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Letteratura italiana Einaudi De l’infinito, universo e mondi di Giordano Bruno

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De l’infinito,

universo e mondi

di Giordano Bruno

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Edizione di riferimento:Giordano Bruno Nolano, De l’infinito, universoe mondi, Stampato in Venezia, Anno mdlxxxiv,in Dialoghi filosofici italiani, a cura di MicheleCiliberto, Mondadori, Milano 2000

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Proemiale epistola 2

Argomento del primo dialogo 4Argomento del secondo dialogo 8Argomento del terzo dialogo 10Argomento del quarto dialogo 13Argomento del quinto dialogo 14

Dialogo primo 24Dialogo secondo 45Dialogo terzo 76Dialogo quarto 104Dialogo quinto 124

Sommario

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All’illustrissimoSignor di Mauvissiero

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Giordano Bruno - De l’infinito, universo e mondi

PROEMIALE EPISTOLA,

scritta all’illustrissimo

signor michel de castelnovo

Signor di Mauvissiero, Concressalto e di Ionvilla,Cavallier de l’ordine del Re Cristianissimo,

Conseglier del suo privato Conseglio,Capitano di 50 uomini d’arme

et Ambasciator alla Serenissima Regina d’Inghilterra.

Se io (o illustrissimo Cavalliero) contrattasse l’aratro,pascesse un gregge, coltivasse un orto, rassettasse un ve-stimento: nessuno mi guardarebbe, pochi m’osservare-bono, da rari sarei ripreso, e facilmente potrei piacere atutti. Ma per essere delineatore del campo de la natura,sollecito circa la pastura de l’alma, vago de la coltura del’ingegno, e dedalo circa gli abiti de l’intelletto: ecco chechi adocchiato me minaccia, chi osservato m’assale, chigiunto mi morde, chi compreso mi vora; non è uno, nonson pochi, son molti, son quasi tutti. Se volete intendereonde sia questo, vi dico che la caggione è l’universitadeche mi dispiace, il volgo ch’odio, la moltitudine che nonmi contenta, una che m’innamora. Quella per cui son li-bero in suggezzione, contento in pena, ricco ne la neces-sitade e vivo ne la morte; quella per cui non invidio aquei che son servi nella libertà, han pena ne i piaceri,son poveri ne le ricchezze e morti ne la vita: perché nelcorpo han la catena che le stringe, nel spirto l’infernoche le deprime, ne l’alma l’errore che le ammala, ne lamente il letargo che le uccide; non essendo magnanimitàche le delibere, non longanimità che le inalze, non splen-dor che le illustre, non scienza che le avvive. Indi accadeche non ritrao come lasso il piede da l’arduo camino, né

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come desidioso dismetto le braccia da l’opra che si pre-senta; né qual disperato volgo le spalli al nemico che micontrasta, né come abbagliato diverto gli occhi dal divi-no oggetto: mentre per il più mi sento riputato sofista,più studioso d’apparir sottile, che di esser verace; ambi-zioso che più studia di suscitar nova e falsa setta, che diconfirmar l’antica e vera; ucellatore che va procacciandosplendor di gloria, con porre avanti le tenebre d’errori;spirto inquieto che subverte gli edificii de buone disci-pline, e si fa fondator di machine di perversitade. Cossì,signor, gli santi numi disperdano da me que’ tutti che in-giustamente m’odiano; cossì mi sia propicio sempre ilmio Dio; cossì favorevoli mi sieno tutti governatori delnostro mondo; cossì gli astri mi faccian tale il seme alcampo et il campo al seme, ch’appaia al mondo utile eglorioso frutto del mio lavoro, con risvegliar il spirto etaprir il sentimento a quei che son privi di lume: come iocertissimamente non fingo, e se erro non credo vera-mente errare, e parlando e scrivendo non disputo peramor de la vittoria per se stessa (perché ogni riputazionee vittoria stimo nemica a Dio, vilissima e senza punto dionore, dove non è la verità); ma per amor della vera sa-pienza e studio della vera contemplazione, m’affatico,mi crucio, mi tormento. Questo manifestaranno gli ar-gumenti demostrativi che pendeno da vivaci raggioni,che derivano da regolato senso, che viene informato danon false specie, che come veraci ambasciatrici si spicca-no da gli suggetti de la natura: facendosi presenti a queiche le cercano, aperte a quei che le rimirano, chiare a chile apprende, certe a chi le comprende. Or ecco vi porgola mia contemplazione circa l’infinito universo e mondiinnumerabili.

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argomento del primo dialogo

Avete dumque nel primo dialogo: prima, che l’incon-stanza del senso mostra che quello non è principio dicertezza, e non fa quella se non per certa comparazionee conferenza d’un sensibile a l’altro, et un senso a l’altro;e s’inferisce come la verità sia in diversi soggetti.

Secondo, si comincia a dimostrar l’infinitudine del’universo e si porta il primo argumento tolto da quel,che non si sa finire il mondo da quei che con l’opra de lafantasia vogliono fabricargli le muraglia. Terzo, da che èinconveniente dire che il mondo sia finito, e che sia in sestesso: perché questo conviene al solo immenso, si pren-de il secondo argumento. Appresso si prende il terzo ar-gumento dall’inconveniente et impossibile imaginazionedel mondo come sia in nessun loco; perché ad ogni mo-do seguitarrebe che non abbia essere: atteso che ognicosa, o corporale o incorporal che sia, o corporale o in-corporalmente è in loco. Il quarto argumento si toglieda una demostrazione o questione molto urgente chefanno gli Epicurei:

Nimirum si iam finitum constituaturomne quod est spacium: si quis procurrat ad orasultimus extremas, iaciatque volatile telum,invalidis utrum contortum viribus irequo fuerit missum mavis, longeque volare;an prohibere aliquid censes obstareque posse?Nam sive est aliquid quod prohibeal officiatque,quominu’quo missum est, veniat, finique locet se;sive foras fertur, non est ea fini’ profecto.

Quinto, da che la definizion del loco che poneva Ari-stotele non conviene al primo, massimo e comunissimoloco, e che non val prendere la superfice prossima et im-mediata al contenuto, et altre levitadi, che fanno il loco

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cosa matematica, e non fisica: lascio che tra la superficiedel continente e contenuto che si muove entro quella,sempre è necessario spacio tramezante a cui convienepiù tosto esser loco; e se vogliamo del spacio prendere lasola superficie, bisogna che si vada cercando in infinitoun loco finito. Sesto, da che non si può fuggir il vacuoponendo il mondo finito, se vacuo è quello nel quale èniente.

Settimo, da che sicome questo spacio nel quale è que-sto mondo, se questo mondo non vi si trovasse, se inten-derebbe vacuo; cossì dove non è questo mondo se v’in-tende vacuo. Citra il mondo dumque, è indifferentequesto spacio da quello: dumque l’attitudine ch’ha que-sto, ha quello; dumque ha l’atto, perché nessuna attitu-dine è eterna senz’atto; e però eviternamente ha l’attogionto; anzi essalei è atto, perché nell’eterno non è diffe-rente l’essere e posser essere. Ottavo, da quel che nes-sun senso nega l’infinito: atteso che non lo possiamo ne-gare per questo, che non lo comprendiamo col senso;ma da quel, che il senso viene compreso da quello, e laraggione viene a confirmarlo, lo doviamo ponere. Anzise oltre ben consideriamo, il senso lo pone infinito: per-ché sempre veggiamo cosa compresa da cosa, e mai sen-tiamo, né con esterno né con interno senso, cosa noncompresa da altra o simile:

Ante oculos etenim rem res finire videtur.Aer dissepit colleis, atque aëra montes,terra mare, et contra mare terras terminat omneis:omne quidem vero nihil est quod finiat extra;usque adeo passim patet ingens copia rebus,finibus exemptis in cunctas undique parteis.

Per quel dumque che veggiamo, più tosto doviamoargumentar infinito, perché non ne occorre cosa chenon sia terminata ad altro, e nessuna esperimentiamo

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che sia terminata da se stessa. Nono, da che non si puònegare il spacio infinito se non con la voce, come fannogli pertinaci, avendo considerato che il resto del spaciodove non è mondo e che si chiama vacuo, o si fingeetiam niente, non si può intendere senza attitudine acontenere non minor di questa che contiene. Decimo,da quel che, sì come è bene che sia questo mondo, non èmen bene che sia ciascuno de infiniti altri. Undecimo,da che la bontà di questo mondo non è comunicabile adaltro mondo che esser possa, come il mio essere non ècomunicabile al di questo e quello. Duodecimo, da chenon è raggione né senso che, come si pone un infinito,individuo, semplicissimo e complicante, non permettache sia un infinito corporeo et esplicato. Terzodecimo,da che questo spacio del mondo che a noi par tantogrande, non è parte e non è tutto a riguardo dell’infini-to; e non può esser suggetto de infinita operazione, et aquella è un non ente quello che dalla nostra imbecillitàsi può comprendere. E si risponde a certa instanza, chenoi non ponemo l’infinito per la dignità del spacio, maper la dignità de le nature; perché per la raggione da laquale è questo, deve essere ogn’altro che può essere, lacui potenza non è attuata per l’essere di questo: come lapotenza de l’essere di Elpino non è attuata per l’attodell’essere di Fracastorio. Quartodecimo, da che se lapotenza infinita attiva attua l’esser corporale e dimen-sionale, questo deve necessariamente essere infinito: al-trimente si deroga alla natura e dignitade di chi può faree di chi può essere fatto. Quintodecimo, da quel chequesto universo conceputo volgarmente non si può dirche comprende la perfezzion di tutte cose altrimenteche come io comprendo la perfezzione di tutti gli mieimembri, e ciascun globo tutto quello che è in esso: comeè dire, ogn’uno è ricco a cui non manca nulla di quelch’ha. Sestodecimo, da quel che in ogni modo l’efficien-te infinito sarrebe deficiente senza l’effetto, e non pos-

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siamo capir che tale effetto solo sia lui medesimo. Al chesi aggiunge che per questo se fusse, o se è, niente si to-glie di quel che deve essere in quello che è veramente ef-fetto, dove gli teologi nominano azzione ad extra e tran-seunte, oltre la immanente: perché cossì conviene chesia infinita l’una, come l’altra.

Decimo settimo, da quel che dicendo il mondo inter-minato, nel modo nostro séguita quiete nell’intelletto; edal contrario sempre innumerabilmente difficultadi etinconvenienti. Oltre si replica quel ch’è detto nel secon-do e terzo. Decimo ottavo, da quel che se il mondo è sfe-rico, è figurato, è terminato; e quel termine che è oltrequesto terminato e figurato (ancor che ti piaccia chia-marlo niente) è anco figurato di sorte che il suo concavoè gionto al di costui convesso: perché onde cominciaquel tuo niente è una concavità indifferente almeno dal-la convessitudinale superficie di questo mondo. Decimonono, s’aggiunge a quel che è stato detto nel secondo.Ventesimo, si replica quel che è stato detto nel decimo.

Nella seconda parte di questo dialogo, quello ch’è di-mostrato per la potenza passiva de l’universo si mostraper l’attiva potenza de l’efficiente, con più raggioni: dele quali la prima si toglie da quel che la divina efficacianon deve essere ociosa; e tanto più ponendo effetto ex-tra la propria sustanza (se pur cosa gli può esser extra),e che non meno è ociosa et invidiosa producendo effet-to finito, che producendo nulla. La seconda, da la prat-tica; perché per il contrario si toglie la raggione dellabontade e grandezza divina, e da questo non séguita in-conveniente alcuno contra qualsivoglia legge e sustanzadi teologia. La terza è conversiva con la duodecima dela prima parte; e si apporta la differenza tra il tutto infi-nito, e totalmente infinito. La quarta, da che non menoper non volere che per non possere, la omnipotenzavien biasimata d’aver fatto il mondo finito, e di essereagente infinito circa suggetto finito. La quinta induce

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che se non fa il mondo infinito, non lo può fare; e senon ha potenza di farlo infinito, non può aver vigore diconservarlo in infinito; e che se lui secondo una raggio-ne è finito, viene ad essere finito secondo tutte le raggio-ni; perché in lui ogni modo è cosa: et ogni cosa e modoè uno e medesimo con l’altra e l’altro. La sesta è conver-siva de la decima de la prima parte: e s’apporta la causaper la quale gli teologi defendeno il contrario, non senzaespediente raggione; e de l’amicizia tra questi dotti e glidotti filosofi.

La settima, dal proponere la raggione che distingue lapotenza attiva da l’azzioni diverse, e sciòrre tale argu-mento. Oltre, si mostra la potenza infinita intensiva etestensivamente più altamente che la comunità di teologiabbia giamai fatto. La ottava, da onde si mostra che ilmoto di mondi infiniti non è da motore estrinseco, mada la propria anima; e come con tutto ciò sia un motoreinfinito. La nona, da che si mostra come il moto infinitointensivamente si verifica in ciascun de mondi. Al che sideve aggiongere che da quel che un mobile insieme in-sieme si muove et è mosso, séguita che si possa vedere inogni punto del circolo che fa col proprio centro; et altrevolte sciorremo questa obiezzione, quando sarà lecitod’apportar la dottrina più diffusa.

argomento del secondo dialogo

Séguita la medesima conclusione il secondo dialogo.Ove primo apporta quattro raggioni, de quali la prima siprende da quel che tutti gli attributi de la divinità sonocome ciascuno. La seconda, da che la nostra imaginazio-ne non deve posser stendersi più che la divina azzione.La terza, da l’indifferenza de l’intelletto et azzion divina;e da che non meno intende infinito, che finito. La quar-ta, da che se la qualità corporale ha potenza infinita atti-

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va, la qualità dico sensibile a noi, or che sarà di tutta cheè in tutta la potenza attiva e passiva absoluta? Secondo,mostra da che cosa corporea non può esser finita da co-sa incorporea: ma o da vacuo, o da pieno; et in ogni mo-do estra il mondo è spacio il quale al fine non è altro chemateria e l’istessa potenza passiva, dove la non invida etociosa potenza attiva deve farsi in atto. E si mostra la va-nità dell’argomento d’Aristotele dalla incompossibilitàdelle dimensioni. Terzo, se insegna la differenza che ètra il mondo e l’universo, perché chi dice l’universo “in-finito uno”, necessariamente distingue tra questi dui no-mi. Quarto, si apportano le raggioni contrarie per lequali si stima l’universo finito: dove Elpino referisce lesentenze tutte di Aristotele, e Filoteo le va essaminando.Quelle sono tolte altre dalla natura di corpi semplici, al-tre da la natura di corpi composti; e si mostra la vanitàdi sei argomenti, presi dalla definizione de gli moti chenon possono essere in infinito, e da altre simili proposi-zioni, le quali son senza proposito e supposito: come sivede per le nostre raggioni, le quali più naturalmente fa-ran vedere la raggione de le differenze e termino di mo-to; e per quanto comporta l’occasione e loco, mostranola più reale cognizione dell’appulso grave e lieve: perchéper esse mostramo come il corpo infinito non è grave nélieve, e come il corpo finito riceve differenze tali, e comenon. Et indi si fa aperta la vanità de gli argomenti di Ari-stotele il quale argumentando contra quei che poneno ilmondo infinito, suppone il mezzo e la circonferenza, evuole che nel finito o infinito la terra ottegna il centro.In conclusione non è proposito grande o picciolo cheabbia amenato questo filosofo per destruggere l’infinitàdel mondo, tanto dal primo libro Del cielo e mondo,quanto dal terzo De la fisica ascoltazione, circa il qualenon si discorra assai più che a bastanza.

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argomento del terzo dialogo

Nel terzo dialogo primieramente si niega quella vil fan-tasia della figura, de le sfere, e diversità di cieli; e s’affirmauno essere il cielo, che è un spacio generale ch’abbracciagl’infiniti mondi, benché non neghiamo più, anzi infiniticieli, prendendo questa voce secondo altra significazione:per ciò che come questa terra ha il suo cielo, che è la suaregione nella quale si muove e per la quale discorre, cossìciascuna di tutte l’altre innumerabili. Si manifesta ondesia accaduta la imaginazione di tali e tanti mobili deferen-ti e talmente figurati che abbiano due superficie esterne,et una cava interna; et altre ricette e medicine che dannonausea et orrore a gli medesimi che le ordinano e le ese-quiscono, et a que’ miseri che se le inghiottiscono.

Secondo, si avertisce che il moto generale, e quello degli detti eccentrici, e quanti possono riferirse al detto fir-mamento, tutti sono fantastici: che realmente pendenoda un moto che fa la terra con il suo centro per l’eclipti-ca, e quattro altre differenze di moto che fa circa il cen-tro de la propria mole. Onde resta che il moto propriodi ciascuna stella si prende da la differenza che si puòverificare suggettivamente in essa come mobile da per séper il campo spacioso. La qual considerazione ne fa in-tendere che tutte le raggioni del mobile e moto infinito,son vane e fondate su l’ignoranza del moto di questo no-stro globo. Terzo, si propone come non è stella che nonsi muova come questa et altre che per essere a noi vicinene fanno conoscere sensibilmente le differenze locali dimoti loro: ma che altrimenti si muoveno gli soli, che soncorpi dove predomina il foco; altrimenti le terre ne lequali l’acqua è predominante: e quindi si manifesta on-de proceda il lume che diffondeno le stelle, de quali al-tre luceno da per sé, altre per altro.

Quarto, in qual maniera corpi distantissimi dal solepossano equalmente come gli più vicini partecipar il

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caldo; e si riprova la sentenza attribuita ad Epicuro, co-me che vuole un sole esser bastante all’infinito universo;e s’apporta la vera differenza tra quei astri che scintilla-no, e quei che non. Quinto, s’essamina la sentenza delCusano circa la materia, et abitabilità di mondi, e circala raggion del lume. Sesto, come di corpi benché altrisieno per sé lucidi e caldi, non per questo il sole luce alsole, e la terra luce alla medesima terra, et acqua allamedesima acqua; ma sempre il lume procede dall’oppo-sito astro: come sensibilmente veggiamo tutto il mar lu-cente da luoghi eminenti, come da monti; et essendonoi nel mare, e quando siamo nel istesso campo, nonveggiamo risplendere, se non quanto a certa poca di-mensione il lume del sole e della luna ne si oppone. Set-timo, si discorre circa la vanità de le quinte essenze: e sidechiara che tutti corpi sensibili non sono altri, e noncostano d’altri prossimi e primi principii, che questi;che non sono altrimenti mobili tanto per retto, quantoper circulare: dove tutto si tratta con raggioni più acco-modate al senso commune, mentre Fracastorio s’acco-moda all’ingegno di Burchio. E si manifesta apertamen-te che non è accidente che si trova qua, che non sipresuppona là; come non è cosa che si vede di là da qua,la quale (se ben consideriamo) non si veda di qua da là.E conseguentemente che quel bell’ordine e scala di na-tura, è un gentil sogno, et una baia da vecchie ribambi-te. Ottavo, che quantunque sia vera la distinzione de glielementi, non è in nessun modo sensibile o intelligibiletal ordine di elementi, quale volgarmente si pone; e se-condo il medesimo Aristotele gli quattro elementi sonoequalmente parti o membri di questo globo, se non vo-gliamo dire che l’acqua eccede: onde degnamente gliastri son chiamati or acqua or fuoco, tanto da veri natu-rali filosofi, quanto da profeti, divini e poeti; li qualiquanto a questo non favoleggiano, né metaforicheggia-no: ma lasciano favoleggiare et impuerire quest’altri

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sofossi. Cossì li mondi se intendeno essere questi corpieterogenei, questi animali, questi grandi globi: dove nonè la terra grave più che gli altri elementi; e le particelletutte si muoveno, e cangiano di loco e disposizione, nonaltrimente che il sangue, et altri umori e spiriti e parteminime, che fluiscono, refluiscono, influiscono et efflui-scono in noi et altri piccioli animali. A questo propositos’amena la comparazione, per la quale si trova che laterra, per l’appulso al centro de la sua mole, non si trovapiù grave che altro corpo semplice che a tal composi-zion concorre; e che la terra da per sé non è grave, néascende, né discende; e che l’acqua è quella che fal’unione, densità, spessitudine e gravità.

Nono, da che è visto il famoso ordine de gli elementivano, s’inferisce la raggione di questi corpi sensibilicomposti, che come tanti animali e mondi sono nel spa-cioso campo che è l’aria o cielo o vacuo. Ove son tuttique’ mondi che non meno contegnono animali et abita-tori, che questo contener possa: atteso che non hannominor virtù, né altra natura. Decimo, dopo che è vedutocome sogliano disputar gli pertinacemente additti etignoranti di prava disposizione, si fa oltre manifesto inche modo per il più de le volte sogliono conchiudere ledisputazioni: benché altri sieno tanto circonspetti, chesenza guastarsi punto, con un ghigno, con un risetto,con certa modesta malignità, quel che non vagliono averprovato con raggioni, né lor medesimi possono donarsiad intendere, con queste artecciuole di cortesi dispreggi,la ignoranza in ogn’altro modo aperta vogliono non solocuoprire, ma rigettarla al dorso de l’antigonista; perchénon vegnono a disputar per trovare o cercar la verità,ma per la vittoria, e parer più dotti e strenui defensoridel contrario: e simili denno essere fuggiti da chi non habuona corazza di pazienza.

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argumento del quarto dialogo

Nel seguente dialogo prima si replica quel ch’altrevolte è detto, come sono infiniti [gli mondi], come cia-scun di quelli si muova, e come sia formato. Secondo,nel modo con cui nel secondo dialogo si sciolsero le rag-gioni contra l’infinita mole o grandezza de l’universo,dopo che nel primo con molte raggioni fu determinatol’inmenso effetto dell’inmenso vigore e potenza; al pre-sente dopo che nel terzo dialogo è determinata l’infinitamoltitudine de mondi, si scioglieno le molte raggionid’Aristotele contro quella: benché altro significato abbiaquesta voce “mondo” appresso Aristotele, altro appres-so Democrito, Epicuro et altri.

Quello dal moto naturale e violento, e raggioni del’uno e l’altro, che son formate da lui, vuole che l’unaterra si derrebe muovere a l’altra: e con risolvere questepersuasioni, prima, si poneno fondamenti di non pocaimportanza per veder gli veri principii della natural filo-sofia. Secondo, si dechiara che quantunque la superficied’una terra fusse contigua a l’altra, non averrebe che leparti de l’una si potessero muovere a l’altra, intendendode le parti eterogenee o dissimilari, non de gli atomi ecorpi semplici. Onde si prende lezzione di meglio consi-derare circa la natura del grave e lieve. Terzo, per qualcaggione questi gran corpi sieno stati disposti da la natu-ra in tanta distanza, e non sieno più vicini gli uni e gli al-tri, di sorte che da l’uno si potesse far progresso a l’altro;e quindi da chi profondamente vede si prende raggioneper cui non debbano esser mondi come nella circonfe-renza dell’etere, o vicini al vacuo tale, in cui non sia po-tenza, virtù et operazione: perché da un lato non potre-bono prender vita e lume. Quarto, come la distanzalocale muta la natura del corpo, e come non; et onde siache posta una pietra equidistante da due terre, o si sta-rebbe ferma, o determinarebbe di moversi più tosto a

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l’una che a l’altra. Quinto, quanto s’inganni Aristoteleper quel che in corpi quantumque distanti intende ap-pulso di gravità o levità de l’uno all’altro; et onde proce-da l’appetito di conservarsi nell’esser presente (quan-tumque ignobile) ne le cose: il quale appetito è causadella fuga e persecuzione. Sesto, che il moto retto nonconviene né può esser naturale a la terra o altri corpiprincipali, ma a le parti di questi corpi che a essi da ognidifferenza di loco, se non son molto discoste, si muove-no. Settimo, da le comete si prende argomento, che nonè vero che il grave quantumque lontano abbia appulso omoto al suo continente: la qual raggione corre non pergli veri fisici principii, ma dalle supposizioni [della] filo-sofia d’Aristotele, che le forma e compone da le partiche sono vapori et exalazioni de la terra. Ottavo, a pro-posito d’un altro argomento si mostra come gli corpisemplici che sono di medesima specie in altri mondi in-numerabili, medesimamente si muovano; e qualmente ladiversità numerale pone diversità de luoghi, e ciascunaparte abbia il suo mezzo, e si referisca al mezzo commu-ne del tutto: il qual mezzo non deve essere cercatonell’universo. Nono, si determina che gli corpi e parti diquelli non hanno determinato su e giù, se non in quantoche il luogo della conservazione è qua o là. Decimo, co-me il moto sia infinito, e qual mobile tenda in infinito, etad composizioni innumerabili; e che non per ciò séguitagravità o levità con velocità infinita; e che il moto de leparti prossime, in quanto che serbino il loro essere, nonpuò essere infinito; e che l’appulso de parti al suo conti-nente non può essere se non infra la regione di quello.

argomento del quinto dialogo

Nel principio del quinto dialogo si presenta uno dota-to di più felice ingegno; il qual quantumque nodrito in

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contraria dottrina, per aver potenza di giudicar sopraquello ch’have udito e visto, può far differenza tra unaet un’altra disciplina, e facilmente si rimette e corregge.Si dice chi sieno quei a’ quali Aristotele pare un miraco-lo di natura, atteso che coloro che malamente l’intende-no, et hanno l’ingegno basso, magnificamente sentenodi lui: perché doviamo compatire a simili, e fuggir la lordisputazione, percioché con essi non vi è altro che daperdere.

Qua Albertino nuovo interlocutore apporta trediciargomenti, ne li quali consiste tutta la persuasione con-traria alla pluralità e moltitudine di mondi. Il primo siprende da quel che estra il mondo non s’intende loco,né tempo, né vacuo, né corpo semplice, né composto. Ilsecondo, da l’unità del motore. Il terzo, da luoghi decorpi mobili. Il quarto, dalla distanza de gli orizonti dalmezzo. Il quinto, dalla contiguità de più mondi orbicu-lari. Il sesto, da spacii triangulari che causano con il suocontatto. Il settimo, dall’infinito in atto che non è; e daun determinato numero, che non è più raggionevole chel’altro. Da la qual raggione noi possiamo non solo equal-mente ma e di gran vantaggio inferire che per ciò il nu-mero non deve essere determinato, ma infinito. [...] Ilnono, dalla determinazione di cose naturali; e dalla po-tenza passiva de le cose, la quale alla divina efficacia etattiva potenza non risponde. Ma qua è da considerareche è cosa inconvenientissima, che il primo et altissimosia simile ad uno ch’ha virtù di citarizare, e per difetto dicitara, non citareggia; e sia un che può fare, ma non fa,perché quella cosa che può fare non può esser fatta dalui: il che pone una più che aperta contradizzione, laquale non può essere non conosciuta, eccetto che daquei che conoscono niente. Il decimo, dalla bontà civileche consiste nella conversazione. L’undecimo, da quelche per la contiguità d’un mondo con l’altro séguita cheil moto de l’uno impedisca il moto de l’altro. [...] Il ter-

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zodecimo, da quel che se questo mondo è compìto eperfetto, non è dovero che altro o altri se gli aggiunga oaggiungano.

Questi son que’ dubii e motivi, nella soluzion delliquali consiste tanta dottrina quanta sola basta a scuoprirgl’intimi e radicali errori de la filosofia volgare, et il pon-do e momento de la nostra. Ecco qua la raggione per cuinon doviam temere che cosa alcuna diffluisca, che parti-colar veruno o si disperda, o veramente inanisca, o sidiffonda in vacuo che lo dismembre in adnihilazione.Ecco la raggion della mutazion vicissitudinale del tutto;per cui cosa non è di male da cui non s’esca, cosa non èdi buono a cui non s’incorra: mentre per l’infinito cam-po, per la perpetua mutazione, tutta la sustanza perseve-ra medesima et una. Dalla qual contemplazione (se visarremo attenti) avverrà che nullo strano accidente nedismetta per doglia o timore, e nessuna fortuna per pia-cere o speranza ne estoglia: onde aremo la via vera allavera moralità, saremo magnanimi, spreggiatori di quelche fanciulleschi pensieri stimano, e verremo certamen-te più grandi che que’ dèi che il cieco volgo adora, per-ché dovenerremo veri contemplatori dell’istoria de lanatura, la quale è scritta in noi medesimi, e regolati exe-cutori delle divine leggi che nel centro del nostro coreson inscolpite. Conosceremo che non è altro volare daqua al cielo, che dal cielo qua; non altro ascendere da làqua, che da qua là: né è altro descendere da l’uno e l’al-tro termine. Noi non siamo più circonferenziali a essi,che essi a noi; loro non sono più centro a noi, che noi aloro: non altrimenti calcamo la stella, e siamo compresinoi dal cielo, che essi loro.

Eccone dumque fuor d’invidia, eccone liberi da vanaansia e stolta cura di bramar lontano quel tanto beneche possedemo vicino e gionto. Eccone più liberi dalmaggior timore che loro caschino sopra di noi, che mes-si in speranza che noi caschiamo sopra di loro; perché

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cossì infinito aria sustiene questo globo, come quelli:cossì questo animale libero per il suo spacio discorre, etottiene la sua reggione, come ciascuno di quegli altri peril suo. Il che considerato e compreso che arremo, oh aquanto più considerare e comprendere ne diportaremo!Onde per mezzo di questa scienza otteneremo certoquel bene, che per l’altre vanamente si cerca.

Questa è quella filosofia che apre gli sensi, contenta ilspirto, magnifica l’intelletto, e riduce l’uomo alla verabeatitudine, che può aver come uomo, e consistente inquesta e tale composizione: perché lo libera dalla solle-cita cura di piaceri e cieco sentimento di dolori; lo fa go-dere dell’essere presente, e non più temere che speraredel futuro; perché la providenza, o fato, o sorte, che di-spone della vicissitudine del nostro essere particolare,non vuole né permette che più sappiamo dell’uno, cheignoriamo dell’altro: alla prima vista e primo rancontrorendendoci dubii e perplessi. Ma mentre consideramopiù profondamente l’essere e sustanza di quello in cuisiamo immutabili, trovaremo non esser morte, non soloper noi, ma né per veruna sustanza: mentre nulla sostan-zialmente si sminuisce, ma tutto per infinito spacio di-scorrendo cangia il volto. E perché tutti sottogiacemoad ottimo efficiente, non doviamo credere, stimare esperare altro, eccetto che come tutto è da buono, cossìtutto è buono, per buono et a buono; da bene, per bene,a bene. Del che il contrario non appare se non a chi nonapprende altro che l’esser presente; come la beltadedell’edificio non è manifesta a chi scorge una minimaparte di quello, come un sasso, un cemento affisso, unmezzo parete: ma massime a colui che può vedere l’in-tiero, e che ha facultà di far conferenza di parti a parti.Non temiamo che quello che è accumulato in questomondo, per la vehemenza di qualche spirto errante, oper il sdegno di qualche fulmineo Giove, si dispergafuor di questa tomba o cupola del cielo, o si scuota et ef-

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fluisca come in polvere fuor di questo manto stellifero; ela natura de le cose non altrimenti possa venire ad ina-nirsi in sustanza, che alla apparenza di nostri occhiquell’aria ch’era compreso entro la concavitade di unabolla va in casso: perché ne è noto un mondo in cui sem-pre cosa succede a cosa; senza che sia ultimo profondo,da onde come da la mano del fabro irreparabilmente ef-fluiscano in nulla. Non sono fini, termini, margini, mu-raglia che ne defrodino e suttragano la infinita copia dele cose. Indi feconda è la terra et il suo mare; indi perpe-tuo è il vampo del sole: sumministrandosi eternamenteesca a gli voraci fuochi, et umori a gli attenuati mari;perché dall’infinito sempre nova copia di materia sotto-nasce. Di maniera che megliormente intese Democritoet Epicuro, che vogliono tutto per infinito rinovarsi e re-stituirsi: che chi si forza di salvare eterno la costanza del’universo, perché medesimo numero a medesimo nu-mero sempre succeda, e medesime parti di materia conle medesime sempre si convertano. Or provedete, signo-ri astrologi, con li vostri pedissequi fisici, per que’ vostricerchi che vi discriveno le fantasiate nove sfere mobili,con le quali venete ad impriggionarvi il cervello di sorteche me vi presentate non altrimente che come tanti pa-pagalli in gabbia, mentre raminghi vi veggio ir saltellan-do, versando e girando entro quelli. Conoscemo che sìgrande imperatore non ha sedia sì angusta, sì misero so-lio, sì arto tribunale, sì poco numerosa corte, sì piccioloet imbecille simulacro, che un fantasma parturisca, unsogno fracasse, una mania ripare, una chimera disperda,una sciagura sminuisca, un misfatto ne toglia, un pensie-ro ne restituisca; che con un soffio si colme e con un sor-so si svode: ma è un grandissimo ritratto, mirabile imagi-ne, figura eccelsa, vestigio altissimo, infinitoripresentante di ripresentato infinito, e spettacolo con-veniente all’eccellenza et eminenza di chi non può essercapito, compreso, appreso. Cossì si magnifica l’eccellen-

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za de Dio, si manifesta la grandezza de l’imperio suo:non si glorifica in uno, ma in soli innumerabili; non inuna terra, un mondo, ma in diececento mila, dico in infi-niti. Di sorte che non è vana questa potenza d’intelletto,che sempre vuole e puote aggiungere spacio a spacio,mole a mole, unitade ad unitade, numero a numero: perquella scienza che ne discioglie da le catene di uno angu-stissimo, e ne promove alla libertà d’un augustissimo im-perio; che ne toglie dall’opinata povertà et angustia, alleinnumerabili ricchezze di tanto spacio, di sì dignissimocampo, di tanti coltissimi mondi: e non fa che circolod’orizonte mentito da l’occhio in terra, e finto da la fan-tasia nell’etere spacioso, ne possa impriggionare il spir-to, sotto la custodia d’un Plutone e la mercé d’un Giove.Siamo exempti da la cura d’un tanto ricco possessore, epoi tanto parco, sordido et avaro elargitore; e dalla nu-tritura di sì feconda e tuttipregnante, e poi sì meschina emisera parturiscente natura.

Altri molti sono i degni et onorati frutti, che da questiarbori si raccoglieno; altre le mèsse preciose e desidera-bili, che da questo seme sparso riportar si possono: lequali per non più importunamente sollecitar la cieca in-vidia de gli nostri adversarii, non ameniamo a mente; malasciamo comprendere dal giudizio di quei che possonocomprendere e giudicare, li quali da per se medesimipotranno facilmente a questi posti fondamenti sopraedi-ficar l’intiero edificio de la nostra filosofia: gli cui mem-bri, se cossì piacerà a chi ne governa e muove, e se l’in-cominciata impresa non ne verrà interrotta, ridurremoalla tanto bramata perfezzione; a fine che quello che èseminato ne gli dialogi De la causa, principio et uno, natoin questi De l’infinito, universo e mondi, per altri germo-glie, per altri cresca, per altri si mature per altri median-te una rara mietitura ne addite, e per quanto è possibilene contente; mentre (avendolo sgombrato de le veccie,de gli lolii e de le raccolte zizanie) di frumento meglior

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che possa produr il terreno de la nostra coltura, verremoad colmar il magazzino de studiosi ingegni.

Tra tanto (benché son certo che non è bisogno de loraccomandarvi) non lasciarò pure, per far parte del de-bito mio, di procurar che vi sia veramente raccomanda-to quello, che non intrattenete tra vostri familiari comeuomo di cui avete bisogno, ma come persona che ha bi-sogno di voi per tante e tante caggioni che vedete. Con-siderando che per aver appresso di voi tanti che vi serve-no, non siete differente da plebei, borsieri e mercanti;ma per aver alcunamente degno che da voi sia promos-so, difeso et aggiutato, sète (come sempre vi siete mo-strato e fuste) conforme a’ princìpi magnanimi, eroi edèi: li quali hanno ordinati pari vostri per la difesa de gliloro amici. E vi ricordo quel che so che non bisogna ri-cordarvi, che non potrete al fine esser tanto stimato dalmondo e gratificato da Dio per esser amato e rispettatoda princìpi quantosivoglia grandi de la terra: quanto peramare, difendere e conservare un di simili. Perché non ècosa che quelli che con la fortuna vi son superiori, pos-sono fare a voi, che molti di lor superate con la virtude,lo che possa durare più che gli vostri pareti e tapezzarie;ma tal cosa voi possete fare ad altri, che facilmente ve-gna scritta nel libro dell’eternitade, o sia quello che sivede in terra o sia quell’altro che si crede in cielo: attesoche quanto che ricevete da altri è testimonio de l’altruivirtute, ma il tanto che fate ad altro, è segno et indizioespresso de la vostra.

vale.

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Mio pàssar solitario, a quelle parti,a quai drizzaste già l’alto pensiero,poggia infinito: poi che fia mestieroa l’ogget’agguagliar l’industrie e l’arti.

Rinasci là; là su vogli allevartigli tuoi vaghi pulcini, omai ch’il fierodestin hav’ispedito il corso intierocontra l’impresa, onde solea ritrarti.

Vanne da me, che più nobil ricettobramo ti godi; e arrai per guida un dio,che da chi nulla vede è cieco detto.

Il ciel ti scampi, e ti sia sempre pioogni nume di questo ampio architetto:e non tornar a me, se non sei mio.

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Uscito de priggione angusta e nera,ove tant’anni error stretto m’avinse,qua lascio la catena, che mi cinsela man di mia nemica invid’e fera.

Presentarmi a la notte fosca seraoltre non mi potrà: perché chi vinseil gran Piton, e del suo sangue tinsel’acqui del mar, ha spinta mia Megera.

A te mi volgo e assorgo, alma mia voce;ti ringrazio, mio sol, mia diva luce;ti consacro il mio cor, eccelsa mano:

che m’avocaste da quel graffio atroce,ch’a meglior stanze a me ti festi duce,ch’il cor attrito mi rendeste sano.

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E chi mi impenna, e chi mi scald’il core?Chi non mi fa temer fortuna o morte?Chi le catene ruppe e quelle porte,onde rari son sciolti et escon fore?

L’etadi, gli anni, i mesi, i giorni e l’orefiglie et armi del tempo, e quella cortea cui né ferro né diamante è forte,assicurato m’han dal suo furore.

Quindi l’ali sicure a l’aria porgo,né temo intoppo di cristall’o vetro;ma fendo i cieli, e a l’infinito m’ergo.

E mentre dal mio globo a gli altri sorgo,e per l’eterio campo oltre penetro:quel ch’altri lungi vede, lascio al tergo.

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DIALOGO PRIMO

interlocutori

Elpino, Filoteo, Fracastorio, Burchio.

elpino Come è possibile che l’universo sia infinito?filoteo Come è possibile che l’universo sia finito?elpino Volete voi che si possa dimostrar questa infini-

tudine?filoteo Volete voi che si possa dimostrar questa fini-

tudine?elpino Che dilatazione è questa?filoteo Che margine è questa?fracastorio Ad rem, ad rem, si iuvat; troppo a lungo

ne avete tenuto suspesi.burchio Venite presto a qualche raggione, Filoteo,

perché io mi prenderò spasso de ascoltar questa favo-la o fantasia.

fracastorio Modestius, Burchio: che dirai se la veritàti convincesse al fine?

burchio Questo ancor che sia vero, io non lo vogliocredere: perché questo infinito non è possibile chepossa esser capito dal mio capo, né digerito dal miostomaco; benché, per dirla, pure vorrei che fusse cos-sì come dice Filoteo, per che se per mala sorte avenes-se che io cascasse da questo mondo, sempre trovareidi paese.

elpino Certo, o Filoteo, se noi vogliamo far il sensogiudice, o pur donargli quella prima che gli conviene,per quel che ogni notizia prende origine da lui, trova-remo forse che non è facile di trovar mezzo per con-chiudere quel che tu dici, più tosto che il contrario.Or piacendovi cominciate a farmi intendere.

filoteo Non è senso che vegga l’infinito, non è sensoda cui si richieda questa conchiusione: per che l’infi-

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nito non può essere oggetto del senso; e però chi di-manda di conoscere questo per via di senso, è simile acolui che volesse veder con gli occhi la sustanza e l’es-senza: e chi negasse per questo la cosa, per che non èsensibile o visibile, verebe a negar la propria sustanzaet essere. Però deve esser modo circa il dimandar te-stimonio del senso: a cui non doniamo luogo in altroche in cose sensibili, anco non senza suspizione, senon entra in giudizio gionto alla raggione. A l’intellet-to conviene giudicare e render raggione de le cose ab-senti e divise per distanza di tempo et intervallo diluoghi. Et in questo assai ne basta, et assai sufficientetestimonio abbiamo dal senso, per quel, che non èpotente a contradirne, e che oltre fa evidente e con-fessa la sua imbecillità et insufficienza per l’apparenzade la finitudine che caggiona per il suo orizonte, informar della quale ancora si vede quanto sia incostan-te. Or come abbiamo per esperienza che ne ingannanella superficie di questo globo in cui ne ritroviamo,molto maggiormente doviamo averlo suspetto quantoa quel termine che nella stellifera concavità ne facomprendere.

elpino A che dumque ne serveno gli sensi? dite.filoteo Ad eccitar la raggione solamente, ad accusa-

re, ad indicare e testificare in parte: non a testificarein tutto; né meno a giudicare, né a condannare. Per-ché giamai (quantunque perfetti) son senza qualcheperturbazione. Onde la verità come da un debileprincipio è da gli sensi in picciola parte: ma non è nel-li sensi.

elpino Dove dumque?filoteo Ne l’ogetto sensibile come in un specchio.

Nella raggione per modo di argumentazione e discor-so. Nell’intelletto per modo di principio, o di conclu-sione. Nella mente in propria e viva forma.

elpino Su dumque, fate vostre raggioni.

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filoteo Cossì farò. Se il mondo è finito, et estra ilmondo è nulla, vi dimando: ove è il mondo? ove èl’universo? Risponde Aristotele: è in se stesso. Il con-vesso del primo cielo è loco universale; e quello, comeprimo continente, non è in altro continente: per che illoco non è altro che superficie et estremità di corpocontinente; onde chi non ha corpo continente, non haloco. Or che vuoi dir tu, Aristotele, per questo che «illuogo è in se stesso»? che mi conchiuderai per «cosaestra il mondo»? Se tu dici che non v’è nulla, il cielo,il mondo, certo non sarà in parte alcuna:...

fracastorio Nullibi ergo erit mundus. Omne erit innihilo.

filoteo ... il mondo sarà qualcosa che non si trova. Sedici (come certo mi par che vogli dir qualche cosa,per fuggir il vacuo et il niente) che estra il mondo èuno ente intellettuale e divino, di sorte che Dio vengaad essere luogo di tutte le cose, tu medesimo saraimolto impacciato per farne intendere come una cosaincorporea, intelligibile e senza dimensione, possa es-ser luogo di cosa dimensionata. Che se dici quellocomprendere come una forma, et al modo con cuil’anima comprende il corpo, non rispondi alla que-stione dell’“estra”, et alla dimanda di ciò che si trovaoltre e fuor de l’universo. E se te vuoi escusare con di-re, che dove è nulla e dove non è cosa alcuna, non èanco luogo, non è oltre, né extra, per questo non micontentarai: perché queste sono paroli et iscuse chenon possono entrare in pensiero. Perché è a fatto im-possibile che con qualche senso o fantasia (anco se siritrovassero altri sensi et altre fantasie) possi farmi af-firmare con vera intenzione che si trove tal superficie,tal margine, tal estremità, extra la quale non sia o cor-po o vacuo: anco essendovi Dio; perché la divinitànon è per impire il vacuo, e per conseguenza non è inraggione di quella in modo alcuno di terminare il cor-

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po; perché tutto lo che se dice terminare, o è formaesteriore, o è corpo continente. Et in tutti modi che lovolessi dire, sareste stimato pregiudicatore alla di-gnità della natura divina et universale.

burchio Certo credo che bisognarebe dire a costui,che se uno stendesse la mano oltre quel convesso, chequella non verrebe essere in loco; e non sarebe in par-te alcuna: e per consequenza non arebe l’essere.

filoteo Giongo a questo qualmente non è ingegnoche non concepa questo dir peripatetico come unaimplicata contradizzione. Aristotele ha definito il lo-co, non come corpo continente, non come certo spa-cio, ma come una superficie di continente corpo; epoi il primo e principal e massimo luogo è quello, acui meno et a fatto niente conviene tal diffinizione.Quello è la superficie convessa del primo cielo, laquale è superficie di corpo: e di tal corpo, il qualecontiene solamente e non è contenuto. Or a far chequella superficie sia luogo, non si richiede che sia dicorpo contenuto, ma che sia di corpo continente. Se èsuperficie di corpo continente, e non è gionta e conti-nuata a corpo contenuto, è un luogo senza locato: at-teso che al primo cielo non conviene esser luogo senon per la sua superficie concava, la qual tocca laconvessa del secondo. Ecco dumque come quella de-finizione è vana, è confusa et interemptiva di se stessa:alla qual confusione si viene per aver quell’inconve-niente, che vuol che estra il cielo sia posto nulla.

elpino Diranno i Peripatetici che il primo cielo è cor-po continente per la superficie concava, e non per laconvessa: e secondo quella è luogo.

fracastorio Et io soggiongo: che dumque si trova su-perficie di corpo continente la quale non è loco.

filoteo In somma per venir direttamente al proposi-to: mi par cosa ridicola il dire che estra il cielo sia nul-la, e che il cielo sia in se stesso, e locato per accidente,

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e loco per accidente, idest per le sue parti. Et intenda-si quel che si voglia per il suo “per accidente”; chenon può fuggir che non faccia de uno doi: per chesempre è altro et altro quel che è continente e quelche è contenuto; e talmente altro et altro che (secon-do lui medesimo) il continente è incorporeo et il con-tenuto è corpo; il continente è inmobile, il contenutoè mobile; il continente matematico, il contenuto fisi-co. Or sia che si voglia di quella superficie; constante-mente dimandarò: che cosa è oltre quella? Se si ri-sponde che è nulla, questo dirò io esser vacuo, essereinane: tal vacuo e tale inane, che non ha modo, né ter-mine alcuno olteriore; terminato però citeriormente:e questo è più difficile ad imaginare, che il pensarl’universo essere infinito et immenso. Perché nonpossiamo fuggire il vacuo, se vogliamo ponere l’uni-verso finito. Veggiamo adesso se conviene che sia talspacio, in cui sia nulla. In questo spacio infinito si tro-va questo universo (o sia per caso, o per necessità, oper providenza, per ora non me impaccio): dimandose questo spacio che contiene il mondo, ha maggioreaptitudine di contenere un mondo, che altro spacioche sia oltre.

fracastorio Certo mi par che non: per che dove è“nulla”, non è differenza alcuna; dove non è differen-za, non è altra et altra aptitudine: e forse manco è atti-tudine alcuna dove non è cosa alcuna.

elpino Né tampoco inepzia alcuna: e de le due più to-sto quella, che questa.

filoteo Voi dite bene. Cossì dico io che come il vacuoet inane (che si pone necessariamente con questo pe-ripatetico dire) non ha aptitudine alcuna a ricevere,assai meno la deve avere a ributtare il mondo. Ma diqueste due attitudini noi ne veggiamo una in atto, el’altra non la possiamo vedere a fatto, se non con l’oc-chio della raggione. Come dumque in questo spacio

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equale alla grandezza del mondo (il quale da Platoniciè detto “materia”) è questo mondo, cossì un altro puòessere in quel spacio, et in innumerabili spacii oltrequesto, equali a questo.

fracastorio Certo più sicuramente possiamo giudi-car in similitudine di quel che veggiamo e conoscemo,che in modo contrario di quel che veggiamo e cono-scemo. Onde per che per il nostro vedere et esperi-mentare, l’universo non si finisce né termina a vacuoet inane, e di quello non è nuova alcuna, raggionevol-mente doviamo conchiuder cossì; perché quando tut-te l’altre raggioni fussero equali, noi veggiamo chel’esperimento è contrario al vacuo, e non al pieno.Con dir questo saremo sempre iscusati: ma con dir al-trimenti non facilmente fugiremo mille accusazioni etinconvenienti. Seguitate, Filoteo.

filoteo Dumque dal canto del spacio infinito cono-sciamo certo che è attitudine alla recepzione di corpo,e non sappiamo altrimente: tutta volta mi bastarà ave-re che non ripugna a quella; almeno per questa cag-gione che dove è nulla, nulla oltraggia. Resta ora ve-dere se è cosa conveniente che tutto il spacio siapieno, o non. E qua se noi consideriamo tanto inquello che può essere, quanto in quello che può fare,trovaremo sempre non sol raggionevole, ma ancoranecessario, che sia. Questo acciò sia manifesto, vi di-mando se è bene che questo mondo sia.

elpino Molto bene.filoteo Dumque è bene che questo spacio che è

equale alla dimension del mondo (il quale voglio chia-mar vacuo, simile et indifferente al spacio che tu dire-ste esser niente oltre la convessitudine del primo cie-lo) sia talmente ripieno.

elpino Cossì è.filoteo Oltre te dimando: credi tu che sicome in que-

sto spacio si trova questa machina detta mondo, che

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la medesima arebe possuto o potrebe essere in altrospacio di questo inane?

elpino Dirò de sì; benché non veggio come nel nientee vacuo possiamo dire differenza di altro et altro.

fracastorio Io son certo che vedi, ma non ardisci diaffirmare, perché ti accorgi dove ti vuol menare.

elpino Affirmatelo pur sicuramente; perché è necessa-rio dire et intendere, che questo mondo è in un spa-cio: il quale, se il mondo non fusse, sarebe indifferen-te da quello che è oltre il primo vostro mobile.

fracastorio Seguitate.filoteo Dumque sicome può et ha possuto, et è ne-

cessariamente perfetto questo spacio per la continen-za di questo corpo universale, come dici, niente menopuò et ha possuto esser perfetto tutto l’altro spacio.

elpino Il concedo; che per questo? Può essere, puòavere: dumque è? dumque ha?

filoteo Io farò che (se vuoi ingenuamente confessare)che tu dica che può essere, e che deve essere, e che è.Perché come sarebe male che questo spacio non fussepieno, ciò è che questo mondo non fusse; non meno,per la indifferenza, è male che tutto il spacio non siapieno; e per consequenza l’universo sarà di dimensio-ne infinita, e gli mondi saranno innumerabili.

elpino La causa perché denno essere tanti e non bastauno?

filoteo Perché se è male che questo mondo non sia, oche questo pieno non si ritrove, è al riguardo di que-sto spacio, o di altro spacio equale a questo?

elpino Io dico che è male al riguardo di quel che è inquesto spacio; che indifferentemente si potrebe ritro-vare in altro spacio equale a questo.

filoteo Questo, se ben consideri, viene tutto ad uno;perché la bontà di questo esser corporeo che è in que-sto spacio, o potrebe essere in altro equale a questo,rende raggione e riguarda ad quella bontà convenien-

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te e perfezzione che può esser in tale e tanto spacio,quanto è questo, o altro equale a questo; e non a quel-la che può essere in innumerabili altri spacii simili aquesto. Tanto più che se è raggione che sia un buonofinito, un perfetto terminato; improporzionalmente èraggione che sia un buono infinito; perché dove il fi-nito bene è per convenienza e raggione, l’infinito èper absoluta necessità.

elpino L’infinito buono certamente è: ma è incorporeo.filoteo In questo siamo concordanti quanto a l’infini-

to incorporeo. Ma che cosa fa che non sia convenien-tissimo il buono, ente, corporeo infinito? O che repu-gna che l’infinito implicato nel simplicissimo etindividuo primo principio, non venga esplicato piùtosto in questo suo simulacro infinito et interminato,capacissimo de innumerabili mondi, che venga espli-cato in sì anguste margini: di sorte che par vituperio ilnon pensare che questo corpo che a noi par vasto egrandissimo, al riguardo della divina presenza non siache un punto, anzi un nulla?

elpino Come la grandezza de Dio non consiste nelladimensione corporale in modo alcuno (lascio che nongli aggionge nulla il mondo), cossì la grandezza delsuo simulacro non doviamo pensare che consista nel-la maggiore e minore mole di dimensioni.

filoteo Assai bene dite: ma non rispondete al nervodella raggione; perché io non richiedo il spacio infini-to, e la natura non ha spacio infinito, per la dignitàdella dimensione o della mole corporea: ma per la di-gnità delle nature e specie corporee; perché incompa-rabilmente meglio in innumerabili individui si pre-senta l’eccellenza infinita, che in quelli che sononumerabili e finiti. Però bisogna che di un inaccessovolto divino, sia uno infinito simulacro nel quale co-me infiniti membri poi si trovino mondi innumerabili,quali sono gli altri. Però per la raggione de innumera-

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bili gradi di perfezzione che denno esplicare la eccel-lenza divina incorporea per modo corporeo, dennoessere innumerabili individui che son questi grandianimali (de quali uno è questa terra, diva madre chene ha parturiti et alimenta e che oltre ne riprenderà):per la continenza di questi innumerabili si richiede unspacio infinito. Nientemeno dumque è bene che siano(come possono essere) innumerabili mondi simili aquesto: come ha possuto, e può essere, et è bene chesia questo.

elpino Diremo che questo mondo finito, con questi fi-niti astri, comprende la perfezzione de tutte cose.

filoteo Possete dirlo, ma non già provarlo: per che ilmondo che è in questo spacio finito, comprende laperfezzione di tutte quelle cose finite che son in que-sto spacio; ma non già dell’infinite che possono esse-re, in altri spacii innumerabili.

fracastorio Di grazia fermiamoci; e non facciamocome i sofisti li quali disputano per vencere: e mentrerimirano alla lor palma, impediscono che essi et altrinon comprendano il vero. Or io credo che non siaperfidioso tanto pertinace che voglia oltre calumnia-re, che per la raggion del spacio che può infinitamen-te comprendere, e per la raggione della bontà indivi-duale e numerale de infiniti mondi che possono essercompresi niente meno che questo uno che noi cono-sciamo, hanno ciascuno di essi raggione di convenien-temente essere. Perché infinito spacio ha infinita atti-tudine, et in quella infinita attitudine si loda infinitoatto di existenza; per cui l’efficiente infinito non è sti-mato deficiente, e per cui l’attitudine non è vana.Contèntati dumque, Elpino, di ascoltar altre raggioni,se altre occorreno al Filoteo.

elpino Io veggio bene, a dire il vero, che dire il mondo(come dite voi l’universo) interminato, non porta secoinconveniente alcuno, e ne viene a liberar da innume-

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rabili angustie: nelle quali siamo aviluppati dal con-trario dire. Conosco particolarmente che ne bisognacon i Peripatetici tal volta dir cosa, che nella nostraintenzione non tiene fondamento alcuno: come dopoaver negato il vacuo tanto fuori quanto dentro l’uni-verso, vogliamo pur rispondere alla questione checerca dove sia l’universo: e dire quello essere ne le sueparti, per tema di dire che lo non sia in loco alcuno;come è dire, nullibi, nusquam. Ma non si può togliereche in quel modo è bisogno di dire, le parti ritrovarsiin qualche loco; e l’universo non essere in loco alcu-no, né in spacio: il qual dire (come ogn’un vede), nonpuò essere fondato sopra intenzione alcuna; ma signi-fica espressamente una pertinace fuga, per non con-fessar la verità con ponere il mondo et universo infini-to, o con ponere il spacio infinito: da le quali ambeposizioni séguita gemina confusione a chi le tiene. Af-fermo dumque che, se il tutto è un corpo, e corpo sfe-rico, e per consequenza figurato e terminato, bisognache sia terminato in spacio infinito; nel quale se vo-gliam dire che sia nulla, è necessario concedere chesia il vero vacuo: il quale se è, non ha minor raggionein tutto, che in questa parte che qua veggiamo capacedi questo mondo; se non è, deve essere il pieno, econsequentemente l’universo infinito. E non menoinsipidamente siegue il mondo essere alicubi, avendodetto che estra quello è nulla, e che vi è nelle sue par-ti, che se uno dicesse Elpino essere alicubi perché lasua mano è nel suo braccio, l’occhio nel suo volto, ilpiè nella gamba, il capo nel suo busto. Ma per venirealla conclusione, e per non portarmi da sofista fissan-do il piè su l’apparente difficoltadi, e spendere il tem-po in ciancie, affermo quel che non posso negare:cioè, che nel spacio infinito o potrebono essere infini-ti mondi simili a questo, o che questo universo sten-desse la sua capacità e comprensione di molti corpi

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come son questi, nomati astri; et ancora che (o similio dissimili che sieno questi mondi) non con minorraggione sarebe bene a l’uno l’essere, che a l’altro:perché l’essere de l’altro non ha minor raggione chel’essere de l’uno, e l’essere di molti non minor che del’uno e l’altro, e l’essere de infiniti, che di molti. Làonde come sarebe male la abolizione et il non esseredi questo mondo, cossì non sarebe buono il non esse-re de innumerabili altri.

fracastorio Vi esplicate molto bene, e mostrate dicomprender bene le raggioni, e non esser sofista: perche accettate quel che non si può negare.

elpino Pure vorei udire quel che resta di raggione delprincipio, e causa efficiente eterna: se a quella conve-gna questo effetto di tal sorte infinito, e se per tantoin fatto tale effetto sia.

filoteo Questo è quel ch’io dovevo aggiongere. Per-ché dopo aver detto l’universo dover essere infinitoper la capacità et attitudine del spacio infinito, e perla possibilità e convenienza dell’essere di innumerabi-li mondi come questo: resta ora provarlo e dalle circo-stanze dell’efficiente che deve averlo produtto tale, o(per parlar meglio) produrlo sempre tale, e dalla con-dizione del modo nostro de intendere. Possiamo[più] facilmente argumentare che infinito spacio siasimile a questo che veggiamo, che argumentare chesia tale quale non lo veggiamo né per essempio, néper similitudine, né per proporzione, né anco perimaginazione alcuna, la quale al fine non destrugga semedesima. Ora per cominciarla: per che vogliamo opossiamo noi pensare che la divina efficacia sia ocio-sa? Per che vogliamo dire che la divina bontà la qualesi può communicare alle cose infinite, e si può infini-tamente diffondere, che voglia essere scarsa et astren-gersi in niente (atteso che ogni cosa finita al riguardode l’infinito è niente)? Perché volete che quel centro

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della divinità, che può infinitamente in una sfera (secossì si potesse dire) infinita amplificarse, come invi-dioso, rimaner più tosto sterile che farsi comunicabi-le, padre fecondo, ornato e bello? voler più tosto co-municarsi diminutamente e (per dir meglio) noncomunicarsi, che secondo la raggione della gloriosapotenza et esser suo? Per che deve esser frustrata lacapacità infinita, defraudata la possibilità de infinitimondi che possono essere, pregiudicata la eccellenzadella divina imagine, che deverebe più risplendere inun specchio incontratto, e secondo il suo modo di es-sere, infinito, imenso? Perché doviamo affirmar que-sto che posto mena seco tanti inconvenienti, e senzafaurir leggi, religioni, fede o moralità in modo alcuno,destrugge tanti principii di filosofia? Come vuoi tuche Dio, e quanto alla potenza, e quanto a l’operazio-ne, e quanto a l’effetto (che in lui son medesima co-sa), sia determinato, e come termino della convessitu-dine di una sfera: più tosto che (come dir si può)termino interminato di cosa interminata? Termino di-co senza termine: per esser differente la infinitàdell’uno da l’infinità dell’altro; perché lui è tutto l’in-finito complicatamente e totalmente: ma l’universo ètutto in tutto (se pur in modo alcuno si può dir tota-lità dove non è parte né fine) explicatamente, e nontotalmente; per il che l’uno ha raggion di termine,l’altro ha raggion di terminato, non per differenza difinito et infinito, ma perché l’uno è infinito e l’altro èfiniente secondo la raggione del totale e totalmenteessere in tutto quello che, benché sia tutto infinito,non è però totalmente infinito: perché questo ripugnaalla infinità dimensionale.

elpino Io vorrei meglio intender questo; però mi fare-te piacere di esplicarvi alquanto: per quel che dite es-sere tutto in tutto totalmente, e tutto in tutto l’infini-to, e totalmente infinito.

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filoteo Io dico l’universo “tutto infinito” perché nonha margine, termino, né superficie; dico l’universonon essere “totalmente infinito” perché ciascuna par-te che di quello possiamo prendere è finita, e de mon-di innumerabili che contiene, ciascuno è finito. Io di-co Dio “tutto infinito” perché da sé esclude ognitermine, et ogni suo attributo è uno et infinito; e dicoDio “totalmente infinito” perché tutto lui è in tutto ilmondo, et in ciascuna sua parte infinitamente e total-mente; al contrario dell’infinità de l’universo, la qualeè totalmente in tutto, e non in queste parti (se pur re-ferendosi all’infinito possono esser chiamate parti),che noi possiamo comprendere in quello.

elpino Io intendo. Or seguite il vostro proposito.filoteo Per tutte le raggioni dumque per le quali se

dice esser conveniente, buono, necessario questomondo compreso come finito, deve dirse essernoconvenienti e buoni tutti gli altri innumerabili; a liquali per medesima raggione l’omnipotenza non invi-dia l’essere; e senza li quali quella, o per non volere oper non possere, verrebe ad esser biasimata: per la-sciar un vacuo o (se non vuoi dir vacuo) un spacio in-finito, per cui non solamente verrebe suttratta infinitaperfezzione dello ente, ma anco infinita maestà attua-le allo efficiente nelle cose fatte se son fatte, o depen-denti se sono eterne. Qual raggione vuole che voglia-mo credere che l’agente che può fare un buonoinfinito lo fa finito? e se lo fa finito, perché doviamonoi credere che possa farlo infinito, essendo in lui ilpossere et il fare tutto uno? Perché è inmutabile, nonha contigenzia nell’operazione, né nella efficacia, mada determinata e certa efficacia depende determinatoe certo effetto immutabilmente: onde non può esserealtro che quello che è; non può esser tale quale non è;non può posser altro che quel che può; non può voleraltro che quel che vuole; e necessariamente non può

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far altro che quel che fa: atteso che l’aver potenza di-stinta da l’atto conviene solamente a cose mutabili.

fracastorio Certo non è soggetto di possibilità o dipotenza quello che giamai fu, non è, e già mai sarà; everamente se il primo efficiente non può voler altroche quel che vuole, non può far altro che quel che fa.E non veggo come alcuni intendano quel che diconodella potenza attiva infinita, a cui non corrispondapotenza passiva infinita; e che quello faccia uno e fini-to, che può far innumerabili ne l’infinito et inmenso:essendo l’azzion sua necessaria, perché procede da talvolontà, quale per essere inmutabilissima, anzi la im-mutabilità istessa, è ancora la istessa necessità; ondesono a fatto medesima cosa libertà, volontà, necessità,et oltre il fare col volere, possere et essere.

filoteo Voi consentite, e dite molto bene. Adunquebisogna dir una de due: o che l’efficiente, possendodependere da lui l’effetto infinito, sia riconosciuto co-me causa e principio d’uno inmenso universo checontiene mondi innumerabili; e da questo non siegueinconveniente alcuno, anzi tutti convenienti e secon-do la scienza e secondo le leggi e fede; o che, depen-dendo da lui un finito universo, con questi mondi(che son gli astri) di numero determinato, sia cono-sciuto di potenza attiva finita e determinata, comel’atto è finito e determinato: perché quale è l’atto, taleè la volontà, tale è la potenza.

fracastorio Io completto et ordino un paio di sillogi-smi in questa maniera. Il primo efficiente se volessefar altro che quel che vuol fare, potrebe far altro chequel che fa; ma non può voler far altro che quel chevuol fare: dumque non può far altro che quel che fa.Dumque chi dice l’effetto finito, pone l’operazione ela potenza finita. Oltre (che viene al medesimo): ilprimo efficiente non può far se non quel che vuol fa-re; non vuol fare se non quel che fa: dumque non può

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fare se non quel che fa. Dumque chi nega l’effetto in-finito nega la potenza infinita.

filoteo Questi se non son semplici, sono demostrativisillogismi. Tutta volta lodo che alcuni degni teologinon le admettano: per che providamente consideran-do, sanno che gli rozzi popoli et ignoranti, con questanecessità vegnono a non posser concipere come possastar la elezzione e dignità e meriti di giusticia; ondeconfidati o desperati sotto certo fato, sono necessaria-mente sceleratissimi. Come talvolta certi corrottori dileggi, fede e religione, volendo parer savii, hanno in-fettato tanti popoli facendoli dovenir più barbari escelerati che non eran prima, dispreggiatori del benfare et assicuratissimi ad ogni vizio e ribaldaria, per leconclusioni che tirano da simili premisse. Però nontanto il contrario dire appresso gli sapienti è scanda-loso, e detrae alla grandezza et eccellenza divina,quanto quel che è vero, è pernicioso alla civile con-versazione, e contrario al fine delle leggi, non per es-ser vero, ma per esser male inteso, tanto per quei chemalignamente il trattano, quanto per quei che nonson capaci de intenderlo senza iattura di costumi.

fracastorio Vero. Non si è trovato giamai filosofo,dotto et uomo da bene che sotto specie o pretesto al-cuno, da tal proposizione avesse voluto tirar la neces-sità delli effetti umani, e destruggere l’elezzione. Co-me tra gli altri Platone et Aristotele, con ponere lanecessità et immutabilità in Dio, non poneno meno lalibertà morale e facultà della nostra elezzione: perchésanno bene e possono capire come siano compossibiliquella necessità e questa libertà. Però alcuni di veripadri e pastori di popoli toglieno forse questo dire etaltro simile per non donare comodità a scelerati e se-duttori nemici della civilità e profitto generale, di ti-rar le noiose conclusioni abusando della semplicità etignoranza di quei che difficilmente possono capire il

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vero, e prontissimamente sono inclinati al male. E fa-cilmente condonaranno a noi di usar le vere proposi-zioni, dalle quali non vogliamo inferir altro che la ve-rità della natura e dell’eccellenza de l’autor di quella;e le quali non son proposte da noi al volgo, ma a sa-pienti soli che possono aver accesso all’intelligenza dinostri discorsi. Da questo principio depende che glinon men dotti che religiosi teologi giamai han pregiu-dicato alla libertà de filosofi; e gli veri, civili e beneaccostumati filosofi sempre hanno faurito le religioni:perché gli uni e gli altri sanno che la fede si richiedeper l’instituzione di rozzi popoli, che denno esser go-vernati; e la demostrazione per gli contemplativi, chesanno governar sé et altri.

elpino Quanto a questa protestazione è detto assai; ri-tornate ora al proposito.

filoteo Per venir dumque ad inferir quel che voglia-mo: dico che se nel primo efficiente è potenza infini-ta, è ancora operazion da la quale depende l’universodi grandezza infinita, e mondi di numero infinito.

elpino Quel che dite contiene in sé gran persuasione,se non contiene la verità. Ma questo che mi par moltoverisimile io lo affermarò per vero: se mi potrete risol-vere di uno importantissimo argomento per il quale èstato ridutto Aristotele a negar la divina potenza infi-nita intensivamente, benché la concedesse estensiva-mente. Dove la raggione della negazione sua era cheessendo in Dio cosa medesima potenza et atto, pos-sendo cossì movere infinitamente, moverebe infinita-mente con vigore infinito; il che se fusse vero, verrebeil cielo mosso in istante: perché se il motor più fortemuove più velocemente, il fortissimo muove velocissi-mamente, l’infinitamente forte muove istantaneamen-te. La raggione della affirmazione era che lui eterna-mente e regolatamente muove il primo mobile,secondo quella raggione e misura con la quale il muo-

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ve. Vedi dumque per che raggione li attribuisce infi-nità estensiva, ma non infinità absoluta, et intensiva-mente ancora: per il che voglio conchiudere che sì co-me la sua potenza motiva infinita è contratta all’atto dimoto secondo velocità finita, cossì la medesima poten-za di far l’inmenso et innumerabili è limitata dalla suavoluntà al finito e numerabili. Quasi il medesimo vo-gliono alcuni teologi, i quali oltre che concedeno la in-finità estensiva, con la quale successivamente perpetuail moto dell’universo, richiedeno ancora la infinità in-tensiva, con la quale può far mondi innumerabili,muovere mondi innumerabili, e ciascuno di quelli etutti quelli insieme muovere in uno istante: tutta voltacossì ha temprato con la sua voluntà la quantità dellamoltitudine di mondi innumerabili, come la qualitàdel moto intensissimo. Dove, come questo moto, cheprocede pure da potenza infinita, nulla obstante, è co-nosciuto finito, cossì facilmente il numero di corpimondani potrà esser creduto determinato.

filoteo L’argumento in vero è di maggior persuasio-ne et apparenza che altro possa essere; circa il quale èdetto già a bastanza, per quel che si vuole che la vo-lontà divina sia regolatrice, modificatrice e terminatri-ce della divina potenza. Onde seguitano innumerabiliinconvenienti, secondo la filosofia al meno: lascio iprincipii teologali, i quali con tutto ciò non admette-ranno che la divina potenza sia più che la divina vo-lontà o bontà; e generalmente che uno attributo se-condo maggior raggione convegna alla divinità, cheun altro.

elpino Or perché dumque hanno quel modo di dire,se non hanno questo modo di intendere?

filoteo Per penuria di termini et efficaci resoluzioni.elpino Or dumque voi, che avete particular principii

con gli quali affermate l’uno, cioè che la potenza divi-na è infinita intensiva ed estensivamente; e che l’atto

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non è distinto dalla potenza, e che per questo l’uni-verso è infinito e gli mondi sono innumerabili; e nonnegate l’altro, che in fatto ciascuno de li astri o orbi(come ti piace dire) vien mosso in tempo e non in in-stante: mostrate con quai termini e con che risoluzio-ne venete a salvar la vostra o togliere l’altrui persua-sioni, per le quali giudicano in conclusione ilcontrario di quel che giudicate voi.

filoteo Per la risoluzion di quel che cercate doveteavertire: prima, che essendo l’universo infinito et im-mobile, non bisogna cercare il motor di quello. Se-condo, che essendo infiniti gli mondi contenuti inquello, quali sono le terre, li fuochi et altre specie dicorpi chiamati astri, tutti se muoveno dal principiointerno che è la propria anima, come in altro loco ab-biamo provato: e però è vano andar investigando illor motore estrinseco. Terzo, che questi corpi monda-ni si muoveno nella eterea regione non affisi, o inchio-dati in corpo alcuno, più che questa terra (che è un diquelli) è affissa: la qual però proviamo che dall’inter-no animale instinto circuisce il proprio centro in piùmaniere, et il sole. Preposti cotali avertimenti, secon-do gli nostri principii non siamo forzati a dimostrarmoto attivo né passivo di vertù infinita intensivamen-te: perché il mobile et il motore è infinito, e l’animamovente et il corpo moto concorreno in un finito sog-getto; in ciascuno dico di detti mondani astri. Tantoche il primo principio non è quello che muove; maquieto et immobile dà il posser muoversi a infiniti etinnumerabili mondi, grandi e piccoli animali postinell’amplissima reggione de l’universo, de quali cia-scuno secondo-la condizione della propria virtù ha laraggione di mobilità, motività et altri accidenti.

elpino Voi siete fortificato molto; ma non già per que-sto gittate la machina delle contrarie opinioni le qualitutte hanno per famoso e come presupposto che

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l’Optimo Massimo muove il tutto: tu dici che dona ilmuoversi al tutto che si muove; e però il moto accadesecondo la virtù del prossimo motore. Certo mi parepiù tosto raggionevole di vantaggio, che meno conve-niente, questo tuo dire, che il comune determinare.Tutta volta, per quel che solete dire circa l’anima delmondo e circa l’essenza divina, che è tutta in tutto,empie tutto, et è più intrinseca alle cose che la essen-zia propria di quelle, perché è la essenzia de le essen-zie, vita de le vite, anima de le anime; però non menomi par che possiamo dire lui movere il tutto, che dareal tutto il muoversi. Onde il dubio già fatto par cheanco stia su li suoi piedi.

filoteo Et in questo facilmente posso satisfarvi. Dicodumque che nelle cose è da contemplare (se cossì vo-lete) doi principii attivi di moto: l’uno finito, secondola raggione del finito soggetto, e questo muove intempo; l’altro infinito, secondo la raggione dell’animadel mondo, overo della divinità, che è come anima del’anima, la quale è tutta in tutto e fa esser l’anima tut-ta in tutto; e questo muove in istante. La terra dum-que ha dui moti; cossì tutti gli corpi che si muovenohanno dui principii di moto: de quali il principio infi-nito è quello che insieme insieme muove et ha mosso;onde secondo quella raggione il corpo mobile nonmeno è stabilissimo che mobilissimo. Come apparenella presente figura, che voglio significhe la terra:che è mossa in instante, in quanto che ha motore divirtù infinita. Quella movendosi con il centro da A inE, e tornando da E in A, e questo essendo in uno in-stante, insieme insieme è in A et in E et in tutti gli luo-ghi tramezzanti; e però insieme insieme è partita e ri-tornata: e questo essendo sempre cossì, aviene chesempre sia stabilissima. Similmente quanto al suo mo-to circa il centro, dove è il suo oriente I, il mezo gior-no V, l’occidente K, il merinozzio O; ciascuno di que-

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sti punti circuisce per virtù di polso infinito: e peròciascuno di quelli insieme insieme è partito et è ritor-nato; per consequenza è fisso sempre et è dove era.Tanto che in conclusione questi corpi essere mossi davirtù infinita, è medesimo che non esser mossi; perche movere in instante e non movere, è tutto medesi-mo et uno. Rimane dumque l’altro principio attivodel moto: il quale è dalla virtù intrinseca, e per conse-guenza è in tempo e certa successione; e questo motoè distinto dalla quiete. Ecco dumque come possiamodire Dio muovere il tutto; e come doviamo intendereche dà il muoversi al tutto che si muove.

elpino Or che tanto alta et efficacemente mi hai toltae risoluta questa difficoltà, io cedo a fatto al vostrogiudizio, e spero oltre sempre da voi ricevere similiresoluzioni; perché, benché in poco sin ora io n’abbiapratticato e tentato, ho pur ricevuto e conceputo as-sai; e spero di gran vantaggio più: perché, benché apieno non vegga l’animo vostro, dal raggio chediffonde scorgo che dentro si rinchiude o un sole opur un luminar maggiore. E da oggi in poi, non consperanza di superar la vostra sufficienza, ma con dis-segno di porgere occasione a vostre elucidazioni, ri-tornarò a proporvi, se vi dignarete di farvi ritrovarper tanti giorni alla medesima ora in questo loco,quanti bastaranno ad udir et intender tanto che miquiete a fatto la mente.

filoteo Cossì farò.fracastorio Sarai gratissimo, e vi saremo attentissimi

auditori.burchio Et io quantumque poco intendente, se non

intenderò li sentimenti, ascolterò le paroli; se nonascolterò le paroli, udirò la voce. Adio.

fine del primo dialogo

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DIALOGO SECONDO

filoteo Per che il primo principio è simplicissimo,però se secondo uno attributo fusse finito, sarebe fini-to secondo tutti gli attributi; o pure secondo certaraggione intrinseca essendo finito e secondo certa in-finito, necessariamente in lui si intenderebe esserecomposizione. Se dumque lui è operatore de l’univer-so, certo è operatore infinito, e riguarda effetto infini-to: effetto dico, in quanto che tutto ha dependenza dalui. Oltre sicome la nostra imaginazione è potente diprocedere in infinito imaginando sempre grandezzadimensionale oltra grandezza, e numero oltra nume-ro, secondo certa successione e (come se dice) in po-tenzia, cossì si deve intendere che Dio attualmente in-tende infinita dimensione et infinito numero. E daquesto intendere séguita la possibilità con la conve-nienza et oportunità che ponemo essere: dove, comela potenza attiva è infinita, cossì (per necessaria con-seguenza) il soggetto di tal potenza è infinito; perché(come altre volte abbiamo dimostrato) il posser farepone il posser esser fatto, il dimensionativo pone il di-mensionabile, il dimensionante pone il dimensionato.Giongi a questo che come realmente si trovano corpidimensionati finiti, cossì l’intelletto primo intendecorpo e dimensione. Se lo intende, non meno lo in-tende infinito; se lo intende infinito, et il corpo è inte-so infinito, necessariamente tal specie intelligibile è; eper esser produtta da tale intelletto, quale è il divino,è realissima: e talmente reale, che ha più necessarioessere che quello che attualmente è avanti gli nostriocchi sensitivi. Quando (se ben consideri) aviene, checome veramente è uno individuo infinito simplicissi-mo, cossì sia uno amplissimo dimensionale infinito ilquale sia in quello, e nel quale sia quello, al modo con

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cui lui è nel tutto, et il tutto è in lui. Appresso se perla qualità corporale veggiamo che un corpo ha poten-za di aumentarsi in infinito; come si vede nel fuoco ilquale (come ognun concede) si amplificarebe in infi-nito, se si gli avicinasse materia et esca: qual raggionvuole che il fuoco, che può essere infinito e può esserper conseguenza fatto infinito, non possa attualmentetrovarsi infinito? Certo non so come possiamo fenge-re nella materia essere qualche cosa in potenza passi-va, che non sia in potenza attiva nell’efficiente: e perconseguenza in atto, anzi l’istesso atto. Certo il direche lo infinito è in potenza, et in certa successione enon in atto, necessariamente apporta seco che la po-tenza attiva possa ponere questo in atto successivo enon in atto compito: perché l’infinito non può esserecompito; onde seguitarebe ancora che la prima causanon ha potenza attiva semplice, absoluta et una: mauna potenza attiva a cui risponde la possibilità infinitasuccessiva, et un’altra a cui responde la possibilità in-distinta da l’atto. Lascio che essendo terminato ilmondo, e non essendo modo di imaginare come unacosa corporea venga circonferenzialmente a finirsi aduna cosa incorporea, sarebe questo mondo in potenzae facultà di svanirsi et annullarsi: perché (per quantocomprendemo) tutti corpi sono dissolubili. Lascio di-co che non sarebe raggion che tolga che tal volta l’ina-ne infinito (benché non si possa capire di potenza at-tiva) debba assorbire questo mondo come un nulla.Lascio che il luogo, spacio et inane ha similitudinecon la materia, se pur non è la materia istessa: comeforse non senza caggione tal volta par che voglia Pla-tone, e tutti quelli che definiscono il luogo come certospacio. Ora se la materia ha il suo appetito, il qualenon deve essere in vano, perché tale appetito è dellanatura e procede da l’ordine della prima natura, biso-gna che il loco, il spacio, l’inane abbiano cotale appe-

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tito. Lascio che (come è stato di sopra accennato) nes-sun di questi che dice il mondo terminato, dopo averaffirmato il termine, sa in modo alcuno fingere comequello sia; et insieme insieme alcun di questi negandoil vacuo et inane con le proposte e paroli, con l’esecu-zione poi et effetto viene a ponerlo necessariamente.Se è vacuo et inane, è certo capace di ricevere; e que-sto non si può in modo alcuno negare: atteso che pertal raggione medesima per la quale è stimato impossi-bile che nel spacio dove è questo mondo, insieme in-sieme si trove contenuto un altro mondo, deve esserdetto possibile che nel spacio fuor di questo mondo,o in quel niente (se cossì dir vuole Aristotele quelloche non vuol dir vacuo), possa essere contenuto. Laraggione per la quale lui dice dui corpi non possereessere insieme, è la incompossibilità delle dimensionidi uno et un altro corpo: resta dumque (per quantorichiede tal raggione) che dove non sono le dimensio-ni de l’uno, possono essere le dimensioni de l’altro. Sequesta potenza vi è, dumque il spacio in certo modo èmateria: se è materia, ha l’aptitudine; se ha l’aptitudi-ne, per qual raggione doviamo negargli l’atto?

elpino Molto bene. Ma di grazia procediate in altro;fatemi intendere come differenza fate tra il mondo el’universo.

filoteo La differenza è molto divolgata fuor dellascola peripatetica. Gli Stoici fanno differenza tra ilmondo e l’universo: perché il mondo è tutto quelloche è pieno e costa di corpo solido; l’universo è nonsolamente il mondo, ma oltre il vacuo, inane e spacioextra di quello: e però dicono il mondo essere finito,ma l’universo infinito. Epicuro similmente il tutto etuniverso chiama una mescuglia di corpi et inane; et inquesto dice consistere la natura del mondo, il quale èinfinito, e nella capacità dell’inane e vacuo; et oltrenella moltitudine di corpi che sono in quello. Noi non

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diciamo vacuo alcuno, come quello che sia semplice-mente nulla; ma secondo quella raggione con la qualeciò che non è corpo che resista sensibilmente, tuttosuole esser chiamato (se ha dimensione) vacuo: attesoche comunmente non apprendeno l’esser corpo senon con la proprietà di resistenza; onde dicono che sìcome non è carne quello che non è vulnerabile, cossìnon è corpo quello che non resiste. In questo mododiciamo esser un infinito, ciò è una eterea regione in-mensa, nella quale sono innumerabili et infiniti corpicome la terra, la luna et il sole; li quali da noi son chia-mati mondi composti di pieno e vacuo: perché questospirito, questo aria, questo etere non solamente è cir-ca questi corpi, ma ancora penetra dentro tutti, e vie-ne insito in ogni cosa. Diciamo ancora “vacuo” secon-do quella raggione per la quale rispondevo allaquestione che dimandasse dove è l’etere infinito e glimondi; e noi rispondessimo: in un spacio infinito, incerto seno nel quale et è e s’intende il tutto; et il qualenon si può intendere, né essere in altro. Or qua Ari-stotele confusamente prendendo il vacuo secondoqueste due significazioni, et un’altra terza che lui fen-ge e lui medesimo non sa nominare né diffinire, si vadibattendo per togliere il vacuo: e pensa con il mede-simo modo di argumentare distruggere a fatto tutte leopinioni del vacuo. Le quali però non tocca più chese, per aver tolto il nome di qualche cosa, alcuno pen-sasse di aver tolta la cosa; perché distrugge (se pur di-strugge) il vacuo secondo quella raggione la quale for-se non è stata presa da alcuno: atteso che gli antichi enoi prendiamo il vacuo per quello in cui può essercorpo, e che può contener qualche cosa, et in cui so-no gli atomi e gli corpi; e lui solo diffinisce il vacuoper quello che è nulla, in cui è nulla e non può essernulla. Là onde prendendo il vacuo per nome et inten-zione secondo la quale nessuno lo intese, vien a far

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castelli in aria e destruggere il suo vacuo, e non quellodi tutti gli altri che han parlato di vacuo e si son servi-ti di questo nome “vacuo”. Non altrimenti fa questosofista in tutti gli altri propositi, come del moto, infi-nito, materia, forma, demostrazione, ente; dove sem-pre edifica sopra la fede della sua definizion propria enome preso secondo nova significazione. Onde cia-scun che non è a fatto privo di giudizio può facilmen-te accorgersi quanto quest’uomo sia superficiale circala considerazion della natura de le cose, e quanto siaattacato alle sue (non concedute, né degne di essernoconcedute) supposizioni: più vane nella sua natural fi-losofia, che già mai si possano fingere nella matemati-ca. E vedete che di questa vanità tanto si gloriò e sicompiacque, che in proposito della considerazion dicose naturali ambisce tanto di esser stimato raziocina-le o (come vogliam dire) logico, che per modo di im-properio, quelli che son stati più solleciti della natura,realità e verità, le chiama “fisici”. Or per venire a noi:ateso che nel suo libro Del vacuo né diretta né indiret-tamente dice cosa che possa degnamente militarecontra la nostra intenzione, lo lasciamo star cossì, ri-mettendolo forse a più ociosa occasione. Dumque seti piace, Elpino, forma et ordina quelle raggioni, perle quali l’infinito corpo non viene admesso da gli no-stri adversarii, et appresso quelle per le quali non pos-sono comprendere essere mondi innumerabili.

elpino Cossì farò. Io referirò le sentenze d’Aristoteleper ordine, e voi direte circa quelle ciò che vi occorre.«È da considerare» dice egli, «se si trova corpo infini-to, come alcuni antichi filosofi dicono, o pur questosia una cosa impossibile; et appresso è da vedere sesia uno over più mondi. La risoluzion de le quali que-stioni è importantissima: perché l’una e l’altra partedella contradizzione son di tanto momento, che sonprincipio di due sorte di filosofare molto diverso e

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contrario: come per essempio veggiamo che da quelprimo error di coloro che hanno poste le parti indivi-due, hanno chiuso il camino di tal sorte, che vegnonoad errare in gran parte della matematica. Snodaremodumque proposito di gran momento per le passate,presenti e future difficultadi; perché quantumque po-co di trasgressione che si fa nel principio viene perdiecemila volte a farsi maggiore nel progresso: comeper similitudine nell’errore che si fa nel principio diqualche camino, il quale tanto più si va aumentando ecrescendo, quanto maggior progresso si fa allonta-nandosi dal principio, di sorte che al fine si viene adgiongere a termine contrario a quello che era propo-sto; e la raggion di questo è che gli principii son pic-cioli in grandezza e grandissimi in efficacia. Questa èla raggione della determinazione di questo dubio.»

filoteo Tutto lo che dice è necessarissimo, e non me-no degno di esser detto da gli altri che da lui; perché,sicome lui crede che da questo principio mal intesogli aversarii sono trascorsi in grandi errori, cossì al’opposito noi credemo e veggiamo aperto, che dalcontrario di questo principio lui ha pervertita tutta laconsiderazion naturale.

elpino Soggionge: «Bisogna dumque che veggiamo se èpossibile che sia corpo semplice di grandezza infinita: ilche primeramente deve esser mostrato impossibile inquel primo corpo che si muove circularmente; appressone gli altri corpi, per che essendo ogni corpo o sempliceo composto, questo che è composto siegue la disposi-zion di quello che è semplice. Se dumque gli corpi sem-plici non sono infiniti né di numero né di grandezza,necessariamente non potrà esser tale corpo composto».

filoteo Promette molto bene: per che se lui provaràche il corpo il quale è chiamato continente e primo,sia continente, primo e finito, sarà anco soverchio evano di provarlo appresso di corpi contenuti.

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elpino Or prova che il corpo rotondo non è infinito:«Se il corpo rotondo è infinito, le linee che si partonodal mezzo saranno infinite, e la distanza d’un semidia-metro da l’altro (gli quali quanto più si discostano dalcentro tanto maggior distanza acquistano) sarà infini-ta; perché dalla addizione delle linee secondo la lon-gitudine, è necessario che siegua maggior distanza; eperò se le linee sono infinite, la distanza ancora saràinfinita. Or è cosa impossibile che il mobile possa tra-scorrere distanza infinita: e nel moto circulare è biso-gno che una linea semidiametrale del mobile venga alluogo dell’altro et altro semidiametro».

filoteo Questa raggione è buona: ma non è a propo-sito contra l’intenzione de gli aversarii; perché giamais’è ritrovato sì rozzo, e d’ingegno sì grosso, che abbiaposto il mondo infinito e magnitudine infinita, e quel-la mobile. E mostra lui medesimo essersi dismentica-to di quel che riferisce nella sua Fisica: che quei chehanno posto uno ente et uno principio infinito, han-no posto similmente inmobile; e né lui ancora, né al-tro per lui, potrà nominar mai alcun filosofo, o puruomo ordinario, che abbia detto magnitudine infinitamobile. Ma costui come sofista prende una parte del-la sua argumentazione dalla conclusione dell’aversa-rio: supponendo il proprio principio che l’universo èmobile, anzi che si muove, e che è di figura sferica. Orvedete se de quante raggioni produce questo mendi-co, se ne ritrove pur una che argumente contra l’in-tenzione di quei che dicono uno infinito, inmobile,infigurato, spaciosissimo continente de innumerabilimobili che son gli mondi, che son chiamati astri da al-tri, e da altri sfere; vedete un poco in questa et altreraggioni se mena presuppositi conceduti da alcuno.

elpino Certo tutte le sei raggioni son fondate sopraquel presupposito, cioè che l’aversario dica che l’uni-verso sia infinito, e che gli admetta che quello infinito

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sia mobile: il che certo è una sciocchezza, anzi una ir-razionalità, se pur per sorte non vogliamo far concor-rere in uno l’infinito moto e l’infinita quiete, come miverificaste ieri in proposito di mondi particolari.

filoteo Questo non voglio dire in proposito de l’uni-verso, al quale per raggion veruna gli deve essere at-tribuito il moto; perché questo non può, né deve con-venire né richiedersi a l’infinito: e giamai, come èdetto, si trovò chi lo imaginasse. Ma questo filosofo,come quello che avea caristia di terreno, edifica tai ca-stelli in aria.

elpino Certo desiderarei un argomento che impu-gnasse questo che dite; perché cinque altre raggioniche apporta questo filosofo tutte fanno il medesimocamino, e vanno con gli medesimi piedi. Però mi parcosa soverchia di apportarle. Or dopo che ebbe pro-dotte queste che versano circa il moto mondano e cir-colare, procede a proponer quelle che son fondate so-pra il moto retto; e dice parimente «essereimpossibile che qualche cosa sia mobile di infinitomoto verso il mezzo, o al basso, oltre verso ad alto dalmezzo»; et il prova prima dal canto di moti proprii ditai corpi, e questo sì quanto a gli corpi estremi, sìquanto a gli tramezzanti. «Il moto ad alto» dice egli,«et il moto al basso son contrarii: et il luogo del unomoto è contrario al luogo de l’altro moto. De gli con-trarii ancora, se l’uno è determinato, bisogna che siadeterminato ancor l’altro; et il tramezzante che è par-tecipe de l’uno e l’altro determinato, convien che siatale ancor lui; perché non da qualsivoglia, ma da certaparte bisogna che si parta quello che deve passar oltreil mezzo, perché è un certo termine onde cominciano,et è un altro termine ove si finisceno i limiti del mez-zo: essendo dumque determinato il mezzo, bisognache sieno determinati gli estremi; e se gli estremi sondeterminati, bisogna che sia determinato il mezzo; e

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se gli luoghi so determinati, bisogna che gli corpi col-locati sieno tali ancora: perché altrimente il moto saràinfinito. Oltre, quanto alla gravità e levità, il corpoche va verso alto, può devenire a questo che sia in talluogo: per che nessuna inclinazion naturale è in vano.Dumque non essendo spacio del mondo infinito, nonè luogo né corpo infinito. Quanto al peso ancora, nonè grave e leve infinito; dumque non è corpo infinito:come è necessario che, se il corpo grave è infinito, lasua gravità sia infinita; e questo non si può fuggire:per che se tu volessi dire che il corpo infinito ha gra-vità infinita, seguitarebono tre inconvenienti. Primo,che medesima sarebe la gravità o levità di corpo finitoet infinito; perché al corpo finito grave, per quanto èsopraavanzato dal corpo infinito, io farrò addizione osuttrazzione di altro et altro tanto, sin che possa ag-giungere a quella medesima quantità di gravità e le-vità. Secondo, che la gravità della grandezza finita po-trebe esser maggiore che quella de l’infinita: perchécon tal raggione per la quale gli può essere equale, glipuò ancora essere superiore, con aggiungere quantoti piace più di corpo grave, o suttrarre di questo, opur aggiongere di corpo lieve. Terzo, che la gravitàdella grandezza finita et infinita sarebbe equale; eperché quella proporzione che ha la gravità alla gra-vità, la medesima ha la velocità alla velocità, seguita-rebe similmente che la medesima velocità e tardità sipotrebero trovare in corpo finito et infinito. Quarto,che la velocità del corpo finito potrebe esser maggio-re di quella del infinito. Quinto, che potrebe essereequale; o pur sì come il grave eccede il grave, cossì lavelocità excede la velocità: trovandosi gravità infinita,sarà necessario che si muova per alcun spacio in man-co tempo che la gravità finita; o vero non si muova,perché la velocità e tardità séguita la grandezza delcorpo. Onde non essendo proporzione tra il finito et

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infinito, bisognarà al fine che il grave infinito non simuova: perché s’egli si muove, non si muove tanto ve-locemente che non si trove gravità finita, che nel me-desimo tempo, per il medesimo spacio, faccia il me-desimo progresso.»

filoteo È impossibile di trovare un altro che sotto ti-tolo di filosofo fengesse più vane supposizioni e si fa-bricasse sì stolte posizioni al contrario, per dar luogoa tanta levità, quanta si vede nelle raggioni di costui.Or per quanto appartiene a quel che dice de luoghiproprii di corpi e del determinato alto, basso et infra,vorei sapere contra qual posizione argumente costui.Perché tutti quelli che poneno corpo e grandezza in-finita, non poneno mezzo né estremo in quella. Per-ché chi dice l’inane, il vacuo, l’etere infinito, non gliattribuisce gravità, né levità, né moto, né regione su-periore, né inferiore, né mezzana; e ponendo poiquelli in cotal spacio infiniti corpi, come è questa ter-ra, quella e quell’altra terra, questo sole, quello equell’altro sole, tutti fanno gli lor circuiti dentro que-sto spacio infinito, per spacii finiti e determinati, opur circa gli proprii centri. Cossì noi che siamo in ter-ra, diciamo la terra essere al mezzo, e tutti gli filosofimoderni et antichi, sieno di qualsivoglia setta, diran-no questa essere in mezzo, senza pregiudicare a suoiprincipi; come noi diciamo al riguardo dell’orizontemagiore di questa eterea regione, che ne sta in circa,terminata da quello equidistante circolo, al riguardodi cui noi siamo come al centro. Come niente mancocoloro che sono nella luna s’intendeno aver circa que-sta terra, il sole et altre et altre Stelle, che sono circa ilmezzo et il termine de gli proprii semidiametri delproprio orizonte. Cossì non è più centro la terra, chequalsivoglia altro corpo mondano; e non son più certideterminati poli alla terra, che la terra sia un certo edeterminato polo a qualch’altro punto dell’etere e

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spacio mondano; e similmente de tutti gli altri corpi;li quali medesimi per diversi riguardi, tutti sono ecentri e punti di circunferenza e poli e zenithi, et altredifferenze. La terra dumque non è absolutamente inmezzo de l’universo, ma al riguardo di questa nostrareggione. Procede dumque questo disputante con pe-tizione di principio e presupposizione di quello chedeve provare: prende dico per principio l’equivalentea l’apposito della contraria posizione; presupponen-do mezzo et estremo contra quelli che dicendo ilmondo infinito, insieme insieme negano questo estre-mo e mezzo necessariamente: e per consequenza ilmoto ad alto e supremo luogo, et al basso et infimo.Vederno dumque gli antichi, e veggiamo ancor noi,che qualche cosa viene alla terra ove siamo, e qualchecosa par che si parta della terra, o pur dal luogo dovesiamo. Dove se diciamo e vogliam dire che il moto ditai cose è ad alto et al basso, se intende in certa regio-ne, in certi rispetti; di sorte che se qualche cosa allon-tanandosi da noi procede verso la luna, come noi di-ciamo che quella ascende, color che sono nella lunanostri anticefi diranno che descende. Que’ moti dum-que che sono nell’universo non hanno differenza al-cuna di su, di giù, di qua, di là al rispetto dell’infinitouniverso, ma di finiti mondi che sono in quello, o pre-si secondo le amplitudini di innumerabili orizontimondani, o secondo il numero di innumerabili astri.Dove ancora la medesima cosa, secondo il medesimomoto, al riguardo de diversi, si dice andar da alto e dabasso. Determinati corpi dumque non hanno motoinfinito, ma finito e determinato circa gli proprii ter-mini; ma de l’indeterminato et infinito, non è finitoné infinito moto, e non è differenza di loco né di tem-po. Quanto poi all’argomento che fa dalla gravità elevità, diciamo che questo è un de più bei frutti chepotesse produre l’arbore de la stolida ignoranza: per-

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ché gravità (come dimostraremo nel luogo di questaconsiderazione) non si trova in corpo alcuno intiero enaturalmente disposto e collocato; e però non sonodifferenze che denno distinguere la natura di luoghi eraggion di moto. Oltre che mostraremo che grave elieve viene ad esser detta medesima cosa secondo ilmedesimo appulso e moto al riguardo di diversi mez-zi; come anco al rispetto di diversi, medesima cosa sedice essere alta e bassa, muoversi su e giù. E questodico quanto a gli corpi particulari e mondi particula-ri; de quali nessuno è grave o lieve: e ne gli quali leparti, allontanandosi e diffondendosi da quelli, sichiamano lievi; e ritornando a gli medesimi, si chia-mano gravi; come le particole de la terra o di cose ter-restri verso la circonferenza de l’etere se dicono sali-re, e verso il suo tutto se dicono descendere. Maquanto all’universo e corpo infinito, chi si ritrovò gia-mai che dicesse grave o lieve? o pur chi puose taiprincipii e delirò talmente che per conseguenza possainferirse dal suo dire che l’infinito sia grave o lieve,debbia ascendere, montare o poggiare? Noi mostra-remo come de infiniti corpi che sono, nessuno è gravené lieve, Perché queste qualitadi accadeno alle partiper quanto tendeno al suo tutto e luogo della suaconservazione, e però non hanno riguardo all’univer-so, ma a gli proprii mondi continenti et intieri. Comene la terra, volendo le parti del fuoco liberarsi e pog-giar verso il sole, menano sempre seco qualche por-zione de l’arida e de l’acqua a cui son congionte; lequali essendono moltiplicate sopra o in alto, cossì conproprio e naturalissimo appulso ritornano al suo luo-go. Oltre e per conseguenza rinforzate, che gli grancorpi sieno gravi o lievi non è possibile, essendo l’uni-verso infinito; e per tanto non hanno raggione di lon-tananza o propinquità dalla o alla circonferenza ocentro; indi non è più grave la terra nel suo luogo che

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il Sole nel suo, Saturno nel suo, la tramontana nelsuo. Potremo però dire che come sono le parti dellaterra che ritornano alla terra per la loro gravità (checossì vogliamo dire l’appulso de le parti al tutto, e delperegrino al proprio loco), cossì sono le parti de li al-tri corpi, come possono esser infinite altre terre o disimile condizione, infiniti altri soli o fuochi, o di simi-le natura. Tutti si moveno dalli luoghi circonferenzia-li al proprio continente come al mezzo: onde seguita-rebe che sieno infiniti corpi gravi secondo il numero.Non però verrà ad essere gravità infinita come in unsoggetto et intensivamente, ma come in innumerabilisoggetti et estensivamente. E questo è quello che sé-guita dal dire di tutti gli antichi e nostro; e contraquesto non ebbe argomento alcuno questo disputan-te. Quel dumque che lui dice dell’impossibilitàdell’infinito grave, è tanto vero et aperto che è vergo-gna a farne menzione; et in modo alcuno non appar-tiene a destruggere l’altrui e confirmar la propria filo-sofia: ma son propositi tutti e paroli gittati al vento.

elpino La vanità di costui nelle predette raggioni è piùche manifesta; di sorte che non bastarebbe tutta l’artepersuasiva di escusarla. Or udite le raggioni che sog-gionge, per conchiudere universalmente che non siacorpo infinito. «Or» dice lui, «essendo manifesto aquelli che rimirano alle cose particolari, che non ècorpo infinito, resta di vedere al generale se sia questopossibile: perché potrebe alcuno dire che sì come ilmondo è cossì disposto circa di noi, cossì non sia im-possibile che sieno altri più cieli. Ma prima che ven-gamo a questo raggioniamo generalmente dell’infini-to. È dumque necessario che ogni corpo [o sia finito]o sia infinito; e questo o sia tutto di parte similari, o diparte dissimilari; e queste o costano di specie finite, opur di specie infinite. Non è possibile che coste de in-finite specie, se vogliamo presupponere quel ch’ab-

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biamo detto, cioè che sieno più mondi simili a questo:perché sì come è disposto questo mondo circa noi,cossì sia disposto circa altri, e sieno altri cieli. Perchése son determinati gli primi moti che sono circa ilmezzo, bisogna che sieno determinati li moti secondi:e per tanto come già distinguemo cinque sorte di cor-pi, de quali dui son semplicemente gravi o lievi, e duimediocremente gravi o lievi, et uno né grave né lieve,ma agile circa il centro, cossì deve essere ne gli altrimondi. Non è dumque possibile che coste di infinitespecie. Non è ancora possibile che coste di specie fi-nite»; e primieramente prova che non costa di speciefinite dissimilari, per quattro raggioni de quali la pri-ma è che ciascuna di queste parti infinite sarà acqua ofuoco, e per consequenza cosa grave o lieve: e questoè stato dimostrato impossibile, quando si è visto chenon è gravità né levità infinita.

filoteo Noi abbiamo assai detto quando rispondeva-mo a quello.

elpino Io lo so. Soggionge la seconda raggione dicen-do che bisogna che di queste specie ciascuna sia infi-nita, e per consequenza il luoco di ciascuna deve esse-re infinito: onde seguitarà che il moto di ciascuna siainfinito; il che è impossibile: perché non può essereche un corpo che va giù, corra per infinito al basso; ilche è manifesto da quel che si trova in tutti moti e tra-smutazioni. Come nella generazione non si cerca difare quel che non può esser fatto, cossì nel moto loca-le non si cerca il luogo ove non si possa giunger mai; equello che non è possibile che sia in Egitto, è impossi-bile che si muova in verso Egitto: per che la naturanessuna cosa opra in vano. Impossibile è dumque checosa si muova verso là dove non può pervenire.

filoteo A questo si è risposto assai; e diciamo che sonterre infinite, son soli infiniti, è etere infinito; o secon-do il dir di Democrito et Epicuro, è pieno e vacuo in-

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finito: l’uno insito nel altro. E son diverse specie fini-te, le une comprese da le altre, e le une ordinate a lealtre: le quali specie diverse tutte se hanno come con-correnti a fare uno intiero universo infinito; e comeancora infinite parti de l’infinito, in quanto che da in-finite terre simili a questa proviene in atto terra infini-ta, non come un solo continuo, ma come un compre-so dalla innumerabile moltitudine di quelle.Similmente se intende de le altre specie di corpi, osieno quattro, o sieno due, o sieno tre, o quante si vo-glia (non determino al presente); le quali come chesono parte (in modo che si possono dir parte) de l’in-finito, bisogna che sieno infinite, secondo la mole cheresulta da tal moltitudine. Or qui non bisogna che ilgrave vada in infinito al basso. Ma come questo graveva al suo prossimo e connatural corpo, cossì quello alsuo, quell’altro al suo. Ha questa terra le parti che ap-partengono a lei; ha quella terra le parti sue apparte-nenti a sé: cossì ha quel sole le sue parti che si diffon-deno da lui e cercano di ritornare a lui; et altri corpisimilmente riaccoglieno naturalmente le sue parti.Onde sicome le margini e le distanze de gli uni corpia gli altri corpi son finite, cossì gli moti son finiti; e si-come nessuno si parte da Grecia per andare in infini-to, ma per andar in Italia o in Egitto, cossì quandoparte di terra o di sole si move, non si propone infini-to, ma finito e termine. Tutta volta essendo l’universoinfinito, e gli corpi suoi tutti trasmutabili, tutti perconseguenza diffondano sempre da sé e sempre in séaccoglieno, mandano del proprio fuora et accoglionodentro del peregrino. Non stimo che sia cosa assordaet inconveniente, anzi convenientissima e naturale,che sieno transmutazion finite possibili ad accaderead un soggetto; e però de particole de la terra vagarl’eterea regione et occorrere per l’inmenso spacio oraad un corpo ora ad un altro: non meno che veggiamo

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le medesime particole cangiarsi di luogo, di disposi-zione e di forma, essendono ancora appresso di noi.Onde questa terra, se è eterna et è perpetua, non è ta-le per la consistenza di sue medesime parti e di mede-simi suoi individui, ma per la vicissitudine de altri chediffonde et altri che gli succedono in luogo di quelli;in modo che, di medesima anima et intelligenza, ilcorpo sempre si va a parte a parte cangiando e rino-vando. Come appare anco ne gli animali, li quali nonsi continuano altrimenti se non con gli nutrimenti chericeveno, et escrementi che sempre mandano; ondechi ben considera saprà che giovani non abbiamo lamedesima carne che avevamo fanciulli, e vecchi nonabbiamo quella medesima che quando eravamo gio-vani: perché siamo in continua trasmutazione, la qualporta seco che in noi continuamente influiscano nuo-vi atomi, e da noi se dipartano li già altre volte accolti.Come circa il sperma, giongendosi atomi ad atomiper la virtù deu’intelletto generale et anima (mediantela fabrica in cui come materia concorrenti), se viene aformare e crescere il corpo: quando l’influsso de gliatomi è maggior che l’efflusso; e poi il medesimo cor-po è in certa consistenza quando l’efflusso è equale al’influsso; et al fine va in declinazione, essendo l’ef-flusso maggior che l’influsso (non dico l’efflusso et in-flusso assolutamente, ma l’efflusso del conveniente enatio, e l’influsso del peregrino e sconveniente; il qua-le non può esser vinto dal debilitato principio perl’eflusso, il quale è pur continuo del vitale come delnon vitale). Per venir dumque al punto, dico che percotal vicissitudine non è inconveniente, ma raggione-volissimo dire che le parti et atomi abbiano corso emoto infinito per le infinite vicissitudini e transmuta-zioni, tanto di forme quanto di luoghi. Inconvenientesarebbe se, come a prossimo termine prescritto ditransmutazion locale, over di alterazione, si trovasse

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cosa che tendesse in infinito; il che non può essere: at-teso che non sì tosto una cosa è mossa da uno, che sitrove in un altro luogo; è spogliata di una, che non siainvestita di un’altra disposizione; e lasciato uno, chenon abbia preso un altro essere: il quale necessaria-mente séguita dalla alterazione, la quale necessaria-mente séguita dalla mutazion locale. Tanto che il sog-getto prossimo e formato non può muoversi se nonfinitamente; perché facilmente accoglie un’altra for-ma, se muta loco. Il soggetto primo e formabile semuove infinitamente, e secondo il spacio e secondo ilnumero delle figurazioni; mentre le parti della mate-ria s’intrudeno et extrudeno da questo in quello et inquell’altro loco, parte e tutto.

elpino Io intendo molto bene. Soggionge per terzaraggione, che «se si dicesse l’infinito discreto e di-sgionto, onde debbano essere individui e particolarifuochi infiniti, e ciascun di quelli poi essere finito,nientemanco accaderà che quel fuoco che resulta datutti gl’individui debba essere infinito».

filoteo Questo già ho conceduto; e per sapersi que-sto, lui non dovea forzarsi contra di ciò, da che non sé-guita inconveniente alcuno. Perché, se il corpo viendisgiunto o diviso in parti localmente distinte, de lequali l’una pondere cento, l’altra mille, l’altra diece,seguitarà che il tutto pondere mille cento e diece, Maciò sarà secondo più pesi discreti, e non secondo unpeso continuo. Or noi e gli antichi non abbiamo perinconveniente che in parti discrete se ritrove peso infi-nito; perché da quelle resulta un peso logicamente, opur aritmetrica, o geometricamente, che vera e natu-ralmente non fanno un peso, come non fanno una mo-le infinita; ma fanno infinite mole e pesi finiti: il chedire, imaginare et essere, non è il medesimo, ma moltodiverso; perché da questo non séguita che sia un cor-po infinito di una specie, ma una specie di corpo in in-

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finiti finiti; né è però un pondo infinito, infiniti pondifiniti, atteso che questa infinitudine non è come dicontinuo, ma come di discreti: li quali sono in un con-tinuo infinito, che è il spacio, il loco e dimensione ca-pace di quelli tutti. Non è dumque inconveniente chesieno infiniti discreti gravi, i quali non fanno un grave;come infinite acqui le quali non fanno una acqua infi-nita, infinite parti di terra che non fanno una terra infi-nita: di sorte che sono infiniti corpi in moltitudine, liquali fisicamente non componeno un corpo infinito digrandezza. E questo fa grandissima differenza; comeproporzionalmente si vede nel tratto della nave, laquale viene tratta da diece uniti: e non sarà mai tiratada migliaia de migliaia disuniti, e per ciascuno.

elpino Con questo et altro dire mille volte avete riso-luto lo che pone per quarta raggione: la qual dice chese s’intende corpo infinito, è necessario che sia intesoinfinito secondo tutte le dimensioni; onde da nessunaparte può essere qualche cosa extra di quello: dum-que non è possibile che in corpo infinito sieno piùdissimili, de quali ciascuno sia infinito.

filoteo Tutto questo è vero e non contradice a noi,che abbiamo tante volte detto che son più dissimili fi-niti in uno infinito, et abbiamo considerato comequesto sia. Forse proporzionalmente, come se alcundicesse esser più continui insieme, come per essempioe similitudine in un liquido luto, dove sempre et inogni parte l’acqua è continuata a l’acqua, e la terra ala terra; dove per la insensibilità del concorso de leminime parti di terra e minime parti di acqua, non sidiranno discreti né più continui, ma uno continuo: ilquale non è aqua, non è terra, ma è luta. Dove indiffe-rentemente ad un altro può piacere di dire che nonpropriamente l’acqua è continuata a l’acqua, e la terraa la terra, ma l’acqua a la terra, e la terra a l’acqua; epuò similmente venire un terzo che negando l’uno e

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l’altro modo di dire, dica il luto esser continuato al lu-to. E secondo queste raggioni può esser preso l’uni-verso infinito come un continuo, nel quale non facciapiù discrezione l’etere interposto tra sì gran corpi,che far possa nella luta quello aria che è traposto etinterposto tra le parti de l’acqua e de l’arida, essendodifferenza solo per la pocagine de le parti, e minoritàet insensibilità che è nella luta, e la grandezza, mag-giorità e sensibilità delle parti che sono nell’universo:sì che gli contrarii e gli diversi mobili concorreno nel-la constituzione di uno continuo immobile, nel qualegli contrarii concorreno alla constituzion d’uno, etappartengono ad uno ordine, e finalmente sono uno.Inconveniente certo et impossibile sarrebe ponere duiinfiniti distinti l’uno da l’altro; atteso non sarebe mo-do de imaginare come, dove finisce l’uno, comincil’altro: onde ambi doi venessero ad aver termine l’unoper l’altro. Et è oltre difficilissimo trovar dui corpi fi-niti in uno estremo, et infiniti ne l’altro.

elpino Pone due altre raggioni per provar che non siainfinito di simili parte. «La prima è, perché bisogna-rebe che a quello convenesse una di queste specie dimoto locale; e però o sarebe una gravità, o levità infi-nita, overo una circulazione infinita: il che tutto,quanto sia impossibile, abbiamo demostrato.»

filoteo E noi ancora abbiamo chiarito quanto questidiscorsi e raggioni sieno vani: e che l’infinito in tuttonon si muove; e che non è grave né lieve, tanto essoquanto ogn’altro corpo nel suo luogo naturale: né pu-re le parti separate, quando saranno allontanate oltrecerti gradi dal proprio loco. Il corpo dumque infinito,secondo noi, non è mobile né in potenza né in atto; enon è grave né lieve in potenza né in atto: tanto man-ca ch’aver possa gravità o levità infinita secondo gliprincipii nostri o di altri, contra gli quali costui edifi-ca sì belle castella.

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elpino La seconda raggione per questo è similmentevana; perché vanamente dimanda «se si muove l’infi-nito naturale o violentemente» a chi mai disse che losi mova, tanto in potenzia quanto in atto. Appressoprova che non sia corpo infinito per le raggioni toltedal moto in generale, dopo che ha proceduto per rag-gion tolta dal moto in comune. Dice dumque che ilcorpo infinito non può aver azzione nel corpo finito,né tampoco patir da quello; et apporta tre proposizio-ni. Prima, che «l’infinito non patisce dal finito»; per-ché ogni moto, e per conseguenza ogni passione, è intempo: e se è cossì, potrà avenire che un corpo di mi-nor grandezza potrà aver proporzionale passione aquella; però, sicome è proporzione del paziente finitoall’agente finito, verrà ad esser simile del paziente fi-nito allo agente infinito. Questo si vede si poniamoper corpo infinito A, per corpo finito B; e per cheogni moto è in tempo, sia il tempo G, nel qual tempoA o muove o è mosso. Prendiamo appresso un corpodi minor grandezza, il quale è B; e sia la linea D agen-te circa un altro corpo (il qual corpo sia H) compita-mente, nel medesimo tempo G: da questo veramentesi vedrà che sarà proporzione di D agente minore a Bagente maggiore, sì come è proporzione del pazientefinito H alla parte finita A, la qual parte sia AZ. Orquando mutaremo la proporzione del primo agente alterzo paziente, come è proporzione del secondo agen-te al quarto paziente, cioè sarà proporzione di D adH, come è la proporzione di B ad AZ; B veramente,nel medesimo tempo G, sarà agente perfetto in cosafinita e cosa infinita, ciò è in AZ parte de l’infinito etA infinito. Questo è impossibile; dumque il corpo in-finito non può essere agente né paziente: perché doipazienti equali patiscono equalmente nel medesimotempo dal medesimo agente, et il paziente minore pa-tisce dal medesimo agente in tempo minore, il mag-

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giore paziente in maggior tempo. Oltre, quando sonoagenti diversi in tempo equale, e si complisce la lorazzione, verrà ad essere proporzione dell’agenteall’agente, come è proporzione del paziente al pazien-te. Oltre, ogni agente opra nel paziente in tempo fini-to (parlo di quello agente che viene a fine della sua az-zione, non di quello di cui il moto è continuo, comepuò esser solo il moto della translazione), perché èimpossibile che sia azzion finita in tempo infinito. Ec-co dumque primieramente manifesto come il finitonon può aver azzion compita nell’infinito.

G tempo.A paziente infinito. B agente finito maggiore.A (parte del infinito) Z.H paziente finito. D agente finito minore.

Secondo, si mostra medesimamente che «l’infinitonon può essere agente in cosa finita». Sia l’agente in-finito A, et il paziente finito B, e ponemo che A infi-nito è agente in B finito, in tempo finito G. Appressosia il corpo finito D agente nella parte di B, ciò è BZ,in medesimo tempo G. Certamente sarà proporzionedel paziente BZ a tutto B paziente, come è proporzio-ne di D agente all’altro agente finito H; et essendomutata proporzione di D agente a BZ paziente, sì co-me la proporzione di H agente a tutto B, per conse-guenza B sarà mosso da H in medesimo tempo in cuiBZ vien mosso da D, cioè in tempo G, nel qual tempoB è mosso dal infinito agente A: il che è impossibile.La quale impossibilità séguita da quel ch’abbiamodetto: cioè che, si cosa infinita opra in tempo finito,bisogna che l’azzione non sia in tempo, perché tra ilfinito e l’infinito non è proporzione. Dumque ponen-do noi doi agenti diversi, li quali abbiano medesimaazzione in medesimo paziente, necessariamente l’az-

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zion di quelli sarà in dei tempi diversi; e sarà propor-zion di tempo a tempo: come di agente ad agente.Ma se ponemo doi agenti, de quali l’uno è infinito,l’altro finito, aver medesima azzione in un medesimopaziente, sarà necessario dire l’un di doi, o che l’az-zion de l’infinito sia in uno istante, over che l’azzionedell’agente finito sia in tempo infinito: l’uno e l’altroè impossibile.

G tempo.A agente infinito.

H agente finito. B paziente finito.D agente finito. B (parte del finito paziente) Z.

Terzo, si fa manifesto, come «il corpo infinito nonpuò oprare in corpo infinito». Perché, come è statodetto nella Fisica ascoltazione, è impossibile che l’az-zione o passione sia senza compimento: essendodumque dimostrato che mai può esser compita l’az-zion dell’infinito in uno infinito, si potrà conchiudereche tra essi non può essere azzione. Poniamo dumquedei infiniti, de quali l’uno sia B, il il quale sia pazienteda A in tempo finito G, perché l’azzion finita necessa-riamente è in tempo finito. Poniamo appresso che laparte del paziente BD patisce da A: certo sarà manife-sto che la passion di questo viene ad essere in tempominore che il tempo G; e sia questa parte significataper Z. Sarà dumque proporzione del tempo Z al tem-po G, sì come è proporzione di BD, parte del pazienteinfinito, alla parte maggiore dell’infinito, ciò è a B; equesta parte sia significata per BDH, la quale è pa-ziente da A nel tempo finito G; e nel medesimo tem-po già da quello è stato paziente tutto l’infinito B: ilche è falso, perché è impossibile che sieno doi pazien-ti, de quali l’uno sia infinito e l’altro finito, che pati-

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scano da medesimo agente, per medesima azzione,nel medesimo tempo; sia pur finito o (come abbiamoposto) infinito l’efficiente.

Tempo finito.G Z

A infinito agente.Infinito paziente.

B D H

filoteo Tutto quel che dice Aristotele, voglio che siaben detto quando sarà bene applicato e quando con-cluderà a proposito: ma (come abbiamo detto) non èfilosofo ch’abbia parlato de l’infinito, dal cui modo diponere ne possano seguitare cotali inconvenienti.Tuttavia, non per rispondere a quel che dice, perchénon è contrario a noi, ma solo per contemplare l’im-portanza de le sue sentenze, essaminiamo il suo mododi raggionare. Prima dumque nel suo supponere pro-cede per non naturali fondamenti, volendo prenderequesta e quella parte de l’infinito; essendo che l’infi-nito non può aver parte, se non vogliamo dir pure chequella parte è infinita: essendo che implica contradiz-zione che ne l’infinito sia parte maggiore e parte mi-nore e parte che abbia maggiore e minore proporzio-ne a quello; essendo che all’infinito non più ti aviciniper il centinaio che per il temario: perché non menode infiniti ternarii che de infiniti centenarii costa ilnumero infinito. La dimensione infinita non è menode infiniti piedi che de infinite miglia: però quandovogliamo dir le parti dell’infinita dimensione, non di-ciamo cento miglia, mille parasanghe; perché questenientemanco posson esser dette parti del finito, e ve-ramente son parti del finito solamente al cui tuttohanno proporzione, e non possono essere e non den-no esser stimate parti de quello a cui non hanno pro-

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porzione. Cossì mille anni non son parte dell’eternità,perché non hanno proporzione al tutto: ma si beneson parti di qualche misura di tempo, come di diecemille anni, di cento mila secoli.

elpino Or dumque fatemi intendere: quali direte cheson le parti dell’infinita durazione?

filoteo Le parti proporzionali della durazione, lequali hanno proporzione nella durazione e tempo, manon già ne l’infinita durazione e tempo infinito; per-ché in quello il tempo massimo, cioè la grandissimaparte proporzionale della durazione, viene ad essereequivalente alla minima, atteso che non son più gl’in-finiti secoli che le infinite ore: dico che ne l’infinitadurazione, che è l’eternità, non sono più le ore che glisecoli; di sorte che ogni cosa che si dice parte de l’in-finito, in quanto che è parte de l’infinito, è infinitacossì nell’infinita durazione come ne l’infinita mole.Da questa dottrina possete considerare quanto sia cir-conspetto Aristotele nelle sue supposizioni quandoprende le parti finite de lo infinito; e quanta sia la for-za delle raggioni di alcuni teologi quando dalla eter-nità del tempo vogliono inferir lo inconveniente ditanti infiniti maggiori l’uno de l’altro, quante possonoesser specie di numeri. Da questa dottrina dico avetemodo di estricarvi da innumerabili labirinti.

elpino Particolarmente di quello che fa al propositonostro de gl’infiniti passi et infinite miglia che verre-bono a fare un infinito minore et un altro infinitomaggiore nell’inmensitudine de l’universo. Or segui-tate.

filoteo Secondo, nel suo inferire non procede demo-strativamente Aristotele. Perché da quel che l’univer-so è infinito e che in esso (non dico di esso, perché al-tro è dir parti nell’infinito, altro parti dell’infinito)sieno infinite parti che hanno tutte azzione e passio-ne, e per conseguenza trasmutazione intra de loro,

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vuole inferire o che l’infinito abbia azzione o passionenel finito o dal finito, over che l’infinito abbia azzionenel infinito, e questo patisca e sia trasmutato da quel-lo. Questa illazione diciamo noi che non vale fisica-mente, benché logicamente sia vera: atteso che quan-tumque computando con la raggione ritroviamoinfinite parti che sono attive, et infinite che sono pas-sive, e queste sieno prese come un contrario, e quellecome un altro contrario; nella natura poi (per essernoqueste parti disgionte e separate, e con particolari ter-mini divise, come veggiamo) non ne forzano né incli-nano a dire che l’infinito sia agente o paziente, ma chenell’infinito parte finite innumerabili hanno azzione epassione. Concedesi dumque, non che l’infinito siamobile et alterabile, ma che in esso sieno infiniti mo-bili et alterabili; non che il finito patisca da l’infinito,né che l’infinito dal finito, né l’infinito da l’infinito se-condo fisica e naturale infinità, ma secondo quellache procede da una logica e razionale aggregazione,che tutti gravi computa in un grave, benché tutti gravinon sieno un grave. Stante dumque l’infinito e tuttoinmobile, inalterabile, incorrottibile, in quello posso-no essere, e vi son moti et alterazioni innumerabili etinfiniti, perfetti e compiti. Giongi a quel ch’è detto,che dato che sieno doi corpi infiniti da un lato, che dal’altro lato vegnano a terminarsi l’un l’altro, non se-guitarà da questo quel che Aristotele pensa che neces-sariamente séguita, cioè che l’azzione e passione sare-bono infinite; atteso che se di questi doi corpi l’uno èagente in l’altro, non sarà agente secondo tutta la suadimensione e grandezza: perché non è vicino, prossi-mo, gionto e continuato a l’altro secondo tutta quella,e secondo tutte le parti di quella. Perché poniamo ca-so che sieno doi infiniti corpi A e B, gli quali son con-tinuati o congionti insieme nella linea o superficieFG: certo non verranno ad oprar l’uno contra l’altro

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secondo tutta la virtù; perché non sono propinquil’uno a l’altro secondo tutte le parti: essendo che lacontinuazione non possa essere se non in qualche ter-mine finito. E dico di vantaggio che benché suppo-niamo quella superficie o linea essere infinita, non se-guitarà per questo che gli corpi continuati in quellacaggionino azzione e passione infinita; perché non so-no intense, ma estense, come le parti sono estense:onde aviene che in nessuna parte l’infinito opra se-condo tutta la sua virtù, ma estensivamente secondoparte e parte, discreta e separatamente.

10 1 F A M

A 20 2 B N B30 3 C O40 4 G D P

Come per essempio le parti di doi corpi contrarii chepossono alterarsi sono le vicine, come A et 1, B e 2, Ce 3, D e 4, e cossì discorrendo in infinito: dove maipotrai verificare azzione intensivamente infinita, per-ché di que’ doi corpi le parti non si possono alterareoltre certa e determinata distanza; e però M e 10, N e20, O e 30, P e 40, non hanno attitudine ad alterarsi.Ecco dumque come, posti doi corpi infiniti, non se-guitarebe azzione infinita. Dico ancora di vantaggio,che quantumque si suppena e conceda che questi doicorpi infiniti potessero aver azzion l’un contra l’altrointensivamente, e secondo tutta la loro virtù riferirsel’uno a l’altro, per questo non seguitarebe affetto diazzione né passione alcuna; perché non meno l’uno èvalente ripugnando e risistendo, che l’altro possa es-sere impugnando et insistendo, e però non seguitarre-be alterazione alcuna. Ecco dumque come da doi infi-niti contrarii contraposti, o séguita alterazione finita,o séguita nulla a fatto.

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elpino Or che direte al supposito de l’un corpo con-trario finito e l’altro infinito, come se la terra fusse uncorpo freddo et il cielo fusse il fuoco, e tutti gli astrifuochi et il cielo inmenso e gli astri innumerabili? Vo-lete che per questo séguite quel che induce Aristotele,che il finito sarebbe assorbito da l’infinito?

filoteo Certo non: come si può rapportar da quelch’abbiamo detto. Perché essendo la virtù corporaledistesa per dimensione di corpo infinito, non verrebead essere efficiente contra il finito con vigore e virtùinfinita, ma con quello che può diffondere dalle partifinite, e secondo certa distanza rimosse: atteso che èimpossibile che opre secondo tutte le parti, ma secon-do le prossime solamente, come si vede nella prece-dente demostrazione: dove presupponiamo A e B deicorpi infiniti; li quali non sono atti a transmutar l’unl’altro, se non per le parti che sono della distanza tra10, 20, 30, 40, et M, N, O, P; e per tanto nulla impor-ta per far maggior e più vigorosa azzione, quantum-que il corpo B corra e cresca in infinito, et il corpo Arimagna finito. Ecco dumque come da doi contrariicontraposti sempre séguita azzione finita et alterazio-ne finita: non meno supponendo di ambi doi infinitol’uno, e l’altro finito, che supponendo infinito l’uno el’altro.

elpino Mi avete molto satisfatto, di sorte che mi parcosa soverchia di apportar quell’altre raggioni salvati-cine con le quali vuol dimostrar che estra il cielo nonsia corpo infinito; come quella che dice: «Ogni corpoche è in loco è sensibile; ma estra il cielo non è corposensibile: dumque non vi è loco». O pur cossì: «Ognicorpo sensibile è in loco; extra il cielo non è loco:dumque non vi è corpo; anzi manco vi è extra, perchéextra significa differenza di loco, e di loco sensibile, enon spirituale et intelligibile corpo, come alcuno po-trebe dire: se è sensibile, è finito».

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filoteo Io credo et intendo che oltre et oltre quellamargine imaginata del cielo, sempre sia eterea regio-ne, e corpi mondani, astri, terre, soli; e tutti sensibiliabsolutamente, secondo sé et a quelli che vi sono odentro o da presso: benché non sieno sensibili a noiper la lor lontananza e distanza. Et in questo mentreconsiderate qual fondamento prende costui, che daquel che non abbiamo corpo sensibile oltre l’imagina-ta circonferenza, vuole che non sia corpo alcuno: eperò lui si fermò a non credere altro corpo che l’otta-va sfera, oltre la quale gli astrologi di suoi tempi nonaveano compreso altro cielo. E per ciò che la vertigineapparente del mondo circa la terra referirno sempread un primo mobile sopra tutti gli altri, puosero fon-damenti tali, che senza fine sempre oltre sono andatigiongendo sfera a sfera; et hanno trovate l’altre senzastelle, e per consequenza senza corpi sensibili: in tan-to che le astrologice supposizioni e fantasie condan-nano questa sentenza. Viene assai più condannata daquei che meglio intendano qualmente gli corpi che sidicono appartenere all’ottavo cielo non meno hannodistinzion tra essi di maggiore e minor distanza dallasuperficie della terra, che gli altri sette: perché la rag-gione della loro equidistanza depende solo dal falsis-simo supposito della fission de la terra; contra il qualecrida tutta la natura, e proclama ogni raggione, e sen-tenzia ogni regolato e ben informato intelletto al fine.Pur sia come si vuole, è detto contra ogni raggioneche ivi finisca e si termine l’universo dove l’attatto delnostro senso si conchiude; perché la sensibilità è cau-sa da far inferir che gli corpi sono: ma la negazion diquella, la quale può esser per difetto della potenzasensitiva e non dell’ogetto sensibile, non è sufficientené per lieve suspizione che gli corpi non sieno. Perchése la verità dependesse da simil sensibilità, sarebbonotali gli corpi che appaiono tanto propinqui et aderen-

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ti l’uno all’altro. Ma noi giudichiamo che tal stella parminore nel firmamento, et è detta della quarta e quin-ta grandezza, che sarà molto maggiore di quella che èdetta della seconda e prima; nel giudicio della qualese inganna il senso che non è potente a conoscere laraggione della distanza maggiore; e noi da questo, cheabbiamo conosciuto il moto della terra, sappiamo chequei mondi non hanno tale equidistanza da questo, eche non sono come in uno deferente.

elpino Volete dire che non sono come impiastrati inuna medesima cupola: cosa indegna che gli fanciulli lapossano imaginare, che forse crederebono che se nonfussero attaccati alla tribuna e lamina celeste con buo-na colla, o ver inchiodati con tenacissimi chiodi, cade-rebono sopra di noi non altrimente che gli grandinidall’aria vicino. Volete dire che quelle altre tante terreet altri tanti spaciosissimi corpi tegnono le loro regio-ni e sue distanze nell’etereo campo, non altrimenteche questa terra, che con la sua rivoluzione fa apparirche tutti insieme come concatenati si svolgano circalei. Volete dire che non bisogna accettare corpo spiri-tuale extra l’ottava o nona sfera; ma che questo mede-simo aere, come è circa la terra, la luna, il sole, conti-nente di quelli, cossì si va amplificando in infinito allacontinenza di altri infiniti astri e grandi animali: equesto aere viene ad essere loco comune et universa-le, e che tiene infinito spacioso seno non altrimentecontinente in tutto l’universo infinito che in questospacio sensibile a noi per tante e sì numerose lampe.Volete che non sia l’aria e questo corpo continenteche si muova circularmente, o che rapisca gli astri co-me la terra e la luna et altri; ma che quelli si muovanodalla propria anima per gli suoi spacii, avendono tuttique’ proprii moti che sono oltre quel mondano cheper il moto della terra appare, et oltre altri che ap-paiono comuni a tutti gli astri, come attaccati ad un

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mobil corpo, i quali tutti hanno apparenza per le di-verse differenze di moto di questo astro in cui siamo,e di cui il moto è insensibile a noi. Volete per conse-quenza che l’aria e le parti che si prendeno nell’eterearegione non hanno moto se non di restrizzione et am-plificazione, il quale bisogna che sia per il progressodi questi solidi corpi per quello; mentre gli uni s’aggi-rano circa gli altri, e mentre fa di mestiero che questospiritual corpo empia il tutto.

filoteo Vero. Oltre dico, che questo infinito et in-menso è uno animale, benché non abia determinatafigura, e senso che si referisca a cose esteriori: perchélui ha tutta l’anima in sé, e tutto lo animato compren-de, et è tutto quello. Oltre dico non seguitar inconve-niente alcuno, come di doi infiniti; perché, il mondoessendo animato corpo, in esso è infinita virtù motri-ce et infinito soggetto di mobilità, nel modo che ab-biamo detto, discretamente: perché il tutto continuoè immobile, tanto di moto circulare, il quale è circa ilmezzo, quanto di moto retto, che è dal mezzo o almezzo; essendo che non abbia mezzo né estremo. Di-ciamo oltre, che moto di grave e leve non solo non èconveniente a l’infinito corpo, ma né manco a corpointiero e perfetto che sia in quello, né a parte di alcundi questi la quale è nel suo loco e gode la sua naturaldisposizione. E ritorno a dire che nulla è grave o lieveassoluta ma rispettivamente: dico al riguardo del locoverso al quale le parti diffuse e disperse si ritirano econgregano. E questo baste aver considerato oggiquanto a l’infinita mole del universo; e domani viaspettarò per quel che volete intendere quanto agl’infiniti mondi che sono in quello.

elpino Io benché per questa dottrina mi creda esserfatto capace di quell’altra, tuttavolta per la speranzadi udir altre cose particolari e degne ritornerò.

fracastorio Et io verrò ad essere auditore solamente.

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burchio Et io che come a poco a poco, più e più mivo accostando all’intendervi, cossì a mano a mano ve-gno a stimar verisimile e forse vero quel che dite.

fine del secondo dialogo

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DIALOGO TERZO

filoteo Uno dumque è il cielo, il spacio immenso, ilseno, il continente universale, l’eterea regione per laquale il tutto discorre e si muove. Ivi innumerabilistelle, astri, globi, soli e terre sensibilmente si veggo-no, et infiniti raggionevolmente si argumentano.L’universo immenso et infinito è il composto che re-sulta da tal spacio e tanti compresi corpi.

elpino Tanto che non son sfere di superficie concavae convessa, non sono gli orbi deferenti: ma tutto è uncampo, tutto è un ricetto generale.

filoteo Cossì è.elpino Quello dumque che ha fatto imaginar diversi

cieli, son stati gli diversi moti astrali, con questo, chesi vedeva un cielo colmo di stelle svoltarsi circa la ter-ra, senza che di que’ lumi in modo alcuno si vedessel’uno allontanarsi da l’altro: ma serbando sempre lamedesima distanza e relazione insieme con certo ordi-ne, si versavano circa la terra non altrimente che unaruota, in cui sono inchiodati specchi innumerabili, sirivolge circa il proprio asse. Là onde è stimato evi-dentissimo come al senso de gli occhi, che a que’ lu-minosi corpi non si conviene moto proprio, come essidiscorrer possano qual ucelli per l’aria: ma per la re-voluzion de gli orbi ne’ quali sono affissi, fatta dal di-vino polso di qualche intelligenza.

filoteo Cossì comunmente si crede: ma questa imagi-nazione (compreso che sarà il moto di questo astromondano in cui siamo, che senza essere affisso ad or-be alcuno, per il generale e spacioso campo, essagita-to dall’intrinseco principio, propria anima e natura,discorre circa il sole e si versa circa il proprio centro)averrà che sia tolta: e s’aprirà la porta de l’intelligenzade gli principii veri di cose naturali, et a gran passi

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potremo discorrere per il camino della verità; la qualeascosa sotto il velame di tante sordide e bestiale ima-ginazioni, sino al presente è stata occolta, per l’ingiu-ria del tempo e vicissitudine de le cose, dopo che algiorno de gli antichi sapienti succese la caliginosanotte di temerari sofisti:

Non sta: si svolge e giraquanto nel ciel e sott’il ciel si mira.Ogni cosa discorre or alto or basso,benché sie’n lungo o’n breve,o sia grave o sia leve;e forse tutto va al medesmo passoet al medesmo punto:tanto il tutto discorre sin ch’è giunto.Tanto gira sozzopra l’acqua il buglio,ch’una medesma parteor di su in giù, or di giù in su, si parte;e il medesmo garbugliomedesme tutte sorti a tutti imparte.

elpino Certo non è dubio alcuno che quella fantasiade gli stelliferi, fiammiferi, de gli assi, de gli deferenti,del serviggio de gli epicicli, e di altre chimere assai,non è caggionata da altro principio che dal imaginarsi(come appare) questa terra essere nel mezzo e centrode l’universo: e che essendo lei sola inmobile e fissa, iltutto vegna a svoltargliesi circa.

filoteo Questo medesimo appare a quei che sono nela luna e ne gli altri astri che sono in questo medesimospacio, che sono o terre o soli.

elpino Supposto dumque per ora che la terra con ilsuo moto caggiona questa apparenza del moto diurnoe mondano, e con le diverse differenze di cotal motocaggiona que’ tutti che si veggono medesimi conveni-re a stelle innumerabili, noi rimarremo a dire che laluna (che è un’altra terra) si muova da per lei per

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l’aria circa il sole. Medesimamente Venere, Mercurioe gli altri che son pur altre terre, fanno i lor discorsicirca il medesimo padre de vita.

filoteo Cossì è.[elpino] Moti proprii di ciascuno son quei che si veggo-

no, oltre questo moto detto mondano, e proprii de lechiamate fisse (de quali l’uno e l’altro si denno referi-re alla terra): e cotai moti sono di più che di tante dif-ferenze, che quanti son corpi; di sorte che mai si ve-dranno doi astri convenire in uno e medesimo ordinee misura di moto, se si vedrà moto in quelli tutti: qua-li non mostrano variazione alcuna per la gran distanzache hanno da noi. Quelli quantumque facciano lor gi-ri circa il fuoco solare, e circa i proprii centri si con-vertano per la participazione del vital calore, le diffe-renze de loro approssimarsi e lontanarsi non possonoessere da noi comprese.

filoteo Cossì è.elpino Sono dumque soli innumerabili, sono terre in-

finite che similmente circuiscono que’ soli; come veg-giamo questi sette circuire questo sole a noi vicino.

filoteo Cossì è.elpino Come dumque circa altri lumi, che sieno gli so-

li, non veggiamo discorrere altri lumi, che sieno le ter-re, ma oltre questi non possiamo comprendere motoalcuno; e tutti gli altri mondani corpi (eccetto ancorquei che son detti comete) si veggono sempre in me-desima disposizione e distanza?

filoteo La raggione è, perché noi veggiamo gli soli, cheson gli più grandi, anzi grandissimi corpi: ma non veg-giamo le terre, le quali per esserno corpi molto minori,sono invisibili; come non è contra raggione che sienodi altre terre ancora che versano circa questo sole, enon sono a noi manifeste o per lontananza maggiore oper quantità minore, o per non aver molta superficied’acqua, o pur per non aver detta superficie rivolta a

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noi et opposta al sole, per la quale come un cristallinospechio concependo i luminosi raggi si rende visibile.Là onde non è maraviglia, né cosa contra natura, chemolte volte vediamo il sole essere alcunamente eclissa-to, senza che tra lui e la nostra vista si venesse ad inter-porre la luna. Oltre di visibili possono essere anco in-numerabili acquosi lumi (cioè terre de le quali le acquison parte) che circuiscano il sole; ma la differenza delloro circuito è insensibile per la distanza grande; ondein quel tardissimo moto, che si comprende in quelliche sono visibili sopra o oltre Saturno, non si vede dif-ferenza del moto de gli uni e moto de gli altri, né tam-poco regola nel moto di tutti circa il mezzo, o poniamomezzo la terra, o si pona mezzo il sole.

elpino Come volevi dumque che tutti, quantumquedistantissimi dal mezzo, cioè dal sole, potessero rag-gionevolmente participare il vital calore da quello?

filoteo Da questo, che quanto più sono lontani, fan-no tanto maggior circolo; quanto più gran circolo fan-no, tanto più tardi si muoveno circa il sole; quantopiù si muoveno tardi, tanto più resistono a gli caldi etinfocati raggi di quello.

elpino Volevate dumque che que’ corpi, benché fusse-ro tanto discosti dal sole, possono però participar tantocalor che baste; perché voltandosi più velocemente cir-ca il proprio centro e più tardi circa il sole, possononon solamente partecipar altre tanto calore, ma ancordi vantaggio se bisognasse: atteso che per il moto piùveloce circa il proprio centro, la medesima parte delconvesso de la terra che non fu tanto scaldata, più pre-sto tomi a ristorarsi; per il moto più tardo circa il mez-zo focoso, e star più saldo all’impression di quello, ve-gna a ricevere più vigorosi gli fiammiferi raggi?

[filoteo Cossì è.]elpino Dumque volete che se gli astri che sono oltre

Saturno, come appaiono, sono veramente immobili,

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verranno ad essere gli innumerabili soli o fuochi più emeno a noi sensibili, circa gli quali discorrono le pro-pinque terre a noi insensibili?

filoteo Cossì bisognarebbe dire, atteso che tutte leterre son degne di aver la medesima raggione, e tuttigli soli la medesima.

elpino Volete per questo che tutti quelli sieno soli?filoteo Non, perché non so se tutti o la maggior parte

sieno inmobili, o se di quelli alcuni si gireno circa gli al-tri: perché non è chi l’abbia osservato, et oltre non è fa-cile ad osservare; come non facilmente si vede il moto eprogresso di una cosa lontana, la quale a gran trattonon facilmente si vede cangiata di loco, sicome accadenel veder le navi poste in alto mare. Ma sia come sivuole, essendo l’universo infinito, bisogna al fine chesieno più soli: perché è impossibile che il calore e lumedi uno particolare possa diffondersi per l’immenso, co-me poté imaginarsi Epicuro, se è vero quel che altri ri-feriscono. Per tanto si richiede anco che sieno soli in-numerabili ancora, de quali molti sono a noi visibili inspecie di picciol corpo: ma tale parrà minor astro chesarà molto maggior di quello che ne pare massimo.

elpino Tutto questo deve al meno esser giudicato pos-sibile e conveniente.

filoteo Circa quelli possono versarsi terre di piùgrande e più picciola mole che questa.

elpino Come conoscerò la differenza? come, dico, di-stinguerò gli fuochi da le terre?

filoteo Da quel che gli fuochi son fissi e le terre mo-bili, da che gli fuochi scintillano e le terre non: dequai segni il secondo è più sensibile che il primo.

elpino Dicono che l’apparenza del scintillare procededalla distanza da noi.

filoteo Se ciò fusse, il sole non scintillarebbe più ditutti; e gli astri minori che son più lontani, scintillare-bono più che gli maggiori che son più vicini.

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elpino Volete che gli mondi ignei sieno cossì abitaticome gli aquei?

filoteo Niente peggio e niente manco.elpino Ma che animali possono vivere nel fuoco?filoteo Non vogliate credere che quelli sieno corpi

de parti similari; perché non sarebono mondi, mamasse vacue, vane e sterili. Però è conveniente e natu-rale ch’abbiano la diversità de le parti, come questa etaltre terre hanno la diversità di proprii membri, ben-ché questi sieno sensibili come acqui illustrate, e quel-li come luminose fiamme.

elpino Credete che quanto alla consistenza e soliditàla materia prossima del sole sia pur quella che è mate-ria prossima de la terra? (perché so che non dubitateessere una la materia primiera del tutto).

filoteo Cossì è certo; lo intese il Timeo, lo confirmòPlatone, tutti veri filosofi [l’]han conosciuto, pochil’hanno esplicato, nessuno a tempi nostri s’è ritrovatoche l’abbia inteso, anzi molti con mille modi vannoturbando l’intelligenza: il che è avenuto per la corroz-zion de l’abito, e difetto di principio.

elpino A questo modo d’intendere se non è pervenu-ta, pur pare che s’accoste la Dotta ignoranza del Cusa-no, quando parlando de le condizioni de la terra dicequesta sentenza: «Non dovete stimare che da la oscu-rità e negro colore possiamo argumentare che il corpoterreno sia vile e più de gli altri ignobile; per che senoi fussimo abitatori del sole, non vedremmo cotalchiarezza che in quello veggiamo da questa regionecircumferenziale a lui. Oltre ch’al presente se noi benbene fissaremo l’occhio in quello, scuopriremo ch’haverso il suo mezzo quasi una terra, o pur come unumido et uno nuvoloso corpo che come da un cerchiocircumferenziale diffonde il chiaro e radiante lume:onde non meno egli che la terra viene ad esser com-posto di proprii elementi».

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filoteo Sin qua dice divinamente; ma seguitate ap-portando quel che soggionge.

elpino Per quel che soggionge si può dar ad intendereche questa terra sia un altro sole, e che tutti gli astri sie-no medesimamente soli. Dice cossì: «S’alcuno fusse ol-tre la region del fuoco, verrebe questa terra ad apparireuna lucida stella nella circumferenza della sua regioneper mezzo del fuoco; non altrimente che a noi che sia-mo nella circumferenza della region del sole, apparelucidissimo il sole; e la luna non appare similmente lu-cida: perché forse circa la circumferenza di quella noisiamo verso le parti più mezzane, o (come dice lui) cen-trali, cioè nella region umida et acquosa di quella; e pertanto, benché abbia il proprio lume, nulla di meno nonappare: e solo veggiamo quello che nella superficieaquea vien caggionato dalla reflession del lume solare».

filoteo Ha molto conosciuto e visto questo galant’uo-mo, et è veramente uno de particularissimi ingegnich’abbiano spirato sotto questo aria: ma quantoall’apprension de la verità, ha fatto qual nuotatore datempestosi flutti or messo alto, or basso; per che nonvedea il lume continuo, aperto e chiaro, e non nuota-va come in piano e tranquillo, ma interrottamente econ certi intervalli. La raggion di questo è che lui nonavea evacuati tutti gli falsi principii de quali era imbi-bito dalla commune dottrina onde era partito; di sorteche forse per industria gli vien molto a proposito la in-titulazion fatta al suo libro Della dotta ignoranza, odella ignorante dottrina.

elpino Quale è quel principio che lui non ha evacua-to, e dovea evacuarsi?

filoteo Che l’elemento del foco sia come l’aria attritodal moto del cielo, e che il foco sia un corpo sottilissi-mo; contra quella realità e verità che ne si fa manifestaper quel che ad altri propositi e ne gli discorsi propriiconsideramo: dove si conchiude esser necessario che

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sia cossì un principio materiale solido e consistente delcaldo, come del freddo corpo; e che l’eterea regionenon può esser di fuoco, né fuoco: ma infocata et accesadal vicino solido e spesso corpo, quale è il sole. Tantoche dove naturalmente possiamo parlare, non è mestie-ro di far ricorso alle matematiche fantasie. Veggiamo laterra aver le parti tutte le quali da per sé non sono luci-de; veggiamo che alcune possono lucere per altro, co-me la sua acqua, il suo aria vaporoso, che accoglieno ilcalore e lume dal sole e possono transfondere l’uno el’altro alle circostante regioni. Per tanto è necessarioche sia un primo corpo al quale convegna insieme esse-re per sé lucido e per sé caldo: e tale non può essere senon è constante, spesso e denso; perché il corpo raro etenue non può essere suggetto di lume né di calore, co-me altre volte si dimostra da noi al suo proposito. Biso-gna dumque al fine che li doi fondamenti de le duecontrarie prime qualitadi attive sieno similmente con-stanti, e che il sole, secondo quelle parti che in lui sonlucide e calde, sia come una pietra o un solidissimoinfocato metallo: non dirò metallo liquabile, quale ilpiombo, il bronzo, l’oro, l’argento; ma qual metallo illi-quabile, non già ferro che è infocato, ma qual ferro cheè foco istesso; e che come questo astro in cui siamo persé è freddo et oscure, niente partecipe di calore e lume,se non quanto è scaldato dal sole, cossì quello è da persé caldo e luminoso, niente partecipe di freddezza etopacità, se non quanto è rinfrescato da circonstanticorpi, et ha in sé parti di acqua come la terra ha parti difuoco. E però come in questo corpo freddissimo, e pri-mo freddo et opaco, sono animali che vivono per il cal-do e lume del sole, cossì in quello caldissimo e lucenteson quei che vegetano per la refrigirazione di circostan-ti freddi: e sicome questo corpo è per certa participa-zione caldo nelle sue parti dissimilari, talmente quello èsecondo certa participazione freddo nelle sue.

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elpino Or che dite del lume?filoteo Dico che il sole non luce al sole, la terra non

luce a la terra, nessuno corpo luce in sé, ma ogni lu-minoso luce nel spacio circa lui. Però, quantumque laterra sia un corpo luminoso per gli raggi del sole nellasuperficie cristallina, il suo lume non è sensibile a noi,né a color che si trovano in tal superficie: ma a queiche sono a l’apposito di quella. Come oltre, dato chetutta la superficie del mare la notte sia illustrata dalsplendor de la luna, a quelli però che vanno per il ma-re, non appare se non in quanto a certo spacio che è al’apposito verso la luna; a i quali se fusse dato di alzar-si più e più verso l’aria sopra il mare, sempre più e piùgli verrebbe a crescere la dimension del lume, e vede-re più spacio di luminoso campo. Quindi facilissima-mente si può tirare qualmente quei che sono ne gliastri luminosi o pure illuminati, non hanno sensibile illume del suo astro, ma quello de circostanti; come nelmedesimo loco comune, un loco particolare prendelume dal differente loco particulare.

elpino Dumque volete dire ch’a gli animanti solarinon fa giorno il sole, ma altra circostante stella?

filoteo Cossì è: non la capite?elpino Chi non lo capirebbe? anzi per questo consi-

derare vegno a capir altre cose assai, per conseguen-za. Son dumque due sorte di corpi luminosi: ignei, equesti son luminosi primariamente; et acquei over cri-stallini, e questi sono secondariamente lucidi.

filoteo Cossì è.elpino Dumque la raggione del lume non si deve refe-

rire ad altro principio?filoteo Come può essere altrimente, non conoscen-

dosi da noi altro fondamento di lume? perché voglia-mo appoggiarci a vane fantasie, dove la esperienzaistessa ne ammaestra?

filoteo È vero che non doviamo pensare que’ corpi

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aver lume per certo inconstante accidente, come leputredini di legni, le scaglie e viscose grume di pesci,o qual fragilissimo dorso di nitedole e mosche nottilu-che, de la raggione del cui lume altre volte ne raggio-naremo.

filoteo Come vi parrà.elpino Cossì dumque non altrimente s’ingannano

quelli che dicono gli circostanti luminosi corpi esserecerte quinte essenze, certe divine corporee sustanzedi natura al contrario di queste che sono appresso dinoi, et appresso le quali noi siamo: che quei che dices-sero il medesimo di una candela, o di un cristallo lu-cente visto da lontano.

filoteo Certo.fracastorio In vero questo è conforme ad ogni sen-

so, raggione et intelletto.burchio Non già al mio, che giudica facilmente que-

sto vostro parere una dolce sofisticaria.filoteo Rispondi a costui tu, Fracastorio, per che io

et Elpino, che abbiamo discorso molto, vi staremo adudire.

fracastorio Dolce mio Burchio, io per me ti pono inluogo di Aristotele, et io voglio essere in luogo di unoidiota e rustico che confessa saper nulla, presuppone diaver inteso niente e di quello che dice et intende il Filo-teo, e di quello che intende Aristotele e tutto il mondoancora. Credo alla moltitudine, credo al nome della fa-ma e maestà de l’autorità peripatetica, admiro insiemecon una innumerabile moltitudine la divinità di questodemonio de la natura: ma per ciò ne vegno a te per es-sere informato de la verità, e liberarmi dalla persuasio-ne di questo che tu chiami sofista. Or vi dimando, perqual caggione voi dite esser grandissima, o pur grande,o pur quanto e qualsivoglia differenza tra que’ corpicelesti e questi che sono appresso di noi?

burchio Quelli son divini, questi sono materialacci.

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fracastorio Come mi farrete vedere e credere chequelli sieno più divini?

burchio Perché quelli sono impassibili, inalterabili,incorrottibili et eterni: e questi al contrario; quellimobili di moto circulare e perfettissimo, questi di mo-to retto.

fracastorio Vorrei sapere se dopo ch’arrete ben con-siderato, giurareste questo corpo unico (che tu inten-di come tre o quattro corpi, e non capisci come mem-bri di medesimo composto) non esser mobile cossìcome gli altri astri mobili, posto che il moto di quellinon è sensibile perché ne siamo oltre certa distanzarimossi; e questo se è, non ne può esser sensibile: per-ché, come han notato gli antichi e moderni veri con-templatori della natura, e come per esperienza ne famanifesto in mille maniere il senso, non possiamo ap-prendere il moto se non per certa comparazione e re-lazione a qualche cosa fissa; perché, tolto uno chenon sappia che l’acqua corre, e che non vegga le ripe,trovandosi in mezzo l’acqui entro una corrente nave,non arrebe senso del moto di quella. Da questo potreientrare in dubio et essere ambiguo di questa quiete efissione; e posso stimare che s’io fusse nel sole, nellaluna et altre stelle, sempre mi parrebe essere nel cen-tro del mondo immobile circa il quale tutto il circo-stante vegna a svolgersi, svolgendosi però quel corpocontinente in cui mi trovo, circa il proprio centro. Ec-co come non son certo della differenza del mobile estabile. Quanto a quel che dici del moto retto, certocossì non veggiamo questo corpo muoversi per linearetta, come anco non veggiamo gli altri. La terra se el-la si muove, si muove circularmente come gli altriastri, qualmente Egesia, Platone e tutti savi dicono, econceder deve Aristotele et ogn’altro. E della terraquello che noi veggiamo montare e descendere non ètutto il globo: ma certe particelle di quello, le quali

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non si allontanano oltre quella regione che è compu-tata tra le parti e membri di questo globo, nel qualecome in uno animale è lo efflusso et influsso de parti,e certa vicissitudine e certa commutazione e rinova-zione. Il che tutto se medesimamente è ne gli altriastri, non si richiede che sia medesimamente sensibilea noi; perché queste elevazioni di vapori et exalazioni,successi di venti, piogge, nevi, tuonitrui, sterilitadi,fertilitadi, inundazioni, nascere, morire, se sono ne glialtri astri, non possono similmente essere a noi sensi-bili: ma solamente quelli sono a noi sensibili per ilsplender continuo che dalla superfici di foco, o di ac-qua, o nuvolosa mandano per il spacio grande. Comeparimente questo astro è sensibile a quei che sono negli altri per il splendor che diffonde dalla faccia dimari (e talvolta dal volto affetto di nuvolosi corpi, peril che nella luna per medesima raggione le parti opa-che paiono meno opache): la qual faccia non viencangiata se non per grandissimo intervallo di etadi esecoli; per il corso de quali gli mari se cangiano incontinenti e gli continenti in mari. Questo dumque equei corpi son sensibili per il lume che diffondeno. Illume che di questa terra si diffonde a gli altri astri èné più né meno perpetuo et inalterabile, che quello diastri simili: e cossì come il moto retto et alterazione diquelle particelle è insensibile a noi, a loro è insensibi-le ogn’altro moto et alterazione che ritrovar si possain questo corpo. E sì come della luna da questa terra,ch’è un’altra luna, appaiono diverse parti altre più, al-tre men luminose, cossì della terra da quella luna,ch’è un’altra terra, appaiono diverse parti per la va-rietà e differenza de spacii di sua superfice. E come,se la luna fusse più lontana, il diametro de le partiopache mancando, andarebono le parti lucide adunirse e strengersi in una sensibilità di corpo più pic-ciolo e tutto quanto lucido: similmente apparirebe la

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terra se fusse più lontana dalla luna. Onde possiamostimare che de stelle innumerabili sono altretante lu-ne, altretanti globi terrestri, altretanti mondi simili aquesto; circa gli quali par che questa terra si volte, co-me quelli appaiono rivolgersi et aggirarsi circa questaterra. Perché dumque vogliamo affirmare esser diffe-renza tra questo e que’ corpi, se veggiamo ogni con-venienza? per che vogliamo negare esser convenienza,se non è raggione né senso che ne induca a dubitar diquella?

burchio Cossì dumque avete per provato che queicorpi non differiscano da questo?

fracastorio Assai bene, perché ciò che di questo puòvedersi da là, di quelli può vedersi da qua; ciò che diquelli può vedersi da qua, di questo si vede da là, co-me dire, corpo picciolo questo e quelli, luminoso inparte da distanza minore questo e quelli, luminoso intutto da distanza maggiore, e più picciolo, questo equelli.

burchio Ove è dumque quel bell’ordine, quella bellascala della natura, per cui si ascende dal corpo piùdenso e crasso, quale è la terra, al men crasso quale èl’acqua, al suttile quale è il vapore, al più suttile qualeè l’aria puro, al sottilissimo quale è il fuoco, al divinoquale è il corpo celeste? dall’oscuro al men oscuro, alchiaro, al più chiaro, al chiarissimo? dal tenebroso allucidissimo, dall’alterabile e corrottibile al liberod’ogni alterazione e corrozzione? dal gravissimo algrave, da questo al lieve, dal lieve al levissimo, indi aquel che non è grave né lieve? dal mobile al mezzo, almobile dal mezzo, indi al mobile circa il mezzo?

fracastorio Volete saper ove sia questo ordine? oveson gli sogni, le fantasie, le chimere, le pazzie. Per chequanto al moto, tutto quello che naturalmente simuove, ha delazion circulare o circa il proprio o circal’altrui mezzo: dico circolare non semplice e geome-

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tricamente considerando il circolo e circulazione, masecondo quella regola che veggiamo fisicamente mu-tarsi di loco gli corpi naturali. Moto retto non è pro-prio né naturale a corpo alcuno principale, perchénon si vede se non nelle parti che sono quasi escre-menti che hanno efflusso da corpi mondani, o pur al-tronde hanno influsso alle congenee sfere e continen-ti: qualmente veggiamo de l’acqui che in forma divapore assottigliate dal caldo montano in alto, et inpropria forma inspessate dal freddo ritornano al bas-so; nel modo che diremo nel proprio loco quandoconsideraremo del moto. Quanto alla disposizione diquattro corpi che dicono terra, acqua, aria, foco, vo-rei sapere qual natura, qual arte, qual senso la fa, laverifica, la dimostra.

burchio Dumque negate la famosa distinzione de glielementi?

fracastorio Non nego la distinzione, perché lascioogn’uno distinguere come gli piace, ne le cose natura-li; ma niego questo ordine, questa disposizione: cioèche la terra sia circondata e contenuta da l’acqua, l’ac-qua da l’aria, l’aria dal foco, il foco dal cielo. Perchédico uno essere il continente e comprensor di tutticorpi e machine grandi, che veggiamo come dissemi-nate e sparse in questo amplissimo campo: ove ciascu-no di cotai corpi, astri, mondi, eterni lumi è compostodi ciò che si chiama terra-acqua-aria-fuoco. Et in essi,se ne la sustanza della composizione predomina ilfuoco, vien denominato il corpo che si chiama sole, elucido per sé; se vi predomina l’acqua, vien denomi-nat’il corpo che si chiama tellure, luna, o di simili con-dizione, che risplende per altro, come è stato detto. Inquesti dumque astri o mondi (come le vogliam dire)non altrimente si intendeno ordinate queste parti dis-similari secondo varie e diverse complessioni di pie-tre, stagni, fiumi, fonti, mari, arene, metalli, caverne,

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monti, piani et altre simili specie di corpi composti,de siti e figure, che ne gli animali son le parti detteeterogenee secondo diverse e varie complessioni diossa, di intestini, di vene, di arterie, di carne, di nervi,di pulmone, di membri di una e di un’altra figura;presentando gli suoi monti, le sue valli, gli suoi reces-si, le sue acqui, gli suoi spiriti, gli suoi fuochi, con ac-cidenti proporzionali a tutte meteoriche impressioni:quai sono gli catarri, le erisipile, gli calculi, le vertigi-ni, le febri et altre innumerabili disposizioni et abiti,che rispondeno alle nebbie, piogge, nevi, caumi, ac-censioni, alle saette, tuoni, terremoti e venti, a fervideet algose tempeste. Se dumque altrimente la terra etaltri mondi sono animali che questi comunmente sti-mati, son certo animali con maggior e più eccellenteraggione. Però come Aristotele o altro potrà provarel’aria essere più circa la terra che entro la terra, se diquesta non è parte alcuna nella quale quello non ab-bia luogo e penetrazione, secondo il modo che forsevolser dir gli antichi il vacuo per tutto comprenderedi fuora e penetrare entro il pieno? Ove possete voiimaginare la terra aver spessitudine, densità e consi-stenza senza l’acqua ch’accopie et unisca le parti? Co-me possete intendere verso il mezzo la terra esser piùgrave, senza che crediate che ivi le sue parti son piùspesse e dense, la cui spessitudine è impossibile senzal’aqua che sola è potente ad agglutinare parte a parte?Chi non vede che da per tutto della terra escono isolee monti sopra l’acqua; e non solo sopra l’acqua, maoltre sopra l’aria vaporoso e tempestoso, rinchiuso tragli alti monti, e computato tra membri de la terra, afar un corpo perfettamente sferico; onde è aperto chel’acqui non meno son dentro le viscere di quella, chegli umori e sangue entro le nostre? Chi non sa che nel-le profonde caverne e concavitadi de la terra son lecongregazioni principali de l’acqua? E se dici che la è

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tumida sopra i lidi, rispondo che questi non son leparti superiori de la terra, perché tutto ch’è intra glialtissimi monti s’intende nella sua concavità. Oltreche il simile [si] vede nelle goccie impolverate, pen-denti e consistenti sopra il piano: perché l’intima ani-ma, che comprende et è in tutte le cose, per la primafa questa operazione, che secondo la capacità del sug-getto unisce quanto può le parti; e non è, perché l’ac-qua sia o possa essere naturalmente sopra o circa laterra, più che l’umido di nostra sustanza sia sopra ocirca il nostro corpo. Lascio che le congregazioni del’acqui nel mezzo essere più eminenti si vede da tutticanti de lidi, e da tutti luoghi ove si trovano tali con-gregazioni: e certo se le parti de l’arida cossì potesseroda per sé unirsi, farrebono il simile, come apperta-mente vegnono inglobate in sferico quando sono perbeneficio de l’acqua agglutinate insieme: per che tuttala unione e spessitudine di parti che si trova nell’aria,procede da l’acqua. Essendono dumque l’acqui entrole viscere de la terra, e non essendo parte alcuna diquella, che ha unione di parti e spessitudine, che noncomprenda più parti de l’acqua che de l’arida (perchédove è il spessissimo, ivi massime è composizione edomìno di cotal soggetto ch’ha virtù de le parti coe-renti), chi sarà che per questo non voglia affirmar piùtosto che l’acqua è base de la terra, che la terra del’acqua? che sopra questa è fondata quella, non quellasopra questa? Lascio che l’altitudine de l’acqua soprala faccia de la terra che noi abitiamo, detta il mare,non può essere e non è tanta, che sia degna di compa-rarsi alla mole di questa sfera; e non è veramente cir-ca, come gl’insensati credeno, ma dentro quella: comeforzato dalla verità, o pure dalla consuetudine del diredi antichi filosofi, confessò Aristotele nel primo dellasua Meteora, quando confessò che le due regioni infi-me de l’aria turbulento et inquieto sono intercette e

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comprese da gli alti monti, e sono come parti e mem-bri di quella; la quale vien circondata e compresa daaria sempre tranquillo, sereno e chiaro al aspetto de lestelle; onde, abbassando gli occhi si vede l’universitàdi venti, nubi, nebbie e tempeste, flussi e reflussi cheprocedeno dalla vita e spiramento di questo grandeanimale e nume che chiamiamo terra, nomorno Cere-re, figurorno per Iside, intitulorno Proserpina e Dia-na, la quale è la medesima chiamata Lucina in cielo:intendendo questa non essere di natura differente daquella. Ecco quanto si manca che questo buono Ome-ro, quando non dorme, dica l’acqua aver natural seg-gio sopra o circa la terra, dove né venti, né piogge, nécaliginose impressioni si ritrovano. E se maggiormen-te avesse considerato et atteso, arrebe visto che anconel mezzo di questo corpo (se ivi è il centro della gra-vità) è più luogo di acqua che di arida: perché le partidella terra non son gravi senza che molta acqua vegnain composizion con quelle; e senza l’acqua non hannoattitudine da l’appulso e proprio pondo, per descen-der da l’aria a ritrovar la sfera del proprio continente.Dumque qual regolato senso, qual verità di natura di-stingue et ordina queste parti di maniera tale, qualedal cieco e sordido volgo è conceputa, approvata daquei che parlano senza considerare, predicata da chimolto dice e poco pensa? Chi crederà oltre non esserproposito di veritade (ma s’è prodotta da uomo senzaautorità, cosa da riso; s’è riferita da persona stimata edivolgata illustre, cosa da essere referita a misterio oparabola, et interpretata per metafora; s’è apportatada uomo ch’ha più senso et intelletto che autorità, nu-merata tra gli occolti paradossi) la sentenza di Platoneappresa dal Timeo, da Pitagora et altri, che dechiaranoi abitare nel concavo et oscuro de la terra, et averquella raggione a gli animali che son sopra la terra,che hanno gli pesci a noi: perché come questi viveno

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in un umido più spesso e crasso del nostro, cossì noiviviamo in un più vaporoso aria, che color che son inpiù pura e più tranquilla regione; e sì come l’Oceanoa l’aria impuro è acqua, cossì il caliginoso nostro è ta-le a quell’altro veramente puro? Da tal senso e dire, loche voglio inferire è questo: che il mare, i fonti, i fiu-mi, i monti, le pietre e l’aria in essi contenuto, e com-preso in essi sin alla mezzana regione (come la dico-no), non sono altro che parti e membri dissimilarid’un medesimo corpo, d’una massa medesima, moltoproporzionali alle parti e membri che noi volgarmenteconoscevo per composti animali: di cui il termine,convessitudine et ultima superfice è terminata da gliestremi margini de monti et aria tempestoso; di sorteche l’Oceano e gli fiumi rimagnono nel profondo dela terra non meno che l’epate, stimato fonte del san-gue, e le ramificate vene son contenute e distese per lipiù particulari.

burchio Dumque la terra non è corpo gravissimo, eperò nel mezzo, appresso la quale più grave e più vici-na è l’acqua che la circonda, la quale è più grave chel’aria?

fracastorio Se tu giudichi il grave dalla maggior atti-tudine di penetrar le parti e farsi al mezzo et al centro,dirò l’aria essere gravissimo et l’aria essere levissimotra tutti questi chiamati elementi: perché sicome ogniparte della terra, se si gli dà spacio, descende sino almezzo, cossì le parti de l’aria più subito correranno almezzo, che parte d’altro qualsivoglia corpo; perché al’aria tocca essere il primo a succedere al spacio, proi-bire il vacuo et empire. Non cossì subito succedono alloco le parti de la terra, le quali per ordinario non simuoveno se non penetrando l’aria: perché a far chel’aria penetre, non si richiede terra né acqua né fuoco;né alcuno di questi lo prevegnono, né vincono, peresser più pronti, atti et ispediti ad impir gli angoli del

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corpo continente. Oltre se la terra che è corpo solidosi parte, l’aria sarà quello che occuparà il suo loco:non cossì è atta la terra ad occupar il loco de l’aria chesi parte. Dumque essendo proprio a l’aria il muoversia penetrar ogni sito e recesso, non è corpo più lievede l’aria, non è corpo più greve che l’aria.

burchio Or che dirai de l’acqua?fracastorio De l’acqua ho detto, e torno a dire, che

quella è più grave che la terra: perché più potente-mente veggiamo l’umor descendere e penetrar l’aridasino al mezzo, che l’arida penetrar l’acqua; et oltre,l’arida presa a fatto senza composizion d’acqua, verràa sopranatare a l’acqua, et essere senza attitudine dipenetrarvi dentro; e non descende se prima non è im-bibita d’acqua, e condensata in una massa e spessocorpo: per mezzo della quale spessitudine e densitàacquista potenza di farsi dentro e sotto l’acqua (laquale acqua, per l’opposito, non descenderà mai permerito della terra; ma per che si aggrega, condensa eradoppia il numero de le parti sue per farsi imbibire,et ammassar l’arida: perché veggiamo che più acquaassai capisce un vase pieno di cenere veramente secca,che un altro vase uguale in cui sia nulla): l’arida dum-que, come arida, soprasiede e sopranata a l’acqua.

burchio Dechiaratevi meglio.fracastorio Torno a dire che se dalla terra si remo-

vesse tutta l’acqua, di sorte che la rimanesse pura ari-da, bisognarebe necessariamente che il rimanente fus-se un corpo inconstante, raro, dissoluto e facile adesser disperso per l’aria, anzi in forma di corpi innu-merabili discontinuati; per che quel che fa uno conti-nuo, è l’aria; quello che fa per la coerenzia uno conti-nuo, è l’acqua, sia che si voglia del continuato,coerente e solido, che ora è l’uno, ora è l’altro, ora è ilcomposto de l’uno e l’altro. Ove se la gravità non pro-cede da altro che dalla coerenza e spessitudine de le

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parti, e quelle della terra non hanno coerenza insiemese non per l’acqua, di cui le parti (come quelle del’aria) per sé si uniscono, e la quale ha più virtù chealtro, se non ha virtù singulare, a far che le parti de al-tri corpi s’uniscano insieme: averrà che l’acquia, al ri-guardo d’altri corpi che per essa dovegnon grevi, eper cui altri acquista l’esser ponderoso, è primiera-mente grave. Però non doveano esser stimati pazzi,ma molto più savii color che dissero la terra esser fon-data sopra l’acqui.

burchio Noi diciamo che nel mezzo si deve sempreintendere la terra, come han conchiuso tanti dottissi-mi personaggi.

fracastorio E confirmano gli pazzi.burchio Che dite de pazzi?fracastorio Dico questo dire non esser confirmato

da senso né da raggione.burchio Non veggiamo gli mari aver flusso e reflusso,

e gli fiumi far il suo corso sopra la faccia de la terra?fracastorio Non veggiamo gli fonti che son principio

de’ fiumi, che fan gli stagni e mari, sortir dalle viscere dela terra, e non uscir fuor de le viscere de la terra, se puravete compreso quel che poco fa ho più volte detto?

burchio Veggiamo l’acqui prima descender da l’aria,che per l’acqui vegnano formati i fonti.

fracastorio Sappiamo che l’aqua (se pur descendeda altro aria che quello ch’è parte et appartenente a’membri de la terra) prima originale, principale et to-talmente è nella terra, che appresso derivativa, secon-daria e particolarmente sia ne l’aria.

burchio So che stai sopra questo, che la vera extimasuperfici del convesso della terra non si prende dallafaccia del mare, ma dell’aria uguale a gli altissimimonti.

fracastorio Cossì have affirmato e confirmato anco-ra il vostro principe Aristotele.

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burchio Questo nostro prencipe è senza comparazio-ne più celebrato e degno e seguitato che il vostro, ilquale ancora non è conosciuto né visto: però piacciaquanto si voglia a voi il vostro, a me non dispiace ilmio.

fracastorio Benché vi lasce morir di fame e freddo,vi pasca di vento, e mande discalzo et ignudo.

filoteo Di grazia non vi fermiate su questi propositidisutili e vani.

fracastorio Cossì farremo: che dite dumque, o Bur-chio, a questo ch’avete udito?

burchio Dico che sia che si vuole, all’ultimo bisognaveder quello ch’è in mezzo di questa mole, di questotuo astro, di questo tuo animale: perché se vi è la terrapura, il modo con cui costoro hanno ordinati gli ele-menti, non è vano.

fracastorio Ho detto e dimostrato, che più raggione-volmente vi è l’aria o l’acqua, che l’arida (la qual purenon vi sarà senza esser composta con più parti d’ac-qua, che al fine vegnano ad essergli fondamento): per-ché veggiamo più potentemente le particelle de l’ac-qua penetrar la terra, che le particole di questapenetrar quella. È più dumque verisimile, anzi neces-sario, che nelle viscere della terra sia l’acqua, che nel-le viscere de l’acqua sia la terra.

burchio Che dici de l’acqua che sopranata e discorresopra la terra?

fracastorio Non è chi non possa vedere che questo èper beneficio et opra dell’acqua medesima: la qualeavendo inspessata e fissata la terra, constipando leparti di quella, fa che l’acqua oltre non vegna assorbi-ta; la quale altrimente penetrarebe sin al profondo del’arida sustanza, come veggiamo per isperienza uni-versale. Bisogna dumque che in mezzo della terra sial’acqua, a fin che quel mezzo abbia fermezza, la qualnon deve rapportarsi alla terra prima, ma a l’acqua:

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perché questa fa unite e congionte le parti di quella; eper consequenza questa più tosto opra la densità nellaterra, che per il contrario la terra sia caggione dellacoerenza delle parti de l’acqua, e faccia dense quelle.Se dumque nel mezzo non vuoi che sia composto diterra et acqua, è più verisimile e conforme ad ogniraggione et esperienza che vi sia più tosto l’acqua chela terra. E se vi è corpo spesso, è maggior raggioneche in esso predomine l’acqua che l’arida, perché l’ac-qua è quello che fa la spessitudine nelle parti de laterra, la quale per il caldo si dissolve (non cossì dicodella spessitudine ch’è nel foco primo, la quale è dis-solubile dal suo contrario): che quanto è più spessa egreve, conosce tanto più partecipazion d’acqua. On-de le cose che sono appresso noi spessissime, non so-lamente son stimate aver più partecipazion d’acqua,ma oltre si trovano essere acqua istesse in sustanza,come appare nella resoluzion di più grevi e spessi cor-pi, che sono gli liquabili metalli. Et in vero in ognicorpo solido che ha parti coerenti, se v’intende l’ac-qua la qual gionge e copula le parti, cominciando daminimi della natura: di sorte che l’arida a fatto di-sciolta da l’acqua, non è altro che vaghi e dispersi ato-mi. Però son più consistenti le parti de l’acqua senzala terra: perché le parti de l’arida nullamente consi-stono senza l’acqua. Se dumque il mezzano loco è de-stinato a chi con maggior appulso e più velocità vicorre, prima conviene a l’aria il quale empie il tutto,secondo a l’acqua, terzo a la terra; se si destina al pri-mo grave, al più denso e spesso, prima conviene al’acqua, secondo a l’aria, terzo a l’arida; se prendere-mo l’arida gionta a l’acqua, prima conviene a la terra,secondo a l’acqua, terzo a l’aria. Tanto che secondopiù raggioni e diverse, conviene a diversi primiera-mente il mezzo: secondo la verità e natura l’uno ele-mento non è senza l’altro, e non è membro de la terra,

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dico di questo grande animale, ove non sieno tuttiquattro o almeno tre di essi.

burchio Or venite presto alla conclusione.fracastorio Quello che voglio conchiudere è questo:

che il famoso e volgare ordine de gli elementi e corpimondani è un sogno et una vanissima fantasia, perchéné per natura si verifica, né per raggione si prova etargumenta, né per convenienza deve, né per potenzapuote esser di tal maniera. Resta dumque da saperech’è un infinito campo e spacio continente, il qualcomprende e penetra il tutto: in quello sono infiniticorpi simili a questo, de quali l’uno non è più in mez-zo de l’universo che l’altro, perché questo è infinito eperò senza centro e senza margine, benché queste co-se convegnano a ciascuno di questi mondi che sono inesso, con quel modo ch’altre volte ho detto, e partico-larmente quando abbiamo dimostrato essere certi,determinati e definiti mezzi, quai sono i soli, i fuochi,circa gli quali discorrono tutti gli pianeti, le terre, leacqui, qualmente veggiamo circa questo a noi vicinomarciar questi sette erranti; e come quando abbiamoparimente dimostrato che ciascuno di questi astri, oquesti mondi, voltandosi circa il proprio centro, cag-giona apparenza di un solido e continuo mondo cherapisce tanti quanti si veggono et esser possono astri,e verse circa lui, come centro dell’universo. Di manie-ra che non è un sol mondo, una sola terra, un solo so-le: ma tanti son mondi, quante veggiamo circa di noilampade luminose, le quali non sono più né meno inun cielo et un loco et un comprendente, che questomondo in cui siamo noi è in un comprendente, luogoe cielo; sì che il cielo, l’aria infinito, immenso, benchésia parte de l’universo infinito, non è però mondo, néparte di mondi: ma seno, ricetto e campo in cui quellisono, si muoveno, viveno, vegetano e poneno in effet-to gli atti de le loro vicissitudini, producono, pascono,

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ripascono e mantieneno gli loro abitatori et animali; econ certe disposizioni et ordini amministrano alla na-tura superiore cangiando il volto di uno ente in innu-merabili suggetti. Sì che ciascuno di questi mondi èun mezzo verso il quale ciascuna de le sue parti con-corre, et ove si puosa ogni cosa congenea, come leparti di questo astro da certa distanza e da ogni lato ecirconstante regione si rapportano al suo continente.Onde non avendo parte che talmente effluisca dalgran corpo che non refluisca di nuovo in quello, avie-ne che sia eterno, benché sia dissolubile: quantumquela necessità di tale eternità certo sia dall’estrinsecomantenitore e providente, non da l’intrinseca e pro-pria sufficienza, se non m’inganno. Ma di questo conpiù particular raggione altre volte vi farò intendere.

burchio Cossì dumque gli altri mondi sono abitati co-me questo?

fracastorio Se non cossì e se non megliori, nientemeno e niente peggio: perché è impossibile ch’un ra-zionale et alquanto svegliato ingegno possa imaginarsiche sieno privi di simili e megliori abitanti, mondi in-numerabili che si mostrano o cossì o più magnifici diquesto; i quali o son soli, o a’ quali il sole non menodiffonde gli divinissimi e fecondi raggi, che non menoargumentano felice il proprio soggetto e fonte, cherendeno fortunati i circonstanti partecipi di tal virtùdiffusa. Son dumque infiniti gl’innumerabili e princi-pali membri de l’universo, di medesimo volto, faccia,prerogativa, virtù et effetto.

burchio Non volete che tra altri et altri vi sia differen-za alcuna?

fracastorio Avete più volte udito che quelli son persé lucidi e caldi, nella composizion di quali predomi-na il fuoco; gli altri risplendeno per altrui participa-zione, che son per sé freddi et oscuri: nella composi-zion de quali l’acqua predomina. Dalla qual diversità

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e contrarietà depende l’ordine, la simmetria, la com-plessione, la pace, la concordia, la composizione, lavita. Di sorte che gli mondi son composti di contra-ria; e gli uni contrarii, come le terre-acqui, vivono evegetano per gli altri contraria, come gli soli-fuochi.Il che credo intese quel sapiente che disse Dio far pa-ce ne gli contraria sublimi; e quell’altro che intese iltutto essere consistente per lite di concordi et amordi litiganti.

burchio Con questo vostro dire volete ponere sottosopra il mondo.

fracastorio Ti par che farrebe male un che volessemettere sotto sopra il mondo rinversato?

burchio Volete far vane tante fatiche, studii, sudori difisici auditi, de cieli e mondi, ove s’han lambiccato ilcervello tanti gran commentatori, parafrasti, glosato-ri, compendiarii, summisti, scoliatori, traslatatori,questionario, teoremisti? ove han poste le sue base egittati i suoi fondamenti i dottori profondi, suttili, au-rati, magni, inexpugnabili, irrefragabili, angelici, sera-fici, cherubici e divini?

fracastorio Adde gli frangipetri, sassifragi, gli cornu-peti e calcipotenti. Adde gli profundivedi, palladii,olimpici, firmamentici, celesti empirici, altitonanti.

burchio Le deveremo tutti a vostra instanza mandarlein un cesso? Certo sarà ben governato il mondo, sesaranno tolte via e dispreggiate le speculazioni di tan-ti e sì degni filosofi.

fracastorio Non è cosa giusta che togliamo a gli asinile sue lattuche, e voler che il gusto di questi sia simileal nostro: la varietà d’ingegni et intelletti non è minorche di spirti e stomachi.

burchio Volete che Platone sia uno ignorante, Aristo-tele sia un asino, et quei che l’hanno seguitati sienoinsensati, stupidi e fanatichi?

fracastorio Fìgol mio, non dico che questi sieno gli

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pulledri e quelli gli asini, questi le monine e quelli iscimioni, come voi volete ch’io dica: ma come vi dissida principio, le stimo eroi de la terra; ma che non vo-glio credergli senza causa, né admettergli quelle pro-posizioni de le quali le contradittorie (come posseteaver compreso, se non siete a fatto cieco e sordo) so-no tanto espressamente vere.

burchio Or chi ne sarà giudice?fracastorio Ogni regolato senso e svegliato giudizio;

ogni persona discreta e men pertinace quando si co-noscerà convitto et impotente a difendere le raggionidi quelli e resistere a le nostre.

burchio Quando io non le saprò defendere, sarà perdifetto della mia insufficienza, non della lor dottrina;quando voi impugnandole saprete conchiudere, nonsarà per la verità della dottrina, ma per le vostre sofi-stiche importunitadi.

fracastorio Io se mi conoscesse ignorante de le cau-se, mi astenerei da donar de le sentenze. S’io fusse tal-mente affetto come voi, mi stimarei dotto per fede enon per scienza.

burchio Se tu fussi meglio affetto, conoscereste chesei un asino, presuntuoso, sofista, perturbator dellebuone lettere, carnefice de gl’ingegni, amator dellenovitadi, nemico de la verità, suspetto d’eresia.

filoteo Sin ora costui ha mostrato d’aver poca dottri-na, ora ne vuol far conoscere che ha poca discrezione,e non è dotato di civilità.

elpino Ha buona voce, e disputa più gargliardamenteche se fusse un frate di zoccoli. Burchio mio caro, iolodo molto la constanza della tua fede: da principiodicesti che ancor che questo fusse vero, non lo volevicredere.

burchio Sì, più tosto voglio ignorar con molti illustri edotti, che saper con pochi sofisti, quali stimo sienoquesti amici.

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fracastorio Malamente saprai far differenza tra dottie sofisti, se vogliamo credere a quel che dici. Non so-no illustri e dotti quei che ignorano; quei che sannonon sono sofisti.

burchio Io so che intendete quel che voglio dire.elpino Assai sarrebe se noi potessimo intendere quel

che dite, per che voi medesimo arrete gran fatica perintender quel volete dire.

burchio Andate andate, più dotti ch’Aristotele; viavia, più divini che Platone, più profondi ch’Averroe,più giudiciosi de sì gran numero de filosofi e teologidi tante etadi e tante nazioni, che l’hanno commenta-ti, admirati e messi in cielo. Andate voi che non so chisiete e d’onde uscite, e volete presumere di opporvi altorrente di tanti gran dottori.

fracastorio Questa sarrebe la meglior di quanten’avete fatte, se fusse una raggione.

burchio Tu sareste più dotto ch’Aristotele se nonfussi una bestia, un poveraccio, mendico, miserabile,nodrito di pane di miglio, morto di fame, generatoda un sarto, nato d’una lavandaria, nipote a Ceccociabattino, fìgol di Momo, postiglion de le puttane,fratel di Lazaro che fa le scarpe a gli asini. Rimanetecon cento diavoli ancor voi, che non siete molto me-gliori che lui.

elpino Di grazia, magnifico signore, non vi prendiatepiù fastidio di venire a ritrovarne, et aspettate che noivengamo a voi.

fracastorio Voler con più raggioni mostrar la verita-de a simili, è come se con più sorte di sapone e di le-scia più volte se lavasse il capo a l’asino: ove non seprofitta più lavando cento, che una volta; in mille,che in un modo: ove è tutto uno l’aver lavato e nonl’avere.

filoteo Anzi quel capo sempre sarà stimato più sordi-do in fine del lavare, che nel principio et avanti: per

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che con aggiongervi più e più d’acqua e di profumi, sivegnono più e più a commovere i fumi di quel capo, eviene a sentirsi quel puzzo che non si senteva altri-mente; il quale sarà tanto più fastidioso, quanto da li-quori più aromatichi vien risvegliato. Noi abbiamomolto detto oggi; mi rallegro molto della capacità diFracastorio, e del maturo vostro giudizio, Elpino. Orpoi ch’avemo discorso circa l’essere, il numero e qua-lità de gl’infiniti mondi, è bene che domani veggiamose vi son raggioni contrarie, e quali siano quelle.

elpino Cossì sia.fracastorio A dio.

fine del terzo dialogo

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DIALOGO QUARTO

filoteo Non son dumque infiniti gli mondi di sortecon cui è imaginato il composto di questa terra cir-condato da tante sfere, de quali altre contegnano unastro, altre astri innumerabili: atteso che il spacio è ta-le, per quale possano discorrere tanti astri; ciascunodi questi è tale, che può da per se stesso e da princi-pio intrinseco muoversi alla comunicazion di coseconvenienti: ogn’uno di essi è tanto, ch’è sufficiente,capace e degno d’esser stimato un mondo; non è diloro chi non abbia efficace principio e modo di conti-nuar e serbar la perpetua generazione e vita d’innu-merabili et eccellenti individui. Conosciuto che saràche l’apparenza del moto mondano è caggionata dalvero moto diurno della terra (il quale similmente sitrova in astri simili), non sarà raggione che ne costrin-ga a stimar l’equidistanza de le stelle che il volgo in-tende in una ottava sfera come inchiodate e fisse; enon sarà persuasione che ne impedisca di manierache non conosciamo che de la distanza di quelle innu-merabili, sieno differenze innumerabili di lunghezzadi semidiametro. Comprenderemo che non son di-sposti gli orbi e sfere nell’universo come vegnano acomprendersi l’un [l’]altro, sempre oltre et oltre es-sendo contenuto il minore dal maggiore per essempiode gli squogli in ciascuna cipolla: ma che per l’etereocampo il caldo et il freddo diffuso da corpi principal-mente tali, vegnano talmente a contemperarsi secon-do diversi gradi insieme, che si fanno prossimo prin-cipio di tante forme e specie di ente.

elpino Su di grazia vengasi presto alla risoluzion delleraggioni di contrarii, e massime d’Aristotele, le qualison più celebrate e più famose, stimate della scioccamoltitudine con le perfette demostrazioni: et a fin che

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non paia che si lasce cosa a dietro, io referirò tutte leraggioni e sentenze di questo povero sofista, e voi unaper una le considerarete.

filoteo Cossì si faccia.elpino «È da vedere» dice egli nel primo libro del suo

Cielo e mondo, «se estra questo mondo sia un altro.»filoteo Circa cotal questione sapete che differente-

mente prende egli il nome del mondo, e noi: perchénoi giongemo mondo a mondo, come astro ad astroin questo spaciosissimo etereo seno, come è conde-cente anco ch’abbiano inteso tutti quelli sapientich’hanno stimati mondi innumerabili et infiniti; luiprende il nome del mondo per un aggregato di questidisposti elementi e fantastici orbi sino al convesso delprimo mobile che di perfetta rotonda figura formato,con rapidissimo tratto tutto rivolge (rivolgendosi egli)circa il centro, verso il qual noi siamo. Però sarà unvano e fanciullesco trattenimento se vogliamo raggionper raggione aver riguardo a cotal fantasia; ma saràbene et espediente de risolvere le sue raggioni perquanto possono esser contrarie al nostro senso: e nonaver riguardo a ciò che non ne fa guerra.

fracastorio Che diremo a color che ne rimproperas-seno che noi disputiamo su l’equivoco?

filoteo Diremo due cose: e che il difetto di ciò è dacolui ch’ha preso il mondo secondo impropria signifi-cazione, formandosi un fantastico universo corporeo;e che le nostre risposte non meno son valide suppo-nendo il significato del mondo secondo la imaginazio-ne de gli aversarii, che secondo la verità. Perché doves’intendeno gli punti della circumferenza ultima diquesto mondo di cui il mezzo è questa terra, si posso-no intendere gli punti di altre terre innumerabili, chesono oltre quella imaginata circumferenza: essendoche vi sieno realmente, benché non secondo la condi-zione imaginata da costoro; la qual sia come si vuole,

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non gionge o toglie punto a quel che fa al propositodella quantità de l’universo e numero de mondi.

fracastorio Voi dite bene; séguita, Elpino.elpino «Ogni corpo» dice, «o si muove o si sta: e questo

moto e stato o è naturale, o è violento. Oltre, ogni corpodove non sta per violenza, ma naturalmente, là non simuove per violenza ma per natura; e dove non si muoveviolentemente, ivi naturalmente risiede: di sorte che tut-to ciò che violentemente è mosso verso sopra, natural-mente si muove verso al basso, e per contra. Da questos’inferisce che non son più mondi, quando considerare-mo che se la terra la quale è fuor di questo mondo simuove al mezzo di questo mondo violentemente, la ter-ra la quale è in questo mondo, si moverà al mezzo diquello naturalmente; e se il suo moto dal mezzo di que-sto mondo al mezzo di quello è violento, il suo moto dalmezzo di quel mondo a questo sarà naturale. La causadi ciò è che se son più terre, bisogna dire che la potenzade l’una sia simile alla potenza de l’altra: come oltre, lapotenza di quel fuoco sarà simile alla potenza di questo;altrimente le parti di que’ mondi saran simili alle partidi questo in nome solo, e non in essere; e per conse-quenza quel mondo non sarà, ma si chiamarà mondocome questo. Oltre, tutti gli corpi che son d’una naturaet una specie, hanno un moto (per che ogni corpo natu-ralmente si muove in qualche maniera): se dumque ivison terre come è questa, e sono di medesima specie conquesta, arranno certo medesimo moto; come per con-tra, se è medesimo moto, sono medesimi elementi. Es-sendo cossì, necessariamente la terra di quel mondo simoverrà alla terra di questo; il fuoco di quello, al fuocodi questo: onde séguite oltre, che la terra non meno na-turalmente si muova ad alto che al basso, et il fuoco nonmeno al basso ch’a l’alto. Or essendono tale cose im-possibili, deve essere una terra, un centro, un mezzo, unorizonte, un mondo.»

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filoteo Contra questo diciamo che in quel modo concui in questo universal spacio infinito la nostra terraversa circa questa regione et occupa questa parte, nelmedesimo gli altri astri occupano le sue parti e versa-no circa le sue regioni ne l’immenso campo. Ove co-me questa terra costa di suoi membri, ha le sue altera-zioni et ha flusso e reflusso nelle sue parti (comeaccader veggiamo ne gli animali, umori e parti, lequali sono in continua alterazione e moto), cossì glialtri astri costano di suoi similmente affetti membri. Esì come questo naturalmente si movendo secondo tut-ta la machina, non ha moto se non simile al circulare,con cui se svolge circa il proprio centro e discorre in-torno al sole: cossì necessariamente quelli altri corpiche sono di medesima natura. E non altrimente leparti sole di quelli, che per alcuni accidenti sono al-lontanate dal suo loco (le quali però non denno esserstimate parti principali o membri), naturalmente conproprio appulso vi ritornano: che parti de l’arida etacqua, che per azzion del sole e de la terra s’erano informa d’exalazione e vapore allontanate verso mem-bri e regioni superiori di questo corpo, avendonoriacquistata la propria forma, vi ritornano. E cossìquelle parti oltre certo termine non si discostano dalsuo continente, come queste: come sarà manifestoquando vedremo la materia de le comete non appar-tenere a questo globo. Cossì dumque come le parti diun animale, benché sieno di medesima specie con leparti di un altro animale, nulla di meno, per che ap-partegnono a diversi individui, giamai quelle di questi(parlo de le principali e lontane) hanno inclinazioneal loco di quelle de gli altri: come non sarà mai la miamano conveniente al tuo braccio, la tua testa al miobusto. Posti cotai fondamenti, diciamo veramente es-sere similitudine tra tutti gli astri, tra tutti gli mondi, emedesima raggione aver questa e le altre terre. Però

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non séguita che dove è questo mondo debbano esseretutti gli altri, dove è situata questa debbano essere si-tuate l’altre: ma si può bene inferire che sicome que-sta consiste nel suo luogo, tutte l’altre consistano nelsuo; come non è bene che questa si muova al luogodell’altre, non è bene che l’altre si muovano al luogodi questa; come questa è differente in materia et altrecircostanze individuali da quelle, quelle sieno diffe-renti da questa. Cossì le parti di questo fuoco si muo-vono a questo fuoco come le parti di quello a quello;cossì le parti di questa terra a questa tutta, come leparti di quella terra a quella tutta. Cossì le parti diquella terra che chiamiamo luna, con le sue acqui,contra natura e violentemente si moverebono a que-sta, come si moverebono le parti di questa a quella.Quella naturalmente versa nel suo loco, et ottiene lasua regione che è ivi; questa è naturalmente nella suaregione quivi: e cossì se riferiscono, le parti sue aquella terra, come le sue a questa; cossì intendi de leparti di quelle acqui e di que’ fuochi. Il giù e loco in-feriore di questa terra non è alcun punto della regioneeterea fuori et extra di lei (come accade alle parti fattefuori de la propria sfera, se questo aviene), ma è nelcentro de la sua mole, o rotundità, o gravità; cossì ilgiù di quella terra non è alcun luogo extra di quella:ma è il suo proprio mezzo, il proprio suo centro. Il sudi questa terra è tutto quel ch’è nella sua circumferen-za et estra la sua circumferenza; però cossì violente-mente le parti di quella si muoveno extra la sua cir-cumferenza e naturalmente s’accoglieno verso il suocentro, come le parti di questa violentemente si dipar-teno e naturalmente tornano verso il proprio mezzo.Ecco come si prende la vera similitudine tra questa equell’altre terre.

elpino Molto ben dite che sicome è cosa inconvenien-te et impossibile che l’uno di questi animali si muova

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e dimore dove è l’altro, e non abbia la propria sussi-stenza individuale con il proprio loco e circostanze;cossì è inconvenientissimo che le parti di questo ab-biano inclinazione e moto attuale al luogo de le partidi quello.

filoteo Intendete bene de le parti che son veramenteparti: per che quanto appartiene alli primi corpi indi-visibili, de quali originalmente è composto il tutto, èda credere che per l’immenso spacio hanno certa vi-cissitudine, con cui altrove influiscano, et affluiscanoaltronde. E questi se pur per providenza divina se-condo l’atto non constituiscano nuovi corpi e dissol-vano gli antichi, al meno hanno tal facultà: per che ve-ramente gli corpi mondani sono dissolubili; ma puòessere che o da virtù intrinseca o estrinseca sieno eter-namente persistenti medesimi, per aver tale e tantoinflusso, quale e quanto hanno efflusso di atomi; ecossì perseverino medesimi in numero, come noi, chenella sustanza corporale similmente giorno per gior-no, ora per ora, momento per momento, ne rinuovia-mo per l’attrazzione e digestione che facciamo da tut-te le parti del corpo.

elpino Di questo ne parlaremo altre volte. Quanto alpresente mi satisfate molto ancora per quel ch’avetenotato, che cossì ogn’altra terra s’intenderebe violen-temente montare a questa, se si movesse a questo lo-co, come questa violentemente montarebbe, se aqualsivoglia di quelle si movesse: perché come daogni parte di questa terra verso la circonferenza o ul-tima superficie, e verso l’orizonte emisferico dell’ete-re andando, si procede come in alto; cossì da ogniparte della superfice de altre terre verso questa se in-tende ascenso: atteso che cossì questa terra è circon-ferenziale a quelle come quelle a questa. Approvo chebenché quelle terre sieno di medesima natura conquesta, non per ciò séguite che si referiscano ad me-

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desimo centro a fatto: perché cossì il centro d’un’altraterra non è centro di questa, e la circonferenza suanon è circonferenza di costei, come l’anima mia non èvostra, la gravità mia e di mie parti non è corpo e gra-vità vostra; benché tutti cotai corpi, gravitadi et animeunivocamente si dicano e sieno di medesima specie.

filoteo Bene; ma non per questo vorrei che v’imagi-naste che se le parti di quella terra appropinquasseroa questa terra, non sarebbe possibile che medesima-mente avessero appulso a questo continente, come sele parti di questa s’avicinassero a quella: benché ordi-nariamente il simile non veggiamo accadere ne gli ani-mali e diversi individui de le specie di questi corpi, senon quanto che l’uno si nutrisce et aumenta per l’al-tro, e l’uno si trasmuta ne l’altro.

elpino Sta bene; ma che dirrai se tutta quella sfera fus-se tanto vicina a questa, quanto accade che da lei s’al-lontanino le sue parti, che hanno attitudine di rivenireal suo continente?

filoteo Posto che le parti notabili de la terra si faccia-no fuori de la circonferenza de la terra, circa la qualeè detto esser l’aria puro e terso, facilmente concedoche da quel loco possano rivenir cotai parti come na-turalmente al suo loco: ma non già venir tutta un’altrasfera, né naturalmente descendere le parti di quella,ma più tosto violentemente ascendere; come le partidi questa non naturalmente descenderebono a quella,ma per violenza ascenderebono: perché a tutti glimondi l’estrinseco della sua circonferenza è il su, el’intrinseco centro è il giù; e la raggione del mezzo acui le loro parti naturalmente tendeno, non si toglieda fuori, ma da dentro di quelli: come hanno ignoratocoloro, che fingendo certa margine e vanamente defi-nendo l’universo, hanno stimato medesimo il mezzo ecentro del mondo e di questa terra. Del che il contra-rio è conchiuso, famoso e concesso appresso gli mate-

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matici di nostri tempi, che hanno trovato chedall’imaginata circonferenza del mondo non è equidi-stante il centro de la terra; lascio gli altri più savi cheavendo capito il moto de la terra, hanno trovato nonsolamente per raggioni proprie alla lor arte, ma etiamper qualche raggion naturale: che del mondo et uni-verso che col senso de gli occhi possiamo comprende-re, più raggionevolmente, e senza incorrere inconve-nienti, e con formar teoria più accomodata e giusta,applicatile al moto più regolare de gli detti erroni cir-ca il mezzo, doviamo intendere la terra essere tantolontana dal mezzo quanto dal sole. Onde facilmentecon gli loro principii medesimi han modo di scuoprira poco a poco la vanità di quel che si dice della gravitàdi questo corpo, e differenza di questo loco da gli al-tri, dell’equidistanza di mondi innumerabili che veg-giamo da questo oltre gli detti pianeti, del rapidissimomoto più tosto di tutti quei circa quest’uno, che dellaversione di quest’uno a l’aspetto di que’ tutti; e po-tranno dovenir suspetti al meno sopra altri sollennis-simi inconvenienti, che son suppositi nella volgar filo-sofia. Or per venire al proposito onde siamo partiti,torno a dire che né tutto l’uno né parte de l’uno sarre-be atto a muoversi verso il mezzo de l’altro, quantum-que un altro astro fusse vicinissimo a questo di sorteche il spacio o punto della circonferenza di quello sitoccasse col punto o spacio della circonferenza diquesto.

elpino Di questo il contrario ha disposto la providanatura, perché se ciò fusse, un corpo contrario de-struggerebe l’altro: il freddo et umido s’ucciderebonocol caldo e secco; de quali però a certa e convenientedistanza disposti, l’uno vive e vegeta per l’altro. Oltre,un corpo simile impedirebe l’altro dalla comunicazio-ne e partecipazione del conveniente che dona al dissi-mile, e dal dissimile riceve; come ne dechiarano tal

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volta non mediocri danni ch’alla fragilità nostra ap-portano le interposizioni di un’altra terra, che chia-miamo luna, tra questa et il sole: or che sarrebe se lafusse più vicina alla terra, e più notabilmente a lungone privasse di quel caldo e vital lume?

filoteo Dite bene; seguitate ora il proposito d’Aristo-tele.

elpino Apporta appresso una finta risposta: la qualedice che per questa raggione un corpo non si muove al’altro, perché quanto è rimosso da l’altro per distan-za locale, tanto viene ad essere di natura diverso: econtra questo dice lui che la distanza maggiore e mi-nore non è potente a far che la natura sia altra et altra.

filoteo Questo, inteso come si deve intendere, è ve-rissimo: ma noi abbiamo altro modo di rispondere, etapportiamo altra raggione per cui una terra non simuova a l’altra, o vicina o lontana che la sia.

elpino La ho intesa; ma pur mi par oltre vero quelloche è da credere che volesser dir gli antichi, che uncorpo per maggior lontananza acquista minor attitu-dine (che loro chiamorno proprietà e natura per il lorfrequente modo di parlare): perché le parti alle qualiè soggetto molto aria, son meno potenti a dividere ilmezzo e venire al basso.

filoteo È certo et assai esperimentato nelle parti de laterra, che da certo termine del loro recesso e lonta-nanza ritornar sogliono al suo continente: a cui tantopiù s’affrettano, quanto più s’avicinano; ma noi par-liamo ora delle parti d’un’altra terra.

elpino Or essendo simile terra a terra, parte a parte,che credi, se fussero vicine? non sarrebe ugual poten-za tanto alle parti de l’altra di andar a l’una e l’altraterra, e per consequenza ascendere e descendere?

filoteo Posto uno inconveniente (se è inconvenien-te), che impedisce che se ne pena un altro consequen-te? Ma lasciando questo, dico che le parti essendo in

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equal raggione e distanza di diverse terre, o rimagno-no o, se determinando un loco a cui vadano, a rispet-to di quello si diranno descendere, et ascendere a ri-spetto de l’altro da cui s’allontanano.

elpino Pure chi sa che le parti di un corpo principalesi muovano ad un altro corpo principale, benché si-mile in specie? perché appare che le parti e membridi un uomo non possono quadrare e convenire ad unaltr’uomo.

filoteo È vero principale e primariamente, ma acces-soria e secondariamente accade il contrario: per cheabbiamo visto per esperienza che della carne d’un al-tro s’attacca al loco ove era un naso di costui; e neconfidiamo di far succedere l’orecchio d’un altro oveera l’orecchio di costui, facilissimamente.

elpino Questa chirugia non dev’esser volgare.filoteo Non sia.elpino Torno al punto di voler sapere, se accadesse

che una pietra fusse in mezzo a l’aria in punto equidi-stante da due terre: in che modo doviamo credere cherimanesse fissa; et in che modo si determinerebbe adandar più presto all’uno ch’all’altro continente?

filoteo Dico che la pietra per la sua figura non ri-guardando più l’uno che il altro, e l’uno e l’altroavendo equal relazione alla pietra, et essendo a pun-to medesimamente affetti a quella, dal dubio dellarisoluzione et equal raggione a doi termini oppositi,accaderebe che si rimagna: non potendosi risolvered’andar più tosto a l’uno ch’a l’altro, de quali questonon rapisce più che quello, et essa non ha maggiorappulso a questo che a quello. Ma se l’uno gli è piùcongeneo e connaturale, e gli è più o simile o atto aconservarla, se determinarà per il più corto caminorettamente di rapportarsi a quello; per [che] lo prin-cipal principio motivo non è la propria sfera e pro-prio continente, ma l’appetito di conservarsi: come

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veggiamo la fiamma serpere per la terra, et inchinarsie ramemarsi al basso per andare al più vicino loco incui inescare e nodrirsi possa; e lasciarà d’andar versoil sole al quale, senza discrime d’intiepidirse per il ca-mino, non se inària.

elpino Che dici di quel che soggionge Aristotele, chele parti e congenei corpi, quantumque distanti sieno,si muoveno pure al suo tutto e suo consimile?

filoteo Chi non vede che è contra ogni raggione esenso, considerato quel ch’abbiamo poco fa detto?Certo le parti fuor del proprio globo si muoverannoal propinquo simile, ancor che quello non sia il suoprimario e principal continente; e talvolta a altro chelo conserve e nodrisca, benché non simile in specie:perché il principio intrinseco impulsivo non procededalla relazione ch’abbia a loco determinato, certopunto e propria sfera, ma da l’appulso naturale dicercar ove meglio e più prontamente ha da mantener-si e conservarsi nell’esser presente; il quale (quantum-que ignobil sia) tutte le cose naturalmente desidera-no; come massime desiderano vivere quegli uomini, emassime temeno il morire coloro, che non han lumedi filosofia vera, e non apprendeno altro essere ch’ilpresente, e pensano che non possa succedere altroche appartegna a essi. Perché non son pervenuti adintendere che il principio vitale non consiste ne gli ac-cidenti che risultano dalla composizione: ma in indi-vidua et indissolubile sustanza, nella quale se non èperturbazione, non conviene desiderio di conservarsi,né timore di sperdersi; ma questo è conveniente a glicomposti, come composti, cioè secondo raggionesimmetrica, complessionale, accidentale: perché né laspiritual sustanza che s’intende unire, né la materialeche s’intende unita, possono esser suggette ad altera-zione alcuna o passione: e per consequenza non cer-cano di conservarsi, e però a tai sustanze non convien

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moto alcuno, ma a le composte. Tal dottrina saràcompresa quando si saprà ch’esser grave o lieve nonconviene a’ mondi, né a parte di quelli; per che questedifferenze non sono naturalmente, ma positiva e re-spettivamente. Oltre, da quel ch’abbiamo altre volteconsiderato, cioè che l’universo non ha margine, nonha estremo, ma è inmenso et infinito, aviene che a glicorpi principali a riguardo di qualche mezzo o estre-mo, non possono determinarsi a moversi rettamente,perché da tutti canti fuor della sua circumferenzahanno ugual e medesimo rispetto: però non hanno al-tro moto retto che di proprie parti, non a riguardod’altro mezzo e centro, che del proprio intiero, conti-nente e perfetto. Ma di questo considerarò al suo pro-posito e loco. Venendo dumque al punto: dico che se-condo gli suoi medesimi principii, non potrà verificarquesto filosofo che corpo quantumque lontano abbiaattitudine di rivenire al suo continente o simile; se luiintende le comete di materia terrestre, et tal materia,quale in forma di exalazione è montata in alto all’in-centiva region del foco, le quali parti sono inetti a de-scendere al basso, ma rapire dal vigor del primo mo-bile, circuiscono la terra; e pure non sono di quintaessenza, ma corpi terrestri gravissimi, spessi e densi,come chiaro si argumenta da l’apparenza in sì lungointervallo e lunga resistenza che fanno al grave e vigo-roso incendio del foco: che tal volta perseverano oltreun mese a bruggiare: come per quarantacinque giornicontinui a tempi nostri n’è vista una. Or se per la di-stanza non si destrugge la raggion della gravità, perche caggione tal corpo non solo non viene al basso nési sta fermo, ma oltre circuisce la terra? Se dice chenon circuisce per sé, ma per esser rapito: insisterò ol-tre che cossì anco ciascuno di suoi cieli et astri (li qua-li non vuol che sieno gravi, né lievi, né di simil mate-ria) son rapiti; lascio che il moto di questi corpi par

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proprio a essi perché non è mai conforme al diurno,né a quei d’altri astri. La raggione è ottima per con-vencer costoro da suoi medesimi principii; perchédella verità della natura di comete, ne parlaremo fa-cendo propria considerazione di quelle: dove mostra-remo e che tali accensioni non son dalla sfera del fo-co, perché verrebono da ogni parte accese; atteso chesecondo tutta la circunferenza o superficie de la suamole sono contenute nell’aria attrito dal caldo, comeessi dicono, o pur sfera del fuoco: ma sempre vedemol’accensione essere da una parte; conchiuderemo ledette comete esser specie di astro, come bene disseroet intesero gli antichi, et essere tale astro che col pro-prio moto avicinandosi et allontanandosi verso e daquesto astro, per raggione di accesso e recesso, primapar che cresca come si accendesse, et poi manca comes’estinguesse: e non si muove circa la terra; ma il suomoto proprio è quello che è oltre il diurno proprio al-la terra, la quale rivolgendosi con il proprio dorso,viene a fare orienti et occidenti tutti que’ lumi che so-no fuor della sua circonferenza. E non è possibile chequel corpo terrestre e sì grande possa da sì liquidoacre e sottil corpo, che non resiste al tutto, esser rapi-to, e mantenuto contra sua natura suspeso; il cui mo-to se fusse vero, sarrebe solamente conforme a queldel primo mobile dal quale è rapito, e non imitarebe ilmoto di pianeti; onde ora è giudicato di natura diMercurio, ora della luna, ora di Saturno, or de gli al-tri: ma e di questo altre volte a suo proposito si par-larà. Basta ora averne detto sin tanto che baste per ar-gomento contra costui, che dalla propinquità elontananza non vuole che s’inferisca maggior e minorfacultà del moto che lui chiama proprio e naturale:contra la verità, la quale non permette possa dirseproprio e naturale ad un suggetto in tal disposizione,nella quale mai gli può convenire; e però se le parti da

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oltre certa distanza mai se muoveno al continente,non si deve dire che tal moto sia naturale a quelle.

elpino Ben conosce chi ben considera che costui aveaprincipii tutti contrarii alli principii veri della natura.Replica appresso che, se il moto di corpi semplici ènaturale a essi, averrà che gli corpi semplici che sonoin molti mondi, e sono di medesima specie, si muova-no o al medesimo mezzo o al medesimo estremo.

filoteo Questo è quello che lui non potrà giamai pro-vare, cioè che si debbano muovere al medesimo locoparticulare et individuale: perché da quel che gli corpison di medesima specie s’inferisce che a quelli si con-vegna luogo di medesima specie e mezzo de medesimaspecie, ch’è il centro proprio; e non si deve né può in-ferire che richiedano loco medesimo di numero.

elpino È stato lui alcunamente presago di questa ri-sposta, e però da tutto il suo vano sforzo caccia que-sto, che vuol provare la differenza numerale non essercausa della diversità de luoghi.

filoteo Generalmente veggiamo tutto il contrario;pur dite, come il prova?elpino Dice che se la diversità numerale di corpi do-

vesse esser caggione della diversità di luoghi, bisogna-rebbe che delle parti di questa terra diverse in nume-ro e gravità, ciascuna nel medesimo mondo avesse ilproprio mezzo; il che è impossibile et inconveniente:atteso che secondo il numero de gl’individui de partide la terra sarrebe il numero de mezzi.

filoteo Or considerate che mendica persuasione èquesta. Considerate se per tanto vi potrete moverpunto dalla opinion contraria, o più tosto confirmarviin quella. Chi dubita che non sia inconveniente direuno essere il mezzo di tutta la mole, e del corpo etanimale intiero, a cui e verso cui si riferiscono, acco-glieno, e per cui si uniscano et hanno base tutte leparti; e posserno essere positivamente innumerabili

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mezzi: secondo che della innumerabile moltitudinede le parti, in ciascuna possiamo cercare o prendere osupponere il mezzo? Nell’uomo uno è semplicementeil mezzo, che si dice il core; e poi molti sono altri mez-zi, secondo la moltitudine de le parti, de quali il coreha il suo mezzo, il pulmone il suo, l’epate il suo, il ca-po, il braccio, la mano, il piede, questo osso, questavena, questo articolo e queste particelle che constitui-scono cotai membri et hanno particular e determina-to sito, tanto nel primo e generale ch’è tutto indivi-duo, quanto nel prossimo e particular ch’è tuttoquesto o quell’altro membro de l’individuo.

elpino Considerate che lui si può intendere che nonvoglie dir semplicemente, per che ciascuna parte ab-bia il mezzo; ma che abbia il mezzo a cui si muova.

filoteo Al fine tutto va ad uno: perché nell’animalenon si richiede che tutte le parti vadano al mezzo ecentro; perché questo è impossibile et inconveniente:ma che si referiscano a quello per la unione de le partie constituzion del tutto; perché la vita e consistenzadelle cose dividue non si vede in altro che nella debitaunione de le parti, le quali sempre s’intendeno averquel termine che medesimo si prende per mezzo ecentro. Però per la constituzion del tutto intiero, leparti si riferiscono ad un sol mezzo; per la constituziondi ciascun membro, le particole di ciascuno si riferi-scono al mezzo particular di ciascuno, a fin che l’epateconsista per l’union de le sue parti: cossì il pulmone, ilcapo, l’orechio, l’ochio et altri. Ecco dumque comenon solamente non è inconveniente, ma naturalissimo,e che sieno molti mezzi secondo la raggione di molteparti e particole de le parti, se gli piace; perché di que-sti l’uno è constituito, sussistente e consistente per laconsistenza, sussistenza e constituzione de l’altri. Cer-to si sdegna l’intelletto su le considerazioni sopra fra-scarie tali, quali apporta questo filosofo.

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elpino Questo si deve patire per la riputazione ch’haguadagnato costui, più per non essere inteso che peraltro. Ma pur di grazia considerate un poco quantoquesto galantuomo si compiacque in questo argu-mentaccio; vedete che quasi trionfando soggiongequeste paroli: «Se dumque il contradicente non potràcontradire a questi sermoni e raggioni, necessaria-mente è un mezzo et uno orizonte»

filoteo Dice molto bene; seguitate.elpino Appresso prova che gli moti semplici son finiti

e determinati; perché quel che disse, che il mondo èuno e gli moti semplici hanno proprio loco, era fon-dato sopra di questo. Dice dumque cossì: «Ogni mo-bile si muove da un certo termine ad un certo termi-ne: e sempre è differenza specifica tra il termino ondeet il termino ove, essendo ogni mutazion finita; talisono morbo e sanità, picciolezza grandezza, qua llà;per che quel che si sana non tende ove si voglia, maalla sanità. Non son dumque il moto della terra e delfoco in infinito, ma a certi termini diversi da que’ luo-ghi da quai si muoveno; perché il moto ad alto non èmoto al basso: e questi doi luoghi son gli orizonti demoti. Ecco come è determinato il moto retto. Nonmeno determinato è il moto circulare; perché da certoa certo termine, da contrario a contrario, è ancorquello: se vogliamo considerar la diversità del moto,la quale è nel diametro del circolo; perché il moto ditutto il circolo a fatto non ha contrario (perché non sitermina ad altro punto che a quello da cui cominciò),ma nelle parti della revoluzione, quando questa è pre-sa da uno estremo del diametro all’altro opposito».

filoteo Questo, che il moto è determinato e finito se-condo tali raggioni, non è chi lo neghi o ne dubiti: maè falso che sia semplicemente determinato alto e de-terminato basso, come altre volte abbiamo detto eprovato; perché indifferentemente ogni cosa si muove

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o qua o là, ovumque sia il luogo della sua conservazio-ne. E diciamo (ancor supponendo gli principii d’Ari-stotele et altri simili) che se infra la terra fusse altrocorpo, le parti della terra violentemente vi rimarrebo-no, et indi naturalmente montarebono; e non negaràAristotele che se le parti del fuoco fussero sopra lasua sfera (come, per essempio, ove intendeno il cieloo cupola di Mercurio), descenderebono naturalmen-te. Vedete dumque quanto bene naturalmente deter-minino su e giù, grave e lieve, dopo ch’arrete conside-rato che tutti corpi, ovumque sieno e dovumque simuovano, ritegnono e cercano al possibile il loco del-la conservazione. Tuttavia, quantumque sia vero cheogni cosa si muove per gli suoi mezzi, da suoi et a suoitermini, et ogni moto, o circulare o retto, è determi-nato da opposito in opposito, da questo non séguitache l’universo sia finito di grandezza, né che il mondosia uno; e non si distrugge che sia infinito il motosemplicemente di qualsivoglia atto particolare, percui quel spirto (come vogliam dire) che fa et incorre aquesta composizione, unione e vivificazione, può es-sere e sarà sempre in altre et altre infinite. Può dum-que stare che ogni moto sia finito (parlando del motopresente, non absoluta e semplicemente di ciascunparticulare, et in tutto) e che infiniti mondi sieno: at-teso che come ciascuno de gl’infiniti mondi è finito etha regione finita, cossì a ciascuno di quei convegnonoprescritti termini del moto suo e de sue parti.

elpino Voi dite bene; e con questo, senza che séguiteinconveniente alcuno contra di noi, né cosa che sia infavor di quelle che lui vuol provare, è apportato quelsegno che lui soggionge a mostrar che «il moto nonsia in infinito, per che la terra et il fuoco quanto piùs’accostano alla sua sfera, tanto più velocemente simuoveno; e però se il moto fusse in infinito, la velo-cità, levità e gravità verrebe ad essere in infinito».

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filoteo Buon prò li faccia.fracastorio Sì: ma questo mi par il gioco de le bagat-

telle; per che se gli atomi hanno moto infinito per lasuccession locale che a tempi a tempi fanno, or aven-do efflusso da questo, or influsso in quello, or giun-gendosi a questa, or a quella composizione, or concor-rendo in questa, or in quella figurazione per il spacioinmenso dell’universo: verranno per certo ad avere in-finito moto locale, discorrere per infinito spacio e con-correre ad infinite alterazioni; per questo non séguitach’abbiano infinita gravità, levità o velocità.

filoteo Lasciamo da parte il moto delle prime partiet elementi; e consideriamo solamente de le partiprossime e determinate a certa specie di ente, cioè disustanza: come de le parti de la terra, che son purterra. Di queste veramente si dice che in quei mondiche sono, et in quelle regioni dove versano, in quellaforma che ottegnono, non si muoveno se non da cer-to a certo termine. E da questo non più séguita que-sta conclusione: «dumque l’universo è finito, et ilmondo è uno», che quest’altra: «dumque le scimienascono senza coda; dumque i gufi veggono la nottesenza occhiali; dumque [i] pipistrelli fanne lana».Oltre (di queste parti intendendo) giamai si potrà fartale illazione: l’universo è infinito, son terre infinite,dumque puotrà una parte di terra continuamentemuoversi in infinito, e deve aver ad una terra infinita-mente distante appulso infinito e gravità infinita. Equesto per due caggioni, de quali: l’una è che non sipuò dar questo transito; perché constando l’universodi corpi e principii contrarii, non potrebbe tal partemolto discorrere per l’eterea regione, che non venes-se ad esser vinta dal contrario, e dovenir a tale chenon più si muova quella terra, perché quella sustanzanon è più terra: avendo per vittoria del contrariocangiato complessione e volto. L’altra, che general-

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mente veggiamo che tanto manca che mai da distan-za infinita possa esser impeto di gravità o levità, co-me dicono, che tal appulso de parti non può essere senon infra la regione del proprio continente; le qualise fussero estra quella, non più vi si muoverebono,che gli fluidi umori (quali ne l’animale si muoveno daparti esterne all’interne, superiori et inferiori, secon-do tutte differenze, montando e bassando, rimoven-dosi da questa a quella e da quella a questa parte),messi fuori del proprio continente, ancor contigui aquello, perdeno tal forza et appulso naturale. Valedumque per tanto spacio tal relazione, quanto vienmisurato per il semediametro dal centro di tal parti-cular regione alla sua circonferenza; dove circa que-sta è la minima gravità, e circa quello la massima; enel mezzo, secondo gli gradi della propinquità circal’uno o l’altra, la viene ad esser maggior e minore: co-me appare nella presente dimostrazione, in cui A si-gnifica il centro de la regione, dove (parlando co-munmente) la pietra non è grave né lieve; B significala circonferenza della regione, dove parimente nonsarà grave nè lieve, e rimarrà quieta (onde appare an-cora la coincidenza del massimo e minimo quale è di-mostrata in fine del libro De principio, causa et uno);1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, significano le differenze di spa-cii tramezanti:

B 9 né grave, né lieve.8 minimo grave, levissimo.7 assai men grave, assai più lieve.6 meno grave, più beve.5 grave, lieve.4 più grave, men lieve.3 assai più grave, assai men lieve.2 gravissimo, minimo lieve.

A 1 né grave, né lieve.

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Or vedete oltre quanto manca ch’una terra debbamuoversi a l’altra: che anco le parti di ciascuna, messefuor della propria circonferenza, non hanno tale ap-pulso.

elpino Volete che sia determinata questa circonferen-za?

filoteo Sì, quanto alla massima gravità che potesseesser nella massima parte; o se pur ti piace (perchétutto il globo non è grave né lieve), in tutta la terra:ma quanto alle differenze mezzane de gravi e lievi, di-co che si denno prendere tanto diverse differenze,quanto diversi possono essere gli pondi di diverseparti che son comprese tra il massimo e minimo gra-ve.

elpino Discretamente dumque si deve intendere que-sta scala.

filoteo Ogni uno ch’ha ingegno potrà da per sé in-tendere il come. Or quanto alle referite raggionid’Aristotele, assai è detto: veggiamo adesso se oltrenelle seguenti apporta qualche cosa.

elpino Di grazia contentatevi che di questo ne parlia-mo nel seguente giorno; perché sono aspettatodall’Albertino, che è disposto di venir qua a ritrovarvidomani: dal qual credo che potrete udir tutte le piùgagliarde raggioni che per l’opinion contraria posso-no apportarsi, per esser egli assai prattico nella com-mune filosofia.

filoteo Sia con vostra commodità.

fine del quarto dialogo

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DIALOGO QUINTO

albertino (nuovo interlocutore) Vorrei sapere chefantasma, che inaudito mostro, che uomo eteroclito,che cervello estraordinario è questo; quai novelle co-stui di nuovo porta al mondo, o pur che cose absoletee vecchie vegnono a rinuovarsi, che amputate radicivegnono a repullular in questa nostra etade?

elpino Sono amputate radici che germogliano, son co-se antique che rivegnono, son veritadi occolte che siscuoprono: è un nuovo lume che dopo lunga nottespunta all’orizonte et emisfero della nostra cognizio-ne, et a poco a poco s’avicina al meridiano della no-stra intelligenza.

albertino S’io non conoscesse Elpino, so che direi.elpino Dite pur quel che vi piace; che se voi avete in-

gegno come io credo averlo, gli consentirete come iogli consento; se l’avete megliore, gli consentirete piùtosto e meglio: come credo che sarà. Atteso che quellia’ quali è difficile la volgar filosofia et ordinaria scien-za, e sono ancor discepoli e mal versati in quella (an-cor che non si stimino tali, per quel che sovente essersuole), non sarà facile che si convertano al nostro pa-rere: perché in cotali può più la fede universale; et inessi massime la fama de gli autori che gli son stati mes-si per le mani trionfa, per il che admirano la riputaziondi espositori e commentatori di quelli. Ma gli altri a’quali la detta filosofia è aperta, e che son gionti a queltermine, onde non son più occupati a spendere il ri-manente della lor vita ad intendere quel ch’altri dica,ma hanno proprio lume et occhi de l’intelletto veroagente, penetrano ogni ricetto, e qual Argi, con gli oc-chi de diverse cognizioni, la possono contemplar permille porte ignuda: potranno, facendosi più appresso,distinguere tra quel che si crede, e s’ha per concesso e

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vero per mirar da lontano per forza di consuetudine esenso generale, e quel che veramente è, e deve aversiper certo, come constante nella verità e sustanza de lecose. Malamente, dico, potranno approvar questa filo-sofia color che o non hanno buona felicità d’ingegnonaturale, o pur non sono esperti almeno mediocre-mente in diverse facultadi; e non son potenti sì fatta-mente nell’atto reflesso de l’intelletto, che sappianofar differenza da quello ch’è fondato su la fede, e ciòche è stabilito su l’evidenza di veri principii: perché talcosa comunmente s’ha per principio, che ben conside-rata si trovarà conclusione impossibile e contra natura.Lascio quelli sordidi e mercenarii ingegni, che poco eniente solleciti circa la verità, si contentano saper se-condo che comunmente è stimato il sapere; amici po-co di vera sapienza, bramosi di fama e riputazion diquella: vaghi d’apparire, poco curiosi d’essere. Mala-mente dico potrà eligere tra diverse opinioni, et talvol-ta contradittorie sentenze, chi non ha sodo e retto giu-dizio circa quelle. Difficilmente varrà giudicare, chinon è potente a far comparazione tra queste e quelle,l’una e l’altra. A gran pena potrà comparar le diverseinsieme, chi non capisce la differenza che le distingue.Assai malagevole è comprendere in che differiscano, ecome siano altre queste da quelle, essendo occolta lasustanza di ciascuna et l’essere. Questo non potrà gia-mai essere evidente, se non è aperto per le sue cause eprincipii ne gli quali ha fondamento. Dopo dumqueche arrete mirato con l’occhio de l’intelletto e conside-rato col regolato senso gli fondamenti, principii e cau-se, dove son piantate queste diverse e contrarie filoso-fie, veduto qual sia la natura, sustanza e proprietà diciascuna, contrapesato con la lance intellettuale e vistoqual differenza sia tra l’une e l’altre, fatta comparaziontra queste e quelle, e rettamente giudicato: senza esitarpunto farete elezzion di consentire al vero.

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albertino Contra le opinioni vane e stolte esser solle-cito, è cosa da vano e stolto, dice il principe Aristotele.

elpino Assai ben detto. Ma se ben guardate, questasentenza e consiglio verrà a pratticarsi contra le sueopinioni medesime, quando saranno apertamente stol-te e vane. Chi vuol perfettamente giudicare (come hodetto) deve saper spogliarsi dalla consuetudine di cre-dere, deve l’una e l’altra contradittoria esistimareequalmente possibile, e dismettere a fatto quella affez-zione di cui è imbibito da natività: tanto quella che nepresenta alla conversazion generale, quanto l’altra percui mediante la filosofia rinascemo (morendo al volgo)tra gli studiosi stimati sapienti dalla moltitudine et inun tempo. Voglio dire, quando accade controversia traquesti et altri stimati savii da altre moltitudini et altritempi, se vogliamo rettamente giudicare, doviamo ri-chiamare a mente quel che dice il medesimo Aristotele:che per aver riguardo a poco cose, talvolta facilmentegittamo sentenze; et oltre, che l’opinione talvolta perforza di consuetudine si fattamente s’impadronisce delnostro consentimento, che tal cosa ne par necessariach’è impossibile; tal cosa scorgemo et apprendiamoper impossibile ch’è verissima e necessaria. E se questoaccade nelle cose per sé manifeste, che deve essere inquelle che son dubie et hanno dependenza da ben po-sti principio e saldati fondamenti?

albertino È opinione del commentatore Averroe etaltri molti, che non si può sapere quel tanto ch’haignorato Aristotele.

[elpino] Questo con tal moltitudine era situato con l’in-gegno si al basso, et erano in sì spesse tenebre, che ilpiù alto e più chiaro che vedevano, gli era Aristotele:però se costui et altri, quando si lasciano cascar similsentenza, volessero più castigatamente parlare, direbo-no Aristotele esser un Dio secondo il lor parere; ondenon tanto vegnano a magnificar Aristotele, quanto ad

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esplicar la propria dapoccagine. Per che non altrimen-te questo è secondo il lor parere, che secondo il parerdella scimia le più belle creature del mondo son gli suifigli, et il più vago maschio de la terra è il suo scimione.

albertino Parturient montes...elpino Vedrete che non è sorgio quel che nasce.albertino Molti hanno balestrato e machinato contra

Aristotele, ma son cascati i castegli, son spuntate lefreccie e gli son rotti gli archi.

elpino Che fia se una vanità guerreggia contra l’altra?l’una è potente contra tutte; non per questo perdel’esser vanità: et al fine non potrà esser discoperta evinta dal vero?

albertino Dico che è impossibile di contradir demo-strativamente ad Aristotele.

elpino Questo è un troppo precipitoso dire.albertino Io non lo dico se non dopo aver veduto be-

ne et assai meglio considerato quanto dice Aristotele:et in quello tanto manca ch’io vi trove errore alcuno,che niente vi scorgo che non sappia de divinità; e cre-do che altro non si possa accorrere di quel ch’io nonho possuto accorgermi.

elpino Dumque misurate il stomaco e cervello altruisecondo il vostro, e credete non esser possibile ad al-tri quel ch’è impossibile a voi. Sono al mondo alcunitanto infortunati et infelici, che oltre che son privid’ogni bene, hanno per decreto del fato per compa-gna eterna tale Erinni et infernal furia, che li fa volon-tariamente con l’atro velo di corrosiva invidia appan-narsi gli occhi per non veder la sua nudità, povertà emiseria, e l’altrui ornamenti, ricchezze e felicitadi: vo-glion più tosto in sporca e superba penuria intisichire,e sotto il lettame di pertinace ignoranza star sepolti,ch’esser veduti conversi a nuova disciplina, parendo-gli di confessar d’esser stato sin all’ora ignorante, etaver un tal per guida.

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albertino Volete dumque verbi gratia che mi facciadiscepolo di costui, io che son dottore, approvato damille academie, e che ho essercitata publica profes-sion de filosofie nelle prime academie del mondo: ve-gna ora a rinegar Aristotele, e mi faccia insegnar filo-sofia da simili?

elpino Io per me non come dottore, ma come indotto,vorrei essere insegnato; non come quello che dovreiessere, ma come quello che non sono, vorrei impara-re: accettarei per maestro non sol costui, ma qualsivo-gli’altro che gli dèi hanno ordinato che mi sia, perchégli fanno intendere quel ch’io non intendo.

albertino Dumque mi volete far ripuerascere?elpino Anzi dispuerascere.albertino Gran mercé alla vostra cortesia, poi che

pretendete d’avanzarmi e pormi in exaltazione, confarmi auditore di questo travagliato, ch’ogni un saquanto sia odiato nell’academie, quanto è aversariodelle dottrine comuni, lodato da pochi, approvato danessuno, perseguitato da tutti.

elpino Da tutti sì, ma tali e quali; da pochi sì, ma otti-mi et eroi. Aversario de dottrine comuni, non per es-ser dottrine o per esser comuni, ma perché false.Dall’academie odiato, perché dove è dissimilitudinenon è amore. Travagliato, perché la moltitudine ècontraria a chi si fa fuor di quella; e chi si pone in al-to, si fa versaglio a molti. E per descrivervi l’animosuo quanto al fatto del trattar cose speculative, vi dicoche non è tanto curioso d’insegnare, quanto d’inten-dere; e che lui udirà meglior nova, e prenderà mag-gior piacere, quando sentirà che vogliate insegnarlo(pur ch’abbia speranza de l’effetto), che se gli dicesteche volete essere insegnato da lui; per che il suo desioconsiste più in imparare che in insegnare, e si stimapiù atto a quello ch’a questo. Ma eccolo a punto insie-me con Fracastorio.

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albertino Siate il molto ben venuto, Filoteo.filoteo E voi il ben trovato.albertino

S’a la foresta fieno e paglia ruminocol bue, monton, becco, asino e cavallo,or per far meglior vita, senza falloqua me ne vegno a farmi catecumino.

fracastorio Siate il ben venuto.albertino Tanto sin al presente ho fatta stima de le

vostre posizioni, che le ho credute indegne di essereudite, non che di riposta.

filoteo Similmente giudicavo ne’ miei primi anniquando ero occupato in Aristotele, sino a certo termi-ne: ora dopo ch’ho più visto e considerato, e con piùmaturo discorso debbo posser far giudizio de le cose,potrà essere ch’io abbia desimparato e perso il cervel-lo. Or perché questa è una infirmità la quale nessunmeno la sente che l’amalato istesso, io più tosto mos-so da una suspizione, promosso dalla dottrinaall’ignoranza, molto son contento d’essere incorso inun medico tale, il quale è stimato sufficiente da tuttidi liberarmi da tal mania.

albertino

Nol può far la natura, io far nol posso,s’il male è penetrato in sin a l’osso.

fracastorio Di grazia, signor, toccategli prima il pol-so e vedete l’urina; perché appresso, se non possiamoeffettuar la cura, staremo sul giudizio.

albertino La forma di toccar il polso è di veder comevi potrete risolvere et estricar da alcuni argomentich’or ora vi farò udire, quali necessariamente con-chiudeno la impossibilità di più mondi: tanto mancache gli mondi siene infiniti.

filoteo Non vi sarò poco ubligato quando m’arreteinsegnato questo; e quantumque il vostro intento nonriesca, vi sarò pur debitore per quel, che mi verrete a

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confirmar nel mio parere: perché certo vi stimo taleche per voi mi potrò accorrere di tutta la forza delcontrario; e come quello che siete espertissimo nelleordinarie scienze, facilmente vi potrete avedere del vi-gor de fondamenti et edificii di quelle, per la differen-za ch’hanno da nostri principii. Or per che non acca-da interrozzione di raggionamenti, e ciascuno a belagio possa esplicarsi tutto, piacciavi di apportar tuttequelle raggioni che stimate più salde e principali, eche vi paiono demostrativamente conchiudere.

albertino Cossì farò. – Prima dumque, da quel cheestra questo mondo non s’intende essere loco né tem-po, per che se dice un primo cielo e primo corpo, ilquale è distantissimo da noi, e primo mobile; ondeabbiamo per consuetudine di chiamar cielo quelloch’è sommo orizonte del mondo, dove sono tutte lecose immobili, fisse e quiete, che son le intelligenzemotrici de gli orbi. Ancora, dividendo il mondo incorpo celeste et elementare, si pone questo terminatoe contenuto, quello terminante e continente: et è talordine de l’universo che, montando da corpo piùcrasso a più sottile, quello che è sopra il convesso delfuoco, in cui sono affissi il sole, la luna et altre stelle, èuna quinta essenza; a cui conviene e che non vada ininfinito, perché sarrebe impossibile di giongere al pri-mo mobile; e che non si repliche l’occorso d’altri ele-menti, sì perché questi verrebono ad essere circonfe-renziali, sì anco perché il corpo incorrottibile e divinoverrebe contenuto e compreso da gli corrottibili: ilche è inconveniente; perché a quello ch’è divino, con-viene la raggion di forma et atto, e per conseguenza dicomprendente, figurante, terminante: non modo diterminata, compresa e figurata materia. Appresso, ar-gomento cossì con Aristotele: se fuor di questo cielo ècorpo alcuno, o sarà corpo semplice, o sarà corpocomposto; et in qualsivoglia modo che tu dica, di-

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mando oltre, o vi è come in loco naturale, o come inloco accidentale e violento. Mostramo che ivi non ècorpo semplice: per che non è possibile che corposferico si cange di loco; perché come è impossibileche muti il centro, cossì non è possibile che cange ilsito: atteso che non può esser se non per violenzaestra il proprio sito; e violenza non può essere in lui,tanto attiva quanto passivamente. Similmente non èpossibile che fuor del cielo sia corpo semplice mobiledi moto retto: o sia grave o sia leve, non vi potrà esse-re naturalmente, atteso che gli luoghi di questi corpisemplici sono altri da i luoghi che si dicono fuor delmondo; né potrete dir che vi sia per accidente: perchéaverrebe che altri corpi vi sieno per natura. Or essen-do provato che non sono corpi semplici oltre quei chevegnano alla composizion di questo mondo, che sonmobili secondo tre specie di moto locale, è conse-quente che fuor del mondo non sia altro corpo sem-plice: se cossì è, è anco impossibile che vi sia compo-sto alcuno; per che questo di quelli si fa et in quelli sirisolve. Cossì è cosa manifesta che non son moltimondi, perché il cielo è unico, perfetto e compito, acui non è, né può essere altro simile. Indi s’inferisceche fuor di questo corpo non può essere loco né pie-no né vacuo, né tempo. Non vi è loco, per che se que-sto sarà pieno, contenerà corpo o semplice o compo-sto: e noi abbiamo detto che fuor del cielo non v’ècorpo né semplice né composto; se sarà vacuo, all’orasecondo la raggion del vacuo (che si definisce spacioin cui può esser corpo), vi potrà essere: e noi abbiamomostrato che fuor del cielo non può esser corpo. Nonvi è tempo, perché il tempo è numero di moto; il mo-to non è se non di corpo: però dove non è corpo, nonè moto, non v’è numero né misura di moto; dove nonè questa, non è tempo. Poi abbiam provato che fuordel mondo non è corpo; e per conseguenza per noi è

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dimostrato non esservi moto né tempo: se cossì è, nonvi è temporeo né mobile; e per conseguenza, il mondoè uno. – Secondo, principalmente dall’unità del mo-tore s’inferisce l’unità del mondo. È cosa concessache il moto circulare è veramente uno, uniforme, sen-za principio e fine: s’è uno, è uno effetto, il quale nonpuò essere da altro che da una causa; se dumque èuno il cielo primo, sotto il quale son tutti gl’inferiori,che conspirano tutti in un ordine, bisogna che sia uni-co il governante e motore. Questo essendo inmateria-le non è moltiplicabile di numero per la materia: se ilmotore è uno, e da un motore non è se non un moto,et un moto (o sia complesso o incomplesso) non è senon in un mobile, o semplice o composto, rimane chel’universo mobile è uno; dumque non son più mondi.– Terzo, principalmente da’ luoghi de’ corpi mobili siconchiude ch’il mondo è uno. Tre sono le specie dicorpi mobili: grave in generale, lieve in generale, eneutro; cioè terra et acqua, aria e fuoco, e cielo. Cossìgli luoghi de mobili son tre: infimo e mezzo, dove va ilcorpo gravissimo; supremo massime discosto da quel-lo; e mezzano tra l’infimo et il supremo. Il primo ègrave, il secondo è né grave né lieve, il terzo è lieve; ilprimo appartiene al centro, il secondo alla circonfe-renza, il terzo al spacio ch’è tra questa e quello. Èdumque un luogo inferiore a cui si muoveno tutti gligravi, sieno in qualsivoglia mondo; è un superiore acui si riferiscono tutti i lievi da qualsivoglia mondo;dumque è un luogo in cui si verse il cielo di qualun-que mondo il sia. Or se è un loco, è un mondo, nonson più mondi. – Quarto, dico che sieno più mezzi a iquali si muovano gli gravi de diversi mondi, sieno piùorizonti a gli quali si muova il lieve; e questi luoghi dediversi mondi non differiscano in specie, ma solamen-te di numero. Averrà all’ora che il mezzo dal mezzosarà più distante ch’il mezzo da l’orizonte: ma il mez-

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zo e mezzo convegnono in specie; il mezzo et orizonteson contrarii. Dumque sarà più distanza locale traquei che convegnono in specie, che tra gli contrarii.Questo è contra la natura di tali oppositi: perchéquando si dice che gli contrarii primi son massima-mente discosti, questo massime s’intende per distanzalocale, la qual deve essere ne gli contrarii sensibili.Vedete dumque che séguita supponendosi che sienopiù mondi. Per tanto tale ipotesi non è solamente fal-sa, ma ancora impossibile. – Quinto, se son più mon-di simili in specie, deveranno essere o equali o pur(che tutto viene ad uno, per quanto appartiene al pro-posito) proporzionali in quantità; se cossì è, non po-tranno più che sei mondi essere contigui a questo:perché senza penetrazion di corpi, cossì non più chesei sfere possono essere contigue a una, come non piùche sei circoli equali, senza intersezzione de linee,possono tocare un altro. Essendo cossì, accaderà chepiù orizonti in tanti punti (ne li quali sei mondi este-riori toccano questo nostro mondo o altro) sarannocirca un sol mezzo. Ma essendo che la virtù de doiprimi contraria deve essere uguale, e da questo mododi ponere ne séguite inequalità, verrete a far gli ele-menti superiori più potenti che gl’inferiori, farretequelli vittoriosi sopra questi, e verrete a dissolverequesta mole. – Sesto, essendo che gli circoli de mondinon si toccano se non in punto, bisogna necessaria-mente che rimagna spacio tra il convesso del circolodi una sfera e l’altra; nel qual spacio o vi è qualche co-sa che empia, o niente: se vi è qualche cosa, certo nonpuò essere di natura d’elemento distante dal convessode la circonferenza; perché (come si vede) cotal spa-cio è triangulare, terminato da tre linee arcuali, cheson parti della circonferenza di tre mondi: e però ilmezzo viene ad esser più lontano dalle parti più vici-ne a gli angoli, e lontanissimo da quelli come apertis-

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simo si vede. Bisogna dumque fingere novi elementi enovo mondo, per empir quel spacio, diversi dalla na-tura di questi elementi e mondo. Over è necessario diponere il vacuo, il quale supponemo impossibile. –Settimo, se son più mondi, o son finiti o son infiniti;se sono infiniti dumque si trova l’infinito in atto: ilche con molte raggioni è stimato impossibile; se sonofiniti, bisogna che sieno in qualche determinato nu-mero, e sopra di questo andaremo investigando: per-ché son tanti, e non son più né meno? per che non ven’è ancor un altro? che vi fa questo o quell’altro dipiù? Se son pari o impari, perché più tosto de l’unache de l’altra differenza? o pur per che tutta quellamateria che è divisa in più mondi, non s’è agglobatain un mondo, essendo che la unità è meglior che lamoltitudine, trovandosi l’altre cose pari? per che lamateria che è divisa in quattro o sei o diece terre, nonè più tosto un globo grande, perfetto e singolare? Co-me dumque de il possibile et impossibile si trova ilnumero finito più presto che infinito, cossì tra il con-veniente e disconveniente, è più raggionevole e se-condo la natura l’unità che la moltitudine o pluralità.– Ottavo, in tutte le cose veggiamo la natura fermarsiin compendio; perché come non è difettuosa in cosenecessarie, cossì non abonda in cose soverchie: pos-sendo dumque essa ponere in effetto il tutto perquell’opre che son in questo mondo, non è raggione,ancor che si voglia fengere, che sieno altri. Nono, sefussero mondi infiniti o più che uno, massime sareb-bono per questo, che Dio può farle, o pur da Dio pos-sono dependere; ma quantumque questo sia verissi-mo, per tanto non séguita che sieno: perché oltre lapotenza attiva de Dio, se richiede la potenza passivade le cose; perché dalla absoluta potenza divina nondipende quel tanto che può esser fatto nella natura:atteso che non ogni potenza attiva si converte in pas-

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siva, ma quella sola la quale ha paziente proporziona-to, cioè soggetto tale, che possa ricevere tutto l’attodell’efficiente; et in cotal modo non ha corrisponden-za cosa alcuna causata alla prima causa. Per quantodumque appartiene alla natura del mondo, non pos-sono essere più che uno, benché Dio ne possa far piùche uno. – Decimo, è cosa fuor di raggione la plura-lità di mondi, perché in quelli non sarrebe bontà civi-le, la quale consiste nella civile conversazione; e nonarrebono fatto bene gli dèi creatori de diversi mondi,di non far che gli cittadini di quelli avessero reciprococommercio. – Undecimo, con la pluralità di mondiviene a caggionarsi impedimento nel lavoro di ciascunmotore o dio; perché essendo necessario che le sferesi toccano in punto, averrà che l’uno non si potràmuovere contra de l’altro, e sarà cosa difficile che ilmondo sia governato da gli dèi per il moto. – Duode-cimo, da uno non può provenire pluralità d’individui,se non per tal atto per cui la natura si moltiplica perdivision della materia; e questo non è altro atto che digenerazione. Questo dice Aristotele con tutti Peripa-tetici. Non si fa moltitudine d’individui sotto una spe-cie, se non per l’atto della generazione. Ma quelli chedicono più mondi di medesima materia e forma inspecie, non dicono che l’uno si converte nell’altro, nési genere dell’altro. – Terzodecimo, al perfetto non sifa addizione: se dumque questo mondo è perfetto,certamente non richiede ch’altro se gli aggionga. Ilmondo è perfetto: prima come specie di continuo chenon si termina ad altra specie di continuo; perché ilpunto indivisibile matematicamente corre in linea,che è una specie di continuo; la linea in superficie,che è la seconda specie di continuo; la superficie incorpo, che è la terza specie di continuo. Il corpo nonmigra o discorre in altra specie di continuo; ma se èparte dell’universo, si termina ad altro corpo; se è

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universo, è perfetto e non si termina se non da se me-desimo. Dumque il mondo et universo è uno, se deveessere perfetto. Queste sono le tredici raggioni le qua-li voglio per ora aver prodotte: se voi mi satisfarrete inqueste, voglio tenermi satisfatto in tutte.

filoteo Bisogna, Albertin mio, che uno che si propo-ne a defendere una conclusione, prima (se non è altutto pazzo) abbia essaminate le contrarie raggioni:come sciocco sarrebe un soldato che prendesse assun-to de difendere una rocca, senza aver considerato lecirconstanze e luoghi onde quella può essere assalita.Le raggioni che voi apportate (se pur son raggioni)sono assai communi e repetite più volte da molti. Allequali tutte sarà efficacissimamente risposto, solo conaver considerato il fondamento di quelle da un canto,e dall’altro il modo della nostra asserzione. L’uno el’altro vi sarà chiaro per l’ordine che terrò nel rispon-dere; il quale consisterà in breve paroli: perché se al-tro bisognarà dire et esplicare, io vi lasciarò al pensie-ro di Elpino, il quale vi replicarà quello che ha uditoda me.

albertino Fate prima che io mi accorga che ciò possaessere con qualche frutto, e non senza satisfazzioned’un che desidera sapere: che certo non mi rincre-scerà d’udir prima voi, e poi lui.

filoteo A gli uomini savii e giudiciosi, tra’ quali viconnumero, basta sol mostrare il loco della considera-zione; per che da per essi medesimi poi profondanosul giudicio de gli mezzi per quali si discende all’una el’altra contradittoria o contraria posizione. Quanto alprimo dubio dumque diciamo che tutta quella machi-na va per terra, posto che non sono quelle distinzionidi orbi e cieli, e che gli astri in questo spacio inmensoetereo si muoveno da principio intrinseco e circa ilproprio centro e circa qualch’altro mezzo. Non è pri-mo mobile che rapisca realmente tanti corpi circa

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questo mezzo; ma più presto questo uno globo causal’apparenza di cotal rapto: e le raggioni di questo ve ledirà Elpino.

albertino Le udirò volentiera.filoteo Quando udirete e concepirete che quel dire è

contra natura, e questo è secondo ogni raggione, sensoe natural verificazione, non direte oltre essere unamargine, uno ultimo del corpo e moto dell’universo; eche non è che una vana fantasia l’esistimare che sia talprimo mobile, tal cielo supremo e continente: più to-sto che un seno generale, in cui non altrimente subsi-dano gli altri mondi che questo globo terreste in que-sto spacio dove vien circondato da questo aria, senzache sia inchiodato et affisso in qualch’altro corpo etabbia altra base ch’il proprio centro. E se si vedrà chequesto non si può provare d’altra condizione e natura,per non mostrar altri accidenti da quei che mostranogli astri circonstanti, non deve esser stimato più tostolui in mezzo dell’universo che ciascuno di quelli, e luipiù tosto fisso che quelli, e lui più tosto apparir essercircuito da quelli che quelli da lui: onde al fine con-chiudendosi tale indifferenza di natura, si conchiudala vanità de gli orbi deferenti, la virtù dell’anima mo-trice e natura interna essagitatrice di questi globi, laindifferenza de l’ampio spacio dell’universo, la irrazio-nalità della margine e figura esterna di quello.

albertino Cose in vero che non repugnano alla natu-ra, possono aver maggior convenienza; ma son de dif-ficilissima prova, e richiedono grandissimo ingegnoper estricarse dal contrario senso e raggioni.

filoteo Trovato che sarà il capo, facilissimamente sisbrogliarà tutto l’intrico; perché la difficultà procededa un modo e da uno inconveniente supposto: e que-sto è la gravità della terra, la immobilità di quella, laposizione del primo mobile, con altri sette, otto o no-ve o più: nelli quali sono piantati, ingravati, inpiastra-

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ti, inchiodati, annodati, incollati, sculpiti o depinti gliastri; e non residenti in un medesimo spacio con que-sto astro, che è la terra nominata da noi; la quale udi-rete non essere di regione, di figura, di natura più némeno elementare che tutti gli altri, meno mobile daprincipio intrinseco che ciascuno di quegli altri ani-manti divini.

albertino Certo, entrato che mi sarà nel capo questopensiero, facilmente succederanno gli altri tutti chevoi mi proponete: arrete insieme insieme tolte le radi-ci d’una, e piantate quelle d’un’altra filosofia.

filoteo Cossì dispreggiarete per raggione oltre pren-dere quel senso comune, con cui volgarmente si diceun sommo orizonte, altissimo e nobilissimo, confinealle sustanze divine inmobili e motrici di questi finitiorbi; ma confessarete almeno essere equalmente cre-dibile che cossì come questa terra è un animale mobi-le e convertibile da principio intrinseco, sieno quellialtri tutti medesimamente: e non mobili secondo ilmoto e delazione d’un corpo, che non ha tenacità néresistenza alcuna, più raro e più sottile che esser pos-sa questa aria in cui spiramo. Considerarete questodire consistere in pura fantasia, e non potersi dimo-strare al senso; et il nostro essere secondo ogni regola-to senso e ben fondata raggione. Affirmarete non es-sere più verisimile che le sfere imaginate di concava econvessa superficie sieno mosse, e seco amenino lestelle, che vero e conforme al nostro intelletto e con-venienza naturale che, senza temere di cascare infini-to al basso o montare ad alto (atteso che nell’immen-so spacio non è differenza di alto, basso, destro,sinistro, avanti et addietro), gli uni circa e verso gli al-tri facciano gli lor circoli, per la raggione della lor vitae consistenza nel modo che udirete nel suo loco. Ve-drete come estra questa imaginata circonferenza dicielo possa essere corpo semplice o composto, mobile

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di moto retto; perché, come di moto retto si muovenole parti di questo globo, cossì possono muoversi leparti de gli altri e niente meno: perché non è fatto ecomposto d’altro questo che gli altri circa questo ecirca gli altri, non appare meno questo aggirarsi circagli altri, che gli altri circa questo.

albertino Ora più che mai mi accorgo che picciolissi-mo errore nel principio, causa massima differenza ediscrime de errore in fine; uno e semplice inconve-niente a poco a poco se moltiplica ramificandosi ininfiniti altri, come da picciola radice machine grandi erami innumerabili. Per mia vita, Filoteo, io son moltobramoso che questo che mi proponi, da te mi vegnaprovato, e da quel che lo stimo degno e verisimile, misia aperto come vero.

filoteo Farrò quanto mi permetterà l’occasion deltempo rimettendo molte cose al vostro giudicio, lequali sin ora non per incapacità ma per inadvertenzavi sono state occolte.

albertino Dite pur per modo di articolo e di conclu-sione il tutto, perché so che prima che voi entraste inquesto parere, avete possuto molto bene essaminarele forze del contrario; essendo che son certo che nonmeno a voi che a me sono aperti gli secreti della filo-sofia commune. Seguitate.

filoteo Non bisogna dumque cercare se estra il cielosia loco, vacuo, o tempo; perché uno è il loco genera-le, uno il spacio inmenso che chiamar possiamo libe-ramente vacuo: in cui sono innumerabili et infinitiglobi, come vi è questo in cui vivemo e vegetamo noi.Cotal spacio lo diciamo infinito, perché non è raggio-ne, convenienza, possibilità, senso o natura che debbafinirlo: in esso sono infiniti mondi simili a questo, enon differenti in geno da questo; perché non è raggio-ne né difetto di facultà naturale, dico tanto potenzapassiva quanto attiva, per la quale, come in questo

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spacio circa noi ne sono, medesimamente non ne sie-no in tutto l’altro spacio che di natura non è differen-te et altro da questo.

albertino Se quel ch’avete prima detto è vero (comesin ora non è men verisimile che ’l suo contraditto-rio), questo è necessario.

filoteo Estra dumque l’imaginata circonferenza econvesso del mondo, è tempo: per che vi è la misura eraggione di moto, per che vi sono de simili corpi mo-bili. E questo sia parte supposto, parte proposto circaquello ch’avete detto come per prima raggionedell’unità del mondo. – Quanto a quello che seconda-riamente dicevate, vi dico che veramente è un primo eprencipe motore; ma non talmente primo e prencipe,che per certa scala, per il secondo, terzo et altri, daquello si possa discendere, numerando, al mezzano etultimo: atteso che tali motori non sono, né possono es-sere; perché dove è numero infinito, ivi non è grado néordine numerale, benché sia grado et ordine secondola raggione e dignità o de diverse specie e geni, o dediversi gradi in medesimo geno e medesima specie.Sono dumque infiniti motori cossì come sono animeinfinite di queste infinite sfere: le quali perché sonoforme et atti intrinseci, in rispetto de quali tutti è unprencipe da cui tutti dipendono, è un primo il qualedona la virtù della motività a gli spirti, anime, dèi, nu-mi, motori; e dona la mobilità alla materia, al corpo,all’animato, alla natura inferiore, al mobile. Son dum-que infiniti mobili e motori, li quali tutti se riducono aun principio passivo et un principio attivo, come ogninumero se riduce all’unità; e l’infinito numero el’unità coincideno; et il summo agente e potente fare iltutto, con il possibile esser fatto il tutto, coincideno inuno: come è mostrato nel fine del libro Della causa,principio et uno. In numero dumque e moltitudine èinfinito mobile et infinito movente; ma nell’unità e sin-

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golarità è infinito immobile motore, infinito immobileuniverso: e questo infinito numero e magnitudine, equella infinita unità e semplicità, coincideno in unosemplicissimo et individuo principio, vero, ente. Cossìnon è un primo mobile, al quale con certo ordine suc-ceda il secondo in sino a l’ultimo, opur in infinito; matutti gli mobili sono equalmente prossimi e lontani alprimo e dal primo et universal motore: come (logica-mente parlando) tutte le specie hanno equal raggioneal medesimo geno, tutti gli individui alla medesimaspecie. Cossì da un motore universale infinito, in unspacio infinito, è un moto universale infinito da cuidependeno infiniti mobili et infiniti motori, de qualiciascuno è finito di mole et efficacia. – Quanto al terzoargomento, dico che nell’etereo campo non è qualchedeterminato punto a cui come al mezzo si muovano lecose gravi, e da cui come verso la circonferenza se di-scostano le cose lievi; perché nell’universo non è mez-zo né circonferenza: ma (se vuoi) in tutto è mezzo, etin ogni punto si può prendere parte di qualche circon-ferenza, a rispetto di qualche altro mezzo o centro. Orquanto a noi, respettivamente si dice grave quello chedalla circonferenza di questo globo si muove verso ilmezzo; lieve quello che secondo il contrario modo,verso il contrario sito: e vedremo che niente è grave,che medesimo non sia lieve; perché tutte le parti de laterra successivamente si cangiano di sito, luogo e tem-peramento; mentre per longo corso di secoli, non èparte centrale che non si faccia circonferenziale, néparte circonferenziale che non si faccia del centro overso quello. Vedremo che gravità e levità non è altroche appulso de le parti de corpi al proprio continentee conservante, ovumque il sia; però non sono differen-ze situali che tirano a sé tali parti, né che le mandanoda sé: ma è il desio di conservarsi, il quale spenge ognicosa come principio intrinseco, e (se non gli obsta im-

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pedimento alcuno) la perduce ove meglio fugga il con-trario e s’aggionga al conveniente. Cossì dumque nonmeno dalla circonferenza della luna et altri mondi si-mili a questo in specie o in geno, verso il mezzo delglobo vanno ad unirsi le parti come per forza di gra-vità; e verso la circonferenza se diportano le parti as-sottigliate come per forza di levità. E non è perchéfuggano la circonferenza, o si appiglino alla circonfe-renza; per che se questo fusse, quanto più a quellas’avicinano, più velocemente e rapidamente vi corre-rebono; e quanto più da quella s’allontanano, più for-temente si aventarebono al contrario sito: del che ilcontrario veggiamo, atteso che se mosse saranno oltrela region terrestre, rimarranno librate nel aria, e nonmontaranno in alto né descenderanno al basso, sintanto che o acquistando per apposizion di parti o perinspessazione dal freddo gravità maggiore, per cui di-videndo l’aria sottoposto rivegnano al suo continente,over dissolute dal caldo et attenuate si dispergano inatomi.

albertino Oh quanto mi sederà nell’animo questo,quando più pianamente m’arrete fatto vedere la indif-ferenza de gli astri da questo globo terrestre.

filoteo Questo facilmente vi potrà replicare Elpino,nel modo con cui l’ha possuto udire da me: e lui vifarà più distintamente udire come grave e lieve non ècorpo alcuno a rispetto della region dell’universo, madelle parti a rispetto del suo tutto, proprio continenteo conservante. Perché quelle, per desiderio di conser-varsi nell’esser presente, si moveno ad ogni differenzalocale, si astrengeno... insieme come fanno i mari egoccie, e se disgregano, come fanno tutti liquori dallafaccia del sole o altri fuochi. Perché ogni moto natu-rale che è da principio intrinseco, non è se non perfuggir il disconveniente e contrario, e seguitare l’ami-co e conveniente. Però niente si muove dal suo loco,

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se non discacciato dal contrario; niente nel suo loco ègrave né lieve; ma la terra sollevata all’aria, mentre siforza al suo loco, è grave e si sente grave: cossì l’acquasuspesa a l’aria è grave; non è grave nel proprio loco.Però a gli sommersi tutta l’acqua non è grave, e pic-ciolo vase pieno d’acqua sopra l’aria, fuor della super-ficie dell’arida, aggrava. Il capo al proprio busto nonè grave; ma il capo d’un altro sarà grave se ne sarà so-pra posto: la raggion del che è il non essere nel suo lo-co naturale. Se dumque gravità e levità è appulso alloco conservante, e fuga dal contrario, niente natural-mente constituito è grave o lieve: e niente ha gravità olevità molto discosto dal proprio conservante, e moltorimosso dal contrario, sin che non senta l’utiledell’uno e la noia dell’altro; ma se sentendo la noiadell’uno despera et è perplesso et irresoluto del con-trario, a quello viene ad esser vinto.

albertino Promettete, et in gran parte ponete in ef-fetto, gran cose.

filoteo Per non recitar due volte il medesimo, com-metto ad Elpino che vi dica il restante.

albertino Mi par intender tutto, perché un dubio ec-cita l’altro, una verità dimostra l’altra et io comincioad intendere più che non posso esplicare; e sin oramolte cose avevo per certe, che comincio a tenerleper dubie. Onde mi sento a poco a poco facile a po-tervi consentire.

filoteo Quando m’arrete pienamente inteso, piena-mente mi consentirete. Ma per ora retinete questo; oal meno non siate risoluto come vi mostravate nelcontrario parere, come eravate prima che vi si pones-se in controversia: perché a poco a poco e per diverseoccasioni verremo ad esplicar pienamente tutto chepuò far al proposito; il qual depende da più principiie cause: perché come uno errore s’aggionge all’altro,cossì a una discoperta verità succede l’altra. – Circa il

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quarto argumento, diceamo che quantumque sienotanti mezzi quanti sono individui, di globi, di sfere, dimondi, non per questo seguita che le parti di ciascunosi referiscano ad altro mezzo che al proprio, né s’al-lontanino verso altra circonferenza che della propriaregione: cossì le parti di questa terra non remirano al-tro centro, né vanno ad unirsi ad altro globo che que-sto; come li umori e parti de gli animali hanno flusso ereflusso nel proprio supposito, e non hanno apparte-nenza ad altro distinto di numero. Quanto a quelloche apportate per inconveniente, cioè che il mezzoche conviene in specie con l’altro mezzo verrà ad es-ser più distante da quello, che il mezzo e la circonfe-renza che sono contrarii naturalmente, e però sono edenno essere massime discosti; vi rispondo: prima,che li contrarii non denno essere massime discosti,ma tanto che l’uno possa aver azzione nell’altro e pos-sa esser paziente dall’altro; come veggiamo esser di-sposto il sole a noi prossimo in rispetto de le sue terreche son circa quello: atteso che l’ordine della naturaapporta questo, che l’uno contrario sussista, viva e sinutrisca per l’altro, mentre l’uno viene affetto, altera-to, vinto e si converte nell’altro. Oltre poco fa abbia-mo discorso con Elpino della disposizione di quattroelementi, li quali tutti concorrenti alla composizionedi ciascun globo, come parti: de quali l’una è insitadentro l’altra, e l’una è mista con l’altra; e non sonodistinti e diversi come contenuto e continente: perchéovumque è l’arida, vi è l’acqua, l’aria et il fuoco, oaperto o latente; e che la distinzione che facciamo diglobi, de quali altri sono fuochi come il sole, altri so-no acqui come la luna e terra, procede non da questo,che costano di semplice elemento, ma da quel, chequello predomina in tale composizione. Oltre è falsis-simo che li contrarii massime sieno discosti; perché intutte le cose questi vegnono naturalmente congionti

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et uniti; e l’universo, tanto secondo le parti principali,quanto secondo le altre conseguenti, non consiste senon per tal congionzione et unione: atteso che non èparte di terra che non abbia in sé unitissima l’acqua,senza la quale non ha densità, unione d’atomi e soli-dità. Oltre, qual corpo terrestre è tanto spesso, chenon abbia gli suoi insensibili pori? li quali se non vifussero, non sarrebono tai corpi divisibili e penetrabi-li dal foco o dal calor di quello, che pur è cosa sensi-bile che si parte da tal sustanza. Ove dumque è partedi questo tuo corpo freddo e secco, che non abbiagionto di quest’altro tuo corpo umido e caldo? Non èdumque naturale, ma logica questa distinzione di ele-menti; e se il sole è nella sua regione lontano dalla re-gione della terra, non è però da lui più lontano l’aria,l’arida et acqua, che da questo corpo: per che cossìquello è corpo composto, come questo, benché diquattro detti elementi altro predomine in quello, altroin questo. Oltre, se vogliamo che la natura sia confor-me a questa logica che vuole la massima distanza de-verse a gli contrarii, bisognarà che tra il tuo foco che èlieve, e la terra che è grave, sia interposto il tuo cielo ilquale non è grave né lieve. O se pur ti vuoi strengerecon dir che intendi questo ordine nelli chiamati ele-menti, sarà de bisogno pure che altrimente le venghiad ordinare. Voglio dire che tocca a l’acqua di esserenel centro e luogo del gravissimo, se il foco è nella cir-conferenza e luogo del levissimo nella regione ele-mentare; perché l’acqua, che è fredda et umida, con-traria al foco secondo ambe due le qualitadi, deveessere massime lontana dal caldo e secco elemento; el’aria, che dite caldo et umido, devrebe essere lonta-nissimo dalla fredda e secca terra. Vedete dumquequanto è inconstante questa peripatetica proposizio-ne, o la essaminate secondo la verità della natura, o lamisurate secondo gli proprii principio e fondamenti?

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albertino Lo vedo, e molto apertamente.filoteo Vedete ancora che non è contra raggione la

nostra filosofia, che reduce ad un principio e referiscead un fine e fa concidere insieme gli contrarii, di sorteche è un soggetto primo dell’uno e l’altro; dalla qualcoincidenza stimiamo ch’al fine è divinamente detto econsiderato che li contrarii son ne gli contrarii, ondenon sia difficile di pervenire a tanto, che si sappia co-me ogni cosa è in ogni cosa: quel che non poté capireAristotele et altri sofisti.

albertino Volentieri vi ascolto: so che tante cose e sìdiverse conclusioni non si possono insieme e con unaoccasione provare; ma da quel, che mi scuoprite in-convenienti le cose che io stimava necessarie, in tuttel’altre, che con medesima e simil raggione stimo ne-cessarie, dovegno suspetto. Però con silenzio et atten-zion mi apparecchio ad ascoltar i fondamento, princi-pio e discorsi vostri.

filoteo Vedrete che non è secol d’oro quello ch’haapportato Aristotele alla filosofia. Per ora espediscan-si gli dubii da voi proposti.

albertino Io non son molto curioso circa quelli altri:perché bramo d’intendere quella dottrina di principii,da quali questi et altri dubbi iuxta la filosofia vostra sirisolveno.

filoteo Di quelli ne raggionaremo poi. – Quanto alquinto argomento, dovete avertire che se noi imagi-niamo gli molti et infiniti mondi secondo quella rag-gione di composizione che solete voi imaginare, quasiche oltre un composto di quattro elementi secondol’ordine volgarmente riferito, et otto, nove o diece al-tri cieli fatti d’un’altra materia e di diversa natura chele contegnano, e con rapido moto circulare se gli rag-gireno intorno; et oltre cotal mondo cossì ordinato esferico, ne intendiamo altri et altri similmente sferici eparimente mobili: all’ora noi deremmo donar raggio-

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ne, e fengere in qual modo l’uno verrebe continuato ocontiguo all’altro; all’ora andremmo fantasticando inquanti punti circonferenziali possa esser tocco dallacirconferenza di circonstanti mondi; all’ora vedresteche quantumque fussero più orizonti circa un mondo,non sarebono però d’un mondo, ma arrebe quella re-latione quest’uno a questo mezzo, ch’ha ciascuno alsuo, perché là hanno la influenza, dove e circa dove siraggirano e versano: come, se più animali fussero ri-stretti insieme e contigui l’uno a l’altro, non per que-sto seguitarebe che gli membri de l’uno potessero ap-partenere a gli membri dell’altre, di sorte che a uno eta ciascun d’essi potessero appartener più capi o busti.Ma noi per la grazia de dèi siamo liberi da questo im-paccio di mendicare tale iscusazione; perché in locodi tanti cieli e di tanti mobili rapidi e renitenti, retti etobliqui, orientali et occidentali, su d’asse del mondoet asse del zodiaco, in tanta e quanta, in molta e pocadeclinazione, abbiamo un sol cielo, un sol spacio, peril quale e questo astro in cui siamo e tutti gli altri fan-no gli proprii giri e discorsi: questi sono gl’infinitimondi, cioè gli astri innumerabili; quello è l’infinitospacio, cioè il cielo continente e pervagato da quelli.Tolta è la fantasia della general conversion di tutti cir-ca questo mezzo: da quel, che conoscevo aperto laconversion di questo, che versandosi circa il propriocentro, s’espedisce alla vista de lumi circonstanti inore vinti e quattro. Onde viene a fatto tolta quellacontinenza de gli orbi deferenti gli lor astri affissi cir-ca la nostra regione; ma rimane attribuito a ciascuno,sol quel proprio moto che chiamano “epiciclico”, conle sue differenze da gli altri mobili astri, mentre nonda altro motore che dalla propria anima essagitati,cossì come questo circa il proprio centro e circa l’ele-mento del fuoco, a lunghi secoli (se non eternamente)discorreno. Ecco dumque quali son gli mondi e quale

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è il cielo. Il cielo è quale lo veggiamo circa questo glo-bo, il quale non meno che gli altri è astro luminoso eteccellente. Gli mondi son quali con lucida e risplen-dente faccia ne si mostrano distinti, et a certi interval-li seposti gli uni da gli altri; dove in nessuna partel’uno è più vicino a l’altro, che esser possa la luna aquesta terra, queste terre a questo sole: a fin che l’uncontrario non destrugga ma alimente l’altro; et un si-mile non impedisca, ma doni spacio a l’altro. Cossì araggione a raggione, a misura a misura, a tempi a tem-pi, questo freddissimo globo, or da questo, or da quelverso, ora con questa, ora con quella faccia si scalda alsole; e con certa vicissitudine or cede, or si fa cederealla vicina terra, che chiamiamo luna, facendosi orl’una or l’altra o più lontana dal sole, o più vicina aquello: per il che “antictona terra” è chiamata dal Ti-meo et altri Pitagorici. Or questi sono gli mondi abi-tati e colti tutti da gli animali suoi, oltre che essi songli principalissimi e più divini animali dell’universo; eciascun d’essi non è meno composto di quattro ele-menti che questo in cui ne ritroviamo; benché in altripredomine una qualità attiva, in altri l’altra; onde altrison sensibili per l’acqui, altri son sensibili per il foco.Oltre gli quai quattro elementi che vegnono in com-posizion di questi, è una eterea regione, come abbiamdetto, immensa, nella qual si muove, vive et vegeta iltutto: questo è l’etere che contiene e penetra ogni co-sa; il quale, in quanto che si trova dentro la composi-zione (in quanto dico si fa parte del composto), è co-munmente nomato “aria”, quale è questo vaporosocirca l’acqui et entro il terrestre continente, rinchiusotra gli altissimi monti, capace di spesse nubi e tempe-stosi Austri et Aquiloni; in quanto poi che è puro enon si fa parte di composto, ma luogo e continenteper cui quello si muove e discorre, si noma propria-mente “etere”, che dal corso prende denominazione.

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Questo benché in sustanza sia medesimo con quelloche viene essagitato entro le viscere de la terra, portanulla di meno altra appellazione; come oltre si chiama“aria” quello circostante a noi; ma come in certo mo-do fia parte di noi, o pur concorrente nella nostracomposizione, ritrovato nel pulmone, nelle arterie etaltre cavitadi e pori, si chiama “spirto”: il medesimocirca il freddo corpo si fa concreto in vapore, e circa ilcaldissimo astro viene attenuato come in fiamma; laqual non è sensibile se non gionta a corpo spesso, chevegna acceso dall’ardor intenso di quella. Di sorte chel’etere, quanto a sé e propria natura, non conosce de-terminata qualità, ma tutte porgiute da vicini corpi ri-ceve, e le medesime col suo moto alla lunghezzadell’orizonte dell’efficacia di tai principii attivi tran-sporta. Or eccovi mostrato quali son gli mondi e qua-le è il cielo; onde non solo potrai essere risoluto quan-to al presente dubio, ma e quanto ad altriinnumerabili; et aver puoi principio a molte vere fisi-che conclusioni. E se sin ora parrà qualche proposi-zione supposta e non provata, quella per il presentelascio alla vostra discrezzione; la quale se è senza per-turbazione, prima che vegna a discuoprirla verissima,la stimarà molto più probabile che la contraria.

albertino Dimmi, Filoteo, ch’io ti ascolto.filoteo Cossì abbiamo risoluto ancora il sesto argu-

mento: il quale, per il contatto di mondi in punto, di-manda che cosa ritrovarsi possa in que’ spacii trian-gulari, che non sia di natura di cielo né di elementi.Perché noi abbiamo un cielo nel quale hanno gli lorspacii, regioni e distanze competenti gli mondi; e chesi diffonde per tutto, penetra il tutto et è continente,contiguo e continuo al tutto, e che non lascia vacuoalcuno: eccetto se quello medesimo, come in sito eluogo in cui tutto si muove, e spacio in cui tutto di-scorre, ti piacesse chiamar vacuo, come molti chia-

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morno; o pur primo suggetto che s’intenda in esso va-cuo, per non gli far aver in parte alcuna loco, se ti pia-cesse privativa e logicamente porlo come cosa distintaper raggione e non per natura e susistenza, da lo entee corpo. Di sorte che niente se intende essere che nonsia in loco o finito o infinito, o corporea o incorporea-mente, o secondo tutto o secondo le parti: il qual locoinfine non sia altro che spacio, il qual spacio non siaaltro che vacuo, il quale se vogliamo intendere comecosa persistente, diciamo essere l’etereo campo checontiene gli mondi; se vogliamo concipere come cosaconsistente, diciamo essere il spacio in cui è l’etereocampo e mondi, e che non si può intendere essere inaltro. Ecco come non abbiamo necessità di fengerenuovi elementi e mondi, al contrario di coloro che perlevissima occasione cominciorno a nominare orbi de-ferenti, materie divine, parti più rare e dense di natu-ra celeste, quinte essenze et altre fantasie e nomi privid’ogni suggetto e veritade. – Al settimo argomento di-ciamo uno essere l’universo infinito, come un conti-nuo e composto di eteree regioni e mondi; infiniti es-sere gli mondi che in diverse regioni di quello permedesima raggione si denno intendere et essere chequesto in cui abitiamo noi, questo spacio e regiones’intende et è: come ne gli prossimi giorni ho raggio-nato con Elpino, approvando e confirmando quelloche disse Democrito, Epicuro et altri molti, che congli occhi più aperti han contemplata la natura, e nonsi sono presentati sordi alle importune voci di quella:

Desine, quapropter, novitate exterritus ipsa,expuere ex animo rationem: sed magis acriiudicio perpende, et si tibi vera videtur,dede manus: aut si falsa est, accingere contra.Quaerii enim rationem animus, cum summa loci sitinfinita foris haec extra maenia mundi;quid sit ibi porro, quo prospicere usque vedi mens,

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atque animi tractus liber quo pervolet ipse.Principio nobis in cunctas undique partes,et latere ex utroque, infra supraque per omne,nulla est finis, uti docui, res ipsaque per sevociferatur, et elucet natura profundi.

– Crida contro l’ottavo argomento, che vuole la natu-ra fermarsi in un compendio: perché, benché questoesperimentiamo in ciascuno ne’ mondi grandi e pic-cioli, non si vede però in tutti; perché l’ochio del no-stro senso, senza veder fine, è vinto dal spacio inmen-so che si presenta; e viene confuso e superato dalnumero de le stelle che sempre oltre et oltre si va mol-tiplicando: di sorte che lascia indeterminato il senso, ecostrenge la raggione di sempre giongere spacio aspacio, regione a regione, mondo a mondo:

Nullo iam pacto verisimile esse putandum’st,undique cum vorsum spacium vacet infinitum,seminaque innumero numero, summaque profundamultimodis volitent aeterno percita motu,hunc unum terrarum orbem, caelumque creatum.Quare etiam atque etiam tales fateare necesse estesse alios alibi congressus materiei:qualis hic est avido complexu quem tenet aether.

– Mormora contra il nono argomento, che suppone enon prova che alla potenza infinita attiva non rispon-da infinita potenza passiva, e non possa esser soggettoinfinita materia, e farsi campo spacio infinito: e perconsequenza non possa proporzionarsi l’atto e l’az-zione a l’agente; e l’agente possa comunicar tutto l’at-to, senza che esser possa tutto l’atto comunicato (chenon può imaginarsi più aperta contradizzione di que-sta). È dumque assai ben detto:

Praeterea cum materies est multa parata,cum locus est presto, nec res nec causa moratur

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ulla, geri debent nimirum et confieri res.Nunc ex seminibus si tanta est copia, quantamenumerare aetas animantum non queat omnis:visque eadem et natura manet, quae semina rerumconiicere in loca quaeque queat, simili rationeatque huc sunt coniecta: necesse’st confiteareesse alios aliis terrarum in partibus orbes,et varias hominum genteis, et secla ferarum.

– Diciamo al altro argumento che non bisogna questobuono, civile e tal commercio de diversi mondi, piùche tutti gli uomini sieno un uomo, tutti gli animalisieno un animale. Lascio che per esperienza veggiamoessere per il meglio de gli animanti di questo mondo,che la natura per mari e monti abbia distinte le gene-razioni; a le quali essendo per umano artificio accadu-to il commercio, non gli è per tanto aggionta cosa dibuono più tosto che tolta: atteso che per la communi-cazione più tosto si radoppiano gli vizii, che prenderpossano aumento le virtudi. Però ben si lamenta ilTragico:

Bene dissepti faedera munditraxit in unum Thessala pinus,iussitque pati verbera pontum,partemque metus fieri nostrimare sepositum.

– All’undecimo si risponde come al quinto: perchécossì ciascuno de mondi nell’etereo campo ottiene ilsuo spacio, che l’uno non si tocca o urta con l’altro;ma discorreno, et son situati con distanza tale, per cuil’un contrario non si destrugga, ma si fomente perl’altro. – Al duodecimo, che vuole la natura moltipli-cata per decisione e division della materia non poner-si in tale atto se non per via di generazione, mentrel’uno individuo come parente produce l’altro come fi-

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glio; diciamo che questo non è universalmente vero:perché da una massa per opra del solo efficiente siproducono molti e diversi vasi di varie forme e figureinnumerabili. Lascio che, se fia l’interito e rinovaziondi qualche mondo, la produzzione de gli animali, tan-to perfetti quanto imperfetti, senza atto di generazio-ne nel principio viene effettuata dalla forza e virtùdella natura. – Al terzodecimo et ultimo, che da quel,che questo o un altro mondo è perfetto, vuol che nonsi richiedano altri mondi, dico che certo non si richie-dono per la perfezzione e sussistenza di quel mondo:ma per la propria sussistenza e perfezzion dell’univer-so è necessario che sieno infiniti. Dalla perfezziondumque di questo o quelli, non séguita che quelli oquesto sieno manco perfetti: perché cossì questo co-me quelli, e quelli come questo, constano de le sueparti, e sono per gli suoi membri, intieri.

albertino Non sarà, o Filoteo, voce di plebe, indigna-zion di volgari, murmurazion di sciocchi, dispreggiodi tai satrapi, stoltizia d’insensati, sciocchezza di scìo-li, informazion di mentitori, querele di maligni e de-trazzion d’invidiosi, che mi defraudino la tua nobil vi-sta e mi ritardino dalla tua divina conversazione.Persevera, mio Filoteo, persevera; non dismetterl’animo e non ti far addietro per quel, che con moltemachine et artifici, il grande e grave senato della stol-ta ignoranza minaccia e tenta distruggere la tua divinaimpresa et alto lavoro. Et assicurati ch’al fine tutti ve-dranno quel ch’io veggo; e conosceranno che cossì adogn’uno è facile di lodarti, come a tutti è difficile d’in-segnarti. Tutti (se non sono perversi a fatto) cossì dabuona conscienza riportaranno favorevole sentenzadi te, come dal domestico magistero dell’animo cia-scuno al fine viene instrutto: perché gli beni de lamente non altronde che dall’istessa mente nostra ri-portiamo. E per che ne gli animi di tutti è una certa

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natural santità che assisa nell’alto tribunal de l’intel-letto essercita il giudicio del bene e male, de la luce etenebre: avverrà che da le proprie cogitazioni di cia-scuno sieno in tua causa suscitati fidelissimi et intieritestimoni e defensori. Talmente se non te si farannoamici, ma vorranno neghittosamente in defensione dela turbida ignoranza et approvati sofisti perseverarostinati adversarii tuoi, sentiranno in se stessi il boia emanigoldo tuo vendicatore: che quanto più l’occolta-ranno entro il profondo pensiero, tanto più le tor-mente. Cossì il verme infernale tolto da la rigida chio-ma de le Eumenedi, veggendo casso il propriodissegno contra di te, sdegnoso si convertirà alla ma-no o al petto del suo iniquo attore, e gli darà tal mortequal può chi sparge il stigio veleno, ove di tal anguegli aguzzati denti han morso. Séguita a farne conosce-re che cosa sia veramente il cielo, che sieno veramentegli pianeti et astri tutti; come sono distinti gli uni dagli altri gl’infiniti mondi; come non è impossibile manecessario un infinito spacio; come convegna tal infi-nito effetto all’infinita causa; qual sia la vera sustanza,materia, atto et efficiente del tutto; qualmente de me-desimi principii et elementi ogni cosa sensibile e com-posta vien formata. Convinci la cognizion dell’univer-so infinito. Straccia le superficie concave e convesseche terminano entro e fuori tanti elementi e cieli. Fàn-ne ridicoli gli orbi deferenti e stelle fisse. Rompi e git-ta per terra col bombo e turbine de vivaci raggioniqueste stimate dal cieco volgo le adamantine muragliadi primo mobile et ultimo convesso. Struggasi l’esserunico e propriamente centro a questa terra. Togli viadi quella quinta essenza l’ignobil fede. Donane lascienza di pare composizione di questo astro nostro emondo, con quella di quanti altri astri e mondi pos-siamo vedere. Pasca e ripasca parimente con le suesuccessioni et ordini ciascuno de gl’infiniti grandi e

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spaciosi mondi, altri infiniti minori. Cassa gli estrinse-ci motori, insieme con le margini di questi cieli. Apri-ne la porta per la qual veggiamo l’indifferenza di que-sto astro da gli altri. Mostra la consistenza de gli altrimondi nell’etere, tal quale è di questo. Fà chiaro ilmoto di tutti provenir dall’anima interiore: a fine checon il lume di tal contemplazione, con più sicuri passiprocediamo alla cognizion della natura.

filoteo Che vuol dire, o Elpino, che il dottor Burchioné sì tosto, né mai ha possuto consentirne?

elpino È proprio di non addormentato ingegno, dapoco vedere et udire, posser considerare e compren-der molto.

albertino Benché sin ora non mi sia dato di vedertutto il corpo del lucido pianeta, posso pur scorgerepe’ raggi che diffonde per gli stretti forami de chiusefenestre dell’intelletto mio, che questo non è splendord’artificiosa e sofistica lucerna, non di luna o di altrastella minore. Però a maggior apprension per l’aveni-re m’apparecchio.

filoteo Gratissima sarà la vostra familiarità.elpino Or andiamo a cena.

fine de’ cinque dialogi dell’infinito,

universo e mondi

Giordano Bruno - De l’infinito, universo e mondi

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