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Davide Riccio
INTRODUZIONE
Bowie ascoltava la musica italiana?
Ogni nazione avrebbe voluto avere i propri Elvis, i propri Beatles, i propri Rolling Stones, il
proprio Bob Dylan o il proprio "dio del rock" David Bowie, giusto per fare qualche nome: fare cioè
propri i più grandi tra i grandi della storia del rock. O incoronarne in patria un degno corrispettivo. I
paesi che non siano britannici o statunitensi perciò di loro lingua franca mondiale sono tuttavia fuori
dal gioco: il rock è innanzi tutto un fatto di lingua inglese. Non basta evidentemente cantare in
inglese senza essere inglesi, irlandesi o statunitensi et similia per uguagliare in popolarità
internazionale gli originari o gli oriundi ed entrare di diritto nella storia del rock. A volte poi, pur
appartenendo alla stessa lingua inglese, il cercarne o crearne un corrispettivo è operazione
comunque inutile ai fini del fare o non fare la storia del rock, oltre che un fatto assai discutibile, così
come avvenne a esempio negli States in piena Beatlemania con i Monkees, giusto per citare un
gruppo nel quale cantava un certo David o Davy Jones, lo stesso che - per evitare omonimia e
confusione - portò David Robert Jones, ispirandosi al soldato Jim Bowie e al suo particolare
coltello, il cosiddetto Bowie knife, ad attribuirsi un nome d'arte: David Bowie. I Monkees nacquero
nel 1965 su idea del produttore discografico Don Kirshner per essere la risposta rivale (anzitutto
commerciale) americana ai Beatles, quindi i Beatles americani o gli anti-Beatles. Quattro giovani
fotogenici scelti a tavolino (diventerà poi prassi dagli anni '80 in poi con le cosiddette boy bands)
che cantavano canzoni scritte per loro da professionisti come Neil Diamond, e che esordirono in una
serie di telefilm sulla falsariga dei film dei Beatles (A Hard Day's Night, Helpǃ). Nonostante il loro
successo iniziale - ma effimero, di superficie - tra i Monkees e i Beatles non si può azzardare più -
e tanto più oggi alla luce della storia - alcun paragone. I Monkees sono fuori dalla storia del rock (il
rock che conta quanto meno), i Beatles no. Ma se anche i Monkees un angolino di storia lo avranno
ancora, lo stesso per esempio non si potrà dire - tra i tanti che aspirarono a questo titolo in Italia -
dei Five Continental's che, nati in Emilia Romagna tra il 1963 e il 1964, furono definiti «la risposta
Italiana ai Beatles. Non ce li ricordiamo più neanche noi italiani, figurarsi il mondo.
La storia del rock può fare a meno di chiunque non sia stato britannico, irlandese o
statunitense, quanto meno - se non originario - di adozione. Si può discettare a lungo su questo, che
- campanilismi o meno - rimane tuttavia un dato di fatto. Si può quindi riscrivere l'affermazione di
cui sopra come segue: ogni nazione avrebbe voluto avere (ma non ha avuto) una parte nella storia
del rock in un modo altrettanto influente e autentico sul piano internazionale quanto il Regno Unito,
l'Irlanda e gli Stati Uniti d'America. Ma anche l'Australia e il Canada e qualche altro paese di lingua
inglese come la Giamaica. L'unica eccezione è stata la Germania con il cosiddetto "rock crauto", o
meglio la Kosmische Musik ("krautrock" fu inizialmente coniato dalla stampa angloamericana
come termine tutto sommato denigratorio) per l'apporto elettronico fondamentale dato al rock da
molti gruppi tedeschi in varia misura e forma negli anni '70. Genere che per altro influenzerà anche
il Bowie della seconda metà degli anni '70: "Red Sails" suonava assai simile al brano "Monza" degli
Harmonia (Deluxe, 1975): "V-2 Schneider" è un omaggio a Florian Schneider dei Kraftwerk,
considerato da Bowie una delle sue più significative influenze all'epoca, così come in "Trans
Europe Express" i Kraftwerk "from station to station back to Dusseldorf City" incontravano e
omaggiavano Iggy Pop e David Bowie. Edgar Froese dei Tangerine Dream, uno degli esponenti di
spicco della Berliner Schule der elektronischen Musik, fu colui che rese possibile il trasferimento di
Bowie a Berlino nel 1976 ospitandolo per due settimane nel suo appartamento in Schwäbische
Straβe 7 nell'attesa che finissero i lavori nell'appartamento, oggi meta di pellegrinaggio, al numero
155 di Hauptstrasse.
Questo discorso introduttivo, ovviamente, vale solo per il rock, nato dalla popular music
angloamericana, dal blues e dal rhythm'n'blues, dal folk inglese e irlandese e dal country. Le altre
nazioni hanno avuto altra musica e altri meriti. Contamineranno a loro volta il rock, ma rimarranno
un fatto marginale rispetto a tutto il contesto, un mero assorbimento o cross-over tra innovazioni e
sperimentazioni per lo più riconosciute ad artisti angloamericani; o non solo, ma che il mercato
angloamericano sopra tutti abbia assorbito o"riassorbito" e internazionalizzati.
L'Italia, dal canto gregoriano in poi fu per molti secoli in età classica patria di grandi
compositori e di importanti scuole (romana, veneziana, napoletana, fiorentina, violinistica
piemontese eccetera fino all'opera e al belcanto). I compositori italiani dal medioevo al Settecento
vennero accolti ovunque nelle corti europee. E ovunque in Europa si perseguirono e imitarono
musiche "all'italiana". Rimarchevole fu ancora la corrente del Futurismo. Nel '900 l'Italia, per il suo
enorme patrimonio e per la sua incredibile varietà di canti popolari e di musica etnica colpì anche
uno studioso di grandissima caratura come l'etnomusicologo e antropologo americano Alain Lomax
nel suo viaggio fra il 1954 e il 1955 nella penisola, percorsa capillarmente dalla Sicilia alla Val
d'Aosta, conducendo una vasta opera di registrazioni sul campo (oltre duemila). Di quei sette mesi
di viaggio in Italia Lomax scrisse nel suo libro "L'anno più felice della mia vita". Anna Lomax
Wood ha ricordato che secondo suo padre “il paesaggio sonoro italiano era il più ricco, vario e
originale” da lui mai incontrato nei suoi viaggi per il mondo, e che riteneva la tradizione musicale
italiana la più interessante in Europa.
Poi però giunsero, in Italia come nel resto del mondo, le musiche americane: il jazz, il blues,
i musical di Broadway, la popular music commerciale e di facile ascolto dipendente dalle grandi
industrie discografiche (esemplare quella della Tin Pan Alley) su fino al rhythm & blues, al funk, al
soul (disco music inclusa), al rock'n'roll e al rock con le sue innumerevoli declinazioni in generi e
sottogeneri a seguire. E da allora la musica e la canzone italiana hanno per lo più ricalcato quella
statunitense, poi quella britannica con l'avvento dei Beatles e il "beat" (da noi ridetto "bitt"), del
prog rock, del punk, della new wave eccetera. L'Italia nel Novecento, ma non solo l'Italia, ha quindi
per lo più smesso di attingere alle proprie radici musicali, incapace di creare a sua volta qualcosa di
nuovo o diverso che fosse altrettanto rivoluzionario e moderno, originale, accattivante e divertente
quanto le musiche provenienti dai paesi di lingua inglese. Tutt'al più si è sviluppata una generica
italianità melodica leggera di stampo sanremese. Dalla metà del Novecento il mondo (inoltre
soggetto a crescente globalizzazione), e soprattutto l'Italia salvo eccezioni, non fa che produrre
musica sui modelli angloamericani.
Pochi i compositori o cantanti autori italiani che hanno lasciato un segno fuori dal proprio
paese. Modugno con la sua "Nel blu dipinto di blu" è stato uno, ma soltanto per la bellezza di quella
precisa canzone, in quel dato momento, non per la sua produzione in generale.
Ennio Morricone, certo, è stato un altro: alcune sue musiche, quelle a esempio scritte per gli
"spaghetti-western", hanno persino dato un riconosciuto contributo a un certo desert rock o
alternative country che ha le sue radici nel Tex-Mex come nella chitarra di Marc Moreland dei Wall
of Voodoo o in gruppi come i Calexico. Su tutto basti citare l'album tributo statunitense "We all love
Ennio Morricone", che racchiude omaggi al Maestro da Bruce Springsteen ai Metallica a Roger
Waters.
Giorgio Moroder, un altro ancora. Complice il suo trovarsi nel posto giusto al momento
giusto, Monaco e la Germania degli anni '70, Moroder fu il primo a usare i sintetizzatori e i
sequencer nella discomusic, mescolandola quindi con l'elettronica.
O Giampiero Reverberi che, con il suo Rondò Veneziano, ha saputo fondere la pop music
con la grande tradizione italiana della musica barocca: parliamo di 25 milioni di dischi venduti nel
mondo che hanno creato, attraverso composizioni originali, usando le parole di Reverberi stesso,
«un genere classico non impegnativo e, contemporaneamente, una musica leggera non superficiale,
avvicinando i due mondi, perciò apprezzata da un pubblico molto eterogeneo». In ogni caso una
musica il cui DNA è internazionalmente riconoscibile come qualcosa di esclusivamente italiano.
Ed eventualmente ancora questo e quello eccetera. Ma non sono molti. Diversi gruppi
musicali e cantanti italiani hanno avuto successo internazionale, ma in termini di vendite, non di
influenze esportate. Il mondo fa dopotutto a meno di quasi tutta la nostra musica, escluso la lirica
(Rossini, Verdi, Puccini e via dicendo) e la romanza su fino a Pavarotti, la canzone napoletana
classica (per una certa idea romantica ormai d'antan dell'Italia), Vivaldi e la musica classica in
generale (quella più specificatamente rinascimentale e barocca) e poco altro. E Bowie, che non
risulta essere mai stato nel pubblico di un concerto pop o rock di cantanti o gruppi italiani, ha
sicuramente invece assistito a qualche opera lirica, come il 25 settembre del 2006 (lo scrisse sul suo
diario Bowie.net), presente con Iman alla prima della Madama Butterfly di Puccini alla
Metropolitan Opera di New York. Al suo matrimonio Bowie volle musica barocca italiana in chiesa
e canzoni della tradizione italiana “tenorile” come 'O sole mio e Firenze sogna per la festa nuziale.
Al "Pavarotti & Friends", il noto evento musicale benefico organizzato per dieci edizioni tra
il 1992 e il 2003 a Modena dal tenore Luciano Pavarotti per sostenere cause umanitarie, Bowie non
ha invece partecipato come alcuni dei suoi amici (Brian Eno, Bono o Lou Reed). Zucchero
Fornaciari, nell'organizzazione, dava una mano al grande tenore modenese. Da un articolo di Paolo
Panzeri si apprende che ci fu un tentativo di coinvolgere Bowie. Un giorno (racconta Zucchero) il
Maestro mi chiama: Conosci uno che si chiama Bov, Bovi… David Bowie? Quello lì, quello lì. Ma
è bravo? Ma lo dobbiamo chiamare? Ma, insomma… magari se venisse…". L'invito venne fatto,
ma Bowie declinò perché impegnato altrove. Tuttavia non è escluso che si fosse infine tenuto
lontano da quella che a seguire risultò, tra tangenti e regali, una già nota (nell'ambiente) gestione
“allegra” e poco limpida dell'associazione benefica War Child Uk (ne indagò la Charity
Commission, ne parlarono Channel 4 e giornali di rilievo come The Guardian). Lo stesso Pavarotti
si dissociò. Su La Repubblica del 10 gennaio 2001 si legge: Ma che le cose non fossero limpide
nella gestione dei fondi dell'ente benefico non era un segreto. Altri sponsor famosi si sono
dissociati. Fra questi la rock star David Bowie, il capo di Mtv Brent Hanson, il commediografo
Tom Stoppard e l'attrice shakespeariana Juliet Stevenson. Senza contare gli undici amministratori
che avevano rassegnato le dimissioni per gli stessi motivi.
E ciò nonostante, Lou Reed con Pavarotti cantò nel 2002 una certa "Perfect Day", canzone
dell'album "Transformer" del 1972. La traccia, così come tutto l'album, venne prodotta da David
Bowie e Mick Ronson. Insomma, volendo, c'è stato un po' di Bowie anche nel "Pavarotti &
Friends", sebbene a debita distanza. Errata l'attribuzione a Pavarotti fatta da alcuni youtubers della
voce invece di sir Thomas Allen, il baritono inglese comparso nella nuova incisione di "Perfect day"
del 1997, realizzata a scopo benefico dalla BBC, per la quale numerosi artisti, tra i quali David
Bowie, Bono, Elton John, Laurie Anderson, Suzanne Vega, Joan Armatrading, Emmylou Harris.
Tom Jones ecc., registrarono un verso della canzone a testa. Il 45 giri raggiunse il 1º posto nella UK
Singles Chart, contribuendo a far entrare il brano nel pantheon delle più classiche ballate rock di
sempre. Una canzone che venne tradotta in italiano e cantata anche da Patty Pravo, rimanendo però
a lungo inedita. Il 28 ottobre 2013, il giorno dopo la morte di Lou Reed, ormai lontano il tempo del
Concilio Ecumenico Vaticano II con la nascita della Messa Beat, il Cardinale e presidente del
Pontificio consiglio della cultura Gianfranco Ravasi postò un messaggio su Twitter con il ritornello
della canzone.
Dobbiamo ammetterlo senza adombrarcene. Senza scomodare il blues e il jazz, il mondo, da
un certo momento in poi nel Novecento, non ha potuto più fare a meno di Elvis Presley, di Bob
Dylan, dei Beatles, dei Rolling Stones, dei Led Zeppelin, di Jimi Hendrix, dei Pink Floyd, di Frank
Zappa, dei Velvet Underground, dei Clash, di David Bowie, etc. etc. etc. Allo stesso tempo il
mondo, a cominciare da Stati Uniti d'America e Regno Unito, ha finora fatto ampiamente a meno di
quasi tutto quello che è stato prodotto musicalmente in Italia dagli anni '50 ad oggi. L'Italia, a un
certo punto del '900, ha smesso di essere una guida nella musica contemporanea. Poche singolarità,
nessun disco che possa essere considerato universalmente fondamentale nella storia del rock, idem
per l'italian progressive (e non me ne vogliano i molti appassionati), che all'estero gode tuttora di un
discreto seguito, ma che - semmai influenzato dal progressive britannico - è rimasto - sul piano
internazionale - sostanzialmente ininfluente. Ottimo, ma ininfluente. E questo vale anche per le altre
nazioni. Ci sono solo musicisti e addetti ai lavori sparsi che hanno apprezzato pubblicamente alcuni
autori italiani: a Leonard Cohen e a David Byrne piaceva De Andrè (Crêuza de mä invero è stata
una pietra miliare della nuova musica etnica o world music); John Cage apprezzò molto gli
esperimenti con la voce di Demetrio Stratos; Bowie manifestò stima verso Battisti elogiando in
particolare il suo disco Anima Latina... Ma questo non cambia la reale sostanza e ingoiamo pure il
rospo, nonostante i tanti gruppi e autori di grande, grandissima qualità che abbiamo avuto e ancora
abbiamo.
Ma perché un libro su David Bowie e l'Italia? Forse perché oggi più che mai l'Italia ha
bisogno di ritrovare un po' di autostima? E Bowie, l'artista più amato del mondo e forse di tutti i
tempi, ha amato molto l'Italia. Vi è stato molte volte, quasi come in una seconda casa dopo Londra,
Los Angeles, New York, l'isola di Mustique o, per un periodo ben definito, Berlino passando anche
dalla Svizzera sulle rive del lago Lemano.
Debbie Harry disse, all'indomani della scomparsa del "Duca Bianco": Who doesn't love
David Bowie? Chi non ama David Bowie? Così tanto amato da chiunque e ovunque nel mondo da
essere probabilmente l'unico cantante con decine e decine di canzoni dedicategli già in vita, non
parliamone dopo la sua scomparsa, e le cui reliquie vengono battute all'asta a cifre da capogiro,
come la ciocca di capelli biondo pallido presa dal produttore Wendy Farrier dopo che Bowie posò
per la sua statua di cera al Madame Tussauds di Londra nel 1983, venduta a Los Angeles per 15.626
euro.
Bowie, universalemnte amato, è stato un uomo universale. Lo è stato nell'accezione cioè di
genio, di polimata, di persona di straordinaria intelligenza che giganteggia insolitamente versatile
sopra tutti e tutto ciò che gli sta intorno, eccellendo in molti campi, avendo profonde conoscenze sui
più svariati argomenti, osando, anticipando, innovando nel corso di tutta la sua carriera senza mai
diventare artisticamente datato. E in quanto uomo universale è stato un uomo di qualunque nazione,
quantunque italiano forse in maggior misura, se a ricordarci dell'uomo rinascimentale.
Secondo la tesi di Burchkardt, la grande conquista del Rinascimento italiano (e
dell'Umanesimo) risiedette nella scoperta e nella valorizzazione dell’uomo e della sua individualità,
del concetto della gloria e della fama individuale, nella emancipazione dell’uomo dall’appartenenza
e sottomissione all’ordine in cui è inserito e lo trascende, rivalutando la vita terrena e quindi il
mondo, mettendo in discussione e scartando tanto il principio di autorità, quanto quello dei dogmi
tutti siano essi religiosi, politici, sociali, artistici, intellettuali o quant'altro. Bowie, in quanto genio o
uomo rinascimentale, dunque, è stato più italiano di quanto finora non si sia detto e pensato. Tra i
suoi tanti e continui cambiamenti, italiani o no, un'altra cosa è certa ed è che esiste un David Bowie
per ognuno di noi e/o per ogni periodo della nostra vita.
ANNI '60 E '70
David Bowie venne varie volte in Italia, pubblicamente e privatamente. La prima volta certa
e documentata fu a Monsummano Terme, provincia di Pistoia, dove il 31 luglio 1969 si replicò, al
Teatro Primeo (altrove si indica Teatro Premio), la gara del Festival Internazionale del Disco, una
gara canora collegata al concorso "Voci nuove" del festival di Castrocaro, organizzata dal circolo
culturale "Giuseppe Giusti" e dall'Oscar di Malta, organizzazione che aveva già allestita la kermesse
a Sliema, La Valletta. Arduo è risalire al teatro tanto Premio quanto Primeo. Il teatro di
Monsummano Terme, originariamente intitolato al poeta Giuseppe Giusti, divenuto poi “Casa del
Fascio”, dopo alterne vicende cessò i suoi spettacoli con gli anni sessanta e chiuse per essere
ristrutturato e riaperto nel 2006 come Teatro Yves Montand. Forse il teatro Giusti ebbe qualche altro
nome transitorio od occasionale, come Primeo o Premio. Oppure fu allo Chalet (poi Posta Club) di
piazza Quattro Novembre, di fianco al Comune di Monsummano come altri hanno ricordato,
sebbene un programma e un manifesto originali della manifestazione riportino invece come luogo
dell'evento il Teatro Giardino E.N.A.L. o “Casa del Poeta”. Ma riavvolgiamo il nastro e torniamo
indietro di una settimana da Monsummano Terme all'isola di Malta.
Il 25 luglio 1969 a Malta, all'Hotel Hilton, Bowie cantò "When I live my dream". Si
classificò secondo dopo la cantante barcellonese Cristina e guadagnò il primo riconoscimento della
sua lunga e impareggiabile carriera, ossia il premio (pare creatogli ad hoc) per la migliore
produzione. Si è scritto che cantò anche una canzone tradizionale maltese, di cui tradusse il testo in
inglese: “No-one someone” (fonte David Bowie Chronology di Patrick Lemieux). A Londra, una
ventina di giorni prima, Bowie aveva appena concluso la registrazione di "Space Oddity". Era
iniziato finalmente, dopo quasi un decennio di tentativi, diversi 45 giri e un primo omonimo album
per l'etichetta Deram passato inosservato, il conto alla rovescia verso il successo. Nel giugno del
1967 il manager Kenneth Pitt, subito dopo l'omonimo album d'esordio di Bowie, spedì lo stesso a
Franco Zeffirelli insieme a un demo tape che conteneva alcune idee di David per una colonna
sonora, quella di "Romeo e Giulietta", che uscì nel 1968. Zeffirelli si complimentò con David per il
suo album ma affidò la musica del suo film a Nino Rota.
Bowie fu ingaggiato dai maltesi, per cui - secondo una fonte presente in internet - avrebbe
cantato qualche tempo addietro presso il Cafè Premier (Premier potrebbe essere all'origine della
confusione generatasi sul nome di teatro Primeo o Premio), del che però non c'è per ora riscontro
nel lungo elenco delle sue gig disponibile in rete. Alla manifestazione si esibirono quindici cantanti,
tutti molto giovani e agli albori della carriera. Tra i suoi rivali: Ricardo Ceratto dall'Argentina, la
francese Sabrina, Ann Soetaert dal Belgio, María del Carmen Arévalo Latorre in arte "Cristina"
dalla Spagna, il tedesco - ma nato greco - George Monro, l'austriaco Peter Horton... L'Italia era
rappresentata dal cecinese, allora come in seguito sconosciuto, Franco Valori.
Bowie in quel di Malta passava del tempo a suonare la chitarra, canticchiando motivi seduto
sulle scale dell'Hilton Hotel. Qui fece amicizia con un giovane musicista di nome Donald Felice,
marito di una ballerina presente al festival. È Donald Felice stesso a ricordare: “Era molto giovane
allora, e magrissimo! Aveva la testa piena di capelli, come Jimi Hendrix. Io ero ancora uno
studente e mi portavo ovunque la chitarra. Lo incontrai allo Hilton e, vedendomi con la mia
chitarra, mi chiamò a sé e passammo quei pochi giorni insieme, sedendo sulle scale, suonando
musica. Volle farmi ascoltare una delle sue canzoni, ancora inedita. Più tardi seppi trattarsi di
Space Oddity. Quando Bowie mi propose di collaborare, lui come cantante e io alla chitarra, mia
moglie mi sconsigliò e perciò rifiutai l'offerta. Be', visto come per lui sono poi andate le cose, credo
che avrei dovuto ignorare mia moglie”. Così ricorda dunque Donald Felice, che poi nella vita non
farà il musicista, tanto meno con Bowie, nonostante l'opportunità avuta in quei giorni, ma il dottore
(fonte Claire Caruana su Times Malta).
Prima di lasciare Malta Bowie improvvisò un concerto per i marinai a bordo della portaerei
USS Saratoga attraccata al porto di La Valletta. Lo testimonia anche una foto su un giornale locale
in cui posa con la sua chitarra 12 corde (invero 11, perché il Sol non era raddoppiato) accanto a un
ufficiale della nave.
Dopo Malta fu quindi la volta di Monsummano Terme. Kenneth Pitt, l'allora manager di
Bowie, ricorda quei giorni nel suo memoriale "The Pitt Report" (Omnibus Press, 1985)...
...Il 30 luglio volammo tutti a Roma, prima tappa del viaggio verso Monsummano Terme, in
provincia di Pistoia... Ken Pitt rievoca un viaggio in pullman di 6 ore, le inutili proteste per un
tragitto così lento, l'abbandonarsi infine a un sonnellino (Il primo ad addormentarsi fu David, con
la testa appoggiata sulla mia spalla...), l'arrivo a destinazione alle prime luci del giorno e la
sistemazione presso l'Hotel Reale, quindi a Montecatini Terme.
David venne raggiunto a Monsummano dalla futura moglie Angela (nata ad Agios
Dometios), che nei giorni precedenti era stata a Cipro dai suoi genitori. E continua Ken Pitt nel suo
racconto: "Monsumanno è una piccola città famosa per le sue terme e la Grotta Giusti. La visita
alla città non è completa se non si è provato il calore delle grotte e se non si sono gustate le sue
acque, notoriamente salutari. Chi soffre di una qualsiasi malattia si sottopone a lunghi trattamenti
in questo stabilimento di bagni termali; noi dovevamo passarci circa un’ora, ed era più che
sufficiente..." Ken Pitt racconta ancora di un'organizzazione festivaliera piuttosto precaria e la messa
a disposizione di un gruppo per la registrazione delle basi musicali o per accompagnare dal vivo
qualche cantante che ne fosse stato sprovvisto, composto da tre musicisti che non erano però in
grado di leggere la musica dagli spartiti. David, teoricamente a posto giacché aveva con sé la base
strumentale registrata di When I Live My Dream, si prodigò generosamente con i colleghi e con
l'organizzazione nel mettere insieme un gruppo tra tutti i cantanti e i musicisiti presenti e nel
rimediare quindi a una situazione che poteva compromettere gli esiti della manifestazione. La sera
della manifestazione Ken ricorda l'apparizione di grande effetto di David e Angela. David aveva i
lunghi capelli legati da un nastro di velluto nero e indossava una camicia vecchio stile comprata a
Portobello Road. Angela indossava un abito così diafano da lasciar vedere la sua nudità a parte un
paio di slip. Per capire meglio l’effetto che provocavamo sulla popolazione locale bisogna
ricordare che ci trovavamo in una piccola comunità italiana molto chiusa, in cui ogni pensiero ed
ogni azione erano modellati sulla secolare tradizione Cattolica Romana… Probabilmente quella fu
la notte più eccitante che la gente del posto abbia mai trascorso. Tutti i biglietti erano stati venduti
e ogni artista ricevette applausi entusiasti".
Ken Pitt paragona l'apparizione di David Bowie al pubblico italiano a quella di un redivivo
biondo Shelley, il poeta annegato nel golfo di La Spezia. Prima di rientrare, il delegato spagnolo
Francesco Figueras prese Ken Pitt da parte per dirgli che, in accordo coi delegati delle altre nazioni
concorrenti, era opinione di attribuire a David Bowie un premio di riconoscimento per il suo
contributo al successo della serata. "Li aveva impressionati tutti con la sua cordialità, la sua
disponibilità ad aiutare e la sua indiscutibile arte. Venne proposto di creare una categoria speciale,
quella del disco meglio prodotto, e per decisione unanime il premio andò a David per When I Live
My Dream, che senza dubbio era il disco meglio prodotto presente al festival. Naturalmente fui
d’accordo, e David vinse il trofeo che pochi giorni dopo avrebbe avuto tanta importanza nella sua
vita".
A Monsummano Terme presentò Daniele Piombi. Le date: da giovedì 31 luglio alla
finalissima di sabato 2 agosto (quindi è un errore la data sovente riportata del 3 agosto, come si
evince da un giornale locale dell'epoca). Il 3 agosto Bowie risulta essere rientrato a Londra,
suonando a The Three Tuns pub di Beckenham, la città nel London Borough di Bromley in cui
abitava all'epoca, più precisamente in Foxgrove road, come attesta un telegramma da lui inviato da
Malta alla sua futura sposa Angela Barnett, conosciuta nell'aprile di quell'anno. La sua carriera
nacque in parte proprio in quel pub nella Londra del Southeast, The Three Tuns, che oggi, quasi a
chiudere un piccolo cerchio italiano insieme al successo ottenuto a Malta e a Monsummano in quei
giorni, è occupato da Zizzi, un locale di cucina italiana.
Se prima nella competizione di Malta fu acclamata la cantante barcellonese Cristina, Bowie
ottenne comunque il secondo posto, un premio per la migliore produzione e un attestato in ricordo.
Bowie piacque in seguito anche al pubblico di quella "Estate Canora Monsummanese", ma la critica
ignorò. In quei giorni Bowie si aggirava per le strade della città termale in Valdinievole, luogo natio
del poeta Giuseppe Giusti e dell'attore e cantante Ivo Livi, in arte Yves Montand, e centro di uno dei
più importanti distretti calzaturieri italiani fin dagli anni Venti del Novecento. Vestiva jeans scuri,
maglietta bianca, stivali da cowboy, portava sulle spalle la sua chitarra acustica a 12 corde. A
Monsummano non si era mai visto nessuno così e le ragazzine impazzivano. Come Cristina
Magrini, figlia di Alfio, principale animatore del circolo culturale “Giuseppe Giusti”, che insieme
all'associazione Oscar di Malta (La Valletta era gemellata con Monsummano) avevano promosso
l'appuntamento canoro: «Ero piccola, ma ricordo benissimo come non perdevo occasione per
mettermi sulle ginocchia di questo giovanotto inglese. Ricordo come era gentile e carino con noi,
quanta attenzione ci dimostrava. E poi avevamo un legame particolare, anche perché io e mia
sorella, vestite da bambine cinesi, aprimmo la sua esibizione allo Chalet» (Luca Signorini, Il
Tirreno, edizione Montecatini Terme, 12 gennaio 2016).
È stato ricordato così, mentre dalla piazza Giusti di Monsummano andava a piedi, sotto il
sole, fino al calzaturificio Fiorella al confine con Pieve a Nievole. Da un articolo di Andrea Rocchi
pubblicato dal quotidiano "Il Tirreno" del 22 gennaio 1997 veniamo a sapere che " incuriosiva la
sua andatura dinoccolata, il suo sguardo comunicativo. Si vedeva lontano un miglio che era
straniero. Questo ragazzo acqua e sapone di Brixton, quartiere povero nel sud-ovest di Londra, che
non spiccicava una parola in italiano, era uno come tanti. Gli affidarono, come sponsor, il
calzaturificio Fiorella. L'azienda gli offrì il soggiorno, e lui diventò per tre giorni il paladino della
calzatura e l'idolo delle ragazzine del posto che gli scodinzolavano intorno ogni qualvolta si
spostava dallo Chalet davanti al municipio (dove si cantava) per recarsi in albergo. Non sapevano
chi fosse, eppure era un personaggio che incuriosiva da morire".
Durante l'International Song Festival di Malta, Bowie venne raggiunto dalla notizia del
padre malato: Haywood Stenton Jones morirà qualche giorno dopo il rientro di suo figlio in
Inghilterra, il 5 di agosto, a soli 56 anni. Lo stato emotivo in cui versò nelle settimane dopo il lutto,
venne da Bowie descritto in “Unwashed and Somewhat Slightly Dazed” (l'album "Space Oddity"
verrà pubblicato il 4 novembre). La morte del padre, che lo aveva sostenuto nella sua ricerca di
affermazione come cantante, fu per Bowie un duro colpo, specialmente ora che le cose stavano
girando meglio e avrebbe voluto esultarne col genitore. Arrivò nei mesi seguenti il successo di
"Space Oddity", il cui singolo era stato pubblicato l'11 luglio 1969 (un'incisione acustica di Wild
Eyed Boy from Freecloud sul retro), aiutato anche dalla missione Apollo 11 culminata il 20 luglio
con l'allunaggio di Neil Armstrong e Buzz Aldrin: il brano venne infatti usato dalla BBC per il
servizio televisivo sullo sbarco.
La storia del viaggio di Major Tom, che si perde nello spazio a causa di un'avaria della sua
astronave, verrà rivisitata in Francia nel 1971 da Gérard Palaprat col titolo de Un homme a disparu
dans le ciel e in Italia nel 1969 e nel 1970 in due differenti versioni: "Ragazzo solo, ragazza sola"
(testo scritto da Mogol senza attinenza con quello originale) interpretata prima da I Computers, poi
da Bowie stesso e "Corri uomo, corri" de I Giganti, trasposizione più vicina al testo originale. Negli
anni '60 fu viva e fervida la consuetudine da parte di inglesi e altri stranieri di cantare le proprie
canzoni anche in una versione italiana, essendo il mercato italico del boom economico
particolarmente appetibile. Oggi si scherza sopra la pronuncia italiana imperfetta di Bowie di questa
versione e tuttavia a quel tempo questa era quasi un valore aggiunto: piaceva agli italiani l'accento
esotico dei cantanti inglesi che cantavano in italiano. La reinterpretazione di Mogol (erroneamente
indicato come Ivan Mogul nel booklet allegato alla "40th Anniversary Edition" dell'album Space
Oddity) venne dapprima incisa come esordio nel 1969 dai fratelli Balducci, un duo nominatosi I
Computers, per l'etichetta Numero Uno di Lucio Battisti, con l'arrangiamento di Gian Piero
Reverberi. Il 45 giri riuscì ad arrivare fino alla posizione n. 23 della hit parade. Visto lo scarso
risultato in Italia della versione originale ma le buone vendite ottenute con la versione in italiano de
I Computers, l'entourage di Bowie chiese all'artista di incidere lui stesso la canzone, facendogli
credere (qualcuno ha scritto) che si trattasse di una versione fedelmente tradotta. Mogol scrisse
invece un testo completamente diverso, poiché l'originale fu ritenuto inadatto a scalare le classifiche
italiane. Bowie, in seguito, avrebbe confessato di non sapere cosa stesse cantando, quale fosse cioè
il senso delle parole italiane. Così ha scritto per esempio un suo fan sul forum di Discogs: For the
story, DB sang this version on a one shot and didn't know what he was singing. Later he explained
that if he had known the meaning of the lyrics (that have nothing to do with the original SO) he
would never had recorded that version. Non sono tuttavia riuscito a trovare questa dichiarazione e
quindi a comprovarla. Il 45 giri venne pubblicato nel febbraio del 1970 (e di nuovo "Wild eyed boy
from freecloud" sul lato B).
RAGAZZO SOLO, RAGAZZA SOLA
(Bowie/Mogol)
La mia mente ha preso il voloUn pensiero uno solo
Io cammino mentre dorme la cittàI suoi occhi nella notte
Fanali bianchi nella notteUna voce che mi parla chi sarà?
Dimmi ragazzo solo dove vai,Perchè tanto dolore?
Hai perduto senza dubbio un grande amoreMa di amori è tutta piena la città,
No ragazza sola, no no noStavolta sei in errore
Non ho perso solamente un grande amoreIeri sera ho perso tutto con lei.
Con leiI colori della vita
LeiI cieli blu
Una come lei non la troverò mai più
Ora ragazzo solo dove andraiLa notte è un grande mare
Se ti serve la mia mano per nuotareGrazie ma stasera io vorrei morire
Perchè sai negli occhi mieiC’è un angelo, un angeloChe ormai non vola piùChe ormai non vola piùChe ormai non vola più
C’è leiI colori della vita
Lei i cieli bluUna come lei non la troverò mai più
CORRI UOMO, CORRI
Bowie/I Giganti
Piangi piangi umanità questa tua ingenuitàNello spazio vuoi portare i sogni tuoi
Guardo il cielo e penso che ora un lama saliràPer cercare un’assoluta verità.
Corri uomo corri verso il soleIl cielo tu aprirai
Come un angelo tu volerai tu voleraiPer sentirti per un attimo vicino agli dei
Quando l’uomo perderà l’orgoglioSon certo troverà oh mio dio
La tua immagine oh no!Oh mio dio, la tua immagine oh no!
Vai verso un sogno senza fineBlu tutto blu
La tua ingenuità dove mai ti porterà?
(parlato)Torre di controllo chiama capitano JohnTorre di controllo chiama capitano John
Qui capitano John sono in ascoltoEhilà John come va?
Ok, gli strumenti di bordoFunzionano perfettamente
Come ti sembra la terra vista da lassù?È come una pallina da golf ah ah ah
Qui a terra vogliono sapereTi senti solo in mezzo alle stelle?No! Mi hanno dato il permesso di portare il mio piccolo cane...
Corri uomo corri verso il soleIl cielo tu aprirai
Come un angelo tu volerai tu voleraiPer sentirti per un attimo
Vicino agli deiQuesta mia generazione
A cosa si rivolgerà per cercar l’amoreA chi si rivolgerà?...
Se tu già convivi tra le stelleIo diventerò come una pietra che
Nello spazio vaghera’...
Uomo corri verso il solecorri verso il sole
corri verso il sole...
Le parole del brano intitolato Ragazzo solo, ragazza sola non avevano dunque nulla da
spartire con quelle originali, ma raccontavano la fine di un amore tra un ragazzo e una ragazza. La
registrazione fu effettuata ai Morgan Studios di Willesden il 20 dicembre, con Claudio Fabi (padre
dell'allora piccolo Niccolò Fabi) in veste di produttore e consulente per l'accento italiano di David.
Il 45 giri fu pubblicato dalla Philips Records nel febbraio del 1970. Pare in effetti strano e molto
poco probabile che Bowie fosse convinto della fedele traduzione del testo e ne ignorasse davvero il
contenuto, così come sembrerebbe da lui stesso affermato molti anni dopo, al punto che, se lo
avesse saputo, non avrebbe mai registrata quella versione. Claudio Fabi mi ha confermato molto
lapidariamente: "Sapeva benissimo". Tra l'altro, se "Ragazzo solo, ragazza sola" fu registrata ai
Morgan Studios di Willesden, allora qualcosa non torna nella dichiarazione di Nicoletta Strambelli,
in arte Patty Pravo, fatta nel corso di una intervista rilasciata a Famiglia Cristiana nel 2016, un mese
dopo la morte di Bowie. Patty Pravo risponde così alla domanda se avesse mai conosciuto Bowie.
«Sì, una prima volta nel 1969. Non era ancora famosissimo, ma era già anni luce avanti
rispetto agli altri. Ci siamo rivisti molti anni dopo durante una cena in un ristorante giapponese a
Los Angeles sul Sunset Boulevard. Lui mi ha riconosciuta subito».
A Marco Molendini de Il Messaggero, alla stessa domanda, Patty Pravo rispose: "Era a
Roma per incidere la versione italiana di Space Oddity, il suo primo successo. Aveva preso in
affitto una villa sull’Appia antica con la piscina. Si divertiva a stare a Roma per un po’. Era con la
moglie e sono andata alcune volte a trovarli. Il collegamento erano i miei musicisti, che erano
inglesi e conoscevano David. Poi ci siamo rivisti anche in Inghilterra. Insomma, siamo rimasti
amici". La villa sull'Appia antica è invece sicuramente quella che Bowie affitterà nel 1973.
Molendini inizia l'articolo e la sua intervista con Patty Pravo asserendo senza dubbio che il
cantante "più David Bowie" della musica italiana è stata una donna: Patty Pravo, la prima icona
androgina della nostra musica. «Bowie? Me lo hanno sempre detto che siamo simili, ma io ho fatto
la mia vita, come lui ha fatto la sua. Poi ci siamo conosciuti e abbiamo fatto amicizia».
Ho chiesto a Claudio Fabi conferma sul luogo di registrazione, se Roma o Londra. "Ragazzo
solo... lo registrai e missai a Londra e sinceramente non ricordo il nome dello studio. Poi se
Nicoletta ricorda di averlo conosciuto a Roma allora fu solo per un promo, non per registrare il
pezzo".
Tuttavia, di certo, c'è soltanto che Bowie fu di passaggio a Roma verso la fine di luglio del
'69 per andare a Monsummano Terme, ed era ancora da noi un perfetto sconosciuto e bisognerà
aspettare la fine dell'anno per la registrazione della sua versione italiana, che uscirà poi l'anno dopo.
Dei mesi successivi, non ci sono notizie relative alla promozione a Roma del pezzo o per altre
ragioni. Può essere che invece - come già accennato - Bowie e Patty Pravo si siano conosciuti nel
1973, quando David fece la sua prima vacanza nota in Italia, a Bracciano, Roma. Tra l'altro nel
1975 Patty Pravo registrò, senza pubblicarlo, un provino con testo in italiano della celeberrima
"Perfect Day" (Un giorno perfetto) di Lou Reed, artista del quale aveva già inciso una fortunata
versione di "Walk On The Wild Side" intitolata "I giardini di Kensington" nell'album "Pazza idea"
del 1973 (entrambe i brani prodotti nel disco "Transformer" di Lou Reed da David Bowie e Mick
Ronson).
"Ragazzo solo, ragazza sola" verrà ripescata integralmente da Bernardo Bertolucci per il
film "Io e te" del 2012: sulle sue note, i protagonisti Lorenzo (Jacopo Olmo Antinori ) e Olivia (Tea
Falco) ballano prima della fine della loro particolare vacanza. Una cover più recente del brano è
quella di Walter Farina, cantante noto per le sue reinterpretazioni - abilmente imitate - delle canzoni
di Renato Zero.
Nel 1973 accadde ancora che in Italia si traducesse una canzone di Bowie, cambiandone
completamente il senso: toccò a "Starman", trasformata nel titolo in "L'amore mi aiuterà". In Italia,
insomma, pare che non si potesse cantare altro che d'amore. L'autore del testo in italiano fu il
paroliere milanese Daniele Pace e il brano fu affidato a due gruppi, Kriss e il Gruppo 2000 e i
Profeti, e alla cantante Dawn Vinci (Mara Cubeddu) .
L'AMORE MI AIUTERÀBowie/Pace
Dove sono? Io chi sono?Com’era triste la mia libertà ah ah
Sapendo quello che faceva lei ehi ehiMa questa notte pur di averla qui la pagherei
In questo mondo non si vive più uh uhTi fan vedere rosso quel che è blu uh uh
Ma forse guarirei se avessi ancora lei
È l’amore che mi aiuteràMa cosa sto dicendo? Questo amore dove sta?
È l’amore che io non ho piùPer questo sto morendo piano piano senza te
Ma perché nel mio cuore non c’è piùSe ci fosse ancora lei un cretino non sarei
la la la la la la la la la la la...
È primavera come un anno fa ah ah Son fiori rossi la mia libertà ah ah
E mi han promesso che tra poco io ti rivedròE la paura non mi fermerà ah ah
La stessa strada io camminerò oh ohPer ritornare ad impazzire ancora accanto a lei
È l’amore che mi aiuteràMa cosa sto dicendo? Questo amore dove sta?
È l’amore che io non ho piùPer questo sto morendo piano piano senza te
Ma perché nel mio cuore non c’è piùSe ci fosse ancora lei un cretino non sarei
Se Bowie davvero non seppe cosa stava cantando in "Ragazzo solo ragazza sola" (ma il
dubbio è lecito), allora per contrappasso o magari "per elegante vendetta" Bowie tradusse per Mick
Ronson e il suo primo album solista Slaughter on 10th Avenue "Io vorrei... non vorrei... ma se
vuoi..." di Battisti/Mogol. E forse avvenne per ulteriore vendetta del destino che "Ragazzo solo,
ragazza sola" venisse accreditata quarant'anni dopo a "Ivan Mogul"... Ivan Mogul per altro esistente
musicista di una band degli anni '60 di nome The Grass Roots, nonché amico e vicino di casa di
Bart Bacharach, quindi editore musicale della eponima Ivan Mogull Music Corporation.
Bowie, come già fece Mogol con "Space Oddity", non tenne minimamente in considerazione
il testo originale. Mogol dichiarerà, nel corso di una intervista fattagli su Radio Cusano Campus:
"Ho scritto la versione italiana di Space Oddity, anche se il testo era assolutamente nuovo.
Entrammo in contatto perché l'editore mi fornì la canzone da fare in italiano, ma io lo cambiai. Il
testo originale parlava di spazio, io non lo sentivo, così gli ho cambiato significato. Ho pensato di
scrivere un altro testo, che poi lui ha approvato, visto che l'ha anche cantato e inciso..." E ancora:
"Per me il testo è già nella musica, io cerco sempre di raccontare qualcosa di concreto, di reale,
magari accaduto a me o a qualche persona che conosco. Bowie ha anche fatto la versione inglese
di Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi, ma non ha rispettato il testo e ne ha fatto uno completamente
diverso dal mio. Insomma, non ne fui entusiasta, anche se fu un onore che interpretasse una nostra
canzone".
Bowie, per quanto fosse un intellettuale vorace e onnivoro, ha raramente fatto menzione di
artisti italiani tra i suoi preferiti, ignorando per lo più la nostra scena musicale a lui contemporanea.
Evidentemente non c'è stato mai abbastanza da interessarlo. Questo anche per diradare l'idea
comune che Bowie sapesse o facesse di tutto. Un esempio?
Bowie era bensì un polistrumentista, ma risulta alquanto imbarazzante una testimonianza in
"Almost True", programma trasmesso da Deejay TV nel 2010, ideato e condotto da Carlo Lucarelli,
ovvero sulla leggenda di Warhol, Lou, Bowie & co. in quanto confraternita di autentici vampiri
(prendendo spunto dalla vicenda di Andy Warhol ferito da Valerie Solanas - una attivista femminista
squilibrata convinta che Warhol fosse un vampiro - e dalla frequentazione della Factory da parte di
Bowie). Testimonianza secondo cui Bowie mise un tempo le mani su uno Stradivari autentico
suonandovi la "Risata del Diavolo" come fosse lui stesso un novello reincarnato Paganini... Bowie
non risulta aver mai messo pubblicamente le mani su un violino, figuriamoci ai livelli di un
Paganini! Così come non sapeva suonare il violoncello. Il che non toglie che almeno in un caso
volle limitatamente addestrarsi e imparare a suonare alcune note di Bach al violoncello per rendere
più credibile una scena del film "The Hunger" (Miriam si sveglia a mezzanotte) di Tony Scott, tratto
dal romanzo di Whitley Strieber. Uno degli sceneggiatori, Micheal Thomas, disse al riguardo: "La
maggior parte degli attori farebbe finta di suonare, apparendo in inquadrature indirette o in campo
lungo, usando invece musicisti professionisti per i primissimi piani. Non David. Lui imparò a
suonare il violoncello. Lavorò bastardamente fino a che non gli riuscì di suonare una cantata di
Bach in modo decente".
Ma ripercorriamo la testimonianza dal programma "The sound of future" del 1985 ripresa da
Lucarelli in "Almost True". "Pochi anni fa al Metropolitan Museum dove lavoravo si teneva una
mostra di strumenti musicali molto rari. David Bowie era a quei tempi a New York per girare
Miriam si sveglia a mezzanotte, e venne a sapere che al museo c'era la mostra. Bowie volle vedere
tutti gli strumenti, ma era particolarmente interessato a un violino. Era uno Stradivari, un'opera
d'arte, e chiese di averlo sul set del film. Be', poteva essere rischioso per noi. Il violino era prezioso
e c'erano problemi burocratici di assicurazione. Ma alla fine tutto si risolse. Io sono stato
incaricato di portare il violino sul set. All'inizio credevo che Bowie avesse chiesto il violino solo
per farsi vedere, per fare la rockstar eccentrica, per impressionare le persone intorno a lui. Ero
molto preoccupato che succedesse qualcosa. Era un esemplare unico e Bowie poteva romperlo.
Invece ha preso il violino e inaspettatamente ha cominciato a suonarlo. Era bravissimo. Ha
suonato anche una variazione del Trillo del Diavolo. Era un pezzo molto particolare, famoso
perché solo una persona lo sapeva davvero suonare: Niccolò Paganini".
Ora, basti dire che il "Trillo del Diavolo" è una sonata per violino e basso continuo (quella in
sol minore) scritta da Giuseppe Tartini (1692 - 1770), famosa appunto per essere tecnicamente
molto impegnativa, e non quindi opera di Paganini (ma va bene, si sarà confuso con la "Risata del
Diavolo"), ma soprattutto che non si può immaginare un Bowie lui soltanto capace di suonare un
pezzo, per quanto difficile, di Paganini, a cominciare dal fatto che esistono violinisti grandi
interpreti di Paganini, tra i quali il migliore è considerato il torinese Salvatore Accardo, che vampiro
non è, né tanto meno una reincarnazione di Paganini. Non starei ad approfondire oltre una simile
testimonianza, se vera o se fasulla.
A rendere ancora più incredibile chi ha pensato che Bowie fosse la reincarnazione di
Paganini nonché un autentico vampiro, c'è anche il racconto di un certo Lorenzo De Balzi nel
programma "itinerari del vino" (2000): "Io lavoravo a Candeli quando ci fu la cosa del matrimonio
di Bowie, lavoravo nell'hotel dove Bowie venne a festeggiare, dopo essersi sposato. Era un'estate
calda, era il giugno del 1992 e Bowie requisì tutto l'hotel, lo volle tutto per sé, però tenne per sé
proprio una stanza specifica, che era la stanza in cui aveva dormito il maestro Niccolò Paganini.
Alcuni giorni dopo Bowie ebbe un dolore ai denti, stette male per i denti e allora andò da un
dentista qui del luogo, il dottor (bip censorio) e niente... Fu visitato e guarì, insomma, fu risolto il
problema. Poi si venne a sapere che lo studio del dottor (bip censorio) fu svaligiato e soprattutto
non si trovarono più, non vennero più trovate le lastre dei denti di Bowie, perché evidentemente le
avevano trafugate... cioè, guarda che cosa farebbero questi fan, farebbero di tutto per avere le foto
anche dei denti del loro cantante favorito..."
Davvero dei fan di Bowie rischierebbero tanto, capaci di svaligiare lo studio di un dentista
improvvisandosi ladri professionisti, pur di avere una lastra dei denti di Bowie? O fu Bowie stesso,
magari su ordine del suo "angelo custode" Coco Schwab, a mandare qualcuno a prendere quella
lastra che avrebbe comprovata la vampiresca presenza di zanne retrattili? Ma va bene anche così, a
raccontare Bowie anche con un po' del nostro italico folclore.
Carlo Lucarelli insisterà con la storia di Bowie e il vampiro anche in un programma
radiofonico su Radio Deejay, Dee Giallo. Storia che naturalmente va capita nel verso giusto, tra il
metaforico e l'ironico, non certo perché vera.
Lucio Battisti (che, qualcuno ha detto Bowie riconoscere come un pari grado, cioè un genio
senza cittadinanza) fu più volte nominato come il suo musicista italiano preferito.
Nel 1997 parrebbe che Bowie definisse Lou Reed e Lucio Battisti i migliori cantanti del
mondo ("Lucio Battisti. Discografia mondiale" di Michele Neri). In effetti Bowie ammirava Lucio
Battisti, di cui pare avesse non uno, ma più dischi se non tutti. Sono un romantico e della musica
leggera italiana mi piace tutto quello che ha fatto Lucio Battisti, aveva affermato.
Due agosto 1973: alla periferia di Roma, sulla via per Bracciano, nella ottocentesca Villa
San Nicola, in località La Storta, chi in treno, chi in aereo, giunse la "corte" di David Bowie, che
aveva da poco terminate le registrazioni di Pin Ups allo Château d’Hérouville, a trenta chilometri da
Parigi. Tra i tanti, spiccavano Mick Ronson e la sua fidanzata Suzi Fussey, parrucchiera personale di
Ziggy Stardust. Bowie ricevette alcuni Vip della musica italiana, tra cui Patty Pravo, che ricorda un
incontro “molto piacevole”, "persone deliziose", “una bella casa, con una bella piscina”. Piscina
più, piscina meno, Bowie, che per altro non sapeva nuotare, non vi soggiornò a lungo, ripartendo
per Londra il 7 agosto, dove era atteso per finire di mixare l'album Pin Ups. Rimase in Italia il resto
della compagnia. Suzi e Mick passarono il loro tempo da innamorati perdendosi per le vie e i
quartieri di Roma, tra osterie e rovine del tempo. Furono conquistati anche dalla musica italiana di
quel momento. Due canzoni soprattutto divennero la colonna sonora di quel loro periodo romano:
Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi di Lucio Battisti e Io me ne andrei di Claudio Baglioni.
Entrambe Mick Ronson rifarà con i titoli di Music is lethal e The empty bed, comprese nei suoi
primi due album da solista. Baglioni fu lusingato dalla versione di Ronson. Di Battisti non si sa. Per
Music is lethal Ronson chiese a Bowie di scrivere un testo in inglese.
Seguendo tuttavia la vedova Suzi Fussey-Ronson, sembra un'altra la genesi della cover di
Mick. Suzi Ronson dichiarò nel 2008 (Mick deceduto nel 1993) di aver scritto di suo pugno il testo
della cover, anche se nei crediti si era sempre letto il nome di David Bowie. Rivelò Suzi: "Il testo è
mio, non di David! Io e Mick ci siamo innamorati in Italia e abbiamo ascoltato un sacco di musica
italiana. Ecco perché lui ha registrato quella canzone di Lucio Battisti". Il che spiega il perché della
scelta di Ronson, nel suo secondo album successivo, di un ulteriore remake di un successo italiano
di quel periodo, questa volta di "Io me ne andrei" di Claudio Baglioni reintitolata "The empty bed".
"The empty bed", sui crediti del disco, è firmata, ovviamente, Claudio Baglioni e Antonio Coggio
per la musica, e Ronson per il testo. Che il testo l'abbia scritto Mick oppure Suzi Ronson, o che
l'abbiano scritto insieme, poco fa. Piuttosto, dopo tanti anni, si può anche fare confusione, su chi
piuttosto abbia riscritto il testo di "Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi" piuttosto che quello di "The
empty bed". Di fatto "Music is lethal" ("Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi") è stato attribuito a
Bowie sulla copertina del disco di Ronson e questo pone fine a ogni questione.
Perché Bowie torni a cantare in italiano una seconda e ultima volta, bisognerà attendere il
1986 e un'altrettanto non fortunatissima "Volare (Nel blu dipinto di blu)" di Modugno e Migliacci
nel film di Julien Temple "Absolute Beginners" e relativa colonna sonora.
MUSIC IS LETHALBattisti/Bowie
My friend myselfBoredoms hero
Prince of the alleysStumble falling to a winsome table in search of wine
Mulatto hookers,Cocaine bookers, Troubled husbands
Stolen freedoms, that only evening unfolds to shine
Through the twisting inn of screaming pleasureTwo wet lips of infant leisure smiled
Could I grasp at the stars?As they play your night blue hair
Sable eyes, Ebony thighsShe shines forever
Dancer be, dancing freeShe shines for me
So a masked man should mournThe passing of night time
The long metal dirgeWe were prisoners no more
Of the near fallen angelsShe will shine on for me
Let the panting beginThough the music is lethal
Let the night take me inYou know the daybreak shall win
She will shine on foreverHe will shine on for me
While jeering waiters grope at your shouldersI drink your kisses
Exquisite room, my charming tombI see the man
With marble handsYour smooth pimp, piranhaCradles my swimming head
Cracks his glass, into my face, I'm thrown away
And then I'm tossed a' bleeding out on the streetAnd ask me, John do I have to drag you away?
And I curse where I layHave made me bow with thanks some day
Ten thousand engines skid unwieldingPuncture my skin
Bait and tauntFor me to run, back to my rooms
Though the bad taste of sleepClutching my pillow
In anger I weepShe will cry on my chest
She will shine on foreverShe will shine on for me
Let the tempting beginThough the music is lethal
Let the night take me inThough the daybreak shall win
She will shine on foreverShe will shine on for me
Prima del 1969 Bowie parrebbe non aver avuto significativi rapporti col Bel Paese, diretti o
indiretti, a parte quello con scarpe e vestiti e con la Fiat 500 del padre. Fu proprio sulla sua 500,
stipatissima, come racconta John "Hutch" Hutchinson in "Bowie & Hutch", che Haywood Jones
accompagnò il figlio ventenne nel suo primo trasloco dalla casa di famiglia alla stanza offertagli dal
manager Kenneth Pitt nella propria abitazione in Manchester Street. Una Fiat 500 che Bowie
guidava anche in prestito, come si legge da un ricordo di Dana Gillespie del 1969. "David e Angie
vennero a prendermi a casa di mia madre sulla strada per Wolverhampton in una Fiat 500 con
alcuni diffusori acustici legati pericolosamente al vento sul tettuccio". Bowie ebbe molte
automobili, ma tutto sommato abbastanza "normali", senza avere mai il gusto o la passione di
collezionarne o di averne di eccessivamente esclusive. È famosa la Mini Cooper dalla livrea
completamente cromata, anche vetri e interni, che Bowie ha realizzato nel 1999 come omaggio per
il quarantennale della mitica vettura di Alec Issigonis, oggi esposta al BMW Museum di Monaco.
Non sappiamo se Bowie ne ebbe una, di Mini; sicuramente - visto l'omaggio - vi era
affezionato, la guidò e, a quanto risulta da una fotografia, non datata, sulle Mini vi lavorò per un
periodo. La foto in questione lo ritrae al lavoro alla catena di montaggio della Mini Mark-I
(costruita tra il 1959 e il 1967). Nessuna notizia finora mi pare sia ancora mai circolata su questo
altro pezzo di passato di un Bowie operaio alla British Motor Company. Sappiamo invece che girò
in lungo e in largo l'Inghilterra per suonare in piccoli club, dormendo e praticamente vivendo dentro
un'ambulanza riadattata, un Morris J2. Auto italiane o no, viene ed è venuto a molti anche il
desiderio di curiosare tra le sue automobili e le sue motociclette.
Lontano ancora dal posare su una Harley o dal firmare il serbatoio di una potentissima -
persino eccessiva - Hoss Boss V8, circola una foto di metà anni Sessanta che ritrae Bowie a cavallo
di una Lambretta insieme a una ragazza sconosciuta. La Lambretta è stata un prodotto italiano della
Innocenti simbolo in particolare di quella generazione di giovani appartenenti alla corrente (taluni
direbbero subcultura) detta dei mods. La cultura mod si sviluppò a Londra nei tardi anni cinquanta e
raggiunse il picco di popolarità nei sessanta. Gli elementi significativi dei mods della Golden Era
(1962-1965) erano il look curato e innovativo, la musica afroamericana e giamaicana (il soul, il
rhythm and blues e lo ska) e la musica beat, le notti intere a ballare nei club notturni (aiutati dalle
amfetamine), l'abbigliamento italiano degli anni sessanta e la cura maniacale per il look, gli scooter
italiani (Vespa e Lambretta), spesso adornati con molte luci, specchietti e cromature supplementari
per richiamare l'attenzione.
Bowie ebbe soprattutto varie Mercedes (600 Landaulet decapottabile, 450 SEL, 230 SL
coupè, nota anche come Pagoda..., la Jaguar XKE o E-Type del periodo "Hunky Dory" da Bowie
battezzata "The Big Cat" e una Jaguar XK, una Rolls Royce Silver Ghost degli anni '20 (ma è solo
una foto in cui Bowie vi posa vicino negli anni di Ziggy Stardust e non è detto che gli appartenesse)
fino alle più recenti Lincoln Town Car L terza generazione e una Ford Mustang. Di italiana solo la
Volvo 262C Bertone del 1981, una svedese firmata dalla carrozzeria torinese e assemblata
interamente nello stabilimento di Torino, nera, venduta dopo la sua morte all'asta per 180 mila euro.
Il musicista e scrittore Carlo Zannetti nel suo libro "Il tormento del talento" racconta di aver visto
Bowie nei pressi di Oxford Street a Londra in un giorno di novembre alla fine degli anni '80: "...vidi
delle ragazze che correvano verso di me. Sembravano pazze. Io in quel momento sostavo in piedi
vicino a un semaforo... In contemporanea sopraggiungeva una rumorosa Ferrari nera che
precedeva di poco quel gruppo di giovani urlanti e che, dopo qualche metro, si fermò proprio di
fronte a me. I suoi occhi incrociarono i miei per un secondo, era lui, era David Bowie. Era davvero
bellissimo, quasi sembrava un manichino. Per sua fortuna il semaforo divenne subito verde, perché
stava rischiando di essere raggiunto e quindi di trovarsi qualche ospite non gradito all’interno
della sua lussuosa automobile". Prima di questa testimonianza non era mai trapelato nulla sul
possesso di Bowie di una italianissima Ferrari, né mai una sua passione per auto corsaiole. Per altro
pare che avesse una manomazione visiva all'occhio di apparente colore diverso a causa della
midriasi permanente causatagli da un pugno del compagno di scuola George Underwood. Una volta
Bowie dichiarò che da quell'occhio non vedeva l'avvicinarsi o l'allontanarsi delle cose come in una
normale vista prospettica, ma vedendole diventare man mano più grandi o più piccole. La scrittrice
Elena Stancanelli su La Repubblica, parlando degli occhi di Bowie si interroga: Ma lui? David
Bowie vedeva le stesse cose che vediamo noi, nello stesso modo? No, ovviamente. La luce e la
profondità, viste da quei due magnifici occhi, erano alterate. La distanza tra le cose, le prospettive,
la luccicanza. Nonostante l'adattamento a questa condizione, non credo che guidare alle alte
velocità con quel problema potesse essere desiderabile né così sicuro per Bowie. Insomma, tutto
men che godersi davvero una Ferrari. E infatti ebbe spesso degli autisti, fu visto guidare automobili
più "classiche" e "tranquille" e, dopo il matrimonio, come da lui ammesso, lasciava spesso e
volentieri il volante a Iman. Quanto al remix di “Miracle goodnight - Maserati Blunted Dub”
ovviamente la Maserati non c'entra, ma un certo Tony Maserati, tecnico del suono e produttore noto
sulla scena R&B e hip hop newyorchese di fine anni '80 e degli anni '90 (ha lavorato con Notorious
B.I.G., Puff Daddy e Queen Latifah tra gli altri).
Di luoghi, cose o personaggi dell'Italia non c'è quasi mai traccia nelle canzoni di Bowie,
anche se generalmente ricche di citazioni, né mai l'uso di anche una sola parola italiana. C'è un
richiamo alle pubblicità di Benetton (più che a Oliviero Toscani, che 1982 al 2000, e nuovamente
dal 2018, si è occupato della pubblicità della Benetton), in "Black Tie White Noise" cantata in
coppia con Al B. Sure (1993):
Getting my facts from a Benetton ad
I’m lookin’ thru African eyes
Lit by the glare of an L.A. fire...
Prendendo la mia realtà da una pubblicità della Benetton,
guardo cogli occhi d’un africano,
illuminato dal bagliore di un fuoco di Los Angeles.
La pubblicità in questione della Benetton mostrava il regista Spike Lee bianco a fronte di
uno Schwarzenegger reso invece nero. Bowie scrisse la title track di "Black Tie White Noise" al
rientro a Los Angeles dall'Italia, dopo il matrimonio con Iman. Proprio in quei giorni la città fu
messa a ferro e fuoco dagli L.A. Riots e la canzone parla della rivolta della comunità nera a Los
Angeles nel 1992, in seguito alla liberazione dei poliziotti bianchi responsabili del gratuito e
selvaggio pestaggio di Rodney King, un automobilista di colore. Sei giorni di devastazioni e
saccheggi che si conclusero il 4 maggio con un bilancio di 53 morti, centinaia di feriti e danni per
un miliardo di dollari. In una intervista rilasciata a Steve Sutherland apparso nel 1993 sul New
Musical Express a Bowie fu chiesto come mai avesse citato Benetton in "Black Tie White Noise".
"Perché ho trovato sospetto che Spike Lee facesse qualcosa per loro. Sai, mi è sembrato che
la lettura delle relazioni razziali attraverso la pubblicità della Benetton fosse quasi un insulto. Ma
d'altra parte stiamo assumendo che ogni dichiarazione fatta debba essere altruista. Voglio dire, cosa
conta di più davvero: l'altruismo o l'opportunismo? Me lo domando... Voglio dire, dal momento che
ha umanizzato e dato dignità agli atleti neri, la Nike sta facendo un lavoro di promozione delle
relazioni razziali migliore di quello del governo? Tutti amano Magic (Johnson), tutti amano questi
ragazzi adesso, soprattutto perché la Nike li ha resi delle persone e li ha mostrati come delle
celebrità invece di dire: "Tutti i neri sanno giocare a basket". Ha aperto un varco e li ha presentati
come degli esseri umani in carne e ossa in grado di pensare e avere delle opinioni proprie, e questo
ha molto seguito ed è qualcosa di molto seducente e, sì, naturalmente vende carichi e carichi di
Nike. Ma ha fatto qualcosa anche nell'ambito delle relazioni razziali?" (Traduzione di Christian
Caira da "Sono l'uomo delle stelle".
C'è una maschera italiana importante nella storia di Bowie ed è quella di Pierrot. Pierrot fu
dapprima una sua piéce teatrale dal titolo "Pierrot in Turquoise or the Looking Glass Murders", la
quale divenne anche un film cortometraggio. La pantomima, a fianco del mimo Lindsay Kemp, di
Jack Birkett e di Annie Steiner (Colombina) rappresentò anche il debutto in teatro di Bowie
all'Oxford New Theater il 28 dicembre 1967. Nota la fascinazione di Bowie per la maschera di
Pierrot, così come ancora emerse nel costume di "Scary Monsters", vestito anche nel videoclip di
"Ashes to ashes". Costato circa 250.000 sterline, all'epoca fu il video più costoso mai girato. In
un'intervista rilasciata nel 2003 alla rivista Performing Songwriter, Bowie spiegò che per "Ashes to
ashes" si era ispirato al brano Inchworm, cantato da Danny Kaye nel film del 1952 Il favoloso
Andersen. Bowie disse: «Amavo quella canzone da bambino ed è rimasta con me per sempre. Ci
ritornavo spesso. Non credereste alla quantità di miei brani che sono una sorta di spin-off di quella
canzone. Non che sia così evidente. Ma qualcosa come Ashes to Ashes non sarebbe successa se non
fosse stato per Inchworm. C'è un elemento da filastrocca infantile in essa, e c'è qualcosa di così
triste e commovente nell'insieme. Mi riporta indietro con la mente ai quei puri e sinceri sentimenti
di tristezza che si hanno da bambini, e che da adulti sono così identificabili. C'è una connessione
che può essere fatta tra l'essere un bambino di cinque anni che si sente un po' abbandonato, e la
stessa sensazione che si può provare quando si hanno vent'anni. E così fece quella canzone con
me».
"Pierrot" venne ancora una volta citato nel video di "Love is lost". In un’intervista del 1976, Bowie
dichiarò:‘Sono Pierrot, sono ogni uomo io voglia essere. Quello che sto facendo è teatro e
solamente teatro…Quello che vedete sul palcoscenico non è sinistro. È pura clownerie. Sto usando
me stesso come una tela cercando di dipingervi la verità del nostro tempo”. Come si legge nelle
enciclopedie, Pierrot in realtà non è una maschera originaria francese ma un francesismo che deriva
dal personaggio italiano della commedia dell'arte, uno dei primi Zanni, Pedrolino, interpretato nella
celebre Compagnia dei Gelosi da Giovanni Pellesini alla fine del Cinquecento. Il personaggio fu
portato in Francia, dove entrò a far parte dei repertori delle Compagnie francesi con il nome di
Pierrot grazie all'apporto di Giuseppe Geratoni che per primo lo introdusse nel 1673. E il primo
grande Pierrot fu un italiano, Fabio Antonio Sticotti (1676-1741). In seguito il personaggio fu
perfezionato dal figlio Antonio-Jean Sticotti (1715 -1772) che lo esportò anche in Germania. Gli
Sticotti reinventarono e diedero nuova vita a questo personaggio adattandolo al gusto dei francesi e
poi del pubblico delle corti europee. Nella versione francese Pierrot perse le caratteristiche di
astuzia e doppiezza proprie dello Zanni per diventare il mimo malinconico innamorato della luna,
quello che compare con il nome di Gilles nel celebre quadro di Antoine Watteau...
Bowie scrisse anche alcune canzoni per il suo "Pierrot in Turquoise", tra cui "Columbine", rimasta a
lungo una rarità. Amore di Pierrot, il che ci ricorda come Pierrot derivi da un Arlecchino, fu proprio
Colombina, altra maschera veneziana della commedia dell'arte, spesso oggetto di attenzioni da parte
del padrone Pantalone e causa della gelosia di Arlecchino. Il nome Colombina è citato per la prima
volta nel testo: Cicalamento in canzonette ridicolose, o vero Trattato di matrimonio tra Buffetto e
Colombina comici (1646) scritto dal celebre Carlo Cantù, inventore della maschera di Buffetto. Con
il nome di Colombina debuttò nel 1683 Caterina Biancolelli figlia di una famiglia di comici dell'arte
che per lungo tempo dominò la compagnia dei comici italiani in Francia. E in “Columbine” Bowie
menziona anche la famosa maschera bergamasca di Arlecchino nata a metà del cinquecento con
l'attore Alberto Naselli (o probabilmente Alberto Gavazzi) noto come Zan Ganassa .
Columbine my frail design
I see you see me standing on my own
Is it you that I'm walking through
Should I retrace my point of view
I'm left in clouded dreams of finding who
Not Columbine
Just incase you're my disguise
I found yourself to my surprise
I'm on the ground
And it's Harlequin who fix me up
Who catches you
Who wanishes me
From finding who
You are
C'è poi un ricordo di Rodolfo "Rudy" Valentino nei versi di "Don't look down", che tuttavia
scrisse Iggy Pop per "New Value" del 1979 e da lui ripresa nel 1984 in "Tonight".
I went this morning to the cemetary
To see old Rudy Valentino buried
Lipstick traces on his name
He never looked down
Sono andato stamattina al cimitero
A trovare il vecchio Rudy Valentino sepolto
Tracce di rossetto sul suo nome
Lui non ha mai guardato in basso
Rodolfo Valentino però era già nell'immaginario di Bowie quando nel 1971 formò la band
"Arnold Corns", un nome che si ispirava al debut single "Arnold Layne" di Syd Barrett e i Pink
Floyd. Gli Arnold Corns non furono altro che un B-side project o dry run (cioè un progetto pilota,
invero di scarsissimo successo) per valutare l'impatto dell'evoluzione in qualcosa che diventerà
Ziggy Stardust. Il nucleo dei futuri "Spiders from Mars" era qui già al completo: oltre a Bowie,
Mick Ronson, Trevor Bolder e Mick Woodmansey erano presenti il chitarrista Mark Carr-Pritchard
e il finto frontman Freddie Burretti "aka" Rodolfo Valentino (non inganni il cognome italianizzato
di Frederick Burrett). Bowie aveva conosciuto il diciannovenne Burrett a El Sombrero, un locale
alla moda di Kensington, nel 1970. Burrett era in realtà un sarto che possedeva un approccio alla
sartoria elegante e fuori dal comune: venne notato da Bowie e da Angie per il suo abbigliamento
appariscente proprio in un periodo in cui Bowie stava cercando un nuovo look, giocando con
l'androginia e il non terrestre. Da questo incontro si generò il sodalizio artistico che avrebbe
traghettato Bowie verso Ziggy Stardust, provandone prima gli effetti via Arnold Corns. Burretti
creerà le mises per Ziggy Stardust, ispirandosi tra l'altro alle tute indossate da Alex e i suoi Drughi
in "Arancia Meccanica" di Kubrick; suoi tra l'altro il patchwork indossato per l'esibizione di
Starman nel 1972 alla BBC e il tailleur azzurro ghiaccio del videoclip di Life on Mars? Tutti abiti
oggi conservati al Victoria and Albert Museum.
Gli Arnold Corns con Burretti "uomo immagine" registrarono negli studi di Radio
Luxemburg i demo di Lady Stardust e Right on mother, quindi ai Trident Studios il singolo
Moonage daydream / Hang on to yourself seguito dal secondo singolo rimasto inedito fino al 1985
Man in the middle (cantato da "Valentino") e Looking for a friend. Il rapporto tra Bowie e Burretti si
interruppe bruscamente nel 1974 forse per disaccordi finanziari.
Bowie senz'altro apprezzava molte altre cose dell'Italia, se non particolarmente la musica,
probabilmente a causa della lingua, che non conosceva: innanzi tutto la moda, l'arte e il design. Del
resto Bowie entrò nel 1960 in un gruppo di studenti della Bromley Technical High School
interessati all'arte (le sue doti creative furono incoraggiate dall'insegnante Owen Frampton, padre
del chitarrista Peter Frampton) e nel luglio 1963 venne assunto come grafico presso la Design
Group Limited, restandovi però per soli sei mesi. Bowie disegnava, dipingeva e scolpiva nel tempo
libero. Tra i suoi artisti preferiti Tintoretto, John Bellany, Erich Heckel, Picasso, Michael Ray
Charles, Egon Schiele (sua intenzione, non andata in porto nel 1978, fu quella di girare un film sulla
vita del grande espressionista austriaco) e, al punto da metterlo al grado di Little Richard e William
Burroughs, Eduardo Paolozzi (lo disse a Fabio Fazio a "Quelli che il calcio" nel 1999).
F.F.: Lei è un grande appassionato d’arte, dipinge, scolpisce. Qual è l’incontro
fondamentale della sua vita? Artistico, intendo. Una persona che l’ha cambiata, che le ha dato
tante cose, di cui consiglierebbe a qualcuno di leggere qualcosa o di informarsi su qualcosa?
D.B. (dopo aver menzionato Little Richard per la musica e William Burroughs per la
letteratura): "Forse non sta a significare molto in Italia, non è molto importante. Ho incontrato uno
scultore, un artista incredibile, Eduardo Paolozzi. Una persona eccezionale, importantissima”...
Ma, in fondo, era vero: Paolozzi, scultore e incisore, non diceva molto - così come credo
ancora non dica molto - in Italia; e, in fondo, sir Eduardo Paolozzi, anche se da famiglia di
immigrati italiani, nacque nel distretto edimburghese di Leith e fu di fatto un britannico. Rimane
Tintoretto "il furioso". E rimane il fatto che la prima scultura a lui dedicata gli è stata "nonostante
tutto" tributata proprio dall'Italia in Italia, quasi un anno prima di quella realizzata da Andrew
Sinclair e inaugurata ad Aylesbury, nel Buckinghamshire, con Ziggy Stardust in posizione centrale
rispetto ai tanti altri volti e personaggi dell’artista britannico. I media britannici la presentarono
parlandone come del primo monumento al mondo dedicato al Duca Bianco. Invece no. La prima
statua del mondo a David Bowie è stata quella in marmo (costata 176 mila euro) presso l’Oasi di
Campocatino, dove il regista Giovanni Veronesi girò il film “Il mio West”, cui partecipò lo stesso
Bowie in veste di attore, affiancando Harvey Keitel, Leonardo Pieraccioni e Alessia Marcuzzi. Sul
basamento è incisa la frase: "DAVID BOWIE - ORGOGLIOSI CHE ABBIA FREQUENTATO
VAGLI SOTTO"
Scultura dedicata a David Bowie ad Aylesbury - Buckinghamshire
Scultura dedicata a David Bowie - Oasi di Campocatino
In “Girl loves me” Bowie rispolvera due slang oscuri interpolando il Nadsat, linguaggio
inventato da Anthony Burgess nel libro “Arancia Meccanica” e il Polari, inventato e usato dai gay
inglesi degli anni '20 del '900 per comunicare all'interno della comunità senza correre il rischio di
essere scoperti come omossessuali e quindi di finire in galera in quanto tali. La parola “polari”
deriva dall'italiano “parlare” e include parole rimaste tali, cioè italiane, sebbene con altro significato
(per es. “rozzo” è la “polizia”... “Veloce” invece la droga cosiddetta speed... da cui “nanti vellocet”
o “in the rozz-shop”, nessuna anfetamina e dorme alla stazione di polizia.
E dell'Italia in particolare Bowie apprezzava la moda e il design. Dopo la sua scomparsa
sono stati venduti all'asta molti dei suoi beni di valore, frutto di anni di collezionismo d'arte e design
(possedeva tra l'altro pezzi di Picasso, Duchamp, Damien Hirst, Henry Moore, Graham Sutherland,
Frank Auerbach e Basquiat). E collezionava mobili e oggetti. Tra i suoi 400 pezzi battuti all'asta da
Sotheby's nel novembre 2016, ben 100 gli arredi realizzati dal gruppo Memphis, il collettivo
italiano di design e architettura fondato da Ettore Sottsass, attivo tra il 1981 e il 1987, tra i quali le
librerie Carlton e Casablanca. Venduto invece per 257.000 sterline un radiofonografo stereofonico
Brionvega RR126 progettato nel 1965 da Pier Giacomo e Achille Castiglioni. E ancora arredi
firmati da Michele De Lucchi e Marco Zanini, tutte eccellenze del made in Italy. «L’arte è l’unica
cosa verso la quale io abbia mai nutrito il senso del possesso» disse Bowie.
Bowie vestì sovente capi di vestiario italiano, in particolare di Armani e Versace. La sua
passione per le scarpe italiane invece risale perfino ai primi anni '60. In una intervista telefonica
allo stilista britannico Alexander McQueen (sua tra l'altro le redingote costituita da una lacera
bandiera inglese vestita da Bowie per la copertina di Earthling), Bowie ne parla con lui (da "Dazed
& Confused Magazine, novembre 1996).
David Bowie: Armani o Versace?
Alexander McQueen: Marks and Spencer.
Per nessun altro come con Bowie ci si è scomodati a sondare ogni personale preferenza nei
più disparati campi. Vanity Fair nel 2003 ottenne da Bowie e pubblicò una lista di 25 dischi (tra i
suoi 2.500 vinili) preferiti "of all time".
Sebbene presenti autori anche da Olanda, Germania, Francia, Russia, Giamaica... Nulla
d'italiano... E se tra i suoi vinili preferiti c'è perfino la bizzarra ma "atroce" e stonatissima outsider
Florence Foster Jenkins... Amen. Forse tra i cd il risultato sarebbe stato diverso, ma nessuno ebbe a
chiedergli anche una lista in tal senso.
È andata meglio con i libri. Nella David Bowie's Top 100 books pubblicata da The Telegraph
tre sono i libri di autori italiani: L'Inferno della Divina Commedia di Dante, A Grave for a Dolphin
(scritto direttamente in lingua inglese) di Alberto Denti di Pirajno del 1956 e The Leopard (Il
Gattopardo) di Giuseppe Tomasi Di Lampedusa del 1958.
E c'è un solo musicista italiano di nascita tra i tanti che hanno collaborato con Bowie ed è
Giorgio Moroder. Brian Eno e David Bowie erano a Berlino nel 1977, nello studio di registrazione
Hansa Tonstudio, durante la lavorazione di "Heroes". Eno disse a Bowie: «Ho sentito il suono del
futuro». E gli fece ascoltare I Feel Love di Donna Summer firmata e arrangiata da Moroder. Giorgio
Moroder, nativo di Ortisei, trasferitosi a 27 anni a Berlino e poi a Monaco di Baviera, è stato uno di
quei rari italiani che hanno avuto un'influenza innovativa internazionale sulla musica, nello
specifico su quella da discoteca, introducendovi per primo una strumentazione elettronica. Moroder
collaborò in seguito con Bowie, componendo la colonna sonora di "Cat People" (Il bacio della
pantera), un film remake del 1982 di Paul Schrader con Nastassja Kinski. I due scrissero la title-
track "Cat People (putting out fire)" e una seconda versione apparve sull'album di Bowie Let's
Dance nel 1983. Nel 1981 il regista Paul Schrader chiese a Bowie di scrivere un tema musicale per
un suo progetto cinematografico per il quale Moroder aveva già scritto la maggior parte delle
musiche. Bowie allora scrisse un testo da adattare a una delle musiche scritte dal produttore. Il
singolo raggiunse la posizione numero 26 in Gran Bretagna e la numero 67 in USA, miglior
risultato per Bowie dopo Golden Years del 1975. La canzone balzò in vetta alla classifica in Nuova
Zelanda, Svezia e Norvegia. Nel 1983 Bowie registrò nuovamente il brano per il suo album Let's
Dance. Bowie avrebbe voluto inserire la versione originale della canzone nel suo disco, ma la MCA
Records si rifiutò di concedergli i diritti, poiché non volevano che la concorrente EMI America,
utilizzasse una delle canzoni di loro proprietà.
A Monaco Bowie incontrò anche il regista Dario Argento. Così ricorderanno nel 1995,
quando si reincontrarono una seconda volta testimoniato dalla presenza di Cesare Fiumi, che ne ha
scritto in un suo articolo.
. “Ricordi, David, ci siamo conosciuti una notte a Monaco di Baviera, nel ’78? Eravamo in un
ristorante con Fassbinder. Stavo girando Suspiria".
“Si, ricordo. Succedevano un sacco di cose in Germania in quegli anni, Berlino era come la
Berlino degli anni ’20: da una parte la città del rinascimento artistico, dei neo-impressionisti,
dall’altra la capitale dell’eroina, del film Christiane F., i ragazzi dello zoo di Berlino. Due realtà
che vivevano una accanto all’altra”.
Si incontreranno nuovamente nel 1995, dopo l'uscita di Outside e una settimana dopo l'uscita
nelle sale de La Sindrome di Stendhal.
Tuttavia, oltre a Moroder, c'è stato un altro importante, probabilmente il più importante,
collaboratore di Bowie le cui origini sono italiane: Tony Visconti... Quella con Visconti, figlio di un
carpentiere italo-americano, fu la collaborazione più duratura di Bowie che inizierà nel 1969 con
Space Oddity e terminerà con l'ultimo album Black Star del 2016. Visconti ha prodotto e talvolta
partecipato come strumentista in molti degli album di Bowie. Tony Visconti imparò la musica da
suo padre, che suonava la fisarmonica e l'armonica e spesso in casa cantava canzoni italiane.
Conobbe Bowie nel 1967 e, malgrado l'artista inglese in quel periodo non avesse ancora avuto
successo, fu subito attratto dalla sua voce, dalle sue composizioni e dalla varietà dei suoi brani.
Bowie era già considerato un artista particolarmente eccentrico, e la scelta di avere Visconti come
produttore fu probabilmente dovuta al fatto che questi stava portando al successo Marc Bolan, a sua
volta già noto per la sua estrema originalità.
Bowie non terrà in Italia alcun concerto fino al 1987. Invero nessuna star straniera aveva
voglia di suonare in Italia durante il decennio dei '70, temendone gli anni di piombo e di pesanti
conflitti politici e sociali. Spesso ai concerti scoppiavano incidenti, a cominciare dalla pretesa
generalizzata che la musica dovesse essere di tutti e quindi gratuita. Per i dischi nostrani, meglio se
di cantautori e meglio se ideologicamente impegnati, politicizzati, insomma "engagé", spesso si
praticava il cosiddetto "prezzo politico". Chi non cantava canzoni politicamente e socialmente
impegnate, veniva ostracizzato, messo al bando. Per molti anni Bowie (quello del periodo glam)
non fu amato nell'Italia "machista" e omofobica che vedeva contrapporsi destre e sinistre
estremizzate, né poi per via di certe dichiarazioni di Bowie su Hitler e sul fascismo/nazismo
(periodo Duca Bianco). Perché Bowie venga in Italia più diffusamente apprezzato, bisognerà
attendere l'uscita dell'album "Heroes". Bowie dichiarò in una intervista di non avere alcuna
intenzione di suonare in Italia, non capendone la situazione politica particolarmente tesa. Con
l'arrivo dei gruppi più famosi all'inizio dei '70 cominciò nello stivale anche la stagione degli
incidenti.
Nel settembre del 1970, nel poco capiente Palalido di Milano, i Rolling Stones ebbero una
spiacevole esperienza: scoppiarono scontri e 63 giovani vennero arrestati. Il concerto dei Led
Zeppelin, al Vigorelli di Milano nel 1971, fu funestato da una contestazione organizzata contro i
"padroni della musica", identificati prima con gli organizzatori, poi con gli artisti stessi, come
succederà ancora nel caso di Lou Reed a Roma, o di Carlos Santana a Milano nel 1975, il cui
concerto fu interrotto addirittura dal lancio di molotov sul palco. Tra lacrimogeni dentro e fuori il
Vigorelli, gli scontri tra polizia e manifestanti, le contestazioni, i lanci di oggetti contundenti,
pompieri, sirene, la bolgia selvaggia, al concerto dei Led Zeppelin quel gran casino culminò
nell'accensione di fuochi a ridosso del palco, rischiando di incendiare il legno e di trasformare il
velodromo coi suoi 15 mila spettatori, in una trappola mortale.
E casini ne scoppiavano anche ai concerti di autori nostrani. Ancora nel 1980, a Torino, fu
fischiato e contestato da alcuni perfino De Andrè che "disimpegnato" proprio non si poteva dire.
Chiunque avesse avuto all'epoca un po' di successo, subito veniva incolpato di fare musica “solo per
i soldi". L'episodio più drammatico fu però quello del Parco Lambro nel 1976: qui i musicisti
vennero duramente contestati, il palco venne occupato, furono assaltati gli stand e un vicino
supermercato e seguirono duri scontri con la polizia. Cantanti come De Gregori e Guccini subirono
addirittura un "processo" popolare da parte del pubblico. Passata questa fase, bisognerà aspettare gli
anni '80 per vedere nuovamente e in santa pace la musica dal vivo in Italia. L'Italia venne insomma
cancellata per una intera decade dai tour di artisti stranieri.
A non suscitare simpatia per Bowie in Italia, a metà degli anni '70, c'erano anche state alcune
sue dichiarazioni in merito a Hitler e al nazismo, e quel famoso saluto ai fans col braccio teso (e
frainteso) in piedi sulla sua Mercedes 600 Landaulet... Negli anni ’70 Bowie salì anche alla ribalta
per la sua fascinazione verso l'occultismo e il nazismo esoterico, associata a una forte dipendenza
da cocaina e alcool, a psicosi paranoide e a disordinata alimentazione (per un periodo la sua dieta
pare si basasse solo su latte e peperoni crudi). A causa del suo stato, di cose strane ne faceva e
diceva non poche, spesso poi ritrattate, e per il solo gusto di provocare. Viaggiando verso l’Unione
Sovietica, Bowie venne trovato alla frontiera tra Polonia e URSS con alcuni libri di Goebbels e di
Speer. I giornali lo dipinsero come un uomo ossessionato dal nazismo e da Nietzsche (quel
Nietzsche per altro già troppe volte distorto e confuso come ispiratore del nazismo). A Playboy
l’artista raccontò che Hitler era stata la prima grande rockstar e il nazionalsocialismo una splendida
iniezione di morale. Poi ci fu quel saluto nazista in piedi sulla Mercedes Pullmann Laundaulet 600
“intercettato” e male interpretato da uno scatto a chiusura di un concerto del 1976, che fece
esplodere altrettante polemiche. Winona Williams descrisse un Bowie a Berlino che componeva
alcuni dei suoi capolavori alla scrivania appartenuta a Goebbels, ministro della propaganda del
Terzo Reich. La Williams parlò di un Bowie interessato alla storia e all’estetica nazista ma non
antisemita, né politicamente o moralmente vicino al nazismo. I tabloid scandalistici specularono
sulle presunte tendenze naziste del cantante, alimentate da affermazioni come quelle riferite da
Playboy e New Musical Express. Bowie disse anche: «Avevo scritto una canzone intitolata The
Supermen che parlava dell'Homo Superior e attraverso di essa mi sono interessato al nazismo.
Sono sopraffatto dai loro metodi diabolici. Non c'è spazio nella mia testa per la loro teoria, gli
effetti osceni, il terribile disprezzo per la vita umana».
Basato su un riff di chitarra regalato da Jimmy Page a Bowie nel '65, The supermen, apparsa
nel 1970 nell'album "The man who sold the world"è intrisa delle influenze nietzschiane. In questo
periodo il cantante si era dedicato alla lettura di Al di là del bene e del male e Così parlò
Zarathustra. “Ho sempre avuto un bisogno ripugnante di essere qualcosa di più che umano”, diceva
il camaleontico Duca Bianco David Bowie in un’intervista rilasciata a Rolling Stones nel Febbraio
1976.
Nietzsche scrisse a Torino i suoi ultimi libri: Il caso Wagner, Crepuscolo degli
idoli, L’anticristo, Ecce Homo, Nietzsche contra Wagner e i Ditirambi di Dioniso), e Lettere da
Torino. Di Nietzsche a Torino si ricorda l’aneddoto della sua follia esplosa il 3 gennaio 1889
quando vide un cocchiere frustare il cavallo e si gettò ad abbracciare l’animale. Qualche giorno
dopo, l’amico Overbeck venne a prenderlo per portarlo a Basilea dove verrà ricoverato in una
clinica per malattie mentali. Qui visse ancora del tempo in completa catatonia. Una vicenda
biografica sicuramente nota anche a Bowie passando per le tragiche vite eterne dei superuomini dal
pensiero che nessuna mente può sopportare e per la strana e pazza celebrazione in cui dolcemente
muore un super dio.
Simpatie o no per Bowie in Italia in quel decennio, fu in ogni caso il periodo in cui nessuna
star straniera volle comprensibilmente venire a suonare in Italia.
Non amando volare e preferendo all'aereo i treni o le navi, David Bowie fece una brevissima
tappa in Italia nella prima settimana dell’aprile del 1976, al porto di Genova, proveniente da New
York sulla Leonardo Da Vinci e diretto poi in auto a Monaco di Baviera passando via Verona e
Brennero per la prima data del tour europeo di Station To Station. Un giornalista del settimanale
Sound, Ferdinando Fisher, lo incontrò assieme allo staff della RCA e lo intervistò. L’attore-cantante
annunciava trattative in corso per un grosso concerto al Palasport di Roma sotto il patrocinio
politico di Lotta Continua entro il mese di maggio.
Sulla banchina erano schierate due limousine e un Ford Transit destinato ad accogliere una
trentina di massicci bauli. Ad attenderlo la moglie Angie, il figlioletto Zowie e, tra gli altri, il
produttore e regista Claudio Bonivento.
Fisher racconta dei convenevoli allegri e informali, della visita alla cabina, di un caffè
offerto (“Questo si è un vero fragrante caffè, non quella brodaglia acquosa americana” disse
Bowie visibilmente soddisfatto e compiaciuto). Bowie raccontò di alcuni curiosi episodi avvenuti a
bordo della nave (“Tutte le mattine un premuroso cameriere mi svegliava portandomi la colazione
a letto e mi diceva con voce amorevole ma assai autoritaria – mangia tutto, capito? – forse era
preoccupato della mia salute vedendomi così magro…”) e, dopo essersi scambiato dei regali con
Zowie, avviò con Fisher l'intervista.
Fisher chiese: Perché non suoni da noi?
“Non ti nascondo che temo molto le reazioni del pubblico italiano. Dopo aver parlato con
Lou Reed e saputo quello che gli è successo non vorrei correre inutili rischi: so che avete problemi
politici interni di notevole entità e li rispetto, ma non è giusto che io venga coinvolto e che il mio
show diventi un bersaglio”.
Intervenne il discografico della RCA Carlo Basile: “Ci sono trattative in corso per un
concerto di David a Roma al Palasport sotto il patrocinio politico di Lotta Continua; la
manifestazione dovrebbe essere interamente controllata e gestita da loro per evitare il benché
minimo incidente”.
Rispose lo stesso David. ”Non so molto della vostra situazione politica ma credo di aver
capito che questo partito vorrebbe organizzare lo spettacolo e sorvegliarne l’andamento. Ne sarei
felice perché amo profondamente l’Italia e voglio esibirmi a tutti i costi nel vostro paese, ma voglio
che il concerto si svolga all’insegna della massima tranquillità senza pericoli per l’incolumità
dello staff dello show e degli spettatori. Comunque la RCA italiana sta cercando di mettere a punto
questo accordo. Non ho nulla in contrario che siano loro ad organizzare le cose. Loro conoscono
certamente la situazione meglio di me”. Fisher, alla fine dell'intervista, racconta che David gli
chiese notizie su un sigaro italiano forte e “sbrozzoloso” (bitorzoloso) che normalmente si taglia in
due: era il famoso sigaro toscano, che gli portò più tardi nel sontuoso hotel Columbia: “That’s what
I want, thank you so much”. "Ferdinando, I really wanna play in Italy”, disse ancora Bowie a
Ferdinando Fisher prima di partire per Monaco. Il concerto dello Station to Station tour a Roma alla
fine non ci fu.
Carlo Basile aveva cominciato a lavorare come discografico alla RCA italiana e, su sua
accolta richiesta, proprio con David Bowie. Da una intervista di Marco Lucchi con Basile per
l'australiana radio SBS Special Broadcasting Service, apprendiamo che Bowie lo definì
pubblicamente come il solo amico che avesse in Italia. Accadde al Piper nel 1983 - racconta Basile -
durante una conferenza stampa per la promozione di Let's dance (forse però fu nel 1987, perché non
c'è traccia di un passaggio al Piper da parte di Bowie per promuovere Let's dance nel 1983, ma
bensì di Never let me down e del Glass Spider Tour nel 1987). Qualcuno dal pubblico chiese a
Bowie se avesse qualche amico in Italia. Egli rispose: l'unico amico che conosco è Carlo Basile. Se
è qui, alzi la mano. Basile c'era e ci fu un abbraccio pubblico. Basile, anche se Bowie aveva lasciato
la RCA nei primi anni '80, fu da lui ricevuto affettuosamente in svariate altre occasioni, l'ultima al
Festival di Sanremo.
Nel 1976 Bowie esordì ufficialmente nel cinema e nella recitazione (anche se aveva già
recitato in alcuni cortometraggi e in qualche apparizione non accreditata tra il 1967 e il 1970) con il
film di fantascienza "L'uomo che cadde sulla terra" di Nicolas Roeg, dal romanzo di Walter Tevis.
Un film che non si basava sui tipici effetti speciali del genere fantascientifico ma che, attraverso
l'alieno umanoide e protagonista Thomas Jerome Newton, raccontava la solitudine, i timori e le
sconfitte della civiltà d'oggi. La rockstar fu scelta per vestire quei panni perché già forte di una sua
propria misteriosa e problematica immagine androgina e aliena, affermatasi negli anni di Ziggy
Stardust, risultando perciò assai credibile come extraterrestre senza bisogno di particolari trucchi.
Quel film segnò anche la fine del periodo losangelino, quello più difficile di Bowie con la cocaina,
l'alcol e le molte paranoie legate al suo interesse verso l'occultismo e l'esoterismo, quindi l'inizio di
un nuovo periodo che da "Station to Station" porterà - insieme alla disintossicazione - al capolavoro
seminale definito "trittico" o "trilogia" berlinese. L'Italia conserva una maschera del viso di Bowie
realizzata per il set del film. Il regista Nicolas Roeg aveva fatto modellare sul viso della star un
calco in gesso dal quale poi riprodurre le maschere trasparenti che, nel film, donavano al già etereo
Bowie un aspetto ancora più alieno in alcune sequenze rivelatorie della sua vera immagine non
umana. Un calco che fu acquistato sul finire degli anni '90 dal giornalista Red Ronnie, oggi nella
collezione dell'artista pavese Giovanni Fra, che lo ha anche prestato per una mostra tenutasi al
Mondadori Store di piazza Duomo a Milano nel 2017, replicata poi all'Ariston per il Festival di
Sanremo e a Imperia a Villa Paravelli. Una mostra ("David Bowie the Real Face") che ha ospitato
altresì le opere di altri artisti italiani "innamorati" di David Bowie, tra i quali Marco Lodola, lo
stesso Giovanna Fra, Bianca Lodola, Andy Fluon e Sergio Pappalettera. Una maschera originale,
unica al mondo che Red Ronnie si era aggiudicata nel corso di un’asta di Sotheby’s e che mostrò
con sorpresa a Bowie nel corso di una intervista televisiva: la estrasse da una grossa busta, la mostrò
all’artista che, molto divertito, la sorresse «come un Amleto con il teschio». La maschera verrà
riprodotta in copertina nel 2017 sul libro "Il corpo dell'artista (nel teatro e nelle arti)" di Silvia
Urbini e Alessandro Pedersoli con i contributi di Antonella Huber, Veronica Ceruti, Angela Vettese,
Giuseppe Virelli, Shelton Waldrep, Luca Scarlini, Lucio Spaziante: uno dei tanti omaggi italiani a
un impareggiabile artista. Un libro che ruota intorno al tema della messa in scena da parte di Bowie
di corpo e immagine elevati a territorio di sperimentazione fondamentale nell'espressione della
propria opera.
Nel 1977 Bowie venne a Roma per presentare "Heroes" (ma niente concerti) ospite di
"Odeon - Tutto quanto fa spettacolo", un rotocalco televisivo creato dai giornalisti Brando Giordani
ed Emilio Ravel per la Rai del TG2. Bowie interpretò "Heroes" e "Sense of Doubt" al piano, al
mellotron e al synth, uno Steelphon S900. "Sono apolitico. Tutto quello che dico è provocatorio. È
un pretesto per fare del teatro" ebbe qui occasione di dire. "Nella mia famiglia la maggioranza
sono pazzi e sono già in manicomio o ci stanno andando o ne sono appena usciti. Vorrei poter
pensare che la pazzia dipenda dal fatto che la nostra famiglia è costituita da geni. Ma temo che non
sia vero". E chiudeva così: "Non ho la minima idea di cosa sarò l'anno venturo: un pazzo
scatenato, un figlio dei fiori, un dittatore o un reverendo. Chi lo sa?"
Sempre quell'anno, il 10 ottobre, rivelò in un’intervista al Corriere della Sera il suo sogno
segreto: un grande concerto gratuito al Colosseo. «Sono ricco, non so nemmeno quanto. Voglio fare,
l’anno prossimo, un concerto gratis a Roma, fra le rovine del Colosseo». Alla domanda se
confermava di aver dichiarato al mensile Playboy di "credere fermamente nel fascismo" e che "il
solo modo che abbiamo per vivificare questa specie di liberalismo stagnante è di accelerare
l'avvento di una tirannide di destra che sia totalmente dittatoriale", Bowie rispose «No. Ad ogni
modo le mie dichiarazioni non sono mai un fatto politico ma teatrale. Se ho detto qualcosa del
genere mi riferivo all'assurdo stato di apatia culturale in cui versa l'Inghilterra».
Bowie ritornerà a Roma a maggio del 1979 rilasciando un'intervista televisiva a Fiorella
Gentile per il programma L'Altra Domenica ideato e condotto da Renzo Arbore (tra i tanti italiani
che pronunciavano Bowie con il tremendo Baui). "Perché vuoi sempre cambiare?" gli chiese
Fiorella Gentile. "Non voglio diventare un vecchio reazionario", fu la risposta.
Un'altra lunga intervista su "Lodger" rilasciò a Ciao 2001 a cura di Aldo Bagli. In questa
presentò Lodger come una sorta di miscuglio primitivo di stili che aveva finito per creare una
amabile miscela. "Mah, in fondo credo che Lodger abbia sancito ufficialmente la nascita del
Bowie-pop. Il Bowie-pop non è che la sintesi organica di tutte le mie precedenti esperienze
musicali. Nel corso della mia vita artistica sono passato attraverso numerosi stili, avendo però
sempre dentro di me l’intima convinzione di non rimanervi troppo attaccato. Ora sento invece
l’esigenza di stare un po’ fermo, di racchiudermi in me stesso, di elaborare i dati raccolti e di farli
confluire nel Bowie-pop. Per questo prevedo in futuro un discreto periodo di silenzio artistico
durante il quale passerò in rassegna tutti i miei piani".
Per chiudere gli anni '70 di Bowie e l'Italia dobbiamo ora affrontare un mistero rimasto
irrisolto da una decina di anni a questa parte. All'inizio degli anni 2010 apparve su eMule, noto
software applicativo open source dedicato alla condivisione dei file basato sul peer to peer, uno
strumentale attribuito a David Bowie e Brian Eno, come outtake (qualcuno la ribattezzerà outfake)
di Low o di Heroes. Le "outtakes" sono particolari tracce o versioni differenti di brani musicali non
incluse nella versione finale di un album discografico. Il titolo di questa composizione è "Trieste".
Nè Bowie, né Eno, né nessun altro si sono negli anni a seguire mai attribuiti la paternità di questa
traccia che, invero, suona molto nello stile e nella strumentazione di Low del '77. Né mai è stata
smentita. Semplicemente permane il mistero. E quindi anche il mistero di una simile titolazione alla
città di Trieste.
ANNI '80
Gli anni '80 per Bowie, anche se con tre dischi non molto amati all'epoca da coloro che lo
avevano apprezzato e seguito negli anni '70, vedranno il suo traguardo al grado di superstar in tutto
il mondo, finalmente anche in Italia. "Let's dance" fu il primo disco a vendere significativamente
nella nostra penisola. Nonostante questo, le classifiche italiane con Bowie non sono mai state
particolarmente generose. Ne scrive Walter Bianco sul sito velvetgoldmine, fun club italiano dal
1999. Bianco osserva che David Bowie non ha mai goduto di un grande successo in Italia,
certamente non corrispondente alla sua statura artistica e i motivi possono essere vari: una certa
lontananza di “feeling” tra il pubblico nostrano e il tipo di musica proposta da Bowie; e l’essere
emerso in un periodo in cui in Italia erano altri i generi più seguiti. Nella "All Time Chart" della
Hit Parade Italia tra i dischi più venduti di tutti i tempi nel paese risultano solo tre dischi di Bowie:
Never let me down nel 1987 al 17° posto, Absolute Beginners al 21° e Under Pressure con i Queen
al 193°.
Tra le posizioni migliori Top 100 raggiunte e quelle nelle chart annuali, vediamo anno per
anno (quindi negli anni di uscita) quali sono stati tra i primi cento dischi venduti da Bowie in Italia.
Il singolo Space Oddity raggiunse il 54° posto nel 1969. Nessuna presenza nelle classifiche italiane
per gli album Space Oddity, The man who sold the world, Hunky Dory, The rise and the fall of
Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. Aladdin Sane raggiunse l'ottavo posto come miglior
piazzamento e il trentaduesimo posto nella classifica annuale. Nulla per Pin-Ups. Diamond Dogs
arrivò al 16° (55° nella annuale). David Live (75° e 22° annuo nel 1975, quindi l'anno dopo la sua
pubblicazione), Young Americans non entrò tra i primi 100. Station to Station raggiunse il 16° (64°
annuale), Low non pervenne, Stage (24° e 83° annuo nel 1978), Heroes (11° e 42° annuo), Lodger e
Scary Monsters non vendettero abbastanza da entrare nella Top 100. Let's dance arrivò 5° (35°
annuale), Tonight al 7° (59° annuale), l'antologia Fame and fashion al 5° (30° annuale), Never let
me down al 4° (24° annuale), Tin Machine all'11° (50° annuale). Gli anni '80 furono quindi il
momento migliore per Bowie nelle classifiche italiane. E ancora: Black Tie White Noise fu al 6°
posto (45° annuo), l'antologia ChangesBowie all'11° (41° annuo) nel 1990, Outside e Earthling non
scalarono le prime 100 posizioni, Hours giunse al 9° posto (60° annuo). Heathen e Reality furono
altri due dischi di Bowie che non entrarono nella Top 100 italiana. Dopo il lungo silenzio
discografico andò meglio con The Next Day che toccò il 2° posto (39° annuo). La scioccante notizia
della scomparsa di Bowie all'indomani dell'uscita del suo ultimo disco portò infine il testamentario
Black Star in Italia al 1° posto per la prima volta (20° annuo).
Nonostante lo scarso successo immediato nelle vendite in Italia del trittico berlinese, lo
stesso ebbe anche da noi un impatto fortissimo su chi faceva musica, influenzando notevolmente il
nuovo corso del post-punk e della new wave. Bowie cominciò a ispirare una lunga schiera crescente
di cantanti e gruppi italiani. Tutti i gruppi new wave italiani del decennio gli furono in qualche
modo debitori dichiarandone le influenze, imitandone qualcosa sia musicalmente o nella voce, nel
modo di cantare, sia nel look, sia pure nella gestualità. Poche le eccezioni. E in Italia iniziò anche la
caccia al "David Bowie italiano", al cantante cioè che potesse essere considerato come la versione o
incarnazione italiana di Bowie. Cosa questa che a volte diede origine a paragoni improbabili o
perfino imbarazzanti. Si passò da Renato Zero a Cristiano Malgioglio per coloro che videro nel
Bowie degli anni '70 soltanto un'icona della liberazione sul fronte omosessuale o bisessuale e una
eccentricità glitter poco più che fine a se stessa, scambiando trucco, capelli e vestiti da androgino
spaziale per un mero travestitismo proprio di un terzo sesso e basta. Nel 1973, quando Zero
pubblicava il suo primo disco, fu anche l'anno semmai della "morte" di Ziggy Stardust. Ù
Lo stesso glitter rock o glam rock all'apice già
veloce agonizzava. Zero, presentando il suo album "Alt" nel 2016 disse scherzando: "Mi hanno
definito il David Bowie italiano? Considerate piuttosto David Bowie il Renato Zero inglese!" Zero,
se non che scherzando, non ha mai fatto suo questo paragone, del resto irrispettoso probabilmente
per chiunque e sicuramente inutile (e un tantino "scivoloso"). "Per noi, il fatto di sapere che
esistevano David Bowie e i Pink Floyd ci costringeva a fare lavori che non sfigurassero. Stesso
discorso anche in Italia, con Battisti, Lucio Dalla, De Andrè... C'era concorrenza anche da noi:
non si poteva fare a meno, altrimenti eri fuori. Oggi lo standard si è abbassato, gli artisti vanno in
classifica al secondo posto con duemila copie vendute" ha ancora dichiarato Zero. E alla morte di
Bowie: "Non verrà dimenticato. Ma preferirei che non avesse preso l'astronave e fosse ancora qui.
Mi sarebbe piaciuto, tra 15 anni, incontrare un elegante vecchietto in un parco di Londra e dirgli
balbettando: "Mr Bowie, sono un suo vecchio fan italiano. Grazie per l'ispirazione, grazie di tutto.
Mi saluti i suoi amici su Marte".
Il libro di Leo Mansueto, edito da Caretterimobili, "L'ultimo dei marziani. David Bowie
raccontato dal pop rock italiano" spiega come l'artista inglese più di ogni altro abbia saputo lavorare
lungo direzioni diverse, unendo con grande maturità alla ricerca musicale elementi provenienti dalla
pittura, dal cinema e dalla danza. Per certi versi, si può dire che Bowie abbia portato a compimento
la lezione di Elvis Presley, a cui da giovane diceva di ispirarsi, influenzando in maniera decisiva le
icone della musica pop emerse negli anni '80. Ma anche la lezione di un altro grandissimo della
musica (questa volta un italo-americano): Frank Sinatra. Per altro è noto che è proprio a "Frankie"
(come dedica sul retro della copertina di Hunky Dory) che deve la creazione della sua canzone
definita la più bella di ogni tempo, nonché la sua signature tune: Life on Mars? "Life on Mars?"
nacque infatti come omaggio o forse vendetta sugli stessi accordi di "Comme d'habitude" di Claude
François, a cui nel 1968 Bowie aveva tradotto in inglese e su commissione il testo in "Even a fool
learns to love". Traduzione che non ebbe seguito, poiché fu preferita quella di Paul Anka nella
celebre "My way", canzone presto cavallo di battaglia anche di Frank Sinatra. E Bowie, come
crooner elegante e rubacuori, fu spesso associato a Frank. Al “Duca Bianco” fu anche offerto di
recitare la parte di “The Voice” Frank Sinatra in una versione cinematografica sulla vita del cantante
e attore scomparso nel 1998. Secondo alcune indiscrezioni riportate dal New York Daily News
Bowie si disse molto interessato e lusingato per la proposta: "ho sempre ammirato la sua classe e il
suo stile”, avrebbe infatti commentato.
Tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80, con l'acclamarsi di Bowie e l'affermarsi
anche in Italia del post-punk e della new wave, arrivò dunque anche la strana necessità di etichettare
qualcuno e più di uno come il Bowie italiano. Tra i primi accadde con Fausto Rossi in arte Faust'O e
con Renato Abate in arte Garbo. Mimma Schirosi ha scritto di Faust'O su OndaRock: Il suo esordio
nel panorama musicale italiano è del 1978, con l'album Suicidio. Il disco, pubblicato con lo
pseudonimo Faust'O, si impone per il suo stile originale e innovativo, ispirato alla new wave del
periodo. I testi ripetuti in modo ossessivo, i ritmi nervosi e gli arrangiamenti musicali fuori dagli
schemi di matrice glam fanno di Faust'O una sorta di David Bowie nostrano. Faust'O, nel suo
secondo disco "Poco zucchero" del 1979, in cui i richiami ai padri del rock elettronico si
avvertivano ancora chiaramente dopo il disco di debutto, soprattutto gli Ultravox e l'amato David
Bowie, incise una canzone intitolata "In tua assenza", che nel testo è un esplicito omaggio a Bowie
e alla sua "Breaking glass" da Low: "Ancora sono stato nella tua stanza / A rompere specchi / A
rompere specchi / Nella tua stanza più segreta..."
Taluni in quegli anni hanno invece visto in Garbo il Bowie italiano e ancora oggi è da
tal'altri considerato uno dei suoi eredi italiani spirituali (a lui infine sarebbe stato assegnato il titolo
definitivo di Bowie italiano). Un 45 giri promozionale della EMI italiana del 1983 aveva "Let's
dance" sul lato A e "Generazione" di Garbo sul lato B. "Il fiume" del 1986 sembrò a molti contenere
una citazione di Heroes. Naturalmente Garbo non hai mai smentito l'influenza di Bowie. "Adoravo
Bowie, ma più quello di Hunky Dory e Ziggy Stardust. Certo, Heroes è un album indispensabile,
come Remain in Light dei Talking Heads. Sono lavori che hanno aperto nuove dimensioni. Gli
artisti non sono figli di nessuno, hanno dei papà e dei nonni che hanno aperto delle finestre.
L’impresa miracolosa è riuscire ad aggiungere qualcosa a quelle illuminazioni" (da una intervista
di Andrea Silenzi su Repubblica.it). E ancora:
Domanda: A proposito, Bowie era comunque considerato il suo modello. Lo ha mai
incontrato?
Garbo: "Solo una volta, ma molto velocemente, nel 1983. Però una sera sono stato a cena
con Iggy Pop, dopo un suo concerto a Milano. Eravamo a tavola con discografici e manager, io ero
imbarazzato perché mi ha fissato tutta la sera. Mi ha rivolto la parola solo mentre andavamo via:
'Mi ricordi molto un mio amico', mi ha detto. Per me era un complimento".
"Piccoli Bowie d'Italia" si intitola un articolo della webzine "Rockit" di Renzo Stefanel, che
vorrei ripercorrere: "È il periodo della storia del rock compreso tra il 1978 e il 1983: non più
classic rock, non ancora anni '80. In sintesi, il regno del post punk. Molte furono le cose belle che
in esso videro la luce, ma fu anche il periodo in cui in Italia fiorirono i seguaci di Bowie.
Un’influenza esibita, ostentata, quasi un’appartenenza, un chiamarsi fuori ed essere alieni a quello
che il nostro panorama musicale e sociale offriva." Anche Stefanel rileva la superficialità degli
accostamenti fatti tra Bowie e Zero solo per una questione di "travestitismo" (che poi Bowie tutto fu
meno che un cantante "en travesti") nonché il fatto che fino a “Low” e “Heroes” (e come anche già
detto qui) Bowie in Italia - quell'Italia machista ed estremamente politicizzata della prima metà dei
'70 - non era affatto considerato, oppure lo era ma negativamente. Annota ancora Stefanel:
All’improvviso tutto cambiò. Grazie a due eventi: il primo, il servizio oggi impensabile che Odeon,
un rotocalco tv su Rai2 di grande successo all’epoca, dedicò all’uscita di “Heroes”, nel 1977:
tramite esso, gli italiani videro il nuovo Bowie futurista e decadente insieme, che peraltro
dichiarava di aver “smesso di essere omosessuale”, con buona pace dei timori machisti. L’altro,
nel 1981, fu il film “Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”, che allora segnò davvero
un’epoca, in cui Bowie appare come forse l’unico punto di riferimento nella vita dei protagonisti:
un suo concerto era una delle scene centrali del film e sua era la colonna sonora. Il fatto che il film
fosse tratto da un romanzo autobiografico, poi, fece aumentare a dismisura le quotazioni di Bowie,
già altissime per l’evidente tributo che tutta la generazione new wave gli pagava".
Tra i primi artisti considerati tra i Bowie italiani bisogna menzionare anche Alberto
Camerini, che omaggiò Bowie nel 1981 con la sua "Rock'n'Roll Robot": "Lui suona la chitarra in
una rock'n'roll band" e "Johnny play guitar" alludevano chiaramente al "Ziggy plays guitar" di
"Ziggy Stardust". Poi la staffetta toccò al torinese Andrea Liberovici, figlio del compositore Sergio
Liberovici e di Margot Galante Garrone del Cantacronache, il quale citò "V2 Schneider" in "Tira
tira tira". Liberovici dichiarò: "Certo che Bowie mi ha influenzato. Soprattutto è stato uno dei primi
nel secondo '900 a realizzare, attraverso i nuovi media, il grande sogno wagneriano dell'arte
totale. Proprio questo mi colpì di lui, oltre a lavori come Heroes, Lodger, Scary Monsters: la
capacità di realizzare, seppur in brevi tratti come sono le canzoni, il concetto di opera totale ovvero
musica, testo, scene, costumi, storia ecc."
Poi ancora toccò a Ivan Cattaneo, che su Rockol, a proposito di Bowie ha dichiarato: Tutti
gli devono qualcosa, tutti abbiamo imparato da lui. È stato il maestro del trasformismo. Senza di
lui non ci sarebbero stati Michael Jackson, Madonna, Lady Gaga e tanti altri. Sono stati tutti a
scuola da lui. Bowie ha insegnato a vestire la musica, a far sposare l'immagine con il rock. Per la
musica, è stato un Picasso. Anzi, un Dalì! Era un artista a 360 gradi. Ha coniugato arte e musica,
teatro e musica, poesia e musica. Ha unito i linguaggi, è stato il più grande. In ogni suo disco c'era
un cambiamento non solo musicale, ma anche fisico ed estetico. Ci aveva abituati alla sua
poliedricità. Un vero camaleonte. Era una star, una star aristocratica. E non a caso, si faceva
chiamare il Duca Bianco...
Senza stare a enumerare le moltissime band new wave dell'epoca che si ispiravano a Bowie,
bisogna ricordare almeno un grande gruppo musicale come quello dei Matia Bazar che negli anni
'80 si rinnovano nel suono e nel look a cominciare dal disco "Berlino, Parigi, Londra", passando
dalla musica pop leggera a un raffinato rock elettronico d'appeal internazionale grazie anche al
contributo del nuovo tastierista Mauro Sabbione, portatore della passione per Bowie. La canzone
"Elettrochoc" fu rappresentata in televisione a "Domenica In" nel 1983: qui la Ruggiero esibì una
gestualità bowiana quando mimò i gesti che Bowie, appresi forse alla scuola di Lindsay Kemp,
compiva all'epoca di Ziggy Stardust in "The width of a circle".
Come abbiamo visto fin qui, Bowie è stato interpretato dagli italiani prima come il portatore
e portavoce di una ostentazione provocatoria di più liberi costumi sessuali, poi come dandy
raffinato e decadente riconosciuto a capo della cosiddetta new wave. Solo parti, dunque, di un tutto
molto più sfaccettato e complesso, di un trasformismo camaleontico dalla genialità sperimentatrice
invece inimitabile. La costante ricerca di nuovi suoni, di nuovi modi di fare musica porteranno altri
all'accostamento - meno appariscente e più di sostanza - di Bowie allo sperimentatore poliedrico
italiano Franco Battiato. E poi, con ulteriori debite differenze, ci sono Morgan e i Blu Vertigo, i
quali hanno da sempre omaggiato Bowie, sia ricantandolo, sia dichiarandone la grandezza e
l'influenza ricevuta. Il David Bowie Show "Andy & White Dukes" del 2018 è stata una rivisitazione
di parte del suo repertorio e delle sue hit principali da parte di Andrea Fumagalli, in arte Andy
Fluon, cofondatore dei Bluvertigo. «Non ho costruito uno spettacolo per emulare Bowie. È una mia
visione. Per me è l’occasione di mettermi davanti, di fare il cantante secondo il suo repertorio,
un’occasione di ulteriore ricerca che mi spinge verso cose che non ho ancora sperimentato» ha
dichiarato Andy a Francesco Verni de Il Corriere della Sera, ricordando anche la volta che ebbero
l'occasione di suonare prima di David Bowie a Lucca. «Ci siamo sfiorati con i Bluvertigo al Lucca
Summer Festival del 2002. Una fortuna in più è stata che dovevano esserci i Travis tra noi e Bowie,
ma si fece male il batterista e così abbiamo suonato prima di lui. Nel backstage è stato un onore
conoscere i suoi musicisti, ma Bowie ci è solo sfrecciato davanti: aveva un’energia che muoveva le
pareti».
Anche Enrico Ruggeri ha spesso omaggiato Bowie. In una videointervista dichiarava: "Un
musicista che non è un fan di David Bowie è un mezzo musicista". In "Punk prima di te" rifece per
esempio All the young dudes e The Jean Genie e nel 2016 dal vivo cantò Life On Mars? In omaggio
al Duca Bianco, insieme ai rinnovati Decibel, porterà una dedicata "Lettera dal Duca" al Festival di
Sanremo del 2018.
Passano come rondiniPossibilità e utopieVolano senza redini
Come libere armonie.E non conosco più leggi di gravità
Ostacoli e complessitàRaggiungo un'altra dimensione
Se chiudo gli occhi vedo l'infinito in meSupero i miei limiti più di quanto immaginiTu stai parlando a una persona che non c'èSilenziosa anima che questo sole illumina
I see the townsI see the mountainsHere in my heartFuori dal tempoA new fronteer
Another game to play
Passano vecchie immaginiIndelebili su di noi
Restano frasi e musicaE quel battito sentirai
Io non capisco più certe meschinitàLe misere mediocrità
Io vivo un'altra dimensioneSe chiudi gli occhi vedi l'infinito in te
E superi i tuoi limiti più di quanto immaginiTi accorgerai che un mondo spirituale c'è
Fuoco dentro all'anima che tutto intorno illumina
I see the townsI see the mountainsHere in my heartFuori dal tempoA new fronteer
Another game to playI see the towns
I see the mountains
Se chiudo gli occhi vedo l'infinito in meSupero i miei limiti più di quanto immagini
Down down, I see the wall falling
Tra gli omaggi italiani va menzionato anche quello di Alice nel 2000 con una sua versione
italiana di "This is not America", canzone scritta da Bowie con Pat Metheny e Lyle Mays per il fim
"The falcon and the snowman", pubblicata nel 1985. Anche nel caso del remake di Alice, il testo è
del tutto (o quasi del tutto) nuovo.
This is not america,shala la la la
qualcosa muore in te,qualcosa muore in me, ormai
(this is not a miracle)siamo senza alcun potere
fiori chiusi nel destino che non sbocciano,forse (this is not america)anche l'anima è virtuale?
Ma il vento che piegava gli alberimostrava le profondità di orizzonti
e prospettive in noiFor this is not america,
Sha la la la laThis is not america, no,
this is not,Sha la la la la
io non voglio consacrarmi a una vitache mi dà (this could be the biggest sky)
solo paure e aggressivitàQualcosa muore in te,qualcosa muore in me
ma non (this could be a miracle)questo senso di eternità
il vento che piegava gli alberimostrava le profondità di orizzonti intangibili
This is not america,Sha la la la la
This is not america, no,this is not,
Sha la la la laThis is not america, no,
this is notThis is not america, no,
this is not,Sha la la la la
Rai Tre dedicò un nuova intervista con David Bowie, andata in onda nella puntata di Mixer
di Giovanni Minoli del 9 marzo 1981, fatta nel periodo successivo a The Elephant Man interpretato
a teatro a Broadway da Bowie (debuttò il 23 settembre 1980), una piéce di Bernard Pomerance
basata sulla biografia di Joseph Merrick. In questa intervista Bowie espresse il desiderio, prima o
poi, di fare un film come regista. "Lavoro mese per mese senza fare piani con scadenze" affermò
anche. E, purtroppo, l'occasione o il mese per mese per fare un film da regista non giunsero mai.
Nel 1982 la RCA pubblicò un 33 giri dal titolo BOWIE RARE senza l'autorizzazione
dell'artista, il quale dichiarerà di non aver apprezzato né compreso il gesto. I rapporti fra Bowie e la
casa discografica erano ormai deteriorati da tempo, e il cantautore avrebbe di lì a poco firmato un
contratto di esclusiva con la EMI, ponendo così fine a un sodalizio durato anni. La compilation
contiene un mix di rarità provenienti dal periodo 1969-1980, come la versione in italiano di Space
Oddity (Ragazzo solo, ragazza sola) e la versione in tedesco di Heroes. I brani presenti nella
raccolta erano effettivamente di difficile reperibilità. La compilation, curata da Fabrizio Ferrucci e
Carlo Basile della RCA italiana, masterizzata da Piero Mannucci, non è stata ancora mai ristampata
in formato compact disc, ed è da tempo fuori catalogo. L'album, distribuito solo in Europa,
raggiunse la posizione numero 34 in classifica in Gran Bretagna. "Bowie Rare è un lavoro in vinile
intelligente, nuovissimo e made in Italy dalla testa ai piedi; è il lavoro che milioni di fans
attendevano da tempo. Ci sono qui brani tra i meno masticati dal grosso pubblico, una montagna
di b-sides logorati dal tempo e fatti rivivere per la delizia del rock'n'roll". Così scriveva Francesco
Adinolfi su Ciao 2001.
Nonostante il buon successo nel 1983 in Italia di "Let's dance", Bowie non portò in Italia il
suo "Serious Moonlight Tour". I posti più vicini per andarlo a vedere furono in Francia, a Lione o a
Fréjus in Costa Azzurra.
Nel 1984 fu la volta dell'album "Tonight" e del videoclip di "Loving the Alien" co-diretto da
Bowie insieme a David Mallet, in cui lo scenario sembra ispirato alla pittura metafisica di Giorgio
De Chirico. Non vi si riconosce un quadro in particolare, come da qualche parte si è concluso
descrivendo la backing band che spunta fuori da un dipinto di De Chirico. C'è qualcosa di
dechirichiano negli archi del palazzo sullo sfondo del video, che rievocano il fronte del Palazzo
della Civiltà Italiana o della Civiltà del Lavoro nel quartiere Eur a Roma, esemplare connubio
architettonico tra surrealismo e razionalismo. E nel volto dipinto di blu di Bowie, nel video come
nella copertina del disco, non si può a meno di vedervi rievocare la faccia dipinta di blu di
Modugno ancorché di Chagall.
"Loving the Alien" sicuramente ci dice però che Bowie non aveva significativi rapporti
ideali, intelletuali o spirituali con una certa Italia, quella cioè di Roma cattolica, con il cristianesimo
nato appunto a Roma. Anzi, ne prendeva decisamente le distanze così come anche dal
musulmanesimo e da qualunque altra religione in quanto tale. Bowie scrisse "Loving the Alien" in
un momento nel quale provava un forte sentimento di rabbia verso le religioni costituite. Portava al
collo un crocefisso d'argento come semplice porta fortuna, niente più di un amuleto di magia
bianca. Dichiarò: Loving the Alien nasce dalla sensazione che gran parte della storia sia sbagliata,
dal momento che viene riscritta continuamente, e che ci basiamo troppo sulle errate conoscenze
che abbiamo accumulato... È stupefacente, se consideriamo tutte le erronee traduzioni della Bibbia,
che le nostre vite siano condizionate da questa disinformazione e che a causa di essa siano morte
tante persone. Così pensava allora Bowie del cristianesimo e del cattolicesimo, lui piuttosto
coinvolto con il mondo dell’esoterismo, subendo anch'egli come molti altri artisti rock il fascino
dell'Ordine Ermetico dell'Alba Dorata e di Aleister Crowley, al punto che tutta la sua carriera
artistica è stata interpretata come un vero e proprio mito gnostico.
Su Santa Romana Chiesa dichiarerà ancora: Tutta colpa di questa dannata chiesa cattolica,
l’ho odiata fin da piccolo, che non ha consentito a ciascuno di giungere a Dio per la propria
strada... E quelli che non erano d’accordo erano eretici e gnostici. Adesso il bisogno di spiritualità
ha recuperato l’autodeterminazione e un nuovo primitivismo: tatuaggi, piercing, e altro ancora.
Una posizione verso la chiesa cattolica rimasta sempre molto polemica, anche provocatoria, come
sarà ancora nel videoclip di "The next day", per altro di una regista italiana naturalizzata canadese,
Floria Sigismondi, ritenuto un attacco violento al cristianesimo e che alcuni fedeli accusarono di
oscenità e blasfemia.
Tuttavia Bowie, in quanto incarnazione di uno, nessuno e centomila, fu anche colui solo che
in ginocchio recitò il Padre Nostro al concerto in onore dello scomparso Freddie Mercury, tenutosi
il 20 aprile 1992 al Wembley Stadium di Londra. E Bowie, che piacque prima o poi a chiunque o
quasi in ogni angolo del mondo, non dispiacque nemmeno alla chiesa , benché sue affermazioni
come questa: Quello che trovo difficile è ciò in cui sono cresciuto, il cristianesimo che curva la
spina dorsale ed esegue degli ordini. Sono un cristiano così cattivo. Non sono più un cristiano.
Non posso fare a meno di pensare che gli inizi del cristianesimo non avessero nulla a che vedere
con ciò che conosciamo oggi. Era una serie di consigli umanisti sulla vita e sulla sopravvivenza
quotidiana. Il Nuovo Testamento è un libro censurato, con dei brani scelti, e si è lasciato da parte
tutto ciò che si è ritrovato oggi nei manoscritti del Mar Morto, o il Vangelo di Tommaso. Penso che
la parola di Cristo fosse più vicina a quella degli gnostici. L’istituzione del Vangeli è stata un atto
politico. I cristiani avevano in qualche modo bisogno di una Chiesa, di un canone, di una comunità
per difendersi e a loro interessava demonizzare gli ebrei (Epok, 2003). Alla morte di Bowie
messaggi di cordoglio arriveranno anche da influenti uomini di chiesa come nel tweet del cardinale
Gianfranco Ravasi, che citava "Space Oddity"... May God's love be with you. E questo ribadisce che
c'è stato un Bowie per tutti.
Due film con David Bowie, da noi in forte crescendo di popolarità, ottennero un buon
successo in Italia, ma non nel complesso: Absolute Beginners e Labyrinth. Absolute Beginners è un
film musicale diretto da Julien Temple tratto dal libro omonimo di Colin MacInnes sulla vita a
Londra alla fine degli anni '50. Absolute Beginners ottenne bassi incassi al botteghino trascinando
la casa di produzione Goldcrest, già provata dal recente fallimento del film Revolution, sull'orlo del
baratro finanziario. Solo in seguito il film acquisì lo status di cult movie, in parte grazie alla sua
colonna sonora. Nella colonna sonora Bowie, oltre alla title-track, cantò per la seconda e ultima
volta in italiano, reinterpretando il successo planetario di "Nel blu dipinto di blu" (per molti
semplicemente "Volare") di Domenico Modugno e Franco Migliacci. Non piacque a molti italiani
questa rinnovata incursione di Bowie nella lingua italiana e quel "mi dipingevo le mani e le faccia
di blu". Che poi, a dirla tutta, non fu nemmeno tra le peggiori delle pronunce italiane da parte di un
cantante anglo-americano. Anche l'arrangiamento è stato a volte criticato, ma tutto sommato non
perfettamente capito. Bowie ebbe l'intelligenza e la grazia di trattare una canzone così difficile,
oramai monumentale, in una chiave lounge e leggera, divertita e divertente, sicuramente moderna,
fondamentalmente umile rispetto a chi invece, di un classico di simili proporzioni, si sentirebbe in
obbligo di farne un super arrangiamento magari non scevro di sinfonismi.
Labyrinth - Dove tutto è possibile è un film fantastico diretto da Jim Henson, il creatore dei
Muppets. Per il ruolo di Jareth fu scelto Bowie, sebbene inizialmente la produzione avesse pensato
a Michael Jackson o a Sting. E Bowie regalerà al film, insieme a Trevor Jones, una colonna sonora
ormai mitica. Anche il film Labyrinth si rivelò un fiasco al botteghino, incassando non molto negli
Stati Uniti, ma la successiva trasposizione per l'home video lo consacrò come cult movie, tanto che
nuove edizioni si sono succedute spesso a cadenza annuale nel periodo natalizio. Di uno dei brani
della colonna sonora di "Labyrinth", Magic Dance, esiste una cover decisamente terribile fatta nel
2008 dall'alternative dance vocalist e producer Kelley Polar (all'anagrafe Micheal Kelly), violista
classico di Providence. Il testo infatti è stato tradotto parzialmente in un italiano che somiglia le
traduzioni automatiche di Google Translate e pronunciato anche peggio... Ho visto mio figlio...
Parole incomprensibili... Il suo amore se n'è andato via / lasciato mio bambino triste... Parole
incomprensibili... Poi bambino detto: Dance magic dance, jump baby jump...
Finalmente arrivò il 1987: era l'anno di Never let me down e del Glass Spider Tour. David
Bowie atterrò a Fiumicino e ad attenderlo all'aeroporto accorsero centinaia di giovani fans. Un
servizio di Red Ronnie, ad attenderlo con loro, fissò quel momento. Fu il 24 marzo e Bowie non lo
si intravede che appena, portato via velocemente su una sgommante Mercedes e super protetto dagli
assalti dei fans, alcuni dei quali poi delusi intervistati da Red Ronnie. Prima di iniziare il Glass
Spider Tour (prima data europea il 30 maggio a Rotterdam), David Bowie anticipò sia lo show che
l'uscita dell'album Never Let Me Down in otto incontri con la stampa (showcase incluso) che si
tennero, a partire dal 17 marzo 1987, nelle principali capitali del mondo, ossia Toronto, New York,
Londra, Parigi, Madrid, Roma, Monaco e Amsterdam. A Roma Bowie incontrò la stampa e un
piccolo gruppo di fans il 25 marzo, al Piper Club. Tutta la band, ad esclusione di Erdal Kizilcay,
partecipò a quel mini-tour promozionale; due i brani eseguiti, Bang Bang e '87 and Cry, seguiti da
circa venti minuti di domande e risposte con i giornalisti. Di quell’incontro rimangono alcuni report
di qualche telegiornale, il ricordo di Red Ronnie che annunciò in televisione (a Domenica In)
l’arrivo di David a Fiumicino (provocando una bella ressa di fans all’aeroporto) e soprattutto un 45
giri bootleg in vinile colorato che documenta quella giornata al Piper Club. Bowie interagì col
pubblico italiano al Piper, ricevendo anche un anello da parte di una fan, prendendolo,
apprezzandolo, ma declinando elegantemente. Poi, insistendo quella donna del pubblico,
accettandolo e infilandoselo a un dito poco dopo l'attacco di '87 and cry. Qualcuno dal pubblico gli
chiese se gli piacesse la musica italiana e Bowie rispose di sì e "I like Battisti, he's very good! He's
nice!". Lo special curato da Red Ronnie terminò con una intervista a Umberto Tozzi, che a
proposito di Bowie disse: è stato uno dei miei primi idoli dopo i Beatles e gli Stones, che erano
però dei gruppi. Il primo mio idolo che non fosse quindi un gruppo. Ha un grande fascino, è uno
degli artisti più interessanti da seguire ancora adesso.
Dopo un paio di mesi gli stadi di alcune città italiane avrebbero accolto migliaia di persone
accorse a vedere David e il suo mastodontico Glass Spider, da taluni per altro in seguito criticato
proprio per le dimensioni da stadio non proprio ideali a garantire la qualità del suono e da qui il
ritorno in seguito a luoghi più "raccolti" nel tour con i Tin Machine. L'ultima colossale tournée
mondiale, il gigantismo della produzione diede a volte l'impressione di una certa confusione
oltreché di un qualcosa di kitsch. Così rispose Bowie a questa osservazione fattagli da Famiglia
Cristiana dopo la pubblicazione di Tin Machine I... "Credo che sarebbe meglio dimenticare per un
po' quella tournée. A furia di parlarne, temo di lasciarmi coinvolgere dall'opinione generale
piuttosto negativa. Alcuni aspetti di quello spettacolo erano notevoli e completamente nuovi.
Abbiamo sbagliato a proporre un concerto così complesso negli stadi, anziché in auditorium per
diecimila spettatori. Non è stata, comunque, una fatica inutile: non tutti i quadri sono capolavori"
P.N. (con queste sole iniziali si firma l'autore dell'intervista): Nell'attuale tournée (con i Tin
Machine) hai però scelto spazi più raccolti, fai pochi concerti e non vieni in Italia. Deludi così
molti fan.
D.B. : "Questo breve giro di concerti non è stato pensato per gli ascoltatori, ma per noi musicisti.
Davanti a un pubblico meno numeroso vogliamo scoprire qual è la vera sostanza del gruppo:
l'anno prossimo verremo sicuramente anche da voi. Nel vostro Paese mi trovo molto bene. E poi
vesto all'italiana".
Finalmente il primo concerto di Bowie in Italia arrivò il 9 giugno 1987 a Firenze. 45.000
spettatori si raccolsero nello stadio comunale oggi intitolato ad Artemio Franchi, un monumento
nazionale progettato da Pier Luigi Nervi e Gioacchino Luigi Mellucci. Bowie arrivò all'aeroporto di
Pisa alle 16 dell'8 giugno e in auto venne trasferito alle porte di Firenze in località Candeli per
essere ospitato insieme al suo staff all'Hotel Villa La Massa, una palazzina del Seicento molto
apprezzata dall'artista. Un articolo su La Repubblica del 10 giugno, scritto da Paolo Vagheggi, ci fa
sapere anche qualche particolare di quella breve permanenza in attesa dello show. A Bowie fu
riservata la suite lusso n. 34, arredata in stile settecentesco e con parati a fiori azzurri; passeggiò in
giardino, chiacchierò con gli amici e nella notte, improvvisa, fece una puntata in discoteca al
Central Park all'interno del parco delle Cascine. L'indomani, sveglia alle 10, colazione con
caffelatte, brioche e uova. Avrebbe voluto dedicare la mattinata allo shopping, ma un incidente
grave, per fortuna non mortale, aveva turbato tutti quel giorno: un tecnico dello staff, Mike Spyder,
cadde da una impalcatura alta 15 metri mentre veniva montato il maxi palco, procurandosi fratture
multiple e una prognosi di 40 giorni. Bowie quindi cambiò programma e rimase in hotel, dove
ammirò - è scritto sempre nello stesso articolo - una Madonna del Verrocchio che dominava il
ristorante della Villa, un tempo appartenente alla famiglia dei patrizi fiorentini Pecori Giraldi
(Guglielmo Pecori Giraldi fu generale e Maresciallo d'Italia). Sappiamo anche cosa assaggiò quel
giorno della cucina dello chef Paolo Giorgetti: pollo con noce di cocco, spaghetti al pesto,
scaloppine e pasticcini. Infine, protetto dalle guardie del corpo e dagli addetti degli organizzatori
italiani, Bowie fu accompagnato (un altro articolo riferisce che il trasferimento avvenne su un
cellulare della polizia) allo stadio verso le 19. Qui rilasciò un paio di interviste televisive prima del
concerto. La band era composta da Carlos Alomar, Peter Frampton, Carmine Rojas, Richard Cottel,
Erdel Kizilcay, Alan Childs e 5 ballerini tra i quali la fidanzata di Bowie in quel periodo, Melissa
Hurley. Bowie calava sulla scena su un filo d'acciaio dalla pancia del gigantesco ragno,
sganciandosi simbolicamente dal suo passato tela di ragno, dibattendosi tra un pezzo e l'altro tra le
lusinghe o tra le aggressioni di fantasmi da lui stessi creati nel corso della sua carriera, tra la realtà e
l'irrealtà del rock e della rock stardom e i suoi cliché, archetipi e stereotipi.
Fu un trionfo, quella, come anche le successive date italiane (e non solo). Dopo il concerto
un cenone e prima di partire, spaghetti alla carbonara. Ma non sarà questo l'unico giornale a prestare
particolare attenzione ai menù di Bowie in Italia.
Il maxi palco del rock theatre show con l'enorme ragno di plexiglass dalle 8 zampe
luminose, tra decine di TIR e centinaia di addetti, andò quindi a Milano. La stessa sera suonò anche
Peter Gabriel al Palatrussardi. Mercoledì 10 giugno 65.000 persone stiparono lo Stadio Meazza o
San Siro di Milano. Duemila scelsero invece Peter Gabriel al Palatrussardi. Molti anche i VIP
accorsi, tra i quali l'ex sindaco Carlo Tognoli, il politico Gianni De Michelis, lo scrittore Pier
Vittorio Tondelli, l'autore di Altri libertini, romanzo di culto fra i giovani italiani degli anni ottanta,
Dori Ghezzi, Nada... Bowie e Gabriel coronavano una settimana particolarmente ricca di
appuntamenti importanti con la musica: dal venerdì precedente si erano già esibiti Prince, Simply
Red e Duran Duran. Dal Corriere della Sera sappiamo solo che fu ospitato da alcuni conoscenti in
una villa fuori Milano (pertanto non ci è dato sapere cosa mangiò in quel di Milano) e che in città
fece sicuramente shopping come già altre volte. Milano non era dunque nuova per Bowie, abitando
in quel periodo in Svizzera romanda, a Losanna, sul lago di Ginevra. Nonostante avesse ancora un
appartamento a Chelsea a Londra, fin dal 1976 Bowie scelse la Svizzera come residenza per vivere
più tranquillamente. E magari anche perché paradiso fiscale. Fino al 1982 in una villa a Blonay,
sopra Vevey e a pochi chilometri da Montreux, vicino di casa del pittore Balthus (che per altro,
Bowie intervistò nel 1994 collaborando fino al 1998 alla rivista d’arte Modern Painters,
un’intervista preziosa, se pensiamo che Balthus era particolarmente restio a concedersi ai
giornalisti) e di Oona O'Neill, figlia del drammaturgo Eugene O'Neill e moglie di Charlie Chaplin
da poco vedova (e si mormora di una loro fugace relazione). Dal 1982 Bowie si trasferì nello
Château du Signal, comprato all'editore Albert Mermoud, un castello di 20 camere a Epalinges,
sopra Losanna. Vi rimase, assieme alla seconda moglie Iman Abdulmajid, fino alla loro partenza per
New York nel 1998. Un castello in cui erano stati ospitati da Mermoud poeti e scrittori come Blaise
Cendrars e Jacques Prévèrt.
Da Montreux e da Losanna a Milano, la strada non è lunga. A Milano, quella Milano centro
di poteri economici e tutta "da bere", Bowie fece sicuramente più viaggi e quindi incetta di abiti e
oggetti di design (particolarmente quelli progettati e firmati dal gruppo Memphis). E quant'altro.
Venne in seguito il doppio concerto a Roma del 15 e del 16 giugno allo stadio Flaminio:
40.000 gli spettatori a sera. I quotidiani romani non fornirono alcuna informazione in merito a quel
soggiorno romano tra i due concerti. Sappiamo solo che la scaletta di Roma fu più avara, avendo
Bowie suonato 24 dei 26 pezzi suonati a Firenze e a Milano: mancavano Heroes e New York's in
love.
Il 18 giugno Bowie arrivò a Torino. La scaletta di Torino allo Stadio Comunale, oggi
Vittorio Pozzo, fu invece più ricca, forse perché si trattò dell'ultimo concerto prima di lasciare
l'Europa. Fu l'unica data in cui, oltre a suonare tutti i 26 brani delle altre date, vi aggiunse una
"Young Americans" non suonata nelle tappe di Firenze, Milano e Roma. Marinella Venegoni su La
Stampa, il quotidiano torinese, riportò che i fans avevano iniziato a inondare piazza d'Armi fin dal
primo pomeriggio e intorno alle sei si contavano almeno diecimila persone sul prato (altri
scrivevano trentamila). Naturalmente io c'ero. E ci sarei stato anche prima a Milano, se quasi
arrivati a destinazione non si fosse rotto il radiatore della R5 del mio amico Aldo in tangenziale per
finire la serata portati dall'autosoccorso in una officina che, per ulteriore beffa, era nei pressi nel
Palatrussardi dove si sentivano le note a metà concerto di Peter Gabriel che si tenne la stessa sera.
Ma in effetti quel gigantismo c'era e quel Bowie atteso in Italia per così tanti anni, quel Bowie che
avresti voluto conoscere di persona, stringergli la mano, chiedergli cose, quel Bowie era una
piccolissima e lontanissima delusione dal punto di vista dello stadio in cui ero.
Finito il concerto a Torino, molti ragazzi si spostarono verso il centro cittadino, a presidiare i
portici davanti al prestigioso Turin Palace, in via Sacchi. Secondo Tripadvisor nel 2017 il Turin
Palace a Torino verrà riconosciuto come il miglior hotel d’Italia, vincendo inoltre il «Travelers’
Choice Hotel Awards 2017 e aggiudicandosi anche la terza postazione a livello mondiale. Un
manipolo di fans rimase ad aspettare Bowie fuori dal Turin Palace fino al mattino. Intanto, dentro
l’albergo Bowie si rifocillava, dopo il concerto, con «un menù tutto di pasta: spaghetti con
pomodoro fresco, basilico e aglio; tagliolini freschi ai funghi; pasta al forno cucinata in varie
maniere. L’appostamento degli irriducibili si concluse poi con un buco nell’acqua. Depistati da una
Mercedes blu parcheggiata in via Sacchi, davanti all’uscita dell’albergo, i fan non si accorsero che
David Bowie stava lasciando il Turin Palace, alle 9,15 del mattino, dall’ingresso del garage a bordo
di un fuoristrada. Non sappiamo se Bowie abbia conosciuto qualcos'altro di Torino oltre al Turin
Palace. Da torinese mi piacerebbe molto saperlo, ma non vi sono al momento altre testimonianze.
Probabile però che non ignorasse la storia dell'esordio della follia di Nietzsche avvenuto a Torino. O
forse anche che a Torino vi nacque la pittura metafisica di De Chirico e sicuramente vi nacquero
anche le sue amate Fiat 500 e Volvo 262c Bertone (progettata in Svezia ma interamente costruita a
Torino). In quanto poi cultore dell'esoterismo in generale forse sapeva anche della leggenda della
"Torino magica" al vertice dei due triangoli del bene e del male, quello bianco (con Parigi e Lione)
e quello nero (con Los Angeles e Londra). Ma sono solo supposizioni. Negli anni '80 Bowie avrà
invece un altro incontro con Torino, sebbene indiretto. E si tratterà, come vedremo, di una donna.
Dei concerti del Glass Spider Tour in Italia esistono ben cinque bootleg, tutti stampati e
distribuiti pochi giorni dopo il tour italiano:
Torino, 3 lp, Goodbye Europe (Wildcat records);
A night with the Duke, Milano, 2 lp (Roar records);
Extramilan (TPHP records);
Waiting in the wind, Cinthia records, Roma, 2lp;
Demanding Billy Dolls, box 3 singoli.
Torino o, se preferite, l'Italia, ritorna nella vita di Bowie in una donna. Possibile infatti che
tra tante donne che ebbero una relazione con Bowie (un elenco più volte fatto dai media
decisamente ragguardevole, specialmente per la quantità di donne bellissime e di grande personalità
e notorietà) non vi sia stata anche qualche bellezza italiana? Bowie non era soltanto bello, ma
emanava un fascino magnetico, tale che nessuna donna o quasi - ma anche uomini è stato detto - ne
rimanessero immuni.
Sidne Rome era statunitense, di Akron, anche se poi naturalizzata italiana. Amanda Lear,
scoperta proprio da Bowie, lavorerà per molti anni in Italia, ma era nata a Hong Kong da padre
marinaio britannico e madre di origini russo-mongole, poi cresciuta a Nizza. Amanda Lear
testimonierà il periodo con Bowie in una intervista telefonica a Destini Incrociati di Radio 24... Mi
volle conoscere dopo avermi visto sulla copertina del disco dei Roxy Music... Lui mi convinse a
darmi alla musica, fu lui a dirmi: “Hai una voce eccezionale, devi cantare”. Io non ci avrei mai
pensato. E invece lui ci credeva davvero. Mi pagò corsi di canto e di ballo. Poi iniziai a cantare
con lui, ho imparato tanto. Alla fine proprio in Germania incisi il mio primo disco. E lì ci
lasciammo. Poco tempo dopo registrò insieme a Bowie la sua prima canzone intitolata Star, prodotta
da Toni De Fries, mai pubblicata, esistente forse in un solo acetato 45 giri mai fatto ascoltare al
mondo.
David è stato l'unico uomo con cui sono andata a letto che si truccava più di me. E ancora:
David Bowie l'ho conosciuto che era un ignorante totale (sic), ho dovuto insegnargli tante cose:
gli ho fatto conoscere l'espressionismo tedesco, il surrealismo e Salvador Dalì, Fritz Lang e il film
Metropolis... però era un ragazzo molto sveglio, curioso, assorbiva tutto...
Nessuna italiana vera, dunque, finora. Però un'italiana autentica Bowie ammirò
particolarmente: era la torinese Patrizia Novarini, in arte Rosa Fumetto, pin-up spogliarellista,
regina negli anni '70 del Crazy Horse di Alain Bernardin, da questi ingaggiata a Torino nel 1968. Su
di lei, che con il suo caschetto nero venne definita l'incarnazione della Valentina di Guido Crepex,
Bowie una volta si espresse: Non so, io volevo parlarle, toccarla, era come un sogno
irraggiungibile.
E Rosa Fumetto, in una intervista del 2010 a cura di Alessandro Dell'Orto, ricorda alcuni
clienti abituali del Crazy Horse e il personaggio più particolare era proprio lui, David Bowie. Al suo
arrivo si blocca il locale: ha i capelli rossi ed è truccato come un Ufo. I più assidui frequentatori...
Duchamp e Salvador Dalì, Johnny Hallyday, David Bowie, i Rolling Stones, Richard Gere, Warren
Betty, Fellini e De Sica.
Agli anni '80, al periodo del film "Furyo" di Nagisa Oshima, di buon successo in Italia
arrivando 39esimo tra i 100 film di maggiore incasso, risale anche una discreta e strana non
frequentazione di Bowie e David Sylvian. Ed è un italiano, l'attore Carlo Verdone ad averne avuto
forse per ora unico una conferma dalla voce stessa di Bowie. La domanda che i fans di Bowie (che
spesso sono anche fans di David Sylvian, di Brian Eno e di Kate Bush) si sono spesso posta è la
seguente: se Bowie e Eno hanno collaborato creando pietre preziose e miliari quali Low, Heroes,
Lodger e Outside, perché non c'è mai stata occasione in cui Bowie incontrasse anche Kate oppure
Sylvian? O meglio: si incontrarono, ma non è mai stato per una collaborazione. Eppure Bowie ha
collezionato un bel po' di duetti anche dei più stravaganti, come quello con Bing Crosby. Alcune
volte Bowie e Kate, come lei stessa dice, si incontrarono personalmente. E Kate omaggiò svariate
volte Bowie, citandolo fra i suoi artisti più amati e rispettati a cui si è ispirata fin da giovanissima,
uno dei suoi più grandi eroi. Entrambi, in tempi ovviamente diversi, ebbero per altro un comune
maestro nel mimo Lindsay Kemp. Da parte di Bowie invece non si conoscono dichiarazioni in
merito a Kate Bush. Non ci sono fotografie che li ritraggano anche una sola volta insieme, sebbene
Bowie soprattutto sia stato fotografato ovunque e con chiunque. Negli anni '80 per molti David e
Kate rappresentarono una sorta di coppia ideale. Non per niente nel 2007 a Vancouver fu messa in
scena una pièce teatrale (“Kate Bowie”) di Maiko Bae Yamamoto e James Long in cui si immagina
e rappresenta una collaborazione tra i due nell'anno ipotetico 1981, insieme reclusi in una dimora in
qualche remoto angolo d'Inghilterra per la realizzazione di un loro disco. Già, chissà come sarebbe
stato un loro disco, una loro canzone? C'è in ogni caso una canzone che Kate Bush dedicò a Bowie
dal titolo “Humming”, un demo del 1975 e rimasterizzato nel 2018: Oh Davy, you may have many
words / And many thoughts for you're near / You're so like a star upon me / So like a star upon me
To be one in your garden / Humming, humming, humming...
Poi c'è David Sylvian. E qui c'è un mistero per gli ammiratori di entrambi. I due David, in
un qualche punto delle loro storie, sembra non siano riusciti a simpatizzare. Intanto Sylvian,
all'anagrafe David Alan Batt, agli inizi si poteva pensare che si fosse scelto il nome d'arte Sylvian
prendendolo da una canzone di Bowie, quella “Drive In saturday” in cui Aladdin Sane canta:
“Cursing at the Astronette / Who stands in steel / By his cabinet / He's crashing out with Sylvian /
The Bureau Supply / For ageing men” etc. (Imprecando contro l'Astronette / Che si trova, d'acciaio,
vicino al suo armadietto / Lui si precipita fuori con Sylvian / L'Ufficio di Approvigionamento /
Degli uomini che stanno invecchiando...) Questa canzone fu scritta da Bowie lungo la strada da
Seattle a Phoenix dopo aver visto una serie di cupole con numerosi avvisi di pericolo di radiazioni.
Bowie immaginò un mondo post-nucleare in cui i sopravissuti, avvelenati dalle radiazioni,
dovevano reimparare a fare l'amore guardando vecchi film ai drive in. Astronettes, donne
astronaute, era il nome di danzatori e danzatrici al concerto di Ziggy Stardust al Raimbow Theatre
di Londra il 19 agosto 1972. “Sylvian” pare fosse il nome di un ballerino o di una ballerina delle
Astronettes.
Invece no. David Sylvian disse di avere omaggiato Sylvain Sylvain, il chitarrista militante
nella band simbolo del glam rock americano, The New York Dolls. In effetti qualche vaga affinità
musicale, ma soprattutto di look, c'era tra i primi dischi dei Japan (Adolescent Sex e Obscure
Alternatives) e The New York Dolls. Eppure non torna la differenza tra Sylvain e Sylvian... Questa
affermazione non sembra essere molto convincente, tant'è che certi brani dei Japan suonavano
veramente troppo come la musica di Bowie. Anche i pochi omaggi dei Japan guardavano altrove,
come per esempio ai Velvet Underground (con la cover di “All tomorrow's parties”), grandi
ispiratori di Bowie. E in seguito, con “Quiet Life”, nei Japan e in Sylvian ci fu veramente tanta
scuola Bryan Ferry/Roxy Music, un altro dei gruppi/artisti di dichiarata ispirazione per Bowie. O
quel guardare a Berlino (“Suburban Berlin”) proprio nel 1978. E poi c'era “The Tenant” (Obscure
Alternatives, 1978), un brano che non sarebbe mai esistito senza “Low” e in particolare
“Warszawa”. Bowie non ha mai amato i suoi cloni. Verso Gary Numan emise un verdetto
impietoso. Ma poi Sylvian sperimenterà e farà altro, conseguendo presto una propria cifra
personalissima e altissima.
David Sylvian, dopo la morte di Bowie, riferì su Facebook di averlo certamente in grande
rispetto, ma di non ritenersi un esperto della sua produzione, la quale non aveva più ascoltato o
seguito da decenni. Qualcuno poi gli domandò se avesse mai conosciuto di persona Bowie e Sylvian
rispose di averlo incontrato una volta soltanto: aveva diciott'anni e si trovava in un nightclub
privato. Bowie era con Marc Bolan la sera delle riprese del Marc Bolan Show. Non disse altro, né se
vi fosse stata una qualche interazione. Era il 1977 e i Japan, attivi dal 1974, ancora non avevano
inciso alcun disco.
Poi il film del 1983 “Merry Xmas Mr. Lawrence” (Furyo) di Nagisa Oshima portò i due
molto vicini a un incontro, a una collaborazione che in effetti, indirettamente, potrebbe essere
considerata tale. Nel film recitano Bowie e Ryūichi Sakamoto e la colonna sonora, di Sakamoto,
include quella struggente e indimenticabile “Forbidden Colours” cantata dal co-autore David
Sylvian. Sylvian però sembra non aver mai incontrato Bowie né sul set né fuori, evidentemente
collaborando solo con Sakamoto. Bowie, che nel corso del suo Serious Moonlight Tour del 1983 fu
intervistato da Sakamoto, fece un'apparizione sulla televisione giapponese che innervosì Ryūichi, al
piano per suonare le note di “Forbidden Colours”. E appena Ryūichi Sakamoto inziò a suonare quel
tema, Bowie, aggirandosi insofferente intorno al piano, disse "Again? I'm already tired of it..."
D'altro canto si era in quel periodo anche diffuso il videoclip di Forbidden Colours in cui, a un
David Sylvian mentre canta, si avvicendano sequenze dal film. Ebbene, in nessuna di queste
sequenze si vede anche solo di striscio David Bowie, al punto che i protagonisti principali del film
sembrano essere Sakamoto, Takeshi Kitano e Tom Conti. All'epoca Sakamoto era poco più di un ex
membro della semisconosciuta Yellow Magic Orchestra. La vera e unica star, anzi superstar del film
era una soltanto: David Bowie. Perché non farlo apparire in quel video?
Poi venne Carlo Verdone, con il suo racconto dell'incontro del 1991 con Bowie e Iman
avuto insieme a Margherita Buy nella casa di Versace a Milano, più volte raccontato in svariate
occasioni. L'ultima, più dettagliata, nel libro omaggio di autori vari “Rebels – David Bowie in 6
ritratti d'autore”. Verdone racconta che in quel periodo era totalmente preso dalla musica di David
Sylvian. Chiese a Bowie cosa ne pensasse e rimase piuttosto incazzato per la risposta che ne ebbe.
“David Sylvian... mmm...” e alzò il sopracciglio.
“Forse non le piace?”
Non rispose. A un metro da noi (continua il racconto di Verdone) si trovava Reeves Gabrels,
che chiese a Bowie chi fosse Sylvian. E lui: “Mah... Un cantante biondo, che ama truccarsi e vestirsi
come una donna; stava in un gruppo curioso di nome Japan”.
“Ma non vi siete conosciuti ai tempi di Furyo. Sylvian scrisse con Sakamoto il tema
principale del film, Forbidden Colours”, obiettai attonito.
Non rispose.
La conversazione tra Verdone e Bowie su Sylvian finiva qui.
Insomma, cosa mai sarà successo tra questi due grandissimi? E perché Bowie, solitamente
molto generoso coi colleghi di cui avesse avuto stima, nel 1991 fu così sbrigativo e riduttivo nei
confronti di un artista andato molto oltre gli esordi più o meno glitter-rock, collaborando anche con
Robert Fripp, il chitarrista dei King Crimson a cui tanto deve l'album Heroes, innovando e
sperimentando anch'egli con dischi di assoluto valore e di indiscutibile originalità, divenendo lui
stesso un importante riferimento per molti? Strano, davvero strano. Da queste poche notizie si può
desumere solo che il loro rapporto sia iniziato e subito finito nel 1983, proprio con Furyo e con
Forbidden Colours.
Con la fine degli anni '80 e l'inizio del nuovo decennio Bowie fondò la Tintoretto Music
Publisher. Chiunque voglia suonare un pezzo di Bowie, è alla Tintoretto che deve chiedere
autorizzazione e pagare i diritti d'autore. Ed ecco dunque un nuovo omaggio all'Italia. Bowie, nel
1987, acquistò da Colnaghi di Bond Street a Londra una pala d'altare di Tintoretto dipinta tra il
1560 e il 1570: era l'Annunciazione a Santa Caterina di Alessandria del suo martirio (e -
curiosamente - Alexandria è stato il nome dato alla figlia avuta con Iman). Un'opera acquistata alla
morte di Bowie e che probabilmente verrà esposta alla Biennale di Venezia nel 2019 insieme a una
serie di opere di maestri fiamminghi influenzati da Tintoretto, tra cui Rubens, Van Dyck e Maerten
de Vos. Dopo la morte di Bowie, la monumentale pala d'altare di Santa Caterina, dipinta nel 1570,
fu acquistata all'asta di Sotheby's da un collezionista privato che, a pochi minuti dalla vendita,
annunciò alla stampa mondiale che avrebbe prestato il dipinto a lungo termine alla casa di Rubens,
un museo che Bowie stesso apprezzava molto. Quello che nemmeno il cantante britannico ha mai
potuto sapere è che durante un esame tecnico della pala d'altare presso l'Istituto Reale per i Beni
Culturali di Bruxelles (KIK-IRPA), è stato appurato che la tela di Tintoretto fu probabilmente solo
opera del pittore e non, come si pensava, in parte della sua bottega.
GLASS SPIDER TOURSCALETTA DI FIRENZE 9 GIUGNO 1987
Up The Hill BackwardsGlass SpiderUp The Hill Backwards (reprise)Day In Day OutBang BangAbsolute BeginnersLoving The AlienChina GirlFashionScary MonstersAll The MadmenNever Let Me DownBig Brother’87 And CryHeroesTime Will CrawlBeat Of Your DrumSons Of The Silent AgeNew York’s In LoveDancing With The Big BoysZeroesLet’s DanceFame
bis
TimeBlue JeanModern Love
SCALETTA MILANO 10 GIUGNO 1987
Up The Hill BackwardsGlass SpiderUp The Hill Backwards (reprise)Day In Day OutBang BangAbsolute BeginnersLoving The AlienChina GirlFashionScary MonstersAll The MadmenNever Let Me DownBig Brother’87 And CryHeroesTime Will CrawlBeat Of Your Drum
Sons Of The Silent AgeNew York’s In LoveZeroesDancing With The Big BoysLet’s DanceFame
bis
TimeBlue JeanModern Love
SCALETTA ROMA 15 E 16 GIUGNO 1987
Up The Hill BackwardsGlass SpiderUp The Hill Backwards (reprise)Day In Day OutBang BangAbsolute BeginnersLoving The AlienChina GirlFashionScary MonstersAll The madmenNever Let Me DownBig Brother’87 And CryTime Will CrawlBeat Your DrumsSon Of The Silent AgeDancing With The Big BoysZeroesLet’s DanceFame
bis
TimeBlue JeanModern Love
SCALETTA TORINO 18 GIUGNO 1987
Up The Hill BackwardsGlass SpiderUp The Hill Backwards (reprise)Day In Day OutBang BangAbsolute BeginnersLoving The Alien
China GirlFashionScary MonstersAll The MadmenNever Let Me DownBig Brother’87 And CryHeroesTime Will CrawlBeat Of Your DrumSons Of The Silent AgeThe Jean GenieYoung AmericansWhite Light White HeatDancing With The Big BoysLet’s DanceFame
bis
TimeBlue JeanModern Love
Il Daneb Star a Napoli, foto tratta da "NapoliToday", 13 gennaio 2016.
Bowie in quei tardi anni '80 viaggiava spesso per mare a bordo del suo yacht, il Deneb Star.
Pare che navigasse prevalentemente nel Mediterraneo e lungo le coste italiane in particolare. Nel
1988 fu fotografato in visita alla piazzetta di Portofino in compagnia di Melissa Hurley. Il Secolo
XIX lo ricorderà con un articolo dopo la sua scomparsa «Non alzava mai lo sguardo. David Bowie
camminava con gli occhi bassi, in mezzo a un gruppone di gente, bodyguard e amici». Mauro
Evangelista, titolare del Jolly, al numero 10 di calata Marconi, fruga nell’archivio della memoria e
trova poche, scarne immagini del “Duca Bianco del rock”, ucciso dal cancro a 69 anni. «Era
riservatissimo – dice Evangelista -. L’ho visto un paio di volte in calata. Non si faceva avvicinare
da nessuno. Qualcuno l’aveva riconosciuto, non ricordo se fossero turisti americani o portofinesi.
Volevano fotografarlo, fissare quel momento sulla pellicola. Ma eravamo tra la fine degli anni
Ottanta e l’inizio dei Novanta e i cellulari e i-Pad non esistevano. Fotografare non era un’azione
così immediata. Lui, comunque, non avrebbe gradito, si vedeva dall’atteggiamento distaccato che
non incoraggiava neppure i suoi fan. I ricordi che ho di David Bowie a Portofino si fermano qui.
Marco Caiazza, su La Repubblica di Napoli, descrive Bowie come un appassionato dei
tesori artistici e naturali della Campania. Scrive in un suo articolo: David Bowie ha frequentato per
qualche estate Capri, Pompei e la Costiera Amalfitana negli anni Ottanta. Lo ricorda Francesco
Luise, manager della J. Luise & Sons, la società che gestisce l'omonimo molo a Mergellina. "Bowie
veniva a Napoli con il suo yacht, il Deneb Star, e la compagna Iman, che poi qualche anno dopo
sarebbe divenuta sua moglie". La lussuosa imbarcazione di 38 metri faceva tappa fissa a Capri:
"Proprio da lì, un giorno d'estate del 1987, ci chiamò: voleva visitare la chiesa di Santa Chiara,
aveva letto da qualche parte che era un gioiello dell'arte gotica, assomigliava molto al genere
d'architettura di cui era appassionato". Curioso l'aneddoto raccontato da Luise: "Ovviamente
assecondammo quella richiesta, pregandolo però di fare attenzione perché l'avrebbero di certo
riconosciuto. Ebbene, scese dalla macchina con un completo bianco, un enorme cappello con
paillettes con i colori della bandiera americana. E al suo fianco Iman, all'epoca tra le modelle più
conosciute al mondo, indossava un vestitino estivo. Il tempo di fare un passo e sentimmo un urlo da
lontano: è David Bowie! Un ragazzo l'aveva riconosciuto, si fece in fretta un capannello intorno a
noi. Lui però la prese bene, firmò qualche autografo prima di entrare a Santa Chiara, dove rimase
per oltre un'ora con la guida". Fu l'unica tappa nel centro storico cittadino: "Anche se poi ho
saputo che spesso ha visitato Pompei. A Capri - conclude Luise - è certamente tornato altre volte,
ma non con la stessa frequenza". E il Deneb Star? "Fu venduto a una società di Venezia".
Come vedremo anche in altre occasioni, c'è però forse da dubitare della precisione sulle date
di certi ricordi. Come già per Venezia e una mostra che Bowie visitò del pittore Ludovico De Luigi
(vedremo più avanti), ci sono ricordi di Iman al suo fianco che non si spiegano. Prima del 1990,
come hanno raccontato loro stessi, i loro incontri furono pochi e piuttosto casuali. Del loro primo
viaggio in barca per sei settimane lungo le coste italiane, ne parlano Bowie e Iman, e le riportano
all'anno prima del loro matrimonio, il 1991. Quindi la visita della Basilica di Santa Chiara non
sarebbe avvenuta nel 1987, ma qualche anno dopo.
Il Deneb Star, così battezzato come la stella più luminosa della costellazione del Cigno.
nonché la diciannovesima stella più luminosa del cielo notturno, ora ribattezzato Intuition Lady è un
superyacht dalle linee classiche Benetti di 38 metri, costruito nel 1977 e completamente aggiornato
nel 2000. Acquistato da Bowie nel 1985, secondo quanto racconta Janine Allis nel suo libro The
Secrets of my success, ci salirono personaggi come Mick Jagger, Robin Williams e Michael Caine.
Altro tassello d'Italia, dunque, nella vita di Bowie, questo yacht dei Cantieri Benetti, fondati nel
1873, con sede storica a Viareggio e due stabilimenti anche a Fano e a Livorno.
Se da una parte è vero che Bowie non ha mai collaborato con artisti italiani, diversi sono
stati invece gli italo-americani o italo-inglesi (primo tra tutti, come già visto, Tony Visconti). Altri
vedremo più avanti. Nel 1988 fu importante l'incontro di Bowie con il regista Martin Scorsese.
Martin Scorsese è nato nel Queens, borough di New York, ma i nonni, sia paterni sia materni, erano
immigrati italiani originari, rispettivamente, di Polizzi Generosa e di Ciminna (entrambi comuni
della provincia di Palermo), giunti negli Stati Uniti agli inizi del XX secolo. Martin è oggi cittadino
italiano dopo aver trascritto il suo atto di nascita al comune di Polizzi Generosa, in provincia di
Palermo. Bowie quell'anno interpretò il ruolo di Ponzio Pilato nel controverso film di Martin
Scorsese "L'ultima tentazione di Cristo" tratto da un romanzo dello scrittore greco Nikos
Kazantzakis. Un film che fu accompagnato da innumerevoli critiche e prese di posizione, le stesse
che avevano bloccato il progetto iniziale nel 1983: "una valanga di lettere alla direzione deplora il
romanzo blasfemo e una campagna di boicotaggio telefonico manda in crisi gli uffici della
società". In Italia, ma non solo, si invocò un'azione censoria dalle autorità, mentre in alcune nazioni
il film non è mai entrato neanche in circolazione. Nonostante questo Martin Scorsese ricevette una
nomination all'Oscar come Miglior regista. Superata la fase travagliata di realizzazione il film
esordì con la proiezione alla 45ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia del 1988
(non sappiamo se Bowie fosse presente per l'occasione).
Per interpretare "colui che fece per viltade il gran rifiuto" Scorsese scelse dunque Bowie,
mentre Gesù fu interpetato da William Dafoe. Come già in Labyrinth per il ruolo di Jareth da parte
di Jim Henson, anche ne "L'ultima tentazione di Cristo" Scorsese, per la parte di Ponzio Pilato,
aveva però inizialmente pensato a Sting. Un David Bowie che "con tempi da vera rockstar girò la
sua sequenza in un solo giorno". Le riprese, interamente realizzate in Marocco, iniziarono il 15
ottobre 1987 e si conclusero il 20 dicembre. Il film uscì negli Usa il 12 agosto 1988, in Italia il 7
settembre al Festival di Venezia. In merito a Bowie Scorsese ha dichiarato: Sono rimasto un po’
spiazzato quando ho incontrato Bowie: era un uomo pacato, concentrato, riflessivo e davvero,
davvero umile. Abbiamo avuto l’opportunità di lavorare insieme per L’Ultima Tentazione di Cristo
in cui ha interpretato Ponzio Pilato e per me è stata una vera gioia. È stato un grande artista che si
è lasciato dietro un ricchissimo corpus di opere. E ancora: È devastante che David Bowie se ne sia
andato. Era uno dei quegli straordinari artisti che si vedono raramente in giro. C’è una canzone
nel suo album Low intitolata ‘Speed of Life’, che rappresenta un po’ la velocità con sui sembrava
muoversi — la sua musica, la sua immagine, i suoi obiettivi, sempre in movimento; con ogni
movimento, con ogni cambiamento ha lasciato uu'impronta profonda sulla cultura.
Alla fine degli anni '80 Bowie si fidanzò ufficialmente con la ballerina Melissa Hurley.
Bowie le fece una proposta di matrimonio in occasione di un romantico viaggio a Venezia e nel
gennaio del 1990 donfermò alla stampa le prossime nozze a seguire. Non molto tempo dopo invece
si lasciarono: Melissa sposerà il ballerino Patrick Cassidy, Bowie - si sa - Iman. Bowie disse al
riguardo di quella rottura che la loro relazione era stata "come una di quelle classiche storie tra un
uomo maturo e una ragazza più giovane (di 23 anni n.d.a.) in cui ho avuto il piacere di mostrarle il
mondo e farle conoscere le cose. Ma ho capito che non avrebbe mai funzionato e un giorno lei mi
ringrazierà per questo".
GLI ANNI '90
L'album di Bowie Never Let Me Down e la successiva tournée, il megashow "affetto da
inutili gigantismi alla Spielberg" come scriverà Giacomo Pellicciotti, il Glass Spider Tour, erano
stati attaccati aspramente dalla critica, e il cantante - raggiunto l'apice del successo mondiale - era
consapevole del pericolo di una sua progressiva diminuzione di popolarità. Ansioso di tornare a
creare musica più per se stesso che per il pubblico tradizionale che si era conquistato negli anni '80
a cominciare con l'album Let’s dance, Bowie cominciò a collaborare nel 1988 su nuove proposte
musicali con Reeves Gabrels, che sollecitò il cantante a riscoprire il suo lato sperimentale, e col
multi-strumentista Erdal Kizilcay. Il primo risultato di questa collaborazione fu un remake di Look
Back in Anger di Bowie, suonata al concerto di beneficenza Intruders at the Palace il primo luglio
1988 con un balletto di La La La Human Steps e la bravissima ballerina Louise Lecavallier, seguito
dalle esibizioni del Kronos Quartet, dei Woodentops e Microdisney. Poi cominciarono a progettare
un album tematico basato sull'opera in versi East di Steven Berkoff, ma questa idea venne infine
scartata e i due si appoggiarono al produttore Tim Palmer per sviluppare nuove idee, assoldando i
fratelli Hunt e Tony Sales per la sezione ritmica. Bowie aveva lavorato con loro nell'album Lust for
Life di Iggy Pop. I fratelli Sales indirizzarono la tonalità delle sessioni verso l'hard-rock spontaneo,
vagamente punk; Bowie guardava in quel momento a uno dei suoi gruppi favoriti dell'epoca, The
Pixies. Il gruppo scelse il nome Tin Machine e Bowie decise così di reinventarsi e riproporsi come
un quasi anonimo membro tra gli altri di una rock band, lasciando al resto del gruppo il compito di
rispondere alle interviste. Il primo album della band, pubblicato nel maggio 1989 e intitolato Tin
Machine, ricevette recensioni diversificate, alcune positive, altre sprezzanti per questo tentativo di
Bowie di reinventarsi camuffandosi come un membro della band da una parte, dall'altra vestendo i
panni "giovanilisti" di duro rocker. I Tin Machine pubblicheranno in tutto tre dischi, di cui uno dal
vivo e in concerto suoneranno esclusivamente materiale del gruppo. Questa esperienza tuttavia non
impedirà a Bowie di ripresentarsi parallelamente dal vivo ancora come David Bowie con il suo
repertorio storico nel "Sound & Vision Tour".
La decade degli anni '90 per l'Italia è stata la più visitata da David Bowie. Diciotto i concerti
tenutisi a cominciare dalle quattro date del Sound & Vision Tour del 1990: 13 aprile e Milano,
Palatrussardi; replica il 14 aprile; 17 aprile a Roma, Palaeur; 8 settembre a Modena, Festival
dell'Unità.
Milano, 14 aprile, Palatrussardi. David Bowie, camicia bianca, gilé, scarpe griffate,
elegantissimo gessato nero, ancora non ama viaggiare in aereo ed è arrivato da Stoccarda con un
pullman-letto. Tra il pubblico in platea Marco Pastonesi de La Repubblica, nota la presenza di Little
Steven vestito da pirata, canottiera, impermeabile e foulard. E Pastonesi così descrive l'evento:
...Invocato, osannato e celebrato come un angelo Ad assistere alla sua reincarnazione sono
venuti da tutto il nord Italia, da Genova, Torino, Piacenza, Bologna, per un servizio d' ordine
degno di una finale mondiale. I primi inguaribili appassionati hanno cominciato a bivaccare
davanti al teatro fin dal primissimo pomeriggio. Poi è stato un continuo pellegrinaggio, senza limiti
di età e di fede: punk e dark, professionisti e musicisti, gli immancabili presenzialisti e
un'autorevole rappresentanza delle firme italiane nella moda e nel design. Più randagi che
rampanti, comunque, per un pienone che lascia ancora qualche biglietto disponibile per la replica
di stasera. In palcoscenico, alle sue spalle su uno schermo gigante si proiettavano le immagini di
sue antiche esibizioni e dimostrazioni, virtuosismi e travestimenti, perfino attimi di vita quotidiana.
E poi giochi, colori, scomposizioni computerizzate ed effetti speciali degni dell'Oscar. Dietro, quasi
in disparte, c'era la band: l'elegante bassista Erdel Kizilcay, l'intelligente e prodigioso chitarrista
Adrian Belew, il fidato Rick Fox alle tastiere, il puntuale batterista Michael Hodges. Il repertorio,
eseguito a memoria e alla perfezione, è nato attraverso un referendum popolare: una trentina di
brani scelti direttamente dai fans italiani, con votazioni raccolte e elaborate da Raistereodue:
anche questa, nel suo genere, una novità rivoluzionaria. L'unica eccezione ha forse riguardato
Pretty Pink Rose, un pezzo scritto a quattro mani da Bowie e Belew, che della band è stato
certamente l'uomo più (e meritatamente) in vista. Bowie, all'anagrafe David Robert Jones da
Brixton, classe 1947 e classe da vendere, è il solito etereo, indefinibile, delicato, fragile musicista,
eppure allo stesso tempo prepotente, formidabile, sorprendente e furbissimo artista. Caldo e freddo,
come una doccia scozzese. Il bene e il male, come predicavano i manicheisti. Lo spettacolo di ieri
sera può essere inteso come la tappa finale di un lungo giro alla ricerca di se stesso: il periodo
transessuale, il periodo extraterrestre, il periodo del revival, il periodo del teatro. E poi il Bowie
inglese e americano, nostalgico e futurista, ispirato da Andy Warhol o da Jean Genet, da Bertolt
Brecht o da Bing Cosby. Un'antologia, un'enciclopedia, un mosaico, un puzzle, un menù. Nella
seconda parte dello spettacolo Bowie ha ripreso con Ziggy Stardust, Sound & Vision, Station to
Station, Moon Over Alabama, Young Americans, Suffragette City, Fame e l'attesissima,
immancabile Heroes. E come se non bastasse, ha regalato anche tre bis, accolti come la
moltiplicazione dei pani e dei pesci: The Jean Genie, Pretty Pink Rose e, ovviamente, il Vangelo
della sua storia musicale, una particolare versione di Rock' n' Roll Suicide. Il Sound & Vision Tour
1990 di quello che è stato ribattezzato il Duca bianco ha dunque fatto centro. Pubblicizzato e
promosso come l'ultimo viaggio della sua carriera su un palcoscenico, il grande show dell'ora o
mai più ha funzionato. Ma sul fatto che sia veramente l'ultimo, non c' è proprio da giurarci. Intanto
stasera si replica al Palatrussardi, poi si continua al Palaeur di Roma martedì 17 e mercoledì 18
aprile.
Questa, dunque, la setlist scelta via referendum, dagli italiani:
Space OddityChangesTVC 15Rebel RebelBe My WifeAshes To AshesGolden YearsFashionLife On Mars?Blue JeanLet’s DanceStayChina GirlSound And VisionZiggy StardustYoung AmericansPanic In DetroitSuffragette CityFame 90HeroesPretty Pink RoseThe Jean GenieModern Love
Il 14, in chiusura del concerto, Modern Love venne sostituita da "Rock’n’Roll Suicide". Il
"Sound and vision tour" piacque più del precedente "Glass Spider". Gli spazi furono meno
dispersivi rispetto ai precedenti stadi. Uno schermo di 18 metri per 11 proiettava immagini dei
video musicali di Bowie alternate a riprese in bianco e nero della band sul palco. Altri due schermi
rotondi ai lati furono riservati alle sole riprese dal vivo. Uno spettacolo multimediale di grande
effetto che fu annunciato come l'ultimo tour di Bowie, l'ultima occasione per ascoltarlo e vederlo
dal vivo; il che poi ancora non fu.
A Roma suonerà due pezzi in più, Queen Bitch e Station to Station, ma non andò benissimo.
Nel programma del suo Sound and Vision Tour Bowie sarebbe dovuto rimanere due giorni a Roma
per due concerti, ma rimase solo uno. Ne riferisce Alba Solaro in un articolo su L'Unità, intitolato
"David contro David. Zard ha dimezzato Bowie". David Zard, stante il flop delle prevendite,
dovette ridurre il costo dei biglietti da 65.000 lire (t-shirt di Bowie inclusa) e 40.000 per la platea e
50.000 lire in tribuna. La maglietta, a cui pare non importasse granché al pubblico romano a fronte
di un biglietto dal prezzo più ragionevole e comunque alto, fu al centro delle polemiche, ma anche
la location. Dal palco Bowie salutò il pubblico dicendo: "Sono felice di essere di nuovo a Roma,
anche se avrei preferito non dover suonare in un cesso". La richiesta di annullare il secondo
concerto venne quindi da Bowie stesso, ovvero dal suo manager. Zard dirà di aver sbagliato a non
annullare entrambe i concerti romani, trattandosi ormai di un'operazione a perdere. I comunisti della
FGCI romana emisero un comunicato il 9 aprile col quale invitarono al boicottaggio: sessantamila
lire sono troppe, diceva, per assistere a un concerto in un luogo rinomato per la pessima acustica e
la cattiva visuale. Zard negò di aver abbassato il costo dei biglietti in seguito a svariate pressioni e
per altro permise ai giovani della FGCI di effettuare all'interno del Palaeur, anziché fuori, la raccolta
di firme per l'appello alle istituzioni comunali sulla insufficienza di spazi musicali nella capitale.
Le riviste di gossip pubblicarono alcune foto di Bowie (43 anni) e la sua compagna, la
ballerina Melissa Hurley (23 anni), aggirarsi a piedi per le strade di Roma in compagnia di John
Taylor, andato appositamente a Roma per assistere al concerto di Bowie. Recitava una didascalia a
corredo delle foto: Davide e Melissa continuano le loro scorribande per la capitale insieme con il
bassista dei Duran Duran e la sua giovanissima conquista Amanda De Cadenet. Giornata di
shopping nei più bei negozi della capitale. Bowie venne anche fotografato mentre usciva "a razzo"
da un negozio munito di macchina fotografica e, con modalità da paparazzo, divertendosi a
fotografare a sua volta il vero paparazzo.
A Modena 37.000 i biglietti venduti, Bowie suonò alla Festa dell’Unità organizzata nell’area
dell’ex-mercato bestiame. «A quei tempi era facile portare artisti leggendari nella nostra città (U2,
Bob Dylan, Sting, Pink Floyd, AC/DC, Tom Petty and the Heartbreakers...), ormai si era sparsa la
voce che eravamo una piazza all’altezza e quindi convincere David Bowie non fu complicato»,
ricorda Rolando Rivi, amministratore dell’agenzia Studio’s. «Tutti i centri più grandi avevano
paura ad ospitare eventi rock perché c’era il timore che i fan creassero problemi di ordine pubblico
e noi ne approfittammo: oggi chiunque farebbe a cazzotti per vantare nomi di quel livello. Inoltre
sul finire degli anni ‘80 fummo avvantaggiati dal fatto che molti stadi erano impegnati nelle
ristrutturazioni per i mondiali». Quello di Modena tuttavia non fu un concerto memorabile o forse,
proprio per quello che vi accadde, a suo modo memorabile, in qualche modo indimenticabile anche
in negativo. Lo spettacolo fu interrotto da Bowie dopo un'ora e venti minuti circa per un
abbassamento della voce a causa di un raffreddore e forse, qualcuno ha insinuato, anche per via di
un’acustica problematica. Interruppe Station to Station e disse al microfono: "Ok, I'm gonna have to
pick some easier songs, or I'm never gonna get through half of these..." poi lasciò il palco
scagliando arrabbiato la chitarra dall'altra parte del palco. «Si scrissero troppe inesattezze su
quell’evento e non vi furono intoppi tecnici – sottolinea Rivi –. Lo spettacolo finì circa mezz’ora
prima del previsto e solo perché Bowie ebbe un abbassamento di voce. Non tutti sanno che in
quegli anni non c’era una vera e propria scaletta e i cantanti avevano carta bianca per esibirsi
quante ore volessero. Al contrario l’entourage fu soddisfattissimo. Bowie e i suoi musicisti
arrivarono il giorno stesso per le prove: amavano particolarmente il vino rosso e si fecero
consegnare diverse bottiglie di etichette piemontesi. Fu un periodo davvero emozionante e
nessun’altra città ha più avuto la stessa concentrazione di concerti».
In un articolo de L'Unità di quel giorno sono riportati molti dettagli extra musicali. Per
Bowie fu eretta una bianca tensostruttura del palco: una tenda di 15 per 30 metri per gli uffici e tre
tende 15 per 15 metri adibite alla hospitality, con cucina, bevande e stuzzichini, e due guardaroba;
sale trucco e camerini; infine la stanza di Bowie, sobria e spaziosa con moquette rossa, pannelli
bianchi, salotto di tessuto marrone, tre poltrone e un divano, televisore a colori e videoregistratori,
impianto stereo, una parete completamente rivestita di specchi, piante e fiori dappertutto. Bowie
aveva chiesto anche un tavolo da ping pong e una saletta di videogame per i suoi tecnici. Quisquilie,
annota la giornalista Silvia Fabbri, se paragonato tutto questo alle richieste invece fatte da Prince,
che a Modena aveva preteso qualcosa come cento asciugamani color albicocca e quantità industriali
di champagne e Coca Cola. Il Duca fece diventare tutti matti (parole testuali del personale di
Modena) per cercare due casse di vino particolare: Barbaresco e Nebbiolo. Purtroppo, costretto
senza più voce a interrompere Station to Station dopo poche note, quello di Modena è stato il
concerto "più drammatico" nella carriera di Bowie (a sua detta): "a fucking nightmare".
Bowie tornò in Italia nel 1991 con i Tin Machine per lo "It's my life tour": 5 gli
appuntamenti; 5 e 6 ottobre a Milano al Teatro Smeraldo; 8 ottobre a Firenze, al Palazzetto dello
Sport; 9 e 10 ottobre a Roma al Teatro Brancaccio.
A Milano, sabato 5 e domenica 6 ottobre, Bowie dedicò la prima tappa della nuova tournée
con i Tin Machine. Arrivò a Milano sbarcando da un volo Air France all'aeroporto di Linate. A chi
gli riuscì di vederlo, sembrava in gran forma, anche se i portavoce riferirono invece di un Bowie
che covava da giorni un'influenza. Forse, il suo apparire invece in gran forma fu per via di una
abbronzatura presa in Italia dove aveva da poco svolte le sue vacanze tra la Toscana, la Sardegna e
Positano. Bowie attraversò la hall degli arrivi dell'aeroporto di Linate indifferente - anche perché
abituato - allo scompiglio creato, avvolto da un guscio umano di poliziotti e carabinieri che non lo
mollarono un momento, spostandolo quasi di peso da una parte all'altra. Intorno la ressa di fan,
giornalisti e cameramen. Poi via di corsa all'hotel Hilton Milan di via Galvani. L'indomani mattina,
fatta colazione con caffè americano, brioche e spremuta d'arancia, fece un rapido giro di shopping
in centro con tappa prolungata in via Durini, nel negozio di Moschino, e nello show-room Versus in
via Serbelloni, dove fece incetta di jeans firmati Versace. Dopo un pranzo tutto milanese preparato
dallo chef Gaspare Alessi (risotto, cotoletta al burro e zabaglione), passò il pomeriggio chiuso in
albergo. L'indomani fu ospite nella villa dell'amico Gianni Versace a Cernobbio a cui seguirono le
prove nel tardo pomeriggio e quindi l'esibizione.
Bowie, Reeves Gabrels, Tony e Hunter Sales, quattro elementi - come scrisse Mariella
Tanzarella su La Repubblica - uniti dall'età non più verde, dalla lunga militanza nelle fila del
rhythm'n'blues e del rock e dalla voglia di fondersi in un organismo omogeneo, lasciando da parte i
protagonismi per concentrarsi sul prodotto musicale, che dev'essere sempre ritmo selvaggio, rock
duro, passione bollente. "Duro e puro" intitolò il suo trafiletto Gabriele Ferraris: "Alleluja. Abbiamo
visto la luce del rock. L'abbiamo vista in 2.500 pigiati ed emozionati tra le poltrone di velluto del
Teatro Smeraldo, l'ultimo posto al mondo dove avremmo pensato di vederla". Poltrone numerate
invero lasciate quasi subito in platea: gran parte del pubblico abbandonò presto le poltrone per
riversarsi davanti al palco e nei corridoi, tutti in piedi in un clima di grande eccitazione ed
esaltazione collettiva. Piace il nuovo Bowie che ha detto no al circo del rock business, che ha
rinnegato se stesso come rockstar e suona uguale fra uguali in una band, professando l'onesta e
nobile religione del rock'n'roll. Un Bowie musicista che ha rinunciato ai lussi e agli eccessi -
continua Ferraris -, che si esibisce in un piccolo locale con poche luci di scena ed è felice di vedere
il proprio pubblico, di stringerne le mani, di ricevere da una giovane donna un mazzo di rose e
sentirne il profumo.
In repertorio non ci fu posto per i suoi pezzi storici, neanche in forma di bis. E nessuno glieli
chiese. L'acustica però non fu impeccabile: volume esagerato, suoni sbilanciati... "Stasera - dichiarò
Bowie al Corriere della Sera dopo lo show - c'è stata molta improvvisazione e molto caos sonoro.
Della prima siamo orgogliosi, sul resto cercheremo di fare un po' d'ordine". Alle 22.30, finito il
concerto, accese le luci in sala, mentre risuonavano le note dall'ouverture di "Tristano e Isotta" di
Wagner, il pubblico continuò ad applaudire, rifiutandosi di abbandonare il teatro. E Bowie, che
stava già uscendo, fu costretto a tornare per un ulteriore bis, eseguito a torso nudo. Una fan gli
lanciò il suo reggiseno, che lui raccolse e posò sulle tastiere.
È noto che dopo il primo concerto con i Tin Machine a Milano Bowie fu ospite a cena con il
gruppo e Iman sua futura sposa nella villa di Versace. Lo ha raccontato in varie occasioni Carlo
Verdone, anch'egli ospite insieme a Margherita Buy.
Racconta Verdone: Non potrò mai dimenticare il batticuore quando Versace mi prese
sottobraccio dicendomi: «Vieni, Carlo, che ti presento David». Mentre percorrevo la sala, vidi che
Bowie era intento a osservare alcuni quadri. Casa Versace era un’incredibile pinacoteca dove
potevi trovare pezzi assiri, mesopotamici, egizi, romani, tele del Settecento, dell’Ottocento e tante
altre meravigliose opere d’arte. Verdone spiegò qualcosa del film che stava girando (Maledetto il
giorno che t’ho incontrato), poi ebbe occasione inserirsi in una conversazione su Nicolas Poussin.
«Conosco una persona che vive in un appartamento a Roma con i soffitti affrescati da Poussin»,
dissi con finta nonchalance. «È un amico di mio fratello». «Vorrei vedere quell’appartamento»,
rispose Bowie. «Sarei felice se lei potesse organizzare per me una visita. È un appassionato d’arte,
signor Verdone?». «Molto, anche perché mio padre è uno studioso dell’arte e, in particolar modo,
delle avanguardie come il futurismo». Nel sentire la parola «futurismo», Bowie socchiuse gli occhi,
tirò un respiro e sussurrò: «I love Prampolini and Depero». Rimasi a bocca aperta perché per la
prima volta non avevo sentito i nomi di Balla, Boccioni e Carrà, bensì quelli di due futuristi
importanti ma più «appartati». «Mio padre possiede l’unica statua in bronzo di Prampolini e io un
bellissimo olio di Depero che mi richiedono in tante mostre», replicai con orgoglio. I due
conversarono ancora di pittura e - sottolinea Verdone - non c'era un solo artista sconosciuto a
Bowie, così che Verdone chiese come una rockstar di quel livello, sempre piena d’impegni, potesse
avere una cultura così vasta sulla materia. Versace spiegò che per un paio di mesi all’anno Bowie
andava in giro per il mondo a vedere le più importanti mostre, guidato da un famosissimo storico
dell’arte di Harvard che gli spiegava tutto. Durante quei viaggi si estraniava totalmente dal mondo
della musica per immergersi in quello dell’arte. Seguì la delusione di Verdone dopo aver chiesto di
Sylvian a Bowie, come già visto nel capitolo precedente, senza andare oltre: avevo intuito che non
voleva neppure sentirlo nominare; poi meditai su certe assurde antipatie che fanno parte del
divismo: se non ci fossero, sarebbe tutto molto insipido. Salutai Bowie e mi avviai verso la porta
per andare via: si era fatto molto tardi e in mattinata mi aspettavano le riprese del film.
Verdone cercò Margherita Buy, trovandola in difficoltà: Iman si era seduta sulla sua giacchetta e
discuteva con un'amica di Versace. Vergognandosi di chiederle di alzarsi, toccò a Verdone di
recuperarle la giacchetta. Alla fine mi scocciai, mi avvicinai spedito al divano, chiesi con calma a
Iman di sollevarsi per recuperare la giacchetta e lei, senza neppure degnare di uno sguardo, eseguì
infastidita consegnandola tutta stropicciata. «Ma tu guarda ’sta cafona che m’ha rovinato la
giacchetta e manco mi ha chiesto scusa!!!» sbottò Margherita mentre varcava la porta. Ma passò
tutto presto, perché appena giunti in strada iniziammo a cantare allegramente Absolute Beginners.
Bowie aveva chiesto personalmente di poter suonare a Firenze, esprimendo il desiderio di
visitarne i musei e fare una capatina a San Giminiano. E tornerà a Firenze, un anno dopo, per
sposarsi con Iman.
SCALETTA
Tin Machine (intro)Baby UniversalOne ShotBetty WrongStatesiteAmlapuraGoodbye Mr. EdI Can’t ReadSacrifice Yourself
You Belong In Rock’n’rollYou Can’t TalkGo NowA Big HurtDebaserIf There Is SomethingSorryHeaven’s In HerebisI’ve Been WaIting For YouUnder The GodCrack City
David Bowie e la top model di origine somala Iman Mohamed Abdulmajid si fidanzarono a
Parigi nel 1991, durante una cena notturna lungo la Senna su un battello interamente affittato da
Bowie. Seguì un loro lungo viaggio in navigazione lungo le coste italiane. Il 24 aprile 1992
l'ufficiale di stato civile di Losanna, poiché entrambi divorziati, lui cattolico, lei musulmana, li unì
in matrimonio, nel municipio losannese situato alla piazza Palud. "Un certo David Jones" vuole
sposarsi, aveva avvertito un messaggio dell'ambasciata elvetica a Londra, completato
dall'indicazione "Bowie, cantante". Il preposto non aveva nascosto la sua preoccupazione, qualora
Bowie si fosse mai presentato conciato in modo strano, come nelle copertine dei suoi dischi o i suoi
videoclip. La cerimonia si svolse invece in modo intimo, con sole sei persone nella sala: i futuri
sposi, i testimoni, l'ufficiale e un interprete. A rito ultimato, commentò commosso l'ufficiale al
giornale locale, "Iman mi ha abbracciato e baciato. Nei suoi occhi c'era polvere di stelle. Anch'io ne
ho quando mi ricordo della scena". Del matrimonio a Losanna Bowie parlò alla rivista Moda (n.
99): “È una di quelle scelte burocratiche infelici alle quali si è costretti a ricorrere in alcune
circostanze. Le due ragioni più importanti sono che io sono cristiano e Iman musulmana, e che
siamo entrambi divorziati, il che rende il matrimonio in chiesa, specialmente in una chiesa italiana,
molto difficile da ottenere. È occorsa una valanga di carte. Ma dopo Losanna non ci siamo sentiti
veramente sposati. Inconsciamente sapevamo che il nostro vero matrimonio, quello santificato da
Dio, dovevamo celebrarlo in una chiesa di Firenze. Al matrimonio civile c’eravamo solo io, Iman e
due testimoni. Dopo siamo andati a farci un hamburger. Veramente… forse non proprio un
hamburger, probabilmente una croque monsieur, be’, veramente è stato un pranzo delizioso”.
Il matrimonio fu in seguito ricelebrato con rito religioso presso la chiesa episcopale
americana di Saint James in via Bernardo Rucellai 13 a Firenze. Una chiesa anglicana e vetero-
cattolica fiorentina che rispecchia i canoni del neogotico di matrice inglese Era il 6 giugno del 1992.
Si diceva — lo avevano dichiarato i promessi sposi sempre fedeli all’amore per gli scherzi — che la
cerimonia del matrimonio si sarebbe svolta a Mustique, un’isola dei Caraibi. C’era scritto anche
sulle partecipazioni di nozze. Depistati paparazzi e ospiti indesiderati, Iman e David quatti quatti
atterrarono dunque a Firenze.
Ad accogliere le due star fiori (40 milioni di vecchie lire in gigli bianchi, bouquet compreso)
e una quarantina d'invitati, tutti atterrati due giorni prima all'aeroporto di Firenze-Peretola su voli
diversi: David e Iman misero piede sul suolo fiorentino scendendo le scalette di un volo Sabena
proveniente da Bruxelles. Ad attenderli, una Mercedes che li portò dritti a Villa La Massa di
Candeli, sulla collina di Firenze (la camera n. 34, la stessa dove aveva dormito Madonna anni
prima).
Riservatissimi, si fecero vedere poco in giro, e altrettanto poco trapelò sul menù del pranzo -
a base di pesce, irrorato di vini toscani e californiani - e sui festeggiamenti, se non il desiderio di
stringersi all'affetto delle persone più vicine. Iman era elegantissima, con un abito bianco di Hervé
Leger e i capelli appena ritoccati; nessun paggetto, nessuna damigella; nessun fronzolo, qualche
fiore; David indossava un tight di Thierry Mugler. Neppure la vecchia aristocrazia fiorentina
avrebbe rinunciato a tanto. E invece gli invitati eccellenti si contarono sulle dita della mano. Ad
assistere a quella che qualcuno chiamò la cerimonia del secolo, non molti gli invitati: i genitori di
lei, Marion e Mohamed Abdulmajid; la madre di lui, Margaret Jones. C’era anche il figlio
ventunenne di David, nel ruolo insolito di testimone, e la sua fidanzatina, Jenny Ishida. Qualche
fratello, un paio di sorelle di Iman e gli amici del giro di Bowie: Brian Eno, Bono, Yoko Ono,
Bianca Jagger. Qualcuno menziona anche Steve Winwood, di cui però non c'è traccia nelle
fotografie disponibili di quel giorno. Presenti anche gli stilisti Hervé Leger e Thierry Mugler. E
c'erano i giornalisti, racconta sulla Nazione del 7 giugno 1992 Rossella Martina, e i fotografi che,
mentre le forze dell'ordine arginavano con lunghe catene umane l'euforia dei presenti,
documentarono molto bene la favola. "Le persone che hanno partecipato al nostro matrimonio
sono in verità dei perfetti sconosciuti perché sono davvero nostri amici, amici stretti. Che ci
crediate o no, Iman ed io abbiamo pochi amici che lavorano nel nostro mondo professionale. Ci
sono delle strane eccezioni. Thierry è venuto, come anche Hervé e, per me, Yoko Ono, Bono e Brian
Eno. Il resto degli invitati è gente che ha significato molto nel nostro passato o nelle nostre
famiglie” (Moda, n. 99, luglio 1992).
Nessun eccesso hollywoodiano. Invece, solo un'ensemble strumentale - l'Orchestra da
camera fiorentina - un complesso da camera che suona Vivaldi e Corelli. “Entrambi detestiamo la
Marcia nuziale, uno dei pezzi di musica più orribili che abbia mai ascoltato. Così abbiamo pensato
che il pezzo di musica più delizioso e tranquillo per l’entrata della sposa fosse l’esecuzione da
parte di un coro bulgaro di La voce misteriosa di Bulgaria così almeno credo che si chiami.
Abbiamo voluto invece che il resto della musica fosse personalizzato. Iman mi ha dato il permesso
di occuparmene, di scriverla. Ho composto pezzi per vari strumenti che mi sembrava fossero in
armonia con il tipo di rito che desideravamo" ha dichiarato Bowie alla rivista Moda. Un diamante
da dieci carati fu il dono del cavaliere alla sua dama.
E poi tutti a mangiare a Villa La Massa Candeli, con ribollite, costate, crostini alla
selvaggina. Fuori tirava il Ponentino. Toccherà poi al dj Enico Tagliaferri e a una band capitanata
dal musicista irpino Agostino Penna (e non Lapenna, come alcuni hanno scritto), al quale vennero
fatte le richieste più pittoresche: da O sole mio a Firenze sogna, che si racconta - mandò in
sollucchero il Duca Bianco.
Agostino Penna, musicista di Contrada ma originario di Montoro Inferiore, che bazzica
ormai da molti anni nei meandri della tv, Rai come Mediaset. Penna ha esordito cantando la colonna
sonora del film "La strada per El Dorado", interpretata in originale da Elton John. Tra i suoi ricordi
più belli - come dichiarerà - ci fu proprio quest'ingaggio come cantante show-man, nonché direttore
artistico, del matrimonio di Bowie e Iman a Villa La Massa. Fu una cerimonia bellissima, al riparo
da occhi indiscreti e paparazzi. "Penso che quella giornata non la scorderò mai", ha detto Penna,
che all'epoca aveva 26 anni. Il musicista irpino fu contattato in primavera da Jeff Perry, il road
manager di Bowie. "Il repertorio era stato espressamente richiesto. Può sembrare strano, ma un
personaggio controcorrente come Bowie ha mostrato di apprezzare molto la melodia mediterranea.
Si è divertito piuttosto a canticchiare in coro come tutti gli altri ospiti, i motivi più famosi. Da
"Quando quando" a "Sciuri sciuri", il motivo più recente è stato "Caruso" di Dalla, ma c'è stato
anche un omaggio alla città con "Firenze sogna". Bowie era raggiante. Ha parlato molto con i suoi
invitati, è stato spesso ironico, disponibile, estroverso, mentre Iman si è dimostrata sempre molto
riservata".
La serata al matrimonio di Bowie a Enrico Tagliaferri, già direttorre artistico di alcune Radio
e già esperto di feste per i VIP (aveva già lavorato a Villa La Massa per l'allora ministro De
Michelis), fu proposta dal service fiorentino Gramigni & Canino. Gli fu detto trattarsi di un politico
americano e di una ricca inglese... "Ma non immaginavo minimamente che si trattasse del grande
David. Lo seppi dalle telefonate dei miei amici che lessero le prime pagine dei giornali e mi
svegliarono implorandomi di portarli con loro… Ovviamente esclusi tutti i pezzi suoi, mi sembrava
troppo scontato. Poi come al solito mi lasciai guidare dalla pista, e cercai di accontentarli il più
possibile. Non erano moltissimi, una trentina non di più, e soprattutto Iman voleva fare una specie
di Hullygully con Bianca Jagger e le sue amiche top model… E poi arrivava lui, che dal suo DAT,
metteva canzoni inedite che ballava esclusivamente con lei. E tutti a chiedermi che musica fosse,
avevano capito che si trattava di roba inedita di David, e avevano l’opportunità di ascoltarla mesi
e mesi prima (l’album "Black tie white noise" usci sette mesi dopo..) Il lavoro di Tagliaferri durò
meno di un'ora... Era veramente una festa riservatissima e le rockstar in privato sono molto più
tranquille di noi comuni mortali… Ebbi la sensazione di vivere il mio quarto d’ora di celebrità; e
anche se era di luce riflessa... beh quella luce era talmente fulgida che ancora oggi ne parlo.
Grazie David; grazie per tutte le emozioni che mi hai regalato, con le tue canzoni prima, e con il
tuo sguardo poi, chiedendomi i brani in consolle. Grazie davvero (Intervista di Shpresa Tulekul,
MusicalNews, 2016).
Bowie e Iman (che per altro parla correntemente cinque lingue, tra cui - come ancora molti
somali - l'italiano) rilasciarono una lunga intervista, corredata da un ricco servizio fotografico, alla
rivista MODA. Tra le cose di italiana rilevanza che si leggono da questa intervista, ne emergono
alcune veramente deliziose. Di Iman Bowie disse: La prima volta che l’ho incontrata, oltre che
apparirmi estremamente sicura, ha rivelato le caratteristiche di un temperamento passionale stile
Sophia Loren. E io, devo ammetterlo, all’età di circa 13 anni, di Sophia ero follemente innamorato.
Pensavo che, se avessi incontrato una ragazza come lei, sarebbe stata l’unica della mia vita.
Pensate che fortuna. Alla domanda circa il perché avessero scelto l'Italia per sposarsi, Bowie
rispose: “Ci sentivamo molto legati all’Italia. Sono sempre stato un grande ammiratore dell’arte
italiana, specialmente del Rinascimento. C’è uno splendore naturale e una qualità di vita
impossibili da trovare altrove. Da voi la vita in se stessa è molto più importante che non i progetti
di carriera. Comunque è la meta finale di ogni giorno di lavoro. È questo che Iman e io, con le
nostre carriere febbrili, vogliamo recuperare. Ecco che cosa rappresenta per me l’Italia”. E Iman:
”Gli italiani hanno un buon senso del divertimento. L’italiano è stata la mia prima lingua
straniera. Lo parlo meglio dell’inglese. Ho studiato in italiano, la Somalia era una colonia
italiana, e così sono cresciuta tra italiani. Ho lavorato e ho viaggiato per l’Italia moltissimo
durante la mia carriera di modella e una delle mie città preferite è sempre stata Firenze. David e io
abbiamo trascorso in Italia la nostra prima vacanza estiva insieme. È stato splendido. Per la
bellezza, per l’arte, per gli italiani e per il grande cappuccino. Firenze ha tutti questi doni”.
A questo punto dell'intervista Bowie parla di una loro romantica vacanza in barca prima del
matrimonio: “Sei settimane di vacanza in barca su e giù per le coste italiane. In una situazione così
claustrofobica si ha veramente l’opportunità di conoscere bene qualcuno. Alla fine delle sei
settimane o sei pazzo d’amore o non sopporti neppure più la vista dell’altro. Per noi ha funzionato
bene. Ogni giorno di quella vacanza scoprivamo di amarci di più. Quando siamo arrivati a
Firenze, abbiamo detto: Questa è la nostra piccola Shangri-La, il luogo che amiamo di più fino ad
oggi”. E ancora: "Una delle maggiori attrattive che ha avuto Iman per me è che è una delle migliori
cuoche che conosca. È molto raro incontrare una donna di tale bellezza che sia capace di mettere
insieme tre favolosi pasti al giorno senza essere assolutamente stanca. Così non sono obbligato a
trascinarla in giro per i ristoranti di Los Angeles tutti i giorni. Ma lo faccio perché adoro
mostrarla. Sono molto fiero di lei. Ma quanto è brava a cucinare la pasta! Il cibo italiano è il mio
preferito”. Il Bowie di mezza età - si è scritto - ha una dieta più regolare e nella sua vita spunta la
passione per la cucina italiana, la pasta, in particolare cucinata dalla moglie e modella Iman. Ma
anche i bomboloni alla crema e i sandwich del Caffe Falai, ristorante italiano e wine bar,
specialmente quelli con il prosciutto di Parma. Questo il locale in Lafayette Street a Manhattan, non
molto lontano dalla sua penthouse che Bowie chiamava ‘casa dolce casa’ e in cui un Bowie
sessantenne si recherà almeno due volte a settimana per il take away di sandwich e pasta.
Forse il brano strumentale "The wedding" da "Black ties white noise" potrebbe essere
considerato un altro pezzo italiano di Bowie, con quelle campane che sicuramente rievocavano
quelle a festa della chiesa di Saint James nel giorno del suo matrimonio con Iman. Naturalmente
non si tratta delle vere campane di Saint James a Firenze, un field recording o cosa, poiché è noto
trattarsi di campane tubolari suonate da Michael Reisman.
Nel 1995 pare che David Bowie intendesse comprare un castello in Italia. Più precisamente
a Todi. «Adoro l'Italia e la mia nuova casa sarà dalle parti di Assisi o Todi». Lo disse David Bowie
durante un’intervista rilasciata quell'anno. E Bowie cercò la sua nuova casa a Todi attraverso
l'Agenzia immobiliare di Gianfranco Grassetti, che ancora ricorda i contatti avuti con il cantante che
aveva affidato una procura a una agenzia di Londra. "Voleva un castello medievale e chiaramente
non si sarebbe fermato dinanzi a un prezzo anche alto" ha ricordato Grassetti. "In quel momento
avevo nella disponibilità il castello di Fiore Vecchio del quale inviai una foto. L'agenzia inglese si
riservò di mostrarla all'artista che dette un suo assenso, ma che rinviò tutte le formalità
contrattuali al ritorno da una sua tournée in giro per il mondo. Quel castello, allora un rudere ma
dalla interessante storia, era però molto appetibile tanto che ci avevo accompagnato più di un
possibile acquirente. Non avendo avuto assicurazioni concrete da Londra, e non conoscendo i
tempi del possibile prossimo contatto, quando mi si ripresentò un imprenditore bolognese
veramente interessato, conclusi con lui che ha poi provveduto ad un perfetto restauro». Certo è, che
alcuni mesi dopo, l'agenzia inglese che trattava per Bowie si rifece viva dichiarandosi pronta a
chiudere l'affare. L'immobiliarista si trovò in imbarazzo, ma indietro non era più possibile tornare .
"Ma compresi le vere intenzioni del cantante di voler ad ogni costo acquistare a Todi, perché dopo
aver digerito la disillusione tornò alla carica per un'altra soluzione che prospettai con l'offerta di
una torre, sempre medievale, nei pressi del bivio di Romazzano. Purtroppo però sembrò troppo
piccola per le esigenze espresse".
Non solo in Svizzera, c'è stato un periodo di David Bowie più vicino all'Italia albergando a
Monte Carlo. Un articolo degli anni '90 su Monte Carlo di Specchio dei Tempi de La Stampa di
Torino, forniva una mappa delle case dei famosi che avevano comprato nella città monegasca. Tra
questi, se ben ricordo - poiché non ho poi conservato quel numero - risultava David Bowie con una
suite nell'Hotel Mirabeau, un résidence in Avenue de Citronniers. Del suo passaggio a Monte Carlo
sono note alcune fotografie, 34 in bianco nero, fattegli nel 1983 da Helmut Newton. Due apparvero
su Vogue, le altre rimasero inedite fino al 2016. E Monaco dedicherà alla figura iconica di Bowie
una mostra tra il 2016 e il 2017 alla galleria Carré Doré, curata da Flavia Cannata. In mostra opere
firmate da ventitré artisti contemporanei tra i quali il pittore Chemi Akutami, David Shilling,
maestro della cappelleria moderna; Markus Klinko, rinomato fotografo, che ha messo a
disposizione i suoi scatti di Bowie; Natali De Lyrik con i suoi gioielli ispirati al musicista; James
Cochran, conosciuto per le sue ‘urban narrative’ e lo stile ‘drip painting’, che ha creato il tributo
ufficiale a David Bowie a Brixton; Gil Zetbase, celebre per i suoi scatti di pop-art; Hiroyuki
Kikuchi, illustratore, direttore artistico, grafico e fotografo di moda; Gianni Molaro, eclettico art
designer partenopeo definito dalla critica ‘il nuovo Salvador Dali’; Marcos Marin, scultore e
compositore di cui gran parte delle opere appartengono alla Famiglia Reale di Monaco; la stilista
Marie Escote, che ha realizzato una collezione dedicata a David Bowie, parte della quale indossata
dalla cantante Laura Pausini durante l’ultimo tour mondiale; Vitoria Bas, la più giovane della
mostra, presenta con la serie illustrativa ‘Why was David Bowie so important?’
Bowie tornò ufficialmente in Italia nel 1996 per l'Outside Tour, due date: 8 febbraio a
Milano (Palatrussardi) e 9 febbraio a Bologna (Palasport). Bowie era accompagnato da Gail Ann
Dorsey, Reeves Gabrels, Carlos Alomar, Zachary Alford, Mike Garson, Peter Schwartz e George
Simms. A Milano come a Bologna 9.000 circa gli spettatori e due i gruppi musicali di supporto:
Placebo e gli emiliani Ustmamò. Piacque questo nuovo viaggio nel futuro oscuro e alienante di fine
millennio che attingeva alla follia e al crimine, alle atmosfere decadenti della trilogia berlinese
realizzata con Brian Eno, sodalizio che si era ricostituito con Outside, e alle tecniche di scritture di
William Burroughs e Bryon Gisin, il cut-up. Come scrisse su La Stampa Stefania Miretti, una scelta
che non riempiva le arene, ma che testimoniava la vitalità artistica del divo, la sua capacità di
rinnovarsi anche a costo di rimettere in gioco la propria popolarità: "Mai stato popolare" amava dire
sprezzante Bowie, "il successo di Let's Dance è stata la cosa peggiore che poteva capitarmi".
L'Unità sottolineò, oltre alle scene e alle luci tanto belle quanto inquietanti, anche "una acustica e
un impianto che stavolta convincono e reggono l'impatto di un concerto tesissimo sin dalle prime
battute. Il suono è una bomba, il volume strapazza i padiglioni auricolari, i musicisti picchiano
forte, il Palatrussardi è una bolgia di chitarre e la voce di Bowie regna sovrana".
SCALETTA DI MILANO 8/2/'96:
The MotelLook Back In AngerThe Heart’s Filthy LessonScary MonstersI Have Not Been To Oxford TownOutside
Andy WarholThe Voyeur Of Utter DestructionThe Man Who Sold The WorldA Small Plot Of LandStrangers When We MeetDiamond DogsHallo SpaceboyBreaking GlassWe Prick YouNite FlightsTeenage WildlifeUnder PressureMoonage Daydream
SCALETTA DI BOLOGNA 9/2/'96:
Look Back In AngerThe Heart’s Filthy LessonScary MonstersI Have Not Been To Oxford TownOutsideAndy WarholThe Voyeur Of Utter Destruction The Man Who Sold The World Strangers When We Meet Diamond DogsHallo SpaceboyBreaking GlassWe Prick YouNite FlightsTeenage WildlifeUnder Pressure
Bis
White Light White HeatMoonage Daydream
Bowie ritornò il 9 luglio a Roma (Stadio Olimpico - Curva Sud). Il concerto di Roma fu
trasmesso in diretta dalla radio RAI e originò il bootleg "Trouble in Rome". Altro bootleg,
ovviamente di eccellente qualità poiché ricavato dalla diretta di RaiRadio2, tagliata la voce dello
speaker, gira col titolo è "David Bowie Live Rome 1996".
La sera del 9 luglio Bowie non finì il concerto. Un articolo de La Repubblica di Flavio
Brighenti così riportava: È passato alla storia del rock con il soprannome di Duca Bianco. Ma
l'altra sera, alla fine del suo concerto allo Stadio Olimpico, uno degli eventi clou del cartellone del
Live Link Festival, gli appellativi rivolti dal pubblico a David Bowie non erano di tono
propriamente nobiliare. Il palcoscenico è stato lasciato dopo un'ora soltanto di show, decurtando
di mezz'ora la scaletta prevista e senza concedere neppure un bis, malgrado gli spettatori non ne
volessero sapere di abbandonare gli spalti. Il promoter Claudio Trotta, che si era assicurato l'unica
data italiana del tour estivo del divo inglese, chiede scusa al pubblico: "Il comportamento del
signor Bowie è assolutamente da redarguire. Il concerto era previsto per almeno un'ora e quaranta
minuti. Non c'è stato nessun motivo né logico, né fisico, né tecnico, né di sicurezza che impedisse a
Bowie di andare avanti. Invece è scappato via, evitando pure di darci una spiegazione". Certo è che
Bowie non aveva trovato dinanzi a sé una folla oceanica: appena 5.000 spettatori, malgrado la
maratona di musica degli artisti di supporto, iniziata alle quattro del pomeriggio con Carmen
Consoli e proseguita con Moloko, Ustmamò, Joe Satriani e Black Grape. Ma il flop ai botteghini
non può, da solo, giustificare l'atteggiamento algido di una star come Bowie, e il rispetto che si
deve comunque agli spettatori che avevano pagato un biglietto da 50.000 lire. Al nervosismo della
rockstar potrebbe aver contribuito anche la "rivolta" dei fotoreporter, che avevano restituito
platealmente i loro pass, gettandoli sul palco al suo arrivo, per protestare contro la decisione di
concedere ai loro flash lo spazio di una sola canzone..."
SCALETTA Roma 9/7/1996
Look Back In AngerScary MonsterThe Hearts Filthy LessonOutsideAladdin SaneThe Vouyer Of Utter DestructionThe Man Who Sold The WorldHallo SpaceboyBreaking GlassTelling LiesJump They SayUnder PressureHeroes
Bowie fu di nuovo in Italia nel'autunno del 1996, invitato alla prima edizione della Biennale
di Firenze che si svolse a Firenze e a Prato dal 21 settembre al 15 dicembre 1996. L’obiettivo era
quello di esplorare e raccontare le influenze reciproche, il rapporto creativo fra l’universo della
moda e le arti visive, il design, l’architettura, il cinema, la fotografia, il costume e la storia.
Un’indagine sulle contaminazioni, sul vicendevole influenzarsi, sulle contiguità, sui legami, i
possibili scenari futuri fra le arti e quell’espressione quotidiana della cultura di massa che è la
moda. All’interno della sezione New Persona/New Universe, allestita all’interno dell’ottocentesca
stazione ferroviaria di Firenze “La Leopolda”, venne ideato un insieme di ambienti in cui tredici
fashion-designers (assieme a quattordici artisti contemporanei) mostravano le loro idee sulla
trasformazione dell’immagine contemporanea del corpo. E tra questi David Bowie, che partecipò
con una installazione, immersa in un ambiente scuro e ovattato, composta da un manichino/robot
appeso impiccato a una scatola contenente un luminoso ufo. Era lo stesso manichino impiegato in
seguito per la copertina dell’album Earthling. Bowie fu presente alla mostra di inaugurazione,
fotograficamente immortalato da Tania Bucci insieme a Iman e a Dolce & Gabbana.
Bowie portò anche in Italia, in 4 date, il tour promozionale di "Earthling" nel 1997, il 20
febbraio passando anche sul palco del Teatro Ariston per il festival di Sanremo. Con lui Gail Ann
Dorsey, Reeves Gabrels, Zachary Alford... La canzone, una versione accorciata ai 4 canonici minuti
sanremesi di "Little wonder". "Non mi è mai successo di presentare uno spettacolo presentando un
mito... Pensate, è un cantante così famoso da essere l'unico quotato in Borsa" esordì gasatissimo
Mike Bongiorno. Nel dicembre del 1996 Bowie divenne la prima rockstar quotata in borsa, offrendo
agli investitori obbligazioni collocate sulla piazza di Wall Street. I Bowie Bonds ebbero una validità
decennale, furono garantiti principalmente dai proventi di 287 canzoni contenute nei suoi album
registrati prima del 1990, per un valore complessivo di 55 milioni di dollari e furono interamente
acquistati dalla Prudential Insurance Company di New York. Quest'operazione rese Bowie uno dei
cantanti più ricchi del mondo e il suo esempio venne presto seguito anche da artisti come Elton
John, James Brown, Ashford & Simpson e The Isley Brothers. Forse a Sanremo ci sarebbe tornato
nel 2015. A rivelarlo è stato Carlo Conti: "Avremmo potuto avere David Bowie a Sanremo
nell’edizione 2015 sul palco dell’Ariston e invece ci siamo dovuti accontentare della reunion di Al
Bano e Romina". "C’è un aneddoto che riguarda il mio primo Sanremo (e ripensandoci ora mi
mangio un po’ le mani), che stava andando già molto bene in termini di ascolti, alla terza serata
abbiamo avuto l’opportunità di ospitare David Bowie, ovviamente ad un costo notevole (400 mila
euro). Ci siamo guardati in faccia con il capo struttura Claudio Fasulo e l’allora direttore di Rai1
Giancarlo Leone e ci siamo chiesti se fosse necessario spendere quei soldi e abbiamo deciso di
rinunciare. Sarebbe stata probabilmente la sua ultima ospitata in televisione". A riportare Bowie a
Sanremo ci penserà poi la reunion dei Decibel nel 2018 con la canzone a lui dedicata dopo la
scomparsa, "Lettera dal Duca".
Quel febbraio 1997 a Sanremo Bowie concesse un'intervista a Roberto Giallo su L'Unità...
Biondissimo, sorridente, felice. Se la categoria degli “splendidi cinquantenni” cercasse un
rappresentante ideale, David Bowie sarebbe una scelta naturale. Di passaggio a Sanremo per
promuovere il suo nuovo album, Earthling, il Duca Bianco si concede alla stampa. Per raccontare
le nuove delizie del drum’n’bass che esplode dal suo disco. Parole chiave: spontaneità, arte e,
naturalmente, money. Ecco l’ uomo che cadde su Sanremo... Come un gioiello in uno scrigno,
David Bowie se ne sta tranquillo in un albergone elegante della. Costa Azzurra, a Cap Ferrat,
coccolato a vista da guardie del corpo e discografici, in attesa di suonare al Festival. Compare di
colpo tutto di nero vestito, biondissimo, con quegli occhi uno azzurro e uno blu che gli danno
(pure!) un’aria sorniona. Qualche anno fa si era definito “oscenamente felice”, e il suo sorriso
dice subito che si sente ancora così. In più, sembra un ragazzino, segno inequivocabile che il rock
mantiene giovani. Ghigna e scherza, disponibile finché una Erinni multinazionale fa cenno,
burbera, che il tempo è finito, e se lo porta via. Alla domanda di Roberto Giallo se avesse avuto
un’idea di dove sarebbe capitato quella sera, in che tipo di manifestazione, Bowie rispose di no.
"No, francamente non ho la minima idea di che show sarà, e altrettanto francamente non mi
interessa. Tengo moltissimo a questo mio nuovo disco e voglio fare ogni sforzo per promuoverlo a
dovere. La casa discografica mi ha assicurato un’audience altissima e questo va benissimo. Quello
che mi interessa è far sentire la mia band, la migliore che ho mai avuto. Per noi 7.000 o 40.000
persone è la stessa cosa, stiamo bene ovunque, indipendentemente dal contesto".
I progetti futuri? Si era parlato anche del Pavarotti International… Dopo la promozione partiamo
con il tour, da marzo a dicembre. È vero, ero stato contattato per una partecipazione al Pavarotti
International, ma ero sempre in giro a suonare e non ho potuto. Chissà forse ci sarà un’altra
occasione.
All'ultima domanda su come faceva a essere così a cinquant’anni, Bowie: Ma io non ci
penso mai ai cinquant’anni! Tutti pensano che il talento degli artisti si affievolisce con l’età, ma
non è vero. Non è il talento che va via, è l’entusiasmo. Per la vita, per la musica, per il lavoro. Però
non è detto che succeda. Se penso a geni come Burroghs o Picasso… Io voglio lavorare fino alla
fine… E, con Black Star e Lazarus, sarà davvero così, fino alla fine. alla lettera. Una lezione di stile,
riprenderà Alba Solaro sempre su L'Unità, che si consuma in pochi minuti. Appena un assaggio, ma
di quelli che rialzano le sorti di una serata che sembrava di routine, e che invece si rivela assai più
pirotenica delle altre. E anche ricca di sorprese. La sorpresa per esempio di scoprire che a
Sanremo c’ è ache Julian Lennon, il primo figlio di John Lennon (in Italia perché sta registrando a
Roma un nuovo album prodotto dalla stessa casa discografica di Bowie, la Bmg), che è uguale al
padre, stesso volto mite e occhialuto, ma che i teenagers ammassati davanti all’Ariston in attesa di
un Ragazzo Italiano o del clone di Enrico Papi, lasciano passare per il corso senza muovere un
ciglio. Non così Bowie, che durante le prove del pomeriggio, vedendo Julian seduto in platea, è
sceso giù ad abbracciarlo.
Lo "Earthling Tour" in Italia ebbe dunque quattro date: il 2 luglio al Pistoia Blues Festival,
l'8 luglio allo Stadio Rigamonti di Brescia, il 10 luglio all'Ilva di Bagnoli, Napoli, e l'11 luglio ad
Arbatax, Nuoro, al Rocce Rosse festival.
Al Pistoia Blues Festival, già Bluesin, a fare da spalla in piazza Duomo ci fu il torinese
Frankie Hi-NRG, che per questo ebbe qualche problema. Molti lo fischiarono tanta era l'attesa e la
premura che arrivasse a suonare Bowie. Ebbe anche problemi con il tour manager. Frankie Hi-NRG
ne ha scritto nella sua pagina Facebook: ...il 2 luglio 1997 quando ho aperto il concerto di David
Bowie a Pistoia Blues... Un'esperienza unica: lui straordinario e inavvicinabile, Iman una dea
meravigliosa, Bowie ha ricoperto tutto di polvere di stelle.
Quattro o cinquemila spettatori, palco spoglio, luci semplici ma efficaci, due grandi bulbi
oculari e proiezioni astratte di volti e danze, la prima data italiana dell'earthling Tour fu, a detta di
Paolo Russo su La Repubblica, impagabile dal punto di vista scenico, anche se ormai Bowie un
poco appannato nei suoi leggendari registri alti. Marinella Venegoni su La Stampa scriveva invece
così: Che cosa mai c'entri David Bowie con il blues dev'essere un mistero anche per il raffinato
Duca Bianco, che aprendo l'altra sera uno dei più antichi Festival a tema italiani, appunto il
Pistoia Blues, nella bella piazza del Duomo, ha sottolineato l'incongruenza: "Questo è un festival
blues, vero? E tu, Reeves, sei un bluesman?" Reeves, che di cognome fa Gabrels ed è prode
chitarrista (l'unico sopravvissuto dai Tin Machine), ha fatto sì con la testa e ha poi infilato un giro
di blues mica male, sul quale si è sviluppata la storica "Jean Genie", una versione densa quanto un
ragù. E il blues è finito lì. E ancora: Bowie è un fuoriclasse, ma collocato in un ambito inopportuno
come Pistoia... Ha racimolato 4000 persone e si è pure lamentato (nella notte, a cena con la sua
Iman a Firenze) dello scarso entusiasmo della gente. reduce da due dischi un po' tanto cerebrali
(Outside ed Earthling), il Duca soffre di usuramento di immagine: è utile ricordare che è stato in
Italia anche l'anno scorso, lasciando il cattivo ricordo d'un concerto breve e freddo a Roma. Ci ha
poi spiegato che quel giorno stava male...
SCALETTA al Pistoia Blues Festival:
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Il tour di Earthling in Italia ha forse il merito di essere approdato in località italiane piuttosto
insolite per una superstar: Pistoia, Brescia e Arbatax. E Napoli. L'8 luglio Bowie e la sua band sono
dunque a Brescia allo Stadio Rigamonti e dove qualcuno orgoglioso ricorda che il Duca cambiò (o
gli sembrò cambiare) le parole di "Under pressure" con "Under Brescia"... Il Giornale di Brescia
titolò: Bowie superstar di un concerto da sogno, festa psichedelica e brani-nostalgia col Duca
Bianco. "Mi spiace, non parlo italiano" disse David dopo Quicksand e All The Young Dudes,
piazzando un frammento di "Nel blu dipinto di blu" e commentando "Questo è un blues italiano..."
scrive Pippo Piarulli. Giovanna Capretti aggiunse: È proprio vero che Brescia non è abituata ai
grandi eventi. La star del giorno (e sicuramente dell'anno, se non degli ultimi anni) David Bowie
arriva su un furgone, scortato dalla polizia. Sono le otto. Fuori dai cancelli gruppetti di persone
aspettano, si cercano, si telefonano e Bowie passa inosservato. Brescia, per una volta sotto i
riflettori, è più attenta a guardare "chi c'è e chi non c'è". E mentre i Mansun hanno già iniziato a
suonare davanti ai teenager assiepati sotto il palco, sulla tribuna arrivano alla spicciolata gli over
50 che Bowie l'hanno conosciuto ai tempi di Ziggy Stardust e che non sanno se sono qui per
ritrovare un mito o un tuffo nel futuro.
SCALETTA di Brescia:
QuicksandAll The Young DudesThe Jean GenieDead Man WalkingI’m Afraid Of AmericansBattle For Britain (The Letter)White Light White HeatFashionSeven Years In TibetFameLooking For SatellitesUnder Pressure-(Under Brescia)The Last Thing You Should DoScary MonstersHallo SpaceboyLittle Wonder
bis V2 SchneiderHeroesHearts Filthy LessonO SupermanStay
Il 10 luglio Bowie e la sua Dream Band furono a Bagnoli, quartiere di Napoli che si affaccia
sulla baia di Posillipo. Il concerto si tenne nell'impianto siderurgico dismesso quattro anni prima
dell'ILVA e nel contesto del Festival Neapolis Live Festival. Il calendario prevedeva, il 10 luglio,
Duncan Sheik, Timoria, Mansun, Faith No More e David Bowie. Nei successivi due giorni Polar,
Bisca, Casinò Royale, Nofx e Litfiba (l'11) e il 12 i torinesi Mao e La Rivoluzione, Mar dei
Sargassi, Edoardo Bennato, 99 Posse e Vasco Rossi. Paolo De Luca de "La Repubblica" ha scritto:
Quelle ciminiere e quei calderoni avevano smesso di fumare da appena quattro anni. Sembrava un
miracolo, per molti napoletani, entrare nello stabilimento e respirare. E, soprattutto, trovarci due
palchi e una discoteca. Quell'estate andava in scena il primo Neapolis Rock Festival. Un simbolo,
oltre che un evento. Una speranza di rilancio in musica per l'area industriale di Bagnoli, che il
tempo ha purtroppo smentito. E, tra le prime star a salire su quel palco, c'era lui, David Bowie. Nel
pubblico dell'ex Italsider c'erano adulti, fan di una vita, ma anche tanti adolescenti, ingenui e
affascinati da quel sound. Il Duca Bianco eseguì impeccabilmente la sua performance".
Un articolo su La Repubblica del 2016 di Antonio Tricomi ricorda quell'evento. "Ma è
incredibile", mormorò David Bowie prima di cominciare a cantare, affacciandosi dal palco del
Tuborg Neapolis Rock festival di Bagnoli. Davanti a lui migliaia di fan e ancora più in là, oltre la
massa del pubblico in adorazione, lo spettacolo del mare, con la sera che scendeva sul golfo di
Pozzuoli. Nisida da una parte e Miseno dall'altra a chiudere uno specchio di mare scuro e
tranquillo. Suggestione unica a cui anche una delle massime rockstar mondiali non poteva restare
indifferente. E alle spalle il paesaggio di archeologia postindustriale come scenario ideale a un
cantante che da sempre aveva cantato le tensioni e le nevrosi di un'epoca che cambiava troppo
rapidamente rispetto alla stessa capacità umana di adattarvisi (tema questo caro a Bowie, come
dichiarò a Odeon nel 1977, al tempo di Heroes).
SCALETTA di Napoli:
QuicksandAll The Young DudesThe Jean GenieDead Man WalkingThe Man Who Sold The WorldI’m Afraid Of AmericansBattle For Britain (The Letter)White Light White HeatFashionSeven Years In TibetFameLooking for SatellitesThe Last Thing You Should DoV2 SchneiderHearts Filthy LessonO SupermanStayScary MonstersHallo SpaceboyLittle Wonder
Carla Villa Maji, giornalista autrice del sito web "Positano News" ha raccontato, dopo la
scomparsa di Bowie, di averlo incontrato prima di un concerto (non specifica quale, quello di
Bagnoli?). Riferisce che al tempo scriveva liriche nella speranza che trovassero una via nel mondo
discografico. "Nel guardarlo" aggiunge, "percepii un vuoto devastante in lui ma peggio ancora non
mi piacevano affatto alcune persone intorno, mi invitò a passare dopo il concerto per parlare dei
miei scritti ma non ci andai, come in altre occasioni della mia vita, fu come un velo invisibile ma
fortissimo che mi trattenne, non ebbi rimorsi né rimpianti, non ci ripensai". È questa l'unica
testimonianza per ora rintracciabile del passaggio di Bowie a Positano e forse a Ravello, dove la
divina Greta Garbo (cui Bowie dedicò un verso in "Quicksand"), via da Hollywood, si rifugiò nel
1938 a Villa Cimbrone, consumando una vera e propria fuga d’amore con il direttore d’orchesta
Leopold Stokowsky.
Bowie arrivò ad Arbatax in elicottero tra le sirene della polizia. Tutta l'Ogliastra era
presidiata quel giorno dalle forze dell'ordine: polizia, carabinieri e militari controllavano ogni strada
e ogni passo. Correva voce che quel giorno l'imprenditrice Silvia Melis, sequestrata dalla Anonima
Sarda il 19 febbraio, sarebbe stata liberata dopo cinque mesi di prigionia: le trattative con i rapitori
erano serrate e si credeva davvero che l'incubo del sequestro sarebbe finito. La sua liberazione però
avvenne solo diverse settimane dopo. E tra le sirene della polizia quel giorno 11 luglio del 1997, sui
cieli di Arbatax si distingueva il rumore dell'elicottero che trasportava David Bowie verso il palco
del festival Rocce Rosse Blues. Un'edizione storica, quella: nel cartellone Eric Clapton, B.B. King,
James Brown, Wilson Pickett. Il gotha del blues e del jazz si era ritrovato trovato in quei giorni ad
Arbatax, nel suggestivo scenario della spiaggia con le rocce in granito rosso, come ha raccontato
Tito Loi, direttore artistico del festival. Bowie fu ospitato in albergo a Olbia.
SCALETTA di Arbatax:
QuicksandAll the young dudesThe Jean GenieDead man walkingI'm afraid of AmericansBattle for BritainWhite light, white heatFashionSeven years in TibetFameLooking for satellitesUnder PressureStayScary MonstersHello SpaceboyBisOutsideThe heart's filthy lessonO Superman (Laurie Andreson)Strangers when we meet
Nel 1996 Bowie iniziò una collaborazione con la fotografa, regista e scultrice italiana
naturalizzata canadese: Floria Sigismondi. Il primo video musicale realizzato dalla Sigismondi per
Bowie fu quello di "Little wonder", cui seguirà "Dead man walking" nel 1997. La Sigismondi
realizzerà in seguito anche i videoclip di "The Stars (are out tonight)" e "The next day" nel 2013.
Floria Sigismondi, nata a Pescara nel 1965, è figlia di Lina e Domenico Sigismondi, cantanti
d'opera. La sua famiglia si trasferì ad Hamilton, Ontario, quando lei aveva due anni. Di lei si
racconta che iniziò a disegnare e dipingere alla sola età di due anni. Cominciò la sua carriera come
fotografa di moda e iniziò a dirigere video dopo essere approdata alle compagnie di produzione The
Revolver Film Co. e Black Dog Films nel 1992. Lavorerà per molti artisti di assoluto rilievo (anche
The Cure, Björk, Sigur Rós, Marilyn Manson...) I suoi video sono stati considerati molto innovativi,
ma anche molto scioccanti, ambientati in scenari che lei una volta definì come "entropici
sottomondi abitati da anime torturate". Ha dichiarato in seguito che la sua arte si ispira alle
immagini disturbate di David Lynch e Francis Bacon, dai film di Stanley Kubrick e Federico
Fellini. Come e ancora più del collega Chris Cunningham, Floria mette in scena "freaks" e persone
che appaiono malate, riuscendo sempre nell'intento specifico di mettere a disagio lo spettatore.
1998: Bowie tornò in Toscana. Questa volta per girarvi un film. David Bowie era anche un
grande attore - ricorda il regista Giovanni Veronesi - intuitivo, sarcastico finemente ironico. Alla
fine penso fosse toscano. Veronesi è l'unico regista italiano che abbia lavorato con Bowie nel suo
film "Il mio West" insieme a Leonardo Pieraccioni, Harvey keitel, Alessia Marcuzzi, Sandrine Holt,
Jim Van Der Woude... Veronesi ammette di avere osato più del dovuto: era un fan di Bowie fin da
ragazzo, pensò che non ci sarebbe stato miglior cattivo di bowie, provò con un fax a offrirgli la
parte e Bowie, entro 48 ore gli rispose, dicendogli che era molto pazzo ad offrirgli quel film, ma che
lui era ancora più pazzo perché accettava. Pare che ad averlo colpito fu il fatto che il suo
personaggio morisse. Ossessionato dalla morte, la esorcizzava parlandone spesso, anche durante il
pranzo nelle pause delle riprese, e vivendola per finta nei video musicali e nei film. Gran parte dei
personaggi che interpretava infatti morivano. E forse ad allettarlo, oltre che un ritorno alla sua
amata Toscana, ci fu l'interpretazione di un qualcosa di mai fatto prima, cioè di un personaggio in
un film western (anche se "all'italiana").
Il film fu girato in gran parte in Garfagnana. L'unica richiesta che Bowie fece fu di stare in
una casa che non avesse cani che abbaiavano in un raggio di tre chilometri. Ricorda Veronesi:
Nella campagna toscana è difficile, così abbiamo fatto una specie di retata e alcuni di quei cani
sono rimasti con me nella mia villa. Sul set non era facilissimo il rapporto. Bowie voleva parlare
solo con me. Con Harvey Keitel sembravano amici ma secondo me facevano finta e con Pieraccioni
si scambiava sguardi amorevoli, ma non si parlavano. A seguirlo dappertutto c'era la sua
segretaria, una specie di Mary Poppins agé, che aveva una borsa come il personaggio Disney...
Quando Veronesi chiese gli perché avesse accettato di fare il suo film, Bowie rispose: "Il mio
criterio sono le foto di scena. Ne avevo già vestito da vampiro, da alieno, da guerra mondiale...
Invece da cowboy mi mancava". Veronesi, intervistato sul sito internet Democratica da Francesca
De Sanctis ricorda ancora. ...Durante le pause Bowie parlava sempre di morte, dal punto di vista
filosofico. Era molto colto e questo tema lo appassionava. In tutti i film in cui ha recitato il suo
personaggio muore. Quindi anche in questo caso si può dire che ha accettato quasi esclusivamente
per questo, perché sul set amava morire! La scena finale in cui muore, nel mio film, ha voluto
rifarla 7-8 volte.
Stava tutto il tempo vestito da cowboy, anche quando era di riposo e avrebbe potuto
tranquillamente fare a meno di indossare abiti di scena. Era l’orgoglio della costumista. Unica sua
richiesta fu la penna sul cappello, un vezzo. Penso che alla fine si sia portato via il suo costume da
cowboy.
Quando finirono di girare il film Bowie gli disse: “Lo sai che forse non ci vedremo più?
Come si salutano due persone così?”. “Abbracciandosi”, risposi, E rimanemmo abbracciati per
trenta secondi. Quando gli ho mandato il dvd del film mi ha detto: “Non sono mai stato così bello”.
E pensare che ha accettato la mia proposta per soli 100mila dollari, lui era così, molto passionale.
Anche Marco Limberti, aiuto regista sul set de "Il mio West" ha ricordato svariati aneddoti...
perché quando si ha a che fare con un mito così, varrebbe la pena di raccontare tutto. La casa
scelta per Bowie, dopo una settimana di ricerche, fu offerta da Mariolina Marcucci, una villa
bellissima ma distante un'ora dal set. Con Bowie c'era anche Iman, che passava le giornate a fare su
e giù per Firenze, pare svuotando gli antiquari di via Maggio e comprando letti, armadi, librerie
antiche. Ricorda Limberti, o almeno gli pare, che fu necessario noleggiare un cargo apposta per
portare in America tutta quella roba. E ricorda gli occhi di Bowie: Quando Bowie ti guardava negli
occhi, ti veniva solo da tacere e scomparire. David aveva una guardia del corpo russa di nome Igor
che si esercitava col bastone in aria dietro il saloon e una vecchia megera nana cattivissima tipo
Linda Hunt come agente. Dovendo avere a che fare con loro due, tutti evitavano e così Bowie
poteva permettersi di essere buonissimo, tanto non lo scocciava nessuno... C'era il divieto assoluto
di fare fotografie e riprese non autorizzate. Ogni tanto beccavamo dei paparazzi, travestiti da finti
alpinisti, che si arrampicavano sulle vette circostanti con le piccozze comprate da Decathlon nuove
di zecca e con l'etichetta ancora attaccata... Un fan sui 40 anni, che era venuto apposta, lo
aspettava notte e giorno, con il sole e con la pioggia, con un vinile in mano appena fuori dal
villaggio West a Campo Catino. Alla fine David fece fermare la Mercedes di produzione, scese e
l'autografò. Il fan aveva le lacrime agli occhi. Bowie chiese anche scusa al tizio perché aveva
dovuto aspettare ma non l'aveva visto prima... Limberti ricorda anche della notte in cui girarono la
scena di Bowie che strimpellava una chitarra cantando e stonando "John Brown's body" per
provocare e spaventare gli abitanti della casa. Faceva freddo, Keitel e Pieraccioni stavano
all'interno di una baracca al caldo e non riuscivano a smettere di ridere, prolungando i tempi delle
riprese evidentemente oltre la sopportazione di Bowie. Al decimo ciak Bowie chiamò fuori Harvey
Keitel, si appartarono sussurrandosi qualcosa "come due capi di stato". Poi Keitel tornò dentro la
casa e finirono la scena in 5 minuti. Questi alcuni degli aneddoti raccontati da Limberti, aiuto
regista di Veronesi.
Alessia Marcuzzi ha ricordato David Bowie su Facebook: «Io l' ho conosciuto così... sul set
del film "Il mio West". Ero così emozionata, non ci potevo credere... stavo lavorando con uno dei
più grandi musicisti rock di tutti i tempi... non riuscivo a guardarlo negli occhi. Mi ricordo che c'era
gente che dormiva da giorni sulle montagne in Garfagnana, solo per poterlo vedere da lontano. Ed
io ho avuto l'onore di passare dei giorni con lui sul set... Non li dimenticherò mai. Non
dimenticherò mai la sua gentilezza, la sua eleganza e il tono della sua voce». Bowie diede delle
dritte alla Marcuzzi per fare l'Actor's Studio in America... Ma poi, rimpiange l'attrice, successe
qualcosa e la sua vita professionale prese tutta un'altra piega.
Se come attore ebbe numerose parti e alcuni camei, Bowie non riuscì invece mai nel suo
desiderio di girare un film nelle vesti di regista, ma ebbe modo di contribuire alla produzione di tre
film: Büvös vadász (1994) (alias Magic Hunter), diretto dalla regista ungherese Ildikó Enyedi; Scott
Walker: 30 Century Man (2006), documentario su Scott Walker di Stephen Kijak e una commedia
romantica, Passaggio per il paradiso (Gentle into the night), (1996, altrove datata 1998) del regista
romano Antonio Baiocco, Julie Harris, Tchéky Karyo, Mariano Rigillo, Vittoria Belvedere, Tomas
Arana e con la colonna sonora di Pat Metheny. Bowie ne è il produttore esecutivo insieme a Robert
Goodale e Laura Bernieri.
Il 21 ottobre Bowie 1999 fu a Milano per incontrare Adriano Celentano alla trasmissione
“Francamente me ne infischio” su RaiUno e le cose non andarono per niente bene. Il molleggiato
sconcica Ziggy con tiritere pacifiste quando lui vuole solo cantare la sua canzone. Adriano
Celentano intervistò David Bowie dopo l'esibizione di “Thursday ’s Child”. La chiacchierata tra i
due cantanti divenne sempre più tesa e imbarazzante. Celentano tentò una conversazione insistita
sui massimi sistemi come la fame nel mondo o la guerra e la pace che finisce per essere alquanto
dozzinale, sicuramente fuori luogo con un Bowie che ride, ma è sempre più infastidito. Il 22 ottobre
la agenzia Adnkronos pubblicò: Bowie indispettito per l'interrogatorio di Adriano Celentano sulle
cause delle guerre nel mondo? No, almeno secondo quanto ha spiegato lo stesso 'Duca Bianco'.
Che ieri sera, al termine dell'intervista con Celentano in 'Francamente me ne infischio', era
divertito e niente affatto indispettito, secondo quanto giura il suo entourage. D'altra parte, Bowie
con Celentano aveva concordato cinque domande, più o meno quelle che Adriano gli ha fatto anche
se 'il Molleggiato' non ha accennato al disco. In seguito, durante una conferenza stampa presso il
Four Seasons di Milano raccontò l’accaduto, sfogandosi: “Capivo perfettamente cosa mi stava
dicendo – disse ai giornalisti -. Credo che lui sia un idiota. Però ero lì per suonare la mia canzone.
In ogni caso, non credo che mi inviteranno ancora”.
“Io forse sono un idiota, ma certamente essere quotato in Borsa ti rende confuso – rispose
poco dopo Celentano -. Il tema dell’intervista nasceva da una dichiarazione che Bowie aveva fatto
a Parigi e nella quale diceva che partecipava volentieri perché io ero ‘socialmente impegnato’.
Illudendomi, cercai di coinvolgerlo sul piano sociale, constatando invece che lui era ‘socialmente
impegnato’ solo a promuovere il suo disco”.
Ecco la trascrizione di quell'incontro.
David Bowie: Hello
Adriano Celentano: Hello… Secondo te c’è il futuro?
David Bowie: Ahah for me? Ya. For you?
Secondo me? E secondo te?
Adriano Celentano: Si
David Bowie: Ok ahah
Adriano Celentano: Nel mondo ci sono, lo sappiamo che nel mondo c’è tanta gente, c’è
troppa gente che soffre la fame, che muore di fame.
David Bowie: Ya
Adriano Celentano: Tu pensi che, secondo te può cambiare questa cosa? Pensi che ci sarà un
modo? Tu hai provato a pensare?
David Bowie: Yes absolutely. Only if this add at a governmental and political level a
commitment to actually make some change. If this is half hearted the change will be half hearted
but it’s a major universal commitment that needs to be made. But who to instigate that? It has to
come from the people we elected to power to make that commitment.
Certo, solo se ci fosse un impegno politico governativo per fare questo cambiamento. Questo è
l’unico modo per apportare un cambiamento. Quindi dev’esserci un impegno a livello universale e
profondo, ma chi deve dare origine a questo? Deve essere la gente che è al potere a dare inizio a
questo movimento.
Adriano Celentano: E secondo te perché la gente tarda a dare questo movimento? Forse per
la bramosia di stare…
David Bowie: Don’t ask me!
(Ride) Non chiederlo a me!
Adriano Celentano: No certo no, ti faccio queste domande perché io tante volte mi chiedo,
provo, mi domando e dico, cerco di organizzare, come, come se fosse una cosa in cucina, come se si
dovesse preparare da mangiare, delle cose, come potrebbero risolversi le cose del mondo. Cerco di
organizzarle così perché io non sono un politico, perché sono uno che anch’io mi sorprendo quando
vedo la televisione e vedo certe cose, certe cose che abbiamo visto anche qui. Uhm, tante volte mi
chiedo ma come, come si potrebbe fare, ecco, io per esempio penso, per esempio ti dico cosa penso
io, io penso che se tutti i ricchi si mettessero d’accordo nel mondo, per cercare di, di pensare anche
un po’ a quelli che stanno male, eh, forse questo si può fare, eh, cioè, è un’organizzazione…
sembra…
David Bowie: I think it’d be very important for anybody to tie a least percentage of what
they make every year towards organizing a charity world course towards […] a course but it’s even
better sense if, of say, a country that has its national product of something like two hundred billion
dollars to tie a small percentage of that […] But it really needs to be instigate at a governmental
level. But […] of course an individual should do something.
Sarebbe importantissimo, tutti dovrebbero tentare di donare una percentuale di quello che
guadagnano ogni anno a, diciamo, alle organizzazioni di carità per varie cause, sarebbe anche
meglio se un paese che ha un pil elevato, circa duecento miliardi di dollari, se donasse una
percentuale di questo pil a persone che invece sono più povere. Bisogna comunque agire a livello
governativo, dev’essere il governo a iniziare queste cose ma ovviamente anche gli individui
possono fare molto, le singole persone quindi.
Adriano Celentano: Sì certo, sono d’accordo. E secondo te si può fare eh qualcosa per, per
far cessare le guerre nel mondo, sempre eh anche questo…
David Bowie: I don’t know!
Non lo so.
Adriano Celentano: No, non si può fare? E allora come si fa?
David Bowie: I’m not the person to ask!
Non sono la persona adatta a cui fare queste domande.
Adriano Celentano: E adesso siamo sotto…
David Bowie: I’m getting radio Moscow...
Ho qui radio Mosca nel mio, nel mio orecchio, ho radio Mosca che interferisce.
Adriano Celentano: No però io non voglio farti… ·
David Bowie: I’ve lost it. They’re gone.
Li ho persi, se ne sono andati.
Adriano Celentano: Sì, no, io però non voglio farti una domanda per, per avere la spiegazione,
voglio soltanto sapere cosa ne pensi tu. Io so che sei uno che pensa…
David Bowie: Ah ah...
Adriano Celentano: Tu hai la faccia di uno che pensa. Non ti chiedo di, non ti chiedo di
avere la risposta giusta oppure di avere la formula giusta per salvare il mondo, voglio sapere, sapere
soltanto cosa ne pensi…
David Bowie: I promise, I promise that I won’t start any wars!
Prometto che non darò inizio ad alcuna guerra! Questo sì.
Adriano Celentano: E secondo te…
David Bowie: This is all an individual can do. This is my individual promise.
Questo è comunque un impegno mio individuale, è una promessa mia personale.
Adriano Celentano: Sì certo, e secondo te io invece darò inizio a una guerra?
David Bowie: I told you this afternoon, I doubt it.
Lo dubito, l’ho già detto oggi pomeriggio ma lo dubito.
Adriano Celentano: Oh grazie, sei un amico.
David Bowie: World peace! (Pace nel mondo!)
Adriano Celentano: Vai via?
David Bowie (seccato e tagliente): World peace. Right here, right now, on this programme.
No more wars, world peace. See what we can do. Two individuals.
Facciamo pace, qui, in questo programma, in questo posto decidiamo che ci sarà la pace
mondiale! Non ci sarà più nessuna guerra! Fantastico! Vediamo cosa riusciamo a fare. Due
persone si sono impegnate.
Adriano Celentano: Perfetto, tu in Inghilterra e io in Italia. Ok? Sai cosa c’è? Che per fare
questa cosa qui, adesso, per, per adempiere a questo impegno che ci siamo dati bisogna che io
adesso m’imparo subito l’inglese. Io l’unica cosa che so è “you understand?”.
David Bowie: You understand?
Adriano Celentano: Tu pensi che ci vedremo in futuro?
David Bowie: Having met this occasion we never need to meet in the future
Dato che ci siamo incontrati qui non è necessario che ci incontriamo in futuro.
Adriano Celentano: Bella risposta questa. Beh, devo dire che è stato un piacere conversare con te
perché io ti ho sempre ammirato…
David Bowie: Good to talk to you and good to sing for you.
È stato bello parlare con te e anche cantare per te.
Adriano Celentano: Sì! Grazie, però l’hai detto un po’ in fretta. Quasi come se te ne volessi
andare subito. Quasi come se volessi troncare il discorso. ·
David Bowie: You wanna learn me sing one song? Oh do you mean the conversation?
Vuoi dire che volevo troncare la conversazione così rapidamente? È questo che intendevi?
Adriano Celentano: Sì, no...
David Bowie: Hey don’t stop me talking, I’ll talk all night long! You’re kidding me? You
don’t even know, you don’t even wanna begin talking to me! I can talk under that fucking carpet,
man!
Ho parlato per tutta la sera non fermatemi state scherzando? Non sai neanche cosa vuol
dire, non puoi neanche iniziare a parlare con me! Ti posso parlare anche sotto quel cazzo di
tappeto!
Adriano Celentano: Ah sì! È una proposta questa? Ahahahah ti ringrazio David. Tu sei forte.
Spero di incontrarti ancora presto. Ciao.
Il 4 dicembre 1999, alla vigilia del 2M, Bowie tornò a Milano per presentare il suo nuovo
album "Hours" all'Alcatraz. Albergò quella notte all'Hotel Four Seasons in via Gesù con gli
immancabili irriducibili fans ad aspettarlo fino al mattino seguente.
Il 6 dicembre Giacomo Pellicciotti riporta alcune di quelle domande erisposte su La
Repubblica.
Si diverte ancora a fare concerti dopo tanti anni?
"Tendo a non ripetermi dal vivo. Una delle abitudini che ho perpetuato fin da quando ero
molto giovane è la capacità di tenere a freno le cose che più apprezzo nella vita e di sfruttarle come
motore di quello che faccio come artista. Altrimenti sarei uno stupido".
Lei è un artista quotato in borsa: ha dato finora soddisfazioni ai suoi azionisti?
"Ogni giorno do loro tante soddisfazioni, sono sempre notizie felici".
Che consigli darebbe ai teenagers di oggi?
"Assolutamente nessuno. Sarebbe sciocco, per uno avanti nell' età, dare ai più giovani
consigli che non saranno mai ascoltati. Quando ero teenager io, apprezzavo personaggi come
William Burroughs o Jack Kerouac. Forse non erano gli esempi migliori, ma i miei tentativi di
avvicinarmi alla loro abilità hanno fatto sì che vivessi una vita assolutamente straordinaria. Ho
passato periodi meravigliosi e terribili, di grandi gioie e grandi tragedie".
Con "Hours" lei torna al suo passato più glorioso...
"L'idea è di raccontare un personaggio della mia generazione che guarda indietro nel
tempo, vede occasioni mancate e sente qualche angoscia. In complesso è un album triste. Per
quanto mi riguarda, avrei tante storie buffe da raccontare sui rimpianti. Ma l'infallibilità non
rientra nelle possibilità dell'essere umano, perciò non serve avere rimorsi".
Ci vuole finalmente spiegare com'è andata, quando è stato ospite di Celentano in tv? Forse
non lo capiva bene?
"Ho capito molto bene cosa voleva dire e credo che sia un idiota. Alla fine sono riuscito a
cantare la mia canzone, che era l'unica ragione della mia presenza allo show. Probabilmente non mi
inviterà più, peccato".
Il 5 dicembre Bowie fu nuovamente ospite della televisione italiana nel programma su RAI2
"Quelli che il calcio", condotto da Fabio Fazio. Questa volta andò meglio. Bowie interpretò
"Survive" e nuovamente "Thursday's Child".
Fabio Fazio, stringendo la mano di Bowie: “Molto piacere, Fabio. David Bowie!”
David Bowie: “Glad to see you. We get to leave this.”
Piacere mio. Devo lasciarla (la chitarra) a qualcuno...
Fabio Fazio: “Se vuole gliela tengo io, come vuole.”
David Bowie: “Thank you very much...” (lascia la chitarra ad un tecnico).
Fabio Fazio: “Tutti “io, io”. Ha sentito, ha visto. Si, volevano aiutarla tutti. Grazie. Stia
tranquillo, eh! È solo che…”
David Bowie: “You shouldn’t stay much too closer.” (tossisce).
“Non dovrebbe starmi troppo vicino”.
Fabio Fazio: “Anch’io. Me too.”
David Bowie:“You too?” (Anche tu?)
Fabio Fazio: “È solo che abbiamo pochi minuti e mi piacerebbe che questa nostra
chiacchierata avesse in realtà il tempo di una conversazione, anziché di una intervista e quindi
avendo invece così poco tempo, c’è soltanto la possibilità di…”
David Bowie: “Let’s have a friendly conversation.”
"Chiacchieriamo amichevolmente".
Fabio Fazio: “Si, si, a friendly… Grazie. Senta, lei… Tante cose ci sarebbero da dire. La
prima che mi viene però in mente, intanto che la vedo molto felice, molto sereno.”
David Bowie: Extremely! Yeah, yeah, I’m very…Life is perfect.”
"Estremamente! Sì, sì... Lo sono molto... La vita è perfetta"
Fabio Fazio: “È vero. Dove ha trovato questa serenità, questa pace con se stesso in questo
momento, da che cosa le deriva?”
David Bowie: “Desperation. You have to be happy or you die".
"Dalla disperazione! Devi essere felice, se no muori.”
Fabio Fazio: “Senta. Lei, vabbé, in realtà usa la musica come tante altre forme di
espressione, perché è un artista vero, usa tutte le forme d’arte per raccontare una storia, la sua storia.
A che punto è di questa storia, secondo lei? A che punto siamo di questa storia?”
David Bowie: “Well, it’s important to realize all artists’ disfunction. So it’s the “roman de
mad”. I’m getting sane.”
“Be', è importante rendersi conto delle disfunzionalità degli artisti. È un dramma da matti.
Però sto diventando più sano di mente".
Fabio Fazio: “È anche vero che lei ha usato come forma artistica proprio se stesso, il suo
corpo. Il materiale sul quale ha lavorato è proprio lei, una forma d’arte straordinaria questa.”
David Bowie: “I’m a melody!”
“Sono una melodia!”
Fabio Fazio: “È vero, anche”...
David Bowie: “I’m an extra-rhyme! I’m an opera!”
“Sono un’opera!”
Fabio Fazio: “Be’, tant’è che lei ha tante vite quanti sono i personaggi che ha inventato per
lei in tutti questi anni.”
“Io non parlo italiano, I’m sorry!”
Fabio Fazio: “I’m sorry, I don’t speak English. We can speak French? No?”
David Bowie: “Very bad. Almost as bad.”
"Bruttissimo, brutto quasi quanto l’italiano.”
Fabio Fazio: “Anche per me. Io lo sapevo che lei non parla francese allora l’ho detto
apposta, tanto per fare bella figura.”
David Bowie: “Un petit peu.”
Fabio Fazio: “Un petit peu moi aussi, j’ai fini dejà.”
David Bowie: “Est-ce que vous avez Marlboro Light?”
“Ha una Marlboro Light?”
Fabio Fazio: “Non faccia pubblicità, per carità! No, no, non dica… Non faccia pubblicità, è
la fine! L’ha detto lui, non l’ho detto io!”
David Bowie: “That’s my only knowledge for French.”
“È l’unica cosa che posso dire in francese.”
David Bowie: “I can ask for a sigarette in every language.”
“Posso chiedere una sigaretta in qualsiasi lingua.”
Fabio Fazio: “I don’t smoke. It’s the only phrase that I can say in English. Senta Sig. Bowie.
Lei nella sua vita ha incontrato le persone più straordinarie, che hanno fatto la storia della musica e
anche dell’arte di questo secolo. Lei è un grande appassionato d’arte, dipinge scolpisce. Qual è
l’incontro fondamentale della sua vita? Artistico, intendo. Una persona che l’ha cambiata, che le ha
dato tante cose, di cui consiglierebbe a qualcuno di leggere qualcosa o di informarsi su qualcosa.”
David Bowie: “It wouldn’t mean very much in Italy, but there is a scots sculptor, Eduardo
Paolozzi, who is very, very important.”
“Forse non sta a significare molto in Italia, non è molto importante. Ho incontrato uno
scultore, un artista incredibile, Edoardo Paolozzi. Una persona eccezionale, importantissima.”
Fabio Fazio: “Cercheremo di saperne di più.”
David Bowie: “And for music, maybe Little Richard, maybe very, very important to me; and
a writer, and I met previously William Borroughs.”
“Per quanto riguarda la musica invece, Little Richard, mi viene in mente questo,
importantissimo per me e poi anche uno scrittore, la persona che ho incontrato è William
Borroughs.”
Fabio Fazio: “William Borroughs. Grazie per aver risposto, intanto. Senta, posso chiederle
un’altra cosa? Per me. Me lo fa un autografo?”
David Bowie: “Oh, pleasure!”
Fabio Fazio: “Se no quando la rincontro?”
“Con piacere!”
Fabio Fazio: “Grazie. Lei non viene a Sanremo? Io quest’anno forse ci sono. Forse. Forse.”
David Bowie: “Thank you very much for the invitation.”
“Grazie mille per l’invito.”
Fabio Fazio: “Si. Non so se ci sarò io. Se c’è lei son contento, la guardo comunque
volentieri, ma…”
David Bowie: “I should say that Ok.”
“Dico che va bene”
Fabio Fazio: “Grazie. Io faccio questa trasmissione apposta, per poter incontrare persone
come lei. Grazie molte. È forte David Bowie, molto forte.” (Imitando Celentano).
David Bowie: “It’s good to me.”.
“Per me va bene”.
Fabio Fazio: “Sto scherzando! Adesso ascolteremo “Thursday's child" in cui David Bowie incontra
se stesso” (Fazio pronuncia tuesday e non thursday)
David Bowie: “Yes.”
Fabio Fazio: “E ascolteremo volentieri questa storia. Ha visto? Non le ho chiesto cosa
possiamo io e lei per la guerra. È contento?”
David Bowie ride...
A metà degli anni '90 Bowie affidò il design e il computer imaging delle copertine di
"Outside" e "Earthling" al disegnatore grafico Davide De Angelis. E iniziò anche una loro
collaborazione saltuaria intorno a un futuro prodotto cartomantico, portato definitivamente a
termine solo dopo la morte di Bowie. Si tratta di "Starman Tarot", un libro e un mazzo di tarocchi
pubblicati in Italia da Lo Scarabeo nel 2018, ma la cui gestazione è stata dunque particolarmente
lunga. Ha spiegato De Angelis al riguardo: "Andando a guardare come è tutto cominciato, quella
scintilla immaginifica che si sarebbe un giorno consolidata nello Starman Tarot è scaturita nel
momento in cui la figura spettrale di David Bowie è entrata nel ristorante italiano che mio padre
aveva nella vecchia Old Compton Street di Londra. Avevo solo dieci anni, e giocavo
spensieratamente con carta e penna: non avrei mai immaginato, in quel momento, che vent'anni
dopo mi sarei trovato a sedere accanto a Bowie stesso, con una matita in mano, facendo schizzi e
illustrando idee per il suo nuovo album: Outside. Il concetto dello Starman Tarot è nato in quegli
anni che ho passato a lavorare con Bowie sugli album Outside e Earthling. Il mazzo è come un
arazzo che intreccia tipografia sperimentale, graffiti, immaginario fantascientifico, filosofia,
sciamanesimo, teoria del caos, Caravaggio, frammenti decostruiti di arte punk e geometria sacra.
Ogni carta è come un appassionante ecosistema narrativo completamente formato ma che allo
stesso tempo si trasforma costantemente. Ogni carta vuole colpire il vostro cuore e la vostra mente,
e guidarvi con forza, compassione e saggezza. Vuole rivelare una nuova realtà, completamente
diversa, che si trova appena dietro il mondo di cui facciamo esperienza: lo straordinario celato
nell'ordinario!"
L'anteprima di alcune di queste carte avvenne nel 2017 nella città italiana magica per
eccellenza, Torino, al MEF Museo ettore Fico, nel corso della mostra Tarocchi – Dal Rinascimento
ad oggi, a cura di Anna Maria Morsucci.
Anni 2000 e 2010
Negli anni 2000 e 2010, almeno ufficialmente, la presenza di David Bowie, quanto meno
ufficialmente, forse anche a causa della sua residenza oltreoceano, la sua da sempre poca simpatia
verso i voli, si dice acuitasi negli ultimi anni, la nascita della figlia Alexandria e il piacere crescente
di fare una vita più quieta, appartata e dedicata alla famiglia con la sua quotidianità, è andata
decisamente diradandosi. Ma anche a causa del ritiro dalle scene dopo l'intervento al cuore
avvenuto a 57 anni, nel 2003, in Amburgo, dopo un malore accusato sul palco a Scheeßel. Bowie ha
ormai venduto già da qualche tempo diverse sue proprietà per stabilirsi dal 1999 e definitivamente a
New York nei 5.300 metri quadri di SoHo in 285 Lafayette Street. Qui i suoi rapporti con l'Italia si
limiteranno molto e in particolare al cibo come le colazioni con cappuccino e bombolone alla crema
o un caffè italiano al Caffe Falai sotto casa (parola del proprietario Danilo Durante), al Caffè
Reggio in McDougall Street, qualche break o qualche cena in ristoranti italiano del quartiere, come
quello al piano di sopra dello scantinato degli 6/8 Studios non lontani da casa, in cui riunì
segretamente la band che darà vita all'album del ritorno "The next day" (probabilmente il bar Primi
e pasta shop all'angolo con la Bowery). La spesa, come apprendiamo dalle pagine di David Bowie,
l'arte di scomparire" di Francesco Donadio (indagine sugli ultimi dodici anni dell'Uomo delle
Stelle), la faceva invece da Dean & DeLuca (560 Broadway).
Aveva venduto già da qualche anno il castello in Svizzera e anche la villa Mandalay a
Mustique, l'isola esclusiva dei Caraibi, progettata dall'architetto Arne Hasslqvist e dalla designer
Linda Garland in un perfetto mix tra architettura giapponese e balinese con piscine naturali
terrazzate tra rocce, cascate, portici con colonne, pagode e interni sfarzosi. Un capriccio che doveva
essere il meno caraibico possibile, voluto da Bowie alla fine degli anni '80. Una villa venduta nel
1995 all'editore Felix Dennis per 4 milioni di dollari. Dopo la morte dell'editore Felix Dennis nel
2014, nella villa appartenuta a bowie a Mandalay, è oggi possibile soggiornare una settimana in
vacanza al "modico" costo di 60-70mila dollari, 40mila in bassa stagione. Dell'appartamento a Los
Angeles non si hanno più notizie. Bowie passò invece periodi di riposo nel buen retiro di una
località tenuta a lungo il più possibile segreta, a Shokan nei pressi di Woodstock, dove comprò per
quasi 2 milioni di dollari una casa e 64 acri di bosco (circa 26 ettari) sulla Little Tonshi o Tonche
Mountain, una montagna dei monti Catskill, parte delle catene degli Appalachi. Secondo alcuni
giornali americani è qui che avrebbe trascorso gli ultimi giorni della sua vita ed è qui che avrebbe
chiesto di spargere o conservare le sue ceneri. Secondo altri, stando al suo testamento, l’artista
avrebbe invece chiesto che le sue ceneri fossero sparse “secondo il rito buddista di Bali”, precisando
che, se non avesse potuto essere cremato lì, avrebbe voluto comunque che i suoi resti arrivassero
successivamente sull'isola indonesiana.
Quest'ultimo particolare, per volontà di Bowie stesso, resterà tuttavia un segreto ben
custodito dalla famiglia. Bowie, come chiese anche Freddie Mercury rispetto alle proprie ceneri, si
era così espresso per evitare inutili monumenti e pellegrinaggi, preferendo essere ricordato per la
sua vita e non per una lapide o un memoriale.
Di case comprate invece da Bowie a Venezia o in Toscana, forse dalle parti di Lucca o in
Lucca stessa, di cui si è talvolta vociferato, non c'è alcuna traccia che lo comprovi. Su Bowie girano
tante cose. Per esempio una lista del 1969 in cui avrebbe elencate le cose che amava o che odiava
tra le quali la sua Fiat 500 blu scuro ("...ce l'ho da 18 mesi e non mi ha mai abbandonato, fa 56
miglia al litro") e andarsene in giro per il Nord Italia (...godendomi paesaggi pazzeschi e
chiacchierando con le persone che trovo abbiano uno sguardo verso il mondo e la vita sempre caldo
e la giusta prospettiva sulla vita...) Di questa lista parla una sua fan in internet, che se la sarebbe
ritrovata tra le mani insieme alle molte memorabilia di un altro fan presentato come il boss dei fans
italiani. Poco credibile che la vecchia Fiat 500, per quanto consumasse poco, potesse fare 56 miglia
con un litro (90 chilometri circa). Quanto all'andarsene di Bowie in giro sul finire dei Sessanta per il
nord Italia, non c'è davvero nessuna testimonianza diretta o indiretta. La prima volta di Bowie in
Italia fu a Monsummano Terme nel 1969, poi più nulla fino alla vacanza a Roma del 1973. Sul sito
bowiewonderland.com sono stati pubblicati dei diari incredibili settimanalmente pubblicati da
luglio del 1973 a maggio del 1975 a nome di Bowie. Bowie stesso, in proposito, ha dichiarato di
non aver scritto una sola parola di questi diari pubblicati sulla teeny magazine Mirabelle. Furono
invece scritti, con il suo consenso, da Kathleen Dorritie, nome d'arte di Cherry Vanilla, cantautrice,
attrice, scrittrice e addetta stampa newyorchese. Insomma, si trattava di un gioco: Cherry Vanilla
immaginò e pubblicò ogni settimana su Mirabelle un diario immaginario di Bowie/Ziggy Stardust
senza nemmeno troppo preoccuparsi di far coincidere la realtà con l'irrealtà. Ne sono un esempio le
pagine di fine luglio e di agosto in cui Bowie era nello studio castello di Château d'Hérouville a
registrare Pin Ups e il 2 agosto giunse a Roma per una vacanza prima di tornare in Francia a
completare le sessioni con la sua voce. Il diario in questione invece lo descrive in viaggio in
Giappone e in Russia. Con David Bowie, sommando la sua grandezza eclettica universalmente
riconosciuta, quasi a incarnare l'Oltreuomo nietzschiano al "gioco" attoriale dei suoi personaggi,
bisogna fare molta attenzione. C'è una certa tendenza ad attribuirgli di tutto, come se già la sua
carriera non fosse stata mai "abbastanza" straordinaria. Lo abbiamo già visto quando, per averlo
visto suonare il violoncello nel film "The hunger", solo debitamente istruitosi a suonare per
l'occasione alcune note di Bach, poi gli si attribuiscono capacità reali di suonarlo. Nel wikipedia
inglese, quando si parla delle sue capacità di polistrumentista, è infatti sancito che egli suonasse il
violoncello e la viola. Anche quest'ultima in realtà, la viola, la prese in mano una volta nel finale di
un concerto il primo d'aprile 1979 (dunque nel segno di un autentico April Fool’s Day). Bowie,
vestito con un nero kimono raggiunse John Cale sul palco dove si erano anche esibiti Philip Glass e
Steve Reich (lo show era intitolato "The first concert of the Eighties"), prese la viola del collega per
eseguire "Sabotage" (brano di John Cale). Pare che Cale gli avesse date due dritte per fare il brano,
ma il fine era un altro: sabotare "Sabotage". Ricorda John Cale: "The first time I met Bowie was at
the Tibet House concerts in New York. He absolutely wanted to play and join in, so I taught him a
viola part: a riff to Sabotage. He was game and picked it up straight away. Otherwise we did a lot
of drinking, a lot of running round at the Mudd Club. Most of that's a blur."
Nelle registrazioni di "Heathen" (2002) è ospite una cantautrice e musicista polistrumentista
di formazione classica molto stimata sia per la sua musica, sia per i suoi testi: è Lisa Germano, nata
a Mishawaka nell'Indiana, ma di evidenti origini italiane, che nel disco di Bowie fu invitata a
suonare il violino. "L’Italia rappresenta per me l’idea di vivere la vita in tutta la sua pienezza. Il
luogo dove ogni cosa è ingigantita... passione e amore per la bellezza, cibo, sesso, musica, vino,
lottare, ballare, ridere e piangere". Claudio Fabretti su OndaRock nel 2007 le ha rivolto una
domanda su quell'incontro: Una delle esperienze più stupefacenti è stata quella con Bowie. E' un
personaggio così famoso... una leggenda. Ed è davvero magnifico, molto genuino e creativo. Tanti
artisti, ottenuto un certo tipo di fama, diventano timorosi di sperimentare, di spiazzare i loro fan.
Lui invece era pieno d'entusiasmo, voglioso di sperimentare sempre strade nuove, e abbiamo
parlato tanto insieme. È stato magnifico.
Bowie tornò in Italia nel 2002 per promuovere Heathen. Il 15 luglio suonò a Lucca, per il
Lucca Summer Festival, in piazza Napoleone. La Nazione di Lucca lo ricorda in un articolo del
2016: era un David Bowie in splendida forma, completo nero e camicia bianca, in uno show che ha
lasciato il segno. Da “Life on Mars” accompagnato al piano da Michael Garson, a “Ashes to
ashes”, passando per “Cactus”, “Slip away”, “Starman”, “China Girl”, “Changes”, “Fame”,
“Heathen” e l'intramontabile “Heroes”. Allora un gran calore abbracciò il Duca Bianco, che al
pubblico concesse un bis a base di pezzi come “Fashion”, “Let's dance” e “Ziggy sturdust”. Ad
aprire il concerto furono i Bluvertigo, mentre 'nascosti' in piazza nel pubblico c'erano Zucchero e
Jovanotti. Diecimila gli spettatori accorsi da tutta Italia, sfidando una intera giornata di pioggia
cessata soltanto poco prima dell'inizio dell'esibizione di Bowie. In una piccola tribuna riservata,
oltre a Zucchero e a Jovanotti, si intravide anche l’arbitro Pierluigi Collina. Per la prima volta si
vide un Bowie colloquiale, che fra una canzone e l'altra (come scrisse Marinella Venegoni su La
Stampa) ti spara una cascata di chiacchiere divertite con forte accento cockney, e poiché nessuno
ci capisce un'acca tutti rispondono come sempre "yeah" tanto che lui se ne accorge e fa un
gestaccio. È un Bowie bello e biondo come un dio anglosassone, alla faccia dei 55 anni magro
come un'acciuga dell'Atlantico (pare si nutra solo di succhi di frutta e verdure).
SCALETTA
Life On Mars?Ashes To AshesCactusSlip AwayStarmanChina GirlI Would Be Your SlaveI’ve Been Waiting For YouChangesStayFameI’m Afraid of Americans5:15 The Angels Have Gone
HeroesHeathen (The Rays)A New Career In A New TownFashionEveryone Says HiHallo SpaceboyLet’s DanceZiggy Stardust
Il giorno seguente Bowie, a Montecatini Terme, fu intervistato da Lucia Nicolai per MTV.
Lucia Nicolai gli fece osservare che una volta cantava "I'm afraid of Americans" e, tuttavia, ora in
America era andato a viverci. E Bowie rispose: Penso che avrei dovuto riscrivere il titolo in “I’m
Afraid of Certain Americans”, non di tutti in generale. Nella mia band ci sono sei americani che
amo moltissimo e con cui lavoro da sempre e naturalmente ho moltissimi amici a New York che
rispetto profondamente. Quando ho scritto quella canzone, era metà anni Novanta ed era motivata
dal franchising dell’immagine americana ovunque. Sono arrivato a Lucca e la prima cosa che ho
visto è il McDonald’s. Appena abbiamo passato il cartello ‘Benvenuti a Lucca’ la prima cosa che
ho visto è stata McDonald’s e penso che sia lo schiacciamento di culture individuali a costituire
fonte di grossa preoccupazione.
E sulla serata di Lucca... Lucia Nicolai: Mentre ti stavi esibendo hai raccontato molti
aneddoti riguardanti visite precedenti a Lucca. C’è alcuna verità in tutto questo?
David Bowie: No! Facevo solo un po’ di scena! Mi aveva colpito molto il fatto che ci
fossero così tante persone alle finestre delle case circostanti e che probabilmente odiano il
rock’n’roll. Era così ironico che fossero costretti ad ascoltare un festival di musica per tre giorni
consecutivi! Così mi sono inventato dei nomi di persone per le quali andavo a passeggiare il
cane… come si chiamava? Giancarlo, vero? (ride)
La seconda tappa italiana, domenica 6 ottobre 2002, fu nuovamente in televisione a "Quelli
che il calcio" su Rai Due, questa volta condotto da Gene Gnocchi e da Simona Ventura, che gli si
getta letteralmente ai piedi abbracciando le sue ginocchia, invocando di essere ibernata così:
Ibernatemi! Ibernatemi ora! Tra mille anni sghiacciatemi! Gene gli chiese più sobriamente un
autografo, chiedendo infine di salutargli Frank Black dei Pixies con risata di Bowie.
Due i brani per l'occasione: Cactus, cover di un brano dei Pixies, e Everyone sais Hi. Dopo
l'esecuzione dei brani in televisione Bowie fece l'indomani una apparizione allo store LaFeltrinelli
Libri e Musica di Milano in Piazza Piemonte, preso d'assalto, per una session di autografi, ma solo
per i primi 250 arrivati, regolati da un numero per mettersi in fila fin dall'alba. Moltissimi i delusi
che non arrivarono per tempo.
L'ultima volta che Bowie suonò in Italia fu nel 2003 nel corso del Reality Tour. 24 ottobre,
Filaforum di Assago, 13.000 spettatori, tutto esaurito. La band: Gail Ann Dorsey, Gerry
Leonard, Earl Slick, Mike Garson, Sterling Campbell, Catherine Russell. Band di spalla i
Dandy Warhols. Io ero tra quel pubblico e tornato a casa quella sera appuntai qualche verso
(poesia poi pubblicata nel mio libro "Raccolti", Oèdipus Edizioni, 2019):
LOVING THE ALIEN
23 ottobre 2003 Forum di Assago
Dalla platea ai palchiagli skybox del forum
si apre la porta delle stellecon la voce di un ottavo arcangelo
e non vale meno cosìche davvero.
Che fa se le stelle che luccicanosono fiammelle di Bic
e polvere di giovani Pleiadi velocio Leo Minoridi*
le sigarette aspirate?
Nel campo di Assiocome Cassio con Aulo Allienoperisca pure il mondo stasera!
Io sono David Bowmanche non muore nel monolito
ma evolve nell'infinito alieno..
Mio Dio, siamo pieni di stelle!
* Il periodo di visibilità dello sciame meteorico delle Leo Minoridi va dal 21 al 23 ottobre.
L'entrata (scrisse Giacomo Pellicciotti su La Repubblica) è degna della grande rock
star. Dei buffi disegni animati su schermo gigante che li raffigurano con scanzonata ironia,
i musicisti della band e il Duca Bianco si materializzano sul palco del Filaforum. Bowie è
l'ultimo. Emerge dal buio, impeccabile come sempre, cantando Rebel Rebel restaurato alla
moda. Basta questo semplice colpo ad effetto a scatenare subito il primo applauso
grandioso dei più di dodicimila fortunati (tra i vip si vedono Morgan, Romeo Gigli e Paolo
Liguori)... E conclude R.T., inviato da Il secolo XIX: Nato per il palco, Bowie, recita prima
ancora di cantare, si trasfigura per il solo fatto di respirare. È un don Giovanni estatico in
"Fashion", un intellettuale radical in "I'm afraid of Americans" e il grande predicatore in
"Heroes". Un enigma che spilla poesie elettriche... Molto più intrigante di una rockstar.
SCALETTA
Rebel RebelNew Killer StarFameCactusChina GirlFall Dog Bombs The MoonHallo SpaceboySundayUnder PressureAshes To AshesFashionNever Get OldThe Motel5:15 The Angels Have GoneLoving The AlienI’m Afraid Of Americans“Heroes”Heathen (The Rays)(bis)Slip AwayChangesLet’s DanceHang On To YourselfZiggy Stardust
Massimo Gatto su L'Avvenire anticipava la possibilità di un ritorno del Reality Tour
nell'estate del 2004 all'Arena di Verona. Bowie però fu costretto ad annullare il resto della tournée
europea dopo la performance al festival di Scheeßel in Germania, durante la quale aveva accusato
malori e per i quali venne operato d'urgenza al cuore. Già prima dell'episodio di Scheeßel, David
Bowie aveva dovuto interrompere il suo concerto a Praga per disturbi alla vertebra cervicale e alla
spalla, e il giornale scandalistico ceco "Blesk" aveva scritto, per tutta risposta, che l'autore di
"Heroes" era stato trasportato di nascosto dall'albergo "Four seasons" all'ospedale di Praga-Motol
con un sospetto d'infarto.
Finita la musica dal vivo, finite le tournée per il mondo, sospesa per dieci anni l'attività
musicale stessa, a parte qualche collaborazione sporadica, occasioni per sapere ufficialmente Bowie
in Italia non ve ne saranno fino al 2013, a Venezia. Sapere per contro se vi sia tornato privatamente
non è facile, anche se il suo ritiro ha mosso molti a rendere pubblica un qualunque brandello di
apparizione pubblica.
Diversi si dice siano stati i suoi viaggi a Venezia e come tali testimoniati. Qualcuno mise in
giro la voce che Bowie avesse appunto comprato una casa anche nella città lagunare. A Venezia
però girò, per la campagna pubblicitaria della casa di moda Louis Vuitton, un cortometraggio da un
minuto insieme al regista Romain Gavras e alla modella americana Arizona Muse. Titolo:
L'Invitation au Voyage (L'invito al viaggio, come la poesia di Charles Baudelaire). Arizona Muse
atterra con una mongolfiera a Venezia e si ritrova a una festa in costume con David Bowie che
suona al clavicembalo un riarrangiamento baroccheggiante della sua "I'd rather be high" da "The
next day". Una mongolfiera che arrivò in Piazza San Marco e finì al centro della polemica per via
delle mancate autorizzazioni. In un omaggio alla Serenissima e alla sua storia senza tempo, Louis
Vuitton volle dunque ambientare a Venezia il secondo capitolo dell’intrigante campagna
«L’invitation au Voyage». Partita dai cortili del Louvre di Parigi a bordo di una mongolfiera, la
protagonista, la top model americana Arizona Muse, arrivava ora nel cuore della notte in una
deserta e affascinante Piazza San Marco e, incuriosita da una musica ammaliante, entrando in un
magnifico palazzo, scostando pesanti tende... si ritrovò, nel mezzo di un ballo in maschera, davanti
a un David Bowie seduto al clavicembalo.
Un altra comparsa di Bowie in Italia risalirebbe al 1988 ed è riferito da La Nuova di
Venezia. Una foto ritrae Bowie (con sciarpa e colbacco) con il pittore veneziano Ludovico De Luigi
all'inaugurazione di una sua mostra presso la galleria d'arte Ravagnan in piazza San Marco. La foto
fu scattata invece al Palazzo delle Prigioni. Nella foto è presente anche Iman. "Giornata bellissima"
ricorda De Luigi.
Ludovico De Luigi nacque a Venezia nel 1933 da una famiglia di pittori aperta alle
problematiche culturali e all’influenza dell’arte moderna. La sua vocazione artistica matura tuttavia
attraverso diverse esperienze. Dopo un’iniziale formazione compiuta nell’atelier del padre Mario,
noto pittore astratto, lasciò Venezia nel 1950 e visse per un periodo a Torino e a Roma, decidendo
poi di trasferirsi in Francia. In questi anni si applicò intensamente al disegno e alla copia dei maestri
del passato, ricercando contemporaneamente un proprio linguaggio autonomo. Si interessa inoltre
alle scienze naturali, in particolar modo all’entomologia, di cui si trova traccia nei dipinti
successivi. Nella primavera del 1959 cominciò a studiare in maniera approfondita l’opera di
Canaletto, assimilandone la grande lezione di unione tra tecnica e mezzi di espressione. Questo
lungo e appassionato studio si concluse nel 1964 con la realizzazione della dettagliata copia del
dipinto raffigurante Piazza San Marco presente a Palazzo Corsini che, oltre ad essere un esempio di
straordinario virtuosismo, costituisce il punto di partenza di una ricerca artistica che dal 1966 si
sviluppò con sempre maggiore profondità. Di questo anno fu una rappresentazione pittorica di
Venezia proiettata nel tempo e gremita di insetti. Nel 1967 De Luigi, assieme alla moglie, la pittrice
americana Janice Lefton, lasciò l’Italia per recarsi negli Stati Uniti. Stimolato dai consensi pubblici
e privati, l’artista continuò nella sua ricerca che accosta a una cultura pittorica consacrata dal tempo
un processo di elaborazione surreale che prefigura apocalittici scenari della città di Venezia. In
seguito si interessò anche alla scultura, realizzando una serie di opere equestri e altri bronzi, che
uniscono all’aspetto onirico un significato allegorico e simbolico. L’avvento dell’era elettronica lo
spinse infine ad avvalersi del computer nella produzione dei suoi dipinti. Così, sul sito della Peggy
Guggenheim Collection, leggiamo della storia di questo pittore che Bowie deve aver quindi
particolarmente apprezzato. E tuttavia c'è qualcosa che non va nella datazione, poiché nel 1988 non
risulta che Bowie andasse in giro con Iman. A quel tempo era legato invece a Melissa Hurley. Si
erano visti qualche volta negli anni, ma la loro storia cominciò nell'autunno del 1990, a un invito a
cena da parte di un amico in comune. Inoltre la Galleria Ravagnan cita, tra le oltre duecento
esposizioni organizzate nel corso della sua lunga attività, una mostra di Ludovico De Luigi nel
1992. Anche il Bowie della fotografia è apparentemente quello con barba del periodo dei Tin
Machine e non quello reduce a seguire di Never let me down e del Glass Spider.
Nella sua venuta a Venezia del 2013, in occasione del suddetto spot per Louis Vuitton,
Bowie fu avvistato e paparazzato con sua figlia Lexi (Alexandria), allora dodicenne, mentre
salivano a bordo di un taxi acquatico per visitare la città dai suoi canali. La figlia era accompagnata
da un'amica e appariva ai testimoni visibilmente elettrizzata. Il padre, in abiti casual, supervisionava
tutto con aria seria e corrucciata. Così qualcuno disse.
Carlo Zanetti, lo stesso che vide Bowie a Londra su una Ferrari, racconta di un fatto che ha
dell'incredibile. Dopo pochi anni, una volta tornato in Italia, andai a suonare in un locale di
Venezia per lo più frequentato da ragazzotti in gran parte gondolieri, facchini o trasportatori di
laguna, i quali tra una birra e l’altra, spesso si contendevano la possibilità di fare colpo su qualche
malcapitata turista straniera. Le proposte erano sempre le stesse e sempre descritte attraverso un
inglese maccheronico: gite notturne in motoscafo, oppure in gondola, per vedere le meraviglie
della città… Uno di questi baldi giovani, forse il più tranquillo, mi propose alla fine del mio
concertino prettamente targato rock, di seguirlo a casa sua perché doveva per forza raccontarmi
una storia pazzesca e farmi vedere un dipinto. Era un gondoliere molto gentile che aveva
apprezzato il mio modo di cantare e suonare. Lo seguii e poco dopo mi trovai di fronte ad una
parete piena di disegni che raffiguravano persone, animali e cose strane. In un angolo c’era una
firma: “David”. In breve, mi spiegò che David Bowie aveva fatto quel grande disegno, che lui era
stato a casa sua dopo essersi incontrati casualmente una notte in giro per Venezia. Rimasi
esterrefatto quando mi disse che si era seduto proprio dov’ero seduto io. A riprova della veridicità
di quanto detto mi fece vedere una foto. Era tutto vero! ...In un'intervista David Bowie dichiarò che
spesso girava il mondo da solo, perché diceva che nessuno lo riconosceva. Aveva un cappello con
frontino, un giubbino verde e gli occhiali da sole.
Certo fa strano che qualcuno nella sua casa abbia dei disegni così preziosi sul muro di una
stanza senza averlo mai divulgato, in qualche modo magari anche "capitalizzato". Ma noi
prendiamo per buono, per ora, aspettando di saperne di più.
In Veneto pare non si limitò però alla sola Venezia. Vvox ha scritto che la star del rock
David Bowie amava l’Italia e il Veneto. Tanto da recarsi in laguna in più di un’occasione. Con la
figlia Lexi aveva visitato la Biennale mentre due anni prima era stato a Venezia per girare in
Piazza San Marco uno spot per Louis Vuitton... A cavallo tra gli anni ’80 e ’90, il cantante si
vedeva spesso in città tra i ristoranti di Rialto e campo Santa Margherita. Il Duca Bianco amava
anche frequentare mostre e gallerie d’arte. Ma non solo a Venezia. Bowie visitò anche Padova:
sempre negli anni ’90 la rockstar si era concesso una giornata da turista al Santo (credo ci si
riferisca alla Basilica di Sant'Antonio da Padova) e alla Cappella degli Scrovegni. Da questo
articolo risulterebbe quindi una visita di Bowie alla Biennale Arte di Venezia del 2015 diretta da
Okwui Enwezor con la mostra "All the World's Futures", poiché lo spot per Louis Vuitton lo girò
nel 2013. Altre testimonianze però non sono disponibili.
A Bologna nel 2016 approdò David Bowie Is, una delle mostre di maggior successo degli
ultimi anni, realizzata dal Victoria and Albert Museum di Londra, la prima retrospettiva dedicata
alla straordinaria e prolifica carriera di David Bowie, capace in cinque decadi di perseguire in modo
duraturo l’innovazione senza mai tradire se stesso e il suo pubblico. David Bowie Is, partita da
Londra nel 2013, dopo essere stata a Chicago, San Paolo, Toronto, Parigi, Berlino, Melbourne e
Groningen, arrivò dal 14 luglio al 13 novembre al MAMbo, unica tappa italiana, totalizzando
130.000 visitatori. La mostra celebrava la prolifica carriera di David Bowie attraverso un percorso
fatto di contenuti “multimediali” e di 300 oggetti selezionati dai curatori Victoria Broackes e
Geoffrey Marsh dall’archivio personale del musicista. Bowie conservò sempre tutto nel corso della
sua carriera, non solo scarpe, vestiti e costumi di scena, istituendo un vero e proprio archivio. Tra
gli oggetti l’outfit di Ziggy Stardust (1972) disegnato da Freddie Burretti, il costume "Blue Clown"
di Ashes to Ashes, lo Union Jack coat di Earthling, fotografie e disegni, i testi originali delle sue
canzoni scritti a mano e alcuni dei suoi strumenti, tra i quali la chitarra Supro Dual Tone di look
retrò usata nel Reality Tour, lo EMS Synthi AKS synthesizer usato in Heroes, il mazzo di carte delle
Strategie Oblique ideate da Brian Eno e Peter Schmidt che propongono oscuri e criptici aforismi,
volti ad aiutare il musicista a rompere i blocchi mentali favorendo il pensiero laterale. "È una
grande occasione d'incontro - commentò il Sindaco Virginio Merola - e di riscoperta di una figura
come Bowie, per assaporare la sua trasversalità in una città che sta saldamente nel
contemporaneo. Bologna è pronta ad accogliere le persone che accorreranno per vedere una figura
che ha saputo fare la differenza, in una città che fa la differenza".
Non so spiegare perché noi, a Bologna, vi abbiamo visto anche il suo primo sax alto, un
Grafton saxophone di plastica bianca regalatogli dalla famiglia nel 1958. Bowie, come detto dal
curatore della mostra Geoffrey Marsch, aveva declinato fin dall'inizio il prestito di questo oggetto
delicato e così importante per lui. Rispetto a questa apparizione o cambiò qualcosa dopo la sua
scomparsa o si trattò di una copia, di un qualunque altro Grafton saxophone.
Bowie ha amato l'Italia e l'Italia ha ricambiato e continua a ricambiare. Soprattutto dopo la
sua scomparsa sono stati numerosi (e lo saranno ancora per molto tempo) gli omaggi. Diversi interi
dischi gli sono stati dedicati. Tra questi Andrea Chimenti canta David Bowie, Jazz Oddity di
Federica Zammarchi, Fascinated by Bowie di Camilla Fascina. “Per me David Bowie è stato una
vera scoperta" dice Camilla Fascina in una intervista. "Da qualche anno mi sono avvicinata pian
piano al suo mondo e poco alla volta mi sono lasciata travolgere da questo mito che ha
attraversato decenni di musica ed è ancora vibrante e proiettato nel futuro. Quello che mi attira e
affascina di lui infatti è il genio, la creatività, la poliedricità, la natura iconica e camaleontica.
Così ho pensato che il tempo fosse maturo ora per questo mio primo EP che raccoglie 5 brani tratti
da diversi album di Bowie. E devo dire che è andato bene: l’EP infatti è stato presentato l'anno
scorso durante il mio opening act a Morgan per il David Bowie Bash, ed è stato poi menzionato sul
sito ufficiale di David Bowie".
Rita Rocca, giornalista Rai, gli ha dedicato un documentario di 62 minuti BowieNext -
Nascita di una galassia. Il film ricorda il Glass Spider Tour del 1987, che il 13 giugno di quell'anno
approdò in Italia. Varie immagini di repertorio, tra cui alcune dalle Teche Rai, come il miniconcerto
al Piper di Roma del 25 marzo 1987, l'intervista del 1977 realizzata da Fiorella Gentile per il
programma "L’altra domenica" e spezzoni di interviste da "Mixer" (1981) e "Tg2 Pegaso" (1993). Il
docu-film è arricchito da testimonianze di vari artisti che hanno lavorato con lui (fra cui Sterling
Campbell, Gail Ann Dorsey, Mike Garson, Lindsay Kemp, Earl Slick, Rick Wakeman),
testimonianze di chi lo ha conosciuto (Dario Argento, Sydne Rome) e critici musicali (Simon
Reynolds e Francesco Donadio). I «Lies of love», Enrico Condelli e Nicoletta Pace, sono stati
selezionati per far parte del film tributo. Gli autori del film-tributo hanno scelto i «Lies of Love»
dopo aver ascoltato la loro interpretazione della canzone-manifesto del duca bianco, «Heroes».
«L’idea era non copiarlo, non prendere dei pezzi di repertorio - ha detto Rita Rocca -, ma creare
qualcosa di originale ispirato a Bowie. E devo dire che sono arrivate, da tutto il mondo, delle cose
molto belle e molto professionali, superiori anche alle mie aspettative».
Svariati anche i libri, tra cui "David Bowie, l'arte di scomparire", indagine sugli ultimi anni
dell'Uomo delle Stelle di Francesco Donadio; "Rebels - David Bowie in 6 ritratti d'autore (scritti di
Franco Battiato, Michael Cunningham. Michel Faber, James Grady, Rick Moody, Carlo Verdone e
una "favola" del cantautore Dente); "Ziggy Stardust - La vera natura dei sogni" di Luca Scarlini;
una versione aggiornata di "David Bowie - Fantastic Voyage", testi commentati, di Francesco
Donadio; "For ever and ever (I miei 15 anni di David Bowie)" di Stefano Bianchi con l'introduzione
di Ivan Cattaneo. E molti altri.
La Repubblica di San Marino, il quarto stato più piccolo d'Europa, che al di là di tutto è un
pezzo d'Italia e di Romagna, è stata la prima nazione al mondo - battendo sul tempo la stessa Gran
Bretagna - in cui sono stati emessi dei francobolli dedicati a Bowie per celebrare il 70esimo
anniversario dalla sua nascita, affidandone la grafica a Jonathan Barnbrook, designer e curatore
della grafica degli ultimi album di Bowie: tre valori bollati, tutti da € 1,60. Il primo valore mostra il
giovane Bowie nei panni di Major Tom, il primo personaggio che lo ha portato al successo. Ma c’è
anche una stella nera in alto a destra ad indicare il suo ultimo album. Il secondo valore è
un’originale rielaborazione della copertina di Aladdin Sane, molto stilizzata e con il fulmine di
Ziggy Stardust in primo piano. Il terzo e ultimo è dedicato all’album Low e ne riproduce
l’immagine di copertina con una corona bianca che richiama il Duca Bianco.
David Bowie - come si apprende da una intervista di Pauline Pilot dedicatale dal sito
www.davidbowieblackstar.it - ha ispirato l'artista Maria Primolan, architetto e scultrice torinese.
Maria Primolan dal 2016 ha realizzato un ciclo di lavori ispirati a Bowie tra i quali le sculture
“TheAngel’s Gift” e un busto in legno dal titolo “Goodbye Mr. Bowie” oggi presso la Biblioteca di
Beckenham, Londra. Questi lavori le hanno quindi fruttato una mostra di sculture dedicate a Bowie
tenutasi a Bromley.
Ma l'omaggio più bizzarro dell'Italia a David Bowie è arrivato da un suo fan, Andrea
Natella, che nel gennaio 2016, pochi giorni dopo la scomparsa del Duca Bianco, sulla piattaforma
online charge.org, lanciò una petizione rivolta "a Dio o chi se ne occupa" per riportare il Duca sulla
Terra: "Dire no alla morte di David Bowie. Riportalo sulla Terra". L'obiettivo (quasi raggiunto) era
di trovare almeno 10mila sostenitori per dare corpo alla sua ambiziosa idea. All'appello rispose
anche il profilo Twitter di Dio (@TheTweetOfGod) in cui si rispose che non v'era alcuna intenzione
di rimandare indietro il Duca: "Onestamente uscire con David Bowie è molto più figo di quanto
pensassi!" Una raccolta firme come gesto simbolico per dire addio a Bowie, ma non solo. "È un
modo per pensare che la morte di David Bowie, così come quella di altre persone famose, sia come
quelle dei personaggi di finzione" spiegò all'Indipendent: "...ma volevo anche sottolineare di come
possano essere inefficaci la maggior parte delle petizioni online!".
INTERVISTE
Nelle quasi 750 interviste a gruppi musicali e autori vari per lo più italiani, esordienti e non,
dell'underground e non, fatte negli ultimi dieci anni per la e-zine Kult Underground e non solo,
spesso mi sono imbattuto nella citazione obbligata di David Bowie tra coloro che hanno più
influenzato gli stessi. Questo prova che Bowie, caso più unico che raro, non è stato solo capace di
essere un personaggio cangiante e sempre affascinante, da chiunque rispettato, e un autore
assolutamente geniale, ma in cinquant'anni di carriera ha creato un repertorio musicale capace di
influenzare più generazioni, anche italiane. E probabilmente resterà ancora tale per molti decenni.
Bowie infine è diventato anche in Italia un autore imprescindibile, una stella polare, un polo
magnetico. Ecco una selezione e alcuni estratti da quelle interviste. A fianco degli intervistati, il
nome dell'album che fu occasione delle interviste.
ANDREA MIRÒ, "Nessuna paura di vivere" (presente nel cd una cover di "Heroes")
Davide Riccio
So che tu ed Enrico (Ruggeri n.d.r.) condividete un comune amore per David Bowie. Cosa ci ha
lasciato più di tutto dal vostro punto di vista?
Andrea Mirò
È venuto a mancare un artista senza pari che, per la generazione di Enrico prima, e per la mia e la
seguente, è stato ed è (e sarà) un faro illuminante. La parola che più accosto alla sua carriera e alla
sua produzione in toto (anche d'immagine) è "osare".
GENOMA, "Mostri, paranoie e altri accadimenti" (presente nel cd una cover di "Heroes")
Davide
Perché una cover di “Heroes”, inoltre resa così particolarmente soffice?
Genoma
È un pezzo di storia della musica, un grande brano di un grande artista, che abbiamo voluto
sussurrare alla nostra maniera.
il dEli, "Lo stupido che canta" (Roberto Deliperi)
Davide
Oggi la neuroscienza sta spiegando le ragioni per cui la musica può farci venire i brividi, sebbene
sia alla fine un fatto anche molto personale. Quali canzoni ricordi tra quelle che nella vita ti hanno
fatto venire la cosiddetta “pelle d'oca” una o, riascoltandole, più volte?
Roberto
Sicuramente è un fatto personale, altrimenti non si spiegherebbero i diversi gusti... Alcuni (ma
proprio alcuni) dei brani che mi emozionano ad ogni ascolto sono: When a man loves a woman
(Percy Sledge, probabilmente la mia canzone preferita in assoluto), Waiting on an angel (Ben
Harper), Black (Pearl Jam), Strade di Francia (Daniele Silvestri), Pianoman e New York state of
mind (Billy Joel), Where did you sleep last night (Nirvana), Lady Grinning Soul (David Bowie), il
70% dei brani dei Beatles, Pelle (Afterhours), Ora solo ora (Casino Royale), Uomini (Ritmo
Tribale) e almeno un altro milione di brani...
PRESENCE (Sophya Baccini), "Masters and followings"
Davide
Tra le cover di "Masters and following" un capolavoro dimenticato degli Sparks (This town ain't big
enough for the both us). Cosa ha di solito una canzone perché susciti il tuo desiderio di
reinterpretarla?
Presence (Sophya Baccini)
È l'importanza diciamo storica, la loro rappresentatività che ci ha portato a volere reinterpretare quei
brani... Gli Sparks facevano parte di quell'onda di cambiamento che travolse la musica negli anni
settanta, che faceva riferimento a David Bowie, Marc Bolan o anche i Velvet Underground di Lou
Reed... lo chiamavano Glam rock ed è stata una ventata di vera creatività... ci è piaciuto
ricordarlo...
TERZACORSIA, "Sogno o realtà"
Davide
Qual è la musica che principalmente ascoltate, che ha più influenzato il vostro modo di suonare e le
vostre idee musicali?
Terzacorsia
Sono tutti quegli artisti a cui, tra l’altro abbiamo anche dedicato tributi. Quindi andiamo dai Pink
Floyd a Lucio Battisti, passando attraverso i Radiohead e l’indimenticato David Bowie.
THE FALLS, "Mind the Gap"
Davide
Come riassumereste le decadi '60, '70, '80, '90, duemila e duemiladieci facendo un solo nome di
artista o gruppo inglese per ognuna di esse, il più oggettivamente rappresentativo secondo voi, ma
poi anche soggettivamente per voi nel distillato della vostra musica?
The Falls
Beatles, Bowie, Queen, Blur, Franz Ferdinand, Soulwax... The FALLS?
LUCA FUCCI, "Hidden scars"
Davide
Love is more about... e Inside rievocano i suoni influenzati dall’elettronica in parte ispirati dalla
cultura rave degli anni novanta di Earthling di Bowie. Come hai vissuto la notizia della sua
scomparsa e cosa ti lascerà questo insuperabile grandissimo?
Luca
Essere associato al nome di un maestro come Bowie è davvero una cosa al limite del sacrilego, ma
te ne ringrazio molto. Quando ho saputo della notizia, ho subito pensato ad una bufala… proprio in
concomitanza con l’uscita del suo “Black Star” che da un paio di giorni ascoltavo in loop. Una
scomparsa che per me non poteva essere reale… “Lui” non poteva lasciarci. Ho evitato di pensarci
per tutta la giornata, fino a che la sera e la notte stessa, sconvolto, ho pianto ininterrottamente per
ore, come un bambino. Non solo e non tanto per la morte in sè... ma per la grandezza di quest’uomo
e di quello che ci ha lasciato: un patrimonio artistico che non ha eguali. È talmente unico che è
riuscito a fare anche della sua morte una opera d’arte. “Black Star” è un capolavoro, un testamento
musicale insuperabile, che ha confermato l’immortalità dell’Artista.
Le sue provocazioni, il suo continuo mettersi in discussione, il voler cambiare ed evolversi,
rischiare senza vivere sulla tranquilla comodità del passato, sono tutte componenti di un percorso
artistico ma anche di vita che ha molto da insegnarci.
Solo chi riesce a lasciare delle tracce e testimonianze così indelebili e a donare tanta bellezza al
mondo, può essere ritenuto immortale.
SIMONE GIANLORENZI, "About her"
Davide
Perché hai affidato il mastering proprio al Soundmaster Studio di Londra e a Kevin Metcalfe?
Simone
Il suono che ho in testa e nel cuore è quello della musica british, amo il mondo delle band e artisti
brit com U2, Coldplay, Tears For Fears, Depeche Mode, David Bowie, Queen e Kevin Metcalfe ha
lavorato con tutti questi nomi; non ci ho pensato due volte quando mi si è presentata la possibilità di
poter avere un mastering firmato da Lui e il lavoro che ha fatto è stato da vero fuoriclasse.
TENEDLE, Dimitri Nicolai (Vulcano)
Davide
Si può avere saudade di molte cose. Di cosa, quando hai scritto “Canzoni che fanno male”? E c'è
una canzone in particolare che, frugando nella tua anima, ti ha “fatto più male” (ma anche bene)
nella vita?
Dimitri
È inevitabile fare i conti con la nostalgia e la tristezza; se c’è disperazione significa che c’è stata
gioia. Certo, a volte ti chiedi se sia necessario soffrire tanto...
Difficile quando scrivi che ci siano canzoni di altri che ti facciano più male delle tue, tuttavia ci
sono canzoni che ogni volta che ascolto mi fanno effetto o che mi ricordano un amore finito, un
periodo di incomprensione o ribellione, che mi sono vicine, che mi commuovono.
“Fruit tree” di Nick Drake o “The man who sold the world” di Bowie, “Father & son” di Peter
Gabriel, sono canzoni che mi ricordano cose che fanno male e che comunque riascolto e mi fanno
anche bene, ma ce ne sono tante altre, ne ho prese davvero tre al volo. Curioso come in musica,
come dici tu, il bene e il male si percepiscano contemporaneamente.
MORRIS GOLDMINE, "Blackout"
Davide
Morris Goldmine, cosa vuol dire questo nome? Un po’ rimanda a “Velvet Goldmine”?
Morris Goldmine
“Velvet Goldmine” è stato un film molto discusso, ma con una eccellente colonna sonora, cui Wilde
avrebbe scritto dei testi magistrali. Parla della rivoluzione glam-rock della prima metà degli anni
settanta, impersonificata da artisti senza tempo come David Bowie, Brian Eno, Lou Reed, e il resto
della factory warholriana. Il glam rappresentava per gli artisti un'opportunità di manipolare il loro
personaggio, facendo dello stile parte del loro messaggio; a noi piace questa chiave di lettura.
EPSILON INDI, "Wherein we are waters"
Davide
Qualche disco tra i vostri preferiti di sempre? E quali accostereste voi al vostro “Wherein we are
waters”?
Sergio De Vito
Domanda difficile. Accostare il nostro lavoro ad un altro sinceramente non mi riesce, sto troppo
dentro a “Wherein we are water” per poter trovare un parallelo. Mentre la lista dei dischi preferiti è
copiosa; ogni disco che ho amato profondamente è stato sempre legato ad un periodo della mia vita,
dei veri e propri passaggi di consegne. In verità ti dico che spesso non è solo il disco a catturarmi
ma l’artista; ho amato Peter Gabriel, David Bowie, Genesis, Kate Bush, poi Dead Can Dance, This
Mortal Coil, the Cure e cosi via ma non potrei elencarli tutti, è comunque un amore che non ha
confini, per esempio adesso amo i Dirty Projectors e molti molti altri gruppi.
DONATO ZOPPO, "Prog una suite lunga mezza secolo" (Libro)
Davide
Perché David Bowie non è mai considerato progressive con dischi come Low, Heroes e Lodger (vi
suonarono per altro anche Fripp, Belew, Simon House degli Hawkwind…)? Breaking Glass, Joe
the Lion, African Night Flight, Teenage wildlife sono per altro tutto meno che una classica forma
canzone… Per altro Bowie ha lavorato sovente con musicisti progressive. In quel periodo lavorò
anche con il cofondatore dei Magma Laurent Thibault al basso in The idiot. Perché Bowie per te
non è stato anche “progressive” con tutto il “progresso” che ha portato nella musica, soprattutto
negli anni ‘70? E Brian Eno, non è considerabile anche lui in qualche modo progressive?
Donato
Non ho citato il Bowie berlinese perché altrimenti saremmo usciti fuori tema, idem per Eno:
l’avvicinamento del primo ad atmosfere e musicisti di estrazione prog è indiscutibile (e
probabilmente neanche tanto sorprendente: il suo Ziggy Stardust era pur sempre un lavoro
concettuale, stilema così caro al prog) ma arriva in una fase di decadenza per il genere, e nel libro
ho preferito di più soffermarmi sui motivi del calo di ispirazione prog e sull’avvento del punk e più
in generale del revival rock.
GARBO, "L'altra zona / La moda"
Davide
Tu hai suonato con tutti coloro che più amavi o ti erano consimili in Italia e ancora è così. Chi hai
conosciuto dei tuoi più beneamati artisti inglesi o americani? Qual è stato il più bell’incontro, cosa
ti ha lasciato?
Garbo
In realtà sono stati tutti incontri interessanti e importanti per il mio divenire. Da David Bowie a
Dave Gilmour, da Freddie Mercury e i Queen a Mark Hollis e i Talk Talk, da Richie Havens a Holly
Johnson e i Frankie Goes to Hollywood, e tanti altri ancora. Sai, in trent'anni...
Davide
Una scienziata statunitense, secondo il Newsweek ha condotto degli studi provando che la musica,
ascoltarne e ancor di più suonarla, aiuta a mantenere in condizioni perfette le aree cerebrali dedicate
alla memoria e a rallentare in misura notevole i processi d'invecchiamento cerebrale. Senza andare a
scomodare i vampiri, come si è fatto con David Bowie, Lou Reed, Mick Jagger… Sarà per questo
che le rockstar sembrano non invecchiare mai…? Scherzi a parte. Qual è l’effetto migliore della
musica su di te?
Garbo
….Oh Dio!... grazie, mi stavo dimenticando... Domenica sera, sono a cena con David e quei
manigoldi!!!
ALEC DREISER (Gianluca Zenone) - Ewig-Weibliche
Davide
Ciao Gianluca. Anzitutto qualche domanda pratica… Vorrei conoscere la tua storia di illustratore,
fumettista, fotografo, regista e videomaker, ma anche grafico, montatore... Insomma, un artista
visuale a tutto tondo. Quali sono state le tappe principali della tua formazione artistica?
Gianluca
Ciao Davide. La mia storia di artista credo arrivi da molto lontano, come la storia di ogni
individuo. Parlando di questa vita sicura pragmaticamente (forse) diciamo che nasco con un forte
imprinting artistico poiché mia madre mi svezza quasi subito alla pittura e mio padre alla musica.
Per rendere l’idea del mio background e delle mie origini formative posso dirti a titolo
esemplificativo che a sei anni mio padre mi mise in cuffia Aladdin Sane di David Bowie
(un’edizione in vinile RCA, con la custodia che ancora si apriva). Capisci che incontrare così presto
qualcuno in cui riconoscermi mi ha fatto capire fin da subito che non appartenevo al mondo
convenzionale e apparente a cui ci abituano. Anche perché l’impatto con questo alieno con fulmini
dipinti sul volto non poteva non lasciare il segno...
OTTODIX (Alessandro Zannier) - Robosapiens
Davide
“Quelli troppo vecchi per giocare ancora, troppo giovani per invecchiare ora"… Mi ha ricordato un
verso di “Rock’n’roll suicide”, “You’re to old to lose it, too young to choose it… So che David Bo-
wie è importante per te. Il suo ormai quasi decennale silenzio discografico comincia a preoccupare
qualcuno… Discutibile il titolo di un brano di questi mesi dei Flaming Lips, “Is David Bowie dy-
ing?”… Non ne ho capito il senso. Ad ogni modo… Di cosa ti senti più debitore verso il suo perso-
naggio e verso la sua musica?
Alessandro
David è un amico. Intendiamoci, non lo conosco di certo, ma è un amico. Non sono neanche mai
stato un assiduo ascoltatore, ma la mia stima è sempre stata ai massimi, soprattutto per il suo atteg-
giamento incline al cambiamento continuo, avvitato su una coerenza di stile che si basava sulla clas-
se. È un amico perché quando sei in difficoltà e lo ascolti, ti torna la consapevolezza che è possibile
essere pop e sperimentali, estèti(ci) e di contenuto e ti dà un aiuto a continuare. È un amico perché ti
insegna che la carriera di un artista può dare frutti meravigliosi ad ogni età e non vive di una sola
stagione (Outside è un capolavoro tardivo). È un amico inaspettato perché quando scrivi una canzo-
ne e ti piace, ogni tanto dici: ma perché? ...poi scopri un tuo giro armonico, un cantato, un'andatura
e la ricolleghi a una prodezza di David, e allora capisci che lo hai metabolizzato come i Beatles, an -
che se non vuoi, perché ti esce ovunque. Robosapiens, la canzone stessa ha il ritornello vagamente,
ma dichiaratamente ispirato a "Little Wonder". Giungevano sue notizie da Berlino; al lavoro sul se-
guito di Ziggy con Brian Eno per un ultimo capitolo discografico, poi non ho più sentito niente.
TORPEDO (band svedese), singolo "An invention", prodotto da Justin Timberlake
Davide
When you toured Europe, you have worked at the mixing board used to record David Bowie’s
Heroes… Wow! What kind of “ghosts” from Bowie’s Berlin era have you materialized with it?
Quando siete stati in tournée in Europa, avete lavorato al mixer usato per registrare Heroes di
David Bowie… Caspita! Che genere di “fantasmi” dell’era berlinese di Bowie avete materializzato
attraverso di esso?
Torpedo
Yeah, the old mixing board of the classic studio in Montreaux once owned by Frank Zappa and
Queen has now a found a new home in Svenska Grammofonstudion in Gothenburg where we
recorded our upcoming album.
As I told you earlier, we’re big Bowie fans and knowing the tunes of the Brian Eno produced album
“Heroes” once were flowing through its system was truly inspiring. I think the B-side of that LP
really coloured alot our albums cosmic instrumentral parts. Great feeling. Thanks DB, we owe you!
Sì, il vecchio mixer dello studio di Montreaux un tempo appartenuto a Frank Zappa e ai Queen si
trova adesso negli Svenska Grammofonstudion a Gotheburg dove abbiamo registrato il nostro
prossimo album.
Come ho detto prima, noi siamo grandi fans di David Bowie e sapere che le melodie dell’album
prodotto da Brian Eno, Heroes, un tempo sono fluite attraverso questo sistema è una cosa davvero
ispiratrice. Penso che il lato B di quel disco abbia dato molto colore alle parti strumentali dei
nostri lavori. Grande feeling. Grazie DB, siamo in debito!
LUCA URBANI - Chi ha detto Soerba? (Libro)
Davide
I am happy… La fortissima esposizione di un singolo (dei Soerba) si rivelò da subito un’arma a
doppio taglio: un successo finisce per identificare più o meno erroneamente l’intera proposta sonora
di un gruppo o di un musicista. Questa verità mi ha aperto ancor di più gli occhi sulla smisurata
grandezza di un David Bowie, capace di creare nuovi successi voltando le spalle ai precedenti. Se tu
lo incontrassi, quale cosa gli chiederesti o diresti per prima? E quale ai Depeche Mode (o a chi in
particolare)?
Luca
Mi ricordo che di Bowie ho visto una data al Forum di Assago del tour di Outside; ero rimasto
impietrito… e mi chiedevo come facesse a tenere quel distacco caloroso. Ecco cosa gli chiederei:
come riesce a essere così profondo ma nello stesso tempo distaccato e quasi glaciale.
Ai Depeche farei la classica domanda che poi non è una domanda. A Martin Lee Gore in
particolare: quali sono le canzoni che preferisce del suo repertorio e perché.
STARDOG - "Oltre le nevi di piazza Vetra"
Davide
Ciao Stardog. Un disco di bellezza immediata, ma poi anche crescente con i successivi ascolti.
Bluvertigo, Faust’o, Garbo, Baustelle, Soerba possono servire come orientamento a chi non vi abbia
ancora ascoltati? Qual è il contesto culturale e musicale di riferimento in cui nascono e si
sviluppano gli Stardog?
Stardog (Manuel Lieta)
Ciao Davide. Intanto grazie soprattutto per aver visto nel nostro disco una bellezza crescente e
progressiva e non semplicemente “fast food”.
Per quanto riguarda i nomi che fai, quattro su cinque sicuramente sono nomi apprezzati, ma
probabilmente il “blob rock” dei Bluvertigo, il loro fondere ecletticamente e con libertà echi
musicali diversi tra loro, è, al di là della distinzione di generi, il tipo di approccio concettualmente
più associabile a noi: nel nostro disco convivono ballate, momenti più “cantautorali” e altri più
rock, l’elettronica e gli strumenti giocattolo. Il contesto di riferimento è sempre mutevole, per
fortuna: siamo esseri dotati di enorme curiosità musicale e ci piace riversare le nostre scoperte nel
modo di suonare, tanto che i pezzi del disco suonano dal vivo in maniera completamente diversa. Al
termine di tutti i giri di curiosità musicale, ci accorgiamo però che chi ci piace è chi palesa nella
propria musica un’onestà artistica, che poi si tratti dei Pearl Jam o di David Bowie, di Ivano Fossati
o di James Mercer, poco conta. Dovendo sintetizzare in una formula tutto questo, ti parlerei di una
scrittura musicale orgogliosamente italiana, unita a un gusto per il suono e l’arrangiamento
decisamente internazionale, influenzato molto al momento dalla scena canadese.
Davide
Non mi è sfuggito il finale di “Tridimensionale” con lo stacco di accordi do-fa-sol-la di Space
Oddity… Senza David Bowie un bel po’ di musica come la conosciamo oggi da circa quarant’anni a
questa parte non esisterebbe. Quali sono stati, negli anni, i migliori discepoli di Bowie? E voi, in
che termini?ù
Stardog
I migliori discepoli di Bowie sono stati quelli che non hanno voluto scimmiottarlo ma piuttosto
imparare la più grande delle sue lezioni, ovvero l’avere sempre la mente accesa e aperta, la voglia e
soprattutto la libertà di cimentarsi nel nuovo e di non fermarsi mai, anche a costo di essere fraintesi,
come più volte gli è capitato, o di rischiare di perdersi, di sbagliare strada e di fare passi falsi: anche
se è da diversi anni che non pubblica dischi, tuttora Bowie è perfettamente sintonizzato su alcune
delle cose più fresche che si sentono in giro, vedi gli Arcade Fire o i TV On The Radio. È solo
lasciando le vie vecchie e buttandosi in mari sconosciuti, non rimanendo schiavi di ciò che si è
appreso, che si può imparare e (ri)scoprirsi. Da questo punto di vista i suoi migliori discepoli sono
una band che probabilmente nemmeno lo cita tra i suoi padri putativi, i Radiohead. Detto questo, io
spero per noi, di mantenere sempre la curiosità e la voglia di esplorare la musica che mi hanno
insegnato i suoi dischi.
DEADBURGER (Vittorio Nistri) - C'è ancora vita su Marte
Davide
1971: Is there life on Mars? 2007: There is still life on Mars! Dopo quasi quarant’anni di obliqua
musica rock, abbiamo finalmente una risposta?
Deadburger
Rispetto agli anni in cui Bowie era l’Uomo Caduto Sulla Terra, la vita su Marte è diventata per certi
versi più facile (grazie ai progressi della tecnologia) e per altri (forse, tutti gli altri) più difficile. E
probabilmente, tra altri quarant’anni, sarà ancora più difficile, in una misura che oggi nemmeno
possiamo imaginarci. Ma la risposta alla domanda “Is there life on Mars?” sarà sempre affermativa,
perché l’esistenza è ostinata.
Davide
...Mai tentati dall’inglese?
Deadburger
...La lingua inglese sicuramente ci aprirebbe più porte. Per le musiche non ortodosse, esiste in altri
paesi un bacino di ascoltatori incomparabilmente più ampio. Ci frena però l’aspetto della pronuncia
e dell’accento. David Bowie, su “Absolute Beginners”, era imbarazzante quando cantava “Vuolareh
uoh uoh uooh”. E anche l’immenso Robert Wyatt è risultato al di sotto dei suoi standard quando si è
cimentato, in un italiano claudicante, nella cover di “Del mondo” dei CSI. Temo che, cantando in
inglese, faremmo una analoga impressione alle orecchie degli anglosassoni.
Simone Tilli è secondo me un cantante che, per potenza, indole sperimentale e intensità
interpretativa, potrebbe competere con gran parte dei vocalist indie-rock stranieri; ma in inglese non
sarebbe spontaneo né credibile come lo è nella sua (e nostra) madrelingua.
CURTIS JONES AND THE GOSSIP TERRORISTS - The assassination of Alabama
Whitman
Davide
Non ricordavo così vivide certe sonorità e modalità musicali anni ’80 da molto tempo, specialmente
quelle di Julian Cope (che tuttavia non ho trovato citato tra le vostre influenze). Per intanto non
posso non chiederti qualcosa sul tuo nome d’arte, omaggio a Ian Curtis e a David Robert Jones
(Bowie). Cosa esattamente rappresentano per te David Bowie e Joy Division?
Curtis Jones
Sono sicuramente due personalità che hanno profondamente influenzato il mio stile, in modi
differenti ma ugualmente efficaci; ho sempre amato l’eclettismo di Bowie, quella sua capacità di
trasformarsi continuamente senza mai snaturare la propria identità di eccellente songwriter. Per me
rappresenta in qualche modo l’artista consapevole di se stesso, che trae proprio da questa profonda
conoscenza di se stesso la capacità di mettersi continuamente in gioco con risultati quasi sempre
eccellenti. A tutto ciò fanno da contraltare l’istinto e la forte emotività di Ian Curtis, che con la sua
band è riuscito a dare una grande lezione a un’epoca musicale che forse aveva perso di vista le
coordinate entro cui muoversi.
ROULETTE CINESE (Joe Raggi) - Che fine ha fatto Baby Love?
Davide
So che amate David Bowie… Vi sottopongo a una scelta atroce: la Terra è spacciata, si stanno
preparando delle sonde contenenti testimonianze del nostro pianeta da lanciare nello spazio a futura
testimonianza… In vari cd musicali, per ragioni di spazio, si potrà mettere soltanto una track-list di
dieci sue canzoni e a voi è stato dato il compito di sceglierle…
Joe
È una crudeltà portarne solo dieci ma ci proviamo:
Heroes, Warszawa, Yassassin, Space oddity, Ashes to ashes, The hearts filthy lesson, Ziggy
sturdust, Time, Station to station, Sons of the silent age (ma solo un pazzo potrebbe affidarci un
compito simile!)
FERRO SOLO (Ferruccio Quercetti) - The Unexpected Rise
and Sudden Demise of Fernando
Davide
The Unexpected Rise and Sudden Demise of Fernando... nel titolo sembra esserci un riferimento a
"The rise and the fall of Ziggy Stardust..." Si tratta, come hai detto, solo della prima parte di un
progetto più ampio, che si svilupperà attraverso diverse uscite in una sorta di feuilleton letterario.
Le canzoni sono collegate da una continuità narrativa... e Fernando è dunque il tuo alter ego, nonché
protagonista. Puoi sintetizzare come inizia e si sviluppa (e al momento si interrompe) il racconto in
questa prima parte?
Ferro Solo
Come tu saprai di certo, quello di Bowie non è l’unico e neppure il primo album che ha giocato con
questa tipologia di titolo in ambito pop-rock: basti pensare ad Arthur: The Decline and Fall of the
British Empire dei Kinks, un altro gruppo di cui sono devoto e che fa parte del mio pantheon
personale. Detto questo, il riferimento a The Rise and Fall of Ziggy Stardust c’è sicuramente, anche
se non può che essere decisamente autoironico. Sin dal nome del personaggio che ho scelto come
voce narrante – Fernando - mi piaceva giocare con l’idea di uno Ziggy Stardust domestico, umile,
grasso, calvo e privo di boa di struzzo e eyeliner: un po’ come me insomma. Una specie di incrocio
tra Ziggy e l’impiegato di De André o, meglio ancora, una sorta di grottesco morphing tra Bowie e
Fantozzi. Stabilite le dovute proporzioni, questa figura tragicomica ha solo una cosa in comune con
Ziggy: ha imparato a trasformare le proprie piccole disgrazie quotidiane e i suoi fallimentari amori
in canzoni. Fernando è l’alter-ego che mi permette di cantare la mia vita, perché solo quando ci si
maschera si è completamente liberi. Le maschere ci affrancano dalla costruzione sociale che sta alla
base dell’ego con cui ci aggiriamo tutti i giorni in mezzo ai nostri simili. In questo caso poi ci
sarebbe un ulteriore paradosso, perché il nome del mio alter ego proviene invece dall’intimità più
profonda della storia di cui parlo in queste canzoni, ma qui bisognerebbe addentrarsi in un ambito
troppo privato perfino per Ferro Solo. Mi limiterò a dire che questo aspetto è per me un’altra
conferma di come le maschere consentano di sublimare, rivelare e allo stesso tempo proteggere il
proprio privato, proprio perché a volte il modo migliore per nascondere una cosa è esporla in piena
luce.
PROFUSIONE - Metabolizzare
Davide
Dieci canzoni di altri per fare la vostra compilation ideale?
Profusione
Questa è difficile… proviamoci
“CHILD IN TIME” - Deep Purple
“PARANOID” - Black Sabbath
“RAIN WHEN I DAY” - Alice in Chains
“PUSH THE SKY AWAY” - Nick Cave
“DENTRO MARILYN” - Afterhours
“FOR WHOM THE BELL TOLLS” - Metallica
“TU FORSE NON ESSENZIALMENTE TU” - Rino Gaetano
“ABSOLUTE BEGINNERS” - David Bowie
“NO ONE KNOWS” - Queens of the stone age
“LE ONDE” - Ludovico Einaudi
…ma se ce lo richiedi domani sarà tutta diversa!!
Davide
Se mi chiedessero di paragonarlo, direi che il tuo disco mi ha ricordato soprattutto gli Stadio. Quali
sono stati i tuoi maestri ispiratori di sempre?
Giordano Forlai (Orso Bianco)
Prendo questa tua sensazione come un grande complimento… si cerca sempre di essere più originali
possibile ma ognuno ha il suo retaggio che si trascina dentro... ti posso fare dei nomi che mi hanno
dato parecchie emozioni con la loro musica…Ivano Fossati, Peter Gabriel, Lucio Dalla, David
Bowie, Queen, Lucio Battisti, Mango…
Davide
Dicono che lo zoo di Berlino sia uno dei più interessanti giardini zoologici del mondo, ma l'unico
zoo di Berlino che conosco è quello del libro di Christiane F. Voi perché avete scelto di chiamarvi in
omaggio a Christiane Vera Felscherinow, almeno così suppongo dal momento che in questo vostro
ultimo lavoro vi partecipa con l'uso di alcune sue vecchie registrazioni?
LO ZOO DOI BERLINO Ft. PATRIZIO FARISELLI
("Resistenze elettriche")
Davide
Dicono che lo zoo di Berlino sia uno dei più interessanti giardini zoologici del mondo, ma l'unico
zoo di Berlino che conosco è quello del libro di Christiane F. Voi perché avete scelto di chiamarvi in
omaggio a Christiane Vera Felscherinow, almeno così suppongo dal momento che in questo vostro
ultimo lavoro vi partecipa con l'uso di alcune sue vecchie registrazioni?
Lo Zoo di Berlino
Ciao Davide.
Christiane F fu per noi uno spunto interessante, perché nel leggere da adolescenti la sua storia,
trovammo dei punti di contatto col suo disagio del vivere (l’aspetto legato alla tossicità è del tutto
marginale).
Nonostante lei vivesse a Berlino, grande Capitale europea (al netto delle sue contraddizioni) e noi in
provincia, attraverso il suo sguardo sulla città notammo che vivevamo le stesse sensazioni: il
vissuto di adolescenti tra asfalto, cemento armato, luci al neon, lampioni sgarrupati, parcheggi e
casermoni prefabbricati abbandonati (le classiche cattedrali nel deserto, preda dei reietti della
società). Il tutto condito da olezzi sparsi nelle zone periferiche, poli industriali e delle stazioni
ferroviarie.
Una gioventù dunque, proprio come la nostra, abbandonata a se stessa, senza un luogo di ritrovo,
senza servizi, senza spazi, privi delle condizioni base per una qualunque prospettiva (per incapacità
politica delle classi dirigenti).
Per dei bambini è facile perdersi dentro certi meandri (diciamo questo non come giustificazione, ma
solo per centrare il tema della riflessione).
La storia di Christiane rappresenta anche il perbenismo di facciata e l’uso strumentale che viene
fatto dei giovani e della loro condizione (in questo il libro è molto più chiaro rispetto al film):
giovani additate/i come merce avariata, salvo poi, di notte, ambirle/i a preda delle proprie
perversioni.
Le musiche del film, ovviamente, ci folgorarono, anzi diremmo che ci hanno corrotto al punto tale
da modificare il percorso della nostra vita, portandoci a trasformare la nostra passione in mestiere.
Pensa a Bowie, Fripp, Eno e Below tutti insieme appassionatamente per il brano Heroes…
Intervista con MASSIMO GASPERINI
della Black Widow records
A cura di Davide Riccio
Nel 1977, appena trentenne, moriva in un incidente d’auto Marc Bolan. Nell’inverno del 2016,
quasi 40 anni dopo, se n’è andato David Bowie. Ai due immensi artisti David Bowie e Marc Bolam
rende omaggio la Black Widow di Genova con un cofanetto tributo di tre CD, un poster, un libretto
illustrativo in formato 45 giri e una spilla. Ad omaggiare Bolan e Bowie con 49 canzoni, la label
ligure ha chiamato gruppi e solisti (non solo della propria scuderia) di area prog, hard rock, folk,
doom e dark: Paul Roland, Bari Watts, Adrian Shaw, i Danse Society, i Kingdom Come di Victor
Peraino, Franck Carducci, i Death SS, i Presence e La Fabbrica dell’Assoluto, Joe Hasselvander (ex
di Pentagram e Raven), i Blooding Mask, il Segno del Comando, gli Aradia di Sophya Baccini,
Silvia Cesana e la sua band, gli Oak, i Witchwood e gli Elohim, i Northwinds, i General
Stratocuster & the Marshals, Freddy Delirio, i Mugshots, gli Electric Swan, Rama Amoeba, i Blue
Dawn e i Landskap.
A TRIBUTE TO THE MADMEN
David Bowie – Marc Bolan
CD 1
1. PAUL ROLAND Meadows Of The Sea
2. PAUL ROLAND The Prettiest Star
3. BARI WATTS By the light of a magical moon
4. BARI WATTS Lady Stardust
5. ADRIAN SHAW Jeepster
6. ADRIAN SHAW It’s ain’t easy
7. THE DANSE SOCIETY Ride A White Swan
8. THE DANSE SOCIETY Scary Monster
9. V. PERAINO KINGDOM COME Monolith
10. V. PERAINO KINGDOM COME Panic In Detroit
11. La FABBRICA DELL’ASSOLUTO Metropolis
12. La FABBRICA DELL’ASSOLUTO Big Brother
13. DEATH SS 20th Century Boy
14. DEATH SS Cat People (Cutting Out Fire)
15. PRESENCE Children Of The Revolution
16. PRESENCE We are the dead
17. FRANCK CARDUCCI The Slider
18. FRANCK CARDUCCI Life On Mars
CD 2
19. THE HOUNDS OF HASSELVANDER Chariot Choogle
20. THE HOUNDS OF HASSELVANDER Cracked Actor
21. BLOODING MASK Beltane Walk
22. BLOODING MASK The Hear’st Filthy Lesson
23. IL SEGNO DEL COMANDO Mambo Sun
24. IL SEGNO DEL COMANDO Ashes To Ashes
25. SOPHYA BACCINI’S ARADIA Cosmic Dancer
26. SOPHYA BACCINI’S ARADIA Velvet Goldmine
27. SILVIA CESANA Girl
28. SILVIA CESANA Heroes
29. O.A.K. Cat Black
30. O.A.K. The man who sold the world
31. WITCHWOOD Child Star
32. WITCHWOOD Rock’n’roll Suicide
33. ELOHIM Ride A White Swan
34. ELOHIM Let’s dance
CD 3
35. NORTHWINDS Childe
36. NORTHWINDS Space Oddity
37. FREDDY DELIRIO Buick Mackane
38. FREDDY DELIRIO Rebel Rebel
39. GENERAL STRATOCUSTER & The MARSHALS Metal Guru
40. GENERAL STRATOCUSTER & The MARSHALS Moonage Daydream
41. THE MUGSHOTS Pain And Love
42. THE MUGSHOTS China Girl
43. ELECTRIC SWAN Midnight
44. RAMA AMOEBA Telegram Sam
45. RAMA AMOEBA Dandy in the Underworld
46. LANDSKAP Ballroom Of Mars
47. LANDSKAP Look Back In Anger
48. BLUE DAWN Rip Off
49. BLUE DAWN Warszawa
Intervista
Davide
Ciao. Premetto che sono un collezionista oltranzista di David Bowie, cover e omaggi inclusi. E
credo che l'artista al mondo più rifatto in ogni modo possibile – ahimè non sempre dignitosamente -
e omaggiato (esiste una quantità straordinaria di canzoni espressamente dedicategli) sia proprio lui.
Come è venuta l'idea di riproporre quello che rischiava di essere soltanto l'ennesimo tributo
nell'oceano di tributi, che devo però anche dire essere splendidamente riuscito? E di consegnare a
ogni band o artista il compito di rivisitare in alternanza una canzone di Bowie e un'altra di Bolan,
focalizzando quali analogie o differenze?
Massimo
Ciao. Sia David che Marc sono due tra i personaggi più influenti e coverizzati della scena musicale
mondiale e questo fa capire la loro importanza sulle varie generazioni sino ai giorni nostri. Anche io
sono un collezionista di Marc Bolan, ed ho moltisismo materiale inedito anche di Bowie ed anche
dei due assieme. Saprai che stavano lavorando ad un album del quale un pezzo profetico “Sleeping
next to you”, era stato proposto al Marc Show pochi giorni prima del maledetto incidente in
macchina.
Era da tempo che pensavamo ad un Tributo a Bolan, ma ce n’erano già troppi in giro... poi la
scomparsa di Bowie... un tributo a Bowie non aveva senso per ciò che hai scritto anche te nella
domanda, quindi l’idea è stata quella di realizzarne uno per entrambe gli artisti.
Davide
Forse non è stato equo abbinare al solo decennio di carriera di Bolan la carriera immensa durata
cinque decadi di Bowie, il quale ha potuto esplorare molto oltre il glam rock. Tuttavia gli
arrangiamenti dei pezzi di Bolan hanno anche dato una vestito di contemporaneità alle sue belle
canzoni, facendone intravedere il potenziale di allora oltre l'epoca glam. Qual è stato il mandato alle
band che hai coinvolto in questo progetto? Hai avuto (e in che modo) un ruolo partecipativo rispetto
a suoni, arrangiamenti, suggerimenti o altro?
Massimo
Le bands sono state libere di agire come meglio credevano ma è anche vero che ogni tanto un
“consiglio” da parte mia arrivava...! L’importante era il coinvolgimneto dei musicisti, il loro rispetto
ed amore per l’opera di questi due geni assoluti.
Certo David ha avuto più tempo a disposizione su questa terra rispetto a Marc per realizzare la sua
arte musicale e non solo, questo è vero ma sappiamo tutti che Marc è stato uno dei maestri e forza
ispiratrice per Bowie che nei primi anni, almeno fino al 72, cercò in tutti i modi di arrivare ai suoi
livelli. Bowie impazziva per il modo di comporre, la capacità di inventare riff e per il magico
vibrato di Marc.
I due erano veramente grandi amici, ed anche più avanti quando diventarono rivali artisticamente, la
loro stima reciproca non mancò mai.
Ricordo la risposta di Bowie ad una domanda di un giornalista che gli chiedeva se ogni tanto si
ricordasse del suo amico Bolan; lui disse “Ricordo Marc ogni giorno della mia vita, mi manca
moltissimo”.
Davide
Come dicevo, il progetto “A tribute to the Madmen” mi è parso da subito ottimamente riuscito. Chi
ha rivisitato i brani prescelti di Bolan e Bowie lo ha fatto a livelli molto più alti rispetto ad altre
operazioni simili. Come è avvenuta la scelta degli artisti che vi hanno partecipato?
Massimo
La spinta decisiva per questo Tributo arriva da Steve Sylvester dei DEATH SS. Da tempo mi diceva
di fare qualcosa sul Glam... poi la scomparsa di David ci ha convinti ad inoltrarci in questa
operazione. I DEATH SS hanno fatto due pezzi eccezionali con stile eccezionale: L’inno
generazionale “20th Century Boy” e “Cat People”. Solo questi due pezzi valgono l’acquisto senza
dimenticare che un altro DEATH SS è presente nel tributo, ovvero FREDDY DELIRIO in forma
solista ha fatto “Buick Mackane” (già coverizzata dai Gun’s’Roses) e “Rebel Rebel”.
Ora dovrei descrivere un po’ tutti i pezzi inclusi per non far torto a nessuno ma mi rendo conto che è
impossibile, quindi mi limito a dire che qua dentro ci troverete bands di vario tipo, dall’heavy
metal dei DEATH SS, PRESENCE, NORTHWINDS, BLUE DAWN, GENERAL
STRATOCUSTER dell’amico Jacopo Meille, al dark gotico dei DANSE SOCIETY e BLOODING
MASK, al progressive rock di SOPHYA BACCINI’s ARADIA, LA FABBRICA
DELL’ASSOLUTO, IL SEGNO DEL COMANDO, FRANK CARDUCCI , al folk psuchedelico di
BARI WATTS, ADRIAN SHAW (ex Hawkwind) e PAUL ROLAND, all’aggressione Punk Horror
dei micidiali MUGSHOTS....!
Davide
Tutti amano Bowie (“Who doesn't love David Bowie?” disse Debbie Harry i giorni seguenti la sua
scomparsa). Probabilmente nessuno quanto lui ha raggiunto un simile livello di stima ovunque da
parte di tutti i musicisti di ogni genere musicale e di amore da parte del pubblico. Tu perché hai
amato e stimato Bowie, ma anche Bolan, al punto da dedicargli questo progetto?
Massimo
DEBBY l’ho vista e sentita più volte cantare “GET IT ON” con la maglietta dei T.REX. Io ho
scoperto Bowie seguendo Bolan. Capisco e mi piace lo stile di entrambe gli artisti che sono
caratterizzati da una grandisisma differenza tra loro, ovvero che MARC per tutta la sua carriera è
rimasto sempre coerentemente BOLAN, mentre DAVID ha più volte lasciato il corpo di BOWIE
per trasformarsi camaleonticamente in altri personaggi come Ziggy Stardust o Thin White Duke...!
Davide
Quante copie del cofanetto, immagino andate subito a ruba, sono state prodotte?
Massimo
Abbiamo stampato 1000 esemplari tutti con spilla, poster, cartoline ed inserti vari all’interno.
Speriamo di venderle tutte entro l’anno... anzi ne approfitto per offrire un prezzo speciale ed un
regalo a chiunque lo ordinerà da noi dicendo di aver letto questa intervista. Ti piace l’idea?
Davide
Mi piace moltissimo, grazie! Bowie assorbiva tutto e tutti, Bolan inclusi. Chi è stato il primo vero
artefice del glam rock tra i due dal tuo punto di vista? Che significato ha per te rievocare quella
precisa epoca?
Massimo
Ho studiato per tanti anni e studio la musica rock e non solo, leggendo libri in inglese, incontrando
artisti, produttori, organizzatori, giornalisti... quindi posso dire di conoscere molto bene la storia del
GLAM. GLAM una parola intraducibile e mai precisamente comprensibile per la lingua e la
mentalità italiana. Il GLAM non è un termire o un genere ma è piuttosto una SENSAZIONE “There
is a new sensation, a beautiful creation...” (Do the Strand dei Roxy Music).
La scintilla furono gli HYPE, band misteriosa dalla vita brevissima, messa su da Bowie con Ronson
e Tony Visconti... un solo concerto finito nell’indifferenza di tutti ma non di Bolan che era presente
a dal quale trasse gli spunti che ancora gli mancavano per perfezionare la sua grande idea. Prima ci
fu “Ride a White Swan” dove si accennava qualcosa ma dove i Druidi avevano ancora il
sopravvento, poi arrivò la bomba “HOT LOVE” che fù presentata per la prima volta a TOP OF THE
POPS nel Marzo del 1971.
MARC era vestito con giacca di seta, pantaloni sgargianti, un boa sopra il collo, scarpe da donna e
un trucco sulle guance fatto di brillantini che sembravano stelline o lacrime. Si muoveva con
movenze femminili, la sua meravigliosa faccia d’angelo fece il resto assieme ad un riff
indimenticabile e ad una accativante melodia aliena con cori beatlesiani e un arrangiamento d’archi
studiato da Visconti.
Nei seguenti concerti, ragazzi e ragazze indistintamente, accorrevano sempre più numerosi tutti
vestiti come MARC; ERA NATO IL GLAM ROCK.
Davide
L'asolo di Mick Ronson in “Moonage Daydream” è forse uno degli asoli di chitarra elettrica più
belli di tutta la storia del rock. I suoni di “Warszawa” e di tutto “Low”, la voce di Bowie in canzoni
come “Life on Mars?”... eccetera... sono cose uniche e irripetibili. Ciò che vale anche per molti altri
mostri sacri della musica. Ci sono cose insomma che è arduo rifare/reinterpretare in modo diverso,
perché il confronto – per quanto buono - non verrà mai retto. E questo vale quasi per ogni originale
di Bowie (e forse anche per molti brani di Bolan). Qual è stato l'approccio per non lasciarsi
intimorire dal compito?
Massimo
Impossibile il solo pensare di riprodurre perfettamente i due artisti, inoltre sarebbe anche inutile. I
gruppi presenti, chi più chi meno, hanno interpretato a loro modo i pezzi, sempre col massimo
rispetto per l’arte dei due giganti.
Mick Ronson era un artista straordinario, un chitarrista favoloso al quale Bowie deve moltissimo,
più di quanto non si creda. Tu la storia la conosci. Si l’assolo di “Moonage...” fa venire i brividi
ogni volta.
Ti racconto una cosa che rende l’idea e risponde alla tua domanda.
Chiesi a Paul Roland, autore di ben 3 libri su Bolan l’ultimo dei quali tradotto dalla Tsunami
edizioni in Italia con mia introduzioni e foto dalla mia collezione, di fare una versione di “The
Prettiest Star” e come avrai sentito l’ha fatta alla grande ma prima mi disse “Massimo io la faccio
ma non chiedermi di rifare l’assolo di MARC (poi rifatto pari pari da Ronson), sarebbe impossibile
per me, mi inventerò qualcosa”.
Ecco credo di averti risposto... ti consiglio di comprare quel libro, è stupendo e ci troverai molte
cose interessanti anche su Bowie!
Davide
Non mancherò. Nel terzo cd viene meno l'alternanza di brani e quattro di fila sono di Marc Bolan.
Quindi sono presenti complessivamente più brani di Bolan. È stato un modo affettuoso di
omaggiarlo rispetto a Bowie, per la sua precoce ascesa e caduta di (sfortunata) stella?
Massimo
Posso dirti che, forse per le caratteristiche della Black Widow Records, abbiamo trovato più bands
disposte a fare pezzi di Bolan rispetto a Bowie. Questo ci ha solo parzialmente sorpreso. Ad
esempio in Giappone c’è un culto pazzesco per BOLAN, i Rama Amoeba, band molto famosa da
quelle parti, ogni anno a Settembre, organizzando un T.REXPARTY il giorno della scomparsa di
Marc, dove partecipano migliaia di fans e musicisti. Comunque se ad un certo punto non diciamo
STOP, questo progetto rischiava di travolgerci perché veramente troppe erano le richieste di
partecipazione... capisci che non potevamo fare un quintuplo o sestuplo cd.
Appendice 1
David Bowie ha accompagnato e in qualche modo guidato tutta la mia vita fin dall'infanzia.
Alla sua scomparsa, pur dedicandogli svariati programmi radiofonici, mi sono impedito di provare
qualsiasi emozione. Un'estrema forma di difesa. Una volta, nel 1987 o nel 1988, provai giorni di
vero e proprio attonito lutto alla sola notizia (rivelatasi poi falsa) apparsa in un trafiletto de La
Stampa: David Bowie si diceva avesse contratto l'Aids. Allora dire Aids voleva dire morte, senza
alternativa. Alla sua invece vera morte, nulla. Non ho voluto sentire nulla! Forse anche le età
contano in queste faccende. Due anni dopo ho sentito il bisogno di elaborare questa dipartita
attraverso una canzone dedicatagli, con la quale ho cercato soprattutto di scandagliare con
autocritica il perché del mio insuccesso di musicista e autore che ha probabilmente troppo guardato
alle lezioni di Bowie, risultando infine la mia opera un'imitazione più che un qualcosa di originale
che meritasse un po' più di ritorno. Per il grande poeta e drammaturgo Federico García Lorca “Il
duende bisogna svegliarlo nelle più recondite stanze del sangue. Il duende non sta nella gola; il
duende sale interiormente dalla pianta dei piedi» “Il duende – Teoria e Gioco”. Il duende è qualcosa
di intraducibile, è forse il carisma, l’energia o l’incantesimo che una persona possiede. È qualcosa
che si suscita negli altri senza artificio o compiacimento, qualcosa che tutti percepiscono,
riconoscono, una “energia che arriva da sotto i piedi come a certe ballerine, o dal fondo della gola
come per certi cantanti”. “Quando un artista mostra il duende non ha più rivali” e “non c’è mappa
né esercizio” per impararlo, acquisirlo o capire dove sta.
Il brano si può ascoltare qui:
https://www.youtube.com/watch?v=PII_5Tj1UGU
DUENDE FOR DAVID (BOWIE)
Music and lyrics by Davide Riccio (DeaR)
Many headed as Hydra you were
I was kind of Heracles and his labours to find my feet
Driven mad by the Era of DIYNo miracles into the deep cave
Of the twenty-first century
Of Post-modern creaturesNext and Net degenerated
Eala David engla beorhtastOfer middangeard monnum sended
'87 I cry
I had to cut off each head And two and two heads growing back
Such a struggle hopelessly For any but a hero I was not
not even for a dayI couldn'd get out of my way
Of Post-modern creaturesNext and Net degenerated
Eala David engla beorhtastOfer middangeard monnum sended*
'87 I cry
A cheap imitationWaiting for duende
Up from the soles of the feetInto the inner fire
To burn all dragon headsAnd bury the Immortal One
Under the rock historyWe are making no moreWe're making no more
Eala David engla beorhtastOfer middangeard monnum sended
'87 I cry
I go into the jumpgate of IoInto 6 and 9 of Yin and Yang
Young never more
* Lines by Cynewolf.Final: Hya Xi star sonification and fragment from "Au clair de lune" Scott de Mairtinville's
phonautograh (1860) on descending Shepard Tone.Image: australian Thwaitesia argentiopunctata known as the mirror or glass spider.
DUENDE PER DAVID
Tu eri dalle molte teste come un'idraE io una specie di Eracle
Con le sue fatiche nel trovarmi la via
Reso folle dall'Era del DIYSenza miracoli nella grotta profonda
Del ventunesimo secolo
Delle creature post-moderneNext e Net degenerate
Un saluto a Earendel, il più splendente degli angelimandato agli uomini sulla Terra di Mezzo
'87 io piango
Dovevo tagliare ogni testaE a due a due le teste ricrescevano
Tale una lotta da essere senza speranzaPer chiunque non fosse un eroe il quale non ero
Neanche per un giornoIo non ho potuto trovare la mia via
Delle creature post-moderneNext e Net degenerate
Un saluto a Earendel, il più splendente degli angelimandato agli uomini sulla Terra di Mezzo
'87 io piango
Una imitazione scadente
Che aspetta il duendeSalirgli dai palmi dei piedi
Fino al fuoco interioreChe bruci tutte le teste del dragoE seppellisca l'unica immortale
Sotto il macigno della storia del rockChe non stiamo più facendo
Non stiamo più facendo
Un saluto a Earendel, il più splendente degli angelimandato agli uomini sulla Terra di Mezzo*
'87 io piango
Me ne vado nel portale di salto di IoNel 6 e nel 9 di Yin e Yang
Mai più giovane
* Versi di CynewulfFinale: sonificazione della stella Hya Xi e spezzone di Au clair de la lune, fonoautogramma del
1860 di Scott de Mairtinville e scala di Shepard discendente.Immagine: Thwaitesia argentiopunctata australiano, conosciuto come ragno specchio o ragno di
vetro.
Appendice 2
DOPPIATORI ITALIANI
Nelle versioni in italiano dei suoi film, David Bowie è stato doppiato da:
Roberto Chevalier in L'uomo che cadde sulla Terra, Labyrinth - Dove tutto è possibile, The
Prestige, Twin Peaks
Luciano Roffi in L'ultima tentazione di Cristo, Fuoco cammina con me
Michele Kalamera in Furyo, Zoolander
Gianni Williams in Tutto in una notte
Manlio De Angelis in Basquiat
Tonino Accolla ne Il mio West
Massimo Lodolo in Extras (2x2)
Sergio Rossi in Miriam si sveglia a mezzanotte
Appendice 3
Numerose le tribute band italiane che si dedicano esclusivamente al repertorio bowiano
ABSOLUTE BEGINNERSALADDIN SANE DAVID BOWIE TRIBUTE BAND
BOWIE DREAMS – DAVID BOWIE TRIBUTE BANDDAVID BOWIE & FRIENDS TRIBUTE BAND
DAVID BOWIE TRIBUTE BAND MR. ZIGGY AND THR GLASSSPIDERSHEROES DAVID BOWIE TRIBUTE BAND
KILLER STARSCARY MONSTERS LTDSTAGE BOWIE TRIBUTE
STARMEN DAVID BOWIE TRIBUTE BAND...E sicuramente molte altre.
Appendice 4
Canzoni italiane dedicate a Bowie o che citano Bowie e cover italiane. L'elenco è sicuramenteparziale e andrebbe periodicamente aggiornato.
Alberto Camerini - Rock'n'roll robotAndrea Chimenti – Lazarus / Space Oddity / Lady Stardust / Quicksand / Thursday's Child / The
man who sold the world / Life on Mars / Rock'n'roll suicide / Wild is the wind / Starman / FantasticVoyage / Yassassin / Where are we now? / Heroes / Absolute beginners
Andrea Liberovici – Tira, tira, tiraAndrea Mirò – Heroes
Anna Calvi - Lady Grinning SoulAnna Calvi, Amanda Palmer e Jherek Bischoff - Blackstar
Alice - This is not AmericaArt Vision - Life on Mars (Demo 1985)
Atari - Hello Space BoyBad Italian Clerks - Heroes
Beatrice Antolini - Girl loves meBenassi vs Bowie – DJ
Bobo Rondelli & Svaporaz - Life on Mars? (Live)Blue Dawn - Warszawa
Blu Vertigo - Always crashing in the same carCamilla Fascina - Five years
Camilla Fascina - I'm derangedCamilla Fascina - Lady Stardust
Camilla Fascina - TimeCamilla Fascina - When I live my dream
Camilla Fascina e Federico Sambugaro Baldini - Under PressureCarla Bruni - Absolute Beginners
Cinzia Bavelloni - (Change of Changes) Changes, 1984, John I'm only dancing, Lady Stardust,Wild is the wind, The man who sold the world, Lady grinning soul, Cat people, D.J.
Clifford Slapper & Marcella Puppini - StayDavid Muldoon & Simone Meneghello - China GirlDawn Vinci (Mara Cubeddu) - L'amore mi aiuterà
DeaR - Duende (for David Bowie)Decibel - Lettera dal Duca
Diaframma & Andrea Chimenti - Ziggy StardustDrink To Me - Weeping Wall
Edwood - Space OddityEgokid - Cinque Anni (Five Years)
Elisa - HeroesEnrico Ruggeri - All the young dudes
Enrico Ruggeri - Diamond Dogs (Live)Enrico Ruggeri - The Jean Genie
Errant Show - To the Cygnet CommitteeFaust'O - In tua assenza
Federica Zammarchi - Loving the AlienFederica Zammarchi - (Jazz Oddity) Andy Warhol / All the madmen / Loving the alien /
Life on Mars? / Ziggy Stardust / Aladdin Sane / Space Oddity / Lady grinning soul / Time / After all/ The man who sold the world
Franck Carducci - Life on Mars?Francesco Digilio – Space Oddity / The man who sold the world / Life on Mars? / Changes / Oh
you! Pretty things / The Jean Genie / Rock'n'roll suicide / Heroes / Wild is the wind / Ashes to ashes/ Sound and vision / Absolute beginners / Let's dance / Where are we now? / Lazarus
Freddie Delirio - Rebel RebelGarbo – Il fiume
Gennaro Cosmo Parlato – Under PressureGeorgieness (Giorgia D'Eraclea) - Andy WarholGiacomo Voli - Life on Mars? (Live The Voice)
Hollow Blue & Luca Faggella - Letter to HermioneI Computers - Ragazzo solo, ragazza sola
I Giganti - Corri uomo, corri (Space Oddity)Il Segno del Comando - Ashes to ashes
Interferenze - FashionI Profeti - L'amore mi aiuterà (Starman)
Kelley Polar - Magic Dance (Italian version)Kriss e il Gruppo 2000 - L'amore mi aiuterà (Sarman)
Johann Sebastian Punk (Massimiliano Raffa) - Rock'n'Roll suicideLa Fabbrica dell'Assoluto - Big Brother
Lara Martelli - Life on Mars?Lea DeLaria - Modern Love (House of David)
Lies of Love - HeroesLitfiba – Yassassin
Lo Straniero - Station to StationLucia Micarelli - Lady grinning soul
Luciano Ligabue e Piero Pelù - Rebel RebelLou Reed & Luciano Pavarotti - Perfect Day
Marco Benevento - Art decadeMarco Mengoni - Letter to Hermione
Marlon - Life on Mars?Martina Attili - Life on Mars? (Live X-Factor)
Matteo Leonetti - Heroes (Italian version)Mezzala e i Ragni di Marte - All the young dudes
Mhz & Morgan - Space OddityMorgan e Le Sagome - It's no game (Live Arbatax, 2009 Arbatax)
Mimes of Wine - StarmanNicolettà Noè - Absolute Beginner
O.A.K. - The man who sold the world
Ottodix - Little WonderOutsiders - Let's dance
Paolo Chiappero - Thursday's ChildPatty Pravo - I giardini di Kensington (Walk on the wild side)
Patty Pravo - Un giorno perfetto (Perfect Day)Quel che resta del cane - Maggiore Tommaso
Quinto Rigo – HeroesRoberto Cacciapaglia – Starman
Roby Guerra - Romantronica (Poesie spaziali per David Bowie)Silvia Cesana – Heroes
Simone Graziano Trio - The man who sold the worldSinfonico Honolulu - The man who sold the world
Solotundra - Sound and VisionSophya Baccini's Aradia - Velvet Goldmine
Storey Littleton & Marco Benevento - Life on Mars?Sunflowers - Absolute beginners
The Alpha States ft. Andrea Chimenti - Ashes to ashesThe Gumo - Conversation Piece
The Mugshots - China GirlUNA feat. Angela Baraldi - Rebel Rebel
Vladimir Luxuria - Vorrei essere la modaWalter Farina - Ragazzo solo, ragazza sola
Witchwood - Rock'n'Roll SuicideWinstons - The London Boys
You should play in a band - Heroes