure con un temperamento, un carattere ed una personalità modellata sul suo diversabilità e dal suo diversabilità.In base a questo è ovvio che si possano ritrovare delle caratteristiche simili fra portatori dello stesso deficit, ma mai uguali a causa delle riserve di salute e delle condizioni socio-familiari di ciascun soggetto, per cui non si deve fare l'errore di catalogare il diversabile in base al proprio deficit anche se è giusto tenere in considerazione l'esperienza di chi ha operato nello stesso campo. Non possiamo quindi limitarci ad una raccolta di dati per la scelta di un quadro sindromico. Questo è importante, ma assai più importante è il soggetto con la sua struttura psico-fisica e la sua personalità, così come egli si presenta a noi e per come riuscirà a guidarci, insegnandoci la via da seguire per risolvere i suoi problemi. Solo dall'analisi di tutti i bisogni con cui il soggetto cerca di farsi capire da noi dovremo e potremo agire, e questi bisogni non si assumono certo attraverso tests e griglie deputati a definire l'entità del disturbo o con risposte su basi quantitative.Il soggetto si pone come un testo che va analizzato, letto, secondo i programmi narrativi, le sue funzioni semantiche e sintattiche, un testo che narra di sé, un racconto offerto per mezzo di stili diversi e con note di ermetismo. Un libro che ci offre in lettura il campo semantico delle passioni, delle sensazioni ed emozioni, espresse con i segni, la grammatica

180

e la sintassi della meraviglia, la felicità, l'interesse, la sorpresa, ed ancora paura, collera, odio, vergogna, disprezzo, disgusto, tristezza: si tratta di saper apprendere, senza smania tassonomica, ogni messaggio paralinguistico, ogni codice gestuale e sistema cinetico, ogni idioma del corpo, codici cinesici e sistemi motori.Le nebulose segniche sono riscontrabili ad esempio nei suoni del respiro, nei bisbiglii, nei mormorii, borbottii, fischi, gridi, nei rumori di raschiamento, nella tosse, nelle omissioni, nei sorrisi, nei pianti, nella maschera del volto, oppure derivati dalla danza gestuale, dalle risposte al contatto fisico, dalla prossimità, dalla postura, dai cenni del capo, dallo sguardo, dalle mani e dai loro tremori, impulsi ed essudorazione. Gli apprendimenti sono passibili dalla lettura dell'espressione elocutoria, dalle anomalie di accento, di intonazione, dalle pause, dai mutamenti di registro, dalle irregolarità del ritmo, dalle formule di esitazione, dai termini metaforici, dalle interiezioni, dalla pornolalia e coprolalia. tanti linguaggi con cui il soggetto in difficoltà ci parla e che non ci devono trovare distratti.

CAP. VI - PROGRAMMAZIONE NELLA SCUOLA

6.1. Programma e programmzione

Anche se i due termini sembrano molto simili, vi è tra essi una differenza sostanziale:

181

"il programma è un documento normativo unico a livello nazionale per ogni grado e tipo di intervento, che accentua per sua natura costitutiva il momento centralistico dell'organizzazione generale del percorso educativo; la programmazione è l'elaborazione autonoma a livello dei singoli soggetti, di uno o più progetti educativi-didattici che innova l'itinerario curricolare, sottolineando il momento del decentramento decisionale coinvolgendo le istanze partecipative di base". (Gori M., 1989).Nella scuola dell'obbligo, con il nuovo orientamento, si consente all'insegnante di progettare un cammino educativo-didattico che rispecchi le esigenze dei soggetti che ha di fronte. Attraverso la programmazione si può arrivare alla massima individualizzazione dell'insegnamento e dell'apprendimento. "Gli insegnanti però non debbono confondere 'indivisualizzazione' con 'isolamento': infatti, se l'individualizzazione è lo strumento sovrano per consentire l'inserimento dei diversabili nella scuola normale, l'isolamento del soggetto con diversabilità è il rischio maggiore da evitare" (Carnevaro A., 1987). Con la programmazione educativa individualizzata si possono inserire soggetti diversabili nella scuola di tutti, perché, si parte dalli reali possibilità del soggetto e si percorre un cammino che rispecchi le esigenze e gli interessi del singolo." Nella programmazione scolastica e soprattutto sul piano puramente didattico, l'insegnante dovrebbe usare il termine 'sviluppo' e soprattutto pensare in termini di sviluppo, che più di recupero. Recuperare vuol dire mettersi dalla parte di chi è già avanti, richiamare la pratica del tirare avanti, rischiare di colpevolizzare il soggetto quando, a causa dei suoi limiti, egli non riesce a conseguire l'obiettivo. Sviluppare significa mettersi dalla parte del soggetto diversabile, partire dalle sue reali possibilità per farle crescere tanto quanto sia possibile". (Barsotti P., Gori M., 1993). Nella programmazione si devono rispettare dei momenti fondamentali: 1)- delineare gli obiettivi educativi didattici generali e specifici;2)- individuare le metodologie e le tecniche ritenute più idonee con particolare riferimento alla pluralità dei modi di comunicare con linguaggi verbali e non verbali; 3)- programmazione di unità didattiche e sequenze di apprendimento con la precisazione di obiettivi intermedi da raggiungere e delle verifiche da effettuare; 4)- analizzare gli strumenti ed i materiali che possono essere considerati utili per favorire l'attuazione di potenzialità del bambino;

182

5)- organizzare delle attività e verifica dei risultati e degli obiettivi raggiunti, modifica eventuale di strategie, di unità didattiche ed obiettivi ; 6)- possibilità di feed-back. (Barsotti P., Gori M., 1993). L'insegnante può prevedere degli interventi particolari:- interventi individualizzati di riabilitazione (sensoriale, motoria ecc...) che, se ha competenza, svolge l'insegnante di sostegno;- interventi come sopra che, per riconosciuta competenza, possono essere esercitati dall'insegnante titolare, mentre quello di sostegno svolge attività didattica col gruppo di classe;- interventi di sviluppo individualizzato in materie scolastiche, che è bene siano svolti ancora dall'insegnante titolare mentre quello di sostegno agisce come sopra;- interventi con piccoli gruppi, omogenei o eterogenei, i quali coinvolgono il diversabile sia con compagni della propria che di altre classi, che possono essere svolti, a seconda delle competenze dell'uno insegnante, mentre l'altro svolge attività didattica generale. (Barsotti P., Gori M.,1993). Progettando un percorso individualizzato si vuole favorire lo sviluppo della personalità delil diversabile in modo che "divenga capace di trattare adeguatamente con gli altri, cioè di integrarsi completamente nelle attività di gruppo e nella vita associata".(Barsotti P., Gori M., 1993). Il "percorso individuale", che non deve essere sinonimo di "strada solitaria", deve mirare a risolvere i principali problemi dell'uomo: "comunicare con gli altri, vivere in società, conoscere il mondo circostante, mantenersi sano, fare un lavoro, contare, misurare, fare acquisti, viaggiare, leggere e scrivere ". (Trisciuzzi L., 1981). In questo modo oltre ad un inserimento scolastico, si arriverà ad una integrazione sociale.

6.2. Programmazione curricolare

Che cosa si può far fare a scuola, al soggetto "inserito"?Come programmare attività che lo interessino, gli siano utili e nello stesso tempo gli permettano di interagire con i compagni?La domanda è importante perché la maggior parte delle attività che si svolgono in classe non è adatta agli interessi, alle capacità di comprensione, al livello di competenza scolastica di un alunno con diversabilità mentale.

183

"La stessa normativa scolastica, dal 1977 in poi, con la giustamente famosa legge n. 517, riporta il discorso alla programmazione unitaria di tutte le attività scolastiche: disciplinari o curricolari; integrative o speciali e, in presenza di alunni in difficoltà, anche di sostegno degli insegnamenti, modificando radicalmente i modi di essere nella scuola. Nel caso di diversabili, non solo il progetto si fa unitario, accogliendo l'indicazione di tutti i possibili interventi dentro la scuola, ma considerando anche quelle forme particolari di sostegno, che si realizzano fuori della scuola, appunto dai servizi socio-sanitari ed assistenziali del territorio ". (Bozzo M.T., 1984)È indispensabile riferirsi al testo dei Nuovi Programmi Ministeriali dove, nel primo periodo dedicato agli alunni diversabili, vengono affermati due principi di massima importanza:1)- l'esercizio dei diritti all'educazione e all'istruzione obbligatoria non può essere impedita dalla presenza di difficoltà nell'apprendimento scolastico:2)- le situazioni di diversabilità o di svantaggio non vanno tra loro confuse." Fondamentali per un miglioramento del livello mentale di questi ragazzi sono i metodi dell'insegnante, l'adeguatezza dei libri di testo, la struttura, l'attrezzature dell'edificio, la regolarità dell'insegnamento, il posto dell'alunno nella famiglia, l'istruzione e l'atteggiamento dei genitori, le esperienze di accettazione o di rifiuto, di riuscita o di inadeguatezza della risoluzione di un problema. Questi fattori hanno influenza sulla costruzione di schemi di indifferenza o di spirito collaborativo, di amicizia o di rifiuto con i quali il bambino risponde nel comportamento verso le nuove esperienze " (Notarnicola G., 1980).Spesso i ragazzi inseriti continuano a lavorare sui prerequisiti specifici della scrittura, della lettura, del calcolo anche quando è evidente che non saranno in grado di leggere, scrivere o calcolare; non di rado utilizzano fino alle soglie dell'adolescenza materiale adatto per i bambini della scuola materna, oppure vengono esercitati in attività che non potranno utilizzare nella vita quotidiana e tutto questo con fatica ed attraverso interventi individualizzati che finiscono col separarli dagli altri senza un reale vantaggio per nessuno."All'interno delle aree disciplinari indicate dai Nuovi Programmi delle scuole elementari sono stati individuati alcuni nuclei di argomenti collegati con i principali problemi che l'uomo è chiamato a risolvere nella vita: comunicare con gli altri e vivere in società, conoscere il mondo circostante, mantenersi sano, fare un lavoro, contare, misurare, fare acquisti, viaggiare, leggere e scrivere.

184

È all'interno di queste competenze che deve muoversi una programmazione del 'percorso individuale' di cui parlano i programmi; percorso individuale che però non deve essere sinonimo di 'strada solitarià. Infatti i problemi individuati sopra sono comuni a tutti gli uomini ". (Trisciuzzi L., 1981)Se si programma un percorso di apprendimento per il bambino in difficoltà, verificandolo e raggiustandolo con una certa frequenza, cadono i rigidi criteri legati al programma, classe per classe. Non il programma ma la programmazione.Una programmazione educative per i bambini diversabilis psicofisici deve rispettare i seguenti momenti:1)- delineare gli obiettivi educativi didattici generali e specifici;2)- individuare le metodologie e le tecniche ritenute più idonee con particolare riferimento alla pluralità dei modi di comunicare con linguaggi verbali e non verbali;3)- programmazione di unità didattiche e sequenze di apprendimento con la precisazione di obiettivi intermedi da raggiungere e delle verifiche da effettuare;4)- analizzare gli strumenti ed i materiali che possono essere considerati utili per favorire l'attuazione di potenzialità dei bambini;5)- organizzare delle attività e verifica dei risultati e degli obiettivi raggiunti, modifica eventuale di strategie, di unità didattiche ed obiettivi;6)- possibilità di feed-back.Tramite un'adeguata programmazione dovrebbe essere possibile la massima individualizzazione dell'apprendimento. Non si deve però confondere "individualizzazione" con "isolamento": infatti se l'individualizzazione è lo strumento sovrano per consentire l'inserimento dei diversabili nella scuola per tutti, l'isolamento del soggetto con diversabilità è il rischio maggiore da evitare.Con una corretta programmazione il rischio che l'inserimento delil diversabile corrisponda ad una semplice collocazione egoistica e sia attuata in modo selvaggio risulta sicuramente minore.Se gli obiettivi posti rispetto al problema inserimento risultano chiari, misurabili, comunicabili, gli effetti e l'efficacia del lavoro scolastico potranno essere percepiti da tutti e non soltanto dall'alunno e dall'insegnante.Si deve poi notare che sotto il profilo didattico, prima di tutto la legge riconosce l'esigenza di valorizzare i gruppi, all'interno della classe, le attività articolate, la collaborazione tra insegnante e ragazzi.

185

Questo però non può significare l'abolizione di attività anche individuali nel caso in cui si riscontrino precise difficoltà nell'attuare una programmazione che valorizzi il gruppo."Condizione indispensabile per l'inserimento è quindi una struttura "a classi aperte" in cui i gruppi dei bambini possano almeno in alcuni momenti del lavoro nella scuola, aggregarsi secondo le attività e, per quanto riguarda il diversabile, secondo i livelli di impegno che ogni attività richiede. Si tratta, in altri termini, di destrutturare l'unità classe per formare gruppi di bambini ni di classi parallele, o di diversi livelli di età, secondo quanto sarà stato previsto dalla programmazione ". (Lalli F., 1984)Quanto ai contenuti della progettazione curricolare, e per il particolare problema che stiamo dibattendo, ci sembra che si debbano evidenziare due punti nodali. Il primo riguarda l'individuazione dei minimi strumentali che il diversabile può acquisire. Ci sembra scontata l'affermazione che una generica socializzazione, quasi sempre più presunta che reale, può essere un alibi per non affrontare il momento spinoso dell'apprendimento.D'altra parte, apprendimento e socializzazione sono in rapporto di reciproca causalità, anche per il bambino diversabile. Comunque, nella definizione degli apprendimenti possibili per i soggetti diversabili, l'insegnante deve essere assistito da specialisti.Il secondo punto riguarda la selezione delle attività integrative con il criterio aggiuntivo, per quanto riguarda il diversabile, di una terapia di mantenimento (ad esempio, si tratta di programmare attività collettive che mirino, per il diversabile, a mantenere i livelli raggiunti con l'intervento specialistico). Le attività collettive a cui si è fatto cenno sono utili a tutti i bambini, ed il fatto di dedicarvisi con i compagni può essere un motivo di integrazione per il bambino diversabile.Nel quadro che abbiamo brevemente delineato non trova posto una figura come quella del cosiddetto insegnante di supporto. Il gruppo degli insegnanti dovrebbe essere ridimensionato secondo il progetto di intervento educativo e un criterio qualitativo dovrebbe sostituire un criterio quantitativo che, nelle sue ultime conseguenze, postula un insegnante per ogni bambino portatore di diversabilità, e così tutto il resto a scuola procede come se il diversabile non ci fosse.

6.3. La programmazione e i suoi contenuti

Nella scuola dell'obbligo è possibile la massima individualizzazione dell'apprendimento, da non confondere con "isolamento": infatti se

186

l'individualizzazione è lo strumento sovrano per consentire l'inserimento dei diversabili nell'ambito scolastico, l'isolamento del soggetto con deficit è il rischio maggiore da evitare.Condizione indispensabile per l'inserimento è quindi una struttura a "classi aperte" in cui i gruppi di bambini possono, almeno in alcuni momenti del loro lavoro, aggregarsi secondo le attività e, per quanto riguarda il diversabile, secondo i livelli di impegno che ogni attività richiede.Occorre quindi strutturare gruppi di fanciulli di classi parallele, e di diversi livelli di età, secondo quanto previsto dalla programmazione.Questa struttura flessibile consente un uso polivalente degli spazi: altri, corridoi, che si affollano solamente all'ingresso ed all'uscita della scuola, mentre sarebbe necessario portare nel circuito didattico tutto lo spazio possibile.Classi aperte, spazi polivalenti, individualizzazione dell'apprendimento e tuttavia lavoro di gruppo degli allievi. È evidente lo spostamento di prospettiva da una visione programmatica tradizionale ad una curricolare. A questo proposito, l'inserimento dei diversabili nella scuola ha enfatizzato le carenze dei programmi e la frattura esistente tra le prescrizione programmatiche e l'attività che si svolge in essa.L'impegno va indirizzato verso quelle attività che spesso nell'ambito scolastico vengono trascurate per mancanza di spazio, tempo ecc.Il riferimento è verso le attività senso-percettive, psicomotorie, logopediche, artistico-espressive, pittura, scultura, ceramica, grafica, modellismo, educazione al ritmo, recitazione diretta o indiretta con i burattini ecc..Il recupero degli alunni diversabili si è da tempo imposto all'opinione pubblica non più come fatto circoscritto all'ambito limitato della famiglia e dell'istituto specializzato, ma come questione sociale che coinvolge nella sua problematica tutta la comunità.Prima dato fondamentale e positivo è stato l'inserimento di questi alunni nelle scuole normali, atto necessario per avviare una pubblica attività che integri il diversabile alla comunità alla quale appartiene.I problemi che ne sono scaturiti sono stati e sono di varia complessità e gravità per un insieme di motivi che vanno dalla mancanza di adeguate strutture ambientali, all'esigenza di una professionalità specifica del personale docente e alla necessità di una presenza qualificata nel settore scolastico, operativo e amministrativo, esperta nelle metodologie psico-pedagogiche e nelle discipline educative speciali più aggiornate.

187

Il superamento di qualsiasi forma di emarginazione dei diversabili, passa attraverso un nuovo modo di concepire e di attuare la scuola, così da poter veramente accogliere ogni bambino ed ogni adolescente per favorirne lo sviluppo personale, precisando peraltro che la presenza nelle scuole comuni da parte dei bambini diversabili, non implica il raggiungimento di mete culturali minime comuni.Lo stesso criterio di valutazione dell'esito scolastico, deve perciò far riferimento al grado di maturazione raggiunto dall'alunno, sia globalmente che a livello degli apprendimenti realizzabili, superando il concetto rigido del voto e della pagella. Fondamentalmente è l'affermazione di un più articolato concetto di apprendimento, che valorizzi tutte le forme espressive attraverso le quali l'alunno si realizza e sviluppa le proprie potenzialità che sino ad ora erano stati lasciate in ombra.L'ingresso di nuovi linguaggi nella scuola costituiscono per tutti gli alunni un arricchimento e, per quelli che non rispondono alle richieste di un lavoro formale, risulta essenziale in quanto offre loro reali possibilità di azione e affermazione. Si dovrebbe giungere ad allargare il concetto di apprendimento affinché accanto ai livelli di intelligenza logico-astrattiva, venga considerata anche l'intelligenza sensorio-motrice-pratica e siano soprattutto tenuti presenti i processi di socializzazione.Una scuola organizzata in modo più organico in forme operative più ricche e più varie di quelle offerte dall'insegnamento tradizionale, offre agli alunni una possibilità di maturazione attraverso una pluralità di linguaggi e di esperienze. È difficile ed artificioso distinguere tra attività "didattiche", da intendersi come insegnamento delle materie principali, ed attività "integrative" tra insegnamento "normale" ed attività di recupero e sostegno.Le diverse attività scolastiche non sono di per sé "primarie" o "integrative", "normali" o di "recupero", ma lo diventano quando un progetto didattico le valuta in rapporto al livello di maturazione o alle esigenze di un singolo o di un gruppo. La programmazione e la conduzione unitaria della vita scolastica, eviterebbe il crearsi nei genitori dell'equivoca distinzione tra "Insegnante del mattino", al quale spetta di dare giudizi sulle capacità del figlio, ed "Insegnante del pomeriggio" (educatori, animatori ecc.) che lo fa giocare.Occorre separare il meno possibile le iniziative di recupero e di sostegno dalla normale attività scolastica, alla cui ricca articolazione si affida il compito di offrire a tutti, nell'ambito dei gruppi comuni, possibilità di

188

azione di sviluppo. Si cerca in questo modo di non legare i vantaggi dell'intervento individualizzato, agli svantaggi della separazione del gruppo più stimolante per gli alunni "normali".Anche per il sostegno ed il recupero quindi, la ricercata connessione con la normale attività scolastica impedisce di concepire un livello di programmazione e di verifica. Non si nascondono le difficoltà di tradurre, in termini di azione scolastica valida per tutti, l'esigenza di far operare gli alunni in difficoltà con gli altri.Una vita scolastica perfettamente articolata, nella quale le attività integrative e di recupero non abbiano un posto separato dalla normale azione didattica, può essere ancora, per molte situazioni, più una meta ed un criterio di riferimento nel processo di crescita della scuola, che non una piena realizzazione per le difficoltà legate alla preparazione degli insegnanti ed alle concrete possibilità organizzative che la scuola oggi offre.Alla stessa dovrebbero essere assicurati docenti di ruolo, di cui bisognerebbe favorire la stabilità, essendo la continuità del rapporto educativo un obiettivo fondamentale per il positivo funzionamento di essa.Non è possibile pensare ad una azione coerente nell'ambito della scuola stessa se vi sono cause oggettive che ne alterano l'efficacia.La possibilità di realizzazione di un nuovo modo di essere della scuola è legata alla preparazione ed all'aggiornamento permanente degli insegnanti.Essi devono conoscere ed usare i nuovi metodi operativi che devono essere introdotti ad arricchimento e rinnovamento dell'insegnamento tradizionale.L'inserimento dei diversabili nelle scuole normali, è un principio democratico che si è ormai affermato; ora occorre che nelle scuole avvenga un cambiamento istituzionale che porti ad una organizzazione collegiale del lavoro in funzione della programmazione educativa, fondata sulla professionalità. L'obiettivo non sarà solo il semplice inserimento degli alunni diversabili, ma la loro integrazione scolastica con la prospettiva di un effettivo recupero sul piano dell'apprendimento e delle abilità strumentali integrando tra loro: - Area sanitaria.- Area dell'educazione.- Area del lavoro.Ed è proprio in questi termini che bisogna coordinare le diverse aree per il recupero della diversabilità; in questo senso le strutture socio-sanitarie territoriali diventano riferimento che garantisce la ricomposizione, a livello operativo, dei momenti in cui si articola il problema nel suo insieme,

189

ovvero possa essere fornita una "risposta globale lungo l'arco della vita" ai cittadini colpiti da diversabilità.È chiaro che il potenziamento, il rinnovamento, la capacità di risposta dei servizi socio-sanitari territoriali e della scuola, dipendono in massima parte da chi opera in queste strutture. Sarà indispensabile un continuo aggiornamento, una continua formazione di tutti gli operatori interessati.L'aggiornamento di tali persone dovrà essere reale, permanente, e dovrà produrre reali cambiamenti all'interno delle strutture, che pur nel rispetto dei relativi ambiti tecnici, garantisca una base comune di preparazione.Inserimento vuol dire costituire un vero e proprio assetto dell'integrazione che superi la genericità tramite la qualificazione degli interventi e superi l'inutile. Sarà attraverso una collaborazione di base, che li ponga in grado di affrontare in seguito il mondo del lavoro con sufficiente possibilità di autonomo e gratificante inserimento nella società. Occorre così realizzare una nuova organizzazione scolastica che porti ad una valutazione degli alunni più esatta possibile; ciò può essere effettuato grazie ad un lavoro omogeneo e collegiale del corpo docente, con orari di servizio più flessibili e con l'utilizzo di tutte le risorse disponibili (strumenti, mezzi didattici ecc.). L'uso dei materiali più svariati (creta, colori, mezzi plastici, legno, sabbia ecc.), la manipolazione di tutto il corpo, sono le vie indispensabili da percorrere per lo sviluppo del bambino diversabile, sia che si miri come ovvio alle funzioni psico-motorie, sia nel caso che ci operi per sviluppare conoscenze specificatamente cognitive.Un altro punto fondamentale è la funzione collegiale con le strutture socio-sanitarie territoriali realizzando una collaborazione necessaria per una azione effettiva di intervento terapeutico oltre che educativo dei bambini diversabili. Tale funzione di collegamento e di coordinamento delle risorse territoriali e scolastiche, permetterebbe il rendersi conto realmente delle carenze esistenti, sia per un'azione di aggiornamento alle reali necessità dei progetti innovativi.L'diversabilità non è solo un problema scolastico, sanitario o sociale: è tutte e tre le cose che si articolano su aree diverse.- Area sociale.Collaborazione fattiva e responsabile tra tutte le componenti, attraverso una razionalizzazione delle risorse ed una organizzazione delle

190

competenze operative che potrà in futuro esserci la riuscita della risoluzione del problema.In questa opera di programmazione appare evidente l'impegno dei consigli distrettuali chiamati, proprio per legge, a programmare, in materia di assistenza scolastica ed educativa, in materia di servizi socio-psico-pedagogici in materia di interventi a favore dei diversabili.Inserire il più precocemente possibile i ragazzi diversabili nelle normali strutture sociali e scolastiche significa non solo favorire, attraverso la socializzazione, il successo della riabilitazione e del recupero fisico, ma significa altresì dimostrare nei fatti la validità degli interventi non settoriali sul bambino, ma interdisciplinari, rivalutando in tal modo la funzione di formazione, prevenzione, cura e riabilitazione svolta da operatori sistematicamente collegiali (personale docente, educatori in genere, medici, paramedici ecc.).Il lavoro interdisciplinare può realizzarsi in campo educativo qualora si innesti un processo in tal senso di tipo permanente, tra discipline diverse o tra settori eterogenei di una stessa scienza, producendo delle interazioni o dei veri e propri scambi con il raggiungimento di un completo arricchimento di esse. La sua realizzazione dunque, all'interno della scuola, non può che svolgersi in due momenti:- uno caratterizzato dalla riflessione sui principi generali metodologici per la definizione delle attività educative (livello metodologico);- l'altro costituito dalla realizzazione di quelle attività (livello didattico).Questi due momenti sono propri del processo educativo e si differenziano non per i criteri di attuazione, ma per i diversi fattori costitutivi:- nel primo le strutture operative;- nel secondo le materie di insegnamento.Sia i ragazzi normali che quelli diversabili si interessano ad un problema, ad un fatto per i motivi più disparati; le ragioni sono di ordine psicologico, tattile-sensoriale, pratico, politico, fisiologico, per influenza di altre persone, dei mass media, o perché uno o più professori li hanno saputi coinvolgere in una problematica o situazione.Da qui emerge la prorompente utilità del lavoro interdisciplinare non solo a livello educativo - culturale (materie di insegnamento), ma anche nei rapporti tra scuola, genitori, docenti, medici, strutture socio-sanitarie territoriali.Il problema dell'integrazione si connette strettamente della socializzazione, la quale consiste nel condividere esperienze di varia natura in un contesto

191

di reciproco scambio di proposte nelle quali gli individui siano posti nella condizione di "operare insieme".Il significato di "integrazione", sta nel rapporto che gli individui instaurano nel momento in cui, uniti dall'interesse per la comune esperienza, riconoscono all'altro il valore di persona rispettando le scelte.Non può essere certo integrante un rapporto a senso unico come "lavorare accanto" aiutarsi o scambiarsi qualche strumento in una soluzione di assoluta casualità.La responsabilità dell'insegnante consiste nell'evitare che i bambini normali e diversabili si abituino a convivere senza prestarsi la minima considerazione, poiché tale situazione sarebbe soltanto diseducativa sul piano sociale. 6.4. I principali presupposti della programmazione

1 - Qualifica di persona diversabilitàpata.È facile assegnare la qualifica di diversabile a chi presenta solamente qualche marcata difficoltà oggettiva o soggettiva, nell'apprendimento o nel comportamento, mentre bisogna limitare l'attribuzione di tale qualifica solamente a quelle persone che presentano oggettive minorazioni a carico delle facoltà sensoriali, motorie o psichiche.Nelle leggi italiane che affrontano la descrizione dei diversabilità, questi si configurano nei termini di inabilità e di minorazione così accentuate da generare invalidità. L'invalidità, a sua volta, genera status di diversabilità rilevabile per legge quando è prodotto da una riduzione permanente della capacità lavorativa inferiore ad un terzo, e nell'età minore, quando i ragazzi abbiano difficoltà preesistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell'età scolare. Denominare diversabili quei soggetti che presentano irregolarità nell'apprendimento o nel comportamento, costituisce un colpevole errore per tre rilevanti motivi:a)- Il termine diversabile è ormai inteso, anche dall'opinione sociale, come quel termine che indica minorazione personale. Attribuire tale termine a chi non è in siffatta condizione, significa rischiare l'attribuzione di uno stigma socialmente lesivo della futura personalità del soggetto interessato b)- La diffusione di tale qualifica riproduce in termini pericolosi uno di quei fattori negativi che si voleva eliminare con soppressione delle scuole speciali.

192

Sarebbe veramente riprovevole, dopo che abbiamo avviato l'integrazione per scongiurare la proliferazione di falsi sub-normali, che fosse la scuola integrata a incoraggiare la proliferazione dei falsi diversabili.c)- Lo scopo della integrazione è quello di favorire la considerazione positiva dal diversabile presso gli insegnanti, i compagni di scuola e la comunità più vicina ai soggetti; la proliferazione di questi soggetti va ad incentivare il processo opposto, quello di considerare negativamente un numero sempre maggiore di diversabili e di deresponsabilizzare gli insegnanti nei loro confronti, per cui si invocano a gran voce sempre nuovi sostegni esterni, mentre non si programmano gli opportuni interventi interni. Il bambino che non apprende facilmente l'aritmetica, che si esprime malissimo in italiano, che non ha voglia di studiare, è, e resta, certamente un grosso problema per la scuola ed i docenti, ma non per questo è un bambino diversabile. E un fanciullo che richiede un diverso impegno educativo da parte degli insegnanti, che per lui devono moltiplicare la loro programmazione, sviluppare nuovi fattori di motivazione, adeguare i propri criteri di valutazione.2 - Non c'è socializzazione senza riabilitazione funzionale, non c'è riabilitazione senza socializzazione.La socializzazione che è componente essenziale del processo educativo di tutti gli scolari, nel caso del bambino diversabile diventa l'elemento col quale noi cerchiamo di porre rimedio a due difficoltà: quella del soggetto stesso che deve mettersi in relazione con gli altri; quella degli altri che devono mettersi in relazione con lui.Per il primo aspetto dobbiamo ricordare che i problemi essenziali dei soggetti diversabili sono principalmente di natura relazionale.Un soggetto insufficiente mentale deve dapprima identificare sé stesso, poi identificare almeno un'altra persona e stabilire con questa i propri rapporti di comunicazione; dopo questa prima relazione tra il sé ed un altro, deve procedere ad identificare via via altre persone e a sapersi riferire a loro.Saranno dapprima i familiari, poi i maestri, i compagni ecc., e non sempre necessariamente in questo ordine.Queste identificazioni-distinzioni, sono possibili solo attraverso vie o canali di comunicazione che sono innanzitutto sensoriali, visivi, uditivi, che passano attraverso la manipolazione, la verbalizzazione, per arrivare, nei casi positivi, alla formulazione di idee o di classi di idee.Bisogna quindi sviluppare specificatamente le capacità di distinzione sensoriale, di manipolazione, di verbalizzazione, se si vuole che il bambino riesca a socializzare, altrimenti anche i rapporti relazionali si

193

limitano a ben poca cosa. D'altro canto i progressi che si compiono nel recupero funzionale dei singoli diversabilità, sono destinati a cadere e regredire, a non incanalarsi nello sviluppo della personalità del soggetto, se non vengono continuamente e spontaneamente vissuti col mondo delle persone normodotate, sia coetanee che adulte. Ma la necessità di garantire l'associazione per favorire il recupero funzionale, costituisce oggi un principio ormai culturalmente affermato e largamente praticato; invece il correlativo principio che la socializzazione non vale senza specifiche attività che mirano al superamento dei limiti della diversabilità, tende ad essere troppo spesso dimenticato o non sufficientemente praticato. Quanto alla difficoltà per gli altri a mettersi in relazione con il diversabile, è da considerare che essa sia di tale rilevanza da costituire da sola la vera radice dell'emarginazione dei diversabili.L'inserimento di questi soggetti nelle strutture comuni della società (scuola, associazioni ricreative e culturali, quartieri, posti di lavoro, ecc.), è la condizione primaria per poter sviluppare il sentimento dell'accettazione da parte di tutti. L'accettazione da parte dei soggetti normali è naturale quando il soggetto in difficoltà riesce a identificare gli altri ed i loro ruoli, nel caso invece di comportamenti autistici o permanentemente oppositivi, i soggetti normali accordano una accettazione meramente oblativa (caritativa) o finiscono per trascurare ogni rapporto con il soggetto diversabile.Anche questo fatto conferma che la scuola non deve solamente affidare la sua opera di recupero ad una generica socializzazione, che potrebbe anche non avvenire, ma deve favorire il processo di socializzazione aiutando il soggetto in difficoltà a superare, per quanto possibile, i propri limiti.3 - Nei confronti dei soggetti diversabili bisogna sempre avere una aspettativa positiva.Questo principio che, anche se in termini diversi, esprime ancora il precedente, va tenuto per motivi didascalici distinto.Per quanto siano limitate le capacità di apprendimento dei soggetti diversabili, e degli stessi normodotati che presentano comunque difficoltà di apprendimento, gli insegnanti devono avere nei loro confronti una aspettativa sempre positiva, debbono aspettarsi che producano qualche apprendimento apprezzabile, tanto cognitivo che comportamentale, sia pure di lieve entità. Se l'insegnante manifesta una attesa positiva favorisce, in qualche modo, lo sbocciare dell'evento atteso, invece, se provoca dentro di sé e se manifesta anche inconsapevolmente una aspettativa negativa nei confronti di uno scolaro, sicuramente contribuisce all'insuccesso stesso.

194

L'insuccesso di questi, quando è avvenuto, rafforza il giudizio negativo e questo, a sua volta peggiora la situazione del soggetto, e così via si procede con un accumulo di effetti negativi che si producono in breve termine e che sono, in minore o maggiore misura, il rifiuto reciproco tra insegnante e scolaro. L'emarginazione, palese od occulta delil diversabile da parte degli stessi compagni, il fallimento quasi totale dell'integrazione sono ben visibili.4 - Non bisogna farsi carico sul piano emozionale dei problemi personali dei diversabili.Questo principio sembra contraddire i precedenti, ma in realtà li corrobora, perché fondato sulla distinzione (comportamentale) tra il piano cognitivo e quello affettivo.Mentre sul piano cognitivo il maestro deve essere aperto alla fiducia ed alla speranza, deve cioè credere nel bambino, quindi manifestargli simpatia; sul piano della propria emotività non deve farsi carico delle sofferenze di quelle perché un'eventuale partecipazione sul piano della pena, limita e danneggia la stessa capacità dell'insegnante.Un buon educatore deve mettersi a disposizione dello scolaro con tutta la sua scienza e conoscenza, ma oggettivando e soggettivando le sue manifestazioni più difficili da sostenere. Evitare quindi l'impegno emozionale non significa contraddire il principio dell'attesa positiva e della disponibilità verso lo scolaro integrato, significa invece renderlo possibile, difenderlo dalle crisi emotive che, colpendo l'insegnante, danneggiano di fatto il più debole, cioè lo scolaro diversabile.5 - Si programma sempre lo sviluppo, non il recupero.Anche questo principio, che sembra rivestire solamente importanza lessicale, tende invece a modificare un tratto reale della professionalità dell'insegnante.Quando usiamo il termine "recupero" per indicare il superamento del limite personale determinato dalla diversabilità, lo facciamo per conformismo verso un uso lessicale ormai diffuso che per pertinenza pedagogica. La stessa legge 883, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, parlava più propriamente di riabilitazione degli stati di invalidità e inabilità somatica e psichica con pertinenza agli obiettivi della medicina, ai quali bene si addice il termine riabilitazione. Nella programmazione scolastica e soprattutto sul piano puramente didattico, l'insegnante dovrebbe usare il termine "sviluppo" e soprattutto pensare in termini di sviluppo, che più di recupero. "Recuperare vuol dire mettersi dalla parte di chi è già avanti, richiamare la pratica del tirare avanti,

195

rischiare di colpevolizzare il soggetto quando, a causa dei suoi limiti, egli non riesce a conseguire l'obiettivo...Sviluppare significa mettersi dalla parte del soggetto diversabile, partire dalle sue reali possibilità per farle crescere tanto quanto sia possibile." Ogni progresso realizzato nell'apprendimento o nel comportamento, visto dalla parte di chi progredisce è sempre sviluppo, non recupero; quindi cambiare il lessico vuol dire, in questo caso, prestare maggiore attenzione alla realtà delle cose ed assumere un atteggiamento professionale più corretto.6 - Il "sostegno" si dà alla classe, non al singolo alunno diversabile.Si è purtroppo diffusa la tendenza a stabilire una reazione biunivoca tra alunno diversabile e insegnante di sostegno, come se in altri termini, quest'ultimo fosse insegnante solo di quello scolaro e questi, a sua volta, fosse alunno solo di quel maestro.Un simile rapporto, quando si stabilisce, equivale a ricreare nella scuola normale l'emarginazione occulta, sia da parte dell'insegnante titolare, che da parte degli scolari, i quali, ben si avvedono di essere gli alunni "giusti" del maestro "giusto".Il sostegno è dato alla classe, perché, sommando le competenze e le prestazioni, insegnanti titolari ed aggiunti possono, insieme, meglio affrontare e risolvere i problemi che le esigenze dell'alunno diversabile aggiungono al monte delle esigenze che già gli altri scolari esprimono. Esso esercita nei tempi e nelle forme che la programmazione generale della scuola e della classe suggeriscono, tenuto conto della situazione del gruppo classe e dei singoli diversabili, dei mezzi necessari e delle risorse disponibili.Nella programmazione si possono prevedere:- interventi individualizzati di riabilitazione (sensoriale, motoria ecc.) che, se ne ha competenza, svolge l'insegnante di sostegno;- interventi che possono essere esercitati dall'insegnante titolare, mentre quello di sostegno svolge attività didattica col gruppo di classe;- interventi di sviluppo individualizzato in materie scolastiche, che è bene siano svolti ancora dal maestro titolare mentre quello di sostegno agisce come sopra;- interventi con piccoli gruppi, omogenei o eterogenei, i quali coinvolgono il diversabile sia con compagni della propria che di altre classi, che possono essere svolti, a seconda delle competenze dell'uno insegnante, mentre l'altro svolge attività didattica generale.Il problema di reinserimento dei diversabili nella scuola non è una impresa facile, considerando il fatto che, nella stessa struttura, si tende ad una

196

istruzione standardizzata, la quale crea una situazione di emarginazione proprio di coloro che di essa hanno bisogno.Occorre una riforma della scuola nei contenuti e nei metodi di insegnamento capace di rispondere ai bisogni fondamentali e alle possibilità e capacità di ogni bambino (normale e non), affinché ognuno nel gruppo e nella collettività si realizzi ai propri livelli, eliminando così ogni forma di emarginazione e di selezione nell'educazione.Inserire i ragazzi diversabili nella scuola di tutti, vuol porre in discussione e non solo in linea teorica, se la scuola debba rappresentare un momento di socializzazione e di sviluppo della personalità o restare una sede di istruzione per la preparazione di quadri produttivi.

6.5. Lo skill analysis model

Uno dei tanti modelli di insegnamento individualizzato è il S.A.M. (SKILL ANALYSIS MODEL), molto importante per l'analisi dell'area motoria. Con il S.A.M. si devono organizzare le classi e gli orari, e quindi le attività di tutto il personale docente. Il S.A.M. fa sì che nell'elaborazione di in curricolo ogni singola fase venga vista in funzione ed in relazione di altre fasi e di altri programmi. Se la progettazione non procede regolarmente in questo senso, dagli obiettivi generali agli obiettivi specifici, il curricolo rischia di ridursi ad una serie di programmi educativi disorganici, poco collegati alle reali esigenze del bambino.

Fasi dello skill analysis model 1)- individuare l'AREA FONDAMENTALE DEL CURRICOLO; 2)- suddividere l'area scelta nei suoi elementi componenti (sotto aree); 3)- per ogni componente dell'area, formulare gli obiettivi dell'attività di insegnamento; 4)- disporre gli obiettivi in un certo ordine; 5)- per ciascun obiettivo, delineare un programma d'insegnamento; 6)- costruire un sistema flessibile di valutazione e di registrazione dati. I principali metodi del S.A.M. per la elaborazione dei programmi sono: a)- CHAINING (concatenamento) anterogrado o retogrado; b)- CHAPING (modellaggio); c)- apprendimento discriminativo senza errori (ADSE); d)- FADING (attenuazione degli aiuti).CHANING: Questa tecnica prevede la suddivisione delle abilità bersaglio in una serie di passi che costituiscono le precisazioni da eseguire e la loro

197

sequenza temporale dei passi stessi. Esaminando un programma attuato con il metodo CHANING, si avrà un immagine al rallentatore dell'ordine in cui effettuare le varie azioni. Per decidere quali sono i passi importanti e in che ordine debbano susseguirsi, basterà osservare quelle persone che hanno già acquisito padronanza dell'abilità-bersaglio, registrare le azioni e annotare l'ordine con cui hanno avuto luogo. Nonostante le abilità bersaglio possa essere eseguita fra persone diverse in modi del tutto diversi, sarà pur sempre possibile individuare in queste esecuzioni degli elementi comuni che costituiranno poi delle fasi culturali da registrare ed utilizzare come base per il programma . SHAPING: prevede il raggiungimento dell'abilità bersaglio attraverso delle approssimazioni progressive sempre più vicine all'abilità finale. Dalla prima all'ultima fase, si esercita il bambino sulla esecuzione dell'obiettivo comportamentale completo in tutti i suoi elementi, ma il movimento che viene modellato mediante una serie di modifiche apportate ai materiali utilizzati. In sostanza, l'obiettivo comportamentale resta invariato; cambiano, invece, le condizioni del materiale in ogni singola fase. Questo metodo è particolarmente indicato nel caso di compiti che implicano l'uso di abilità fini-motorie e visuo-motorie. 6.6. Apprendimento discriminativo senza errori (ADSE)

L'ADSE é una tecnica dalle molte potenzialità, che gli insegnanti utilizzano in modo sistematico e pianificato. Due sono gli elementi fondamentali di questo metodo di insegnamento: - aumento graduale della "forza" degli "stimoli distrattori". Se l'abilità obiettivo richiede la discriminazione di un oggetto secondo uno o più attributi salienti, si renderà necessaria l'elaborazione di passi in cui gli oggetti che il bambino deve discriminare, acquisiscano progressivamente caratteristiche sempre più simili. Se, ad esempio, al soggetto viene chiesto di discriminare un cerchio fra tutte una serie di altre forme, nelle prime fasi del programma lo si farà scegliere fra un cerchio ed un distrattore che sia il più diverso possibile dal cerchi, ad esempio un quadrato. Per poter ridurre la forza di tale stimolo distrattore é bene che nelle prime fasi del programma esso sia soltanto il più diverso possibile per forma, per grandezza, molto più piccola rispetto al cerchi. Nel caso del programma questi distrattori verranno poi sostituiti da altre figure stimolo che si avvicinano gradatamente alla figura da discriminare, sia per dimensioni che per forma: in questo senso la "forza" dei distrattori aumenta.

198

- Numero via via più elevato di distrattori. Nelle prime fasi del programma, sarà presente soltanto lo stimolo a cui deve rispondere il soggetto. Lentamente verranno aggiunti altri stimoli finché il soggetto non sarà in grado di individuare l'oggetto in questione fra una serie di altri oggetti, secondo quanto previsto nell'abilità-obiettivo. Questi due elementi "forza" e numero di distrattori, vengono combinati insieme al momento di stabilire i passi istituzionali del programma didattico. Una avvertenza é d'obbligo a questo punto: se gli insegnanti programmassero sempre tutti i possibili passi previsti dall'ADSE, il risultato sarebbe un programma estremamente lungo e quindi di difficile applicazione; l'ADSE può invece essere utilizzato come guida per l'elaborazione di programmi, senza per altro prevedere tutte le variazioni possibili del numero e forza dei distrattori. FADING : Tale termine designa una serie di tecniche che comportano la graduale riduzione di aiuti (prompts),di indizi percettivi di vario tipo; nel caso del SAM, tale termine sta però ad indicare la riduzione graduale della forza degli stimoli visivi (sotto forma di diagrammi, figure o punti da congiungere) che si forniscono al bambino all'inizio del programma per aiutarlo a raggiungere la finalità dell'obiettivo.In un programma basato sul FADING le modificazioni graduali non interessano tanto il comportamento in sé, quanto le condizioni in cui questo deve avvenire. Durante le fasi iniziali, il soggetto sarà guidato nelle esecuzioni del comportamento da vari stimoli visivi molto forti; Questi verranno poi attenuati in modo graduale e sistematico con l'avanzare del programma. (Barsotti P., Gori M., 1993).

6.7. Le abilità integranti

Mentre nel mondo anglosassone si é cercato di preparare le persone diversabili a vivere con successo nella famiglia e nella società, insegnandogli delle abilità e dei comportamenti adatti, nel nostro Paese si é sempre parlato di integrazione, ma si é fatto ben poco di concreto; solo recentemente i nostri interventi sono diventati più efficaci. L'integrazione può essere facilitata dal possesso di particolari abilità che permettono di interagire con altre persone senza avere problemi. Nel progettare una tassonomia di "abilità integranti" si deve tener conto del luogo in cui il soggetto deve vivere, perché in luoghi diversi si richiedono abilità diverse.

199

"Nel valutare la situazione di un soggetto diversabile al fine di progettare interventi educativi individualizzati, non si potrà dunque far riferimento ad uno specifico modello precostituito; in questo modo, trattandosi spesso di diversabili adolescenti o adulti, le rassicuranti "tappe di sviluppo" del bambino normodotato ci potranno essere di ben poco aiuto". (Ianes D., 1984). Esistono delle abilità che sono comuni a tutti e indispensabili per vivere normalmente:- uso del denaro per acquisti indipendenti;- uso dell'orologio e gestione di sé in relazione al tempo;- uso del telefono, con correlate attività di conversazione e di gestione di particolari emergenze;- abilità sociali e gestione corretta e produttiva delle reazioni interpersonali;- spostamenti indipendenti nella comunità sia come abilità pedonali che come uso dei mezzi pubblici;- abilità domestiche e "routine" di cura del proprio luogo di vita. Di fondamentale importanza sono, anche, "i comportamenti sanitari (assunzione di farmaci, autoregolazione del comportamento alimentare, ecc.); l'utilizzo dei servizi della Comunità (bar, posta, negozi, barbiere, ecc.); la gestione produttiva del tempo libero e degli spazi ricreativi. Oltre a tutte le varie interconnessioni che si possono di volta in volta creare.(Ianes D. 1984) Ogni operatore non deve iperproteggere il 'disabile' ed eliminare ogni difficoltà che può essere incontrata, perché in questo modo ne rallenta il suo sviluppo. Il suo compito é valutare quali abilità sono richieste nel luogo dove vive ed introdurlo gradualmente nelle difficoltà. Per rendersi conto se le abilità da lui selezionate sono le più adeguate, potrà confrontarle con i seguenti criteri:" a)- sono abilità essenziali per accedere a gratificazioni, naturalmente presenti nei vari ambienti? (uso del denaro); b)- garantiscono dal diversabile un numero più elevato di opzioni e di possibilità di scelta? (abilità pedonali); c)- sono abilità richieste molto frequentemente, a prescindere dai contesti? (abilità sociali); d) aumentano, anche solo quantitativamente, il numero di relazioni (e di conseguenza di possibilità di apprendimento) che il diversabile attiva? (uso del telefono, mobilità nella comunità);

200

e)- migliorano qualitativamente le relazioni che il diversabile sperimenta, aumentandone il valore di gratificazione (anche reciproca) e di conseguenza anche di apprendimento? (abilità sociali); f) riescono a scalfire i miti totalizzanti ed immobilizzanti, che spesso i genitori hanno sul loro figlio e fungono da acceleratori nei confronti di iniziative integranti, promosse autonomamente dai genitori stessi? (uso del denaro e dell'orologio: se il figlio acquista queste abilità, aumentano le probabilità che i genitori lo mandino a fare piccole spese e commissioni da solo)". (Ianes D., 1984). Da un primo momento in cui vengono messi in evidenza le difficoltà del soggetto in relazione alle diverse "abilità integranti", é necessario iniziare a programmare un intervento educativo-didattico. Ogni intervento dovrà essere individualizzato, senza però cadere in errori. Frequentemente, nel definire ciò che il diversabile dovrà essere in grado di fare dopo il training, si enfatizza la "forma" tipica del comportamento, cioé quando comunemente il maggior numero di persone normodotate fa; la parola d'ordine é dunque "farai esattamente ciò che essi fanno". L'enfasi, infatti, è posta sul "come" si fa una certa cosa e non sul "perché", sul "fine essenziale" che si intende raggiungere con quella abilità; in questo modo si rischia di scartare "a priori" la possibilità che vi siano modi diversi (e più accessibili dal diversabile) di raggiungere lo stesso fine, ed essere così di fatto "abili".È opportuno, invece, spostarsi verso una diversa impostazione nella quale un obiettivo viene analizzato nei termini delle "funzioni critiche", che esso deve svolgere per la persona. In tal modo è possibile identificare: - sequenze alternative di comportamenti che consentono dal diversabile di raggiungere ugualmente la "funzione critica"; - protesi operative ed apparecchiature che sostituiscono classi di abilità pre-requisite, non possedute dal diversabile e per le quali non è realistico pensare all'insegnamento (ad es. regolo calcolatore o calcolatrici tascabili adattate per il conteggio delle transazioni con denaro).

6.8. Le piste curricolari

L'educazione del bambino diversabile può essere condotta seguendo perlomeno tre piste curricolari: a)- PISTA NORMALIZZANTE. In questo caso si prende come esempio l'evoluzione del bambino normale e si pongono come obiettivi per l'intervento educativo le diverse fasi del suo sviluppo. All'interno di

201

quest'ottica, si privilegiano le condizioni elaborate dalla psicologia dell'età evolutiva, quale per es. quella di Piaget, che costituiscono il quadro di riferimento teorico. Lo sforzo, per alcuni versi più che accettabile, é quello di stimolare il bambino diversabile portandolo alla normalizzazione.Il curricolo é tipicamente organizzato in modo tale da insegnare inizialmente al bambino diversabile le competenze che per prime compaiono nello sviluppo del bambino normale, per poi insegnargli quelle che compaiono in una fase successiva. Se, per es., il soggetto normale apprende ad infilare degli anelli su dei bastoncini prima di apprendere il controllo sfinterico, anche nel caso del soggetto diversabile si cercherà di insegnargli inizialmente la prima abilità e successivamente la seconda, indipendentemente dallo loro rilevanza sociale. b)- PISTA DIDATTICA. Questo modello, a dire il vero non molto distante dal primo, sottolinea l'importanza delle cognizioni di base alle quali concede molto spazio, al punto tale da concentrarsi prevalentemente su quanto viene generalmente insegnato nella scuola e che dovrebbe essere esteso anche dal diversabile. Il programma si articola invece in una sequenza di fasi utili a fornire all'allievo delle competenze a vasto raggio, che, però, celano il rischio di una pericolosa astrattezza. Per es. nel curricolo elaborato dalla Resnick per insegnare le basi del ragionamento matematico, si parte da obiettivi quali "toccare una serie di oggetti, assegnando ad ognuno di essi il numero corrispondente", "indicare l'insieme che ha un numero più elevato di oggetti e così via", la cui immediata utilità ai fini della socializzazione delil diversabile é per lo meno dubbia.c)- PISTA FUNZIONALE. Essa parte da presupposti totalmente diversi, cercando di fornire una risposta ad una domanda, molto rilevante per l'educazione delil diversabile, che può essere così formulata "quali sono le richieste minimali, alle quali il diversabile deve saper rispondere? ". Le risposte a tale domanda si traducono automaticamente in obiettivi del curricolo. Si mira a fornire dal diversabile il più rapidamente possibile quelle abilità di fondo, che gli permettono di rispondere alle richieste minimali provenienti dai diversi ambienti nei quali egli vive ed opera. Così, per es., non si spende tempo ad insegnare dal diversabile astratte competenze numeriche, ma più specificamente la gestione del denaro; non si canalizzano risorse nell'insegnargli i prerequisiti, per es., della lettura (se non quelli strettamente indispensabili), ma lo si mette il più rapidamente possibile a contatto col materiale verbale che ha rilevanza ai fini di una sua

202

evoluzione in termini di autonomia e di soluzione dei suoi problemi esistenziali. (Fagetti M. A., 1984).Si deve considerare che: "ognuno di questi tre modelli ha dei vantaggi e naturalmente dei costi, per cui l'operatore non dovrebbe acriticamente aderire all'uno o all'altro di essi, senza avere preventivamente esaminato i "pro" ed i "contro ". (Fagetti M. A. 1984) Infatti, "i primi due modelli curricolari sembrano particolarmente adeguati là dove l'diversabilità non é così profondo ed esteso, mentre nel caso in cui l'estensione e la gravità della diversabilità sia piuttosto rilevante, gli sforzi e le risorse dovrebbero essere concentrati per insegnare dal diversabile tutte quelle competenze che hanno un'immediata fruibilità pratica" (Fagetti M. A. 1984). Allo scopo di meglio illustrare le caratteristiche di ognuno di questi modelli, desidererei presentare alcuni esempi: 1) nel caso della prima pista, il curricolo é tipicamente organizzato in modo tale da insegnare inizialmente al bambino diversabile le competenze che per prime compaiono nello sviluppo del bambino normale, per poi insegnargli quelle che compaiono in una fase successiva. Se, per es., il bambino normale apprende ad infilare degli anelli su dei bastoncini prima di apprendere il controllo sfinterico, anche nel caso del bambino diversabile si cercherà di insegnargli inizialmente la prima abilità e successivamente la seconda, indipendentemente dallo loro rilevanza sociale; 2) nel caso della seconda pista, il programma si articola invece in una sequenza di fasi utili a fornire all'allievo delle competenze a vasto raggio, che, però, celano il rischio di una pericolosa astrattezza. Per es. nel curricolo elaborato dalla Resnick per insegnare le basi del ragionamento matematico, si parte da obiettivi quali "toccare una serie di oggetti, assegnando ad ognuno di essi il numero corrispondente", "indicare l'insieme che ha un numero più elevato di oggetti e così via", la cui immediata utilità ai fini della socializzazione delil diversabile è per lo meno dubbia; 3) nel caso infine delle terza pista, si mira a fornire dal diversabile il più rapidamente possibile quelle abilità di fondo, che gli permettono di rispondere alle richieste minimali provenienti dai diversi ambienti nei quali egli vive ed opera. Così, per es., non si spende tempo ad insegnare dal diversabile astratte competenze numeriche ma più specificamente la gestione del denaro; non si canalizzano risorse nell'insegnargli i prerequisiti, per es., della lettura (se

203

non quelli strettamente indispensabili) ma lo si mette il più rapidamente possibile a contatto col materiale verbale, che ha rilevanza ai fini di una sua evoluzione in termini di autonomia e di soluzione dei suoi problemi esistenziali (Fagetti M. A., 1984).Si deve considerare che "ognuno di questi tre modelli ha dei vantaggi e naturalmente dei costi, per cui l'operatore non dovrebbe acriticamente aderire all'uno o all'altro di essi, senza avere preventivamente esaminato i "pro" ed i "contro". (Fagetti M. A. 1984) Infatti, " i primi due modelli curricolari sembrano particolarmente adeguati là dove l'diversabilità non é così profondo ed esteso, mentre nel caso in cui l'estensione e la gravità della diversabilità sia piuttosto rilevante, gli sforzi e le risorse dovrebbero essere concentrati per insegnare dal diversabile tutte quelle competenze che hanno un'immediata fruibilità pratica" (Fagetti M. A. 1984).

6.9. Programmare la normalità

Il principio della normalizzazione

Il principio della normalizzazione intende rendere disponibili a tutte le persone con ritardo mentale "percorsi di vita" e condizioni del vivere quotidiano che sono le più vicine possibili alle normali circostanze di vita reale nella Società. Normalizzazione è dunque essere "come tutti", ma ciò vuol dire anche "essere con tutti".Integrazione sociale può significare che le relazioni tra le persone sono basate sul riconoscimento reciproco del valore e dei diritti dell'altro. Quando tale riconoscimento non esiste vi è l'alienazione, la segregazione e l'ostracismo.Dal momento che il principio della normalizzazione riguarda le relazioni tra il diversabile ed i normali modi di vita nei vari ambienti sociali, è essenziale comprendere tale rete di rapporti attraverso il concetto di integrazione.Il concetto di integrazione può dunque essere articolato a vari livelli:- Integrazione fisica: il diversabile condivide gli ambienti fisici normali (casa, scuola, lavoro)- Integrazione funzionale: il diversabile riesce ad usare e padroneggiare i vari ambienti fisici normali (ad es. riesce a mangiare in un ristorante).- Integrazione sociale: il diversabile ha relazioni sociali stabili e reciprocamente gratificanti con i familiari, i vicini, i compagni di scuola, di lavoro, ecc…

204

Integrazione personale: il diversabile sviluppa ed evolve il bisogno di un'interazione personale significava con altre persone.- Integrazione societaria: il diversabile si esprime come un cittadino con tutti i suoi diritti, attraverso le varie possibilità di autodeterminazione della sua condizione presente e futura.- Integrazione "dei servizi": il diversabile usa servizi normali ed il meno possibile speciali e destinati esclusivamente a lui.È possibile migliorare la qualità della vita, il grado di integrazione e normalizzazione della persona con ritardo mentale anche attraverso uno sviluppo sistematico di "abilità funzionali alla vita quotidiana".L'integrazione può essere "insegnata" ed "appresa", quell'integrazione cioè che è costituita da abilità del soggetto diversabile può essere senz'altro migliorata attraverso una prassi sistematica di insegnamento ed abilitazione. Pensiamo ad esempio ad un adolescente con ritardo mentale che impari ad orientarsi nel suo quartiere, a compiere piccoli acquisti ed ad andare autonomamente al cinema. Ma per realizzare tale miglioramento sono necessarie tante altre condizioni oltre all'iniziativa strutturata di insegnamento: il suo Piano Educativo Individuale deve essere orientato a tali obiettivi e le persone che lo realizzano devono aderire a tale orientamento e perseguirlo attivamente, i genitori devono appoggiare questa programmazione, la gente normale della Comunità deve accettare la presenza delil diversabile e gli devono essere garantite le opportunità reali per esercitare liberamente queste sue nuove abilità.Un diversabile più abile potrà dunque essere un diversabile più integrato e dunque più felice ma si devono manifestare attivamente altre condizioni necessarie di tipo sociale, culturale, ideologico, programmatico dei Servizi economico e familiare.La sfida che ora sta di fronte ad educatori ed insegnanti è nello scegliere e nell'insegnare abilità che siano realmente "funzionali", che cioè abbiano un'alta utilità quotidiana per gli studenti diversabili.L'utilizzo di esperienze di insegnamento spesso confinate solo nella classe, nel contesto di un curricolo orientato in senso strettamente scolastico è un approccio particolarmente limitante per alunni con ritardo mentale medio e grave.Un insegnamento funzionale, basato sulla Comunità, è coerente anche con un aspetto fondamentale dell'età adolescenziale. A quest'età molti alunni sono sempre più annoiati dalle tradizionali attività in classe e continuano a mostrare una scarsissima generalizzazione all'ambiente reale delle abilità via via faticosamente insegnate.

205

Abilità domestiche e di cura del luogo di vitaL'abilità di badare a se stessi in modo indipendente viene troppo spesso data per scontata.Si presume che mangiare, vestirsi e curare la propria igiene personale in modo indipendente, siano abilità acquisite con facilità nell'infanzia.Una buona competenza in queste abilità non viene però conseguita facilmente e spontaneamente dagli diversabili medi e gravi. Infatti, per molti di questi alunni, queste abilità da sole rappresentano gli obiettivi educativi principali per considerevoli periodi di tempo.Inoltre, per raggiungere una sufficiente indipendenza nell'ambiente domestico e comunitario è necessario raggiungere un alto grado di abilità di quest'area.I programmi educativi rivolti a soggetti diversabili medio e grave si sono in buona parte finalizzati, nel corso degli ultimi anni sul problema della formazione professionale. Altrettanta attenzione va peraltro prestata al training sulle abilità necessarie per conseguire un efficace inserimento nel contesto sociale. Dal momento che sono molte le abilità richieste da un contesto domestico, sono anche molte le carenze nelle abilità evidenziate dai soggetti diversabili medio e grave. È pertanto illogico ritenere che ogni singola abilità domestica prevista negli elenchi definiti dagli insegnanti o nei vari curricoli commercialmente disponibili possa essere insegnata in un periodo di tempo limitato. Risulta quindi necessario procedere ad una selezione delle abilità da inserire nel programma.Una volta compiuta la valutazione dell'ambiente di vita domestico-familiare presente e futuro, alcune abilità andranno individuate anche tramite la valutazione del livello di capacità effettivamente mostrato dall'alunno.C'è una scala di valutazione per misurare il livello di abilità del soggetto in nove aree: cura della persona e igiene, cura del corpo vestiario, cura della casa, cucinare, gestione del tempo, comportamento sociale, uso dei servizi della Comunità, abilità di comunicazione, abilità scolastiche funzionali.Considerati i limiti di ordine temporale e logistico, non è possibile insegnare contemporaneamente tutte le abilità deficitarie.Si dovrà pertanto stabilire un ordine didattico di priorità per le abilità ritenute più importanti nei diversi contesti di vita nella Comunità.

206

La complessità tipica di molti compiti domestici richiede un approccio didattico molto sistematico e per questo motivo la Talk Analysis riveste una importanza fondamentale.Essa consiste nello scomporre il compito nella sequenza di passi singoli che lo costituiscono così da fornire uno schema preciso per la valutazione iniziale, per l'insegnamento e per valutare i progressi via via raggiunti dallo soggetto.Compiti quali lavare i piatti, rifare il letto, prepararsi i pasti e fare la doccia prevedono sequenze di singoli comportamenti molti dei quali richiedono delle abilità di tipo estremamente diverso. (È per questo che formando delle tabelle con le procedure sequenziali esatte, daremo un contributo notevole per lo svolgimento del compito).Dal momento che molti compiti caratteristici delle abilità domestiche consistono di catene complesse, di molti comportamenti deve essere considerato attentamente il tipo di procedura di insegnamento più indicata. La maggior parte delle esperienze di insegnamento di abilità domestiche ha utilizzato un approccio cosiddetto "a compito intero" dove l'insegnamento veniva condotto simultaneamente su tutti i singoli comportamenti della catena.Il buon esito dell'insegnamento delle abilità dipende anche dalla scelta e dall'applicazione di un metodo sistematico per la somministrazione di aiuti (PROMPTS) che facilitano l'emissione di risposte corrette da parte dello soggetto nei vari passi del compito.Le varie tecniche di aiuto possono essere: verbali, dimostrative, fisiche, visive.Si ricorrerà ad una o più di queste tecniche in funzione del livello di abilità dello soggetto e della complessità del compito.Una determinata abilità può essere insegnata ricorrendo ad uno solo o ad una combinazione di prompts verbali. Un'efficace sequenza di prompts verbali consiste ad esempio, nel fornire inizialmente un'istruzione non direttiva (ad esempio "Che cosa bisogna fare adesso") in modo che lo soggetto possa rispondere quanto più autonomamente seguita eventualmente da istruzioni verbali maggiormente direttive (Es. Spalma il burro sulla tartina) che fungeranno da PROMPTS risolutivo, nel caso che il soggetto non riesca a produrre la risposta corretta.Con la procedura di aiuto definita MODELING l'insegnante provvede alla dimostrazione diretta del passo del compito o fornisce un indizio non verbale (es. indicherà con il dito) così da suggerire allo soggetto il passo

207

successivo da compiere. Il MODELING potrà essere eseguito dall'insegnante stesso o da un compagno competente e la dimostrazione potrà accompagnare tutta l'esecuzione oppure verrà utilizzata solo quando il soggetto non riesce ad eseguire un determinato passo.Il PROMPTING fisico o guida manuale diretta, è la tecnica maggiormente "invasiva", tramite la quale lo soggetto viene guidato nell'esecuzione del compito, attraverso un contatto fisico che di solito si cerca però di ridurre all'essenziale.Si dovrà, infatti, ricorrere a PROMPTS fisici solo per i passi più complessi, provvedendo a ridurre questi aiuti gradualmente ma quanto prima possibile ed a sostituirli quindi con prompts meno intensivi e direttivi. Si possono anche modificare i materiali usati per il compito, aggiungendo qualche stimolo che fornisca dei PROMPTS che facilitino il soggetto nell'esecuzione del compito stesso. Ad esempio si potrà applicare sul miscelatore dell'acqua calda e fredda della doccia un indizio visivo, in modo che il soggetto riesca più facilmente a ruotarlo al punto esatto ottenendo la temperatura ideale dell'acqua.Schlesen, Kiernan, Ash e Wehman hanno utilizzato infatti degli indizi percettivi colorati per aiutare alcuni soggetti diversabili grave e gravissimo ad identificare la giusta posizione delle manopole dei fornelli della cucina o a regolare la temperatura del forno.Molto spesso vengono usati in combinazione PROMPTS diversi, dal meno intenso al più "invasivo". Il PROMPTING più lieve è quello che permette al soggetto di eseguire il passo del compito quanto più autonomamente possibile.L'utilizzo di tali aiuti prevede la somministrazione di PROMPTS con un crescendo d'intensità.Indipendentemente dal tipo o dalla sequenza di PROMPTS utilizzata, il fine ultimo dell'attività didattica rimane sempre quello di aiutare il soggetto a conseguire il massimo livello di autonomia nell'esecuzione del compito; la necessità di ricorrere ad un metodo di eliminazione graduale dell'intervento dell'insegnante durante l'esecuzione del compito.

Abilità sociali ed interpersonaliUna caratteristica molto frequente degli alunni diversabili di livello medio grave è il comportamento sociale problematico. Alcuni alunni possono manifestare degli eccessi di comportamento quali un prolungarsi di atti stereotipati non funzionali (quali l'oscillare ritmicamente il corpo), oppure il gridare violentemente ed in modo strano, l'abbracciare degli sconosciuti

208

per la strada ecc. D'altro lato il comportamento sociale può essere deficitario, cioè non adeguatamente sviluppato e produrre così una sorta di "chiusura sociale", l'essere ad esempio non partecipi ai saluti o non mostrare consapevolezza della presenza di altre persone nell'ambiente. Un comportamento sociale inadeguato spesso può essere modificato anche indirettamente migliorando la qualità del curricolo e delle procedure educative.Molto spesso tuttavia, gli insegnanti devono occuparsi di questi problemi comportamentali direttamente o in maniera intensiva. Un deficit grave nel comportamento sociale cooperativo può rendere molto difficile per le persone non diversabili della Comunità o nel posto di lavoro, l'accettazione di diversabili con tali caratteristiche. Le difficoltà nell'espressione sociale possono rappresentare infatti uno dei maggiori ostacoli all'accettazione nella Comunità di persone con diversabilità medio e grave.Secondo Turner, Hersen e Bellack, moltissimi soggetti con deficit intellettivi sono contraddistinti da un repertorio di abilità sociali estremamente limitato e da un'alta frequenza di comportamenti socialmente inaccettabili. Analogamente alcuni studi longitudinali condotti su diversabili mentali adulti, hanno dimostrato che le carenze nelle abilità sociali ed interpersonali ostacolano sia il successo professionale che la buona integrazione sociale.Deficit nelle abilità sociali non sono peraltro limitati unicamente agli diversabili mentali, poiché sono stati riscontrati ad esempio anche in soggetti con disturbi emozionali e con difficoltà specifiche di apprendimento.Uno dei problemi che hanno ostacolato un'analisi approfondita dei comportamenti sociali, è rappresentato dalla difficoltà che si incontra nel definire le componenti della competenza sociale.La mancanza di una definizione precisa ha a sua volta impedito la formulazione di giudizio e di una valutazione adeguati sulle procedure didattiche utilizzate. Questi elementi hanno quindi, nel loro complesso, frenato lo sviluppo di programmi e di tecniche didattiche nel campo delle abilità sociali.Molti ragazzi e adulti con ritardo medio e grave o autistici non sono in grado di usare compiutamente il linguaggio verbale. Inoltre essi possono anche non essere in grado di comunicare usando modalità alternative non verbali come le tavole di comunicazione o i simboli di Bliss. I sistemi che si servono di modalità gestuali possono essere un'alternativa efficace. Tuttavia qualunque sistema o codice usi il programma per lo sviluppo del

209

linguaggio resta il fatto che le abilità di comunicazione sono di norma significativamente ridotte, e ciò contribuisce ulteriormente ai vari problemi a livello scolastico e lavorativo.Nonostante la sempre maggiore specializzazione dei programmi di training riportati in letteratura, non esiste fino ad oggi una definizione veramente esaustiva del concetto di competenza sociale-interpersonale. Di conseguenza, la ricerca ha continuato a seguire direttrici diversificate, il che non ha certo favorito la costituzione di un corpus organico di conoscenze. Inoltre in mancanza di una precisa definizione l'insegnante dispone di ben pochi punti di riferimento su cui basarsi per sviluppare una competenza sociale generale del soggetto diversabile.La competenza sociale si può definire come quei comportamenti verbali e non verbali emessi in un contesto interpersonale e percepiti come socialmente accettabili da parte dei compagni e di altre persone significative per il soggetto.

Obiettivi sociali e interpersonali.Gli obiettivi comportamentali previsti dall'insegnamento delle abilità sociali, vengono definiti molto efficacemente analizzando quelle che sono le aspettative comuni dei diversi contesti di vita quotidiana e al riguardo sono stati messi a punto diverse metodologie. Williams, Hanre, Nietwpski, Pumpian, Mc Daniel-Marx e Wheeler presentano uno di questi procedimenti con il termine di analisi normativa. Essa consiste nell'identificare le abilità sociali utilizzate tipicamente dai soggetti normodotati in un determinato contesto. Tale analisi può includere anche il misurare la frequenza e la durata di specifiche risposte sociali rispetto a determinati contesti relazionali. Osservando, ad esempio, i comportamenti emessi a scuola da adolescenti normali durante una festa da ballo si potranno identificare le normali aspettative sociali richieste in tale contesto. Gli scopi e gli obiettivi definiti attraverso questa osservazione indicheranno le abilità sociali che consentiranno al soggetto l'emissione di comportamenti quanto più normali possibile.Insegnano dal diversabile a comportarsi in maniera socialmente accettabile, egli riuscirà a gestire molto più efficacemente la sua vita di relazione nella Comunità.Brown, Branston ed altri suggeriscono di utilizzare una valutazione analitica di diverse situazioni sociali per identificare le regole che definiscono i comportamenti ritenuti normali. In tal modo i contenuti curricolari deriveranno da una valutazione accurata del soggetto in

210

relazione al proprio ambiente sociale reale. Tale analisi si riferisce ai diversi contesti scolastici familiari, professionali e sociali con i quali il soggetto interagisce o potrà entrare in contatto. Questo approccio consentirà dunque di individuare le specifiche abilità sociali e interpersonali richieste per una interazione quanto più normale possibile nel contesto sociale.Goldfried e D'Zurilla hanno elaborato un modello analitico-comportamentale per stabilire delle priorità tra gli obiettivi nell'ambito della competenza sociale. Le regole principali di questo modello prevedono: 1- analisi situazionale 2- campionatura delle risposte 3- valutazione delle risposte.Si dovrà anzitutto identificare una vasta campionatura delle diverse situazioni sociali e interpersonali.Nel caso di diversabili medio e grave l'auto-osservazione può essere effettuata tramite interviste con la persona stessa o facendo usare procedure di autoregistrazione semplificata. Si potranno ad esempio formulare domande dirette (In quali casi ti senti a disagio parlando con gli altri? ) e registrare su nastro le varie esperienze positive e negative vissute giorno per giorno. Anche se l'accuratezza delle informazioni ottenute con le tecniche di auto-osservazione potrà risultare non del tutto ottimale, non si deve peraltro sottovalutare l'utilità potenziale dei dati così ricavati. Quando si applicano le tecniche di auto-osservazione, esse dovranno essere sempre integrate dall'osservazione comportamentale diretta.Uno di tali metodi osservativi consiste nel registrare regolarmente e volta per volta la frequenza con la quale si verificano determinate situazioni.(ad es. quanto volte il soggetto porge o riceve i saluti). Queste rilevazioni vanno condotte in contesti quanto più possibile diversificati (ad es. casa, scuola, lavoro ecc.). Si dovranno infine prevedere interviste o questionari rivolti alle persone significative per il soggetto. Nel caso dei diversabili medio e grave queste persone potranno essere compagni, i genitori, gli insegnanti, i fratelli.Come proposto da Goldfried e D'Zurilla, una volta che si saranno individuate le situazioni sociali più problematiche o più frequenti, si dovrà procedere alla definizione di un elenco di possibili risposte adattive a dette situazioni.

L'insegnamento delle abilità sociali.

211

Per promuovere lo sviluppo delle abilità sociali nei diversabili medio e grave, sono state elaborate varie strategie didattiche che si possono classificare nelle seguenti categorie generali: 1- Preparazione dell'ambiente2- Istruzione diretta delle risposte 3- Uso delle conseguenze 4- Programmi di insegnamento combinati.1. Preparazione dell'ambiente. La letteratura sperimentale ha analizzato solo marginalmente l'influenza potenziale di un'adeguata predisposizione dell'ambiente sullo sviluppo sociale ed interpersonale dei diversabili medio e grave.La preparazione dell'ambiente costituisce un fattore influente per la conseguente emissione di comportamenti sociali adeguati o inaccettabili.Se consideriamo l'importanza generalmente riconosciuta al contesto sociale in relazione al tipo di comportamento interpersonale espresso, è sorprendente che lo studio di tali elementi sia stato sino ad oggi così trascurato. Le variabili ambientali che possono influire sul comportamento sociale sono principalmente: l'integrazione con soggetti normodotati, l'ambiente fisico circostante, il materiale didattico e la programmazione delle attività.2. Istruzione diretta sulle risposte. Sebbene una buona preparazione delle condizioni ambientali possa favorire l'emissione di comportamenti sociali più adeguati, i diversabili medio e grave richiedono spesso un intervento più diretto. La TALK ANALYSIS, le informazioni fornite dall'insegnante e il concatenamento delle risposte sono strategie didattiche rilevatesi alquanto efficaci nell'insegnamento di molte abilità fondamentali per tali soggetti. L'applicazione di tali tecniche, anche nell'ambito sociale ed interpersonale, ha prodotto un conseguente miglioramento significativo delle loro abilità.3. Eventi rinforzanti come conseguenze al comportamento. La ripetizione di uno specifico comportamento sociale, successivamente alla sua prima emissione, dipende dalla presenza o meno di eventi di rinforzo, che dovrebbero se possibile accadere naturalmente a seguito della produzione di un comportamento socialmente valido. Tale risposta in rinforzo ad una richiesta renderà più probabile l'emissione di un comportamento simile in situazioni analoghe nel futuro.4. Programmi di insegnamento combinati. Considerati i gravi problemi di apprendimento rilevati in molti diversabili medio e grave risulta in genere necessario associare le tecniche di preparazione dell'ambiente di istruzione

212

diretta sulle risposte e l'uso sistematico di eventi di rinforzo. È possibile elaborare vari "pacchetti" didattici.Queste combinazioni aumentano la probabilità che il diversabile possa sviluppare un più efficace repertorio di abilità sociali ed interpersonali.- L'istruzione verbale. Questa componente prevede che l'insegnante comunichi verbalmente al soggetto che egli dovrà emettere un determinato comportamento al momento opportuno.- Il Modeling. Molto spesso l'istruzione verbale è accompagnata dal MODELING affinché il soggetto assieme alle informazioni riceva anche una dimostrazione pratica dell'abilità richiesta.- La situazione di ruolo. Essa è una procedura consistente nel "far pratica" delle risposte positive a determinate situazioni sociali, sotto la guida dell'insegnante.- Il Feedback. L'istruzione verbale, il modeling e la simulazione di ruolo risultano più efficaci se, dopo la prestazione si provvederà a fornire al ragazzo il relativo feed-back. Il feed-back sulla risposta viene di solito dato verbalmente ma si sono ottenuti buoni risultati anche con l'osservazione delle risposte videoregistrate. Il fedd-back sulla risposta può essere di natura molto diversa. In taluni casi potrà trattarsi di un feed-back correttivo mentre in altre circostanze esso potrà essere compreso nella consegna di rinforzi a seguito della produzione positiva di un determinato comportamento. Nel feed-back correttivo vengono formulate affermazioni del tipo "Mi piace se mi guardi negli occhi quando ti presenti. La prossima volta ricordati di farlo". Il feed-back di rinforzo consiste invece in espressioni di lode che vengono formulate quando ad esempio il soggetto ha chiesto un favore in maniera adeguata.

6.10. Il concetto "dell'appropriatezza all'età" nelle attività ricreative.

Coerentemente con la teoria della normalizzazione e dell'integrazione nella Comunità è necessario identificare delle abilità di gestione del tempo libero che siano adatte all'età del soggetto. Si valuterà innanzitutto il grado di abilità motoria dello soggetto e poi, su questa base si sceglieranno le attività tra quelle normali per la sua età. Così ad esempio, invece di insegnare ad un adolescente con un diversabilità gravissimo a trascinare un animaletto di plastica sulla tavola, gli si farà imparare a tirare una leva di un biliardino o di un distributore automatico.Per lo stesso motivo Wehman e coll. (1980) hanno insegnato ad una donna gravemente diversabilitàpata ad usare una macchina fotografica

213

automatica, precedentemente modificata, anziché farle semplicemente infilare dei chiodini colorati nella loro tavola supporto.Non si può pretendere che soggetti con gravi deficit di comportamento e apprendimento assimilino velocemente e spontaneamente le attività ricreative; è necessario in effetti un vero e proprio training delle abilità.Sono state impiegate diverse tecniche di insegnamento con gli diversabili medi e gravi. Ad esempio per insegnare ai bambini con gravi diversabilità a manifestare un comportamento di tipo cooperativo durante il gioco, sono state utilizzate strategie particolari di rinforzo.Per portare a termine con successo i programmi di attività ricreative, esistono altre forme di training che si basano su un'adeguata strutturazione degli eventi-stimolo antecedenti. Secondo alcuni autori, per esempio, i due strumenti più importanti con i quali l'insegnante aiuta lo soggetto durante le prime fasi del processo educativo, sono il MODELING e la guida fisica.Un altro buon sistema consiste nello scomporre l'abilità di gestione nel tempo libero attraverso la TASK ANALYSIS. A mano a mano che lo soggetto diventa più competente ed impara a godere del proprio tempo libero si può ridurre l'intensità degli aiuti (PROMPTS) fino a trasformarli in semplici istruzioni verbali. Ed infine la presenza di materiale ludico o ricreativo può fungere essa stessa da stimolo per il soggetto ad intraprendere un'azione costruttiva: è stato dimostrato, infatti che gli diversabili gravi sono spesso attratti ad iniziare delle attività ricreative dalla semplice osservazione di vari materiali di questo tipo.In qualche caso, potrà essere necessario l'utilizzo di materiale speciale. Hill ha dimostrato, ad esempio, che l'impiego di un monitor per la visione di cartoni animati, appositamente studiato per richiedere il minimo sforzo motorio per essere attivato, può migliorare sia i movimenti intenzionali del braccio che il controllo del capo e produce anche un miglioramento generale del bambino dal punto di vista affettivo.Per insegnare delle attività ricreative adatte al soggetto si deve innanzitutto valutare la Comunità e l'ambiente familiare in cui costei già vive o vivrà in futuro.Di seguito elenchiamo le varie fasi di tale valutazione.1. Analisi preliminare. Lo scopo di questa prima fase è quella di far conoscere meglio l'alunno all'insegnante ed agli educatori e di facilitare così la stesura di quella che si potrebbe definire una valutazione della Comunità.

214

2. Inventario delle abilità di gestione del tempo libero in famiglia e nella Comunità. Attraverso una serie di domande l'insegnante dovrebbe riuscire a stendere un inventario delle varie attività di svago e di gioco svolte in famiglia.Sulla base poi delle risposte ottenute si sceglieranno le abilità più rilevanti ai fini della valutazione delle capacità del soggetto.3. Identificazione di una gamma ristretta di attività ricreative sulle quali valutare il livello di capacità dello soggetto. Dall'inventario svolto a casa e nella Comunità è possibile enucleare un gruppo di attività ricreative alle quali corrispondono altrettante sequenze di abilità che l'insegnante e di genitori decidono di valutare sistematicamente prima di passare alla fase di insegnamento vero e proprio.4. La valutazione diretta dello soggetto. L'obiettivo principale della valutazione diretta dello soggetto sta nell'esaminare i suoi comportamenti e definire così il livello di abilità da lui raggiunto nell'esecuzione delle attività ricreative precedentemente scelte. 5. La scelta degli obiettivi prioritari. Questa fase del processo di valutazione comporta l'identificazione di una serie di criteri sulla cui base vengono poi scelti gli obiettivi prioritari di insegnamento delle abilità per la gestione del tempo libero. Ricorderemo ad esempio, il fattore dell'appropriatezza all'età cronologica e quello della preferenza espressa dallo stesso soggetto per l'una o l'altra attività: due criteri questi di fondamentale importanza nella scelta degli obiettivi di apprendimento.Il grado di accettazione sociale dimostrato nei confronti delil diversabile, è fondamentale nel determinare la sua situazione di adattamento al gruppo. Per favorire la sua partecipazione al programma ciò che interessa quindi, non è tanto la sua bravura nell'eseguire le abilità previste, quanto il livello di accettazione sociale da lui raggiunto.L'importante, nel gioco o nelle attività di svago, è praticare e divertirsi realmente e, tutti, diversabili o non, possono provare piacere in una determinata attività, indipendentemente dal loro deficit di abilità. È importante che il soggetto riduca al minimo i comportamenti strani antisociali o inadeguati. Tali comportamenti generalmente pongono i soggetti normali in una condizione di notevole imbarazzo ed impediscono quindi agli diversabili gravi di prendere parte anch'essi alle attività.Feedback sociale. L'educatore deve instaurare un dialogo con i membri normodotati del gruppo. Per facilitare la partecipazione delil diversabile alle attività svolte in un gruppo sociale più o meno formale, è importante disporre sempre di

215

un Feedback sociale che permetta di stabilire in che misura egli viene accettato dagli altri. Una valutazione continua durante tutta l'attività consente all'insegnante ed dal diversabile stesso di capire cosa prova il resto del gruppo.Tale valutazione potrà avere la forma di una comunicazione verbale o scritta mediante dei formulari da compilare.L'importanza della continuità del lavoro svolto. Una delle caratteristiche principali dell'approccio "educatore = itinerante" dovrebbe essere il carattere continuativo dell'attività comunitaria. Questo dovrebbe in altre parole costituire un fatto normale e continuativo, non occasionale. Per garantire infatti, sia agli diversabili che ai normodotati un'esperienza ed un apprendimento ottimale è necessario proporre loro una data situazione ripetutamente.Compatibilità tra interessi delil diversabile e comunità. Nel programmare le attività ricreative da svolgere nella Comunità bisognerà considerare attentamente anche le particolari preferenze del soggetto diversabile.Bates e Renzaglia (1978) hanno esposto diverse ragioni per cui è importante far combaciare gli interessi del soggetto con una serie di attività ricreative disponibili nella Comunità. Sarà necessario all'inizio una valutazione accurata degli atteggiamenti e delle preferenze delil diversabile.

Abilità di gestione del tempo liberoFin troppo spesso gli diversabili gravi non riescono a sviluppare le abilità necessarie per gestire, in maniera creativa e costruttiva il loro tempo libero. Essi passano alcune ore della giornata a seguire un programma educativo, ma per tutto il resto del tempo non sanno cosa fare.Le ore trascorse nell'inattività invece, non dovrebbero più essere la caratteristica principale del loro modo di vivere; è bene quindi proporre loro delle attività costruttive con cui "riempire questo vuoto".Quando dunque il tempo libero costituisce un problema è molto utile elaborare un programma sistematico di insegnamento e di sviluppo di tali capacità.D'altra parte il reale successo di un curricolo educativo dipende anche dalla capacità dello studente di sfruttare bene il proprio tempo libero e dal suo atteggiamento nei confronti delle attività di svago. Un impiego costruttivo del tempo libero è diventato quindi un elemento di estrema importanza per poter vivere una vita sana e normale, tanto più se si considera quanto più tempo ognuno di noi abbia oggi a disposizione.

216

Senza un approccio di istruzione sistematica, gli alunni diversabili gravi non apprenderanno mai le abilità necessarie per giocare in modo realmente adeguato. E anche qualora dovessero riuscire ad acquisirle, in assenza di un programma educativo sistematico essi potrebbero non essere in grado di mantenerle, di servirsene da soli o di generalizzarle ad altre situazioni ed in altri ambienti. Non solo quindi è importante proporre delle attività che sviluppino le attuali capacità del ragazzo ed evitino l'insorgere di ulteriori deficit ma è bene anche adottare un tipo di istruzione sistematica che lo renda più attivamente partecipe ed impegnato in ogni passatempo o svago. Sarà necessario allora, a questo scopo valutare il livello di competenza iniziale dell'alunno, scegliere con cura il materiale e le abilità da insegnare ed infine adottare delle tecniche o dei metodi specifici di training che facilitino il processo di acquisizione, mantenimento e generalizzazione delle abilità desiderate.Lo sviluppo delle abilità per la gestione del tempo libero nei soggetti diversabili gravi favorisce inoltre l'apprendimento di molte abilità sociali, cognitive, linguistiche, motorie e domestiche. Partecipando infatti ad attività ricreative o impegnandosi in un qualche passatempo, si presentano dal diversabile molte occasioni preziose per acquisire e sviluppare queste abilità.L'acquisizione delle abilità sociali viene notevolmente facilitata dalle attività di gruppo. L'apprendimento di abilità del tempo libero di tipo cooperativo e la partecipazione ad attività sociali daranno modo al bambino di apprendere anche ad andare d'accordo con gli altri, di imparare a cooperare ed a condividere, a rispettare i turni raggiungendo così un buon adattamento all'ambiente sociale, elemento indispensabile per vivere una vita quotidiana serena in famiglia o con amici, sul lavoro o nella Comunità.Ma le attività ricreative sono anche uno strumento con il quale si possono sviluppare le abilità grosse e fini-motorie delil diversabile.Il movimento infatti migliora la coordinazione visivo motoria e potenzia la resistenza cardiovascolare, l'agilità manuale e la potenza muscolare. Poiché lo sviluppo fisico è garanzia di salute e fiducia in se stessi è importantissimo dare ai ragazzi con gravi diversabilità la possibilità di giocare e di potenziare così il loro fisico.Nella letteratura degli ultimi 10 anni sono sempre più presenti gli studi sulle abilità di gestione del tempo libero.Ma con una rapida scorsa alle riviste di psicologia di attività ricreative o di educazione fisica ci si rende conto che sono pochi i programmi di

217

insegnamento sistematico di abilità di tempo libero, appropriate all'età, per diversabili gravi giovani ed adulti.Un buon programma di attività ricreative dovrebbe essere strutturato con le seguenti caratteristiche.1 - essere fondato sul principio della "normalizzazione" e sul concetto di "appropriatezza all'età cronologica".2 - Favorire l'integrazione dei soggetti diversabili con quelli normodotati nelle attività di svago e di gioco.3 - Offrire ad ogni diversabile la possibilità di partecipare in qualche modo alle attività ricreative, anche modificando, se occorre, il materiale o l'abilità stessa;4 - Seguire un approccio comportamentale nell'istruzione e nelle verifiche.5 - Eseguire l'analisi del compito (TASK ANALYSIS) ed impostare l'istruzione verso obiettivi ben definiti.6 - Raccogliere e valutare dati obiettivi per valutare i programmi di ricreazione e di svago.7 - Impartire l'insegnamento in un ambiente naturale della Comunità, con la possibilità di ricorrere ad un educatore "itinerante".8 - Insegnare delle abilità che permettono dal diversabile di accedere e di servirsi da solo delle infrastrutture ricreative appartenenti alla Comunità.Il principio della "normalizzazione" suggerisce alcuni criteri fondamentali nella fase di progettazione di un programma di attività ricreative. Il criterio di "appropriatezza all'età cronologica" ad esempio, quale regola per la scelta delle abilità deriva proprio dal principio della normalizzazione. Secondo i più recenti studi è importante che gli diversabili gravi possano partecipare alle stesse attività ricreative consentite ai loro coetanei normodotati.L'applicazione del principio di normalizzazione comporta una varietà di interventi volti a ridurre la "diversità" dei diversabili, quanto a aspetto esteriore ed abilità, ma nello stesso tempo intende far accettare con maggiore facilità alla gente comune questo "essere diversi". Una delle grandi responsabilità che incombono agli educatori che si occupano di attività ricreative è quella di impiegare nei confronti dei loro studenti tecniche "culturalmente accettate" ossia delle procedure che migliorarono l'atteggiamento della gente comune nei confronti delil diversabile.Ad esempio, alcune tecniche recentemente descritte da Wehman e Schleien (1980) hanno permesso dopo un adattamento dell'attività ricreativa, del materiale didattico, della sequenza delle abilità e delle

218

infrastrutture esistenti di insegnare ad diversabili gravi in età adulta a partecipare ad attività ricreative "normali" come il bowling e la fotografia. Interventi di questo tipo hanno il merito di sviluppare nelil diversabile di abilità di gestione del tempo libero che potranno poi essere generalizzate ad altri ambienti sociali e di dimostrare al tempo stesso alla gente "normale" che costui è in grado di partecipare ad attività di svago "normali" ottenendo risultati soddisfacenti.Dato che l'obiettivo al nostro lavoro è l'integrazione dei diversabili con i normodotati le attività educative o puramente ricreative (come una lezione di equitazione, un torneo o una gara) alle quali partecipino soltanto diversabili non perseguono lo scopo ultimo che è appunto quello di creare degli ambienti ricreativi normali. Non è di alcuna utilità, quindi se non esclusivamente amministrativa, il raggruppare i soggetti ritardati in base ai loro deficit di abilità. Le tecniche e le procedure descritte più avanti possono, in molti casi, essere utilizzate direttamente con gli diversabili nei luoghi di ricreazione e di svago della stessa Comunità. L'insegnamento della abilità di gestione del tempo libero cioè, potrebbe svolgersi negli ambienti che sono tipici di una data Comunità. Al concetto di attività ricreative è strettamente legato quello della motivazione che spinge lo studente a parteciparvi e le tecniche di insegnamento presentate in questo lavoro cercano appunto di facilitare lo sviluppo di una motivazione intrinseca all'apprendimento delle abilità di gestione del tempo libero, assicurando allo studente diversabile gradualmente, ma fin dai primi tentativi, il raggiungimento di risultati soddisfacenti.Il coinvolgimento dei diversabilitàppati nella Comunità è più facile con un approccio di tipo cooperativo dei membri della famiglia, gli educatori, gli insegnanti, i volontari e gli operatori dei servizi ricreativi e sociali della Comunità.Ciascuno ha un ruolo molto importante nel contribuire a sviluppare nel migliore dei modi l'utilizzo del tempo libero da parte delil diversabile.L'approccio prevede la partecipazione e l'impegno di tutti coloro che sono coinvolti, anche se a diverso titolo, in questo processo educativo. Benché alcune procedure di valutazione ed alcune tecniche di insegnamento siano per lo più utilizzate in un ambiente ricreativo/educativo di tipo formale, i genitori, i compagni e tutti gli altri potrebbero sicuramente incoraggiare, rinforzare ed estendere questo processo di apprendimento anche a casa e nella Comunità in genere.

219

Un'altra caratteristica principale di un programma ricreativo per soggetti diversabili è quella della massima partecipazione possibile.Brown e coll. (1979) hanno introdotto il principio della "partecipazione parziale" che implica, in altri termini, la necessità di modificare o adottare i materiali o le attività per permettere al soggetto in un modo o nell'altro, di avere un qualche livello di partecipazione. Uno dei principali inconvenienti delle attività ricreative per soggetti con diversabilità gravi è spesso il loro carattere passivo nel senso che esse non richiedono come condizione essenziale la partecipazione attiva dell'individuo.Esempi:Adattamento dei materiali. Il materiale e le attrezzature impegnati nelle attività ricreative costituiscono spesso un ostacolo alla partecipazione in quanto generalmente progettati da e per individui normali. Ciò non toglie però che non li si possa adattare. Supponiamo, ad esempio, di voler far giocare o bowling un soggetto con difficoltà di coordinazione grosso e finemotoria, di equilibrio e senza la forza muscolare necessaria per sollevare e far rotolare la palla lungo la pista. Si potrà allora collocare la palla vicina ad uno scivolo semicilindrico d'acciaio che il giocatore dovrà puntare contro i birilli prima di lasciar andare la palla. Potrà essere eventualmente predisposto anche un sistema automatico di spinta per far rotolare la palla lungo la pista, con l'aiuto di una specie di leva. Tale sistema sarà regolabile in modo che tutti possono giocare, individui alti o bassi in grado di stare in piedi o seduti.Adattamento delle regole. Molti giochi o attività ricreative prevedono un alto numero di regole.Ma se il diversabile a causa di un deficit fisico fa fatica a rispettare una determinata regola, rischia di trasformarsi da potenziale partecipante in semplice spettatore di gioco. È necessario allora fin dall'inizio modificare o semplificare le regole e solamente più tardi sarà possibile renderle progressivamente più difficili e più simili a quelle prescritte per i compagni normodotati. Le difficoltà iniziali del gioco non devono essere insormontabili e possono essere superate cambiando le regole originali.Il gioco della pallacanestro, per esempio richiede che il giocatore sappia far rimbalzare il pallone oppure che faccia un dribbling con la palla ad ogni passo.Tuttavia perché un soggetto con una scarsa coordinazione oculo-manuale-podale possa divenire membro attivo di una squadra gli si potrà concedere di far un dribbling con più passi anziché con uno solo. In tal modo egli potrà migliorare anche la propria coordinazione.

220

Adattamento della sequenza di abilità. Uno dei sistemi più efficaci per insegnare ad un diversabile grave un'attività ricreativa consiste nello scomporla nei diversi passi che la costituiscono.A tal fine sarà necessaria un'analisi del compito (TASK ANALYSIS) ed una successiva classificazione in ordine logico dei singoli micro-obiettivi da perseguire. Tuttavia, non di rado una sequenza di passi che risulta "fattibile" per un soggetto normale può risultare troppo difficile o persino impossibile per un diversabile grave. Un hobby come quello di cucinare può fornire una chiara illustrazione del problema. Per preparare un uovo sodo, il normodotato generalmente pone l'uovo in un pentolino d'acqua bollente. Quest'operazione evidentemente potrebbe essere molto pericolosa per il soggetto che ha delle gravi limitazioni fisiche o intellettive. Un possibile rimedio consisterà allora nel reimpostare la sequenza di passi da eseguire insegnando al "cuoco" prima o porre l'uovo nel pentolino e poi a versarvi sopra dell'acqua fredda. Il passo successivo sarà quello di far bollire l'acqua. In questo caso non si cambierà il risultato finale ma allo stesso tempo si offrirà dal diversabile un metodo pratico e sicuro per svolgere un'attività utile e nel contempo piacevole.

6.11. Attività ricreative appropriate all’età

Coerentemente con la teoria della normalizzazione e dell'integrazione nella Comunità è necessario identificare delle abilità di gestione del tempo libero che siano adatte all'età del soggetto. Si valuterà innanzitutto il grado di abilità motoria dello studente e poi, su questa base si sceglieranno le attività tra quelle normali per la sua età. Così ad esempio, invece di insegnare ad un adolescente con un diversabilità gravissimo a trascinare un animaletto di plastica sulla tavola, gli si farà imparare a tirare una leva di un biliardino o di un distributore automatico.Per lo stesso motivo Wehman e coll. (1980) hanno insegnato ad una donna gravemente diversabilitàpata ad usare una macchina fotografica automatica, precedentemente modificata, anziché farle semplicemente infilare dei chiodini colorati nella loro tavola supporto.Non si può pretendere che soggetti con gravi deficit di comportamento e apprendimento assimilino velocemente e spontaneamente le attività ricreative; è necessario n effetti un vero e proprio training delle abilità.Sono state impiegate diverse tecniche di insegnamento con gli diversabili medi e gravi. Ad esempio per insegnare ai bambini con gravi diversabilità

221

a manifestare un comportamento di tipo cooperativo durante il gioco sono state utilizzate strategie particolari di rinforzamento.Per portare a termine con successo i programmi di attività ricreative esistono altre forme di training che si basano su un'adeguata strutturazione degli eventi-stimolo antecedenti. Secondo alcuni autori per esempio, i due strumenti più importanti con i quali l'insegnante aiuta lo studente durante le prime fasi del processo educativo sono il MODELING e la guida fisica.Un altro buon sistema consiste nello scomporre l'abilità di gestione nel tempo libero attraverso la TASK ANALYSIS. A mano a mano che lo studente diventa più competente ed impara a godere del proprio tempo libero si può ridurre l'intensità degli aiuti (PROMPTS) fino a trasformarli in semplici istruzioni verbali. Ed infine la presenza di materiale ludico o ricreativo può fungere essa stessa da stimolo per il soggetto ad intraprendere un'azione costruttiva: è stato dimostrato, infatti che gli diversabili gravi sono spesso attratti ad iniziare delle attività ricreative dalla semplice osservazione di vari materiali di questo tipo.In qualche caso, potrà essere necessario l'utilizzo di materiale speciale. Hill ha dimostrato ad esempio, che l'impiego di un monitor per la visione di cartoni animati, appositamente studiato per richiedere il minimo sforzo motorio per essere attivato, può migliorare sia i movimenti intenzionali del braccio che il controllo del capo e produce anche un miglioramento generale del bambino dal punto di vista affettivo.Per insegnare delle attività ricreative adatte al soggetto si deve innanzitutto valutare la Comunità e l'ambiente familiare in cui costei già vive o vivrà in futuro.Di seguito elencherò le varie fasi di tale valutazione.1. Analisi preliminare. Lo scopo di questa prima fase è quella di far conoscere meglio l'alunno all'insegnante ed agli educatori e di facilitare così la stesura di quella che si potrebbe definire una valutazione della Comunità.2. Inventario delle abilità di gestione del tempo libero n famiglia e nella Comunità. Attraverso una serie di domande l'insegnante dovrebbe riuscire a stendere un inventario delle varie attività di svago e di gioco svolte in famiglia.Sulla base poi delle risposte ottenute si sceglieranno le abilità più rilevanti ai fini della valutazione delle capacità del soggetto.3. Identificazione di una gamma ristretta di attività ricreative sulle quali valutare il livello di capacità dello studente. Dall'inventario svolto a casa e nella Comunità è possibile enucleare un gruppo di attività ricreative alle

222

quali corrispondono altrettante sequenze di abilità che l'insegnante e di genitori decidono di valutare sistematicamente prima di passare alla fase di insegnamento vero e proprio.4. La valutazione diretta dello studente. L'obiettivo principale della valutazione diretta dello studente sta nell'esaminare i suoi comportamenti e definire così il livello di abilità da lui raggiunto nell'esecuzione delle attività ricreative precedentemente scelte. 5. La scelta degli obiettivi prioritari. Questa fase del processo di valutazione comporta l'identificazione di una serie di criteri sulla cui base vengono poi scelti gli obiettivi prioritari di insegnamento delle abilità per la gestione del tempo libero. Ricorderemo ad esempio, il fattore dell'appropriatezza all'età cronologica e quello della preferenza espressa dallo stesso studente per l'una o l'altra attività: due criteri questi di fondamentale importanza nella scelta degli obiettivi di apprendimento.Il grado di accettazione sociale dimostrato nei confronti delil diversabile è fondamentale nel determinare la sua situazione di adattamento al gruppo. Per favorire la sua partecipazione al programma ciò che interessa quindi non è tanto la sua bravura nell'eseguire le abilità previste quanto il livello di accettazione sociale da lui raggiunto.L'importante, nel gioco o nelle attività di svago è praticare e divertirsi realmente e, tutti, diversabili o non, possono provare piacere in una determinata attività, indipendentemente dal loro deficit di abilità. È importante che lo studente riduca al minimo i comportamenti strani antisociali o inadeguati. Tali comportamenti generalmente pongono i soggetti normali in una condizione di notevole imbarazzo ed impediscono quindi agli diversabili gravi di prendere parte anch'essi alle attività.Feedback sociale. L'educatore deve instaurare un dialogo con i membri normodotati del gruppo. Per facilitare la partecipazione delil diversabile alle attività svolte in un gruppo sociale più o meno formale è importante disporre sempre di un Feedback sociale che permetta di stabilire in che misura egli viene accettato dagli altri. Una valutazione continua durante tutta l'attività consente all'insegnante ed dal diversabile stesso di capire cosa prova il resto del gruppo.Tale valutazione potrà avere la forma di una comunicazione verbale o scritta mediante dei formulari da compilare.L'importanza della continuità del lavoro svolto. Una delle caratteristiche principali dell'approccio "educatore = itinerante" dovrebbe essere il carattere continuativo dell'attività comunitaria. Questo dovrebbe in altre parole costituire un fatto normale e continuativo, non occasionale. Per

223

garantire infatti, sia agli diversabili che ai normodotati un'esperienza ed un apprendimento ottimale è necessario proporre loro una data situazione ripetutamente.Compatibilità tra interessi delil diversabile e comunità. Nel programmare le attività ricreative da svolgere nella Comunità bisognerà considerare attentamente anche le particolari preferenze del soggetto diversabile.Bates e Renzaglia (1978) hanno esposto diverse ragioni per cui è importante far combaciare gli interessi del soggetto con una serie di attività ricreative disponibili nella Comunità. Sarà necessario all'inizio una valutazione accurata degli atteggiamenti e delle preferenze delil diversabile.

6.12. Abilità prelavorative e lavorative

Benché vi sia un aumento nella quantità di ricerche che suggeriscono il contrario, le persone con diversabilità medio e grave generalmente non vengono considerate come aventi una competenza professionale valutata positivamente sul mercato del lavoro. Si è osservato negli Stati Uniti che da 80.000 a 100.000 adulti con diversabilità di livello medio partecipano a programmi educativi diurni che sono tipicamente "non professionali".La scarsità di programmi di istruzione professionale di provata efficacia e di esperienze significative e durevoli di inserimento lavorativo per persone con ritardo medio-grave ha portato al pregiudizio comune della loro carenza di potenziale lavorativo. Le due opzioni fondamentali di sbocco professionale per il diversabile e cioè il lavoro "protetto" e l'inserimento completo in un ambiente di lavoro reale, devono essere considerate come i poli esterni di un succedersi di varie possibilità, da quella più limitata a quella meno restrittiva, successione che peraltro dovrebbe essere aperta ad ogni diversabile nei limiti delle sue possibilità reali. Negli Stati Uniti i centri di lavoro protetto forniscono diversi servizi: occupazione temporanea, occupazione permanente e corsi di formazione su varie attività lavorative.- Occupazione temporanea. In questo caso il lavoratore viene inserito in un contesto protettivo su una base temporanea, in vista di una successiva occupazione nel mondo del lavoro competitivo.- Occupazione permanente. Molti diversabili gravi al momento dell'inserimento nel laboratorio protetto, ottengono generalmente uno status occupazionale permanente. Tale lavoro protetto consente agli diversabili ritenuti incapaci di operare in un mercato concorrenziale, di

224

svolgere un'attività remunerata. Si tratta in genere di soggetti che, pura lavorando intensamente non sono in grado di seguire dei ritmi sostenuti. Essi richiedono un'assistenza limitata da parte del personale ma non sono in grado di essere lavoratori temporanei in vista di un inserimento in un contesto professionale competitivo.Gli insegnanti non debbono certo ritenere che il semplice inserimento dello soggetto diversabile in un centro di lavoro protetto garantisca automaticamente un buon apprendimento professionale.Prima di poter inserire uno soggetto diversabile grave in un centro di lavoro protetto, gli insegnanti dovranno conoscere le diverse opzioni offerte in tal senso dal territorio.Al fine di stabilire un collegamento tra programmi pre-professionali e di formazione professionale ed i vari contesti di lavoro protetto, i responsabili della formazione debbono procedere ad un'attenta valutazione della Comunità in cui vive il soggetto onde poter individuare i vari contesti lavorativi per un possibile inserimento.I metodi tradizionali per la valutazione delle abilità professionali mirano a prevedere principalmente le probabilità di successo sul lavoro dei soggetti sottoposti a tale analisi. In linea generale tali previsioni si basano su tecniche di valutazione quali:1 - La valutazione clinica del potenziale lavoratore.2 - Prove pratiche su campioni di lavoro da laboratorio.3 - Prove pratiche preliminari.Sebbene alcune abilità correlate al lavoro (ad es. abilità verbali, sociali, uso dei mezzi pubblici) possono essere determinati per l'inserimento lavorativo, cercheremo i presupposti fondamentali all'insegnamento di specifiche abilità professionali.Le due componenti basilari al riguardo sono:1. Il training per l'acquisizione delle abilità.2. L'incremento del ritmo di produzione nel lavoro per una corretta esecuzione di tutti i comportamenti componenti un compito lavorativo. Tale acquisizione delle abilità professionali può essere ostacolata da deficit di discriminazione o di diversabilità sensoriali. In tali casi sarà quindi necessario ricorrere a specifiche tecniche didattiche volte a favorire il processo di apprendimento.Il ritmo di produzione, che si riferisce alla velocità con la quale viene svolto il lavoro, diverrà un elemento centrale solo quando sarà stata raggiunta la piena padronanza del compito. Un ritmo di produzione ridotto

225

potrà essere imputabile a vari fattori quali ad esempio una motricità non ben sviluppata.Le strategie didattiche volte ad agevolare l'acquisizione di specifici compiti lavorativi ed il raggiungimento di adeguati ritmi di lavoro comprendono variabili esterne antecedenti al compito stesso, variabili specifiche del compito ed eventi conseguenti alla prestazione.Le variabili del compito.La TASK ANALYSIS è un elemento essenziale nella didattica delle abilità professionali. La sua applicazione ha infatti consentito di raggiungere ottimi risultati per quanto riguarda la valutazione dei livelli di abilità individuali in un determinato compito; essa si è dimostrata inoltre valida per l'insegnamento dei comportamenti previsti dal compito, per l'individuazione dei passi esecutivi potenzialmente più complessi e per la valutazione dei progressi del soggetto Gold ritiene infatti che qualora una determinata abilità professionale non possa essere sottoposta a TASK ANALYSIS e cioè scomposta nei suoi diversi elementi costitutivi, il tempo ed i costi investiti nel suo insegnamento saranno probabilmente vanificati. Tutti gli esercizi andrebbero condotti per quanto possibile nel reale ambiente di lavoro, il che tuttavia è sovente ostacolato da problemi di spazio, di personale e da vincoli di ordine logistico presenti in molti ambienti di lavoro protetto.

Metodologie del training.Prima di definire un programma sistematico d'insegnamento su di un compito professionale specifico, l'insegnante dovrà optare tra le seguenti metodologie:1. Istruzione simultanea su tutti i passi del compito: comporta l'esecuzione del compito stessi dall'inizio alla fine applicando tecniche di prompting ove necessario.2. Concatenamento retrogrado dei passi del compito: si conduce il training solo sul primo passo del compito sino al raggiungimento del criterio di padronanza, dopodiché l'istruzione proseguirà insegnando il primo passo del compito assieme al secondo. Ciascuna combinazione di passi verrà insegnata sino al criterio di padronanza prima di aggiungere un ulteriore passo alla sequenza. Tale metodo viene applicato sino a quando il soggetto non sarà in grado di eseguire tutto il compito senza bisogno di aiuto.3. Concatenamento retrogrado dei passi del compito. Con questo metodo si prevede invece l'insegnamento dapprima solo dell'ultimo passo del

226

compito sino al criterio di padronanza, per aggiungere quelli precedenti ma mano che saranno stati acquisiti la padronanza su quelli insegnati.Per poter applicare la procedura del concatenamento retrogrado il compito andrà inizialmente completato dall'insegnante fino al passo finale, eseguendo il compito sino all'ultimo passo prima di presentarlo allo soggetto o guidando quest'ultimo su tutti i passi del compito fino all'ultimo che sarà quindi oggetto di istruzione.6.13. Modalità nella comunità

Essere in grado di muoversi da soli nell'ambito della scuola, del quartiere o della casa è un'abilità fondamentale per essere realmente indipendenti. È necessario cioè avere sia la capacità fisica di deambulazione, che le capacità cognitive e di memoria per seguire le indicazioni e le istruzioni. Sfortunatamente la maggior parte delle persone con diversabilità medio e grave non hanno sufficiente mobilità indipendente perché mancano di entrambe le abilità sopra elencate. Gli educatori frequentemente "mantengono" questi loro deficit organizzando l'insegnamento solo nell'ambito della classe e non permettono sufficienti esercitazioni pratiche nell'ambiente naturale della Comunità.Tobias e Cortazzo affermano che quando gli diversabili si trovano a dover dipendere dall'assistenza degli adulti per portarsi oltre i confini dell'ambiente domestico, la gamma delle attività ad essi accessibile viene ad essere notevolmente ridotta e di norma si instaura una condizione di isolamento.Molti ostacoli di tipo fisico limitano le possibilità di accesso e conseguentemente impongono delle restrizioni ad una piena partecipazione dell'individuo diversabile ad una vita sociale. Tali ostacoli possono essere rappresentati ad esempio da mezzi di trasporto inaccessibili, dalla mancanza di aree di parcheggio adeguate, dai bordi del marciapiede.Anche barriere di natura psicologica possono limitare considerevolmente il potenziale apprendimento delle abilità di motilità. Molti di questi ostacoli sono imputabili ad una condizione di iperprotezione e ad una riduzione di aspettative.I genitori e gli operatori hanno anch'essi contribuito all'acuirsi del problema. Solo recentemente la comunità scientifica ha evidenziato nella giusta misura l'importanza che rivestono sia una vita autonoma che l'insegnamento delle abilità richiesta per raggiungerla.

227

L'eliminazione di ostacoli fisici e psicologici ha offerto a molti soggetti più ampie possibilità di movimento in un ambiente sociale. Per essere sfruttate appieno dall'individuo, tali opportunità devono però essere accompagnate dalla padronanza di varie abilità di mobilità.I vari tipi di mobilità saranno rappresentati da deambulazione senza aiuto, con aiuto, utilizzo indipendente del mezzo di trasporto, utilizzo dipendente del mezzo di trasporto, uso dei mezzi pubblici. I bisogni di apprendimento delle varie abilità di mobilità individuali dipendono dai vari contesti entro e tra i quali il soggetto deve muoversi. Il primo passo nell'elaborazione di programmi didattici sulla mobilità consiste naturalmente nel compilare un elenco dettagliato dei contesti sociali in cui si aspetta che il soggetto agisca. Si potrà ad esempio procedere ad un'analisi sulle diverse necessità di mobilità legate agli spostamenti richiesti da un contesto scolastico, professionale, domestico, ricreativo, ecc. Una volta individuati gli obiettivi della mobilità, essi devono essere sottoposti alla TALK ANALYSIS52.

6.14. Interventi comportamentali

La metodica di intervento comportamentale è stata elaborata dal Prof. Kozloff nei primi anni '80. È opportuno operare elaborando ed attuando strategie che permettono di intervenire su problemi di ordine cognitivo, motivazionale, emozionale e sociale.Le ragioni per le quali tale impostazione è una scelta ovvia e scontata per lo psicologo comportamentale sono di 2 tipi:1. Esiste una stretta interdipendenza tra ognuna di queste tre classi di fenomeni. Per esempio un allievo che incontri sistematiche frustrazioni per quanto riguarda il suo rendimento scolastico, tenderà a presentare delle difficoltà più o meno estese ed approfondite in ognuna delle altre due aree. Analogamente il bambino ansioso tenderà ad avere problemi nell'area cognitiva ed in quella sociale e così via.2. L'insieme di questi fenomeni è governato, per lo meno in parte da una stessa classe di principi e di leggi, quella cioè dell'apprendimento.52 Si propongono 2 esempi di aiuti riguardanti il salire le scale e il viaggiare in auto.SALIRE LE SCALE : Portarsi all'inizio della rampa, poggiare la mano sul corrimano, sollevare la gamba destra sopra il 1° gradino, fare forza sul piede dx ecc.VIAGGIARE IN AUTOMOBILE: Individuare l'automobile, individuare l'apertura della portiera, poggiare il pollice sul pulsante, ecc.È chiaro che ogni tabella va personalizzata in base alle capacità del soggetto.

228

Per esempio, l'approccio basato sull'apprendimento strumentale di Skinner spiega l'emergere di anomalie in ognuno di queste aree. Così, alcune forme di fobia per la scuola, certi tipi di insuccesso scolastico, alcune modalità di rattrappimento interpersonale vengono tutte ricondotte ad una stessa serie di cause, quali per esempio una storia di rinforzi inadeguati, esposizione e numerose situazioni avversive o punitive ecc.È convincimento diffuso in coloro che adottano la modificazione del comportamento, che focalizzare i propri sforzi preventivi e terapeutici soltanto su una di queste tre aree, sia una scelta strategica fortemente limitante e caratterizzata da un elevato tasso di insuccesso.Essa sarebbe inoltre irrispettosa della globalità del problema che non è mai né solo cognitivo, né solo emozionale, né solo sociale ma sempre il risultato di una complessa interazione tra essi.

6.15. Definizione degli obiettivi

L'obiettivo è la prestazione dell'allievo che viene prodotta in un momento futuro. A seconda dei contenuti l'obiettivo può essere definito "cognitivo" o "comportamentale". Col termine "cognitivo" si fa riferimento a comportamenti quali "essere collaborativo", "prestare attenzione" ecc..Le regole a cui ci si deve attenere nella definizione degli obiettivi sono le seguenti:A. Gli obiettivi devono descrivere una prestazione dell'allievo, un dato cioè, visibile e quantificabile.B. La prestazione deve essere descritta in termini precisi e tendenzialmente circoscritti.C. La prestazione da definirsi è ovviamente quella dell'allievo e non quella dell'insegnante. Verrebbero in questo modo ad essere escluse formulazioni del tipo "obiettivo del mio intervento è quello di stimolare la sensibilità dell'allievo nei confronti di ..." ecc.D. Devono essere precisate la consegna e la situazione stimolo che precede la prestazione del.....E. Ogni obiettivo deve essere accompagnato da una serie di prove e dalla prestazione del livello di padronanza richiesto per ritenere acquisito l'obiettivo.Non molto diversa è la formulazione degli obiettivi comportamentali.Anch'essi farebbero riferimento ad una prestazione dell'allievo, che deve essere circoscritta e chiaramente formulata. Si differenzierebbero però dai

229

primi per una probabile, minore precisione per quanto riguarda le prove necessarie per ritenere acquisito l'obiettivo. 8.16. Task analysis

Allo scopo di formulare obiettivi rilevanti, cioè chiaramente finalizzati all'acquisizione di abilità è necessario individuare i compiti che scandiscono le diverse fasi dell'apprendimento e sottoporli ad una specie di vivisezione.Ciò che si vuole ottenere da tale operazione è individuare gli elementi costitutivi del compito e per ognuno di essi precisare i relativi prerequisiti. Effettuata tale radiografia, si confronta il compito con le abilità possedute dall'allievo, pervenendo infine alla decisione di presentare il compito all'allievo, nel caso in cui questi effettivamente possieda le abilità necessarie al suo superamento oppure di rinviarlo ad un momento precedente in caso contrario.La TASK ANALYSIS, proprio per le sue caratteristiche intrinseche, ci pare costituire uno strumento indispensabile per ogni tipo di programmazione in modo particolare quando il destinatario è una persona con "diversabilità".Essa infine permette di graduare i compiti secondo le difficoltà consentendo quindi di definire la successione ed il momento in cui dovrebbero essere presentati.Vediamo ora un esempio di TASK ANALYSIS applicato al seguente obiettivo: "dato un insieme di oggetti mobili l'allievo dovrà contare ognuno di essi muovendo dall'insieme quando viene contato".Al primo livello è indicato l'obiettivo cui l'allievo deve arrivare, al secondo livello le componenti che costituiscono il compito subordinato indicato da tale obiettivo e che sono:a)- muovere il primo degli oggetti inseriti in un insieme e pronunciare il numero "uno".b)- muovere l'oggetto successivo e pronunciare il numero che segue.c)- quando non rimane più alcun oggetto, pronunciare l'ultimo numero.Le componenti a) e b) possono essere attuate a condizione che l'allievo possieda i due requisiti indicati al livello terzo. Deve cioè essere in grado di sincronizzare i seguenti comportamenti: "toccare un oggetto e pronunciare una parola" e "ripetere i numeri secondo il loro ordine di grandezza". Infine entrambi questi requisiti sono a loro volta il risultato di altri comportamenti precedenti. L'obiettivo IV a ad esempio, include

230

l'azione consistente nel toccare un oggetto ogni qualvolta una persona pronuncia la parola ad esso corrispondente e l'obiettivo IV b include l'azione consistente nel pronunciare una parola ogni qualvolta una terza persona tocca un oggetto.

8.17. L’assesment e l’analisi funzionale

Lo psicologo comportamentista nutre forti perplessità nei confronti della cosiddetta osservazione indiretta del comportamento, quella cioè che si fonda su dati verbali, assumendo che essi siano poi utili a prevedere il reale comportamento della persona in situazioni diverse. Esempi di osservazione indiretta sono i questionari, le scale di atteggiamenti ecc.I dati, che in questo modo vengono raccolti, avrebbero valore in quanto dovrebbero consentire di prevedere il comportamento reale del soggetto, quando è inserito all'interno di una determinata situazione.Per esempio avendo constatato la propensione del soggetto X verso un certo orientamento politico, se ne prevede il voto, la partecipazione a certe manifestazioni politiche ecc. Purtroppo però tale tipo di osservazione non riesce a sottrarsi ai seguenti due problemi:1. Desiderabilità sociale: Colui che risponde ad un questionario o ad un qualcosa di simile, tende ad usare le risposte non solo per esprimere il proprio punto di vista ma anche per fornire di se stesso la migliore delle immagini possibili.2. Scarsa correlazione tra dati verbali e dati comportamentali. È il classico divario tra parole ed azione, che in realtà è meno sorprendente di quanto appaia a prima vista. In effetti, la situazione nella quale la persona esprime il proprio parere è sempre diversa da quella nella quale agisce.Assumiamo ad esempio, che un insegnante si esprima a favore di un atteggiamento non punitivo da tenersi nella classe e che tale atteggiamento sia stato rilevato durante un colloquio oppure mediante questionario.Questa serie di affermazioni usate per precisare l'atteggiamento della persona, non implicano necessariamente un comportamento collimare manifestato all'interno della situazione reale, vale a dire in classe. Qui, infatti sono presenti dei fattori quali per esempio l'aggressività ed indisciplina da parte del gruppo classe, ansia da parte dell'insegnante che erano assenti nella situazione nella quale erano stati raccolti i dati verbali. Ne consegue che la diversità della situazione produce dati sostanziali diversi.

231

Questi sono solo due dei numerosi problemi che gravano sull'osservazione indiretta e che hanno spinto gli psicologi comportamentisti a prediligere l'altra modalità osservativa, quella cioè che si fonda nell'osservazione diretta ed immediata del comportamento, cogliendo cioè nel momento stesso in cui si presenta.La metodologia osservativa usata da Kozloff è un buon esempio in tal senso.Esso consiste di una tabella e di una scala comportamentale. La prima ha lo scopo di dirigere l'atto osservativo inizialmente verso specifiche aree comportamentali, quali per esempio, le abilità grosso e fini-motorie e successivamente verso i singoli comportamenti che le costituiscono.La seconda, invece, mira a collegare ognuno di questi comportamenti ai parametri tipici dell'indagine comportamentista, cioè la frequenza, la durata, e l'intensità alle quali Kozloff, giustamente aggiunge il posto e le persone alla presenza delle quali il comportamento si manifesta.Si sa che il soggetto portatore di "diversabilità" trova difficoltà non trascurabili a generalizzare un comportamento a persone ed a luoghi via via diversi. È quindi necessario osservare attentamente il comportamento in tutte queste diverse situazioni.Accanto a tale metodologia osservativa che permette di entrare in contatto con i comportamenti del soggetto e di quantificarli, c'è posto per una tecnica che mira invece a contestualizzare il comportamento osservato, ad individuare cioè i collegamenti con la situazione in cui il comportamento si manifesta, vale a dire gli antecedenti e le conseguenze prodotte dal comportamento. Scopo di tale analisi è quello di scoprire quali sono gli stimoli in grado di produrre o di facilitare l'emissione del comportamento e quali gli eventuali rinforzi che lo mantengono in vita.Se questa è a grandi linee la tecnologia osservativa, impiegata nel caso dei comportamenti, analizziamo ora quella usata quando oggetto di osservazioni sono le abilità cognitive. Anche in questo caso, le differenze non sono così rilevanti: qui, infatti vengono definite le aree o le categorie di abilità per ognuna delle quali viene indicata una serie più o meno ampia di comportamenti che ne dovrebbero testimoniare la presenza.Ogni comportamento, infine si riterrà acquisito nel momento in cui sarà comparso per un certo numero di volte (è il parametro della frequenza, applicato in questo caso a prestazioni cognitive).Non rientra nello scopo di questo contributo passare ad una disamina più fine l'insieme delle metodologie osservative. Ci basti aver rilevato come in

232

questa ottica non vi sia alcuna reale discontinuità quando dall'osservazione dei comportamenti si passa a quella delle abilità cognitive.

Tecniche di interventoLe tecniche di intervento adottate dallo psicologo comportamentista vengono generalmente suddivise in due categorie, a seconda che il loro impiego sia finalizzato ad incrementare, oppure a decrementare la frequenza, la durata e l'intensità del comportamento sul quale è stato deciso di intervenire. La scelta e l'uso della tecnica, hanno luogo dopo che gli obiettivi, sono stati designati e che sia stata effettuata l'osservazione iniziale.Giunto a questo punto l'operatore mette a confronto i dati raccolti mediante osservazione e gli obiettivi in precedenza definiti. Il risultato può consistere in una serie di domande del tipo "È la frequenza che deve essere modificata? E se sì, in quale direzione?" Assumendo che la frequenza del comportamento debba essere incrementata, l'operatore deve porsi un'altra domanda tendente a controllare se il soggetto su cui si interviene possiede tale comportamento, manifestandolo però solo poche volte, oppure addirittura non lo possiede affatto.Nel primo caso potrà ricorrere ai seguenti gruppi di tecniche:1. Controllo dello stimolo. Consiste nello strutturare la situazione-stimolo nel modo più adeguato possibile alla produzione delle risposte. Si parla in questo caso di PROMPTING (suggerimento).2. Rinforzo. Consiste nel far seguire il comportamento adeguato manifestato dal soggetto da conseguenze positive di vario genere.3. Modellamento: Consiste nel presentare al soggetto un modello che esegue la prestazione richiesta (tale termine equivale grosso modo all'imitazione).Nel caso in cui l'allievo non possieda il comportamento oggetto d'intervento, è evidente che risulta impossibile incrementare la frequenza di comparsa. Sarà necessario allora impiegare delle tecniche finalizzate in tale senso. Esse sono:1- CONTROLLO DELLO STIMOLO (come il precedente).2- MODELLAMENTO (di cui già si è detto).3- SHAPING (o modellaggio) o chaining (o concatenamento).Si tratta di due procedure che, pur presentando differenze di un certo rilievo, sono entrambe caratterizzate da una precisa gradualità, grazie alla

233

quale il soggetto è portato a piccoli passi verso l'acquisizione e produzione del comportamento desiderato.Diversa è invece la situazione là dove lo scopo sia quello di determinare la frequenza con la quale compare il comportamento. In questo caso è possibile ricorrere alle seguenti tecniche:1. Estinzione. Si fa in modo che i comportamenti inadeguati non siano più seguiti dal rinforzo (grossolanamente tale tecnica equivale a ignorare il comportamento).2. Rinforzo differenziale. Assumendo che numerosi comportamenti siano reciprocamente incompatibili, si rinforza quello adeguato mentre quello inadeguato viene sottoposto ad estinzione.3. Costo della risposta. La situazione educativa viene organizzata in modo tale che la comparsa del comportamento inadeguato è fatta seguire dalla perdita parziale o totale di un beneficio.4. Tipe-out. Il comportamento inadeguato, quando viene prodotto comporta la sottrazione di ogni possibile rinforzo per un periodo di tempo circoscritto.5. Saziazione. Particolarmente adatta all'eliminazione di gesti stereotipici o di veri o propri tic, consiste nel far ripetere tali comportamenti fino a provocarne la scomparsa.Le tecniche non cambiano quando scopo dell'intervento è quello di modificare l'intensità e la durata con la quale si manifesta il comportamento piuttosto che la sua frequenza. Naturalmente queste procedure raramente vengono utilizzate singolarmente venendo invece spesso impiegate congiuntamente. In questo modo l'operatore ha la possibilità di dar vita a PACKAGE procedurali sempre più complessi.Un altro aspetto, non trascurabile, legato alla scelta della procedura ha a che vedere con la professionalità dell'operatore. Questi, infatti deve essere in grado di calibrare la scelta procedurale in modo tale da massimizzare gli effetti positivi, tenendo conto che ogni metodica di intervento presuppone dei vantaggi e degli svantaggi. Verifica Ogni intervento deve poter essere verificato.Tale requisito è necessario allo scopo di soddisfare fini diversi e precisamente:1. Controllare l'efficacia del pacchetto procedurale impiegato e, nel caso in cui ne venga constatata l'inadeguatezza, modificare il programma

234

rendendolo più idoneo al raggiungimento degli scopi per i quali era stato progettato ed attuato;2. Garantire il controllo da parte delle comunità, cui in ultima analisi l'operatore deve sempre rispondere.Allo scopo di rendere possibile il raggiungimento di tali fini, è inevitabile che l'operatore possieda flessibilità a livello di programmazione ed il linguaggio chiaro e non gravato dal gergo psicologistico.Chiariti questi punti è necessario precisare che la verifica nella modificazione del comportamento è un dato scontato consistendo nella protratta osservazione del comportamento oggetto di intervento, che viene effettuata prima, durante e dopo il trattamento. Valgono quindi per la verifica le stesse considerazioni presentate a proposito dell'osservazione.Campi di rilevazione e verificaa)- Indagine socio-sanitaria-culturale-familiare di ogni alunno.Per ogni bambino occorre raccogliere il maggior numero di notizie che riguardino l'ambiente sociale in cui vive, le malattie che ha avuto e di cui hanno sofferto i familiari e le relative conseguenze, le condizioni igieniche (fisiche e morali) e culturali in cui si trova la famiglia. Tutto ciò per conoscere il bambino, i suoi problemi, il suo passato dal momento della nascita, o meglio dal momento in cui è stato concepito (perché è molto importante sapere come si è svolta la gravidanza dalla madre) fino al giorno in cui è stato affidato. Alcune notizie hanno rilevanza solo per il medico, molte però sono utili anche all'educatore.Le prime si possono leggere nella cartella clinica che di solito dovrebbe accompagnare il soggetto; le altre si raccolgono dalle interviste con i genitori.È utile la conoscenza del tipo di diversabilità per sapere se si è aggravato lo stato generale, che cosa può aver turbato la sua psiche ed il suo sviluppo, se l'ambiente sociale in cui vive è, oppure è stato, traumatico, carente di stimolazioni affettive (soprattutto la mancanza della figura materna nel primo periodo di vita).b)- Rilevazione psicomotoria.L'insegnante deve fare il punto della situazione psicomotoria del soggetto, verificare cosa fare, cosa sa fare, quali movimenti il suo sistema nervoso gli permette. Tale rilevazione si fa mediante un esame vero e proprio e si verificano i risultati ottenuti ogni tre o sei mesi, a volte alla fine dell'anno scolastico. Tale esame iniziale ci indicherà le basi da cui partire per stabilire gli esercizi specifici ed il programma da attuare in seguito.c)- Rilevazione senso-percettiva.

235

Anche in questo campo si possono preparare delle tabelle indicative per ogni singolo soggetto, ogni insegnante potrà rendersi conto da solo del grado di maturazione della sensibilità tattile, visiva, uditiva, gustativa e olfattiva dei vari alunni.Occorrerà notare se il soggetto usufruisce adeguatamente dei sensi, se ha una adeguata percezione su di sé, nei confronti degli altri e del mondo che lo circonda.d)- Rilevazione espressiva.L'insegnante deve chiedersi e rendersi conto se il soggetto si esprime verbalmente o con altri linguaggi (mimici, gestuali, corporei, grafici), cogliere il mezzo espressivo che il soggetto mostra di privilegiare e da esso partire per stabilire un buon rapporto di comunicazione.e)- Rilevazione linguistica.Occorre rilevare se il soggetto in esame usa il linguaggio verbale.Sono molte le osservazioni da fare: come lo usa, in quale forma, se comprende il significato dei messaggi che la lingua parlata dà, se sa usare le parole appropriate o se usa un linguaggio fantastico, non aderente alla realtà.f)- Rilevazione delle dinamiche di gruppo.Servono per chiarire se il soggetto è ben inserito nel gruppo scolastico, se lo accetta e ne è accettato o, nel caso avvenga il contrario, perché si adegua alla vita di gruppo solo per pochi momenti e poi si stanca di partecipare e magari si chiude in sé stesso; se il leader del gruppo è positivo o negativo nei suoi confronti; se il gruppo è ben gestito o se c'è qualche elemento disturbante, magari anche tra gli stessi operatori.In tal caso è necessario trovare l'elemento disturbante per rivederne le posizioni. Tale elemento può essere in noi stessi e pertanto, anche se è difficile, ci viene in aiuto l'autoanalisi, purché sincera: il riconoscimento dei propri errori non toglie nulla alla figura dell'insegnante, al contrario è indice di maturità e serietà professionale.g)- Programmazione collegiale.È bene riunirsi a brevi intervalli, secondo la necessità, per mettere a punto il programma svolto e ciò che si ha ancora intenzione di fare circa un piano con mete comuni; che cosa si ritiene necessario per il buon andamento del lavoro di gruppo o del lavoro individuale, per migliorare i rapporti tra i bambini, tra gli adulti, tra questi ed i fanciulli, per eliminare quegli interventi ritenuti non più necessari, inutili o dannosi.Discutere assieme: una discussione il più possibile sincera ed aperta, discutere non è facile nel vero senso della parola, perché ognuno tende a

236

dominare l'altro, a rendere primario od unico il proprio pensiero; occorre "mettersi nei panni dell'altro", accettare i punti di vista altrui, confrontandoli e mediandoli con i propri; superare il timore di "contare di meno" nel gruppo.Per una valutazione obiettiva collegiale, i complessi di inferiorità vanno lasciati da parte e ci si può riuscire, se si tiene conto che l'oggetto di studio è il bambino e non il nostro orgoglio.h)- Colloqui con i genitori.Questo punto non è meno importante degli altri.Deve esserci un colloquio sereno con i genitori dei bambini, possibilmente con entrambi, ma bisogna ricordare sempre che sono persone in qualche modo traumatizzate (anche i più intelligenti e preparati lo sono ) per il fatto di avere un figlio "diverso".Essi devono sapere che possono collaborare con gli insegnanti per il bene dei loro figli, in tanti modi, che vanno dagli interventi sul piano fisico e psichico (come ad esempio limitare l'iperprotezione che è quasi sempre presente e multiforme), alle osservazioni necessarie per notare le carenze, i passi avanti, gli arresti nello sviluppo o anche le regressioni e per concertare il "modo" di procedere.L'optimum avviene quando determinati esercizi e interventi sono imparati dalle madri per essere ripetuti poi con il bambino in famiglia.L'azione educativa non può non prescindere dalla conoscenza più accurata di tutti gli aspetti della personalità dell'allievo, per potersi inserire al punto giusto del suo sviluppo e far leva sulle sue risorse presenti.Alla formazione basilare del carattere e dell'intelligenza, che è il fine proprio della scuola dell'obbligo, bastano poche nozioni, purché rispondano a vere e proprie "funzioni" del pensiero. Ciò perché le nozioni possono essere accresciute anche al di fuori dell'ambito scolastico col tempo, con i mille mezzi di cui il mondo che ci circonda dispone, mentre l'abitudine all'osservazione, alla riflessione, che sono forme della vita mentale, solo l'educatore può promuoverle. Oltre agli aspetti del caratteri, indispensabili al fine di stabilire se è opportuno incoraggiare o reprimere, sostenere o frenare, occorre provare a che livello di logica ciascun allievo è pervenuto, se è capace cioè di operazioni concrete (constatazioni e prove) o di operazioni formali (rappresentazioni ed ipotesi), se è riuscito a porre in rapporto l'immagine e la parola, il numero e la qualità, se è capace di distinguere l'appartenenza dalla relazione, perché molto spesso il suo pseudo-ragionamento consiste in una serie di giudizi immediati che si

237

susseguono gli uni agli altri, giustapposti e senza passare attraverso la logica.Per scoprire tutto questo, occorre che il ragazzo parli, che sia chiamato a risolvere problemi al di fuori dell'applicazione vera e propria delle nozioni scolastiche, in modo che liberamente manifesti a che punto è il suo livello mentale in relazione all'istruzione dell'obbligo, quale è l'interpretazione che egli dà ai fenomeni che percepisce (artificialismo e animatismo), in che rapporto egli si pone con le cose (egocentrismo e irreversibilità).La conoscenza dell'allievo è impossibile senza quella del suo ambiente, perché questo rappresenta l'insieme degli influssi che ne hanno determinato il modo di essere. È inutile per esempio, punire un alunno perché viene a scuola sporco o in ritardo, se non sappiamo o quali ostacoli si pongono al suo essere pulito o puntuale. Tale punizione può risultare controproducente ed aggravare una frustrazione, un disadattamente, se è ingiusta o immeritata.È inefficace riprendere un bambino perché è bugiardo, se vive in una famiglia che della falsità ha fatto il suo scudo di difesa.Il ragazzo riuscirà a non servirsi della menzogna, solo quando avrà conquistato fiducia in sè stesso e negli altri attraverso l'intera vita scolastica improntata alla calda e razionale umanità dell'insegnante.È chiaro ed ovvio che, qualunque opera di elevazione mentale, è legata alla realtà di fatto e condizionata da questa; la conoscenza dell'allievo è pertanto non solo il punto di partenza, ma anche elemento determinante per un insegnamento efficace.

238

CAP. VII - DOCENTE DI SOSTEGNO E PROGRAMMAZIONE

7.1. Il personale docente

La scuola negli ultimi anni ha cercato seppur talora confusamente di prendere in considerazione il problema e di programmare una svolta nei provvedimenti riabilitativi attraverso la compilazione di leggi, circolari, disposizioni.È tuttavia rimasto oscuro il limite di sviluppo sotto il quale l'inserimento non diventava più possibile: si è ingenerata così la convinzione, in numerosi operatori, che l'inserimento fosse possibile e utili in ogni caso. Sembra quasi che per legge divenissero inseribili con profitto, tutti bambini che presentavano problemi.Gli insegnanti divenivano 'per legge' i responsabili dell'inserimento: quindi anche del successo o meno di questo, tuttavia scarse possibilità sono state loro concesse di aggiornamento e di presa di coscienza di un problema di tale portata, e, in ogni caso sempre lasciando nel vago ed equivocando quando si trattava di fare un esame di realtà. Era cioè poco chiaro agli insegnanti che l'inserimento sarebbe potuto fallire; non era stato loro fatto presente, non era contemplato nelle leggi, disposizioni ecc.E non è stata neppure svolta, crediamo sufficiente attività di sensibilizzazione e di formazione nei confronti delle strutture territoriali esterne senza la cui collaborazione l'integrazione diviene molto più difficile. Anche i genitori, le famiglie non sono stati sufficientemente edotti; gl organismi esterni si sono trovati in gran parte tecnicamente impreparati ad affrontare il problema.

239

Da questa situazione di poca chiarezza e di disorientamento collaborativo sono nate - secondo noi - negli insegnanti reazioni emotive che lungi dal contribuire a risolvere le dinamiche relazionali che emergono inevitabilmente in questi casi, hanno ulteriormente creato confusione, irrigidimenti, razionalizzazioni e difese.Infatti la presenza dei bambini diversabili nella scuola di tutti contribuisce a evidenziare uno dei problemi educativi fondamentali della scuola e dell'insegnante: la difficoltà a situarsi in un rapporto originale con l'altro, a vedere il bambino nella sua originalità e nella sua interezza, senza confrontarlo con un modello ideale."La relazione tra insegnante e bambino diversabile presenta alcuni rischi particolari, che sono emersi anche dalle nostre osservazioni. In almeno due casi osservati possiamo osservare la presenza dell'insegnante di un fortissimo investimento affettivo nei confronti del bambino diversabile inserito. Tale coinvolgimento degli insegnanti sul piano personale si evidenzia, ad esempio, nelle interviste, durante le quali essi tendono a ricondurre a sé ogni problema dei bambini, e nello stesso tempo, dimostrano e dichiarano di essere coinvolti emotivamente nel rapporto col bambino diversabile.D'altro lato, negli stessi insegnanti si riscontra anche una notevole ansia, accompagnata da un sentimento di inadeguatezza nei confronti del bambino diversabile, con la tendenza ad accentuare la gravità della diagnosi, tendendo ad affermare la necessità di delega al tecnico". (Bozzo M.T., 1984)Un altro rischio presente nel rapporto insegnante-allievo diversabile è in relazione all'equivoco riguardante le finalità dell'inserimento scolastico: socializzazione o apprendimento? La socializzazione è in realtà importantissima per il bambino diversabile, ma dovrebbe essere intesa come un processo, attraverso il quale il bambino giunga a lavorare con i compagni, secondo le sue possibilità. La socializzazione è dunque strettamente connessa all'apprendimento o, almeno all'acquisizione da parte del bambino del massimo di strumenti possibili.Gli insegnanti che accettano il bambino diversabile soltanto sulla base di una sua completa normalizzazione rivolgono, anche in questo caso, le loro aspettative non alla realtà del bambino, ma alla sua immagine ideale. La formulazione di aspettative realistiche, nel rapporto educativo è importante per il bambino portatore di diversabilità, in quanto può costituire uno stimolo a vincere le difficoltà.

240

Le aspettative dovrebbero seguire la realtà del bambino e nello stesso tempo anticiparla. Per questo non possono essere rigide, formulate una volta per tutte, ma, man mano che il bambino trasforma la sua struttura, anch'esse dovrebbero trasformarsi di volta in volta per adeguarsi alla nuova realtà.Da questo si rende necessaria una corretta specializzazione e non è sufficiente la disponibilità l'improvvisazione e il volontarismo. "Si dovrebbe invece arrivare alla formazione nei docenti di una vera e propria 'mentalità sperimentale' supportata da solide conoscenze teoriche e dalla continua verifica scientificamente condotta in sede operativa solo se l'integrazione e più generalmente tutto il nuovo modo di fare scuola sarà inteso in termini di sperimentazione permanente controllata e verificata sembra possibile arrivare a risultati positivi". (Trisciuzzi L., 1981)L'insegnante può trovare preziosissimi e a volte determinanti, collaboratori negli altri alunni della classe, specialmente se sarà stato chiaro a tutti che non si tratta di una classe e di un bambino diversabile, cioè di una classe che avrebbe o non avrebbe determinati problemi in assenza dello svantaggiato e soprattutto che avrebbe un tal o tal altro rendimento, in assenza del bambino svantaggiato, ma semplicemente di una classe composta esattamente così com'è composta, alla quale conviene risolvere nel migliore dei modi i suoi problemi.Attenzione particolare merita il tema della preparazione del personale. L'atteggiamento ha un significato che comprende anche la qualificazione per quanto concerne chi opera per l'inserimento dei diversabili nella scuola per tutti. Più precisamente, l'aggiornamento tende alla sensibilizzazione, al dibattito e all'informazione su temi generali e alla qualificazione su temi specifici.L'aggiornamento è inteso anzitutto alla revisione del ruolo dell'insegnante.L'inserimento dei diversabili ha dato rilievo a problemi e disfunzioni che in buona parte erano già presenti nella scuola e ne ha reso urgente la soluzione. A questa soluzione si può tendere se il personale della scuola sarà in possesso di strumenti professionali adatti a sostenere i processi di innovazione.Il punto di partenza dovrebbe allora essere un'azione a livello di scuola, un aggiornamento di tipo 'fisiologico' perché fa parte della costituzione organica della scuola.L'aggiornamento nella scuola, su problemi del campo, potrebbe avere come temi la programmazione operativa, la verifica, le metodologie didattiche innovative, argomenti educativo-sanitari.

241

A livello nazionale spetta al Ministero della Pubblica Istruzione l'azione più importante nell'organizzazione di attività di aggiornamento. Il Ministero ha sinora essenzialmente agito attraverso le direzioni generali della P.I. e i centri didattici nazionali ora soppressi dal D.P.R. n. 419, ma ancora operanti 'fino alla data di insediamento dei consigli direttivi' degli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento cui spetta il compito di promuovere e coordinare le iniziative di aggiornamento per il personale docente.Opera a livello nazionale anche la R.A.I., con un servizio di trasmissioni di aggiornamento professionale condotto su convenzione con il Ministero della P.I. .A livello periferico agiscono Enti pubblici quali gli Assessorati all'istruzione delle Regioni, i Provveditorati agli studi, i competenti uffici provinciali e comunali, in qualche caso le università, alcune associazioni professionali, organizzazioni varie, compresi alcuni sindacati nella scuola, oltre a circoli didattici e gli istituti, tra i quali è opportuno citare un centinaio di circoli didattici nominati dal Ministero della P.I. 'centri permanenti di aggiornamento e sperimentazione'.Malgrado questo lodevole spiegamento di iniziative, e malgrado il notevole impegno finanziario, dobbiamo riconoscere che l'aggiornamento spesso si risolve in un accumulo di nozioni precodificate, che agli insegnanti riesce oltremodo difficile poi rielaborare e utilizzare.Anche se da diversi anni ci si adopera per aggiornare il personale che lavora nella scuola, non si sono in effetti rilevati esiti apprezzabili, in senso globale, di crescita culturale della categoria.Infatti i problemi legati al personale sono probabilmente i principali, e i più diffusi: rientrano in questa categoria il reclutamento e la formazione degli insegnanti di supporto, la formazione permanente di tutti gli insegnanti, le modalità dei rapporti tra i docenti, la loro stabilità. Inoltre vi si può inserire l'opportunità avvertita da molti di costruire un organico di tecnici e terapisti che lavori per la scuola e sul territorio.Non si può pensare di rimandare ulteriormente questo processo di formazione permanente in una situazione in cui i docenti sono stati caricati di responsabilità e di compiti che presuppongono competenze qualitativamente molto superiori a quelle possedute in media dalla categoria. Si intuisce che bisognerà risolversi a sanare le carenze di fondo della preparazione fornita negli istituti magistrali, perché brevi corsi di

242

aggiornamento non possono certo supplire la mancanza di strumenti teorici necessari a condurre l'integrazione.

7.2. Specificità dell’insegnante di sostegno

L'integrazione del soggetto diversabile nella scuola, comporta la stesura di un Piano Educativo Individualizzato (PEI) e la presenza dell'insegnante di sostegno. Questa figura affiancata al personale ordinario: "è insegnante di ruolo a pieno titolo; la sua presenza nella scuola si deve integrare, pienamente, nella funzione docente e non può essere, arbitrariamente trasformata in attività di pura custodia, di rotazione di assistenza infermieristica ". (Barsotti P., Gori M. ,1993). La C.M. n° 216 del 03/08/1977, delinea la figura dell'insegnante di sostegno definendola come insegnante senza classe, specializzato, incaricato di prendersi cura, accanto all'insegnante di classe, degli alunni diversabili. La legge 517 dello stesso anno riconferma la necessità di un insegnante qualificato a sostegno di bambini diversabili, e sottolinea l'importanza di una programmazione individualizzata e di attività integrative. Il personale docente, per raggiungere la qualifica che lo abilita al "sostegno", deve frequentare un corso di formazione biennale e conseguirne il diploma. In questi ultimi anni, parlando di integrazione, é nata la necessità di avere da parte del personale docente, una preparazione sempre più specifica .Per questo motivo sono state organizzate:"a)- CONFERENZE. Sono utili per un aggiornamento del patrimonio teorico di ciascun insegnante, ma solo di rado lo spingono a modificare il proprio atteggiamento in classe. b)- CORSI PRATICI; combinano insieme teoria e pratica. Possono apportare delle modifiche del comportamento del personale insegnante. È però necessario che i partecipanti al corso, una volta tornati a lavorare "ripetano" lo stesso a beneficio dei colleghi, se si vuole che tali modifiche interessino tutta la scuola. c)- GRUPPI DI LAVORO. Sono particolarmente utili in quanto raccolgono insegnanti che si occupano delle stesse aree istruzionali, dando loro la possibilità di confrontare le propri abilità professionali e di sviluppare interessi di ricerca nell'ambito di un particolare argomento. Per garantire il successo di tale gruppo, è bene che i partecipanti siano già in possesso di notevole esperienza. Il metodo ottimale di preparazione del

243

personale insegnante dovrebbe contenere gli elementi migliori di questi tre modelli ". (Barsotti P., Gori M., 1993).Nell'ambito scolastico, "gli operatori dovranno quindi raggiungere la responsabilità di facilitare accortezze e porre rimedio agli aspetti carenziali e devianti, favorire nei soggetti in difficoltà attraverso la professionalità, la rimozione di particolari disagi, un armonico sviluppo delle capacità a vivere la vita in modo sempre più indipendente ".(Barsotti P., Gori M., 1993).Non si deve mai dimenticare che: "il sostegno é dato alla classe, perché, sommando le competenze e le prestazioni, insegnanti titolari ed aggiunti possono, insieme, meglio affrontare e risolvere i problemi che le esigenze dell'alunno diversabile aggiungono al monte delle esigenze che già gli altri scolari esprimono". (Barsotti P., Gori M., 1993).La figura dell'insegnante di sostegno presenta problemi, sia a livello giuridico che a livello tecnico.Con la circolare ministeriale n. 199 del 28-7-79 in riferimento alla legge n.517, si stabilisce quanto segue:a. In ciascuna classe, che non deve superare il numero di venti alunni, si può inserire un solo allievo diversabile.b. Viene concesso un insegnante di sostegno che effettua sei ore settimanali per ogni classe ove è inserito il diversabile. Questo insegnante in genere non supera le diciotto ore settimanali.c. Deve essere evitata l'utilizzazione di insegnanti che non abbiano alcuna qualifica (insegnanti specializzati o in possesso di particolari titoli di specializzazione) o alcuna esperienza in ordine alle condizioni di diversabilità per le quali sono previsti gli insegnanti di sostegno. I compiti dell'insegnante di sostegno non debbono esser interpretati in modo riduttivo, in sott'ordine rispetto all'insegnante titolare della classe, come è avvenuto in qualche caso.Gli insegnanti di sostegno dovrebbero esser in possesso di particolari titoli di specializzazione. Non potendo disporre di un numero sufficiente di insegnanti di sostegno forniti del relativo e previsto titolo, la circolare prescrive di riconfermare i docenti di ruolo e incaricati che hanno prestato servizio nell'anno scolastico '78-'79. In via provvisoria, aggiunge la circolare, potranno essere utilizzati anche insegnanti che non abbiano il titolo di studio prescritto, purché abbiano frequentato corsi di aggiornamento sulla integrazione degli alunni diversabili.d. L'attività di sostegno no né descritta come un'azione meramente creativa da lasciare all'intuizione ed alla buona volontà dei singoli operatori.

244

Perciò occorre procedere ad una precisa individuazione delle condizioni soggettive del bambino, della diversabilità vero e proprio, degli impedimenti che ne condizionano lo sviluppo e di conseguenza dei suoi specifici bisogni educativi Occorre poter contare sull'esistenza di insegnanti di classe e di sostegno, capaci di rispondere ai bisogni educativi degli alunni con interventi calibrati sulle condizioni personali di ciascuno.Dalla lettura di tutta la circolare emerge con sufficiente chiarezza il bisogno di piani precisi: è compito delle singole scuole e dei loro organi collegiali tradurre quelle indicazioni in progetti operativi studiati su singoli casi.In questa ottica è necessario che ogni scuola metta a fuoco anche le modalità di utilizzazione degli insegnanti di sostegno.La legge n. 517 costituisce una prova della volontà del legislatore di promuovere e favorire in ogni modo l'integrazione scolastica degli alunni diversabili. I limiti, tuttavia, della possibilità di un corretto inserimento sono purtroppo ben evidenziati da questa circolare. Sembra, difatti che si sia voluta identificare totalmente la funzione e il ruolo dell'insegnante di sostegno con le 'forme particolari di sostegno' previste per legge. Senza stare di nuovo a ribadire l'importanza dell'insegnante di sostegno qualificato per l'attuazione dell'integrazione, appare perlomeno arbitrario sovraccaricare ancora una volta le persone di compiti che devono essere distribuiti su mezzi, attrezzature, locali, servizi riabilitativi e specialistici, procedure, atteggiamenti positivi della collettività.La tendenza finora seguita è stata quella di affiancare agli insegnanti titolari un altro insegnante di 'supporto'. Certo può essere utile la presenza di un insegnante in più, ma va ribadito che la riabilitazione a scuola, se è effettuata togliendo il diversabile dalla classe e isolandolo, rischia di essere negativa. In ogni caso l'insegnante di sostegno è utile per individualizzare l'insegnamento per tutti gli alunni.Il termine sostegno fa supporre la presenza di un altro insegnante, oltre a quello di classe, il quale, dunque di quel sostegno avrebbe bisogno per un aiuto particolare al suo alunno diversabile. Più qualificanti appaiono le dizioni 'insegnante di attività' o di 'rotazione', riferibili ad una situazione scolastica in cui esistano le aule adatte al laboratorio dove i bambini si possono recare per dedicarsi ad attività integrative secondo le esigenze che essi manifestano."L'insegnante di sostegno, migliorando la propria preparazione, in un'unità d'intenti con i colleghi di classe, specificherà sempre meglio la propria funzione, rendendola sempre più unitaria e ricca di esperienze. Cercherà

245

di tenere occupato l'alunno, alternando l'attività individuale; di rendere, insomma, massimamente produttivo il tempo di scuola, valorizzando anche il minimo progresso". (Lalli F., 1984) In tale contesto, l'insegnante di sostegno, fatta salva l'unità della classe, ha il compito di predisporre specifiche forme di attività rivolte a favorire il pieno inserimento degli alunni nel gruppo, di connessione alle indicazioni orientative degli psico-pedagogisti.

7.3. Docente di sostegno e programmazione educaiva

La normativa vigente in materia appare molto caotica e comunque di difficile individuazione. Essa, tra l'altro, non è nemmeno ben catalogabile a seconda dei tre livelli di scuola di base (materna, elementare e media) poiché in taluni casi i riferimenti comuni sono assai marcati. Perciò conviene elencare le disposizioni legislative nel loro complesso. Esse sono: - legge n° 463/78;- legge n°270/82; - l'O.M. 10/11/82 applicativa del comma 6° dell'art. 14 della legge n°270; - legge n°517/77; - C.M. n°169/78 applicativa della legge 517 art. 2 nella scuola elementare; - C.M. n°178/78 applicativa della stessa legge art. 7 nella scuola media; - C.M. 206/79 per le attività integrative e le iniziative di sostegno nella scuola media; (in particolare la seconda parte della premessa riferentesi alla individuazione degli interventi" e la terza parte riguardante gli "interventi di integrazione e di sostegno"); - D.P.R. n°104/85 su "i programmi didattici per la scuola elementare" (in particolare la premessa per il capitolo sugli "alunni in difficoltà di apprendimento ed integrazione di soggetti diversabili"); - legge 820/71 sulle attività integrative e gli insegnamenti speciali nella scuola elementare.Sulla base della predetta normativa ci sembra opportuno impostare un'analisi più dettagliata. - Legge 820: apparentemente non sembra avere connessione con il problema dei diversabili, ma la travagliata storia del tempo pieno, delle attività integrative e degli insegnamenti speciali, ha avuto il merito di creare una nuova realtà educativa nella quale ha assunto buon gioco il problema dell'inserimento: basti pensare alle problematiche legate agli insegnamenti speciali, alle attività integrative e alternative, all'apertura

246

della scuola al territorio, alla pluralità dei docenti, alla presenza di esperti, alle convenzioni speciali con enti, operatori ecc... per aver un'idea delle molteplici condizioni favorevoli createsi in questo tipo di scuola, allo scopo di meglio inserirvi diversabili e svantaggiati.- Legge n°517: è per definizione la legge dell'inserimento dei diversabili e delle nuove tecnologie educative. In particolare, per quanto riguarda il nostro tema, occorre fare riferimento all'art. 2 (per la scuola elementare) e all'art. 7 (per la scuola media). Invero la notorietà della legge e le ampie discussioni che ha comportato in questi ultimi anni ci risuoneranno dal produrre ulteriori argomentazioni e quindi in questa sede riteniamo opportuno limitarci ad osservare che la legge: a)- puntualizza la programmazione educativa e la finalizza alla promozione del pieno sviluppo degli allievi; b)- espande gli ambiti curricolari introducendo le attività integrative; consente il lavoro per classi aperte e indirettamente rende lecito sul piano giuridico la pluralità e la corresponsabilità dei docenti, favorendone ampiamente il senso della collegialità; promuove gli interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni; le attività integrative vengono così finalizzate anche per le forme di integrazione a favore degli alunni diversabili; forme particolari di sostegno dovranno necessariamente coinvolgere il servizio socio-psico-pedagogico impegnando direttamente U.S.L. ed enti locali (purtroppo il neo più grosso è dato proprio dalle...latitanze di detti enti!...); per la buona riuscita delle attività programmate impone l'utilizzazione di tutti i docenti comunque assegnati al circolo. Successivamente con la circolare n°169/79, il Ministero puntualizza meglio i concetti fissati dall'art. 2 della legge 517 sulla programmazione educativa.- C.M. n°169/79. La programmazione educativa. Tale circolare, di grandissimo rilievo, afferma tra l'altro: " il principio della programmazione, già introdotto dal D.P.R. n°416 affida alla comunità scolastica il compito di progettare la propria attività in risposta ai bisogni educativi effettivamente individuali, utilizzando nel modo migliore possibile le risorse educative di cui la scuola dispone (insegnanti, strutture, servizi) ed attuando una organizzazione funzionale delle risorse stesse (gruppi di alunni anche di classi diverse, forme di sostegno agli alunni in difficoltà ecc.). In relazione alle attività di programmazione previste sia dall'art. 11 che dall'art. 2 della citata legge n°517/77, i docenti per gruppi o singolarmente, provvedono a redigere il "programma di lavoro didattico" di propria competenza. Anche tale lavoro va, peraltro,

247

sempre inserito in una dimensione collegiale per evitare che la programmazione didattica possa diventare la pura somma dei "piani di lavoro" dei singoli insegnanti, una attività, cioè, avulsa dal progetto globale educativo-scolastico elaborato dal collegio dei docenti.Le "attività scolastiche integrative", di cui al 1° comma dell'art. 2 - 517, devono intendersi come attività predisposte per offrire ad ogni singolo alunno le opportunità per la piena formazione.Per la realizzazione delle attività scolastiche integrative la legge consente che, ferma restando l'unità di ciascuna classe, si possano organizzare: "gruppi di alunni della stessa classe, oppure di classi diverse, anche allo scopo di realizzare interventi individualizzati in relazione delle esigenze dei singoli alunni ". Nell'ambito di queste attività è da rilevare che l'integrazione degli alunni diversabilis comporta l'intervento di insegnanti specializzati, il cui compito consiste nella predisposizione di specifiche forme di attività rivolte a favorire il pieno inserimento degli alunni nel gruppo.Si richiama, infatti, l'attenzione:a)- sulla opportunità di utilizzare nelle attività integrative anche il personale insegnante, eventualmente fornito dagli enti locali, mediante la programmazione di piani di lavoro coordinati; resta naturalmente ferma la costituzione degli organi collegiali con il solo personale statale, anche se essi nel programmare, terranno conto anche delle indicazioni degli insegnanti non statali;b) sulla necessità di evitare forme di "compresenza" di più insegnanti in una medesima classe o gruppo mediante l'articolazione funzionale dei gruppi in modo da conseguire meglio la finalità sia della individualizzazione, sia della integrazione sociale degli alunni diversabili.

248

CAP. VIII - RIEDUCAZIONE MOTORIA

8.1. Cause del mancato sviluppo psicomotorio

Alla base dell'acquisizione errata o deficitaria dello sviluppo motorio, si possono individuare molte cause, a volte tra loro concorrenti, che si verificano nei diversi gradi di formazione del nuovo essere:" a)- CAUSE CROMOSOMICHE (cromosomopatie): dovute ad alterazione o sovrannumero dei cromosomi (es. sindrome di Down o mongolismo).b)- CAUSE GENETICHE : in questo gruppo troviamo le malattie che si trasmettono ereditariamente, sia per mezzo di un carattere dominante che di uno recessivo.c)- CAUSE PERINATALI : che si possono distinguere grossolanamente in due gruppi a seconda del periodo della loro incidenza:1)- cause patogene agenti entro il periodo di formazione (fase embrionale); data la peculiarità della fase, che comprende i primi tre mesi di gravidanza, ne risulteranno delle malformazioni a carico del sistema nervoso centrale (S.N.C.) oltre che a carico di altri sistemi. Le noxae (cause patogene) possono essere rappresentate da forme infiammatorie, per lo più a eziologia virale, anche di lieve entità e talora passate inosservate (influenza, malattie esantematiche quali: morbillo, rosolia, varicella, ecc.);

249

altre volte si tratta di noxae farmacologiche (é rimasto tristemente famoso il caso del talidomide), cibi alterati o con additivi tetratogeni, avvelenamenti con ossido di carbonio o altri gas, cause radianti (radiografie all'addome) o radiazioni di varia natura; e ancora, turbe dell'irrorazione sanguigna che portano ad un mancato apporto dei due fondamentali principi nutritivi del nascituro: lo zucchero e l'ossigeno. Le forme più caratteristiche di questo gruppo in ambito nervoso sono l'agenesia del corpo calloso e quella del setto pellucido;2)- cause agenti durante la fase fetale: pressoché le stesse elencate per la fase embrionale; in luogo delle malformazioni avremo delle lesioni piò o meno diffuse del S.N.C.d)- CAUSE PERINATALI (cioè verificatesi durante il parto): rappresentano la percentuale più alta (il 40% circa di tutte le cause di cerebropatia); sono per lo più da ascrivere a parti prolungati o travagliati (spesso con uso di forcipe o ventosa) e alla cui base sta nella massima parte dei casi un meccanismo di tipo ipossico (ridotto apporto al cervello di ossigeno, oltre che di altre sostanze) cosicché é impossibile l'utilizzo del glucosio presente nelle cellule nervose che in maniera più o meno massiva vengono a morte.e) CAUSE POSTNATALI: interverrebbero nel 20% dei casi; sono rappresentate essenzialmente da processi infettivi meningo-encefalici, incidenti durante i primi due annidi vita (encefaliti virali, post-vacciniche, parainfettive, ecc.)". (De Marco P., 1984) "La diagnosi funzionale e il Piano Educativo Individualizzato si presentano come due momenti che so fondono e si completano realizzando il serio impegno scientifico che nei fatti diviene promotore di integrazione sociale del soggetto in difficoltà". (Barsotti P. Gori M. 1993).Uno dei tanti modelli di insegnamento individualizzato è il S.A.M. (SKILL ANALYSIS MODEL), molto importante per l'analisi dell'area motoria. Con il S.A.M. si devono organizzare le classi e gli orari, e quindi le attività di tutto il personale docente. Il S.A.M. fa sì che nell'elaborazione di in curricolo ogni singola fase venga vista in funzione ed in relazione do altre fasi e di altri programmi. Se la progettazione non procede regolarmente in questo senso, dagli obiettivi generali agli obiettivi specifici, il curricolo rischia di ridursi ad una serie di programmi educativi disorganici, poco collegati alle reali esigenze del bambino.

8.2. Rieducazione psicomotoria

250

Questo termine è nato nell'ambiente scientifico francese ai primi del '900, soprattutto in relazione ai lavori di Duprè che nel descrivere il ritardo globale della motricità parla di 'debilità motrice' in rapporto alla 'debilità mentale' evidenziando un legame stretto tra lo sviluppo motorio e quello affettivo e/o intellettivo."In questo momento, con il termine 'psicomotricità' si intendono cose molto spesso diverse tra loro. Si possono comunque, anche se per grandi linee, dividere tre tipi di approccio alla psicomotricità:a)- quello PSICHIATRICO che si ispira ai lavori di Ajuriaguerra e si distingue in:1 - terapia volta alla ricomposizione della personalità attraverso una rieducazione dei settori deficienti;2 - terapia corporea di ispirazione psicoanalitica che porta a un equilibrio relazionale.b)- quello PSICOPEDAGOGICO proposto da Picq e Vayer per i quali la psicomotricità consiste in una sola originale educazione corporea inserita in una educazione che vuole essere totale.c)- quello SCIENTIFICO dell'educazione fisica di Le Boulch che propone una forma di educazione di tutta la personalità attraverso il movimento.Al di là delle notevoli differenziazioni che caratterizzano le diverse concezioni fino a farle apparire talvolta contrapposte, tutti gli autori concepiscono la psicomotricità o meglio l'educazione psicomotoria come una relazione d'aiuto tesa a favorire:a)- la ristrutturazione e lo sviluppo dell'io, ossia l'armonizzazione delle funzioni tecniche e di motricità; b)- l'organizzazione dinamica della persona sia in relazione con se stessi, sia in relazione con i dati del mondo esterno;c)- la relazione con l'oggetto;d)- l'organizzazione dello spazio e del tempo;e)- la relazione con l'altro . (Palazzotto N., Artali N., 1981)La psicomotricità dunque, stimolando il passaggio alla personalizzazione e ad una espressione originale ed unica del movimento, coopera alla costruzione delle strutture concettuali, mentali e comportamentali del bambino."L'atto motorio è innegabilmente complesso, non riferendosi semplicemente alle manifestazioni corporeo-espressive, ma alla persona nella sua accezione di integralità. E solo il superamento del recupero funzionale, che valuta la specificità del sintomo che il bambino presenta e della mancanza di una prestazione specifica consente il riproporre il

251

problema della globalità dell'atto motorio, di superare l'opposizione tra somatico e psichico, razionalmente riconosciuta ma di fatto negata, anche se a livello non cosciente". (Lalli F., 1984)Jean Le Boulch con la 'psicocineticà, o 'teoria del movimento', per educazione psicomotoria intende una formazione di base necessaria a tutti i bambini, anche diversabili, mirante soprattutto a:1)- assicurare un corretto sviluppo funzionale;2)- aiutare l'affettività ad espandersi ed equilibrarsi attraverso gli scambi con l'ambiente umano.Anche Vayer in 'Educazione psicomotoria e ritardo mentale', chiarisce che l'educazione psicomotoria è essenzialmente un'azione educativa, che ha come punto di partenza lo sviluppo psico-biologico del bambino. Lo considera nella sua unità e si propone di riferire le tappe mancate dello sviluppo psico-motorio.Da questa premessa si capisce bene l'importanza che una corretta metodologia delle attività motorie può avere nel recupero delil diversabile perché il soggetto in difficoltà, in quanto in ritardo sia pure sotto taluni aspetti strettamente inerenti il suo diversabilità sui livelli di maturazione, ha bisogno di ripercorrere quelle tappe che altri sono per la maggior parte 'corporee'.Con la psicomotricità e l'educazione all'attività corporea, l'inserimento degli alunni diversabili trova una parziale, ma reale soluzione. Non essendo più privilegiato il linguaggio parlato e scritto, il diversabile può trovare in una varietà di linguaggi quello più adatto alla sua capacità di espressione.Naturalmente il progetto educativo basato sulla psicomotricità deve puntare ad un'azione di recupero individualizzata che tenga conto delle reali condizioni del soggetto e finalizzato a ridurre, per quanto possibile, le differenze con i normali. Gli sforzi debbono essere rivolti all'acquisizione dello schema corporeo, alla sua organizzazione, ai vissuti spazio-temporali, alla loro organizzazione, ecc.Questa strutturazione dello schema corporeo è basilare per l'apprendimento in genere, ed in particolare della scrittura e della lettura, della geometria, della matematica, della fisica, soprattutto nelle sensazioni di peso, misura, equilibrio, compensazioni del corpo in movimento.A questo punto ci pare opportuno fare riferimento ai principi metodologici e teoretici cui Le Boulch si ispira, i quali inducono a definire educativa la

252

dimensione riabilitativa da lui proposta; questi principi possono essere così riassunti:1)- in ogni incontro con il diversabile occorre andare a stimolare ed operare sulle funzioni psicomotorie fondamentali avendo sempre presente la componente affettivo-relazionale della personalità. Il lavoro di riabilitazione si instaura dunque parallelamente sui due piani, quello funzionale e quello relazionale con oscillazioni di incisività di intervento a favore dell'uno o dell'altro a secondo del tipo di deficit.2)- A partire dalla visione piagettiana dell'individuo, sia esso normale o diversabile, secondo cui allo stesso stimolo possono corrispondere risposte diverse a seconda della diversa organizzazione esistente in ciascuno di essi, la prospettiva educativa tende ad offrire al soggetto il maggior numero di stimoli possibili perché egli possa arricchire le proprie risposte.3) Affinché gli interventi siano efficaci è indispensabile tener conto dei differenti stadi dello sviluppo: non si possono proporre le medesime situazioni ad individui che si trovano a vivere livelli di sviluppo diversi.Da tutto ciò si deduce che l'educazione motoria è indispensabile nell'educazione dei bambini e in particolare di quelli diversabili.Infatti "la patologia neuromotoria, che difficilmente sfugge all'osservazione per la evidente manifestazione, comporta alterazioni della motricità a livello esecutivo. Comprende deficit di forza fino alla paralisi di uno o più arti, e inoltre, più o meno gravi, alterazioni della coordinazione dei movimenti. Viene ad associarsi ad alterazioni del tono muscolare, come nella tipica paralisi spastica, oppure nel trofismo, per cui un arto può risultare più ridotto del suo controlaterale a livello muscolare o addirittura nel suo sviluppo scheletrico.I nostri interventi educativi a favore di questi alunni tendono a facilitare lo sviluppo dello schema corporeo, la conquista dello spazio tridimensionale, l'adattamento al ritmo, la spinta motivante degli interessi. "La patologia prevalentemente psicomotoria, più che riferirsi alla funzionalità neuromuscolare colpisce la possibilità e l'adeguatezza della programmazione del movimento relazionale." (Lalli F.,1984)Gli esercizi dovranno essere sempre accompagnati dalla nomenclatura corrispondente alle cose, alle persone e alle azioni che riguardano l'argomento trattato, debbono stimolare la ricerca personale e promuovere l'interesse per un oggetto, un movimento o un episodio della vita quotidiana.La scrittura, la lettura e il calcolo non si possono iniziare se il soggetto non ha conseguito un sufficiente livello di maturazione percettiva e motoria.

253

La constatazione dell'intima connessione esistente tra l'attività mentale e l'attività motoria ha fatto formulare la nota legge che ad ogni deficienza mentale corrisponde un'insufficienza motoria. C'è però ancora chi nega questa corrispondenza valendosi dell'osservazione che molti ritardati dimostrano una grande abilità manuale. A tale affermazione si può facilmente obiettare che trattasi un'abilità meccanica e circoscritta i cui gesti non sono guidati da un pensiero costruttivo.

8.3. Importanza dell’azione motoria

"Il superamento di qualsiasi forma di emarginazione dei diversabili passa attraverso un modo nuovo di concepire ed attuare la scuola, così da poter veramente accogliere ogni bambino ed ogni adolescente per favorirne lo sviluppo personale, precisando per altro che la frequenza di scuole comuni da parte di bambini diversabili non indica il raggiungimento di mete culturali minime comuni. Lo stesso criterio di valutazione dell'esito scolastico, deve perciò fare riferimento al grado di maturazione raggiunto dall'alunno sia globalmente sia a livello degli apprendimenti realizzati, superando il concetto rigido del voto e della pagella. Fondamentale é l'affermazione di un più articolato concetto di apprendimento che valorizzi tutte le forme espressive attraverso le quali l'alunno realizza e sviluppa le proprie potenzialità che sino ad allora sono state lasciate prevalentemente in ombra. L'ingresso di nuovi linguaggi nella scuola, se costituisce infatti un arricchimento per tutti, risulta essenziale per gli alunni che non rispondono alle richieste di un lavoro formale, in quanto offre loro reali possibilità e affermazione. Si dovrebbe giungere per questa via ad allargare il concetto di apprendimento affinché, accanto a livelli di intelligenza logico-astratta, venga anche considerata l'intelligenza senso-motrice e pratica e siano soprattutto tenuti presenti i processi di socializzazione". (dalla Relazione Falcucci). Questa relazione mette in evidenza che l'integrazione dei diversabili è possibile se viene dato spazio non solo al linguaggio verbale o scritto, ma ad una varietà di linguaggi tra cui il soggetto può trovare quello più adatto alle sue capacità di espressione. L'attività motoria, unitamente all'educazione e alla rieducazione, costituisce dunque un mezzo e un metodo destinato a sviluppare, ristabilire

254

o mantenere le funzioni ridotte o lese, é insomma una tecnica terapeutica funzionale che favorisce l'integrazione sociale... L'attività motoria trova posto in tutte le diverse fasi educative e rieducative; essa può essere divisa in tre livelli progressivi: - FASE EDUCATIVA O TERAPEUTICA: a seconda che l'diversabilità è congenito o acquisito, l'attività motoria sarà utilizzata a fini educativi o rieducativi. L'attività motoria permetterà associando coscienza, azione e motivazione, di agire su tutto il soggetto favorendo l'acquisizione di saper fare e del comportamento sociale. - FASE DELL'ATTIVITÀFISICA ADATTA: mediante una speciale metodologia, un materiale adatto, una adeguata tecnica a ciascun diversabile deve poter praticare un'attività motoria motivante che metta in gioco strutture emotive, affettive, motorie e mentali. - FASE DI INTEGRAZIONE: in certi casi l'attività motoria può essere praticata insieme a soggetti validi senza la necessità di modificazioni. "La finalità dell'attività motoria come esercizio terapeutico e quale attività ginnica, sportiva e curativa, non è nuova e neppure recente: si può dire infatti che all'esercizio fisico, al movimento, venne riconosciuto fin dall'antichità un effetto igienico e curativo verso particolari situazioni. Che l'attività sportiva non costituisca solo un potente mezzo per la crescita psico-fisica dell'individuo, e quindi delil diversabile, ma anche un importante fattore formativo, é affermazione da tutti accertata. La pratica sportiva, infatti, quando sia liberata dalle incrostazioni deleterie che le derivano da una competitività esasperata e dalla ricerca ossessiva del risultato, del campione e del record, corrisponde ad un fatto sociale di primo piano, una vera e propria forma culturale ". (Barsotti P., Gori M., 1993). Vediamo come l'educazione fisica può essere utile per migliorare una vasta gamma di problemi in persone affette da tipi diversi di diversabilità.Uno studio su di un gruppo di paraplegici ha dimostrato che la pratica motoria permette di mantenere una capacità vitale ed una frequenza cardiaca simile a quella delle persone valide, sedentarie, mentre gli diversabili sedentari accusano una netta inferiorità. Soggetti vittima di un infarto possono indubbiamente partecipare al riadattamento basato sulla fisioterapia, ma possono anche usare l'attività motoria come metodo di mantenimento delle condizioni ottimali recuperate come prevenzione secondaria. Un'altra indagine effettuata su soggetti con disturbi coronarici, dimostra che la partecipazione alle attività motorie determina miglioramenti sul

255

piano psicologico (riacquista fiducia in sé dal 62 al 84%). Riduzione sul piano fisiologico della tensione arteriosa (32%); dei dolori toracici (54%); della frequenza cardiaca (50%); della difficoltà di respiro (56%); del consumo dei medicinali (46%). Riduzione dei fattori di rischio. Quindi l'attività motoria determina un triplice intervento: fisico, psichico e preventivo. Numerose esperienze hanno dimostrato l'influenza dell'attività motoria sui deficit visivi, sull'orientamento nello spazio, a memoria delle posizioni, l'equilibrio statico e la percezione delle differenti strutture". (Barsotti P., Gori M., 1993).

8.4. I fattori della motricità

Le metodologie tradizionali dell'educazione fisica considerano la funzionalità del corpo e dei suoi organi e il consolidamento di talune qualità fisiche (velocità, resistenza, forza) unitamente all'affermazione di qualità del carattere (tenacia, decisione, senso sociale) come fattori della formazione della persona nei suoi aspetti fisici, psichici comportamentali, motori.Questa concezione ha forse privilegiato gli aspetti più spiccatamente organici, peraltro fortemente implicati nella motricità, quali sono i fattori osteo-artro-muscolari, neurologici e fisiologici, fattori che da molti autori sono indicati come più specificatamente esecutivi, strutturali, ossia prerequisiti dell'attività umana ragionata.Oggi ai tradizionali metodi di educazione fisica viene contrapponendosi una concezione nuova, quella dell'educazione motoria.L'educazione motoria odierna, partendo dalla considerazione che l'uomo è educabile soltanto nella sua interezza somato-psichica assume che l'apprendimento generale è legato alla motricità spontanea del bambino.Da qui, il concetto che la motricità, oltre a favorire lo sviluppo organico e i processi di accrescimento fisico, serve soprattutto come mezzo primario di apprendimento.Più specificamente, diremo che l'educazione motoria concorre a creare nei bambini delle reazioni comportamentali nei confronti oltre che della propria persona anche del mondo degli altri e delle cose che ci circondano.Le situazioni-stimolo previste dal metodo psicomotorio favoriscono la reattività che rappresenta sostanzialmente il determinarsi dell'apprendimento.Vayer asserisce che l'educazione motoria è anche una tecnica ma che è fondamentalmente uno stato di spirito: in altri termini l'educazione motoria

256

è un modo globale di affrontare il bambino cercando di risolvere i suoi problemi.Essi riguardano il processo di apprendimento relativo alle aree cognitiva e psicomotoria allo stesso tempo.- la scarsa conoscenza dello schema corporeo;- la non percezione oculo-manuale, dello spazio, del tempo;- l'incapacità a volte di eseguire con destrezza alcuni movimenti motori fondamentali quali: il correre, il saltare, il lanciare.Di conseguenza gli alunni che presentavano i suddetti problemi non prendevano parte attiva alla vita e all'attività scolastica. Restavano spesso isolati, disinteressati, sembravano vivere un mondo tutto loro alla ricerca di quegli interessi che all'interno della classe non trovavano.Le attività di partecipazione ludiche espressive in genere di tali bambini non permettevano di raggiungere gli obiettivi prefissati.Si rendeva necessario intervenire quanto prima con accorgimenti pedagogici metodologici didattici che la psicologia dell'età evolutiva, la pedagogia, la motricità suggeriscono al fine di agevolare e potenziare i processi di apprendimento di ciascun bambino.Mi resi subito conto che i procedimenti pedagogici dell'educazione motoria esigono prima di tutto l'identificazione, da parte del bambino, della sua corporeità, cioè della coscienza di sè e della propria esistenzialità; in altre parole il bambino deve possedere a livello mentale, in ogni momento, l'immagine di sé, cioè la conoscenza della forma assunta staticamente o in movimento dal proprio corpo e ciò anche in relazione agli altri e alle cose del mondo esterno, in relazione alle condizioni spaziali e temporali in cui si determinano le sue ideazioni mentali e le sue azioni motorie.Questa condizione gnosica è oggi indicata con il nome di schema corporeo. Esso viene maturando gradualmente soprattutto nei primi cinque-sei anni, ma poi continua perfezionandosi fino a circa 11-12 anni, esaurendosi in tale epoca il concorso alla formazione degli schemi e posturali interiorizzati, (P. Vayer).Al fine di favorire la maturazione dello schema corporeo, la metodologia motoria prende in considerazione un'altra serie di fattori esecutivi della motricità. Tali sono la struttura dello spazio, del tempo, la coordinazione della lateralità, l'equilibrio statico-dinamico, la coordinazione senso motoria, quella dinamica generale, il rilassamento psicosomatico, la percezione posturale globale e segmentaria.

257

Secondo Le Boulch, uno schema corporeo mal strutturato provoca un deficit nella relazione (soggetto-ambiente) che si traduce in disturbi della percezione, della motricità e della relazione con gli altri. Sul piano relazionale si possono manifestare sbalzi di umore, tic, terrori notturni.Ulteriori ricerche hanno evidenziato l'incidenza delle turbe cinestesiche sul rendimento e l'adattamento scolastico dei bambini normali. Alle turbe cinestetiche si accompagna di frequente anche una certa immaturità affettiva. È evidente come tali carenze provochino un allentamento ed un blocco dell'apprendimento e una certa difficoltà ad integrarsi nei gruppi sociali.Il bambino che non impara a leggere e a scrivere con la stessa rapidità dei compagni, raramente è poco dotato intellettualmente. Ha spesso, invece, dei disturbi che l'Ajuriaguerra chiama "disprattognosie somato-spaziali", che sono un disordine spaziale dei rapporti tra il corpo e gli oggetti, senza turbe senso motorie vere e proprie.Secondo la definizione di Ajuriaguerra lo schema corporeo è la rappresentazione del corpo che agisce col mondo esterno ed è costruito su impressioni tattili cinestesiche, labirintiche e visuali. "È il risultato e la condizione della giusta relazione tra l'individuo e il suo ambiente". (Le Boulch J., pag. 39)

8.5. Il soggetto di fronte al nondo

La conoscenza e il riconoscimento degli oggetti, che circondano il bambino, dipendono dalle sue possibilità di azione e dalle manipolazioni che egli ha possibilità di effettuare su di essi.In questo ambito non bisogna, però, dimenticare l'importanza, anche nel rapporto che egli ha possibilità di effettuare su di essi.In questo ambito non bisogna, però, dimenticare l'importanza, anche nel rapporto che il bambino ha con il mondo degli altri, capace di influenzare il suo rapporto con gli oggetti.Attraverso il contatto del bambino con il mondo delle cose, si gettano le basi del suo sviluppo intellettivo, il bambino, infatti, partendo dall'esercizio sensomotorio, apprende e conosce le prime nozioni che, successivamente, verranno elevate a rappresentazione mentale.Il bambino comincia a giocare dapprima con le proprie braccia, poi con le gambe, ed infine con tutto il corpo, effettuando quello che si può definire "gioco corporeo"; successivamente, attraverso la manipolazione e il contatto con gli oggetti esterni, giungerà alla conoscenza del mondo che lo

258

circonda, alla acquisizione di concetti spaziali, di qualità, nonché all'esercizio delle funzioni psicomotorie nel rapporto del bambino con il mondo degli oggetti, si possono individuare alcuni punti fondamentali:- I colori e i suoni:Nella manipolazione di oggetti colorati il bambino, ne riconosce, dapprima, la diversità ed in seguito riesce a categorizzarli con nomi diversi, o segni, attraverso un processo mentale.Tramite l'ascolto dei suoni, prodotti dai vari materiali manipolati, il bambino è in grado di ricostruire le prime relazioni di causa ed effetto mettendo in collegamento il materiale con il suono che producono il suono che produce.Egli con questo gioco sonoro, sarà stimolato a ripetere i gesti per il piacere di produrre suono, comincerà così a capire i significati di "più forte e più piano" o la differenza tra il ritmo veloce e uno lento, potrà sperimentare forme ritmiche personali, così facendo apprenderà i fondamentali della percezione temporale.Il suono stimola alla scoperta, il bambino udente che afferra un oggetto, ne ricerca subito la sonorità, percuotendolo e riuscendo così a scoprirne anche altre caratteristiche.La privazione della stimolazione sonoro influisce, dunque, negativamente, sia sulla manipolazione, che viene privata di un aspetto di ricerca ed esplorazione, che sulla sua percezione spazio-temporale.Bisogna anche aggiungere che il bambino comincia a parlare per suoni onomatopeici, derivanti spesso dal rapporto con gli oggetti.Sarà opportuno stimolare il bambino non udente sia con il linguaggio dei segni, che con metodiche musicoterapiche, basate sulla ricezione tattile, in modo da fornirgli quei concetti temporali descritti in precedenza, ed anche per incoraggiarlo nella scoperta manipolativa degli oggetti.È questo un gioco naturale del bambino, serve per far acquisire nuove nozioni di carattere spaziale, come, la lunghezza, la larghezza, lo spessore, il volume, il numero; con questo gioco il bambino è anche portato alla classificazione delle forme ed al raggruppamento per colori, forme, peso, dimensione, etc...- L'attività graficaÈ il mezzo privilegiato di espressione del bambino, il disegno implica soprattutto l'uso del braccio e della mano. Il bambino arriva all'uso di questi mezzi passando attraverso precise tappe di sviluppo del disegno, dalla macchia, alla linea, ai tracciati.

259

All'inizio il disegno sarà solo un esercizio senso-motorio della mano, ma già quando si instaureranno i primi contatti oculo-manuali, sarà l'occhio a seguire i movimenti e il cervello a guidarli di conseguenza.

8.6. Il soggetto di fronte agli altri

La relazione del bambino con il mondo degli altri interessa principalmente il piano affettivo, le tappe di questo sviluppo sono state studiate, soprattutto, attraverso i risultati offerti dalla metodologia psicanalitica, che "stabilisce i principi economici e le legge dinamiche di questo sviluppo".Secondo questa metodologia esiste un'energia di base, detta libido, che in origine è indifferenziata, ma si evolve poi nelle tendenze personali, sessuali, sociali. Nel bambino piccolo, che non ha ancora la percezione di un mondo al di fuori di sé, si parla di libido narcisistica, mentre quando ad esempio impara a riconoscere la madre come "oggetto esterno" si parlerà di libido oggettuale.Oltre all'energia di base esiste anche una forza repulsiva, tendente all'allontanamento, detta aggressività.L'impulso aggressivo ha un origine precocissima, esso nasce come reazione primaria alle frustrazioni. Queste ultime che nel bambino riguardano soprattutto il rapporto con la madre vengono descritte da M. Klein, nella sua teoria del "dualismo pulsionale".L'evoluzione affettiva passa attraverso fasi di polarizzazione dell'interesse in determinate parti corporee, così, la sessualità, dapprima confusa o indifferenziata, passa dalla fase "orale", alla "anale", alla "fallica" o "genitale".Il rapporto più importante, che il bambino vive, per lo sviluppo affettivo, è quello con la madre, analizzando, vediamo come questo sia basato sul contatto corporeo, unico mezzo di espressione utilizzabile dal bambino fin dalla nascita.Attraverso il corpo, il bambino comunica alla propria madre i suoi stati di bisogno primari e il suo appagamento, definito dal Vayer rapporto o "dialogo tonico", affermando che, tra tono muscolare del bimbo e della madre esiste uno stretto rapporto che fa entrare in simbiosi questi due esseri, ciò permette alla madre di percepire, prima di chiunque altro, i messaggi del bambino. Il rapporto corporeo con la madre fa si che, anche il neonato percepisca i messaggi corporei di questa e impara a differenziarli, codificarli e a rispondere di conseguenza ponendo le basi della sua comunicazione futura.

260

Un sano rapporto con la madre porta il bambino non alla differenziazione tra il sé e la realtà circostante, e al riconoscimento degli altri. Nel rapporto del bambino con il mondo degli altri, si possono individuare i seguenti punti:- la conoscenza degli altri bambiniL'imparare a riconoscere gli altri bambini, il coordinare le proprie azioni con loro, porta il bambino all'acquisizione di atti con la conoscenza, il riconoscimento, la collaborazione, la fiducia negli altri, preparandolo per un positivo sviluppo sociale.- Educazione dei mezzi espressivi:a) espressione corporea, b) espressione grafico-cromatica, anticipa e prepara il linguaggio verbale, favorisce l'uso e lo sviluppo dell'immaginazione e delle creatività.La traccia grafica, nasconde sia nella sua esecuzione che nella forma, aspetti più o meno profondi della personalità di chi la esegue.Il colore, è anch'esso, parte integrante dell'espressione grafica, si può affermare che esso ha avuto sempre un'enorme importanza nella vita dell'uomo, partendo dai tatuaggi delle antiche tribù primitive fino alla pubblicità di oggi.Ogni colore è legato a certe sensazioni e può esprimere stati d'animo profondi, quindi si può pensare che il segno grafico anche se sia solo un semplice "scarabocchio" può essere oggetto di interpretazione.c) Espressione musicale, la musica come la danza, hanno sempre vissuto accanto all'uomo aiutandolo ad esprimere le sue paure e ad esorcizzare i suoi mali.La musica ha una componente che ritroviamo nella memoria dell'uomo, sin dallo stato fetale, cioè il ritmo.È infatti il ritmo del cuore della mamma, della sua respirazione, della sua voce, che viene trasmesso al feto nell'utero, attraverso le vibrazioni del liquido amniotico.Il feto percepisce questi ritmi in forma tattile, su tutto il corpo, quindi anche il non udente ha potuto beneficiare di tali esperienze che rimarranno in lui per sempre.C'è un legame profondo tra suoni e movimento, che raggiunge il suo culmine nella danza; questa è una forma espressiva privilegiata, nella quale è possibile liberare il corpo e farlo esprimere liberamente.Si potrebbe pensare che il bambino sordo sia escluso da questa forma di comunicazione.

261

Esistono, però, esperienze che tendono a smentire questa ipotesi. Ci sono infatti degli istituti di audiologia che lavorano con bambini audiolesi anche molto gravi, usando la musica e basandosi sul principio del corpo come strumento di ricezione del suono.Si lavora sfruttando al massimo i residui auditivi tramite protesi ma anche con sordi profondi attraverso la "percezione acustica" che è dovuta al fenomeno della risonanza corporea.Questo tipo di attività favorisce la strutturazione delle percezioni spaziali e temporali di tipo astratto, come ad esempio il volume, l'orientamento e altre.Inoltre, da la possibilità, anche al bambino non audioleso, di partecipare ad attività che, altrimenti, gli sarebbero precluse e di usare un codice comunicativo importante.d) espressione verbale, deve essere intesa come prolungamento del gesto e cioè associata all'azione.La parola resta, comunque, il mezzo privilegiato della comunicazione umana, ma non l'unico per cui l'acquisizione della parola del bambino non deve portare il soffocamento delle altre capacità comunicative.Un corretto sviluppo psicomotorio ci dà, dunque, coscienza e padronanza del nostro corpo, non solo nell'uso che di esso si può fare nella comunicazione, ma anche nel controllo dell'emotività e della vita psico-affettiva.Il non udente per comunicare con gli altri userà più tipi di linguaggio, fra cui quello dei gesti; per fare questo, egli deve vivere un corretto sviluppo psicomotorio.Se si esclude l'importanza dell'udito, per la percezione spazio-temporale e nello stimo alla scoperta, sostituibile però con altre stimolazioni corporee e se non vi sono danni agli organi vestibolari, per cui l'equilibrio non è compromesso, si può affermare che il non udente può avere uno sviluppo psicomotorio non diverso da quello dell'udente.Per fronteggiare i vari problemi del pensiero e dei vari linguaggi, della struttura e della dinamica dello sviluppo sociale, riguardante la personalità e le funzioni psichiche superiori, e la formazione del carattere per il bambino sordo, occorre favorire la promozione dello sviluppo dell'IO e della socializzazione mediante esperienze relazionali di contatto.Si tratta di realizzare una conversazione, di promuove linguaggi capaci oltre di trasmettere idee, di trasmettere emozioni testimoniate con espressività cinestesiche e mimico-gestuali, realizzate in una conversazione che pur silenziosa possa favorire ogni abbattimento di fatto

262

tensionale. Gravi problemi però, possono insorgere nell'ambiente dove il bambino sordo vive e cresce, che lo possono influenzare, negativamente, nel suo sviluppo globale e quindi anche nell'ambito psicomotorio.Il diversabile psico-fisico o sensoriale, nella nostra società, è sempre troppo spesso relegato da barriere non solo fisiche, che costituiscono il male peggiore di cui più soffre: l'isolamento.

8.7. Il soggetto nel rapporto con sé e con gli altri

Molto spesso il soggetto portatore di diversabilità possiede degli svantaggi che non sono relativi alla menomazione di cui è portatore, ma più spesso al vissuto problematico che ha dovuto affrontare. Dal momento in cui il disabile si accorge della sua condizione, inizia un lungo periodo di conoscenza ed accettazione o rifiuto della minorazione. La sua "condizione", legata a problemi di natura motoria, sensoriale od intellettiva, lo fa sentire inferiore ai propri coetanei; questo, molto spesso, provoca l'isolamento, il cui unico scopo è legato alla paura di misurare le sue capacità a confronto di altri. Il soggetto riesce ad accettare sé stesso nella misura in cui le persone che gli sono vicino, "la madre e i familiari in primo luogo, vivono ed accettano tale diversabilità, cioè dal fatto se il soggetto sente di essere amato, non per ciò che ha (o non ha), cioè capacità motorie, intellettive, ecc., ma per ciò che è, cioè figlio, alunno, ecc..." (Benedetti B., 1981). "Il compito di rilevare, chiarire, precisare, analizzare l'diversabilità...spetta anzitutto ai genitori ed il loro atteggiamento é fondamentale nella costruzione della sensibilità del soggetto nei confronti di sé stesso, della sua identità". (Barsotti P., Gori M., 1993). Gli adulti hanno un compito fondamentale in questa fase, ma molto spesso compiono degli errori: "la minimizzazione o addirittura la negazione delil diversabile, oppure al contrario la riduzione del soggetto alla sua menomazione " (Barsotti P., Gori M.1993).In entrambi i casi viene negata la sua vera identità . I genitori, con il loro graduale aiuto, dovrebbero portare il soggetto alla conoscenza della sua minorazione, ma anche delle sue potenzialità, aiutati, quando il soggetto inizia a frequentare la scuola, anche dagli insegnanti. "Da sempre gli diversabili, sia nella comunità sociale che nella scuola, sono una minoranza e come appartenenti ad essa tendono a comportarsi". (Barsotti P., Gori M., 1993).

263

Dobbiamo aggiungere che il contesto in cui viviamo è fatto a misura di "soggetto normale" e questo crea ulteriori problemi di inserimento. Un disabile che si trova in una società proiettata verso la produttività, la cui tendenza socio-culturale é quella di mettere in evidenza la diversità, non può non sentirsi schiacciato e come tale diviene candidato alla emarginazione. Ogni soggetto diversabile si trova ad operare insieme ad altri, così detti normali, che possono avere atteggiamenti diversi nei suoi confronti. "Spesso i soggetti temono che dalla presenza nel loro gruppo di un diversabile derivino limitazioni di spazio e di qualità ai loro giochi e ai loro movimenti. Altre volte tendono ad essere eccessivamente ablativi, a dimenticare quasi sé stessi per dedicarsi al compagno che vedono e sentono più debole". (Barsotti P., Gori M. 1993). In entrambi i casi si notano gli errori che sono stati compiuti anche dai genitori. Di solito i soggetti che cercano un'amicizia dei diversabili sono quelli isolati dalla classe, o perlomeno presentano dei problemi: "Il soggetto diversabile nei primi tempi dell'inserimento è in continuo stato d'allarme. Egli si sente spesso minacciato in un ambiente in cui molti comportamenti scontati per gli altri sono spesso conquiste per lui. I suoi compagni dovrebbero perciò soprattutto sapere che cosa non fare per non danneggiarlo. Per esempio evitare di offrirgli aiuto quando non serve". (Barsotti P., Gori M., 1993).

8.8. Corporeità e comunicazione

è stato dimostrato che il soggetto apprende meglio attraverso il movimento fino a costruire le successive fasi cognitive e ad incidere sui processi più elevati del pensiero.Il movimento è uno dei linguaggi attraverso il quale l'uomo esprime il suo mondo interiore ed entra in rapporto con il mondo che lo circonda.È il linguaggio più importante, che non abbandona mai l'uomo, anche nel caso delil diversabile grave; infatti, il corpo esprime verso l'esterno messaggi significativi.La società di oggi è basata sulla parola, e anche la scuola ha, in un certo senso, privilegiato il linguaggio verbale in confronto agli altri linguaggi.Il risultato di questo processo è stato che l'uomo ha dimenticato, gradualmente, le proprie capacità comunicative non verbali ed ha perso l'abilità interpretativa di queste.

264

La comunicazione non verbale dovrebbe accompagnare sempre quella verbale, integrandola validamente.In questi ultimi anni si è parlato molto di linguaggi non verbali, di mimica, di drammatizzazione, come se questi fossero delle speciali tecniche di comunicazione, dimenticando che l'uomo le ha sempre possedute e usate nella sua evoluzione.L'essere umano, evolvendo dal suo stato di primitivo, ha costruito, gradualmente, i suoi linguaggi differenziandosi dagli animali.Il nostro corpo contiene, dunque, dei messaggi inconsci, che abbiamo dimenticato o non sappiamo più codificare.La corporeità, possiamo dire, si realizza attraverso l'utilizzo consapevole del proprio corpo di fronte a una situazione vissuta dall'individuo e risente di situazioni somatiche e psichiche che influiscono sul tono emotivo del soggetto.L'espressione attraverso il corpo dipende anche dal desiderio di comunicare e quindi dalle sue motivazioni.La corporeità nel soggetto, assume un ruolo fondamentale in quanto scaturisce dal bisogno di uscire dal proprio egocentrismo, stabilendo interrelazioni con l'esterno (ambiente) e le persone circostanti, allo scopo di trasmettere una comunicazione di stati d'animo e di interessi e di ricevere comprensione.Tale comunicazione emotiva gli consente di aprirsi più facilmente al mondo esterno, di superare lo stadio egocentrico pervenendo ad una migliore conoscenza di sé.Attraverso la corporeità il soggetto instaura con la madre un dialogo tonico che si traduce visibilmente nell'espressione e negli atteggiamenti del corpo.Tra i due e i cinque anni il soggetto passa al dialogo corporeo vero e proprio con espressività gestuale in quanto ha imparato ad usare la propria motricità, a prendere coscienza delle varie parti del corpo e quindi stabilire relazioni tra sé e il mondo esterno.La corporeità assume nel soggetto anche un profondo significato educativo: non dimentichiamo, infatti, che la condizione per pensare ed esprimersi, è data dalle esperienze fatte con l'ambiente circostante e che queste sono realizzabili con il movimento es. (rotolare, afferrare, manipolare, saltare, correre, ecc.).È rilevabile come il soggetto con corporeità limitata, sia insicuro nei movimenti, spesso ansioso e dipendente dagli altri.Di conseguenza egli ritarda la conoscenza delle parti del corpo, a differenziare e a coordinare le loro azioni, ritardando così anche la

265

conquista di un mezzo così importante di comunicazione (quello gestuale spontaneo che può chiarire e rinforzare la parola).L'educazione psico-corporea dovrebbe essere una proposta didattica da usarsi precocemente e ampiamente, per aiutare il soggetto a comunicare/comunicarsi, a esprimere/esprimersi con l'uso di mediatori simbolici, quali il gesto, la voce, lo sguardo, i suoni, e quindi valorizzare la potenzialità del singolo.Nell'educazione del soggetto, c'è sovente il rischio di sostituire o sovrapporre al mondo delle cose il mondo delle parole, senza che queste siano correttamente correlate da una esperienza vissuta concretamente.Sarà opportuno proporre percorsi dinamici che nell'azione stimolano il desiderio e l'esigenza di rievocare l'azione nelle sue varie sfumature.In questo, assume grande importanza la presa di coscienza delle parti interne del corpo, quali il respiro, il battito cardiaco per arrivare a realtà esterne con le quali il soggetto può avere una frequente relazione quali il sole, la luna, il vento, il fumo, il fuoco, il mare, l'onda che cresce e si rompe sulla spiaggia, ecc.In tal modo, attorno all'attività motoria, il soggetto arriverà anche alla conoscenza del mondo reale, arricchendo la mappa cognitiva e i rapporti semantici tra esperienze percettive-emotive, promovendo così ulteriori indagini esperienziali.Possiamo con certezza affermare che la corporeità riveste una grande importanza nel soggetto, per vari motivi fra i quali diventa fondamentale l'uso del proprio corpo come mezzo di comunicazione.a) capacità rievocativab) confronto con gli altric) miglioramento della capacità gestuale e verbaled) conoscenza del proprio corpo.

8.9. Espressione cinestesica

Il soggetto acquista la nozione del modo esterno con tutto il suo essere, ed è in quanto avrà l'uso del suo "IO" potrà acquisire la sua indipendenza di fronte al mondo degli altri, accettarlo, e stabilire con esso le necessarie relazioni.Il soggetto, usa il proprio corpo come mezzo di relazione con l'esterno, ed è nel rapporto con il mondo degli oggetti, che sviluppa ed esercita il proprio "IO", nel rapporto con il mondo degli altri, invece, stabilisce interrelazione per soddisfare le esigenze vitali ed affettive.

266

Esistono, dunque, tre punti fondamentali, che sono le condizioni dello sviluppo del soggetto e della sua integrazione nel mondo che lo circonda, questi sono anche il fondamento dell'educazione psico-motoria:1 - LO SCHEMA CORPOREO2 - IL BAMBINO DI FRONTE AL MONDO DEGLI OGGETTI;3 - IL BAMBINO DI FRONTE AL MONDO DEGLI ALTRI.Questa suddivisione è comunque da considerarsi solo teoricamente, il soggetto, infatti, deve essere considerato sempre come essere "globale". 1) - SCHEMA CORPOREOPer potersi confrontare con il mondo esterno in maniera positiva, il soggetto non deve conoscere e saper controllare il proprio corpo, questo implica la necessità di saper dominare le proprio pulsioni, l'avere coscienza dei propri mezzi relazionali, per saperli usare a proprio vantaggio.A) PERCEZIONE DEL PROPRIO CORPO- Identificare attraverso il movimento le posizioni globale del proprio corpo.- Saper riconoscere ed indicare le differenti parti del corpo.- Distinguere la sua dominanza laterale.- Saper differenziare i movimentiB) DIMOSTRARE L'ORIENTAMENTO E LA STRUTTURAZIONE DELLO SPAZIO TEMPORALE- Applicare ai movimenti (in special modo quello delle mani e degli arti superiori) le nozioni di direzione, piani e posizioni.- Distinguere, identificare ed esplorare oggetti di forme diverse.- Distinguere suoni di differente intensità e orientarsi.- Manipolazione di oggetti e materiali.C) RAFFORZO DELLE CAPACITÀ COORDINATIVE E CONOSCITIVE DEL MOVIMENTOD) MIGLIORAMENTO DELL'EQUILIBRIO E DELLE POSTURE Il soggetto sordo viene a conoscenza delle informazioni del mondo che lo circonda attraverso i sensi integri quali la vista, il tatto, l'olfatto, il gusto; egli deve esercitare questi sensi, affinché queste percezioni vengano sempre più arricchite, selezionate ed affinate.L'organizzazione dei sensi avviene in rapporto al proprio corpo, al mondo degli oggetti e poi a quello degli altri.Il soggetto deve anche riuscire a discriminare i vari stimoli che lo colpiscono ad organizzare le proprie percezioni.

267

La capacità di percezione dello schema corporeo è riferita a queste abilità ed è la chiave di volta dell'educazione del soggetto.La costruzione dello schema corporeo si fonda sulla realtà vissuta, naturalmente e globalmente, nel corso dello sviluppo del soggetto, grazie, soprattutto, al gioco che intraprende sia con il proprio corpo, che con gli oggetti esterni.È principalmente il gioco, infatti, il mezzo più importante di conoscenza del soggetto, egli gioca con il proprio corpo imparando a conoscerlo, a differenziarne le parti, a guidarne i movimenti in relazione agli effetti che questi producono sulla realtà.Prenderà, così, coscienza della respirazione, della capacità di rilassamento, svilupperà l'equilibrio, la coordinazione, consoliderà la propria lateralità.Egli inconsapevolmente, svilupperà anche una motricità integrata da esperienze senso-percettive-affettive dal dominio dello spazio e del tempo, dallo schema corporeo, dal messaggio e dall'azione, utili per creare una condizione di rapporto fra il sé e l'ambiente.I significati che vengono esplicati a mezzo della comunicazione non verbale sono infiniti, capaci di incidere notevolmente, il fine è quello di raggiungere un comportamento motorio, sempre più rappresentativo, capace di esprimere ogni pur minima emozione e figurazione corporea.Il colloquio educativo dovrà tener conto di questo aspetto pluralistico della comunicazione non verbale se vuole rimuovere ogni inibizione ed insicurezza e proporsi come garanzia di superamento per ogni problema socio-affettivo e di adattamento.Per questo si impone di far assumere al soggetto con diversabilità i mezzi di comunicazione utili per attuare i necessari rapporti interrelazionali e per evolversi.Tutte indicazioni interessanti ma che rischiano di rimanere vuote, se il colloquio non permette al soggetto di superare il suo stato di autoinsufficienza, di sfiducia in sè stesso o se la paura, l'atteggiamento di rifiuto, non si mutano nel desiderio di vivere e comunicare.Dobbiamo quindi agire in modo da cambiare quegli schemi motori derivati da esperienze negative, consolidando nel soggetto non udente quelle capacità motorie che possono favorirlo nella sua espressione cinestesica e mimico-gestuale.Processi fondamentali dell'acquisizione psico motoria del soggetto sono:- Movimenti fini della mano e delle dita- Coordinazione- Dissociazione dei movimenti ed equilibrio

268

- Spazio e relazioni spaziali- Organizzazione temporale - Lateralizzazione- Rilassamento globale e segmentario, controllo della respirazioneMovimenti fini della mano e delle dita L'apparato delle dita della mano è assai raffinato e complesso.Per favorire l'aspetto sociale del comportamento e le funzioni psichiche superiori è necessario assumere conoscenza di tutte le abilità che la mano può realizzare (flessione ed estensione, abduzione e adduzione, opposizione e singolarizzazione, micro e macro movimenti e loro significazioni).I movimenti della mano e delle dita per essere adatti ad acquisizioni cognitive e ad interazioni capaci di impressioni devono poter possedere regole di abilità, di organizzazione percettiva, di gesto vissuto.Assicurata una funzione motrice, una duttilità, una relazione tonica, al tempo stesso è assicurata l'esperienza del corpo e la sua conoscenza.Ai movimenti va non di meno aggiunta la loro significazione, quel linguaggio cinesico, quel codice gestuale, che diviene un sistema segnico necessario ai contributi di espressione e comunicazione non verbale.Gesti che rappresentano e comunicano un modo di essere e di esistere in relazione a sé stesso e agli altri.Un corpo vissuto, sentito, conosciuto, designato come buono e cattivo.Gesti espressivi e plastici, caratterizzati dall'emozione, dai bisogni, dai desideri, dalle forme di legami dialettici dell'individuo nella vita sociale.Un gioco nell'uso delle dita della mano, con cui il soggetto manifesta, drammatizza e trasforma la realtà esterna e il proprio mondo interno con le fantasie subconsce che lo animano.Un rapporto di interdipendenza per lo sviluppo individuale e per la vita relazionale di cui la mano rappresenta il luogo di integrazione.Le condizioni ambientali, interpersonali e di rapporto, da assicurare per, favorire il self e la integrazione, specie in presenza di possibili difficoltà nella significazione di movimenti, quali la stereognosia, la paratonia, la diagnosi digitale, la disgafoestesia, e le afferenze emozionali impongono di richiamare alcune tecniche, con l'invito, tuttavia, di seguirle criticamente onde evitare ogni addestramento e penalizzazione del soggetto.1) Tecnica Camusat:Selezione e unione di elementi (bulloni e dadi) combinazione di elementi programmati (formare una catena con delle magliette colorate)

269

Esercizio delle "posizioni simmetriche" (cavicchi da inserire in tavole forate)Apprezzamento di spessoreEsercizi per i movimenti coordinati delle due mani (nodi)Esercizi di coordinazione, tenuto conto della precisione e della forza misurata (chiodi da infilare in una tavoletta, seguendo un tracciato determinato)Esercizi per il sincronismo visivo-manuale (aghi da infilare, prima con una mano poi con l'altra).2) Tecnica BraunerPrecisione gestuale delle dita:a) collocare delle palline da ping pong in una di quelle scatole per contenere le uova b) collocare delle palline in quei piccoli fori rotondi che si trovano, ad esempio, sul fondo in compensato di certe sedie;c) infilare dei sassolini, delle palle (grandi e piccole) nei riguardi di una fitta rete da recinto, collocata su piano orizzontale o verticale;d) mettere con le mani dello zucchero in una ciotola, dei fagioli secchi in una scatola, dei fiori in un vaso;e) portare un giornale, una lettera; strappare le foglie da un ramoscello.f) esercizi di percussione (far battere con una mazzetta su una tavoletta di legno riducendo progressivamente le sue dimensioni).g) esercizi per il "lasciare" (attenuare la rigidità della mano mentre tiene un oggetto fino ad abbandonarlo).Per ottenere maggior forza nelle dita, perfezionare la pressione e renderle più agili:a) esercizi di percussione col dito (battere col dito su un piccolo pianoforte per soggetti; premere un bottone di suoneria, l'interruttore di una lampadina);b) esercizi della molletta per biancheria (far aprire una molletta per fissarla ad una corda);c) esercizi di abbottonatura e sbottonatura;d) Bum Bum (i pugni battono su sacchi di sabbia);e) Pam Pam (battute su sacchi di sabbia con la mano aperta e le palme rivolte verso il basso);f) strizzare una grossa tela (movimento di torsione).3) Alcun autori riferiscono sull'opportunità di esperienze di strappo, di ritaglio, di piegatura (origami), intreccio, avvolgimento, modellaggio, uso delle marionette e burattini, infilatura di perle, accartocciare, cucire.

270

4) Tecniche a cui fare riferimento per trovare indirizzi sulle abilità delle dita e della mano possono essere quelle di Soubiran e Coste, Roques, Beltrami e Mondoni, Le Boulch, Picq e Vayer, Frostig, Dubosson, Lafarge, Aristow-Journaoud, Muller, Leopold.Una maggiore attenzione nei confronti del self, del messaggio e dell'azione può rintracciarsi nell'esperienza del toccarsi.Al linguaggio e all'espressione delle mani e delle dita sono necessari anche i suggerimenti stimolatori della manipolazione e dell'automanipolazione.Non è da dimenticare l'ausilio dell'immagine mentale, delle implicazioni perfezionanti e maturanti la sfera affettiva e volitiva e le modificazioni del comportamento e della personalità.Per non creare una situazione artificiale, una parodia senza interesse, una invilente azione correttiva, occorrerà penetrare, con sforzo interpretativo i fenomeni, fare lettura della essenza interiore de processi dinamici da cui nascono i segni. Il colloquio educativo e didattico quindi dovrà offrire al soggetto l'opportunità di sentire, di leggere, di ricercare una identità di salute in quello strumento che è il corpo, grazie anche allo sgombero delle tensioni e dei blocchi come riscatto della repressione. Ne consegue che il rapporto deve realizzarsi anche per mezzo di un contatto, di stimoli tattili capaci di garantire a ciascun componente un maggior autocontrollo, l'accettazione dell'IO cinetico e cinesico, il rafforzamento della personalità volitiva, il vivere intensamente il dialogo con se stesso, il senso di liberazione e la spontaneità. Una azione dialettica che si sviluppi in uno spazio di comunicazione e accresca una abilità gestuale di relazione dinamica, dove lo spingere o il tirare per il ripristino di tonicità, trova un significato nel toccare ed essere toccato, nel conoscersi in relazione al conoscere l'altro, nell'armonia dell'organizzazione gestuale, come sicurezza scaturita dall'eco degli scambi comunicativi.Coordinazione, dissociazione dei movimenti ed equilibrio. La coordinazione dinamica generale e segmentale, si costituisce e si sviluppa in rapporto alla percezione, alla conoscenza e organizzazione di se e del mondo esterno ed è, quindi, strettamente connessa alla strutturazione dello schema corporeo.Il soggetto che corre, salta, rotola, striscia, ecc. mette in moto tutta una serie di movimenti che vengono coordinati in unica articolata azione.Nel soggetto non udente che si esprime attraverso i segni, riveste una grande importanza la coordinazione oculo-manuale che è una forma di

271

coordinazione sensorio-motoria utile per coordinare i movimenti delle braccia e delle mani con la funzione visiva.La L.I.S. e la dattilologia consentono non solo l'esecuzione di gesti attraverso la volontà, ma anche la codificazione di questi, eseguiti da un'altra persona.La capacità coordinativa occhio-mano è importante anche per l'apprendimento della scrittura e per l'abilità manipolativa.L'acquisizione di queste azioni coordinate deve essere, nel soggetto, conseguita nel rispetto della plasticità e aggiustamento, è quindi importante lasciare libero il soggetto di effettuare le proprie scelte motorie in risposta a diverse situazioni, in modo da favorire un lavoro di ricerca e scoperta personale.Egli in questo modo memorizzerà degli schemi di movimento basilari, da utilizzare in maniera plastica, cioè adattabile, in ogni occasione.La componente coordinativa subisce sempre gli effetti della dimensione tonico, emozionale ed affettiva del movimento stesso.La coordinazione e la dissociazione oltre alle occasioni che si sono viste localizzate essenzialmente sulla mano e sulle dita, richiedono qui un riferimento alla collaborazione di ogni altra parte del corpo.I suggerimenti e le riflessioni si spostano su alcune proposte che sono più importanti di ogni altra esperienza motoria, quali ad esempio:- rotolamento- strisciamento- striscio omologato (a terra, proni, fare movimenti simili alla rana)- striscio omolaterale (a terra, proni, allungarsi in estensione, col braccio e gamba destra tirarsi in avanti poi con braccio e gamba sinistri)- striscio con schema crociato- camminare gattoni con moto omolaterale- camminare gattoni con moto crociato e successivi diversi camminamenti all'impiedi.Portato il soggetto ad una deambulazione sufficientemente armonica, ulteriori esperienze a cui dovrà essere sottoposto saranno quelle esperite dal Soubiran-Cost, dal Bucher, o dal Le Boulch, e tra queste:1) Tracciare con le due mani delle circonferenze muovendole nello stesso senso, in senso divergente, con ampiezze differenti, oppure facendo tracciare da una mano una circonferenza mentre l'altra ne traccia tre.2) Camminare alternando braccia-gambe o battere alternando mani-piede destro, mani-piede sinistro o battere le mani in alternanza con i passi.

272

3) Fare rimbalzare una palla senza sosta prima con una mano poi con l'altra, oppure esercitarsi nel ruolo di "giocoliere".4) Lanciare e ricevere, fare lanci di precisione, di mira, di destrezza nel rispetto del ritmo imposto.Raccogliamo qui anche liste di esercizi tra cui:a) salire su..... e tenersi in equilibriob) salire e scendere le scalec) salire su..... e posare con una sola gamba pretendendo perfino che i soggetti vivano le esperienze ad occhi bendati.Vivere disequilibrio e in difficoltà a coordinare e dissociare i movimenti significa vivere in uno stato di disequilibrio fisico e psichico, oscillare è perciò essere poco sicuri, poco certi di poter padroneggiare una situazione, avere una scarsa capacità di conoscersi e organizzarsi in funzione di risposte adatte; disabilità che richiedono lo strutturarsi di un dialogo educativo sicuramente diverso dal salire e scendere le scali.Spazio e relazioni spaziali La capacità di percepire lo spazio nel soggetto non udente è spesso ritardata, e a questa carenza, si potrà, comunque, ovviare con opportune stimolazioni.Spazialità è il significato di sapersi muovere e dirigere liberamente in una certa direzione, nel mettere dentro a....., entrare in...., nel tirare dentro a...., entrare in..., nel tirare fuori...., uscire da...., nel disporre sopra, sotto, accanto, a destra di...., o nel disporsi rispetto a...., costruzioni della capacità decifrativa in ordine ambientale, prossemico e di orientazione, vere garanzie per un positivo colloquio.Le relazioni spaziali saranno interamente apprese solo quando il soggetto, oltre ad un controllo direzionale, saprà applicare le stesse relazioni alla rappresentazione simbolica e semantica. Ciò significa che ogni esperienza sarà meglio appresa, seguita da una appropriata mediazione verbale e vissuta in un colloquio col quale è possibile riferirsi a persone e oggetti reali, operando e verbalizzando tutte le relazioni.I suggerimenti che ci pervengono per queste esperienze sulle relazioni spaziali, sono:a) Ricomposizione simbolica del manichino; distinguere, mostrare e scegliere una parte di queste composizioni.b) Per le nozioni di alto/basso:1) attraverso l'uso dei comandiprendi il ..... che è in altoprendi il ..... che è in basso;

273

2) attraverso l'uso delle domande dov'è la ......dov'è la .......dov'è il .......il ...... è in basso o in alto la ..... è in alto o in basso;3) ricerca di oggetti presenti in aula diversamente posizionati;4) ricerca di oggetti diversamente posizionati e che si trovano nell'ambiente esterno alla scuola.c) Per le altre nozioni di orientamento spaziale:1) esercizi imitativi su invito formulato da un linguaggio codificato;2) con l'uso dei comandi, chiedere al soggetto di spostarsi lungo le varie coordinate;3) esercizi di spostamento di oggetti:il tavolo è alla destra di..... è al fianco di ......il ..... è sopra a .....;4) esercizi di costruzione;5) esercizi di disegno ritagliato, di puzzle o uso degli incastri per esperienze di ricomposizione dichiarando la relazione spaziale;6) esercizi di percorso;7) tra le attività corali: tracciato un quadro o un rettangolo e altre figure geometriche per terra su una vasta area, procedere camminando nelle varie direzioni (dentro, fuori, attorno, avanti, indietro); oltre a questa attività si chiede di spostarsi parallelamente, verticalmente, con un percorso a croce o obliquo rispetto ad una linea data;8) copia dei disegni, linee e forme.d) Per le nozioni di distanza e di intervallo:1) far acquisire la differenza fra i passi lunghi e i passi corti, fra tanti o pochi;2) decifrare con i passi le distanze;3) uso delle spanne per la misurazione;4) valutazione dei lanci (lunghi e corti).e) Per i problemi di relatività:1) posizione relativa;2) inversione della posizione relativa;3) posizione dell'oggetto in relazione a se stesso;4) posizione degli oggetti in relazione al sig. "o";5) sistemi di riferimento;6) movimento relativo;7) interazione.

274

Inseguendo i valori del colloquio che ci indirizzano su un continuo operare, incalzato dalla relativa verbalizzazione, ci rendiamo conto che la conoscenza della relazione spaziale può essere raggiunta per mezzo di una interazione corporea. Al soggetto, punto di riferimento della relazione, sarà permesso di catturare l'alto e il basso già con il semplice movimento di alzata-caduta del braccio; il contiguo e il lontano e ogni decifrazione delle coordinate, saranno lette, sentite, evocate e godute in uno scambio costante di confronto e di verifica sui corpi che si incontrano, che parlano e si informano, capaci di valorizzare ogni messaggio, perfezionato da afferenze emozionali-affettive.Organizzazione temporaleL'organizzazione del tempo è particolarmente legata alla percezione uditiva che si integra a quella motoria. Assai frequentemente si può parlare di organizzazione e strutturazione spazio-temporale visto che spazio e tempo si intrecciano continuamente.Il tempo si può distinguere in durata, intensità e ritmo, conoscenze che possono essere apprese se viene offerta al soggetto una vita di relazione affettiva e sociale la cui regolarità renda possibile una assunzione cognitiva dei ritmi, delle scansioni e delle sequenze.L'organizzazione del tempo, si dice, può essere favorita per mezzo di varie stimolazioni:a) audizioni di suoni lunghi e suoni corti;b) emissione di suoni lunghi e suoni corti;c) strutturazione di momenti pausativi nella audizione e nella emissione;d) in base alla durata breve o lunga compiere movimenti con le braccia;e) associare alla durata del suono un segno grafico;f) compiere spostamenti per mezzo della deambulazione associandola alla durata del suono;g) emettere suoni lunghi o corti a seconda della distanza e della lunghezza di segni grafici o di gesti;h) lanciare un pallone vicino o lontano.In particolare l'intensità vene proposta attraverso sollecitazioni tipo:- audizione per differenziare i suoni forti dai suoni deboli;- emissione di suoni forti e suoni deboli;- rappresentazione dell'intensità di suoni per mezzo di segni di diversa dimensione o in scala crescente e decrescente;- emettere suoni forti o deboli a seconda della grandezza delle figure;- battere le mani al suono debole, i piedi al suono forte;- alzare il braccio al suono forte, alzare l'avambraccio al suono debole;

275

- alzare il braccio destro al suono forte, il braccio sinistro al suono debole;- guardare a destra al suono forte, guardare a sinistra al suono debole;- alzare la testa al suono forte, abbassare la testa al suono debole;e si potrebbe continuare.Per l'acquisizione di una migliore abilità nella ricezione e rappresentazione ritmica vengono proposti:a) audizione dei ritmi, prodotti con diversi strumenti quali ad esempio il metronomo, il tamburo, il pianoforte;b) insegnare a scandire il tempo e fermarsi quando cessa la sollecitazione ritmica (battendo le mani, i piedi, aprendo e chiudendo i pugni delle mani);c) marciare, saltellare, oscillare a tempo;d) eseguire esercizi segnico-grafici (Thea Bugnet);e) tecnica Brauner.Insegnare a.... rimedi questi che non sono da considerarsi unici a tutela di una educazione. Tale obbiettivo può essere raggiunto, infatti, solo se teniamo conto che ritmo, suono, gesto, movimento, sono in rapporto unico e totale, la cui potenzialità educativa si pone nel rispetto del vivere in prima persona l'esperienza, sentirla in sé, averne la conoscenza intellettiva, fino a raggiungere una comprensione emozionale ed istintiva, interiorizzata e consapevole.Sappiamo che il ritmo si ritrova nel camminare, nel respirare, nel battito cardiaco, rappresenta l'organizzazione del movimento e del gesto. Per questo, affinché un soggetto viva col proprio corpo la parte ritmica, adattandosi, facendosi coinvolgere e la sappia attentamente seguire con una certa creatività, è necessario un intervento abbastanza complesso e articolato che riesca ad ordinare il movimento, a tradurlo in schemi, in scansioni e raggruppamenti, a liberare il soggetto da insicurezza e da inibizioni e sviluppare in lui le più ampie capacità percettive.Il tempo può essere vissuto, sentito, partecipato, solo se il colloquio fra l'insegnante e gli scolari non si inaridisce nella ripetizione di esercizi, ma tiene conto che è nell'ambiente e nell'interazione che si rende possibile il mettere a fuoco e risvegliare tutta la sfera temporale.L'ambiente parla a noi e se noi viviamo uno stato di equilibrio, liberati da tensioni, dalle depressioni, dalle paure, dai complessi e dalle inibizioni, saremo certamente capaci anche di analizzare le infinite gradazioni dei suoni e dei rumori, della luce, del colore e dell'espressione tonematica che l'ambiente ci offre, di vivere dei fremiti prodotti da ciascuna di queste piacevoli scoperte, sicure pulsioni per ulteriori sviluppi.Lateralizzazione

276

La lateralità è la dominanza, per certe funzioni specifiche di un emisfero cerebrale sull'altro.In circa il 95% delle persone l'emisfero dominante è normalmente il sinistro che presiede in maniera fondamentale alla organizzazione del linguaggio, al pensiero logico-verbale, alla memoria verbale, all'analisi, alla risoluzione dei problemi logico-matematici.L'emisfero destro, invece, svolge un ruolo subordinato ai processi del sinistro, ma prioritario per la percezione spaziale, della forma, della musica, per la sintassi, e l'intuizione.L'emisfero sinistro ha una dominanza anche sul piano motorio ed specializzato nell'uso di parti del corpo per effettuare azioni specifiche.La lateralizzazione è un fenomeno funzionale in quanto ogni parte del corpo possiede una sua dominanza, specializzandosi in azioni primarie o di supporto.La dominanza laterale partecipa a tutti i livelli alla formazione dello sviluppo del soggetto, essa è la stabilizzazione dell'orientamento del proprio universo vissuto. Il soggetto ha innumerevoli occasioni di mettere in azione scelte di lateralità che saranno realizzate in accordo tra pensiero visivo, motricità, organizzazione dello spazio, schema corporeo.La lateralizzazione che è esclusiva dell'uomo, spesso non viene raggiunta. La dominanza incrociata, la dominanza non bene strutturata, l'innaturale dominanza sinistra o l'uso della mano destra assunto a seguito di costrizioni possono influenzare negativamente ogni espressione e rappresentazione. Una lateralizzazione, espressione di una dominanza ben strutturata, ci propone invece un soggetto armonico, capace di possedere una costruita immagine del corpo, una adatta spazialità e temporalità, una capacità somato-percettiva, necessaria al gusto del vivere e del comunicare.Per una ricerca di una specializzazione destra o sinistra, o meglio un rafforzamento delle abilità dominanti, può venire fatto sfoggio di una assurda elencazione di esercizi per gli occhi, la mano o il piede, che hanno come unica finalità quella di condizionare a guardare, manipolare, tirare, spingere, avvitare, colpire col piede o saltellare in un modo dovuto.Il Delacato propone, ad esempio, per la dominanza oculare: occlusione diretta dell'occhio, occlusione ottica dell'ottica dell'occhio, filtraggio dell'immagine visiva, uso dello stereo-reader (dispositivo costituito da un oculare posto di fronte ad una superficie di lettura, capace di effetto stereoscopico con l'illusione di vedere da entrambi gli occhi e di controllo binoculare).

277

Per rinforzare la mano destra Danielski riferisce:- a tavola, come in un'altra attività lavorativa tenere il soggetto alla nostra sinistra- la tv o la lavagna siano alla destra del soggetto- gli si parli sempre stando alla sua destra - nella lettura che è richiesta a voce alta fare immaginare al soggetto di tenere alla mano destra un microfono - fare inseguire i messaggi segnici e scrittori con la mano destra- nel leggere seduti ad un tavolo far porre il libro leggermente spostato a destra- nel leggere all'impiedi far tenere il libro con la mano destra - quando il soggetto scrive deve inclinare leggermente il capo verso sinistra.Tutte indicazioni interessanti ma che rischiano di rimanere vuote se il colloquio non permette di superare il suo stato di autosufficienza, di sfiducia in sè stesso o se la paura, l'atteggiamento di rifiuto, non si mutano nel desiderio di vivere e di comunicare. Abbiamo detto che, contemporaneamente alla lateralizzazione, anche l'immagine corporea è compromessa, quindi dovremo farlo parlare e dirigere, risvegliare alle sensazioni e liberarlo da ciò che lo ossessiona o lo frena, partecipare ad una ricerca dell'immagine di sè che implichi il cambiamento degli schemi derivati dalle esperienze negative del passato.Rilassamento globale e segmentario, controllo della respirazione Il rilassamento volontario globale e segmentario, occupa un posto rilevante nell'educazione psico-motoria, sia perché favorisce una buona strutturazione dello schema corporeo, sia per la regolazione della funzione tonica.Quest'ultima in particolare sottintende a tutte le forme di comunicazione, ed interessa in maniera particolare quella corporea, è fondamentale che il non udente, che usa come forma di comunicazione il linguaggio dei segni, abbia una tonicità muscolare di fondo che rientri nella norma, facilitandolo così nella comunicazione gestuale.Soprattutto nel soggetto, ma questo avviene anche nell'adulto, la comunicazione, prima di essere verbale è concettuale, è tonica: essa si esprime attraverso modificazioni del tono muscolare, con rappresentazioni mimiche.Il tono muscolare alterato, è anche il sintomo di disordine psico-motorio, per esempio di insufficiente lateralizzazione, o scarsa percezione dello schema corporeo.

278

Secondo le Boulch, il tono è "la risultante di una attività complessa e sovrapposta dei diversi centri, a tutti i livelli del sistema nervoso," in questo modo l'attività volontaria e i fattori psico-emozionali-affettivi, hanno un ruolo fondamentale nella regolazione del tono muscolare. Viceversa, lo stato tonico, è in grado di influenzare, tramite le strutture reticolate e sottocorticali sia l'attività psichica che la partecipazione emozionale ed affettiva del soggetto ad una determinata situazione.L'educazione al rilassamento, non ha solo una funzione educativa, ma anche terapeutica, in quanto, reintroducendo a livello cosciente, un normale controllo tonico, si favorisce l'equilibrio emozionale e l'assorbimento della risonanza delle tensioni emotive ed affettive.Nell'ambito di una educazione psico-motoria il rilassamento deve essere associato sempre alla respirazione.Si può affermare che il rilassamento è un mezzo per arrivare ad una buona educazione posturale, per facilitare la percezione del proprio corpo ed il controllo della respirazione, e tutto questo sarà ottenuto per mezzo di uno sforzo di attenzione interiorizzato.La respirazione è una delle prime funzioni a risentire della influenza delle ansie, delle paure, delle emozioni, ognuno di noi ha certamente provato che nel caso di una forte emozione, il respiro si altera (blocco, accelerazione, affanno, ecc.).La respirazione osservata negli "instabili psico-motori" (P.Vayer), si presenta spesso corta e orale, sintomo dell'ansia che questi vivono.La presa di coscienza del proprio ritmo respiratorio, costituisce un punto fondamentale della conoscenza dell'immagine del proprio corpo, ed ogni ostacolo, alla alternanza ritmica inspiratoria-espiratoria, comporta disturbi sia fisiologici che psicologici.La respirazione è strettamente associata alla percezione del proprio corpo (gioco del torace e dell'addome), ma anche all'attenzione interiorizzata che controlla la contrazione-rilasciamento generale, come quello segmentario. Non a caso la respirazione, per esempio, viene usata nelle tecniche di rilassamento psico-somatico.Esempi di tecniche e di esercizi per il rilassamento sono molteplici: nel metodo di rilassamento globale, bisognerà partire da esercizi completi ed incamminarsi lungo una progressione minuziosa cui si sentirà, si stringerà, si lascerà andare.Il soggetto diventerà così capace di sentire, di precisare progressivamente le nozioni di distensione, di peso, di contatto.

279

Metodi e tecniche di rilassamento globale classiche, prevalentemente mediche, sono quelli di: J.M.Schultz o "training autogeno", si ottiene il rilassamento mediante un processo di concentrazione mentale sul modello della distensione. È un metodo essenzialmente terapeutico in quanto il rilassamento parte come fatto psichico dell'intero e si irradia verso l'esterno.Nel metodo analitico di E.Jacobson, il rilassamento della muscolatura è ottenuto tramite una educazione della sensazione muscolare, attraverso una presa di coscienza di funzionamento muscolare di tensione-rilassamento, fin ad arrivare al controllo dell'inibizione tonica volontaria.Grazie alla riduzione delle tensioni, il rilassamento globale permette il decondizionamento, favorendo così l'equilibrio emozionale e disponibilità mentale. Il rilassamento segmentario è quello dell'attenzione interiorizzata, portata sulla percezione dei diversi elementi del corpo ed è quindi una educazione al controllo del corpo.Tecniche di rilassamento segmentario sono:- il metodo del tono ottimale, o della tonicità armonicamente equilibrata (G. Alexander) si cerca di ottenere un rilassamento più completo di un individuo per affinare l'impressione del senso-muscolare, facendo così prendere coscienza al soggetto della tensione minima necessaria per eseguire un atto motorio;- il metodo del movimento passivo (P. Wintrebert) è una tecnica fondata sulla mobilizzazione passiva dei diversi segmenti secondo una progressione predeterminata senza fare appello inizialmente, né alla volontà, né alla attenzione del soggetto, esso punta molto sulla deconnessione psichica e sulla suggestione.ESEMPI DI PRESA DI COSCIENZA DEL RILASSAMENTO:- posizione di partenza, supini, braccia lungo il corpo;- richiamare l'attenzione alla propriocettività sui diversi segmenti per rilassarli;- alzare e far ricadere al suolo i vari segmenti, un braccio una gamba per volta;- lasciare che il corpo ruoti abbandonato e si posi a destra e a sinistra;- alzare e far ricadere contemporaneamente le braccia e le gambe;- alzare e far ricadere contemporaneamente braccia e gambe dello stesso lato;- idem, ma incrociato (gamba e braccio opposti);- flettere le braccia distenderle rilassate contemporaneamente e successivamente.

280

ESERCIZI DI COSCIENZA SEGMENTARIA IN DECUBITO ASSOCIATA AL RILASSAMENTOEsercizi in decubito- tutti quelli già considerati dalla posizione in decubito per la cintura pelvico addominale;- mani alla nuca, sollevare il busto appena, fissare la posizione per un po'e quindi rilassarsi e andare al suolo;- ripetere elevando sempre il busto, sino alla stazione seduta con busto completamente eretto;- ripetere e completare il movimento di elevazione con la flessione del busto avanti insistendo con un molleggio elastico forzato;- ripetere tutti gli esercizi di elevazione con le mani alla nuca, aggiungendo la rotazione e torsione del busto a destra e a sinistra.Esempi di esercizi in decubito prono:- mani lungo i fianchi, sollevare il busto e le braccia lato-dietro;- idem, sollevare alternativamente le gambe;- idem, abbinare i due precedenti esercizi;- idem, con braccia in alto sollevare le braccia dietro-alto;- idem, con mani alla nuca, spinta delle braccia in alto;- idem, con mani in presa palmare al suolo davanti alle spalle, spingere il bacino in direzione dei talloni, mantenendo ferme le mani, Esempi di esercizio in decubito laterale:- decubito laterale destro, braccio destro flesso in presa palmare al suolo, braccio sinistro lungo il fianco sinistro, elevare fuori la gamba sinistra e fuori il braccio sinistro;- idem, dal decubito laterale sinistro;- decubito laterale destro, mano sinistra al fianco e braccio destro flesso con mano in presa palmare, oscillare avanti e indietro, gamba sinistra flessa:- idem, dall'altra parte.

8.10. Tecniche di rieducazione psicomotoria

I mezzi terapeutici disponibili per il trattamento neuro-psichiatrico infantile sono andati facendosi, in questi ultimi anni, assai numerosi e specializzati, parallelamente al nuovo modo di concepire la malattia neuropsichiatrica come malattia sociale dovuta spesso a più di una causa, con conseguente necessità di una azione curativa complessa e quindi

281

preventiva, diagnostico-terapeutica di recupero e di assistenza nei confronti del bambino minorato.Infatti psicofarmaci, tecniche psicoterapiche, neurochirurgiche, di riabilitazione psicomotoria oggi offrono un'ampia gamma di possibilità di intervento sia isolati che variamente associati ed integrati per adattarsi alle necessità individuali.In particolare il concetto di rieducazione psicomotoria si basa sulla nozione che evoluzione psichica e sviluppo motorio sono strettamente legati e interdipendenti, per cui l'intervento terapeutico su uno di questi due elementi influisce favorevolmente anche sull'altro.L'atto motorio non è solo una successione di impulsi fisiologici, ma è un modo di relazione dell'individuo con l'ambiente, è la proiezione automatica o cosciente di una immagine mentale, è l'espressione di un processo psichico diretto ad un fine.Dal movimento spontaneo, afinalistico si passa alla istituzione di schemi, alla loro memorizzazione e alla applicazione in situazioni analoghe e tutto questo costituisce l'atto psicomotorio.Ora l'atto psicomotorio può essere disturbato o come conseguenza di semplici ritardi maturativi, oppure di fissazioni, o per regressioni evolutive lesionali e funzionali, provocati da disorganizzazione di un sistema o da modi di organizzazione alterati.Quindi l'educazione psicomotoria ha come scopo quello di facilitare le realizzazioni psicomotorie.Non si tratta evidentemente di ottenere una restaurazione anatomica, cosa del resto impossibile, ma di portare ad un adeguamento funzionale con metodi sostitutivi che suppliscono alle funzioni rese impossibili dalla lesione, utilizzando quelle integre.Del resto non sempre la patologia psicomotoria infantile è legata a lesioni anatomiche, infatti può trattarsi di sistemi lasciati inutilizzati per qualche motivo ed in questo caso compito della terapia è di valorizzare il potenziale funzionale inattivo.Oppure ancora può trattarsi di sistemi funzionalmente sregolati e si dovranno allora mettere a punto ed utilizzare tecniche che permettano una riorganizzazione del sistema, cosa resa possibile dalla esistenza di una notevole plasticità funzionale, in vista di una adeguata utilizzazione.In pratica l'azione su disordini funzionali non accompagnati a deficit organici è volta alla creazione di organizzazioni più efficienti per cui, nei casi da insufficienza funzionale, si tende a creare, per mezzo

282

dell'Educazione Psicomotoria, vie collaterali che suppliscono alla funzione deficitaria.Questa azione è rivolta sia alla manifestazione psicomotoria che al substrato psicomotorio di base, sicché, se sarà utile modificare la figura come sintomo, sarà ancor più utile agire sullo sfondo che ne permette l'apparizione.Sarà anche importante agire sul piano psicomotorio per modificare il corpo come sistema relazionale e di orientamento.Si interviene così sul substrato tonico, sui movimenti parassiti, sull'impulsività, cercando di creare dei meccanismi di controllo corporeo, di orientamento, di organizzazione - temporale.Scopo ultimo della terapia è di permettere al bambino di identificarsi più liberamente per rendersi più rapidamente autonomo.I miglioramenti della motricità influiscono sui modi di percezione e soprattutto sui modi di apprendimento delle afferenze emozionali.Vivendo in modo diverso ciò che percepisce e risentendo diversamente le reazioni delle persone che lo circondano, il bambino giunge a modificare il suo comportamento e la sua personalità.Modificazioni tono-motrici a volte anche minime modificano certe turbe caratteriali, così come modificazione delle formule ritmiche cambiano il modo della realizzazione verbale.Il fine della terapia psicomotoria non è però solo quello di migliorare la motricità, ma anche quello di agire su tutto il corpo inteso come centro coordinatore delle esperienze e asse del nostro orientamento.In definitiva la terapia deve permettere al bambino di sentire il suo corpo come oggetto totale nel meccanismo della relazione con l'ambiente.Infatti il corpo accetta l'esperienza tonica tanto meglio quanto più tensione e rilasciamento non sono sentite né come contraddizioni.Il bambino vivrà così il dialogo con gli altri e i meccanismi di identificazione e di differenziazione come continuità delle sue esperienze tecniche, e queste saranno assimilate e integrate all'io modificandolo e permettendogli di esprimersi più liberamente.Di conseguenza la rieducazione psicomotoria che, modificandola, agisce sulla componente fisica corporea, è contemporaneamente anche attività psicoterapica: i vissuti successivi, i cambiamenti nelle relazioni con gli altri o col mondo esterno sono assimilati dall'individuo e ne cambiano la personalità.

283

Non c'è opposizione tra psicoterapia e rieducazione psicomotoria: esse possono essere utilizzate insieme o separatamente a seconda delle necessità individuali.È facile dedurre da tutto questo che un'azione sul piano psicomotorio, può essere utilizzata, non solo con i bambini malati, ma anche con quelli sani.In realtà il bambino nasce e cresce in un ambiente che spontaneamente e normalmente fornisce stimoli psicomotori al punto che si può affermare che tutti gli esseri umani, e non solo umani, nascono e vivono nella psicomotricità.Il merito delle varie metodologie non è altro che quello di avere dedotto i principi di fondo e di averli codificati in una data tecnica, più o meno facilmente, più o meno utilmente applicabile (Zavatteri G.).METODO DI LING. Uno dei primi metodi applicati è quello svedese elaborato da Peter Enrike Ling.Il 2 aprile 1801, durante la guerra contro gli inglesi, Ling fu ferito e gli restò una impotenza funzionale al braccio destro, ma la pratica delle armi lo guarì e ciò aumentò la sua passione per la scherma.Egli frequentò assiduamente le palestre e cominciò ad interessarsi alla ginnastica.Studiò profondamente l'anatomia e la fisiologia, in particolare quella dell'apparato locomotore, e parte da questa base elaborò il suo metodo.Ling suddivide in due categorie tutti i movimenti possibili del corpo umano, alcuni che compongono la ginnastica pedagogica ed igienica, altri la ginnastica atletica.Solo i primi, che poggiano su una base scientifica, possono, secondo l'A., raggiungere risultati concreti.Questo tipo di ginnastica consiste nell'immobilizzare, da una posizione di partenza cercata in precedenza, il centro di gravità del corpo e gli altri segmenti, in vista dell'esecuzione di un movimento che ha delle caratteristiche particolari: esso deve essere infatti regolato, analitico, disciplinato, impersonale, educativo, ragionato, codificato e applicabile a tutte le età per ottenere un benefico effetto sulle funzioni fisiologiche.Il movimento analitico comprende, secondo Ling, tre momenti fondamentali: l'attitudine statica di partenza, l'atto dinamico di mobilizzazione del segmento, l'attitudine imposta alla fine del movimento.In pratica ogni movimento è concepito come una leva la cui potenza localizzata nel muscolo e la cui resistenza rappresentata dal peso del corpo sono l'una e l'altra in funzione del punto di appoggio.

284

Il movimento si compie partendo da una delle cinque posizioni fondamentali: in piedi, in ginocchio, sdraiati, seduti, in sospensione.Ling insiste particolarmente sulla posizione di partenza e sulla posizione imposta dopo il movimento, che devono essere rigorosamente esatte.La correzione delle posizioni deve essere ottenuta senza movimenti compensatori.È di notevole interesse il fatto che la seduta inizia con movimenti di ordine che hanno come scopo di destare l'attenzione, insegnare ad ascoltare, ad osservare la disciplina.I bambini vengono invitati a mettersi in fila, contarsi, fare un mezzo giro a destra o a sinistra, raddoppiare le file, marciare.Poi si passa ai movimenti preparatori della testa, del tronco e degli arti.Seguono i movimenti di applicazione, che richiedono il massimo sforzo muscolare, salto del cavallo, asse di equilibrio, salti, e che sono molto utili come mezzo di educazione.Durante la seduta lo sforzo viene accuratamente dosato, alternando dei periodi di riposo.Particolare importanza viene attribuita agli esercizi respiratori da praticare dopo lo sforzo.Scopo fondamentale di questo metodo è di fare e conservare la salute, prevenendo le malattie.Soprattutto nei bambini, osserva Ling, esso previene l'instaurarsi di malformazioni.Lo stesso A. consiglia il suo metodo nelle atrofie muscolari, nelle deviazioni della colonna, nelle coree, nell'insonnia.METODO DI DEMENEY. Georges Demeny nel 1876 elabora un metodo basato sullo studio dei movimenti degli animali, in particolare del cavallo e degli uccelli, eseguito per mezzo della cronofotografia.Egli osserva che questi movimenti sono continui, precisi, circolari. Demeny è in aperta polemica con la Scuola Svedese di Ling cui rimprovera di servirsi di movimenti e atteggiamenti non fisiologici e arbitrariamente classificati."Il principio di esecuzione della ginnastica di Ling scrive Demeny è di immobilizzare, fissare rigidamente in un atteggiamento uno o più segmenti del corpo per assicurare un punto di appoggio ai segmenti in azione".Questo vuol dire, obbietta Demeny, che l'educazione consisterebbe nell'insegnare cose contrarie all'abilità e che non servono a niente, dato che nessuno compirà mai simili movimenti.

285

In ogni caso localizzando e dirigendo così il movimento in modo artificioso si ottiene solo rigidità, goffaggine ed eccessiva fatica o addirittura dei danni se ci si trova di fronte ad un bambino con debolezza motoria.Polemicamente egli definisce il metodo svedese "incompleto, illogico, qualche volta erroneo, monotono e povero di risorse".Demeny ritiene che il movimento abbia tre caratteristiche fondamentali: deve essere completo, cioè sfruttare al massimo le possibilità articolari: continuo senza arresti improvvisi e sforzi statici e con equilibrio di forze tra agonisti e antagonisti; rotondo, il segmento in movimento deve disegnare cerchi, ellissi, figure a otto.Per ottenere ciò i movimenti vengono concatenati tra loro, in modo da risultare aggraziati ed adatti ad essere eseguiti con accompagnamento musicale.Anche Demeny sottolinea l'importanza degli esercizi respiratori eseguiti subito dopo lo sforzo, per sopperire alle aumentate richieste di ossigeno.La pratica di questa tecnica permette di educare ed affinare il gesto attraverso la presa di coscienza della sua morfologia e del suo ritmo e, per mezzo della migliorata conoscenza dello schema corporeo, di aumentare la padronanza del proprio corpo.METODO DI HEBERT. Un metodo di tipo naturalistico è stato presentato da Hebert nel 1906.Questo Autore era stato colpito dalla bellezza e dall'eleganza fisica dei popoli selvaggi che compirebbero solo movimenti naturali e spontanei, come correre, saltare, nuotare, lottare.Egli fa considerare quindi il suo metodo in una serie di esercizi di marcia, corsa, salto, nuoto, lancio, mirando a riprodurre in un minimo di tempo lo sforzo rappresentato dall'attività di una giornata all'aria aperta di un selvaggio.È un metodo che si presta bene per essere applicato ai bambini perché è vivace, divertente ed è costituito da movimenti semplici, ma finalizzati, quindi educativi delle facoltà motorie.METODO TEDESCO. Il metodo tedesco è basato su nozioni psicologiche, oltre che anatomiche e fisiologiche.Partendo dall'osservazione che uno stato di tensione psichica, frequente particolarmente nei bambini "caratteriali", si traduce sul piano fisico in contrazioni e rigidità muscolari, questo metodo tenta di risolvere lo stato di tensione ottenendo una diminuzione del tono.

286

Il metodo comprende pertanto una serie di esercizi di rilasciamento muscolare.Questo rilasciamento è cosciente e voluto e consiste nel mettere a riposo i muscoli, sopprimendo lo stimolo muscolare cosciente ed abbandonando alla forza di gravità i vari segmenti corporei, ai quali si fa eseguire un movimento passivo pendolare, che va lentamente rallentando per azione della resistenza naturale.Il rilasciamento deve essere ottenuto passivamente con l'aiuto di un istruttore che compie delle manipolazioni su vari segmenti corporei, lasciandoli poi dolcemente ricadere, abbandonandoli alla forza di gravità, oppure attivamente imprimendo un impulso ad un segmento corporeo che prosegue poi il movimento trascinato dallo slancio iniziale.Lo scopo di questa ginnastica è quello di portare il soggetto ad eseguire i movimenti col massimo rilasciamento, muscolare, a sopprimere il lavoro di muscoli inutili sfruttando la forza di gravità, realizzando così un movimento che ha il massimo di efficacia con il minimo sforzo possibile.Durante il movimento, e mai al di fuori di esso, vengono eseguiti anche esercizi respiratori, sollecitati dal bisogno di ossigeno e non dipendenti dal movimento.L'atto respiratorio viene eseguito negli intervalli dei movimenti e favorisce la distensione psichica.Nell'insieme l'esercizio di rilasciamento stabilisce una situazione psicologica per cui il soggetto è preparato ad abbandonarsi e ad eliminare le resistenze e le tensioni interiori.METODO DI DUNCAN. Isadora Duncan nel 1903 introduce metodi di ginnastica ritmica basati sull'esecuzione di gesti naturali, liberi, aggraziati ed eleganti accompagnati dalla musica.Rimandiamo la decisione di questo metodo al successivo della Popard, che ne recupera i principi, perfezionandolo.METODO DI POPARD. Irene Popard, allieva di Demeny, studia un metodo in cui unisce alla ginnastica del suo Maestro i movimenti ritmici introdotti dalla Duncan.La musica comanda il movimento, gli dà il ritmo e si integra con esso.In un secondo tempo viene l'interpretazione della pagina musicale, che comporta l'illustrazione gestuale dello stato affettivo suggerito dalla melodia, quindi la manifestazione di tensioni e conflitti interiori.Viene descritto come metodo assai utile in bambini opposizionisti, timidi, introversi, in quanto esso realizza una integrazione tra gesti e ritmo che, richiedendo destrezza, equilibrio, armonia tra azione degli agonisti e degli

287

antagonisti e grazia, educa ad una sempre più perfetta conoscenza dello schema corporeo.Dalla stessa Popard grande rilievo è stato dato anche alla pratica degli sports, come complemento dell'educazione dei bambini.I gesti, studiati e perfezionati per ottenere il massimo risultato con il minor dispendio di energia, affinano il senso muscolare ed educano la coordinazione e il controllo motorio.Richiedendo disciplina, perseveranza, gusto dello sforzo, rispetto delle regole è di grande utilità nel trattamento dei caratteriali e degli instabili della condotta.Infine viene utilizzato il minimo, per mezzo del quale il soggetto è invitato a tradurre una situazione psicologica e affettiva propostagli in una attività gestuale che deve illustrarla.Il bambino così esteriorizza la sua personalità ed i suoi problemi, mettendo l'educatore in condizione di approfondire la conoscenza del suo psichismo e offrendogli così nuove possibilità di intervento.METODO DI DALCROZE. Verso la fine dell'Ottocento, col diffondersi e l'affermarsi delle teorie di grandi educatori, da Rousseau a Pestalozzi, dalla Montessori e Dalcroze, si mette in evidenza la disarmonia tra i metodo rigidi di educazione fisica e i progressi fatti nello studio della psicologia del bambino.Nasce quindi un contrasto tra due tendenze, da un lato quella di soddisfare alle leggi della pedagogia funzionale e lasciar esercitare liberamente il bisogno innato di libertà, dall'altro quello di limitare l'attività fisica per disciplinare l'equilibrio delle grandi funzioni fisiologiche.Proprio in questo clima si inserisce l'opera dello svizzero Jacques Dalcroze che studiò i movimenti naturali per risvegliare gli istinti, le pulsioni dell'individuo.Secondo questo A. nel movimento esistono tre elementi: lo spazio, il tempo e la forza.La ritmica rappresenta la matematica del gesto, il ritmo del corpo, ne deve seguire la misura e per creare il senso di un ritmo bisogna quindi abituare i segmenti del corpo a battere la misura.Secondo questo Autore la ritmica è uno strumento di cultura generale, educazione del corpo, dell'orecchio, della personalità.METODO DI BJORKSTEN. Ad Elli Bjorksten si deve una autentica innovazione della scuola svedese. Si abbandona l'impiego preponderante della contrazione statica nell'esercizio.

288

Chi pratica la ginnastica non deve diventare una specie di meccanico che ripete macchinalmente i movimenti e la ginnastica non deve avere solo un effetto sulla circolazione attraverso i movimenti alterni di contrazione e di decontrazione, ma il movimento ginnico, innalzandosi al di sopra del piano puramente fisiologico di partenza, deve essere ritmico e ricercare l'armonia tra le possibilità meccaniche del movimento e la sua accentuazione ritmica. L'esercizio raggiunge così anche uno scopo psicologico ed educativo che eleva l'essere umano.TECNICHE DI RILASCIAMENTO.È questo un gruppo di metodiche che si basano sul rilasciamento muscolare.La derivazione di questi metodi da studi psicologici e psichiatrici li rende particolarmente adatti alle varie situazioni psicopatologiche dell'infanzia e dell'età evolutiva.Il trattamento agisce contemporaneamente sul tono muscolare, sull'equilibrio neurovegetativo e sulla sfera affettiva del soggetto.METODO DI JACOBSON. Jacobson si è ispirato alla tradizione dell'ipnosi medica praticata dagli psicoterapeuti francesi e tedeschi alla fine del XIX secolo, con impegno del piano ideativo e rappresentativo.Questo A. mette alla base del suo metodo la presa di coscienza della contrazione e del rilasciamento muscolare: quest'ultimo viene ottenuto con una rappresentazione immaginaria del rilasciamento stesso.Vengono utilizzate le tecniche di concentrazione mentale e il tono muscolare come il suo controllo sono visti nella concezione di un insieme relazionale della personalità del soggetto e delle se tensioni muscolari e psichiche.La base di questa metodica poggia quindi su processi essenzialmente mentali, essendo il rilasciamento una tecnica di educazione e di rieducazione dell'equilibrio delle forze nervose e fisiche che intervengono nell'attività.Jacobson osserva che le emozioni si traducono in contrazioni transitorie e variabili a carico di diverse parti del sistema muscolare e viscerale e ritiene che, realizzando col rilasciamento uno stato di assoluto riposo muscolare, si ottenga la calma nel campo psichico.A tale scopo gli esercizi vengono eseguiti a paziente in decubito supino, immobile, in una stanza silenziosa e semibuia.All'inizio il paziente viene invitato a prendere coscienza della contrazione di un gruppo muscolare, poi della scomparsa della contrazione che si attua rilasciando i muscoli.

289

Ripetendo l'esercizio il paziente ottiene un graduale affinamento del senso muscolare fino ad ottenere il rilasciamento senza preventiva contrazione.Solo in un secondo tempo vengono eseguiti esercizi di rilasciamento differenziato, in modo che questa capacità di rilassarsi possa essere trasferita nelle varie attività della vita quotidiana.Nel terzo tempo il paziente è portato a prendere coscienza delle tensioni muscolari correlate alle sue situazioni affettive e alle difficoltà che incontra.Questa consapevolezza permetterà la riduzione delle tensioni muscolari e attraverso questa otterrà le eliminazione degli stati di ansia, di angoscia e di insicurezza che le sottendono.Jacobson porta i suoi pazienti alla tranquillità psichica, insegnando loro a controllare le lievi contrazioni degli occhi e degli apparati fonatori che si accompagnano a pensieri e sentimenti.Gli esercizi di rilasciamento possono essere completati con esercizi ginnici, sportivi e col canto corale che richiede un buono controllo dell'apparato fondatore e tramite questo procura un ulteriore rilasciamento generale.TRATTAMENTO AUTOGENO DI SCHULTZ E SCUOLA.Esiste un altro gruppo di metodi che partono da una impostazione di tipo psicoterapico e sono caratterizzati da una concezione di tipo globale della personalità.Questi metodi mirano ad ottenere il rilasciamento muscolare con esercizi di concentrazione prevalentemente mentale.Annoveriamo tra questi il trattamento autogeno di J.H. Schultz: è un metodo per ottenere distensione e rilasciamento, attraverso stati di tipo suggestivo.Il trattamento autogeno viene applicato con due modalità, una che si avvicina all'ipnosi e di vale della suggestione e soprattutto dell'autosuggestione, l'altra, più vicino allo Yoga, opera invece nei limiti della coscienza e porta il soggetto a fare delle esperienze con se stesso.Il primo metodo, come dicevamo, più vicino alle tecniche suggestive, è il più adatto ai bambini, particolarmente suscettibili a questi trattamenti.Il trattamento si inizia con la cosiddetta esperienza del pendolo: il soggetto tiene in mano una cordicella a cui è sospeso un oggetto, sta seduto con le braccia poggiate alle ginocchia e gli occhi chiusi.Non deve fare alcun movimento, anzi gli si chiede di tenere il pendolo immobile il più possibile e gli si suggerisce l'idea di immaginare il moto delle lancette dell'orologio.

290

Ad un dato momento lo si invita ad aprire gli occhi ed egli constaterà con stupore che il pendolo segue il movimento da lui immaginato, senza che il soggetto se ne renda conto.Il rilevare un movimento in senso antiorario è molto significativo e si può dire al soggetto che in quel momento non è stato alla consegna, ma ha pensato ad altro.Questo avverrebbe per l'influenza di una ideazione contraria o, come l'ha definita Freud, controvolontà.Si fa poi seguire l'esercizio di autosuggestione di caduta in avanti: il paziente sta in piedi ad occhi chiusi e immagina una forza capace di spingerlo avanti e indietro, abbandonandosi ad una ideazione interiore.Senza che egli ne abbia coscienza la resistenza si rivela con un movimento contrario che però lentamente va nella direzione suggerita e fa percepire al soggetto - sempre secondo Freud - una controvolontà in azione.Più avanti si invita il paziente a fare, ad occhi chiusi, una "passeggiata dentro se stesso", e gli si chiede cosa senta dentro di se. La maggior parte delle persone non riesce a dire cosa riscontra in se stesso: può dire ciò che desidera, ma non ciò che ha visto.Si invita allora il soggetto a considerare se stesso da una certa distanza: gli sarà più facile rendersi conto di ciò che vi è realmente dentro di lui.Queste dissociazioni non vanno mai richieste a schizofrenici poiché essi già lo praticano spontaneamente senza però essere in grado di realizzarle e si potrebbero ottenere risultati anche gravemente negativi.Alla fase preparatoria segue lo studio, insieme al soggetto, della migliore posizione da assumere per gli esercizi di distensione e di rilasciamento.A questo scopo il paziente deve riuscire a rilasciarsi completamente e il medico controlla, palpando la muscolatura, se l'esercizio è veramente riuscito.Gli esercizi di distensione vengono quindi ripetuti fino ad ottenere un totale rilasciamento e solo allora si sospenderà la seduta con la formula di "buona disposizione".Nelle successive sedute si cominciano ad eseguire gli esercizi di ripresa: essi consistono in movimenti simmetrici delle dita dei piedi, movimenti di rotazione delle caviglie, delle ginocchia, delle anche, della muscolatura addominale e toracica, delle spalle, dei polsi, delle dita delle mani, del collo, e terminano con i tre movimenti di distensione: flessione ed estensione dell'avambraccio.Gli esercizi di ripresa sono un esempio della possibilità di controllo cosciente dell'apparato locomotore.

291

Il terzo tempo inizia quando il soggetto ha finalmente imparato a distendersi e rilassarsi ed è il vero allenamento autogeno.Si comincia con gli esercizi della pesantezza: al principio il soggetto viene invitato a rilevare solo il peso del braccio che pende dall'articolazione della spalla.Poi gli si fa eseguire un movimento di flessione in avanti lasciando sempre pendere le braccia.Quando il paziente sente una certa pesantezza, viene invitato a stringere i pugni e la sensazione scompare immediatamente.Gradualmente il bambino avverte che la sensazione non è localizzata solo al braccio, ma si diffonde a tutte le estremità e comincia allora a percepire una sensazione di calore.A questo punto si chiede al paziente di rilasciarsi e di lasciare che il calore interno del suo corpo "si avvicini alla pelle".Solo dopo che sia riuscito l'esercizio di calore si passa al controllo del cuore.Si spiega al soggetto che le emozioni provengono spesso dal fatto che le nostre abitudini non sempre rispettano la normale funzionalità dei nostri organi e lo si invita a fare attenzione ai movimenti del suo cuore fino a sentire che il ritmo è calmo e forte.In pratica il soggetto giunge, in certo qual modo, alla percezione del centro che regola le proprie funzioni somatiche e psichiche.Si passa poi all'esercizio della respirazione: il soggetto deve fare attenzione ai movimenti di inspirazione ed espirazione e deve rendersi conto della diversità delle fasi.È necessario arrivare ad una auto-osservazione ad un tempo interessata e disinteressata onde evitare di alterare il ritmo respiratorio normale col fermarvi l'attenzione.Segue l'esercizio del plesso solare che consiste nel realizzare una sensazione di calore nella regione gastrica e che serve per portare alla coscienza le funzioni vegetative addominali.Così come il successivo esercizio del fresco alla fronte porta alla realizzazione cerebrale del mondo esteriore.Durante questo esercizio si ricorda al soggetto che l'interno del corpo è più caldo dell'ambiente esterno e il soggetto deve riuscire ad avvertire questa differenza di temperatura.Tutta la serie di esercizi descritti vengono denominati da Schultz "esercizi del ciclo inferiore", ed i successivi, "del ciclo superiore", alla ideazione,

292

alla realizzazione dei problemi, alla mobilizzazione del senso del reale, alle possibilità di adattamento.Questo ciclo utilizza elementi della psicologia del profondo e permette a certi soggetti particolarmente dotati di giungere ad una vera e propria completa padronanza della loro vita interiore. Il ciclo si svolge seguendo una progressione dell'auto-concentrazione prima su concetti concreti, poi su concetti astratti, suggeriti o spontanei, i quali porteranno progressivamente il soggetto ad una totale osservazione di se stesso nell'ambito dei suoi meccanismi inconsci.Il Trattamento Autogeno è, come abbiamo già detto, facilmente applicabile a bambini.Secondo Schultz il campo maggiore di utilizzazione è quello degli enuretici, per curare i quali si dovrebbe insistere particolarmente sugli esercizi del plesso solare.Ma buoni risultati si hanno con i balbuzienti, i quali ottenendo la deconcentrazione della muscolatura della bocca e del faringe, sostituiscono al loro linguaggio disturbato una pronuncia ritmica e regolare.Sempre secondo Schultz con questo metodo il paziente acquista la capacità di rilasciare completamente il suo corpo, e questo si traduce in uno stato tranquillità interiore, di distacco di tipo ipnoide dell'ambiente, che favorisce la risoluzione delle tensioni psichiche e consente di superare le difficoltà ambientali.TRAINING COMPENSATO DI AIGINGER. Il Training compensato di Aiginger si basa sul presupposto che gli stati nevrotico-ossessivi possano dipendere da disfunzioni di tipo irritativo dei nuclei della base e del mesencefalo per cui il metodo tende a sedare questa presunta irritazione.L'Autore comincia con l'osservare che la respirazione è la sola funzione vegetativa che può venire controllata dalla volontà, respirazione che, nei nevrotici, ha spesso un ritmo alterato che sosterrebbe lo stato irritativo dei centri bulbari.La rieducazione della funzione respiratoria metterebbe a riposo i centri di controllo corticale e sottocorticale.A tale scopo il paziente deve compiere una serie di atti respiratori lenti ed il più possibile profondi e contemporaneamente praticare il rilasciamento muscolare.Sul piano psicologico il concentrare l'attenzione sulla funzione respiratoria permette di sdrammatizzare il vissuto interiore e questa situazione, in unione alla sedazione dei centri corticali e sottocorticali, induce uno stato di quiete e di calma.

293

TECNICA DI ALEXANDER. Gerda Alexander fonda la sua tecnica sul presupposto che la fatica sia un fatto di ordine psicologico, legato soprattutto all'esistenza di un complesso di inferiorità.Secondo l'Alexander si può ridare speranza e fiducia in se stesso al paziente facendolo agire sul suo corpo, consentendogli in tal modo di scoprire fino in fondo le sue possibilità.Il primo tempo del trattamento è volto ad ottenere una regolazione del tono attraverso movimenti passivi fatti eseguire dal terapista.Successivamente vengono eseguiti esercizi di allungamento e rilasciamento, fino all'ipotonia, per ottenere uno stato di completa deconcentrazione.In un secondo tempo viene raggiunto uno stato di equilibrio fra ipotonia e tensione muscolare e un riadattamento dei movimenti capace di adeguare atti e atteggiamenti della vita quotidiana agli stadi di rilasciamento ottenuti durante l'esercizio.Al paziente, mantenuto un decubito supino e con gli occhi chiusi, vengono fatti compiere dei movimenti passivi lenti, regolari e ripetuti agli arti, alla testa ed al collo fino ad ottenere un buon rilasciamento muscolare.La tecnica prosegue indicando con leggeri tocchi delle dita le varie parti del corpo ed invitando il paziente a concentrare la propria attenzione sul rilasciamento delle muscolature sottostanti la zona indicata.Dopo di che si invita il bambino a sollevare attivamente gli arti ed a lasciarli quindi ricadere pesantemente, ottenendo in pratica una serie di atteggiamenti volontari cui si fa seguire il rilasciamento.Contemporaneamente il bambino controlla anche il ritmo respiratorio tentando di adattarlo ai movimenti che sta eseguendo.Infine si chiede al bambino di ottenere il massimo rilasciamento muscolare in atteggiamenti comuni della sua vita quotidiana.Questa induzione al rilasciamento per mezzo di stimoli tattili e verbali è proficuo nei bambini che presentano difficoltà della schematizzazione corporea.Sicché, quando il rilasciamento venga trasferito nelle attività della vita normale, si ottiene un miglioramento degli stati di ansietà, di eccitabilità, di instabilità e permette inoltre di controllare sia le contratture muscolari che i tremori nonché di regolare la frequenza del polso e del ritmo respiratorio.METODO DI DUBLINEAU O CONDIZIONAMENTO PSICOMOTORIO.

294

Il metodo di Dublineau prende lo spunto dalle esperienze di Pavlov sui riflessi condizionati e viene denominato dal suo stesso A. "Condizionamento psicomotorio".In linea con la concezione pavloviana tende a mettere il soggetto in condizione di agire ad un segnale, dopo che abbia ricevuto lo stimolo di un presegnale.Badando a mantenere costante l'intervallo tra il presegnale ed il segnale e ripetendo successivamente l'operazione il soggetto si abitua all'attesa del segnale stesso.Ora, se l'azione mette in gioco il senso spaziale, la sua preparazione introduce la nozione di tempo, infatti l'esecuzione di un gesto richiede un certo tempo e non potendosi dissociare lo spazio dal tempo deve necessariamente organizzarsi.In altre parole il tempo biologico del soggetto deve autoregolarsi perché tutti i tempi del gesto siano eseguiti al momento esatto.Questo sincronismo temporo-spaziale viene molto spesso a mancare nei bambini instabili, turbolenti, impulsivi ed ansiosi.È chiaro che questo accostamento indiretto non dovrebbe suscitare opposizioni permettendo quindi di ottenere con una sua costante applicazione e quasi al di fuori della volontà dei soggetti, che questi ultimi diano ciò che non darebbero direttamente.In conseguenza dei presupposti teorici la tecnica di Doublineau inizia con esercizi ginnici il cui scopo è quello di educare le prassie e di ottenere la presa di coscienza dello schema corporeo: il segnale d'inizio dell'azione viene dato 4 secondi dopo il presegnale condizionante.Si passa poi a giochi educativi ed esercizi di addestramento sensomotorio, quindi ad esercizi ritmici di equilibrio e manipolazioni di oggetti.Infine vengono fatti eseguire esercizi più complessi che il bambino sceglie liberamente e che comportano l'introduzione di rapporti spazio-temporali, del senso del ritmo, del rilasciamento.La tecnica descritta è vantaggiosa nel trattamento dei caratteriali, dei dislessici e dei disortografici.TECNICA DEL CONDIZIONAMENTO OPERANTE DI SKINNERB.F. Questa tecnica introdotta da Skinner nel 1959, e di cui si trova una ampia disamina nella trattazione fatta da Rachmann S. nel 1962, differisce da quella appena descritta nel senso che non si rifà ai classici principi pavloviani, ma è invece basata su una particolareggiata analisi descrittiva dei comportamenti del soggetto trattato.

295

Ora, mentre nelle tecniche "pavloviane" la risposta ad uno stimolo viene controllata attraverso le variazioni delle risposte precedenti, nella tecnica "skinneriana" la risposta viene catalogata in funzione del comportamento della risposta stessa in termini di stimolo, rinforzo e contingenza di rinforzo.In pratica il soggetto viene tenuto in un ambiente squisitamente sperimentale, isolato, controllato e le sue risposte automaticamente e continuamente registrate.Ora, mentre da un lato gli stimoli divengono sempre più specifici e complessi, la risposta desiderata viene sempre più rinforzata nella sua richiesta fino ad ottenerla sempre più definita.Nel caso poi che nel comportamento del soggetto venga a mancare una certa risposta che ci si attenderebbe normalmente, essa, tramite gli stimoli ed i loro calibrati rinforzi, viene introdotta gradualmente fino ad ottenerla, operando una specie di "modellaggio".Successivamente aumenta sia la complessità delle risposte sia quella degli stimoli, fino ad ottenere risposte molto precise a stimoli notevolmente specifici e complessi.Questo metodo, oltre che su soggetti normali in via sperimentale, è stato utilizzato da Skinner e più tardi da Lindsley e Coll. (1960) e da King e Coll. in ambiente ospedaliero, su psicotici adulti.Ferster e de Meyer (1962) lo provarono su bambini autistici e Flanagan (1958) su tre adulti balbuzienti.Neale (1963) utilizzando oltre al condizionamento operante anche la gratificazione otteneva 3 successi su 4 bambini che presentavano encopresi.Ancora Lindsley nel 1954 descrive l'utilizzazione del condizionamento operante in bambini con ritardo mentale.METODO DI BUGNIET. Il metodo ideato dall'olandese Thea Bugniet si basa sull'utilizzazione di esercizi ritmici di lateralizzazione, di affinamento dei movimenti delle mani e delle dita, di regolazione del rimo respiratorio e di rilasciamento muscolare.L'insegnante esegue gli esercizi che il bambino imita per molto tempo, prima di cominciare ad agire da solo.Si instaura così una relazione non verbale, una comunicazione per imitazione, quindi una liberazione del bambino dalle sue inibizioni.È un tipo di educazione audio-visivo-motrice che trova la sua indicazione nelle forme di ritardo psicomotorio, di incoordinazione motoria, di instabilità nei ritardi scolastici, nei caratteriali.

296

RIEDUCAZIONE PSICOMOTORIA SECONDO AJURIAGUERRA.Ajuriaguerra ha elaborato una tecnica di rieducazione psicomotoria che, con opportuni adattamenti, viene utilizzata in varie malattie neuropsichiatriche infantili.L'A. espone il suo metodo descrivendo una lezione-tipo adatta al bambino con modesta debilità motoria, lieve instabilità, inibizioni almeno in apparenza facilmente superabili.Gli esercizi di base descritti vanno poi completati e adattati dall'operatore e possono essere impiegati in casi più gravi.Nel corso dell'esposizione viene sottolineato in particolare il concetto che la tecnica va individualizzata a seconda delle specifiche esigenze di ogni bambino.Si comincia con esercizi di marcia ritmica accompagnata da un pianoforte o da un metronomo.La marcia da principio è lenta, quindi di media velocità, ed infine veloce, con intercalati arresti improvvisi e nuove partenze che permettono di apprezzare il gioco reazione-inibizione del bambino e di influenzarlo progressivamente.Più avanti vengono associati alla marcia i comandi di attenzione al ritmo e alla coordinazione motoria invitando i bambini ad eseguire un ordine sempre diverso ad ogni arresto del piano.Successivamente si introducono gli esercizi alternati: il primo bambino fa tre passi ritmati su tre note del pianoforte, il bambino successivo parte senza interrompere il ritmo e fa anch'egli tre passi, e così di seguito per tutti i bambini, senza impartire ordini perché i bambini devono capire da soli quando devono partire.Ajuriaguerra introduce poi gli esercizi di diversione ritmica, che si dimostrano molto utili per migliorare ulteriormente l'acquisizione del senso del ritmo.A tale scopo viene suonata al piano una musica facile, che sia già nota ai bambini, i quali devono adattare il passo al ritmo stesso.Di conseguenza i passi saranno brevi e numerosi quando il ritmo è veloce, lunghi quando è lento, e l'esercizio può essere eseguito in gruppo oppure isolatamente.La marcia viene interrotta prima che i bambini si siano stancati.Senza voler descrivere tutta la tecnica di Ajuriaguerra, che per altro è ben esposta nell'opera dell'A. stesso, alla quale rimandiamo, ci limiteremo a descrivere per sommi capi i successivi esercizi.

297

Anche in questa tecnica vengono utilizzati gli esercizi di rilasciamento e quelli, eseguiti al suolo, per la respirazione.Successivamente ritroviamo esercizi per l'equilibrio (camminare sulle punte dei piedi e sui talloni) e quelli per il riconoscimento destra-sinistra (incrociati e monolaterali).Interessanti sono gli esercizi per la dissociazione del movimento, prima eseguiti singolarmente e riferiti agli arti superiori e quindi agli arti inferiori, quindi in gruppo facendo ad esempio battere i piedi ad un bambino, le mani ad un altro, ancora i piedi al successivo e così via.Ajuriaguerra adopera poi alcuni attrezzi, quali banchi, tamburi e bastoni, per dare un aspetto ludico all'insieme degli esercizi.Dopo di che viene ricercato l'orientamento e l'adattamento nello spazio anche questo seguito, come i precedenti, da riposi e rilasciamenti.Viene così ottenuta una tecnica che, con opportune modifiche, può essere utilizzata con vari gruppi, quali i gravi e deboli motori, in cui con esercizi statici e dinamici viene posta particolare cura alle sincinesie; oppure per i soggetti con inibizioni motorie di origine affettiva e caratteriale; oppure ancora per quelli da disordini somatognosici e dell'organizzazione spazio-temporale.A ciascuno di questi gruppi Ajuriaguerra dedica particolari consigli per adattare la tecnica nel modo migliore.Anche il trattamento dei tics e della balbuzie trova spazio in questa tecnica, che, per l'accuratezza delle descrizioni, rappresenta una notevole fonte di esempi utilizzabile in numerosi casi.EDUCAZIONE PSICOMOTORIA DI PICQ E VAYER. Picq L. e Vayer P. hanno elaborato un loro metodo, che essi stessi definiscono di "educazione psicomotoria", applicandolo particolarmente agli insufficienti mentali.Il parallelismo esistente tra insufficienza mentale e ritardo psicomotorio era già stato chiaramente sottolineato da Dupré il quale, nell'enunciare la "legge di psicomotricità", affermava che "alcuni disturbi mentali ed i corrispondenti disturbi motori sono in così stretta relazione tra loro e presentano somiglianze tali da costituire delle vere coppie psicoemotive".Infatti i disturbi e le insufficienze delle condotte motorie e neuromotorie possono, come è già stato descritto nei precedenti capitoli, a loro volta disturbare od addirittura bloccare l'intelligenza, e la loro azione, nel caso in cui esista già una insufficienza mentale, può ulteriormente aggravarne il deficit.

298

Guilmain, nell'esporre le correlazioni tra i vari tipi neuromotori ed il carattere dei soggetti, afferma che il bambino del tipo "rigido" sotto il profilo motorio è suscettibile all'influenza dell'ambiente, mentre il tipo "molle" è indifferente ed infine l'"elastico" è il più facilmente adattabile.Ciò è possibile in quanto un rapporto con l'ambiente esterno, attuabile con il linguaggio, la deambulazione e l'utilizzazione di tutti gli organi di senso è tanto più attuabile quanto più è affinata la capacità di queste funzioni.Si può quindi affermare che, così come non è possibile scindere nel bambino in una visione globale il livello mentale e la quantità-qualità di possibilità motorie, altrettanto, sul piano educativo, è impossibile separare l'aspetto psichico, da quello motorio.Picq e Vayer affermano quindi, alla luce di questo concetto e come abbiamo ricordato in altra parte del lavoro che "l'educazione psicomotoria è un'azione pedagogica e psicologica che utilizza i mezzi dell'educazione fisica allo scopo di rendere normale e di migliorare il comportamento del bambino".Dare al bambino la coscienza del proprio corpo, il controllo dell'equilibrio e delle diverse coordinazioni globali e segmentarie, dell'inibizione volontaria e della respirazione, l'organizzazione dello schema corporeo con conseguente incremento dell'orientamento spaziale, un rapporto spazio-temporale, corretto con adattamento all'ambiente esterno il più ampio possibile, tutto questo è lo scopo dell'educazione psicomotoria di Picq e Vayer.Riteniamo opportuno dilungarci su tale metodica per due motivi, innanzi tutto perché ci sarà così consentito introdurre nel corso della descrizione considerazioni valide non solo per la tecnica in oggetto, ma anche sul piano informativo generale, in secondo luogo perché questa metodica è una tra le più applicate non solo agli insufficienti mentali per così dire puri, ma anche, con opportune modificazioni, a tutti gli altri insufficienti.Picq e Vayer considerano, nella loro pratica, tre elementi fondamentali:- le condotte motorie di base: sono delle condotte più o meno istintive e generalmente poco colpite negli insufficienti mentali;- le condotte neuromotorie: sono quelle strettamente collegate con la maturazione del Sistema Nervoso, ed a tutte quelle funzioni neuropsicomotorie di cui abbiamo trattato nei precedenti capitoli. Esse vengono interessate sia da fatti patologici insiti nel Sistema Nervoso, sia per carenze di stimolo esterno;

299

- le condotte percettivo-motorie: sono quelle collegate con i centri di integrazione superiori e quindi con la coscienza, la memoria, l'attenzione, l'intelligenza, ecc.Un equilibrio psicomotorio insufficiente farà si che il soggetto sprechi gran parte delle sue energie fisiche nel difendersi dallo squilibrio stesso, in modo disordinato e che per di più , fatto assai rilevante, impegna la sua mente e la sua attenzione provocando una vera e propria ansia.Picq e Vayer iniziano quindi, proprio allo scopo di spianare questo ostacolo, con una tecnica che essi denominano "dialogo tonico", azione attraverso la quale si stabilisce da un lato un certo tipo di rapporto tra l'Educatore ed il Soggetto, dall'altro una sorta di rilasciamento psicomotorio indotto che per un verso libera o tenta di liberare il soggetto da tutte quelle contrazioni che impediscono l'azione volontaria muscolare, per l'altro verso allontana lo stato di ansia.Questo risultato viene raggiunto attraverso tre tappe denominate Esplorazione, Coscienza e Coordinazione: con la prima si stabilisce un dialogo adulto-bambino, con la seconda un dialogo bambino-bambino e con la terza si ottiene l'indipendenza corporea.Ma è opportuno soffermarci ancora sul concetto di "dialogo tonico" poiché esso è la premessa di ogni successivo intervento, premessa sulla quale l'operatore non può quindi fallire.Vayer nel descrivere le "situazioni educative" inizia proprio con il dialogo tonico e nel suo testo riservato all'Educazione Psicomotoria nell'età scolastica chiude significativamente tra parentesi il sottotitolo "il rilasciamento globale".Sempre secondo lo stesso A. il dialogo tonico o rilasciamento globale si attua passando attraverso tra fasi che portano successivamente dalla "scoperta di sé" alla "coscienza di sé" per ottenere infine il "controllo di sé".La prima tappa, la "scoperta di sé", ricerca questi scopi:- coscienza della distensione mediante l'utilizzazione dei contrasti;- coscienza delle diverse parti del corpo e dei loro limiti mediante localizzazione delle sensazioni; - espressione da parte del bambino delle scoperte, delle sensazioni...- l'utilizzazione del vocabolario, delle immagini...così riportate e richiamo al livello della coscienza (ritorno al vissuto interiore).Lo stesso A. esprime chiaramente il concetto quando afferma che "La distensione muscolare è dapprima vissuta partendo da situazioni semplici ed ottenuta per opposizione al suo contrario: la contrazione".

300

E continua dicendo: "è partendo da riferimenti muscolari, cinestesici e visuali che il bambino può localizzare le sensazioni ricercate, esprimere ciò che ha visto, ciò che ha constatato, ciò che ha sentito".Avviene quindi che il bambino proprio interiorizzando le personali esperienze somatiche intese come atteggiamenti, posizioni e contrasti col suolo e con il corpo dell'operatore, guidato dall'operatore stesso in questo processo, sviluppa infine la coscienza di se stesso.Sembra di poter affermare che in questa fase sia raccolta l'essenza più profonda dell'Educazione Psicomotoria, nel senso che il soggetto viene in certo qual modo guidato a prendere coscienza di se stesso come essere "pensante" e "motorio" fino a raggiungere un equilibrio "psico-tonico", condizione essenziale dell'equilibrio "emozionale".Proprio per l'importanza, e per molti aspetti per la delicatezza che riveste questo momento educativo, viene richiesto, da parte di chi lo applica, il massimo della sensibilità e dell'impegno.Per questo scopo il bambino, dopo aver utilizzato n modo positivo due fatti negativi (i "contrasti", cioè le sue contrazioni patologiche ed i "limiti delle diverse parti del suo corpo") ed averne presa coscienza, attraverso una tecnica che qui evitiamo di descrivere, passa all'espressione delle sue scoperte e delle sensazioni provate, utilizzando un vocabolario ed infine riportando dal particolare del vissuto recente al più generale vissuto trascorso il senso delle esperienze analoghe.La seconda tappa è la "coscienza di sé" e gli scopi sono le nozioni di peso, di contatto col suolo, l'accentuazione degli appoggi, la sensazione di caduta, il peso dei segmenti corporei.Più avanti si cerca l'espressione delle nuove esperienze, che vengono eseguite col corpo e con segmenti di esso oppure disegnate.Come nella tappa recedente il risultato raggiunto viene rapportato al vissuto precedente col rilasciamento globale e la individuazione delle analogie esistenti tra quanto eseguito e quanto provato prima dell'esercizio L'ultima tappa del dialogo tonico è il "controllo di sé": l'interiorizzazione delle esperienze consente ora al bambino di raffinare le possibilità di distensione muscolare e delle relative sensazioni, fino a ricercare la nozione di "minimo sforzo", di "superficie del corpo al suolo", di "tensione e simmetria corporea".È evidente in tutto questo procedimento la ricerca ultima di una coscienza globale del corpo del soggetto una relazione al mondo esterno viciniore, cui è sotteso il concetto di coscienza del proprio spazio somatico ottenuto

301

in relazione quasi antigravitaria col piano di appoggio nonché col corpo dell'educatore e con la sua presenza-guida.Il metodo di Vayer si continua col "gioco corporeo o rilassamento segmentario": anche durante questa seconda situazione educativa si procede per gradi al termine di ognuno dei quali vi è sempre la fase di abbandono durante la quale avviene l'interiorizzazione delle varie esecuzioni.Le tappe del gioco corporeo sono la scoperta, la coscienza ed il controllo degli elementi corporei.La scoperta viene attuata acquisendo le nozioni di indipendenza degli arti superiori ed inferiori sul tronco, dei superiori ed inferiori tra loro e quindi di quelli di destra su quelli di sinistra e viceversa.In particolare la coscienza dei segmenti corporei viene ottenuta da Vayer con e seguenti associazioni:- Inspirazione ed elevazione degli arti.- Ritenzione e mantenimento degli arti in elevazione.- Interiorizzazione del gesto realizzato.- Espirazione e rilassamento segmentario.Infine si passa al controllo degli elementi corporei che avviene come nella tappa precedente, ma con un ritmo proprio per ciascuno dei segmenti interessati.La terza fase delle situazioni educative è dedicata al raggiungimento dell'equilibrio corporeo che segue le stesse tappe della scoperta, coscienza e controllo.Lo schema ad atteggiamento, le sensazioni propriocettive e gli spostamenti in equilibrio vengono successivamente realizzati educativamente fino alla loro più completa interiorizzazione.Le situazioni educative si concludono con l'acquisizione del controllo della respirazione: questa fase impegna l'attenzione del bambino in modo molto più profondo, il che è possibile proprio come seguito della precedente educazione.Infatti la presa di coscienza della meccanica respiratoria coinvolge una capacità di autocontrollo e di distacco dall'ambiente nettamente superiore alle altre esercitazioni e specialmente nella fase di espirazione gli atti vengono compiuti liberamente oppure con esercizi di spiroscopia per mezzo del "respiratore" di Plent.Il metodo di Vayer si completa con gli interventi che tendono a rapportare il bambino sia con il suo proprio mondo che con quello degli altri.

302

Per quanto riguarda il proprio mondo Vayer distingue tra una Educazione Generale, nella quale comprende una metodica riferita all'organizzazione dinamica, dell'uso di se ed all'organizzazione dello spazio e del tempo, ed una Educazione Differenziata, nella quale comprende la grafo-motricità, l'organizzazione e strutturazione spazio-temporale e la organizzazione delle logiche.Per quanto riguarda invece il mondo degli altri l'Autore si interessa innanzi tutto dei principi e delle condizioni dell'azione educativa, vista dalla parte dell'educatore, e sottolineando la nozione di efficienza della educazione o della rieducazione psicomotoria.Tutto ciò viene rilevato tenendo sempre ben conto del bambino e delle sue tappe di sviluppo psicobiologico.Questo concetto viene ripreso più avanti quando Vayer si interessa del rapporto adulto-bambino, ponendo in giusto risalto le caratteristiche rivestite dal dialogo in relazione ai diversi ruoli che possono essere assunti dall'adulto o dal bambino.Per finire viene considerato il bambino in funzione dinamica di fronte alle situazioni, alle sensazioni, alla scoperta ed al divenire spazio-temporale.Si arriva quindi al controllo della riflessione e della rappresentazione ed infine all'esposizione della dinamica di gruppo.Per la verità Vayer non si sofferma molto su questo argomento, ma fa piuttosto riferimento ad AA. che lo hanno preceduto, quali Luft J., Bany M.A. e Jopnhson L.V. che cita esplicitamente.RIEDUCAZIONE PSICOMOTORIA DI LAUNAY E GUERITTE.Anche Launay C. e Gueritte B. hanno ideato il loro metodo di rieducazione psicomotoria in modo da poterlo applicare al bambino con debilità e deficit intellettuali.Com'è noto la motricità e la prassie del bambino con debilità motoria mostrano notevoli alterazioni ed in pratica si possono rilevare disturbi dell'equilibrio sia statico che dinamico, difficoltà più o meno gravi nella coordinazione dei movimenti sia automatici che eseguiti sul comando.Abbastanza frequentemente si riscontrano anche sincinesie e difficoltà di grado diverso nella dissociazione dei movimenti tra arti superiori ed inferiori, a volte si osservano dei tremori.In conseguenza di questi disturbi le prestazioni manuali e digitali sono tra le più colpite ed a carico delle dita della mano si nota rigidità, lentezza di movimenti, incertezze operative.

303

Il programma educativo di Launay e Gueritte prevede per ognuno di questi disturbi un singolo trattamento: in pratica gli AA. alternano tre tipi di esercizi:- esercizi analitici comprendenti prove di equilibrio, oscillazioni con appoggi alternati su piedi oppure il senso anteroposteriore,- esercizi globali durante i quali si associano prove di equilibrio con movimenti oscillatori degli arti superiori e movimenti respiratori. Questi movimenti vengono variati combinando la forza, la dissociazione, l'abilità e la rapidità di ciascuno di essi, - esercizi utilitari, che comportano cioè l'impiego di oggetti di uso comune, quali bottoni, legacci, cerniere, ecc.I vari esercizi vengono volta per volta adattati alle necessità di ogni singolo caso, in modo che un bambino imparerà a salire le scale, un altro a servirsi delle posate, un altro ancora verrà impegnato ad armonizzare gesti complessi legati alle varie attività di una normale vita quotidiana.Launay e Gueritte utilizzano, in accompagnamento ai vari esercizi, il ritmo ed il canto in quanto viene evitata la monotonia e si rende possibile una migliore automatizzazione e un perfezionamento del movimento.Anche la cura del linguaggio assume in questo metodo una grande importanza, infatti il bambino viene invitato a verbalizzare, criticare e descrivere le prove nel corso della loro esecuzione.Nei casi in cui le percezioni e le gnosie risultano alterate (ricordiamo che le stimolazioni che giungono dal mondo esterno sono convogliate verso l'encefalo e quindi si organizzano in gnosie), si tenta di ottenere che il bambino senta ed organizzi i risultati degli stimoli per poterli poi esprimere.Poiché alcuni bambini non sono capaci di seguire con gli occhi sia un oggetto in movimento sia una linea continua, mentre altri non distinguono o distinguono male i colori, i rapporti di vicinanza, le forme, gli AA. hanno predisposto tutta una serie di esercizi che hanno per scopo proprio l'educazione visiva: il bambino deve quindi imparare a fissare lo sguardo, a seguire con gli occhi oggetti di forme, dimensioni e colori diversi i quali vengono spostati in varie dimensioni con velocità variabili.Allo scopo di controllare tutte queste acquisizioni si impiegano due diversi mezzi di valutazioni, la riproduzione grafica e la descrizione di ciò che è stato visto.Poiché anche nelle funzioni auditive l'attenzione gioca un'importante ruolo, essa viene praticamente rinforzata utilizzando fischietti, trombette e

304

tamburi di varia misura, consentendo così sia il riconoscimento che la riproduzione di suoni.Una cura particolare viene dedicata alle sensazioni esterocettive, ai cambiamenti di temperatura, di consistenza, di peso, di volume in quanto l'educazione del senso tattile, attraverso il riconoscimento di oggetti, esalta le gnosie.A tale scopo il senso spaziale viene gradualmente educato favorendo l'analisi delle forme, delle posizioni, dei rapporti di vicinanza o di lontananza utilizzando oggetti di uso comune.Il metodo di Launay e Gueritte si interessa anche di quei bambini che presentano disturbi della cinestesi, bambini le cui percezioni sono incerte ed il cui contatto con l'ambiente è in qualche modo alterato: la loro capacità determinativa viene migliorata facendo fissare l'attenzione sulle varie parti del corpo ora in movimento ora immobile.Per ottenere che questi casi "sentano" l'attività delle articolazioni il metodo utilizza degli strumenti che permettano dei paragoni: ad esempio lo schiaccianoci e le pinze ricordano i movimenti del ginocchio, del gomito, del piede, così come un manichino può riprodurre gran parte di tutti gli altri movimenti.In seguito intervengono gli esercizi di sensazione propriocettiva ad occhi chiusi, durante i quali il bambino imparerà su se stesso che cos'è il gioco di un'articolazione: un braccio viene messo successivamente in varie posizioni di cui una sola viene mantenuta, poi ad occhi chiusi il bambino resta in questa posizione, si riposa un momento ed infine deve saper ritrovare la posizione stessa.Allo scopo di migliorare la manipolazione viene dedicata una particolare cura agli esercizi del polso e delle dita, associando esercizi motori e tattili.All'analisi delle posizioni semplici segue quella dei gesti e della esecuzione di atti complessi, attuati senza aiuto dello sguardo, mentre il linguaggio viene fatto intervenire per indicare, e numerare e fissare le varie parti del corpo.Nei bambini che presentano disturbi della lateralizzazione, la ripetizione di esercizi quali il mettere la mano destra sulla spalla sinistra non sembrano, per Launay e Gueritte, molto utili.A loro avviso si dovrà invece analizzare la difficoltà più o meno grande di un gesto e sviluppare la nozione di movimento dell'uno o dell'altro lato, sempre verbalizzando l'atto eseguito.Infatti i bambini con difficoltà di orientamento temporo-spaziale non sanno organizzarsi, ne sanno prevedere la durata di un'attività, non sanno

305

dare una concatenazione logica ai fatti, infine non sanno valutare la durata dei diversi momenti di un'azione, per cui tutta la loro vita difetta di ritmo.In particolare sul piano dell'orientamento spaziale si osservano bambini disordinati, con poche capacità di osservazione, che non sanno paragonare le dimensioni, oppure copiare delle figure, od ancora raffigurare ingrandimenti od impiccolienti: in questi casi il compito dell'educatore è quello di far prendere al bambino coscienza del reale, nel senso di fargli apprezzare quanto nella realtà è implicato di precisione e di ritmo.A tale scopo si può presentare al soggetto una serie di numeri, sia scritti che a voce, chiedergli di ripeterla prima nell'ordine dato e poi all'inverso, successivamente chiedendogli la posizione di vari numeri, anche associando un colore ad ogni numero.Si può rendere ancora più complesso l'esercizio chiedendo al bambino di disporre una serie di cubi colorati, corrispondenti ai vari numeri, prima orizzontalmente e quindi verticalmente.Per quanto riguarda infine il piano dell'organizzazione nel tempo gli AA. ricorrono anche in questo caso alla simbolizzazione: la nozione di durata viene concretizzata con suoni, gesti, linee con tempi di riposo che rappresentano gli intervalli.Infine Launay e Gueritte utilizzano il loro metodo per controllare la motricità di quei bambini che presentano contrazioni muscolari senza utilità di scopo e che a volte rispondono ad un continuo bisogno di movimento, con conseguente insicurezza ed ansia: in questi casi si servono del rilasciamento per ottenere l'immobilità e la concentrazione su se stessi dei soggetti trattati.METODO DI BUCHER. Descrive (1966) i risultati dell'applicazione psicomotoria in un gruppo di bambini in età scolare, con intelligenza normale, ma con grosse turbe dell'affettività.Nel 1970 e nel 1972 descrive la sua pratica di rieducazione psicomotoria e già nella prefazione l'Autore stesso precisa di non voler apportare nulla di inedito, originale o definitivo.In realtà, sulla traccia del Metodo di Ajuriaguerra, Bucher fornisce un manuale di tecnica psicomotoria che, iniziando con la descrizione dei disturbi psicomotori, degli elementi del bilancio psicomotorio e dell'evoluzione globale, termina con l'esposizione della pratica educativa.A proposito di quest'ultima va sottolineato che Bucher pone come base le acquisizione dello schema corporeo e della coordinazione dinamica globale, senza soffermarsi su quelle tecniche a più profondo contenuto di rapporto soggetto-educatore, quale ad esempio il dialogo tonico.

306

Ciononostante, nella parte successiva del lavoro, dedicata alla differenziazione progressiva dell'attività e più precisamente sotto il titolo "Relaxation", viene chiaramente riecheggiata l'importanza del dialogo tonico, anche se tale termine non viene mai esplicitamente citato.In pratica Bucher procede come se certi concetti fossero ormai acquisiti ed incentra soprattutto il suo lavoro sulla metodica applicativa pratica.I punti fondamentali di questa pratica non si discostano molto da quelli del Metodo di Ajuriaguerra e sono, oltre al già citato Rilasciamento, distinto in segmentario, globale e differenziale, la dissociazione dei movimenti, l'adattamento al tempo, cioè il ritmo, e la strutturazione spaziale. L'opera di Bucher è, a nostro avviso, chiaramente emblematica del rapido divenire della tecniche di psicomotricità le quali, pur utilizzando i principi contenuti nei metodi precedenti, convocano, in rapida successione, principi nuovi ed interdisciplinari assumendo così aspetti rinnovati, non certo definiti, ma il cui profilo va indubbiamente allargandosi fino a fondersi con altre tecniche collaterali.LAPIERRE, AUCOUTURIER.Siamo convinti che l'educazione motoria è soprattutto ricerca di relazione appropriata tra educatore e alunno e gruppo di alunni; è ricerca di strutture facilitanti che mediano gli apprendimenti cognitivi su cui si basano varie discipline scolastiche; è soprattutto ricerca da parte dell'alunno che utilizza le forze funzionanti del suo stadio di crescita in una situazione operativa che tiene presenti tutte le energie dello sviluppo (emozionali affettive, motivazionali, conoscitive e relazionali); è ricerca promozionale dell'educatore e dell'alunno:- dell'educazione nell'assunzione e nel rispetto di questo ultimo in tutti i suoi atteggiamenti (posturali, prassici, gnosici) intesi come momenti originali dei vari processi di apprendimento;- dell'alunno come persona diventata disponibile ad utilizzare quell'atteggiamento dell'educatore che promuove la sua attività di ricerca, allargandola con modalità operative negli spazi e nei tempi facendone emergere motivazioni sempre più ampie.In questa prospettiva all'inizio dell'attività motoria viene posto il problema relazionale affettivo come espressione dell'attitudine relazionale tipica di ciascun educatore che accetta concretamente tutti i comportamenti autentici del soggetto, li assume come forza di crescita, li studia, li motiva e riesce a chiarirli nelle loro più nascoste motivazioni. Ad essi risponde strutturando situazioni educative adottate gradualmente all'evoluzione reale del fanciullo.

307

Occorre quindi accettare l'evoluzione dei desideri dei bambini, giungere pertanto all'educazione del piacere; in esso occorre cercare le radici più profonde a livello di pulsioni della vita. Esse sono il movimento, il rumore, la luce, il contatto a cui si oppongono i contrari: immobilità, silenzio, mancanza di contatto.Il bambino non ancora "educato" vive di queste pulsioni come passaggio all'azione; egli corre, si agita, grida, tocca, smonta, rompe, fa rumore per il piacere.Egli è immerso nel piacere del movimento, dell'esistere.Tutto ciò deve essere disciplinato per giungere ad un'espressione coerente ed eventualmente intellettuale.La cosa essenziale è non colpevolizzare queste pulsioni di vita che sono alla base del dinamismo della persona, compreso il dinamismo intellettuale.Accettare queste esplosioni non significa tollerare, ma dimostrare da parte dell'educatore, la sua attitudine, la sua mimica che egli partecipa al vissuto del bambino, entra nel suo desiderio.Non sempre però l'educatore capisce la ragione di questo comportamento da parte del bambino.È necessario a questo punto creare un contatto affettivo con il fanciullo partendo da ciò che c'è in lui di più profondo, di più antico, occorre avere disponibilità con lui. Egli vive questa gioia nel gruppo con gli altri, nelle sue relazioni con gli oggetti, con i colori, la musica con la festa del movimento, la gioia, la felicità con i giochi liberi.La soddisfazione di queste pulsioni è seguita dal desiderio del riposo, della scoperta del silenzio, dell'immobilità. Il silenzio viene ad essere accettato, ricercato perché profondamente motivato e vissuto.A poco a poco il bambino vivendo con il proprio corpo le pulsioni e le sue emozioni si libera dei suoi conflitti e giunge alla disinibizione di tutti i mezzi di espressione.Giunge a creare, ad esprimere con il corpo tutti i mutamenti che esprime con l'arte, il linguaggio, giunge infine a trasferire il movimento del corpo a quello dell'oggetto; in questi perviene a scoprire il dinamismo della forma, delle linee, del colore. Attraverso un simbolismo del gesto e della sua traccia si riesce a scoprire l'espressione grafico pittorica.Associando il grido al gesto e il movimento all'azione, la comunicazione verbale si sostituisce gradatamente (gradualmente) a quella gestuale.Si passa così dal vissuto all'astratto, dal piacere corporeo a quello intellettuale, ma questo simbolismo progressivo è utile nella misura in cui

308

è introdotto al momento opportuno, nel momento in cui il bambino è pronto ad accettarla, cioè nel periodo della disponibilità che succede all'esaurimento del desiderio soddisfatto.Occorre seguire l'evoluzione del bambino perché essa ci porta dall'azione vissuta ad un'espressione effettiva, originale, creativa prima di giungere all'espressione razionale.Ogni struttura razionale prematura non fa altro che privare il bambino di un vissuto affettivo che gli è assolutamente necessario per affermare la sua sicurezza nello spazio e nel tempo.Lapierre e Aucouturier sostengono che questo approccio a tale linea pedagogica serve non tanto a migliorare quanto a trasformare la personalità. Tale trasformazione è dovuta al fatto che i bambini liberati dal desiderio e dal giudizio dell'adulto, possono raggiungere l'autonomia del loro desiderio e sviluppare così la propria personalità.Pertanto il ruolo dell'educatore fin dall'inizio non sarà quello di trovare risposte ideali ai bisogni del fanciullo, ma al contrario quello di variare al massimo le possibilità di dare risposte alle situazioni-problema, allargandole a tempi e spazi di esecuzione diversi. L'essenziale quindi è far vivere al soggetto più situazioni concrete, che corrispondono alla stessa struttura motoria che, caratterizzata da plasticità sottende a un continuo processo di apprendimento, grazie al quale la personalità del soggetto si evolve, si diversifica si afferma.

8.11. Motricità e linguaggio

Il linguaggio è movimentoIl linguaggio ha seguito l'evoluzione dell'umanità, e su di un piano cronologico, pensiamo, in seguito a ricercatori come Lerhoi-Gourand, che 500.000 anni fa esisteva solo una sorta di linguaggio infantile che si è poi evoluto nel periodo che va dai 40.000 ai 300.000 anni verso un tipo di espressione olofrastica (una frase si esprime con un'unica parola). L'espressione olofrastica si evolve considerevolmente nel periodo di tempo che va dai 40.000 ai 20.000 anni prima di Cristo, ed è soltanto nel periodo che va dai 30.000 anni ai 20.000 anni che si può supporre l'apparizione del linguaggio. D'altronde, 12.000 anni prima di Cristo apparivano le prime rappresentazioni di animali e soltanto fra i 7.000 e i 3.000 anni la rappresentazione dell'uomo. E, in quest'epoca, si può affermare con sufficiente certezza che esiste un linguaggio parlato e in parte scritto (primi segni).

309

Collegamento motricità, spazio e linguaggioÈ stato affermato che i componenti chimici della carne avevano avuto un'azione benefica sul cervello ( Storia dell'Umanità, Unesco- Tomo I- Preistoria), nel senso che l'assimilazione della carne (proteine) in certi momenti della giornata ha lasciato del tempo libero all'Ominide, cosa che non era possibile durante la ricerca continua di cibo vegetale. Inoltre, abbandonando gli alberi e la dieta vegetariana, ha dovuto inventare degli attrezzi per cacciare e fare a pezzi gli animali, ragion per cui è passato simultaneamente ad un livello più elevato di attenzione visiva e di abilità manuale.Non dimentichiamo, peraltro, che l'Homo erectus ha preceduto l'Homo sapiens.Il professor Debetz suggerisce che l'uso controllato della mano ha, forse, contribuito allo sviluppo di una facoltà umana essenziale, quella della parola.È stato scoperto che i movimenti della mano provocarono un movimento solidale della bocca ed è possibile che l'abitudine di comunicare abbia contribuito a far insorgere un'emissione controllata di suoni.Motricità e linguaggio sono intimamente collegati, ma in realtà, c'è all'inizio un gesticolamento globale accompagnato da una sorta di linguaggio infantile, è ben diverso, dunque, che la motricità ha spinto il linguaggio e non il contrario ("E fu il verbo"); si tratta più di "fu il movimento" o "fu la vita", considerato che, etimologicamente, la parola verbo viene dal latino "verbum" che vuol dire parola, ma si tratta di una parola che esprime essenzialmente l'azione, lo stato o il divenire di un soggetto. L'esoterismo viene in aiuto di autori o inventori di metodi, quali il Dottor Tomatis e i suoi adepti, che hanno giocato con le parole (cosa che è stata ed è tuttora di moda), poiché la parola, nel senso cristiano del termine, significa la seconda persona della Trinità. Le origini dell'uomo non sono da confondersi con l'avvento di Cristo, tanto più che, così facendo, sul piano del linguaggio cancelleremmo culture molto antiche come quella Cinese, Egiziana ed altre culture anch'esse famose.Noi, al contrario di questi autori, non crediamo all'insorgere improvviso del linguaggio come per miracolo divino, ma piuttosto ad una installazione progressiva (evoluzione) grazie alla motricità e grazie anche alla moltiplicazione delle cellule del cervello nel cranio degli ominidi.

310

Lo spazioÈ soprattutto a partire dai dati fonetici da André Virel (Antropologo e Psico-fisiologo) concernenti la Memoria Collettiva, che possiamo dire qualcosa sui fondamenti del nostro spazio.È il Paleolitico l'epoca cardine che favorisce, nell'essere umano, l'insorgenza di certi comportamenti, di certi atteggiamenti di fronte al mondo. Lo spazio va a costituirsi rispetto allo spazio corporeo, ed è questa la differenziazione con l'animalità. È dunque nell'età delle caverne e della pietra tagliata e nel Paleolitico superiore che si situa quest'epoca realmente storica. "Lo spazio allora non era uno spazio semplice e differenziato". La storia nascerà veramente solo con la scrittura. Il Paleolitico superiore è l'espressione stessa di questo linguaggio nello spazio.Gli animali e l'uomo hanno nel Paleolitico inferiore uno spazio proprio: il loro corpo è uno spazio esterno che si è stabilito di chiamare semplicemente lo spazio o più esattamente lo spazio-tempo poiché questo spazio muta continuamente. Nel Paleolitico superiore l'uomo prende coscienza di questo spazio "Spazio Esterno" e del "Suo Corpo", cosa che differenzia nettamente il suo proprio spazio, cioè il suo corpo, dallo spazio-tempo esterno in cui vive. Inoltre, lo Spazio non era così nettamente oggettivato come lo è per l'uomo di oggi; ciò significa che le nozioni di "alto e basso" ancora osservabili in popolazioni arcaiche attuali, come pure nei soggetti e nelle persone ritardate, non sono così tangibili.È questa una delle prime nozioni da insegnare affinché il soggetto controlli la sua metà corpo in senso verticale, rispetto all'altra metà del suo corpo, come pure l'alto del suo corpo rispetto al basso e viceversa.L'esperienza che permetterà questa presa di coscienza, sarà quella del buco.Un buco...impasse...passaggio.Passaggio: rito di iniziazione o rito del passaggio. Il simbolo del buco va ancora oltre.L'Uomo della Preistoria è uno spazio pieno in un vuoto. Lo Spazio: liquido; può essere in movimento (mare), pieno (non può essere in movimento).Il buco è dunque un luogo di passaggio che comporta un orifizio e, eventualmente, un'uscita. È il passaggio da un mondo ad un altro, è un'apertura forata nella sua estensione e nella sua materia e questo ci

311

fornisce attualmente la dialettica del concreto e dell'astratto. Il concreto è ciò che è opaco e pieno e che non si può attraversare. L'astratto è una sorta di vuoto; l'intelligenza è un vuoto, essa non è qualcosa di materiale.Bisogna, dunque, essere umili quando si pretende di sperimentarla, pensarla, misurarla (il buco è la prima figura della nostra astrazione).L'Uomo del Paleolitico superiore vive di caccia e di raccolto, è come se egli si identificasse all'universo piano del suolo, all'universo orizzontale del suolo.Egli si identifica a un territorio limitato e orizzontale, e si identifica all'animale catturato; quando rientra nella caverna, egli proietta all'esterno tutto ciò che ha interiorizzato, tutto ciò che ha assimilato d'importante nell'universo circostante. L'uomo si identifica alle renne, ai bovidi. Egli, dunque, proietta verso l'esterno, ma nel mondo interno della caverna tutto quanto egli ha memorizzato sono i disegni paleolitici, parietali. Identificandosi l'uomo al piano terra ed essendo la caverna una sorta di ripiegamento, il piano orizzontale minerale diventa nella caverna un piano cavo, vuoto.L'intero universo entra nella caverna, l'uomo vi fa entrare anche il cielo anche se quest'ultimo costituisce l'astrazione.È come se egli entrasse in un universo vuoto che non ha né alto né basso, né destra né sinistra e forse, in molti casi, queste pitture si trovano proprio laddove è più difficile dipingerle, cioè sul soffitto. Il principio profondo ricercato, non è forse il cielo? Un altro simbolo importante è che le stalattiti e le stalagmiti tendono a toccarsi. La caverna ricorda l'utero.Prima di penetrare nella caverna, l'uomo vive in una fascia di spazio un po' più ampia della sua altezza, egli collega la terra agli strati superiori dove vive e vede. Nella caverna, lo spazio si ripiega intorno a lui, la volta diventerà un alto pavimento per altri piedi. L'uomo si oggettiva proiettandosi. Poco a poco il mondo interno diventa un universo in cui il cielo occuperà il Centro con una terra "dell'alto" poi una "terra di destra", ma non si tratta ancora di aver assunto la nozione di "dimensione verticale" attraverso la discesa, poiché la caverna non è in qualche modo che una sorta di profondità orizzontale.Entrare nel cielo interno della caverna, è piazzarsi al centro della notte, al centro di se stessi, è già una presa di coscienza di sé.

312

È ancora un universo piano. L'uomo si identifica al piano minerale e ai bovidi orizzontali a quattro zampe. L'Uomo non ha veramente ancora preso coscienza di se stesso, vive in una fetta di spazio che non è ancora dialettizzata fra l'alto e il basso.L'uomo è ancora un po' curvo, e il suo spazio è limitato dal campo visivo.Egli si identifica ancora collettivamente all'animale, pur sapendo che non lo è più . Proiettando questo universo esterno, l'uomo va ad oggettivare quello a cui si identifica. Questo universo sarà interiorizzato daccapo per lui e per gli altri che verranno in seguito (una specie di feed-back come per i suoni), ed egli finirà per differenziare l'animale reale e l'animale potenziale che ha proiettato all'interno (sicuramente per magia).Egli assumerà la sua personalità d'uomo e soprattutto si renderà conto di ciò che lo distingue dall'animale: "il suo universo verticale".Quando uscirà dalle caverne, l'uomo avrà preso coscienza del suo corpo verticale e infatti gli ultimi disegni parietali saranno dei disegni di uomini, delle rappresentazioni umane.N.B.: La rappresentazione della mano sulle pareti delle caverne è un punto interrogativo riguardo al quale potranno essere fornite delle spiegazioni.Dunque, è a partire dal proprio corpo che si costituisce il proprio Spazio. Èa partire dalla motricità che si costruisce un nuovo Spazio, lo Spazio Reale.Motricità, Spazio, Tempo e Linguaggio sono strettamente collegati, ed è per questo motivo che noi raccomandiamo con insistenza una rieducazione ed una terapia psico-senso-motoria. Pensiamo (dopo gli studi di Delacato) che qualsiasi sistema di rieducazione deve essere basato su attività conformi alle fasi che rappresentano tutti gli avvenimenti esistenti nella nostra Memoria Collettiva, sia quelli che avremmo dovuto vivere nella nostra storia sia quelli della Preistoria.Invece di imperniare la rieducazione su una base essenzialmente psicoanalitica o sintomatica, visto che ne conosciamo i vantaggi ma anche gli inconvenienti, noi esercitiamo questa rieducazione sull'ontogenesi del soggetto, sia sul piano neurologico che cognitivo e affettivo.Sembra facile oggigiorno affermare che reptazione, quadrupedia, coordinazione oculo-manuale, coordinazione delle mani sono tutti dei requisiti necessari per l'apprendimento della lettura e del linguaggio.

313

Noi diremo che sono indissociabili poiché, mentre il soggetto integra il linguaggio, contemporaneamente si sviluppa seguendo delle norme conosciute e (per gli psicomotricisti), in modo particolare sul piano sensoriale, la funzione visiva deve essere sempre tenuta in considerazione, così come pure la funzione uditiva.È impensabile far capire al soggetto dove è la sua destra e la sua sinistra, quando ancora non è in grado di reperire l'alto e il basso (come nell'età delle caverne) su di lui e all'esterno, poiché si tratta di una conoscenza anteriore alla lateralità; nello stesso modo è impensabile far leggere un soggetto che possiede un vocabolario eccellente, ma un sistema visivo inadeguato.Infine terminerei dicendo che la conoscenza di tutti questi fattori non deve farci commettere degli eccessi, ed è proprio sulla lateralità che io mi attarderei un istante, meravigliandomi di come sia possibile attualmente sia creare dei "falsi soggetti che usano normalmente la destra" e dei "falsi mancini", come pure suscitare una iperlateralità, sia essa a destra o a sinistra. I due lati del corpo devono essere complementari, come lo sono gli emisferi cerebrali grazie in particolare al corpo calloso, e uno dei due lati del corpo non deve essere sottomesso all'altro o, ancora peggio, reso inferiore; al contrario bisogna favorire l'altro lato affinché la motricità nello spazio e nel tempo sia armoniosa quanto più possibile; tutto ciò allo scopo di completare nel migliore dei modi il linguaggio o allo scopo di far accedere il soggetto al linguaggio, cosa che diventerà la prova tangibile di questa armonia... a condizione tuttavia che vi siano tutti gli elementi relazionali e affettivi (è il caso di oggi).La migliore prova che si possa fornire, è la rieducazione di un soggetto emiplegico con afasia. (J.C. MAUPAS, "L'insegnante", rivista specializzata, n° 321, 1993)

8.12. Relazioni soggetto-soggetto e soggetto mondo

La relazione educativa adulto-soggetto, è una comunicazione che si sviluppa a livello delle persone che vi si trovano implicate e a livello dell'azione.Ogni attività, cioè ogni interazione o interrelazione essere-mondo, è necessariamente psicomotoria e l'esercizio in sé non ha significato, perché solo il contesto dà senso all'azione.

314

Così l'educazione psicomotoria per il soggetto, è la scoperta e l'esercizio del suo potere sul mondo; per l'adulto è la capacità di immaginare e di riflettere sulla propria azione e su se stesso.L'azione, cioè l'esercizio, è comunicazione col mondo, inseparabile dall'ambiente nel quale si sviluppa l'attività del soggetto (P.Vayer, P.Carbone, 1981).Nella comunicazione essere-mondo, il corpo è il punto di riferimento permanente. L'aiuto al soggetto è un intervento dell'adulto nella comunicazione soggetto-mondo, tendente a facilitargli la scoperta, l'organizzazione e l'uso del proprio io e quindi anche del proprio corpo, in relazione con ciò che lo circonda.Per aiutare il soggetto a trovarsi e a sviluppare se stesso, bisogna utilizzare quel linguaggio che il soggetto comprende: il linguaggio del corpo, il linguaggio dell'azione corporea (P. Vayer, P.Carbone, 1981).Il gruppo deve essere concepito, oltre che in termini di apprendimento, anche in termini di comunicazione, in modo da non costituire incompatibilità tra gli approcci pensati in termini di sviluppo della persona (comunicazione e interazione corporea soggetto-ambiente) e di sistemi di relazioni normalizzate che costituiscono il principio stesso della vita comunitaria.L'esercizio motorio o la pratica sportiva, come d'altra parte qualunque mezzo o linguaggio, non hanno valore in sé, ma assumono significato solo nel contesto della comunicazione, come fatto di assunzione personale e intenzionale.La relazione educativa deve essere quindi espressa in termini di comunicazione, abbandonando la nozione di esercizio e sostituendola con quella di relazione di aiuto (adulto-soggetto e soggetto-soggetto), come comunicazione, dialogo, scambio.Ritrovato il dialogo, si pensa a sviluppare le strategie che permettano al soggetto di esprimersi in relazioni sempre più adeguate alla realtà.Ciò di cui bisogna inizialmente tener conto, sono inoltre le capacità relative alla quotidiana autonomia.Schematicamente le successive fasi educative si strutturano in questo modo:a) organizzazione dell'iob) organizzazione delle funzioni cognitivec)- modalità dell'azione, linguaggi utilizzati,significatod)- sviluppo socialee)- attività autonome

315

f)- relazione di aiutog)- ambiente a)- Organizzazione dell'io. mondo degli altri (dialogo tonico e tonico-gestuale, gioco corporeo; equilibrio . mondo degli oggetti corporeo,educazione alla respirazione)

b)- organizzazione delle funzioni cognitive. io organizzazione spazio-tempo. mondo degli altri organizzazioni percettive e sviluppo. organizzazione del delle funzioni simboliche; conoscenza mondo intorno a sè degli oggetti: manipolazione e costruzione

c)- modalità dell'azione,linguaggi utilizzati, significato della azione. io (modalità d'azione: a due, in gruppo;. mondo intorno a sé senso dell'azione, espressione,. organizzazione con incontri, scambi l'altro

d)- sviluppo sociale dell'io (relazione con gli altri e gli oggetti). a tavola. ordine delle proprie cose. sfinteri e igiene. vestirsi e svestirsi. attività comuni (pasti, gite...). aiuto agli altri soggetti

e)- attività autonome dell'io (relazione con oggetti e altri). giochi personali. creazione. immaginazione. ricerca. attività con tutti gli oggetti presenti. intimità. riposo. attività espressive individuali. attività espressive collettive. attività e giochi di gruppo

316

f)- relazione di aiuto (io in relazione con gli altri e gli oggetti). comunicazione col mondo. organizzazione della persona

g)- ambiente (organizzazione io - altri: adulti e soggetti). spazio personale. oggetti propri. giochi individuali. occupazioni. scoperte. incontri-giochi con l'altro anche mediante oggetti. pasti . interessi. azioni espressive individuali. azioni collettive

Comunicare significa effettuare uno scambio di sentimenti, informazioni, conoscenze. I primi scambi, quelli tra la madre e il soggetto, sono scambi corporei: mediante una relazione rassicurante, il soggetto esprime attivamente i suoi profondi desideri ed esercita le sue possibilità di agire avendo come meta i primi elementi corporei e i primi oggetti.Inizialmente tutto ciò ha un prevalente significato affettivo, quindi, via via che si stabilizza la stazione eretta e la deambulazione, assumono un significato di conoscenza.Questo primo linguaggio, che è corporeo, ha il doppio significato:- affettivo: atteggiamenti e contatti;- semantico: valore dell'azione corporea. Anche il linguaggio grafico ha un doppio significato:- affettivo: il colore;- semantico: il segno tracciato. Ugualmente il linguaggio verbale:- affettivo: tonalità delle parole;- semantico: senso della parola e organizzazione nella sequenza della frase.Al linguaggio corporeo, grafico-colorico e verbale parlato e scritto, il soggetto, in relazione con la società e con la cultura, dovrà aggiungere i linguaggi plastico e grafo-pittorico, dell'immagine, della logica-matematica, quello musicale, quello mimico-gestuale.

317

In ogni modo, in qualunque linguaggio, il significato affettivo, sottende quello semantico e il soggetto comprende prima il primo che il secondo e il suo sviluppo è in funzione della qualità delle informazioni che egli ha assunto e vissuto in rapporto al mondo che lo circonda.Nello svilupparsi degli scambi, possono determinarsi delle dissociazioni che provocano il non svilupparsi adeguato del dialogo, determinando così numerosi problemi;- al livello dell'azione: a) tra il desiderio del soggetto e le sue possibilità b) tra il desiderio e le possibilità quando il significato affettivo non concorda con quello semantico. Successivamente occorre considerare l'attività inserita nel gruppo, la cui struttura deve dare contemporaneamente al soggetto sicurezza e modelli dinamici:- il gruppo è di per sé rassicurante, l'altro parla e comprende lo stesso linguaggio;- nel gruppo nascono le motivazioni, si formulano i progetti;- nel gruppo vengono trovati modelli di azione, di comportamento;- nel gruppo il soggetto valuta la propria azione confrontandola con quella dell'altro;- il gruppo non deve essere molto numeroso per poter rispondere alle esigenze del singolo;- i soggetti che lo compongono devono avere finalità personali ed accettarsi reciprocamente;- il gruppo deve essere vario per le personalità e organico per le età e i livelli di risposta;- il gruppo deve potersi confrontare con altri gruppi. Integrare significa far entrare un elemento in un insieme in modo che faccia parte di un tutto. Nella relazione educativa, integrare significa accettare ciascuno in quanto persona, nella sua interezza (P. Vayer, P. Carbone,1981).

8.13. Diversabilità e linguaggi non verbali

Parlando di attività espressive, di linguaggi espressivi, intendiamo un complesso mondo di rappresentazione, di sviluppo, di maturazione, che non si riduce soltanto al disegno, all'attività manuale, alle attività costruttive, alla manipolazione, ma che riguarda l'intera personalità che dai

318

3 ai 6 anni manifesta delle capacità fondamentali sul piano dell'attività espressiva.In questa dimensione longitudinale, partendo dalla nascita del bambino, prendiamo in considerazione alcuni sviluppi funzionali incominciando dal rapporto fra movimento e conoscenza, anche se la conoscenza si riduce fondamentalmente alla percezione). Parliamo di un rapporto movimento-percezione distinguendo fondamentalmente tre fasi: c'è una fase motoria caratteristica dei primi mesi di vita, in cui il bambino finalizza il movimento per la sua soddisfazione.Qualcuno afferma l'esistenza di un movimento fine a se stesso del bambino, in cui egli va verso le cose, verso l'oggetto materno.C'è una seconda fase motorio-percettiva in cui il bambino cerca, dopo aver fatto l'esperienza della fase precedente, di andare verso le cose, gli oggetti, le persone, per provare una percezione: per questo si dice motorio-percettiva perché il movimento adesso non è più fine a se stesso ma è un movimento finalizzato alla percezione di qualche cosa.Terza fase è quella percettivo-motoria, dopo che il bambino ha sperimentato che muovendosi e "andando verso l'esperienza di qualche cosa, egli comincia a rappresentarsi mentalmente l'oggetto esterno".In essa il bambino incomincia ad avere l'immagine di qualcosa che ha percepito, e vuole raggiungerla.Queste tre fasi sono molto importanti: non sono fasi che noi dobbiamo vedere a sè stanti o avulse da tutto il contesto.Inoltre possono introdurre gli altri sviluppi funzionali, quali lo sviluppo affettivo, lo sviluppo intellettivo, e soprattutto, per il discorso che ci interessa, lo sviluppo del linguaggio.Nei primi anni il linguaggio va suddiviso in linguaggio interiore, percettivo ed espressivo. Arrivati sui tre anni il bambino incomincia a scarabocchiare (parliamo di bambini normali) con una sicurezza nel movimento e una formidabile ricchezza di linguaggio rispetto a quando aveva un anno o due.Qui i linguaggi interiori percettivo ed espressivo, hanno già formato un tutto unico: il linguaggio verbale.Poi incomincia a strutturarsi organicamente un'altra funzione fondamentale che è l'attività ludica, il gioco.Il bambino, sui tre anni, impara oltre che a parlare, a strutturare sintatticamente la frase con soggetto, predicato, complemento, arricchendola via via sempre più . Sempre attorno ai tre anni, fa la sua comparsa lo scarabocchio, che inizialmente ha molti significati.

319

Distinguiamo tre tipi di scarabocchio: uno scarabocchio fortuito, uno intuitivo e uno finalizzato. C'è qui una lenta evoluzione dallo scarabocchio fortuito (il bambino fa dei ghirigori sul foglio, generalmente con un movimento rotatorio abbastanza armonico, caratterizzati da linee curve che tendono a chiudersi verso il centro) allo scarabocchio intuitivo (il bambino comincia a dirci qualche cosa relativamente al suo scarabocchio ma non ci riesce del tutto, passando automaticamente da una addizione all'altra di elementi descrittivi, per cui lo stesso scarabocchio, in due momenti diversi, può rappresentare per il bambino due cose diverse). Attorno ai 3 anni e mezzo - quattro, il bambino giunge allo scarabocchio finalizzato (attraverso lo scarabocchio, che assume già il significato del disegno, egli finalizza la rappresentazione di qualche cosa e mostra l'intenzione di collegare il pensiero, il linguaggio espressivo e la motricità).Movimento, parola ed espressione costituiscono una realtà unica; ciò accade perché il bambino, lentamente, dopo i tre anni, incomincia a strutturare quella realtà fondamentale che è il suo schema corporeo cioè acquista la padronanza di alcuni mezzi espressivi. Ecco l'importanza di questa età (tre - quattro anni, quattro anni e mezzo) per la maturazione della coordinazione oculo-manuale: il bambino, per esprimersi attraverso il disegno, deve sapere coordinare molto bene la mano e l'occhio; la mano assume un ruolo predominante fino ai 5 - 6 anni, perché é la mano che comanda l'occhio attraverso il sistema nervoso, attraverso la corteccia cerebrale. La mano dunque comanda l'occhio, ma da cosa è comandata? Dal sistema nervoso: il bambino percepisce, pensa, si rappresenta e vuol emettere dei comandi; la mano allora deve essere educata, da sola non può realizzare granchè, e allora ecco il collegarsi della manualità con il linguaggio interiore, con il pensiero, con la percezione del mondo e con la visione del mondo che il bambino si costruisce, cioè con la fenomenologia della percezione. Dopo i tre anni, specialmente sui 4 o 5, il bambino percepisce il mondo non così come è, ma come lui se lo rappresenta.Si ha qui una prima regola fondamentale, una prima legge dell'espressività del bambino: il bambino disegna, costruisce, manipola la realtà, come la sente e come la vede.La conoscenza umana è un fenomeno tipicamente soggettivo e fin dai 3,4,5 anni la persona vede il mondo secondo i suoi parametri, specialmente per quanto riguarda gli aspetti affettivi e relazionali.Ci interessa adesso vedere che rapporto c'è tra questa espressività e il mondo interiore del bambino, che egli cerca costantemente di proiettare all'esterno. Quando proietta il suo mondo interiore all'esterno attraverso il

320

disegno, attraverso l'educazione psicomotoria, attraverso i vari linguaggi, egli proietta esternamente la sua personalità.Il bambino passa dall'esperienza della realtà esterna alla presentazione di questa realtà, anche se ci sfugge la sua rappresentazione interiore: un bambino che vede il gatto con quattro zampe e una coda può darsi faccia il gatto con tre code e una zampa; o un bambino che vede la luna senza occhi, senza naso, senza bocca, tutte le volte che disegna la luna le faccia gli occhi, il naso, la bocca e le orecchie.Tutti questi fenomeni costituiscono la percezione del mondo che il bambino ha, cioè la conoscenza fondamentale che egli attua su se stesso, sulle conoscenze e sugli altri.La percezione del mondo non è sempre una dimensione totalmente soggettiva. Fin qui abbiamo visto la lenta evoluzione di tutte le funzioni che portano il bambino dai 3 ai 6 anni (dimensione longitudinale), a sapersi esprimere, a saper disegnare, a passare dallo scarabocchio al disegno significativo. Poi ogni bambino ha l'opportunità di capire l'aspetto importante del rapporto tra linguaggio interiore-pensiero-mondo esterno; questo rapporto è attuato mediante un fenomeno tipico: la percezione, che è la prima conoscenza del bambino, e che potremmo chiamare conoscenza umana gnoseologica.Preferiamo usare in proposito il termine percezione, in quanto il bambino percepisce il mondo filtrato dal vissuto interiore, di suoi vissuti affettivi.Ciò che rappresenta o ciò che ha percepito, diventano qualcosa di estremamente personale. Questa è la radice dell'originalità, della creatività di una persona, quella che noi chiamiamo "intenzionalità" della persona umana.A cosa tende la persona? Per ciò che attiene al nostro discorso, tende a rappresentare il mondo come lo sente, come lo avverte, come lo vive, e non come lo ha percepito. Sui 12, 13 anni il ragazzo tenderà sempre più rappresentarsi il mondo esterno così come è, perché ormai è in possesso di quelle categorie logiche che gli consentono di razionalizzare l'idea del mondo secondo prospettiva, altezza, larghezza, profondità.Il bambino che non ha ancora la geometria, vive la geometria topologica rappresentandosi il mondo secondo propri canoni; e non è che se lo rappresenti arbitrariamente, perché tutti i bambini di una determinata età si rappresentano il mondo secondo determinati schemi che, ad esempio, ignorano la prospettiva e la terza dimensione, cioè la profondità.Intorno a 3,4,5 anni non troveremo certo uno schema corporeo già perfetto.

321

Ci interessa ora addentrarci in questo mondo interiore che influisce sulla rappresentazione esterna dei linguaggi espressivi interni.Quali scienze ci indicano alcune vie per entrare in questo mondo del bambino? La psicanalisi ha scoperto l'inconscio (mondo istintuale), il subconscio (mondo della memoria, della immaginazione, dei sentimenti), e tutto il dinamismo in cui viviamo. Il bambino vive in un mondo ricchissimo: allora le attività espressive, specialmente nella scuola materna, devono tendere a fare emergere costantemente il mondo interiore affinche "faccia i conti" col mondo esterno oggettivo. La soggettività del bambino deve fare i conti coll'oggettività del mondo esterno, con le leggi della realtà, con la realtà degli altri, con la realtà del gruppo. Il bambino mete così ordine nel suo mondo interiore, ed è da qui che si deve partire per un esame delle produzioni grafico-linguistiche.In particolare nel disegno infantile, il bambino rappresenta ciò che sente, ciò che sa e non ciò che vede. Intendiamo soffermarci su questa dimensione soggettiva, personale che ha proprie prerogative originali. La psicologia della forma ci dice che la conoscenza del bambino, la percezione, non sono qualcosa di fortuito, di occasionale, di insignificante, perché egli percepisce la realtà attuando dei processi cognitivi sempre significativi. Questo accade anche negli diversabili gravissimi: la loro percezione della realtà è sempre atto conoscitivo ed in sé significativo.Nelil diversabile grave di certo la conoscenza è a livelli minimi, anche se è una conoscenza, per quel bambino, significativa, che si collega cioè con strutture cognitive dell'esistenza. Ecco il dinamismo conoscitivo: il bambino percepisce un vaso, una montagna, la mamma, il gatto, la classe; queste percezioni vanno ad associarsi, a collegarsi con altri contenuti, con altri vissuti che il bambino ha già. Anche nelle attività espressive, il bambino passa a rappresentare ciò che ha percepito attraverso il dinamismo interiore, che glielo fa rappresentare in maniera soggettiva. Importanti sono quindi la rappresentazione e la interpretazione: quante volte il bambino col disegno ci dice cose che col linguaggio verbale non può dirci e no sa dirci!Il disegno della famiglia, quello della persona, della casa, del sole, della luna, in cui entrano dinamismo, antropomorfismo, "artificialismo", sono tutte informazioni che il bambino ci dà. Se ci fermassimo con fedeltà alla realtà, falseremmo completamente il messaggio del disegno infantile, che non rispecchia adesso la realtà, ma che media i vissuti infantili e gli schemi logici e percettivi della persona. Individuiamo tre dimensioni: nell'esperienza iniziale il bambino attua la percezione di qualche cosa,

322

globalmente, sincreticamente, e confusamente la comunica; dopo aver percepito, conosciuto in maniera confusa, l'educatrice o il genitore dovrebbero intervenire verbalmente per far esprimere al bambino ciò che ha percepito, perché il fatto di percepire lo porta a voler subito comunicare, anche se non verbalmente, elaborando, e attuando sempre la strutturazione sintattica del linguaggio. Il rinforzo verbale dell'adulto deve sempre esserci, è importante non tanto per correggere il bambino, in modo che disegni come un bambino di 8 anni, quanto per parlare, discutere, intervenire verbalmente su ciò che egli ha visto, così che comunicando con gli altri arrivi gradualmente a una migliore dimensione oggettiva nell'espressione del vissuto. Tramite i linguaggi, quello grafico ad esempio o quello manipolativo, il bambino esercita sempre la propria persona nella sua unità, nella sua integralità.Per fare un disegno, il bambino passa attraverso tre fasi fondamentali: c'è una fase motoria arricchita dalla percezione di qualche cosa; quando il bambino disegna, disegna ciò che ha percepito precedentemente o ciò che percepisce interiormente in quel momento ma mentre fa tale attività, i tratti che lascia sul foglio gli servono a percepire anche altre cose, così che contemporaneamente la percezione del bambino si arricchisce sempre più . Questo ci spiega perché certi bambini non finiscono mai i loro disegni: la percezione si arricchisce percependo e facendo. La fase motoria quindi è importantissima perché la mano che guida l'occhio, disegnando, dà al bambino un rinforzo, una gratificazione, dà simboli e segni, percependo i quali il bambino può dirsi bravo. Anche noi ci comportiamo così, quando, scrivendo o insegnando, ci diciamo: che bravo, come mi è venuto bene.Il disegno infantile è dunque suddiviso sì in fasi, ma ogni fase dell'attività grafica ed espressiva è un continuo divenire. Specialmente dai 4-5 ai 7-8 anni, il disegno infantile percorre la fase più creativa e più originale; verso i 9 anni abbiamo una prima stasi; poi verso i 12-13 il disegno infantile finisce come disegno originale, creativo, con l'emergere dell'io e con la maturazione dello schema corporeo.Questa maturazione ha termine quando il bambino, acquisito completamente il proprio schema corporeo (4-12 anni), arriva alla propria identità anche corporea acquisendone le nuove leggi, e si rappresenta il mondo con la prospettiva, con le tre dimensioni, secondo metodi razionali.Manca ancora il pensiero formale dell'adolescenza, anche se per il bambino ci sono altre leggi.È importante sottolineare la valenza dell'educazione psicomotoria nella strutturazione del rapporto tra corpo e movimento tra psiche e movimento

323

(inscindibili), perché quando il bambino opera con la mano o corre o fa esercizio o fa le angolazioni, quando fa coordinazione, educazione ritmica musicale ecc.., mette in atto pensiero-movimento-padronanza di se stesso.Seconda fase: la fase verbale. Il bambino si muove agisce, manipola ecc., ma agendo parla, nel senso che usa sempre il suo linguaggio, o il linguaggio interiore o quello espressivo o quello recettivo; pensate quindi ai bambini, specialmente nella scuola materna e anche nei primi anni della scuola elementare, che disegnando parlano da soli (monologo). In questo caso il linguaggio è verbale, ma è anche linguaggio grafico-espressivo; il bambino ha sempre bisogno di questi rinforzi reciproci: lui ce lo insegna. Quando disegna si muove, quando gioca deve parlare perché ha costante bisogno di ripetere le cose a se stesso, di ricordarsi, di rinforzarsi, di avere le idee chiare, di rappresentarsele mentalmente. La lezione che ne deriva è che quando il bambino disegna, quando agisce, quando si muove, l'adulto dovrebbe parlare un po' con lui, nel senso di orientarlo, di chiarire prima del disegno.È negativo invece intervenire con insistenza quando il bambino sta ormai facendo.Così quando facciamo educazione psicomotoria il bambino parla sempre con se stesso, si critica, si controlla, è timido: allora l'adulto interviene, parla con lui prendendo il bambino per mano e facendolo agire.Molte volte è opportuno intervenire anche verbalmente, dare il rinforzo verbale o anticipare verbalmente determinati risultati, soprattutto quando vediamo che il bambino da solo sta per arrivare ad un risultato che però è ancora un po' lontano dalle sue capacità. Allora glielo chiariamo e glielo facciamo fare: se non interveniamo verbalmente quando il bambino agisce, gioca, scrive, disegna, quando dobbiamo intervenire?Mentre fa queste azioni, il nostro intervento consente al bambino di collegare immediatamente ciò che pensa con ciò che fa; crea cioè nel bambino dei simboli e dei segni, dei concetti, in una parola la simbolizzazione.Quando questo processo è attuato, il bambino arriva a simbolizzare, ad avere chiaro ciò che deve dire per rappresentare ciò che viene attuato attraverso il movimento. Il nostro fine fondamentale è quello di portare il bambino, attraverso il movimento nel gioco e nell'attività espressiva, a concettualizzare: a 5-6 anni diciamo "concetto" la rappresentazione formale di qualche cosa per cui, a questa età, il bambino è in grado di rappresentarsi mentalmente i processi della scrittura, della lettura, del tatto; vale a dire gli automatismi. L'automatismo presuppone dei concetti che il

324

bambino ha interiorizzato e ai quali pensa ormai anche indipendentemente dalla presenza reale della cosa: questo è il concetto, ossia la rappresentazione mentale. Negli insufficienti mentali tale possibilità manca o è carente, e ce ne rendiamo conto perché essi hanno difficoltà nel disegno, nell'educazione psicomotoria: con loro dobbiamo soffermarci più a lungo nell'attivare le due fasi: quella motoria e quella verbale, perché sappiamo già a priori che molto difficilmente il diversabile arriverà alla fase mentale, dal momento che tende a migliorare invece tutti quei processi che abbiamo visto essere implicati nelle attività espressive coinvolgenti le funzioni della personalità e soprattutto la percezione, la coordinazione oculo-manuale, la manipolazione.Queste attività portano alla maturazione della personalità.Negli anni della scuola materna e nei primi anni della scuola elementare, qual'è la maturazione cui dobbiamo tendere? Innanzitutto dobbiamo sviluppare, specialmente attorno ai 4, 5, 6 anni, la coordinazione oculo-manuale, cioè dobbiamo aiutare il bambino a coordinare sempre meglio funzioni visive e funzioni manuali perché a livello cerebrale si correlino con altre funzioni: facendo questo, portiamo un bambino di 6 anni ad acquisire quella coordinazione fondamentale che è alla base del leggere e dello scrivere.Tale coordinazione oculo-manuale nell'ambito della scuola materna può essere attuata con attività espressive, partendo dalle attività che integrino movimenti grossolani su spazi ampi, per arrivare ad un'attività su spazi più limitati che implichino movimenti più fini, come può essere quello del prendere in mano la penna per scrivere o per fare il disegno della casa, della persona ecc. Si attua così uno sganciamento progressivo del braccio, dell'avambraccio, del polso, giungendo al movimento fine della mano che ha bisogno di esercizio costante, specialmente con i soggetti in difficoltà; infatti, se il bambino normale ci arriva pressochè da solo, il soggetto in difficoltà ha bisogno di una educazione funzionale per questo scopo.In secondo luogo occorre tendere alla padronanza della funzione simbolica.Abbiamo visto per i livelli motorio verbale e mentale simbolico, che si deve portare il bambino a simbolizzare, a rappresentarsi mentalmente ciò che fa, (fase mentale, terza fase, quella che viene chiamata la fase simbolica) e in terzo luogo a padroneggiare prima lo spazio e poi il tempo, l'orientamento da sinistra a destra e dall'alto in basso. L'orientamento del foglio è estremamente importante se si pensa che certi bambini hanno una propria percezione dell'albero (fanno le radici in alto, il fusto e i rami in

325

basso, oppure lo percepiscono in piedi); non sappiamo cosa avvenga in loro quando, rappresentandolo, lo fanno con la testa in giù e le gambe in su.Si può trattare di disturbi percettivi, di scarsa coordinazione-padronanza dello spazio. Può accadere magari, dopo un mese o due, che il bambino si corregga, se non c'è patologia.Ecco perciò l'importanza di una padronanza dello spazio, raggiungibile con gli esercizi di seriazione, corrispondenza, associazione, che servono ai bambini per impadronirsi dello spazio.Agendo dinamicamente sulla realtà, il bambino si accorge che tra una cosa e l'altra c'è uno spazio, e che più spazi danno una sequenza che costituisce un tempo, concetto questo che egli acquisisce sui 6, 7, 8 anni, dopo aver conquistato il concetto di spazio. Per lo spazio e per il tempo c'è una funzione fondamentale che dobbiamo addestrare: la funzione ritmica.Pensate al movimento che si lega al linguaggio. Il linguaggio del bambino normale ha un suo ritmo, una sua armonia; egli non storpia le parole come fanno certi subnormi; segue un ritmo che è la proiezione esterna dei contenuti mentali che ha acquisito operando attraverso la fase motoria, la fase verbale e la fase mentale.Tutto è collegato nel bambino normale, come in quello andicappato, debole o insufficiente mentale: anche quest'ultimo ha la padronanza dello schema corporeo, naturalmente adeguata all'età. A 4, 5, 6 anni il bambino percepisce il suo schema corporeo, finché intorno ai 12,13 anni arriva anche alla identità corporea (è per questo che certi soggetti enuretici che fanno la pipi a letto fino a 12, 13 anni, un bel giorno non hanno più questo disturbo: fino a quel momento non c'era la padronanza del proprio corpo; c'era una carenza di schema corporeo).Ecco l'importanza di padroneggiare lo schema corporeo già a 3, 4, 5 anni attraverso specifici esercizi.Un altro punto su cui vale la pena di soffermarci è la padronanza della manualità.Dopo la conquista della coordinazione oculo-manuale, si realizza la padronanza della manualità come gestualità, come possibilità di attuare movimenti più fini, come capacità di percepire il mondo e di discriminare quelle qualità che ricordiamo. Pensiamo all'esercizio della Montessori quando ai bambini veniva dato in mano il velluto, il vetro, la carta vetrata: il bambino doveva cogliere il ruvido, il liscio, il lungo, lo spesso, ecc., attraverso il tatto, una qualità della manipolazione che lo portava lentamente a diventare padrone dei movimenti fini.

326

Sottolineerei anche l'importanza di un arricchimento del livello semantico attraverso le attività e viceversa.Il livello semantico riguarda il linguaggio interiore, il pensiero del bambino, il mondo dei significati che il bambino ha, significati confusi, sincretici, globali. Tali significati, come possono trovare un orientamento preciso, concreto, che si adegui lentamente alle leggi della realtà, alla prospettiva?Attraverso le attività, attraverso la percezione del mondo, attraverso il dialogo con gli altri, il descrivere, lo osservare le cose, il bambino trova delle conferme e delle disconferme al suo linguaggio semantico: si corregge, si arricchisce e prosegue nella sua evoluzione linguistico-espressiva.Un ultimo aspetto importante che dobbiamo vedere è il problema del "bello".Qui dobbiamo distinguere due aspetti importantissimi: l'educazione al bello estetico e l'educazione al bello artistico. L'educazione al bello estetico è educare il bambino a gustare le cose belle, come un tramonto, una foglia, un animale, un quadro.Il bello estetico è il gusto delle cose belle, e si correla con l'educazione morale: il bambino che coglie il bello, l'armonia delle cose, l'armonia delle azioni, è anche il bambino che interiorizza lentamente delle norme morali.Il bello artistico implica invece l'educazione del bambino a creare, a fare, a produrre, a disegnare, a manipolare, per costruire qualche cosa che abbia anche le caratteristiche del bello. Sui 5-6 anni, alla fine della scuola materna, il bambino dovrebbe essere già in grado di vivere a un livello naturalmente adeguato alla sua età, la correlazione costante che esiste fra il vero e il bello, fra ciò che sente e ciò che conosce, fra l'affettività e la conoscenza, fra i sentimenti estetici, artistici e i sentimenti morali.Per questo allora le attività espressive in senso lato, dal disegno al movimento, alla psicomotricità, assumono oltre ad un valore fisico, motorio, verbale, anche un significato altamente morale. L'educazione sia essa psicomotoria, linguistica, espressiva, o ha un contenuto morale e non è educazione.Per contenuto morale intendiamo dire che ciò che il bambino fa, ci rappresenta, è sempre espressione del suo modo e delle relazioni che lui ha con gli altri; ed è in queste relazioni che egli coglie l'esempio degli adulti, un esempio morale, l'autorità del padre, l'autorità della madre, l'armonia della vita della natura ecc.

327

I linguaggi grafici e psicomotori sono una dimensione fondamentale fino a 6 anni, periodo in cui il linguaggio scritto o il linguaggio verbale, nel senso di manifestazione di significato di vita, non raggiungono il linguaggio grafico, il linguaggio psicomotorio, il linguaggio ludico.Queste indicazioni che vi ho dato non hanno un ordine gerarchico: a questa età, debbono integrarsi le une con le altre.Certo si possono notare delle discrepanze in qualche caso.Bisogna sempre partire dallo spazio; questa legge è fondamentale: quando parliamo, nel caso di un bambino di un anno, della fase motoria, della fase motorio-percettiva e percettivo-motoria, non possiamo intendere il bambino fuori dallo spazio.L'evoluzione spaziale parte dallo spazio del proprio io (lo spazio propriocettivo) e si allarga poi al corpo della mamma, al lettino, alla casa, finché intorno a 3, 4, 5, 6 anni lo spazio viene rappresentato.Questo concetto (partire dallo spazio) è fondamentale, anche se da metodo a metodo c'è differenza nei risultati.Il disegno delle persone, a 3, 4, 5, anni è sempre eguale come se fossero raffigurazioni speculari l'una dell'altra.Un'osservazione importante che infine va fatta riguardo la dominanza in certi disegni del volto su tutto il resto.Il volto domina soprattutto nei disegni dei deboli insufficienti mentali, perché mentre nei soggetti normali l'acquisizione dello schema corporeo mette in risalto progressivamente anche le altre parti del corpo, nei deboli mentali il volto permane sempre quale percezione fondamentale.Da sempre ciascuno di noi sperimenta inconsapevolmente il valore semiotico dei gesti e delle espressioni non verbali. Solo poche categorie di persone hanno una cura meticolosa nella produzione di gesti ed espressioni del volto per comunicare con i rispettivi interlocutori mananager, politici, personaggi televisivi , attori, sono avvezzi a veicolare intenzionalmente delle informazioni non verbali, consci della potenza che esse acquistano se mediate dalla CNV. Ma la maggior parte delle persone cosiddette 'comuni', non è in grado di esprimere di interpretare questi segnali ne per condizionare l'altrui comportamento, ne per rendere più efficace le proprie comunicazioni. Una delle ragioni di questo fenomeno è con molta probabilità la mancanza di una riflessione attuata sui mezzi e sulle forme delle proprie espressioni. Luft ha sottolineato come un soggetto interagente sia solo parzialmente consapevole delle proprie motivazioni e delle proprie modalità espressive nel corso di una qualsiasi relazione interpersonale. Egli ha realizzato uno studio che ci consente, indirettamente, di fare un po'

328

di luce su questo fenomeno. Egli ha schematizzato la Johary-window per evidenziare questa parziale inconsapevolezza del soggetto interagente di sè, delle proprie motivazioni e dei i propri atti espressivi. Una maggiore consapezolezza del valore semiotico di feed-back e di processi meta-comunicativi, può e deve consentire ai soggetti interagenti un migliore scambio comunicativo ed una più profonda conoscenza di sé e dell'altro, predisponendo entrambi ad una migliore empatia relazionale.

8.14. Linguaggio gestuale

"In numerose circostanze, peraltro molto varie ed interessanti, la facoltà di esprimersi a parole risulta totalmente e parzialmente sospesa. In questi casi entra in atto un'elaborazione di gesti pantomimici che viene utilizzata come mezzo di comunicazione usurpando il ruolo del discorso orale. Nascono così vari linguaggi detti dei segni" (Macdonald, 1979). Infatti in luoghi dove esistono condizioni acustiche sfavorevoli, rumori intensi e continui, il linguaggio gestuale si è sviluppato sistematicamente. È il caso del linguaggio marinaresco e degli addetti all'atterraggio degli aerei, ma anche dei movimenti cinesici dei reclusi, dei malviventi dei ragazzi di strada. La mancanza di udito e il fatto di essere tagliato fuori dal mondo dei suoni, rende però un individuo molto più sensibile al mondo dei gesti e dei movimenti: per questo un sordomuto riesce a comprendere meglio il linguaggio del corpo. Kagan ha condotto uno studio tra i sordomuti, proiettando films con uomini e donne in varie situazioni e ha quindi chiesto loro di indovinare gli stati emotivi di queste persone e di descrivere da quali indicazioni del linguaggio del corpo essi deducevano tali stati emotivi il tutto senza che potessero servirsi del metodo orale a causa di difficoltà tecniche. Le interpretazioni fornite dai sordomuti furono precise. Nonostante la menomazione dell'udito infatti i sordomuti riescono a capire gli altri (udenti) mediante la lettura labiale e ad esprimersi mirabilmente grazie al possesso di un importante sistema di linguaggio a segni. Sebbene alcuni scrittori usino le parole "simbolo" e "segno" in modo intercambiabile, Saussure considerava il "segno" un elemento lessicale che comportava un soggetto "significatore" ed un soggetto "significato". Il segno combina la "significazione" (senso) ed un "significante" (la sua manifestazione fonetica).

329

Per simbolo etimologicamente si intende "riunire insieme". Khittich considero simbolo ciò che sta per qualcos'altro. Il simbolismo è un'opposizione di idee e di soggetti, uno dei quali esprime l'altro. Nel contesto di un codice o di un sistema di comunicazione non verbale del gesto il termine di "linguaggio dei segni" è appropriato. La "compitazione con le dita" e la "dattilografia" (studia i movimenti transitori delle dita, i quali più di tutti si avvicinano nell'interpretazione della lingua) rappresentano il mezzo più noto di formulazione ed espressione simbolica a disposizione del sordomuto. Accanto alla dattilografia, tutti i sordomuti possiedono un sistema, che è una specie di dattilografia manuale per cui un semplice segno non intende una lettera, ma una parola, una frase o persino un periodo. Meno il sordomuto è istruito, maggiore è la proporzione di segni "naturali" a cui si affida, più il sordomuto è sordo, più adopera una miscellanea di segni naturali, simboli convenzionali e compitazione con le dita fino ad ottenere un vocabolario ricco ed elastico, che gli permette di esprimere concetti astratti e sfumature di significato. Il linguaggio dei segni detto "naturale" è economico e rapido, tanto che può essere eseguito o letto con una velocità 3 volte superiore al linguaggio articolato. In più si presenta particolarmente gradevole ed aggraziato all'occhio. L'espressione manuale è ampiamente "internazionale" e anche se in alcuni casi uno stesso gesto può intendere due idee diverse, a seconda della topografia dell'ambiente, possiamo dire che tali differenze non sono fondamentali; infatti i sordomuti di tutti i paesi imparano rapidamente a capirsi. Alcuni segni possono essere considerati iconici o "gesti istintivi" in quanto sono condivisi e possiedono un simbolismo universalmente accettato (es. toccare lievemente lo stomaco indica "fame"). Altri segni sono, invece, più oscuri per cui ad esempio pizzicare il lobo dell'orecchio indica il colore "giallo". Il linguaggio dei segni possiede una sintassi propria. Non vi sono inflessioni, gli articoli vengono omessi, aggettivi e verbi non sono facilmente distinguibili, i tempi non sono differenziati e l'ordine delle parole è logico invece di uniformarsi alla costruzione grammaticale. Il discorso spesso viene arricchito di movimenti espressivi facciali, talché i sordomuti possono comunicare tra loro persino con le mani in tasca. Il linguaggio dei segni, allora, è iconico o astratto?I parametri di base dell'ASL (American Sign Language) sono le relazioni tra le mani, la configurazione delle stesse, lo spazio entro cui i movimenti

330

devono compiersi e i criteri di misurazione adottati per il ritmo di articolazioni verbali. Pur riconoscendo storicamente che l'origine dell'ASL può ritrovarsi nell'espressione pantomimica, confrontando pantomima e segno ASL, si possono sottolineare le differenze che contraddistinguono attualmente il segno ASL dalla pantomima; i segni sono condensati, ristretti rispetto allo spazio impiegato all'uso delle sole mani; le pantomime al contrario sono molto più realistiche rispetto al tempo, alla durata e alla forma del movimento, in definitiva più iconiche.Per controllare il grado di iconicità generale dei segni alcuni studiosi hanno predisposto alcune situazioni sperimentali in cui soggetti udenti erano invitati a trovare una relazione tra la forma di un segno e ciò che esso denota, giungendo alla conclusione che non sono affatto "trasparenti" o "autoevidenti", neppure quando il loro significato viene presentato tra altri possibili. L'originaria iconicità della forma di base del segno, qualora in alcuni casi sia ancora presente, viene sommersa, dalle operazioni grammaticali sui segni stessi che modulano il loro significato, cosi come i suffissi modificano il significato della parola. Conferma della dominanza dei parametri astratti a scapito delle proprietà iconiche viene offerta dalle osservazioni sulla genesi dei segni composti, risultanti cioè dalla fusione di unità di due segni. Se si osservano delle persone sorde che parlano tra loro senza dubbio non riusciamo a comprendere neppure l'argomento della conversazione. Le braccia sembrano volare e le mani si muovono molto rapidamente. Il linguaggio viene prodotto fondamentalmente dalle mani, sebbene anche il volto, i movimenti del corpo e gli occhi vi giochino un ruolo importante. Le mani si muovono in un'area circoscritta che va dall'estremità del capo fino alla linea della vita. Si potrebbe similmente definire l'area che di solito si adopera per parlare a segni nei termini dello spazio definito dalle mani allungate da lato a lato. Ciò che colpisce è l'impressione di trovarsi di fronte ad un linguaggio "figurato", "pantomimico", "concreto", "ironico". Queste espressioni farebbero apparire l'ASL essenzialmente differente dal linguaggio parlato. In contrapposizione a queste impressioni riporto il confronto tra la pantomima e il segno ASL per significare la parola "uovo". La pantomima consiste in una serie di movimenti che consistono nel prendere un piccolo oggetto di forma ovale, percuoterlo contro lo spigolo di una superficie reale o immaginaria, romperlo per aprirlo e vuotare il contenuto del

331

guscio, mettere le due metà del guscio in una mano e buttarle via. Il segno "uovo" dell'ASL è correlato ad un solo passaggio della complessa sequenza di azioni della pantomima: in particolare quella che rappresenta il rompere il guscio dell'uovo per aprirlo e farne uscire il contenuto. L'azione è molto stilizzata e resa convenzionale. Il segno comporta la ripetizione del movimento, cosa che non avviene nella pantomima. Il segno è stilizzato per il fatto che le due dita di una mano si incrociano con le stesse due dita dell'altra in un modo che non è quello in cui si tiene effettivamente un uovo. In sintesi, i segni sono condensati, ristretti rispetto allo spazio impiegato, l'azione è trasferita rispetto alle mani. L'azione avviene lungo un movimento con un piano limitato, con una configurazione della mano, una collocazione, un movimento ristretto e ben specificato. Le pantomime, all'opposto, sono realistiche rispetto al tempo, alla durata, alla forma e alla direzione del movimento; nell'espressione a segni tutte le dimensioni sono alterate: condensate, compresse, riorientate e rese convenzionali. Sebbene esista una ben definita differenza tra i segni regolari dell'ASL e il tipo di rappresentazione mimica spontanea, caratteristica della pantomima, molti segni regolari dell'ASL hanno chiaramente proprietà mimiche, sempre più vincolate, certamente, lungo l'evoluzione storica, al sistema "sistematico-strutturale", del linguaggio. Inoltre, è stato spesso osservato che il vocabolario dell'ASL, così come quello degli altri linguaggi dei segni originari, è innegabilmente molto più iconico di quanto lo siano i morfemi delle lingue parlate.

8.15. Linguaggio dei segni (LIS)

Il primo tentativo pratico di creare un sistema di comunicazione per i sordomuti, ebbe origine in Spagna nel XVI secolo e fu compiuto dai monaci benedettini, Pedro Ponce de Leon e Juan Pablo Bouet.Il loro lavoro fu ripreso dall'abate Clarles Michel l'Epéc che fondò la prima scuola per sordomuti in Francia nel 1755.Il suo sistema, una serie di segni simbolici combinati con un alfabeto, che richiede l'uso di una sola mano, venne adottata nella maggior parte dei paesi europei e in America.In Gran Bretagna si sviluppo' un alfabeto a due mani che attualmente è in uso nei paesi di influenza inglese.Il linguaggio dei segni, che col passare del tempo ha acquistato circa 5000 simboli, contiene molti segni convenzionali che possono variare da paese a

332

paese; tuttavia i gesti naturali sono facilmente comprensibili ovunque. Il principio base è anche in questo caso "semplicità con il minimo di grammatica". Dove c'è simbolo per una parola o per un'espressione, viene usato l'alfabeto manuale.La grande varietà dei segni usati nei diversi paesi, è un importante fattore che ha portato alla formazione di una federazione mondiale dei sordi, il cui scopo è quello di raggiungere un accordo internazionale su un linguaggio dei segni universale, (Brun T., 1971)."In numerose circostanze, peraltro molto varie ed interessanti, la facoltà di esprimersi a parole risulta totalmente e parzialmente sospesa. In questi casi entra in atto un'elaborazione di gesti pantomimici che viene utilizzata come mezzo di comunicazione usurpando il ruolo del discorso orale. Nascono così vari linguaggi detti dei segni" (Macdonald, 1979). Infatti in luoghi dove esistono condizioni acustiche sfavorevoli, rumori intensi e continui, il linguaggio gestuale si è sviluppato sistematicamente. È il caso del linguaggio marinaresco e degli addetti all'atterraggio degli aerei, ma anche dei movimenti cinesici dei reclusi, dei malviventi, dei ragazzi di strada.La mancanza di udito e il fatto di essere tagliato fuori dal mondo dei suoni, rende però un individuo molto più sensibile al mondo dei gesti e dei movimenti: per questo un sordomuto riesce a comprendere meglio il linguaggio del corpo e addirittura il "linguaggio delle labbra" per cui, osservando i movimenti delle labbra e della lingua della persona che parla, riesce a decifrare le frasi pronunciate.Kagari ha condotto uno studio tra i sordomuti, proiettando film con uomini e donne in varie situazioni e ha quindi chiesto loro di indovinare gli stati emotivi di queste persone e di descrivere da quali indicazioni del linguaggio del corpo essi deducevano tali stati emotivi, il tutto senza che potessero servirsi del metodo orale a causa di difficoltà tecniche. Le interpretazioni fornite dai sordomuti furono precise.Nonostante la menomazione dell'udito infatti i sordomuti riescono a capire gli altri (udenti) mediante la lettura labiale e ad esprimersi mirabilmente grazie al possesso di un importante sistema di linguaggio a segni.Sebbene alcuni scrittori usino le parole "simbolo" e "segno" in modo intercambiabile, Saussure considerava il "segno" un elemento lessicale che comportava un soggetto "significatore" ed un soggetto "significato". Il segno combina la "significazione" (senso) ed un "significante" (la sua manifestazione fonetica).

333

Per simbolo etimologicamente si intende "riunire insieme". Khittich considerò simbolo ciò che sta per qualcos'altro. Il simbolismo è un opposizione di idee e di soggetti, uno dei quali esprime l'altro. Nel contesto di un codice o di un sistema di comunicazione non verbale del gesto, il termine di "linguaggio dei segni" è appropriato. La "compitazione con le dita" e la "dattilografia" (studia i movimenti transitori delle dita, i quali più di tutti si avvicinano nell'interpretazione della lingua) rappresentano il mezzo più noto di formulazione ed espressione simbolica a disposizione del sordomuto.Accanto alla dattilografia, tutti i sordomuti posseggono un sistema, che è una specie di dattilografia manuale per cui un semplice segno non intende una lettera, ma una parola, una frase o persino un periodo.Meno il sordomuto è istruito, maggiore è la proporzione di segni "naturali" a cui si affida; più il sordomuto è sordo, più adopera una miscellanea di segni naturali, simboli convenzionali e compitazione con le dita, fino ad ottenere un vocabolario ricco ed elastico, che gli permette di esprimere concetti astratti e sfumature di significato. Il linguaggio dei segni detto "naturale" è economico e rapido, tanto che può essere eseguito o letto con una velocità 3 volte superiore al linguaggio articolato.In più si presenta particolarmente gradevole ed aggraziato all'occhio.L'espressione manuale è ampiamente "internazionale" e anche se in alcuni casi uno stesso gesto può intendere due idee diverse, a seconda della topografia dell'ambiente, possiamo dire che tali differenze non sono fondamentali; infatti i sordomuti di tutti i paesi imparano rapidamente a capirsi.Alcuni segni possono essere considerati iconici o "gesti istintivi" in quanto sono condivisi e possiedono un simbolismo universalmente accettato (es. toccare lievemente lo stomaco indica "fame"). Altri segni sono, invece, più oscuri per cui ad esempio pizzicare il lobo dell'orecchio indica il colore "giallo".Il linguaggio dei segni possiede una sintassi propria. Non vi sono inflessioni, gli articoli vengono omessi, aggettivi e verbi non sono facilmente distinguibili, i tempi non sono differenziati e l'ordine delle parole è logico invece di uniformarsi alla costruzione grammaticale. Il discorso spesso viene arricchito di movimenti espressivi facciali, talché i sordomuti possono comunicare tra loro persino con le mani in tasca.Il linguaggio dei segni, allora, è iconico o astratto?I parametri di base dell'ASL (American Sign Language) sono le relazioni tra le mani, la configurazione delle stesse, lo spazio entro cui i movimenti

334

devono compiersi, e i criteri di misurazione adottati per il ritmo di articolazioni verbali.Pur riconoscendo storicamente che l'origine dell'ASL può ritrovarsi nell'espressione pantomimica della quale è una evoluzione culturale, confrontando pantomima e segno ASL, si possono ovviamente trovare le differenze che contraddistinguono attualmente il segno ASL dalla pantomima. I segni ASL sono condensati, ristretti rispetto allo spazio impiegato all'uso delle sole mani; le pantomime al contrario sono molto più realistiche rispetto al tempo, alla durata e alla forma del movimento, in definitiva più iconiche.Per controllare il grado di iconicità generale dei segni alcuni studiosi hanno predisposto alcune situazioni sperimentali in cui soggetti udenti erano invitati a trovare una relazione tra la forma di un segno e ciò che esso denota, giungendo alla conclusione che non sono affatto "trasparenti" o "autoevidenti", neppure quando il loro significato viene presentato tra altri possibili.L'originaria iconicità della forma di base del segno, qualora in alcuni casi sia ancora presente, viene sommersa, dalle operazioni grammaticali sui segni stessi che modulano il loro significato, così come i suffissi modificano il significato della parola.Conferma della dominanza dei parametri astratti a scapito delle proprietà iconiche viene offerta dalle osservazioni sulla genesi dei segni composti, risultanti cioè dalla fusione di unità di due segni. Se si osservano delle persone sorde che parlano tra loro senza dubbio non riusciamo a comprendere neppure l'argomento della conversazione. Le braccia sembrano volare e le mani si muovono molto rapidamente.Il linguaggio viene prodotto fondamentalmente dalle mani, sebbene anche il volto, i movimenti del corpo e gli occhi vi giochino un ruolo importante. Le amni si muovono in un'area circoscritta che va dall'estremità del capo fino alla linea della vita.Si potrebbe similmente definire l'area che di solito si adopera per parlare a segni nei termini dello spazio definito dalle mani allungate da lato a lato. Ciò che colpisce è l'impressione di trovarsi di fronte ad un linguaggio "figurato", "pantomimico", "concreto", "ironico". Queste espressioni farebbero apparire l'ASL essenzialmente differente dal linguaggio parlato.In contrapposizione a queste impressioni riporto il confronto tra la pantomima e il segno ASL per significare la parola "uomo". La pantomima consiste in una serie di movimenti che consistono nel prendere un piccolo oggetto di forma ovale, percuoterlo contro lo spigolo di una superficie

335

reale o immaginaria, romperlo per aprirlo e vuotare il contenuto del guscio, mettere le due metà del guscio in una mano e buttarle via. Il segno "uomo" dell'ASL è correlato ad un solo passaggio della complessa sequenza di azioni della pantomima: in particolare quella che rappresenta il rompere il guscio dell'uomo per aprirlo e farne uscire il contenuto.L'azione è molto stilizzata e resa convenzionale. Il segno comporta la ripetizione del movimento, cosa che non avviene nella pantomima. Il segno è stilizzato pr il fatto che le due dita di una mano si incrociano con le stesse due dita dell'altra in un modo che non è quello in cui si tiene effettivamente un uovo.In sintesi, i segni sono condensati, ristretti rispetto allo spazio impiegato, l'azione è trasferita rispetto alle mani. L'azione avviene lungo un movimento con un piano limitato, con una configurazione della mano, una collocazione, un movimento ristretto e ben specificato. Le pantomime, all'opposto, sono realistiche rispetto al tempo, alla durata, alla forma e alla direzione del movimento; nell'espressione a segni tutte le dimensioni sono alterate: condensate, compresse, riorientate e rese convenzionali.Sebbene esista una ben definita differenza tra i segni regolari dell'ASL e il tipo di rappresentazione mimica spontanea, caratteristica della pantomima, molti segni regolari dell'ASL hanno chiaramente proprietà mimiche, sempre più vincolate, certamente, lungo l'evoluzione storica, al sistema "sistematico-struturale", del linguaggio. Inoltre, è stato spesso osservato che il vocabolario dell'ASL, così come quello degli altri linguaggi dei segni originari, è innegabilmente molto più iconico di quanto lo siano i morfemi delle lingue parlate. Rappresentazioni grafiche del segno "albero", confrontando l'American Sign Language, Danish Sign Language e Chinese Sign Language.

Le lingue dei segniIn Italia come in altri paesi, le persone sorde, anche se educate al linguaggio parlato , comunicano spesso tra loro in una forma di comunicazione visivo-gestuale diversa da quella acustico-vocale degli udenti.D'altra parte anche per quanto riguarda gli altri paesi, l'interesse per la lingua dei segni da un punto di vista linguistico si rivela soltanto a partire dagli anni '60 grazie all'opera di William Stokoe.Secondo l'analisi da lui proposta un segno si può scomporre in riferimento a tre parametri:

336

- il luogo nello spazio dove le mani eseguono il segno (TAB dal latino tabula)- la configurazione delle mani nell'eseguire il segno (DEZ dall'inglese designator)- il movimento nell'eseguire il segno (SIG dall'inglese signation).Per l'ASL sono stati identificati 19 configurazioni, 12 luoghi e 24 movimenti dalla cui combinazione si hanno tutti i segni possibili dell'ASL.Un altro parametro importante che è stato individuato più tardi rispetto all'analisi originaria di Stokoe è l'orientamento del palmo delle mani.In definitiva questo tipo di analisi ha rintracciato in una lingua dei segni un'organizzazione lessicale o meglio sub-lessicale molto simile a quella riscontrata per le lingue vocali. Ad esempio due parole apparentemente molto simili come "pollo" e "bollo" , hanno in italiano significati completamente diversi e costituiscono ciò che si definisce coppia minima. L'esistenza di una coppia minima di questo tipo ci permette di affermare che in italiano "p" e "b" sono due fonemi distinti. Allo stesso modo in una lingua dei segni l'esistenza di una coppia minima, cioè di due segni che si distinguono solo sulla base di un mutamento in uno dei parametri, sarà il criterio per decidere che due parametri vanno considerati in quella lingua come "cheremi" distinti .Inoltre è stato appurato che l'ASL (per una rassegna vedi Klima e Bellugi 1979) possiede una serie di regole precise di tipo grammaticale: sottilissime variazioni nell'esecuzione dei segni , quasi impercettibili per gli occhi degli udenti non abituati a questa lingua , possono apportare importanti mutamenti a livello morfologico e sintattico.Va infatti tenuto presente che il linguaggio dei segni non è affatto universale come si potrebbe pensare , ma vi sono tante lingue dei segni quante sono le varie comunità dei sordi Abitualmente si dice che i sordi comunicano "a gesti" e la forma di comunicazione tra loro è chiamata "mimica" o in taluni ambienti "linguaggio mimico-gestuale". Abbiamo scelto di usare il termine lingua dei segni proprio per sottolineare che si tratta di una lingua a tutti gli effetti e per differenziarsi da un tipo di tradizione che non ha mai voluto riconoscere a questa forma di comunicazione lo stesso status della lingua vocale.Occorre tenere presente che...in Italia spesso i segni variano da una città all'altra e talvolta all'interno di una stessa città un gruppo di sordi può usare segni diversi da un altro gruppo.

337

Lo scarso interesse che la società udente ha mostrato verso i bisogni comunicativi ed educativi delle persone sorde, ha determinato una sempre maggiore emarginazione del sordo e ha favorito la formazione di gruppi o circoli in cui la maggiore forma di coesione e il riconoscimento di un'identità di gruppo è data proprio dalla condivisione della lingua.In molte situazioni l'uso esclusivo della lingua vocale può diventare per i sordi un terribile fattore di emarginazione , mentre la lingua dei segni può e deve diventare una strumento d'integrazione.In quest'ottica si colloca un recente programma di educazione bimodale e bilingue da attuarsi con il bambino sordo grave e profondo (per maggiori dettagli vedi Volterra 1985). Il programma parte dal presupposto che al bambino sordo non manca la capacità di sviluppare un linguaggio. Se esposto fin dall'inizio ad una lingua dei segni che si esplica nella modalità visivo-gestuale per lui integra, la apprenderà con estrema facilità e secondo gli stessi tempi e modi con cui il bambino udente apprende la lingua vocale. Una tale acquisizione potrà facilitare l'apprendimento della lingua parlata e scritta.Attraverso la presenza di interpreti professionali si può ad esempio assicurare una reale partecipazione a tutta una serie di attività quali corsi universitari, dibattiti, ecc. La ricerca sulle lingue dei segni ci ha fatto scoprire che esistono sistemi linguistici trasmessi da una generazione di sordi all'altra che sono venuti costituendosi in linguaggi autonomi non derivati dalle lingue parlate.

Alfabeto manualeGli udenti non conoscono la lingua dei segni usata dai sordi, ma un po' tutti conosciamo l'alfabeto effettuato con le mani. Alcuni ricercatori (Bender 196O, Evans 1982) ritengono che gli scolari usassero questo linguaggio fino dal secolo scorso e che lo stesso non sia stato inventato dai sordi, ma dai monaci che dovevano rispettare la regola del silenzio imposta dall'ordine religioso di appartenenza.Il Venerabile Bede, già nel '5OO, mette in evidenza come l'alfabeto manuale derivi direttamente dall'uso che i Greci e i Romani avevano di segnare i numeri con le mani.Più di tre secoli dopo le ricerche condotte da Anderson (1979) sugli alfabeti manuali europei, hanno confermato l'intuizione di Bede circa il rapporto di dipendenza del codice alfabetico gestuale da quello numerico, anche se è molto probabile che l'idea di applicare i gesti usati per i numeri alle lettere l'alfabeto, sia stata dello stesso Bede.

338

Gli alfabeti manuali variano da Paese a Paese: in Inghilterra l'alfabeto manuale viene eseguito facendo uso di entrambe le mani sempre in contatto fra loro (eccetto la lettera C); in Francia e negli Stati Uniti viene sempre eseguito con una mano nello spazio esterno all'altezza del collo del segnante; in Italia, fino a qualche anno fa, l'alfabeto manuale veniva in parte eseguito con una sola mano, come in Francia, e in parte con una o due mani a contatto con diverse parti del corpo.L'alfabeto manuale italiano è stato inventato a Genova nei primi dell'8OO da Padre Assarotti (Pendola 1867), grande educatore dei sordomuti .Rimasto invariato fino a qualche decennio fa il linguaggio manuale italiano, ha poi cominciato a modificarsi in particolare perché l'evoluzione di ogni linguaggio tende sempre a lasciare il copro come luogo di produzione privilegiando sempre più lo spazio neutro come luogo in cui i micromovimenti sono più velocemente eseguibili (Frishberg 1975) ed anche perché ha subito l'influsso dell'alfabeto manuale internazionale (soprattutto francese e americano).Si è prodotto così un alfabeto "misto" che è oggi quello più usato anche se non dalla popolazione sorda anziana che continua a preferire il vecchio alfabeto e da molti giovani sordi che già usano l'alfabeto internazionale.Rispetto a quanto avviene in altri paesi i sordi italiani fanno poco uso della dattilologia, usata per scrivere nello spazio parole formate da configurazioni che rappresentano le lettere dell'alfabeto (Radutzky 1983); essa è maggiormente usata nella LIS per comunicare nomi propri poco conosciuti o difficili.Dai primi sistemi di insegnamento ai sordi messi a punto nel Seicento (Bonet 162O) fino al Congresso di Milano del 188O, in cui fu ufficialmente bandito dall'insegnamento il gesto con lo slogan "il gesto uccide la parola", sia l'alfabeto manuale che la dattilologia hanno rappresentato un importante strumento necessario alle persone sorde per imparare a leggere e a scrivere e, dopo quasi un secolo in cui essi praticamente non sono stati più usati, oggi rappresentano nuovamente uno strumento valido nell'insegnamento ai bambini con diversi diversabilità, quasi un piccolo ponte tra i due termini della eterna controversia tra gesto e parola.E poiché di linguaggio del corpo si tratta, chi meglio dell'insegnante di educazione fisica può meglio assolvere a questo compito?Come si è visto la LIS, ben più complessa della normale gestualità degli udenti, è una lingua a tutti gli effetti e il fatto che sia diversa dall'italiano

339

parlato e scritto, non significa che la codificazione dei significati non obbedisca a regole precise e convenzioni linguistiche.Sarebbe necessario che gli studiosi pubblicassero dizionari di LIS e dei suoi dialetti e manuali per apprendere la lingua dei segni.Occorrerebbe inoltre eseguire analisi più dettagliate e studi più precisi (in ambito linguistico, psicolinguistico e sociolinguistico). sull'acquisizione di questa lingua da parte dei bambini udenti e non udenti e sulla eventuale perdita di competenza in seguito a danni cerebrali. Alcuni, molto superficialmente, ritengono che questi siano tentativi che non meritano di andare avanti perché si tratterebbe di trasformare in lingua ciò che è solo gesto quotidiano e mimica.Si tratta invece secondo noi di una realtà non solo culturale, ma anche linguistica con differenze di tipo sociale e pragmatico.Inoltre l'analisi linguistica della LIS rivela che questa lingua possiede peculiari caratteristiche ed ogni lingua dei segni le possiede (come le lingue parlate) con la difficoltà di usare una sola lingua dei segni per tutti i sordi .Il tentativo che si è avuto in questo campo attraverso la creazione di una lingua internazionale dei segni, il GESTUNO, ha avuto poca fortuna, simile a quella avuta dall'esperanto .Tuttavia pur trattandosi di una lingua senza una tradizione scritta, può essere ugualmente utilizzata per trasmettere informazioni e contenuti culturali sempre più ampi .In ambito educativo occorre superare la vecchia concezione di una gerarchia di importanza tra i diversi linguaggi umani. Riconoscere a tutti i linguaggi la stessa dignità linguistica, porta come conseguenza la possibilità di usare anche la LIS a fini educativi costringendo gli insegnanti a rimettere in gioco una serie di convinzioni pedagogiche e di didattiche che modificherebbero in profondità stereotipi ormai troppo consolidati. La nuova pedagogia e la relativa didattica, così come tutti i nuovi programmi scolastici suggeriscono la necessità dell'apprendimento di tutti i codici.Occorre un'alfabetizzazione polilinguistica (il bilinguismo gestuale e parlato è ormai un dato acquisito da anni ad es. in Spagna) imparando a comunicare anche con la vista e le mani per entrare in sintonia dialogica con i sordi usando il loro linguaggio.

340

CONCLUSIONE

Si deve cercare sia di andare oltre i molti dualismi che hanno afflitto e affliggono l’attuale cultura, sia di rimuovere le tentazioni unificatrici che riducono gli spazi di manovra argomentativi a griglie rigide e asfittiche, incapaci di proiettarci verso aperture e sviluppi della cultura stessa.La normodiversabilità ricerca e si avvale delle due dimensioni del vissuto e del sapere istituendo i suoi contenuti e il suo metodo nell’oscillazione tra aspetti complementari, è questa l’ambivalenza5336, un’oscillazione che trova la sua ampiezza, il suo respiro e il suo fattore energizzante proprio nella distanza-identità tra i due termini che la definiscono, individuandone e definendone il campo, tracciando le direzioni dei vettori argomentativi.Accettare la determinazione-non determinazione (che non esclude un’ottica di composizione, ma non di riduzione ad uno) renda armonica e vitale tale tensione.

53 Ciò che alla fine va ristretto/Deve prima essere esteso/Ciò che va indebolito/Deve all'inizio essere rafforzato/Ciò che va rovesciato/Deve all'inizio essere drizzato/Colui che vuol prendere/Deve cominciare a dare. Lao Tzu, Tao Te Ching.

341

Entrambi i termini sono entrambe le cose. Il loro valore dipende dalle circostanze e dalle condizioni. Gli opposti si incrociano e si rimandano a vicenda.Si può così praticare una ricomposizione dei dualismi nell’ottica di una visione parallela, integrata, dei saperie delle realtà del mondo, una visione pluridimensionale che accolga, in direzioni alternative, co-occorrenze di più cause che si influenzano reciprocamente. La normodiversabilità si capisce e si vive nell’oscillazione e nello scambio continuo dell’ambivalenza, nella dialettica di specchi e di rimandi che così si crea.La persona non è semplicemente un oggetto “da guardare”, cioè da fare oggetto di osservazione e misurazione. È piuttosto una cornice “in cui guardare se stessi”, per trovare oltre il dato osservativo il suo senso che è quello della sua irrinunciabile dimensione esistenziale e culturale, delle possibilità qualitative che si dischiudono per mezzo della conquista delle conoscenze e competenze e in termini di pienezza e felicità dell’esistenza. Le ambivalenze che presentiamo riguardo la normodiversabilità sono le seguenti:Soggetto e oggetto. Come soggetto significa centro e fondamento della nostra soggettività, della nostra autocoscienza e modalità imprescindibile di rapporto con il mondo. Come oggetto di processi conoscitivi, si rifà a varie scienze (fisiche, biologiche, umane) con una visione che si elevi sopra quella delle singole scienze per recuperare il senso unitario e “forte” del corpo in azione. Come soggetto e/o oggetto del potere o della violenza, ma anche della accoglienza e dell’essere per l’altro.Natura e cultura. L’uomo non può rinunciare alla sua umanità in nome di una pretesa “naturalezza”. A noi è dato solo di sviluppare una “cultura della natura” per ritrovare un’armonia irrinunciabile. L’uomo non è solo natura. La capacità di elaborare contenuti mentali, astratti (cognitività) e di comunicarli e condividerli (cultura) ci concede o ci condanna (a seconda delle visioni) a una dimensione diversa… L’individuo appartiene nella sua “biologicità” alla natura, ma tale proprietà è stata inscritta da sempre nelle griglie della “culturalità”. La diversità è portatrice di cultura quanto la normlità.Senso-percezione e motricità. La tradizionale distinzione tra “input” e “output” è destinata a sfumare nel complesso intreccio che lega l’uomo al suo ambiente e lo coinvolge nelle situazioni interattive più

342

svariate. I sensi veri e propri, ben più dei cinque tradizionalmente numerati, ci offrono un quadro molto ampio e soprattutto proiettato verso la comprensione dei nostri vissuti non inquadrabili nei vecchi e angusti schemi. I “sensi” sono capacità che si avvalgono degli apporti informazionali della senso-percezione e che configurano il nostro rapporto con noi stessi e con il mondo (spazio, tempo, orientamento, corpo, equilibrio, movimento) che si collocano nel “cuore” delle tematiche della normodiversabilità.Opacità e trasparenza. La normodiversabilità può essere copertura che nasconde, simula e dissimula la nostra interiorità, oppure il mezzo per rivelarla, dandole evidenza e realtà concreta, così da poterla comunicare agli altri, nello stesso modo in cui gli altri ci consentono di partecipare alla loro. La maschera non è solo un dispositivo rituale o teatrale, ma è la condizione esistenziale dell’uomo (maschera=persona) cioè quanto di noi appare all’altro. Opacità e trasparenza ripropongono la dualità tra chiusura e comunicazione di cui la normodiversabilità è protagonista.Ordine e disordine. Semplicità e complessità possono riassumere questi due “poli”. Ma dobbiamo fare i conti anche con normalità (vera o presunta?) e deviazione (mostruosità e trasgressione?). M., GORI, M., TANGA, 2009Dobbiamo cercare il “centro” dell’umanità dell’uomo non nella purezza (o presunta tale) del pensiero liberato da ogni residuo materiale, non nella mente chiusa in se stessa e che ha dimenticato la realtà, non nella ragione che assume come suoi segni la parola o il numero, capaci solo di rimandarci a realtà concettuali, astratte; esso va ricercato a cavallo tra la materialità dei sensi e degli atti concreti da una parte e l’astrattezza del pensiero e della cultura dall’altra.La dimensione materiale influisce sul pensiero e il pensiero ha i suoi modi per intervenire sul mondo concreto.Questo circuito non ha un punto di partenza né un punto di inizio, ma costituisce un ciclo sempre attivo. Il centro dell’uomo è in equilibrio-squilibrio sul confine tra le due dimensioni (concreta e astratta), si bilancia tra questi due poli. Insomma l’uomo è tale in quanto capace di integrare e far dialogare astrazione e concretezza.Pretendere di isolare la concretezza significherebbe disumanizzare l’uomo. Considerarlo alla stregua di un oggetto (come una macchina) o di un organismo significherebbe omologarlo nel primo caso alla

343

materia (e affidarlo alle scienze fisiche e chimiche), nel secondo caso alla vita biologica (e affidarlo alle scienze biologiche).Riconoscere all’uomo l’ambivalenza tra concretezza e astrazione non significa dividerlo tra queste due dimensioni: la concretezza è “attraversata” dalla cultura e la cultura non può prescindere dalla materialità dei suoi supporti.È proprio la normodiversabilità che, se si vede (ri-)attribuiti i suoi significati possibili, a partire dalla concretezza materiale e dalla funzionalità biologica, riacquista la sua dimensione simbolica, cioè la capacità di mettere insieme significante e significato, di costituire il luogo di correlazioni, di corrispondenze tra astratto e concreto. Ciò non riduce un aspetto all’altro, ma dà conto dell’ambivalenza, della continua tensione fonte dell’energia e delle dinamiche esistenziali, risorsa per la ricerca e la costruzione continua del senso.La normodiversabilità come significato fluttuante (...) è l’unica realtà in grado di smascherare la giustificazione del destino e la finzione dell’immaginario..., non costituendosi come ennesimo valore nella speculazione, ma sottraendovisi. Possiamo così assumere un più giusto atteggiamento di critica verso ogni economia: politica (forza-lavoro), libidica (fonte di piacere), medica (organismo da sanare), religiosa (carne da redimere), segnica (supporto di significazioni), pedagogica (crescita da incanalare). E questo la normodiversabilità lo può fare, perché la sua ambivalenza è insopprimibile.37

La normodiversabiltià ha nel corpo la propria condizione necessaria: non esiste un pensiero disincarnato, avulso dalla materia cerebrale e dai suoi processi, né è possibile alcuno stato emotivo senza un organismo e i suoi cambiamenti fisiologici; non si può osservare la realtà che ci circonda e agire su di essa se non in modo corporeo e quando comunichiamo siamo un corpo emittente e recettore, indipendentemente dal codice al quale ricorriamo.Epistemologicamente la normodiversabilità si profila in una posizione di ricomposizione tra le scienze cosiddette esatte (o scienze dello spiegare: scienze dell'oggetto) e le scienze umane (o scienze del comprendere, scienze del soggetto). Le interazioni umane, il vissuto personale, le condotte operative rivolte all'ambiente, che connettono sempre la dimensione della mediazione corporea all'esperienza di vita, costituiscono il vasto campo di studio della normodiversabilità.È la dialettica permanente tra essere e apparire, causa e effetto, volere e realizzare, desiderare e ottenere, pensare e agire, agire e riflettere.

344

Con la consapevolezza che sia l’agire che il pensare appaiono nella loro contingenza, fragilità e insufficienza, poiché c’è sempre uno scarto incolmabile tra ciò che siamo e facciamo e ciò che vorremmo essere e vorremmo fare. L’azione non è concepita come un assoluto che genera la propria perfezione, ma come singolarità condizionata dalla natura, dalla storia, dai limiti etici e naturali dell’uomo, dall’esserci.La inconciliabilità tra volontà volente e volontà voluta istituisce un’ulteriore dialettica: quella della libertà finita e quella della libertà assoluta.L’azione invita a vivere senza il primato dell’agire sul pensare, o del pensare sull’agire.Io penso dunque sono? Prima viene il pensiero e poi l’azione?Secondo il punto di vista teorico si tracciano gli aspetti generali della normodiversabilità, indipendentemente dagli scopi o da altre particolarità che possono caratterizzarlo nei casi specifici. Si individuano insomma i fattori unificanti, invarianti che la connotano in quanto umano. Si deve cercare comunque di stare per quanto possibile lontani dalle tentazioni nomotetiche, perché regole e leggi fisse, se sono utili da un punto di vista di ricerca e formalizzazione allo scopo di rendere comunicabili i contenuti, rischiano di bloccare in schemi fissi la realtà mutevole e ampia dell’agire umano. Nella prospettiva sistematica le forme e le modalità della normodiversabilità si riscontrano nell’esistente, prendendo atto di quello che gli uomini effettivamente sono e fanno, cercando di fornire, più che una griglia ordinatrice prestrutturata, l’idea che in tutta questa varietà ed eterogeneità si possono rintracciare ordini e criteri per lo studio e la comprensione della normodiversabilità.Io agisco dunque penso? Prima viene l’azione e poi il pensiero?Oppure: io agisco il pensiero e/o penso l’agire: l’obiettivo è ancora una volta la ricomposizione dei contrari.L’agire pensante e pensato e il pensiero agente e agito, rivelano l’essere e l’esserci dell’uomo.La normodiversabilità è il luogo privilegiato per indagare il senso della vita umana nel suo stesso accadere, ponendo la questione sulla sua verità.Essa rileva lo scarto esistente tra il reale e l’ideale, l’ipotesi e la verifica, il progetto di azione e il risultato pratico, volontà e atto, in un rimando di specchi che di volta in volta permette all’ideale di

345

sorpassare il reale e al reale di sorpassare l’ideale, in un processo inarrestabile. È questa l’esperienza fondamentale di tutta l’esistenza umana per cui il soggetto non è mai perfettamente ciò che vuole essere e contemporaneamente non vuole mai pienamente essere ciò che è.L’orizzonte interpretativo della normodiversabilità è caratterizzato dalla domanda sull’origine, il senso e sul destino della vita.Ciascun essere umano si trova “gettato” nel mondo ad inventare la propria esistenza, senza averla scelta, senza sapere prima che cosa essa sia, senza poterla rifiutare.Così come si trova obbligato tra altre dualità: libertà e necessità, gratuità e dovere, inconsapevolezza e responsabilità, agire e patire, essere soggetto e oggetto.La normodiversabilità ricerca la ri-conciliazione tra determinismo e libertà dell’uomo tramite le sue azioni, la relazione tra la volontarietà e l’involontarietà dell’agire per «prospettare all’uomo tutte le esigenze della vita, tutta la pienezza nascosta delle sue opere. (BLONDEL, M., 1993, p. VIII)La normodiversabilità, così come si presenta all’evidenza immediata, è percepita anzitutto come un fatto, poi come una necessità e infine come un obbligo. Essa è prima di tutto data, in quanto espressione deldeterminismo biologico poiché si dà sempre, anche senza la volontà del soggetto di parteciparvi.Contemporaneamente, poiché non è possibile capire prima di agire e non basta aver capito per agire, la normodiversabilità è irriducibilile ad una spiegazione unicamente razionale che ne dipani le cause o ne anticipi le ragioni.Dobbiamo pensare e agire in termini di “logica sfumata” in cui, anziché contrapporre due termini opposti, vicendevolmente escludentesi, si stabilisce un continuità tra i due termini in questione. Spostandosi da uno all'altro si trovano, combinate in varia misura, le qualità di entrambi e, mentre aumenta progressivamente quella del termine cui ci si avvicina, l'altra diminuisce in modo complementare. In qualunque punto intermedio le qualità di entrambi coesistono secondo una coppia di percentuali la cui somma è sempre 100 (per es. 22%-78%, etc.). La logica sfumata, più di altri sistemi, sembra idonea a costituire il modello del pensiero e del comportamento umano per quanto riguarda il giudizio, la decisione, l'interpretazione, l'azione e, in genere, i processi in cui si ritrova un rapporto dialettico tra due elementi che appaiono contrapposti.

346

Il senso della vita umana consiste nel cogliere il senso della dialettica ri-concilitativa tra necessità e libertà, tra il tutto che domina e il singolo che vuole dominare il tutto, tra il tutto che opprime, affligge e minaccia il singolo e il singolo che vuole comprendere, abbracciare, conoscere il tutto. Così l’uomo ha la possibilità di trascendersi, assumendo la propria finitezza come il luogo del compimento, di apprezzare la normodiversabilità non come il tempo della decadenza e del finito o della presunzione narcistica e violenta, ma come l’istante del disvelamento della propria identità, singolarità, verità.In conclusione, l’uomo si riconosce e viene riconosciuto pienamente

ENTI E ASSOCIAZIONI

A.B.D. Associazione bambini down, Viale delle milizie, 106 - 00192 Roma, tel. 06/317976 A.E.T. Associazione Emofilici Thalassemici, p.zza Mameli, 13 - 48100 Ravenna, tel. 0544/38142 A.I.A. BA. Associazione Italiana per l'assistenza dei bambini autistici, via del gelsomino, 3 - 50125 Firenze, tel. 055/227961 A.I.A.S. Associazione Italiana agli spastici, Via Cipro, 44 - 00136 Roma, tel. 06/39731704 A.I.B.I.S.B. Associazione Italiana per i bambini idrocefali e spinali ..., Via Padre Grammatico, 38 - 00144 Roma, tel. 06/5983769 A.I.C.A. Associazione incremento comunicazione alternativa, Via Saffi, 8 - 20123 Milano, tel. 02/4691922 A.LE.S. Associazione italiana educatori sordi, Via Nosadella, 49 - 40123 Bologna, tel. 051/330552 A.I.L.C.I. Associazione italiana per la lotta contro l'epilessia, Via del laghetto, 2 - 20122 Milano, tel. 02/790177 A.I.S.A. Associazione italiana lotta alle sindromi atassiche, Via Cattaneo,32 - 20013 Magenta (Ml), tel. 02/97298972 A.I.S.M. Associazione italiana sclerosi multipla, P.zza Giovine Italia, 7 - 00195 Roma, tel. 06/3232383 A.I.P. Associazione italiana paraplegici, Via lungara, 3 - 00187 Roma A.I.R.P.A. Associazione italiana ricerca psicosi e autistico, Via cardinal Salotti, 48 - 00167 Roma, tel. 06/6280728 A.N.F.F.A.S. Associazione nazionale famiglie fanciulli adulti subnormali, Via F.

347

Gianturco, 1 - 00196 Roma, tel. 06/3611524 A.N.G.L.A.T. Associazione nazionale guida legislazione diversabili trasporti, Via M. Battistini, 177 - 00167 Roma, tel. 06/6144077 A.N.I.R.E. Associazione nazionale italiana riabilitazione equestre, Via trincea delle frasche. 2 - 20136 Milano, tel. 02/80401362 A.O.S.D. Associazione italiana operatori sussidi per disabili, C.so Porta Vittoria, 46 - 20122 Milano, tel. 02/2367096 A.R.E.A. Associazione regionale amici degli andicappati, C. so regina Margherita, 55 - 10124 Torino tel Ol 1/837642 Associazione per lo sviluppo professionale dei disabilinel campo dell'informatica, Via Castiglione, 71- 40124 Bologna Associazione pro juventute don Gnocchi, P.zza Morandi, 6 - 20121 Milano, tel. 02/4045483 Associazione culturale per lo studio e la pratica dell'elettronica tra i non vedenti, Via Lima, 22 - 00198 Roma ARGO Centro studi mobilità, Via Vittorio Emanuele II, 25 l - 50134 Firenze, tel/fax 055/481335 A.S.P.H.I. Associazione sviluppo progetti informatici per gli diversabili, Via Arienti, 6 - 40124 Bologna, tel. 051/224114 A.S.M. Associazione italiana per lo studio delle malformazioni, P.zza Adelaide di Savoia, 2 - 20129 Milano, tel. 02/29401383 A.S.T.R.I. Associazione studi terapie riabilitative Italia, Via Vasari, 35 - 20100 Milano, tel. 02/5513348 C.D.H. Centro di documentazione e di promozione dell'integrazione scolastica, lavorativa e sociale della persona con diversabilità, Via Saragozza, 100 - 41100 Modena, tel. 059/219559 C.I.R.A.H. Centro internazionale ricerche autosufficienza diversabili, Via Primaticcio, 215 - 20147 Milano Centro multinazionale d’educazione motoria USL 16, via G. Maggio, 6 - 16147 Genova E.N.S. Ente nazionale sordomuti, Via Gregorio VII, l20 - 00165 Roma, tel. 06/39366697 E.U.C.R.E.A. Associazione per la creatività delle e con le persone diversabili c/o U.I.C. Via Borgognona, 38- 00187 Roma F.A.I.P. Federazione associazioni italiane paraplegici, Via Meropia, 86 - 00147 Roma, tel. 06/5114386 FEDERDISABILI Via Campo Catini, 29- 00155 Roma F.I.S.H.D. Federazione italiana sport disabili, Via della tecnica, 260 - 00144 Roma, tel. 06/5921507 L.E.D.H.A. Lega per i diritti dei diversabili, Via S. Barnaba, 29- 20122 Milano, tel. 02/55195505 LEGA DEL FILO D'ORO Associazione nazionale per non vedenti privi dell'udito, Via Montecerno, 1 - 60027 Osimo (AN), tel. 071/7131202 Lega nazionale per il diritto al lavoro dei diversabili, Via Rosazza, 52- 00153 Roma M.O.L.C.E.S. Movimento operativo per la lotta contro l’emarginazione sociale, Via Drapperie, 6 - 40124 Bologna, tel. 05 1/220850

348

M.O.V.I. Via Livenza, 3 - 00198 Roma, tel. 06/8416864 S. I.V.A. Servizio informazioni e valutazione ausili, Via Capecelatro, 66 - 20148 Milano, te1. 02/40090157 U.F.H.A. Unione famiglie diversabili, Via Cesare, 7S - 00100 Roma, tel. 06/3 586295 U.I.L.D.M. Unione italiana alla lotta distrona muscoiare, Via Vergerio, 17- 35126 Pavia tel. 049/757035 U.I.C. Unione italiana ciechi, Via Borgognona, 38 - 00187 Roma, tel. 06/6781249 U.L.C.E.S. Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale, Via degli artisti, 34 - 10124 Torino

Le Leggi sull'Handicap

2009Legge 28 gennaio 2009, n. 2 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il uadro strategico nazionale"Bonus Straordinario in favore delle famiglie a basso reddito

 

2006Regione Sicilia - D.A. 1287/S2 del 13/04/2006. Approvazione criteri e procedure per l'ammissibilità delle istanze e per l'erogazione del bonus regionale di cui all'art.6, c.5 della l.r.10/2003 - anno 2006 + ALLEGATI A e B 

2005Regione Sicilia - DECRETO PRESIDENZIALE 07 luglio 2005.Definizione dei criteri per l'erogazione del buono socio-sanitario a nuclei familiari con anziani non autosufficienti o disabili gravi ex art. 10 della legge regionale n. 10 del 31 luglio 2003.

349

2004L 9 gennaio 2004 n. 4 Disposizioni per favorire l'accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici L 9 gennaio 2004 n. 6 Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all'istituzione dell'amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizioni e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali. Nota 9.1.04 (Handicap e integrazione scolastica) Circolare INPS - Direzione Centrale, Prestazioni a Sostegno del Reddito - 2 febbraio 2004, n. 20 "Legge 24.12.2003, n. 350, art. 3, comma 106."Abolizione del reuisito della decorrenza dei 5 anni dalla data del riconoscimento di grave handicap da parte dell'apposita Commissione ASL. Circolare INPS numero 33 del 17-2-2004 Congedo parentale in caso di adozione o di affidamento.  Chiarimenti.   Testo coordinato del DL 23 febbraio 2004 n. 41 Testo del decreto-legge 23 febbraio 2004, n. 41 (in Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 45 del 24 febbraio 2004), coordinato con la legge di conversione 23 aprile 2004, n. 104 (Gazzetta Ufficiale alla pag. 4), recante: «Disposizioni in materia di determinazione del prezzo di vendita di immobili pubblici oggetto di cartolarizzazione». Legge 27 febbraio 2004 , n. 47 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2004  Decreto 12 marzo 2004 Giustizia Registro delle amministrazioni di sostegno previsto dall'articolo 47 delle disposizioni per l'attuazione del Codice Civile e disposizioni transitorie, come sostituito dall'articolo 14 della Legge 9 gennaio 2004, n.6 (Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2004)

350

 Diritto - Dovere Istruzione (Parere Uff. Leg. MIUR 31.03.04) CM 54/04 (Avvio AS 2004-2005) DPCM 8 aprile 2004 Decreto Presidente Consiglio dei Ministri - Attività svolte dalla Federazione italiana sport disabili, uale Comitato Italiano Paraolimpico DPCM 19 aprile 2004 Decreto Presidente Consiglio dei Ministri - Criteri e modalità dell'attività di verifica, per l'anno 2004, nei confronti degli enti che impiegano giovani in servizio civile, ai sensi della legge 8 luglio 1998, n. 230, e della legge 6 marzo 2001, n. 64. Circolare INPDAP 12 maggio 2004, n. 31 Legge 24.12.2003 n. 350, art. 3, comma 106. Congedo per l'assistenza ai disabili L 3 maggio 2004 n. 112 "Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione" Circolare Ministerale - Agenzia delle Entrate Direzione Centrale Normativa e Contenzioso - 10 giugno 2004, n. 24 Dichiarazioni dei redditi 2004 relative al periodo d'imposta 2003 -uestioni interpretative in materia di IRPEF Messaggio - INPS 14/06/2004 n. 18703  "Revoche e sospensioni per motivi reddituali delle provvidenze di invalidità civile” Messaggio - INPS 02/07/2004 n. 20901  Revoche e sospensioni delle provvidenze delle invalidità civili. Messaggio n. 020583 del 30/6/2004 Messaggio - INPS 02/07/2004 n. 20902  Revoche e sospensioni per motivi reddituali delle provvidenze di invalidità civile Circolare - INPS 06/07/2004 n. 101  Criteri di accertamento del reddito per l'erogazione delle provvidenze a favore degli invalidi civili, dal compimento del 65° anno di età

351

 DECRETO 12 luglio 2004 . MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI - Ripartizione del Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili, ai sensi dell'art. 13, comma 4, della legge 12 marzo 1999, n. 68 (Gazzetta Ufficiale n. 227 del 27/9/2004) Decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 2004, n. 244 (in G.U. n. 223 del 22 settembre 2004) - Regolamento di riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali Messaggio - INPS 09/08/2004 n. 25277  Applicazione dell’articolo 42, comma 5, del decreto legge 30 settembre 2003, n.269, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326. Non ripetibilità di somme relative a prestazioni per invalidità civile percepite prima del 2 ottobre 2003 e risultate indebite per superamento dei limiti reddituali DECRETO 27 settembre 2004 Ingresso gratuito nelle sedi espositive statali, in occasione della seconda edizione della «Giornata nazionale per l'abbattimento delle barriere architettoniche», alle persone in situazioni di disabilita' e loro accompagnatori.  DECRETO 29 settembre 2004 Libero ingresso, in occasione della seconda edizione della manifestazione dedicata alla «Giornata nazionale per l'abbattimento delle barriere architettoniche», nelle sedi espositive statali di competenza della direzione generale per i beni architettonici e paesaggistici, alle persone in situazione di disabilità ed ai loro accompagnatori. Circolare 2 novembre 2004 Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia delle Entrate. IVA. DPR 26 ottobre 1972, n. 633. Art. 10, n. 27-ter. Prestazioni socio-sanitarie Nota 5 novembre 2004 D.D. 5.10 2004: criteri e modalità di assegnazione dei fondi destinati alle scuole paritarie in applicazione della l. 440/97. Note esplicative Testo coordinato del DL 5 ottobre 2004 n. 249 Testo del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249 in Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 235

352

del 6 ottobre 2004), coordinato con la legge di conversione 3 dicembre 2004, n. 291 (stessa Gazzetta Ufficiale alla pag. 3), recante: «Interventi urgenti in materia di politiche del lavoro e sociali». DDG 13.10.04 (Comitato Tecnico Scuola in Ospedale) CM 80/04 (Interventi Integrazione Scolastica) DECRETO 16 novembre 2004 Ingresso gratuito, nelle sedi espositive dello Stato dipendenti della Direzione generale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico, ai disabili ed ai loro accompagnatori, in occasione della «Giornata nazionale del disabile» ed in occasione della «Giornata nazionale del volontariato».  D.M. Beni e attività culturali 24/11/2004 – Gazzetta Ufficiale n. 280/2004. Ingresso gratuito, nelle sedi espositive statali di competenza della Direzione generale per i beni archeologici, ai disabili e loro accompagnatori, in occasione della “Giornata Internazionale del disabile” e della “Giornata del Volontariato”. DI 3.12.04 (Riconoscimento Crediti) Approvazione dei modelli di "certificato di riconoscimento dei crediti", relativi al passaggio ai corsi di istruzione secondaria superiore  INPS messaggio n. 41682 del 22 dicembre 2004 Tabelle del rinnovo delle pensioni per l’anno 2005 – Decreto 20 novembre 2004 Gazzetta ufficiale n. 289 del 10 dicembre 2004 L 30 dicembre 2004 n. 311 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005). Dichiarazioni dei redditi 2004 relative al periodo d'imposta 2003 -uestioni interpretative in materia di IRPEF

2003Circolare INPS n. 11/03 (Indennità Freuenza Asili Nido) Sentenza Corte Costituzionale 20-22 novembre 2002 n. 467. Indennità mensile di freuenza ai minori che freuentano l’asilo nido 

353

Circolare INPS n. 8/03 (Prestazioni Economiche Maternità) Prestazioni economiche di maternità di cui al D.L.vo. n. 151 del 26/3/2001 (T.U. sulla maternità). Chiarimenti C.M. 8/03 (Interventi Integrazione Scolastica)  Piano di riparto di € 6.042.550,00 Legge 30/03 (Delega Lavoro) "Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 Febbraio 2003 DPCM 28.02.03 (Giornata Abbattimento Barriere Architettoniche) Indizione della "Giornata nazionale per l'abbattimento delle barriere architettoniche" Presidenza del Consiglio dei Ministri - Circolare 3 marzo 2003 n. 16090 Utilizzo degli obiettori di coscienza e dei volontari del servizio civile come accompagnatori dei grandi invalidi di guerra e per servizio nonché dei ciechi civili pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale N. 66 del 20 Marzo 2003 Legge 17/03 (Voto Disabili) Nuove norme per l'esercizio del diritto di voto da parte degli elettori affetti da gravi infermità L 28 marzo 2003 n. 53 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale N. 77 del 02 Aprile 2003 - Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale DL 32/03 (Illeciti Sanitari) Disposizioni urgenti per contrastare gli illeciti nel settore sanitario OM 35/03 (Esami: Modalità operative) Nota 09.04.03 (Forum Associazioni Handicap) Apertura FORUM riservato alle Associazioni Nazionali per l’handicap 

354

Nota Sanità 28.04.03 (Riabilitazione Minorati Vista) Interventi riabilitativi e di integrazione sociale dei soggetti minorati della vista       Legge 72/03 (Omissione di Soccorso) Modifiche al codice penale e al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di omissione di soccorso       DLvo 85/03 (Direttiva 2001/55/CE) Attuazione della direttiva 2001/55/CE relativa alla concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati ed alla cooperazione in ambito comunitario       OM Salute 10.04.03 (Misure Profilattiche SARS) Misure profilattiche contro la sindrome acuta respiratoria severa (SARS)       Legge 91/03 (Museo Nazionale della Shoah) Istituzione del Museo Nazionale della Shoah       DLvo 115/03 (TU Tutela e Sostegno Maternità e Paternità) Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e di sostegno della maternità e della paternità a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53       Nota 02.05.03 ("La Scuola in Ospedale")       CM 45/03 (Infermità ed Euo Indennizzo) Procedimenti amministrativi e procedure connesse di competenza delle Direzioni Scolastiche Regionali in materia di riconoscimento di infermità e concessione dell'euo indennizzo, nonché di concessione della pensione privilegiata al personale dirigente, docente, educativo ed ATA       Direttiva 48/03 (Individuazione Interventi Priorita)       CM Economia e Finanze 26/03 (Coordinamento Azione Amministrativa) Atto di indirizzo 18 aprile 2003 sul coordinamento dell'azione amministrativa per il controllo e il monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica per l'anno 2003 

355

      Nota 29.05.03 (Monitoraggio Legge 440/97) Legge n. 440/97 - esercizio finanziario 2003 Monitoraggio scuola in ospedale - anno scolastico 2002/2003 Monitoraggio servizio di istruzione domiciliare - anno scolastico 2002/2003       Legge 131/03 (Legge Costituzionale 3/01) Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3       Nota 25.06.03 (Premio "Antonio Munoz")       Nota 27.06.03 (UE - Pari Opportunità Disabili) Cooperazione europea per le pari opportunità delle persone disabili       Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 Testo vigente dopo la conversione in legge del DL 354/03, convertito con modifiche dalla L. 26 febbraio 2004, n. 45 (vedi artt. 73 e 86)       Pari opportunità per alunni e studenti disabili istruzione e formazione Risoluzione del Consiglio 5 maggio 2003 Gazzetta dell’Unione Europea 2003/C 134/04       Accessibilità alle infrastrutture e attività culturali per le persone con disabilità       L 29 luglio 2003 n. 229 Interventi in materia di ualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. Legge di semplificazione 2001       CM 56/03 (Scuola in Ospedale) Progetto di ricerca "La scuola in ospedale come laboratorio per le innovazioni nella didattica e nell'organizzazione". Indicazioni operative per la prosecuzione delle attività - a.s. 2002/2003       Nota 04.07.03 (Finanziamenti Integrazione) CC.MM. n. 139 del 13.09.2001 e n. 186 del 30.04.2002.Trasmissione delle schede di rilevazione sui finanziamenti finalizzati alle iniziative di integrazione degli alunni in situazione di handicap 

356

      Circolare INPS n. 128 del 11-7-2003 Permessi ai sensi della legge 104/92 - Disposizioni varie       DLvo 216/03 (Attuazione Dir. 2000/78/CE) Attuazione della Direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro       CM 60/03 (Integrazione Scolastica 2003) Legge 440/97 - Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi pereuativi. - A. F. 2003. Interventi per l'integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap. - Piano di riparto di € 3.714.343,00       Legge 189/03 (Sport Disabili) Norme per la promozione della pratica dello sport da parte delle persone disabili       L 11 agosto 2003 n. 234 Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici di guerra. Gazzetta Ufficiale N. 198 del 27 Agosto 2003        Nota 25.08.03 (Scuola in Ospedale 2003-2004)       DLvo 276/03 (Mercato del Lavoro) Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30       Nota 16.09.03 (Handicap)  Apertura dell'area tematica HANDICAP nel sito istruzione.it e nella rete INTRANET       Testo coordinato del DL 30 settembre 2003 n. 269 Testo del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, coordinato con la legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326, recante: «Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici.». Gazzetta Ufficiale n. 274 del 25 Novembre 2003       C INPS 153/03 (Pensioni Invalidità) Sentenza Corte di Cassazione - Sezioni Unite - 21 marzo 2001 n. 118.  Ripristino da data successiva alla revoca di pensione di invalidità liuidata in base alle disposizioni vigenti anteriormente alla legge 12 giugno 1984 n. 222. Modalità di computo del reuisito contributivo relativo

357

       CM 78/03 (Formazione Handicap) Alunni in situazione di handicap. Iniziative di formazione del personale docente       DPCM (Individuazione alunno in situazione di handicap) Schema di decreto del presidente del consiglio dei ministri (consiglio dei ministri 29 luglio 2003) Regolamento recante modalità e criteri per l’individuazione dell’alunno come soggetto in situazione di handicap, ai sensi dell’articolo 35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289       Direttiva MLPS (Progetti Sperimentali Volontariato Disciplina dei criteri e delle modalità di concessione di finanziamenti per la realizzazione di progetti sperimentali di cui all’art. 41-ter della legge 5 febbraio 1992, n. 104       D.M. Beni Culturali 10.09.2003 – Gazzetta Ufficiale n. 221/2003 (pag.46). Ingresso gratuito ai disabili nelle sedi espositive statali dipendenti dalla direzione generale per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico, in occasione della “XXII Giornata Internazionale del disabile” 29 e 30 novembre 2003       MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI DECRETO 29 settembre 2003 Libero ingresso, in occasione della «Giornata nazionale per l'abbattimento delle barriere architettoniche», ai disabili e loro accompagnatori nelle sedi espositive statali di competenza della Direzione generale per i beni architettonici ed il paesaggio.  Pag. 7       MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI DECRETO 29 settembre 2003Libero ingresso, in occasione della manifestazione dedicata alla «XXII Giornata internazionale del disabile», ai disabili e loro accompagnatori nelle sedi espositive statali di competenza della Direzione generale per i beni architettonici ed il paesaggio. Pag. 7       Protocollo d'Intesa MIUR - Ministero Salute (Istruzione Domiciliare) Tutela del diritto alla salute e allo studio dei cittadini di

358

minore età, affetti da gravi patologie, attraverso il servizio d'istruzione domiciliare        Testo coordinato del DL 28 novembre 2003 n. 337 TESTO COORDINATO DEL DECRETO LEGGE 28 novembre 2003, n. 337 - Testo del decreto-legge 28 novembre 2003, n. 337 (in Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 277 del 28 novembre 2003), coordinato con la legge di conversione 24 dicembre 2003, n. 369 (in uesta stessa Gazzetta Ufficiale alla pag. 4), recante: «Disposizioni urgenti in favore delle vittime militari e civili di attentati terroristici all'estero».       Decreto del Presidente del Consiglio - 28/11/2003 Modifica del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001, recante «Definizione dei livelli essenziali di assistenza», in materia di certificazioni – Testo aggiornato al 10/12/2003       CM 83/03 (Integrazione Alunni H) Legge 440/97 - A.F. 2003 - Interventi per l'integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap. - Piano di riparto di € 6.042.623,00       Presidenza del Consiglio dei ministri - Direttiva 18 dicembre 2003 Linee guida in materia di digitalizzazione dell'amministrazione per l'anno 2004       L 24 dicembre 2003 n. 350 Ripubblicazione del testo della legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante: "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 204)", corredato delle relative note. (Legge pubblicata in supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 299 del 27 dicembre 2003) Vedi art. 3       Testo coordinato del DL 24 dicembre 2003 n. 355 Testo del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355 (nella Gazzetta Ufficiale -- serie generale -- n. 300 del 29 dicembre 2003), coordinato con la legge di conversione 27 febbraio 2004, n. 47 (in uesta stessa Gazzetta Ufficiale - alla pag. 12), recante: «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative».

2002

359

       INPDAP - Circolare 10 gennaio 2002 n. 2  Testo unico decreto legislativo 26.3.2001 n.151, articolo 42. Congedo straordinario per assistenza portatori di handicap. Disposizioni modificative alla legge n. 53/2000       Decreto Legislativo - 15/01/2002 n. 9 "Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell'articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85"       LC 24.01.02 (Paritarie - Integrazione Handicap) Finanziamenti finalizzati all'integrazione degli alunni delle scuole paritaria in situazione di handicap nell'a.s. 2001/2002       DI 34/02 (Assegni Maternità) Regolamento recante modifiche al decreto del Ministro per la solidarietà sociale 25 maggio 2001, n.337, in materia di assegni di maternità e per i nuclei familiari con tre figli minori       INPS - Circolare 30 gennaio 2002 n. 29 Articolo 80, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Maggiorazione del periodo di servizio effettivamente svolto dai lavoratori sordomuti o con invalidità superiore al 74 per cento o ascritta alle prime uattro categorie della tabella A allegata al DPR 30 dicembre 1981, n. 834       Ministero dell’interno - DM 4 febbraio 2002 Determinazione per l'anno 2002 degli importi delle pensioni, degli assegni e delle indennità a favore dei mutilati ed invalidi civili, ciechi civili e sordomuti nonché dei limiti di reddito prescritti per la concessione delle provvidenze stesse       DM Lavoro 115/02 (Ripartizione Fondo Politiche Sociali) Ripartizione per settori di intervento delle risorse finanziarie affluenti il Fondo nazionale per le politiche sociali per l'anno 2002       DM 20.02.02 (SSIS - Corso Handicap) SSIS - Corso handicap 800 ore 

360

      CM 16/02 (DI Organici 2002/2003) Dotazioni organiche del personale docente per l’anno scolastico 2002/2003 - Schema di decreto interministeriale       Ministero del lavoro e delle politiche sociali - DM 28 febbraio 2002 n. 70 Regolamento concernente condizioni e modalità per l'erogazione dei contributi di cui all'articolo 80, comma 14, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in materia di servizi di telefonia rivolti alle persone anziane.       Ministero dell’interno - Circolare 1 marzo 2002 n. 4 Linee guida per la valutazione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili       Circolare - INPS 01/03/2002 n. 44 "Legge 28 dicembre 2001, n. 448. Incremento delle pensioni in favore di soggetti disagiati"       Ministero dell’interno - Dipartimento per gli affari interni e territoriali - Circolare 4 marzo 2002 n. 1 Problematiche interpretative dell'articolo 19 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002)        Risoluzione - Ministero delle Finanze - Agenzia delle Entrate Direzione Centrale Normativa e Contenzioso 09/04/2002 n. 113/E "Interpello n. 954-39/2002 - Articolo 11, legge 27 luglio 2000, n. 212 - Art. 13 bis, lett. c), del TUIR - Detrazione d'imposta per spese sanitarie."       OM 43/02 (Esami: Modalità Operative) Istruzioni e modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore nelle scuole statali e non statali. Anno scolastico 2001/2002       L 16 aprile 2002 n. 62 pubblicata sulla G.U. del 16 aprile 2002, n. 89 Modifiche ed integrazioni alle disposizioni di legge relative al procedimento elettorale. 

361

      Nota 17.04.02 (Paritarie e Handicap) Finanziamenti finalizzati all'integrazione degli alunni in situazione di handicap nelle scuole paritarie nell'anno scolastico 2000/2001       Ministero dell’economia e delle finanze - DM 18 aprile 2002 Transito di personale della Guardia di finanza, giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o meno da causa di servizio, nelle aree funzionali del personale del ministero dell'economia e delle finanze, a norma dell'art. 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266.       Ministero della difesa - DM 18 aprile 2002 n. 113 Transito di personale delle Forze armate e dell'Arma dei carabinieri giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o non da causa di servizio nelle aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa, ai sensi dell'art. 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266       DPCM 19 aprile 2002 Definizione, per l'anno 2002, del programma di verifiche volte ad accertare la consistenza e le modalità della prestazione del servizio da parte degli obiettori di coscienza ed il rispetto dei progetti d'impiego e delle convenzioni con le amministrazioni dello Stato, gli enti e le organizzazioni che impiegano gli obiettori medesimi, emanato ai sensi dell'art. 8, comma 2, lettera d) della legge 8 luglio 1998, n. 230.       Presidenza del Consiglio dei ministri - Direttiva 23 aprile 2002 pubblicata sulla G.U. del 28 maggio 2002, n. 123 Indizione della "Giornata nazionale dell'epilessia".       DM 26.04.02 (Osservatorio Handicap) Osservatorio permanente per l'integrazione scolastica delle persone in situazione di handicap       C INPS 85/02 (Congedo Straordinario DLvo 151/01) Criteri per l’accredito figurativo dei periodi di congedo straordinario in applicazione dell’art.42 del D.Lgs.151/2001 ai  familiari di soggetti con handicap in situazione di gravità 

362

      Nota 30.04.02 (Interventi Integrazione Scolastica) Legge 440/97 - A.F. 2001 - Interventi per l'integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap. - Piano di riparto di Euro 6.042.545,72 (pari a Lire 11.700.000.000       Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale, nonché sulle cause dell’incendio sviluppatosi tra il 15 e il 16 dicembre 2001 nel comune di San Gregorio Magno - Delibera Senato 8.05.2002 – (Gazzetta Ufficiale n. 114/2002).       Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - DM 15 maggio 2002-norme afflusso veicoli Ponza Norme sull'afflusso dei veicoli sull'isola di Ponza.       Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - DM 15 maggio 2002-norme afflusso veicoli Ustica Norme sull'afflusso dei veicoli sull'isola di Ustica       OM 56/02 (Scrutini ed Esami 2001-02) Norme per lo svolgimento degli scrutini e degli esami nelle scuole statali e non statali di istruzione elementare, media e secondaria superiore - Anno scolastico 20001/2002       DI 31.05.02 (Commissione TI Categorie Deboli) Istituzione della Commissione interministeriale sullo sviluppo e l'impiego delle tecnologie dell'informazione per le categorie deboli       DL 121/02 (Modifiche Codice Strada) Disposizioni urgenti per garantire la sicurezza nella circolazione stradale       Testo coordinato del DL 20 giugno 2002 n. 122 Testo del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122, coordinato con la legge di conversione 1 agosto 2002, n. 185 (in Gazzetta Ufficiale alla pag. 5) recante: "Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione".       Direttiva 74/02 (Formazione 2002-03) Direttiva n. 74 del 27.6.2002 concernente gli obiettivi formativi assunti come prioritari

363

per l'A.S. 2002/2003 riguardanti il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario       Circolare Ministeriale - Ministero del Lavoro e della Politiche sociali 03/07/2002 n. 1444 "Linee di indirizzo per l'erogazione dell'indennità prevista dall'art. 39, comma 1, della Legge 28 dicembre 2001, n.448 a favore dei lavoratori affetti da talassemia major (morbo di Cooley) e drepanocitosi."       Nota 08.07.02 (Pubblicazione Scrutini ed Esami Handicap) Pubblicazione degli esiti degli scrutini e degli esami per gli alunni in situazione di handicap       CM 77/02 (Adeguamento Organico) Adeguamento dell'organico alla situazione di fatto       Ministero del lavoro e delle politiche sociali - DM 15 luglio 2002 Ripartizione tra le regioni delle risorse finanziarie del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, istituito dall'art. 13, comma 4, della legge 12 marzo 1999, n. 68       Nota 16.07.02 (Lingua dei Segni) Corsi base per insegnare la lingua dei segni alle persone udenti       CM 81/02 (Interventi Integrazione Handicap) Legge 440/97 - Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi pereuativi. - A. F. 2002. Interventi per l’integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap. – Piano di riparto di euro 4.168.283,27       CM 84/02 (La scuola in ospedale) La scuola in ospedale - E.F. 2002 Legge 440/97- Iniziative volte al potenziamento e alla ualificazione dell'offerta di integrazione scolastica degli alunni ricoverati in ospedale o seguiti in regime di day-hospital. Anno scolastico 2002/2003. Piano di riparto di euro 774.685,00       Ministero dell’economia e delle finanze - Risoluzione del 16 agosto 2002 n. 284 Interpello - Articolo 11, legge 27 luglio 2000,

364

n.212 - Art. 13-bis, lett. c), del TUIR - Detrazione d'imposta per acuisto autovettura       Nota 08.08.02 (Avvio AS 2002-2003) Avvio dell'anno scolastico 2002/2003 - Funzionamento delle classi       Risoluzione - Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa e Contenzioso 16/08/2002 n. 284 “Interpello - Articolo 11, legge 27 luglio 2000, n.212 - Art. 13-bis, lett.c), del TUIR - Detrazione d’imposta per acuisto autovettura”        Nota 28.08.02 (Nomine Posti Sostegno)        Ministero del lavoro e delle politiche sociali - DM 3 settembre 2002 Determinazione della nuova misura mensile dell'assegno di incollocabilità con decorrenza 1 luglio 2002.       DM 11.09.02 (FISH in Osservatorio Nazionale Associazionismo) Copia conforme del Decreto Interministeriale 11 settembre 2002, che nomina la Fish, componente dell’Osservatorio sull’Associazionismo       Nota 13.09.02 (Insegnare in Ospedale) Progetto di ricerca "La scuola in ospedale come laboratorio per le innovazioni nella didattica e nell'organizzazione". Indicazioni operative per la prosecuzione delle attività - a.s. 2002/2003       Ministero dell’economia e delle finanze - Agenzia delle Entrate - Risoluzione del 17 settembre 2002 n. 306/E Agevolazioni fiscali per le spese di riparazione dei veicoli adibiti al trasporto di persone disabili.       Circolare - INPS 22/10/2002 n. 157 "Applicazione sentenza Corte Costituzionale n. 329 del 1-9 luglio 2002. Non fondatezza della uestione di legittimità costituzionale dell'art. 13, primo comma, della legge 30 marzo 1971 n. 118 in relazione agli artt. 2 e 3, secondo comma, 31,primo comma, 32, 34 e 38, terzo comma, della Costituzione. 

365

      Circolare - INPDAP 25/10/2002 n. 22 "Art.42 del D.Lgs. n.151/2001. Riposi e permessi spettanti ai genitori di disabili gravi. Precisazioni."       Legge 246/02 (Spesa Pubblica) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 settembre 2002, n. 194, recante misure urgenti per il controllo, la trasparenza ed il contenimento della spesa pubblica       D.L. 31 ottobre 2002 n. 270 Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di invalidi civili       DDG 04.11.02 (Supporto Tecnico Osservatorio MIUR) Organismo tecnico dell'Osservatorio permanente per l'integrazione scolastica delle persone in situazione di handicap       Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale non dirigente della Cassa depositi e prestiti – uadriennio normativo 1998-2001 e biennio economico 1998-1999. Contratto A.R.A.N. dell’11 2002  (Suppl. Ord. N. 213 alla Gazzetta Ufficiale n. 271/2002).       Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Direttiva 5 novembre 2002 Modalità per la presentazione di progetti sperimentali da parte delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri delle associazioni di promozione sociale, nonché per assicurare il sostegno ad iniziative formative e di informatizzazione, ai sensi della legge 7 dicembre 2000, n. 383, art. 12, lettere d) ed f) - (Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2000). Anno 2002.       L 13 novembre 2002 n. 260 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale N. 270 del 18 Novembre 2002 Aumento del contributo dello Stato in favore della Biblioteca italiana per ciechi "Regina Margherita" di Monza.       Sentenza - Corte Costituzionale 22/11/2002 n. 467  "Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. Previdenza e assistenza - Minori invalidi civili - Indennità di freuenza di scuole di ogni ordine e grado - Mancata estensione della provvidenza ai minori invalidi che

366

freuentano l'asilo nido (di età inferiore ai tre anni) - Contrasto con i principi di solidarietà, di eguaglianza e di effettiva assistenza sociale - Illegittimità costituzionale in parte ua. - Legge 11 ottobre 1990, n. 289, art. 1, comma 3. - Costituzione, artt. 2, 3 e 38."       Presidenza del Consiglio dei ministri - Circolare 29 novembre 2002 n. 1550 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale N. 301 del 24 Dicembre 2002 Enti e progetti del Servizio civile nazionale. Procedure di selezione dei volontari       Circolare - INPS 18/12/2002 n. 945 "Modulistica relativa domande permessi ex lege 104/92 (handicappati)."       CIPE - Deliberazione 19 dicembre 2002 Fondo sanitario nazionale 2000 - Ripartizione del finanziamento per l'assistenza agli hanseniani e loro familiari a carico. (Deliberazione n. 121/2002).       L 27 dicembre 2002 n. 288 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale N. 305 del 31 Dicembre 2002 Provvidenze in favore dei grandi invalidi.       L 27 dicembre 2002 n. 289 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale N. 305 del 31 Dicembre 2002 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003), art. 35, comma 7- art. 40 e 46

367

BIBLIOGRAFIA

AA.VV., Il corpo. Perché? Saggi sulla struttura corporea della persona, Morcelliana, Brescia, 1979BATESON G., Mente e natura, Edizioni Adelphi, 1984; Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1992BAUMAN, Z., La società dell’incertezza, il Mulino, Bologna, 1999BELLOMO RIBOLZI, L'inserimento dei diversabili nella scuola dell'obbligo, Bologna, Il Mulino 1983BIAGIONI E., Inserimento dei diversabili nella scuola, Roma, Ciranna , 1982BERETTA M., Linguistica e educazione linguistica, Einaudi,TorinoBENEDETTI L. Benicasa G., Programmazione ed integrazione scolastica dei diversabili, Brescia ed. La Scuola ,1981BIANCARDI A., Gesti e Segni, Omega,Torino BITELLI C., HP l'accaparlante n° 17 maggio 1993BLONDEL, M., L’Azione. Saggio di una critica della vita e di una scienza della prassi, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Milano) 1993; Principio di una logica della vita morale, Signorelli, Roma 1994BOZZO M.T., Il diversabile è inserito? Firenze, Giunti e Barbera 1984.

368

BRUN T., Dizionario internazionale del linguaggio dei segni, Milano, 1971BRUCHON M., Les mouvements expressifs et la personnalité, In Année Psychologique, 1973Costituzione italianaCANEVARO A., Quale tipo di ricerca per l'integrazione l'diversabilità, Ed. dell'Istituto di Ricerca e Comunicazione 1987COCCHIARA G., Il linguaggio del gesto, Palermo 1977.COLLODI, C., PinocchioCORRADINI A., Il problema della conoscenza formale, in Scienza e filosofia, Genova, 1992Concilio Vaticano IIDAVITS J.R., The communication of emotional meaning, New York, Mc Graw-Hill, 1964.DELACATO C.H., Problemi di apprendimento e organizzazione neurologica, Armando, Roma 1980DE LANDESHEERE G., DELCHAMBRE A., I comportamenti non verbali dell'insegnante, 1986 DE MARCO P., in Quadrante scolastico, Trento 1984DIANA, A., in AA.VV., Per una umanità più unita, Città nuova, Roma, 1994DINI, V., Cenni di cinesica culturale, in Scuola Primaria, Rivista trimestrale di pedagogia e di educazione, Argalia Editore, Urbino, Luglio/settembre, 1971; La memoria ricorretta o dell’inganno, Tibergraf, Città di Castello, 1998DI RENZ, NASTASI, Il movimento disegna, Armando, Roma, 1989 DE SAINT-EXUPÉRY, A., Il Piccolo PrincipeDITTMAN A.T., Interpersonal messagers of emotion, New York, Springer, 1972 DOBZHANSKY, TH., in Diversità genetica e uguaglianza umana, Einaudi, Torino, 1981DOSTOIEVSKIJ, F., Il grande inquisitore. L’idiotaECO U., La struttura assente, 1968 ECO U., Trattato di Semiotica generale Bompiani, Milano, 1975 ECO U., Semiotica e filosofia del linguaggio, Giulio Einaudi, Torino 1984 ECO U., Segno, Mondadori , Milano , 1980 .EKMAN P., Differential communication of affect by head and body cues, In Jour, of Per-sonal and Social Psychology, n°2 ,1965 EKMANN P., FRIESEN W.F., Head and body cues in the judgment of emotion: a refor -mulation, in Perceptual and Motor Skills, n. 14 ,1979FAGETTI M.A., HD giornale italiano di psicologia e pedagogia della diversabilità e della disabilità di apprendimento-Torino-gennaio 1984FAST J., Il linguaggio del corpo, Mondadori, Vicenza, 1971FAST J., Il corpo parla, 1977.FINK, E., Il gioco come simbolo del mondo, Lerici-Discorsività, Roma, 1969; Oasi della gioia: idee per unaontologia del gioco, Rumma, Salerno 1969.FREIRE, P., La pedagogia degli oppressi, Mondadori, Milano, 1971FREUD, S., Il disagio della civilta, in Opere, Torino, Boringhieri, 1978, vol. X

369

FROMM, E., Psicoanalisi della società contemporanea, Mondadori, Milano, 1987GALIMBERTI, U., Il corpo, Feltrinelli, MI, 1983; Psiche e techné, Feltrinelli MI, 1998GEERTZ, C., Antropologia interpretativa, Il Mulino, Bologna, 1988GEVAERT, J., Il problema dell’uomo, Elle Di Ci, Leuman, Torino, 1989GIANFRANCESCHI, F., Il senso del corpo, Rusconi, Milano, 1986GILMAN, S.L., Difference and Pathology: Stereotypes of Sexuality, Race and Madness, Ithaca, N.Y., Cornell University Press, 1985, p. 130)GORI, M., Educazione fisica e interdisciplinarità, Edizioni didattiche, Arezzo, 1978; L’educazione fisica contemporanea, S.S.S., Roma, 1982; Verso una metodologia-didattica interdisciplinare della Educazione fisica, ECIG, Genova, 1983; Animazione come educazione, ECIG, Genova, 1983; I contenuti dell’educazione fisica, Società Stampa Sportiva, Roma, 1988; Antropologia del corpo nella dottrina cristiana, Pezzini editore, Viareggio, 1993; Educazione corporeo-motoria e promozione I-II, Società stampa sportiva, Roma, 1993; Actiologia, Edizioni Aracne, Roma, 2010; Cinesica, Edizioni Aracne, Roma, 2011; Filoso-fare, Milano, 2012.GORI, M., TANGA M., Il corpo e l'azione motoria (note per la costruzione di una nuova prassiologia dell'azione motoria), Calzetti e Mariucci, Perugia, 1996; La persona in azione, Società stampa Sportiva, Roma, 1999; Apprendimento motorio tra mente e cervello, Calzetti e Mariucci, Perugia, 1996; Glossario di Educazione fisica, Società Stampa Sportiva, Roma, 1999; L'educazione fisica agli esami di Stato, Società Stampa Sportiva, Roma, 2000; Metodologia e didattica, Calzetti e Mariucci, Perugia, 2000; Passport, D’Anna, Firenze, 2004; Linee storiografiche sul corpo e su alcune pratiche motorie, Ed. CEA, Casa Editrice Ambrosiana, Milano, 2005; Actiologia. Il corpo in azione, Simone, Napoli, 2009GOUSSOT, A, La difficile storia dei diversabili, Carocci 2000,GORI M., Articoli da "Il quadrante scolastico, 43, 44, 45, 46, 47, Trento, 1991/1992 .GORI M., Normalità della diversabilità, Ciclostilato in proprio, ISEF di Firenze, 1993 GORI M., Dispensa per il corso per Insegnanti di sostegno, Arezzo, 1993GORI M., TANGA M., Educazione motoria, Guida alla programmazione, Adica, Firenze, 1989GRASSILLI B., ZUCCHINI G.L., in Il quadrante scolastico, n°47, Trento, 1990 GREENE J., Il comportamento comunicativo: gesti, atteggiamenti, linguaggio, Mondadori, 1980 GUIRAUD P., Semiologia, Armando, Roma, 1971 FERRARI O., FERRARI R., Il linguaggio grafico del bambino, La Scuola, Brescia HAGGARD E., ISACS K., Micromomentary facial expression as indicators of ego mech-anism in psychotherapy; In Cottschalk L. et Averbach A., Methods of research in psycho-therapy, New York, Appleton-Century-Croft, 1966 HEIDEGGER, M., Essere e tempo, Longanesi, Milano 1976; Filosofia e cibernetica, Ed. E.T.S., Pisa, 1988IANES D., HD giornale italiano di psicologia e pedagogia della diversabilità e delle disabilità di apprendimento ,Torino, gennaio 1984.

370

JAVARONE, M., Età verde, 1988LALLI F., L'integrazione scolastica. Gli diversabilità psicofisici in prospettiva pedagogica. Roma, Armando, 1984LE BOULCH J., Verso una scienza del movimento umano, Armando, Roma, 1975L'insegnante specializzato, Rivista, n° 2, 1993LEVINAS , E., Etica e infinito, Città Nuova, Roma, 1984LURIA, A.R., Come lavora il cervello: introduzione alla neuropsicologia, Il Mulino, Bologna, 1977.MACDONALD, Il linguaggio del gesto, Il Pensiero Scientifico, 1979 MAFFESOLI M., Nel vuoto delle apparenze, Garzanti, Milano, 1993.MAFFETTONE, S., Etica pubblica. La moralità nelle istituzioni nel terzo millennio, Il Saggiatore, Milano, 2001MAGLI P., Corpo e linguaggio, La Nuova Italia, Firenze, 1980 MARCUSE H., L'uomo a una dimensione, Einaudi, Torino, 1967MARITAIN, J., La persona e il bene comune (“Rev. Thomiste”, 1946), ed. Morcelliana, Rrescia, 1963/2Mt 25,14-21MARTINET A., Elementi di linguistica generale, Laterza, Bari, 1978MERLEAU-PONTY, Fenomenologia della percezione, Il Saggiatore, Milano, 1965MORETTI G. e VICO G., Gli diversabili nella scuola media, Scuola e Didattica, n. 17, 1978MORO W., Didattica della comunicazione visiva, La Nuova Italia, Firenze MORRIS C., Segni , linguaggio e comportamento, Longanesi 1968 .MORRIS D., Il linguaggio dei gesti, Mondadori , Milano , 1978 .NERI A., Alla ricerca di un metodo, Mondadori, Milano, 1979OMS (1980). Classificazione Internazionale delle menomazioni, disabilità e dei diversabilità (ICIDH), Cles.OMS (1999). Classificazione Internazionale del funzionamento e delle disabilità, ICIDH-2, Bozza Beta-2, versione integrale, Erickson, Trento.OMS (2001). Classificazione internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF), Erickson, Trento.ONU (2007). La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. PALAZZOTTO N., ARTALI M., Diversabili e società. Assistenza educazione e inserimento attraverso la legislazione statale e regionale. Firenze, Sansoni 1981.PARRAVANI R., PACKMAN R., Up and down", Istituto geografico De Agostini, Novara, 1987PASCAL, PensieriPAVLOV, 1941PLATONE, FedroPESCI G., Dalla diagnosi funzionale al Piano educativo individualizzato, Bulzoni, Roma, 1993PESCI G., Rieducazione e terapia, Bulzoni, Roma 1982PICQ L. ,WAYER P., Educazione Psicomotoria e ritardo mentale, Armando, Roma 1976

371

PONZIO A., Scuola e plurilinguismo, 1980 .PRIETO L.J., Pertinenza e pratica , Feltrinelli , Milano , 1976 RAVETTO F., Quadrante scolastico, Trento 1988ROSEMBERG G.B., LANGER J., A study of postural-gestual communication, In Jour. of Personality and Social Psychology , 1965 SACKS, O., L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, 1985SAGGI , I gesti e i segni , Roma , 1983 SALVINI A., Tarantini F., Mente e Azione Motoria, ed. Borla, RomaSCHEFLEN A.E., On the structuring of human communication, In Amer, Behavioral Sci-entist, 1967, n.10 SEBEOK T.A., HAYES , BATESON , Paralinguistica e cinesica, Bompiani, Milano, 1970 SEBEOK T.A., Contributi alla dottrina dei segni , Feltrinelli , MILANO, 1979.SCAGLIOSO C., Marginalità ed impegno educativo, EDISUD, 1988STANZIAL V., Una scuola diversa: condizioni organizzative e metodologico-didattiche per la integrazione scolastica, Tirrenia, ed. Del Cerro, 1985TRAGER G.L., SMITH H.J. Jr., An outline of English stucture, Washington, Americ. council of learned Societies, 1957TRISCIUZZI L., L'integrazione dei diversabili nella scuola dell'obbligo. Giunti e Lisciani 1981VAYER P., Educazione psicomotoria nell'età scolastica, Armando, Roma,1972VAYER P., Educazione psicomotoria nell'età scolastica, Armando, Roma, 1973VAYER P., CARBONE P., Dialoghi con i fanciulli e attività psicomotorie, Armando, Roma, 1981.VALLINI R. , Il corpo come segno , Arezzo , Stampato in proprio ,1983 .VIANI F., Epidemiologia dei diversabilità in neuropsichiatria infantile: aspetti metodologici, in devianza ed emarginazione, n° 3 settembre 1982WILKINS D.A., Linguistica e insegnamento della lingua, Zanichelli, Bologna, 1983TAMBURINI G., Act and learn, La Scuola, Brescia, 1979ZINI G. L., Pedagogia e vita, nov. dic. 1992

SITI WEB

Il seguente elenco è ripreso da:Centro Risorse Handicap del Comune di BolognaPercorsi e opportunità per le persone disabili e le loro famiglie

I siti italiani sull'handicapDigitando nei principali motori di ricerca le parole chiave dedicate al tema handicap si trovano ormai centinaia di migliaia di pagine web. Sia con le parole più generiche (con Google.it: disabili 872.000; handicap 3.380.000) sia con quelle più specialistiche (con Google.it: autismo 147.000; barriere architettoniche 71.000; legge 104 302.000).Il problema non è quindi più trovare documentazione e informazioni, ma saperle selezionare (banalmente: questo si, questo no) e contestualizzarle (a cosa mi serve, a cosa mi potrebbe servire, a chi potrebbe servire oltre a me).

372

Vi proponiamo pertanto una selezione dei siti web a nostro avviso più interessanti e ricchi di informazioni ed altre risorse.

I siti sono suddivisi secondo le seguenti voci: Agenzie di stampa sociale Agevolazioni fiscali Agevolazioni sul posto di lavoro Ausili, tecnologie, comunicazione Barriere architettoniche Formazione professionale e lavoro Informazione e documentazione Legislazione Provvidenze economiche e accertamenti sanitari Raccolte di link Sanità e riabilitazione Scuola Servizi e politiche sociali Sessualità e disabilità Sport Terzo settore Trasporti Turismo e vacanze Vita indipendente

Agenzia stampa socialewww.redattoresociale.it Canale disabilità (l’agenzia è a pagamento, abbonamento gratuito per 15 gg, titoli delle notizie in chiaro, bollettino via e-mail quotidiano gratuito con le news del giorno)www.asca.it Agenzia stampa. Consultare rubriche “Politica, società, regione ” e “Newsletter famiglia”

Agevolazioni fiscaliwww.handylex.orgSito curato dalla sede nazionale della Uildm. Le leggi, i diritti, le aree di intevento dei servizi pubblici nel campo della disabilità suddivise per argomenti. Schede informative e link ai testi completi di leggi, decreti, circolari. Selezionare Agevolazioni fiscaliwww.agenziaentrate.itSito della Agenzia delle entrate del Ministero delle finanze. Disponibili in formato pdf e html le guide: “Agevolazioni per disabili”(auto, ausili, barriere…) e “Ristrutturazioni edilizie”(abbattimento barriere). Selezionare Documentazione e poi Guide dell’AgenziaAgevolazioni sul posto di lavoroPagine informative sulle prestazioni di sostegno legate alla disabilità nel sito dell’INPS:

373

congedo straordinario >>permessi e astensione facoltativa >>

Pagine informative sulle agevolazioni lavorative nel sito Handylex: www.handylex.org/cgi-bin/hl2/cat.pl?v=a&d=h&c=4401 Ausili, tecnologie, comunicazionewww.portale.siva.itPortale del SIVA Servizio informazione valutazione ausili e Ministero della Solidarietà Sociale sulle tecnologie per la disabilità e l’autonomiawww.centriausili.it Portale del GLIC Gruppo di lavoro interregionale Centri ausili elettronici ed informatici per disabili, che riunisce 22 centri di varie regioni italianewww.ausilioteca.orgSito dell’Ausilioteca – CAT centro ausili tecnologici di Aias Bologna – AUSL Bolognawww.asphi.itSito della Fondazione ASPHI avviamento e sviluppo progetti per ridurre l’handicap mediante l’informaticawww.disabili.com/content.asp?L=1&idMen=134 Dal sito disabili.com link a siti sul tema ausili e a ditte produttrici

Barriere architettonichewww.handylex.org/cgi-bin/hl2/cat.pl?v=a&d=h&c=5501 Modalità e riferimenti legislativi per abbattimento barriere dal sito Handylex.orgwww.elsa.hbgroup.itProdotti e iniziative per l’accessibilitàwww.progettarepertutti.orgSito dell’omonimo corso di specializzazione post laurea dell’Università La Sapienza di Romawww.mobilita.comSito dell’omonima rivista. Nell’archivio dei numeri pubblicati moltissimi articoli dedicati al tema barriere, accessibilità mobilità, ausili, domoticawww.nolimit.it/home Il tema barriere architettoniche affrontato attraverso 41 schede tematiche. Selezionare Barriere architettoniche e poi Progettazione accessibilewww.cerpa.orgSito del CERPA Centro europeo ricerca e promozione dell’accessibilità

Formazione professionale e lavorowww.handylex.org/cgi-bin/hl2/cat.pl?v=a&d=h&c=4400 Il lavoro e le persone disabili nel sito Handylex.org. Normativa e decreti. Collocamento, concorsi, diritti del lavoratore, obblighi del datore, competenze degli EE.LL.www.provincia.bologna.it/lavoro/htmlPersone/insDisabili.htmServizio inserimento lavorativo disabili Provincia di Bologna

374

www.provincia.bologna.it/handicap/normativa/form_professionale.htmlServizio formazione professionale disabili Provincia di Bologna www.cgil.it/ufficiohandicap/guidah/L.htm Il collocamento al lavoro delle persone disabili nel sito dell’Ufficio handicap della CGIL nazionalewww.confcooperative.it Sito delle cooperative, anche sociali, aderenti alla Unione delle cooperativewww.legacoop.it Sito delle cooperative, anche sociali, aderenti alla Lega delle cooperativewww.agci.it Sito delle cooperative, anche sociali, aderenti alla Associazione generale delle cooperativewww.handimpresa.it Domanda/offerta di lavoro nel campo della disabilità e altre risorsewww.disabililavoro.it Sito curato da ANMIL e INAIL. Domanda/offerta di lavoro, normativa, fare impresa, gli aiuti alle imprese, il telelavorowww.form-azione.it/form-azione/disabili.htm Pagine dedicate al tema disabilità nel sito www.form-azione.it della Regione E.Romagnawww.labitalia.com/topics/Diversamente%20Abili/34.htmlRubrica di news su disabili e lavoro

Informazione e documentazioneLe risorse italiane nel campo dell’informazione e della documentazione: libri, riviste, siti internet, centri documentazione handicap, servizi informahandicap, newsletter telematiche, stampa quotidianawww.handybo.it/Risorse_informative/risorse_informative.htm

Legislazione  www.handylex.orgSito curato dalla sede nazionale della Uildm. Le leggi, i diritti, le aree di intevento dei servizi pubblici nel campo della disabilità suddivise per argomenti. Schede informative e link ai testi completi di leggi, decreti, circolari. Rubrica cronolex (leggi divise per anno), Gazzetta news (le novità legislative), sportello telematico (domande scritte via mail) e newsletter ad iscrizione gratuita www.edscuola.it/archivio/handicap/hnorme.htmlTutta la normativa sulla disabilità, in maniera sistematica dagli anni '60 (leggi, decreti, circolari, sentenze, note) ed altre risorse (normativa regionale, guide, documenti di taglio legislativo)www.ittig.cnr.it/disabilitaUn sito interamente dedicato alla legislazione italiana sulla disabilità,con particolare riferimento al tema della vita indipendente, organizzato su tre diverse banche dati: legislazione nazionale a partire dal 1947 e suddivisa per anno;legislazione regionale; banca dati sulla giurisprudenza a partire dal 1986, 19 diverse tipologie di fonte giurisprudenziale (Cassazione, Consiglio di Stato, Corte

375

Costituzionale...) e 217 voci di possibile consultazione

Provvidenze economiche a accertamenti sanitari Invalidità civile: definizioni, iter, accertamenti (certificato di invalidità e relativa visita medica)www.handylex.org/cgi-bin/hl2/cat.pl?v=a&d=1500&c=1501 Invalidità civile: le provvidenze economiche (pensioni e assegni) per invalidi civili, ciechi civili, sordomutiwww.handylex.org/cgi-bin/hl2/cat.pl?v=a&d=1500&c=1502 Lo stato di handicap (certificato legge 104): visita e certificatowww.handylex.org/cgi-bin/hl2/cat.pl?v=a&d=1500&c=1503 A cosa serve il certificato di handicapwww.handybo.it/Metropoli/Metropoli_3-03.pdf Le provvidenze per persone disabili con anzianità contributiva di almeno 5 anni:Pensione di inabilitàwww.handybo.it/Metropoli/Metropoli_3-03.pdf

Assegno ordinario di invalidità - sito INPS Informazioni di carattere generale:Sito dell’INPSwww.inps.it/informazioni/template/informazioni1.asp?UrlPag=pensione/pensioni_invalidi_civili.htm&ind=2

Raccolte di linkGuida e banca dati link del sito dell'area disabilità del CNR di Firenzewww.ittig.cnr.it/BancheDatiGuide/Disabilita/presentazione.htm

Portale promosso dal Coin di Roma, con oltre 400 link a siti handicapwww.alterweb.itLink sulla disabilità della agenzia Redattore Socialehttp://88.33.89.70/Speciali/specialiArchivioLink/disabilitafisicamentale.asp

Sanità e riabilitazionewww.aifi.netAssociazione Italiana Fisioterapisti della Riabilitazionewww.dislessia.it Associazione Italiana Dislessiawww.uildm.orgDistrofia muscolarewww.agor.mediacity.it Ass.riabilitazione bambini cerebrolesiwww.faiponline.it Federazione Associazioni Italiane Paraplegiciwww.riabilitazioneoggi.com Sito rivista Riabilitazioneoggi

376

www.simfer.it Società italiana di medicina fisica e riabilitazionewww.carloanibaldi.com/medical/societ%C3%A0_mediche.htmSiti delle società scientifiche italianewww.cometaasmme.orgMalattie rare www.ministerosalute.it/malattieRare/malattieRare.jspSito Ministero Sanità sulle malattie rare

www.accaparlante.it/cdh-bo/documentazione/pci/index.htm Paralisi cerebrali infantilihttp://icdri.org/links.htm International center for disabilitywww.angsaonlus.org Autismowww.forep.itEpilessiawww.musicoterapia.itMusicoterapicawww.units.it/~fondomf/PIMS.htmLesioni midollariwww.lesionispinali.com Lesioni spinaliwww.ritardomentale.it Ritardo mentale

ScuolaTutta la legislazione su scuola e disabilitàwww.edscuola.it/archivio/handicap/hnorme.html Area handicap del sito edscuolawww.edscuola.it/archivio/handicap/index.html Area scuola - sito Handylex.orgwww.handylex.org/cgi-bin/hl2/cat.pl?v=a&d=h&c=3500 Sito CSA Torinowww.necessitaeducativespeciali.it Sito della FADIS Feder.delle ass.ni dei docenti per l’integrazione scolasticawww.integrazionescolastica.it Portale sulle tecnologie didattiche per la disabilità, a cura dell’INDIRE (ex BDP)http://handytecno.indire.it Sito del CIIS coordinamento italiano insegnanti di sostegnowww.sostegno.org Area handicap del sito del Ministero dell’Istruzionewww.istruzione.it/argomenti/handicap_new/index.shtml Scuola e handicap a Bologna:- integrazione scolastica nel sito del CSA di Bolognawww.diversabili.info/index.php?page=Bologna

377

- sezione disabilità del sito sulla scuola della Regione E. Romagnahttp://scuolaer.regione.emilia-romagna.it/page.asp?IDCategoria=133&IDSezione=413 Servizi e politiche socialiServizi e politiche sociali nel sito Handylex.orgwww.handylex.org/cgi-bin/hl2/cat.pl?v=a&d=1500&c=1504Centro documentazione del Gruppo Solidarietà di Anconawww.grusol.it/index.asp Centro studi e documentazione Fondazione E. Zancan di Padovawww.fondazionezancan.it Elenco dei servizi Informahandicap in Italiawww.handybo.it/Informahandicap/servizi_informahandicap.htm Area servizi sociali nel sito della Regione Emilia-Romagnawww.regione.emilia-romagna.it/wcm/ERMES/Canali/servizi_sociali.htm Sito dell’Assessorato alle Politiche sociali della Regione E. Romagnawww.emiliaromagnasociale.it Banca dati sulle strutture e i servizi socio-assistenziali in Emilia-RomagnaSIPS - Emiliaromagnasociale Area disabilità del sito del Ministero della Solidarietà Sociale www.solidarietasociale.gov.it/SolidarietaSociale/tematiche/Disabilita/

Sessualità e disabilitàLe risorse su internet e bibliografichesessualità

SportFederazione italiana sport disabili FISDwww.fisd.it Portale su handicap e sportwww.sport-disabili.com Attività sportiva per persone con disabilità intellettivawww.specialolympics.it Terzo settorePortale sul terzo settore. In particolare consultare le rubriche “News”e “Rassegna stampa”www.nonprofitonline.it Siti delle sedi nazionali delle principali associazioni del settore handicap (fondo lista)www.handybo.it/elenco_associazioni.htm L'associazionismo nel settore dell'handicap - Storie di "Geologia", tra luci e ombre (in formato PDF)L'associazionismo dell'handicap e il rapporto con gli Enti Locali - articolo pubblicato su Metropoli 4/2004 (in formato PDF)Le associazioni a Bologna - il caso dell'handicap (dagli anni '50 al 2001)http://www.bandieragialla.it/articolo.php?id=470

378

Cooperazione sociale:- Unione delle cooperativewww.confcooperative.it - Lega delle cooperativewww.legacoop.it - Associazione generale delle cooperative www.agci.it Forum terzo settore sede nazionalewww.forumterzosettore.it Centro servizi volontariato di Bolognawww.volabo.it Rivista web bolognese bandieragialla.it su emarginazione, volontariato, politiche sociali, differenzewww.bandieragialla.itLe associazioni di volontariato e la disabilità. Una ricerca della Fondazione italiana per il volontariato (sintesi)www.diocesi.lodi.it/moduli/pubblicazioni/documenti/pubblicazioni_965_0411VolDisabilità.rtf

Trasporti Viaggiare in trenoSezione Disabili sito www.trenitalia.it Viaggiare in aereo con Alitaliawww.alitalia.it/information/services/assistance/index.htm

Viaggiare in navewww.nobarrier.it/dettagli.asp?DocumentID=30Associazione nazionale guida trasporto handicappatiwww.anglat.it I servizi per disabili dell’Azienda trasporti di Milanowww.atm-mi.it/ATM/Muoversi/Servizi/Inchiesta sui trasporti per i disabili a Bolognawww.bandieragialla.it/articoli/articolo.asp?id=887 Area mobilità del sito Handylexwww.handylex.org/cgi-bin/hl2/cat.pl?v=a&d=h&c=7700Veicoli: adattamenti alla guida e al trasporto delle persone disabiliwww.guidosimplex.it/home.aspAuto e disabili: agevolazioni e contributi. Numero speciale della rivista Mobilitàwww.mobilita.com/rivista/252003/index.htm Dati sulla mobilità e l’utilizzo dei mezzi di trasporto da parte di persone disabili. Sito Handicapincifre di ISTAT e Ministero Welfarewww.disabilitaincifre.it/indicatori/trasporto/trasporto.asp Sito sull'accessibilità dei trasporti in Lombardiahttp://www.trasportiaccessibili.org/Turismo e vacanze

379

Scheda sulle risorse informative su turismo e handicap in Italia (aggiornata al 2004)www.handybo.it/news%20crh/vacanze_estive_2004.htm Approfondimenti sul turismo vengono inoltre pubblicati ogni estate sui siti web:www.disabili.com/www.superabile.it/Home/http://test.aiasmilano.it/

Vita indipendentewww.enil.it/Network europeo per la vita indipendentewww.avitoscana.org/Associazione vita indipendentewww.dpitalia.org/DPI disabled peoples international Italia

Altri sitiwww.sindrome-down.itwww.handylex.orgwww.diversabilitàincifre.itwww.ritardomentale.itwww.educare.ithttp://www.un.org/esa/socdev/enable/dissre00.htmhttp://www.innovazione.gov.it/ita/index.shtmlhttp://www.minwelfare.it/default.htmhttp://www.ministerosalute.it/http://www.innovazione.gov.it/ita/documenti/socinfo11_06_02.pdfhttp://europa.eu.int/information_society/eeurope/action_plan/pdf/actionplan_it.pdfhttp://www.ntia.doc.gov/ntiahome/fttn00/Falling.htm#67http://www.nngroup.com/reports/seniorshttp://www.hcibook.com/hcibook/http://www.tau-Web.de/hci/space/i8.htmlhttp://europa.eu.int/eur-lex/pri/it/oj/dat/2001/c_292/c_29220011018it00060008.pdfhttp://europa.eu.int/information_society/eeurope/news_library/eeurope2005/index_en.htmhttp://www.w3.org/TR/WCAG10/http://europa.eu.int/comm/ employment_social/knowledge_society/res_eacc_en.pdfhttp://europa.eu.int/information_society/newsroom/news/disabled_users/index_en.htmhttp://www.cordis.lu/ist/ka1/special_needs/projects/http://www.cordis.lu/ist/ka1/special_needs/projects/www.cordis.lu/ist/www.dis abilityinfo.gov/ www.usdoj.gov/crt/ada/ www.fcc.gov www.abledata.com http://www.aipa.it/attivita%5B2/formazione%5B6/corsi%5B2/acc12ott.aspwww.handitutor.ithttp://www.confindustria.it/hp2002.nsf/DomainQuery?OpenForm

380

http://web.tiscali.it/no-redirect-tiscali/unmssedecentrale/fand.htmhttp://www.siva.it/http://www.domoticamica.it/http://www.comune.torino.it/pass/www.comune.napoli.itwww.piazzetelematiche.ithttp://europa.eu.int/comm/employment_social/knowledge_society/res_eacc_en.pdf<www.governo.it>

381