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Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane s.p.a.- Spediz. in Abbon. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.2.2004 n° 46) art. 1 comma 2 DCB FORLI’ Aut. Tribunale di Forlì n.10 del 18.2.2004 - dir. resp.: Riccardo Ceriani - Stampa presso Monastero Clarisse in San Biagio, p.tta P. Garbin (già S.Biagio), 5 Forlì i.r. Sorelle Povere di Santa Chiara Foglio notizie semestrale (n. 39 anno XX n.2) novembre 2017 Amare? E’ diventare l’altro Questo titolo, un po’ provo- catorio, descrive un’esperien- za che facciamo tutti: quan- do amiamo davvero qualcu- no, non è difficile metterci nei suoi panni, intuirne i desideri, prevenirne i bisogni... Non che ne diventiamo interpreti autorizzati e infal- libili, naturalmente! Possia- mo sempre sbagliare... so- prattutto perché spesso sal- tiamo il primo passo: e pre- tendiamo di sapere di che cosa l’altro ha bisogno senza esserci davvero immedesimati nella sua situazione. Perciò la domanda cruciale da farci rimane: “Se io fossi lui, di che cosa avrei davvero bisogno?” Insomma, il tema ci è sembrato molto natali- zio, e quindi adatto per questo numero del nostro Foglio Notizie. Infatti celebrare il Natale non è altro che contemplare que- sto grande mistero: Dio ci ha amati così tanto da diventare uno di noi, da assumere total- mente la nostra umanità. Ce lo dice in modo solenne la lettera agli Ebrei: “Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch'egli ne è divenuto partecipe... Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio... proprio per essere stato messo alla prova ed avere soffer- to personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova” (Eb 2,14-18). E lo ripetono le folgoranti parole che l’apostolo Paolo rivolge ai Filippesi: il Figlio “non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizio- ne di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,6-7). Vogliamo metterci alla scuola di Francesco, che questo metodo lo aveva appreso bene, sulla propria pelle. Come Paolo con i suoi, vogliamo augurarci di avere in noi gli stessi senti- menti di Cristo Gesù. Quello è il metodo del- l’amore, che Dio stesso ha mostrato. Con gioia auguriamo a tutti un Santo Natale! Le Sorelle Clarisse

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Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane s.p.a.- Spediz. in Abbon. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.2.2004 n° 46) art. 1 comma 2 DCB FORLI’Aut. Tribunale di Forlì n.10 del 18.2.2004 - dir. resp.: Riccardo Ceriani - Stampa presso Monastero Clarisse in San Biagio, p.tta P. Garbin (già S.Biagio), 5 Forlì i.r.

Sorelle Povere di Santa Chiara Foglio notizie semestrale (n. 39 anno XX n.2) novembre 2017

Amare? E’ diventare l’altroQuesto titolo, un po’ provo-catorio, descrive un’esperien-za che facciamo tutti: quan-do amiamo davvero qualcu-no, non è difficile mettercinei suoi panni, intuirnei desideri, prevenirnei bisogni...Non che ne diventiamointerpreti autorizzati e infal-libili, naturalmente! Possia-mo sempre sbagliare... so-prattutto perché spesso sal-tiamo il primo passo: e pre-tendiamo di sapere di checosa l’altro ha bisognosenza esserci davveroimmedesimati nella suasituazione. Perciò ladomanda cruciale dafarci rimane: “Se io fossilui, di che cosa avreidavvero bisogno?”Insomma, il tema ci èsembrato molto natali-zio, e quindi adatto perquesto numero delnostro Foglio Notizie.

Infatti celebrare il Natale nonè altro che contemplare que-sto grande mistero: Dio ci haamati così tanto da diventareuno di noi, da assumere total-mente la nostra umanità.Ce lo dice in modo solenne lalettera agli Ebrei:“Poiché i figli hanno in comuneil sangue e la carne, anch'egli neè divenuto partecipe... Perciòdoveva rendersi in tutto simileai fratelli, per diventare unsommo sacerdote misericordiosoe fedele nelle cose che riguardano

Dio... proprio per essere statomesso alla prova ed avere soffer-to personalmente, è in grado divenire in aiuto a quelli chesubiscono la prova”(Eb 2,14-18).E lo ripetono le folgorantiparole che l’apostolo Paolorivolge ai Filippesi: il Figlio“non ritenne un privilegiol'essere come Dio, ma svuotò sestesso assumendo una condizio-ne di servo, diventando simileagli uomini” (Fil 2,6-7).Vogliamo metterci alla scuola

di Francesco, che questometodo lo aveva appresobene, sulla propria pelle.Come Paolo con i suoi,vogliamo augurarci diavere in noi gli stessi senti-menti di Cristo Gesù.Quello è il metodo del-l’amore, che Dio stessoha mostrato.Con gioia auguriamo atutti un Santo Natale!

Le Sorelle Clarisse

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Amici del Monastero di San Biagio2

Nel Testamento, ricordandol’inizio del suo cammino,Francesco racconta:“quando ero nei peccati, misembrava cosa amara vedere ilebbrosi, ma il Signore stessomi condusse tra loro e io fecimisericordia con essi, e tutto sicambiò nella mia vita” (FF 110).E’ questo il famoso raccontodell’evento nel quale Francescocolloca la scoperta della logicaessenziale della sua identitàcristiana. Il dono di sé, povero eumile, ai lebbrosi, dopo averlasciato Assisi per condividere lasorte di quegli emarginati erifiutati, gli ha permesso diliberarsi da una vita autocentrata, mossa daldesiderio di diventarecavaliere. Di fatto ilgiovane ribaltaradicalmente i criteridell’esistenza, inverteproprio la sua direzionelogica, spostando la suaattenzione da sé ad unaltro.Francesco inizia a diventare“frate Francesco”: i lebbrosifurono il luogo e il tempo in cui ilSanto apprese questoriposizionamento nei rapportiche chiede di “entrare dentro”,“diventare come”, cioè dicondividere la sorte dell’altro,per essere capace di donare conadeguatezza ed efficacia la giustamisericordia. Francesco avevacapito che per agire conmisericordia occorre “diventarel’altro”, sostituirsi alla sua sorteper capirla da dentro. Solo così sipotranno avere giusti sentimentie, di conseguenza, si potranno

effettuare adeguate scelte dimisericordia.Dio dona così a Francesco diiniziare a cambiare il suo modo divedere se stesso, gli altri e Dio: lavita è gratuità del dono di sé chenon cerca nulla per la propriapersona e si prende cura con veritàe generosità di coloro che Diopone davanti. Nel volto deilebbrosi Dio gli dona la scopertadella sua identità cristianasintetizzata nel progetto di“diventare fratello” libero da ognidesiderio di potere e dominio.

(da “ Il sogno di Francesco”di Pietro Maranesi)

“Usi ed abbia nei confronti diciascuno dei suoi fratelli quellamisericordia che vorrebbe fosseusata verso di sé qualora sitrovasse in un caso simile”(FF 197)“Beato l’uomo che offre unsostegno al suo prossimo per lasua fragilità, in quelle cose in cuivorrebbe essere sostenuto da lui,se si trovasse in un caso simile”(FF 167).Il meccanismo che Francescopropone è quello dellasostituzione: per fare misericordiaoccorre entrare nella condizionedei miseri, per comprendere da

FFFFFrrrrrancesco, francesco, francesco, francesco, francesco, fratatatatatello di miserello di miserello di miserello di miserello di misericoricoricoricoricordia:dia:dia:dia:dia:una nuova identitàuna nuova identitàuna nuova identitàuna nuova identitàuna nuova identità

dentro la loro sorte e i lorobisogni… Francesco ha dovutodiventare egli stesso lebbroso.Per capire quale sia la formamigliore di misericordia daregalare di volta in volta, l’uomodeve assumere su di sé la fragilitàdell’altro, o meglio sentirla dal didentro diventando l’altro, cioèfragile e vulnerabile.Una cosa per Francesco è sicura:senza un moto di sostituzioneempatica, non è possibile offrireveramente se stessi all’altro; ènecessario amare se stessinell’altro mediante una specie di

sostituzione; infatti, la misuragiusta dell’amoremisericordioso è solo quelloche si dà a sé. Francescodirebbe “Diventa lui eàmati”.Colui che agisce in questomodo non soltanto è un“uomo degli uomini”, maanche “servo di Dio” perché sitratta di riconsegnaretotalmente se stesso a Dio,nel momento in cui ci siconsegna totalmente all’altro

riconosciuto e amato come sestesso. Questo meccanismo direstituzione sana le ferite eridona dignità. Se tutti facesserocosì, l’uno nei confronti dell’altrosenza distinzione, allora siformerebbe un gruppo di fratelliche lieti e fiduciosi, camminanoinsieme, disposti a vivere ilservizio più scomodo ma anche ilpiù necessario per chi condivide lafatica della strada: chinarsi verso ilfratello come si vorrebbe cheanche gli altri facessero sui nostripiedi doloranti e feriti.

(da “Fate attenzione fratelli”di Pietro Maranesi)

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Amici del Monastero di San Biagio 3

Forse non tutti lo sanno: oltre aiFrati e alle Clarisse, la “famigliafrancescana” comprende anchel’Ordine Francescano Secolare(OFS), una buona idea diFrancesco stesso che desiderò cosìdare anche ai laici la possibilità divivere la sua spiritualità, purrimanendo immersi nella loro vita difamiglia, di lavoro, dipartecipazione alle vicende sociali.Si tratta di cristiani che, per unaparticolare vocazione, restando nelproprio stato di vita si impegnano avivere il vangelo alla maniera diFrancesco: e lo fanno legandosi adaltri in una ben precisa Fraternitàriconosciuta dalla Chiesa.A Forlì esistono due piccoleFraternità OFS: quella che siincontra presso la parrocchia diSanta Maria del Fiore, dove fino adalcuni anni fa erano presenti i FratiCappuccini, e quella che fariferimento ai Frati Minori di SanFrancesco-Montepaolo.Da qualche anno alle due Fraternitàsi sono accostati alcuni“simpatizzanti”: persone cheattraverso l’incontro con i fratelli,con i Frati o con le Clarisse hannoscoperto in sé il desiderio di conoscere questo “carisma”,sentendolo come una provocazionebuona per la loro vita.Incontrarsi, conoscersi, pregareinsieme, approfondire, porre ericevere domande: il percorso perverificare questa intuizione è statogià lungo.Ma in queste settimane si staraccogliendo un primo frutto: 7persone hanno chiesto ufficialmentedi entrare nelle due Fraternità perproseguire il cammino con un

ulteriore periodo di formazione.Sono: Barbara Campri, MarilenaTramonti e Loris Vitali, nella primaFraternità;Cristina Emiliani e FrancescoSabìa, Milena Petronici e FrancoBerti nella seconda Fraternità.Siamo liete di condividere questagioia con i nostri fratelli! A tutti loroe alle Fraternità che li hanno accoltiil nostro augurio di “buoncammino” e la certezza della nostrapreghiera e amicizia.

Le Sorelle Clarisse

sorellepovereforli.wordpress.com

Con gratitudine ho accolto l’invitodelle sorelle di condividere la nostrascelta. Pensavo fosse semplicescrivere brevemente cosa ha spintome, mio marito e i fratelli che ilSignore ci ha donato in questocammino, a fare questo passo per noimolto significativo. Ma ora mi stochiedendo: quali sfumature farrisaltare in un spazio di colori cosìampio? Fermandomi un momento ariflettere… credo veramente chequesta scelta sia il frutto del desideriodi voler appartenere proprio a questaFamiglia, una di quelle che alzano losguardo, accorciano le distanze emostrano la nostra complementaritànelle diverse vocazioni. Hosempre lamentato di essere figliaunica, ho chiesto a lungo alSignore l’appartenenza ad ungruppo per condividere uncammino di fede. E poco tempofa ho capito che, fidandomi, Luidà come sempre 100 volte tanto…perché ha voluto donarmi unafamiglia, quella francescana, incui ho davvero imparato cosasignifica: Comunione!

I frati che con la loro itineranza sannocomunque accompagnareaccorciando le distanze, le sorelle conla loro presenza costante e la loropreghiera, e i francescani secolari checi hanno appena accolto a bracciaaperte come novizi nella loro fraternità,per iniziare un cammino che ciimpegna a seguire il Vangelo di GesùCristo nella sua forma di vita,passando dalla Vita al Vangelo e dalVangelo alla Vita.Tre ordini, UNA sola famiglia!Ma davvero è possibile questo passo?Me lo sono proprio chiesta. E ciò chemi ha permesso di dire “si” nonostantele mie inadeguatezze, le bellezze e lefatiche che la vita fraterna e le relazionipossono offrire, è che siamo statiaccolti così come siamo... con tutti inostri limiti e con il semplice desideriodi conoscere l’Ordine FrancescanoSecolare, per potermici riconoscere.Siamo stati abbracciati nelle nostrepovertà e mancanze, proprio comefece Francesco col suo lebbroso.Qui sento di poter rischiare e mettermiin discussione.E allora anziché chiedermi se èpossibile vivere così, comprendo che ènecessario vivere così, dicendo questo“si” per vivere pienamente la mia Vita.

Cristina.

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Abbiamo chiesto alle sorelle diraccontarci qualche esperienza chehanno vissuto cercando di “diventarel’altro”...

sr.Fausta:Mi è capitato spesso di condivideresituazioni o pensieri di altre persone,mettendomi – per così dire – “nei loropanni”, ma voglio ricordare un episo-dio della mia infanzia. Ancora bambi-na provai una grande sofferenza nelvedere una bimba come me in grandeindigenza, mentre io e i miei fratelliavevamo tutto il necessario e anche dipiù. Grande era il mio disagio e doloreperché in quella bimba vedevo mestessa se non avessi avuto tutto ciòche avevo: i genitori, una bella casa,cibo, dolci di cui i bimbi sono golosi…Da quel giorno appena potevo scende-vo in cortile e mi recavo nel tugurio incui la bimba abitava con i genitori,veramente poveri sotto tutti gliaspetti: vi aleggiava sporcizia, umidoe freddo, e talvolta violenza perché ilpadre era spesso ubriaco. Maria (anzi,Maruzzella, così la chiamavamoperché di origine napoletana) mi preseveramente il cuore e cominciai agiocare con lei, a portarle da mangia-re qualcosa di buono a cui rinunciavoe che mettevo da parte per questo, adarle qualche bacio anche se aveva ipidocchi ed era molto sporca. Tuttoquesto con il dissenso di mia madreche voleva impedirmelo ma che non ciè proprio mai riuscita!

sr. Teresa:Da qualche tempo, per essere aiutataa svolgere esercizi per riabilitare legambe, frequento un paio di giorni asettimana un servizio di sostegno eriabilitazione realizzato da volontaripresso la parrocchia di s.Paolo.L’incontro con altre persone

fisicamente provate dalla sofferenza,con handicap più o meno gravi, èstato per me una occasione per“dimenticare” per un momento la miafatica di camminare, e mettermi inascolto e contemplazione della loroserena accettazione, unita allasperanza di riacquistare autonomia.Mi ha colpito molto il loro sguardolimpido, sereno e pieno di fiducia neifisioterapisti, che con tanta dedizionesi prendevano cura di loro. Era bellofermarsi a dialogare, e la loro solapresenza era per me una lezione divita. Si raccomandavano alle miepreghiere e io raccoglievo i lorodesideri per presentarli al Signore,nella mia quotidianità.E’ stato un incontro prezioso per meperché mi ha dato motivo per nonscoraggiarmi nel camminoriabilitativo. Grazie anche al dottorPestelli per questa iniziativa da luipromossa.

sr. Valentina:Mi torna in mente una cosa vissutanel lavoro come educatrice di nido:Rachele è una bimba di due annimolto molto vivace, impetuosa nelsuo modo di relazionarsi con i pari, èmolto “fisica”, spinge, morde gli altribimbi; le sue piccole maninestrappano continuamente via dallemani dei coetanei giochi e oggettiperché per Rachele non c’è lapossibilità di condividere spazi emateriali…al centro ha bisogno distarci lei…….Rachele è la sorellina dialtri due fratelli più grandi, vivedentro ad una famiglia moltoimpegnata, papà e mamma corronotutti i giorni, lavorano, e devodividersi tra i tre figli, ognuno deiquali a modo loro richiedeattenzione. Da come la mammaaccompagna Rachele all’asilocapisco che la bimba non riceve losguardo “buono” di cui ha bisogno:di corsa, la mamma entra in sezione,apre frettolosamente l’armadietto,cambia Rachele senza neancheguardarla in faccia, la saluta “alvolo” ed esce. Al “ricongiungimento”la scena si ripete.Succede così che il mio sguardo su

Rachele si appoggia in modo nuovo:capisco che quello di Rachele è ungrido, la piccola interagisce con ilmondo alla ricerca di occhi chepossano accompagnarla nei suoipassi, dandole il giusto spazio dicrescita. Mettermi in ascolto della suafatica e del suo bisogno di essere“guardata” in modo nuovo, hapermesso alla piccola di cambiare neltempo sentendosi non più da solanella sua corsa verso la fioritura.

sr. Franca:Guardare Gesù che si è fatto uno dinoi, e ogni giorno ripete questo gestodonandosi a noi nell’Eucaristia, mi èdi stimolo per tentare di ripetere nellamia vita questo suo atteggiamento didono nei confronti di chi mi staaccanto, dalle sorelle della miaComunità a tutti i fratelli che ognigiorno bussano alla porta. Ci sonostate alcune situazioni in cui questotentativo di farmi l’altro è statoparticolarmente concreto, cioèquando mi sono trovata ad accudiredelle Sorelle ammalate, soprattuttoalcune totalmente inferme. Era unservizio che mi costringeva adimmedesimarmi nell’altra persona,per poter andare verso di lei nel modopiù delicato possibile: perché nonsoffrisse più di quello che già soffriva,sentendosi un peso; perché si sentissesollevata nel vedersi aiutata conamore in ciò che da sola non avevapiù la possibilità di fare. Mi sentivoproprio le sue mani e i suoi piedi, ecoglievo spesso da parte dell’altra unagrande riconoscenza per il sostegnomateriale e morale che riceveva. Avevola consapevolezza che nelle personeche soffrono è presente Gesù inmaniera tutta particolare, e a meveniva chiesto di servirlo nella suasituazione di debolezza. E’ stata perme un’esperienza forte, che a volte miha messo davanti anche ai miei limitie al mio peccato: infatti la stanchezzarischia di portare ad un ripiegamentosu di sé e a guardare più ai propribisogni che a quelli degli altri. Quelloè allora il momento di tenere ancorapiù fisso lo sguardo sul Maestro perimparare da lui e per ricevere la suaforza.

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sr. Anna Letizia:Fin da ragazzina, a mano a mano cheprendevo consapevolezza delsignificato della vita cristiana, misono resa conto che davvero l’amore èl’unica legge fondamentale della vitain genere, in particolar modo dellavita cristiana. E dunque, amare l’altrocome ci chiede Gesù, è l’esercizio maiesaurito di ogni giorno, tanto più daquando sono entrata in monastero,dove, alla sequela di Gesù, sonoparticolarmente chiamata aconformarmi alla qualità del suoamore.Innanzitutto mi pare che nellecircostanze della vita mi vengaabbastanza spontaneo spostare ilbaricentro del cuore verso ciò cheho di fronte (questo mi vienepiuttosto immediato anche con lecreature…non umane, quelleanimali e vegetali!!).Un esempio molto concreto erecente. Nella ns fraternità“sorella infermitate” è tornata atrovarci, visitando il corpo dellasorella più anziana. Questo hasignificato per me un contatto piùravvicinato con lei, con lasorpresa di scoprire i nostridiversi modi di gestire le cose di tutti igiorni. Già entrare nell’accoglienza diuna nuova infermità è stato ed èfaticoso per entrambe, poi scoprireche…l’abito tu lo riponi così invece iocosà, tu ti lavi così io mi lavo cosà,ecc.,... tutto ciò per un certo tempo èstato fonte di ripetute scintille!Siccome notavo che questo miocomportamento non produceva chetensione e ulteriore fatica, mi sonochiesta se, nel caso di una sorella giàsofferente per la sua difficoltà, nonfosse opportuno cambiare io direzionedel cuore, mettendomi dalla sua parte,nei suoi panni, appunto, percomprendere le sue motivazioni eaiutarla come aveva realmentebisogno. Forse, con atteggiamentodiverso, avevo una nuova opportunitàdi conoscere più a fondo il mondo diquella sorella, qualcosa di inedito delsuo cuore da imparare, anche seabitiamo da tanti anni insieme e conlo stesso ideale di vita! Mettermidavanti a lei in atteggiamento umile,senza giudicare, accettando di

ascoltare “in povertà di cuore” le suerichieste di aiuto, aspettare conpazienza il suo passo ora reso piùlento, cercare insieme le piccolesoluzioni pratiche di ogni giorno,sostenerla talvolta anche con unaparola vivace, e soprattutto ripetermispesso la parola di Gesù:”quello cheavrete fatto al più piccolo lo avretefatto a me”, è stato ed è davveroliberante,e fonte più gioiosa dicomunione di vita tra noi, uncamminare più profondamenteinsieme incontro al Signore di cui, frapoco, a Natale, celebreremo ancorauna volta il suo amorevole DIVENTARENOI.

Magari invece qualche volta èaccaduto che qualcun altro hasaputo mettersi nei nostri panni equesto ci ha aiutato...sr. Roberta:Ho incontrato diversi volti nella miavita. Con alcuni ho condiviso tratti distrada: c’è chi mi ha accompagnata,ad altri mi sono accostata io.Ma soprattutto ho ricevuto! Comequando, dopo pochi anni dalla miaentrata in monastero, mio babboebbe un incidente gravissimo erimase in coma per 40 giorni. Furonomomenti duri quelli, di notti insonni.Ricordo bene che la sera, prima diandare in camera, bussavo da sr.Francesca e mi fermavo a pregare conlei per il mio babbo e la mia famiglia.Aveva sempre una parola di speranzaper me. Una sera, al termine dellapreghiera di compieta, mi ha volutodonare il “santino” che teneva inmezzo al breviario, con l’immaginedella Madonna con in braccio ilBambino, dicendomi: “Questo è il tuo

babbo che dorme fra le braccia dellaMadonna”. Conservo ancora congratitudine quel santino nel miobreviario, segno di affidamento e dilegame con chi in quel momento inmodo così tenero ha saputo “farsime”!

sr. Isabella:Ho visto questo “mettersi nei mieipanni” da parte delle sorellesoprattutto qualche mese fa, quandomio padre è morto. Si sono resedisponibili perché io potessi stare coni miei. Le ho sentite presenti conquesto modo di “prendersi cura” di mee della mia famiglia nel momentodoloroso di distacco che stavamovivendo.

sr. Giovanna:Molte volte mi capita di constatare

con gratitudine che ci sono altriattenti a “mettersi nei miei panni”e a prevenire bisogni che magariio stessa non ho ancora letto. Tresituazioni tra le tante in cui l’hotoccato con mano.Avevo 27 anni e la mia mammaera appena morta: l’avevamoaccompagnata nella chiesaparrocchiale, io ero lì, raffreddatae un po’ confusa anche dai tantisaluti. Arrivò una mia alunna,17enne, che dopo avermiabbracciato mi disse soltanto”

Vieni con me, hai proprio bisogno diun caffé” e mi trascinò al bar difronte, regalandomi qualche minuto dipausa in quei giorni convulsi e strani.Un altro episodio: ero entrata dapoche settimane in monastero,lasciando a casa da solo il babboquasi 87enne... e il mio pensiero erasempre là. L’amico Claudio Chieffo(che non lo conosceva neppure!)arrivò un giorno, chiese di vedermi emi disse: “Ieri sono passato a casatua, dal tuo babbo, e ho chiacchieratoun po’ con lui”.Il terzo non è un episodio, ma unascelta generosa che ha segnato il miocammino in monastero: dopo circadue anni dal mio ingresso, le sorelle“ascoltarono” il bisogno e lasolitudine di mio padre, ormai moltoanziano, e lo accolsero in due localidella foresteria appena ristrutturata.E così, per circa due anni e mezzodavvero “diventarono me”... nel sensoche “il babbo Dino” era ormai un po’ ilpapà di tutte!

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FRAMMENTI DAFRAMMENTI DAFRAMMENTI DAFRAMMENTI DAFRAMMENTI DA P P P P PAPAPAPAPAPA FRANCESCOA FRANCESCOA FRANCESCOA FRANCESCOA FRANCESCOSulla strada da Gerusalemme a Gerico ilsacerdote e il levita si imbattono in un uomomoribondo, che i briganti hanno assalito,derubato e abbandonato. La Legge delSignore in situazioni simili prevedeval’obbligo di soccorrerlo, ma entrambipassano oltre senza fermarsi. Erano difretta… Il sacerdote, forse, ha guardatol’orologio e ha detto: “Ma, arrivo tardi, devodire messa”. E l’altro ha detto: “Ma, non sose la Legge me lo permette, perché c’è ilsangue lì e io sarò impuro…”. Vanno perun’altra strada e non si avvicinano. Non èautomatico che chi frequenta la casa di Dio econosce la sua misericordia sappia amare ilprossimo. Non è automatico! Tu puoiconoscere tutta la Bibbia, tu puoi conosceretutte le rubriche liturgiche, tu puoi conosceretutta la teologia, ma dal conoscere non èautomatico l’amare: l’amare ha un’altrastrada, occorre l’intelligenza, ma anchequalcosa di più… Il sacerdote e il levitavedono, ma ignorano; guardano, ma nonprovvedono. Eppure non esiste vero cultose esso non si traduce in servizio alprossimo. Non possiamo rimanere spettatori.Ignorare la sofferenza dell’uomo significaignorare Dio! Se io non miavvicino a quell’uomo, a quelladonna, a quel bambino, aquell’anziano o a quell’anzianache soffre, non mi avvicino a Dio.Ma veniamo al centro dellaparabola: il samaritano, cioèproprio quello disprezzato, quellosul quale nessuno avrebbescommesso nulla, e checomunque aveva anche lui i suoiimpegni e le sue cose da fare,quando vide l’uomo ferito, nonpassò oltre come gli altri due, cheerano legati al Tempio, ma «neebbe compassione». Cioè il cuore, leviscere, si sono commosse! Ecco ladifferenza. Gli altri due “videro”, ma i lorocuori rimasero chiusi, freddi. Invece il cuoredel samaritano era sintonizzato con il cuorestesso di Dio. Infatti, la “compassione” è unacaratteristica essenziale della misericordia diDio. Dio ha compassione di noi. Cosa vuoldire? Patisce con noi, le nostre sofferenzeLui le sente. Compassione significa

“compartire con”. Il verbo indica che leviscere si muovono e fremono alla vista delmale dell’uomo. E nei gesti e nelle azioni delbuon samaritano riconosciamo l’agiremisericordioso di Dio in tutta la storia dellasalvezza. E’ la stessa compassione con cui ilSignore viene incontro a ciascuno di noi: Luinon ci ignora, conosce i nostri dolori, saquanto abbiamo bisogno di aiuto e diconsolazione. Ci viene vicino e non ciabbandona mai. Il samaritano fascia le feritedi quell’uomo, lo trasporta in un albergo, sene prende cura personalmente e provvedealla sua assistenza. L’amore non è unsentimento vago, ma significa prendersi curadell’altro fino a pagare di persona. Significacompromettersi compiendo tutti i passinecessari per “avvicinarsi” all’altro fino aimmedesimarsi con lui: «amerai il tuoprossimo come te stesso». Ecco ilComandamento del Signore.Siamo tutti chiamati a percorrere lo stessocammino del buon samaritano, che è figuradi Cristo: Gesù si è chinato su di noi, si è fattonostro servo, e così ci ha salvati, perchéanche noi possiamo amarci come Lui ci haamato, allo stesso modo. (27 aprile 2016)

In sinagoga, di sabato, Gesù incontra unadonna che non riusciva a stare dritta. El’evangelista usa cinque verbi perdescrivere cosa fa Gesù: la vide, la chiamò,le disse, impose le mani su di lei e la guarì.I dottori della Legge, i farisei, i sadducei,vivevano separati dal popolo,rimproverandolo continuamente. Questi nonerano buoni pastori. Invece Gesù è vicino ela sua vicinanza viene da quello che sente

nel cuore: “Gesù si commosse”, dice spessoil Vangelo.Per questo Gesù sempre era lì con la gente:c’erano lì i poveri, gli ammalati, i peccatori, ilebbrosi, ma erano tutti lì, perché Gesùaveva questa capacità di commuoversidavanti alla malattia, era un buon pastore.Un buon pastore si avvicina e ha capacità dicommuoversi.Un buon pastore non dice: “Ma sì, stabene… Sì, io sono vicino a te nello spirito”:questa è distanza. Un buon pastore fa quelloche ha fatto Dio Padre, avvicinarsi, percompassione, per misericordia, nella carnedel suo Figlio. Il grande pastore, il Padre, ciha insegnato come si fa il buon pastore: si

abbassò, si svuotò, svuotòse stesso, si annientò, presecondizione di servo.Il buon pastore è Gesù chevede, chiama, parla, tocca eguarisce. E’ il Padre che sifa nel suo Figlio carne, percompassione. E’ una graziaper il popolo di Dio averedei buoni pastori, pastoricome Gesù, che non sivergognano di toccare lacarne ferita, che sanno chesu questo - non solo loro,anche tutti noi - saremmo

giudicati: ero affamato, ero in carcere, eroammalato… I criteri del protocollo finale sonoi criteri della vicinanza, i criteri di questavicinanza totale, a toccare, a condividere lasituazione del popolo di Dio. Nondimentichiamo questo: il buon pastore si favicino sempre alla gente, sempre, come Dionostro Padre si è fatto vicino a noi, in GesùCristo fatto carne. (30 ottobre 2017)

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In cerca di cose belle

una poesia: NATALENATALENATALENATALENATALE

O quanto, buon Gesù, ti abbiamo atteso,sai quante volte il cielo abbiam guardato,ma tristi sentivam di averti offeso,aver macchiato un dì il cielo stellato!

Ma oggi è il tuo Natale, buon Signore:o Dio eterno, scendi amor del Padre!Sì, lascia a tutti noi il tuo doloresegno di colpa, e bacia la tua Madre!

Il tuo messaggio, oggi, o mio Signore,è un tenero vagito di Bambino:e noi mortali ti cerchiam col cuoreche si commuove al pianto sì divino!

Ora t’aggrappi al seno della Mammache dolcemente guarda i tuoi grandi occhi,ma Lei già sente nel suo cuore il drammad’udire il suono di furiosi schiocchi!

Vede la croce e Lei ti vede appeso,ti vede crocefisso per amore;Lei sa che noi Gesù l’abbiamo offeso:divinamente accetta il suo dolore!

Oggi l’Incarnazione è un gran mistero:“amore”, o dolce Madre, s’ode in cielo;oh, sì, lo cantan gli Angeli: è vero,ma in terra, buon Gesù, c’è tanto gelo!

Onofrio Gianaroli

UN CANTO:servire e’ regnare

Guardiamo a Te che seiMaestro e Signore:chinato a terra stai,ci mostri che l’amoreè cingersi il grembiule,sapersi inginocchiare,c’insegni che amareè servire.

Fa’ che impariamo, Signore, da Te,che il più grande è chi più sa servire,chi si abbassa e chi si sa piegareperché grande è soltanto l’amore.

E ti vediamo poi,Maestro e Signore,che lavi i piedi a noiche siamo tue creature;e cinto del grembiule,che è il manto tuo regale,c’insegni che servireè regnare.

Fa’ che impariamo, Signore, da Te,che il più grande è chi più sa servire,chi si abbassa e chi si sa piegareperché grande è soltanto l’amore.

Un libro:LA FATICA DELLA CARITA’LA FATICA DELLA CARITA’LA FATICA DELLA CARITA’LA FATICA DELLA CARITA’LA FATICA DELLA CARITA’di Luciano Manicardi,ed. Qiqaion

Parlare della carità è facile, e altrettanto facileilludersi di praticarla. Mentre attorno a noivediamo moltiplicarsi i segni di disumanità, ilmonaco Luciano Manicardi, attuale prioredella comunità monastica di Bose, rivisita inmodo sapiente la tradizione delle opere dimisericordia e ci aiuta a cogliere la carità come artedell’incontro, della relazione, come prassi di umanitàche travalica le fedi e le culture.

un film:

Marie Heurtin,Marie Heurtin,Marie Heurtin,Marie Heurtin,Marie Heurtin,Dal buio alla luceDal buio alla luceDal buio alla luceDal buio alla luceDal buio alla luce

Il film si ispira alla storiavera di una ragazza nata

sorda e cieca, affidata a unistituto per sordomuti, nella

Francia di fine ‘800.Una giovane suora, a sua

volta gravemente malata,cerca in ogni modo di

strapparla all’isolamentoche la avvolge e ci riesce

con la sua caparbiatenerezza.

Marie a sua volta aiuteràaltre ragazze nella sua

condizione... Intenso ecoinvolgente, da vedere.

Anche quest’anno proponiamo un modoun po’ diverso di trascorrere

la notte del 31 dicembre…la notte del 31 dicembre…la notte del 31 dicembre…la notte del 31 dicembre…la notte del 31 dicembre…

presso la Chiesa della Beata Vergine delle Graziedalle 22.45 alle 23.45

concludiamo l’anno con un tempodi preghiera e adorazione

a mezzanotte celebreremo l’Eucarestiaa mezzanotte celebreremo l’Eucarestiaa mezzanotte celebreremo l’Eucarestiaa mezzanotte celebreremo l’Eucarestiaa mezzanotte celebreremo l’Eucarestiaper accogliere il 2018 in rendimento di grazie

Al termine ci scambiamo gli auguri

talvolta vorrei essere un altroper vedere cosa mi perdo

Page 8: Amare? E’ diventare l’altro - WordPress.com · 2017-12-01 · Amare? E’ diventare l’altro Questo titolo, un po’ provo-catorio, descrive un’esperien-za che facciamo tutti:

Amici del Monastero di San Biagio8

...come contribuire?...come contribuire?...come contribuire?...come contribuire?...come contribuire?Si può contribuire inviando offerte direttamente al Monastero delle Clarisse, in P.tta Pietro Garbin(già S.Biagio), 5 - 47121 Forlì (tel. 0543 26141)

Oppure versando sui conti correnti sottoscrizioni intestati al Monastero:

C/c Postale n. 17820473 intestato a Monastero delle Clarisse di San Biagio - ForlìIBAN IT 89 L 07601 13200 000017820473

C/c Bancario c/o BCC Banca di Credito Cooperativo- Sede Centrale - ForlìIBAN IT 32 W 08542 13200 060000156101

Grazie a tutti per l’aiuto che ci date!

Continuiamo con i nostri lavorettia cercare di dare un piccolo contributoal moltiplicarsi delle spese.

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Siete davvero in tantiche ogni giorno,in molti modi,ci sostenete e ci aiutate.La vostra amiciziae la premuracon cui ci accompagnatesono per noi un segnodella provvidenzae della misericordia del Padre.Per tutti la nostra riconoscenzae la nostra preghiera.

le vostre Sorelle

BUON NATALEBUON NATALEBUON NATALEBUON NATALEBUON NATALEe SERENO ANNO NUOVO!e SERENO ANNO NUOVO!e SERENO ANNO NUOVO!e SERENO ANNO NUOVO!e SERENO ANNO NUOVO!