De Gaulle e l'Europa

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Università degli Studi di Palermo Facoltà di Scienze Politiche Corso di Laurea Specialistica in Studi Europei De Gaulle e l’Europa Tesi di laurea di: Nicola Palilla Relatore: Ch.mo Prof. 1

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Ho omesso il nome del professore perché non so se la pubblicazione sarebbe stata di suo gradimento. Manca l'indice per un problema di copia/incolla (ovviamente, nella tesi che presentai l'indice c'era!). La scrittura non è molto fluida, attraversavo un periodo difficile. Abbiate pazienza!

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Università degli Studi di PalermoFacoltà di Scienze Politiche

Corso di Laurea Specialistica in Studi Europei

De Gaulle e l’Europa

Tesi di laurea di:Nicola Palilla

Relatore:Ch.mo Prof.

Anno Accademico 2007/2008

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PREMESSA

Per via della gran mole di documenti e testimonianze che sul tema – come per

molti altri – egli stesso ha prodotto, affrontare la visione dell’Europa di Charles De Gaulle

potrebbe sembrare semplice. Si tratta per lo più di dichiarazioni alla stampa, memorie e atti

ufficiali di governo che ci forniscono con immediatezza come il Generale concepisse, in un

mondo diviso in blocchi ideologici e militari contrapposti, il ruolo della Francia ed il modo

in cui l’Europa avrebbe dovuto organizzarsi per essere uno spazio estraneo alla contesa

planetaria e ai pericoli di una guerra atomica; oltre che una regione in cui la potenza

francese potesse rinnovarsi e ritrovarsi. In realtà, l’elaborazione del tema appare complesso

per le medesime ragioni per le quali può apparire semplice, poiché non è sempre agevole

districarsi nella “selva” costituita dall’insieme di tali fonti cognitive, data la complessità

dell’ordito in cui l’ardua trama del Generale fu ricamata. Di De Gaulle non può certo

parlarsi come di un pensatore o del fondatore di una dottrina politica, poiché egli fu sempre

e soltanto un uomo d’azione con un solo, chiaro, solido scopo; uno scopo in funzione del

quale ogni mezzo, per quanto incoerente e contraddittorio rispetto a quelli usati in

precedenza e a quelli che sarebbero stati usati successivamente, sarebbe stato buono se

fosse servito ad assicurarlo: la grandeur della Francia. Inoltre, va considerato che, nel

momento storico in cui fu concepito, il suo ambizioso disegno politico non poteva non

tener conto di quanto fosse indispensabile – per una nazione europea che voleva mantenere

un rango di potenza planetaria – adottare una coraggiosa ed ampia visione strategica nella

quale, inevitabilmente, gli aspetti economici, politici e militari dell’Europa e del Mondo

risultassero concatenati e confusi da non consentirne quasi più la distinzione.

Il problema della conciliazione tra questa aspirazione nazionale e la consapevolezza

dell’ineludibilità dell’unità europea è l’oggetto di questo lavoro. Vi è un filo conduttore

che, attraverso cinque capitoli e delle conclusioni, si è cercato di dipanare durante tutta

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l’opera, ossia la domanda se può esserci stata in De Gaulle una reale e sincera volontà di

realizzare l’unità europea.

Basandoci sulle feroci critiche con cui apostrofò le Comunità e gli assertori del

metodo funzionalista e considerati gli analoghi rilievi furono mossi allo stesso indirizzo dai

federalisti, potremmo anche cedere alla tentazione di farci l’idea che De Gaulle volesse

lealmente opporre una visione decisamente più romantica dell’Europa a quella “grigia”

che, invece, andava concretizzandosi. Ora, se questo può accadere quando limitiamo la

nostra ricerca ad esplorare l’universo delle sue parole, nel momento in cui ci caliamo nel

contesto della sua prassi politica, non possiamo fare a meno di riscontrare il sostanziale

atteggiamento di indisponibilità del Generale per l’Europa, se questa avesse dovuto

significare il sacrificio della grandezza della Francia.

Convinti che il grado, l’intensità e la qualità della democrazia si riducano

all’aumentare della distanza tra i governati ed i governanti; persuasi che le “forme” della

democrazia nazionale, una volta applicate ad un contesto continentale, diverrebbero pure

“formalità” democratiche, dobbiamo ammettere di essere stati, inizialmente, inclini a

cedere a quella tentazione. Tuttavia, pensiamo, che la ricerca che abbiamo condotto ci

abbia portati a valutare le cose secondo le giuste misure.

Il primo capitolo, che ha anche una veste introduttiva, ha lo scopo di dipingere il

quadro storico in cui l’azione di Charles De Gaulle si collocò e tal fine presenta la

situazione di divisione in cui l’Europa venne a trovarsi alla conclusione della seconda

guerra mondiale. Illustrate le problematiche che da tale condizione scaturirono, la sezione

si concentra sul processo di formazione delle Comunità europee e illustra tanto le tre tesi

che animarono il dibattito sull’unificazione europea nel secondo dopoguerra, quanto le

caratteristiche del progetto gollista di unione politica dei primi anni Sessanta: il Piano

Fouchet.

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Il secondo capitolo tratta delle concezioni politiche di Charles De Gaulle mettendo

una particolare attenzione sui temi del nazionalismo e della legittimità. Inoltre, mostrando

come anche per De Gaulle l’unità europea fosse inevitabile, torna a parlare del piano

Fouchet e ne traccia un primo bilancio.

Il terzo capitolo espone le argomentazioni che De Gaulle utilizzò per porre in

evidenza gli aspetti critici del processo d’integrazione europea a partire dalla fondazione

del Consiglio d’Europa. Il capitolo non comprende la questione della CED perché abbiamo

ritenuto opportuno, per omogeneità tematica, “spostarla” nel capitolo successivo, il quarto,

riguardante l’importante tema dell’indipendenza dell’Europa dagli Stati Uniti. In

quest’ultimo capitolo trova collocazione anche la questione dell’adesione della Gran

Bretagna al Mercato Comune, da noi considerata “strategica” e pertanto più consona alla

trattazione di quest’ultima partizione che a quella precedente.

Il capitolo “Al vaglio della critica dei federalisti”, il quinto, espone le critiche che al

Generale furono rivolte dai federalisti tanto in riguardo al suo progetto d’unione politica,

quanto alla sua condotta nelle sedi comunitarie e internazionali. Il capitolo, che molto si

basa sui giudizi espressi dai membri del Movimento federalista europeo sulle pagine dei

loro organi di stampa, si conclude ponendo in evidenza la sostanziale giustezza delle tesi

“demolitorie” di De Gaulle a proposito del principio della sopranazionalità e

dell’insufficienza delle Comunità.

Chiudono il lavoro alcune osservazioni che cercano di fare il punto definitivo sulla

visione che Charles De Gaulle ebbe dell’Europa, ponendo in evidenza come, forse, vi sia

stato un conflitto in quest’uomo tra la sua aspirazione a fare davvero dell’Europa un’entità

politica indipendente, e la necessità di non sacrificare mai gli interessi vitali della Francia e

della sua grandeur. La risposta alla domanda che costituisce il filo conduttore della ricerca

è chiara; tuttavia, non ci si è astenuti dall’accennare al fatto che gli ostacoli sulla strada

della definitiva unità europea possono anche trovarsi al di là di Charles De Gaulle.

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CAPITOLO I

L’EUROPA SI ORGANIZZA

1. L’Europa divisa

Il più grande problema lasciato in eredità dalla guerra all’Europa fu la questione

tedesca. Saltati presto gli accordi presi a Yalta e a Potsdam, in Germania fu ricostituita la

sovranità nella forma della Repubblica federale tedesca, ad occidente (maggio 1949), e

della Repubblica democratica tedesca, ad oriente (ottobre 1949). Nonostante i timori che

evocasse la ricostituzione dello Stato in Germania, quella decisione s’era resa necessaria

per questioni strategiche, potendo una Germania riarmata e ammessa legittimamente nella

cerchia delle democrazie occidentali, prestarsi bene ad avanguardia del fronte atlantico

contro la più temuta avanzata sovietica1. Il maggiore disaggio, però, fu quello provato dalla

Francia, alla quale ricomparvero gli spettri della potenza industriale e militare tedesca.

1 A proposito degli inizi della guerra fredda, P. VIOLA, Storia moderna e contemporanea, Il Novecento, Torino, Einaudi, 2000, pp.255-259: ‹‹Lo scontro più pericoloso avvenne in Germania, dove le tre zone d’occupazione occidentali si andavano progressivamente integrando, mentre quella sovietica stava diventando un paese autonomo e separato. La “cortina di ferro” tagliava in due l’Europa e in particolare la Germania e questa realtà imprevista alterava completamente lo spirito della collaborazione fra gli ex alleati. Tutti in Europa avevano ragione di temere il risorgere del fascismo tedesco, ma le democrazie occidentali oramai temevano molto di più il comunismo sovietico, e una Germania troppo debole avrebbe costituito un pericoloso vuoto al centro del continente europeo. Agli americani sembrava più prudente integrare una Germania democratica in un sistema difensivo occidentale. Anche se la nuova situazione europea spingeva di nuovo gli occidentale a fare della Germania un baluardo contro il comunismo, gli accordi di Yalta e di Potsdam avevano però previsto il disarmo e la deindustrializzazione del paese, oltre che la divisione in quattro diverse entità politiche. Inoltre, l’Unione Sovietica aveva pagato un prezzo talmente alto alla guerra contro il nazismo, che qualunque rafforzamento tedesco le appariva non solo estremamente pericoloso, ma un vero tradimento degli accordi presi. In risposta alla nuova politica degli americani per la Germania, l’URSS decise di scacciare gli ex alleati da Berlino, che costituiva un’isola all’interno della zona d’occupazione sovietica. Nel giugno 1948 l’Armata Rossa chiuse le vie d’accesso tra Berlino e la Germania occidentale[…] Si inaugurò un copione che divenne classico: ciascuna delle due superpotenze sapeva che la guerra mondiale era impraticabile, ma si serviva della minaccia rappresentata dall’avversario per rafforzare il proprio dominio sui paesi alleati[…]Dalla crisi di Berlino in poi, la Germania rapidamente si costituì in due diverse entità statali: una, la Repubblica federale tedesca, occidentale e capitalista con capitale Bonn; e un’altra, la Repubblica democratica, comunista, con capitale a Berlino Est. Nell’aprile del 1949, mentre Berlino era ancora assediata dalle truppe sovietiche, i paesi occidentali costituirono un’alleanza antisovietica: la NATO […] In pochissimi anni si era così realizzato un rivolgimento molto significativo e molto veloce. Per gli Stati Uniti, la Germania da avversaria sconfitta era diventata alleata, mentre l’Unione Sovietica vittoriosa e alleata era diventata invece nemica››

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Visti gli ultimi precedenti, s’era diffusa l’opinione che in Europa non ci sarebbe stata

alcuna pace durata senza un perpetuo accordo tra Francia e Germania.

Il confine tra i due paesi era un’autentica polveriera: una nuova scintilla, nel

contesto internazionale e con due superpotenze armate di congegni atomici, avrebbe potuto

accendere la miccia della terza guerra mondiale, il conflitto più prossimo all’apocalisse. Se

non l’apocalisse medesima. Per gli Stati e i popoli europei, un tale conflitto sarebbe stato

insostenibile.

Oltre che di una grande civiltà, quella europea è anche la storia di sanguinose

guerre. Per varie ragioni combattute, le guerre europee hanno visto protagoniste tutte le

monarchie, le repubbliche e gli eserciti d’Europa: così – l’affermazione può apparire ovvia

– per quanto la Germania con le sue ambizioni fosse stata la causa dei due più recenti

conflitti, non era in quella terra che doveva trovarsi l’origine del dissidio sul Vecchio

Continente. Tuttavia, la ricostituzione della sovranità in Germania, benché bipartita,

provocava non poche preoccupazioni, soprattutto alla Francia. Dopo il maggio del 1949, il

problema dei rapporti franco-tedeschi divenne di capitale importanza; conseguentemente, il

dibattito sulla necessità dell’unificazione europea, iniziato subito dopo la guerra ma fino a

quel momento sterile di risultati concreti, uscì dalla mera speculazione intellettuale per

divenire oggetto della particolare attenzione del governo francese .

2. L’Europa dal Consiglio d’Europa alle Comunità

Quando fu presa coscienza del fatto che l’unificazione degli Stati europei non fosse

più differibile, solo due governi avrebbero potuto davvero farsi carico di questa storica

impresa: quello inglese e quello francese. Mentre l’Inghilterra, però, per via delle fortunate

vicende belliche aveva grandemente accresciuto il suo prestigio nazionale, la Francia,

benché riconosciuta vincitrice, si trovava in enormi difficoltà. Le situazioni dei due paesi

erano agli antipodi. La prima poteva vantarsi non solo di aver condotto la guerra alla

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Germania nazista dall’inizio alla fine delle ostilità senza mai tentennare, ma anche di non

aver subito negativi contraccolpi sul suo sistema politico. La seconda, invece, era piombata

nella vergogna della resa e della collaborazione, che il moto rappresentato dalla coraggiosa

azione del generale De Gaulle non aveva in pieno riscattato; oltretutto, all’indomani della

guerra, s’era data l’ennesima e malferma costituzione repubblicana2. Presto risultò

evidente come Londra fosse disinteressata a seri propositi europeistici: così, dopo una

prima fase in cui sembrò volesse dettare le direttrici del prossimo futuro unitario europeo,

fu infine la Francia che diede l’impulso decisivo affinché i paesi del Vecchio Continente

iniziassero a praticare una credibile e fruttuosa integrazione.

Costituito a Londra il 5 maggio 1949 con l’obiettivo di far raggiungere ai propri

membri una maggiore integrazione sulla base di un patrimonio di tradizioni comuni – tra

cui la libertà politica – il Consiglio d’Europa fu la prima organizzazione europea del

secondo dopoguerra; tuttavia, esso fu ben lungi dal soddisfare le aspettative di chi voleva

che si realizzasse una vera unità continentale: l’articolo 1 dello statuto si limitava ad

esprimere in modo generico l’obiettivo di ‹‹una più larga unità tra i suoi membri allo scopo

di salvaguardare e di realizzare gli ideali e i principi di una comune eredità e di facilitare il

progresso economico e sociale››3. Seguendo lo statuto, il Consiglio d’Europa si sarebbe

costituito di due organi: l’Assemblea consultiva ed il Comitato dei ministri. L’Assemblea,

formata da membri designati dai governi, avrebbe avuto l’attribuzione di discutere e

presentare raccomandazioni al Comitato dei ministri, organo costituito dai ministri degli

Esteri dei paesi membri; il Comitato dei ministri avrebbe deliberato all’unanimità dei

votanti e a maggioranza dei suoi membri, dopo che i governi nazionali fossero stati

2 Nel referendum confermativo, la Costituzione della Quarta repubblica veniva approvata con 9.297.000 voti, mentre i contrari furono 8.165.000 e gli astenuti 8.520.000 ‹‹[…] il che farà dire a De Gaulle che la costituzione era stata approvata perché un terzo dei francesi vi si era rassegnato, mentre un altro terzo l’aveva respinta e un terzo l’aveva ignorata››. Citazione in G. MAMMARELLA, Storia d’Europa dal 1945 ad oggi, Roma-Bari, Laterza, 1980, p. 71. 3 ivi., pp.172-173.

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investiti della questione per il tramite dei loro stessi ministri degli Esteri. Il Consiglio

d’Europa, quindi, si caratterizzava per il fatto di negare recisamente la fusione degli Stati e

dei popoli europei e di favorire fra di essi solo blande forme di cooperazione,

conservandone completamente integra la sovranità e, quindi, la libertà d’azione. Il

Consiglio d’Europa nasceva pertanto ‹‹come un foro di dibattito e un organo di

consultazione sotto lo stretto controllo dei governi ed era ben lontano dal costituire, sia

pure in nuce, il nucleo di un governo europeo››4.

Il cammino verso l’unità europea ebbe inizio con la dichiarazione Schuman del 9

maggio 1950. Ispirata direttamente da Jean Monnet, l’iniziativa del Ministro degli Esteri

francese Robert Schuman proponeva che Francia e Germania, insieme con qualunque altro

Stato avesse voluto parteciparvi, mettessero in comune tutta la loro produzione carbo-

siderurgica per sottoporla all’autorità di un’amministrazione sopranazionale. Visto che,

praticamente, tutta la produzione di carbone e d’acciaio dei due paesi trovava collocazione

lungo quel confine per la presenza, ivi, di enormi giacimenti carboniferi, l’iniziativa di

Schuman si presentava come la migliore soluzione dei contenziosi tra Francia e Germania

ed era salutata con entusiasmo dall’intera Europa occidentale democratica e molto

positivamente dagli Stati Uniti d’America5.

Il successo della proposta Schuman portò, il 18 aprile 1951, alla firma a Parigi del

trattato istitutivo della Comunità europea per il carbone e l’acciaio (CECA) con, oltre alla

4 ibid. 5 In L. LEVI, U. MORELLI, L’unificazione europea. Cinquant’anni di storia,Torino, Celid, 1994, pag. 43 gli autori riportano un passo di Una vita per l’Europa di R. COUDENHOVE-KALERGI in cui il presidente Truman esprime viva condivisione dell’idea di unificare l’Europa:‹‹Un giorno Creel domandò a Truman che cosa pensasse degli Stati Uniti d’Europa “E′ un’ottima idea!” fu la risposta spontanea di Truman […] A metà del 1946 tutta l’America, dalla Casa Bianca al Dipartimento di Stato e dal Congresso fino alla opinione pubblica, era pronta a sostenere l’idea degli Stati Uniti d’Europa, premesso che gli europei stessi desiderassero questa unione. Perché gli americani non volevano imporre a un’Europa recalcitrante il proprio sistema››. Sull’argomento può vedersi anche G. MAMMARELLA, op.cit., pag. 158 dove si riporta che il 22 marzo 1947 il Congresso statunitense approvava la risoluzione del senatore Fulbright in cui si affermava che ‹‹Il Congresso degli Stati Uniti favorisce la creazione degli Stati Uniti d’Europa››

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Francia e alla Germania occidentale, l’adesione di Italia, Belgio, Paesi Bassi e

Lussemburgo. Il tratto distintivo della CECA fu la sopranazionalità, ossia il fatto che gli

Stati accettavano di riconoscere, limitatamente al settore carbo-siderurgico e al di sopra

della propria, l’autorità di un organismo sopranazionale costituito da un’Alta Autorità, un

Consiglio dei ministri, un’Assemblea e una Corte di giustizia. Mentre l’Assemblea,

formata per cooptazione dei parlamenti nazionali, non aveva che poteri consultivi, il centro

del sistema era l’Alta Autorità, l’esecutivo dell’organizzazione che, seppur costituita da

membri nominati dagli Stati, era da questi ultimi, in buona sostanza, indipendente. Il

Consiglio dei ministri, in cui sedevano i membri dei governi nazionali, svolgeva le

funzioni di organo decisionale.

La CECA fu un esperimento decisamente riuscito: non solo mostrò in Europa che la

pace fosse possibile, ma anche che davvero la prospettiva di addivenire, infine, ad un

governo federale non fosse poi così lontana. A dimostrazione di ciò, il 25 marzo del 1957,

si arrivò alla firma, a Roma, dei trattati istitutivi della Comunità economica europea (CEE)

e della Comunità europea per l’energia atomica (CEEA, più nota come Euratom). Una

particolare attenzione merita il primo dei due trattati. Pur essendo caratterizzata da una

minore sopranazionalità rispetto alle altre, la Comunità economica aveva un maggiore

ambito di competenza, essendo, infatti, deputata all’edificazione di un Mercato Comune

che regolasse, potenzialmente, il complesso degli scambi commerciali tra i paesi membri.

In breve tempo, i suoi organismi, ed in particolare la Commissione (cioè il vertice della

CEE, analogamente all’Alta Autorità per la CECA) forte del carisma e della personalità del

suo presidente – il tedesco Walter Hallstein – presero a considerarsi, seppur ancora in

forma embrionale, il governo dell’Europa unita.

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Tutto questo, però, fu inviso al generale De Gaulle il quale, nel corso del 1958 e in

conseguenza dei drammatici fatti d’Algeri6, aveva preso il potere a Parigi. Deciso ad

invertire la rotta del processo d’integrazione europea, onde condurlo dal sistema delle

comunità a quello degli Stati legati in un qualche vincolo confederale, durante il lungo

periodo in cui fu alla presidenza della repubblica francese, De Gaulle polemizzò con le

istituzioni di Bruxelles ed in particolare con la Commissione CEE, contestando la

legittimità politica che essa sosteneva d’avere e che gli altri Stati membri, difatti, le

accordavano. Nel quadro di tale politica, agli inizi degli anni Sessanta De Gaulle propose il

cosiddetto “Piano Fouchet”.

3. Il problema della sicurezza: nascita della NATO e fallimento della CED

Oltre che organizzandosi sul fronte economico, per garantirsi la pace ed il

progresso in un clima di fiducia e di ottimismo, l’Europa doveva curarsi della propria

sicurezza contro il pericolo sovietico. La fine della guerra, oltre che in macerie e in una

profonda crisi morale, consegnò alla storia un’Europa politicamente ed ideologicamente

divisa in due, con la parte occidentale legata agli Stati Uniti d’America, all’economia di

mercato e alla democrazia parlamentare, e con quella orientale, al contrario, sotto il giogo

del totalitarismo sovietico. Benché originariamente, facendo affidamento anche sulla

propria superiorità tecnologica, gli Stati Uniti pensassero di poter controllare l’espansione

6 Dopo aver guidato le organizzazioni “France libre” e “France combattante” durante la guerra, De Gaulle era stato riconosciuto dagli alleati quale legittimo capo del governo francese, malgrado che fino al giugno del 1943 quello del regime di Vichy, agli occhi tanto degli americani quanto dei sovietici, apparisse come il solo governo francese ufficiale. Fu soprattutto Churchill a volere che a De Gaulle fosse attribuita tale dignità. Lasciato il governo in polemica con i partiti politici nel gennaio del 1946, De Gaulle continuò ad essere coinvolto nella vita pubblica ispirando la nascita del Rassemblement du peuples français (RPF) ma rifiutando di assumervi incarichi. Tornò al potere nel giugno del 1958, richiamato per fronteggiare la degenerazione del conflitto con la popolazione araba dell’Algeria, ormai considerata alla stregua di un comune dipartimento benché fuori dal territorio metropolitano. Nel 1956, quella che era iniziata come una rivolta due anni prima, aveva preso le sembianze di una vera e propria guerriglia alla quale i governi francesi non sapevano porre rimedio. Quando nel ’58 De Gaulle fu richiamato al potere, pare che la Francia fosse minacciata da un colpo di Stato che aveva la sua mente proprio in Algeria. Chiamato a fronteggiare questo pericolo, De Gaulle condizionò la sua investitura alla redazione di una nuova costituzione repubblicana con chiari tratti di presidenzialismo. Sulla vita di De Gaulle e gli episodi di Algeri sono consultabili: D. COOK, De Gaulle, Milano, Dall’Oglio, 1987; C. WILLIAMS, De Gaulle, Milano, Mondadori, 1997; R. BRIZZI, M. MARCHI, Charles de Gaulle, Bologna, Il Mulino, 2008

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sovietica grazie al fatto d’aver delineato l’ordine mondiale post-bellico con l’accordo

dell’attuale avversario, presto l’Unione Sovietica palesò di poter rappresentare una

pericolosa minaccia per l’intero continente europeo. Ne seguì che gli Stati Uniti dovettero

assumersi il gravoso compito di tutelare la sicurezza dell’Europa occidentale. Il 1949 fu,

così, importante per un altro fondamentale evento: la costituzione dell’Alleanza Atlantica

e, con esso, della NATO7. Scopo dell’Alleanza Atlantica era di rafforzare la stabilità e la

crescita del benessere e della libertà dei paesi membri per mezzo di un sistema di sicurezza

collettiva. In altre parole, l’organizzazione era stata creata per garantire l’Europa

occidentale contro la minaccia di un’eventuale aggressione sovietica. L’adesione alla

NATO implicava, per effetto del principio dell’integrazione che ne costituiva la colonna

vertebrale, la rinuncia da parte dei suoi membri di consistenti prerogative in materia di

difesa, dato il carattere preminente che nell’organizzazione assumevano i vertici militari

statunitensi. Fu proprio nel quadro della riorganizzazione della difesa europea che gli Stati

Uniti avevano preso a giudicare indispensabile che la Germania, nella sua parte

occidentale, fosse ricostituita e riarmata. Non deve, quindi, passare inosservato che la

creazione della NATO, la costituzione del Consiglio d’Europa e la fondazione della

Repubblica federale tedesca sono stati eventi accaduti nel giro di due mesi. Così come non

può passare inosservato il fatto che l’iniziativa inglese di costituire il Consiglio d’Europa,

quindi la sua stessa iniziale vocazione europeistica, è stata connessa alle scelte strategiche

americane. A proposito della fondazione del Consiglio d’Europa può, dunque, dirsi che

l’iniziativa inglese facesse parte di un più ampio disegno strategico di fattura americana. In

altre parole, la mossa del governo di Londra, che – come si dimostrò presto – non era

affatto appassionata al dibattito europeo, fu volta a favorire una “certa sistemazione” del

Vecchio Continente. La Gran Bretagna si disponeva a far ciò sulla base di un sistema di

7 Ne fecero parte: Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti d’America. La Grecia e la Turchia furono ammesse nell’alleanza nel 1952, la Repubblica Federale Tedesca nel 1955. Fonte: Microsoft ® Encarta ® 2007. © 1993-2006 Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati

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“relazioni speciali” con gli Stati Uniti che stava cominciando, allora, a delinearsi e che non

pochi problemi comporterà ad entrambi quando De Gaulle tornò al potere.

Proprio la specialità di detti rapporti saranno, tra le altre, la causa del fallimento

europeo di darsi una propria difesa. Proposta all’indomani della proclamazione della

Repubblica federale, la Comunità europea di difesa (CED) si prefiggeva di mettere in

comune la difesa dei Sei – ma s’intendeva estenderla anche alla Gran Bretagna – mediante

la costituzione di un esercito europeo. In verità, scopo del piano non era tanto

l’organizzazione della difesa dei Sei, bensì consentire alla Francia, che lo propose, di

controllare il riarmo della Germania ed impedirle l’adesione alla NATO. L’ingresso della

Germania nell’Alleanza Atlantica era particolarmente osteggiata dalla Francia per il timore

che gli Stati Uniti avrebbero finito per apprezzare la Germania come un alleato ben più

importante, essendo la sua posizione geografica maggiormente strategica nel contrasto

all’Unione Sovietica8. Poiché il Piano Pleven (il progetto che sta a monte della CED e che

prende il nome dal presidente del Consiglio francese che lo propose) ‹‹prevedeva la

costituzione di un esercito europeo composto da sei divisioni, con uno stato maggiore

internazionale agli ordini del comandante in capo delle forze atlantiche, il tutto posto sotto

il controllo di un ministro della Difesa europeo e di un’autorità politica da nominare

contestualmente››9, la Comunità di difesa implicava la reiterazione della formula

sopranazionale già definita per la CECA; e siccome ‹‹l’esercito è il fondamento stesso

della sovranità; una politica militare non ha senso, se non in servizio di una determinata

politica estera, l’una e l’altra sottoposte a controllo parlamentare e decise da organi

democraticamente legittimi››10, naturale corollario dell’esercito comune non poteva che

8 Sulle finalità della politica estera francese si vedano G..MAMMARELLA, op.cit., p.181; B.OLIVI, L’Europa difficile. Storia politica dell’integrazione europea 1948-1998, Bologna, Il Mulino, 1998, pp.41-45 e G. MAMMARELLA, P. CACACE, Storia e politica dell’Unione Europea, Roma-Bari, Laterza, 1999, pp.56-659 G. MAMMARELLA – P. CACACE, op.cit., p.6110 M. ALBERTINI, A. CHITI BATELLI, G. PETRILLI, Storia del federalismo europeo, Torino, 1973 , p.243

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essere l’istituzione di un’autorità politica europea. Quest’ultima implicazione, nonché il

rifiuto inglese di aderirvi, provocarono il fallimento del progetto della nuova Comunità11.

4. De Gaulle, l’Inghilterra, gli Stati Uniti

Una volta tornato al potere, contestando che la Francia, benché anch’essa vincitrice

e, cosa più importante, grande potenza per storia e tradizione non fosse considerata dagli

Stati Uniti un alleato alla pari, De Gaulle si concentrò sulla costruzione dell’unità

dell’Europa per creare un contrappeso, sì, al colosso americano in seno al mondo

occidentale, ma anche un credibile mezzo con cui la Francia avrebbe potuto recuperare una

certa libertà d’azione e condurre la sua politica di grandeur. Secondo lui, l’Europa, seppur

alleata degli Stati Uniti, doveva essere in grado di determinare la propria politica e la

propria posizione nel sistema delle relazioni internazionali da sé stessa, nonché cercare di

massimizzare la sua posizione strategica al centro delle due superpotenze col fare da ago

della bilancia degli equilibri planetari; quest’Europa, infine, avrebbe dovuto comprendere

anche i paesi comunisti dell’Est. Il tutto, secondo la formula da lui stesso prospettata di

un’Europa “europea”.

Per tale scopo raggiungere, la prima cosa da fare sarebbe stata attribuire, non già ad

una potenza “straniera” la difesa del continente, ma ad una nazione europea. Chiaro che

questa nazione non poteva essere che la Francia. A cagione di ciò, De Gaulle volle a tutti

costi che il suo paese disponesse di un proprio arsenale nucleare – la cosiddetta force de

frappe – del quale poter disporre indipendentemente dagli Stati Uniti (nel 1966 la Francia

uscirà dall’organizzazione militare della NATO).

11 Alla base del diniego del parlamento francese di ratificare il trattato CED vi fu il diffuso timore che la costituzione di un esercito comune avrebbe inevitabilmente impedito alla Francia, impegnata in guerre coloniali, di difendere il proprio impero. Il fallimento della CED portò gli inglesi a promuovere la ben più vaga Unione europea occidentale (UEO) nel 1955. Sull’argomento può consultarsi E. GUCCIONE, Il fallimento della CED e l’idea di federalizzazione in Carl Joachim Friedrich, Torino, Giappichelli, 2007. Si veda anche B.OLIVI, op. cit., p.45

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Una circostanza che palesò grandemente il suo netto di rifiuto a che la leadership

francese sul Vecchio Continente potesse essere contestata, fu quella in cui De Gaulle pose

clamorosamente il veto all’ingresso britannico nel Mercato Comune. La vicenda è piuttosto

complessa, poiché mostra come per De Gaulle non ci fosse soluzione di continuità tra la

politica europea e quella internazionale. In questo senso, possiamo affermare che De

Gaulle non ebbe mai una politica europeistica, neppure quando sostenne il piano Fouchet,

ma solo una politica europea quale sottobranca di quella internazionale.

Convinta di potere ancora giocare un ruolo internazionale di primaria importanza,

alla fine della guerra la Gran Bretagna guardò con diffidenza al processo d’integrazione

economica che stava avendo corso nell’Europa occidentale. Presto ridimensionata nei suoi

propositi di mantenere uno status da grande potenza tanto politico-militare quanto

economica, la Gran Bretagna cominciò a volgere il suo sguardo al Vecchio Continente,

proponendo, in luogo di un’unione doganale e di istituzioni sopranazionali, una blanda area

di libero scambio, la quale, non trovando fortuna presso i Sei, si concretizzò in seguito con

la costituzione dell’EFTA12. L’insuccesso dell’iniziativa – che, in definitiva, mirava a

mettere pressione sui membri della CEE affinché accettassero di scendere a compromessi

con lei soprattutto in riguardo ai vantaggi che le provenivano dal Commonwealth, ma che

alla fine non riuscì nel suo scopo – spinse subito la Gran Bretagna a chiedere l’adesione

alla CEE. Adesione che, infine, fu respinta per merito della Francia, oltre che per ragioni

economiche – la Francia temeva che si scardinasse la politica agricola comune –

soprattutto per questioni politiche.

Dietro la richiesta d’adesione britannica alla CEE, infatti, De Gaulle vedeva il

tentativo di controllare la poderosa ripresa economica europea ad opera degli Stati Uniti,

la cui bilancia dei pagamenti, per diretta conseguenza della ripresa europea, era oramai

pericolosamente inclinata negativamente. Proprio i problemi di bilancio americani avevano 12 European Free Trade Association nel luglio 1959 con Svezia, Svizzera, Norvegia, Danimarca, Austria, Portogallo.

1

Page 15: De Gaulle e l'Europa

condotto all’abbandono della strategia della “rappresaglia massiccia”, fondata in primo

luogo sulle forme convenzionali di guerra e solo secondariamente sull’impiego dell’arma

atomica, a favore della “risposta flessibile” che, invece, si basava sull’immediata risposta

atomica contro eventuali atti d’aggressione sovietica. Se negli anni Sessanta fu interesse

degli americani richiamare le proprie truppe in patria, tale interesse chiamava

necessariamente a nuove responsabilità i partners europei degli Stati Uniti. Fu sulla base di

queste considerazioni, quindi, che il presidente Kennedy propose, col discorso del 4 luglio

1962, di ristabilire su base più egualitaria i rapporti tra gli Stati Uniti e l’Europa mediante

due strumenti: la formula della “inter-indipendenza” – che mirava a creare una grande

comunità atlantica (per dirla con le parole di De Gaulle) fondata sul libero scambio; il

progetto della “Forza multilaterale” – con la quale, per esempio, anche la Germania di

Adenauer avrebbe avuto armi atomiche (da usarsi, però, sempre e solo per decisione

americana).

Le parole del presidente americano, che in quel discorso si augurò che presto la

Gran Bretagna aderisse alla Mercato Comune, unitamente al fatto che nel dicembre

successivo Londra acquistasse missili atomici Polaris proprio dagli Stati Uniti,

dimostrarono a De Gaulle che fra i due paesi vi era chiaramente un accordo strategico di

fondo che spingeva definitivamente la Francia ai margini delle decisioni strategiche

mondiali. Stando così le cose, De Gaulle non ebbe esitazioni a denunciare il tutto

pubblicamente e, inevitabilmente, ad annunciare il veto della Francia alla domanda

inglese13.

13 La proposta americana, nota come “Gran Design”, destò una forte impressione in Europa. De Gaulle comprese subito che con la sua iniziativa, specie in materia commerciale, Kennedy stava appoggiando la candidatura della Gran Bretagna nella CEE. Un passaggio importante del discorso del 4 luglio 1962 fu quello in cui si esortava l’Europa “ad organizzarsi e a prendere le proprie decisioni”, alludendo, appunto, all’ingresso britannico nella CEE e alla possibilità che, avvenuto ciò, i rapporti tra le due sponde dell’Atlantico si sarebbero fatti più intensi. De Gaulle comprese le intenzioni americane e si fece certo dell’esistenza di un accordo tra Usa e Gran Bretagna per emarginare la Francia e per porre l’economia e la politica europea sotto il controllo anglosassone. Per approfondimenti, si veda G. MAMMARELLA, P. CACACE, op. cit., pp.116-117

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Page 16: De Gaulle e l'Europa

5. Le tre vie dell’unità europea

Pur avendo radici lontane nel tempo, un dibattito serio sull’unità europea si ebbe

solo alla fine della seconda guerra mondiale, alla fine della quale gli Stati del Vecchio

Continente si ritrovarono non solo materialmente e moralmente distrutti, ma anche in grave

pericolo per l’emergere della potenza sovietica. Tale dibattito fu alimentato,

sostanzialmente, da tre diverse tesi.

Il pensiero federalista non propagandava un mero principio di organizzazione del

potere, ma si presentava come una vera e propria teoria politica rivoluzionaria. Per i suoi

più convinti sostenitori, il federalismo costituiva un’istanza di rinnovamento dei popoli e

delle loro relazioni sulla base del pacifismo e della loro comune volontà di darsi una nuova

identità e di perseguire, oltre che quello materiale, il progresso sociale14. Tutto questo

perché, a loro giudizio, lo Stato nazionale aveva esaurito la sua funzione e ragione storica

per divenire un perfido strumento di oppressione e di guerra. L’idea federalista, quindi,

aveva come obbiettivo la creazione di una federazione europea, ossia il superamento dello

Stato nazionale tramite l’istituzione di organi legislativi, esecutivi e giudiziari europei con

competenze in materia di politica estera, di difesa, di moneta, di imposizione e riscossione

dei tributi. Pur essendo sostenuto da una considerevole spinta popolare15, il federalismo, la

più risolutiva tra le idee in questione, aveva il suo punto debole della completa estraneità

all’establishment degli Stati. Tra i maggiori sostenitori di questa tesi vi fu Altiero Spinelli.

14 A proposito del carattere del federalismo ci sembra utile riportare quanto segue: ‹‹Un'Europa libera e unita è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna, di cui l'era totalitaria rappresenta un arresto. La fine di questa era sarà riprendere immediatamente in pieno il processo storico contro la disuguaglianza ed i privilegi sociali. Tutte le vecchie istituzioni conservatrici che ne impedivano l'attuazione, saranno crollanti o crollate, e questa loro crisi dovrà essere sfruttata con coraggio e decisione. La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi l'emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita››. A. SPINELLI., E.COLORNI, E. ROSSI, Manifesto di Ventotene, 1941, in: www.freeweb.supereva.com 15 I sostenitori del federalismo, che si organizzarono sia a livello nazionale (in Italia nel Movimento federalista europeo) che a livello europeo nella Unione Europea dei Federalisti, chiesero che l’unità europea si compisse mediante una procedura democratica, cioè, l’elezione di un’assemblea costituente al suffragio universale. Si veda al riguardo S.PISTONE, L’integrazione europea. Uno schizzo storico, Torino, UTET, 1999, pp.11-16

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Page 17: De Gaulle e l'Europa

La tesi funzionalista, a differenza del federalismo, non fu – ci permettiamo di dirlo

in riferimento al federalismo – un’ideologia, bensì più propriamente un metodo. Muovendo

dalla consapevolezza di quanto fosse difficile, malgrado tutto, unire Stati con diversi e

contrastanti connotati e pur prefigurando in un orizzonte più lontano la nascita di un

governo federale, i suoi sostenitori si accontentavano, pur di cominciare ad unire l’Europa

ed i suoi popoli, di procedere per integrazioni settoriali nella convinzione che la

conseguente rimozione dei conflitti tra i diversi interessi nazionali, soprattutto economici,

avrebbe portato all’istituzione di un governo federale. La forza di questa tesi, che

contrariamente a quella federalista non era sostenuta da alcun movimento popolare, era nel

fatto che si conciliava bene con l’interesse degli Stati di perpetuarsi il più a lungo possibile,

non implicando, infatti, repentine e complete cessioni di sovranità, ma solo quanto sarebbe

bastato ad assicurare efficacia alle amministrazioni sopranazionali, nella sostanza

indipendenti dagli Stati, che si sarebbero dovute occupare del governo del settore da

integrare16. Jean Monnet fu, tra i maggiori sostenitori di questa tesi, colui che riuscì più

degli altri a lasciare la sua impronta nella storia.

La tesi confederale, infine, sostenendo che lo Stato nazionale continuasse ad essere

la migliore incarnazione dei popoli, delle loro identità e della loro vocazione, proponeva

che l’unità europea si facesse col rispetto delle nazionalità e degli Stati, così che le

istituzioni, che si sarebbero create per agevolare l’adozione di forme strette di

cooperazione, non potessero privare gli Stati delle loro prerogative sovrane. Per i

sostenitori della confederazione, quindi, non poteva avvenire che la sovranità nazionale

fosse interamente ceduta ad un governo federale e nemmeno che essa fosse parzialmente e

16 Sulle prospettive di lungo periodo dell’integrazione settoriale può essere interessante considerare B. OLIVI, op.cit., p.28: ‹‹Per i più convinti ed ottimisti assertori della “sopranazionalità settoriale” il metodo funzionale contiene “in nuce” la soluzione globale asserita dai federalisti: invero è inevitabile che lo sviluppo graduale dell’integrazione in settori o funzioni limitate provochi nel tempo un uguale processo per settori contigui condizionanti le funzioni stesse. Per esempio, le integrazioni settoriali di taluni segmenti della vita economica e sociale imporranno forme d’integrazione politica e con esse fatalmente l’indebolimento e persino lo svuotamento delle sovranità nazionali››

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Page 18: De Gaulle e l'Europa

progressivamente trasferita a organi tecnici sopranazionali. I meccanismi che dovevano

istituirsi tra gli Stati, invece, sarebbero stati di tipo intergovernativo, ossia tali da

consentire ai governi nazionali ‹‹di raggiungere decisioni concordate in alcune materie di

comune interesse››17. La tesi confederale si caratterizzava per una certa contraddittorietà,

giacché, da un lato sosteneva la necessità, viste le dimensioni crescenti dei problemi, di

superare i tradizionali metodi della politica internazionale, dall’altro ribadiva l’intangibilità

della sovranità nazionale. Essendo funzionale alla conservazione degli Stati, dei loro

interessi e delle loro ambizioni, la proposta confederale fu, tra gli altri e non a caso,

sostenuta da due statisti provenienti da grandi ed orgogliose nazioni: Winston Churchill e

Charles De Gaulle.

Non vi possono essere dubbi, allora, sul fatto che, se il piano Fouchet fosse stato

approvato, l’unità europea si sarebbe fatta sul modello della confederazione.

6. Il piano Fouchet

Nei primi anni Sessanta Charles De Gaulle meravigliò l’intera Europa portando

avanti, con vigore e convinzione, un progetto di cooperazione politica tra i Sei che,

sebbene in un orizzonte più lontano, avrebbe dovuto traghettarli dalle Comunità ad una

forma d’organizzazione di tipo confederale. Il progetto prendeva il nome di “Piano

Fouchet” dal nome, Christian Fouchet, del presidente della commissione incaricata dalla

conferenza di Bonn del 18 luglio 1961 di elaborare una bozza di trattato sulla “unione

politica” tra i sei paesi già aderenti alle Comunità. Sebbene la commissione fosse

formalmente indipendente dagli Stati che l’avevano espressa, le conclusioni che essa

sottopose all’approvazione dei Sei corrisposero in pieno alle idee che in materia De Gaulle

aveva ripetutamente espresse. L’impegno profuso dal Presidente in questa occasione, però,

17 S.PISTONE, op.cit, p.19

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Page 19: De Gaulle e l'Europa

non impedì che lo storico tentativo di unire finalmente l’Europa, anche nell’ambito politico

e strategico, culminasse in un colossale fallimento.

A monte del negoziato per l’unione politica vi fu la speciale relazione che, fin dal

suo ritorno al potere, il presidente De Gaulle volle instaurare con la Germania e

personalmente con il suo cancelliere, Conrad Adenauer. Per grandi linee, infatti, il progetto

per una stretta cooperazione tra gli Stati – e non già l’istituzione di una nuova comunità –

fu deciso nei vari incontri che i due statisti ebbero, a partire da quello di Rambouillet del

29 luglio 196018.

Per quanto se ne parli al singolare, del piano Fouchet furono presentate tre diverse

bozze. Tutte, però, esordivano istituendo un’unione indissolubile di Stati e di popoli:  

Il est institué par le présent traité une Union d'État, ci-après désignée par

le terme « l’Union ». L’Union est fondée sur le respect de la personnalité

des peuples et de États membres : égalité des droits et des obligations.

Elle est indissoluble19

Solo la prima bozza, quella del novembre 1961, garantiva, però, al paragrafo 5 del

preambolo, il rispetto delle istituzioni comunitarie – limitando le competenze delle nuove

istituzioni alla politica estera, agli affari culturali e alla difesa, e non facendo accenno

alcuno alla politica economica – e la lealtà atlantica. Secondo la bozza, organi dell’Unione

sarebbero stati: un Consiglio composto dai capi di Stato e di governo degli stati membri;

un’Assemblea parlamentare europea; una Commissione esecutiva. Il Consiglio si sarebbe

riunito ogni quattro mesi e almeno tre volte all’anno deliberando all’unanimità; nessuna

decisione, tuttavia, che non fosse stata condivisa da uno dei suoi membri avrebbe

comportato, per detto membro, l’assunzione di un qualunque obbligo e al contempo

18 I due s’incontrarono la prima volta a Colombey-Les-Deux-Églises il 15 settembre 1958. Altri incontri importanti furono quelli del successivo 26 novembre a Bad-Kreuznach, del 9 dicembre 1961 a Parigi, del settembre 1962 in Germania. In tutti questi incontri De Gaulle e Adenauer cercarono un’intesa soprattutto su questioni politiche, strategiche ed economiche, tra le quali: i modi dell’unità europea; la natura del MEC e delle istituzioni comunitarie; la riforma della NATO; gli armamenti atomici; lo status della RFT; i rapporti Est-Ovest. 19 Quello riportato è l’articolo 1 in tutte le versioni. Fonte: www.gaullisme.org

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Page 20: De Gaulle e l'Europa

impedito agli altri di approfondire la loro cooperazione. All’Assemblea veniva riconosciuta

la facoltà di sottoporre interrogazioni e raccomandazioni al Consiglio, il quale, nel primo

caso, avrebbe dovuto rispondere entro due mesi, mentre nel secondo avrebbe dovuto

riferire di avervi dato seguito nella successiva riunione. La Commissione esecutiva,

costituita da funzionari designati dagli Stati, avrebbe preparato le deliberazioni del

Consiglio e vegliato sulla loro esecuzione. L’articolo 16 prevedeva che, dopo tre anni dalla

sua entrata in vigore, il trattato sarebbe stato sottoposto a revisione al fine di rafforzare

l’Unione e far incamminare definitivamente l’Europa verso una confederazione20.

In buona sostanza, il piano Fouchet prevedeva un Consiglio con poteri deliberativi,

irresponsabile sì di fronte ad un’Assemblea decisamente impotente, ma legittimato dal

fatto che i suoi membri sedessero nei governi nazionali, nonché una Commissione politica

che, in quanto formata da funzionari legati agli Stati di nomina, non sarebbe stata affatto

indipendente da questi. Non è sbagliato affermare che, pur conservandosi i nomi già

adottati dalle strutture comunitarie, l’unione politica non sarebbe consistita che nel rendere

istituzionale la prassi degli incontri al vertice che, sotto il poderoso impulso del governo

francese, si era in verità già affermata. Pur essendo accolta come una buona bozza da cui

cominciare a lavorare, non mancarono le rimostranze dei paesi – soprattutto Paesi Bassi e

Belgio – che constatavano con amarezza l’intento francese di annullare la logica della

sopranazionalità21.

20 D. CAVIGLIA, De Gaulle e il tentativo di spostare l’asse politico europeo: il piano Fouchet, CEDAM, 2000, riporta così al p.194 il contenuto dell’art.16: “Tre anni dopo l’entrata in vigore del trattato ‹‹celui-ci sera soumit à une révision générale, qui aura pour objet l’examen des mesures propres à renforcer l’Union, compte tenu des progrès accomplis››. Era, inoltre, specificato che la revisione avesse ‹‹pour objectifs principaux l’établissement d’une politique étrangère unifiée et la constitution progressive d’une organisation centralisant, au sein de l’Union, les communautés européennes mentionnées dans le préambule du présent traité″. Oltre che D. CAVIGLIA, sul Piano Fouchet si vedano anche: B. OLIVI, op.cit. pp.73-75; G.MAMMARELLA, op.cit, pp 306-309; G.MAMMARELLA, P. CACACE, op.cit, pp.109-115.21 Cfr. D. CAVIGLIA, op.cit., p.195. Per i due paesi, infatti, il piano francese rappresentava non già una soluzione definitiva, ma un accettabile punto di partenza al quale era necessario apportare modifiche che andassero nel senso della sopranazionalità.

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Page 21: De Gaulle e l'Europa

Presentato come il necessario completamento politico delle istituzioni economiche

già esistenti e come uno strumento di rafforzamento della NATO22, il piano Fouchet, in

realtà, non era affatto in continuità con il processo comunitario inaugurato con la CECA e

proseguito nel 1957 con la firma dei trattati di Roma, concernenti la fondazione della CEE

e dell’Euratom. La mente di De Gaulle aveva lavorato affinché l’Europa fosse uno

strumento di grandezza della sua venerata Francia e affinché la sua posizione egemonica

sul Vecchio Continente, basata anche sull’accordo strategico con Bonn, conferisse al suo

paese – o forse più precisamente allo stesso Generale – l’autorità di esprimere il proprio

punto di vista sugli equilibri mondiali a nome di tutta l’Europa democratica. Europa che,

secondo De Gaulle, aveva il dovere di riconquistare la centralità perduta negli equilibri

planetari e sbarazzarsi da quella indecorosa condizione di subalternità agli Stati Uniti

d’America dovuta alla presenza dell’Alleanza Atlantica.

L’idea più volte manifestata, e nuovamente confermata col piano Fouchet, di

promuovere una confederazione non sarebbe stata di per sé cattiva, se non fosse stato per il

fatto che l’unione politica di De Gaulle somigliasse più ad un sistema di relazioni

internazionali tra Stati europei facente perno su Parigi e sulla sua alleanza privilegiata con

la Germania occidentale, che ad una vera confederazione europea. Detta alleanza,

sfruttando il suo stesso peso negli equilibri del Continente, nonché il fatto che la Germania

di Adenauer fosse molto limitata nei suoi movimenti, mirava chiaramente ad assicurare

una guida francese all’Europa. É proprio sulla base di questa intesa che De Gaulle, d’altra

parte, diede probabilmente dimostrazione della sua concezione pratica dell’unità europea,

ad esempio quando impose l’agricoltura tra gli ambiti di competenza del Mercato Comune

22 Cfr., ivi, pp. 117-118. De Gaulle spiegò che il necessario completamento politico delle istituzioni economiche già esistenti non avrebbe intaccato la sostanza dei trattati di Roma e, per ragioni diverse, avrebbe assunto i contorni di una cooperazione intergovernativa senza carattere sopranazionale. Anche la collaborazione in materia di politica estera e di difesa non avrebbe dato luogo a frizioni con gli americani ma, al contrario, avrebbe contribuito al rafforzamento della NATO attraverso l’organizzazione di paesi europei più coscienti dei propri interessi.

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Page 22: De Gaulle e l'Europa

e regolò in anticipo e privatamente con il suo partner privilegiato le grandi linee

dell’unione politica e le modifiche al piano Fouchet, lasciando ai rimanenti Quattro, in tal

modo, la sola facoltà di accettare23.

De Gaulle confidava che la sola legge dei grandi numeri avrebbe fatto pendere

verso Parigi la bilancia del potere europeo; dopo che le due bozze successive, però,

intesero estendere l’ambito di applicazione dell’unione anche all’economia – di fatto

annullando la CEE – e cancellare ogni riferimento alla NATO, l’adozione del piano

Fouchet fu compromessa per la ferma opposizione del Belgio e dei Paesi Bassi. Così, dopo

solo un anno e mezzo, nell’aprile del 1962 il negoziato sull’Unione politica era già

miseramente fallito.

23 La seconda e la terza bozza datano, rispettivamente, 18 gennaio e 20 febbraio 1962. La seconda ometteva qualunque riferimento alle strutture previste dai Trattati di Roma e all’Alleanza Atlantica. Inoltre, all’Assemblea parlamentare venivano attribuiti poteri molto più ridotti. La terza versione, che fu solo un estremo tentativo di compromesso, fu definita in seguito all’incontro del 15 febbraio con il Cancelliere Adenaeur a Baden-Baden, nel corso del quale il presidente della Repubblica francese accettava nuovamente di modificare il testo su due punti: il preambolo del trattato avrebbe contenuto un riferimento al Patto Atlantico e l’articolo relativo alle competenze delle nuove istituzioni avrebbe specificato che il Consiglio non avrebbe potuto discutere dei problemi economici che nel rispetto delle istituzioni esistenti. Si vedano G.MAMMARELLA, P.CACACE, op.cit., p.114 e B. OLIVI, op.cit., p.76

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Page 23: De Gaulle e l'Europa

CAPITOLO II

CHARLES DE GAULLE TRA LA NAZIONE E L’EUROPA

1. Nazionalismo e legittimità

A Saint-Cyr – sede dell’accademia militare presso la quale s’era formato – nel

corso dei seminari da lui tenuti che culmineranno, in seguito, nella scrittura di Le fil de

l’épée, De Gaulle trattò l’argomento del carisma che un capo deve avere, esprimendo una

notevole ammirazione per le “personalità unificanti”, ossia coloro che, grazie al coraggio

di contravvenire all’occorrenza agli ordini dei superiori, riescono a plasmare gli eventi con

la loro azione. Meglio: a cambiare il corso della storia con un semplice atto della loro

volontà. Così, se è vero che:

C’è un unico tema nella vita di Charles de Gaulle, e questo tema è il potere.

La sua grande e tormentata devozione per la Francia, i suoi sogni e le sue

esortazioni alla grandezza avrebbero significato poco più di un super-

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Page 24: De Gaulle e l'Europa

patriottismo filosofico da intellettuale militante, se egli non fosse stato

capace di tradurli in un costante esercizio di potere […] Senza dubbio nella

sua vita ci furono alti e bassi, ma non vi fu alcuna diversione da questa

univoca fissazione mentale per il potere24,

è altrettanto certo che pochi uomini nella storia hanno saputo fare ciò che è riuscito a De

Gaulle, specie dalla definitiva affermazione dell’antieroico ordine politico e sociale

borghese.

De Gaulle era convinto di possedere tutte le qualità delle personalità eccezionali e

proprio tale convinzione lo sorresse nella sua opera – il cui esito era tutt’altro che scontato

– di radunare i francesi durante uno dei loro peggiori momenti storici e, infine, ricondurli

tra i vincitori della guerra; nonché accorrere in loro soccorso una seconda volta e stabilire,

questa volta sì, il suo “regno” al pari di un Alessandro, di un Cesare, di un Napoleone.

Fu senz’altro un nazionalista, ma sarebbe un gravissimo errore pensare di

ricondurre De Gaulle nelle categorie politiche tradizionali. Pur non costituendo scopo di

codesto lavoro indagare circa la natura del nazionalismo di Charles De Gaulle, si ritiene

essenziale, a questo punto giunti, svolgervi comunque qualche considerazione. Il

nazionalismo di De Gaulle può definirsi:

una concezione politica che non limita i suoi insegnamenti alla nazione

francese nella quale si è sviluppato, ma costituisce nella storia delle idee

politiche nazionali, il ritorno alla moderazione, a un patriottismo che si

libera dall’influenza del nazionalismo ideologico estremo25.

Si tratta, quindi, di un nazionalismo di tipo ottocentesco, non militarista, che tende

ad essere universalizzato26. Così, anche se lo Stato nazionale è un fenomeno organizzativo

24 D. COOK, op.cit., p.925 J.L. CHABOT, Il nazionalismo, Milano, Mondatori, 1995, p. 13726 ‹‹La caratteristica saliente del nazionalismo gollista [...] è quella di proporre un sistema ideale aperto, sincretico e non esclusivo, e che per di più volontariamente rinuncia a darsi confini insormontabili sia nella dimensione dello spazio che in quella del tempo. In tal senso, va innanzitutto ribadito il carattere cosmopolita del nazionalismo gollista. Elemento che può essere apprezzato da due diversi punti di vista: il primo riguarda specificamente la Francia; l’altro assume un significato universale›› in G. QUAGLIARIELLO, De Gaulle e il gollismo, Bologna, Il Mulino, 2003, p 29.

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Page 25: De Gaulle e l'Europa

moderno, nella romantica visione di De Gaulle le nazioni esistono da sempre e da sempre

combattono per la loro affermazione. Non può esistere, quindi, alcuna realtà alternativa a

quella degli Stati nazionali; nel contesto mondiale, poi, ciascuno Stato deve giocare il ruolo

che gli deriva dalla sua storia, dalla sua forza, dalla sua posizione geografica, dalla sua

ambizione, dal suo genio. Brevemente, ogni nazione deve svolgere, sulla base della

condivisione del principio di nazionalità da parte di tutti, la propria missione.

Questo nazionalismo, inoltre, non è ideologico, di “destra”, ma è il tentativo di

unificare i francesi, lacerati dalla competizione partitica e dalle ideologie, nonché la stessa

Francia, divisa tra l’Ancien Régime, la Rivoluzione, la Grande Guerra27. Per De Gaulle,

l’ideologia è solo un fenomeno culturale transitorio inidoneo a fornire una corretta

rappresentazione della realtà e, di conseguenza, alla lunga destinato a dimostrarsi incapace

di guidare una nazione. All’ideologia De Gaulle contrappone le nazioni, il primato delle

circostanze e l’azione morale28, mentre i partiti politici sono considerati fattori di disunione

e di rovina:

Au caractère fractionnel des partis, qui les frappe d’infirmité, s’ajoute

leur propre décadence. Celle-ci se cache encore sous la phraséologie.

Mais la passion doctrinale, qui fut jadis la source, l’attrait, la grandeur

des partis, ne saurait se maintenir intacte en cette époque de

matérialisme indifférente aux idéals [...] Si le pouvoirs retombe à lors

discrétion, il est certain que leurs dirigeants, leurs délégués, leurs

militants, se mueront en professionnels faisant carrière dans la politique.

La conquête des fonctions publiques, des postes d’influence, des

emplois administratifs, absorbera désormais les partis, au point que leur

activité se déploiera essentiellement dans ce qu’ils nomment la tactique

et qui n’est que la pratique du compromis, parfois du reniement29

Solo dalla nazione, quindi, può derivare la legittimità del potere. La concezione di

De Gaulle si fa, a questo punto, piuttosto originale, poiché egli ritiene che tale legittimità si

27 Cfr .J.L. CHABOT, op.cit., p. 14028 Cfr. QUAGLIARIELLO, op.cit, p. 31 e p. 6429 C. DE GAULLE, Mémoires de guerre - Le Salut,Paris, Plon,1959, pp. 286-287

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Page 26: De Gaulle e l'Europa

affermi nel momento in cui la patria è in pericolo e nelle mani di chi la conduce alla

salvezza. Sulla base di ciò, De Gaulle giustifica la sua presa del potere tanto durante la

guerra quanto nel corso della crisi d’Algeria30e, chiaramente, la legittima:

Nécessité vitale, qui en cas de péril publique s’impose tôt ou tard à la

collectivité! Dés lors, pour un pouvoir, la légitimité procède du sentiment

qu’il inspire et qu’il a d’incorporer l’unité et la continuité nationales

quand la patrie est en danger31

Esercizio legittimo del potere e sovranità, però, non coincidono: se è l’eccezionalità

dell’uomo, la sua azione storica e morale a conferirgli quel potere atto a garantire

l’indipendenza della Nazione, la sovranità – ossia la facoltà di scegliere – non può non

appartenere che al popolo. Lo Stato e le sue istituzioni sono, quindi, solo gli strumenti

tramite cui il popolo esercita la sua sovranità, mentre nell’autorità legittima s’incontrano e

si fondono la sovranità e la “volontà generale” della nazione. Pur non essendo uno

strumento d’aggressione, lo Stato non può essere debole, frammentato e lacerato dalle

dispute tra i partiti:

Or, si j’étais convaincu que la souveraineté appartient au peule dés lors qu’il

exprime directement et dans son ensemble, je n’admettais pas qu’elle put être

morcelée entre les intérêts différents représentés par les partis. Certes, ceux-

ci devaient suivant moi contribuer à l’expression des opinions, et par suite, à

l’élection des députés […] Mais pour que l’Etat soit, comme il faut,

l’instrument de l’unité française, de l’intérêt supérieur du pays, de la

continuité dans l’action nationale, je tenais pour nécessaire que le

Gouvernement procédât, non point du Parlement, autrement dit des partis,

mais, au-dessus d’eux, d’une tête directement mandatée par l’ensemble de la

nation et mise à même de vouloir, de décider et d’agir32.

Non è nemmeno possibile che la sovranità venga anche solo parzialmente ceduta

all’esterno.

30 Nel corso della quale dichiarò, prima ancora d’essere invitato dal presidente Coty a costituire il nuovo governo, d’avere iniziato ‹‹il regolare processo necessario alla formazione di un nuovo governo repubblicano capace di assicurare l’unità e l’indipendenza del paese››. C. DE GAULLE, Memorie della speranza, Milano, Rizzoli, 1970,p. 2431 C. DE GAULLE, Mémoires d’espoir, Paris, Plon, 1970, p.1332 ivi, p. 15

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Page 27: De Gaulle e l'Europa

2. De Gaulle, un patriota

Compreso che il nazionalismo di De Gaulle, per quanto ispirato dalla grandeur

della Francia, non è militarista e si richiama ai concetti di sovranità e di indipendenza

secondo i loro significati più genuini; considerando, inoltre, che, in quanto uomo d’azione

e non teorico della politica, De Gaulle non ha mai fondato una propria e coerente

dottrina33, possiamo azzardare a spiegare come De Gaulle concepisse il suo tempo.

A suo modo di vedere, il secondo conflitto mondiale era stata una guerra che si era

combattuta per far conseguire ad alcune nazioni, e fra queste la Francia, l’indipendenza

dall’impero che li opprimeva: il Terzo Reich tedesco. La fine del conflitto, però, se aveva

definitivamente ridimensionato le ambizioni della Germania, non aveva condotto tali

nazioni alla loro completa liberazione, giacché due nuovi grandi imperi – di cui uno era la

solita Russia (étérnélle, avrebbe detto lui), perché l’Unione Sovietica è solo una

momentanea infatuazione per il comunismo – stringono in una morsa non solo gli Stati

europei, ma l’intero pianeta. In tale scenario De Gaulle si vestì degli indumenti del

patriota, la cui missione “provvidenziale” non poteva non essere che combattere contro

tutte le forme di oppressione, ovunque esse fossero state, per la libertà delle nazioni.

Le polemiche e le soventi tensioni che hanno caratterizzato i rapporti con gli Stati

Uniti durante tutto il periodo della sua presidenza (ma per quanto riguarda solo le

polemiche, possiamo risalire anche a tutto il periodo della Quarta repubblica) scaturirono

dal rifiuto dell’integrazione indotta dalla NATO, ossia, dal rifiuto che la Francia potesse

vedersi compromessa nella sua l’indipendenza – la sua libertà d’azione – nello scenario

33 In riguardo a tale questione alcuni autori, piuttosto che di “gollismo”, preferiscono parlare di “gollismi”. Sull’argomento possono consultarsi: R. RÉMOND, La destra in Francia, Torino, U. Mursia & C., 1970, pp. 298-330; G. QUAGLIARIELLO, op.cit, pp. 17-50 e 683-732; J. SOUSTELLE, Gollismo. Ventotto anni di regime, Milano, Edizioni del Borghese, 1969. I primi due autori trattano della natura dei “gollismi” alla luce delle diverse ascendenze del pensiero di De Gaulle; il terzo, invece, durante tutta l’opera parla di due diverse e contraddittorie forme di gollismo (gollismo e neo-gollismo) assumendo il ritorno al potere di De Gaulle quale spartiacque tra le due concezioni.

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Page 28: De Gaulle e l'Europa

strategico internazionale (scenario che, a dispetto dei tentativi di razionalizzazione esperiti

dalla creazione di organizzazioni internazionali, prima fra tutte l’ONU, era ed è

notoriamente anarchico). In ambito europeo, invece, l’arma brandita dal Presidente per

screditare il processo comunitario e logorare dal loro interno le istituzioni ispirate da

Monnet, nonché usata, al contrario, per edificare una diversa Europa, fu la difesa della

sovranità.

3. L’inevitabile unità europea

A sorreggerlo, Charles De Gaulle ebbe sempre una vivace intellettualità e una

rigorosa moralità che, piegandosi solo alla ragion di Stato, furono ben aliene

dall’opportunismo e dall’ipocrisia dei partiti, dei loro uomini e delle loro clientele34. A

proposito di ragion di Stato, sembra doveroso sottolineare come, invero, solo il federalismo

assunse di fare l’Europa spogliando gli Stati di tali ragioni: se il federalismo al di là della

retorica non ha mai trionfato, evidentemente, ci deve essere una ragione che va oltre

l’azione di Charles De Gaulle35.

Nel 1948 a Marsiglia il Generale ebbe a dire:

Presque tout le monde admet qu’il faut organiser les peuples libres de

l’Europe en un tout économique et stratégique, que ce tout pourrait

comprendre un jour une confédération d’États allemands mais non pas un

quatrième Reich, qu’il devrait être lié aux États-Unis d’Amérique sous 34 Per quanto riguarda gli aspetti della moralità di De Gaulle: ‹‹È la storia a fare gli uomini o sono gli uomini a fare la storia? Il generale De Gaulle appartenne indiscutibilmente ed energicamente alla seconda categoria. Combatté costantemente per imporsi agli eventi e fece la storia della Francia al massimo livello. Fu un uomo da prendere in blocco e c’è una sorta di totalità nella sua personalità, che gli derivava dal modo in cui aveva posto ogni aspetto del suo carattere al servizio della sua pertinente ricerca del potere. La sua rigorosa dirittura morale divenne in qualche modo la spina dorsale della Francia che, in quanto a moralità, non aveva mai goduto di una grandissima reputazione›› in D.COOK, op.cit, p.15; ‹‹É una morale cristiana che si rivolge a una persona umana libera nelle sue scelte, malgrado la contingenza e le circostanze, e volitiva dei suoi atti. Il senso dello sforzo, dell’ardore, della riparazione dei torti, della disciplina lascia trasparire quanto il mestiere del militare vi abbia aggiunto, autorizzando come il caso dell’esercito, il trasferimento alla collettività morale di qualità simili e di virtù possibili›› J.L.CHABOT, op.cit, p.14235 A sottolineare l’elemento conservatore e nazionale del funzionalismo sono B.OLIVI, op.cit., pp.32-45, S.ROMANO, Europa storia di un’idea, dall’Impero all’Unione, Milano, Longanesi, 2004, pp.175-179 e M. ALBERTINI, A. CHITI BATELLI, G. PETRILLI, op.cit, pp 265-277

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Page 29: De Gaulle e l'Europa

forme de garantie réciproque, et que c’est à la France qu’il appartient de

prendre la tête de cette vaste entreprise 36.

Dal suo Manifesto e dalla sua azione, impariamo che per Altiero Spinelli l’esigenza

della federazione europea sorgeva dalla constatazione che lo Stato nazionale si era

mostrato storicamente incapace di assicurare pace e progresso ai popoli europei, perché

fisiologicamente espressione delle classi titolari di quei grandi interessi che infine

muovono gli Stati a farsi guerra37.

Secondo De Gaulle, invece, ‹‹l’Europe, elle, n’a pas les promesses de la vie

éternélle››38: l’Europa, dunque, non deve farsi secondo una qualche ideologia, perché nulla

può esistere al di sopra delle nazioni e degli Stati ‹‹en dehors naturellement des mythes,

des fictions, des parades››39. L’Europa deve farsi per ragioni strategiche: perché è

opportuno porre sotto tutela la Germania, assicurandola all’Occidente e in modo

particolare alla Francia; perché è utile che gli Stati europei cooperino in più campi, specie

in quello economico, al fine di potersi presto emancipare dagli Stati Uniti e liberarsi dalla

scomoda morsa strettavi attorno da nordamericani e sovietici. Pur consapevole che

l’Europa non fosse più il centro del mondo40, De Gaulle attribuiva al centro dell’Europa un

ruolo molto importante nei fragili equilibri del dopoguerra, facendo dipendere la pace

mondiale dal rapporto tra i due popoli che maggiormente si erano confrontati nel corso dei

secoli sul Vecchio Continente: i Galli e i Germanici. Per De Gaulle non vi potevano essere

né la pace né l’Europa senza l’amicizia tra queste due nazioni:

Il y aura ou il n’y aura pas d’Europe, suivant qu’un accord sans

intermédiaire sera, ou non, possible entre Germains et Gaulois. 41 36 Discorso pronunciato a Marsiglia il 18 aprile 1948.Fonte: www.gaullisme.org 37 A.SPINELLI, E. ROSSI, E. COLORNI, op.cit.38 C. DE GAULLE, Mémoires d’espoir, cit., p.15439 Conferenza stampa del 15 maggio 1962 in Discours et messages, Paris, Plon, 197140 A tal proposito: ‹‹Notiamo subito che De Gaulle – del quale troppo spesso si è detto avere la formazione mentale di un uomo pre-1914 – non credeva affatto che l’equilibrio intraeuropeo fosse il problema capitale della nostra epoca. Anzi, egli aveva visto benissimo che i centri del potere si erano trasferiti a Washington e a Mosca, e che un giorno forse se ne sarebbe creato un terzo a Pechino›› B.OLIVI, op.cit., p.6541 Discorso pronunciato a Bordeaux il 25 settembre 1949.

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Page 30: De Gaulle e l'Europa

Effettivamente, la questione tedesca era uno dei fronti più caldi della guerra fredda

tanto per le quotidiane tensioni che caratterizzavano la gestione di Berlino quanto per il

fatto che proprio sul suolo tedesco, a due passi da Parigi, ci si attendeva che avrebbe avuto

luogo la resa dei conti definitiva tra USA e URSS 42. La bontà dell’intuizione di De Gaulle

di costruire l’Europa a partire da un solido legame tra il suo paese ed il potente vicino,

d’altra parte, sarà confermata dal successo del piano Schuman (con questo non si vuole

affermare che De Gaulle ne sia stato un ispiratore; infatti: Presque tout le monde admet

…).

E ovviamente, nessuna visione che De Gaulle ebbe per l’Europa poteva non vedere

alla sua testa la Francia, uscita dalla guerra intatta ‹‹dans ses frontières et dans son unité››

ed unica nazione europea, occidentale e continentale, a potersi fregiare del rango di

vincitrice43.

4. Il piano Fouchet: un primo bilancio

I giudizi che si formularono nei confronti della politica europea del presidente

francese non furono univoci. Tra quelli negativi, vi fu l’accusa di volere il ritorno alla

concezione ottocentesca della sovranità nazionale, foriera di nuovi disumani conflitti. Da

questo punto di vista, l’Europa di De Gaulle consisteva nello scadimento dell’ideale

unitario europeo – proprio la Francia aveva giocato un ruolo fondamentale nella

fondazione delle Comunità – nella brama egemonica di una nazione decadente e la

riduzione delle istituzioni comunitarie in un’arena in cui mercanteggiare vantaggi e diritti.

42 « Charles de Gaulle déclare le 27 juillet 1947 dans un discours prononcé à Rennes que la frontière du bloc soviétique  n’est séparée de la nôtre que par 500 kilomètres, soit à peine la longueur de deux étapes du tour de France cycliste ! ». in www.gaullisme.org 43 C.DE GAULLE, Mémoires d’espoir, cit., p.132 . Al riguardo possono consultarsi anche il discorso di chiusura del Consiglio nazionale del R.P.F., Saint-Maur, 6 luglio 1952 in Discours et messages, cit, e la dichiarazione del 17 agosto 1950 in www.gaullisme.org

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Page 31: De Gaulle e l'Europa

Nondimeno, non può dirsi che il Generale non avesse una reale visione dell’Europa.

Nemmeno può dirsi che la sua visione fosse interamente da rigettare.

Il punto di vista del Generale appare per molti aspetti non condivisibile a causa del

cinismo con cui usò le istituzioni comunitarie per porre la Francia al di sopra di tutti e

tutto in Europa e nel mondo. È chiaro che, in un contesto già avviato di progressiva

integrazione, la proposta di fare una “Europa delle patrie” appare difficilmente un

progresso sulla strada per l’unità politica. Tuttavia, non può contestarsi a De Gaulle

alcunché in riguardo alla sua concezione, nel senso che, rappresentando, quella, una delle

“tesi” del dibattito sull’unità europea, essa è legittima e quanto meno condivisibile.

Malgrado le accuse, quindi, che gli furono rivolte, se una virtù può essergli riconosciuta,

quella è la capacità, ancora al tempo della meccanizzazione esasperata44, di sapere vedere

il mondo alla maniera dei romantici, cioè tendendo allo Spirito piuttosto che alla cassa, di

vedere comunque e sempre la politica al di sopra di tutto45. Così dicendo, non si intende

collocare nell’Ottocento una mitica “Età dell’Oro” della politica europea, ma sgomberarsi

il campo da facili semplificazioni per cui il piano Fouchet sarebbe stato solo un delirio

nazionalistico. De Gaulle, infatti, comprese chiaramente la necessità che l’Europa parlasse

44 De Gaulle ebbe sensibilità per i cambiamenti sociali e culturali indotti dalla macchina. In Mémoires d’espoir, cit., p.111 scrisse ‹‹Cependant, depuis longtemps, je suis convaincu qu’il manque à la société mécanique moderne un ressort humain qui assure son équilibre. Le système social qui relègue le travailleur – fut-il convenablement rémunéré – au rang d’instrument et d’engrenage est, suivant moi, en contradiction avec la nature de notre espèce, voire avec l’esprit d’une saine productivité››, contestando in tal modo tanto il capitalismo, quanto il comunismo (nel seguito del passo: une tyrannie odieuse). In generale, però, egli sottolineò le connessioni tra la macchina ed il dispotismo celato dietro l’uniformazione,come in Mémoires de guerre-L’appel, Paris, Plon, 1954, p.402: «Il faut convenir que dans l’époque moderne, la transformation des conditions de vie, l’agrégation croissante des masses et le gigantesque conformisme collectif qui en sont les conséquences battent en branche les libertés de chacun […] Il se produit une sorte de mécanisation générale, dans la quelle, sans un grand effort de sauvegarde, l’individu ne peut manque d’être écrasé […] Or, c’est dans ces tendances nouvelles que les dictateurs ont cherché et trouvé le succès de leurs doctrines et de leurs rites. Assurément, ils ont réussi d’abord parmi les peuples qui, dans l’espoir de saisir la domination sur les autres, ont adopté d’enthousiasme l’organisation des termitières». 45 Assunto il governo durante la guerra, a voler sottolineare la priorità da lui accordata alle questioni squisitamente politiche, pare che De Gaulle abbia detto: ‹‹L’intendance suit››. Nel corso dell’intervista a Michel Droit del 14 dicembre 1965 negherà di aver pronunziato tale frase.

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Page 32: De Gaulle e l'Europa

con una sola voce e che cooperasse su vari fronti, non solo quello economico, per le

dimensioni ormai raggiunti dai problemi. Proprio per questo contestò il sistema delle

Comunità, il quale, se da un lato stava favorendo l’avvicinamento sul terreno economico

degli Stati e dei popoli europei occidentali, dall’altro, confidando sul fatto che fossero gli

Stati Uniti a dettarne gli indirizzi politico-strategici, rimandava ad un momento troppo

imprecisato il tempo in cui l’Europa, sovrana e indipendente, sarebbe divenuta una realtà

politica negli equilibri internazionali. È per questo – lo si vedrà in seguito – che la visione

di De Gaulle può considerarsi più avanzata di quella che ebbero i suoi colleghi europei, al

contrario soddisfatti di quanto si andava facendo e, comunque, incapaci di opporre al

disegno gollista una proposta decisamente federale (anche questo punto sarà toccato in

seguito). Che sia condivisibile o no, l’Europa di De Gaulle fu una visione dell’Europa,

manifestata al mondo intero mediante atti, scritti e dichiarazioni: tanto dopo la guerra

quanto già nel suo decorso; sia al governo che durante la “traversata nel deserto”.

I maggiori dubbi circa l’Europa che sarebbe scaturita dall’accettazione del piano

Fouchet consistevano nell’abbandono, da parte di detto progetto, della sopranazionalità.

Rifiutando la sopranazionalità, De Gaulle chiarì di rifiutare l’intero sistema delle

Comunità. Al di là di qualunque argomentazione ufficiale che il Presidente usò per

screditare tale principio – lo scippo della sovranità, l’impotenza esecutiva della

Commissione, l’inconsistenza giuridica e politica dell’Assemblea, che saranno tutte

affrontate in seguito – invero la sopranazionalità fu bruscamente rigettata da De Gaulle per

l’incompatibilità di questo principio con la sua “visione delle cose”. Con tale espressione

vogliamo riferirci al suo modo “totalizzante” di concepire la realtà, un modo per il quale la

Francia è in sé stessa una potente nazione, lo è in Europa, lo è nel mondo e lui, Charles De

Gaulle, ne incarna lo Spirito; una visione per la quale l’Europa serve alla grandezza della

Francia e la Francia è a sua volta indispensabile per ristabilire un’Europa sovrana e

indipendente; una concezione per cui ogni successo ottenuto in patria e a Bruxelles è

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Page 33: De Gaulle e l'Europa

destinata a modificare gli equilibri del pianeta; infine, una visione per cui lo Spirito forgia

la Materia e a fare la storia e gli uomini sono il pensiero e l’azione – sommamente la

politica e l’esercizio del potere – non già la macchina e i commerci46.

CAPITOLO III

L’EUROPA DELLE PATRIE

1. Contro il Consiglio d’Europa

Col senno del poi possiamo affermare che, con la creazione del Consiglio d’Europa,

nella storia dell’unificazione europea nulla di più simile alla visione del Generale fu mai

46 Da parte nostra si è cercato di esprimere il significato di questo modo “totalizzante” di vedere la realtà facendo riferimento al “groviglio” costituito dalle strategie golliste e alla luce della sua concezione romantica della realtà. Ma, meglio di noi si spiega il filosofo francese H. BERGSON, citato da D. COOK, op,cit, p. 39: ‹‹Da cosa riconosciamo normalmente l’uomo d’azione che lascia un segno sugli eventi nei quali il fato lo ha gettato? Non è perché egli abbraccia una successione più o meno lunga di quegli eventi in una visione istantanea? Più grande è la parte di passato che egli include nel suo presente, più forte è il peso con cui spinge il futuro in modo da premere sugli eventi che vanno preparandosi: la sua azione, come una freccia, si muove in avanti con una forza proporzionale a quella con cui la sua immaginazione si era spinta all’indietro››. Ovviamente, Bergson non si riferiva certo a De Gaulle, ma la citazione che ne fa Cook ci sembra coglierne in pieno la visione. D’altra parte, tanto R. RÉMOND, op.cit, quanto G. QUAGLIARIELLO, op.cit., trovano in Bergson una delle più importanti ispirazioni del Generale.

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Page 34: De Gaulle e l'Europa

proposto. Ciononostante, De Gaulle fu tra i maggiori oppositori del Consiglio d’Europa. In

un comunicato del 7 agosto 1949 alla direzione del RPF, De Gaulle espose le ragioni della

sua contrarietà, criticando che nulla si fosse proposto sul piano dell’unificazione

economica e strategica, nonché il ricorso al voto all’unanimità, l’inconsistenza dei poteri

dell’Assemblea, l’assenza di democrazia. Analoghe critiche furono ribadite, tra le altre

occasioni, anche a Bordeaux il 25 settembre 1949, al Palais d’Orsay il 14 novembre 1949,

a Bagattelle il primo maggio 1950, alla United Press nel 10 luglio 1950 e ancora il 17

agosto 1950. In questa fase del dibattito sulla federazione, De Gaulle sembrò accettare il

principio della sopranazionalità al fine di consentire la formazione di una federazione o di

una confederazione con potestà sull’ambito nella difesa terrestre, navale e aerea; sul

coordinamento delle produzioni industriali; sulla liberalizzazione degli scambi

commerciali; sulla moneta; sulla cultura e sullo sviluppo scientifico47.

Sul piano economico e strategico, quelli in cui De Gaulle riteneva indispensabile che

si facesse l’unione, il Consiglio d’Europa non aveva alcuna competenza. Nei limitati

ambiti definiti dal suo statuto, la sua capacità di decidere risultava piuttosto circoscritta a

causa dell’unanimità dei voti che in suo seno era richiesta per gli affari essenziali, essendo,

invece, la maggioranza semplice riservata solo per questioni di procedura. Il Comitato dei

Ministri degli Esteri non era altro che una conferenza di ambasciatori. L’assemblea

consultiva non era una realtà politica, poiché, oltre a non avere alcun potere di decisione,

non aveva legami con i popoli europei48. Il Consiglio d’Europa, proseguiva De Gaulle, non

poteva realizzare l’unità d’Europa, non aveva e non poteva avere alcun potere, perché

privo della legittimità che solo il popolo europeo poteva dargli mediante il referendum, che

a sua volta doveva anche delineare i tratti delle istituzioni continentali: nessun popolo,

infatti, può vedersi sottratta, quasi scippata, la propria sovranità49. In definitiva, così

47 Cfr. Comunicato del consiglio di direzione del R.P.F. del 7 agosto 1949 in Discours et messages, cit.48 Cfr. Dichiarazione del 17 agosto 1950 in www.gaullisme.org 49 Cfr. Discorso pronunciato presso la « Pelouse » di Bagatelle, 1 maggio 1950

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Page 35: De Gaulle e l'Europa

strutturato, il Consiglio d’Europa poteva ambire solo ad essere un organo tecnico, un

gruppo di studio che agevolasse la cooperazione tra gli Stati50.

Due furono le domande che De Gaulle si pose: come può un’istituzione così priva di

reali possibilità d’azione, nonché di legittimità politica e democratica assumere un compito

così gravoso che è l’unità europea? Come possono gli europei organizzare la propria difesa

se continueranno a delegare al Patto Atlantico, cioè allo straniero, tale materia strategica?

In riguardo a quest’ultima domanda, la risposta di De Gaulle, con evidente allusione tanto

alla Gran Bretagna quanto agli Stati Uniti, era che solo la Francia, forte della sua storia e

del suo rango, poteva ricondurre l’Europa sulla giusta strada 51.

Secondo De Gaulle, in definitiva, con la creazione del Consiglio d’Europa si era

soltanto inteso far credere che fosse iniziata l’unificazione del Continente: chi l’aveva

promossa, infatti, non solo non aveva inteso unire l’Europa, nemmeno ne aveva gettato

almeno le fondamenta lasciando che, poi, la maturità dei tempi e l’azione dei popoli

europei si occupassero del resto. Il Consiglio d’Europa, insomma, era una falsa partenza e

non conduceva ad alcuna parte :

Comme on n’a pas réalisé la Confédération, qu’on ne l’a même pas

essayée, comme, cependant, on voulait paraître faire quelque chose, on a

fait une caricature, c’est le Conseil de l’Europe. Ce Conseil laisse

indifférentes les masses européennes et n’aboutit à rien52.

2. De Gaulle federalista?

Dopo la firma del trattato istitutivo della CECA, De Gaulle dovette esprimere con

più precisione i suoi propositi per l’Europa:

Nous sommes pour la Fédération européenne. C’est-à-dire que nous

sommes pour un accord qui lie entre eux, d’une manière positive, sur des

50 Cfr. Conferenza stampa tenuta al Palais d’Orsay il 14 novembre 1949.51 Cfr. Discorso pronunziato a Bordeaux il 25 settembre 1949; Sul tema può anche vedersi l’intervista a M. Bradford dell’agenzia United Press, 10 luglio 1950.52 Conferenza stampa del 21 dicembre 1951

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Page 36: De Gaulle e l'Europa

sujets positifs, notamment l’économie, la défense, la culture, les États de

l’Europe qui le veulent53.

Già nel corso del 1951, tornato sul tema delle istituzioni da dare all’Europa, De

Gaulle sembrò modificare il suo verbo, pronunziandosi non più per una federazione, bensì

a chiare lettere per una confederazione tra Stati, la quale, dovendo perseguire l’obiettivo di

unire l’Europa nei campi dell’economia, della difesa e della cultura, dovrà necessariamente

comportare la cessione, da parte degli Stati, di parti della propria sovranità:

Comment faire l’Europe ? Que doit-elle être ? Vous savez quelle est à ce

sujet la position de celui qui vous parle. Depuis des années je pense, avec

beaucoup d'autres d’ailleurs, que la communauté européenne doit être une

Confédération. Oui, une confédération d’États constituant entre eux un

pouvoir confédéral commun, auquel chacun délègue une part de sa

souveraineté. Ceci particulièrement dans la matière économique, dans la

matière de la défense et dans la matière de la culture […] Oui, une

confédération d’États constituant entre eux un pouvoir confédéral

commun, auquel chacun délègue une part de sa souveraineté54.

Sembra che il Generale abbia proposto, nel giro di pochi mesi, due cose diverse:

nondimeno, argomentando una volta a favore del federalismo, l’altra a favore della

confederazione, De Gaulle non si contraddisse affatto. Pur adoperando due parole dal

diverso significato egli intese esprimere il medesimo concetto: non la fusione degli Stati

nazionali in un’unica entità, bensì una loro stretta cooperazione negli ambiti

dell’economia, della difesa e della cultura. È possibile affermare ciò con certezza, visto che

la medesima confusione dei termini “federazione” e “confederazione” fu presente nelle sue

parole anche a proposito della Germania, in riguardo alla quale l’idea del Generale, al di là

della terminologia variamente impiegata, fu chiaro fin dalla guerra: l’unità tedesca – che

egli indicò sempre e soltanto con la parola “Reich” – non può essere ricostituita55. Così,

53 Conferenza stampa tenuta al Palais d’Orsay il 22 giugno 1951 in Discours et messages, cit.54 Conferenza stampa al Palais d’Orsay, 21 dicembre 1951 in Discours et messages, cit.55 Sul tema della Germania e della sua unità, De Gaulle si espresse nel discorso conclusivo della seconda Assise nazionale del R.P.F., Lille, 12 febbraio 1949 e nel discorso del 18 aprile 1948, entrambi in Discours et messages, cit.

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Page 37: De Gaulle e l'Europa

che si chiamasse federazione o confederazione, l’unità dell’Europa non poteva farsi per

fusione degli Stati.

Malgrado si possa pensare che, tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio dei

Cinquanta, De Gaulle fosse favorevole a costruire l’unità europea mediante la cessione

della sovranità nazionale ad una qualche forma d’organizzazione continentale – tanto da

parlare di una “parentesi sopranazionale”56 – non possono esserci dubbi – anche col senno

del poi – sul fatto che per De Gaulle non potesse esistere altra prospettiva che una “Europa

delle patrie”.

3. De Gaulle contro la Quarta Repubblica

Per quanto frequentemente non la pensassero esattamente come lui e per quanto lo

stesso De Gaulle fosse dai più di questi inviso, gli uomini di stato e i politici francesi, al

pari del Generale, continuavano a serbare l’ambizione o la speranza che, finita la guerra

con l’ennesima sconfitta della Germania, la Francia sarebbe tornata, forte del suo Impero

interamente conservato, a recitare il ruolo di grande potenza mondiale e di arbitro

indiscusso della politica europea. Non fu il nazionalismo ad alimentare tale speranza, bensì

l’abitudine, che i francesi avevano appreso nel corso della storia, di guardare alla propria

patria come ad un grande paese, un’inesauribile fonte di civiltà universale, una guida per

tutti i popoli europei e non. In fondo, malgrado possano talvolta apparire di cattivo

carattere, come dar torto a questi francesi: hanno davvero avuto per secoli una potente

monarchia, affermato la cultura illuministica, decapitato un re, messo fine all’Ancien

Régime, enunciato la triade: liberté, égalité, fraternité, quasi unificato il continente con

Napoleone, diffuso un nuovo diritto civile e una nuova cultura politica, conquistato il

secondo Impero coloniale del pianeta, vinta una sacrificante guerra mondiale, riconquistato

un ruolo internazionale di primo piano nonostante le vicende negative della guerra al

56 Così si esprime il sito internet: www.gaullisme.org .

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Page 38: De Gaulle e l'Europa

nazismo57. Solo ad una grande nazione è concesso vivere così a lungo e tra così tante e

gravose difficoltà58.

Per quanto si possa discutere sulla loro origine, natura e forma, gli Stati derivano

necessariamente la loro attuale condizione dal loro passato, ciò implicando che anche le

direttive della loro politica estera e militare – vale a dire la loro volontà di potenza –

scaturiscono dalla storia. Tali direttive, se non permanentemente, ne contrassegnano

senz’altro a lungo l’esistenza (la “missione”), a prescindere dalla transitorietà della vita

umana. Lo statista oculato di una qualunque nazione dal considerevole passato non può

non raccogliere l’eredità della storia del suo paese e non essere gravato dell’enorme

responsabilità di non contravvenire allo suo “Spirito”. Meno enfaticamente e più

57 In R. RÉMOND, La Francia e l’Europa, ‹‹Comunità Europee››, anno IX, n°12 del Dicembre 1963, quanto da noi scritto sulla concezione della Francia da parte dei francesi è espresso in modo molto più dettagliato: ‹‹Non vi è da stupirsi se il concetto di un’Europa a carattere sopranazionale non abbia incontrato in Francia, a tutta prima, un’accoglienza unanimemente favorevole. […] oggi ancora la Francia ha lo sguardo rivolto tanto verso l’Africa che verso l’Europa, e vivo ha il senso delle sue responsabilità pressanti nei riguardi dei popoli che a lungo furono alle sue dipendenze e tuttora rimangono suoi associati. Né questo orientamento verso altri orizzonti viene esercitato a scapito dell’Europa, poiché esso è sempre stato un fattore dell’espansione civilizzatrice di questo continente, diffondendo nel mondo, attraverso l’azione della Francia, i valori della civiltà europea. […] in primo luogo, ciò che può essere definito come il “nazionalismo francese” fu raramente xenofobo, ripiegato su sé stesso; se si escludono i rari momenti in cui l’opinione francese sofferse di un complesso di paura, il suo desiderio di mantenere in Europa il suo posto fu quasi sempre inseparabile dalla volontà di lavorare per tutti i popoli. Questa aspirazione all’universalità è una componente fondamentale del patriottismo francese […] anche ciò che a prima vista nella storia francese sembra essere il comportamento meno europeo, concorre invece a suo modo all’edificazione di una nuova Europa […] è la monarchia francese che rimette in auge il concetto di stato sovrano e subordina i vari corpi all’autorità di un potere centrale, al servizio dell’interesse generale […] con la Rivoluzione del 1789 la Francia ha forse fornito al mondo il suo apporto più sostanziale. Essa non si è limitata a vivere una singolare esperienza, ma ha inteso enunciare dei principi di portata universale ed indicare un esempio da imitare […] La Francia è stata la prima società a fondare l’ordinamento politico e l’autorità del potere sul consenso dei cittadini [...] la Francia ha per primo concepito la visione d’insieme della democrazia […] la Francia ha servito la civiltà europea anche in altro modo, diffondendola in altre parti del globo con la sua presenza, con l’irradiamento ed il prestigio della sua opera di colonizzazione […] essa ha potentemente contribuito all’avvento di una civiltà universale che trae appunto dall’Europa l’essenziale delle sue nozioni e dei suoi valori […] ››58 C. DE GAULLE, Mémoires d’espoir, cit, p. 13, esprime tale idea come segue « La guerre fait naître et mourir les Etats. Dans l’intervalle, elle ne cesse pas de planer sur leur existence. Pour nous, Français, depuis 1815 et jusqu’à 1870, ce qu’il est advenu de notre vie nationale, de nos régimes politiques, de notre situation dans le monde, a été déterminé par la coalition hostile qui unissait les Etats de l’Europe contre la Révolution […] Après quoi et au cours des quarante-quatre ans que dura la « paix armée », c’est notre défaite, le sourd désire de la réparer, mais aussi la crainte que l’Allemagne unifiée ne nous en inflige une nouvelle, qui dominèrent notre comportement intérieur et extérieur […] A présent et en conséquence du dernier conflit où elle faillit périr, d’après quelles données la nation française peut-elle régler sa marche et son action ? De ces données, la première est, qu’en dépit de tout, esse est vivante souveraine et victorieuse. Il y a là, certes, un prodige »

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Page 39: De Gaulle e l'Europa

concretamente, egli non può non tener conto di tutto quel complesso di interessi politici,

militari, economici che si è venuto a creare nel corso dei secoli solo perché è animato da

una qualche ideologia o da una visione diversa delle cose. Non rispettando le aspettative e

gli interessi che in modo del tutto legittimo i cittadini, i gruppi di pressione, gli apparati,

etc.., hanno imparato ad assumere nel corso del tempo, egli non sarebbe un buon

governante. Di che mondo è mondo, da un governante – a prescindere dal suo carattere

democratico o autoritario – ci si attende sempre che soddisfi degli interessi collettivi.

L’europeismo connesso alla tutela e alla promozione degli interessi nazionali non fu solo

un atteggiamento del governo di De Gaulle: perché la Gran Bretagna, unica vera vincitrice

europea della guerra alla Germania nazista, unica vera potenza mondiale d’Europa (forte

dei suoi rapporti privilegiati con gli Stati Uniti), unica credibile candidata alla guida del

processo d’integrazione europea, nel 1949 decide di non impegnarsi nella causa del

Vecchio Continente? Perché ancora oggi i britannici sono tiepidi nei confronti degli

obblighi europei? La storia e la geografica delle isole britanniche le portano naturalmente a

vedere i propri interessi altrove: perché la Gran Bretagna, poi, dovrebbe legarsi ad un club

di vinti59 che le sarebbe solo da zavorra?60

Nessun governante francese avrebbe potuto e voluto rinunciare ai vantaggi che

derivavano al suo paese dal disinteresse inglese per l’Europa e dalla sconfitta tedesca.

Seppur con mezzi diversi rispetto a quelli auspicati da De Gaulle e comunque con

grandissima moderazione e discrezione, gli uomini della Quarta Repubblica non

perseguirono che l’interesse della Francia: ben consci dell’impossibilità di rivaleggiare con

Stati Uniti e Unione Sovietica o semplicemente di poter provvedere da sé alla garanzia dei

59 L’espressione è in B. OLIVI, op.cit., p.5760 In P.QUARONI, L’Europa al bivio, Milano, Ferro, 1965, p.91 si può leggere: ‹‹Fin dall’inizio, la posizione dell’Inghilterra nei riguardi della costruzione europea è stata sostanzialmente negativa. Non è né facile né necessario cercare di analizzare qui le ragioni del rifiuto inglese, che sono più di una: l’illusione di avere ancora la possibilità di una funzione autonoma, nazionale, nel mondo; una certa diffidenza per la mentalità europea e per le combinazioni continentali; l’attrazione di un mondo più vasto, rappresentato da un impero che, alla fine della guerra, copriva ancora una parte considerevole dell’orbe››

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propri confini, quei uomini optarono per una strategia di basso profilo ma efficace. Solo in

tal modo può spiegarsi la disponibilità del governo francese ad accettare la proposta di

Monnet e di creare una comunità del carbone e dell’acciaio61.

Anche se l’iniziativa del governo francese, coronata da rapido successo, avrebbe

messo nelle mani di Parigi la leadership dell’Europa che andava integrandosi, De Gaulle

considerò fallimentare l’esperienza della Quarta repubblica ed il suo approccio alla

questione dell’unità del continente62.

Il problema essenziale sollevato da De Gaulle riguardo alle conseguenze della

guerra e della contrapposizione politico-ideologica tra Stati Uniti ed Unione Sovietica fu

quello dell’indipendenza dell’Europa nel suo complesso e degli Stati europei nel

particolare. Secondo De Gaulle, era chiaro che fosse l’indipendenza della Francia a

rappresentare il punto più critico del problema ed è possibile affermare che nel linguaggio

di De Gaulle la perdita dell’indipendenza significhi incamminarsi lungo il sentiero della

decadenza: così, delegando la propria difesa e la propria sicurezza alla NATO, l’Europa, e

con essa la Francia, si erano arrese alla décadence in quanto non avrebbero avuto più la

61 Perseguendo l’obiettivo di mantenere per la Francia uno status di potenza mondiale, la Quarta Repubblica cercò in tutti i modi di mantenere in vita l’Impero, prima riformandolo con l’istituzione di una “Unione francese”, poi impegnandosi sul fronte militare in dispendiosissime campagne in Indocina e in Algeria; si oppose strenuamente all’unificazione delle aree d’occupazione occidentali della Germania e alla sua stessa ricostituzione in stato unitario. Inoltre, è possibile ricondurre la dichiarazione Schuman, così come le altre iniziative francesi per l’integrazione europea, a precise esigenze di politica estera della Francia. Sotto questo profilo la proposta Schuman va vista come un’abilissima iniziativa diplomatica francese, che senza dubbio permise alla Francia di iniziare la ricostituzione di una zona di influenza con nuovi mezzi. Sulla questione: S. ROMANO, op.cit., p.178, G. MAMMARELLA, P. CACACE, op.cit., pp. 45-49, B. OLIVI, op.cit., pp. 39-40;62 Un pessimo giudizio sulla Quarta repubblica è espresso in C. DE GAULLE, Memorie della speranza, cit., p.13‹‹Quello che io avevo realizzato a costo di aspri sforzi per l’indipendenza, il rango e gli interessi della Francia, fu ben presto compromesso. Venuta meno l’energia grazie alla quale ci si teneva in piedi, il regime s’industriava soprattutto a soddisfare gli altri, trovando, beninteso, per coprire questa resa, le ideologie opportune: l’una che liquidava in nome dell’unità europea i vantaggi procuratici dalla vittoria; l’altra che sottometteva la Francia all’egemonia anglosassone col pretesto della solidarietà atlantica. Così venne accettato, nonostante l’assenza di valide garanzie, il ristabilimento di un potere centrale tedesco nelle zone occidentali. Così veniva istituita la “Comunità europea del carbone e dell’acciaio”, che, senza dare alle nostre miniere distrutte i mezzi per riprendere a funzionare, dispensava i tedeschi dal fornirci gli indennizzi di combustibili e procurava agli italiani il necessario perché si dotassero di una grande siderurgia. Così veniva abbandonata l’assimilazione alla Francia dell’economia della Sarre e il mantenimento in questo territorio dello Stato autonomo che era stato creato Così si approvava la creazione di una “Comunità europea di difesa” che avrebbe tolto alla Francia vittoriosa il diritto di avere un esercito […] per rimettere il comando di questo insieme apatride agli Stati Uniti d’America››.

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Page 41: De Gaulle e l'Europa

possibilità di provvedere alla propria sicurezza e in quanto sarebbero state dipendenti dalle

strategie difensive degli anglo-americani nel caso di un’iniziativa sovietica improvvisa.

Senza contare che, nel caso in gli americani avessero giudicato più saggio, onde

scongiurare un conflitto atomico apocalittico, non reagire affatto, l’Europa sarebbe stata

totalmente indifesa. Dal suo punto di vista, la Francia della Quarta repubblica commetteva

un gravissimo errore a partecipare in modo disciplinato, ossia senza chiedere di essere

trattata alla pari, all’Alleanza Atlantica; tuttavia, vista la drammatica situazione economica

e militare francese – come di tutta l’Europa d’allora – anche De Gaulle si rendeva conto,

almeno per il momento, di quanto fosse necessaria quell’alleanza63. Proseguendo con la

stessa argomentazione, De Gaulle giudicò negativamente l’istituzione della CECA, in

quanto basata sul principio per cui gli Stati debbono cedere una parte della loro sovranità

ad un organismo internazionale che, per quanto europeo, ha il difetto genetico di essere

stato costituito senza previamente consultare i popoli interessati.

4. Contro la CECA

Frutto dell’applicazione delle idee funzionaliste, la CECA, al fine di risolvere i

problemi e sminuire le paure francesi dell’epoca, secondo De Gaulle non fu né una

soluzione politicamente buona né economicamente equilibrata. Politicamente, essa non fu

buona in quanto implicava per gli Stati e per i popoli europei la perdita della sovranità

(seppur parziale). A questa prospettiva De Gaulle opponeva l’idea della confederazione,

cioè, della definizione di istituzioni di carattere non sopranazionale, investite dai popoli e

di tal fattura da non ledere l’indipendenza e la sovranità di ciascuno Stato partecipante64.

Solo attraverso simili istituzioni, egli pensa, la questione dei rapporti con la Germania

63 Cfr. C. DE GAULLE, Memorie della speranza, cit., p.18364 Cfr. Conferenza stampa del 21 dicembre 1951 in Discours et messages, cit.

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Page 42: De Gaulle e l'Europa

potrà trovare una buona soluzione, malgrado che, per la venuta in esistenza della

Germania, la sua idea originaria sulla confederazione non sia più perfettamente applicabile:

Vous me demandez d’abord si je conçois que l’Allemagne sous la forme d’un

Reich puisse entrer dans une Confédération européenne. Vous savez que j’ai

dit, en effet, depuis la fin de la guerre, et même avant, que la paix serait plus

probable et l’Europe plus facile à faire si l’Allemagne ne reparaissait pas sous

la forme d’un Reich. Combien de questions, en particulier celle de la Rhur et

celle de la Sarre, eussent été beaucoup plus simples si on n’avait pas, par les

absurdes accords de Londres, malgré moi et contre moi, restauré le Reich

allemand. […] A présent je suis obligé comme tout le monde, de prendre les

choses comme elles sont65.

Per De Gaulle si era operata una scissione tra la questione della Germania e quella

dell’unità europea che, invece, non avrebbe dovuto consumarsi. Il Generale, assumendo il

presupposto che il problema tedesco fosse esso stesso il problema europeo, proponeva in

primo luogo un accordo storico tra francesi e tedeschi e che il mantenimento della

divisione della Germania nei suoi stati tradizionali fosse riassorbito all’interno di un

vincolo confederale europeo, il solo nel quale gli stati tedeschi avrebbero potuto conoscere

di nuovo una qualche forma di legame. Con la confederazione, le risorse della Rhur e della

Sarre non sarebbero state messe in comune ed il loro sfruttamento regolato da un’autorità

amministrativa internazionale, bensì messe a disposizione dell’intera confederazione e

finalizzate a rendere l’Europa di nuovo indipendente66. La ricostituzione della Germania

con piena sovranità sulla Rhur e sulla Sarre (invero, in questo caso solo a partire dal 1957),

pur snaturando il progetto originario, non fece quindi cambiare idea a De Gaulle circa

l’opportunità di una confederazione.

65 Ibid.66 Parlando della Rhur e della Sarre, De Gaulle manifestava il timore che la Germania potesse sfruttarle per tornare ad essere una minaccia militare e per questo proponeva di legare i tedeschi alla Francia, per mezzo dell’Europa: ‹‹Les Allemands doivent renaître comme des hommes associés à l’effort commun de l’humanité pour sa reconstruction, et spécialement à l’effort commun de l’Europe, mais jamais plus ils ne doivent retrouver les moyens de redevenir une menace ». La citazione è tratta dalla conferenza stampa del 12 novembre 1947 in www.gaullisme.org. Un altro discorso degno di nota trattante la Rhur e la Sarre è quello pronunciato a Vincennes 22 maggio 1949 disponibile nello stesso sito.

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Page 43: De Gaulle e l'Europa

Non solo la decisione di fondare la CECA non fu politicamente buona (si tralascia

di sottolineare il fatto che, per il suo carattere settoriale, la CECA in sé stessa non poteva

fare l’Europa), ma tale soluzione non fu nemmeno equilibrata in ambito economico perché,

a dire di De Gaulle, pur ammettendosi la necessità dello sfruttamento in comune del

carbone e dell’acciaio, la CECA finiva per favorire tutti i membri fuorché la Francia, la

quale avrebbe avuto tutto l’interesse ad integrare in una comunità europea anche settori

economici in cui la sua superiorità, rispetto ai partners, fosse palese come nel caso

dell’agricoltura:

En outre, pourquoi traiter séparément pour le charbon et l’acier, domaine sur

lequel, comme par hasard, nous nous trouvons en état d’infériorité ? pourquoi

ne pas traiter en même temps en d’autres domaines économiques où nous

avons, au contraire, l’avantage, comme par exemple les produits agricoles

[…]?  Quant au cas spécial du pool charbon-acier, il est évident qu’il y a un

intérêt européen à ce que le charbon et l’acier soit exploités en commun. Je ne

sais pas si vous vous rappelez qu’il y à quelques années, quand j’étais au

Gouvernement, mon plan était de faire en sorte que la Ruhr fit, en tant que

telle, partie intégrante de la Confédération européenne que je projetais. Ainsi

son charbon et son coke auraient pu être utilisés par tous les confédérés. Après

de moi, bien entendu, on a renoncé à cette idée. On l’a remplacée par une

caricature qui s’appelait l’autorité de la Ruhr, la quelle autorité devait être

qualifiée pour fournir à la France le coke indispensable à sa métallurgie […]

Or, parmi les quatre contractants du pool, la France se trouve, comme un

hasard, la seule qui soit désavantagée67

L’argomento adoperato da De Gaulle, in realtà, è piuttosto controverso e – ci

azzardiamo a dire – originale. Egli sostiene che dall’associarsi ad altri paesi nel settore

carbo-siderurgico la Germania, avendo così tanto carbone e ferro da estrarre, avrebbe

ricevuto solo vantaggi per la convenienza a cederli; che l’Italia avrebbe avuto tutto da

guadagnarvi per via della povertà del suo sottosuolo; che i paesi del Benelux sarebbero

stati sostanzialmente indifferenti in quanto già soddisfatti dalla propria produzione. La

67 Conferenza stampa del 21dicembre 1951in Discours et messages, cit.

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Page 44: De Gaulle e l'Europa

Francia, invece, ‹‹qui, elle, a du fer, mais peu de charbon et peu de coke››68, sarebbe stata

in balia delle decisioni dell’Alta Autorità per quanto riguardava i sui approvvigionamenti.

L’argomento è originale per la domanda che spontaneamente ispira: perché la Germania,

ricostituita (parzialmente) nella sua sovranità statale, dovrebbe accettare di condividere con

altri la sua ricchezza? perché il Benelux dovrebbe associarsi ad un’organizzazione alla

quale è indifferente? perché l’Italia, anch’essa dipendente dalle decisioni dell’Alta

Autorità, avrebbe più da guadagnarvi che la Francia? La verità è che, al di là di tutte le

particolari argomentazioni – peraltro discutibili – nel sistema di pensiero di De Gaulle tutto

prima o poi deve ricondurre alla politica e alla ragion di stato. Il vero motivo della sua

opposizione alla CECA, quindi, non fu di natura tecnica, ma squisitamente politico: il

rifiuto della sopranazionalità.

Fin dall’inizio De Gaulle avversò l’applicazione di tale principio perché limitante

dell’indipendenza e della sovranità dello Stato. Cosa avrebbe comportato, infatti,

l’applicazione di detto principio e la messa in funzione dell’Alta Autorità? Che il governo

francese non avrebbe più avuto il controllo sulle decisioni relative ad una materia di così

grande importanza sia industriale che militare, e, inoltre, che si sarebbe dovuto

sottomettere alle decisioni di un potere, per costituzione, incurante degli interessi nazionali

e particolarmente di quelli francesi. Senza carbone e acciaio, insomma, non c’è possibilità

alcuna di grandeur. Dato che la federazione tanto ambiguamente da lui proposta in

alternativa alla Comunità avrebbe comunque comportato delle cessioni di sovranità, è

lecito chiedersi cosa proponesse, davvero, De Gaulle.

La polemica condotta contro la CECA mise fortemente in luce i limiti della

proposta del Generale, evidentemente ponendolo in un qualche disagio: non a caso – e in

tal modo ci ricolleghiamo, chiudendola del tutto, alla questione della “parentesi

sopranazionale” – questo dibattito lo indusse ad abbandonare in modo definitivo ‹‹le vaghe

68 ibid.

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Page 45: De Gaulle e l'Europa

aspirazioni federative›› fin lì manifestate e a contrapporre ‹‹un’Europa di nazioni

confederate a un’Europa sopranazionale, dominata dai tecnocrati e ispirata direttamente

dagli anglosassoni, desiderosi di tutelare i loro interessi››69. Da questo momento, De

Gaulle comincerà a chiarire le sue idee, parlando sempre meno finanche di confederazione

e iniziando a promuovere, invece, una qualche forma di “associazione” o di “unione” degli

Stati.

5. Un’Europa franco-tedesca

Dopo la clamorosa firma del trattato istitutivo della Comunità Economica Europea,

ci si cominciava a rassegnare all’idea che esso sarebbe rimasto lettera morta per l’inatteso

ritorno al potere in Francia di Charles De Gaulle in conseguenza dei drammatici fatti

d’Algeri. Praticamente da ogni parte si dava per certo che il trattato, ancora in attesa di

essere applicato da Parigi, sarebbe stato presto denunciato dal nuovo governo, il quale non

nascondeva, oltre alla sua ostilità al principio sopranazionale, che ‹‹l’esprit et les termes››70

dello stesso trattato non corrispondessero agli interessi del paese. Ciò era soprattutto

dovuto alla vaghezza con cui si trattava della materia agricola, la cui regolamentazione in

sede comunitaria doveva essere assolutamente indispensabile, anche a costo di liquidare il

Mercato Comune71. In effetti, per De Gaulle bisognava cambiare tutto quanto s’era fatto in

Europa dalla fine della guerra, giacché egli non vincolava il suo ritorno al governo alla sola

risoluzione della crisi d’Algeria. Per lui si sarebbe trattato di imporre un cambiamento

radicale alla politica francese e agli equilibri internazionali. In breve, la storia doveva

essere riscritta.

69 G. QUAGLIARIELLO, op.cit., p.19170 C. DE GAULLE, Mémoires d’espoir,cit, p.14671 Cfr. ibid.

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Page 46: De Gaulle e l'Europa

Il ritorno di De Gaulle, sopra gli altri, inquietava la Germania e personalmente il

cancelliere Adenauer, contro il quale il Generale si era violentemente scagliato nel 1953

per la sua dedizione alla causa comunitaria:

Monsieur Adenauer veut être européen. Il souhaite qu’on fasse l’Europe. Fort

bien ! Mais croit-il que ce soit faire l’Europe, n’est-ce pas plutôt la tuer, que

de fabriquer, à grand renfort d’interventions américaines, ce monstre artificiel,

ce robot, ce Frankenstein, que, pour tromper le monde, on appelle la

Communauté? Monsieur Adenauer ne croit-il pas qu’il y aurait beaucoup

mieux à faire? 72

Per realismo De Gaulle s’era fatto tosto una ragione che la Germania fosse stata

ricostituita, nonostante seguitasse a vedere negli eventi del 1949 qualcosa che invero

aggravava il problema dei fragili equilibri europei. La costituzione delle due repubbliche,

oltre che rendere ufficiale la totale incomunicabilità dei due blocchi – malgrado l’ONU e la

consapevolezza che una deflagrazione nucleare avrebbe potuto distruggere l’intera umanità

– riportava in auge il fattore d’instabilità che aveva condotto l’Europa al dramma: la

riapparizione di una Germania sovrana e militarizzata al confine con la Francia.

Nondimeno, il primo atto di politica estera del nuovo governo francese fu

improntato a stabilire rapporti d’amicizia e di collaborazione tra i due paesi, nella

prospettiva di costituire un vero e proprio asse su cui far ruotare i nuovi indirizzi della

politica estera francesi e di rendere reale il disegno di un’Europa indipendente da entrambi

i blocchi in concorrenza. L’occasione fu l’incontro dei due leaders di governo presso

Colombey-Les-Deux-Eglises, residenza privata di Charles De Gaulle73. Così operando, De

Gaulle mostrò la sua intenzione di essere coerente a quanto lungamente dichiarato durante

gli anni precedenti, ossia di ritenere indispensabile un accordo politico globale e generale

tra la Francia e la Germania, in luogo di quelle insufficienti intese settoriali volte solo a

72 Conferenza stampa tenuta all’Hotel Continental il 12 novembre 1953 in Discours et messages, cit..73 Per un resoconto dell’incontro: C. DE GAULLE, Mémoires d’espoir, cit, pp.139-143

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creare organi burocratici e annientare la politica. La prima preoccupazione del Presidente

è, però, che la Germania non debba più rappresentare una minaccia per la Francia:

Au coeur du problème et au centre du continent, il y a l’Allemagne. C’est

son destin que rien ne peut être bâti sans elle et que rien, plus que ses

méfaits, n’a déchiré l’Ancien Monde […]Désormais, toutes précautions

doivent être prises pour prévenir le retour en force des mauvais démons

germaniques74

A tal riguardo, quindi, non poteva astenersi dal dettare le sue condizioni alla

Germania: l’accettazione del fatto compiuto per quanto riguardava le frontiere, un

atteggiamento che mostrasse buona volontà per i rapporti con l’Est, una rinuncia completa

agli armamenti atomici, una grande pazienza per la riunificazione75.

Per De Gaulle questa alleanza privilegiata, cioè, questo accordo politico generale

con la Germania doveva servire a modificare, dapprima, gli equilibri continentali e, in

seguito, finanche quelli mondiali. Più precisamente, il suo obbiettivo era di sostituire ad

una “Europa atlantica” una “Europa europea” tramite il distacco della Germania

dall’alleanza atlantica o, quanto meno, l’attenuazione dei suoi legami con gli Stati Uniti.

Per un accordo politico generale, De Gaulle intendeva ciò che poi sarà disposto nel trattato

franco-tedesco del 22 gennaio 1963 e vale a dire, essenzialmente, un “metodo” per

affrontare e risolvere insieme i problemi del Continente76.

In sostanza, la riconciliazione tra la Francia e la Germania, per De Gaulle, non

doveva essere importante in quanto premessa necessaria per l’unificazione dell’Europa

(che per lui – lo si ricorda – non fu mai un fine, bensì un mezzo), ‹‹ma nel senso che

74 C. DE GAULLE, ivi, cit., p.13875 Cfr. C. DE GAULLE, ivi,cit., pp. 147-14876 Il 22 gennaio 1963 De Gaulle e Adenauer firmarono il trattato sulla cooperazione franco-tedesca col quale, sancirono ufficialmente la riconciliazione franco-tedesca e fissarono le regole della consultazione periodica tra Capi di Stato e di governo, ministri degli esteri, della difesa della pubblica istruzione. Con tale accordo, De Gaulle pensò di aver costituito, in Europa, il contrappeso all’alleanza privilegiata tra Stati Uniti e Inghilterra. Il trattato, però, aveva anche la funzione di stabilire una sorta di direttorio europeo per consentire al meglio il funzionamento delle Comunità. Quest’asse, comunque già esistente ufficiosamente prima del 22 gennaio 1963, aveva lo scopo di preparare le decisioni più importanti del Consiglio dei ministri e dei vertici di capi di governo e a definire l’indirizzo della politica comunitaria. Per approfondimenti si possono consultare L.LEVI, U. MORELLI, op.cit., p.155 e P. QUARONI, op.cit, pp. 109-113.

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Page 48: De Gaulle e l'Europa

Francia e Germania erano le due sole Potenze autorevoli e che, una volta d’accordo loro,

gli altri dovevano semplicemente seguirle››77. L’alleanza privilegiata con la Germania

federale e gli stretti rapporti personali stabiliti con il cancelliere Adenauer costituiranno la

base solida su cui il presidente De Gaulle vorrà edificare la propria azione in Europa.

Il rapporto personale instauratosi tra De Gaulle e Adenaeur sorprende solo in

apparenza. I motivi possibili d’attrito tra i due furono gli stessi che ne permisero

l’amicizia: entrambi volevano che la propria nazione recitasse una parte da protagonista in

Europa e nel mondo. In fondo, è stata proprio l’opportunità di far riabilitare politicamente

la Germania e di farla tornare una grande potenza economica ad aver spinto Adenauer a

sostenere l’Europa delle Comunità; quindi, non l’intento di annullare l’identità tedesca in

quella europea, ma la volontà opposta di far rinascere la Germania grazie all’Europa78.

Comprese ed assecondate le vere intenzioni del collega tedesco, De Gaulle poté

agevolmente fondare sulla loro intesa – una sorta di direttorio o forse un duumvirato – la

proposta di avviare il negoziato sull’unione politica79.

La premessa dell’accordo tra i due uomini di governo era che l’Europa poteva farsi

solo per associazione degli Stati e non già richiedendone la liquidazione. Questa premessa

era in sé stessa la ricusazione della “apatride” Europa di Monnet:

Per Adenauer, come per me, è da escludere che i nostri popoli, con i loro

Stati e le loro leggi, possano scomparire all’interno di una qualche

costruzione apatride, sebbene egli ammetta di aver tratto a profitto della

Germania solidi vantaggi dalla mistica dell’integrazione […]80

77 P. QUARONI, op.cit., p.10978 Ciò che pensava Adenaeur dell’Europa è bene espresso in P.QUARONI, op.cit., pp.110-111: ‹‹L’orientamento di De Gaulle ha trovato un’eco più che favorevole in Adenauer. Adenauer è indubbiamente un grandissimo personaggio: è l’uomo che ha preso in mano la Germania ridotta a un mucchio di rovine e a un paria nella comunità internazionale, e in pochi anni l’ha trasformata in alleata dei vincitori […] La riconciliazione con la Francia era lo scopo numero uno della su politica; e l’Europa non un fine, ma soltanto un mezzo per realizzare questa riconciliazione. Egli conosceva abbastanza bene la situazione politica francese interna e le sue complesse reazioni. Sapeva che non era possibile imbastire una riconciliazione tramite rapporti diretti: ci voleva qualcosa di più vasto, un ideale comune, degli altri partecipanti: ci voleva l’Europa›› 79 Si ricorda che l’avvio del negoziato fu deciso nel corso dell’incontro di Rambouillet del 29 luglio 196080 C. DE GAULLE, Memorie della speranza, cit.,p.161

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Page 49: De Gaulle e l'Europa

L’accordo con la Germania federale, però, non doveva servire solo a preparare il

progetto di unione politica, essendo tale accordo ritenuto necessario anche per iniziare da

subito a praticare la “Europa delle patrie”, mediante l’introduzione, nella prassi di

Bruxelles, di un nuovo spirito. Le istituzioni comunitarie e i suoi sostenitori avrebbero

dovuto arrendersi all’evidenza che l’Europa poteva farsi solo assumendo gli Stati quali

suoi fondamenti, giacché, in ultima analisi e nonostante l’impegno della Commissione

Hallstein, i governi nazionali erano effettivamente gli unici responsabili dell’esecuzione

dei trattati nel rispetto della loro autorità e della sovranità popolare. Le differenze dovute

alla loro propria storia, alla loro lingua, alle loro ambizioni, al loro genio, non dovevano

essere visti come degli ostacoli:

Construire l’Europe, c’est-à-dire l’unir, c’est évidemment quelque chose

d’essentiel […]or, quelle sont les réalités de l’Europe? Quels sont les

piliers sue lesquelles on peut la bâtir ? en vérité, ce sont des états qui sont,

certes, très différents les uns des autres, qui ont chacun son âme à soi, son

Histoire à soi, sa langue à soi, ses malheurs, ses gloires, ses ambitions à

soi, mais des Etats qui sont les seules entités qui aient le droit d’ordonner

et l’autorité pour agir. Se figurer qu’on peut bâtir quelque chose qui soit

efficace pour l’action et qui soit approuvé par les peuples en dehors et au-

dessus des états, c’est une chimère81

La prima pratica conseguenza dell’accordo tra De Gaulle e Adenauer fu l’appoggio

che il secondo diede al primo nella battaglia intrapresa da quest’ultimo per ottenere

l’inclusione dell’agricoltura nel Mercato Comune, secondo modalità che alterarono

definitivamente lo spirito comunitario, in precedenza alieno al concetto della reciprocità

tipico dei rapporti tradizionali tra gli Stati82. Per De Gaulle, però, questo non era un

problema visto che il trattato CEE, piuttosto che quella sorta di costituzione che era nella

mente degli europeisti, era solo un semplice ‹‹traité de commerce facilitant les échanges et

81 Conferenza stampa tenuta al palazzo dell’Eliseo il 5 settembre 196082 Cfr. B. OLIVI, op.cit., p.87

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obligeant notre industrie à se moderniser›› 83, il quale, in quanto tale, se non rispondente

agli interessi economici del suo paese, poteva e doveva naturalmente essere modificato

come un qualunque altro trattato, pena, in questo caso, la definitiva rovina del Mercato

Comune.

Il fatto che un interesse così vitale per la Francia non fosse stato seriamente preso in

considerazione da coloro che avevano negoziato il trattato costituiva una dimostrazione in

più che questo non rispondeva alle sue necessità e, conseguentemente, che anche gli organi

previsti dal trattato, in primis la Commissione, non ne assecondassero le esigenze.

6. All’attacco della CEE

Dall’entrata in vigore del Mercato comune e dal suo ampliamento ai prodotti

agricoli, la Francia aveva guadagnato molto. Considerando tali successi come il frutto della

sua azione riformatrice, De Gaulle si sentì nel giusto a seguitare nella sua politica di

demolizione delle Comunità. In modo particolare, fu contro la Commissione della

Comunità Economica guidata da Walter Hallstein che si scagliò violentemente, perché

accusata di volersi accreditare come un governo federale portando alle estreme

conseguenze l’applicazione della sopranazionalità (d’altra parte, era proprio questo

l’auspicio dei sostenitori del metodo funzionalista).

De Gaulle manifestò costantemente la sua avversione per la sopranazionalità

mediante le sue numerose pubbliche dichiarazioni, la pratica delle istituzioni comunitarie e

le mosse di politica estera del suo governo. Benché cercasse, allo stesso tempo,

energicamente e gradualmente di imporre all’Europa la sua visione chiedendo a gran voce

l’apertura di un negoziato per la cooperazione politica e, contemporaneamente, logorando

le Comunità dal loro interno, vi fu un evento in cui De Gaulle fece toccare il punto più

83 Nota al Primo Ministro M. Debré a proposito della politica europea, 27 febbraio 1961 in Lettres, notes et carnets 1961-1963, Paris, Plon, 1986, pp.48-49

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elevato e drammatico del suo dissidio con la Commissione Hallstein: la cosiddetta “crisi

della sedia vuota”84.

De Gaulle non aveva mai nascosto la sua profonda irritazione per l’attivismo del

presidente Hallstein, reo di attribuirsi i crismi della sovranità e di mirare a creare un super-

Stato europeo85. Alla base di questo dissidio, però, non bisogna vedere solo un conflitto tra

due centri di poteri per la leadership dell’Europa, ma la concorrenza tra due visioni

antitetiche, di cui una, quella del francese, si preoccupava di garantire che lo Stato, e in

ultima analisi il popolo che ne elegge il governo rappresentativo, non fosse spogliato delle

sue prerogative sovrane per favorire l’avvento, secondo l’impostazione del tedesco e in

attesa che la Commissione diventi per davvero il governo federale d’Europa, di una

“tecnocrazia apatride” politicamente irresponsabile. La giusta dimensione della

Commissione Economica deve essere quella di facilitare la cooperazione tra gli Stati

84 La crisi della sedia vuota fu il rifiuto della Francia di far partecipare i propri rappresentanti alle riunioni del Consiglio e della Commissione, dal 30 giugno 1965 al 29 gennaio 1966, per protestare contro la proposta della Commissione Hallstein di attribuire risorse proprie alla Comunità Economica. Poiché s’avvicinava la data della completa liberalizzazione degli scambi commerciali – il 1°gennaio 1967 – la Commissione Hallstein, col solo voto dei due commissari francesi, aveva proposto che si dotasse la Comunità Economica di risorse proprie attraverso la costituzione di una “cassa comune” costituita dai proventi dei diritti doganali e dei prelievi agricoli. La proposta della Commissione non si esauriva solo nella richiesta di risorse proprie, poiché ne erano naturali corollari l’attribuzione sia di un enorme budget finanziario alla Commissione che di reali poteri di bilancio all’Assemblea parlamentare. In sé la proposta era più che sensata ed opportuna, giacché, diversamente da come era stata disegnata nel trattato di Roma, la Commissione si trovava adesso a dover sovrintendere ad una dispendiosissima opera: la politica agricola. Fu, dunque, per ironia della sorte (ma non troppo!), proprio l’ostinazione di De Gaulle di voler “violentare” la Comunità Economica ed affermare, allo stesso tempo, il primato della politica sulla mera amministrazione dei tecnici, ad indurre la Commissione a reagire come fece. La proposta, si è detto, era più che sensata ed opportuna, da un lato perché mirava, sotto questo profilo, ad omogeneizzare la CECA e la CEE, visto che la prima dispose fin dall’inizio di risorse proprie (e tornato al potere De Gaulle non sembra che contestò la cosa, accanendosi invece solo contro la Commissione Hallstein); dall’altro, perché essa s’innestava perfettamente nella logica e nel metodo della “sincronizzazione” – ossia la pratica che ogni concessione fatta ad un paese dovesse adesso avvenire in condizione di reciprocità – inaugurato proprio all’indomani della “maratona agricola”. Va notato, infine, che la proposta proveniva da un profondo sostenitore delle tesi di Monnet, ossia quel Walter Hallstein che, al pari del francese, riteneva che la Comunità fosse un complesso di strumenti giuridici atti a “forzare la storia”, onde addivenire alla federazione europea. 85 ‹‹ Walter Hallstein est le Président de la Commission. Il épouse ardemment la thèse du super-Etat et emploie toute son habile activité à obtenir que la Communauté en prenne le caractère et la figure. De Bruxelles, où il réside, il a fait comme sa capitale. Il est là, revêtu des aspects de la souveraineté, dirigeant ses collègues entre lesquels il répartit les attributions […] Ces raisons n’altèrent pas l’estime et la considération que je porte à Walter Hallstein mais font que les buts que je poursuis pour la France sont incompatibles avec de tels projets›› in C. DE GAULLE, Mémoires d’espoir, cit.,p.147

5

Page 52: De Gaulle e l'Europa

mediante lo svolgimento di soli compiti tecnici e di supporto a quelle decisioni finali che

solo gli Stati sono legittimati a prendere e capaci di far eseguire86.

L’azione politica attuata nelle Comunità, in definitiva, fu molto ambigua (ma non

priva di logica). Da un lato De Gaulle cercò di sfruttare al massimo le vantaggiose

possibilità economiche che il trattato offriva, disponendovisi favorevolmente al suo

ritorno al potere nel 1958 e finanche inducendo la Francia ‹‹al sacrificio della delega della

sovranità [solo] nella misura in cui questo apriva i mercati dei Sei ai suoi prodotti

agricoli››87. Dall’altro, cercò in ogni modo di stancarne lo spirito originario e di alterarne

le meccaniche di funzionamento in modo da poter affermare il primato della politica sulla

“tecnocrazia” in attesa che l’unione politica si compisse.

7. L’Europa dei popoli

Nel concepire i modi con cui raggiungere l’unità europea, è interessante osservare

come De Gaulle abbia proposto le medesime soluzioni applicate in patria per la

“riunificazione” della Francia e dei francesi. Per il Generale, quanto per il Presidente, non

poteva esistere alcuna Europa senza i caratteri della sovranità e dell’indipendenza. Ora, se

la sovranità appartiene al popolo, l’Europa unita non può farsi senza il diretto

coinvolgimento dei popoli europei. Allo stesso tempo, non può costituirsi alcuna autorità

legittima se, posto che l’Europa è in pericolo, una personalità eccezionale non provveda a

farsi carico della sua salvezza.

Per De Gaulle il referendum, oltre ad essere uno strumento strategico per aggirare

l’opposizione di un parlamento dominato da “corpi intermedi”, era il miglior mezzo per

fare direttamente partecipare i cittadini alle grandi scelte nazionali. Esso, però, era anche il

miglior strumento per esplicitare l’unione “mistica” tra un popolo ed il suo capo e la

86 Conferenza stampa del 31 janvier 1964 in Discours et messages, cit.

87 B. OLIVI, op. cit., p.100

5

Page 53: De Gaulle e l'Europa

costanza di quel rapporto fiduciario che, in ultima analisi, conferiva solo al capo la

rappresentanza nazionale.

Tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio dei Cinquanta, De Gaulle aveva avanzato

l’idea del referendum da tenersi in contemporanea in tutti gli Stati interessati, in modo da

conferire un carattere democratico e popolare alla costruzione europea. In particolare, egli

sosteneva che bisognasse porre tre domande ai popoli europei:

Voulez-vous qu’on fasse l’unité de l’Europe, notamment au point de vue

de son économie, de sa culture et de sa défense ? Voulez-vous que l’on

constitue un organe confédératif des peuples de l’Europe pour gérer cette

unité? Pour élaborer les institutions européennes, voulez-vous nommer

une Assemblée? 88

La proposta di De Gaulle, quindi, era che i popoli europei venissero interpellati per

decidere non solo sulla vaga idea di realizzare una qualche forma di unione, ma anche sulla

necessità di eleggere un’assemblea costituente per definire le istituzione di questa unione.

Inoltre, pensando che tale referendum avrebbe dovuto svolgersi anche nei paesi comunisti,

si faceva certo di trascinare anche tali paesi nell’unità di tutto il continente, e non già della

sola parte occidentale. Il ricorso allo strumento referendario fu caldeggiato soprattutto

prima del suo ritorno al potere; tuttavia, anche da presidente De Gaulle non abbandonò

completamente tale idea, pensando che le istituzioni confederali da dare all’Europa

dovessero fondarsi su di un regolare concerto dei governi responsabili e sul lavoro di

organismi specializzati nel trattare le materie poste in comune, nonché su di un’assemblea

periodicamente convocata e chiamata a deliberare, infine, su di ‹‹un solennel référendum

européen, de manière à donner à ce démarrage de l’Europe le caractère d’adhésion et de

conviction populaire qui lui est indispensable›› 89.

88 Conferenza stampa tenuta al Palais d’Orsay il 14 novembre 1949 in www.gaullisme.org. L’idea del referendum sarà ribadita anche all’Hotel Continental il 25 febbraio 1953 (il discorso è consultabile in Discours et messages, cit.) 89 Conferenza stampa tenuta al palazzo dell’Eliseo il 5 settembre 1960 in Discours et messages, cit.

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Page 54: De Gaulle e l'Europa

Frequentemente si parla del sistema di governo istituito in Francia da De Gaulle

come di un nuovo bonapartismo, se non addirittura della versione presentabile di un regime

fascista; nondimeno, facendo lo sforzo di andare oltre certe categorie tradizionali – e

comunque tenendo in debito conto che effettivamente De Gaulle forzasse più di una volta

la sua stessa costituzione, attribuendosi sempre maggiori prerogative90– è possibile vedere

nelle concezioni istituzionali di De Gaulle il tentativo di dare vita ad una forma diretta di

democrazia nazionale. Questo può essere affermato, in primo luogo, perché ‹‹sarebbe un

grave errore ignorare come il fatto di rendere possibile il contatto diretto tra il vertice dello

Stato e la sovranità popolare abbia rappresentato una preoccupazione di fondo del

gollismo››91; in un secondo luogo, perché, malgrado la costituzione e la prassi politica

concentrassero grandi poteri nelle sue mani De Gaulle ‹‹non ha revocato la Repubblica,

non ha ricostituito la dinastia, neppure una di diversa natura››92. Infine perché,

appoggiandosi al popolo, consultato nella sua totalità contro le assemblee di rappresentanti,

‹‹il gollismo incarnava una certa concezione della democrazia diretta, che trovava la sua

applicazione nella pratica del referendum››93. Nonostante queste premesse, nel piano

Fouchet non vi fu nessuna traccia di istituzioni democratiche.

Infine, era opinione di De Gaulle che per unire un popolo come quello europeo, al

pari di quanto era avvenuto in Francia, ci sarebbe voluta l’affermazione di un’autorità

legittima, un fédérateur. Ora, De Gaulle non vedeva alcuna simile figura in Europa,

giacché, per la refrattarietà delle nazioni a fondersi in una sola, fallirono nell’impresa, a

loro tempo, i vari Cesare, Carlo Magno, Ottone, Carlo V, Napoleone e, più di recente,

Hitler94. Solo gli Stati Uniti potrebbero riuscirvi (infatti: ‹‹Il y aurait peut-être un 90 A tal proposito J. SOUSTELLE, Gollismo. Ventotto anni di regime, Milano, Edizioni del Borghese, 1969, op. cit., p.168 ‹‹Ho già mostrato che la sovversione della legge costituzionale cominciò fin dal primo giorno del nuovo regime, con ritocchi insensibili e invisibili al pubblico, grazie alla complicità del Primo Ministro Michel Debré›› 91 G. QUAGLIARIELLO, op.cit., p.3992 J.L. CHABOT, op.cit., p.13893 R.RÉMOND, op.cit, p.30994 Cfr. Conferenza stampa all’Eliseo del 15 maggio 1962. Dello stesso tenore è la conferenza stampa all’Eliseo del 9 settembre 1965. Entrambe sono state tratte da

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Page 55: De Gaulle e l'Europa

fédérateur, mais il ne serait pas Européen95››) ma a quel punto l’Europa avrebbe perduto la

sua identità. Inoltre, tanto era nota l’impossibilità di unire l’Europa, che chi vi aveva per

ultimo provato aveva dovuto affidare l’Europa a dei burocrati. A qualunque idea di

fusione, De Gaulle contrappose sempre quella che gli Stati dovessero imparare a

cooperare. E, seguendo questo metodo, egli non aveva alcun dubbio che, se non proprio la

parte del fédérateur, la Francia sarebbe riuscita a recitare quella di sapiente guida

dell’Europa.

Discours et messages, cit.95 Conferenza stampa del 15 maggio 1962.

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Page 56: De Gaulle e l'Europa

CAPITOLO IV

L’EUROPA “EUROPEA”

1. Contro la CED

Per De Gaulle la Francia non può essere se stessa se non è grande:

nella sua idea trasfigurata, la Francia è simile a ‹‹la princesse des contes

ou la madone aux fresques des murs›› e dalla Provvidenza è destinata

ad essere autrice di grandi successi come anche ad essere colpita da

immani sciagure. Questo, però, è il prezzo che la Francia deve pagare

per essere la prima nazione al mondo96. Non può esserci grandezza,

però, per una nazione se questa non dispone della completa

indipendenza e della piena capacità di determinare le propria politica in

autonomia.

Agli inizi degli anni Cinquanta per De Gaulle la parola grandeur

voleva dire conservare l’Impero coloniale, quello stesso Impero che da

Brazzaville97 aveva sanzionato il ritorno in guerra, dal lato della civiltà,

della Francia éternelle. La bocciatura della CED al parlamento francese

evidenzierà come la preoccupazione del Generale fosse diffusamente

condivisa. Dichiarazioni del tipo: La France doit rester en Indochine

98ovvero:

96 Cfr. C. DE GAULLE, Mémoires de guerre- L’appel, cit, p.797 Il 27 ottobre 1940, De Gaulle costituì il “Conseil de défense de l’Empire” per dirigere la guerra della Francia contro la Germania dalle colonie. Nel Manifesto politico pubblicato lo stesso giorno, De Gaulle parla della volontà degli Alleati di “contribuer à restaurer l’indépendance et la grandeur de la France” 98 Discorso del 14 novembre 1949, cit.

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Page 57: De Gaulle e l'Europa

Action impérial? Parce que nous fumes capable d’ouvrir au

progrès moderne des contrées qui, auparavant végétaient

dans les abus, la misère, l’anarchie, parce que nous avons

assumés sans les rejeter dans le trouble ou les livrer aux

ambitions des autres, parce qu’en les perdant nous

perdrions notre rang de grande puissance, nous avons,

vis-à-vis du monde entier, le droit et le devoir de faire

vivre et de développer l’union Française que nous avons

proclamée au pire moment de la pire des guerres99,

che dimostrano come, oltre che per i vantaggi economici e politici,

avere un Impero coloniale era considerato importante per la missione di

civilizzazione che ivi la Francia andava esercitando, non lasciano dubbio

alcuno sul fatto che De Gaulle considerasse in quel momento più

importante conservare la libertà di manovra necessaria per difendere

l’Impero che curarsi della difesa della Germania, per la quale comunque

avrebbe garantito la NATO. Nessuna libertà di manovra, infatti sarebbe

stata appannaggio della Francia se questa avesse rinunciato al proprio

esercito, giacché – prevedibilmente – nessuno dei suoi cinque partners

l’avrebbe seguita nelle sue dispendiose guerre coloniali.

La questione dell’indipendenza non riguardava solo i rapporti tra

la Francia e le altre democrazie dell’Europa occidentale, ma

coinvolgeva anche gli Stati Uniti, tenuto conto che, pur costituendo

l’esercito europeo, in ultima analisi la CED gliene affidava la direzione.

La CED, quindi, non soltanto avrebbe costretto la Francia a patteggiare

con gli altri europei la propria politica estera, ma – ancor più grave –

avrebbe spogliato l’intera Europa della possibilità di definire una propria

politica estera100. È, però, ovvio che quello dell’indipendenza fosse

99 ibidem100 Il commento contenuto in M. ALBERTINI, A. CHITI BATELLI, G. PETRILLI, op.cit., p.244 a proposito della CED chiarisce quale rapporto si sarebbe stabilito tra l’Europa e gli

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Page 58: De Gaulle e l'Europa

concretamente avvertito come un problema solo dalla Francia, in

quanto solo la Francia aveva un Impero coloniale da difendere oltre che

un rango di potenza mondiale: il resto d’Europa era composto da piccoli

Stati o da grandi nazioni sconfitte e non ancora pienamente riabilitate

sul piano morale per le dittature che le hanno guidate nel loro recente

passato.

Ecco come De Gaulle esprimeva tutto il suo malessere per la

Comunità di difesa:

Quelle atmosphère étrange, quel malaise indéfinissable, pèsent

aujourd’hui sur notre pays dès qu’on évoque sa défense! C’est que, dans

la situation où se trouve actuellement la France et qui est caractérisée par

une profonde dépression nationale et par l’inconsistance extrême de

l’Etat, une certaine équipe est à l’œuvre pour faire admettre aux pouvoirs

publics ce qu’elle appelle: l’armée européenne et où l’instinct national

aperçoit un renoncement qui pourrait être définitif 101.

De Gaulle considerava la ratifica del trattato CED come la catastrofe

ultima della Francia, come a voler dire che ciò che le guerre non erano

riuscite a fare, ossia annientarla, era invece lo scopo della Quarta

Repubblica ed in modo particolare di coloro che volevano che la Francia

fosse uno strumento militare e politico in mano a potenza straniere, tra i

quali spiccava Jean Monnet, l’inspirateur di quello spirito d’abbandono

tipico della Quarta repubblica102

Stati Uniti e i limiti, a tal riguardo, della comunità in questione: ‹‹L’autorità militare da crearsi non avrebbe avuto alcun potere di prendere decisioni fondamentali concernenti l’Esercito europeo: queste sarebbero rimaste di competenza degli Stati nazionali, che le avrebbero esercitate all’unanimità. E restava l’impressione che, poiché questa unanimità sarebbe stata difficile da raggiungere su problemi così delicati, tali competenze sarebbero state di fatto svolte dal supremo comando atlantico, entro il quale la CED avrebbe dovuto essere strettamente inclusa e subordinata: e cioè dal soverchiante alleato americano. Il progetto era realmente insufficiente, giacché senza un governo europeo non può esistere un esercito europeo››.101 Conferenza stampa del 25 febbraio 1953, cit102 Ibid.

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Page 59: De Gaulle e l'Europa

Per De Gaulle, però, la questione dell’indipendenza non era

soltanto un fatto di prestigio nazionale, ma un fatto pratico, giacché se

era vero che la Francia non era ancora in grado di difendersi da sola,

non era affatto certo che le esigenze difensive americane sarebbero

corrisposte sempre a quelle europee e, soprattutto, della Francia. Per

cui se l’Europa fosse stata attaccata, non solo la Francia non avrebbe

avuto un esercito per tutelarsi, ma avrebbe potuto anche non poter

contare sugli stessi alleati atlantici:

On dit aussi: il s’agit d’assurer à la France un puissant

concours américain  sans compromettre son

indépendance. Or, le traité subordonne à la stratégie

américaine sans nous garantir aucunement que la France

serait défendue103.

L’opinione di De Gaulle era che la CED non realizzasse affatto un

esercito europeo104. Sostenendo, inoltre – e sul punto fu in buona

compagnia105 – che non poteva esistere un esercito europeo senza un

governo dell’Europa, De Gaulle argomentava la sostanziale natura

menzognera della retorica europeista, convinta che dall’integrazione per

settori potrà e dovrà scaturire un giorno l’unità del Continente:

Je viens de dire que le nom donné à l’armée dite « européenne » est un titre

fallacieux. Pour qu’il y ait l’armée européenne, c’est-à-dire l’armée de

l’Europe, il faut d’abord que l’Europe existe, en tant qu’entité politique,

économique, financière, administrative et, par-dessus tout, morale, que cette

entité soit assez vivante, établie, reconnue, pour obtenir le loyalisme

congénital de ses sujets, pour avoir une politique qui lui soit propre et, pour

que, le cas échéant, des millions d’hommes veuillent mourir pour elle. Est-ce

le cas ? Pas un homme sérieux n’oserait répondre oui 106

103 Ibid.104 Ibid. 105 L’argomentazione è infatti tipica dei federalisti106 Conferenza stampa del 25 febbraio 1953, cit

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Page 60: De Gaulle e l'Europa

In ogni modo, anche se l’Europa fosse organizzata come uno

Stato, secondo il trattato CED non potrebbe disporre del suo esercito,

perché la partecipazione alla NATO fa sì che il suo impiego venga deciso

dal vertice supremo dell’Alleanza secondo l’indirizzo della politica estera

e di difesa americana e non già secondo le esigenze difensive degli Stati

europei107. Questa particolare critica tocca il nervo scoperto dell’alleanza

difensiva occidentale mettendola in luce per quella che è davvero,

secondo De Gaulle, vale a dire un sistema difensivo dell’America su

territorio europeo. La CED, quindi, non era altro che una parvenza

d’unità in materia di difesa e di politica estera, finalizzata a consegnare

alla NATO la tutela dei Sei; ma essendo la stessa NATO uno strumento

non efficace di difesa dell’Europa, la sua inidoneità avrebbe finito per

travolgere inevitabilmente anche la CED108. Non potendo più il governo

francese nemmeno istruire, formare, ricompensare o punire i propri

soldati, De Gaulle temeva pure possibile che truppe straniere venissero

messe a protezione Parigi:

C’est ainsi que, s’il paraissait bon au commandant en chef

de mettre les Allemands en garnison à Strasbourg, à

Colmar, à Paris, au lieu des Français, il suffirait

littéralement qu’il obtint l’accord du Chancelier Adenauer.

Quant au Gouvernement français – ou ce qui oserait

encore porter ce nom – il n’aurait rigoureusement rien à

dire. Le commandant en chef américain peut encore

refuser au Gouvernement français d’envoyer outre-mer

aucune fraction des contingents que celui-ci livrés […]

107 Cfr. ibid.108 Va detto che la CED prevedeva solo la costituzione di un esercito comune, e non già anche di una flotta navale e di una aerea comuni; così come non aveva alcun potere in riguardo a questioni di fondamentale importanza come le comunicazioni, gli approvvigionamenti e gli equipaggiamenti.

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Page 61: De Gaulle e l'Europa

Mais, lors même qu’ils y réussiraient, le traité n’en tuerait

pas moins l’Union Française109.

L’opposizione di De Gaulle alla CED non fu alimentata solo dalle

sue preoccupazioni in riguardo all’indipendenza della Francia, al

mantenimento del suo impero coloniale e, con esso, del suo prestigio

mondiale. Per De Gaulle, la sopranazionalità della CED era un’assurdità

perché pretendeva che i Commissari nominati dai Sei governi nazionali

e i ministri riuniti in Consiglio si dimenticassero temporaneamente della

loro provenienza al fine di servire solo la causa europea, per poi tornare

nuovamente dei fedeli servitori dei loro Stati d’origine, e dei loro

interessi, una volta tornati alle loro tradizionali mansioni. La regola

dell’unanimità rendeva impossibili le decisioni importanti. Infine, la

mancanza di una qualunque forma di legittimazione democratica

restringeva lo spazio per l’iniziativa politica e rendeva l’intera

costruzione del tutto irrealistica, concentrandosi il potere nelle mani di

un’oscura burocrazia comunitaria110.

De Gaulle non ebbe, però, solo critiche da esprimere. Messo in

evidenza come l’Europa non potesse organizzare la propria difesa senza

dotarsi di una qualche forma unitaria, egli ribadì la sua proposta

confederale, basata sulla necessità che l’Europa non può farsi sulla base

delle parole degli ‹‹illusionnistes››111, ma a partire da ciò che caratterizza

la realtà del Continente, ossia gli Stati e le Nazioni:

Or, la réalité, c’est qu’actuellement l’Europe se compose

de nations. C’est à partir de ces nations qu’il faut

organiser l’Europe et, s’il y a lieu, la défendre. Au lieu 109 Conferenza stampa del 25 febbraio 1953, cit. 110 Cfr. ibid. 111 Ibid.

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Page 62: De Gaulle e l'Europa

d’une fusion intolérable et impraticable, pratiquons

l’association112 ,

l’association non essendo altro che il nome più idoneo a descrivere il

vincolo confederale immaginato da De Gaulle. Infatti, cosa propone De

Gaulle? Non un’intollerabile ed impraticabile fusione, ma una stretta

alleanza tra nazioni libere ed eguali con il suo cuore politico e strategico

in un Consiglio dei capi di governo ed il suo supporto tecnico in una

Commissione senza ambizione alcuna di sovranità:

Au lieu d’une fusion intolérable et impraticable, pratiquons l’association.

En poursuivant des chimères, on a déjà perdu des années. Commençons

par faire l’alliance des Etats libre de l’Europe. Il y faut une direction : ce

sera le Conseil des Chefs de gouvernements réunis d’une manière

organique et périodique. A cette direction, il faut un instrument de travail

et d’exécution. Ce sera l’Etat major combiné, si l’on veut le

Commissariat, mais un Commissariat qui n’aura pas le front de se

proclamer souverain […]Ainsi, seront fusionnées tous les services qui

doivent l’être : infra structure, communications, ravitaillement,

fabrications d’armements, etc…113

2. La NATO e l’egemonia americana

L’indipendenza – non certo per importanza, ma solo nell’ambito della nostra

esposizione – è l’ultimo fondamento della visione gollista dell’Europa. Anche la richiesta

d’indipendenza per l’Europa, in realtà, fu solo un mezzo per far recuperare alla Francia la

sua indipendenza, poiché De Gaulle sapeva benissimo che, senza un’Europa capace di

darsi un indirizzo unitario in politica estera e di assicurare da sé la propria sicurezza, la

stessa Francia avrebbe avuto nessuna possibilità di condurre la propria politica di prestigio

e di grandezza. Infatti, non essendo più quella grande potenza militare che era stata fino a

112 Ibid. 113 Ibid. Sempre sul tema della confederazione si possono vedere il discorso pronunciato a Nîmes il 7 gennaio 1951; il discorso di chiusura della quarta Assise nazionale del R.P.F, Nancy, 25 novembre 1951, quello del 12 novembre 1953 da Discours et messages, cit  ; la dichiarazione del 6 giugno 1952 in www.gaullisme.org

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Page 63: De Gaulle e l'Europa

prima del secondo conflitto mondiale, la Francia, malgrado le pretese di De Gaulle, non

avrebbe potuto nemmeno difendere sé stessa in caso d’aggressione sovietica. Per il

Generale, dunque, la Francia, al pari degli Stati Uniti, aveva bisogno di un sistema

difensivo che, in primo luogo, ne assicurasse la sicurezza propria e che, in secondo,

costituisse una valida difesa anche per il resto dell’Europa. Un aspetto fondamentale della

“Europa europea” di De Gaulle è costituito dall’opposizione alla NATO.

De Gaulle aveva una pessima opinione della NATO, principalmente perché la

considerava come il sistema difensivo europeo degli Stati Uniti, non già come il sistema

difensivo americano dell’Europa. Ciò che potrebbe sembrare un gioco (nostro) di parole, in

realtà, coglie bene l’opinione di De Gaulle, il quale temeva che, nel caso di un conflitto, gli

Stati Uniti avrebbero potuto effettivamente non difendere l’Europa in conseguenza di un

calcolo politico-strategico. De Gaulle dubitava fortemente del fatto che, in caso

d’aggressione sovietica, gli Stati Uniti sarebbero intervenuti in Europa. Tale dubbio gli

veniva ispirato dalle vicende di entrambe le guerre mondiali, nel corso delle quali gli

americani entrarono in causa solo a conflitto iniziato e, soprattutto, dopo che la Francia

aveva già subito considerevoli perdite114.

De Gaulle, inoltre, era contrario all’integrazione dei paesi europei nella NATO,

perché questa avrebbe costretto l’Europa ad accettare una permanente limitazione della

propria indipendenza politica e militare a favore degli Stati Uniti. Secondo lui, gli Stati

Uniti sarebbero stati i veri federatori dell’Europa, perché la dipendenza politica

dell’Europa da quelli si sarebbe rinsaldata con l’integrazione militare. Gli europei, quindi,

avevano delegato alla NATO una parte della loro sovranità e in cambio avevano ottenuto

che gli Stati Uniti ponessero in posizione di soggezione l’intera Europa occidentale115.

114 C. DE GAULLE Memorie della speranza, cit, p.196115 G. MAMMARELLA, op.cit., p.302

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Page 64: De Gaulle e l'Europa

Egli trovava infamante che una potenza come la Francia – riconosciuta vincitrice

della guerra, socio fondatore dell’ONU, membro del Consiglio di Sicurezza con diritto di

veto – fossa trattata al pari di paesi sconfitti o privi di una rispettabile storia militare, ossia

come un mero strumento di difesa degli Stati Uniti; altresì, riteneva impossibile per

principio che la Francia rinunciasse ad un proprio sistema difensivo. Per tutte queste

ragioni, De Gaulle chiese continuamente una profonda riforma della NATO, giungendo, a

modo di provocazione, ad uscirne nel corso degli anni Sessanta116.

Nelle strategie americane la NATO, oltre che un’alleanza militare, doveva essere

anche un compatto blocco politico ed economico finalizzato al contenimento della

diffusione del socialismo. Coerentemente con tale scopo, con l’obiettivo di permettere la

ripresa economica e sociale dell’Europa occidentale e promuoverne la coesione nel quadro

dell’avversione al comunismo sovietico, contemporaneamente all’istituzione della NATO,

gli Stati Uniti varavano il Piano Marshall e, per la sua efficace applicazione, creavano la

OECE, la prima organizzazione volta a realizzare la cooperazione economica tra gli Stati

europei. Negli stessi anni la Gran Bretagna favoriva la nascita del Consiglio d’Europa e,

dopo il fallimento della CED, la UEO.

Accertato che dietro le forme iniziali della cooperazione europea si celavano

sempre gli Stati Uniti e le loro strategie, De Gaulle vedeva anche dietro Jean Monnet e la

sua Europa la longa manus del governo americano117. Si può capire come per De Gaulle

l’indipendenza dell’Europa – quella qualità che l’avrebbe fatta in grado di mediare tra i due

blocchi e di non farsi, eventualmente, coinvolgere nella terza guerra mondiale, nonché di

tornare ad esprimere la sua civiltà nel mondo – passasse attraverso la liquidazione delle

116 Gli scopi della politica estera di De Gaulle sono ben presentati in D. CAVIGLIA, op.cit.,p.4: ‹‹Per M.Couve de Murville, ministro degli esteri durante il governo Debré, la preoccupazione principale della politica gollista risiedeva nel cambiamento dei rapporti di forza con gli anglo-americani, passando attraverso la creazione non istituzionalizzata di un direttorio a tre e la riforma dell’Alleanza Atlantica›› 117 Tale opinione trovò espressione della già citata (a proposito della CED) conferenza stampa del 25 febbraio 1953

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Page 65: De Gaulle e l'Europa

Comunità, la creazione di una force de frappe, l’allargamento dell’Europa ai paesi dell’Est,

nonché il rifiuto dell’adesione inglese al Mercato comune.

3. La “force de frappe” e la prematura fine dell’Euratom

De Gaulle considerava essenziale che la Francia si dotasse di un arsenale atomico –

la cosiddetta force de frappe – perché solo acquistando gli stessi mezzi di deterrenza di

Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna, essa avrebbe potuto recuperare, oltre che il

suo prestigio, una certa libertà di manovra sulla scena internazionale. Per De Gaulle la

disponibilità di un armamento atomico doveva essere uno dei fondamenti irrinunciabili

della politica francese, il necessario presupposto alla sua indipendenza. All’obiezione che

gli veniva mossa, per la quale la Francia non sarebbe mai stata in grado di rappresentare

una minaccia credibile per l’Unione Sovietica, De Gaulle rispondeva dimostrando di

attenersi alla logica della risposta flessibile, ossia che era sufficiente poter minacciare in

qualsiasi momento l’avversario anche con un solo missile per poterlo intimorire. Quindi

quello che la Francia otteneva (e non era poco) era, in caso di un’aggressione sovietica, il

diritto di decidere da sé l’impiego dell’arma atomica sul Continente, a propria tutela e a

tutela dell’intera Europa. Tale opinione era rafforzata dalla convinzione che ‹‹gli Stati Uniti,

essendo ormai esposti al pericolo di distruzione in caso di guerra totale, avrebbero fatto ricorso al

proprio deterrente nucleare solo se attaccati direttamente sul proprio territorio››118 e non anche in

caso di aggressione all’Europa. Impegnandosi, quindi, a perseguire una propria politica

nucleare al fine di ottenere l’ordigno esplosivo, De Gaulle dichiarò conclusa sul nascere la

cooperazione europea in materia di energia atomica, liquidando così l’appena nata

Euratom:

En même temps, pour l’Euratom, apparaît irréductible l’opposition entre la

situation de la France, déjà dotée depuis quelque quinze ans d’un actif

Commissariat à l’énergie atomique, pourvue d’installations multiples,

118 G. MAMMARELLA, op.cit., p.306

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Page 66: De Gaulle e l'Europa

appliquée à mettre en œuvre des programmes précis et étendus de

rechercher et de développement, et celle des autres pays qui, n’ayant rien

fait par eux-mêmes, voudraient que les crédits du budget commun servent à

leur procurer ce qui leur manque en passant les commandes aux

fournisseurs américains119.

Diversamente che la CEE, quindi, l’esistenza dell’Euratom fu segnata fin dall’inizio

dalla tenace volontà di De Gaulle di dotare la Francia di un armamento atomico. Poiché

non incontrò presso i partners la volontà di attribuire alla Comunità un importanza militare,

già nel 1958, egli informò ‹‹il governo tedesco e quello italiano che questa collaborazione

atomica, appena imbastita, non esisteva più e che la Francia avrebbe realizzato da sola il

suo programma nucleare››120

4. L’Europa" dall’Atlantico agli Urali”

Se la battaglia contro la NATO veniva condotta per assicurare l’indipendenza

dell’Europa sul versante occidentale, su quello orientale era sintetizzata nella formula

dell’Europa “dall’Atlantico agli Urali”. In realtà, però, tale idea rimase sempre alquanto

nebulosa.

Benché De Gaulle si adoperasse per l’Europa allargata ad Est solo nella seconda

metà degli anni Sessanta, cioè dopo il fallimento del piano Fouchet, la crisi della sedia

vuota e la sua rielezione, l’idea che l’Europa fosse, malgrado la frattura ideologica, un

tutt’uno lo aveva sempre caratterizzato (De Gaulle – si è già visto – considerava l’ideologia

un fenomeno momentaneo, destinato inevitabilmente a cedere il posto al ritorno delle

nazionalità).

Interpretando la morte di Stalin e l’apertura di squarci di libertà nei paesi satelliti

come il segno che il comunismo fosse sulla via di regredire, De Gaulle si risolse a

promuovere attivamente questa nuova formula con numerosi viaggi e dichiarazioni. Il

119 DE GAULLE C, Mémoires d’espoir, cit., p.145.120 P. QUARONI, op.cit., p.79

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Page 67: De Gaulle e l'Europa

Generale aveva manifestato per la prima volta questa concezione nel 1950 in termini molto

vaghi:

Je suis convaincu que si la France, une fois debout et conduite, prenait

l’initiative d’appeler l’Europe à se faire, en particulier avec le concours des

Allemands, toute l’atmosphère européenne serait changée de l’Atlantique à

l’Oural et même les hommes en place de l’autre côté du rideau de fer en

éprouveraient les conséquences. C’est en Europe qu’est la clef de la

Libération de l’Europe 121.

Più che un progetto politico, infatti, sembrò che con quell’espressione si riferisse ad

uno “spirito europeo”, ad una comunità di uomini accomunati dal fatto di aver scritto

insieme la storia del continente. Comunque, questa idea ‹‹esclude una comunità legata da

un nesso federale: sarebbe al più una giustapposizione di stati sovrani, decisi a vivere in

pace fra loro e a risolvere, d’accordo, certe questioni di interesse comune››122.

Per realizzare tale obbiettivo, che sarebbe servito anche ad allontanare il rischio

che la resa dei conti definitiva tra le due superpotenze avesse luogo proprio sul suo già

martoriato territorio, De Gaulle invocò per gli Stati satelliti dell’URSS l’autonomia

necessaria affinché questi potessero partecipare alla rinascita dell’Europa e della sua

civilizzazione, ossia la caduta del comunismo:

Il s’agit que la Russie évolue de telle façon qu’elle voie son avenir, non

plus dans la contrainte totalitaire imposée chez elle et chez les autres, mais

dans le progrès accompli en commun par des hommes et par des peuples

libres. Il s’agit que les nations dont elle a fait des satellites puissent jouer

leur rôle dans une Europe renouvelée […] Il s’agit que l’Europe, mère de

la civilisation moderne, s’établisse de l’Atlantique à l’Oural dans la

concorde et dans la coopération en vue du développement de ses

immenses ressources et de manière à jouer, conjointement avec

121 Conferenza stampa tenuta al Palais d’Orsay il 16 marzo 1950 in www.gaullisme.org 122 P. QUARONI, op.cit., p.167

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Page 68: De Gaulle e l'Europa

l’Amérique sa fille, le rôle qui lui revient quant au progrès de deux

milliards d’hommes qui en ont terriblement besoin123

Infine, quest’Europa avrebbe inevitabilmente implicato la riunificazione tedesca e

fatto sparire uno dei fronti più caldi della guerra fredda dato che, nel contesto dell’unità

europea, la divisione della Germania non avrebbe avuto più alcun senso:

[…] j’estime nécessaire que la République fédérale fasse partie intégrante

de la coopération organisée des États, à laquelle je vise pour l’ensemble

de notre continent. Ainsi serait garantie la sécurité de tous, entre

l’Atlantique et l’Oural et créé dans la situation des choses, des esprits et

des rapports un changement tel que la réunion des trois tronçons du

peuple allemand y trouverait sans doute sa chance124

La politica d’apertura all’Est si interruppe bruscamente, non senza qualche disagio,

quando tutto il mondo prese coscienza che il sistema sovietico non sarebbe crollato a

breve125.

5. Il veto all’Inghilterra

Nel disegno gollista di un’Europa dall’Atlantico agli Urali vi era posto anche per la

Gran Bretagna; tuttavia, nessun allargamento della CEE si sarebbe potuto fare fin tanto che

essa fosse stata il cavallo di Troia degli Stati Uniti d’America. In primo luogo, ciò che De

Gaulle temeva era che l’Inghilterra sarebbe stato un fattore di disunione e che, volendo

salvaguardare e promuovere i suoi interessi, avrebbe messo a dura prova l’integrazione già

conseguita dai Sei. Inoltre, viste le relazioni speciali intercorrenti con gli Stati Uniti,

l’Inghilterra avrebbe condotto l’Europa sempre più sotto i controllo degli americani:

123 Conferenza stampa tenuta al palazzo dell’Eliseo il 4 febbraio 1965 in Discours et messages, cit.124 C. DE GAULLE, Mémoires d’Espoir, cit., p. 183.125 L’evento fu l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Dato che s’era fatto convinto dell’imminente caduta del comunismo e che confidava nella sua capacità di alimentare il nazionalismo represso dalla dittatura comunista, De Gaulle aveva intrapreso una politica d’amicizia con i paesi dell’Est. Gli eventi cecoslovacchi, dimostrando la totale infondatezza di quelle convinzioni, misero in un certo disagio il presidente. Si veda J. SOUSTELLE, op. cit., p.279-287

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Page 69: De Gaulle e l'Europa

Il est à prévoir que la cohésion de tous ses membres, qui seraient très

nombreux, très fiers, n’y résisterait pas longtemps et, qu’en définitive,

il apparaîtrait une Communauté atlantique colossale sous dépendance et

direction américaine et qui aurait tôt fait d’absorber la Communauté

européenne126

Gli interessi inglesi di cui De Gaulle temeva la concorrenza erano legati alla natura

insulare della Gran Bretagna, natura per la quale questo paese aveva la vocazione a legarsi

molto più facilmente sugli oceani che sulla terraferma e a trovare il soddisfacimento dei

suoi interessi ben lungi che all’interno del sistema delle Comunità 127.

Originariamente, però, De Gaulle non fu contrario a che l’Inghilterra entrasse nel

sistema comunitario. A monte di questa non contrarietà che De Gaulle accordò, vi fu la

preoccupazione che il negoziato per la regolamentazione dell’agricoltura, al quale tanto

egli teneva, potesse fallire. In quel tempo De Gaulle si era mostrato possibilista, se non

addirittura entusiasta, per la partecipazione della Gran Bretagna al processo d’integrazione

europea. Così, malgrado la difficoltà dei problemi connessi a questa adesione, egli la

salutava con molto favore:

 De tout temps, les participants au Marché commun, qui sont six, ont

souhaité que d’autres, et en particulier la Grande Bretagne, se joignent au

traité de Rome, qu’ils en assument les obligations et que je pense, ils en

reçoivent les avantages. Nous savons très bien quelle est la complexité du

problème, mais il semble que tout porte maintenant à l’aborder et, pour ma

part, je n’ai qu’à m’en féliciter, non seulement au point de vue de mon

pays, mais je crois aussi au point de vue de l’Europe et, du même coup, au

point de vue du monde 128.

Quando, però, il negoziato per la politica agricola andò favorevolmente in porto, la

vera opinione di De Gaulle si manifestò compiutamente: gli interessi che l’Inghilterra

avrebbe salvaguardato e posto all’attenzione dei suoi partners, pensava non a torto,

126 Conferenza stampa del 14 gennaio 1963 in Discours et messages, cit.127 Cfr. ibid128 Ibid.

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Page 70: De Gaulle e l'Europa

sarebbero stati quelli connessi alle produzioni agricole del Commonwealth, i quali

avrebbero finito per far perdere alla Francia i vantaggi di quella politica agricola comune,

per la quale tanto si era speso da minacciare il fallimento del Mercato Comune. L’ingresso

della Gran Bretagna nel Mercato Comune, quindi, avrebbe rivoluzionato gli equilibri della

Comunità e sostituito a quell’asse tra la Francia e la Germania che le era stato benefico, la

rivalità tra la Francia e la Gran Bretagna che, inevitabilmente, per la maggiore disposizione

degli europei nei confronti della copertura atlantica che verso la force de frappe francese,

avrebbe potuto agevolmente soffiare a Parigi la leadership continentale e

conseguentemente consegnare l’Europa – e con questa anche la Francia – ai nordamericani:

Il est évident qu’un marché commun à sept ou à dix ne rassemblera en

rien au marché commun primitif. L’équilibre politique y sera modifié du

tout au tout. La primauté de l’influence française ne pourra être

maintenue. A la conjonction franco-allemande qui à été jusqu’à présent

pratiquée se substituera au mieux une rivalité franco-anglaise […] Il n’est

pas douteux qu’une fois le marché commun élargi, on en riviendrait

rapidement à la prépondérance de Washington et de Londres129

I motivi che indussero De Gaulle a rifiutare l’ingresso della Gran Bretagna nel

Mercato comune furono clamorosamente resi noti nel corso della conferenza stampa del 14

gennaio 1963, nel corso della quale, sì, manifestò le sue preoccupazioni in riguardo ai temi

economici, ma fece anche presente come vi fossero ragioni politiche più importanti a

motivare tale decisione. Si trattava dell’incompatibilità non già tra due visioni dell’Europa,

dato che tanto la Francia della Quinta repubblica quanto l’Inghilterra erano contrarie alla

sopranazionalità, bensì tra due leaderships. De Gaulle si rendeva conto che l’Inghilterra,

legata da “relazioni speciali” agli Stati Uniti, non avrebbe mai abbandonato il suo alleato

per aderire ad una velleitaria politica antiamericana e, inoltre, che l’influenza inglese

avrebbe impedito che gli altri paesi europei lo seguissero nella sua polemica contro gli

129 Relazione sull’adesione dell’Inghilterra al Mercato Comune, Parigi 28/08/61 in D. CAVIGLIA, op.cit., p.234

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Page 71: De Gaulle e l'Europa

americani. ‹‹L’Inghilterra era, in altre parole, come un intruso, spinto dalla pretesa di

cacciare nelle terre che la Francia considerava come una sua riserva: bisognava metterla

fuori per rimettere l’ordine del pollaio››130.

Stigmatizzando i comportamenti ripetutamente tenuti dagli inglesi nei confronti

dell’integrazione europea, De Gaulle si era convinto che Londra volesse soltanto sabotare

l’integrazione dei Sei e gli sforzi da questi sostenuti per l’approfondimento della loro

cooperazione. De Gaulle non ebbe dubbi nel ricondurre l’ispirazione di questa politica

britannica negli interessi di Washington e nella sua visione atlantica dell’Europa. Non fu

affatto una casualità che De Gaulle annunciasse quel veto dopo il discorso del presidente

americano Kennedy del 4 luglio 1962 e dopo che Washington, nel dicembre successivo,

acconsentì a fornire missili atomici Polaris al governo di Londra.

L’Europa, per essere autenticamente europea, non poteva e non doveva aprirsi a chi

non avrebbe voluto farla capace di costituirsi come un soggetto indipendente e potente, in

grado anche di porsi alla pari con gli Stati Uniti:

L’union des Six, une fois réalisée et, à plus forte raison, si elle venait à se

compléter d’adhésions et d’associations européennes nouvelles, peut et

doit être, vis-à-vis des États-Unis, un partenaire valable en tous domaines,

je veux dire puissant et indépendant 131

Espresso nel gennaio del ’63, è possibile che il veto all’Inghilterra fosse già stato

deciso da De Gaulle già durante l’estate del 1962132, per la ragione che dietro al fallimento

del piano Fouchet della primavera del 1962, De Gaulle vedeva chiaramente i risultati delle

pressioni esercitate dal governo inglese su quelli olandese e belga al fine di fermare quella

cooperazione politica europea che, se anche non avesse dato vita ad una “Europa europea”,

sicuramente avrebbe realizzato una “Europa francese”.

130 P. QUARONI, op. cit., p.98131 Conferenza stampa tenuta all’Eliseo il 21 febbraio 1966 in Discours et messages, cit.132 B. OLIVI, op.cit., p.79 : ‹‹Sembra storicamente attendibile che il veto francese fu deciso dopo la tornata di luglio-agosto 1962 dei negoziati britannici, e forse anche qualche settimana prima, mentre l’episodio di Nassau ne ebbe a costituire l’atteso detonatore››

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Page 72: De Gaulle e l'Europa

Ancora una volta, De Gaulle ribadì che solo alla Francia sarebbe spettata la

leadership dell’Europa democratica. L’unica nazione che poteva legittimamente pensare

di unire l’Europa e di farla indipendente, europea – facendo così, anche in questo caso, se

non proprio la parte del fédérateur, quanto meno quella della sapiente guida – era la

Francia, la sola nazione europea davvero arbitra di sé stessa e con i mezzi, la volontà, la

vocazione necessari:

En attendant que le ciel se découvre, la France poursuit par ses propres

moyens ce que peut et doit être une politique européenne et indépendante.

Le fait est que, partout, les peuples s’en félicitent et qu’elle-même ne s’en

trouve pas mal […] En voulant et en proposant l’organisation d’une

Europe ayant sa propre politique, la France est certaine de servir

l’équilibre, la paix et le progrès de l’univers133

[…] la France, sans renier aucunement l’amitié qu’elle

porte aux nations anglo-saxonnes, mais rompant avec le

conformisme absurde et périmé de l’effacement, prenne

une position proprement française au sujet de la guerre du

Viêt-nam, ou du conflit au Moyen-Orient, ou de la

construction d’une Europe qui soit européenne, ou du

bouleversement qu’entraînerait, pour la Communauté des

Six, l’admission de l’Angleterre et de quatre ou cinq autres

États, ou des rapports avec l’Est, ou de la question

monétaire internationale […]134

133 Conferenza stampa all’Eliseo del 23 luglio 1964 in Discours et messages, cit. 134 Allocuzione radio e teletrasmessa del 10 agosto 1967 in www.gaullisme.org. In quest’occasione De Gaulle si riferisce alla svalutazione della sterlina che, avvenuta nella seconda metà degli anni Sessanta su decisione unilateralmente del governo di Londra, aveva provocato non poche ripercussioni sull’economia dei Sei. L’evento è degno di nota in quanto porterà De Gaulle ad annunciare un secondo veto quando, con il governo Wilson, l’Inghilterra farà nuovamente richiesta di partecipare al MEC.

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Page 73: De Gaulle e l'Europa

CAPITOLO V

AL VAGLIO DELLA CRITICA FEDERALISTA

1. Il rifiuto del nazionalismo e dell’autoritarismo

Si è più volte sottolineato nel corso dell’opera come lo scopo primo ed ultimo di De

Gaulle sia sempre stato il prestigio e la grandezza della Francia e che, conseguentemente,

l’indipendenza politica, militare ed economica dell’Europa fossero da lui considerati solo

dei mezzi per servire detto scopo. Tanto tenacemente ha combattuto contro le istituzioni

comunitarie, che De Gaulle ha ispirato nei suoi contemporanei – non solo presso Capi di

stato e di governo europei, ma anche presso l’opinione pubblica – l’idea che egli volesse

soltanto distruggere l’integrazione che fin lì aveva avuto luogo, senza voler in alcun modo

costruire qualcosa di davvero alternativo. Malgrado la complessità e l’ambiguità della sua

azione di governo, la copiosità e la verbosità delle sue dichiarazioni, De Gaulle, invero,

ebbe solo poche ma fisse, quasi ossessive, idee durante tutta la sua vita. Così, se è possibile

ricavare da questa abbondanza cosa egli non volesse fosse fatto in Europa, più difficile

appare comprendere, al contrario, cosa davvero volesse. Certo è che, anche alla luce dei

successivi passi dell’integrazione europea, le critiche e le domande che egli sollevò non

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Page 74: De Gaulle e l'Europa

furono mai pretestuose. Quanto alle risposte, è chiaro come la sua irriducibile volontà di

affermare la Francia e i suoi interessi al di sopra di tutti e tutto finisse puntualmente per

screditare da sé stessa qualunque proposta che egli facesse.

Il rifiuto del nazionalismo e delle sciagure da questo provocate nel recente passato

fu la fondamentale causa d’opposizione alla politica di De Gaulle e a quella visione che vi

faceva da ispiratrice. Quando il Generale tornò al potere per i fatti d’Algeria, pressoché

unanime fu presso le cancellerie europee ed i sostenitori della federazione europea il

timore che il processo d’integrazione del lato occidentale del continente si sarebbe presto

arrestato: erano, infatti, già note le sue opinioni sull’Europa, le quali, lungi dal collocarsi in

continuità con quelle di Monnet, intendevano la cooperazione europea solo come un mezzo

per rilanciare la potenza francese nel continente e nel mondo.

Dato lo spirito con cui la strategia comunitaria era stata adottata dai Sei (compresa la

Francia della Quarta repubblica), il ritorno del nazionalismo preoccupava enormemente sia

per l’approccio che la Francia avrebbe avuto da quel momento in poi nelle Comunità, che

per l’influenza politica che un paese come quello non poteva non esercitare sugli altri. In

particolare, il ritorno al potere di De Gaulle era vista come una soluzione ‹‹ catastrofica per

l’avvenire perché basata su di un nazionalismo oltranzista, militarista, orgoglioso,

presuntuoso nel credersi ed affermarsi padrone della sua sorte››135, che inevitabilmente

avrebbe spinto la Francia all’autarchia e influenzato le altre nazioni europee a fare lo

stesso. Ossia, tornare a chiudersi in sé stesse e porsi in contrapposizione prima sul fronte

economico, e poi su quello militare.

Secondo i suoi oppositori, le conseguenze della politica gollista furono

essenzialmente due: la prima, una volta rotta l’armonia e l’accordo tra i Sei, fu quella di

spingere gli Stati verso la riedizione di quel ‹‹gioco politico delle alleanze, delle

controalleanze, dei ricatti, dei boicottaggi, delle ripicche›› che nei secoli tanto male aveva

135 F. SÉRUSCLAT, Il pericolo De Gaulle, ‹‹Popolo europeo››, anno I, n°5, maggio 1958, p.4

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Page 75: De Gaulle e l'Europa

provocato all’Europa e particolarmente ai suoi devastati popoli; la seconda che,

contrariamente ai suoi disegni, la politica del Generale stava accentuando l’egemonia

americana sull’Europa, perché ‹‹in assenza di un’autorità politica europea, la sola autorità

sopranazionale esistente era quella americana, alla quale ci si rivolgeva perché offriva

maggiori garanzie di sicurezza e di pace››136. Ora, se era pur vero che, in mancanza di un

governo federale con legittima autorità su tutta l’Europa dei Sei, sarebbe stato opportuno

che si colmasse il vuoto politico generato dal carattere tecnocratico e burocratico delle

Comunità, la pretesa francese di adempiere a tale opera non poteva essere condivisa per

l’assenza presso la Francia dei requisiti necessari per tenere unita l’Europa, la ragione di

ciò essendo il fatto che nessuno Stato europeo avrebbe accettato ‹‹ in una confederazione la

leadership francese, perché la guerra d’Algeria e la decomposizione crescente delle

istituzioni e del costume democratico le hanno tolto qualsiasi prestigio morale››137.

In particolare, furono i membri del Movimento federalista europeo, per la loro

tradizione politica democratica, a vedere nel nazionalismo e nelle sue tendenza autoritarie

il principale ostacolo a fare della Francia la guida dell’Europa unita138 e a smascherare –

proprio loro che erano accusati da De Gaulle di propagandare una nuova cattiva ideologia

– il carattere a sua volta ideologico della visione gollista139. Secondo i federalisti i progetti

di De Gaulle non potevano essere credibili per la semplice ragione che questi non potevano

avere un carattere democratico e popolare, coerentemente con l’ordinamento politico della

Quinta repubblica: infatti, se è vero che vi è contraddizione tra gli esecutivi forti e la

136 A. CABELLA in La truffa dell’Europa delle Patrie, ‹‹Popolo Europeo››, anno V, n°4, aprile 1962, p.1137 A. SPINELLI in Le proposte di De Gaulle, ‹‹Popolo europeo››, anno III, n°10, ottobre 1960, p.1-2138 A. CABELLA , cit.139 Per avere un’idea di come l’ideologia nazionale di De Gaulle era denunciata: ibid. ‹‹ Che poi questa concezione di entità nazionali pure, assolute, intangibili, sia frutto di una ideologia romantica ottocentesca, quella appunto della nazione come figurazione metafisica animistica che si è sovrapposta alla concezione democratica ed illuministica dello stato costituzionale, questo de Gaulle non lo sospetta, o non lo interessa perché nella Nazione francese lui crede, e crede in sé come sacerdote della Patria. […] l’ideologismo nefasto è per De Gaulle l’europeismo, in quanto produce l’idea di un’organizzazione statale europea sopranazionale, un’entità puramente tecnocratica, burocratica e anonima, di una economicità priva di eticità e spiritualità ››

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Page 76: De Gaulle e l'Europa

democrazia, i progetti di De Gaulle sottendevano l’auspicio che l’Europa si uniformasse e

si modellasse sulle strutture sempre meno democratiche e autoritarie francesi, con la

concentrazione delle supreme decisioni prese al vertice nelle mani pochi uomini investiti di

tutto il potere140.

Nonostante ciò, parve che a De Gaulle stesse riuscendo di fare l’Europa

confederale, a dimostrazione di come tra i paesi europei il vento del nazionalismo fosse

tornato a soffiare pericolosamente. De Gaulle ebbe buon gioco nell’apparire lo strenuo

difensore della causa europea, perché si mostrava abile nel nascondere il suo atteggiamento

profondamente ‹‹nazionalista, antieuropeo ed egemonico›› sotto una maschera europeistica

che si presentava esteriormente coi connotati della gradualità, del realismo, della difesa

della Comunità a Sei, ma che, in verità, celava il disegno di soffocare l’Europa con una

unione politica fatta di consultazione periodiche fra i capi di Stato e di governo e

istituzionalizzata in una segreteria permanente, nonché di legarne l’economia ad una

visione chiusa e conservatrice141. Sfruttando questa abilità, De Gaulle poté affermare di

avversare l’ingresso della Gran Bretagna per il rischio che la sua presenza dissolvesse la

Comunità originaria ed i suoi consolidati equilibri, piegandone al contempo le strutture

fino a renderla nient’altro che una zona di libero scambio. Così, pur volendo soltanto

tutelare la posizione e gli interessi della Francia, De Gaulle poteva presentarsi e farsi

scambiare per il custode dei trattati di Roma del 1957.

Quei trattati, però, erano completamente snaturati. Data l’inconsistenza giuridica

del principio della sopranazionalità, solo la buona volontà e la fiducia reciproca dei governi

avrebbero potuto preservare quanto fatto e incoraggiato quanto ancora da fare: De Gaulle

minò questa fiducia ed impose, obbligando la Commissione alla “sincronizzazione”, il

ritorno della logica per cui ogni concessione tra gli Stati dovesse essere coperta da vantaggi

140 Cfr. M. ALBERTINI, A. CHITI BATELLI, G. PETRILLI, op.cit, p 286 141 Cfr. M. ALBERTINI, A. CHITI BATELLI, G. PETRILLI, op.cit., p.288

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Page 77: De Gaulle e l'Europa

reciproci. De Gaulle, da parte sua, applicò questa pratica negoziale di ritorno ricorrendo

sempre più frequentemente agli strumenti più spregiudicati: con il ricatto e l’ultimatum ha

imposto il suo punto di vista con metodi presi dalla politica di potenza. De Gaulle veniva

accusato di far leva sullo spirito europeo e comunitario per, infine, ucciderlo con il

nazionalismo, una volta liberato quest’ultimo da quella sorta di “vaso di Pandora” in cui

era stato celato.

La sua azione politica di tutela ad oltranza della sovranità e dell’indipendenza della

Francia infliggeva continuamente colpi al processo d’unificazione europea, direttamente ed

indirettamente, cioè sia mediante il logoramento delle istituzioni comunitarie dal loro

interno, che influenzando negativamente le richieste ed i comportamenti dei cinque

partners, oramai anche loro votati alla difesa delle proprie ragioni politiche, economiche e

di sicurezza, oltre al fatto che dubbi si sollevavano sui futuri progressi dell’integrazione

europea, visto che era chiaro come il suo disegno fosse di usare le Comunità per fare della

Francia una potenza atomica e far divenire l’Europa un’economia chiusa e protezionistica,

tale da richiamare alla mente finanche Napoleone ed il suo blocco continentale142.

2. Le critiche al piano Fouchet

In riferimento alla questione delle istituzioni e della cooperazione politica, il

giudizio su De Gaulle già allora si mostrava meno severo, soprattutto perché,

contrariamente a quanto avveniva a proposito del suo ideale nazionale, su questo

argomento fu possibile scorgere una certa e comunque non superficiale sensibilità verso i

problemi organizzativi dell’Europa. Anzi, considerato che i federalisti hanno costituito una

voce nel deserto fin dall’inizio della storia dell’europeismo, è da ammettere che De Gaulle

ebbe quanto meno il merito di proporre un piano organico, un modello possibile di Europa

politica. 142 Cfr. anonimo, Spirito comunitario e nazionalismo, ‹‹Popolo europeo››, anno VI, n°4, aprile 1963, p.3

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Page 78: De Gaulle e l'Europa

Spinelli in persona ha potuto apprezzare come le proposte del generale De Gaulle

sull’organizzazione dell’Europa avessero talune notevoli qualità: in primo luogo, esse

furono il tentativo di rispondere al problema reale dell’assenza di unità; in secondo luogo,

si connotarono per una notevole coerenza logica143. Ora, mentre la prima è piuttosto

scontata, la seconda merita un po’ d’attenzione. La coerenza di De Gaulle è nel fatto che la

sua proposta di confederazione è del tutto in linea con l’ambizione egemonica della

Francia, giacché, mentre una federazione toglie agli stati membri la loro sovranità e ‹‹li

riduce a organi amministrativi e non può funzionare che nella misura in cui trasferisce certi

loro poteri ad un governo federale››, una confederazione riconosce la sovranità dei suoi

membri e riesce perciò a tenerli uniti solo se uno di essi possiede una certa preponderanza ,

incontestata ed incontestabile sugli altri. Una confederazione che non abbia nel suo seno

una potenza leader è votata all’impotenza e al fallimento:

Se la Francia potesse realmente essere la potenza predominante dell’Europa

occidentale, si potrebbe deplorare l’abbandono del cammino delle istituzioni

federali, ma si dovrebbe riconoscere che la formula confederale sarebbe

vitale144

Confermata la correttezza delle questioni sollevate dal Presidente, Spinelli, però,

condannò l’Europa che sarebbe scaturita dal piano Fouchet, definita ‹‹una ridicola assise di

capi di governo››145. Il piano Fouchet rifletteva bene la concezione confederale dell’unità

europea propria del Generale: non mirava alla fusione degli Stati, ma all’affermazione

della supremazia del momento politico e dell’analisi globale dei problemi del Continente

contro ogni forma di sopranazionalità e di delega di poteri decisionali ad organi settoriali e

tecnici; inoltre, estendendosi anche alla materia culturale, pur in una prospettiva

143 A. SPINELLI Le proposte di De Gaulle, cit.144 Ibid.145 A. SPINELLI, Adenaeur, De Gaulle e la democrazia europea, in Popolo europeo, anno V, n°5, ottobre 1962, p.1 e 5

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Page 79: De Gaulle e l'Europa

progressiva e necessariamente non breve, il piano voleva raggiungere l’obiettivo di “far

apprendere” ai popoli europei i modi della convivenza pacifica e fruttuosa.

Il progetto, però, per i suoi oppositori non rispondeva affatto alle necessità

dell’Europa, specialmente nella sua seconda versione, tanto per la mancanza di una

prospettiva integrazionista - data la cancellazione della clausola, presente in quella

originaria, per la quale alla fine dei tre anni il trattato sarebbe stato modificabile per

stabilire nuove e più approfondite forme di cooperazione – quanto perché estendeva le

competenze del Consiglio – organo decisamente intergovernativo nel quale le decisioni

sarebbero state prese all’unanimità – anche alle questione economiche, omettendosi

qualunque riferimento all’esistenza della CEE e, conseguentemente, alla sopranazionalità e

al voto maggioritario. Infine, perché instaurava tra le due sponde dell’Atlantico un

potenziale ed inopportuno conflitto. Tuttavia, non si escludeva che, per la incapacità della

classe politica europea di avere una visione democratica e per la sua mancanza di

consapevolezza del problema europeo, la concezione di De Gaulle infine avrebbe

trionfato146.

Possono farsi almeno cinque critiche al piano Fouchet. Innanzitutto, esso tendeva

da subito a cristallizzare l’unione, riducendola ad una semplice giustapposizione di Stati

sovrani e rifiutandone, anche in un futuro remoto, un’evoluzione in senso federale.

Un’altra critica era che il piano non prendeva in una qualche degna considerazione la

funzione della rappresentanza parlamentare europea, funzione che, invece, gli altri membri

ritenevano necessaria. Il vero problema non era tanto avere l’elezione a suffragio diretto

dei membri dell’assemblea, fermo che tali elezioni avrebbero potuto avere una grande

importanza per propagandare l’idea europea nei Sei. Il fatto di essere chiamati ad eleggere

dei deputati al parlamento europeo avrebbe certamente portato la massa degli elettori a

rendersi conto che l’idea di Europa non era qualche cosa di astratto, ma una realtà

146 Ibid.

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Page 80: De Gaulle e l'Europa

concreta. Il problema reale era, però, quello dei poteri. Se questi non fossero stati effettivi,

il suo peso negli affari europei non sarebbe stato molto importante147. Già durante la crisi

della sedia vuota, De Gaulle aveva obiettato che senza un vero governo europeo non

poteva esservi un parlamento propriamente detto: ‹‹d’altra parte, come si poteva pensare

che il governo francese, che a casa sua aveva ridotto a ben poca cosa i poteri del proprio

parlamento, consentisse a rafforzare l’autorità di un parlamento europeo, su cui fra l’altro

non avrebbe avuto nessun controllo? ››148

La terza critica riguardava il fatto che il piano Fouchet spostava il cuore delle

istituzioni europee dagli organi sopranazionali al Consiglio, organo, al contrario,

decisamente intergovernativo. La conseguenza di tale fatto sarebbe stato che nessuna

decisione sarebbe stata presa se non all’unanimità e questo, inevitabilmente, avrebbe reso

molto difficile addivenire a soluzioni condivise sui problemi comuni. Effettivamente, però,

‹‹piano Fouchet o no, la decisione suprema restava sempre nelle mani dei governi›› 149.

Così, la quarta obbiezione non poteva che contestare il fatto che il piano Fouchet,

offrendo soltanto un sistema di procedure per consentire o promuovere la discussione sui

due punti cruciali dell’unione - la politica estera e la politica di difesa – non assicurava

meccanismi decisionali adeguati all’interno della stessa, in tal modo costringendo gli Stati

a trovare da sé e per sé, quindi al di fuori dell’unione, le soluzioni specifiche ai singoli

problemi. In tal modo, forte del peso del suo regime e del suo armamento atomico, la

Francia sarebbe stata in tale unione ‹‹più uguale degli altri ed avrebbe esercitato di fatto

un’influenza egemonica sugli altri cinque, in concorrenza ed in alternativa agli Stati

Uniti››150.

147 M. ALBERTINI, A. CHITI BATELLI, G. PETRILLI, op.cit, p.288.148 P. QUARONI, op.cit,,p.124149 ivi, p.122150 M. ALBERTINI, A. CHITI BATELLI, G. PETRILLI, op.cit., p.288. Questa critica è comune a più autori, per esempio è presente in J.P. GOUZY, De Gaulle, il piano e la bomba, in Popolo europeo, anno VI, n°4, aprile 1963, p.1: ‹‹L’Europa degli uomini di stato che ragionano in termini nazionali, sufficientemente abili nel manovrare nell’ambito delle alleanze, la celebrazione delle solidarietà equilibrate, delle amicizie concertate, l’esaltazione della potenza nazionale: questa è la visione politica di De Gaulle››. Può vedersi

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Page 81: De Gaulle e l'Europa

3. I giudizi sull’indipendenza “à la De Gaulle”

La quinta critica al piano Fouchet, connessa con la seconda conseguenza della

politica gollista di cui si diceva poc’anzi, riguarda la questione dei rapporti con gli Stati

Uniti e, quindi, l’indipendenza dell’Europa. Nella politica gollista tale questione passava

necessariamente attraverso la NATO.

Che l’Europa avesse bisogno di darsi una posizione autonoma e responsabile nei

confronti del mondo – in particolare nei confronti degli Stati Uniti – che la facesse uscire

dallo stato di puro satellite atlantico, appariva evidente a tutti. Nondimeno, questo avrebbe

dovuto realizzarsi non già col rafforzamento della sovranità nazionale e col recupero della

libertà d’azione dei singoli Stati, bensì attraverso la creazione della federazione europea.

Innanzitutto, questa avrebbe dovuto pensare a rafforzare al suo interno il regime

democratico e solo in seguito, e non per una velleità di irrazionale e pretenzioso

nazionalismo europeo, avrebbe potuto non solo darsi una propria politica estera e militare

ed un proprio esercito, ma anche dotarsi di un proprio credibile armamento nucleare, dato

che una potenza come la federazione europea non potrebbe precludersi in avvenire il diritto

di darsi un proprio armamento atomico151. Il progetto della force de frappe francese era

giudicato più formale che sostanziale e connesso ai rischi di disseminazione indiscriminata

delle armi nucleari e di indebolimento della solidarietà atlantica. Fin quando non sarà

davvero unita, quindi, l’Europa non potrà fare a meno dell’Alleanza Atlantica e

dell’integrazione, tanto più che a garantire che gli americani difenderanno l’Europa in caso

d’aggressione sovietica saranno ‹‹alcune centinaia di migliaia dei suoi soldati schierati

sulla prima linea di difesa delle frontiere dell’Europa››152.

anche P.QUARONI, op.cit., p.128, p.1151 Cfr. M. ALBERTINI, A. CHITI BATELLI, G. PETRILLI, op.cit, 294-295152 P. QUARONI, op.cit., p126

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Page 82: De Gaulle e l'Europa

La Francia, invece, malgrado il da farsi di De Gaulle, non rappresentava

un’alternativa credibile agli occhi degli altri cinque153. De Gaulle avrebbe voluto creare

un’Europa indipendente rigettando l’integrazione delle forze armate e la tutela americana,

considerati nocivi per la sopravvivenza della Francia, esattamente nello stesso modo in cui

i suoi partners, invece, consideravano tali due fattori essenziali alla loro sopravvivenza.

Nell’idea di Europa “europea” l’arma atomica era necessaria, ma era implicito che essa

dovesse essere solo francese. De Gaulle avrebbe voluto, in pratica, che la politica estera

dell’Europa si conformasse alla sua personale concezione dei rapporti internazionali, col

risultato che questa politica estera europea si sarebbe realizzata ‹‹soltanto previa

accettazione integrale delle tesi francesi››154.

Se il progetto di un’Europa “europea”, per quanto evocativa, per gli oppositori di

De Gaulle doveva intendersi come un’Europa “francese”, non diversa fu la sorte dell’idea

dell’Europa “dall’Atlantico agli Urali”. La realizzazione di questo progetto, il quale

similmente che il precedente non comportava alcuna organizzazione federale degli Stati

compresi tra questi due limiti naturali, presupponeva due elementi: che le nazioni dell’Est

europeo fossero liberate dall’ideologia comunista e dall’influenza russa; che l’espansione

sovietica, sia sotto il profilo ideologico che militare, si arrestasse in modo definitivo. Con

la morte di Stalin, De Gaulle s’era talmente fatto convinto dell’imminenza del crollo del

comunismo che, tra il biasimo degli altri membri dell’Europa comunitaria e dell’Alleanza

Atlantica, pensava di poter da sé fissare la rotta della politica mondiale di distensione, cioè

anche contro il parere dei suoi alleati, in particolare quelli europei. Ora, se è vero che uno

dei futuri possibili compiti che la federazione europea dovrà darsi sarà il “recupero” dei

paesi dell’Est, nel presente e invocando per sé e per la Francia libertà di movimento, De

Gaulle non poteva che mettere a repentaglio la sicurezza dell’Europa facendo il gioco dei

sovietici, perché se era vero che l’Unione Sovietica voleva evitare il conflitto con gli Stati 153 ivi, p. 175154 ivi p.128

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Page 83: De Gaulle e l'Europa

Uniti, lo era altrettanto il fatto che non aveva alcuna intenzione di allentare, sia pur di

poco, i vincoli che imponeva alle nazioni vicine. L’URSS voleva certamente che il sistema

atlantico si disgregasse e a tal fine vedeva di buon occhio la politica di De Gaulle quando

questi bloccava qualsiasi sviluppo dell’organizzazione europea e prendeva le distanze dagli

Stati Uniti; accoglieva, però, freddamente i suoi sforzi nell’esortare alcuni paesi dell’Est a

deviare un poco fuori dall’orbita sovietica155. Stabilire un equilibrio tra la Francia e

l’Unione Sovietica – entrambe dotate di armi atomiche – in un’Europa senza forze più

americane, sarebbe stato forse la realizzazione di quell’ idea di Europa “dall’Atlantico agli

Urali”; tuttavia, lecito era chiedersi se non sarebbero stati più probabilmente i Soviet sino

all’Atlantico156.

4. I giudizi quanto meno non negativi di oggi

È naturale che il trascorrere del tempo permetta la riconsiderazione a mente fredda

degli eventi remoti, cioè, di vederli senza la fisiologica interferenza del coinvolgimento

indotto dalla contemporaneità. Sulla base di tale considerazione, si può spiegare perché

oggi, venuto meno il confronto tra due sistemi ideologici e, conseguentemente, molte delle

ipocrisie “statali” del passato, l’azione del Generale in favore dell’Europa è stata

riconsiderata in senso quanto meno non negativo. Non manca chi sostiene che, malgrado il

nazionalismo, il suo progetto di cooperazione politica fosse più avanzato di quello dei

sostenitori del Mercato comune157. Col senno del poi, né possiamo dire che De Gaulle – lo

abbiamo argomentato – sia stato un fanatico nazionalista militarista, e nemmeno che la sua

155 Cfr. J. SOUSTELLE, op. cit., p. 321.156 Cfr. M. ALBERTINI, A. CHITI BATELLI, G. PETRILLI, op.cit., p 323157 In L. LEVI – U. MORELLI, op.cit, p.148 troviamo scritto quanto segue: ‹‹De Gaulle era un nazionalista. Sosteneva i primato e l’ineliminabilità delle realtà nazionali. Tuttavia, siccome viveva nell’epoca della crisi dello Stato nazionale, (il corsivo è nostro) era diventato europeista […] con il suo piano De Gaulle proponeva comunque un approfondimento dell’integrazione europea e si poneva su un terreno più avanzato dei sostenitori del Mercato comune››

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Page 84: De Gaulle e l'Europa

associazione di Stati potesse segnare la dissoluzione dell’Europa – anche se sicuramente

non possiamo cosa sarebbe stata nel concreto tale associazione.

Malgrado il suo nazionalismo, non appare impossibile che il Generale abbia potuto

avere una certa condivisile concezione dell’Europa: un’Europa confederale con una guida

politica propria che estendesse le sue competenze anche all’ambito economico – quello

delle Comunità sopranazionali – oltre che a quello militare e culturale. Inoltre, nonostante

gli evidenti limiti dello strumento, è possibile giudicare positivamente la proposta gollista

del referendum europeo che, più volte ribadita, doveva far aderire le masse popolari alla

costruzione europea e legittimarla158; così come possono apprezzarsi le critiche rivolte agli

organi delle Comunità che, nonostante il loro carattere tecnico e l’assenza di legittimità

democratica, tendevano a considerarsi, seppure in forma embrionale, il governo

dell’Europa.

Oltre che per le questioni inerenti le istituzioni, l’azione di De Gaulle è giudicata

quanto meno non negativa perché, se è vero ch’essa fu orientata a preservare e promuovere

gli interessi francesi, in effetti fu questa azione che difese e favorì l’integrazione europea,

che mise un punto fermo sulla riconciliazione con la Germania – elemento, quest’ultimo,

tanto fondamentale per De Gaulle da essere stato reso ufficiale ed istituzionale con il

trattato franco-tedesco del 1963 – che diede un impulso decisivo all’istituzione del Mercato

comune e che, infine, difese la stabilità e gli equilibri raggiunti dai Sei con il veto

all’Inghilterra, rea di non aver ancora operato una scelta definitiva e chiara per l’Europa e

la sua emancipazione dagli Stati Uniti159. Anche sul fronte dell’indipendenza dell’Europa

la politica di De Gaulle appare oggi degna di considerazione perché rispondente agli

interessi dell’Europa, in quanto è evidente che l’unità politica europea era ed è la sola

alternativa all’atlantismo e che in assenza di un governo federale, ‹‹era inevitabile che la

158 Cfr. ibid.159 Cfr. S. PISTONE, I movimenti per l’unità europea, Università di Pavia, 1996, p.12

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Page 85: De Gaulle e l'Europa

Francia, lo Stato più libero e forte, svolgesse un ruolo di potenza guida››160. Stando così le

cose, è forse corretto vedere la ripresa del nazionalismo che si manifestò in quegli anni, in

Francia e negli altri paesi europei, come ‹‹una malattia di crescita dell’europeismo›› 161.

Ovviamente i fatti rimangono più che le parole: così, non vi è dubbio che

concretamente De Gaulle bloccò qualunque sviluppo istituzionale di tipo sopranazionale –

l’unico al quale i suoi partners erano disposti – impedendo l’elezione diretta

dell’Assemblea parlamentare, il passaggio a un bilancio comunitario alimentato da risorse

proprie e al voto a maggioranza in seno al Consiglio dei ministri e perseguendo altresì con

successo l’indebolimento del ruolo delle Commissioni europee. I fatti, però, dicono pure

che i suoi avversari non proposero nulla d’alternativo e di credibile; e quando ciò avvenne,

scatenando la “crisi della sedia vuota”, paradossalmente fu proprio De Gaulle che riuscì a

trarne maggior vantaggio, imponendo il suo punto di vista con l’accordo del Lussemburgo.

5. De Gaulle non aveva tutti i torti

Tenendo conto che ‹‹gli europeisti di stretta osservanza continuavano a non vedere

con grande favore l’ingresso dell’Inghilterra nel Mercato Comune››162, si può ritenere la

vicenda del veto all’Inghilterra emblematica di quanto le “distruttive” tesi golliste, per

quanto apparissero le bordate antieuropeistiche di un nazionalista, fossero testimonianza di

una notevole sensibilità di De Gaulle per i problemi dell’Europa e di come potessero

coincidere, in fondo, con le critiche che anche i federalisti inviavano allo stesso indirizzo.

De Gaulle fu in buona compagnia nel denunciare la sopranazionalità.

Innanzitutto, si può rilevare che al termine “sopranazionale”, termine coniato da

Robert Schuman nel 1950, non corrispondesse alcun valore giuridico, volendo, il termine,

soltanto indicare la “posizione” delle istituzioni comunitarie rispetto agli Stati. Chiarito che

160 ibid161 L. LEVI – U. MORELLI, op.cit, p.116162 P. QUARONI, op.cit., p. 99

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Page 86: De Gaulle e l'Europa

la sopranazionalità non poteva essere invocata come un principio giuridico su cui costruire

l’Europa, tale considerazione sarebbe stata di per sé sufficiente a screditare l’intera

organizzazione dell’integrazione europea in un sol colpo163. Essendo, poi, il difetto delle

Comunità europee ‹‹detto paradossalmente in una sola parola [era ed è, come si è già

accennato] quello di non essere affatto sovrannazionali››164 trovava fondamento anche

l’argomentazione di De Gaulle secondo cui queste fossero il frutto e, al contempo, mezzi di

propaganda165. Il centro della decisione politica, di fatti, non poteva essere la

Commissione, ma il Consiglio dei Ministri, che a norma dei trattati assumeva le decisioni

all’unanimità (almeno fino alla conclusione della seconda fase d’attuazione dei trattati); e

poiché l’applicazione delle decisioni sarebbe sempre spettata solo agli Stati, anche il voto a

maggioranza avrebbe potuto non significare molto:

Ogni paese, si tratti della Germania o del Lussemburgo, ha dunque il diritto

di veto. E non è una questione puramente teorica […] è molto dubbio se, e

fino a che punto, sia possibile obbligare un Paese sovrano ad accettare una

decisione contraria ai suoi interessi, veri o presunti, solo perché la

maggioranza degli altri vuole così […] Qualsiasi cosa sia stata scritta nei

trattati, non esistono mezzi effettivi per imporre a uno Stato che non intenda

accettarle, delle decisioni prese dagli altri, seppure a maggioranza166

Ora, poiché l’Europa sopranazionale non era (e non è) che un modo, in fin dei

conti, per mascherare il riaffermarsi degli Stati nazionali e dei loro interessi167, nessuna

Commissione potendo qualificarsi come un esecutivo europeo ed il cosiddetto Parlamento

non essendo altro che un’assemblea consultiva, si veniva a dimostrare che, in fondo, De

163 P. FOSSI, Charles de Gaulle o la fede nello Spirito, Milano, Marzorati editore, 1973, p.239 (in nota) racconta l’episodio come segue: ‹‹ (Davanti all’Assemblea Nazionale, il 25 luglio 1950) Egli diceva: “L’essenziale è di creare l’autorità sopranazionale che sia espressione della solidarietà fra i paesi e alla quale sarà conferita una parcella dei poteri di ciascuno di questi paesi”[…] è stato questo errore di dottrina politica, errore involontario e fatto con le migliori intenzioni, che ha sviato e condotto in un vicolo cieco l’azione per la unificazione europea. In esso si sono gettati gran parte degli uomini politici europei, in buona e meno candida fede ›› 164 M. ALBERTINI, A. CHITI BATELLI, G. PETRILLI, op. cit., p.255165 Cfr. ivi, 259166 P. QUARONI, op.cit., p.120167 Ibid.

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Page 87: De Gaulle e l'Europa

Gaulle avesse torto solo nella fase construens del suo discorso (in realtà non è poco!),

fermo che quella destruens fosse comunque condivisile.

Invero, i federalisti non negavano che l’Europa potesse dotarsi di un arsenale

atomico, che potesse recitare un ruolo, in futuro, di grande e ritrovata potenza mondiale in

grado di competere, su tutti i fronti, con Stati Uniti ed Unione Sovietica168. Inoltre, ( a

modo di riepilogo) essi sostenevano che l’integrazione settoriale non rispondesse

esaurientemente agli interessi e alle aspirazioni europee, che gli esecutivi delle comunità

non avessero le caratteristiche tecniche e di legittimità per ergersi a governo europeo, che

l’assemblea parlamentare non fosse un vero parlamento, che la sopranazionalità fosse un

principio privo di contenuto giuridico, che le istituzioni comunitarie arretrassero per

necessità quando i governi nazionali tenevano troppo ai loro interessi. In breve, essi non

negavano che quelle che De Gaulle considerava delle finzioni, dei miti, delle chimere

fossero davvero tali169. Per loro, il Mercato Comune era senz’altro un’esperienza positiva

per l’Europa, sia sul piano dell’integrazione e dello sviluppo economico che su quello

dello spirito della cooperazione sopranazionale. Questo, però, non poteva considerarsi la

forma definitiva dell’Europa, anche per la sua evidente debolezza di fronte alla visione

dell’Europa delle Patrie di De Gaulle. A quest’ultimo progetto andava necessariamente

contrapposto un modello davvero europeo, avanzato e democratico. De Gaulle, in fondo,

non aveva fatto altro che toccare il punto debole della costruzione sopranazionale, ossia

che, fino a quando gli Stati avranno la volontà di applicare i trattati, questi funzioneranno;

ma nel momento in cui la congiuntura economica cambierà, se lo sviluppo del Mercato

comune lederà un paese o qualche gruppo politicamente rilevante al suo interno, potendo

giungere alla conclusione che per loro è più conveniente sottrarsi agli impegni assunti,

questi Stati faranno andare la Comunità in pezzi. Essi, però, negavano che la risposta di

168 Sull’argomento può vedersi M. ALBERTINI, A. CHITI BATELLI, G. PETRILLI, op.cit, 294-295169 Sulle debolezze istituzionali delle Comunità: A. CABELLA, cit ; A. SPINELLI, Le proposte di De Gaulle, cit.; G. MAMMARELLA, P. CACACE, op.cit, p.100

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Page 88: De Gaulle e l'Europa

De Gaulle fosse adeguata, perché la loro opinione era che lo Stato nazionale avesse

esaurito la sua funzione storica.

Quando sollevò la domanda di chi sarebbe stato il “federatore” dell’Europa, De

Gaulle pose una domanda corretta, sì, ma rispose “male” perché vedeva solo gli Stati

nazionali170. Eppure, egli era ben consapevole che più che un “federatore” in carne ed

ossa, all’Europa sarebbe servita un’ispirazione ‹‹un principio ideale animatore, una

missione in cui credere, una ragione comune d’esistenza››171.. Solo che egli pensava di

poterlo trovare ricreando in Europa una sorta di atmosfera romantica, deteriore per

necessità, ma pur sempre animata da uno slancio dello Spirito e non dalla mediocrità

affaristica borghese.

CONCLUSIONI

Benché dalla fine della guerra De Gaulle avesse parlato molto anche d’Europa, sul

tema della sua unità egli uscì dall’ambiguità solo negli anni Sessanta. Prima del suo

ritorno al potere, nella sua condizione di semplice generale in pensione, aveva, sì, espresso

l’opinione per cui quest’unità europea aveva da farsi non per fusione degli Stati, ma nel

rispetto delle loro sovranità; tuttavia, abbiamo visto come egli parlasse anche di

federazione e accennasse a possibili deleghe di sovranità. Fu tornando al potere, posto di

fronte alle Comunità e alla necessità di far si che la Francia fosse grande nel mondo, che,

mediante la sua condotta politica, De Gaulle chiarì la sua visione sull’Europa, spiegando

cosa accettasse di quella integrazione a Sei e cosa, invece, rifiutasse. Nel voler chiarire in

modo definitivo quale fosse la sua idea dell’Europa, però, ci si accorge presto che tale

visione va desunta da tutti i rifiuti che De Gaulle oppose alle Comunità.

170 Cfr. A. SPINELLI, Adenaeur, De Gaulle e la democrazia europea,cit.171 A. CABELLA , cit.

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Page 89: De Gaulle e l'Europa

Innanzitutto, riconosciuto come essenziale che l’Europa sia unita, per De Gaulle è

indispensabile che essa si fondi su qualcosa di reale, come sono gli Stati. L’Europa

sopranazionale, invece, s’illude di mettere insieme popoli diversi, senza tener conto delle

loro differenze di storia, di lingua, di genio ed altro ancora. Evidentemente, solo gli Stati

sono le realtà su cui può farsi l’Europa, perché solo gli Stati sono le entità che hanno il

diritto e l’autorità d’agire in nome e per conto dei popoli: pensare che si possa costruire

qualcosa al di sopra dello Stato, che abbia la capacità di decidere e di applicare le

decisioni prese, è una chimère. Solo lo Stato incarna lo Spirito di un popolo e solo al suo

interno possono esistere la politica e la legittimità172.

Sul piano istituzionale, il rifiuto di De Gaulle del sistema delle Comunità è netto,

poiché tale sistema tradisce i principi della cultura politica europea: le Commissioni (gli

“esecutivi”) si proclamano indipendenti, ma i loro membri sono nominati e pagati dagli

Stati, non hanno alcun legame con i popoli e non vi rispondono del loro operato;

l’Assemblea riunisce membri cooptati dai parlamenti nazionali a cui nessuno, però, ha mai

conferito un mandato europeo. Per il fatto di configurare un governo di tecnocrati, vale a

dire un governo senza responsabilità politica e legittimato solo dalla competenza tecnica,

queste istituzioni hanno la tendenza ad annullare la democrazia perché, oltre tutto,

svuotano progressivamente di prerogative i governi nazionali, rendendo in tal modo

illusoria la sovranità popolare anche dentro gli Stati. Questo “furto” della sovranità

nazionale si completa con la previsione del voto a maggioranza in seno al Consiglio,

saggiamente evitato con l’accordo del Lussemburgo173, che ha l’effetto di costringere uno

172 Sull’argomento possono consultarsi i seguenti documenti : Conferenza stampa del 5 settembre 1960 ; Conferenza stampa del 23 luglio 1964 ; Seconda intervista radio e teletrasmessa con Michel Droit, 14 dicembre 1965. Tutti sono disponibili in Discours et messages, cit.173 L’articolo 1 del compromesso di Lussemburgo, che chiuse la “crisi della sedia vuota”, sanciva quanto segue: ‹‹ Quando, nel caso di decisioni che possono essere prese a maggioranza su proposta della Commissione, sono in gioco interessi molto importanti di uno o più partners, i membri del Consiglio si adopreranno a trovare, in un ragionevole lasso di tempo, soluzioni che possano essere adottate da tutti i membri del Consiglio, nel rispetto dei loro interessi e di quelli della Comunità, conformemente all’art. 2 del Trattato›› L’articolo 2 proseguiva così: ‹‹Per quanto riguarda il paragrafo precedente, la delegazione francese ritiene che, quando si tratta di interessi molto

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Page 90: De Gaulle e l'Europa

Stato ad accettare le decisioni altrui e che impedisce, mediante lunghi ma ragionevoli

negoziati, che si possa giungere ad assumere decisioni condivise ed eque174. Il voto a

maggioranza è semplicemente impraticabile, perché ‹‹il n’y a pas moyen, à l’heure qui est,

de faire en sorte qu’une majorité étrangère puisse contraindre des nations

récalcitrantes››175. Dunque, piuttosto che farla, il voto a maggioranza rischia di romperla

l’Europa. La regola delle decisioni deve essere indiscutibilemente l’unanimità. L’unica

soluzione alternativa ad un ‹‹aréopage technocratique, apatride et irresponsabile›› è dunque

la confederazione176. La sopranazionalità, oltre tutto, è un principio illusorio perché, gli

esecutivi comunitari si dimostrano del tutto incapaci di decidere sulle questioni più

importanti, in occasioni delle quali, è il tradizionale lavoro della diplomazia a consentire di

giungere a conclusione177.

È andando oltre i fatti organizzativi, però, che troviamo finalmente una concezione

“positiva”, ossia affermata senza contrapporsi a qualcuno. Più che un’opinione, però, è un

sentimento. De Gaulle ritiene che l’Europa sia soprattutto un’unica grande civiltà che si

fonda su di ‹‹une comune maniére di vivre, un meme droit des gens›› e che ha dominato il

mondo ‹‹par sa richesse, sa puissance, son rayonnement››178; che, dopo l’infatuazione

ideologica e i drammatici recenti eventi bellici, deve ricostituirsi ‹‹unie par l’esprit de

liberté et de réelle démocratie, groupée en vue du progrés économique, social et culturel

commun››179. Finanche i più grandi letterati, per De Gaulle, appartengono al patrimonio

importanti, la discussione dovrà essere proseguita sino al raggiungimento di un accordo unanime››. La fonte è L. LEVI, U. MORELLI, op.cit, p.162174 Cfr. Conferenza stampa all’Eliseo, 21 febbraio 1966, Discours et messages, cit.175 Conferenza stampa all’Eliseo, 15 maggio 1962, cit.176 Cfr. Conferenza stampa del 9 settembre 1965, in Discours et messages, cit.177 La preponderanza dei governi nazionali nel procedimento decisionale comunitario è ben espressa in C. DE GAULLE, Mémoires d’espoir,cit., p.145 ‹‹Ainsi doit-on remarquer que les soi-disant « exécutifs » installé à la tête des organismes communes en vertu des illusions d’intégration qui sévissaient avant mon retour, se trouvent impuissants dés lors qu’il faut trancher et imposer, que seuls les Gouvernements sont en mesure de le faire et qu’eux-mêmes n’y parviennent qu’au prix de négociations en bonne et due forme entre ministres ou ambassadeurs›› 178 Discorso pronunciato a Strasburgo, 7 aprile 1947 in Discours et messages, cit. 179 Allocuzione pronunciata all’associazione della stampa anglo-americana, 9 luglio 1947 in www.gaullisme.org

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Page 91: De Gaulle e l'Europa

culturale europeo, per quanto siano legati alla propria tradizione nazionale e alla propria

lingua:

Dante, Gœthe, Chateaubriand, appartiennent à toute l’Europe dans la mesure même

où ils étaient respectivement Italien, Allemand et Français. Ils n’auraient pas

beaucoup servi l’Europe s’ils avaient été des apatrides et s’ils avaient pensé, écrit en

quelque « espéranto » ou « volapük » intégré […]›› 180.

Fu proprio in virtù di queste considerazioni che De Gaulle volle che tra le materie

della sua unione politica vi fosse pure la cultura.

Infine, quest’Europa deve poter affermare la propria identità nel

mondo e pesare negli equilibri internazionali. Intesa come una sorta di

comunità continentale di uomini liberi e di Stati indipendenti

organizzati, l’Europa deve essere in grado di contenere le pretese

egemoniche che provengono sia da Ovest che da Est e stabilire, tra le

due “masse rivali”, un fattore d’equilibrio da cui scaturirà la pace. Ma

per ottenere questo risultato, è necessario che l’Europa riesca a darsi

una politica autenticamente europea, ossia che operi il superamento di

quella sopranazionalità la quale, affidando il governo alla tecnocrazia e

annullando il momento della scelta politica, finisce per favorire l’assorbimento

“atlantico” dell’Europa. Solo l’istituzione della cooperazione politica,

economica e strategica degli Stati, quindi, può portare l’Europa, ormai

sazia di conquiste e maturata nella consapevolezza che ogni popolo

della Terra ha il diritto di decidere del proprio destino, ad affermarsi

come una delle tre potenze planetarie e permettere che un giorno

quest’Europa unita potrà finanche arbitrare tra i due avversari e

garantire, finalmente, le condizioni per una pace duratura: ‹‹Y aurait-il

eut une guerre en Asie, y en aurait-il une en Orient, si notre continent

180 Conferenza stampa all’Eliseo, 15 maggio 1962,cit.

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Page 92: De Gaulle e l'Europa

avait organisé sa coopération ? Y aurait-il eu une guerre du Viêt-nam si

l’Europe était unie ?››181 

È lecito chiedersi, a questo punto, come sarebbe stata questa confederazione

vagheggiata da De Gaulle. Posto di fronte al rischio di vedere fallire la sua proposta di

unione politica, il 15 maggio 1962 De Gaulle dichiarava:

Qu’est-ce que la France propose à ses cinq partenaires? Je le répète

une fois de plus. Pour nous organiser politiquement, commençons

par le commencement. Organisons notre coopération. Réunissons

périodiquement nos Chefs d’Etat ou de Gouvernement pour qu’ils

examinent en commun les problèmes qui sont les nôtres et pour

qu’ils prennent à leur égard des décisions qui seront celles de

l’Europe. Formons une commission politique, une commission de

défense et une commission culturelle, de même que nous avons déjà

une commission économique à Bruxelles qui étudie les questions

communes et qui prépare les décisions des six Gouvernement 182.

Per quanto riguarda le sue forme, in realtà, l’Europa di De Gaulle è tutta qui. Ciò

che si evince con grande chiarezza è come egli faccia la distinzione tra il ruolo della

politica e quello dei tecnici, parlando, sì, della necessità di costituire varie commissioni

per i diversi aspetti della cooperazione da approfondire – la politica, la difesa, la cultura –

ma sottolineando come l’ambito della decisione debba sempre essere riservato ai capi di

Stato e di governo, rimanendo alle Commissioni solo il compito di fungere da “strumenti”

per facilitare la cooperazione. In altri termini, tale confederazione era ‹‹un patto di

consultazione a più livelli, che allontanava indefinitamente la prospettiva di un’Europa

integrata e sopranazionale››183. Il piano Fouchet rispecchiava in pieno quest’ultima logica.

181 Si vedano : conferenza stampa tenuta al palazzo dell’eliseo, 23 luglio 1964; conferenza stampa tenuta al Palazzo dell’Eliseo, 28 octobre 1966;  Conferenza stampa tenuta al Palazzo dell’Eliseo, 9 settembre 1968 in Discours et messages, cit; discorso pronunciato a Lille, 29 giugno 1947; discorso pronunciato al parlamento polacco, 11 settembre 1967 in www.gaullisme.org 182 Conferenza stampa del 15 Maggio 1962183 G. MAMMARELLA, op.cit., p.308.

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Page 93: De Gaulle e l'Europa

Ciò che mancò del tutto nel piano Fouchet furono i contenuti democratici. Dalla

sua adozione sarebbero potuti conseguire effetti positivi per l’Europa, giacché è

prevedibile che l’istituzione della cooperazione politica, ponendo attorno ad un tavolo i

governi europei per la trattazione di questioni diverse da quelle economiche, avrebbe

potuto permettere il superamento di quella convinzione per la quale nessuna forma, se non

vaga, di idealismo poteva unire l’Europa meglio che il business. Benché in un certo senso

lungimirante184, tale impostazione non era affatto soddisfacente. Sostenere che con la

pratica intergovernativa si faceva salva la sovranità popolare, infatti, era azzardato, visto

che, in ultima analisi, non era nemmeno nei governi rappresentativi degli Stati che si

sarebbero concentrano i poteri decisionali, ma nelle mani di pochi uomini.

Tale incoerenza era in rebus. Riconducendo, De Gaulle, la legittimazione

dell’autorità politica non già nel popolo, ma nella nazione, nelle “personalità eccezionali”,

o semplicemente nella Provvidenza, e ricorrendo al popolo solo per fondare e rigenerare

di volta in volta il “patto sociale”: come si poteva pensare che proprio De Gaulle avrebbe

potuto proporre istituzioni democratiche per l’Europa, secondo le consuete formule

parlamentari? Dal suo punto di vista, la democrazia, così come qualunque forma di

governo, non ha alcuna importanza, avendo rilevanza solo la legittimità del potere. Fu sul

tema della legittimità, infatti, che De Gaulle attaccò l’Europa, non già su quello della

democrazia. Con il suo piano Fouchet, sul terreno istituzionale, De Gaulle mirava solo a

creare un sistema europeo legittimo. Stabilito che De Gaulle, malgrado la sua concezione

del potere, non fosse un fautore di eventi bellici, ma anzi proponeva per l’Europa la pace

e, in qualche modo, l’unità, non può dirsi che le sue intenzioni non fossero condivisibili.

184 S’intende dire che secondo noi è possibile affermare che l’Europa uscita da Maastricht assomigli molto più a quella auspicata dal generale che non a quella perseguita dai federalisti. Inoltre, ci sembra che vi sia una notevole corrispondenza tra l’Europa attuale e quella dall’Atlantico agli Urali. L’avallo a questa intuizione è fornita da G. MAMMARELLA, P. CACACE, op.cit., p.122 e da G. QUAGLIARIELLO, op.cit., p. 728

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Usciti dall’ambito delle idee ed entrando in quello della politica di governo, ossia

della ragion di Stato, si deve, però, osservare in De Gaulle un comportamento

prevalentemente distruttivo. Lo stesso piano Fouchet ne è un esempio. Una domanda è

rimasta insoluta nel corso di questo lavoro: perché De Gaulle modificò la bozza sulla quale

ci sarebbe stato, probabilmente, l’accordo con i cinque partners? La risposta, a nostro

giudizio, è che il piano Fouchet, in vero, costituisse “un’esca” al fine d’ottenere che

l’agricoltura entrasse prepotentemente nel Mercato Comune, essendo tale settore

considerato di vitale importanza per l’economia francese. È vero che De Gaulle cercasse

fin dall’inizio di mettere à leur place, le comunità per tutte le ragioni ampiamente

esposte185; tuttavia, è chiaro che, quando comprese che non sarebbe mai riuscito a separare

i cinque partners dagli Stati Uniti d’America, egli pensò soltanto di ottenere dai trattati

tutti i vantaggi possibili, usando tutti i mezzi che, dentro o al limite della legalità e dello

spirito di questi trattati, potevano essere utili all’esclusivo interesse francese. Per affermare

ciò è sufficiente la considerazione che, svolgendosi in parallelo i negoziati per

l’agricoltura, per l’unione politica e per l’ingresso dell’Inghilterra nel Mercato Comune,

egli affrettò il più possibile l’accordo sul primo negoziato, per poter, ottenuto il suo scopo,

modificare le condizioni del secondo e, infine, poter invocare l’incompatibilità tra le regole

dell’agricoltura comunitarie e il Commonwealth britannico onde neutralizzare il terzo. In

questo senso, quindi, la “generosità” della prima bozza Fouchet va vista solo come la

contropartita promessa ai partners in cambio dell’agricoltura. Solo che, una volta

soddisfatto l’interesse francese, non ci fu alcuna contropartita.

Ora, fatto certo che De Gaulle non avrebbe mai realizzato una reale unità europea e

che la sua visione dell’Europa fosse, più che altro, quella di una comunità umana con il

185 Ci sembra importante riportare un’indicazione che il Generale diede al suo primo ministro M.Debré, tratta da Lettres, Notes et Carnets 1958-1960, p 399, in cui manifesta che la sua vera intenzione nel promuovere l’unione politica è il completo superamento del sistema comunitario : « Si nous parvenons à faire naître l’Europe de la coopération des États, les Communautés sont ipso facto mises à leur place. C’est seulement si nous ne parvenions pas à faire naître l’Europe politique que nous en viendrons à nous en prendre directement aux premiers fruits de l’intégration. »

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compito, per una necessità storica e morale, di organizzarsi al fine di recuperare il suo

ruolo di dispensatrice di civiltà universale, la sua politica avrebbe dovuto indurre i suoi

oppositori a contrapporgli seriamente il progetto di una federazione.

Il fatto che, a distanza di anni dall’uscita di scena del Generale, l’Europa non si sia

ancora data un assetto federale, per quanto da tutti considerato indispensabile, potrebbe

dimostrare che se la ragion di Stato è venuta e continua ad essere un ostacolo all’unità, tale

ostacolo non risponde necessariamente al nome di Charles De Gaulle.

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